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“A mia madre e a mio padre fantastici abitanti dell’Atlantide Radioattiva. Al loro magico e antico mondo alla loro tenera storia ai loro delicati rimproveri”

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“A mia madre e a mio padre fantastici abitantidell’Atlantide Radioattiva.

Al loro magico e antico mondo alla loro tenera storiaai loro delicati rimproveri”

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“Carissimo,eccomi a Hiroshima ed ecco l’ultima novità: nonsono più quel tale individuo a nome AlbertoMoravia, non sono più italiano, europeo, masoltanto membro della specie. E per giunta membrodi una specie destinata, a quanto pare, adestinguersi”

(Alberto Moravia, Lettera da Hiroshima)

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L’ATLANTIDE RADIOATTIVAStorie di comunità e di scienze

nelle terre del silenzio

Claudio Persiani

CONSIGLIO REGIONALE DELLA BASILICATA

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PRESENTAZIONE

PREFAZIONE

INTRODUZIONE

PARTE PRIMA: IL QUADRO SITUAZIONALE

CAPITOLO I - IL NUCLEARE

I primi anni del nucleare Breve storia del nucleare in Italia

CAPITOLO II - LA STORIA DEL CENTRO ENEA DELLA TRISAIA

L’atomo approda sulle rive dello JonioIl Centro: le strutture e l’organizzazioneI primi anni di funzionamento I programmi di sviluppo e la contestazioneIl Centro oggi, il lungo processo di riconversioneBreve storia giudiziaria del Centro della Trisaia I rifiuti radioattivi

CAPITOLO III - L’ATLANTIDE RADIOATTIVA E LE ALTRE-STORIE

L’Atlantide radioattivaLe altre-storie dei giornali Le altre-storie della comunità

PARTE SECONDA: L’INDAGINE EMPIRICA

CAPITOLO IV - IL DISEGNO DELLA RICERCA

Coordinate generaliIl rischio, tra ambiente e modernità

SOMMARIO

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pag. 19pag. 21pag. 21pag. 24pag. 33pag. 33pag. 37pag. 38pag. 40pag. 50pag. 52pag. 59pag. 67pag. 67pag. 70pag. 79

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Il filone “empirico” del dibattito sul rischio

Il disegno della ricerca

La rete dei concetti

La percezione del rischio

L’atteggiamento

Gli altri ambiti tematici

Universo e campione

La fase della somministrazione del questionario

CAPITOLO V - I RISULTATI DELLA RICERCA

Ambiente ed energia nucleareLa rappresentazione psico-sociale del Centro Enea dellaTrisaia Il “contesto” della rappresentazione psico-sociale

Gli atteggiamenti nei riguardi del Centro tra coerenza e

incoerenza delle due dimensioni considerate

L’atteggiamento in un’ottica generale

La percezione del rischio tra ambiente e salute

Le relazioni tra le rappresentazioni psico-sociale e la

partecipazione politica, il livello culturale e la condizione

professionale degli intervistati

Conclusioni

BIBLIOGRAFIA

Periodici consultatiSiti internet consultati

ALLEGATO - IL QUESTIONARIO

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Nel dibattito sulla “modernizzazione ecologica” ha trovato semprepiù spazio negli ultimi anni, nell' ambito delle scienze sociali, la riflessionesul rischio.

La tesi di Claudio Persiani “L' atlantide radioattiva. Storie di comunitàe di scienze nelle terre del silenzio”, discussa nell' anno accademico 2001-2002 presso l'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà diSociologia, corso di laurea in Sociologia, è tra le vincitrici, in base all' appositogiudizio formulato dalla competente Commissione, del quarto concorso na-zionale su “Le migliori tesi di laurea sulla Basilicata”, indetto dall'Ufficio diPresidenza del Consiglio Regionale della Basilicata.

L'autore delinea la storia dell 'uso del nucleare prima a livello bellico(Hiroshima e Nagasaki) poi per svilupparne gli usi pacifici anche a segui-to dell'istituzione in ambito europeo di un organismo atomico interno(Euratom, 1953) e del lancio di poderosi programmi per sviluppare energiaa basso costo nelle centrali nucleari, ma in gran parte lo sviluppo dell' ato-mica in campo pacifico e militare è rimasto (e lo è a tutt'oggi) intercambia-bile e interdipendente.

Per arginare la corsa agli armamenti e la proliferazione di armi nuclearila comunità internazionale fondò nel 1957 a Vienna l'Agenzia Internazionaleper l'Energia Atomica (AIEA) e nel 1968 approvò il trattato di non prolife-razione (entrato in vigore nel 1970) che proibì agli Stati firmatari privi di ar-mamenti nucleari di ricercarli o fabbricarli, o di procurarsi tecnologie e ma-teriale utilizzabili per la costruzione di armamenti nucleari, residuando al-la AlBA lo stretto controllo del trasferimento di materiale e di teologie nu-cleari, da utilizzarsi soltanto per scopi pacifici.

PRESENTAZIONE

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Tra gli anni Cinquanta e Sessanta furono molti gli Stati che si dotaro-no di impianti nucleari energetici ed anche in Italia iniziò a svilupparsi, neiprimi anni Sessanta, una rudimentale politica nucleare.

Dopo la costituzione del Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare (CNEN)furono varati i primi progetti nucleari che spaziavano dal settore del ripro-cessamento dei combustibili nucleari al settore per la costruzione di reatto-ri nucleari e vennero realizzati i primi centri (centro della Casaccia vicino Roma,centro di calcolo di Bologna, centro di Saluggia vicino Vercelli) ed iniziaro-no nel 1963 i lavori per la costruzione del centro della Trisaia di Rotondella.

Intanto nel 1962 la legge 1860 provvide a disciplinare l'impiego pacifi-co del nucleare, mentre nello stesso anno veniva istituito l'Ente Nazionaleper l'Energia Elettrica (ENEL) e ad esso furono trasferite tutte le attività del-le imprese esercenti nel settore energetico.

Nel frattempo erano state costruite anche le prime tre centrali elettro-nucleari (quelle di Latina e di Garigliano poste sotto il controllo del setto-re pubblico e quella di Trino Vercellese in mano all'iniziativa privata). Dopole vicende legate al cado Ippoliti, che ebbero profonde ripercussioni nel pro-seguimento delle attività del CNEN, negli anni Settanto vi fu un forte im-pulso al programma nucleare italiano, anche a seguito della crisi petrolife-ra e dei primi shock energetici ed in ambito europeo si intensificarono le col-laborazioni tra l'Agip Nucleare (società del gruppo ENI) ed il progettofrancese Eurodif per lo sviluppo di un impianto di arricchimento del com-bustibile nucleare. Nel 1976 il CNEN avviò una collaborazione con l'AgenziaAtomica lrachena per lo sviluppo pacifico del nucleare, con la fornitura dialcuni laboratori attinenti il ciclo del combustibile e con scambi di personale.Intanto il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CI-PE) deliberava nel 1975 e il Parlamento italiano approvava definitivamen-te nel 1977, il Piano Energetico Nazionale (PEN) prevedendo la costruzio-ne di 8 centrali elettronucleari (da 1.000 Mw e del tipo ad acqua leggera) ela costruzione di un impianto industriale per il riprocessamento del combustibilee la individuazione di siti idonei per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi.

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La concreta realizzazione di quanto previsto dal PEN cominciò a vacillarecon la contestazione antinucleare che andava organizzandosi anche inItalia. La scelta nucleare divenne impopolare con il sopraggiungere deiprimi incidenti nucleari e fu definitivamente abbandonata a seguito delReferendum svoltosi nel novembre 1987.

Il CNEN, divenuto Comitato Nazionale per la ricerca e lo sviluppodell'Energia Nucleare e delle fonti energetiche alternative (ENEA), intensificòle proprie attività di ricerca aprendosi ai nuovi settori delle fonti energeti-che (il solare, l'eolico, il geotermico, mentre l'Agip nucleare venne sciolto de-finitivamente tra il 1982 ed il 1983. Dopo il referendum del 1987, afferma ClaudioPersiani “nessun partito, organismo o sindacato pose la questione dell'uscitadefinitiva dal nucleare, ossia della dismissione degli impianti e della siste-mazione dei rifiuti radioattivi prodotti secondo procedure standard di sicurezza”.Sta di fatto che l'Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale (ANP A)sollevò pubblicamente tale problematica nel 1994 e la soluzione proposta fu“la costruzione di un deposito unico nazionale dove sistemare, una volta so-lidificati i rifiuti liquidi custoditi negli impianti di produzione, le scorie nu-cleari”. Sono stati identificati così “possibili aree ritenute adeguate alloscopo”. Ma dopo la vicenda Scanzano la questione resta comunque apertaper il sorgere di “manifestazioni di protesta da parte delle comunità che ri-siedono nelle possibili zone identificate come idonee”. Di sicuro, precisa l'au-tore, la soluzione al problema radioattivo oltre ad essere antipopolare, è unvero “rompicapo” per le scienze cosiddette esatte. È in tale cornice che si in-seriscono le vicende del centro di ricerca della Trisaia, ben illustrate nella te-si di Claudio Persiani, che ha il merito di affrontare e documentare con ri-gore metodologico e consapevolezza scientifica il tema del rischio nella per-cezione e nell'atteggiamento elaborato dagli attori sociali di quella comunitànei confronti del centro Enea di Rotondella.

Vito De FilippoPresidente del Consiglio Regionale della Basilicata

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L’indagine qui presentata si svolge lungo due direttrici. Sul primoversante viene ricostruita la storia del Centro di ricerche nucleari dellaTrisaia, sito nel territorio di Rotondella in Basilicata. Si tratta di una storialocale complessa, quasi mai lineare, dove non mancano omissioni e inatte-si risvolti politici, economici, sociali e giuridici. Inoltre, come se non bastasse,i casi locali si intrecciano a vicende nazionali e internazionali a determina-re uno scenario in cui si assiste a un serrato confronto di interessi variamentee non sempre esplicitamente configurati. Il lavoro di recupero svolto èsenz’altro significativo, tanto più se si considera che esso non si è basato esclu-sivamente sulle fonti “accreditate”, ma ha tenuto conto altesì di testimonianze,racconti, punti di vista più diretti e perciò meno “controllati” - le cosidette“altre storie” - e tuttavia capaci di gettare qualche luce in più su aspetti, pu-re rilevanti, lasciati cadere dalla storia ufficiale.

Il secondo versante concerne la ricerca più propriamente sociologica,che ha inteso ricostruire la rappresentazione sociale che i cittadini diRotondella hanno elaborato del Centro Enea della Trisaia e delle attività chevi si svolgono. L’analisi è incentrata su dimensioni concettuali caratterizzate,oggi più che mai in Basilicata e in particolare nel territorio che costituisce l’am-bito spaziale di questo lavoro, da bruciante attualità e da innegabile rilevanzasociale: l’attegiamento verso il nucleare e verso il Centro Enea, la percezio-ne del rischio ambientale, la valutazione della comunicazione pubblica/isti-tuzionale sul rischio stesso, il grado di informazione/consapevolezza sui pe-ricoli derivanti per l’ambiente e per gli uomini dalle attività legate al nucleare.

Non intendo qui sottolineare il fatto che Persiani ha condotto la sua ana-lisi su quello stesso terreno che solo qualche mese dopo si sarebbe rilevato,

PREFAZIONE

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per i più in modo del tutto inatteso, esplosivo; a tal punto da portare pre-potentemente al centro dell’opinione pubblica nazionale l’azione delladapprima piccola comunità lucana di Scanzano Ionico, presto convertitasiin un movimento collettivo di decine e forse centinaia di migliaia di citta-dini, in grado di contrastare con fermezza, lucidità, adeguatezza di mezzi,consapevolezza dei propri diritti e successo una tanto improvvida quantomanifestante infondata decisione politica. Tuttavia questa circostanza nonè irrilevante.

I fatti di Scanzano, a mio parere, attestano in maniera chiara l’emersionerepentina, clamorosa e per certi aspetti violenta dalle “terre del silenzio” diquestioni altre, inedite, nei termini delle quali non siamo ancora portati a ra-gionare quando il nostro pensiero si rivolge a quei luoghi. Si tratta di issues

collocate sullo sfondo, se non del tutto sommerse, in ogni caso inevasedalla maggior parte delle analisi scientifiche e tuttavia destinate ad avere unimpatto sociale di enormi proporzioni, sebbene non necessariamente spet-tacolare come nel caso della protesta antinucleare di Scanzano. Del resto, diesse non vi è traccia nella sistematicamente ricorrente - per dir così - iconografiascientificosociale lucana, che accomuna federicianesimo, brigantaggio,Cristo si è fermato ad Eboli, questione meridionale, cassa del Mezzogiorno, Sud

e magia, familismo amorale, civiltà contadina, clientelismo, emigrazione, etc.,a formare un patchwork che, oggi più che apparire suggestivo, rischia di es-sere deformante e fuorviante. Certo, non è questa la sede per entrare ana-liticamente nel merito delle altre questioni. Non possiamo però non segna-lare due grandi e recenti progetti di trasformazione economica-territoriale- ci riferiamo agli insediamenti industriali integrati della Fiat nel vulture-mel-fese e a quelli estrattivi delle multinazionali del petrolio nella zona della Vald’Agri - i cui effetti sul piano sociale, culturale e, non ultimo, ecologico-am-bientale, avrebbero meritato (meriterebbero) maggiore attenzione scientificadi quanta non ne abbiano ricevuta.

A Persiani va dunque riconosciuto il merito di aver saputo intercetta-re un tema latente, ma come i dati qui riportati ampiamente mostrano, so-

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cialmente maturo, e di averlo trattato con la consapevolezza teorica e me-todologica che caratterizza la ricerca sociale autentica, non il sondaggio del-l’ultima ora; e ciò sarà certamente apprezzato dal lettore. Il nostro auspicioè che qusto lavoro possa avere un seguito, magari per indirizzarsi proprioverso quello straordinario fenomeno/esperimento sociale che è stato (cheè) il movimento di Scanzano, il quale, assolta la funzione per cui era nato,prima ancora di poter entrare nel fuoco di una seria analisi scientifica, sem-

bra essere stato risucchiato all’istante da quelle stesse “terre del silenzio” dal-le quali all’istante era esploso.

Antonio Fasanella Professore di Metodologia delle Scienze Sociali

Facoltà di Sociologia

Univestità degli Studi della “Sapienza”di Roma

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INTRODUZIONE

Le attività dell’uomo hanno sempre più inciso, sia in senso negativo siain senso positivo, sull’ambiente e sull’ecosistema: basti pensare all’agricol-tura, che ha trasformato profondamente aree vastissime della terra, alla di-struzione delle foreste vergini di ampie zone del pianeta, fino ad arrivare al-le attività industriali, allo sfruttamento delle risorse minerarie, per citarnesoltanto alcune. Tutto questo ha significato cambiamenti profondi degli eco-sistemi, con massicci fenomeni di degrado (l’inquinamento del suolo, del-l’aria e dell’acqua, l’effetto serra, l’estinzione di specie animali e vegetali, ilcambiamento climatico), ma anche in minor misura una maggiore sensibi-lità sociale all’ambiente e la salvaguardia di alcuni habitat. È proprio il te-ma dell’ambiente che negli ultimi decenni ha polarizzato il dibattito scien-tifico e politico. Il suo fragile equilibrio, il rapporto con il sistema sociale econ lo sviluppo, i mutamenti determinati dall’azione dell’uomo, sono sol-tanto alcuni degli aspetti trattati. In questo nuovo e vasto dibattito, che haorigine in quel processo che alcuni studiosi hanno chiamato “modernizza-zione ecologica”, si è distinto, per le sue caratteristiche peculiari, per le sueimplicazioni socio-politiche, la questione del rischio connesso con le attivitàtecnologiche e naturali. Tale questione ha alimentato e generato un nuovodibattito, intimamente collegato con il processo di modernizzazione e coni mutamenti che tale processo ha comportato nelle nostre società. Negli ul-timi anni la riflessione sul rischio si è arricchita di nuovi approcci (sociolo-gico, psicologico e culturale) che ha portato ad un’analisi inter-multi-disci-plinare del concetto.

In questo lavoro si è voluto approfondire dal punto di vista della sociologia,della sua ricchezza teorica e concettuale e soprattutto della sua portata

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empirica, questo tema. Precisamente, l’oggetto di studio è stato la rappre-sentazione psico-sociale, della percezione del rischio e della strutturazionedell’atteggiamento, elaborata dagli attori sociali, i membri della piccolacomunità lucana di Rotondella in provincia di Matera, nei confronti di al-cuni aspetti del Centro Enea della Trisaia, ospitato sul suo territorio. Lo stu-dio ha messo in evidenza quali fattori hanno contribuito e sono intervenu-ti nel processo di rappresentazione psico-sociale, quali ad esempio l’opinionedegli intervistati su tematiche collegate all’oggetto di studio, l’importanzadelle strategie di comunicazione sul rischio, la rilevanza della dimensionecognitiva (informazioni e interesse) nella strutturazione interna dell’atteg-giamento.

Si è messo in evidenza, inoltre, se mai ce ne fosse stato bisogno, cometali processi psico-sociali sono complessi ed articolati e risentono necessa-riamente del contesto socio-economico nel quale si strutturano e dei temi le-gati all’oggetto in questione. Per questo, il presente lavoro è articolato in duesezioni. La prima (i primi tre capitoli) è stata dedicata alla descrizione delquadro situazionale. Nel primo capitolo è stato disegnato brevemente l’e-sperienza nucleare del nostro Paese. In questa cornice sono inserite le vicendedel Centro di ricerca della Trisaia, prima Centro ricerche nucleari del CNEN(Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare), successivamente Centro perle ricerche energetiche dell’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energiae l’Ambiente). Nel secondo capitolo si è ricostruito la Storia del Centro, daiprimi anni di attività nel settore nucleare al lungo processo di riconversio-ne iniziato sul finire degli anni ottanta, soffermando l’attenzione sugli av-venimenti ritenuti importanti per la comprensione e lo studio dei processi in-dagati. Nel terzo capitolo si è dato spazio all’Atlantide Radioattiva, si è descrittoil lato “oscuro” del Centro della Trisaia, ossia gli articoli giornalistici e le cre-denze e i racconti diffusi nella comunità di Rotondella, che si occupano delCentro, di alcune sue vicende “misteriose”.

La seconda sezione ( gli ultimi due capitoli), propriamente sociologica,è dedicata all’indagine empirica. Nel quarto capitolo si passa in rassegna il

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dibattito delle scienze sociali sul tema del rischio, il filone “empirico” di ta-le dibattito, e si delinea il disegno della ricerca, il quadro concettuale impiegatoper “illuminare” ed “ordinare” la realtà empirica indagata. L’ultimo capi-tolo presenta i risultati dell’indagine, i principali percorsi di formazione deiprocessi psico-sociali di percezione del rischio e di atteggiamento.

Infine, questo lavoro conclude la mia esperienza di studente universi-tario, rappresenta l’ultimo esame, la valutazione della comunità scientificadi riferimento del mio percorso di apprendimento, pertanto mi si perdonise tra le righe del presente lavoro oltre a questioni attinenti alla sociologia,si scorgeranno i sogni ed i timori, le speranza e l’ingenuità, che mi hanno ac-compagnato lungo questo difficile e stimolante percorso.

L’Autore

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PARTE PRIMA

IL QUADRO SITUAZIONALE

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CAPITOLO IIL NUCLEARE

I primi anni del nucleare

I primi decenni del secolo scorso furono fondamentali per la conoscenzadella struttura dell’atomo. In questo periodo si elaborarono teorie e modelliche posero la base per ciò che fu successivamente chiamata “fisica delle par-ticelle” o, dai filosofi della scienza, “paradigma quantistico”. In seno aquesti cambiamenti si accumularono conoscenze che permisero i primistudi sulla manipolazione nucleare, cioè a dire su quei processi di reazioneartificiali (di fissione e scissione) che sfruttano l’energia contenuta nell’atomo.

Contesto di questi “rivoluzionari” studi fu l’Europa dei totalitarismi,che contribuì a spezzare le collaborazioni tra i laboratori (Gottinger,Cambridge, Roma, Parigi), protagonisti di questi cambiamenti.L’implementazione delle leggi razziali, in principio in Germania e in Italia,poi nei paesi occupati, determinò un vero e proprio esodo di “cervelli” inAmerica. La preoccupazione circa il comportamento degli studiosi rimasti“fedeli” ai regimi dittatoriali, e i possibili usi bellici delle ricerche atomiche1,spinsero alcuni fisici, tra i quali Albert Einstein, a persuadere il presidentestatunitense Roosvelt ad avviare un programma di ricerche nucleari, che aves-se avuto come obiettivo la costruzione della bomba atomica prima dei na-zisti. Nei primi anni quaranta ebbe inizio il “Manhattan Project”, diretto dalcolonnello Robert Groves e coordinato dal fisico R. Oppenheimer. Dopo i pri-

1 In realtà, le potenzialità della Germania di creare ordigni dalla scissione nucleare vennero am-piamente sopravvalutate, e, cosa ben più importante, gli scienziati tedeschi che continuaro-no per tutto il periodo della guerra gli studi in questo settore boicottarono volontariamentele loro stesse ricerche per impedire all’industria bellica di capire il nesso tra scissione dell’a-tomo e bomba atomica.

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mi esperimenti che diedero esiti positivi nel deserto del Nuovo Messico, labomba, per volere del presidente Truman2, fu lanciata nell’agosto del 1945su Hiroshima e Nagasaki per porre fine alla Seconda Guerra Mondiale. Conl’esplosione delle bombe atomiche si aprì un nuovo scenario per la storia uma-na e la politica internazionale, ciò che gli studiosi chiamarono “Era nucleare”3.Mai, nel tempo passato, l’uomo fu capace di generare uno strumento belli-co così diabolicamente distruttivo. Si racconta che il coordinatore del“Manhattan Project”, Oppenheimer, quando presenziò alla prima esplosioneatomica esclamò, citando un antico testo sacro indù: “Ora sono io diventa-to la morte, il distruttore dei mondi”. Fu proprio la capacità distruttiva diquesti nuovi ordigni a generare in alcuni scienziati che parteciparono allaloro costruzione (ma non solo) una crisi di coscienza che li portò a lanciareproclami per il disarmo. Nel settembre del 1949 i sovietici fecero esplode-re la loro bomba atomica, riequilibrando il livello tecnologico-bellico tra ledue superpotenze. Quest’avvenimento comportò un nuovo corso nella po-litica nucleare mondiale. Gli americani abbandonarono definitivamente lastrada della restrizione e della chiusura sulla circolazione di conoscenze (at-tinenti al nucleare, ricerche, studi, etc.) per intraprendere una strada rivol-ta alla collaborazione, allo scambio d’informazione di esperienze.

Iniziarono così gli anni cinquanta, il periodo delle grandi collaborazioniinternazionali per sviluppare gli usi pacifici del nucleare. Nel 1952, in am-bito europeo, venne costituito il CERN (Centro Europeo per la RicercaNucleare), un Centro per lo studio delle particelle elementari, dotato d’at-trezzature dai costi (economici e tecnologici) proibitivi per i bilanci deisingoli Stati che parteciparono al progetto. L’anno successivo, il 1953, sem-pre in ambito europeo, si lavorò all’istituzione di un organismo atomico uni-tario: l’EURATOM. In concomitanza con quest’avvenimento, il presidente

2 Succeduto a Roosvelt dopo la morte di quest’ultimo, avvenuta il 12 Aprile del 1945.3 Alcuni studiosi concordano nell’affermare che le bombe su Hiroshima e Nagasaki non posero

fine alla Seconda Guerra Mondiale; secondo questi studiosi le bombe erano un segnale di av-vertimento nei confronti dell’URSS per dimostrare la supremazia militare americana. Da quil’idea che tali avvenimenti segnarono l’inizio di una nuova e diversa guerra.

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degli Stati Uniti Eisenhower lanciò un poderoso programma energetico vol-to alla produzione a basso costo d’energia dalle centrali nucleari, denomi-nato “atom for peace”.

Negli anni successivi si assistette all’entrata in funzione dei primi reat-tori nucleari per la produzione d’energia (nel 1954 in URSS e nel 1956 in USA),e all’organizzazione della prima conferenza internazionale sull’argomento(nel 1955 a Ginevra). Nonostante questi sforzi, il nucleare per lo sviluppo pa-cifico restò intrinsecamente legato al nucleare per lo sviluppo militare. Ciòera stato evidenziato anche da una commissione statunitense, qualche an-no prima (1946), la quale aveva affermato che lo sviluppo dell’atomica in cam-po pacifico e quello in campo militare erano (e sono tutt’oggi) per gran par-te del proprio corso intercambiabili e interdipendenti. Non a caso, forse, inconcomitanza con questi nuovi sviluppi del nucleare si assistette alla cor-sa agli armamenti.

Per arginare la proliferazione di armi nucleari, la comunità internazionalediede luogo, con il passare degli anni, a due importanti provvedimenti. Ilprimo, nel 1957, relativo alla fondazione a Vienna dell’Agenzia Internazionaleper l’Energia Atomica (AIEA), con lo scopo di garantire, mediante ispezio-ne, che le istallazioni atomiche sotto il proprio controllo fossero utilizzate so-lo per scopo pacifico. Questo scopo però, almeno per le due superpotenze,fu disatteso e all’Agenzia fu, di fatto, affidato un ruolo di collaborazione econsulenza ai Paesi in Via di Sviluppo che intraprendevano la strada nucleare.Il secondo provvedimento, sul finire degli anni sessanta, fu l’approvazionedel Trattato di Non Proliferazione4, sottoscritto il 1-7-1968 ed entrato in vi-gore il 5-3-1970, che proibì agli Stati firmatari che non disponevano di armamentinucleari (Stati non-nucleari), di ricevere o fabbricare tali armamenti, o di pro-curarsi tecnologie e materiale utilizzabile per la costruzione di armamentinucleari. Ugualmente il trattato proibì agli Stati nucleari firmatari di cede-re a Stati non-nucleari armi nucleari e tecnologie o materiali utili alla costruzione

4 Il Trattato di non proliferazione è ancora oggi in vigore.

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di queste armi. Inoltre il trasferimento di materiale e tecnologie nucleari dautilizzarsi per scopi pacifici doveva, secondo il trattato, avvenire sotto lo stret-to controllo della AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica).

Sul piano dell’istallazione d’impianti nucleari energetici, sta di fatto che,nel giro di pochi decenni, tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, furonomolti gli Stati che si dotarono di questa nuova fonte. L’idea di dominare unacosì sterminata forza affascinava le menti di numerosi scienziati dell’epo-ca, inoltre rispetto alle altre fonti energetiche che sfruttavano le reazioni dicombustione il nucleare era capace di generare una quantità enorme d’energia.

Breve storia del nucleare in Italia

Sul piano nazionale, anche in Italia vi fu chi si interessò a questa nuo-va tecnologia. Bisogna però aspettare i primi anni sessanta per assistere aduna rudimentale politica nucleare nazionale.

Sin dai primi anni del dopoguerra, nonostante la difficile situazione delPaese e le sanzioni che gli furono inflitte perché paese ex-belligerante e scon-fitto, si avviò una serie d’iniziative, sia pubbliche sia private, per lo studiodel nucleare. Nel novembre del 1946 nacque a Milano, per l’iniziativa con-giunta d’industrie private (Edison e Fiat) e di professori universitari (i fisi-ci Giuseppe Bolla e Giovanni Polvani), il CISE (Centro Informazioni StudiEsperienza), il primo laboratorio in Italia ad occuparsi di ricerca atomica. Neglianni successivi si assistette alla costituzione in seno alle Università dei pri-mi Istituti Nucleari. Nel 1951, per l’esigenza di coordinare le attività di que-ste singole strutture, fu istituito l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).Questi primi passi nel settore furono principalmente rivolti alla program-mazione e successiva realizzazione di un reattore atomico nazionale, per nonrimanere in una posizione arretrata rispetto a quella degli altri Paesi. Eranolontani gli anni delle grandi collaborazioni internazionali, e per lo svilup-po di un programma nucleare bisognava contare esclusivamente sulle pro-

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prie forze. Fu questo uno dei motivi che spinse l’industria privata, soprat-tutto quella energetica, e alcuni studiosi a fare pressioni sull’apparato po-litico per indurlo al finanziamento delle ricerche. Nel 1952 nacque, infatti,come comitato di consulenza del CNR (Centro Nazionale per le Ricerche),il CNRN (Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari). Questo nuovo or-ganismo non ebbe una missione ed una costituzione ben precise. Non do-tato di personalità giuridica fu, di fatto, sotto la competenza del CNR5, no-nostante avesse un rapporto privilegiato con il Ministero dell’Industria. Ildecreto della sua costituzione, il D.P.C.M. del 26 giugno 1952, affidò ad es-so anche il compito di detenere rapporti di collaborazione con gli enti stra-nieri e gli organismi statali che operavano nel settore nucleare, con l’asse-gnazione quindi, di libertà d’iniziativa in politica estera. Il parto ibrido delCNRN fu frutto principalmente di due concause: la prima identificabile nel-la sottovalutazione politica di questo nuovo settore; la seconda rappresen-tata dall’inizio del dibattito sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica.

Con l’inizio, nella seconda metà degli anni cinquanta, delle grandicollaborazioni internazionali, il CNRN cominciò a prendere i primi contatticon gli enti atomici stranieri, principalmente l’Agenzia Atomica Statunitense,inaugurando una nuova fase per la promozione del nucleare in Italia, incentratasull’importazione di tecnologia nucleare per ridurre l’arretratezza che il Paeseaveva accumulato negli anni precedenti. Gli alti costi, infatti, ed i tempi lun-ghi necessari per dotarsi autonomamente di quelle strutture essenziali perlo sviluppo del nucleare, nell’ottica del CNRN, avrebbero relegato il Paesead un ruolo di passività. Con l’intrapresa di questa nuova politica dell’en-te, si consumò il rapporto conflittuale che sin dall’inizio si era istaurato traCISE e CNRN. I due enti furono promotori di due programmi diversi,esprimendo sulla questione della nazionalizzazione dell’energia posizionialtrettanto differenti. Il CISE, ente privato che con la successiva entrata nel

5 Il CNRN aveva sede presso il CNR e si appoggiava ad esso per le funzioni di amministrazionee di segreteria.

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proprio capitale dell’IRI, ebbe funzioni pubbliche, fu fautore di un programmaautonomo di sviluppo di un reattore nucleare, e in campo energetico avanzòdelle proposte “privatistiche”. Il CNRN fu promotore di un programma, co-me si è detto precedentemente, incentrato sull’importazione, ed in campoenergetico fu portatore d’istanze “nazionalizzatrici”.

L’evento che fece precipitare la situazione fu la costruzione del CentroNucleare di Ispra, come sede di un primo reattore importato dagli Stati Unitiper attuare una prima esperienza di gestione, fortemente voluta dal CISE,ma che il CNRN nel 1957 donò all’Agenzia Atomica Europea (EURATOM).Con questa mossa il CNRN ottenne due risultati: il primo, più importante,fu il far assumere un ruolo di responsabilità al Governo italiano in un pro-getto nucleare europeo, al quale avrebbe dovuto necessariamente seguire unmaggiore impegno della politica governativa nello sviluppo del program-ma nucleare nazionale6; il secondo, forse meno importante e non voluto, con-sistette nel relegare il CISE ad un ruolo di secondo piano.

Terminati gli anni cinquanta, gli anni dell’era pionieristica del nuclea-re nel Paese, nel decennio successivo furono gettate le basi della politica nu-cleare italiana. In questi anni, infatti, venne istituito il CNEN (Comitato Nazionaleper l’Energia Nucleare), fu approvata la prima norma che andava a disciplinareil settore, furono realizzati i primi centri di ricerca nucleare e furono costruitele prime centrali.

L’11 Agosto del 1960 venne approvata dal Parlamento la legge cheistituiva il CNEN (nato dalla riorganizzazione del CNRN), un ente pubblicosottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Industria (il quale deteneva lapresidenza dell’ente), che ebbe il compito di promuovere lo sviluppo industrialedel nucleare; di sostenere tale sviluppo con la realizzazione di ricerche; dicollaborare con gli enti stranieri e nazionali che operavano nel settore; in-fine, di controllare la sicurezza e garantire la protezione dalle radiazioni de-

6 Questa strategia del far assumere al Paese delle responsabilità in ambito internazionale, era,soprattutto in questi primi anni , utilizzata dal CNRN per sopperire alla mancanza di de-terminazione della politica in campo nucleare.

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gli impianti atomici nazionali. Nel frattempo venivano varati i primi pro-getti nucleari del CNEN, che spaziavano dal settore del riprocessamento deicombustibili nucleari (il PCUT e l’EUREX) al settore per la costruzione di reat-tori nucleari (principalmente il PRO). Furono, contemporaneamente, realizzatii primi centri dell’ente, sede dei diversi programmi di ricerca varati. Nel 1959fu costruito il Centro della Casaccia vicino Roma, nel 1960 fu realizzato il Centrodi calcolo di Bologna, nel 1963 fu realizzato il Centro di Saluggia vicino Vercelli,nello stesso anno iniziarono i lavori per la costruzione del Centro della Trisaiaa Rotondella (Mt), e tanti altri furono i singoli laboratori sede di altre ricer-che. Il CNEN, come si evince dalla costruzione del Centro di calcolo di Bologna,non si occupò esclusivamente di ricerche nel settore energetico, ma anchedi ricerche in altri settori inerenti l’uso del nucleare, forse le più conosciu-te delle quali furono quelle condotte sulla modificazione genetica, me-diante radiazioni, di alcune varietà di frumento.

Nel 1962 venne approvata la prima legge che disciplinava l’impiego pa-cifico del nucleare, la legge n.1860, composta di due parti. Una prima par-te definì cosa s’intendeva per combustibili nucleari, prodotti radioattivi, eimpianti nucleari; una seconda disciplinò il loro trasporto, i loro utilizzi, l’au-torizzazione degli impianti, etc.. Nello stesso anno fu istituito l’ENEL (EnteNazionale per l’Energia Elettrica), a cui vennero trasferite tutte le attività del-le imprese esercenti nel settore energetico. Nel frattempo si era provvedu-to alla costruzione delle prime tre centrali elettronucleari: due sotto il con-trollo del settore pubblico (Latina e Garigliano); una terza in mano all’ini-ziativa privata (Trino Vercellese). Costruite secondo diverse architetture in-dustriali, poiché all’epoca non si era ancora imposto, a livello internazionale,un modello (“filiera”) competitivo di impianto, le centrali entrarono infunzione nel biennio 1963/64.

Il 1963 fu un anno decisivo, almeno secondo alcune letture della storianucleare italiana. Infatti, il segretario del CNEN, il geologo Felice Ippoliti,fu indagato per reati attinenti alla gestione dell’ente. Questa vicenda ebbedelle ripercussioni nel proseguimento delle attività del CNEN, il quale en-

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trò in una profonda crisi che si protrasse fino ai primi anni settanta. La ri-costruzione storiografica della vicenda è ancora abbastanza dibattuta tra dueletture contrapposte. La prima, focalizzandosi sull’avvicendamento che siera verificato al Ministero dell’Industria (all’On. Emilio Colombo, che tan-to si era prodigato per l’istituzione dell’ente, era succeduto l’On. Togni), in-terpreta gli avvenimenti come un attacco alla corrente politica dell’ex-Ministro dell’industria. La seconda evidenzia le ripercussioni dell’evento nel-la politica energetica nazionale, e considera gli avvenimenti come un attaccodella “lobby dei petrolieri” al più tenace sostenitore del programma nucleareitaliano. Di fatto la vicenda causò una prima battuta d’arresto allo svilup-po nucleare, però già sul finire degli anni sessanta, in un’ottica globale, si pos-sono osservare dei primi segnali di ripresa, grazie all’azione incisiva del CI-PE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) nel-l’indirizzare la politica nucleare. In generale, l’azione del CIPE di quegli an-ni fu rivolta principalmente ad alcuni precisi obiettivi: il coordinamento el’identificazione del ruolo dei diversi soggetti pubblici e privati che parte-ciparono allo sviluppo nucleare; il sostegno alle iniziative di ricerca di nuo-vi reattori nucleari, per affrancarsi dal vincolo delle licenze per i modelli im-portati; il riconoscimento dell’opportunità, per uno sviluppo maturo nel set-tore, di dotare il Paese di impianti industriali riguardanti il ciclo completodel combustibile.

Capitolo a parte merita la situazione del CNEN, che, colpito nella per-sona del suo massimo dirigente, entrò in una profonda crisi, superata de-finitivamente soltanto con la riorganizzazione dell’ente avvenuta nel 1971.Grande incertezza creò il caso-Ippoliti sui programmi di ricerca dell’ente. Persuperare tale situazione il Ministro dell’Industria nominò delle appositeCommissioni tecniche per decidere sulla loro continuazione. Una partedei programmi venne definitivamente abbandonata, come la costruzione delReattore PRO, altri, invece come i programmi di riprocessamento (PCUT edEUREX), proseguirono e, successivamente, l’ente, ripresosi dalla crisi, ini-ziò a varare, sulla base di precedenti studi, dei nuovi programmi inerenti la

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costruzione di nuovi modelli di reattori, Cirene e Pec, rispettivamente un reat-tore ad acqua pesante ed un reattore veloce, considerati promettenti per losviluppo futuro del nucleare.

Gli anni settanta furono importanti per l’approvazione di un forteprogramma nucleare nazionale. La situazione storica fu caratterizzata dal-le crisi petrolifere, dai primi shock-energetici che diedero vigore ai diversiprogrammi di sviluppo e determinazione alle classi dirigenti. Sul piano in-ternazionale si assistette all’intensificarsi delle collaborazioni, soprattutto inambito europeo. Importante fu la collaborazione del CNEN insieme con l’AGIPNUCLEARE (società del gruppo ENI) al progetto francese denominato EU-RODIF per lo sviluppo di un impianto di arricchimento7 del combustibilenucleare (che sfruttava il processo della diffusione gassosa dell’esafluoru-ro). Questa partecipazione avrebbe assicurato al Paese la fornitura del com-bustibile per le centrali in dotazione. Nel 1976 il Cnen iniziò una lunga quan-to controversa collaborazione, con il concorso di alcune industrie private na-zionali, con l’Agenzia Atomica Irachena per lo sviluppo pacifico del nucleare.Questa collaborazione si sostanziò con la fornitura all’Agenzia Irachena dialcuni laboratori attinenti al ciclo del combustibile e con scambi di personale.

Sul piano interno si assistette alla stesura del Piano Energetico Nazionale.Deliberato dal CIPE nel 1975, fu successivamente approfondito insieme al-la generale questione energetica nazionale da un’apposita CommissioneParlamentare nel 1976, per essere definitivamente approvato nell’ottobredel 1977 dal Parlamento. Il PEN prevedeva la costruzione di otto centralielettronucleari (da 1000 Mwe del tipo ad acqua leggera), e per quanto riguardail ciclo del combustibile la costruzione di un impianto industriale per il ri-processamento del combustibile e l’individuazione di siti idonei per lo stoc-caggio dei rifiuti radioattivi. L’Italia, da sempre un Paese dipendente dal pe-trolio, vide nella strada nucleare il raggiungimento dell’agognata indipen-

7 L’arricchimento è un processo mediante il quale si altera l’abbondanza relativa di un deter-minato isotopo rispetto agli altri nel combustibile nucleare.

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denza energetica. Infatti, pur restando un Paese povero di riserve uranife-re, gli impianti industriali del ciclo del combustibile (per l’arricchimento edil ritrattamento) avrebbero assicurato la dotazione della materia prima perun lungo tempo. La volontà dello schieramento politico che permise l’ap-provazione del PEN incominciò a vacillare con la contestazione anti-nucleare,che, in ritardo rispetto agli altri paesi occidentali, si stava organizzando an-che in Italia. Numerose furono le voci di critica che si levarono contro il PianoEnergetico. Dapprima ristretta soltanto ai movimenti in difesa della natu-ra, successivamente la contestazione si allargò a tutta quella componentesociale sensibile agli argomenti della protesta. La scelta nucleare divenneuna scelta impopolare, infatti di lì a poco, con il sopraggiungere dei primiincidenti nucleari di una certa entità e con la mancanza di sostenitori tena-ci del programma nucleare, fu definitivamente abbandonata in seguito alreferendum popolare indetto nel Novembre del 1987. Nel frattempo, in se-no agli enti protagonisti dell’esperienza nucleare nazionale, accaddero al-cuni importanti cambiamenti. Nei primi anni ottanta il CNEN diversificò leproprie attività di ricerca aprendosi ai nuovi settori delle fonti energetiche(il solare, l’eolico, il geotermico), divenendo ENEA (comitato nazionaleper la ricerca e lo sviluppo dell’Energia Nucleare e delle fonti EnergeticheAlternative), mentre, per quanto riguarda l’AGIP NUCLEARE, interessataallo sviluppo industriale del ciclo del combustibile, venne definitivamentesciolta nel 1982/83.

All’indomani del referendum del Novembre 1987 il programma nuclearevenne bloccato, per precisione il referendum dispose una moratoria temporaneadel nucleare divenuta poi di fatto definitiva. Successivamente, nessun par-tito, organismo o sindacato pose la questione dell’uscita definitiva dal nu-cleare, ossia della dismissione degli impianti e della sistemazione dei rifiutiradioattivi prodotti secondo procedure standard di sicurezza. Più precisa-mente, la questione non fu posta con una certa incisività fino a quando l’ANPA(Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale) non la sollevò pubblicamentein due convegni nel 1994. Da allora ad interessarsi del problema interven-

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nero una serie di istituzioni pubbliche, quali la commissione grandi rischidella Protezione Civile; la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul ciclodei Rifiuti della XII e XIII legislatura; una task-force dell’ENEA. La soluzioneproposta, in linea con quelle adottate da altri Paesi e sulla scorta delle conoscenzescientifiche accumulate in materia, è stata la costruzione di un Deposito uni-co nazionale, dove sistemare, una volta solidificati i rifiuti liquidi custodi-ti negli impianti di produzione, le scorie nucleari. Tale deposito è la soluzione“idonea” e definitiva per i rifiuti radioattivi di media attività, che hanno unperiodo di decadimento di alcune centinaia di anni, mentre per i rifiuti ra-dioattivi di alta attività, quei rifiuti che hanno un tempo di decadimento del-l’ordine di qualche centinaia di migliaia di anni, rappresenta una soluzio-ne temporanea in attesa di un più idoneo provvedimento e dei progressi del-la conoscenza scientifica nel delineare altri possibili modi per far fronte il pro-blema. Per quanto riguarda la localizzazione del deposito sono state iden-tificate, con precisi criteri geologici e socio-demografici, delle possibili areeritenute adeguate allo scopo.

La questione dell’individuazione dell’area resta comunque aperta, e ditanto in tanto iniziano a sorgere le prime manifestazioni di protesta da par-te delle comunità che risiedono nelle possibili zone identificate come ido-nee, che rendono la vicenda ulteriormente complicata. Di sicuro la soluzioneal problema dei rifiuti radioattivi, oltre ad essere anti-popolare, è un vero “rom-picapo”per le scienze cosiddette esatte.

In tale cornice storica si inseriscono le vicende del Centro di ricerca del-la Trisaia, prima Centro di ricerche nucleari e, successivamente, Centro diRicerche Energetiche dell’ENEA.

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L’atomo approda sulle rive dello Jonio

Nel 1959, in seguito ad un accordo con l’Agenzia Atomica Statunitense(USAEC), il CNEN varò il programma sul ciclo del combustibile Uranio-Torio(il PCUT) per verificarne la fattibilità tecnico-scientifica in alternativa al ci-clo Uranio-Plutonio. In questa cornice fu decisa la costruzione del Centro del-la Trisaia e del suo principale impianto prototipo: l’ITREC (Impianto per ilriTrattamento e per la Rifabbricazione Remotizzata di Elementi di Combustibili).

Il ritrattamento e la rifabbricazione sono delle fasi che si collocano a val-le del ciclo del combustibile nucleare. Dopo l’estrazione dal giacimento, l’u-ranio subisce la trasformazione in materiale fissile (combustibile), pronto peressere “bruciato” nel reattore. Una volta bruciato, il combustibile esausto8

viene ritrattato, ossia viene sottoposto ad un processo chimico-fisico per se-parare i diversi elementi che lo costituiscono: i prodotti della fissione (i ri-fiuti veri e propri); il materiale fissile (il combustibile); e altre componenti(come ad es. l’Uranio fissile, l’Uranio 238, il Plutonio)9. La rifabbricazione,invece, è un processo tecnologico susseguente al ritrattamento, che rende uti-lizzabile, in reattore, il materiale fissile estratto con il ritrattamento. La rilevanzaeconomica di questa fase in un’ottica industriale consiste nell’aumentare laproduzione di energia ottenuta dal combustibile nucleare. Questa funzio-ne è però giustificata dalla dotazione di un alto numero di centrali nuclea-ri, che vanno ad ammortizzare gli alti costi di costruzione e gestione degli

CAPITOLO IILA STORIA DEL CENTRO ENEA DELLA TRISAIA

8 Combustibile “bruciato” in reattore.9 Quello che si è appena descritto è il ciclo del combustibile chiuso. Attualmente i paesi nucleari

tendono a non ritrattare il combustibile esausto, causa la pericolosità del processo, smalten-dolo come rifiuto in appositi contenitori.

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impianto di riprocessamento, inoltre tale processo ha anche una rilevanzamilitare dal momento che per mezzo di esso si ottengono le materie primeper la costruzione degli ordigni militari.

La scelta del sito della Trisaia, il primo Centro del Cnen nel Mezzogiornod’Italia, fu dettata dalla vicinanza alla Centrale di Garigliano, che nel frat-tempo, si stava costruendo. Infatti, era prevista la successiva riconversionedella centrale al ciclo Uranio-Torio e quindi il trasferimento a Garigliano delcombustibile riprocessato in Trisaia. A promuovere politicamente il progettofurono l’allora Ministro dell’Industria, nonché presidente del Cnen, On. EmilioColombo, e a livello comunale il Sindaco di Rotondella ed il partito che lososteneva (la Democrazia Cristiana, la quale governò la questione in un’ot-tica prevalentemente clientelare). I laboratori e gli impianti che dovevanoessere realizzati in Trisaia vennero presentati come l’avamposto dell’indu-stria, quell’industria che, nella retorica meridionalista dell’epoca, avrebbeinnescato il processo di modernizzazione dell’area e avrebbe spazzato viala miseria e la povertà contadina.

L’Impianto ITREC si collocò in quella fase della politica dell’ente improntataall’importazione degli impianti. La progettazione dell’impianto, infatti,avvenne negli Stati Uniti per opera della “Allis Chalmer Mfgco”, la sua ar-chitettura industriale fu realizzata in misura consistente da un’altra impresaamericana la Blow-Knox, mentre soltanto una parte residuale fu costruitain Italia per opera della Bombrini Parodi Delfino. Nel 1962 furono acquisi-ti i terreni in Trisaia e iniziò la fase di costruzione del Centro.

L’impianto ITREC fu progettato per la lavorazione degli elementi Elk-River (dal nome della Centrale di provenienza degli elementi), ma fu dotatoanche di un’elevata versatilità, tanto che con poche modifiche sarebbe sta-to possibile impiegarlo per la lavorazione di altri tipi di elementi. Nel pro-gramma iniziale fu previsto, infatti, il riprocessamento di altri elementiprovenienti da una centrale norvegese, dopo il riprocessamento degli ele-menti di Elk-River. L’ITREC fu, oltre che il primo impianto di ritrattamen-to per il ciclo Uranio-Torio, anche il primo impianto che concentrava in es-

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so sia la fase di ritrattamento che la fase di rifabbricazione10, quest’ultima com-pletamente remotizzata. Il riprocessamento consisteva di due momenti:uno meccanico, nel quale gli elementi di combustibile venivano smontati etagliati; un altro chimico, che permetteva il recupero dell’uranio e del toriocontenuti in essi. L’impianto fu da ritenere un’installazione pilota, anche perle limitate capacità produttive; infatti, fu progettato per la lavorazione di 15kg/al giorno.

L’Italia avrebbe così maturato un’esperienza nel campo del riprocessamentoimportante per il raggiungimento di un ciclo nucleare completo ed econo-micamente rilevante quando avrebbe avuto in dotazione un forte numerodi centrali elettronucleari. All’epoca il CNEN aveva in cantiere un altro im-pianto di riprocessamento, l’EUREX, che fu poi costruito a Saluggia (Ve), peril ritrattamento di combustibili del ciclo Uranio-Plutonio.

Nel 1963 fu stipulato l’accordo definitivo tra il CNEN e l’AgenziaAtomica statunitense per chiarire alcuni aspetti del precedente accordodel 1959, come il costo della collaborazione, il trasferimento degli elemen-ti di combustibile da ritrattare provenienti dalla centrale di Elk-River (unadelle poche ad Uranio-Torio, localizzata nel Minnesota). Il trasferimento av-venne con tre trasporti, contenente ciascuno 28 elementi di combustibile.11

Nello stesso anno si verificarono le vicende giudiziarie che coinvolse-ro l’allora segretario generale dell’ente, il geologo Felice Ippoliti12, vicendeche ebbero delle ripercussioni sui lavori di costruzione del Centro, i quali fu-rono sospesi. Il Ministero dell’Industria istituì una serie di commissioni tec-niche per decidere le sorti dei programmi di ricerca dell’ente. Per quanto ri-guarda il PCUT, la commissione guidata dall’ing. Mario Silvestri, decise peril suo proseguimento13. La commissione prese in considerazione anche la pos-

10 La fase della rifabbricazione dell’impianto Itrec non entrò mai in attività.11 Precisamente, in base alle registrazioni al Ministero dell’Industria, i trasporti sono avvenu-

ti il 9 Dicembre del 1968, il 20 ottobre 1969, e il 18 0ttobre del 1970. 12 Le vicende giudiziarie che coinvolsero il segretario generale del CNEN, sono state già descritte

nel paragrafo secondo del primo capitolo del presente lavoro.13 Come scrive nel suo libro Silvestri (cfr. 1968) la decisione del proseguimento del progetto PCUT

si è basata esclusivamente su considerazioni di tipo economiche, quali gli alti costi che il Cnen

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sibile cessione del sito all’ENEL per l’ubicazione di una Centrale Termica,ma la lontananza dalle acque per il raffreddamento di alcune parti dell’impiantoresero inadatto il sito.

Nel 1965, dopo le decisioni della commissione, ripresero i lavori di co-struzione del Centro, in vista di un futuro utilizzo industriale del sito, ter-minati successivamente nel 1968. L’inaugurazione del Centro avvenne il 2Maggio dello stesso anno alla presenza di illustri personalità. Molti giornalie riviste, e non solo a carattere locale, dedicarono spazio all’evento. Nello stes-so anno si verificò anche l’abbandono del programma di ricerca da partedell’Agenzia Atomica Statunitense, in quanto non più interessata. Conquesto avvenimento iniziò il lungo travaglio del programma PCUT. Infatti,di lì a poco fu emanata una delibera del CIPE che ne dichiarò ufficialmen-te la chiusura ed invitò il CNEN a presentare dei nuovi programmi di ricercaper il Centro della Trisaia. Da ricordare sono le polemiche sorte nello stes-so periodo su alcune riviste locali (esempio la “Basilicata”settembre-ottobre1968), innescate dalla pubblicazione del libro Il costo della Menzogna diMario Silvestri. Nel suo libro, Silvestri criticò fortemente la scelta del Cnendi varare il programma PCUT sul ciclo Uranio-Torio, in quanto considera-va questo programma privo di importanza strategica per la politica nucleareed energetica dell’Italia. L’ing. Orsenigo, allora direttore del programma, di-fese la validità del PCUT, rammentando all’ing. Silvestri che essendo statolui stesso presidente della commissione ministeriale per la valutazione delprogramma, nel 1964-65, non si era opposto alla continuazione dello stes-so. Inoltre, menzionò la situazione storica nella quale il progetto era stato va-rato, era la fine degli anni cinquanta e ancora non si era imposto a livello in-ternazionale il ciclo del combustibile più competitivo.

In merito alla localizzazione del Centro in Trisaia, si pronunciò nel 1974il gruppo “Il Politecnico”, che stava lavorando alla elaborazione del Piano

aveva già sostenuto per la costruzione del Centro della Trisaia e i contributi che l’Agenzia ato-mica statunitense e l’Euratom (l’agenzia atomica europea) avrebbero dovuto versare all’enteitaliano una volta ultimato il programma di ricerca.

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Regolatore di Rotondella. Il gruppo di urbanisti mise in connessione diret-ta l’ubicazione del Centro in Trisaia, che ostacolò lo sviluppo d’insediamentiurbani di Rotondella verso la costa ed il mare, con il progressivo spopola-mento del paese. Di fatto in quegli anni, gli anni settanta, era già da tempoiniziato un processo di spopolamento dei Paesi dell’entroterra come Pisticci,Bernalda, Nova Siri, i quali riuscirono a contenere, e in molti casi addiritturaa invertire la tendenza a perdere popolazione, con lo sviluppo d’insediamentilungo la costa. Non fu così per Rotondella, che continuò (e ancora continua)a perdere popolazione anche perché lo sviluppo a mare fu impedito dallacostruzione del Centro della Trisaia.

Il Centro: le strutture e l’organizzazione

Il centro è ubicato in località Trisaia inferiore nel Comune di Rotondella(Mt), all’estremità sud della pianura del metapontino. A nord confina con ilfiume Sinni, ad est con la strada statale 106, a sud con alcune masserie agri-cole, ad ovest con un affluente del fiume Sinni chiamato “fosso granata”. Ilsito si estende su un’area di circa 110 ha. La vicinanza alla SS 106 e alla sta-zione ferroviaria di Nova Siri assicurava (ed assicura) un buon collegamen-to, una buona accessibilità geografica al sito; infatti, per queste vie, nel periododella costruzione del Centro, arrivarono i materiali e gli impianti utilizzati.

Globalmente, gli edifici costruiti all’inizio nel Centro della Trisaia am-montavano a 52.000 metri cubi, ripartiti in:

- edifici con funzione di magazzino ed officina;- edifici per i laboratori (Tossicologia, Protezione Sanitaria)- edifici adibiti ad altre funzioni, come la mensa, la foresteria, l’ingresso. Soltanto una piccola parte dell’area fu interessata all’istallazione degli

impianti del programma PCUT, mentre per la restante area si auspicava l’u-tilizzo in futuro per altre attività connesse al nucleare.

Il Centro fu organizzato per funzioni (ITREC, Laboratori, Protezione

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Sanitaria e Uffici amministrativi), la gestione fu affidata al Direttore delCentro, gli unici servizi dati in appalto furono quelli di Custodia, Mensa, Puliziae Foresteria. Il personale impiegato era di circa 200 unità tra tecnici ed operai.

L’impianto ITREC, che costituiva la principale realizzazione del Centro,fu localizzato nella parte settentrionale del sito, il cosiddetto “Piano del for-no” dove erano ubicate, anche i “siroi”14. Oltre alla struttura sede dell’impiantofurono costruiti altri edifici per attività connesse, come ad es. i locali per gliuffici amministrativi, i laboratori, l’edificio per il trattamento dei rifiuti, ilcamino dall’altezza di circa 60 m, per il rilascio dei residui gassosi derivantidall’utilizzo dell’impianto, ecc.

I primi anni di funzionamento

Dopo l’inaugurazione del Centro nel maggio del 1968, ci vollero altridue anni di lavori per ultimare definitivamente la sua costruzione. Nel frat-tempo, nel 1969, il sito della Trisaia fu interessato dalla localizzazione di unimpianto industriale per la fabbricazione di elementi di combustibile nucleare,destinati alla Centrale di Latina. Proprietaria dell’impianto fu la “CombustibiliNucleare”, società costituita a Matera, l’anno prima, dall’Agip Nucleare eda una società inglese la BNFL (British Nuclear Fuels plc). Le attività di fab-bricazione furono autorizzate dal Ministero dell’Industria nel 1969 e conti-nuarono fino al 1987, quando in seguito al Referendum si decise per una mo-ratoria del nucleare nel nostro Paese. In questo arco temporale il Centro del-la Trisaia fu il terminale dei trasporti di barre di combustibile da fabbrica-re provenienti dall’Inghilterra, le quali una volta lavorate (“fabbricate”) ve-nivano spedite a Latina. La localizzazione di questo impianto in Trisaia è didifficile interpretazione, se non in un ottica, come si vedrà in seguito, di suc-

14 I “siroi”, o anche chiamate “fosse dei pagani” dagli abitanti della zona, sono delle testimo-nianze archeologiche dell’antica colonia greca Siris. Il sito della Trisaia è stato ubicato dovesorgeva anticamente il complesso portuale della colonia di Siris lungo la foce del fiume Sinni.

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cessivo ampliamento delle attività del Centro in ambito industriale.Nel 1970 iniziò la fase delle prove “a freddo” dell’ITREC. Tale fase si con-

cluse nel 1975 in seguito ad un incidente verificatosi all’impianto. In questaprima fase di prove ci fu la prima produzione di rifiuti, i quali venivano smal-titi in base al loro stato fisico e alla loro attività15. Contemporaneamente al-le prove “a freddo”, fu avviata tutta una serie di studi geologici-ambienta-li sul terreno del sito della Trisaia (sulla composizione delle argille, sullo sta-to idrogeologico, sulla possibilità di contaminazione delle falde acquifere,etc.), sulla scorta dei quali successivamente il CIPE dichiarò il sito della Trisaiaidoneo a ricevere impianti nucleari a carattere industriale.

Cessate le prove “a freddo” e ultimate alcune modifiche all’impianto,si avviò, nel 1975 (preventivamente autorizzata dal Ministero dell’Industria),una campagna di prove cosiddette “a caldo”, che consistevano nel ripro-cessamento di 20 degli 84 elementi di Elk-River16. Nonostante la delibera delCIPE di pochi anni prima, che dichiarò conclusa la sperimentazione del ci-clo Uranio-Torio, l’ente, in attesa di nuovi progetti, fu interessato a condurreuna prima esperienza di riprocessamento, per essere successivamente pron-to nella gestione di un impianto industriale. Durante questa fase furono pro-dotti rifiuti radioattivi principalmente allo stato liquido, questi furono cu-stoditi, in attesa della loro sistemazione definitiva, in apposite strutture in-gegneristiche. Per adeguare i volumi dei contenitori-depositi alle quantitàdi rifiuti liquidi prodotti, in questa campagna, ma anche nelle campagne fu-ture previste, iniziarono dei lavori di costruzione di altri depositi. Il ripro-cessamento si concluse nel 1978, in seguito furono apportate all’impianto al-cune modifiche dettate dall’esperienza di funzionamento. Nel periodo suc-cessivo molti furono i progetti per la riutilizzazione dell’impianto, ma mainessuno venne attuato praticamente.

15 Per una descrizione delle pratiche di gestione dei rifiuti radioattivi del Centro si rimanda alparagrafo su “I rifiuti radioattivi” in questo capitolo.

16 Nel periodo compreso tra il 16 Luglio 1975 al 3 Giugno 1976 furono riprocessati i primi 7 ele-menti, mentre i restanti 13 elementi furono riprocessati tra il 15 Aprile del 1978 all’8 Luglio1978.

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Nel frattempo il Centro ospitò del personale tecnico iracheno per un pe-riodo di addestramento: questa fase si inserisce nell’ambito delle collaborazioniche il CNEN iniziò con l’agenzia Atomica Irachena nel 1976. Questa parti-colare vicenda fu abbastanza intricata da un punto di vista di politica in-ternazionale, molte furono, infatti, le pressioni a livello internazionale sul-l’ente da parte degli Stati Uniti e di Israele, che temevano un possibile svi-luppo bellico del programma nucleare iracheno. La collaborazione tra gli en-ti (italiano e iracheno) fu il terreno di coltura di una serie di ricostruzioni gior-nalistiche, forse fantasiose in quanto non hanno avuto sviluppi giuridici, suirapporti tra il Centro e il misterioso incidente di Ustica, e tra il Centro e losviluppo bellico del regime di Saddam Hussein. Questi aspetti verranno ap-profonditi successivamente nel capitolo dedicato alle altre-storie del Centro.

I programmi di sviluppo e la contestazione

Gli anni settanta furono, oltre che i primi anni di funzionamentodell’ITREC, gli anni dei programmi di ampliamento industriale delle atti-vità del Centro della Trisaia. A far nascere i progetti di riorganizzazione in-dustriale contribuirono alcune delibere del CIPE (Comitato Interministerialeper la Programmazione Economica) di alcuni anni prima. In una prima de-libera venne considerata conclusa la sperimentazione del ciclo Uranio-Torio, per la quale il Centro della Trisaia fu costruito; in una seconda si enun-ciò l’idoneità del sito della Trisaia a ricevere l’installazione di impianti nu-cleari industriali; in altre delibere si dichiarò la necessità per il programmanucleare italiano di dotarsi di impianti di ritrattamento industriali.

La questione dello sviluppo del Centro coinvolse, oltre il CNEN, l’AGIPNucleare17, che già qualche anno prima provvide a localizzare nel sito del-la Trisaia un impianto industriale per la Fabbricazione del combustibile nu-

17 Società del gruppo ENI, al quale era stata affidata un ruolo fondamentale nel ciclo del com-bustibile Nucleare.

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cleare. A sostenere lo sviluppo industriale del Centro, furono il sindacato del-la ricerca e la Democrazia Cristiana, quest’ultima mirò principalmente al-le possibili ripercussioni occupazionali del progetto industriale.

Un primo programma venne presentato dall’AGIP e dal CNEN alla RegioneBasilicata, cui competeva il governo del territorio, già nel 1973. Il pro-gramma prevedeva la localizzazione in Trisaia di due impianti industrialiconcernenti la produzione e il riprocessamento del combustibile nucleare,e di laboratori sperimentali di ricerca sul plutonio. Il programma implica-va, oltre che una ricaduta occupazionale dell’ordine di 700/800 unità lavorative,anche un ampliamento dell’area del Centro della Trisaia (già esteso per 100ha) di una superficie di circa 200 ha. Questo piano di sviluppo non ebbe deitenaci sostenitori, né tra i promotori né tra i responsabili politici, e fu accantonatoper qualche anno.

A risvegliare gli antichi interessi per lo sviluppo industriale dellaTrisaia fu, nel 1976, la stesura del Piano regolatore dell’area industriale delBasento, redatto dall’Italconsult, incaricata dal Consorzio per l’area indu-striale della zona. Nel piano furono accolte le linee di sviluppo industrialedella Trisaia, proposte dall’AGIP. Nel piano regolatore l’agglomerato di Policoro-Rotondella fu diviso in due aree distinte, alla destra e alla sinistra del fiu-me Sinni, rispettivamente destinate, la prima, la zona di Policoro, alla lo-calizzazione di industrie del settore agro-alimentare, la seconda, quella diTrisaia, alla localizzazione di industrie del settore del ciclo del combustibi-le nucleare. Il piano regolatore legittimò anche l’ampliamento, consistentein circa 200 ha, dell’area interessata all’industria nucleare.

Il contesto nazionale, nel quale si inserirono gli avvenimenti, era com-pletamente diverso rispetto ai primi anni settanta. Si assistette, infatti, aduna ripresa del programma nucleare italiano, che prevedeva la costruzionedi nuove Centrali Nucleari18, ed importanti furono pure le decisioni di col-

18 Questo fatto legittimava economicamente la costruzione di impianti industriali di riprocessamento,i quali avevano la funzione di aumentare, riciclando il combustibile esausto, la produzionedi energia estraibile dal combustibile.

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laborazione nello sviluppo industriale del nucleare assunte in ambito eu-ropeo, il progetto EURODIF al quale parteciparono sia il CNEN sial’AGIP nucleare.

Nello stesso anno ci fu una richiesta di chiarimento da parte dell’am-ministrazione comunale di Rotondella all’AGIP circa i progetti di amplia-mento presentati. L’AGIP ed il CNEN nel frattempo avevano apportato del-le prime modifiche agli originali progetti del 1973, sulla scorta di una deli-bera del CIPE del 1974, attinenti alla natura degli impianti. Accanto agli im-pianti di fabbricazione e riprocessamento del combustibile nucleare, eranoprevisti degli impianti concernenti l’attività di gestione dei rifiuti radioat-tivi a livello di impianti piloti.

Il territorio circostante la zona interessata alla localizzazione degli im-pianti, doveva nel suo sviluppo attenersi a precisi dettami per ragioni di si-curezza. Nel raggio di circa 2 Km non avrebbe dovuto svolgersi alcuna at-tività produttiva, mentre nel restante raggio, fino a 10 km, i vincoli previstierano inerenti il controllo della numerosità degli abitanti. Per queste misu-re di sicurezza la localizzazione degli impianti in Trisaia avrebbe avuto del-le ripercussioni su alcuni comuni del comprensorio, quali Rotondella, NovaSiri, Policoro e Rocca Imperiale.

Fu il 1977 l’anno di svolta della questione. A livello regionale non si riu-scì ad assumere una posizione chiara al riguardo, a causa dei fragili equi-libri della coalizione che guidava la giunta regionale19. Le posizioni espres-se in giunta oscillavano tra una posizione contraria all’ampliamento del Centrodella Trisaia per non compromettere lo sviluppo agricolo e turistico dellapiana del metapontino, ed una posizione favorevole a concedere il via li-bera ad alcuni impianti dell’Agip e del Cnen. Questa sostanziale indecisione

19 La coalizione era formata dalla Dc (di chiara apertura alla scelta nucleare), Psi (che con il rap-presentante Cascino svolge un ruolo fondamentale nel dirimere la questione dell’ampliamentodella Trisaia, dimostrando sensibilità ai temi della contestazione non solo a livello locale), edal Psdi, aperta al confronto programmatico con il Pci (che dopo una prima perplessità, con-vinto dell’inevitabilità della scelta nucleare, riscopre una posizione di opposizione all’am-pliamento della Trisaia).

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e incertezza della Regione Basilicata venne superata, di fatto, dalle decisioniespresse da alcuni consigli comunali, interessati alla localizzazione degli im-pianti.

Nel giugno dello stesso anno, infatti, il Consiglio Comunale di Nova Siri,alle prese con l’esame del Piano Regolatore dell’area industriale, segnalò un’in-compatibilità tra il piano di sviluppo industrial-nucleare della Trisaia e i pro-grammi di sviluppo agricolo-turistico sui quali il comune stava investendo.In tale ambito si mise in mostra una figura significativa, carismatica nel com-pattare un fronte d’opposizione ai programmi nucleari, l’assessore ai lavo-ri pubblici del piccolo paese20. Interessante fu il ruolo da questi svolto nei rap-porti con la stampa che diede risalto alla questione.

Sulla sponda rotondellese, invece, il potere politico, forte di una via pri-vilegiata di comunicazione con il Centro, appoggiò il suo sviluppo, sotto-lineandone i benefici occupazionali. Nel settembre dello stesso anno venneorganizzato, infatti, un dibattito pubblico, aperto all’AGIP21, al CNEN22e adalcuni rappresentanti di enti amministrativi23 sull’argomento. La discussioneterminò con la disponibilità da parte del Comune ai progetti di ampliamentoe con dichiarazioni favorevoli alla coabitazione tra lo sviluppo nucleare delsito della Trisaia e lo sviluppo agricolo-turistico24 del comprensorio. C’è daregistrare una netta presa di posizione della Democrazia Cristiana locale, chenello stesso periodo uscì con un suo documento al riguardo, dove venne ri-badita l’apertura al progetto nel rispetto della posizione che il partito ave-

20 L’assessore, si desume dalla cronaca dell’epoca, fu più volte accusato di essere un “terrori-sta psicologico”, un “ profeta di sciagure”. Fu accusato anche di fare l’interesse di una gros-sa azienda immobiliare calabro-pugliese, promotrice nel metapontino di un grosso insediamentoedilizio.

21 Parteciparono il dott. Marzocchi (Gruppo di Protezione Sanitaria del CNR della Trisaia) e ildott. Clemente.

22 Partecipo l’ing. Simonetti direttore del Centro della Trisaia.23 Parteciparono alcuni amministratori dei comuni vicini, il vice-presidente (Michele Cascino)

del Consiglio Regionale e qualche consigliere.24 È strano vedere come la stessa retorica della compatibilità si ripresenti nelle attuali vicende

del petrolio lucano; stavolta, però, cambiano i termini, la compatibilità si gioca tra un’areaprotetta (al momento della stesura del presente paragrafo ancora da perimetrare) e le attivitàd’estrazione del petrolio.

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va espressa a livello regionale. La posizione della Democrazia Cristiana erariassumibile in 5 punti:

- gli investimenti dovevano riguardare l’intero ciclo del combustibile,tranne per la parte conclusiva relativa al cimitero delle scorie25;

- il territorio interessato alle nuove attività doveva essere quello com-preso nel quadrilatero Valsinni, Senise, Tursi e Rotondella , per non com-promettere lo sviluppo della piana del metapontino;

- l’ampliamento delle attività doveva avere delle ricadute in termini in-frastrutturali sul territorio;

- la manodopera doveva essere selezionata e formata in loco;- in vista dei possibili rischi doveva vigilare un comitato popolare26.Le uniche voci di critica ai progetti, a livello comunale, provenivano da

alcuni esponenti della sinistra “estrema” e da parte dei contadini che pos-sedevano i loro terreni nelle vicinanze del Centro27. Furono gli stessi che suc-cessivamente diedero vita al comitato anti-nucleare di Rotondella.

Nel frattempo a destare allarme tra gli abitanti del territorio fu un av-venimento, al quale la stampa nazionale diede spazio, abbastanza clamoroso,ossia l’arrivo nella piccola stazione ferroviaria di Nova Siri di un carico con-tenente dieci tonnellate di Uranio con destinazione il vicino Centro Ricercadella Trisaia, rimasto incustodito28 per quasi un giorno alla stazione.L’avvenimento fece scalpore e diede vigore agli oppositori del programmanucleare. Nel frattempo, i due comitati anti-nucleari nati nella zona (aRotondella e a Nova Siri) si mobilitarono nell’organizzazione di discussio-ni pubbliche, di seminari di approfondimento con la partecipazione di stu-diosi esterni agli enti promotori del progetto e dei tecnici del consiglio di fab-

25 Così si cercava di eliminare la annosa tematica dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi in Trisaia.26 L’organizzazione di un comitato di controllo sociale era anche una proposta del fronte che

si opponeva al programma di sviluppo. 27 Sembra da alcuni articoli giornalistici dell’epoca che si verificarono ai danni del Centro del-

la Trisaia alcuni incendi di natura dolosa. 28 In base ad articoli di stampa che riportarono la notizia il carico arrivò alle 15 del 28 Dicembre

del 1977, rimanendo in stazione fino alle 10 del giorno seguente, con un ordinaria sorveglianzada piccola stazione ferroviaria, quando il personale del Centro della Trisaia andò a ritirarlo.

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brica del CNEN, di avvenimenti che coinvolgessero e sensibilizzassero i cit-tadini al problema. In uno di questi seminari fu invitato il geologo FlorianoVilla (Presidente dell’Associazione Geologi Italiani), il quale diede, in baseagli elementi a sua disposizione riguardanti la morfologia del terreno, un fon-damento “scientifico” alle tesi degli oppositori.

Fu in atto un vero e proprio conflitto ambientale, intendendo con taleconcetto “una particolare modalità di relazione sociale non cooperativafra due o più attori individuali o collettivi che hanno progetti diversi in or-dine agli usi sociali della natura (qualità ambientale e risorse naturali).Tali progetti divergenti generano azioni di reciproco controllo, azioni fina-lizzate a loro volta al controllo della risorsa scarsa, o ritenuta tale, per la qua-le si genera l’interazione conflittuale.”(Beato, 1999, p. 196) Il conflitto fu ge-nerato dai diversi programmi di sviluppo proposti dagli attori in gioco (i pro-motori del progetto ed i contestatori). I promotori sostenevano un’idea diuno sviluppo industrial-nucleare compatibile con lo sviluppo agricolo e tu-ristico della zona, convinti che la localizzazione di impianti nucleari nellapiana del metapontino non rendesse inutili gli investimenti (la Bonifica, leinfrastrutture, etc.) per lo sviluppo agricolo della zona. I contestatori, invece,sottolineavano l’incompatibilità dello sviluppo industrial-nucleare con lo svi-luppo agricolo-turistico della zona, e mettevano in risalto i possibili effettiche poteva provocare sulla commercializzazione dei prodotti, la diffusionedi informazioni circa la vicinanza delle coltivazioni agli impianti nucleari.A queste argomentazioni va aggiunto il tema della sicurezza degli impian-ti, del rischio connesso al loro funzionamento, delle ripercussioni sul com-prensorio delle misure di sicurezza da attuare. Altro argomento dei conte-statori fu la paura che dietro la localizzazione di impianti industriali per lasolidificazione dei rifiuti radioattivi si potesse celare “il cimitero delle sco-rie nucleari”, di cui già molta stampa dell’epoca parlava29.

Sullo sfondo di queste vicende lucane ci fu l’approdo della contestazioneanti-nucleare nel Paese. Soltanto l’anno prima venne tenuta a Montalto di

29 Si rimanda a “Centrali Nucleari : verso l’ultima avventura” Epoca 13 Aprile 1977.

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Castro la prima manifestazione contro il nucleare in Italia. Le manifestazioni,in principio minoritarie, di piccoli gruppi associati per la difesa dell’ambiente,con l’implementazione del piano energetico del 1977, che prevedeva la co-struzione di otto Centrali Nucleari, annoverò una forte partecipazione po-polare. La partecipazione non solo dei cittadini interessati alla localizzazionedegli impianti, ma anche di esperti indipendenti, ricercatori delle università,studiosi che criticarono la scelta nucleare, i programmi energetici, i singo-li casi di localizzazione.

In questo clima svolsero un ruolo fondamentale, nella diffusione di infor-mazioni, alcune riviste, quali “Sapere”, diretta da Giulio Maccacaro, e“Acqua, aria, ecologia”, diretta da Virgilio Bettini. Fu soprattutto la prima, nelbiennio 1977/78, a pubblicare articoli di critica nei confronti del program-ma nucleare, e ad organizzare una rete tra i diversi comitati anti-nucleari spar-si per la penisola. All’epoca era difficile, infatti, per i singoli comitati d’op-posizione ai progetti di costruzione degli impianti atomici, reperire notizie,conoscenze, informazioni indipendenti sul nucleare, se non le informazio-ni e gli studi messi a disposizione dagli enti preposti allo sviluppo del pro-gramma atomico nazionale (il Cnen, l’Enel, l’Agip). Per sopperire a questamancanza fu creata una rete di comunicazione tra i vari comitati anti-nucleari.Fu, come ebbe ad affermare l’assessore comunale del comune di Nova Siri,in prima linea nell’opposizione all’ampliamente delle attività del Centro del-la Trisaia, la ricerca d’informazioni che portava all’incontro con altre realtàdi lotta.

Alcuni sociologi dell’epoca qualificarono questo complesso movi-mento di contestazione come conservatore30, portatore di istanze anti-mo-derne. La diffusione, la popolarità delle argomentazioni erano dovute allatipica cultura italiana di stampo contadino, quindi molto dubbiosa e preoc-cupata rispetto ad ogni innovazione. Per “comprendere” questa particola-re lettura bisogna ricordare le argomentazioni dei “filo-nuclearisti”. I forti

30 Come d’altronde sono state qualificate da alcuni studiosi le prime contestazioni ecologiche.

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consumi energetici che la nostra civiltà richiedeva per il suo progresso po-tevano essere soddisfatti soltanto con un impiego massiccio di Centralielettronucleari; quindi chi era contro il nucleare era contro il progressodella civiltà. Altre letture vedono il movimento di contestazione come por-tatore di nuovi valori sociali, di nuove sensibilità, quali la difesa della na-tura, il diritto ad avere un ambiente pulito, senza pericoli, etc .

Per dirimere la contesa, ritornando al conflitto della Trisaia, interven-ne il Ministero dell’Industria. Fu organizzato, infatti, un incontro tra ilResponsabile governativo all’Energia31 ed i rappresentati di ENEL, CNEN,AGIP, Regione Basilicata e di altre amministrazioni comunali. La soluzio-ne presentata rimandava alla Regione Basilicata il compito di proporre si-ti alternativi alla Trisaia, per non alterare il programma di sviluppo incen-trato sull’agricoltura e turismo della piana del metapontino32. Successivamentele nuove proposte di siti alternativi, avanzate dalla Regione, ricaddero su Stigliano(un paese interno, in provincia di Matera), in altri casi si parlò di aree del-la vicina regione calabrese, ma non ci fu molta convinzione da parte degliinteressati; infatti, i promotori dell’ampliamento in Trisaia non furono mol-to persuasi dall’idea di spostare la localizzazione degli impianti in zone in-terne, dal momento che gli studi geologici-ambientali compiuti in Trisaia at-testavano l’idoneità del sito.

L’Agip, da parte sua, cercò di mettere in pratica un’ultima azione percreare consenso e far fronte alle perplessità degli amministratori locali:l’organizzazione di una visita ad alcuni impianti nucleari italiani e france-si. Il viaggio, compiuto nell’Ottobre del 1977, prevedeva la visita di due im-pianti nucleari italiani: la centrale di Latina e gli impianti della “FabbricazioniNucleari” di Bosco Marengo (AL); e di tre impianti nucleari francesi :Cadarache, sede degli impianti che producevano il combustibile per la

31 Il responsabile era l’On. Ammassari.32 Altra stranezza, tutta lucana, è l’odierno “attacco” all’integrità ambientale, alla sopravvivenza

di alcune specie viventi, del metapontino proveniente dalla degenerazione di un program-ma di sviluppo turistico fondato su mega-villaggi turistici.

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Centrale Phenix di Marcoule, la Centrale di Marcoule e la Centrale Eurodifdi Pierrelatte. Il viaggio non produsse però gli effetti voluti.

Nel maggio del 1978 i due comitati anti-nucleari di Rotondella e NovaSiri si fusero, e insieme con il Comitato politico dell’ENEL di Roma organizzaronoun “campeggio anti-nucleare33” nella prima settimana di agosto dello stes-so anno, conclusosi con una marcia di protesta il giorno 6 Agosto, per ricordarela tragedia di Hiroshima, da Nova Siri scalo, sede del campeggio, al Centrodella Trisaia. La manifestazione contò più di 3.000 partecipanti, tra “cam-peggiatori” e residenti34. Le azioni dei comitati proseguirono ancora per mol-to, fu organizzata anche una raccolta firme tra i cittadini dei comuni di NovaSiri, di Rotondella e di altri nelle vicinanze.

Nel 1979 il Consiglio Regionale affronta la questione dell’amplia-mento della attività della Trisaia. Argomento della discussione fu l’am-pliamento della Trisaia su attività contestuali al territorio entro il quale il Centrosi collocava, principalmente il turismo e l’agricoltura, tralasciando l’ampliamentonel settore nucleare che mal si conciliava con le attività economiche della zo-na. Sull’argomento si riproposero le vecchie fratture della composizione po-litica che guidava la regione. La Dc mostrò scetticismo sulla proposta dichiarandol’inevitabilità della scelta nucleare per ragioni di sviluppo socio-economi-co; il Psi35 e il Psdi, il primo promotore del dibattito, videro con favore l’a-

33 Le cronache dei giornali dell’epoca fanno riferimento al timore e alla preoccupazione per l’or-dine pubblico, a causa della presenza di forze extra-parlamentari.

34 “La stravagante armata degli antinucleari: tanti giovani, il poeta, il latifondista...” titolava ungiornale dell’epoca che commentava l’evento. Il poeta era Dario Bellezza che sull’argo-mento compose pure una poesia:

“Piangete su queste terre se la finta Energiapasserà come Attila a calpestare le erbee i mari. Dunque, la parola d’ordine sia: allargate la coscienza divorandol’atroce Atomo Nemico che non deve passare.Guerra all’atomo assassino!”

Questa poesia è tratta da un volantino dell’epoca. 35 Il Psi, a livello nazionale, è il partito politico che si muove chiaramente su posizioni anti-nu-

cleari, inoltre in numerosi casi di conflitti locali appoggia apertamente le ragioni degli op-positori.

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pertura alle nuovi fonti energetiche (solare) ed alla sperimentazione incampo agricolo della Trisaia. Su questa linea si muove il Pci36, che richiamòuna precedente consultazione regionale dove fu sostenuta la contrarietà aricevere sul territorio regionale impianti nucleari; d’altra parte anche ilMsi, con argomentazioni diverse, dichiarò la sua apertura a progetti sullefonti energetiche alternative. Al termine del dibattito, il Consiglio Regionaleapprovò un ordine del giorno dove il CNEN venne invitato ad utilizzare lastruttura della Trisaia per la ricerca su altre fonti energetiche. Questo avvenimentopose fine, di fatto alla questione, anche se di Trisaia e del suo sviluppo in-dustrial-nucleare si parlerà ancora per qualche anno37.

Per comprendere gli avvenimenti bisogna collegarli alla situazioneglobale e nazionale. Nello stesso anno, il 1979, ci fu il primo grave inciden-te nucleare nella Centrale statunitense di Three Mile Island, che fece arre-stare improvvisamente i programmi nazionali di sviluppo atomico e fece cre-scere ancor di più l’opposizione al nucleare. Di lì a poco il programma nu-cleare nazionale, come si è descritto precedentemente38, iniziò a vacillare, an-che per i cambiamenti intervenuti in seno ad alcuni dei protagonisti dellascelta nucleare nazionale, come il CNEN, che diversificò le proprie attivitàdi ricerca, e l’AGIP Nucleare, che si sciolse definitivamente nel biennio 1982/83.In tale ambito anche in Trisaia si possono cogliere alcuni segnali di questocambiamento nella localizzazione, nei primi anni ottanta, di un impianto so-lare per la produzione di energia.

36 Il Pci assunse, a livello nazionale, una posizione ambigua sul nucleare, infatti, partendo daposizioni favorevoli, fece approvare grazie alla sua astensione il Pen del 1977, che prevede-va la costruzione di otto Centrali nucleari; poi successivamente si riconvertì all’anti-nuclearismo.Questa progressione è valida soprattutto a livello dei dirigenti, diversa infatti è la posizio-ne di alcuni frammenti della base che appoggiarono apertamente sin dall’inizio le tesi del-la contestazione.

37 Come può dimostrare una delibera del CIPE del 1981, che incontrò una netta opposizionedella Regione Basilicata.

38 Si rimanda al paragrafo secondo, primo capitolo del presente lavoro.

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Il Centro oggi, il lungo processo di riconversione

Gli anni della contestazione e dell’ampliamento delle attività del Centroed il periodo successivo furono gli anni in cui vennero avviati una serie diprogrammi di ricerca, presso la Hall tecnologica dell’impianto Itrec, sunuovi componenti e sistemi per il ritrattamento del combustibile.Successivamente la Hall tecnologica fu trasformata in una stazione sperimentaleper lo studio di nuovi processi e componenti relativi alle attività pre-nuclearidegli impianti.

In quegli anni, i primi anni ottanta, iniziò una lunga e lenta fase di am-pliamento delle attività del Centro della Trisaia, in seguito alla diversifica-zione dei programmi di ricerca, come descritto nel paragrafo precedente, delCnen divenuto Enea. In questa prima fase vengono attivate le prime ricer-che nel campo dell’energia solare. Bisogna però aspettare la fine degli an-ni ottanta, con l’uscita dell’Italia dal nucleare, per avviare un complesso pro-cesso di riconversione, nel quadro del più generale programma di rafforzamentodelle attività di ricerca dell’ente nel Mezzogiorno d’Italia.

Un primo programma d’intervento venne elaborato nell’ambito dellalegge n. 64 del 1 Marzo 1986 che andava a disciplinare l’intervento straor-dinario nel Mezzogiorno. In tale contesto legislativo furono elaborati dei pia-ni d’intesa tra l’ente Enea e il Ministero per gli Interventi Straordinari39 nelMezzogiorno, e tra l’Enea e il MURST40 (Ministero dell’Università, della Ricercae dello Sviluppo Tecnologico), che portò a varare il PIT (ProgrammaIntegrato Trisaia). Questo Programma Integrato fu costituito da una serie diinterventi finalizzati a realizzare la conversione programmatica del Centrodella Trisaia nel più generale quadro di diversificazione e ridefinizionedel ruolo dell’ENEA, in conseguenza delle mutate strategie energetiche delnostro Paese. L’attuazione del Pit fu rivolta al conseguimento di obiettivi ge-nerali attinenti al potenziamento delle attività di ricerca e sviluppo del

39 L’intesa risale al 26 Marzo del 1990.40 L’intesa di programma risale al 21 Febbraio del 1992.

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Mezzogiorno, in particolare alla istituzione di una rete di collaborazione ecoordinamento tra i soggetti pubblici e privati di ricerca ed i soggetti di pro-duzione industriale ed agricole presenti sul territorio. Un ulteriore obietti-vo del Pit era rappresentato dalla trasformazione del Centro della Trisaia inun polo tecnologico diversificato e qualificato, in grado di promuovere il tra-sferimento delle tecnologie nelle regioni meridionali. Il Programma IntegratoTrisaia comportava degli interventi in quasi tutti i settori di attività dell’ente,principalmente:

- nel settore riguardante le tecnologie per l’ambiente, con lo sviluppoe la sperimentazione di tecnologie attinenti al trattamento dei rifiutisolidi urbani con obiettivi di recupero energetico e di riciclaggio di ma-teriale, lo sviluppo di processi ed impianti per il trattamento di rifiutitossico-nocivi;

- nel settore riguardante le tecnologie per l’energia, con la realizzazio-ne, ad esempio, di impianti attinenti all’utilizzo delle biomasse resi-duali di varie origini per la produzione di energia;

- nel settore riguardante l’innovazione, i servizi tecnologici e agrobio-tecnologici, con ricerche, ad esempio, per lo sviluppo di colture per usiindustriali ed energetici, lo sviluppo e la diffusione di tecnologie perla difesa dell’Agrosistema, ecc.

Nella seconda metà degli anni novanta il processo di riconversione delCentro utilizzò come strumento di finanziamento i Fondi Strutturali dellaprogrammazione comunitaria del 1994-98. I fondi Strutturali della Comunitàeuropea sono degli strumenti elaborati a livello comunitario per incentivarelo sviluppo economico delle regioni “povere” della comunità. Tale proces-so permise di costruire nel Centro infrastrutture tecnologiche, laboratori, im-pianti pilota ad alta tecnologia per un complessivo valore di 72 milioni dieuro. La dotazione di tali attrezzature interessò anche aree esterne al Centrosituate nella vicina Regione Calabria.

Attualmente il Centro della Trisaia è da considerare un Polo tecnologicomultidisciplinare, equipaggiato per fare Ricerca e Sviluppo, su scala inge-

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gneristica e sperimentale, su una molteplicità di settori quali ad esempio iservizi tecnico-scientifici avanzati, i centri di innovazione integrata, l’inge-gneria avanzata. Molti sono le ricerche e gli impianti sperimentali condot-ti e messi a punto dal Centro della Trisaia, con la collaborazione di impor-tanti istituti di ricerca nazionali ed internazionali.

Molto importanti sono i programmi di ricerca condotti nel Centro nelsettore delle Agrobiotecnologie, come la selezione e lo sviluppo di nuove spe-cie di leguminose e di cereali, lo sviluppo di tecnologie di supporto per lepiccole e medie imprese operanti nel settore agro-alimentare, gli studi nel-la difesa fitosanitaria compatibile. Altrettanto importanti sono le ricerche con-dotte negli altri settori di competenza del Centro, quali il settore dell’ener-gia rinnovabile ed il settore ambientale, per citarne soltanto alcune.

Breve storia giudiziaria del Centro della Trisaia

La storia della Trisaia ha avuto dei risvolti giudiziari che hanno desta-to molto clamore. Tre sono state, infatti, le indagini della magistratura chehanno riguardato il Centro. Per due si è giunti al giudizio, una terza inda-gine, in base ad indiscrezioni giornalistiche, dovrebbe essere ancora nella suafase preliminare, se non è stata archiviata. La presente descrizione non si sof-ferma sulle diverse fattispecie dei possibili reati imputati, in quanto non dicompetenza di chi scrive, bensì si sofferma sugli oggetti generali delle indagini,cercando di ricostruire brevemente l’iter dei procedimenti e le loro conclu-sioni. Questo aspetto della storia “ufficiale” del Centro è ricco di avvenimentiche saranno successivamente ripresi nella parte dedicata alle altre-storie delCentro. È una sorta di anti-camera delle leggende nate sul Centro. In que-ste vicende svolgono un ruolo principale i mass-media, per la loro funzio-ne informativa e la loro capacità d’influenza.

La prima indagine risale al 1982. L’oggetto principale dell’inchiesta ful’introduzione nel Centro della Trisaia di rifiuti radioattivi di provenienza

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esterna. La notizia ebbe un’immediata diffusione da parte dei mezzi di co-municazione.

Questa vicenda è estesa nel tempo. Il tutto iniziò 5 anni prima, nel 1977,quando il Ministero della Sanità dispose la rimozione dei parafulmini radioattivi,utilizzati nel Paese, per eliminare una fonte di rischio indebito per la popolazione.In conseguenza di questo, il CNEN41 contribuì alla risoluzione del proble-ma, dando la disponibilità delle attrezzature e delle strutture esistenti in al-cuni suoi Centri (precisamente Casaccia, Saluggia e Trisaia) per lo smaltimentodefinitivo del materiale (parafulmini). Il Centro della Trisaia fu realmenteinteressato allo smaltimento del materiale, questo venne accertato in una ispe-zione del personale della DISP42 avvenuta nel gennaio del 1982. L’ispezionefu richiesta dal direttore dell’impianto ITREC, per verificare se nel Centrofosse stato realizzato un deposito, non autorizzato, di rifiuti radioattivi43. Nellastessa ispezione venne accertata la disparità numerica tra i rifiuti realmen-te smaltiti nel Centro e quelli riportati nel registro contabile.

Questo avvenimento, la disparità numerica dei rifiuti introdotti nel Centrorispetto al numero riportato nei registri contabili, insieme alla mancata co-municazione alle autorità sanitarie competenti prima di procedere allo“smaltimento” dei rifiuti nel Centro, costituivano, secondo l’ispettore del-la DISP che condusse la ricognizione, le condizioni a norma di regolamen-to per informare prontamente l’Autorità Giudiziaria, alla quale spettava ilcompito di indagare sulle possibili irregolarità commesse. L’autoritàGiudiziaria, la pretura di Rotondella, in seguito anche ad una comunicazionericevuta dal Vice-presidente della Regione Basilicata, contenente una in-terrogazione ed alcuni articoli giornalistici sul tema, decise di aprire un pro-cedimento giudiziario. Oggetto dell’indagine furono anche altri due avve-

41 Con delibera approvata dalla giunta esecutiva nella seduta n. 262 del 1 marzo del 1979.42 La DISP (Direzione della Sicurezza Nucleare e della Protezione Sanitaria) era un dipartimento

del CNEN che si occupava di radioprotezione e sicurezza ambientale degli impianti nucleari.Dalla dipendenza della Disp dal Cnen nasce una polemica abbastanza forte in quegli anni,intorno alla circostanza che il controllore e il controllato facevano parte dello stesso ente.

43 Una ricostruzione degli eventi, simile, viene proposta da Risoluti (cfr. 2002, p. 40).

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nimenti. Il primo riguardante i possibili danni arrecati all’ambiente da unincidente nucleare avvenuto nell’agosto 1975. Si trattava della rottura di untubo collettore di condense, con conseguenze che hanno interessato l’ambienteesterno, precisamente un affluente del fiume Sinni (chiamato “fosso granata”).L’incidente concluse le cosiddette prove “a freddo” dell’impianto ITREC ini-ziate nel 1970. L’area esterna al Centro fu bonificata, ossia il terreno conta-minato o presunto tale fu raccolto in appositi contenitori impermeabili al-le radiazioni e smaltito nell’apposita “fossa” dei rifiuti radioattivi a bassa at-tività44 all’interno del Centro.

La seconda vicenda riguarda un ”corso elementare di radioprotezio-ne” per gli operatori della Trisaia, richiesto da un ispettore della DISP a se-guito di un’ispezione presso il Centro. A questo avvenimento non seguì lacomunicazione alla Autorità Giudiziaria, come il regolamento prevedeva,bensì un’altra ispezione al Centro. La vicenda fu abbastanza complessa econtroversa, anche perché in questo periodo venne inaugurata nel Centrola pratica delle lettere anonime fatte pervenire agli uffici di Roma, e qual-che volta agli uffici dei magistrati titolari delle inchieste, con cui veniva de-nunciato ogni avvenimento che potesse destare sospetto. Fu questo climadi strumentalizzazione da parte delle “fazioni” interne al Centro che ha ac-compagnato un po’ tutte le indagini giudiziarie, servendo quantomeno arendere complicate e misteriose le vicende che di volta in volta erano og-getto di indagine. L’inchiesta nella quale era stata richiesta e redatta una pe-rizia tecnica per accertare il contenuto dei rifiuti45 si concluse con l’assolu-zione piena degli imputati.

Una seconda inchiesta giudiziaria sul Centro risale alla fine della pri-ma metà degli anni novanta (il 1993), quest’ultima indagine ebbe come og-

44 L’opera di bonifica testimonia l’uso di materiale radioattivo nella fase di prove pre-nuclea-ri dell’impianto ITREC, aspetto che non viene considerato nella ricostruzione di Risoluti (cfr.Risoluti 2002 ) quando a pag. 25, descrivendo la fase delle prove nucleari “a freddo”, affer-ma : “Ultimato nel 1969, l’impianto fu per ben sei anni, dal 1969 al 1975, in regime di provefunzionali e pre-nucleari, condotte cioè per la prova del processo e dell’idraulica del siste-ma senza l’impiego di sostanze radioattive”.

45 Testine di parafulmine radioattive e rifiuti bio-medicali.

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getto principale la mancata solidificazione dei rifiuti radioattivi liquidi en-tro i termini prefissati dalla legge e la mancata comunicazione alle autoritàsanitarie competenti di due incidenti verificatisi nel Centro. Anche in que-sto caso, però, non mancano vicende che fanno da contorno, come nel ca-so precedente, generando e alimentando misteri.

Il tutto iniziò alla fine del 1992 quando il segretario regionale diRifondazione Comunista denunciò il trasferimento in Trisaia di una notevo-le quantità di materiale radioattivo (si parla di circa 5 tonnellate di Uranio e Torio),i giornali riprendono la notizia , la paura per la destinazione del Centro di Trisaiaa “cimitero delle scorie” riaffiora. L’ente chiarì il trasferimento del materia-le radioattivo come una iniziativa tesa a razionalizzare la gestione di tali ma-teriali, la polemica, però, non si concluse, i politici e i rappresentanti di entiamministrativi rilasciarono le loro dichiarazioni, sui giornali si infittirono gliarticoli dedicati all’argomento, al possibile rischio legato al Centro, al perico-lo del nucleare, e a nulla valsero le smentite e le rassicurazioni da parte dellostesso Centro. Nei mesi di aprile-maggio del 1993 le polemiche si inasprirono,si parlò di un aumento dell’incidenza di malattie tumorali nel metapontino, lapolitica si mobilitò, e vennero presentate interrogazioni parlamentari sull’ar-gomento. Nel frattempo si mobilitò anche il circolo locale di Legambiente46 perverificare le voci, diffuse sui mass-media, di una possibile contaminazione del-l’area, con analisi e controlli ambientali su campioni di frutta, verdura, terre-no ed altro, i quali diedero esito negativo. Tutto questo contribuì alla creazio-ne di un particolare clima di allarme nelle popolazioni della zona.

Concomitante a questi eventi fu l’azione del Procuratore dellaRepubblica di Matera, il quale per vederci chiaro aprì un fascicolo giudiziariosulla questione e spedì una lettera al Ministero dell’Industria, nella quale chie-se informazioni sui quantitativi e la natura dei materiali radioattivi giacentinel Centro della Trisaia. Nel frattempo si verificarono degli incidenti nel Centro.

46 Il circolo di Legambiente con sede a Policoro svolse durante tutto il periodo del procedimentogiudiziario e non, un ruolo importante. Organizzò convegni sull’argomento, stilò Dossier, sicostituì parte civile nel procedimento giudiziario.

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Il primo riguardante la rottura della condotta di scarico a mare, quindi al difuori del perimetro del Centro, avvenuta verso la fine di Marzo del 1993; atale evento seguirono le denunce di alcuni rappresentati politici della zona.Il secondo attinente la rottura di un serbatoio preposto al deposito di rifiu-ti liquidi a bassa attività, con conseguente versamento del contenuto sul fon-do della cella, in calcestruzzo, dove era contenuto il serbatoio. A propositodella gestione dei rifiuti liquidi in Trisaia, nel frangente ci fu la diffusionedi una relazione dell’ANPA47 del 1993 (“Stato degli impianti nuclearidell’ENEA ai sensi e per gli effetti della normativa vigente”), che segnala-va la mancata solidificazione dei rifiuti liquidi e la loro conservazione in de-positi, serbatoi la cui durata temporale prevista, in sede progettuale, era dicirca venti anni. La durata dei contenitori stava volgendo al termine con ov-vie diminuzioni dei livelli di sicurezza previsti. Tutto questo fece precipitarela situazione.

La mancata risposta da parte del Ministero dell’Industria e l’aggrava-re degli eventi (il primo incidente) determinarono nel Marzo del 1994 l’azionedi sequestro, ordinata dal Procuratore titolare dell’indagine preliminare, de-gli impianti (ITREC) e dei rifiuti radioattivi del Centro della Trisaia.

In sede d’indagine preliminare fu conferito ai proff. M. Pelliccioni e E.Righi l’incarico di redigere un rapporto di consulenza tecnica sui quantita-tivi, la natura e le condizioni di gestione dei materiali radioattivi; nonché sul-le presunte condizioni di rischio per l’ambiente esterno ricollegabili alla pre-senza ed alla gestione dei materiali radioattivi.

Altri temi dell’indagine sono stati l’ammanco di alcuni contenitori dirifiuti già oggetto dell’inchiesta precedente, e il possibile utilizzo per lo smal-timento di rifiuti radioattivi delle “fosse dei pagani” o “siroi”. I “siroi” so-no dei reperti archeologici dell’antica colonia greca di Siris, di cui è disse-minata una zona del Centro della Trisaia (il “piano del forno” dove è statocostruito l’ITREC) . Sono delle camere sotterranee scavate nel terreno con una

47 Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale nata dalla riorganizzazione dell’ENEA-DI-SP.

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particolare forma ad anfora, destinata all’immagazzinamento dei cereali. Inuna pubblicazione del CNEN del 197348, fatta pervenire anonimamente al-la procura giudiziaria di Matera, si enunciava il possibile riutilizzo dei “si-roi”, per le loro particolari caratteristiche costruttive, “come deposito, accessibile,di materiale contaminato recuperabile (sorgenti radioattive parti di macchineleggermente contaminate etc.). È questa loro nuova vita garantisce la loroconservazione” (CNEN, 1973, p. 111 ). Questo aspetto fu oggetto di una pe-rizia redatta dal prof. Quilici, il quale era stato il primo studioso (e unico for-se) a studiare i “siroi” nel contesto della “Siritide”, prima che il Centro ve-nisse costruito, nel 1961-6249. Tali aspetti non hanno determinato nessuna ri-levanza giuridica, in quanto il riutilizzo dei “Siroi” non è mai stato attuato.L’unico fatto accertato, come si evince dalla relazione tecnica del prof.Quilici, è la distruzione di un certo numero di “siroi” avvenuta in seguitoalla costruzione di una strada interna al Centro.

In concomitanza con l’indagine giudiziaria, il tema della Trisaia fu af-frontato anche dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta50 sul ciclo deirifiuti della XII legislatura. Nell’ambito del suo operato la Commissione compìuna missione nel Centro della Trisaia, il 6 e il 7 Novembre del 1995, per ac-certare la condizione dei materiali giacenti nel Centro. Un resoconto dellasituazione è contenuto nella Relazione trimestrale della Commissione ap-provata nella seduta del 21 Dicembre del 1995. La commissione prese attodella situazione “allarmante” sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi edella gestione del materiale nucleare non solo in Trisaia, ma un po’ in tutti

48 “La scelta dei siti per gli impianti nucleari”, Atti del convegno organizzato al CentroNucleare della Trisaia nei giorni 15-16 settembre 1972 ed. CNEN Roma 1973.

49 Per un approfondimento degli studi condotti, nel periodo 1962-63, dal prof. Quilici si rimandaa Quilici (cfr. 1967) .

50 Le commissioni d’Inchiesta Parlamentare sono delle commissioni parlamentari ad hoc con fun-zioni molto specifiche. L’articolo della Costituzione che attribuisce al Parlamento tale com-pito è l’art. 82, che recita: “Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblicointeresse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modotale da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione procede alle indagini eagli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”.

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i Centri e Impianti che detenevano materiale radioattivo, e richiese all’ap-parato politico interventi urgenti in grado di approntare una diversa e piùsicura strategia di gestione dei rifiuti nucleari. Pertanto la commissione la-vorò per finanziare un contributo speciale all’Enea per la sistemazione del-le scorie nucleari. In seguito all’azione della Commissione Parlamentare d’in-chiesta e di altri organismi statali, quali l’ANPA, la commissione grandi ri-schi della Protezione Civile e la task-force dell’ENEA viene definitivamen-te affrontata la questione, descritta nel paragrafo della “Breve storia del nu-cleare in Italia” del capitolo precedente, dell’uscita definitiva dell’Italia dalnucleare e della messa in sicurezza delle scorie.

L’inchiesta della magistratura di Matera si concluse con la condanna perdue dirigenti dell’Enea, causa la mancata solidificazione dei rifiuti liquidiprodotti nella campagna di riprocessamento del 1975-78. La campagna diriprocessamento “a caldo” richiedeva un’autorizzazione da parte dell’AutoritàCompetente (il MICA, Ministero dell’Industria, del commercio e dell’Artigianato),in base alle norme del D.P.R. n. 185 del 13 Febbraio 1964 che disciplinava-no la materia51. L’autorizzazione redatta dal MICAprescriveva la solidificazionedei rifiuti radioattivi, prodotti durante la campagna di riprocessamento, inun periodo di tempo non superiore ai cinque anni; tale prescrizione è sta-ta successivamente prorogata per due volte fino al 1995, all’epoca dell’inchiesta,quando ancora non si era provveduto alla solidificazione.

Il procedimento giudiziario si conclude definitivamente nel Novembredel 2001 quando la Corte di Appello del Tribunale di Salerno emette la con-danna nei confronti di un dirigente dell’ENEA. Alla vicenda dell’ingegne-

51 Il Centro della Trisaia era sotto la giurisdizione del D.P.R. n.185 del 13 Febbraio 1964, che “haintrodotto la prima disciplina organica, in materia di sicurezza degli impianti e della prote-zione sanitaria dei lavoratori, delle popolazioni contro i pericoli delle radiazioni ionizzantiderivanti dall’impiego pacifico dell’energia nucleare” (Sentenza del procedimento giudiziarioN. 254/93, pp. 8 e 9). Al momento dell’entrata in vigore del Decreto, nel 1964, il Centro eraancora in fase di costruzione, malgrado questo, all’Itrec venne utilizzata una procedura de-scritta nell’art.14 del Decreto, prevista appunto per Impianti già costruiti o in funzione, cheprevedeva la richiesta di un parere di conformità circa le questioni di protezione e sicurez-za alle autorità competenti per autorizzare il funzionamento dell’impianto.

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re dell’ENEA condannato è dedicato il libro di P. Risoluti (cfr. Risoluti,2001).

In seguito a questa vicenda giudiziaria e al clima di allarme che si dif-fuse tra le popolazioni della zona, il Comune di Rotondella istituì, in accordocon la dirigenza del Centro della Trisaia, una Commissione paritetica sul te-ma della sicurezza del Centro, dei rifiuti e dei materiali radioattivi in essocustoditi, per instaurare un rapporto, una comunicazione duratura conl’Enea, in modo da evitare la diffusione nella comunità di stati di allarme epericoli ingiustificati.

L’ultima inchiesta è stata oggetto dell’ultima ondata di articoli di stam-pa che hanno trattato il tema del Centro. È ancora nella sua fase preliminare.L’oggetto dell’inchiesta, aperta dalla Procura di Potenza, è un possibiletrafugamento di materiale radioattivo dal Centro. A parlare di questo, sem-pre secondo fonti giornalistiche, è un pentito di mafia della zona. Ad avvalorarela tesi del trafugamento contribuirono un articolo giornalistico pubblicatosu un quotidiano scozzese nel marzo del 1996 e le dichiarazioni di un dipendente“pentito” dell’ente che già nei due precedenti procedimenti giuridici ave-va svolto un ruolo importante. La notizia risale al febbraio-marzo del 2001,inoltre il Procuratore della Repubblica di Potenza ha tenuto un’audizionesul tema in Commissione Parlamentare sulle attività illecite e mafiose. In virtùdel lungo periodo trascorso, dal Febbraio del 2001, è lecito pensare ad unapossibile archiviazione del procedimento, anche se sulla stampa non è sta-ta pubblicata nessuna notizia o indiscrezione in merito.

I rifiuti radioattivi

I rifiuti radioattivi custoditi nel Centro della Trisaia sono stati in granparte prodotti all’interno del Centro, durante il periodo di attività dell’im-pianto ITREC, precisamente dal 1970 al 1978. Soltanto una quantità residuaè di provenienza esterna. Una parte costituita da testine di parafulmine ra-

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dioattive e da rifiuti speciali degli Ospedali, trattati e depositati in 293 fu-sti petroliferi, introdotti nel Centro agli inizi degli anni ottanta. Vicenda que-st’ultima che ha dato vita al primo procedimento giudiziario ai danni di al-cuni dirigenti del Centro. La restante parte costituita da materiale nuclea-re “fresco”, impropriamente considerato rifiuto, introdotto nel Centro in dueperiodi differenti. Una parte durante le prove pre-nucleare, agli inizi deglianni settanta, che serviva per procedere con le prove stesse. Una seconda par-te introdotta nel Centro nella prima metà anni novanta, in seguito ad unariorganizzazione e razionalizzazione della gestione dei rifiuti radioattivi edei materiali nucleari in possesso dell’Ente nei vari Centri di ricerca52.

In questa sezione tenendo conto della complessità della materia, si cer-ca di descrivere gli eventi, il quadro generale, le pratiche di gestione dei ri-fiuti senza entrare nel merito prettamente tecnico della questione, in quan-to non di competenza dello scrivente.

All’epoca della prima campagna di prove pre-nucleari dell’ITREC,che iniziarono nel 1970, non esisteva a livello nazionale una normativatecnica che disciplinasse le pratiche di gestione e di smaltimento dei rifiu-ti radioattivi. Questa mancanza è stata sopperita successivamente nel 1987,con la stesura da parte dell’ENEA Disp della “Guida tecnica n. 26”. QuestaGuida, a tutt’oggi ancora valida, recepì alcuni fondamentali criteri di gestione,comuni a tutte le regolamentazioni internazionali in tema. Tali criteri di-sciplinavano tecnicamente aspetti che andavano dalla semplice protezionedei lavoratori, ai processi di trattamento53 e condizionamento54 ai quali i ri-

52 Vicenda quest’ultima che ha innescato la campagne di stampa contro il Centro della Trisaiadei primi anni novanta.

53 Il trattamento è “un complesso di operazioni che mediante l’applicazione di processi fisicie\o chimici, modificano la forma fisica e\o la composizione chimica dei rifiuti radioattivi conl’obbiettivo principale di operare una riduzione del volume e\o preparare i rifiuti radioat-tivi alla successiva fase di condizionamento” (Consulenza Tecnica in ordine al ProcedimentoN. 254/93, richiesta in data 2/4/96 dalla Procura della Repubblica di Matera, p. 7).

54 Il condizionamento è “un processo effettuato con l’impiego di un agente solidificante all’internodi un contenitore, allo scopo di produrre un manufatto (rifiuti radioattivi condizionati + con-tenitore), nel quale i radionuclidi sono inglobati in una matrice solida al fine di limitarne lamobilità potenziale”. (Consulenza Tecnica in ordine al Procedimento N.254/93, richiesta indata 2/4/96 dalla Procura della Repubblica di Matera, p. 7).

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fiuti radioattivi55 dovevano essere sottoposti per il deposito e/o lo smalti-mento finale. Nella Guida i rifiuti venivano suddivisi in tre categorie, sul-la base di considerazioni di tipo qualitative, relativi ai valori assunti da pa-rametri quali: la concentrazione56 di radioattività e il tempo di decadimen-to57 dei radionuclidi presenti nel rifiuto. La prima categoria (bassa attività)comprendeva tutti quei rifiuti che richiedevano un tempo di decadimentofino ad un massimo di qualche anno, con livelli di concentrazione radioat-tiva inferiore ai limiti imposti dalla legge (Decreto Ministeriale del 14/7/70del Ministero della Sanità). La seconda categoria (media attività) com-prendeva tutti quei rifiuti che richiedevano un tempo di decadimento va-riabile da qualche decina fino a qualche centinaia di anni, per raggiungereconcentrazioni di radioattività nell’ordine di qualche nCi/grammo58, non-ché quei rifiuti radioattivi che contenevano radionuclidi a vita molto lun-ga, purché nelle concentrazioni indicate precedentemente. La terza categoria(alta attività) si otteneva per esclusione, rientravano in essa, infatti, tutti i ri-fiuti non compresi nelle categorie precedenti. I tempi in cui la radioattivitàè presente, per questa categoria di rifiuti, è dell’ordine di centinaia di migliaiadi anni.

Negli anni precedenti all’introduzione della “Guida n.26” i rifiuti radioattivivenivano classificati, e quindi successivamente gestiti, sulla scorta di alcu-ni parametri qualitativi e quantitativi. I parametri di tipo qualitativo pren-devano in considerazione informazioni concernenti ad esempio la natura del-le operazioni di produzione dei rifiuti, il tipo di radiazione emessa (alfa, be-

55 Il rifiuto radioattivo è “un materiale prodotto o utilizzato nell’impiego pacifico dell’energianucleare contenente sostanze radioattive e per il quale non è previsto il riutilizzo; non sonoda computarsi i radioisotopi delle famiglie del Torio e dell’Uranio naturalmente presenti neimateriali, purché in concentrazioni inferiori a quelle stabilite dal Consiglio della ComunitàEuropea” (Consulenza Tecnica in ordine al Procedimento N. 254/93, richiesta in data 2/4/96dalla Procura della Repubblica di Matera, p. 7).

56 La quantità di radioattività presente nel rifiuti radioattivi.57 Il tempo di dimezzamento è il tempo necessario per dividere di un fattore 2 l’emissione di

radioattivà di un elemento chimico.58 Il nCi/grammo è un sottomultiplo del Curie, l’unità di misura della radioattività.

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ta o gamma), il tipo di radionuclide presente in essi. Mentre i parametri quan-titativi prendevano in considerazione informazioni riguardanti il tempo didecadimento, la concentrazione e l’intensità delle radiazioni. Questi crite-ri generali venivano impiegati dai gestori dei rifiuti con una certa elasticità.

Nel caso del Centro della Trisaia, come si evince da alcune pubblicazionicurate dallo stesso ente o da ricercatori in esso impiegati, la classificazionedei rifiuti avviene sulla base dei parametri sopra elencati. Per quanto riguardai rifiuti solidi, questi venivano classificati in rifiuti a bassa attività e rifiutiad alta attività in base alle operazioni di produzione (provenienti dai labo-ratori, residui degli elementi combustibili ecc.). In un primo momento i ri-fiuti radioattivi solidi a bassa attività, costituiti da tutti quei materiali pro-dotti nella gestione corrente dell’impianto, furono raccolti in fusti di metallo,per poi essere seppelliti in un’apposita fossa costituita su strati di suolo disabbia e su agglomerati sabbiosi. La zona, dove è stata ubicata la fossa, è sta-ta individuata sulla scorta di studi e analisi geologiche e socio-ecologiche.Successivamente, sul finire degli anni ottanta, la fossa è stata bonificata (“svuo-tata”)59. I rifiuti in essa contenuti sono stati recuperati e “supercompattati”,per venire depositati in apposite strutture. Per quanto riguarda il terreno,quello non contaminato o debolmente contaminato è stato utilizzato per riem-pire la “fossa”, dopo che quest’ultima è stata impermeabilizzata, mentre peril terreno la cui contaminazione è più alta rispetto a quella autorizzata perla custodia nella fossa, si è proceduto al confezionamento in fusti di metal-lo, custoditi in uno dei depositi presenti nel sito in attesa di altra sistema-zione. In base agli studi dei tecnici del Centro la radioattività del terreno cu-stodito nella fossa decadrà al livello del fondo naturale in un periodo di 30-50 anni. I rifiuti radioattivi ad alta attività, costituiti principalmente daparti di impianto (filtri, resine, incamiciature degli elementi di combustibile,etc.), furono inglobati con cemento in presa rapida, in pozzi di cemento dal-le pareti impermeabilizzate. Questi “pozzi” furono localizzati nelle vicinanzedella “fossa” per i rifiuti a bassa attività.

59 Il nome del progetto dell’opera di Bonifica era Tecon.

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Dalla relazione dei periti, incaricati durante il procedimento giudizia-rio N. 254/93, si descrivono le strutture che accoglievano (e accolgono) que-sta tipologia di rifiuti. Le strutture sono due:

- una prima struttura chiamata “fossa alta attività”, costituita da quat-tro pozzi aventi sezione interna di 1,10 m x 1,10 m ed altezza 6 metricon pareti impermeabili; questo deposito fu dotato di un pozzetto didrenaggio per il controllo della contenuta radioattivita` della fossa.L’attività stimata dai periti di questi rifiuti era di 100 Curie60;

- una seconda struttura chiamata “buca alta attività” costituita dadue vani di 2,2 metri x 9,9 m x 2,5 m cadauno, ricoperti con 22 boto-le. Questa struttura, a differenza della “fossa alta attività”, non fu do-tata di un pozzetto di drenaggio dell’acqua di falda per i controlli ditenuta della radioattività. L’attività stimata dei rifiuti depositati in que-sta seconda struttura era di 304 Curie.

In base alle pubblicazioni sull’argomento consultate per la stesura di que-sto paragrafo, per quanto riguarda questa tipologia di rifiuti, risultano al-cune incongruenze su una serie di questioni. Una prima questione è relati-va ai radionuclidi presenti in questa classe di rifiuti. Nella relazione dei pe-riti si afferma che si potrebbe trattare prevalentemente di Cesio 137, delloStronzio 90 e del Cobalto 60. In altre pubblicazioni sull’argomento61 si aggiungonoaltri tipi di radionuclidi62. Unica cosa certa, in base all’ANPA, è che questatipologia di rifiuti è originata dalla struttura del combustibile e non prodottadal riprocessamento, pertanto può essere contaminata soltanto da Torio e daUranio. Una seconda questione è l’ammontare dei volumi di rifiuti ra-dioattivi solidi smaltiti in queste due strutture. Di fatto, in base alle dimensioni

60 Il curie (ci) è l’unità di misura dell’attività radioattiva dei rifiuti radioattivi.61 “La eliminazione dei rifiuti radioattivi con particolare riferimento alla situazione in Italia”,

Rapporto di un gruppo di studio, Edito dal CNEN-Roma gennaio 1972. 62 In una tabella a pag. 8, della pubblicazione citata precedentemente, riguardante i rifiuti so-

lidi, sotto la riga dei radionuclidi significativi, riferiti alla alta attività, venivano annoveratioltre al Cobalto 60, il Cesio 134, l’Uranio 235, l’Uranio naturale e il Torio naturale, per pre-cisione la produzione a cui tale indicazione è riferita è di 0,4 mc, nel periodo in cui iniziaro-no le prove a freddo dell’impianto ITREC.

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delle strutture riportate nella relazione dei periti il volume ammonterebbea 61,71 mc, mentre in un documento della Commissione Parlamentared’Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti il volume riportato ammonterebbe a 80mc. Una terza ed ultima questione è attinente alle cifre dell’attività ra-dioattiva dei rifiuti, anche in questo caso le cifre riportate nelle diverse pub-blicazioni, seppur con riferimenti temporali discordi, sono abbastanza dis-sonanti.

La pratica dell’interramento dei rifiuti radioattivi è stata impiegata, ne-gli anni settanta, in altri due impianti nucleari nazionali, il Centro di ricer-ca di Ispra e la Centrale di Garigliano.

I rifiuti liquidi custoditi nel Centro sono stati principalmente prodottidurante il periodo di attività dell’impianto ITREC tra il 1975 e il 1978,quando si è proceduto al riprocessamento di 20 degli 84 elementi di Elk-River.I rifiuti liquidi a bassa attività, entro i limiti consentiti dalla legge, dopo unaserie di controlli, venivano mediante una condotta scaricati nel Mar Jonio.Mentre per le altre tipologie di rifiuti liquidi, a media ed alta attività, si è prov-veduto, in un primo momento alla loro custodia in apposite strutture in-gegneristiche. Successivamente, dopo gli avvenimenti che portarono al se-condo procedimento giudiziario ai danni di alcuni dirigenti del Centro, siè provveduto alla loro solidificazione. Le quantità di questi rifiuti allo sta-to liquido ammonterebbero per i rifiuti a media attività a circa 80 mc, e peri rifiuti ad alta attività a circa 2,7 mc. La solidificazione dei rifiuti liquidi amedia attività è stata condotta utilizzando l’Impianto Sirte-Mowa (StazioneIntegrata per il Rilancio ed il Trattamento degli Effluenti liquidi, Mobile WasteAnlage). Quest’impianto è stato successivamente utilizzato, dopo un’opportunaottimizzazione, per cementare i 3 mc di rifiuti liquidi ad alta attività. Conriferimento a questa procedura per la solidificazione dei rifiuti liquidi ad al-ta attività presenti nel Centro, ci sono da ricordare i dubbi più volti espres-si dal Presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul ciclo deirifiuti della XII e XIII Legislatura On. Massimo Scalia. Nella Guida tecnica n.

26 viene raccomandata per il condizionamento dei rifiuti di terza categoria la ve-

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trificazione o altri processi di condizionamento sufficientemente provati. L’utilizzodella cementificazione per mezzo dell’impianto Sirte-Mowa non è una pro-cedura che rientra in “altri processi di condizionamento provati”. Si devetuttavia rilevare che la cementificazione dei rifiuti radioattivi in Trisaia è sta-ta debitamente autorizzata dall’ente Anpa deputata a vigilare sulla materia.

Le ragioni della scelta dell’impianto Sirte-Mowa sono da ricondurre adue motivi principali. Il primo motivo ha a che vedere con l’elevato costoeconomico per la costruzione di un impianto di vetrificazione ad hoc nel Centro.Il secondo rinvia al rischio connesso ad un eventuale trasferimento dei ri-fiuti radioattivi nel Centro ENEA di Sallugia (Ve) dove sono custoditi alti quan-titativi di rifiuti radioattivi allo stato liquido e si sta procedendo alla loro so-lidificazione per mezzo di un impianto di vetrificazione.

Bisogna aggiungere all’elenco dei quantitativi e dei tipi di rifiuti radioattivicustoditi nel Centro, appena descritti, altri materiali nucleari, quali i restanti64 elementi di combustibile Elk-River, il prodotto finito delle campagne diritrattamento del 1975-78 dei 20 elementi di combustibile (496 Kg di Torioe 20 Kg d’Uranio), infine del materiale non irraggiato, sia allo stato liquidosia allo stato solido63. Anche per questo materiale sono previsti delle parti-colari procedure di gestione. Per i 64 elementi di Elk-River è previsto lo stoc-caggio a secco in appositi contenitori. Per il prodotto finito ottenuto dalle cam-pagne di riprocessamento è prevista la procedura di solidificazione in loco.Per il restante materiale nucleare si sta procedendo allo stoccaggio in con-tenitori ad alta integrità.

In concomitanza con la le procedure di gestione e custodia del materialeradioattivo presente nel Centro, si sta avviando il processo di “decommis-sioning” (disattivazione) degli impianti. Processo consistente nella decon-taminazione e smantellamento dei sistemi degli impianti e nella bonifica del-le infrastrutture e del sito dell’impianto. In tale processo si produrranno, ine-

63 Le cifre dei quantitativi di materiale nucleare custoditi nel Centro sono riprese dalla Relazioneconclusiva della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Ciclo dei rifiuti della XIILegislatura approvata in Commissione nella seduta dell’11 Marzo 1996.

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vitabilmente, degli altri rifiuti radioattivi, i quali dovranno essere opportunamentetrattati e condizionati. Il periodo di tempo necessario e pianificato per la rea-lizzazione di questi processi (disattivazione e bonifica dell’Itrec e trattamentoe condizionamento dei rifiuti radioattivi) è di circa 15 anni (fino al 2016).

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L’atlantide radioattiva

Questa sezione è dedicata alle altre-storie del Centro della Trisaia, os-sia a quegli articoli giornalistici, a quelle credenze e racconti, diffusi nella co-munità di Rotondella, che si occupano del Centro e di alcune sue vicende“misteriose”. L’espressione altre-storie con la quale sono stati etichettati vuo-le indicare la contrapposizione degli avvenimenti che verranno descritti inquesta sezione rispetto agli avvenimenti raccontati nel capitolo riguardan-te la “Storia del Centro”, in quanto non formalmente riferiti a vicende sto-riche, vissute, bensì a vicende la cui esistenza viene solamente supposta. Lealtre-storie, nate in maggior numero in concomitanza con i procedimenti giu-diziari che si occupavano della Trisaia, hanno accompagnato, in alcuni ca-si influenzato, alcune vicende storiche del Centro della Trisaia.

Il concetto di altre-storie è una citazione volutamente erronea del con-cetto di anti-storia formulato da Carlo Levi nel “Cristo si è fermato ad Eboli”.Opera che, pubblicata nel 1946, ha fatto conoscere all’intero Paese la condizionee la “cultura” dei Lucani. Nella pagina iniziale del Cristo di Levi si legge:

“- Noi non siamo cristiani, -essi dicono- Cristo si è fermato ad Eboli-. Cristiano

vuol dire nel loro linguaggio, uomo. E la frase proverbiale che ho sentito

tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più di uno scon-

solato senso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non

siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora me-

no che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro libera vita dia-

bolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani,

CAPITOLO IIIL’ATLANTIDE RADIOATTIVA E LE ALTRE-STORIE

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che sono di là dall’orizzonte, e sopportare il peso e il confronto. Ma la fra-

se ha un senso molto più profondo, che, come sempre, nei modi simboli-

ci, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato ad Eboli, dove la strada

e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nel-

le desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato

il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cau-

se e gli effetti, la ragione e la Storia”(C. Levi, 1945 p. 3).

La condizione dei contadini lucani, si potrebbe affermare dei lucani ingenere, viene descritta da Levi, come anteriore alla Storia. Il Cristo fermo,insieme al treno e alle strade lungo la costa di Salerno, è uno spartiacque tradue tempi, due epoche, una che scorre: la storia; l’altra immobile: anterio-re alla storia. I personaggi dell’anti-storia, i contadini, restano esclusi dal-l’altra epoca: la storia, dal fluire, dallo scorrere degli eventi. Levi testimoniail “doppio tempo” della Lucania dei contadini. Geograficamente Rotondellaè sospesa, “intrappolata”, tra le terre dell’anti-storia, l’entroterra lucano, ele terre della pianura (il metapontino) che un po’ di storia hanno conosciu-to, basti pensare alle antiche colonie greche di Siris ed Heraclea. Gli avve-nimenti in questi luoghi conservano una doppia luce, una “reale”, storicaappunto, l’altra misteriosa, quasi, anzi completamente, anti-storica, ricopertada un velo magico. Così la Storia del Centro della Trisaia viene accompagnatada un’altra-storia misteriosa, sconosciuta, che ricorda il tempo immobile del-l’anti-storia di Levi. Sembra quasi che il Centro della Trisaia, con il suo ca-rico di modernità e di tecnologia, abbia cercato di recidere i “legami” che lacomunità di Rotondella aveva con l’anti-storia, non riuscendo in questo com-pito, la comunità lo ha avvolto con un velo di mistero, anti-storico appun-to. L’intrecciarsi di anti-storia e Storia del Centro ha generato le altre-storie,una sorta di “terra di mezzo”, di alone solare, che avvolge il Centro o cheil Centro nasconde.

Per alcune narrazioni, soprattutto per le credenze e i racconti diffusi nel-la comunità, si dovrebbe utilizzare una visuale di analisi particolare, dove

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il vero e falso si confondono, o forse non esistono, per focalizzarsi sulla lo-ro funzione “informativa” nell’evocare determinate vicende. Cosa diversadovrebbe essere l’analisi e la descrizione degli articoli giornalistici; essa do-vrebbe essere focalizzata sul contenuto degli articoli, tenendo presente il qua-dro generale in cui si inseriscono. Anche per questi, però, la dimensione ve-ro-falso non acquista significato, infatti l’attenzione dovrebbe essere postanelle informazioni che vengono veicolate, nella funzione di amplificazioneche gli articoli svolgono nel descrivere determinate vicende.

Nel corso della mia indagine, mio malgrado, mi sono trovato davantia queste “altre-storie”, o meglio a una parte di esse. Alle volte, sono rima-sto incredulo davanti a queste “ricostruzioni”, delle altre, forse colpito dalmodo di raccontare del “fabulatore” di turno, sono rimasto affascinato. Hoscoperto che la Storia del Centro della Trisaia, soprattutto il suo rapporto conl’area che lo circonda, è fatto anche di queste altre-storie. L’indagare socio-logicamente, come si vedrà nel capitolo successivo, inerente ad alcuniaspetti del rapporto tra il Centro della Trisaia e la comunità di Rotondella,non poteva prescindere da queste “altre-storie”. Lo spirito che serpeggia inquesti racconti, mi ha fatto pensare al mito di “Atlantide”. A quelle pocherighe, nel Timeo64 e nel Crizia, scritte da Platone, che descrivevano l’antica eperduta civiltà. Il mito di quella antica civiltà cresciuta nello sfarzo e nell’opulenzaha interessato, ammaliato, sedotto la mente e i pensieri di molti studiosi enon solo. Come di Atlantide, del Centro della Trisaia si sono occupati archeologi,giornalisti stranieri, studiosi di scienze, cronisti di giornali locali e alcuni sco-

64 Al di là di quello stretto di mare chiamatoLe Colonne d’Ercole, si trovava allora un’isolapiù grande della Libia e dell’Asia messe insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole,e da queste isole alla terraferma di fronte (...). In quell’isola chiamata Atlantide v’ era un regnoche dominava non solo tutta l’isola, ma anche moltealtre isole nonché alcune regioni del continente al di là: il suo potere si spingeva, inoltre, al di qua delle Colonne d’Ercole; includendo la Libia, l’Egitto e altre regioni dell’Europa fino alla Tirrenia”.

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laretti nel loro giornalino. Come gli abitanti di Atlantide custodivano e la-voravano un minerale sconosciuto, l’oricalco, così gli “abitanti” del Centrolavorano e custodiscono un “materiale” nuovo e in molti casi oscuro, un ma-teriale diverso, perché Radioattivo. Questo “materiale” è l’oggetto princi-pale dei racconti, i suoi “poteri”, il bene e il male che accoglie dentro di sé,la paura che incute. Le storie, ovviamente, raccontano anche di uomini e didonne.

Le descrizioni che si riportano, riguardano soltanto alcune “storie” del-le altre-storie. Queste avrebbero meritato, sicuramente, più attenzione, unostudio più “approfondito” sulla loro origine, sulla loro diffusione. Ma la di-sponibilità di tempo e risorse era limitata, gli obiettivi dello studio, come sivedrà nel capitolo seguente, erano altri. Nonostante questo, ho deciso di de-dicare loro comunque uno “spazio”, seppur piccolo. In ultimo, c’è da direche la raccolta di queste altre-storie non vuole essere un atto d’accusa nei con-fronti di qualcuno o qualcosa, bensì la descrizione di una situazione, che tor-nerà successivamente utile, per la comprensione dei risultati dell’indaginecondotta sul rapporto tra la piccola comunità di Rotondella e il CentroEnea della Trisaia.

Le altre-storie dei giornali

La vicenda delle collaborazioni del CNEN con l’Agenzia AtomicaIrachena, risalente alla seconda metà degli anni settanta e gli inizi degli an-ni ottanta, ha costituito un terreno di coltura per la nascita di articoli gior-nalistici che trattano aspetti misteriosi della vicenda . La collaborazione ini-ziava nel 1976, quando in seguito alla crisi petrolifera del 1973 alcuni Paesioccidentali cercavano degli accordi con alcuni Paesi produttori di petrolio.L’Italia e la Francia erano tra questi Paesi. Accanto alla collaborazione e for-nitura di impianti nucleari, la collaborazione italiana riguardava anche la for-nitura di tecnologie belliche. La Francia, invece, sostanziava gli accordi

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con la fornitura di 2 reattori nucleari. Gli accordi tra Italia ed Iraq erano sti-pulati nel pieno rispetto del Trattato di Non-Proliferazione, il quale era sta-to opportunamente ratificato dai due Paesi contraenti.

Questi accordi di collaborazione non erano visti di buon occhio da Israele,poiché considerava una minaccia per la sua esistenza la possibile detenzionedi tecnologia nucleare da parte di Paesi Arabi. Molte erano le azioni diplo-matiche che lo stato ebraico implementava nei confronti della Francia e dell’Italia,ma senza nessun risultato, fino a quando nel 1981 (precisamente il 6Giugno), passava dalla via diplomatica alla via militare bombardando il CentroNucleare di Tuwaithe dell’Iraq sede del progetto nucleare.

Gli accordi di collaborazione Italo-iracheni sono stati approfonditi in dueimportanti sedi istituzionali. La prima è stata l’apposita CommissioneParlamentare d’Inchiesta sullo scandalo della Bnl di Atlanta. La commissionegiungeva a conclusioni che la fornitura italiana all’Iraq non era in grado dideterminare l’acquisizione da parte irachena di capacità di ritrattamento in-dustriale di combustibile nucleare irraggiato, pertanto non aveva nessunarilevanza dal punto di vista strategico militare. La seconda è stata l’inchie-sta giudiziaria, conosciuta come “Tangentopoli 2”, condotta dalla procuradi La Spezia sul finire degli anni novanta. In tale complessa indagine vi eraun filone che ipotizzava la presenza sul Dc9 dell’Itavia, “abbattuto” suUstica, di 3 tonnellate di Uranio trafugate dai depositi ENEAdi Monteccuccolino(Bologna). L’indagine non ha trovato riscontro all’ipotesi investigativa, in-fatti nessun trafugamento di materiale radioattivo era stato denunciatodal Centro di Monteccuccolino (Bologna) negli anni precedenti, inoltrenessun trafugamento risultava dai controlli dei registri contabili del Centroda parte delle agenzie nazionali (ENEA-Disp., poi ANPA) e internazionali(AIEA) deputate a svolgere ispezione sulla corretta gestione e sicurezza deimateriali nucleari e degli impianti.

In questo quadro generale, abbastanza complesso, dei rapporti di col-laborazione tra Italia e Iraq anche il Centro della Trisaia è stato interessato,nell’accordo, a ricevere personale tecnico iracheno per un periodo di ad-

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destramento. In tale cornice storico-generale si inseriscono una serie di ar-ticoli giornalistici che trattano di queste collaborazioni.

La prima serie di articoli giornalistici su un possibile trafugamento dimateriale del Centro, ceduto a qualche paese mediorientale, risaliva all’e-poca della prima inchiesta giudiziaria sul Centro, nel 1982, in seguito allaaccertata disparità numerica tra i fusti di rifiuti introdotti nel Centro65 e i fu-sti elencati nei registri contabili. Questi articoli sono stati riportati, a diffe-renze delle altre vicende che si descriveranno successivamente, principal-mente su giornali locali come La Gazzetta del Mezzogiorno.

Una seconda ondata di articoli giornalistici sulle collaborazioni tra il Centrodella Trisaia e il regime iracheno, e il possibile trafugamento di materiale ra-dioattivo apparvero dalla seconda metà degli anni novanta fino ai primi an-ni del 2000, in concomitanza del secondo procedimento giudiziario. Notiziesul trafugamento di materiale nucleare venivano date dai giornali nel 1996,in seguito ad un disguido comunicativo tra l’amministrazione americana equella italiana nell’accertamento del numero di trasporti per il trasferi-mento in Trisaia degli elementi di combustibili Elk-River. Sia il quotidiano“La Repubblica” che il quotidiano“La Gazzetta del Mezzogiorno” dedicaronoall’argomento due articoli. Sul primo quotidiano la notizia è stata pubblicatail 5 Marzo del 1996 (titolo dell’articolo “Traffico d’uranio l’Italia a rischio”), sul-la Gazzetta la notizia è stata pubblicata il 24 Marzo. Il disguido venne suc-cessivamente chiarito in sede di Commissione Parlamentare d’inchiesta sulciclo dei Rifiuti della XII Legislatura, con la documentazione fornita dall’Eneasulle denunce al Ministero dell’Industria delle tre spedizioni degli ele-menti Elk-River.

Nello stesso 1996 fece la sua comparsa su un noto quotidiano scozze-se (The Scotsman) un’inchiesta giornalistica, l’autore è Nic Outerside, sultrafugamento di una quantità di Uranio dal Centro della Trisaia. Questa no-tizia è stata da allora riportata numerose volte sulla stampa (in maggior mi-

65 Si rimanda al paragrafo “Breve storia giudiziaria del Centro ENEA” nel capitolo preceden-te.

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sura) e in televisione, creando un effetto “ping pong” tra i vari mezzi di co-municazione. Si ricorderà il servizio giornalistico trasmesso dal Telegiornaledi Raitre la sera del 21 Marzo 1996, cui seguì una netta smentita da parte deidirigenti nazionali dell’Enea. La notizia della smentita da parte del Direttoredell’Enea veniva data anche sul “Corriere del Giorno”, in un articolo del 24Marzo 1996 dal titolo “L’Enea non ha <muri di gomma>”. Qui si può leggere:“No all’assoluto catastrofismo e alle impostazioni preconcette in merito alla situa-

zione del centro di ricerche della Trisaia”. In un’altra parte dell’articolo si leg-ge, sempre in riferimento al servizio andato in onda sul Tg3: “Esso contiene,

ha scritto Pistella66, una serie di inesattezze che non possono essere lasciate senza

replica, non solo per la tutela dell’immagine dell’ENEA, ma anche per evitare il diffon-

dersi di timori assolutamente ingiustificati nella pubblica opinione”.

Nel 1997, precisamente il 13 Marzo, andava in onda su Raidue una tra-smissione dal titolo “Scorie di guerra fredda” che trattava una serie di inchiestedella magistratura su traffici illeciti di rifiuti. In tale ambito vi era un’ulti-ma parte della trasmissione che trattava l’inchiesta della Procura di Materasul Centro della Trisaia. Ad essere intervistati, in luoghi e tempi diversi, era-no il magistrato Nicola Maria Pace, che aveva condotto le indagini preliminaridell’inchiesta, successivamente trasferito alla Procura di Trieste, un ingegneredell’Enea, Giuseppe Rolandi (Gestione rifiuti radioattivi) e un ex dipendentedell’Ente coperto dall’anonimato. In tale circostanza vennero trattati gli ar-gomenti dell’indagine giudiziaria, quindi la giacenza allo stato liquido deirifiuti radioattivi prodotti nella fase di attività del Centro, gli incidenti av-venuti presso i depositi dei rifiuti; inoltre venne trattato il possibile trafficodi materiale radioattivo con qualche Paese mediorientale, l’utilizzo del Dc-9 dell’Itavia come possibile veicolo di trasporto di questo materiale nucleare.Ma vediamo come il tema del possibile traffico di materiale radioattivo conPaesi Mediorientali viene trattato dalla trasmissione. A una domanda cheil giornalista Torrealto rivolgeva all’ex-dipendente dell’ente: “Il diparti-

66 Fabio Pastella era all’epoca il direttore generale dell’ente.

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mento dell’Enea che controlla il ciclo del combustibile era diretto unicamente dal Consiglio

di amministrazione dell’Enea?”, quest’ultimo rispondeva: “Credo che sia agli at-

ti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla Bnl di Atlanta documentazione

che precisa il fatto che il Dipartimento fosse eterodiretto”. A questa affermazio-ne replicò l’ing. Rolandi: “Non capisco cosa voglia dire che il programma nucleare

fosse eterodiretto. L’Enea, prima il Cnen, è un ente pubblico i cui programmi sono

discussi e approvati dal Ministero vigilante, il Ministero dell’Industria, finalizza-

to alla produzione di conoscenza utilizzabile a livello nazionale e sotto il controllo

pubblico”. Nei giorni successivi alla andata in onda della trasmissione seguìla netta smentita da parte dell’Enea della possibile cessione di materiale ra-dioattivo a Paesi terzi, e al possibile coinvolgimento dell’ente nella miste-riosa vicenda del Dc-9 dell’Itavia.

Il tema di Ustica si riaffaccia nelle cronache dei giornali, insieme al te-ma del trafugamento di materiale nucleare del Centro in occasione dell’iniziodell’ultima inchiesta giudiziaria ai danni del Centro Enea della Trisaia, chedel trafugamento di materiale radioattivo ne ha fatto un’ipotesi investiga-tiva, risalente al Febbraio-Marzo del 2001. Sul sito internet www.luca-niaonline.it/Trisaia.htm67, vengono riportati alcuni articoli pubblicati suLa Gazzetta del Mezzogiorno e altri curati dalla Redazione del sito, che trat-tano di questi ultimi argomenti. Un primo articolo riportato che tratta en-trambe le questioni, del trafugamento e del possibile collegamento conUstica, è stato pubblicato su “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 3 Marzo 2001dal titolo: “C’è una relazione tra il Centro ricerche della Trisaia e Ustica?”.L’articolo era dedicato principalmente all’ultima inchiesta giudiziaria del-la Procura di Potenza sul Centro della Trisaia, e agli interrogatori che la Procuradoveva svolgere a persone informate sui fatti; in ultimo veniva descritta bre-vemente la storia del secondo procedimento giudiziario ai danni dell’ENEA.Tra le persone che dovevano essere ascoltate dai Magistrati vi era un ex-di-pendente dell’Enea, Billy è il nome in codice dell’ingegnere, che già prece-

67 Per avere un quadro completo degli articoli giornalistici che trattano la questione si riman-da alla Bibliografia.

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dentemente, in una trasmissione televisiva (“Scorie di guerra fredda68”) ave-va rilasciato alcune dichiarazioni riguardanti il Centro della Trisaia e suc-cessivamente si era pronunciato sul mistero di Ustica. Ma vediamo come vie-ne ricostruita, nell’articolo, la vicenda: “Qualche giorno dopo69, il 19 Marzo, l’Enea

si affrettò a smentire tutto con un comunicato in cui, tra l’altro, si sottolineava che

nessun materiale è stato sottratto dai Centri Enea e nessuna relazione può essere fat-

ta tra le attività dell’ente e il disastro di Ustica. Sì, era scritto proprio Ustica. Uno

dei grandi misteri d’Italia, quello del Dc 9 Itavia inabissatosi in circostanze mai chia-

rite nell’80, una tragedia che costò la vita a 81 persone. E qui il bandolo della ma-

tassa rischia subito di perdersi. Bisogna fare molti passi indietro per orientarsi. Andare

agli anni compresi tra il ’68 e il ‘70 quando al Centro di Ricerche lucane furono tra-

sferite dal Minnesota, precisamente dalla centrale di Elk-River, 84 barre esauste di

combustibile nucleare. Erano destinate all’Itrec, un impianto che ancora oggi si tro-

va all’interno della Trisaia. Il suo compito era di riutilizzare in qualche modo ciò che

rimaneva da recuperare nelle barre. Dal loro trattamento, oltre a pericolose scorie,

è infatti possibile ricavare chimicamente vari materiali radioattivi che possono es-

sere impiegati in altri processi. Tra questi, a quanto pare, è possibile estrarre anche

uranio 235 e uranio 233, che sono materiali fissili, cioè quelli usati dalle industrie

belliche per costruire ordigni nucleari. Qui si possono riprendere le ipotesi che so-

no circolate, per la verità, a più riprese negli anni scorsi. Il materiale fissile faceva

gola soprattutto a quei Paesi che avevano necessità di dotarsi di armi atomiche. Tra

questi c’era l’Iraq. In pratica, si ipotizza che l’uranio in questione possa in qualche

modo aver varcato i cancelli del Centro ricerche per raggiungere, chissà come, at-

traverso quali canali e quali mediazioni, i laboratori della nazione araba che noto-

riamente si stava dando da fare più di altre per dotarsi di un arsenale nucleare. Tutte

queste manovre, ovviamente, -prosegue l’articolo- potevano incontrare la ferma

opposizione di diversi Paesi, è il caso di Israele, preoccupati dalla crescente aggressività

di vicini di casa sulle cui intenzioni pacifiche si potevano sollevare molteplici dub-

bi. E se un aereo, magari delle linee civile, per passare inosservato trasportava ma-

68 Trasmissione trattata già precedentemente.69 Si riferisce al giorno in cui è andato in onda la trasmissione “Scorie di guerra Fredda”.

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teriale così scottante, non è improbabile che sia potuto divenire un facile bersaglio

da eliminare. Questo è uno degli scenari possibili sul quale cercheranno di fare lu-

ce i magistrati della Direzione Distrettuale antimafia. Il livello dell’intrigo, se

davvero c’è stato, è di caratura internazionale. Roba da servizi segreti che, per la ve-

rità, si sono molto interessati alle attività del primo magistrato che nel Materano

si occupò di questa vicenda, Nicola Maria Pace, poi promosso, da un giorno all’ al-

tro, a dirigere la superprocura di Trieste.”

Quest’ultima ondata di articoli, come si verificò nel 1996, diede vita adun rinnovato interesse. A dare la notizia del possibile trafugamento sono sta-ti, infatti, molti giornali nazionali, quali ad esempio “La Stampa” del 12 Novembredel 2001, “Il Messaggero” dello stesso giorno, su “Ideazione” del 16 Novembredel 2001.

Precedentemente l’argomento venne trattato dal noto settimanale“Panorama” nel numero dell’8 Febbraio 2001. L’articolo merita attenzionein quanto è il primo articolo pubblicato sull’inchiesta della Procura diPotenza su un giornale a carattere nazionale. Il titolo è “La bomba Basilicata”,

il sottotitolo è altrettanto allarmistico “Plutonio, uranio: la verità sui traffici ra-

dioattivi”. L’inizio dell’articolo è dedicato ad una fantomatica ricostruzione,sulla scia dei romanzi di spy-story, del possibile trafugamento di materia-le radioattivo dal Centro. Si descrive in seguito l’inchiesta aperta dallaProcura di Potenza, i possibili reati ipotizzati, il precedente procedimentogiudiziario, l’articolo sul quotidiano scozzese The Scotsman; successiva-mente vengono riportate alcune affermazioni del direttore del Centro del-la Trisaia, dell’ex-dipendente (“Billy”) e dell’ex-presidente della CommissioneParlamentare sul ciclo dei rifiuti. Vediamo come alcuni di questi argomen-ti vengono riportati nell’articolo: “Scena prima: in un piccolo laboratorio nucleare,

disperso tra le colline della Basilicata, viene prodotto senza autorizzazioni materiale

nucleare. Scena seconda: un’auto esce nottetempo dal centro con una valigetta blin-

data. Scena terza: alcuni uomini escono dall’auto e scambiano in una piazzetta di

sosta il “tesoro” nucleare con emissari di Saddam Hussein. Sembra un romanzo di

John LeCarré, in realtà non si discosta molto da quella che è la tesi del capo della Procura

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di Potenza, Giuseppe Galante, che ha aperto un’inchiesta sul centro di ricerche Enea

(Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente) della Trisaia, a pochi chilometri

da Rotondella (Matera). Ipotesi di reato: nel centro c’è stata una produzione illeci-

ta (non registrata in contabilità) di materiale radioattivo. Materiale poi venduto, in

particolare dopo il referendum del 1987 che ha “spento” il nucleare in Italia.” Ecco,invece, come vengono riportate le affermazioni del direttore del Centro: “A

Rotondella il direttore della Trisaia, Donato Viggiano, 43 anni, sorriso da attore e

cresta brizzolata, parla del suo impianto come di un giocattolo: battezzato nel ‘70,

serviva a sperimentare in epoca di pionierismo nucleare la bontà del combustibile

a base di uranio e torio, all’epoca considerato alternativo e meno pericoloso dell’accoppiata

uranio-plutonio. Nient’altro. Viggiano, chimico lucano, quando cita il torio, qua-

si si illumina. Sa che tra gli addetti ai lavori viene considerato innocuo quasi come

una caramella. Poi inizia a far di conto; in 30 anni sono entrati solo 84 elementi di

combustibile provenienti dal reattore Elk River del Minnesota. Tra il ‘75 e il ‘78, ne

sono stati riprocessati 20, cioè tagliati a fettine e sciolti nell’acido nitrico per recu-

perare circa 600 chilogrammi di ossidi di uranio e torio. Da allora l’impianto ha smes-

so di sciogliere combustibile che è parcheggiato in piscina (1.600 kg di torio e 72 di

uranio). Tutto perfettamente sotto controllo. Come dire niente plutonio, siamo a

Rotondella”. Ecco infine come vengono riportate le affermazioni dell’ex-di-pendente Billy e come viene descritto lo scenario di complotto nel quale sisarebbe verificato il possibile trafugamento di materiale radioattivo: “Per Billy,

che era già stato interrogato da Pace, quell’impianto non avrebbe mai dovuto entrare

in funzione. Raggiunto da Panorama confida: “Non è chiaro perché si decise di ri-

processare gli elementi di Elk River. Bisognerebbe fare bene i conti del combustibi-

le prima e dopo la rigenerazione”. Come a dire che forse qualcosa potrebbe essere sfug-

gito ai contabili del centro. Proprio come ha scritto Outerside. E dove potrebbe es-

sere finito quel materiale? All’epoca Billy parlò dell’Iraq, oggi preferisce non rispondere.

Nel ‘78 l’Italia aveva firmato un accordo di collaborazione con Saddam Hussein per

la fornitura delle tecnologie necessarie alla costruzione di quattro laboratori nucleari.

All’epoca la piana della Trisaia brulicava di tecnici iracheni a lezione di nucleare e

forse non per indottrinarsi sull’ormai obsoleto ciclo uranio-torio. Un ex direttore tec-

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nico del tempo dopo aver subito pesanti minacce (in procura spiegano che sarebbe-

ro stati gli 007 israeliani) per lungo tempo ha vissuto sotto scorta. E lo stesso Pace

in un’intervista aveva spiegato a un giornalista: “I servizi segreti sanno di cosa stia-

mo parlando io e lei in questo momento”. Insomma l’indagine si è svolta in un cli-

ma non certo ideale. Per un certo periodo è stato scortato dai carabinieri anche Angelo

Chimienti, tecnico di laboratorio all’ospedale di Chiaromonte, in prima linea nella

crociata contro i presunti inquinamenti del centro. Anche il suo nome è nell’agen-

da degli appuntamenti di Galante”. A questo articolo che diede risalto nazio-nale alla notizia dell’inchiesta giudiziaria della Procura di Potenza, seguì unanetta smentita da parte dell’ente.

Gli ultimi articoli di stampa dedicati al traffico risalgono al Novembredello stesso anno. In un articolo “Traffici radioattivi verso l’Iraq” su “LaNuova Basilicata” del 12 Novembre, vi sono alcune novità, riguardanti il pos-sibile coinvolgimento della criminalità calabrese. La vicenda viene descrit-ta così: “Sono stati anche approfonditi gli aspetti relativi ai rapporti con la ‘ndran-

gheta calabrese. L’ipotesi che dette avvio all’indagine della Dda -tracciata da un ma-

gistrato della Procura di Matera non più in servizio in Basilicata- è che dal Centro

della Trisaia possa essere stato trafugato del materiale radioattivo: ciò sarebbe av-

venuto con la complicità di elementi “deviati” dei servizi segreti. Il materiale, pre-

so in consegna o comunque sorvegliato dalla criminalità calabrese, sarebbe stato tra-

sportato nel porto di Reggio Calabria e quindi imbarcato su una nave per essere tra-

sferito in altri Paesi. Tali circostanze, che sembrano avere tutti gli ingredienti di una

classica spy-story, in realtà da diversi anni sono state ipotizzate dai magistrati im-

pegnati nel contrasto alle cosche calabresi: più volte vi sono state riunioni di ma-

gistrati per mettere a punto operazioni di controllo su presunti traffici di materia-

le illecito lungo la costa jonica della Calabria, in direzione proprio del porto di Reggio.”

Per quanto riguarda tutta questa ultima serie di articoli giornalistici c’èda registrare la netta presa di posizione dei lavoratori (tecnici ed operai) delCentro iscritti alla CGIL, in “Fax news n. 6” del 16 Febbraio 2001, nel condannarele ricostruzioni pubblicate dagli organi informativi (stampa e televisione),sul tema del traffico di materiale nucleare. I lavoratori, nel documento,

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chiedevano, inoltre, un intervento deciso della Direzione nel contrastare que-ste ricostruzioni che ingiuriano l’operato e la dignità dei lavoratori delCentro. Intervento che di fatto ci fu, infatti molte sono state, come si è cer-cato di documentare, le opportune smentite dell’ente in occasione della pub-blicazione di queste “ricostruzioni”. Gli argomenti a sostegno dell’ente so-no stati i controlli regolari cui l’impianto della Trisaia fu sottoposto dagli or-gani nazionali (Anpa) e internazionali (Aiea) deputati alla vigilanza dei ma-teriali nucleari e degli impianti.

Le altre-storie della comunità

Le altre-storie riportate in questo paragrafo sono state raccolte nella fa-se di somministrazione del questionario che verrà descritta nel paragrafo suc-cessivo. La prima riguarda la credenza di possibili danni alla salute degli abi-tanti della zona causati dalle passate attività nucleari del Centro della Trisaiae dai rifiuti in esso custoditi. Danni alla salute consistenti in una forte inci-denza nella zona di malattie tumorali, sia tra alcuni ex-dipendenti del Centrosia tra gli abitanti. Già in passato, nella prima metà degli anni novanta, alcuniarticoli di stampa, ai quali seguirono tra l’altro anche delle interrogazioni par-lamentari, riportarono la notizia di una maggiore incidenza di malattie tu-morali nella zona del metapontino. Nel 1992, precisamente il 24 Novembre,venne pubblicato su “Lucania”, un quotidiano a carattere locale, un artico-lo dal titolo “In aumento i tumori a Rotondella”70. Difficile ricercare un rapportodi causa-effetto tra le vicende della pubblicazione degli articoli e la diffusionedella credenza nella comunità; il caso meriterebbe un altro e più approfon-dito studio. Nei racconti da me “raccolti” si faceva riferimento ad alcuni pa-reri medici che avvaloravano l’ipotesi dell’incidenza di malattie tumorali.

70 Successivamente verranno pubblicati altri articoli sul tema, come per esempio un articolo pub-blicato sempre su Lucania il 2 Febbraio del 1994 dal titolo “Rotondella, allarme tumori: è po-lemica”.

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A rafforzare tale credenza contribuisce un invito, riportato nella“Consulenza tecnica di parte per il tribunale italiano contro i crimini dellaNato in Jugoslavia”71, consultabile sul sito internet http://www.peace-link.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/du_clark.html, dove, nel pa-ragrafo n.2.3 dal titolo “Indagini su popolazioni non umane e modelli spe-rimentali”, si invita, appunto, a studiare gli effetti biologici ed epidemiolo-gici a lungo termine di un incidente verificatosi all’impianto ITREC nel 1975.

La questione è, comunque, complessa. Infatti, all’ipotesi dell’inciden-za di tumori nella zona non è mai stato trovato riscontro, quando nel periododegli anni novanta, si avviarono una serie di studi “epidemiologici” sottola guida dell’Asl locale e del Centro (Dipartimento di Radioprotezione). Inquesto paragrafo non si intende rivolgere una critica alle ricerche “epide-miologiche” condotte in passato nella zona, né tanto meno alla metodolo-gia e alle difficoltà operative72 che ricerche di questo tipo incontrano nel lo-ro procedere, bensì sottolineare la preoccupazione della comunità, seppurdifficilmente quantificabile numericamente, che percepisce tale credenza co-me vera.

La seconda altra-storia, in linea con quella precedente, riguarda la vi-cenda di un dipendente dell’Enea della Trisaia, a me raccontata 3 o 4 voltenel corso delle 95 interviste condotte. Questo racconto non vuole essere unatestimonianza della credenza, descritta precedentemente in questo paragrafo,

71 Redatta da: Pasquale Angeloni, medico legale, già Direttore del Centro Nazionale TrasfusioneSangue, Roma;Mauro Cristaldi, naturalista, Dip. Biologia Animale e dell’Uomo, Univ. Roma “La Sapienza”;Francesca Degrassi, biologa, Centro di Genetica Evoluzionistica CNR, Roma;Francesco Iannuzzelli, informatico, Associazione Peacelink - sez. Disarmo;Andrea Martocchia, fisico, Comitato “Scienziate e scienziati contro la guerra”;Luca Nencini, fisico, Comitato “Scienziate e scienziati contro la guerra”;Carlo Pona, fisico, Comitato “Scienziate e scienziati contro la guerra”;Silvana Salerno, medico del lavoro, Comitato “Scienziate e scienziati contro la guerra”;Massimo Zucchetti, ingegnere nucleare, Comitato “Scienziate e scienziati contro la guerra”.

72 Quali ad esempio la veridicità della causa di morte nei certificati che notificano il decesso diun individuo, un po’ simili alle difficoltà durkheimiane sulla constatazione dei suicidi nel-le statistiche ufficiali.

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sull’incidenza di malattie tumorali nella zona. Il dipendente lamentava il suosistematico impiego in zone del Centro soggette a rischio contaminazione.Tale impiego gli avrebbe causato dei danni alla salute. Testimonianze di que-sta vicenda si possono trovare negli atti processuali del primo procedimentogiudiziario ai danni del Centro della Trisaia risalente al 1982. Al di là del pro-seguimento giudiziario della vicenda, pare, infatti, che non determinò nes-sun effetto giuridico, il fatto è rimasto nella “memoria storica” della comunità,tra le narrazioni che di tanto in tanto si raccontano nel paese. Il racconto hauna sua componente grottesca, che deve essere quasi obbligatoriamente rac-contata con tono sommesso, sussurrato. I danni alla salute del “Dipendente”riguardavano l’apparato riproduttivo, le radiazioni lo avrebbero reso impotente.A testimoniare del danno avvenuto, il dipendente chiamava la moglie, la qua-le imbarazzata confermava l’impotenza del marito. Questa componente delracconto è di difficile interpretazione, potrebbe essere stata aggiunta per ren-dere il racconto più seducente ed affascinante. In questa circostanza non èla struttura del racconto in sé che c’interessa sottolineare, bensì il messag-gio che si vuole comunicare per mezzo di esso. Il racconto potrebbe essereinterpretato come un primo segnale, che si sviluppa nella comunità, dellapossibile pericolosità delle radiazioni e del nucleare.

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PARTE SECONDA

L’INDAGINE EMPIRICA

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Coordinate generali

L’ambito problematico legato alla riflessione sul rischio è vasto e com-plesso. Numerosi sono stati gli approcci ed i punti di vista che sono stati ela-borati nell’analisi del problema e delle sue ripercussioni sulle dinamiche so-ciali. Molti sono gli argomenti correlati al tema del rischio, vari sono stati gliusi negli ambiti specialistici, come ad esempio in economia, dove l’analisidel rischio73 (con riferimento agli investimenti) ha una lunga “tradizione diricerca” e non viene connotata criticamente, come vedremo succederà perle altre scienze sociali. Trattare l’argomento nella sua interezza non rientra,quindi, negli obiettivi di questa breve esposizione, la quale intende delineareil quadro generale entro cui si conduce il dibattito sul rischio, riassumere bre-vemente lo stato dell’arte, il filone di studi entro il quale s’inserisce, moltoumilmente, l’indagine empirica che verrà descritta nei prossimi paragrafi.

Il tema del rischio ha suscitato un grande interesse all’interno delle scien-ze sociali degli ultimi decenni. Il dibattito si è articolato con il passare deltempo su due filoni tematici. Il primo si svolge ad un livello macro-teori-co ed attiene al processo di profondo mutamento interno alle attuali società.Il secondo, ad un livello propriamente empirico ed operativo, riguarda leconcettualizzazioni e gli strumenti elaborati dalle diverse “tradizioni di ri-cerca” per affrontare lo studio del rischio e delle nuove vulnerabilità psi-cologiche.

73 Nelle discipline economiche il concetto di rischio viene utilizzato per prevedere l’esito di in-vestimenti in situazione di insicurezza, come possono essere i mercati finanziari. Originariamenteil concetto serviva a spiegare il profitto che l’imprenditore traeva dal ciclo economico.

CAPITOLO IVIL DISEGNO DELLA RICERCA

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Il rischio, tra ambiente e modernità

In riferimento al primo filone tematico, ossia alle trasformazioni dellacostituzione delle odierne società, è da segnalare il dibattito tra due “fazioni”interpretative: coloro che qualificano il nuovo assetto sociale come “post”(post-moderno, post-capitalista, post-industriale) e considerano oramaichiusa l’esperienza moderna spendendo le loro fatiche intellettuali per di-segnare “architetture concettuali” per la rifondazione delle scienze sociali74;e coloro che interpretano il mutamento come frutto dell’intensificazione delprocesso di modernizzazione. Quest’ultimi si pongono lungo quella tradi-zione di pensiero sociale e filosofico che, sin dal suo inizio, ha posto l’accentosull’ambiguità della modernità, sul lato “oscuro” di quell’ampio e complessoprocesso che ha trasformato le principali istituzioni economiche, politiche,amministrative e sociali della passata società feudale del XVIII secolo.Entrambe le “fazioni” interpretative concordano sul fatto che le trasforma-zioni interne alle attuali società hanno una portata epocale, che modifiche-ranno, in parte hanno già modificato, l’assetto delle società moderne cosi co-me il processo di modernizzazione ha trasformato l’assetto delle società tra-dizionali.

In riferimento al primo filone tematico, vengono presentati tre impor-tanti autori di grande interesse, Ulrick Beck, Anthony Giddens e NiklasLuhmann, che hanno contribuito con alcuni loro lavori al primo dibattito sultema del rischio in ambito sociologico. L’uso che viene fatto da questi auto-ri del concetto di rischio risente indiscutibilmente del filone di dibattito in-centrato sugli aspetti empirici-operativi del concetto, e anche di quel lungoprocesso storico che ha portato ad un’analisi inter-multi-disciplinare delconcetto.

Il sociologo tedesco Ulrick Beck ha pubblicato, nel 1986 (tr. it. 2000), il

74 Si rimanda al volume di Harvey David (1990) per avere un quadro approfondito del cam-biamento dalla modernità alla post-modernità, anche se la letteratura sull’argomento è va-sta.

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volume Risikogesellshaft.Auf dem in eine endere Moderne75, subito tradotto ininglese, che ha imposto all’intera comunità accademica la categoria del ri-schio per interpretare il processo di modernizzazione che stava trasformandol’assetto della società. Ulrick Beck è d’accordo con coloro che leggono la tran-sizione, il cambiamento della società come radicale:“siamo testimoni ocu-lari, sia come soggetti che come oggetti, di una rottura all’interno della mo-dernità” (Beck, 2000, p. 15). L’autore distingue, nel complesso processo dimodernizzazione, due momenti e/o fasi. Il primo, chiamato modernizza-zione primaria (Beato,1998, p. 351), è quel processo di mutamento sociale, sularga scala, coinvolgente le principali strutture economiche, politiche, am-ministrative, familiari, religiose della società tradizionale, verificatesi gra-dualmente nel XVIII secolo, dopo la Rivoluzione Industriale e la RivoluzioneFrancese. Questo processo è stato ampliamente descritto e discusso nelpensiero sociologico classico, da Saint-Simon a Durkheim, passando per Marxe Weber. In questa fase il rischio, le minacce sono considerate necessarie, ine-luttabili, sono il “pedaggio da pagare per il progresso”, non influenzano ildibattito e il conflitto politico, i quali sono orientati su tematiche attinenti al-la distribuzione della ricchezza. Una seconda fase, chiamata modernizza-zione riflessiva, è l’intensificazione del processo di modernizzazione, ossiala modernizzazione della modernità, la modernizzazione del prodotto,dell’oggetto della prima modernizzazione: la società industriale. La mo-dernizzazione riflessiva è il processo di mutamento delle società attuali chesta forgiando la società (industriale) del rischio. In questo contesto, i rischihanno eluso, si sono definitivamente liberati dai sistemi di controllo, dallepastoie della passata società industriale, non vengono più etichettati comerischi residuali, inevitabili e necessari, bensì come rischi, minacce, pericolinella loro “nudità”, con forti implicazioni nella sfera politica. Il rischio, in-fatti, domina la scena pubblica, influenzando il dibattito politico e scienti-fico, i conflitti. Gli stessi strumenti, gli stessi apparati che nel precedente as-

75 Al tema del rischio, trattata in questa prima opera, l’autore tedesco ha dedicato una serie diapprofondimenti nel corso degli anni.

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setto industriale producevano ricchezza, nella società (industriale) del rischio,si distinguono per la produzione di pericoli, minacce. L’analisi macro-teo-rica di Beck, elaborata per carpire le “fondamenta” della società attuale, sifocalizza su tre “macro-mutamenti”, attinenti alla logica della distribuzio-ne, al cambiamento delle forme d’organizzazione sociale e alle trasforma-zioni riguardanti la scienza.

In riferimento al primo macro-mutamento, l’autore mette in evidenzache ai conflitti legati alla distribuzione della ricchezza prodotta, si sovrap-pongono i “conflitti che scaturiscono dalla produzione, definizione e distribuzionedi rischi prodotti dalla scienza e dalla tecnica ”(Beck, 2000, p. 25). Questo cam-biamento dalla logica di distribuzione della ricchezza alla logica di distri-buzione del rischio necessita di due condizioni storiche. La prima riguardail superamento e/o la “marginalizzazione” delle situazioni di bisogno ma-teriale, attraverso l’alto livello raggiunto di produzione umana e tecnologica.La seconda condizione impone che la crescita esponenziale della produtti-vità venga accompagnata dalla liberazione di rischi e minacce fino ad allo-ra sconosciuti e potenzialmente autodistruttivi.

Il secondo macro-mutamento è quello interno alla scienza. Anche in que-st’ambito sono distinguibili due processi di scientificizzazione: uno primario,nel quale la razionalità scientifica viene applicata al mondo dato della naturae dell’uomo; uno secondario, riflessivo, nel quale la distinzione tra dato na-turale e culturale si è definitivamente sgretolata, annullata e la razionalitàscientifica si occupa di se stessa. In un primo momento la scienza aiutava l’uo-mo a liberarsi dalle costrizioni della natura, nella seconda modernizzazio-ne si profila un nuovo compito per essa: la risoluzione dei problemi che es-sa stessa ha prodotto (si leggano gli attuali dibattiti sul rischio per la salu-te delle bio-tecnologie, sul cambiamento climatico, nonché il dibattito extra-paradigmatico sulla scienza sconfinato nell’etica e nella morale, ecc.).

Il terzo macro-mutamento è il processo d’individualizzazione, nelquale il processo di modernizzazione riflessiva “attacca”, sgretola, rivolu-ziona le forme di vita costruite nella società industriale. Come furono tra-

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sformate le forme di organizzazione sociale di vita e di lavoro della societàfeudale del XVIII secolo, così la modernizzazione riflessiva trasforma alcu-ne istituzioni dell’organizzazione della società industriale, come la stan-dardizzazione del lavoro, la stratificazione sociale, le classi, la famiglia nu-cleare, ed altro.

Nella trattazione del sociologo tedesco l’analisi semantica del concet-to76 viene svolta con la trattazione della nuova strutturazione della società.Da questo contesto si evince che il concetto di rischio è connesso intimamentea concetti quali pericolo, minaccia, incertezza, che sovente vengono utiliz-zati dall’autore come sinonimi. Il rischio trattato da Beck è un rischio che hanecessariamente delle ripercussioni politiche e morali, come sottolinea la Douglas,in uno dei suoi lavori . “Grazie a Beck, -afferma la Douglas- le misteriose di-scussioni degli esperti sulla percezione del rischio sono viste alla piena lu-ce della politica e sono entrate negli appassionati dibattiti intellettuali sul-la consapevolezza nella modernità e nella post-modernità. Ciò che Beck rin-faccia alla scienza è proprio la frequente non validità delle sue pretese di in-nocenza e la sua ostinazione a rimanere nell’errore” (cfr. Douglas, tr. it. 1991,p. 164). Trattare concetti quali rischio, pericoli, minacce senza distinzioni è,quindi, una netta presa di posizione, del sociologo tedesco, contro l’approccioprobabilista e quantitativo al problema, mettendo in evidenza il contesto so-cio-culturale delle società attuali nell’esperire il rischio.

Il secondo autore che ha contribuito nell’iniziale dibattito sul rischioe la modernità, è il sociologo inglese Anthony Giddens che pubblica nel1990 il volume The Consequences of Modernity (tr. it. 1996). Il linguaggio uti-lizzato dall’autore è “asciutto” rispetto al linguaggio idiomatico e metaforicoutilizzato da Beck. L’architettura interpretativa alla base della rifles-sione di Giddens si focalizza principalmente su due dicotomie fiducia-

rischio e sicurezza-pericolo per qualificare i mutamenti sociali delle so-cietà attuali. La condizione di modernità, afferma Giddens, accan-

76 Come ha fatto notare Beato nella trattazione del contributo di Beck (cfr. Beato 1998, pp. 343-384).

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to a indubbi vantaggi ha creato una nuovo stato di vulnerabilità psi-cologica, un nuovo profilo del rischio.

La portata del mutamento che la modernizzazione ha comportato nel-la società tradizionale è del tutto nuova rispetto ad ogni altro mutamentodi altri ordinamenti sociali. Queste trasformazioni sono di difficile e com-plessa comprensione rispetto agli altri cambiamenti che hanno interessato,per prime, le nostre organizzazioni sociali. Innanzitutto, su un piano pret-tamente conoscitivo, perché non è più possibile utilizzare il vecchio approcciodelle grandi narrazioni evoluzioniste della storia per la loro analisi, le qua-li, cogliendo prevalentemente la continuità del mutamento, mancano di af-ferrare gli aspetti dirompenti e discontinui che il processo di modernizza-zione ha comportato rispetto ai precedenti processi di mutamento. Necessita,quindi, l’elaborazione di un nuovo approccio allo studio della modernizzazione.In secondo luogo per la natura stessa di queste modificazioni, per il loro rit-mo, per le loro portate di cambiamento, per le loro nuove istituzioni, per leconnessioni a livello planetario che hanno instaurato, per gli effetti di de-nuclearizzazione77 dei rapporti sociali. In questo contesto svolge un ruolo fon-damentale il “sentimento” di fiducia, concetto intimamente connesso al con-cetto di rischio, soprattutto per nuove strutture della società attuale comegli emblemi simbolici e i sistemi esperti. Questi due “istituti”, oltre a svol-gere un ruolo nella denuclearizzazione dei rapporti sociali, necessitanodella fiducia per il loro funzionamento. Per emblemi simbolici s’intendono“i mezzi di interscambio che possono passare di mano senza tener conto del-le caratteristiche specifiche degli individui o dei gruppi che li utilizzano inqualsiasi particolare frangente”(Giddens, tr. it. 1994, p. 32). Esempio classicodi emblema simbolico è la moneta. Quando la si utilizza, infatti, si confida,si presuppone che altri utilizzeranno ed accetteranno questo mezzo di in-terscambio. In quanto ai sistemi esperti, si tratta dei “sistemi di realizzazione

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77 Per disaggregazione s’intende “l’enuclearsi dei rapporti sociali dai contesti locali di intera-zione e il loro ristrutturarsi attraverso archi di spazio-tempo indefiniti” (Giddens, tr. it.1994, p. 32).

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tecnica o di competenza professionale che organizzano ampie aree negli am-bienti materiali e sociali nei quali viviamo oggi” (Ibid., p. 37). Così, quan-do ci si affida a sistemi astratti, quali l’aereo, si confida nel sapere espertoimpiegato per costruire gli aerei, per farli volare, nel sistema di gestione del-le rotte aeree e così via, anche senza conoscerle. Rispetto al passato, quan-do la fiducia veniva deposta principalmente nei confronti di persone, nel-la “modernissima” società attuale questo sentimento viene deposto in que-ste nuove istituzioni, gli emblemi simbolici ed i sistemi esperti, completa-mente impersonali.

Questo nuovo tipo di fiducia78 va intesa specificamente in relazioneal rischio, essa presume il riconoscimento di una situazione di rischio. “Ilrischio e la fiducia -afferma Giddens- si compenetrano: la fiducia serve nor-malmente a ridurre e minimizzare i pericoli ai quali determinati tipi di at-tività sono esposte. Vi sono alcune circostanze in cui gli schemi di rischiosono istituzionalizzati nell’ambito di circostanti strutture di fiducia (gli in-vestimenti azionari, gli sport pericolosi). L’abilità e il caso agiscono comefattori che limitano il rischio, che di norma è però calcolato coscientemente.In tutti gli scenari di fiducia, il rischio accettabile è classificato come sa-pere ‘induttivo debole’ e virtualmente esiste sempre un equilibrio tra fi-ducia e calcolo del rischio in questo senso” (ibid, pp. 43-44). Una delle no-vità nella riflessione di Giddens è il chiarimento del rapporto tra il rischioe il pericolo, che non sono assimilabili, come precedentemente abbiamovisto per Beck. Il rischio presume il pericolo, “una persona che rischia qual-cosa sfida il pericolo, inteso come un fattore che minaccia i risultati voluti”(ibid., p. 43). Accanto a questa dimensione individuale del rischio, Giddensmenziona degli ‘scenari di rischio’, non riconducibili alle proprie azioniindividuali, che coinvolgono un gran numero degli abitanti della terra, senon tutti.

78 “Fiducia significa confidare nell’affidabilità di una persona o di un sistema in relazione a unadeterminata serie di risultati o di eventi, laddove questo confidare esprime una fede nella pro-bità o nell’amore di un altro oppure nella correttezza di principi astratti (sapere tecnico)” (Giddens,tr. it. 1994, p. 42).

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I nuovi scenari del rischio, caratteristici delle società moderne, sono ca-ratterizzate, nella riflessione di Giddens, da alcune importanti condizioni e/odimensioni. Quattro sono riferite principalmente agli aspetti “oggettivi” delrischio, ossia ai cambiamenti intervenuti sulla fonte dei rischi. Tre condizioni,intimamente connesse tra loro, riguardano la sfera “soggettiva” del rischio,quindi riconducibili alla percezione ed esperienza degli individui.

Le prime due condizioni oggettive del rischio, connesse con la sua na-tura globalizzata, riguardano l’intensità delle conseguenze dannose dei ri-schi e l’incremento numerico delle fonti di rischio. Con riferimento alla pri-ma dimensione, l’intensità dei rischi, sono aumentate le conseguenze dan-nose, imputabili ad alcuni rischi moderni quali la guerra nucleare ed alcu-ni disastri ecologici, che potrebbero ripercuotersi sull’intero mondo, mettendoa repentaglio la vita dell’intero pianeta. L’incremento numerico delle fontidi rischio è connessa, invece, con i processi di denuclearizzazione che sot-traggono agli individui e/o a gruppi specifici il controllo sugli eventi. La ter-za condizione oggettiva del rischio è quella creata dall’uomo negli ambienticostruiti, ossia i pericoli connessi e/o dovuti alla trasformazione della na-tura operata dall’uomo, si pensi all’inquinamento atmosferico e marino, al-le radiazioni ionizzate rilasciate da incidenti e da sperimentazioni in cam-po atomico, all’abbattimento di foreste, etc., etc. La quarta ed ultima con-dizione oggettiva del rischio è l’istituzionalizzazione di alcune tipologie dirischio nel sistema sociale, si pensi ai rischi degli investimenti finanziari, airischi delle scommesse, ai rischi connessi ai cosiddetti sport “estremi”, a tut-te quelle situazioni che gli studiosi anglosassoni chiamano volontary risk taking.Le prime due condizioni soggettive del rischio sono connesse all’aumentataconsapevolezza di essi. La prima riguarda una maggiore consapevolezza delrischio come tale in seguito alla perdita della funzione protettiva e norma-lizzatrice delle cosmologie magico-religiose nelle società moderne. La secondacondizione è la consapevolezza diffusa dei rischi, grazie, infatti, alla diffu-sione del sapere esperto tra la gente, vi è una maggiore consapevolezza deirischi ai quali si è collettivamente esposti. L’ultima condizione è la consapevolezza

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dei limiti del sapere esperto, ossia con la diffusione del sapere esperto su-gli ambienti di rischio tra la gente si diffondono anche i limiti del sapere, que-st’ultima condizione è uno dei principali problemi che i “sistemi esperti” de-vono affrontare per guadagnare la fiducia dei “profani” nei loro confronti.

La caduta di importanza del contesto spazio-temporale delle relazio-ni sociali ha contribuito a determinare delle nuove dinamiche interdipen-denti, dove azioni e decisioni producono effetti indesiderati anche in con-testi diversi rispetto a quello in cui sono state intraprese, creando delle di-namiche difficilmente controllabili. Pertanto la società della nuova e radi-cale modernizzazione si distingue per la sua natura globalizzata, per la for-ma di sapere circolare, riflessivo, che non sostituisce le certezze delle cosmologiemagico-religiose, per l’istituzionalizzazione del dubbio; infine, nell’analisidi Giddens, per l’assunzione di un nuovo carattere del rischio e del pericolo.L’innovazione della riflessione del sociologo inglese è composita. A differenzadella riflessione di Beck, che tratta il pericolo (rischio) dal punto di vista del-le sue implicazioni politiche e morali, Giddens riconosce e giustifica in al-cuni processi sociali un utilizzo del rischio ‘pianificato’ ( il rischio come cal-colo), ma accanto a questa ‘tipologia’ di rischio, vi sono altre tipologie cheGiddens chiama ‘scenari di rischi ’, non più quantificabili e prevedibili, e chepossono avere delle ripercussioni sull’intero sistema mondiale.

Accanto alla riflessione macro-teorica di Beck e Giddens, interessanteper disegnare un breve quadro riassuntivo dello stato dell’arte su questo fi-lone tematico, è la riflessione di un altro sociologo tedesco Niklas Luhmann(cfr., tr. it. 1996). L’approccio del sociologo tedesco allo studio del rischio por-ta a mettere l’accento su ripercussioni e ambiti problematici del concetto deltutto nuovi rispetto al dibattito precedente. L’analisi di Luhmann s’incen-tra principalmente su un’impalcatura interpretativa volta ad analizzare leincertezze e la devianza della società, cui il concetto di rischio sembra rimandare.Nelle società tribali (e/o tradizionali) le irregolarità, le disgrazie venivanodominate e controllate attraverso un complesso processo di attribuzioni dicolpe per mezzo delle cosmologie magico-religiose, che riconducevano a nor-

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malità (di secondo livello) gli avvenimenti che normali non erano79.L’approccio utilizzato da Luhmann per lo studio del rischio è principalmentesemantico. Obiettivo dell’autore è dirimere il dibattito interno alle scienzesul rischio, individuando le ragioni, e le situazioni sociali alle quali il con-cetto di rischio è stato chiamato a sopperire. Dopo una breve rassegna del-la concettualizzazione del rischio in senso quantitativo, in seno alle scien-ze economiche e statistiche, l’autore menziona una diversa concettualizza-zione, che sottolinea la centralità dell’attore sociale, riconducibile alle altrescienze sociali (principalmente la sociologia e l’antropologia). Successivamente,per comprendere l’evoluzione del significato del rischio procede ad una bre-ve storia del termine. La parola rischio inizia ad essere utilizzata, con unacerta frequenza, nel settore marittimo e commerciale, nel XV secolo, ed è le-gata all’esigenza di anticipare i risultati imprevisti. In tale ambito si prati-cava l’assicurazione delle navi, uno dei primi strumenti di pianificazione delrischio. L’utilizzo della parola non era ristretto soltanto a tale ambito sociale,infatti, anche in seguito all’invenzione della stampa, il termine si diffuse an-che in altri settori. Molte sono le citazioni di frasi di libri antichi, risalenti alXVI secolo, sul tema del rischio. La nascita del rischio, fa notare Luhmann,non è collegata al calcolo degli utili rispetto ai costi, come avverrà succes-sivamente principalmente nel settore economico, bensì al convincimento chei benefici non possono essere ottenuti se non si mette in gioco qualcosa. Conle parole dell’autore: “si tratta piuttosto di una decisione della quale, come

si può prevedere, ci si pentirà se dovesse subentrare un danno che si speravadi poter evitare. A partire dall’istituzione della confessione, la religione ave-va tentato con ogni mezzo di portare il peccatore al pentimento: nel calco-lo del rischio si tratta chiaramente del caso contrario e secolare di un pro-

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79 A confortare questa interpretazione della magia e della religione, può essere citata la spie-gazione elaborata da E. De Martino (cfr. 1959) in una delle sue ricerche etnografiche sulla ma-gia lucana. La spiegazione era focalizzata sulla funzione che la magia aveva di protezionepsicologica dalla incertezza della vita, dalle pressioni esercitate sugli individui dalla forzaincontrollabile della natura e dal sociale, dall’incertezza legata al futuro, dalla fatica del la-voro in un economia agricola povera e arretrata, propria della magia.

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gramma per diminuire il pentimento, in ogni caso di un atteggiamento inconsistente

nel corso del tempo: prima in un modo, poi in un altro” (Luhmann, 1991, tr.it. 1996, pp. 19-20, corsivo dell’autore). Ci si trovava in un contesto “ibrido”,dove accanto all’utilizzo terminologico del concetto di rischio, si era anco-ra strettamente legati all’ambito delle cosmologie magiche e religiose, il ri-schio non è una meta-regola della prudenza, come non è dettato da esigenzerazionalizzatrici; come si è visto era collegato al pentimento religioso, al suosottrarsi. Bisogna che passi ancora del tempo affinché si trovino tracce di unuso quasi probabilistico e quantitativo del concetto. “Un male che si presentisolo di rado può non essere preso in considerazione. Questo vale in tutti icasi in cui, per evitarlo, ci si espone a molti mali che sono inevitabili e conconseguenze maggiori.” (“Maximes de Cardinal de Richelieu” cit. inLuhmann,1996, p. 21). Questa massima si spinge al cuore del dibattitoodierno sul rischio, propendendo per un significato quantitativo e proba-bilistico. Dall’etimologia del termine si evince che il rischio non era altro cheuna correzione, un’assicurazione, tra la decisione presa e la “realtà” degli even-ti. Il concetto garantiva la correttezza e razionalità della decisione anche nelcaso in cui si verificassero degli eventi disattesi. È stato, quindi, il raziona-lismo legato alla decisione che ha forgiato il moderno significato del concettodi rischio, non a caso ad esso è legato il concetto di sicurezza, ma non il suocontrario. Mettere l’accento sulla decisione, fa compiere all’autore un ulte-riore passo avanti: la distinzione tra rischio e pericolo; un nodo centrale del-la riflessione di Luhmann. Il pericolo ha a che fare con l’ambiente, con i fat-tori esterni alla decisione, il rischio ha a che fare esclusivamente con la de-cisione. Nella riflessione di Luhmann, il pericolo e il rischio sono, quindi, di-stinti diversamente rispetto all’analisi di Giddens, presentata precedente-mente. Questa distinzione porterà il sociologo tedesco a porre l’attenzionesu nuovi temi.

Questa diversificazione chiama in causa, infatti, altri ambiti tematici, co-me la distinzione dei diversi processi di reazione sociale messi in atto dagliattori sociali in situazioni di rischio o di pericolo. Nelle situazioni di rischio,

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i danni sono razionalmente riconducibili, attribuibili a colui e/o a coloro cheassume/assumono la decisione e subisce/subiscono, direttamente, il dan-no. Per i pericoli questo processo non è possibile, poiché non sono causatida coloro che subiscono il danno e/o prendono una decisione; inoltre i dan-ni causati da una decisione “rischiosa” possono ripercuotersi anche su in-dividui che non hanno preso parte alla decisione, pertanto le dinamiche so-ciali che si mettono in moto in situazioni di pericolo o di rischio sono com-pletamente diverse. Per comprendere il significato della distinzione Luhmannsi aiuta, e ci aiuta, con un esempio: le diverse dinamiche sociali che scatu-riscono dall’autodanneggiamento da fumo e dal danneggiamento da amian-to. Nel primo caso le richieste di protezione e regolazione sociali chiamerebberoin causa la dimensione della libertà individuale, e soltanto la figura del “fu-matore passivo”, esterno quindi alla decisione, giustificherebbe una limitazionedella libertà individuale. Nel secondo caso, invece, le richieste di protezio-ne e regolamentazione sociale sono totali, complete, non entrano in collisionecon nessun’altra dimensione.

Diversi sono, anche, gli elementi di protezione che gli attori sociali im-piegano per difendersi dai rischi e dai pericoli. Nel caso dei rischi il processodi attribuzione delle colpe è riconducibile al processo razionale della deci-sione, quindi s’interviene per proteggersi con una serie di “istituti” econo-mici e giuridici. Nel caso dei pericoli il processo di protezione e attribuzio-ne di colpe è complesso. Nel Medioevo si sono sviluppati meccanismi di pro-tezione incentrati su processi quali il “vittimismo”, il “sacrificio”, la “puri-ficazione”, accanto a questi processi la società reagiva anche con norme in-centrate sulla reciprocità, sulla mutua assistenza tra gli individui nell’intervenirein caso di pericolo. Inoltre da un punto di vista etico venivano decantate, esal-tate qualità quali il coraggio, la fermezza, la combattività che venivano mes-se in atto dagli individui in situazioni di pericolo. Nella società del rischio,questi meccanismi sono stati ampiamente superati e si sono delineati nuo-vi meccanismi di protezione che s’incentrano principalmente sull’organiz-zazione dello stato previdenziale. Con tale meccanismo si è passati dai

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rapporti di reciprocità, dalla mutua assistenza tra gli individui, ai rappor-ti impersonali, tra l’individuo e l’organizzazione, dove le situazioni di rischiovengono preventivamente pianificate80. Questi moderni meccanismi di pro-tezione dal pericolo si fondano principalmente sul “diritto soggettivo”,ossia sulla pretesa di un soggetto nei confronti di un altro soggetto (nel ca-so specifico l’organizzazione previdenziale) di un diritto, di una pretesa le-gittima, nel caso specifico la pretesa di una protezione dai pericoli. La con-seguenza di questo meccanismo è il continuo rinegoziare del “sistema di pro-tezione”, tra i soggetti, l’organizzazione previdenziale e la politica.

Anche nella riflessione di Luhmann viene considerata il differente ri-schio che viene, nelle società odierne, associato alle catastrofi naturali, chenel passato costituirono la principale fonte di pericolo, rispetto all’enormerischio associato alle tecnologie, che hanno di gran lunga offuscato i vecchirischi naturali. Anche in questo ambito le decisioni svolgono un ruolo fon-damentale, infatti è una decisione collettiva, il dotare il sistema sociale del-le tecnologie, con gli eventuali rischi connessi al loro uso.

In ultimo si vuole mettere in evidenza un altro punto centrale della sot-tile e a volte delicata riflessione dell’autore tedesco, ossia la difficoltà di co-dificazione del rischio con il passaggio dall’osservazione primaria (l’attoreche costruisce e interpreta il contesto in cui agisce), rispetto all’osservazio-ne di secondo livello (dello studioso che osserva l’agire dell’attore sociale),con i problemi legati alla doppia ermeneutica. Una situazione di rischio puònon essere infatti interpretata come tale, o non presa in considerazione, dal-l’attore sociale che agisce, mentre può essere valutata rischiosa dallo studioso,ad un livello di osservazione secondaria.

Sullo sfondo storico di queste macro-teorie, vi è la questione ecologicae le ripercussioni che essa ha avuto sulla dinamica sociale. Vi è quel processo

80 Un esempio di sistema di protezione del rischio può essere l’istituto giuridico dello “statodi calamità naturale”, che protegge determinate attività economiche (quali principalmentel’agricoltura, ma anche l’industria e i servizi) da pericoli connessi a particolari condizioni cli-matiche (nubifragio, alluvione, siccità).

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che molti studiosi chiamano modernizzazione ecologica, ossia quel complessomovimento di idee, di presa di coscienza ambientale che si è iniziato ad im-porre all’attenzione del dibattito politico e scientifico agli inizi degli anni ses-santa, quando, in seguito alla creazione di nuovi settori produttivi (il settorechimico e il settore nucleare), in seguito ai primi incidenti tecnologici e an-che alle prime denunce sui limiti dello sviluppo, l’alleanza tra tecnologia e mo-do di produzione subisce una prima battuta d’arresto81. In seguito ai primiincidenti “tecnologici”, divenuti oramai “patrimoni” dell’intera umanità, inprimis le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, poi successivamentedisastri quali Seveso82, Three Mile Island, Bhopal, la tecnologia perde l’in-nocenza, non viene più vista come produttrice esclusivamente di “feli-cità”. Un sentimento di inquietudine, protagonista di una nutrita letteraturagotico-romantica, iniziò a permeare il rapporto umano con la tecnica e adalimentare il conflitto. Questo non vuol dire che i conflitti ambientali nascononegli anni sessanta in seguito alle vicende precedentemente descritte, basta,ripercorrere la breve storia dei conflitti ambientali (cfr. Nebbia, 1994) per ren-derci conto che gia nei primi anni della rivoluzione industriale vi erano co-loro che percepivano “i frutti avvelenati del progresso”83.

I disastri tecnologici hanno testimoniato una nuova vulnerabilità del si-

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81 Per quanto riguarda il settore atomico si rimanda a Lo stato atomico di Junk, dove vengonodescritte le condizioni di lavoro “razionalizzate” dei lavoratori in uno stabilimento di ri-processamento nucleare. Questo volume ha sicuramente costituito per il movimento dicontestazione anti-nucleare una guida, un punto di riferimento.

82 Avvenuto precisamente il 10 luglio 1976, quando il reattore chimico della ICMESA di Meda,a nord di Milano, immise nell’aria una nuvola bianca contenente “diossina”, la quale trasportatadal vento ricadde nel vicino paesino di Seveso. A seguito dell’evento ci fu una svolta in me-rito alla questione della localizzazione di impianti industriali considerati pericolosi, e del con-trollo pubblico della produzione. Infatti, la Comunità Europea, redasse una direttiva, cosiddetta“Seveso”, che disciplinava, con l’istituzione delle aree ad alto rischio di crisi ambientale, ilrischio di alterazioni ecologiche e di danni alle popolazioni residenti nelle vicinanze diImpianti industriali potenzialmente “rischiosi” .

83 Una delle prime contestazioni a carattere ambientale risale alla metà del XVI secolonell’Inghilterra delle estrazioni minerarie. Un’altra protesta legata alle attività chimiche ri-sale alla fine del 1600, in Italia, precisamente nel ducato di Modena , dove i fratelli Sarfatticonducevano una fabbrica di sublimato, dalla quale si espandevano verso l’esterno fumi eodori irritanti (cfr. Nebbia, 1994, p. 31).

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stema sociale, determinata dalla difficoltà dell’intervento per arginare e con-trollare le ripercussioni dei disastri sull’ambiente. Basti pensare al disastrodi Chernobyl84 nel 1986, che ha avuto delle conseguenze non solo nellaBielorussia, ma anche in buona parte dell’area europea, sicché numerose so-no state le limitazioni imposte all’epoca da alcuni Stati sul consumo alimentare;ancora oggi nelle ordinarie campagne nazionali di misurazione della radioattività,condotte dall’Anpa, principalmente quella naturale, si tiene conto dei resi-dui radioattivi provenienti dal disastro di Chernobyl .

Quest’ultimo elemento, il controllo degli effetti collaterali delle tecno-logie a livello mondiale, non è necessariamente legato al disastro tecnolo-gico-ambientale, basti pensare alla questione dibattuta da qualche anno sul-le emissioni di inquinanti nell’atmosfera, ed alle possibili ripercussioni sulcambiamento climatico (cfr. Beato, 1998).

Il movimento ambientalista, successivamente istituzionalizzato nella sfe-ra politica, ha certamente contribuito ad attaccare e cambiare i fondamen-ti culturali e valoriali della “cultura occidentale”, delineando nuove prospettiveetiche che tentano di armonizzare, di equilibrare il rapporto dell’uomocon la natura. La sensibilità e la coscienza ambientale hanno contribuito a“correggere” il mito dello sviluppo e della crescita a tutti i costi.

Il filone “empirico” del dibattito sul rischio

Il concetto di rischio è stato utilizzato originariamente, all’inizio del se-colo scorso, nell’ambito disciplinare delle scienze economiche85, molto tem-po prima, quindi, del dibattito macro-teorico presentato nel paragrafo pre-cedente. In questo settore del sapere umano, veniva utilizzato principalmente

84 Molti sono stati gli studi condotti sulla trattazione mass-mediatica dell’evento, che hanno evi-denziato l’amplificazione del rischio che veniva prodotta dai mezzi di comunicazione.Questo episodio è stato uno dei primi ambiti tematici di quel campo di studio che verrà suc-cessivamente chiamato “risk communication” (cfr. Lewanski, 1997).

85 Uno dei primi economisti ad utilizzare il concetto di rischio è stato Frank Knight. Luhmannafferma che già Ficket, sul finire del 1700, impiegò il concetto in riferimento alla proprietà ter-riera e alla differenziazione stratificata (cfr. Luhmann, tr. it. 1996).

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per spiegare il profitto dell’imprenditore. L’attività imprenditoriale comportaparticolari rischi, i quali non possono essere fronteggiati con forme partico-lari di assicurazione, pertanto il profitto servirebbe a compensare l’impren-ditore per i rischi intrapresi e non assicurabili; senza questa figura economicanon vi sarebbe nessun altro soggetto disposto ad accollarsi l’onere della ge-stione di un’impresa86. Successivamente la nozione di rischio è stata impie-gata in un’ottica più generale, per prevedere l’esito degli investimenti in si-tuazioni incerte, come ad esempio i mercati finanziari. La concettualizzazionedel rischio, in questa disciplina, si fonda su un approccio quantitativo, il ri-schio viene presentato in termini probabilistici in relazione con il beneficioatteso. La visione sottesa a siffatta concettualizzazione è quella di un attore eco-nomico perfettamente razionale, la logica utilizzata dall’attore è quella costi-benefici. Inoltre, come già precedentemente si è messo in evidenza, in seno al-la disciplina economica il rischio ha una connotazione fondamentalmente po-sitiva, diversa dalla connotazione che assumerà in altre scienze. Il calcolo delrischio per mezzo delle probabilità prendeva in considerazione le cosiddetteprobabilità ‘oggettive’, ossia dati empirici riferiti a casi “fattuali”, o derivantida esperimento. Questa concezione inizia a vacillare quando l’economista MaynardKeynes87 elabora il concetto di “probabilità soggettiva”, ossia il processo di at-tribuzioni di probabilità al verificarsi di un evento in base ad esperienze ed opi-nioni personali. Questo concetto veniva impiegato soprattutto in quelle situazionicomplesse dove non esistevano rilevazioni fattuali o sperimentali, e ci si po-teva affidare soltanto sulle proprie esperienze ed opinioni.

Dall’ambito economico, questa concezione quantitativa del rischio,

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86 Questa spiegazione economica del profitto dell’imprenditore non è esente da critiche.Schumpeter non la condivide, e propone, infatti, una definizione del profitto come retribu-zione dell’imprenditore per la sua continua ricerca di innovazioni tecniche che disturbanol’equilibrio economico.

87 L’opera di Keynes rivoluziona l’apparato concettuale dell’economia neo-classica, elaboran-do un approccio nuovo allo studio delle dinamiche economiche focalizzato su una visionecompleta della pratica economica, che comprendeva la visione teorica e la visione politico-operativa. A Keynes si deve l’introduzione in economia di concetti “psico-sociologici” qua-li fiducia e aspettativa.

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soprattutto nella sua versione classica, prima quindi della innovazione diKeynes, è stata adottata in altri settori, per la previsione ad esempio degliincidenti degli impianti industriali, dei rischi sanitari, delle catastrofi naturali.Inizia, quindi, ad essere utilizzata con una connotazione negativa, per la quan-tificazione di aspetti sfavorevoli, attinenti ai “danni” causati dagli inci-denti, dai fenomeni naturali, dalle malattie. Questo approccio allo studio delrischio è meglio conosciuto come Risk analysis. Il rischio (R) è dato dal pro-dotto della probabilità dell’evento (P) per la gravità del danno (D) da essoprovocato, in formule R = P * D. Come per il precedente, anche per questoapproccio, che ne rappresenta una diretta filiazione, è rintracciabile una con-cezione dell’attore sociale perfettamente razionale.

L’esigenza di “allargare” l’orizzonte empirico del concetto è stata av-vertita dalla comunità di “esperti”, e dall’industria atomica, in seguito al-la diffusione della protesta anti-nucleare, in America negli anni ’60-’70, inquanto la protesta stava mettendo in pericolo la continuazione dei programminucleari. All’epoca, forte è stata la “popolarità” che le argomentazioni de-gli oppositori, incentrate principalmente sul tema della pericolosità e del-la sicurezza degli impianti, riscuotevano in ampi strati della società ameri-cana. L’aver riconosciuto che il futuro dell’energia nucleare dipendeva, ol-tre che da fattori tecnici ed economici, dall’accettazione dell’opinione pub-blica, fece aumentare l’interesse e la richiesta di ricerche psicologiche e so-ciologiche sull’argomento. In tali circostanze è stata condotta una serie di ri-cerche riguardanti la “percezione del rischio”88. Le due attività di ricerca, re-lative al rischio calcolato con l’approccio della Risk analysis e al rischio per-cepito, erano concepite separatamente, ma mentre la prima veniva considerata“oggettiva”, la seconda era guidata dalla prima e considerata una valutazione“soggettiva” del rischio. Inoltre, gli studiosi dell’approccio “oggettivo” al te-ma nutrivano un pre-giudizio nei confronti delle analisi e dei risultati sul-la percezione del rischio, in quanto consideravano la valutazione dei rischi

88 Per un quadro completo del paradigma psicometrico nello studio della percezione del rischiosi rimanda a Slovic (1987).

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da parte della “gente comune” come “irrazionale”. Nonostante questo“pregiudizio”, molte sono state le innovazioni apportate in questo filone distudi all’approccio iniziale. Infatti, oltre alle componenti classiche dei costie dei benefici, sono state prese in considerazione altre dimensioni, come ri-sulta dall’analisi di alcune ricerche. Innanzitutto, si è visto che svolgevanoun ruolo importante nell’accettazione dei rischi, dimensioni quali la volontarietào involontarietà all’esposizione, la familiarità alla fonte, nel senso che venivanosottovalutati i rischi rientranti nella quotidianità; altro carattere importan-te è la conoscenza, scientifica e personale, della fonte di rischio. In tema dinucleare89 numerose furono le ricerche che rilevarono come il nucleare su-scitasse una quantità straordinaria di preoccupazione a causa delle peculiaritàdei pericoli che esso comportava. Tra questi vi erano le catastrofi potenzia-li, la natura involontaria dei possibili incidenti ed il fatto che il pericolo po-neva una minaccia sconosciuta difficile da combattere e da arginare (cioè,a differenza di altri rischi come l’incendio, era difficile immaginare cosa sipoteva fare per ridurre le conseguenze di un incidente radioattivo). Altre ri-cerche, che posero l’attenzione sulla struttura interna dell’atteggiamento ver-so l’energia nucleare, arrivarono a conclusioni che i filo-nuclearisti valorizzaronomaggiormente i potenziali benefici economici dell’atomica, mentre gli an-ti-nuclearisti erano più interessati ai problemi della sicurezza e della salu-te90. Benché numerosi ed importanti fossero i risultati delle ricerche sulla per-cezione dei rischi, come affermato precedentemente, tali studi venivano tac-ciati, secondo gli “esperti”, d’irrazionalismo, pertanto, sempre in ambito in-dustriale, vennero programmati degli interventi volti a “eliminare” l’irra-zionalità nella percezione degli inesperti, in modo tale da creare consensonelle comunità che dovevano accogliere impianti nucleari. Bisogna precisareche l’irrazionalità degli “inesperti” era dovuta, secondo gli “esperti”, alla in-

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89 Per un approfondimento dei risultati delle ricerche sull’energia nucleare e la percezione delrischio si rimanda a J. Richard Eiser, Joop van der Pligt (tr. it. 1991).

90 Nei primi anni ottanta anche l’Enea condusse una ricerca d’opinione sull’energia nucleare,dal titolo Gli italiani e il problema dell’energia. Due indagini demoscopiche, pubblicata sulla rivi-sta dell’ente, il Notiziario dell’ENEA n. 2 1984, pp. 13-30.

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competenza nel comprendere il linguaggio delle probabilità con cui il rischioveniva “oggettivamente” calcolato.

In questa situazione è nato il campo d’indagine della “comunicazionesul rischio”, poi in verità profondamente modificato, come vedremo. L’ideaè stata quella di comunicare e spiegare il linguaggio della probabilità agli ine-sperti, quindi con un passaggio a senso unico della comunicazione dagli esper-ti agli inesperti. A tale dinamica rispondono, da un lato, la diffusione di “do-cumenti” nelle comunità che accoglievano Centrali Nucleari, che “informavano”sui rischi, e, dall’altro, gli interventi educativi apportati nella scuola per “cor-reggere” la percezione del rischio. A questi anni, la fine degli anni sessan-ta e l’inizio dei settanta, risalgono, anche, le prime contestazioni, intra-pa-radigma probabilista, sugli strumenti impiegati per calcolare i rischi connessial funzionamento degli impianti nucleari. È stato il periodo delle critiche airapporti sulla sicurezza (si ricorda il rapporto “Rasmussen91”) degli impiantinucleari92.

In riferimento al campo di indagine sulla comunicazione, la risk com-

munication, sono stati fatti dei grandi passi avanti. Questo campo d’indagine“si riferisce allo scambio fra differenti soggetti di informazioni riguardan-ti eventi, fenomeni, attività, processi che comportano la possibilità di un dan-no alla salute o all’ambiente” (De Marchi et al, 2001, p. 81). In questo filonedi studi è possibile delineare tre grandi periodi. Il primo, contestuale a quan-to si descriveva precedentemente, risalente agli anni ’70, della “comunica-zione dei dati” a senso unico. Il secondo risalente al decennio successivo fi-no agli inizi degli anni novanta, incentrato sulla “persuasione”, ovvero su

91 Il rapporto Rasmussen U.S., Nuclear Regulatory Commission, 1975, An Assessment ofAccident Risks in US Commercial Nuclear Power Plants, WASH 1400, Washington, è stato unodei primi rapporti sulla pianificazione dei rischi connessi all’attività di impianti nucleari. AlProf. Rasmussen si deve, inoltre, il chiarimento matematico della funzione del rischio, ossiala formula del rischio come prodotto tra la probabilità che un evento si verifichi entro un pre-fissato intervallo di tempo e la gravità delle conseguenze o, più semplicemente, Magnitudo.

92 Per avere un quadro della questione si rimanda a “Sapere”, la rivista diretta all’epoca da GiulioMaccacaro, del biennio 1977/78, che riporta alcuni importanti dibattiti sulla questione nu-cleare in genere e anche sulla questione della sicurezza degli impianti, e a “Lo stato Atomico”già citato in una precedente nota.

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una forma di comunicazione del rischio caratterizzata principalmente dal-la comparazione tra rischi diversi. Ritornando per esempio alle vicende del-l’industria nucleare, la comunicazione in questa fase era incentrata sulla com-parazione delle probabilità di rischi connessi al nucleare, con altri tipi di ri-schi, quali gli incidenti stradali, gli incidenti domestici ecc.. Il terzo perio-do è caratterizzato dalla “caduta” del pregiudizio “irrazionalista” dellapercezione del rischio degli inesperti. Ha contribuito alla caduta del pregiudizio“irrazionalista” un ulteriore arricchimento dell’orizzonte concettuale del ri-schio, che inevitabilmente ha prodotto degli effetti anche per quanto riguardale strategie comunicative. Infatti, quest’ultime s’incentrano, in questa fase,nel coinvolgimento attivo della controparte inesperta, il rapporto comuni-cativo non è più a senso unico, dagli esperti ai non esperti, bensì è diventatoun rapporto dialogico.

Ha contribuito alla “liberazione” dal pregiudizio irrazionalista nello stu-dio del rischio attinente alla percezione, la riflessione antropologica e sociologicasu questo tema condotta dell’antropologa inglese Mary Douglas (cfr.Douglas 1982, tr. it. 1991, tr. it. 1992). L’analisi della Douglas muove da unadura critica all’approccio probabilista della Risk analisys, e all’impostazio-ne “individualista” della percezione del rischio, in quanto in tutti e due i ca-si si ignorano le conseguenze politiche e morali del concetto di rischio. Entrambele concettualizzazioni non prendono in considerazione, per ragioni diver-se e complementari, l’aspetto socio-culturale di mediazione nella percezionedel rischio. Una, la risk analysis, relega l’attore sociale ad un ruolo perfetta-mente razionale, l’altra, la percezione del rischio, si muove su basi indivi-dualiste; entrambe, come detto prima, lateralizzano il contesto sociale e cul-turale dalle loro analisi. La percezione del rischio è una costruzione cul-turale, è il sistema culturale ed i contesti sociali, che, agendo sugliattori sociali, distinguono, selezionano, definiscono i pericoli e irischi da ciò che non lo sono.

La critica all’impianto statitistico-probabilistico del rischio è chiara, co-me è chiara la critica a coloro che trovano nella categoria del rischio e nel-

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le ripercussioni che essa determina nel sistema sociale una caratteristica del-le attuali società. La Douglas si concentra, per quanto riguarda quest’ulti-mo aspetto, sulla funzione di collante che il processo di attribuzione dellacolpa, che si mette in moto in una fase successiva al verificarsi del rischio,svolge nel sistema sociale; e la funzione di questo processo nelle società at-tuali non è tanto diversa rispetto a quello delle società tribali.

L’analisi dell’antropologa inglese considera, in generale, il legame,complesso, del sistema culturale con il sistema sociale, cercando di eliminaregli stretti ambiti tematici delle singole discipline che si occupano di “cultura”e “società”. Concezione questa che ha fatto etichettare l’approccio dell’au-trice come antropo-sociologia del rischio (cfr. Beato, 1998). Nei lavori dove vie-ne presentata93 la teoria griglia-gruppo, o con maggiore precisione “meto-dologia”94, vengono fuori con maggiore evidenza i riferimenti e le influen-ze di molta teoria sociologica (che va da E. Durkheim, a B. Bernstein, a P.Bourdieu). L’elaborazione della metodologia “griglia-gruppo” è volta acogliere il rapporto tra sistema culturale e struttura sociale, che è alla basedei giudizi e delle valutazioni degli attori sociali, nel caso specifico riguar-danti il rischio. Con la dimensione “gruppo” si coglie il grado d’incorporazionesociale dell’individuo, mentre con la dimensione della “griglia” si coglie larete di norme sociali in cui l’individuo è inserito. La rappresentazione gra-fica, come “ assi cartesiani”, o meglio l’incrocio delle due dimensioni con-sente di cogliere la libertà d’azione dell’attore sociale, superando l’approc-cio individualista ed olistico che fino ad allora si contrapponevano. L’incrociodi queste due dimensioni dà vita a quattro quadranti, ciascuno rappresen-tativo di una tipologia di “percezione culturale del rischio”.

Brevemente, la prima tipologia, data dall’intersezione griglia debole/grup-

93 Il principale lavoro dove l’antropologa inglese, con la collaborazione del politologo statunitenseWildavski, presenta l’impostazione culturale allo studio del rischio è Risk and Cuture (cfr. 1982),mai tradotto in italiano. Si rimanda, inoltre, agli altri lavori della Douglas dove approfondiscela teoria culturale del rischio (tr. it. 1991, tr. it. 1992).

94 La teoria elaborata dalla Douglas viene conosciuta e presentata come teoria culturale del ri-schio. Per una sua ampia trattazione si rimanda oltre alle opere dell’autrice, anche alla trat-tazioni, insieme con le altre teorie sociologiche del rischio in Beato (1998).

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po debole, identifica il contesto sociale e culturale dell’individualismo, do-ve la figura sociale di percettore del rischio è rappresentata dall’Imprenditore,il rischio considerato è appartenente al ciclo economico e quindi connessoa benefici futuri; la seconda tipologia, ottenuta dall’incrocio griglia forte/ grup-po debole, identifica il contesto sociale e culturale degli isolati, sia dai rap-porti sociali sia fisicamente, la figura rappresentativa è il Fatalista; la terza

classe, ricavata dal prodotto griglia forte/gruppo forte, rappresenta il con-testo sociale e culturale gerarchico, tipicamente Burocratico, caratterizzatada una razionalità procedurale, dove la figura tipica di percettore del rischioè il burocrate; la quarta tipologia, estratta dall’incrocio griglia forte/gruppoforte, raffigura il contesto sociale e culturale paritario delle sette, dei grup-pi ambientalisti, e dà luogo alla figura tipica dell’Egualitario. Questo spa-zio di attributo è stato fortemente criticato per ciò che concerne l’approccio,considerato riduzionista, utilizzato per inquadrare il numero di tipi di cul-tura e contesto sociale che influenzano la percezione del rischio, nel complessosistema socio-culturale della società. Non è stato criticato, invece, l’allargamentodell’orizzonte concettuale del rischio, che ha contribuito a rendere eviden-te i diversi “modi” di percepire il rischio e ha preferito un approccio inter-disciplinare allo studio di un concetto caratterizzato per essere multi-di-mensionale.

In ultimo c’è da menzionare la tradizione di studi delle “comunità a ri-schio”, ossia di quella “collettività socio-spaziale che oltre ad essere espo-sta a realissime fonti di rischio (ad esempio una centrale nucleare), comu-nica intorno al rischio” (Beato, 1998, p. 376). La comunicazione può essereinterna alla comunità (le relazioni della comunità con la fonte di rischio e lerelazioni con le altre realtà della comunità) ed esterna ad essa (le relazionicon soggetti istituzionali e non, esterni alla comunità). Queste indagini co-stituiscono la rinascita di un interesse per la dimensione comunitaria dellericerche sociali, in quest’ambito, comunità alle prese con impianti ritenutipericolosi, con problemi di localizzazione di impianti o attività valutate ne-gativamente. Questo filone di studio, nato nella sociologia empirica statu-

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nitense, è di un grande interesse sociologico, giacché è attento all’analisi del-le dinamiche sociali della comunità alle prese con fonti di rischio, di minaccee pericoli (cfr. Couch e Kroll-Smith, 1991).

In questo contesto, riguardante le principali tradizioni di ricerca e le ri-flessioni macro-teoriche sul rischio, s’inserisce l’indagine che sarà descrit-ta nel paragrafo successivo. Si tratta di uno “studio di caso”, incentrato sul-l’analisi dei processi psico-sociali di attribuzione del rischio da parte degliindividui di una Comunità nei confronti di un Impianto di Ricerca localiz-zato sul suo territorio95. Questo ambito tematico è riconducibile alla tradi-zione di ricerca della “percezione soggettiva” del rischio. Nonostante sianonumerose le istituzioni nazionali, prevalentemente a carattere accademico,che si sono interessate ed hanno prodotto studi sul rischio, è stato difficilereperire indagini empiriche su ambiti problematici affini a quello indagatonella ricerca empirica che verrà descritta nelle pagine successive.

Il disegno della ricerca

Il presente lavoro di ricerca si dipana dalle trattazioni svolte nei capi-toli precedenti, riguardante il quadro storico-sociale entro il quale s’inseri-sce il rapporto tra la piccola comunità di Rotondella (Mt) e il Centro Eneaospitato sul suo territorio.

A contribuire alla scelta del campo d’indagine sono intervenuti alcuniavvenimenti, risalenti al 2001, che hanno avuto come protagonista il Centrosenza tuttavia indurre nella comunità di Rotondella alcuna reazione. Gli av-venimenti, soltanto in parte descritti precedentemente, sono stati: l’ondatadi articoli giornalistici sul Centro, risalente al febbraio-marzo del 2001, cheriportarono la notizia della terza inchiesta giudiziaria; una manifestazioneindetta dal movimento “no-global”, contro le attività nucleari della Trisaiae la possibile localizzazione nella zona del deposito unico nazionale dei ri-fiuti radioattivi96, risalente al luglio dello stesso anno; infine, la conclusione

95 L’indagine ha utilizzato la tecnica dell’intervista con questionario semi-strutturato. 96 A questo proposito è utile ricordare brevemente l’annosa questione dell’ubicazione del de-

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del secondo procedimento giudiziario ai danni di alcuni responsabili del Centronel Novembre 2001. La mancanza di reazione da parte della comunità diRotondella (dei singoli cittadini, dell’amministrazione comunale, dei par-titi politici, delle associazioni) alle vicende appena descritte, ha indotto a de-limitare l’ambito d’indagine alle strategie d’azioni inerenti la sfera internadegli attori sociali.

Alla luce di questi ultimi avvenimenti e delle altre vicende descritte pre-cedentemente, riguardanti i tre procedimenti giudiziari che hanno coinvoltoil Centro Enea, le durissime campagne di stampa condotte sulle sue passa-te attività nucleari, l’attività della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulciclo dei rifiuti condotta sul Centro, la paura e l’allarme che si erano diffu-si tra la popolazione della zona in seguito alla diffusione di notizie riguar-danti i rifiuti radioattivi custoditi nel Centro e gli incidenti (o malfunzionamenti)che si sono verificati nell’impianto ITREC, è stato lecito porsi alcuni primi-tivi e generali interrogativi, dai quali ha preso le mosse l’indagine: Qualeè il significato che la comunità attribuisce al Centro? Il Centro costituisce unarisorsa per l’economia della zona? O piuttosto costituisce un pericolo per gliabitanti? Il nucleare suscita la stessa paura degli anni passati? La comunitàè assuefatta alle polemiche, alle campagne di stampa contro il Centro? Lagestione dei rifiuti radioattivi presenti nel Centro rassicura le popolazioni?

L’ambito d’indagine sotteso ai generali interrogativi dai quali è parti-ta l’indagine è pertinente alla percezione “soggettiva” del rischio, ai processidi rappresentazione psico-sociale che gli individui hanno elaborato neiconfronti del Centro. Successivamente si è proceduto alla costruzione del qua-dro concettuale dell’analisi, che, lungi dall’essere un modello formale entroil quale elaborare un progetto d’indagine di tipo “ confermativo”, ha la fun-zione di “illuminare” e di “ordinare” la realtà empirica che ci si appresta astudiare. Tale quadro si costituisce di alcuni concetti ritenuti teoricamente

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posito unico nazionale, che coinvolge, suo malgrado, anche la Lucania. Infatti, in base agliultimi sviluppi della vicenda, tra le zone ritenute idonee alla localizzazione del deposito visono la zona della “murgia” ai confini tra la Puglia e la Basilicata e la zona del metapontino.

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importanti per la comprensione del problema in questione. I concetti sonoattinenti a processi psico-sociali (quali la percezione del rischio e l’atteg-giamento), alla sfera socio-politica (la partecipazione politica), alla sferaeconomica (la condizione professionale), alla sfera socio-culturale (il livelloculturale), in ultimo a dimensioni di base o di tipo strutturale (quali il ses-so, l’età , lo stato civile).

Due dimensioni concettuali risultano decisive: la percezione del rischioe l’atteggiamento. Il rapporto che lega questi due concetti è complesso. Daun punto di vista concettuale è possibile rintracciare un rapporto di filiazionetra il concetto di percezione del rischio ed il concetto atteggiamento/valu-tazione, giacché è possibile definire la percezione del rischio come unaparticolare forma di valutazione di un oggetto sociale che si muove lungola dimensione rischio/non rischio.

La rete dei concetti

Come si è detto, la rete dei concetti utilizzata per l’indagine si fonda prin-cipalmente su due nodi concettuali, legati tra di loro bi-direzionalmente: la per-

cezione del rischio indotto dal Centro e in particolare da alcune sue attività e l’at-

teggiamento verso alcuni aspetti del Centro. Sono stati, inoltre, considerati ulte-riori concetti, ritenuti teoricamente rilevanti, quali il livello culturale, la partecipa-

zione politica, la condizione professionale, l’atteggiamento sul nucleare e sui rifiuti ra-

dioattivi, la valutazione dell’interesse della collettività rispetto al tema del Centro, la co-

municazione del Centro, la valutazione delle problematiche locali e globali, la socializzazione

al Centro, che hanno il compito di delineare dei possibili percorsi di formazionedei processi psico-sociali di percezione del rischio e di atteggiamento. Nella fi-gura 1 viene presentato graficamente il quadro concettuale utilizzato per guidarel’indagine, e vengono indicate le principale relazioni tra i concetti impiegati. Peruna dettagliata descrizione delle relazioni si rimanda ai paragrafi successivi do-ve vengono chiarite le accezioni con cui vengono utilizzati i singoli concetti.

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La percezione del rischio

Nel presente lavoro il concetto di rischio è stato definito dalla par-te dell’attore sociale. Pertanto per percezione del rischio si intendequel processo di attribuzione e/o riconoscimento al Centro Enea del-la Trisaia e ad alcune sue attività di ricerca, da parte dell’attore so-ciale, di un significato di pericolo, di minaccia per l’ambiente naturalein cui vive e per la propria salute. In tale processo sono distinguibili,da un punto di vista meramente teorico, due componenti. La primacomponente, psicologica, attinente alla percezione tramite gli organidi senso delle sensazioni-informazioni provenienti dal “mondoesterno”; la seconda, propriamente sociologica, riguardante la me-diazione socio-culturale nell’attribuzione e/o riconoscimento del si-gnificato delle sensazioni-informazioni e nell’organizzazione men-tale delle stesse.

L’operativizzazione del concetto non ha tenuto conto dei processi ti-picamente psicologici, ed ha distinto due dimensioni della percezione delrischio: una generale, attinente alla attribuzione e/o riconoscimento alCentro Enea della Trisaia, di un significato di rischio per l’ambiente natu-rale; l’altra particolare, volta ad indagare quali tra le attività di ricerca svol-te all’interno del Centro vengono percepite come rischiose per la salute dichi ci abita vicino. Tre sono le domande del questionario che si riferisconoa questa area. Una, la numero 16 nel questionario allegato, concerne la pri-ma dimensione del concetto, ossia l’attribuzione da parte degli intervista-ti al Centro della Trisaia di un significato di rischio per l’ambiente natura-le. Due, le numero 17 e 18 del questionario allegato, concernenti la valuta-zione del rischio per la salute connesse ad alcune attività e/o impianti nel-l’ipotesi che siano localizzate nelle vicinanze della abitazione degli intervistati,tra le quali vi sono alcune riferite alle attività di ricerca svolte nel Centro. Ladistinzione in due domande è dovuta al diverso riferimento temporale de-gli stimoli (attività) che gli intervistati dovevano valutare. La domanda n.17 è riferita alla valutazione del rischio per la salute dell’attore e della sua

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famiglia nell’immediato, la domanda n.18 è riferita alla valutazione del ri-schio per la salute delle generazioni future. Nella costruzione di queste do-mande si è tenuto conto anche di altri stimoli (attività) non collegate con le at-tività di ricerche del Centro della Trisaia, per cercare di mettere in evidenzala possibilità, che gli individui della comunità lucana, abbiano sviluppato unamaggiore attenzione, in termini teorici una maggiore propensione ad attribuiree/o riconoscere pericolo per la salute, alle attività del Centro ENEA.

L’atteggiamento

L’altro aspetto di fondamentale importanza nel quadro teorico elabo-rato è il concetto di atteggiamento. Questo concetto appartiene al patrimo-nio concettuale sia della psicologia sociale sia della sociologia. Molte sonostate le accezioni a seconda dei diversi orientamenti teorici e culturali, daiquali prendevano respiro gli studi: risposta implicita, preparazione durevole,costrutto ipotetico, schema percettivo sono alcune delle tante espressioni chehanno contribuito a definire la nozione di atteggiamento, privilegiando oragli aspetti psicologici, ora quelli sociologici.

L’atteggiamento ha una lunga e complessa storia. Già sul finire del XIXsecolo, nell’ambito della psicologia sperimentale veniva utilizzato il concettodi “disposizione” mentale per indicare la diversa reazione, soprattutto conriguardo al tempo di reazione, tra i soggetti che venivano preavvertiti delcompito che gli aspettava, rispetto a coloro che lo ignoravano. Successivamenteconcetti simili a quello della “disposizione mentale” vennero utilizzati al-l’interno della psicologia tedesca negli ambiti di studio sui processi percettivi,sul comportamento e sulla memoria. Bisogna attendere i primi anni del se-colo scorso per arrivare, però, all’utilizzo del concetto di atteggiamento, sgom-bro da influenze “nativiste” che aveva caratterizzato il concetto nei decen-ni precedenti, quando la psicologia sociale tentava di trovare un ambito di-sciplinare autonomo, rispetto alla psicologia e alla sociologia. In tale contesto,l’atteggiamento era un particolare tipo di attività umana, influenzata dal-l’esperienza, e pertanto tale da poter essere appresa, che svolgeva un ruo-

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lo nell’organizzare e sistemare le azioni umane elementari, ed era dotato diun particolare dinamismo.

Furono però i sociologi Thomas e Znaniecki97 i primi ad utilizzare il con-cetto nella famosa ricerca sui mutamenti della personalità e dell’organizzazionesociale degli immigrati polacchi in America (Il contadino polacco in Europa e

in America). “L’atteggiamento fu definito come un processo mentale individualeche determina le risposte sia attuali sia potenziali di ogni individuo almondo sociale. Dato che un atteggiamento è sempre rivolto verso qualcheoggetto, esso può essere definito come uno stato della mente dell’individuoverso un valore. Un valore sociale, a sua volta, è definibile come ogni datoavente un contenuto empirico accessibile ai membri di qualche grupposociale e un significato che può essere o no oggetto di attività98”(Thomas eZnaniecki cit. in Trentin, 1991, p. 5). Nella concettualizzazione dei due so-ciologi si distinguono i due elementi fondamentali dell’atteggiamento, l’e-lemento psicologico, ossia i processi cognitivi ed emotivi, e l’elemento so-ciale, come produttore di stimoli sui quali gli individui hanno degli interessi.Questa ambivalenza dell’atteggiamento tra dimensione sociale e di-mensione psicologica accompagnerà per tutto il tempo la riflessione e ildibattito su di esso. L’atteggiamento è, infatti, considerato un concetto-ponte tra i processi cognitivi, psicologici dell’individuo e le determinantisocio-culturali del comportamento.

La prima importante sistemazione teorica-concettuale risale al 1935, edè rinvenibile in Handbook of social Psycology di Allport. L’obiettivo dellostudio era l’individuazione di un quadro delle caratteristiche fondamenta-li dell’atteggiamento sulla base delle diverse accezioni con cui era stato uti-lizzato nelle ricerche psicologiche. Lo studioso analizzò ben sedici diverse

97 Per l’utilizzo del concetto di atteggiamento R. E. Park definì Thomas e Znaniecki psicologisociali. In realtà lo studio dei due sociologi si servì dei concetti di atteggiamento e di valore so-ciale per tener conto del rapporto tra individuo e cultura/sistema sociale.

98 Questa definizione parte da presuposti behavioristi e positivisti in quanto i valori socialie gli atteggiamenti richiedevano esplicitamente un atto osservativo per essere verifica-ti empiricamente.

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definizioni del concetto, e valutò nessuna delle definizioni utilizzate comeappropriata. La definizione proposta da Allport è la seguente: “Un atteggiamentoè uno stato di prontezza mentale e neurologica, organizzato nel corso del-l’esperienza, che esercita un’influenza direttrice o dinamica sulle risposte diun individuo a tutti gli oggetti e situazioni con cui è in relazione” (Allportcit. “in Trentin, 1991, p. 9).

Dopo Allport, nel 1950, è stato Campbell a tentare una sistemazione teo-rica-concettuale dell’atteggiamento, in un’ottica prevalentemente “com-portamentista”, eliminando dalla definizione ogni carattere psicologico, perprivilegiare gli aspetti comportamentali del concetto, quindi direttamenteosservabili. L’atteggiamento veniva definito dallo studioso come una rispostacoerente che si manifesta nei comportamenti osservabili. Lo studio diCampbell privilegiava l’aspetto operativo del concetto. Inoltre, egli comparandole diverse concettualizzazione dell’atteggiamento, rivelò come, nonostan-te le dissonanze sul piano teorico concettuale, vi fosse un quasi completo ac-cordo tra gli studiosi per quel che concerne gli aspetti misurativi ed opera-tivi del concetto.

Già dalle precedenti definizioni riportate, è possibile cogliere la viva-cità del dibattito, nella prima metà del secolo scorso, sulla natura del con-cetto, osservabile o latente, interna all’attore sociale. Questo dibattito rap-presentava la rottura presente all’interno della psicologia sociale tra un ap-proccio “comportamentista” e un approccio “cognitivista”. Stando al primoapproccio, l’analisi si concentrava sul modello stimolo-risposta, nel quale l’in-tervento della “mente” veniva volutamente ridotto. Con il secondo, invecesi privilegiavano gli aspetti cognitivi e “psicologici” dell’individuo. Tenendoconto dell’approccio comportamentista è utile ricordare la definizione di Doob(cfr. 1947), il quale definiva l’atteggiamento come una risposta esplicita, ap-presa e anticipatoria. Inoltre Doob considerava questa risposta il vero significatodell’oggetto. L’atteggiamento svolge, quindi, per lo studioso, un ruolo di me-diazione all’interno dell’individuo e pertanto non è direttamente osserva-bile, ed è capace di influenzare il comportamento manifesto. Questa definizione

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improntata principalmente sugli aspetti dell’apprendimento, consideraval’atteggiamento alla stregua di una quantità di altre abitudini che possonoessere apprese, non cogliendo, quindi, la specificità del nuovo concetto. Inoltre,la definizione proposta da Dobb rappresentava una rottura rispetto alle pre-cedenti definizioni comportamentiste del concetto, giacché consideraval’atteggiamento come non direttamente osservabile.

Successivamente Rosenberg e Hovland elaborarono lo schema tripar-tito dell’atteggiamento. Tale modello non apporta nessuna innovazionealla definizione del concetto, però lo schematizza chiaramente . L’atteggiamentoè definito come una “predisposizione a rispondere a certe classi di stimoliper mezzo di certe classi di risposte, distinte in cognitive, affettive e com-portamentali”(Rosenberg e Hovland cit in Trentin, 1991, p. 14).

In quest’ultima definizione viene attribuito all’atteggiamento il ruolodi mediazione, di variabile interveniente tra lo stimolo precedente ed “os-servabile” e risposte conseguenti osservabili. Sulla scia di questa elaborazionetripartita del concetto, Kreck, Crutchfield e Ballachey apportarono alcuneimportanti innovazioni. L’atteggiamento veniva definito, dai tre autori,come un sistema permanente di conoscenze, di sentimenti e di tendenze al-l’azione nei confronti di oggetti che fanno parte del sistema sociale dell’in-dividuo. L’aspetto cognitivo (delle conoscenze) costituiva la rappresentazioneda parte dell’individuo dell’oggetto in questione; quello affettivo si riferi-sce ai sentimenti di piacere o di dispiacere verso l’oggetto; l’aspetto com-portamentale (o componente conativa) consisteva nella predisposizione amettere in atto comportamenti riconducibili all’atteggiamento.

Questa concettualizzazione ha avuto molta fortuna all’interno della ri-cerca empirica sull’atteggiamento, anche se sin dall’inizio ha ricevuto del-le critiche fortissime da quella parte della psicologia “cognitivista” che de-finiva l’atteggiamento esclusivamente come valutazione, favorevole-sfavorevole,di un determinato oggetto, caratterizzata quindi dall’essere unidimensionale.Collegata alla valutazione sono da ritenersi le componenti cognitive, affet-tive e comportamentali, le quali svolgono una funzione di indirizzo della va-

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lutazione dell’oggetto dell’atteggiamento, ma non sono da ritenersi delle di-mensioni del concetto. In questo filone di analisi che considera l’atteggiamentounidimensionalmente si collocano studiosi di vario genere, da Thurstone99,a Guttman, a Fishbein e Ajzen.

Molte sono state le ricerche condotte sul modello tripartito per “veri-ficare” il legame, correlato o indipendente, tra le tre dimensioni del concetto,ma i risultati di queste ricerche non hanno contribuito a dirimere definiti-vamente la questione. In ultimo, a cercare di risolvere la questione del rap-porto tra le tre dimensioni dell’atteggiamento e la valutazione ha contribuitola definizione elaborata da Zanna e Rempell. Gli autori definiscono l’at-teggiamento come: “la categorizzazione di uno stimolo lungo una dimen-sione valutativa basata su o generata da tre classi generali di informazione:quella cognitiva, quella affettiva o emotiva e quella riferita ai comportamentipassati o alle intenzioni” (Zanna e Rempell, cit. in Trentin, 1991, p. 69). Quisono apportate alcune importanti innovazioni concettuali. Innanzituttol’atteggiamento/valutazione di un oggetto si basa su un largo strato di infor-mazioni di cui i sentimenti, le conoscenze ed i comportamenti rappresen-tano solo una parte, a differenza della concettualizzazione di Kreck,Crutchfield e Ballachey. Un’altra importante innovazione è che l’atteggia-mento viene considerato come un processo cognitivo volto ad organizzarele sensazioni-informazioni provenienti dal mondo esterno, per questo è du-raturo nel tempo.

99 Nel 1929 lo studioso Thurstone pubblicò, insieme a Chave, un’importante opera di caratte-re teorico-empirico, sulla misura degli atteggiamenti, che ancora oggi catalizza la riflessio-ne di numerosi studiosi. La parte cardinale e innovativa del contributo di Thurstone si fon-dava sulla applicazione negli studi sugli atteggiamenti di un principio fondamentale per glistudi di psicofisica, ossia: come un individuo può ordinare degli stimoli fisici sulla base del-l’intensità della sua percezione, così potrà ordinare delle affermazioni sulla base del favoreo sfavore che esprimono, sempre secondo lui, verso un oggetto, un argomento, un evento.La tecnica elaborata da Thurstone, poi applicata in uno studio sugli atteggiamenti nei con-fronti della chiesa, è stata denominata “scala ad intervalli apparentemente uguali”. Il titolodell’articolo è:“The measurement of attitude. A psychological method and some exsperimentswith a scale for measuring attitude towards the church”, tradotto in italiano da Arcuri e FloresD’arcais (cfr. 1974) al quale ovviamente si rimanda per un approfondimento sull’argomento.

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Nel presente lavoro l’atteggiamento è stato definito sulla scorta dellariflessione di Zanna e Rempell. Pertanto, in riferimento ai due oggetti del-l’atteggiamento che si è ritenuto teoricamente rilevare (le ripercussionieconomiche delle attività svolte dal Centro sul comprensorio e le pratichedi gestione dei rifiuti radioattivi del Centro), l’atteggiamento è stato definitocome: la categorizzazione dei due oggetti dell’atteggiamento lungo la dimensionevalutativa basata principalmente su informazioni di tipo cognitivo (infor-mazione ed interesse). Nell’operativizzazione del concetto la dimensione va-lutativa dei due oggetti dell’atteggiamento si è rilevata tramite la tecnica del-la “scala a punteggi sommati” elaborata da Likert100, alla quale sono ricon-dotte le due batterie di items presenti nel questionario101. Per quanto ri-guarda la dimensione cognitiva, invece, sono state distinte due componenti.Una riferita alle “conoscenze” in possesso dell’attore sociale sulle attività diricerca svolte nel Centro, senza nessuna distinzione tra passato e presente,sulla custodia e sul tipo di rifiuti radioattivi custoditi nel Centro, sulle pra-tiche di gestione dei rifiuti, in ultimo sulla “la storia del Centro”, ossia sul-le passate manifestazioni di protesta e sui procedimenti giudiziari102.

100 Likert pubblica nel 1932 un articolo, tradotto in italiano in “La misurazione degli atteggia-menti” già citato in una precedente nota, dove descrive lo strumento da lui elaborato per “mi-surare” gli atteggiamenti. Pur avendo delle analogie con la tecnica della “scala ad intervalliapparentemente uguali” elaborata da Thurstone, la tecnica elaborata da Likert semplifica leprocedure di costruzioni dello strumento di misura; saranno queste semplificazioni che nedetermineranno l’ampia diffusione, ancora a tutt’oggi nelle ricerche empiriche sugli atteggiamenti.Secondo questo strumento, chiamato “scala a punteggi sommati”, si costruiscono un certo nu-mero di frasi relative all’argomento studiato (la costruzione è guidata da certi criteri, quali:la semplicità, la chiarezza e la brevità delle proposizioni; la necessità che le frasi esprimanodei giudizi di valore; ecc...), da somministrare agli intervistati per ottenere le loro risposte inbase al loro grado di accordo o disaccordo (le scale possono avere una chiusura pentenariao settenaria, a seconda che siano usate 5 o 7 gradi di accordo-disaccordo). Ad ogni grado diaccordo-disaccordo vengono assegnati dei valori numerici rispettando il segno semantico del-le affermazioni, in ultimo i punteggi ottenuti dai singoli intervistati vengono sommati per de-terminare la classe di atteggiamento alla quale gli intervistati appartengono.

101 Precisamente gli items 19, 20, 21, 22 del questionario , per l’oggetto delle ripercussioni eco-nomiche e gli items 53, 54, 55, 56 per l’oggetto della gestione dei rifiuti radioattivi (cft. que-stionario allegato).

102 A tale componente sono riconducibili sei domande del questionario, precisamente le domande23, 41, 42, 43, 74, 75 (cfr. questionario allegato).

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La seconda componente riferita all’interresse dell’attore sociale al temadel Centro Enea. Nella rilevazione di questa componente si è preso in con-siderazione la lettura e la visione rispettivamente di articoli di stampa e ditrasmissioni televisive, e la frequenza con la quale l’attore sociale affronta-va il tema del Centro in diversi contesti103.

Gli altri ambiti tematici

Gli altri ambiti concettuali considerati nel presente lavoro d’indaginesi pongono ad un livello d’astrazione inferiore rispetto ai precedenti. Un pri-mo ambito concettuale è rappresentato dalla partecipazione politica, defi-nita come il riconoscersi in un orientamento ideologico, il prendere parte inmisura più o meno intensa alle attività di partiti politici, sindacati e/o as-sociazioni locali, e l’essere coinvolto ed informato sulle attività politiche del-le amministrazioni locali. Per quanto riguarda la dimensione della parteci-pazione politica concernente il prendere parte alle attività di associazioni (par-titi, sindacati, ecc.) è stata rilevata prendendo in considerazione il riferimentotemporale, sia passato che presente. La scelta teorica di questo ambito con-cettuale è da ricercare nella storia, descritta nei capitoli precedenti, delCentro. In due fondamentali momenti il tema del Centro ha alimentato la di-scussione politica della comunità. Un primo momento risale alla contestazioneanti-nucleare degli anni settanta, un secondo risale agli avvenimenti e alle po-lemiche che accompagnarono le vicende giudiziarie del Centro nella primametà degli anni novanta. In quella situazione svolsero un ruolo fondamen-tale, oltre ai partiti politici, anche associazioni; pertanto si è adottato nell’indagineuna definizione del concetto che comprende pure questo aspetto concettuale.Sulla base di queste considerazioni si è ipotizzato che la partecipazione po-litica potesse influenzare le rappresentazioni psico-sociali (la percezionedel rischio e l’atteggiamento) elaborate dagli intervistati nei confronti del Centro104.

103 A questa componente sono riconducibile ben ventuno domande del questionario, precisa-mente le domande 26, 27, 28, 19, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 70(cfr. questionario allegato).

104 Sei sono le domande del questionario riferite a questo ambito concettuale, precisamente le

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Il secondo ambito concettuale è quello della condizione professiona-

le105. Tale ambito è utilizzato in una accezione ampia, relativa oltre che alleattività economica che la persona svolge anche alle attività non pretta-mente economiche come nel caso delle persone non-attive ( pensionati, ca-salinghe, studenti). Nel quadro teorico questo ambito concettuale è in relazionesia con la percezione del rischio, sia con l’atteggiamento. La rilevanza teo-rica di questo ambito concettuale consiste nel valutare l’impatto, in termi-ni di percezione del rischio e di strutturazione dell’atteggiamento, che la lo-calizzazione del Centro ha inevitabilmente prodotto nel tessuto economicodella comunità di Rotondella106.

Il terzo ambito concettuale è relativo al livello culturale. Questo ambitoconcettuale è riferito principalmente al livello di istruzione appreso negli isti-tuti scolastici ( livello di scolarizzazione) e al consumo culturale (lettura epossesso di libri) degli intervistati, nonché al livello di scolarizzazione deigenitori degli intervistati (capitale culturale di provenienza). Da un puntodi vista teorico, è possibile ipotizzare una relazione tra il livello culturale,da un lato, e la percezione del rischio e l’atteggiamento107, dall’altro.

Il quarto ambito tematico è la posizione assunta sul nucleare e sui ri-

fiuti radioattivi, ossia la valutazione del nucleare e dei rifiuti radioattivi ingenerale da parte degli intervistati. Nel caso dei rifiuti è stata considerataanche la dimensione “cognitiva” dell’atteggiamento, riguardante le infor-mazioni in possesso degli intervistati sull’oggetto dell’atteggiamento. Inun’ottica teorica è possibile ipotizzare una relazione bidirezionale tra la va-

domande 57, 58, 59, 60, 61, 64 (cfr. questionario allegato). L’obiettivo delle domande è quel-lo di ottenere informazioni attinenti all’orientamento ideologico, alle attività politiche, e al-le attività associative degli intervistati.

105 Questo ambito concettuale è il corrispettivo del concetto di condizione economica utilizzatosolitamente nelle raccolte dei dati riguardanti il mercato del lavoro.

106 Sette sono le domande del questionario riferite a questo ambito concettuale, precisamentele numero 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 del questionario

107 Sei sono le domande del questionario riferite a questo ambito concettuale, precisamente ledomande 14, 15, 37, 38, 39, 40 (cfr. questionario allegato). L’obiettivo delle domande è rile-vare il capitale culturale di provenienza dell’intervistato, il suo livello di scolarizzazione ele abitudini di lettura e il possesso di libri.

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lutazione generale degli intervistati su questi oggetti, il nucleare e i rifiu-ti radioattivi, e gli atteggiamenti su alcuni aspetti del Centro nonché la per-cezione del rischio indotto da alcune attività del Centro108.

Un quinto ambito tematico è la valutazione dell’interesse della collettività,

definito come la valutazione dell’interesse dimostrato rispetto al temadell’Enea, da parte dell’amministrazione comunale e dei concittadini del-l’intervistato. Nel quadro teorico è ipotizzabile una relazione tra questo am-bito tematico e l’attribuzione al Centro Enea di un significato di rischio, nonescludendo, ovviamente, altre possibile relazioni109.

Il sesto ambito concettuale considerato nel quadro d’analisi è la valu-

tazione di alcune problematiche locali. L’importanza teorica di questoaspetto tematico è mettere in evidenza la connotazione e l’importanza deltema del Centro Enea della Trisaia nella mappa cognitiva degli intervista-ti, con riferimento ad altri problemi che interessano la comunità110.

Il settimo ambito concettuale è la valutazione dell’importanza di alcuni

obiettivi globali. Nel quadro teorico questo ambito concettuale è orienta-to alla rilevazione della sensibilità ambientale degli intervistati, secondo unalogica di comparazione tra la valutazione dell’importanza di questioni am-bientali e non ambientali (di carattere sociale ed economico)111.

108 Nove sono le domande del questionario che si riferiscono a questo ambito concettuale, pre-cisamente le domande numero 24, 25, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83 (cfr. questionario allegato). Ledomande hanno l’obiettivo di rilevare, oltre alla posizione dell’intervistato su nucleare e ri-fiuti radioattivi, informazioni concernenti i rifiuti nucleari, quali il tempo di decadimento ela parte di organismo danneggiata in caso di esposizioni a radiazioni, l’opinione sulla pos-sibilità di riconversione di un Centro di Ricerca Nucleare, in ultimo l’accettazione nelle vi-cinanze della residenza del Deposito Unico Nazionale dei rifiuti radioattivi.

109 Le domande riferite a questa area concettuale sono 6. Tre, la 67, 68, 69 hanno l’obiettivo dirilevare informazioni riguardanti l’amministrazione comunale, le restanti tre, la 71, 72, 73 delquestionario hanno l’obiettivo di rilevare informazioni attinenti ai concittadini (cfr. questionarioallegato).

110 Una è la domanda del questionario riconducibile a questa ambito concettuale, precisamentela domanda numero 62 del questionario. La domanda è stata concepita in modo tale da farselezionare da un elenco predefinito di possibili problemi riguardante il comune diRotondella, i principali due problemi che il Comune, secondo la concezione dell’intervistato,dovrebbe risolvere prioritariamente.

111 La domanda del questionario riferita a tale ambito concettuale è la domanda 63 (cfr. que-stionario allegato) .

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Il penultimo ambito concettuale considerato è la comunicazione del Centro,

riferito alla valutazione da parte dell’intervistato delle strategie di comunicazioneche il Centro Enea ha messo in atto per informare la comunità sull’eventualepericolosità di alcune attività di ricerca112.

In ultimo è stato considerato l’ambito concettuale riguardante la so-

cializzazione al Centro. Tale ambito concettuale è stato definito come lapresenza nella rete sociale (familiare e amicale) dell’intervistato di personeche lavorano, direttamente o indirettamente, nel Centro. La rilevanzateorica di questo aspetto è di mettere in evidenza la presenza e l’importanzanella comunità di Rotondella, al livello del network sociale, del Centro Eneadella Trisaia113.

Universo e campione

L’unità d’analisi dell’indagine è il cittadino residente a Rotondella conun’età compresa tra i 18 e i 70 anni. L’universo della popolazione così deli-mitato ammonta a 2.109 individui. Da questo universo, stratificato per titolodi studio, si è estratto un campione statisticamente rappresentativo, ri-spettando nell’estrazione dei casi i criteri di casualità e di equi-probabilità,di 105 individui. Durante la fase operativa della ricerca, però, per una seriedi inconvenienti, che verranno descritti nel paragrafo successivo, il nume-ro di interviste effettivamente condotte è leggermente inferiore rispetto alnumero prefissato, precisamente ammontando a 95.

Per controllare la rappresentatività del campione “raggiunto”, si è pro-ceduto ad una comparazione, tra l’universo della popolazione114 ed ilcampione, tenendo conto di tre caratteri statistici: il titolo di studio, l’etàe il sesso.

Per quanto riguarda il titolo studio, carattere già utilizzato preceden-

112 Domanda 84 del questionario allegato. 113 Domande numero 65 e 66 del questionario allegato.114 L’universo della popolazione utilizzato per la comparazione con il campione “raggiunto” dei

caratteri dell’età e del sesso sono delle stime della popolazione effettuate dall’Istat nel 2001.

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temente per stratificare ed estrarre il campione, vi è una leggera sottostima,nel campione “raggiunto”, della modalità del carattere “fino alla V elementare”,come si può vedere dalla Tabella 1 riportata. Tutto sommato però la “distorsione”media (in termini statistici scarto semplice medio) apportata per ogni mo-dalità del carattere considerato nel campione raggiunto, è del 2%.

Tab. 1 - Comparazione tra il titolo di studio nell’universo e nel campione

Per quanto riguarda l’età, stratificata in fasce, si sono verificate delle “di-storsioni” significative in quattro fasce su cinque, precisamente nelle fasce61-70, 51-60, 18-30 e 31-40. La prima fascia (61-70) è risultata sottodimensionata,mentre la seconda (51-70) sovradimensionata. Così si è verificato per le al-tre due fasce, mentre la prima (18-30) è sovrastimata nel campione la se-conda (31-40) è sottostimata.

Tab. 2 - Comparazione tra le fasce d’età nell’universo e nel campione.

Titolo di studio Universo CampioneN % N %

Fino V elementare 821 39 33 35 Licenza Media 652 31 30 32Diploma 564 27 28 29 Laureati 72 3 4 4 Totale 2.109 100 95 100

Fascia di età Universo CampioneN % N %

Da 18 a 30 450 21 25 26Da 31 a 40 495 23 17 18Da 41 a 50 412 20 20 21Da 51 a 60 328 15 21 22Da 61 a 70 422 20 12 13Totale 2.109 100 95 100

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La distorsione (scarto semplice medio) del carattere nel campione raggiuntorispetto al carattere dell’universo è superiore rispetto al valore del carattereprecedente e ammonta al 5,4%.

In ultimo, per quanto riguarda il sesso, il carattere è ben rappresentatonel campione, come si può vedere dalla tabella 3, tanto che lo scarto sempli-ce, rispetto all’universo, è solo dello 0,5%.

Tab. 3 - Comparazione tra il sesso dell’universo e del campione

La fase della somministrazione del questionario

Per rilevare le informazioni necessarie a raggiungere l’obiettivo cognitivodella ricerca è stata utilizzata la tecnica dell’intervista con questionario se-mi-strutturato, somministrato direttamente. Tale scelta è stata attuata in ba-se alla natura della tecnica, in quanto capace di raccogliere in modo siste-matico molte informazioni, e peraltro dettata dall’esigenza di trattare le infor-mazioni raccolte con procedure di elaborazione quantitativa. La costruzio-ne del questionario è stata preceduta, per delinearne le aree problematiche,da uno studio preliminare: lettura di articoli di giornali sull’argomento; stu-dio di ricerche su tematiche affini, interviste qualitative con alcuni sogget-ti residenti a Rotondella. Il questionario è composto da 84 domande, articolatoin 11 aree tematiche che rispecchiano il modello concettuale che ha guida-to l’indagine, più un’area dedicata alla raccolta dei dati di base, formata dasei domande115. La fase della somministrazione del questionario è statapreceduta da una fase di preparazione. In questa fase di preparazione si ècondotto un pre-test e si è proceduto richiedendo all’Ufficio anagrafe del Comune

Sesso Universo CampioneN % N %

Femmine 1.075 51,0 48 50,5Maschi 1.034 50,5 47 49,5Totale 2.109 100,0 95 100,0

115 Le prime sei domande del questionario allegato.

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di Rotondella l’elenco dei residenti, necessario per l’estrazione del campione,statisticamente rappresentativo dell’universo, al quale somministrare ilquestionario. Il pre-test è servito a verificare la comprensione e l’efficacia del-le domande del questionario. È stato condotto nel mese di aprile del 2002su un campione statisticamente non rappresentativo, composto da 11 unitàdell’universo. Durante il pre-test si sono verificati alcuni casi di indisponi-bilità ad accettare l’intervista. In seguito, dopo una prima analisi dei risul-tati, sono state apportate alcune modifiche al questionario, principalmen-te alle batterie Likert utilizzate per rilevare la valutazione degli intervista-ti sui due oggetti dell’atteggiamento, e alla batteria Likert utilizzata per larilevazione dell’ambito concettuale riguardante la “comunicazione sul rischio”.Precisamente sono state operate delle modifiche riguardanti il numero di items

utilizzati per “misurare” i due oggetti dell’atteggiamento, dagli iniziali 9 items

per il primo oggetto (le ripercussioni economiche) e 7 items per il secondooggetto (la gestione dei rifiuti radioattivi) sono stati scelti, in base a criteririguardanti la comprensione e la discriminazione degli items stessi, 4 items

per ogni oggetto. Invece, per quanto riguarda l’ambito concettuale afferentealla “comunicazione sul rischio”, si è optato per un diverso strumento di ri-levazione: dalla batteria Likert si è passati ad una domanda diretta riguar-dante la valutazione degli intervistati circa la comunicazione praticata dalCentro della Trisaia per informare la comunità di Rotondella, sugli eventualirischi connessi alle proprie attività di ricerca.

Una volta formulato il questionario nella sua versione definitiva, si è pas-sati alla fase di somministrazione. Questa fase è stata condotta diretta-mente da chi scrive durante il periodo di luglio-agosto del 2002. In realtà icampioni estratti sono stati due per sostituire gli eventuali casi che non sa-rebbe stato possibile intervistare; i casi estratti sono stati organizzati per zo-na di residenza, in modo tale da razionalizzare il tempo necessario per le in-terviste. La ragione di questa scelta è stata dettata dalla presenza di abita-zioni sparse nel territorio comunale. Le “uscite” sono state circa 16-17, conuna media pari a 6-7 interviste condotte ad “uscita”.

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Nella somministrazione, è necessario dire, molte sono state le doman-de somministrate come se si trattasse di domande non strutturate. L’intervistainiziava con l’esposizione delle ragioni dell’indagine e con la rassicurazio-ne del rispetto della privacy dell’intervistato, cercando di dare tutte le infor-mazioni necessarie a “tranquillizzarlo”. Nell’introduzione all’intervista ve-niva fornita, inoltre, la piena disponibilità del “ricercatore” a chiarire il si-gnificato delle domande qualora non fossero risultate chiare.

Già durante la prima uscita si sono verificati casi di rifiuti. Con il pas-sare del tempo ai rifiuti si sono aggiunti anche casi di non reperibilità. Conriguardo a questi ultimi, prima di procedere alla normale sostituzione concasi estratti dal secondo campione, si è scelto di accertare l’effettiva non re-peribilità, o chiedendo informazioni ai vicini di casa, o, quando non è sta-to possibile reperire informazioni, ripassando una seconda volta. A questoproposito v’è da dire che molte sono state le indisponibilità ad accettare l’in-tervista, ma altrettanto numerose sono state le adesioni. I rifiuti sono statidichiarati in maggior numero da persone adulte, sui cinquant’anni, solita-mente abitanti in campagna. Le motivazioni dei casi d’irreperibilità di alcuniintervistati sono dipese, invece, fondamentalmente da tre ordini di ragioni:l’ingenuità del “ricercatore” nell’impiegare le liste richieste all’ufficio ana-grafe del Comune, in quanto si sono rivelate vetuste; il fenomeno di spo-polamento che sta interessando il paese; il fatto di avere la residenza in unpaese diverso rispetto al paese in cui si abita abitualmente.

Solitamente le interviste sono state condotte nell’abitazione dell’inter-vistato, in alcuni casi però sono state condotte anche in altri luoghi, quali bar,negozi, panchine lungo la strada. Sono stati soprattutto ragazzi ad essere in-tervistati in luoghi diversi dall’abitazione. Tra i giovani fino a trent’anni, inol-tre, si è manifestato la maggiore disponibilità ad accettare l’intervista.

Ciascuna intervista è durata dalla mezz’ora a 50 minuti. Nel caso di per-sone anziane e con titolo di studio “fino alla quinta elementare” si impiegavaun tempo abbondantemente superiore all’intervallo indicato. Mentre, comeera prevedibile, nel caso dei ragazzi e di coloro che avevano un titolo di stu-

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dio elevato, le interviste venivano condotte con una certa celerità. Sempreper le interviste ad anziani e con titolo di studio “fino alla quinta elemen-tare” si è proceduto ad una vera e propria traduzione in dialetto di gran par-te del questionario. Inoltre v’è da ricordare che, sempre con riferimento a que-sta categoria di intervistati, per alcune domande (principalmente le batte-rie Likert e le domande sulla valutazione del rischio per la salute di alcuneattività umane), sono stati richiesti spesso dei chiarimenti.

Conclusasi l’intervista, si continuava a chiacchierare con l’intervistato.Solitamente si parlava del Centro: vicende, racconti, credenze legati ad es-so; più raramente si chiacchierava di altro. Quando si chiacchierava del Centrosolitamente cercavo di non lasciar trapelare le mie opinioni al riguardo, an-che se continuavo a fare ancora domande, in linea e in alcuni casi diverse daquelle contenute nel questionario. Queste “chiacchierate” sono state unmomento di grande interesse “sociologico”, le persone sembravano esserepiù “disponibili”. In questo frangente sono state raccolte informazioni sul-le altre-storie del Centro riportate nel terzo capitolo del presente lavoro.

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Ambiente ed energia nucleare

In questa sezione vengono presentati i principali risultati dell’indagi-ne con particolare riferimento a questioni di carattere generale diretta-mente connesse alle aree problematiche indagate. In primo luogo si analizzanole valutazioni dell’importanza di alcune questioni generali, tra le quali al-cune di carattere ambientale, per accertare la sensibilità degli intervistati ver-so problematiche connesse all’ambiente; successivamente si analizzano leposizioni degli intervistati sul nucleare e sui rifiuti radioattivi, questioni que-ste strettamente connesse con le attività che si sono svolte e in parte anco-ra si svolgono nel Centro della Trisaia.

Come si può vedere dalla tabella riportata (Tab. 1) la gran parte de-gli intervistati considera la questione dell’inquinamento, nelle varieforme d’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, tra le principa-li che la politica globale dei prossimi anni dovrebbe affrontare, tanto dacostituire una sfida116.

La riduzione dell’inquinamento è ritenuta di fondamentale importan-za dal 75% del campione. Le questioni ritenute “leggermente” più impor-tanti dell’inquinamento sono di carattere sociale e politico, ossia la riduzionedel lavoro minorile (81%) e il terrorismo internazionale (78%).

CAPITOLO VI RISULTATI DELLA RICERCA

116 Con riferimento alla domanda del questionario (la domanda numero 63) riferita a questa areaconcettuale, che utilizzava una serie di valori numerici da 0 a 3, per rilevare l’importanza chegli intervistati attribuivano alle questioni elencate, la classe “minima importanza/nulla” èriferita al valore numerico 0, la classe “media importanza” è ottenuta aggregando le infor-mazioni ottenute per mezzo dei valori numerici 1 e 2, in ultimo la classe “massima impor-tanza” è riferita al valore numerico “3”.

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Tab. 1 - Valutazione dell’importanza di alcune questioni di tipo economico,sociale ed ambientaleche costituiscono una sfida per la politica mondiale (%)

Quest’ultino dato è rilevante alla luce degli attacchi terroristici agli StatiUniti dell’11 settembre 2001. Questo avvenimento ha allargato la “frontie-ra” dell’insicurezza e della vulnerabilità nelle società globali: nuove tecno-logie “innocenti”, gli aerei si sono rilevate altamente pericolose e rischiose.Tale riscontro è significativo alla luce della riflessione di Giddens sui “sistemiastratti”, presentata nel capitolo precedente. Un nuovo elemento si è aggiuntoed ha disgregato il sentimento di fiducia necessario al funzionamento dei“sistemi astratti”; essi possono essere impiegati per scopi diversi da quelliper cui normalmente sono utilizzati e questo elemento è difficilmente “con-trollabile” e contribuisce a creare un nuovo “scenario del rischio”.

Ritornando ai dati, il 69% degli intervistati giudica importante combatterela disoccupazione, il 66% il problema del surriscaldamento del pianeta e ilcambiamento climatico, il 63% la riduzione dello squilibrio economico, in-fine un significativo 56% degli intervistati considera importante la salvaguardiadelle specie (animali e vegetali) in via d’estinzione.

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Grado di importanzaMin./Nullo Medio Massimo Totale

Lavoro Minorile 0 19 81 100 Terrorismo internazionale 2 20 78 100 Inquinamento 5 20 75 100 Disoccupazione 3 28 69 100 Surriscaldamento delpianeta e cambiamentoclimatico 4 30 66 100Divario tra paesiricchi e poveri 5 32 63 100 Estinzioni di alcuneSpecie animali e vegetali 4 40 56 100

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In linea con questi risultati sono da ritenersi gli atteggiamenti dei rispondentisu questioni, il nucleare e i rifiuti radioattivi, che hanno una forte implica-zione ambientale. Con riferimento alla tabella 2, riportata di seguito, si puòosservare come la gran maggioranza degli intervistati abbia un atteggiamentosfavorevole al nucleare. Precisamente l’80% del campione è contrario all’utilizzodel nucleare come fonte energetica, mentre soltanto l’8% è favorevole e il 12%non ha espresso una posizione.

Questa distribuzione delle risposte in una forma più accentuata si riproponecon riferimento alla valutazione dei rifiuti radioattivi. La totalità del cam-pione valuta i rifiuti radioattivi come pericolosi, mentre si divide, quasi a metà,per quanto riguarda la funzione che una “corretta” custodia dei rifiuti ra-dioattivi comporta. Il 57% dei rispondenti, infatti, pur considerando i rifiutiradioattivi pericolosi, concorda sul fatto che una loro corretta custodia at-tenua la loro pericolosità, mentre il 47% degli intervistati considera, invece,i rifiuti radioattivi comunque pericolosi.

N %Favorevole 8 8Contrario 76 80Non so 11 12Totale 95 100

N %Pericolosi, ma una corretta custodiadiminuisce la loro pericolosità 54 57Pericolosi, anche se custoditiCorrettamente 41 43Totale 95 100

Tab. 2 - Atteggiamento nei confronti del nucleare

Tab. 3 - Atteggiamento nei confronti dei rifiuti radioattivi

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Con riferimento all’atteggiamento sulle scorie nucleari è utile analizzarela distribuzione delle risposte del campione attinenti al possesso di “cono-scenze” (dimensione cognitiva) su tale questione (Tab. 4). Ben il 52% degliintervistati è informato, per quel che concerne il tempo di decadimento deirifiuti e la parte di organismo umano “sensibile” a danneggiamenti in casodi esposizione a radiazioni, il 20% è disinformato, il restante 28% è disinfor-mato-apocalittico117, nel senso che è in possesso di informazioni che tendo-no ad accentuare la pericolosità dei rifiuti radioattivi118.

Tab. 4 - Livello di informazione generali sui rifiuti radioattivi

N %Informati 49 52Disinformati 19 20Disinformati apocalittici 27 28Totale 95 10

117 In fase di somministrazione del questionario, per quanto riguarda le domande riferite a que-sto aspetto concettuale, le domande 80 e 81 (cfr. questionario allegato), gli intervistati, sin dal-l’inizio, oltre alle modalità di risposta previste in fase di costruzione delle domande, hannofornito altre modalità di risposte che tendevano ad accentuare la pericolosità dei rifiuti ra-dioattivi. In fase di codifica ed analisi dei dati si è ritenuto importante distinguere la classedei disinformati tout court, coloro che hanno fornito risposte errate previste nelle alternati-ve di risposta, dalla classe dei “disinformati-apocalittici”, coloro che hanno aggiunto alle mo-dalità di risposte previste delle altre che accentuavano, appunto, la pericolosità dei rifiuti ra-dioattivi.

118 Questo indice “informazione sui rifiuti radioattivi” è stato ottenuto combinando le informazionirilevate per mezzo delle domande 80 e 81 (cfr. questionario allegato). Le modalità di rispo-ste delle domande sono state prima codificate in “corrette”, “errate” ed “errate-apocalitti-che”, successivamente si è proceduto con il sommare le risposte. La modalità “errate apo-calittiche” è servita per rappresentare la situazione descritta nella nota precedente. Laclasse degli “informati” è rappresentata da coloro che hanno dato sempre risposte corrette,la categoria dei “disinformati” è stata ottenuto aggregando coloro che hanno fornito tutte ri-sposte errate, l’ultima classe dei “disinformati-apocalittici” è costituita da quanti hanno for-nito 1 o 2 risposte errate apocalittiche.

La frattura nella distribuzione delle risposte del campione sui rifiuti ra-dioattivi si ricompone con riferimento all’accettazione, nelle vicinanze del-

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la residenza degli intervistati, del deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi.

Tab. 5 - Opinione sull’accettazione del deposito unico nazionale nelle vicinanze del paesedi residenza degli intervistati

N %Disponibile 2 2Non disponibile 90 95Non so 3 3Totale 95 100

Tab. 6 - Opinione sulla possibile riconversione di un Centro di ricerca nucleare

N %È possibile 64 67 Non è possibile 11 12 Non so 20 21Totale 95 100

119 Nimby è l’etichetta attribuita all’atteggiamento per cui la soluzione della localizzazione diun impianto, o problema in genere, percepito come pericoloso per l’ambiente e per gli attorisociali è da ricercarsi al di fuori dell’orto di casa.

Infatti, in linea con quella che gli esperti chiamano “sindrome diNimby”119 (Not In My Back Yard), la quasi totalità del campione (95%) nonsarebbe disposta ad accettare la localizzazione del Deposito nei pressi del-la propria residenza.

A questo punto è interessante cogliere la posizione degli intervistati conriferimento alla possibile riconversione di un Centro di ricerca impegnatonel settore nucleare. Questa dimensione concettuale è di particolare interessealla luce del processo di riconversione che il Centro Enea della Trisaia ha at-tuato negli anni passati. Infatti, come si è descritto nel capitolo 2 di questolavoro, il Centro della Trisaia, nato come Centro per le ricerche nucleari, conle mutate politiche energetiche nazionali è divenuto un Centro multi-disciplinare

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equipaggiato per fare Ricerca e Sviluppo, su scala ingegneristica e sperimentale,su una molteplicità di settori quali ad esempio i servizi tecnico-scientifici avan-zati, i centri di innovazione integrata, l’ingegneria avanzata. Come si puòvedere dalla tabella 6, il 67% dei cittadini valuta possibile la riconversione diun Centro di ricerca nucleare in altri settori (ecologico, ambientale, ecc.), il 12%valuta impossibile la riconversione e il restante 21% non sa rispondere.

É utile a questo punto analizzare la possibile relazione tra l’opinione de-gli intervistati sulla possibile riconversione di un centro di ricerca operan-te nel settore nucleare e il livello di informazione sulle attività di riconver-sione del Centro della Trisaia. Come mostra la tabella riportata (Tab. 7) esi-ste una relazione tra le due variabili considerate. Infatti, sia la maggioran-za dei mediamente informati (84%) che la maggioranza degli informati(85%) valuta possibile la riconversione. Per converso, il 52% dei rispondenticlassificati come disinformati giudica impossibile la riconversione e/o nonsa rispondere al quesito presentato.

Riconversione di un Centro di ricercaoperante nel settore nucleare

Chi-square = 14,385P.a.= 0,0012Frequenza minima Attesa = 8,16

Livello di informazione sulle altre attività

del Centro della Trisaia

Mediamene

InformatiInformati TotaleDisinformati

È possibile

Non è possi-

sile/non so

Totale

48 84 85 67

52 16 15 33

100 100 100 100(47) (27) (26) N=95

120 Le percentuali riportate in parentesi indicano le percentuali totali delle classe riportati in co-lonna. Inoltre, per la costruzione dell’indice “livello di informazione sulle altre attività” delCentro della Trisaia si rimanda alla nota 133.

Tab. 7 - Opinione sulla possibile riconversione di un Centro di ricerca nucleare per il livel-lo di informazione sulle attività “non nucleari” del Centro della Trisaia (%)

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I dati presentati confortano l’ipotesi secondo la quale il campione mo-stra di avere una particolare sensibilità alle questioni di carattere ambien-tale, quali l’inquinamento, il nucleare, i rifiuti radioattivi, in linea con i ri-sultati di altre ricerche sociali su tematiche affini.

La rappresentazione psico-sociale del Centro Enea della Trisaia

L’area tematica in questione è centrale ai fini degli obiettivi dell’inda-gine. Scopo della ricerca è, infatti, delineare la rappresentazione psico-sociale,con particolare riferimento alla percezione del rischio (ambientale e per lasalute degli individui) e all’atteggiamento (ripercussioni economiche e ge-stione dei rifiuti radioattivi), che la comunità di Rotondella ha elaborato ri-spetto al Centro Enea della Trisaia.

Dalla tabella riportata di seguito (Tab. 8), si osserva come la metà de-gli intervistati consideri il Centro della Trisaia un Impianto industriale a ri-schio per l’ambiente. Alla domanda che chiedeva se sul territorio provincialefossero presenti degli impianti industriali a rischio, il 62% del campione harisposto affermativamente individuando una delle strutture in questione nelCentro Enea e attribuendo quindi al Centro un particolare significato di pe-ricolo, di minaccia per l’ambiente; alla stessa domanda il 16% ha fatto rife-rimento ad altri impianti e/o non ha saputo dire se fossero o meno presenti,e il restante 22% ha risposto che sul territorio provinciale non sono presentiimpianti industriali a rischio. Questa distribuzione delle risposte del cam-pione mette in evidenza due elementi importanti. Nonostante sul territorioprovinciale siano presenti ben due impianti industriali a rischio121, secondoil censimento curato dal Ministero dell’Ambiente, più della metà degli in-tervistati annovera tra gli impianti industriali a rischio il Centro Enea, nonrientrante nella lista curata dal Ministero. Questo elemento mette in evidenza,

121 Precisamente i due impianti industriali a rischio ambientale sono la S.I.P. (Sud ItaliaPoliuretani srl) con sede a Matera e la Epoxital con sede a Pisticci, entrambi sono degli sta-bilimenti chimici o petrolchimici.

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se mai ci fosse stato bisogno, i diversi criteri utilizzati nella valutazione delrischio seguendo un approccio “oggettivo” ed esperto ovvero un approccio“soggettivo” e culturale. Il secondo elemento è connesso con la natura delCentro, il quale, come si è descritto nei precedenti capitoli, non è un impiantoindustriale, bensì un centro di ricerca, mentre sembra proprio che gli intervistatiattribuiscano al Centro della Trisaia un pericolo, un rischio per l’ambienteassimilabile a quello indotto da un Impianto Industriale.

Può essere a questo punto interessante analizzare la distribuzione del-le risposte degli intervistati in riferimento al “rischio per la salute” associatoad alcune attività, tra le quali alcune riferite alle attuali attività svolte e/oche si svolgeranno in futuro nel Centro. La tabella122 (Tab. 9), le attivitàsvolte nel Centro sono quelle riportate in corsivo) mostra come tra le prin-cipali attività/impianti considerati rischiosi per la salute dagli intervistatinell’ipotesi che vengano localizzati nelle vicinanze della loro residenza, sia-no considerati le “residue” attività nucleari del Centro della Trisaia, ri-guardanti la solidificazione dei rifiuti radioattivi e l’attività di smantellamentodegli impianti nucleari.

Tab. 8 - Valutazione della presenza di impianti industriali a rischio ambientale sul territo-rio provinciale

N % Si, l’Eneadella Trisaia 59 62 Si, altri impianti/non so 14 16No, non sonopresenti 21 22Totale 95 100

122 Anche in questo caso sono state effettuate le stesse procedure di aggregazione descritte nel-la nota 116.

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Precisamente, il 90% del campione considera massimo il rischio per lasalute connesso ad un impianto per la solidificazione di rifiuti radioattivi,il 76%, invece, per le attività di “decommisioning”, e il 74% valuta massimoil rischio connesso alle attività di un impianto chimico. Per quanto riguar-da le altre attività, il 59%, il 49% e il 36% degli intervistati considera, ri-spettivamente, massimo il rischio connesso all’aeroporto, ai ripetitori per te-lefoni cellulari e all’autostrada. Sia per l’autostrada che per i ripetitori pertelefoni cellulari, ma anche per altri impianti/attività, quali ad esempio unadiga, un laboratorio per le agro-biotecnologie, è da registrare che il puntomodale delle corrispettive distribuzioni di risposte si ha sulla modalità

Tab. 9 - Valutazione del rischio per la salute associato ad alcuni impianti e/o attività nellapossibilità che vengano localizzati nelle vicinanza dell’abitazione dell’intervistato (%)

Tipo di Impianto Livello di rischio per la salute (famiglia) Totale

Minimo Medio Massimo

Autostrada 7 57 36 100

Diga 22 60 18 100

Ripetitore per

Cellulare 5 49 46 100

Aeroporto 3 38 59 100

Impianti Solari 50 38 11 100

Impianto per la

Solidificazione dei

R.R. 1 9 90 100

Industria Chimica 7 19 74 100

Laboratori per le

Agro-biotecnologie 40 55 5 100

Attività di

“decomissioning” 3 21 76 100

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“medio” rischio. É interessante notare che il rischio per la salute associatoalle altre due attività che si svolgono nel Centro della Trisaia viene valuta-to “positivamente” dagli intervistati, infatti, ben il 50% e il 40% dei rispon-denti non associa rischio per la salute rispettivamente ad impianti e laboratoriper la produzione d’energia solare e a laboratori per le agro-biotecnologie.Quest’ultimo dato dimostra l’accettabilità sociale di alcune attività della ri-conversione del Centro123.

In linea con questa distribuzione di risposte sono da ritenersi le valu-tazioni del rischio per la salute, riferite temporalmente al futuro (alle generazionifuture), associato dal campione ad altre attività. Come si può vedere dallatabella riportata (Tab. 10), anche in questo caso il rischio per la salute dellegenerazioni future è ritenuto massimo con riguardo alle attività nucleari. Il93% degli intervistati associa all’attività di gestione e custodia dei rifiuti ra-dioattivi il massimo rischio per la salute delle generazioni future. L’83% deirispondenti attribuisce il rischio massimo all’uso e alla lavorazione dell’a-mianto. Per quanto riguarda le altre attività, l’uso di organismi geneticamentemodificati e l’utilizzo di anti-crittogamici in agricoltura, il rischio associa-to è medio, rispettivamente del 54% e del 50%. In riferimento all’utilizzo dianti-crittogamici possiamo notare che le risposte degli intervistati si dividonoquasi a metà tra il rischio medio (50%) e il rischio massimo associato (47%).

Questi primi dati attestano che il campione intervistato ha sviluppatouna maggiore sensibilità per quel che concerne i rischi associati ad attivitànucleari, in linea con le posizioni espresse precedentemente in materia di ener-gia nucleare e di rifiuti radioattivi.

123 Per avere un quadro completo delle “nuove” attività di riconversione del Centro della Trisaiasi rimanda al capitolo 2, paragrafo 5 del presente lavoro.

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É fondamentale per delineare la rappresentazione psico-sociale dei ri-spondenti concentrarsi sull’atteggiamento verso il Centro. Nella tabella diseguito riportata (Tab. 11) viene presentata la distribuzione delle risposte de-gli intervistati riguardanti la valutazione delle ripercussioni economiche del-le attività svolte dal Centro nel comprensorio. La netta maggioranza degliintervistati valuta criticamente l’impatto economico delle attività del Centrosulla zona circostante. Il 35% del campione ha mostrato un atteggiamentonegativo, il 33% un atteggiamento abbastanza negativo e soltanto il 32% deirispondenti valuta positivamente l’impatto economico delle attività delCentro124. Con riferimento agli intervistati che hanno maturato un atteggiamento

Tipo di Attività Livello di rischio per la salute Totale

Minimo Medio Massimo

L’utilizzo di Amianto 2 15 83 100

Il consumo di O.G.M 13 54 33 100

La custodia di

Rifiuti Radioattivi 1 6 93 100

L’utilizzo di

Anti-crittogamici in

Agricoltura 3 50 47 100

Tab. 10 - Valutazione del rischio per la salute delle generazioni future associato adalcune attività (%)

124 Come già descritto, nel capitolo quarto del presente lavoro, la dimensione valutativa degliatteggiamenti è stata rilevata per mezzo della “scala a punteggi sommati” elaborata da Likert.Le classi della valutazione, “ positiva” “abbastanza negativa” e “negativa”, sono state ottenutesommando i punteggi attribuiti ad ogni grado di accordo-disaccordo rispetto ai singoli items,tenendo presente il segno semantico dell’affermazione, ed inoltre prendendo in considera-zione la coerenza delle risposte degli intervistati ai quattro items in linea con il segno semanticodella stesse. Questa esigenza è stata dettata dalla mancanza della modalità di risposta intermedia(né d’accordo né in disaccordo). Sono stati classificati come portatori di un atteggiamentopositivo coloro che raggiungevano un punteggio pari e/o inferiore a 9 e coloro che rispon-dendo incoerentemente con il segno semantico delle affermazioni raggiungevano un pun-

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fortemente negativo è possibile ipotizzare che l’atteggiamento sia addirit-tura ostile. Questa congettura è supportata dal fatto che, come si è descrit-to nella nota 8, gli intervistati che hanno maturato questo atteggiamento han-no espresso sempre il massimo grado di disaccordo-accordo, in linea con ilsegno semantico delle affermazioni, in tutti e 4 gli items utilizzati per rile-vare questa dimensione concettuale.

Una distribuzione di risposte analoghe riguarda la valutazione della ge-stione dei rifiuti radioattivi da parte del Centro. Per quanto riguarda la ri-levazione di questa dimensione dell’atteggiamento, come si può notaredalla tabella presentata (Tab. 12), si sono verificati una serie di inconvenientiche non hanno permesso alla batteria di items utilizzata per la rilevazionedi “funzionare” al meglio. Nondimeno, se ci si sofferma sul contenuto se-mantico delle singole affermazioni, è possibile trarre delle utili informazioni.Infatti, la maggioranza degli intervistati (78%) valuta i rifiuti radioattivi del-la Trisaia come una scomoda eredità da lasciare ai figli, il 40% del campio-

Tab. 11 - Valutazione delle ripercussioni economiche delle attività del Centro della Trisaiasul territorio circostante

N %

Positiva 31 32

Abbastanza

negativa 31 33

Negativa 33 35

Totale 95 100

teggio pari e/o inferiore a 14 (ottenuto sottraendo a 24, il punteggio massimo, 4, il punteg-gio minimo, dividendo per due e addizionando 4). Sono stati considerati come portatori diun atteggiamento abbastanza negativo quanti, rispondendo coerentemente con il segno se-mantico delle affermazioni, raggiungevano un punteggio compreso tra 13 e 23, e quanti ri-spondendo incoerentemente raggiungevano un punteggio compreso tra 14 e 23. In ultimosono stati classificati come portatori di un atteggiamento negativo coloro che raggiungeva-no un punteggio pari a 24.

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ne è d’accordo con la seconda affermazione, che valuta l’operato dellaTrisaia in materia di rifiuti come carente, in ultimo il 58% degli intervistatiè in disaccordo con l’affermazione secondo la quale non vi sono elementi dipreoccupazione in merito alla gestione dei rifiuti. Da registrare sono lepercentuali di non risposta per il secondo item (33%) e per il terzo (19%).

Tab. 12 - Valutazione della gestione dei rifiuti radioattivi custoditi nel Centro Enea del-la Trisaia 125125 (%)

1) Il Centro della Trisaiacon i suoi rifiuti radioattivi saràla scomoda eredità che lasceremoai nostri figli

2) L’Enea della Trisaia ha sempregestito con carenza i rifiuti ra-dioattivi presenti nel Centro

3) La preparazione dei tecnicidella Trisaia garantisce una sicu-ra gestione dei rifiuti presenti nelCentro

4) La gestione dei rifiuti radioattivipresenti nel Centro della Trisaianon ha mai dato preoccupazione

In disacordo

In parte d’accordo, in parte in disaccordo

Items D’accordo NonRisponde

Totale

78 18 4 0 100

40 19 8 33 100

18 42 21 19 100

10 32 58 0 100

125 Le categorie utilizzate nell’organizzare i dati in tabella differiscono rispetto a quelle utiliz-zate per la rilevazione della dimensione concettuale, in quanto si è proceduto a delle aggregazioni.La categoria “d’accordo” è data dall’aggregazione delle modalità “d’accordo” e “abba-stanza d’accordo”. In ultimo la classe “disaccordo” è data dall’aggregazione delle modalità“disaccordo” e “abbastanza in disaccordo”.

In conclusione si potrebbe asserire, in linea con gli altri risultati presentati,che la presenza e la gestione dei rifiuti radioattivi nel Centro della Trisaia preoc-cupano, o quantomeno impensieriscono, gli intervistati.

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Il “contesto” della rappresentazione psico-sociale nei confronti del Centro Enea

In questa sezione vengono presentati alcuni risultati della ricerca chehanno la funzione di delineare alcuni aspetti del contesto in cui il tema delCentro Enea della Trisaia si inserisce nella Comunità di Rotondella.

Un primo aspetto considerato è la cosiddetta “socializzazione alCentro”, ossia la presenza nella rete sociale (amicale e parentale) degli in-tervistati di persone che lavorano, direttamente o indirettamente, al Centrodella Trisaia. Nelle tabelle riportate (Tabb. 13 e 14) si può osservare come il20% e l’87% del campione hanno, rispettivamente, nel proprio nucleo familiaree nella propria rete amicale delle persone che lavorano al Centro.

Tab. 13 - Presenza nella famiglia di lavoratori dipendenti del Centro Enea della Trisaia

N %

Presenti 19 20

Non presenti 76 80

Totale 95 100

Tab. 14 - Presenza nella rete amicale degli intervistati di lavoratori dipendenti del Centro Eneadella Trisaia

N %

Presenti 83 87

Non presenti 12 13

Totale 95 100

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Passiamo ora ad esaminare la frequenza con cui in questi contesti so-ciali (famiglia e amici), gli intervistati affrontano il tema del Centro Enea del-la Trisaia.

Come si può osservare dalle tabelle riportate (Tabb. 15 e 16), il 12% eil 15% degli intervistati affronta “spesso” il tema del Centro, rispetti-vamente, nel contesto familiare e nel contesto amicale. Il 56% dei rispon-denti affronta il tema “qualche volta” e il 28% non lo affronta “mai” nel con-testo familiare. Nel contesto amicale, invece, le percentuali sono leggermentedifferenti, il 61% del campione affronta il tema “qualche volta” e il 24% nonlo affronta “mai”.

Tab. 15 - Frequenza con cui il tema del Centro viene trattato nel contesto familiare de-gli intervistati

N %

Spesso 11 12

Qualche volta 56 59

Mai 28 29

Totale 95 100

Tab. 16 - Frequenza con cui il tema del Centro viene trattata nel contesto amicale degliintervistati

N %

Spesso 14 15

Qualche volta 58 61

Mai 23 24

Totale 95 100

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In linea con l’interesse dimostrato dagli intervistati al tema del Centro,è la valutazione dell’interesse, dimostrato e/o che dovrebbe dimostrare, altema dell’Enea, secondo gli intervistati, la collettività, precisamente l’am-ministrazione comunale e i concittadini. Anche in questo caso, come sipuò vedere dalle tabelle presentate (Tabb. 17 e 18), le percentuali dell’inte-resse, dimostrato e/o da dimostrare, sono numericamente più o meno simili.Il 21% e il 17% dei rispondenti, rispettivamente per l’interesse dell’am-ministrazione e dei concittadini, dichiara che la collettività, nonostante siinteressi, dovrebbe affrontare il tema in maniera più adeguata. Il 19% de-

Tab. 17 - Valutazione dell’interesse al tema del Centro della Trisaia dell’amministrazio-ne comunale

N %Soddisfacente 18 19

Insoddisfacente 20 21

Del tuttoinsoddisfacente 57 60

Totale 95 100

Tab. 18 - Valutazione dell’interesse al tema del Centro della Trisaia dei concittadini degliintervistati

N %Soddisfacente 16 17

Insoddisfacente 16 17

Del tuttoinsoddisfacente 63 66

Totale 95 100

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gli intervistati, per l’amministrazione, e il 17%, per i concittadini, affermache la collettività affronta il tema della Trisaia già adeguatamente e/o chenon è necessario che lo faccia in maniera più appropriata. Infine, il 60% delcampione, per il comune, e il 66%, per i concittadini, afferma che la collettivitànon dimostra interesse per il tema della Trisaia e che è necessario, invece,che si interessi.

Altro aspetto del contesto trattato è la valutazione da parte degli intervistatidi alcuni problemi che interessano l’amministrazione comunale. La do-manda riferita a questo aspetto concettuale, la domanda numero 62 (cfr. que-stionario allegato), chiedeva agli intervistati di indicare i due principali pro-blemi che il comune di Rotondella avrebbe dovuto risolvere prioritariamente.L’obiettivo del quesito era mettere in evidenza la connotazione e l’importanzadel tema del Centro Enea della Trisaia nella mappa cognitiva degli intervi-stati, con riferimento ad altri problemi che interessano la comunità. Dalla ta-bella riportata (Tab. 19), possiamo osservare come l’attenzione dei rispon-denti si sia concentrata principalmente su due problemi, la disoccupazionegiovanile (35%) e lo spopolamento del paese (32%). Il “problema” dei rifiutiradioattivi del Centro della Trisaia ha ottenuto, invece, il 7% delle scelte. Questadistribuzione delle risposte sottolinea la maggiore attenzione degli intervistatia questioni inerenti la dimensione socio-economica della comunità, in lineacon la valutazione fatta dagli intervistati dell’importanza, analizzata pre-cedentemente (cfr. Tab. 1), di alcune questioni a carattere generale (di tipoeconomico, sociale ed ambientale)126 per la politica globale. Tale riscontro èin controtendenza rispetto ai risultati dell’analisi che si sono concentrati esclu-sivamente sul tema del Centro.

126 Il numero di casi è diverso dal numero di intervistati in quanto si è preso in considerazio-ne il numero di scelte per problema tralasciando la distinzione tra primo e secondo proble-ma.

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Infatti il “problema” dei rifiuti radioattivi della Trisaia viene postodagli intervistati in secondo piano rispetto a questioni che hanno caratterizzatostoricamente e continuano a caratterizzare l’area territoriale sulla quale in-siste la comunità di Rotondella. Una possibile spiegazione di questi dati do-vrebbe tener conto non solo del processo di riconversione che il Centro del-la Trisaia ha attuato negli anni passati e delle aspettative sociali che tale pro-cesso ha alimentato nelle comunità circostanti, ma anche della minore con-siderazione del tema dei rifiuti radioattivi da parte degli organi d’informazionerispetto agli anni precedenti, e della temporaneità128 della gestione dei rifiutiradioattivi all’interno del Centro stesso.

Tab. 19 - Valutazione dei principali problemi che interessano la comunità di Rotondella

Problema N %

Disoccupazionegiovanile 67 35

Spopolamento del Paese 61 32

Diffusione dellaDroga 21 11

Rifiuti radioattividella Trisaia 14 7

L’Urbanistica delPaese 8 4

Altri problemi 19 11

Totale 190127 100

127 Con riferimento alla Tab. 1 il 69% degli intervistati considera la disoccupazione come tra leprincipali questioni che la politica globale dei prossimi anni dovrebbe affrontare.

128 In base all’ultima relazione curata dallo stesso Centro della Trisaia l’arco di tempo necessario

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Si vuole mettere in evidenza, adesso, il possesso di informazioni sul Centrononché un’ulteriore dimensione dell’interesse degli intervistati al temadella Trisaia. Quest’ultima dimensione riguarda la lettura di articoli digiornali e/o la visione di trasmissioni televisive che hanno trattato il temadel Centro Enea. Con riferimento alla dimensione dell’interesse, possiamoosservare come la grande maggioranza degli intervistati ha letto e ha vistotrasmissioni riguardanti il Centro (Tab. 20). Il 17% dei rispondenti ha sia let-to articoli che visto trasmissioni televisive, il 54% ha o soltanto letto artico-li e/o ha soltanto visto trasmissioni televisive, mentre solamente il 26% de-gli intervistati non ha né letto articoli né visto trasmissioni televisive.

Interessante osservare, a questo punto, quali fossero gli argomenti delCentro trattati, o meglio quali l’intervistato ricorda, ed a quando si riferisca,temporalmente, la fruizione.

per la dismissione degli impianti nucleari e per la messa in sicurezza dei materiali nuclea-ri è di circa 10-15 anni. Inoltre, questo processo è da ricollegare al tempo necessario per l’in-dividuazione e la costruzione del Deposito Unico Nazionale per i rifiuti radioattivi.

Tab. 20 - Esposizione ad articoli di stampa e a trasmissioni televisive che hanno trattato iltema del Centro della Trisaia

N % Sia trasmissioni televisive, sia articoli di giornali 16 17

O trasmissioni/o articoli 54 57

Né articoli/ né trasmissioni 25 26

Totale 95 100

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Tab.21 – Aspetti del Centro della Trisaia trattati negli articoli di giornali

N % Rifiuti radioattivi 25 55

Cattiva gestione del Centro/ possibili danni 15 33

Risultati di ricerca 2 4

Non ricordo 3 6

Totale 45 100

Esclusi 50129

Tab. 22 – Aspetti del Centro della Trisaia trattati nelle trasmissioni televisive

N % Rifiuti radioattivi 20 37

Cattiva gestione del Centro/ possibili danni 18 33

Risultati di ricerca 6 11

Non ricordo 10 19

Totale 54 100

Esclusi 41130

129 Il numero di esclusi si riferisce agli intervistati che non hanno letto articoli che trattavanoil tema del Centro Enea della Trisaia.

130 Il numero di esclusi si riferisce agli intervistati che non hanno visto trasmissioni televisiveche trattavano il tema del Centro Enea della Trisaia.

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I dati si riferiscono al numero di intervistati che hanno rispettivamen-te letto gli articoli (Tab. 21) e visto le trasmissioni (Tab. 22). Il 55% del cam-pione che ha letto articoli giornalistici dichiara che l’argomento trattato ri-guardava i rifiuti radioattivi, il 33% la cattiva gestione ed i possibili danniconnessi alle attività nucleari, il 4% risultati di ricerca e il 6% non ricorda.Per quanto riguarda le trasmissioni televisive, il 37% dei fruitori dichiara cheesse trattavano dei rifiuti radioattivi, il 33% della cattiva gestione del Centroe/o dei possibili danni connessi alle attività nucleari, l’11% di risultati di ri-cerca e il 19% non ricorda.

Per quanto riguarda il periodo della fruizione degli articoli e delle tra-smissioni, come si può notare dalla tabella riportata di seguito (Tab. 23),esso è collocabile, nella quasi totalità dei casi, nel passato. In dettaglio, lagran parte degli intervistati dichiara di aver letto articoli (75%) e/o vistole trasmissioni (78%) in passato, soltanto un 10%131, per gli articoli, e un 4%,per le trasmissioni, dichiara di averlo fatto recentemente, mentre il 15% eil 18% dichiara di non ricordare il periodo. In base alla ricostruzione sto-rica delle vicende del Centro della Trisaia, presentata nel secondo capito-lo, è lecito far risalire il riferimento temporale degli intervistati, in passa-to, alla campagna di stampa sul Centro che ha preceduto e accompagna-to l’evolversi del secondo procedimento giudiziario, risalente alla primametà degli anni novanta. Inoltre, dai dati presentati è possibile, suppor-re che soltanto una piccolissima parte degli intervistati abbia seguito la co-pertura giornalistica delle ultime vicende del Centro (per esempio, l’ulti-ma campagna di stampa risalente al 2001).

In ultimo è bene soffermarsi sulle informazioni in possesso degli in-tervistati riguardanti il Centro, concernenti le attività di ricerca svolte e itipi di rifiuti in esso custoditi.

131 Questa percentuale è ottenuta sommando le percentuali delle modalità “sia in passato chedi recente” (5%) e la modalità “di recente” (5%).

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148

Nella tabella 25 si osserva la distribuzione delle risposte degli intervistatirispetto al possesso di informazioni sulle attività132. In dettaglio possiamo af-fermare che la maggioranza (41%) degli intervistati è informata sulle attivitàdi ricerca svolte nel Centro, il 40% è mediamente informato e il 19% è disinformato.

Tab. 23 - Periodo della fruizione degli articoli di stampa che hanno trattato il tema del CentroEnea della Trisaia

N %

In passato 33 75

Di recente 2 5

Sia in passato, sia recentemente 2 5

Non ricordo 7 15

Totale 44 100

Tab. 24 - Periodo della fruizione delle trasmissioni televisive che hanno trattato il tema delCentro Enea

N %

In passato 42 78

Di recente 1 2

Sia in passato, sia recentemente 1 2

Non ricordo 10 18

Totale 54 100

132 L’indice informazioni sulle attività del Centro è ottenuto combinando le informazioni rileva-te con la domanda 23 (cfr. questionario allegato). Il quesito in questione è in realtà una batte-ria che contiene al suo interno 6 domande. Il criterio utilizzato nella combinazione è quello del-la correttezza, ossia in un primo momento si è proceduto a codificare le risposte in corrette ederrate, successivamente si è proceduto alla somma delle risposte esatte per intervistato. Tutticoloro che hanno fornito 0-2 risposte corrette sono stati considerati facenti parte della classedei “disinformati”, quanti hanno fornito 3 (la metà del numero totale di risposte) risposte esat-te sono stati considerati appartenenti alla categoria dei “mediamente informati”, infine colo-ro che hanno fornito 4-6 risposte corrette sono stati compresi nella classe degli “informati”.

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149

É utile osservare a questo punto la diversa distribuzione delle informazionirispetto ai diversi settori delle attività di ricerca. A questo proposito si è di-stinto il settore nucleare, le passate attività di riprocessamento del combu-stibile nucleare e le attuali attività di gestione e custodia dei rifiuti radioat-tivi, dagli altri settori di ricerca, frutto del lungo processo di riconversionedel Centro della Trisaia iniziato negli anni ottanta. Con riferimento a que-st’ultimo aspetto delle informazioni riferite alle attività di ricerca del CentroEnea133, possiamo osservare, nella tabella riportata di seguito (Tab. 26), co-me la maggioranza del campione è disinformata (47%) sulle attività di “ri-conversione”, il 27% degli intervistati è mediamente informato e soltanto ilrestante 26% può ritenersi informato.

Diversa è la distribuzione delle informazioni riguardanti le attivitànucleari del Centro. In questo caso la maggioranza degli intervistati (il53%) è da ritenersi informata sulle attività di riprocessamento di combustibilenucleare e gestione dei rifiuti radioattivi134, mentre il 25% è mediamente infor-mata e soltanto il 22% risulta disinformato.

Tab. 25 - Livello d’informazione sulle attività del Centro

N %

Disinformati 18 19

Mediamente informati 38 40

Informati 39 41

Totale 95 100

133 Questo indice è ottenuto combinando le informazioni rilevate dalla domanda 23 (cfr. que-stionario allegato). In questo caso si sono prese in considerazione esclusivamente le domandesulle attività di riconversione del Centro della Trisaia, riferite alle agro-biotecnologie, alle ener-gie rinnovabili, all’hi-tech (il quale non è un settore di ricerca del Centro), ai servizi alle pic-cole e medie imprese e alla pubblica amministrazione. La combinazione, anche in questo ca-so, si è basata sul criterio della correttezza delle risposte. La classe dei “disinformati” è rap-presentata da coloro che hanno fornito 0-1 risposte corrette, la categoria dei “mediamenteinformati” è costituita da quanti hanno fornito 2 risposte corrette, la classe degli “informa-ti” è formata da coloro che hanno fornito 3-4 risposte corrette.

134 Questo indice è ottenuto combinando le informazioni rilevate con le domande 23 (cfr.que-

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150

Passiamo ora ad analizzare le informazioni135 in possesso degli intervistatisul tipo di rifiuti radioattivi custoditi nel Centro della Trisaia. La tabella ri-portata (Tab. 28) mostra come la maggioranza degli intervistati (il 41%) è inpossesso di poche o nessuna informazione sul tipo di rifiuti radioattivi cu-stoditi nel Centro, il 34% è mediamente informato e il restante 25% è da ri-tenersi informato.

Tab. 26 – Livello d’informazione sulle attività “non nucleari” del Centro

N %

Disinformati 44 47

Mediamente informati 26 27

Informati 25 26

Totale 95 100

Tab. 27 – Livello d’informazione sulle attività nucleari del Centro

N %

Disinformati 21 22

Mediamente informati 24 25

Informati 50 53

Totale 95 100

stionario allegato) riferite alle attività di riprocessamento del combustibile nucleare e di ge-stione e custodia dei rifiuti radioattivi. La classe degli “informati” è rappresentata da colo-ro che hanno risposto correttamente ad entrambe le domande, la categoria dei “mediamenteinformati” è data da quanti hanno fornito 1 risposta corretta, infine la classe dei “disinfor-mati” è costituita da coloro che hanno fornito solo risposte errate.

135 Questo indice è ottenuto dalla combinazione delle informazioni rilevate dalle domande 42e 43 (cfr. questionario allegato). La domanda 42 è composita, formata da 7 quesiti. Anche inquesto caso la combinazione si basa sul criterio della correttezza delle risposte. La classe dei“disinformati” è rappresentata da coloro che hanno risposto correttamente a 0-2 domande,la categoria dei “mediamente informati” è costituita da quanti hanno fornito correttamen-te risposte a 4-5 domande, infine la classe degli “informati è costituita da coloro che hannofornito 5-8 risposte corrette.

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151

Gli atteggiamenti nei riguardi del Centro tra coerenza e incoerenza delle due dimensioni

considerate

In questa sezione si analizza il rapporto esistente tra la dimensioni del-la valutazione e la dimensione cognitiva (informazioni ed interesse) del-l’atteggiamento. Per quanto riguarda la valutazione delle ripercussionieconomiche delle attività del Centro della Trisaia si può osservare, come mo-stra la tabella 29, che l’essere in possesso di informazioni sulle attività chesi svolgono nel Centro è in relazione con l’assumere un determinato atteg-giamento. Tendenzialmente chi è in possesso di informazioni sulle attivitàdi ricerca svolte nel Centro propende a valutare positivamente le ripercus-sioni economiche di esso sul territorio, per converso, chi è in possesso di po-che informazioni sulle attività del Centro assume un atteggiamento critico.In dettaglio possiamo osservare come il 46% degli informati assume un at-teggiamento positivo, a fronte dello 0% dei disinformati e del 32% dei me-diamente informati.

Il 50% dei disinformati assume un atteggiamento abbastanza negativo,a fronte di un 29% e 31% dei mediamente informati e degli informati. La stes-sa distribuzione si può osservare in coloro che assumono un atteggiamen-to negativo.

Per comprendere e analizzare meglio la relazione si è proceduto nelletabelle successive a “scomporre” le informazioni sulle attività di ricerca chesi svolgono nel Centro. Nella prima tabella (Tab. 30) viene presentata la va-lutazione delle ripercussioni economiche del Centro in relazione alle infor-

Tab. 28 - Livello di informazione sul tipo di rifiuti radioattivi custoditi nel Centro

N %

Disinformati 39 41

Mediamente informati 32 34

Informati 24 25

Totale 95 100

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152

mazioni sulle attività di ricerca diverse dalle attività nucleari che si svolgonoin esso. Possiamo osservare come in questo caso la relazione tra l’essere inpossesso di informazioni sulle altre136 attività di ricerca e l’atteggiamento è“lineare”, ossia con il crescere del livello di informazione si tende a valuta-re positivamente le ripercussioni economiche del Centro, i picchi modali del-le distribuzioni infatti si ripartiscono lungo la diagonale secondaria.

In dettaglio possiamo osservare come la maggioranza dei disinfor-mati (il 46%) assume un atteggiamento negativo, a fronte del 27% dei me-diamente informati e del 24% degli informati. La maggioranza dei media-mente informati (il 46%) valuta abbastanza negativamente le ripercussionidel Centro, a fonte del 27% dei disinformati e del 32% degli informati,mentre la maggioranza degli informati (il 44%) valuta positivamente la di-mensione economica del Centro a fronte del 27% sia dei disinformati sia deimediamente informati.

Tab. 29 -Valutazione delle ripercussioni economiche delle attività del Centro per il livello diinformazione degli intervistati sulle attività di ricerca del Centro (%)

DimensioneEconomica

Chi-square = 13,06P.a.= 0,11Frequenza minima Attesa = 5,68

Positiva

Negativa

Abbastanza

negativa

Totale

Livello di informazione sulle altre attività del Centro della Trisaia

Mediamente

InformatiInformati TotaleDisinformati

- 32 46 32

50 29 31 34

50 39 23 35

100 100 100 100(19) (40) (41) N=95

136 Come già affermato nel precedente paragrafo le altre attività sono principalmente riferite ainuovi settori di ricerca, attivati nel Centro della Trisaia in seguito al lungo processo di riconversioneiniziato negli anni ottanta.

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153

Con riferimento alle informazioni in possesso degli intervistati sulle at-tività nucleari svolte nel Centro della Trisaia (Tab. 31) si può osservare co-me la relazione con la valutazione economica del Centro non è lineare. Infatti,sia la maggioranza dei disinformati (43%) che la maggioranza dei mediamenteinformati assume un atteggiamento positivo, a fronte del 22% degli infor-mati. Mentre il 42% degli informati valuta abbastanza negativamente le ri-percussioni economiche del Centro, a fronte del 29% dei mediamente infor-mati e del 19% dei disinformati.

Alla luce dei dati presentati si può lecitamente asserire che coloro chepongono maggiore attenzione al processo di riconversione del Centro del-la Trisaia, e alle aspettative sociali che questo processo ha alimentato nellacomunità di riferimento, tendono a valutare positivamente le ripercussio-ni economiche del Centro stesso sul territorio, mentre coloro che pongonomaggiore attenzione alle attività nucleari, passate e presenti, ed alla “pro-

DimensioneEconomica

Chi-square = 6,158P.a.= 0,088Frequenza attesa Minima = 7,89

Livello di informazione sulle altre attività del

Centro della Trisaia

Mediamente

InformatiInformati TotaleDisinformati

Positiva

Negativa

Abbastanza

negativa

27 27 44 32

27 46 32 34

46 27 24 35

100 100 100 100(47) (27) (26) N=95

Tab. 30 -Valutazione delle ripercussioni economiche delle attività del Centro sul territorioper il livello di informazione sulle attività “non nucleari” del Centro (%)

Totale

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154

blematicità” legata a tali attività, tendono a valutare negativamente la dimensioneeconomica del Centro, in ultimo coloro che non sono in possesso di infor-mazioni sulle attività (tutte le attività) del Centro tendono, strutturando ilproprio atteggiamento su altre “informazioni”137, ad assumere una valuta-zione fortemente critica nei confronti del Centro (cfr. Tab. 29).

Un ulteriore controllo dell’importanza della dimensione cognitiva in re-lazione alla dimensione valutativa dell’atteggiamento può essere effettua-ta facendo ricorso alla relazione tra la valutazione economica del Centro el’interresse138 mostrato dagli intervistati al tema del Centro Enea. In questa

Tab. 31 - Valutazione delle ripercussioni economiche delle attività del Centro per il livellodi informazione sulle attività nucleari della Trisaia (%)

DimensioneEconomica

Chi-square = 5,884P.a.= 0,208Frequenze attese Minime = 6,63

Positiva

Negativa

Abbastanza

negativa

Totale

Mediamene

InformatiInformati TotaleDisinformati

43 42 22 32

19 29 42 34

38 29 36 35

100 100 100 100(53) (25) (22) N=95

Livello di informazione sulle altre attività nucleari delCentro

137 Si rimanda alla definizione del concetto di atteggiamento presentata nel capitolo precedente. 138 L’indice di interesse è stato ottenuto combinando le informazioni rilevate con le domande

numero 70, 31 e 46 del questionario allegato. In un primo momento si è proceduto con la com-binazione delle informazioni rilevate con la domanda 70, ossia sulla frequenza con la qua-le il tema del Centro Enea della Trisaia viene affrontato dagli intervistati in diversi contesti(quali la famiglia, gli amici, il lavoro), e con la sintesi delle informazioni delle domande 31e 46 sulla lettura di articoli di stampa e la visione di trasmissioni televisive che trattavanoil tema del Centro della Trisaia. Nella prima combinazione, domanda 71, gli “altamente in-teressati” sono risultati coloro che dichiaravano di parlare del Centro della Trisaia spesso in

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155

circostanza è possibile rilevare, dalla tabella 32, come l’aumento dell’inter-resse dimostrato dagli intervistati al tema sia accompagnato dalla tenden-za a valutare negativamente le ripercussioni economiche delle attività delCentro. Infatti, il 45% e il 32% di coloro che hanno un interesse medio-altovalutano, rispettivamente, abbastanza negativamente e negativamente le ri-percussioni economiche del Centro. Per quanto riguarda, invece, gli inter-vistati che hanno dimostrato un interesse medio-basso, possiamo notare co-me il 40% valuta positivamente l’impatto economico del Centro, a fronte del37% che lo valuta negativamente.

Per meglio comprendere la rilevanza della dimensione dell’interesse èutile procedere con l’analisi della relazione tra l’interesse dimostrato dagliintervistati al tema del Centro ed il possesso di informazioni sulle attivitàdi ricerca svolte nel Centro, anche in questo caso tenendo distinte le infor-mazioni riguardanti le attività nucleari dalle informazioni riguardanti le al-tre attività.

Nella tabella 33 si osserva come vi sia una forte attrazione tra il bassointerresse e la disinformazione, infatti, ben il 60% di coloro che nutrono unbasso interesse al tema del Centro sono disinformati sulle attività in setto-ri diversi dal nucleare che si svolgono nel Centro, contro il 23% degli infor-

uno dei contesti considerati, e qualche volta negli altri contesti; mentre sono stati classificaticome “mediamente interessati” se dichiaravano di parlare del Centro qualche volta nella mag-gioranza dei contesti; in ultimo sono stati considerati “scarsamente interessati” tutti coloroche dichiaravano di non parlare mai del Centro nella maggioranza dei contesti considera-ti. Per quanto riguarda la sintesi delle domande 31 e 46, gli “altamente interessati” sono co-loro che avevano letto e visto trasmissioni sul tema del Centro, i “mediamente informati” co-loro che hanno o letto articoli di stampa sul Centro o hanno visto trasmissioni, infine gli “scar-samente interessati” coloro che non hanno né letto articoli né visto trasmissioni sul Centro.Successivamente si è proceduto alla sintesi dei risultati ottenuti dalle precedenti combina-zioni. Sono risultati “altamente interessati” (medio-alto) coloro che erano stati classificati pre-cedentemente come “altamente interessati” in entrambe le combinazioni, coloro che eranostati classificati come “mediamente interessati” in una combinazione e “altamente interes-sati” nell’altra, infine coloro che sono stati classificati “mediamente interessati” in entram-be le combinazioni precedenti. La classe interesse “medio-basso” è costituita da quanti so-no stati classificati “scarsamente interessati” in entrambe le combinazioni precedenti, da quan-ti sono stati classificati come “scarsamente interessati” in una combinazione e “mediamen-te interessati” nell’altra, e da quanti sono stati classificati come “altamente interessati” in unacombinazione e “scarsamente interessati” nell’altra.

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156

mati. Per converso, invece, si osserva una quasi equi-distribuzione di coloroche hanno un alto interrese tra i disinformati, i mediamente informati e gliinformati.

Tab. 33 – Livello di informazione sulle attività di ricerca “non nucleari” svolte nel Centroper l’interesse mostrato al tema del Centro (%)

Tab. 32 - Valutazione delle ripercussioni economiche delle attività del Centro sul territorioper l’interesse mostrato al tema del Centro (%)

DimensioneEconomica

Chi-square = 11,598P.a.= 0,021Frequenza minima Attesa = 7,26

Positiva

Negativa

Abbastanza

negativa

Totale

23 40 32

45 23 34

32 37 35

100 100 100(49) (51) N=95

Interesse

Medio-alto Medio-basso Totale

Informazionisulle attivitàdel Centro

Chi-square = 8,651P.a.=0,013Frequenza attesa Minima = 12,37

Disinformati

Informati

Mediamente

Informati

Totale

32 60 46

38 17 27

30 23 26

100 100 100(49) (51) N=95

Interesse

Medio-alto Medio-basso Totale

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157

Con riferimento alle informazioni sulle attività nucleari del Centro(Tab. 34), si può osservare come, inversamente a quanto osservato prece-dentemente, esiste una significativa attrazione tra alto interesse e informazione,ed un sostanziale quasi equilibrio tra l’interesse medio-basso ed il livello diinformazione sulle attività nucleari (33%, 31% e 36%). Il 72% di coloro chehanno un alto interesse sono informati sulle attività nucleari del Centro, afronte del 33% di coloro che hanno un basso interesse.

Informazioniattività nuclearidel Centro

Chi-square = 16,019P.a.=0,00Frequenza attesa Minima = 10,39

Informati

Disinformati

Mediamente

Informati

Totale

Interesse

Medio-alto Medio-basso Totale

Tab. 34 – Livello di informazione sulle attività nucleari del Centro per l’interesse mostratoal tema del Centro (%)

Alla luce dei dati presentati si può inferire che l’interesse degli intervistatiè fortemente legato alle attività del Centro maggiormente percepite come “preoc-cupanti”, quali le attività nucleari dello stesso. Inoltre, tenendo presente leinformazioni impiegate per la costruzione della variabile interesse, possia-mo affermare che coloro che hanno un alto interesse parlano con maggio-re frequenza e hanno letto articoli e/o visto trasmissioni che trattavano il Centro,prevalentemente centrato sulle attività nucleari dello stesso. In conclusio-ne la problematicità che gli intervistati associano alle attività nucleari, por-tano gli stessi ad interessarsi, a “ricercare” nuove informazioni su tali atti-

72

19

9

100(49)

53

31

36

100(51)

53

25

22

100N=95

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158

vità sia nei contesti sociali (amicali e parentali), sia su stampa e televisione. Passiamo ora ad esaminare la relazione tra la dimensione cognitiva e

la dimensione valutativa dell’atteggiamento nei confronti della gestione deirifiuti radioattivi custoditi nel Centro. In questo caso per gli inconvenientiverificatesi in fase di somministrazione della batteria degli items utilizzataper rilevare la dimensione valutativa, come descritto precedentemente, lavalutazione nei confronti della gestione dei rifiuti radioattivi è stata ottenutalungo il continuum critici139 non-critici, utilizzando due items della batteria.Nella tabella 35 si osserva come oltre la metà degli intervistati (53%) valu-ta criticamente la gestione dei rifiuti radioattivi custoditi nel Centrodella Trisaia.

Tab.35 - Valutazione della gestione dei rifiuti Radioattivi custoditi nel Centro della Trisaia

N %

Non-critica 45 47

Critica 50 53

Totale 95 100

Anche in questo caso è utile procedere con l’analisi della dimensionedella valutazione della gestione dei rifiuti del Centro con l’altra dimensio-ne dell’atteggiamento . Nella prima tabella riportata (Tab. 36) si osserva co-me il possesso di informazioni riguardanti il tipo di rifiuti radioattivi è in re-lazione con la valutazione critica della presenza e gestione dei rifiuti custoditinel Centro. La maggioranza dei disinformati (67%) valuta in modo non cri-tico la gestione dei rifiuti radioattivi, contro il 41% dei mediamente informati

139 Considerando i due items impiegati per la costruzione di questa dimensione valutativa, l’i-tems numero 53 e 56, (si rimanda ovviamente al paragrafo secondo di questo capitolo peravere un quadro della distribuzione delle risposte degli intervistati alla batteria degli items),coloro che assumono un atteggiamento critico nei confronti della gestione dei rifiuti radioattiviconsiderano i rifiuti radioattivi custoditi in Trisaia la scomoda eredità da lasciare ai proprifigli e la gestione dei rifiuti del Centro fonte di preoccupazione per la comunità.

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159

e il 25% degli informati. Per converso, possiamo notare come la maggioranzasia dei mediamente informati (59%) che degli informati (75%) valuta criti-camente la presenza e la gestione dei rifiuti radioattivi a fronte del 33% deidisinformati.

Tab. 36 - Valutazione della gestione dei rifiuti radioattivi custoditi nel Centro per il livellodi informazione sui rifiuti radioattivi custoditi nel Centro della Trisaia (%)

DimensioneRifiutiRadioattivi

Chi-square =11,226P.a.= 0,004Frequenze minima Attesa = 11,37

Non critica

Critica

Totale

Mediamene

InformatiInformati TotaleDisinformati

67 41 25 47

33 59 75 53

100 100 100 100(41) (34) (25) N=95

Livello di informazione sui rifiuti radioattivi custoditinelCentro della Trisaia

Per quanto riguarda la relazione con la dimensione dell’interesse, an-che in questo caso possiamo osservare come vi sia una forte attrazione trabasso interesse e valutazione non-critica in merito alla gestione dei rifiuti ra-dioattivi, mentre per converso l’alto interesse è connesso con la valutazio-ne critica (Tab. 37).

In particolare, è possibile notare come il 62% di coloro che hanno unbasso interesse non consideri la gestione dei rifiuti radioattivi come unascomoda eredità e non sia preoccupato per la loro gestione. Invece il 68%di coloro che hanno dimostrato un alto interesse al tema dell’Enea espri-me il parere opposto.

Anche in questo caso, come si è visto per il precedente oggetto dell’at-teggiamento, vi è una forte relazione tra l’interesse degli intervistati e il pos-

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160

sesso di informazioni sul tipo di rifiuti radioattivi custoditi nel Centro del-la Trisaia. Con l’aumentare dell’interesse, infatti, cresce l’informazione in pos-sesso degli intervistati sui rifiuti, come si può vedere dalla tabella riporta-ta di seguito (Tab. 38). Infatti il 43% dei soggetti classificati con un interes-se medio-alto è da ritenersi informato, mentre il 56% di quanti hanno mo-strato un interesse medio-basso è da considerare disinformato.

Tab. 37 -Valutazione della gestione dei rifiuti radioattivi custoditi nel Centro per l’interes-se mostrato al tema del Centro (%)

Tab. 38 - Livello di informazione sui rifiuti radioattivi custoditi nel Centro della Trisaia perl’interesse degli intervistati al tema del Centro (%)

Dimensionerifiuti radioattivi

Chi-square = 8,910P.a.=0,003FrequenzaminimaAttesa = 22,26

Critica

Non critica

Totale

32 62 47

68 38 53

100 100 100(49) (51) N=95

Interesse degli intervistati

Medio-alto Medio-basso Totale

Informazionisui rifiuti radioattivi custoditi nelCentro

Chi-square = 16,552P.a.=0,000Frequenza minimaattesa=11,87

Informati

Disinformati

Mediamente

Informati

Totale

43 8 25

32 36 34

9 36 22

100 100 100(49) (51) N=95

Interesse degli intervistati

Medio-alto Medio-basso Totale

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161

In conclusione, è possibile asserire che la strutturazione dell’atteggia-mento nei confronti della dimensione economica e della dimensione dei ri-fiuti radioattivi del Centro della Trisaia, si basa fondamentalmente sulla di-mensione cognitiva. A tal proposito si è evidenziato come, per quanto riguardala valutazione dell’impatto economico, svolgano un ruolo diverso il livel-lo di informazione concernente le attività nucleari del Centro e quello rife-rito alle attività di riconversione (le “altre attività”). Inoltre, con riferimen-to alla dimensione dell’interesse, si è registrato come tale dimensione sia as-sociata alle attività che possono creare maggiore preoccupazione. Gli intervistati,infatti, sono maggiormente interessati, alle attività nucleari e a quelle lega-te ai rifiuti radioattivi, mentre tendono a non essere interessati alle “nuove”attività, frutto del processo di riconversione, in quanto, come dimostrano irisultati sui rischi per la salute connessi con alcune di queste attività (cfr. Tabb.9 e 10 ), esse vengono considerate come non pericolose.

In ultimo è importante considerare la relazione tra i due oggetti del-l’atteggiamento. Un primo problema dell’analisi della relazione è di tipo teo-rico, riguardante il verso della relazione140. In base ad alcune considerazio-ni ed analisi svolte nei paragrafi precedenti è lecito supporre che la dimensioneeconomica abbia acquisito nella mappa cognitiva degli intervistati una ri-levanza particolare. Già precedentemente, infatti, per quanto riguarda l’a-nalisi dei principali problemi che il comune di Rotondella avrebbe dovutoaffrontare prioritariamente, secondo la valutazione degli intervistati, si è vi-sto come l’attenzione dei rispondenti si sia concentrata particolarmente suproblemi di carattere socio-economico, quali la disoccupazione giovanile elo spopolamento del paese (cfr. Tab. 19). Tale riscontro è da mettere in rela-zione alla condizione storico-sociale di “arretratezza” dell’area territorialedi cui fa parte la comunità di Rotondella. Ma queste considerazioni di ca-rattere “situazionale” devono sicuramente essere ricollegate anche alla sto-

140 In ragione di questo, nella costruzione della tabella 39 si è proceduto a percentualizzare i da-ti sia verso i marginali di colonna, sia verso i marginali di riga.

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ria del Centro ed alle aspettative sociali che, in un primo momento, la lo-calizzazione e, successivamente, la riconversione del Centro, hanno gene-rato e alimentato nella comunità di riferimento. Sarebbe legittimo, quindi,sulla scorta di queste considerazioni interpretare il verso della relazione con-siderando come indipendente la dimensione economica e dipendente la di-mensione dei rifiuti radioattivi. La tabella 39 mostra come ben il 77% di quan-ti valutano positivamente le ripercussioni economiche del Centro sianoportatori di una valutazione non-critica nei riguardi della gestione dei rifiutiradioattivi, contro il 23% che valutano criticamente tale gestione. Per con-verso, invece, e in misura quasi inversamente proporzionale, il 73% diquanti valutano negativamente la dimensione economica del Centro sonoportatori di una valutazione critica nei riguardi della gestione dei rifiuti ra-dioattivi. L’atteggiamento nei riguardi della dimensione economica delCentro della Trisaia è ipotizzabile, quindi, che svolga, nella mappa cogni-tiva degli intervistati, il ruolo di “schema percettivo”.

Tab. 39 - Valutazione della dimensione economica del Centro per la valutazione della dimensionedei rifiuti radioattivi (%)

DimensioneEconomica

Chi-square = 16,258P.a.= 0,000Frequenza minima Attesa = 14,21

Positiva

Negativa

Abbastanza

negativa

Totale

Dimensione rifiuti radioattivi

Critica TotaleNon critica

77 23 10051 14 32

41 59 10029 38 34

27 73 10020 48 35

47 53 100100 100 N=95

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In conclusione, la mancanza di benefici economici associate alle attivitàdel Centro della Trisaia, ulteriormente accentuata dalla condizione “stori-co-sociale” di “arretratezza” della comunità di Rotondella, interviene nel pro-cesso di rappresentazione psico-sociale elaborato dai membri della comu-nità, facendo percepire le attività legati ai rifiuti radioattivi nella propria “nu-dità”, con il loro carico di pericolo e di preoccupazione.

Sulla scorta di queste considerazioni si è costruita un’unica variabile diatteggiamento: il 24% valuta favorevolmente il Centro, con riferimento siaalla dimensione economica sia alla dimensione dei rifiuti radioattivi, il31%, gli incoerenti, assume una posizione di incertezza, mentre il restante45% assume una posizione nettamente sfavorevole con riguardo a en-trambe le dimensioni del Centro considerate.

Tab. 40 - Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro

N %

Favorevole 23 24

Incoerente 29 31

Sfavorevole 43 45

Totale 95 100

L’atteggiamento in un’ottica generale

In questa sezione vengono presentate le relazioni tra l’atteggiamento com-plessivo ed ulteriori fattori, alcuni considerati come dipendenti altri, inve-ce, come indipendenti. Le variabili in questione sono riconducibili a cinquearee tematiche, ossia alla valutazione dell’interesse al tema del Centro Eneadella collettività; alla sensibilità “ambientale” mostrata dagli intervistati neiconfronti di alcuni temi fondamentali (l’inquinamento, l’energia nucleare edi rifiuti radioattivi); alle informazioni in possesso degli intervistati sia in ge-nerale sui rifiuti radioattivi che sulle reazioni di protesta e sulle inchieste giu-diziarie che hanno coinvolto il Centro; in ultimo, alla valutazione della co-municazione del Centro Enea della Trisaia.

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Con riferimento alla prima area tematica (la valutazione dell’interessedella collettività) possiamo osservare come la maggioranza dei risponden-ti di tutte le classi dell’atteggiamento (favorevole, incoerente e sfavorevole),in misura diversa, valuta del tutto insoddisfacente l’interesse mostrato al te-ma del Centro dall’amministrazione comunale. Ben l’86% degli intervista-ti che sono portatori di un atteggiamento sfavorevole valuta l’interessedell’amministrazione del tutto insoddisfacente, contro il 2% che valutal’interesse soddisfacente ed il 24% che lo giudica insoddisfacente. Il 52% deifavorevoli valuta l’interesse dell’amministrazione del tutto insoddisfacen-te, mentre il 35% lo valuta soddisfacente.

La medesima distribuzione, in termini numerici leggermente diversa,si osserva nella tabella riportata di seguito tra l’atteggiamento e la valuta-zione dell’interesse dei concittadini dell’intervistato al tema del Centro(Tab. 41). Unica eccezione è la distribuzione degli intervistati che sono por-tatori di un atteggiamento favorevole, infatti la maggioranza (39%) valutal’interesse dei concittadini soddisfacente, contro il 31% che lo valuta in-soddisfacente e il 30% che lo giudica del tutto insoddisfacente.

Tab. 41 - Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro della Trisaia per la valutazionedell’interesse dell’amministrazione comunale (%)

AttegiamentocomplessivoChi-square =16,948P.a.= 0,002Frequenze minima Attesa = 3,874 celle inferiori a 5

Favorevole

Incoerente

Totale

InsoddisfacenteDel tutto

insoddisfacenteTotaleSoddisfacente

35 17 48 100 (21)

24 24 52 100 (31)

2 12 86 100 (45)

17 17 66 100N=95

Interesse dell’amministrazione comunale

Sfavorevole

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Alla luce dei dati riscontrati si potrebbe sostenere che coloro che han-no una posizione nettamente “critica” (sfavorevole) nei confronti del Centroauspicano un interesse della collettività adeguato e volto a far fronte alla “pro-blematicità” del Centro, in altri termini gli intervistati proiettano sulla col-lettività la loro “mappa cognitiva”, la loro rappresentazione psico-sociale delCentro al fine di risolvere la situazione di disagio. Mentre per coloro che giu-dicano il Centro “incoerentemente” è ipotizzabile che la loro richiesta di in-teresse da parte della collettività sia rivolta fondamentalmente alla rivalu-tazione del Centro della Trisaia come una risorsa per la collettività; questaipotesi è supportata dallo schema di costruzione di questa classe dell’at-teggiamento complessivo, infatti, come si è descritto nel paragrafo precedente,quest’ultima risulta in gran misura formata da coloro che valutano negati-vamente la dimensione economica del Centro e non criticamente la di-mensione dei rifiuti radioattivi.

Passiamo ora ad esaminare la relazione tra la variabile relativa alle infor-mazioni generali sui rifiuti radioattivi in possesso degli intervistati e l’at-teggiamento verso il Centro (Tab. 43). In generale si può affermare che siagli informati che i disinformati-apocalittici tendono a valutare in modo si-

Tab. 42 - Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro per la valutazione dell’inte-resse dei concittadini dell’intervistato (%)

AttegiamentocomplessivoChi-square =19,414P.a.= 0,001Frequenze minima Attesa = 4,362 celle inferiore a 5

Favorevole

Incoerente

Totale

InsoddisfacenteDel tutto

insoddisfacenteTotaleSoddisfacente

39 31 30 100 (24)

28 14 59 100 (31)

3 21 77 100 (45)

21 19 60 100N=95

Interesse dell’amministrazione comunale

Sfavorevole

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mile (sfavorevolmente) il Centro della Trisaia. Infatti, il 51% degli informatie il 56% dei disinformati-apocalittici giudica negativamente il Centro del-la Trisaia con riferimento ad entrambe le dimensioni: quella economica e quel-la dei rifiuti radioattivi. I disinformati, invece, tendono ad assumere un at-teggiamento favorevole. Infatti, 47% è portatore di un atteggiamento favo-revole, contro il 37% che assume un atteggiamento incoerente ed il 16% cheassume un atteggiamento sfavorevole.

Tab. 43 - Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro per il livello di informazionegenerale sui rifiuti radioattivi (%)

AttegiamentocomplessivoChi-square =10,440P.a.= 0,034Frequenze minima Attesa = 4,601 celle inferiore a 5

Favorevole

Incoerente

Totale

Disiformati Disiformatiapocalittici

TotaleInformati

20 47 15 24

29 37 30 31

51 16 56 45

100 100 100 100(52) (20) (28) N=95

Livello di informazione generale sui Rifiuti Radioattivi

Sfavorevole

Tale riscontro mette in evidenza come le informazioni in possesso de-gli intervistati su temi legati all’oggetto dell’atteggiamento, in questo casoil livello di informazione sui rifiuti radioattivi in generale, subiscano un pro-cesso di “risignificazione”. Sia gli informati che i disinformati-apocalittici,rispetto al Centro della Trisaia, sono portatori dello stessa valutazione; è ipo-tizzabile, quindi, che re-interpretano le informazioni in loro possesso sui ri-fiuti, attribuendogli lo stesso significato di “pericolo”. Questa dinamica è rap-presentabile metaforicamente come un “corto circuito”, infatti, i poli oppostidella dimensione utilizzati per classificare il livello di informazione degli in-

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tervistati, gli informati e i disinformati-apocalittici, ossia i possessori di infor-mazioni “scientificamente corrette” e coloro che detengono informazioni suirifiuti radioattivi che accentuano la loro pericolosità, sono portatori della stes-sa valutazione verso il Centro.

Come si è visto precedentemente per le informazioni generali sui rifiutiradioattivi, anche la variabile concernente il possesso di informazioni sul-le passate reazioni di protesta nei confronti del Centro e sulle inchieste giu-diziarie che lo hanno coinvolto è in relazione con l’atteggiamento (Tab. 44).Chi non è informato su queste vicende del Centro (il 46%) valuta positiva-mente il Centro, a fronte del 12% dei mediamente informati e del 17% de-gli informati. Invece, chi è mediamente informato e/o informato su questevicende propende a valutare sfavorevolmente il Centro (rispettivamente nel50% e nel 54% dei casi).

Tab. 44 - Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro per il livello di informazio-ne sulle reazioni di protesta e sulle inchieste che hanno coinvolto il Centro della Trisaia (%)

AttegiamentocomplessivoChi-square =11,589P.a.= 0,021Frequenze minima Attesa = 6,78

Favorevole

Incoerente

Totale

Mediamenteinformati Informati TotaleDisinformati

46 12 17 24

25 38 29 31

29 50 54 45

100 100 100 100(29) (34) (37) N=95

Interesse dell’amministrazione comunale

Sfavorevole

Un’altra variabile in relazione con l’atteggiamento è relativa alla valu-tazione della comunicazione che il Centro della Trisaia mette in atto per infor-mare la comunità di Rotondella sulle eventuali attività pericolose che in es-

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so si svolgono (Tab. 45). Generalmente chi è portatore di un atteggiamentosfavorevole verso il Centro afferma, nel 79% dei casi, che il Centro non met-te in atto nessuna strategia comunicativa per informare la comunità diRotondella, contro il 7% che valuta le strategie comunicative positivamen-te. Per converso gli intervistati portatori di un atteggiamento favorevole va-lutano positivamente la comunicazione del Centro e/o non conoscono le stra-tegie comunicative messe in atto da esso (rispettivamente nel 39% e nel 44%dei casi). Per quanto riguarda i rispondenti che assumono un atteggia-mento incoerente possiamo notare come il 39% valuta positivamente le stra-tegie comunicative e il 41% dichiara che il Centro non mette in atto nessu-na strategia di comunicazione.

Tab. 45. Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro per la valutazione della comunicazionemesse in atto dal Centro della Trisaia per informare la comunità di Rotondella(%)

AttegiamentocomplessivoChi-square =27,230P.a.= 0,000Frequenze minima Attesa = 5,33

Favorevole

Incoerente

Totale

Mediamenteinformati Informati Totale

Presenza di comu-nicazioine e valu-tazione positiva

39 17 44 100 (24)

38 41 20 100 (31)

7 79 14 100 (45)

24 53 23 100N=95

Valutazione della comunicazione del centro della Trisaia

Sfavorevole

Questa relazione mette in evidenza l’importanza della “comunicazio-ne sul rischio” con riferimento a delle attività che vengono maggiormentepercepite dagli attori sociali come “problematiche”. Nel caso specifico, in-fatti, gli intervistati portatori di un atteggiamento non-favorevole (gli incoerenti

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e gli sfavorevoli), è ipotizzabile che tendano a considerare il “silenzio” co-municativo del Centro come un’ammissione di “colpa” sulla pericolosità dialcune attività che si svolgono in esso. Bisogna dire, però, che negli ultimianni il Centro ha attivato, in seno alla sua organizzazione, un apposito uf-ficio di relazione con il pubblico con l’obiettivo di fornire le informazioni sul-le attività dell’impianto Itrec, e sulla gestione dei rifiuti radioattivi, nonchédi preparare resoconti documentali su questo; inoltre occorre ricordare l’e-sistenza di una commissione paritetica costituita sia dal comune di Rotondellache dal Centro per istituire una via privilegiata di comunicazione tra l’Eneae la comunità. Queste strategie comunicative presuppongono, però, unruolo dell’attore sociale, nel caso specifico dei membri della comunità diRotondella, “attivo”, nel senso che sono loro che devono mobilitarsi per infor-marsi presso l’apposito ufficio istituita dall’ente, richiedendo i resoconti do-cumentali. Dai dati appena forniti è lecito inferire che queste strategie co-municative non adempiono al compito previsto.

Tab. 46 - Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro per la sensibilità degli intervistatisu alcune questioni generali ( il nucleare, i rifiuti radioattivi e l’inquinamento) (%)

AttegiamentocomplessivoChi-square =34,899P.a.= 0,000Frequenze minima Attesa = 7,26

Favorevole

Incoerente

Totale

Media Alta TotaleBassa

57 17 3 24

27 43 23 31

16 40 74 45

100 100 100 100(31) (32) (37) N=95

Sensibilità ambientale

Sfavorevole

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Passiamo ora ad esaminare la relazione esistente tra la sensibilità am-bientale141 e l’atteggiamento (Tab. 46). La relazione tra le due variabili è “li-neare”, infatti con l‘aumentare della sensibilità ambientale si tende ad assumereun atteggiamento negativo verso il Centro, i picchi modali delle singole di-stribuzioni (57%, 43% e 74%) si ripartiscono lungo la diagonale principale.Ben il 74% di coloro che sono stati classificati come portatori di un’alta sen-sibilità ambientale assumono un atteggiamento sfavorevole verso il Centrodella Trisaia, a fronte del 3% dei favorevoli. Per converso il 57% di coloro chehanno una bassa sensibilità ambientale sono portatori di un atteggiamen-to favorevole, a fronte del 16% dei sfavorevoli.

La percezione del rischio tra ambiente e salute

In questa sezione si analizzano le relazioni tra le due variabili del rischio(il rischio ambientale e il rischio per la salute) attribuito al Centro della Trisaiacon altri fattori considerate, a seconda dei casi indipendenti o dipendenti.Con riferimento al rischio per l’ambiente vengono esaminate le relazioni condue variabili riconducibili a due aree tematiche, ossia al livello di informa-zione sui rifiuti radioattivi e al livello di informazioni sulle reazioni di pro-testa e sulle inchieste che hanno coinvolto il Centro della Trisaia.

141 Questo indice è ottenuto combinando le informazioni ottenute dalle domande 63 (specifi-camente l’aspetto riferito alla valutazione dell’importanza dell’inquinamento), 77 e 79. In unprimo momento si è proceduto ad aggregare le modalità di valutazione dell’importanza at-tribuita dagli intervistati alla questione dell’inquinamento, concretamente sono stati aggregatii valori numerici da 0 a 2 in unica modalità ed è stata tenuta la modalità che utilizzava il va-lore numerico 3. Successivamente si è proceduto combinando queste informazioni con l’at-teggiamento nei confronti dell’energia nucleare e dei rifiuti radioattivi. La classe “alta sen-sibilità” è costituita da coloro che attribuiscono alla questione dell’inquinamento la massi-ma importanza, che sono contrari all’utilizzo del nucleare e considerano i rifiuti radioatti-vi pericolosi anche se custoditi. La categoria “media sensibilità” è rappresentata da coloroche sono contrari al nucleare, considerano i rifiuti radioattivi pericolosi anche se custoditie non attribuiscono all’inquinamento la massima importanza, e da quanti attribuiscono lamassima importanza all’inquinamento e/o sono contrari al nucleare o considerano i rifiu-ti radioattivi pericolosi anche se custoditi. L’ultima classe, “bassa sensibilità” è ottenuta peresclusione. Rientrano in essa infatti coloro che non attribuiscono all’inquinamento la mas-sima importanza, che sono favorevoli al nucleare e che considerano i rifiuti radioattivi pe-ricolosi, pur ritenendo che una loro corretta gestione diminuisca la loro pericolosità, e dal-le restanti combinazioni.

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Dalla tabella riportata (Tab. 47) si può osservare come tra il livello (e iltipo) di informazioni sui rifiuti radioattivi e l’individuazione nel Centro Eneadella Trisaia di un impianto industriale a rischio esiste una relazione. Sia lamaggioranza degli intervistati classificati come informati sia la maggioran-za dei rispondenti classificati come disinformati-apocalittici, infatti, attribui-scono al Centro un significato di rischio, di pericolo per l’ambiente (rispet-tivamente il 69% e il 67% dei casi). Per converso, si può osservare come lamaggior parte dei disinformati (63%) tende a non attribuire al Centro del-la Trisaia un rischio per l’ambiente. Tali dati confortano le interpretazioni con-dotte precedentemente con riferimento alla relazione tra il livello di infor-mazione sui rifiuti radioattivi e l’atteggiamento complessivo verso il Centro(cfr. Tab 43). Anche in questo caso, infatti, coloro che sono in possesso di infor-mazioni sui rifiuti radioattivi “scientificamente corrette” attribuiscono al Centrodella Trisaia lo stesso significato di pericolo assunto da coloro che sono sta-ti classificati come disinformati-apocalittici.

Tab. 47 - Valutazione della presenza di impianto industriali a rischio sul territorio provin-ciale per il livello di informazione sui rifiuti radioattivi (%)

Valutazionedella presenzadi impiantiindustriali a rischio sul territorio provinciale

Chi-square =6,495P.a.= 0,039Frequenze minima Attesa = 7,20

Altre risposte

Totale

Disinformati Disiformatiapocalittici

TotaleInformati

Livello di informazione sui rifiuti radioattivi

Enea dellaTrisaia

31

69

100(52)

63

37

100(20)

33

67

100(28)

38

62

100N=95)

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Si passa ora ad esaminare la seconda relazione tra il rischio per l’am-biente e la variabile concernente il livello di informazione sulle reazioni diprotesta e sulle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto il Centro della Trisaia.È possibile osservare come al crescere del livello di informazione cresce l’at-tribuzione di rischio per l’ambiente al Centro della Trisaia. Il 71% degli infor-mati sulle reazioni di protesta e sulle inchieste giudiziarie riconosce nel Centrodi ricerca della Trisaia il principale impianto industriale a rischio presentesul territorio provinciale. Per converso la netta maggioranza dei disinformati(61%) non attribuisce al Centro della Trisaia un rischio per l’ambiente.

Tab. 48 - Valutazione della presenta sul territorio provinciale di impianti industriali a rischioper il livello di informazione sulle reazioni di protesta e sulle inchieste giudiziarie che han-no coinvolto il Centro della Trisaia (%)

Valutazionedella presenzadi impiantiindustriali a rischio sul territorio provinciale

Chi-square =9,727P.a.= 0,008Frequenze minima Attesa =10,61

Altre risposte

Totale

Mediamenteinformati Informati TotaleDisinformati

61 34 23 38

39 66 71 62

100 100 100 100(29) (34) (37) N=95

Livello di informazione sulle reazioni di protesta e sulle inchiestegiudiziarie che hanno coinvolto il Centro della Trisaia

Enea dellaTrisaia

In questo caso è legittimo ipotizzare che le informazioni sulle reazionidi protesta e sulle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto il Centro ven-gano interpretate dagli intervistati come “testimonianze” della pericolositàe della non corretta gestione del Centro stesso. Già precedentemente, infatti,si era considerato l’importanza di queste informazioni nell’assunzione del-l’atteggiamento (cfr. Tab. 44), e si era osservato come sia la maggioranza de-

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gli informati che la maggioranza dei mediamente informati valutavano sfa-vorevolmente il Centro della Trisaia.

Passiamo ora alla valutazione del rischio per la salute attribuito alle “re-sidue” attività nucleari142 che si svolgono nel Centro della Trisaia; si prendonoin esame le relazioni con la variabile relativa alla sensibilità ambientale de-gli intervistati nei confronti di alcuni temi fondamentali (il nucleare, i rifiutiradioattivi e l’inquinamento) e la variabile riferita alla valutazione delle stra-tegie comunicative messe in atto dal Centro della Trisaia per informare la co-munità di Rotondella sull’eventuale pericolosità di alcune attività che si svol-gono in esso. Dalla tabella 49 si può osservare come la maggioranza dei ri-spondenti di tutte le classi della sensibilità ambientale (bassa, media ed al-ta) attribuisce alle attività nucleari un rischio alto per la salute di chi ci abi-ta nelle vicinanze. Si vuole mettere in evidenza, però, che con l’aumentaredella sensibilità ambientale aumentano numericamente coloro che attribuisconoun rischio massimo per la salute alle attività nucleari; infatti si passa dal 53%di coloro che hanno una bassa sensibilità all’80% di coloro che hanno un’al-ta sensibilità per i temi dell’inquinamento, dell’energia nucleare e per i ri-fiuti radioattivi.

Con riferimento alla relazione tra la valutazione delle strategie comu-nicative messe in atto dal Centro della Trisaia e l’attribuzione del rischio perla salute associato alle attività nucleare, la tabella riportata (Tab. 50), mostracome per gli intervistati che associano un rischio medio-basso alle attivitànucleari sia poco importante la dimensione della valutazione delle strate-gie comunicative, infatti, si distribuiscono quasi equamente tra le tre clas-si della valutazione. Mentre è interessante rilevare come la netta maggioranza

142 Questo indice è stato costruito combinando le informazioni rilevate per mezzo delle domande17 e 18 (cfr. questionario allegato), precisamente le informazioni concernente la valutazio-ne del rischio per la salute connesso alle attività nucleari (impianto di solidificazione dei ri-fiuti, le attività di decomissioning e le attività di custodia e gestione di rifiuti radioattivi). Laclasse “rischio alta” è costituita da quanti hanno associato a tutte le attività nucleari consi-derate il massimo rischio per la salute. La restante classe “rischio medio-basso” è stata ot-tenuta per esclusione. Per avere un quadro delle singole distribuzioni di risposte per atti-vità/impianto considerato si rimanda al paragrafo 2 di questo capitolo.

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dei rispondenti che attribuisce un rischio per la salute alto alle attività nu-cleari dichiara che il Centro della Trisaia non mette in atto nessuna strate-gia comunicativa (il 63%). Questo riscontro rafforza, come si è evidenziatoprecedentemente per l’atteggiamento (cfr. Tab. 45), la rilevanza della “co-municazione sul rischio”. Infatti, per le attività maggiormente percepite co-me “problematiche” gli intervistati fanno affidamento anche sulle strategiecomunicative messe in atto dall’ente gestore dell’impianto.

Tab. 49 – Valutazione del rischio per la salute attribuito alle attività nucleari per il livello disensibilità mostrato su alcuni temi, quali il nucleare, i rifiuti radioattivi e l’inquinamento (%)

Tab. 50 - Valutazione del rischio per la salute attribuito alle attività nucleari per la valuta-zione delle strategie comunicative messe in atto dal Centro della Trisaia (%)

Valutazionedel rischioper la salute attribiuto alle attività nucleari

Chi-square =5,367P.a.= 0,068Frequenze minima Attesa = 9,47

Medio-basso

Totale

Media Alta TotaleBassa

47 30 20 32

53 70 80 68

100 100 100 100N=95

Livello di sensibilità ambientale

Alto

Valutazionedel rischioper la salute attribiuto alle attività nucleari

Chi-square =9,229P.a.= 0,010Frequenze minima Attesa =6,95

Medio-basso

Totale

Nessuna comunicazione Non so Totale

Presenza dicomunicazionee valutazione

positiva

33 30 37 100 (32)

20 63 17 100 (68)

24 53 23 100N=95

Valutazione della comunicazione dell’Enea

Alto

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In conclusione si analizza la relazione tra le rappresentazioni psico-so-ciali (dell’atteggiamento e della percezione del rischio) elaborate dai mem-bri della comunità di Rotondella nei riguardi del Centro della Trisaia. Un pri-mo problema nell’analisi di entrambe le relazioni è di natura teorica, con-cernete il verso della relazione143. Sulla scorta di alcune considerazioni ed ana-lisi svolte nei paragrafi precedenti (cfr. Tabb. 19 e 39) si è evidenziato comenella mappa cognitiva degli intervista la dimensione economica abbia as-sunto una rilevanza particolare. Per questo, tenendo presente le dimensio-ni considerate per la costruzione della variabile riferita all’atteggiamento com-plessivo, sarebbe legittimo interpretare l’atteggiamento complessivo comeindipendente e la variabile riferita al rischio come dipendente. In altri ter-mini tale scelta è giustificata dall’ampio spettro di fenomeni che vengono“ordinati” con il concetto di atteggiamento complessivo verso il Centro, edall’importanza che tali fenomeni-dimensioni hanno acquistato nella map-pa cognitiva degli intervistati.

Con riferimento alla prima relazione ( Tab. 51), tra l’atteggiamentocomplessivo e l’attribuzione di un rischio per l’ambiente, si può notare co-me vi sia una forte attrazione tra l’atteggiamento favorevole e il non indi-viduare nel Centro della Trisaia il principale impianto industriale a rischiopresente sul territorio provinciale. Il 52% dei favorevoli, infatti, fornisce “al-tre risposte”, contro il 48% che individua nel Centro della Trisaia un impiantoindustriale a rischio. Per converso, il 70% degli intervistati che sono porta-tori di un atteggiamento favorevole riconosce nel Centro della Trisaia un im-pianto industriale a rischio, contro il 30% che fornisce “altre risposte”.

Passando all’analisi della relazione tra l’atteggiamento complessivo ver-so il Centro e il rischio per la salute connesso alle “residue” attività nucleariche si svolgono in esso, si può osservare (Tab. 52) come la maggioranza deifavorevoli (52%) attribuisce alle attività nucleari un rischio per la salute me-

143 In ragione di questo, nella costruzione delle tabelle 51 e 52 si è proceduto a percentualizzarei dati sia verso i marginali di colonna, sia verso i marginali di riga.

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dio-basso, contro il 48% che associa un rischio alto alle stesse attività. Per con-verso sia la maggioranza degli incoerenti, sia la maggioranza degli sfavo-revoli attribuisce alle attività nucleari un rischio alto per la salute di chi abi-ta nella vicinanze (rispettivamente il 72% e il 77% dei casi).

In ultimo, con riferimento ad entrambe le tabelle presentate (Tabb. 51e 52), si vuole far notare come la distribuzione di coloro che sono portato-ri di un atteggiamento favorevole verso il Centro, assumono sostanzialmente,lungo le classi della valutazione del rischio di entrambe le variabili consi-derate, gli stessi valori numerici. Sulla scorta di questa considerazione è pos-sibile affermare che l’atteggiamento verso il Centro svolga un ruolo dischema percettivo nella mappa cognitiva degli intervistati.

Tab. 51 - Atteggiamento complessivo verso il Centro per la valutazione della presenzasul territorio provinciale di impianti industriali a rischio impianto industriale (%)

Attegiamentocomplessivo

Chi-square = 3,065P.a.= 0,216Frequenza minima Attesa = 8,72

Favorevole

Sfavorevole

Incoerente

Totale

Valutazione sulla presenza sul territorio provin-ciale di impianti industriali a rischio

Enea della

TrisaiaTotale

Altre

risposte52 48 100

33 19 24

38 62 10031 30 31

30 70 10036 51 45

100 100 10038 62 N=95

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Le relazioni tra le rappresentazioni psico-sociale e la partecipazione politica, il livello

culturale e la condizione professionale degli intervistati

In conclusione prima di procedere allo svolgimento di alcune considerazionisulla scorta dell’analisi condotta nei paragrafi precedenti è utile sofferma-re l’attenzione su alcune relazioni tra i processi di rappresentazione psico-sociale (percezione del rischio e atteggiamento), elaborati dagli intervista-ti nei confronti del Centro, e alcune variabili considerate teoricamente rile-vanti alla luce del quadro situazionale descritto nei capitoli iniziali riguar-danti la “Storia del Centro”. Le variabili prese in considerazione concerno-no la partecipazione politica, il livello culturale e la condizione professionale.

Tab.52 - Atteggiamento complessivo verso il Centro della Trisaia per la valutazione del ri-schio per la salute attribuito alle attività nucleari (%)

Attegiamentocomplessivo

Chi-square = 6,108P.a.= 0,046Frequenza minima Attesa = 7,26

Favorevole

Sfavorevole

Incoerente

Totale

Valutazione del rischio per la salute attribuito alleattività nucleari

Alto TotaleMedio

basso52 48 100

40 17 24

28 72 10027 32 31

23 77 10033 51 45

100 100 10032 68 N=95

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Tab. 54 - Valutazione sulla presenza sul territorio provinciale di impianti industriali a ri-schio per la partecipazione politica degli intervistati (%)

Valutazionedella presenza sul territorio provinciale diimpianti industrialia rischio

Chi-square =0,246P.a.=0,884Frequenze attese minime = 3,791 cella inferiore a 5

Altre risposte

Totale

Media Bassa TotaleAlta

40 40 35 38

60 60 65 62

100 100 100 100(11) (47) (42) N=95

Partecipazione politica

Enea dellaTrisaia

Valutazionedel rischio per la salute attribuitoalle attività nucleari

Chi-square =0,379P.a.= 0,827Frequenze attese minime = 3,161 cella inferiore a 5

Rischio mediobasso

Totale

Media Bassa TotaleAlta

40 31 30 31

60 69 70 68

100 100 100 100(11) (47) (42) N=95

Partecipazione politica

RischioAlto

Tab. 53 - Valutazione del rischio per la salute attribuito alle attività nucleari per la parteci-pazione politica degli intervistati (%)

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Con riferimento alla relazione tra le rappresentazioni e la prima variabile,la partecipazione politica144, come dimostrano le tabelle riportate di segui-to e il valore dell’indice statistico considerato, le relazioni sono deboli e/odi fatto inesistenti.

Tab. 55 - Atteggiamento “globale” nei confronti del Centro per la partecipazione politica de-gli intervistati (%)

Attegiamentocomplessivonei confrontidel Centro

Chi-square = 1,850P.a.= 0,763Frequenza minima Attesa = 2,423 celle inferiori a 5

Favorevole

Sfavorevole

Incoerente

Totale

Partecipazione politica

Media TotaleAlta Bassa

10 24 27 24

30 29 32 31

60 47 40 45

100 100 100 100(11) (47) (42) N=95

144 L’indice di “partecipazione politica” è ottenuto combinando le informazioni rilevate per mez-zo delle domande 61 e 59 (cfr. questionario allegato). La classe “alta partecipazione” è costituitada coloro che sono iscritti ad associazioni di tipo sindacale, politico ed ambientalista, frequentano(“con regolarità” e/o “occasionalmente “) le attività di queste associazioni e svolgono (“conregolarità” e/o “occasionalmente“) ciascuna e/o la maggior parte delle attività elencate nel-la domanda 61. La classe “media partecipazione” è rappresentata da quanti sono iscritti adassociazione di tipo sindacale, politico ed ambientalista, non partecipano alle attività del-l’associazione e svolgono “con regolarità” e/o “occasionalmente” qualcuna delle attività elen-cate nella domanda 61, e da quanti non sono iscritti ad associazioni, ma svolgono con “re-golarità” e/o “occasionalmente” qualcuna delle attività elencate nella domanda 61. Laclasse “bassa partecipazione” è stata ottenuta per esclusione.

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Discorso a parte merita la relazione tra la partecipazione politica el’atteggiamento. In questo caso, infatti, seppur ci si trova di fronte a una re-lazione debole è possibile osservare che tendenzialmente al crescere dellapartecipazione politica cresce l’assunzione di un atteggiamento negativo ver-so il Centro. Il 40% di quanti sono stati classificati come soggetti a bassa par-tecipazione sono portatori di un atteggiamento sfavorevole, a fronte del 60%di coloro che sono stati classificati come soggetti ad alta partecipazione. Perconverso il 10% dei rispondenti classificati con un’alta partecipazione po-litica valutano favorevolmente il Centro, contro il 27% di coloro che deten-gono una bassa partecipazione politica.

Per quanto riguarda la seconda variabile, il livello culturale145, si era ipo-tizzato nel quadro concettuale che ha guidato l’indagine che questa varia-bile svolgesse un ruolo importante nel processo di elaborazione delle rap-presentazioni psico-sociali nei confronti del Centro. La relazione tra il livelloculturale e l’atteggiamento è debole.

145 L’indice “livello culturale” è stato ottenuto combinando le informazioni concernete il tito-lo di studio degli intervistati e il consumo culturale (lettura e possesso di libri), rilevate permezzo delle domande 14, 37 e 40 (cfr. questionario allegato). In un primo momento si è pro-ceduto alla aggregazione delle informazioni concernenti il consumo culturale. La classe “bas-so” consumo culturale è formata da quanti non leggono e non posseggono libri. La classe “me-dio-basso” consumo culturale è formata da quanti leggono e posseggono fino a 15. La ca-tegoria “medio” è costituita da quanti leggono e posseggono 15-50 libri. La classe “alto” con-sumo culturale è costituita da quanti leggono e posseggono più di 50 libri. Successivamentesi è proceduto alla combinazione tra la classificazione del consumo culturale e il titolo di stu-dio degli intervistati. La classe “basso livello culturale” è costituita da quanti hanno un bas-so consumo culturale e sono in possesso di un titolo di studio fino alla licenza media infe-riore, e da quanti sono possessori di un titolo di studio fino alla licenza elementare e hannoun basso consumo culturale. La classe “medio livello culturale” è costituita da quanti han-no un consumo culturale basso e sono possessori di un titolo di studio alto (diploma e/o lau-rea); da coloro che hanno un consumo culturale “medio-basso” e sono possessori della licenzamedia inferiore o del diploma e/o laurea, in ultimo da quanti hanno un consumo cultura-le medio e sono possessori di un titolo di studio fino alla licenza media inferiore. La classe“alto livello culturale” è costituita da quanti hanno un consumo culturale alto e sono pos-sessori del titolo della licenza media inferiore; da coloro che hanno un consumo culturale al-to e sono titolari di un diploma e/o laurea, in ultimo da quanti hanno un consumo culturalemedio e sono titolari di un diploma e/o di una laurea.

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In generale si può osservare come tendenzialmente al crescere del livelloculturale aumenta la quota di coloro che assumono un atteggiamento negativoverso il Centro. Il 55% di coloro che hanno un livello culturale alto mostra-no un atteggiamento sfavorevole nei riguardi del Centro, contro il 21% dicoloro che esprimono un atteggiamento favorevole. Per converso il 34% diquanti hanno un livello culturale basso assume un atteggiamento sfavore-vole, contro il 28% che è portatore di un atteggiamento favorevole.

Una più debole relazione si registra tra il livello culturale e le due va-riabili di percezione del rischio. Nella tabella 57 si può notare come con ilcrescere del livello culturale diminuisca la quota di coloro che individuanonel Centro della Trisaia il principale impianto industriale a rischio presen-te sul territorio provinciale. La maggioranza degli intervistati (52%) che ap-partengono alla classe livello culturale alto fornisce “altre risposte”, per con-verso il 70% dei rispondenti classificati come soggetti a basso livello cultu-rale riconosce nel Centro della Trisaia un impianto industriale a rischio.

Tab. 56 - Atteggiamento complessivo nei confronti del Centro per il livello culturale degliintervistati (%)

Attegiamentocomplessivonei confrontidel Centro

Chi-square = 4,940P.a.= 0,293Frequenza minima Attesa = 4,601 celle inferiori a 5

Favorevole

Sfavorevole

Incoerente

Totale

Livello culturale

Medio TotaleBasso Alto

28 21 21 24

38 21 24 31

34 58 55 45

100 100 100 100(49) (20) (31) N=95

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Con riferimento alla relazione tra il livello culturale e la valutazione delrischio attribuito alle attività nucleari si deve registrare una quasi indipen-denza della stessa. Questo riscontro mette in evidenza come il riconoscere e/ol’attribuire un rischio per la salute alle attività nucleari siano legati all’espe-rienza che gli intervistati hanno maturato in materia nucleare riconducibi-le alla storia del Centro della Trisaia e non al livello culturale degli stessi.

Tab. 57 – Valutazione della presenza sul territorio provinciale di un impianto industriale arischio per il livello culturale degli intervistati (%)

Valutazionedella presenza sul territorio provinciale diimpianti industrialia rischio

Chi-square =3,678P.a.=0,159Frequenze attese minime = 7,20

Altre risposte

Totale

Medio Alto TotaleBasso

30 37 52 38

70 63 48 62

100 100 100 100(49) (20) (31) N=95

Livello culturale

Enea dellaTrisaia

È interessante mettere in evidenza come le relazioni tra il livello culturalee le rappresentazioni psico-sociali nei riguardi del Centro abbiano una dif-ferente tendenza, soprattutto con riferimento all’atteggiamento e alla per-cezione del rischio ambientale. Infatti, per l’atteggiamento complessivoverso il Centro si è notato come coloro che sono stati classificati come sog-getti ad alto e medio livello culturale siano portatori di una valutazione sfa-vorevole, mentre per la valutazione della presenza di un impianto industrialea rischio sono stati in misura preponderante gli intervistati classificati come

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soggetti a basso livello culturale ad individuare nel Centro della Trisaia unimpianto a rischio. Questo dato va ad integrare quanto affermato prece-dentemente sull’importanza della dimensione economica nella mappa co-gnitiva degli intervistati (cfr. Tab. 51, 52 e 39), ed è da ricollegare al quadro“situazionale” dell’oggetto indagato ed alle aspettative sociali che, in un pri-mo momento la localizzazione del Centro, successivamente la sua riconversione,hanno alimentato e generato nelle comunità circostanti, tra quali ancheRotondella. Infatti, queste aspettative, è lecito sostenere, in virtù del fatto cheil Centro della Trisaia è un centro di ricerca, si sono sviluppate in maggiormisura tra quanti sono in possesso di un livello culturale alto. Per questi ul-timi, è possibile ipotizzare che vedano nel Centro della Trisaia una risorsa perl’economia “arretrata” della zona ed un possibile sbocco occupazionale.

Tab. 58 - Valutazione del rischio per la salute attribuito alle attività nucleari per il livello cul-turale degli intervistati (%)

Valutazionedel rischio per la salute attribuitoalle attività nucleari

Chi-square =1,437P.a.= 0,488Frequenze attese minime = 6,00

Rischio mediobasso

Totale

Media Bassa TotaleAlta

36 21 31 32

64 79 69 68

100 100 100 100(49) (20) (31) N=95

Livello culturale

RischioAlto

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In conclusione si passa alle analisi delle relazioni tra la variabile con-cernente la condizione professionale e le rappresentazioni psico-sociali ela-borati verso il Centro della Trisaia dei membri della comunità. Con riferi-mento all’atteggiamento complessivo si può osservare dalla tabella 59 co-me la maggior parte dei coltivatori (57%), dei disoccupati (60%) e degli stu-denti (67%) sono portatori di un atteggiamento complessivo sfavorevole ver-so il Centro. Per converso, invece, il maggior numero dei pensionati (70%)assume un atteggiamento incoerente e oltre la metà delle casalinghe (60%)un atteggiamento favorevole. In ultimo, è interessante mettere in evidenzacome le distribuzioni dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dipendenti siripartiscono quasi equamente tra le classi dell’atteggiamento.

Tab. 59 - Atteggiamento complessivo verso il Centro la condizione professionale degli inter-vistati (%)

Condizioneprofessionale

Chi-square =22,890P.a.= 0,029Frequenze attese minima =2,4215 celle inferiore a 5

Lavoratoreautonomo

Incoerente Sfavorevole TotaleFavorevole

27 36 37 100 (12)

39 22 39 100 (19)

14 29 57 100 (22)

20 20 60 100 (11)

6 27 67 100 (16)

60 20 20 100 (10)

10 70 20 100 (10)

100 100 100 100N=95

Attegiamento complessivo verso il Centro

Lavoratoredipendente

Coltivatore

Casalinga

Totale

Studente

Disoccupato

Pensionato

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Con riferimento alla variabile concernete la valutazione della presen-za sul territorio provinciale di un impianto industriale a rischio si può os-servare dalla tabella 60 come la maggioranza dei lavoratori autonomi(73%), dei coltivatori (81%) e dei disoccupati (80%) individuano nel Centrodella Trisaia il principale impianto industriale a rischio presente sul territorioprovinciale. Per converso la maggioranza dei lavoratori dipendenti (50%),degli studenti (53%) e delle casalinghe (60%) forniscono altre risposte.

Tab. 60 - Valutazione della presenza sul territorio provinciale di un impianto industriale arischio per la condizione professionale degli intervistati (%)

Condizioneprofessionale

Chi-square =22,890P.a.= 0,029Frequenze attese minima =2,4215 celle inferiore a 5

Lavoratoreautonomo

Altre risposte Enea della Trisaia Totale

36 37 100 (12)

22 39 100 (19)

29 57 100 (22)

20 60 100 (11)

27 67 100 (16)

20 20 100 (10)

70 20 100 (10)

100 100 100N=95

Valutazione della presenza sul territorio provincialedi un impianto industriale a rischio

Lavoratoredipendente

Coltivatore

Casalinga

Totale

Studente

Disoccupato

Pensionato

La tabella 61 mostra come, invece, tutte le condizioni professionali, conl’unica eccezione degli studenti, tendono ad attribuire alle attività nuclea-ri un rischio alto per la salute di chi ci abita nelle vicinanze. Questa distri-

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buzione conforta le considerazioni condotte precedentemente, in riferi-mento alla relazione del rischio attribuito alle attività nucleari e al livello cul-turale (cfr. Tab. 58).

Con riferimento alla categoria professionale dei coltivatori, che si è par-ticolarmente distinta nell’individuare nel Centro della Trisaia il principaleimpianto industriale a rischio ambientale presente sul territorio provincia-le e nell’associare un rischio massimo per la salute alle attività nucleari, è ipo-tizzabile che sia stata la categoria maggiormente danneggiata dal clima diallarme e preoccupazione che ha accompagnato le attività del Centro del-la Trisaia, in quanto, questo clima di allarme ha potuto incidere sulla com-mercializzazione dei prodotti agricoli.

Tab. 61 - Valutazione del rischio per la salute attribuito alle attività nucleari per la condi-zione professionale degli intervistati (%)

Condizioneprofessionale

Chi-square =2,479P.a.= 0,875Frequenze attese minima =3,165 celle inferiore a 5

Lavoratoreautonomo

AltoMedio-basso Totale

18 82 100 (12)

39 61 100 (19)

39 61 100 (22)

20 80 100 (11)

33 67 100 (16)

30 70 100 (10)

30 70 100 (10)

38 62

Valutazione del rischio per la salute attribuito alle attività nucleari

Lavoratoredipendente

Coltivatore

Casalinga

Totale

Studente

Disoccupato

Pensionato

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Conclusioni

I processi psico-sociali di strutturazione dell’atteggiamento e di percezionedel rischio nei confronti di particolari oggetti sono complessi e articolati. Nelpresente lavoro di ricerca si è voluto approfondire, studiare empiricamen-te le rappresentazioni psico-sociali elaborate dagli attori sociali, gli indivi-dui di una comunità, nei confronti di alcuni aspetti di un Centro di ricerca,ospitato sul suo territorio. Alla luce del lavoro d’indagine presentato nellapagine precedenti si procede con una breve rassegna dei principali risulta-ti della ricerca e si mettono in evidenza alcune considerazioni e riflessionisull’oggetto dell’indagine.

Una prima riflessione attiene all’importanza del contesto socio-economiconel quale questi processi psico-sociali si strutturano. Nel presente lavoro piùvolte è stato evidenziato come una dimensione fondamentale dei processidi rappresentazione psico-sociale, concernente gli aspetti economici dell’oggettoindagato, sia significativamente legata con le condizioni “strutturali” del-l’area geografica dove l’oggetto della rappresentazione è localizzato (cfr. Tabb.19 e 39). Le aspettative sociali alimentate, in un primo momento dalla lo-calizzazione del Centro, successivamente dalla sua riconversione, sonostate intensificate dalla condizione storico-sociale di arretratezza dell’areaterritoriale di cui fa parte Rotondella. Inoltre, si evidenziato il ruolo cha ladimensione economica svolge all’interno del processo di rappresentazionepsico-sociale e si è messo in evidenza come tale dimensione contribuisca adaccentuare la “pericolosità”, il rischio connesso ad alcuni aspetti dell’oggettoindagato (cfr. Tabb. 39, 51 e 52). La mancanza di benefici economici sul com-prensorio, legati alle attività del Centro della Trisaia, ha contribuito a far per-cepire le “residue” attività nucleari legati alla custodia dei rifiuti radioatti-vi del Centro nella propria “nudità”, con il loro carico di pericolo e di allarme.

Una seconda considerazione concerne lo stretto legame che esiste tra larappresentazione psico-sociale elaborata dagli attori sociali di un oggetto el’opinione degli stessi nei riguardi di tematiche collegate con l’oggetto in que-stione. Nel caso specifico l’atteggiamento nei confronti del Centro e il rischio

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ad esso attribuito sono in forte relazione con la sensibilità mostrata dagli in-tervistati nei confronti dell’inquinamento, del nucleare e dei rifiuti ra-dioattivi. Nel complesso processo di elaborazione della rappresentazione psi-co-sociale nei confronti di un oggetto intervengono, quindi, “informazioni”ed opinioni esterne all’oggetto in questione, ma collegate con esso (cfr.Tabb. 46 e 49).

Una terza considerazione, strettamente collegata con la precedente, ri-guarda il processo di “risignificazione” del cosiddetto “sapere esperto”. Questocomplesso processo psico-sociale, riferito all’ambito individuale, è stretta-mente connesso con le condizioni dei nuovi scenari del rischio delle societàmoderne, elaborate tra gli altri da Giddens e presentate nel capitolo prece-dente. Infatti se ad una maggiore diffusione del sapere esperto consegue unamaggiore consapevolezza dei rischi, a livello individuale è ipotizzabileche l’attore sociale ricodifichi il sapere esperto sia sulla base della propriaesperienza, sia sulla base dell’atteggiamento che ha elaborato sul tema“particolare” al quale il sapere è collegato. Questa considerazione genera-le pone le sue basi sulla rilevanza esplicativa, nei risultati della presente ri-cerca, della dimensione cognitiva dell’atteggiamento nei confronti dei rifiutiradioattivi in generale, precisamente delle conoscenze in possesso degli in-tervistati sul tempo di decadimento dei rifiuti radioattivi e sulla parte di or-ganismo umano danneggiabile in caso di esposizione a radiazioni, per en-trambi i processi psico-sociali elaborati dagli intervistati nei confronti del Centrodella Trisaia (cfr. Tabb. 43 e 47). Nel caso specifico si è, inoltre, verificato chei poli opposti della dimensione utilizzata per classificare il livello di infor-mazione degli intervistati sui rifiuti radioattivi, gli informati ed i disinformati-

apocalittici, sono portatori dello stesso atteggiamento verso il Centro e valutanoallo stesso modo il rischio per l’ambiente attribuito allo stesso.

Una quarta riflessione riguarda l’importanza delle strategie di comu-nicazioni sul rischio, ossia quello che in ambito specialistico viene chiama-to risk communication, nella strutturazione dell’atteggiamento e nella percezionedel rischio. Come hanno mostrato alcuni studi in merito, tale ambito tematico

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ha assunto nelle dinamiche sociali una grande importanza, sia per quantoriguarda le strategie comunicative messe in atto dal soggetto diffusore delrischio, sia da altri soggetti che intervengono nella situazione “rischiosa” opresunta tale, come ad esempio i mezzi di comunicazione di massa, che, nel-lo svolgere il ruolo di informare la collettività, trattano le tematiche del ri-schio. Nel presente lavoro è stato affrontato il tema della rilevanza della va-lutazione delle strategie comunicative che il Centro della Trisaia mette in at-to per informare la comunità di Rotondella sulle residue attività nucleari, esi è visto come tale ambito tematico è in relazione con i processi di struttu-razione dell’atteggiamento e di percezione del rischio (cfr. Tabb. 45 e 50). Inparticolare, si è osservato come per coloro che assumevano un atteggiamentonegativo (gli incoerenti e gli sfavorevoli) verso il Centro e per coloro che at-tribuivano un rischio per la salute alto alle attività nucleari, tale dimensio-ne acquistava un’importanza rilevante.

Una quinta considerazione attiene al ruolo delle “informazioni” attinentiall’oggetto in questione nella cosiddetta struttura “interna” dei processi dirappresentazione psico-sociale. Nella sezione del presente lavoro dedicatoal disegno della ricerca si è posto una maggiore attenzione in entrambi i pro-cessi considerati, dell’atteggiamento e del rischio, sugli aspetti cognitivi del-l’oggetto (le informazioni sulle attività svolte nel Centro, sul tipo di rifiutiin esso custoditi, sulle reazioni di protesta e sulle inchieste giudiziarie chelo hanno coinvolto, sul grado di rischio associato ad alcune delle attività chein esso si svolgono), e si è visto come tali dimensioni svolgessero un ruoloimportante nella strutturazione dell’atteggiamento e del rischio. Per quan-to riguarda il livello di informazione sulle attività di ricerca condotte nel Centrodella Trisaia si è messo in evidenza come la distinzione tra attività nuclea-ri e attività “non nucleari” (le attività della riconversione) fosse rilevante nel-l’assunzione dell’atteggiamento (cfr. Tabb. 30 e 31). Inoltre si è notato comel’interesse degli intervistati fosse concentrato su quelle attività maggiormentepercepite come pericolose (cfr. Tabb. 33, 34 e 38).

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Un’ultima considerazione riguarda il rapporto tra i due processi di rap-presentazione psico-sociale. Nella presente indagine, alla luce dei risultatidi ricerca, si è sostenuto che tra l’atteggiamento e l’attribuzione del rischionei confronti del Centro ci fosse un rapporto di dipendenza, nel senso chel’atteggiamento svolge un ruolo di schema percettivo nel processo di attri-buzione e/o riconoscimento del rischio, per l’ambiente e la salute degli at-tori sociali, nei confronti del Centro Enea (cfr. Tabb. 51 e 52). Questa “teo-rizzazione” è supportata dall’importanza che nella mappa cognitiva degliintervistati ha assunto la dimensione economica.

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BIBLIOGRAFIA

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Relazione trimestrale. Approvata dalla Commissione nella seduta del 21 dicembre 1995e presentata alla Camera ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera e), della delibera-zione istitutiva 20 Giugno 1995. Legislatura XII.Relazione conclusiva. Approvata dalla Commissione nella seduta dell’11 marzo 1996e presentata alla Camera ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera e), della delibera-zione istitutiva 20 Giugno 1995. Legislatura XII.Documento su una strategia d’intervento per la disattivazione degli impianti nucleari e perla sistemazione dei rifiuti radioattivi di media e bassa attività, inclusi quelli derivanti dallosmaltimento degli impianti nucleari. Relatore: Onorevole Massimo Scalia, Presidentedella Commissione. Approvato nella seduta del 29 aprile 1999. Legislatura XIII.Relazione territoriale sulla Basilicata. Relatore : Onorevole Ermanno Iacobellis.Approvata nella seduta del 12 luglio 2000. Legislatura XIII. Resoconto stenografico degli incontri svolti nel corso della missione della Commissione a Potenzail 25 settembre 1998. Legislatura XIII.Resoconto stenografico dell’audizione Audizione di Walter Ganapini, presidente dell’Anpa,di Roberto Mezzanotte e Giuseppe Onufrio, rappresentanti dell’ANPA, tenuta il 5 dicembre2000 in Commissione d’Inchiesta Parlamentare sul ciclo dei rifiuti. Legislatura XIII.

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Resoconto stenografico dell’audizione della dottoressa Franca Macchia, sostituto procuratoredella Repubblica presso la pretura circondariale di Matera, tenuta il 19 settembre 1997 inCommissione d’Inchiesta Parlamentare sul ciclo dei rifiuti. Legislatura XIII.

Atti del procedimento giudiziario n.254/93 della Procura della Repubblica pres-so la Pretura circondariale di Matera consultati.

Consulenze tecniche redatte dai proff. M. Pelliccioli ed E. Righi.Consulenza tecnica redatta dal prof. L. Quilici.Sentenza del procedimento n. 254/93, udienza del 28 novembre del 1999.

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146 Si ringrazia il dott. Giuseppe Mele Responsabile regionale dell’associazione Legambienteper aver fornito la rassegna stampa raccolta dall’associazione sull’argomento.

PERIODICI CONSULTATI146

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“BISOGNA STARE ATTENTI” (Mavi), Lucania 1/04/94.“ROTONDELLA , C’È PREOCCUPAZIONE”, Lucania 01/04/94.“C’È ANCORA TIMORE ALLA TRISAIA DOPO QUEGLI STRANI INCIDENTI” (M.Sammartino), La Gazzetta del Mezzogiorno 02/04/94.“POLICORO COMUNE DENUCLEARIZZATO”, (…) Lucania 03/04/94.“INDAGINI NAZIONALI SULLA TRISAIA” (L. Verrascica), Città Domani 3/04/94.“TRISAIA DEPOSITO DI SCORIE” (A. Montemurro), Basilicata 3/04/94.“UN VERTICE SUL <RISCHIO ENEA>”, La Gazzetta del Mezzogiorno 3/04/94.“GLI AMBIENTALISTI CONTROLLANO LA RADIOATTIVITÀ” (…), La Gazzettadel Mezzogiorno 6/04/94.“TUTTO L’URANIO TORNÒ ALATINA” (P. D.), La Gazzetta del Mezzogiorno 6/04/94.“LA RADIOATTIVITÀ SÌ AI PRELIEVI” (V. Maida), Lucania 9/04/94.“ROTONDELLA ARRIVA <SOS AMBIENTE>” (M. Russo), Lucania 7/04/94.“LA TRISAIA ATTENDE L’ESITO DELLE ANALISI” (N. Buccolo), La Gazzettadel Mezzogiorno 10/04/94.“POLICORO, TIMORE DI RADIOATTIVITÀ”(F. D’Amato), Lucania 07/04/94.“ARDUO CAPIRE L’ENEA” (Mavi), Lucania 29/04/94.“OCCORRE FARE CHIAREZZ “ (Mavi), Lucania 12/04/94.“AMBIENTE NON IN VENDITA” (Mavi), Lucania 09/04/94.“ IL CENTRO ENEA NON È A RISCHIO” (E. Marcosano) ,Lucania 03/04/94.“TROPPE STORIE SULLE SCORIE”, La Gazzetta del Mezzogiorno 03/04/94.“CENTRO ENEA , DUBBI PER LA SALUTE DELLA GENTE” (V. Maida), Lucania19/04/94.“PERCHÈ NON SI DICE LA VERITÀ TUTTA LA VERITÀ SULLA TRISAIA?“ (…),Lucania 21/04/94.“SCORIE NUCLEARI TROPPE LE BUGIE”(…), Lucania 16/04/94.“CHE CINISMO PER TRISAIA” (…), Lucania 05/04/94.“ERA DIRETTO ALL’ENEL DI LATINA L’URANIO TRATTATO ALLA TRISAIA”(…), La Gazzetta del Mezzogiorno 06/04/94.“AMBIENTE, C’È SEMPRE ALLARME“ (…) Lucania 07/04/94.“SOLO FALSI SCOOP” (Gibi), Lucania 09/04/94.“I VELENI DEL METAPONTINO TRA FANTASMI E SOSPETTI” (…), La Gazzettadel Mezzogiorno 12/04/94.“A ROTONDELLA NUOVI CONTROLLI” (…), Lucania 13/04/94.“STASERA L’ENEA IN CONSIGLIO COMUNALE” (B. Lecce), Lucania 14/04/94.

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“PROTESTANO I SINDACI. IL METAPONTINO NON È UNA PATTUMIERA” (P.Mazzei), La Gazzetta del Mezzogiorno 16/04/94.“QUALE È IL FUTORO DEL CENTRO ENEA?“ (B. Lecce), Lucania 17/04/94.“UN’INDAGINE VERIFICHERÀ SUL PERICOLO DEI RIFIUTI” (P. Mazzei), La Gazzettadel Mezzogiorno 17/04/94.“CENTRO ENEA, NON SIA PIU’ INCUBO” (…), Lucania 19/04/94.“NESSUN PROBLEMA DAI RIFIUTI DELL’ENEA PER I PRODOTTI DELL’AGRI-COLTURA” (N. Buccolo), La Gazzetta del Mezzogiorno 21/04/94.“TRISAIA, ORA È TUTTO A POSTO” (A. C.), Lucania 21/04/94.“CENTRO ENEA .FARE CHIAREZZA!” (…), Lucania 21/04/94.“NESSUN ALLARNE RADIOATTIVITÀ PER I CENTRI DEL METAPONTINO”(Mimmo Sammartino), La Gazzetta del Mezzogiorno 22/04/94.“ECCO LAVERITÀ SULL’ENEA” (Mimmo Sammartino), La Gazzetta del Mezzogiorno22/04/94.“TRISAIAA ROTONDELLA CHIEDONO PIÙ GARANZIE” (…), Lucania 23/04/94.“<NON MI FIDO PIÙ DELLA TRISAIA >” (lettera), Lucania 24/04/94.“ROTONDELLA, TUTTO O.K. PAROLA ALL’ENEA “ (Franco Massaro), Lucania27/04/94.“RADIOATTIVITÀ, A ROMA È PIÙ ALTA”(Maria Pia De Simone), Città Domani01/05/94.“IN SEDUTA STRAORDINARIA IL PROBLEMA DELL’ENEA” (Vincenzo Maida),Lucania 03/05/94.“IN DIFESA DELL’AMBIENTE” (Nicola Buccolo), La Gazzetta del Mezzogiorno05/05/94.“ANCORA PUNTI OSCURI SUL CENTRO DELLA TRISAIA?” (Vincenzo Maida),Lucania 03/05/94.“ENEA SOTTO ACCUSA AL COMUNE DI POLICORO” (…), Lucania 13/05/94.“RITORNA IL NUCLEARE?” (Salvatore Alemanno), Lucania 18/05/94.“TUTTO IL POTERE AI GIUDICI” (Mavi), Lucania 20/05/94.“ACQUA LIMPIDA ALL’ENEA?” (Gibi), Lucania 20/05/94.“L’ENEA DI ROTONDELLA È QUESTIONE NUCLEARE” (Lettera), Lucania27/05/94.“SIAMO LAPATTUMIERAD’ITALIA” (M. Bra.), La Gazzetta del Mezzogiorno 04/06/94.“NIENTE RISCHI AL CENTRO ENEA?” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno 06/06/94.“RIFIUTI, LA REGIONE NON HA UN PIANO” (Antonio Savino), Lucania 10/06/94.

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“NESSUN CONTROLLO SUI RIFIUTI” (G. Lan.), La Gazzetta del Mezzogiorno12/06/94.“ENEA: SCAMPATO PERICOLO” (…), Città Domani 12/06/94.“MA I RIFIUTI DOVE LI METTIAMO?”(Sav.), Lucania 14/06/94.“VIA I SIGILLI DALL’AREA RIFIUTI” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno. “JAMES BOND AL CENTRO ENEA?” (Gibi), Lucania 28/06/94.“POLICORO, I RIFIUTI NON SONO PERICOLOSI” (…), Lucania 15/06/94.“CENTRO ENEA; ANCORA ACESSE LE POLEMICHE” (…), Lucania 15/06/94.“CENTRO ENEA, LA ZONA NON SAREBBE CONTAMINATA (Vincenzo Maida),Lucania 06/07/94.“CENTRO ENEA, LAVORO ANCORA PER UN MESE” (…), Lucania 07/07/94.“LA RADIOATTIVITÀ È SOTTO CONTROLLO“ (…), Lucania 11/12/94.“ENEA, CENTRO NON A RISCHIO” (…), Lucania 15/07/94.“AL CENTRO DELL’ENEA, DISSEQUESTRO PARZIALE” (…), La Gazzetta delMezzogiorno 08/05/95.“TOLTI I SIGILLI AL CENTRO ENEA DI ROTONDELLA” (G. C.), Lucania 11/05/95.“TRAFFICO DI RIFIUTI, TUTTO VERO” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno25/05/95.“UN PROGETTO INTEGRATO PER RILANCIARE L’ENEA” (Antonio Rosamondo),La Gazzetta del Mezzogiorno 26/05/95.“ROTONDELLA, DAL CENTRO ENEA NIENTE RADIAZIONI” (V. M.), Lucania01/08/95.“RIFIUTI: NEL MATERANO SITUAZIONE INQUIETANTE” (…), Il Corriere del Giorno07/11/95.“ANCHE DA NOI I SIGNORI DELL’ECOMAFIA” (Pasquale Doria), La Gazzetta delMezzogiorno 07/11/95.“ARRIVANO I TECNICI ALL’ENEA SI CHIEDE SOLTANTO LA VERITÀ” (…), LaGazzetta del Mezzogiorno 25/11/95.“LA TRISAIA AI RAGGI X” (Filippo Mele), Corriere del Giorno 24/11/95.“ALL’ENEA NIENTI PIÙ SEGRETI” (Piero Mazzei), La Gazzetta del Mezzogiorno27/11/95.“RISCHIO RADIOATTIVITÀ? ESPERTI A ROTONDELLA PER SCOPRIRLO” (EliParlavecchia), Lucania 28/11/95.“<ATTENTI AI CONTENITORI PER SOSTANZE RADIOATTIVE>” (…), Lucania28/11/95.

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“ENEA, IL NUCLEARE NON ABITA PIÙ QUI” (Filippo Mele), Corriere del Giorno28/11/95.“ROTONDELLA, AL CENTRO ENEA RIFIUTI DI OLTRE 20 ANNI“ (…), LaGazzetta del Mezzogiorno.“ROTONDELLA, A RISCHIO IL <CIMITERO NUCLEARE>” (…), Il Corriere delGiorno 09/12/95.“RIFIUTI ENEA: RITORNA LA PAURA” (Filippo Mele), Il Corriere del Giorno15/12/95.“MATERA; FORO NEL FUSTO DELLE SCORIE RADIOATTIVE” (Pasquale Doria),La Gazzetta del Mezzogiorno 18/12/95.“ENEA, <GIALLO RIFIUTI>: SOLO SOSPENSIONE TECNICA” (Filippo Mele), IlCorriere del Giorno 20/12/95.“ROTONDELLA, INCIDENTE MA NON GRAVE ALL’ENEA” (…), Lucania20/12/95.“ROTONDELLA, NEGLI ANNI SCORSI QUATTRO < FUGHE > RADIOATTIVE”(Pasquale Doria), La Gazzetta del Mezzogiorno 12/01/96.“SCALIA PUNTA L’INDICE <IN PUGLIA E IN BASILICATA SMALTIMENTO A RI-SCHIO>“ (Gaetano Campione), La Gazzetta del Mezzogiorno 12/01/96.“L’ENEA: OGGI NON C’È ALCUN PERICOLO” (G. Camp.), La Gazzetta delMezzogiorno 12/01/96.“IN LUCANIA, SINDROME DI CERNOBYL PER GLI INCIDENTI A ROTON-DELLA?” (Rocco Pezzano), Lucania 13/01/96.“ALMENO QUATTRO INCIDENTI NUCLEARI IN PROVINCIA DI MATERA” (Franco Foresta Martin), Il Corriere della Sera 13/01/96.“ENEA, RITORNA LO SPAURACCHIO DELL’INQUINAMENTO RADIOATTIVO”(Filippo Mele), Il Corriere del Giorno 13/01/96.“MATERA; QUATTRO FUGHE RADIOATTIVE” (…), La Repubblica 13/01/96.“TRISAIA, VIA I RIFIUTI” (Pasquale Doria), La Gazzetta del Mezzogiorno 16/01/96.“NON È SOLO ALLARME AMIANTO IN LUCANIA” (Sara Panarelli), Lucania17/01/96.“ENEA: GIÙ LA MASCHERA!” (Filippo Mele), Il Corriere del Giorno 18/01/96.“L’ENEA SPENDA QUEI MILIARDI DELLA FINANZIARIA PER SMALTIRE I RI-FIUTI NUCLEARI” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno 18/01/96.“CENTRO DELLA TRISAIA; L’ENEA SPIEGA PERCHÈ NON C’È RISCHIO DI CON-TAMINAZIONE RADIOATTIVA” (Vincenzo Maida), Lucania 18/01/96.

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“L’ENEAASSICURA: NESSUN PERICOLO DALLA TRISAIA” (…), La Gazzetta delMezzogiorno 19/01/96.“L’ENEA: MAI VERIFICATI INCIDENTI NUCLEARI” (Pasquale Doria), La Gazzettadel Mezzogiorno 19/01/96.“AFFAIRE ENEA: TUTTO A POSTO” (Filippo Mele), Il Corriere del Giorno 19/01/96.“MA QUALI SEGRATI MILITARI: QUI C’È LA PACE DI UN COLLEGE” (FrancoMartini), Il Corriere del Giorno 19/01/96.“L’ENEA: NON C’E’ MAI STATO PERICOLO DI CONTAMINAZIONE NUCLEAREALLA TRISAIA“ (Vincenzo Maida), Lucania 19/01/96.“MA POLICORO NON CI STA E CHIEDE LO SMANTELLAMENTO” (G. A.),Lucania 19/01/96.“L’INCUBO DELLARADIOATTIVITÀ” (Pasquale Doria), La Gazzetta del Mezzogiorno20/01/96.“CHIUDIAMO L’ENEA” (Franco Martina), Il Corriere del Giorno 20/01/96.“MATERA, PATTUMIERA NUCLEARE” (Pasquale Doria), La Gazzetta delMezzogiorno 20/01/96.“CENTRO DELLA TRISAIA: L’ENEA RASSICURA, MA LEGAMBIENTE È ANCORAMOLTO SCETTICA” (Vincenzo Maida), Lucania 20/01/96.“ENEA E LEGAMBIENTE, DIBATTITO AL COLOR BIANCO” (Fi. Me), Il Corrieredel Giorno.“CASO TRISAIA, APRIAMO IL DIBATTITO” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno21/01/96.“LA REGIONE GUARDA ALLA TRISAIA” (…), Lucania 21/01/96.“CENTRO ENEA, LA REGIONE <DISCUTIAMO INSIEME PER LA TRANQUILLITÀRECIPROCA >” (Antonio Savino), Lucania 21/01/96.“TRISAIA, TRENT’ANNI DI MISTERI” (Antonio Savino), Il Corriere del Giorno24/01/96.“SCATTAL’ORADELLAVERITÀ PER IL CENTRO” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno26/01/96.“DENUCLEARIZZIAMO L’ENEAE PUNTIAMO SULLARICERCA” (Vincenzo Maida),Lucania 27/01/96.“ROTONDELLA: SULL’ENEA PROTESTE INFINITE” (…), Il Corriere del Giorno25/01/96.“TRISAIA NON SARÀ UN CIMITERO NUCLEARE” (Nino Grasso), La Gazzetta delMezzogiorno 27/01/96.“NON APRITE QUEL SARCOGAFO” (Maurizio Tortorella), Panorama 25/01/96.

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“IL SARCOGAFO NUCLEARE STA PER SPACCARSI” (L.Pi.), Il Corriere del Giorno27/01/96.“RIFIUTI: SPECCHIA IN COMMISSIONE” (…), Il Corriere del Giorno 31/01/96.“ALLARME TUMORI SI PROGRAMMA LA PREVENZIONE” (…), La Gazzetta delMezzogiorno 1/02/96. “CENTRO ENEA, IL CONSIGLIO DI POLICORO CHIEDE UN TAVOLO PER-MANENTE DI TRATTATIVE” (R.M.), Lucania 1/02/96.“NEL MEZZOGIORNO LA CORSA DEL CANCRO “ (Liliana Rosi), L’Unità 3/02/96.“TRENTA METRI CUBI DI RADIOATTIVITÀ” (Franco Foresta Martin), Il Corrieredella Sera 4/02/96.“UN TERZO DEI FINANZIAMENTI ENEA ALL’EMERGENZA RIFIUTI RA-DIOATTIVI” (…), Lucania 06/02/96. “IN FRANCIA I RIFIUTI NUCLEARI ENEA” (…), Il Corriere del Giorno 14/03/96.“I RIFIUTI DEL CENTRO ENEA NON ANDRANNO IN FRANCIA” (FrancescoDamiani), Lucania 16/03/96. “SUL RILANCIO DEL CENTRO UN CONVEGNO” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno19/02/96.“ROTONDELLA <POLO> DI RICERCA PER IL MEZZOGIORNO” (Nicola Buccolo),La Gazzetta del Mezzogiorno 20/02/96.“IL CENTRO DELLA TRISAIA SIA SFRUTTATO MEGLIO” (…), Lucania 21/02/96.“RIFIUTI ENEARIPRENDERANNO I LAVORI DI SOLIDIFICAZIONE” (Filippo Mele),Il Corriere del Giorno 27/02/96.“ANCHE PISTICCI È ATTENTAAI PROBLEMI DELL’AMBIENTE” (Grazia Scattino),Il Giornale Jonico 29/03/96.“INCHIESTA ENEA: ALTRI DUE INDAGATI” (…), Il Corriere del Giorno 11/04/96.“RIFIUTI RADIOATTIVI INDAGATE 5 PERSONE” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno11/04/96.“ENEA, PER LE MISURE DI SICUREZZA NEL CENTRO TRISAIAALTRI DUE IN-DAGATI. SIAMO A QUOTA 5” (E.P.), Lucania 11/04/96.“ALTRI DUE INDAGATI NEL CENTRO ENEA DI TRISAIA” (E.C), Lucania12/04/96.“PER ENEA DI TRISAIA C’È NAVI RADIOATTIVE NELLO JONIO <LA REGIONESI COSTITUISCA PARTE CIVILE>” (E. P.), Lucania 12/04/96.“LA REGIONE BASILICATA DEVE DIFENDERSI DALLA <RADIOATTIVITÀ>” (E.P.), Lucania 13/04/96.“INCHIESTA ENEA: INCARICO A PERITI” (…), Il Corriere del Giorno 13/04/96.

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“INCHIESTA SU CENTRO TRISAIA DI ROTONDELLA: ALTRI INDAGATI” (…),Lucania 14/04/96.“ENEA: PROROGATO IL PIT” (…), Il Corriere del Giorno 18/04/96.“OGNI MESE NEL CENTRO ENEA CONTROLLI SULLA RADIOATTIVITÀ” (…),Il Corriere del Giorno 25/04/96.“<I CONTROLLI? INATTENDIBILI>” (Pasquale Doria), La Gazzetta del Mezzogiorno25/9/1998.“<QUEI RIFIUTI ANDAVANO SOLIDIFICATI>” (Pasquale Doria), La Gazzetta delMezzogiorno 23/10/98.“ENEA, PALLEGGIO DI RESPONSABILITÀ” (Pasquale Doria), La Gazzetta delMezzogiorno 19/11/98.“ASSOLTI I DIRIGENTI ENEA” (…), La Nuova Basilicata 29/11/98.“PROCESSI ALL’ENEA CONDANNATI IN DUE” (Pasquale Doria), La Gazzetta delMezzogiorno 29/11/98.“PER IL CENTRO RICERCHE ENEA OCCORRE UN FUTURO PIÙ PULITO”(Pasquale Doria), La Gazzetta del Mezzogiorno 01/12/98.“IRRIMEDIABILI QUEI DANNI ALLA TRISAIA” (Eustacchio Follia), La NuovaBasilicata 02/10/1999.“TRISAIAADDIO AL NUCLEARE ORA SI PUNTA SULL’ECOLOGIA” (EustacchioFollia), La Nuova Basilicata 03/10/ 1999.“LA SANTA ALLEANZA CONTRO LE SCORIE” (Filippo Mele), La Gazzetta delMezzogiorno 8/01/2000.“NUCLEARE, CONFERMATE DUE CONDANNE” (…), La Nuova Basilicata18/07/2000.“BASILICATA, PATTUMIERA RADIOATTIVA” (D. P.), La Gazzetta del Mezzogiorno19/07/2000.“ <TRISAIA, CONFERMATA LA VERITÀ>” (…), La Nuova Basilicata 21/07/2000.“SUL PASSATO DELL’ENEAPESAUNACONDANNACONFERMATAIN APPELLO”(…), La Gazzetta del Mezzogiorno 21/07/2000.“SMALTIMENTO DEI RIFIUTI L’ENEA CHIARISCA I FATTI” (…), La NuovaBasilicata 28/07/2000.“LA GUERRA NUCLEARE DI ANGELO” (…), La Nuova Basilicata 09/08/2000.“INCIDENTE ALL’ENEA? NO, È SOLO UNA ESERCITAZIONE” (Emilio Salerno),La Gazzetta del Mezzogiorno 05/12/2000.“FUGA RADIOATTIVA E UN FERITO MA È SOLO UN TEST” (Filippo Mele), LaGazzetta del Mezzogiorno 06/12/2000.

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“S’INDAGASU UN TRAFFICO DI URANIO E PLUTONIO” (Doria, Inciso), La Gazzettadel Mezzogiorno 2/02/2001.“L’ANTIMAFIA INDAGA SULLA TRISAIA (...), La Gazzetta del Mezzogiorno02/02/2001.“<TRAFFICI RADIOATTIVI DALL’ENEA) (...), La Nuova Basilicata 02/02/2001.“ENEA, PARLERANNO I PENTITI” (…), La Nuova Basilicata 03/02/2001.“INTRIGHI INTERNAZIONALI E MISTERI” (Pasquale Doria), La Gazzetta delMezzogiorno 03/02/2001.“IL TRAFFICO D’URANIO ERA DIRETTO IN IRAQ? (Pasquale Doria), La Gazzettadel Mezzogiorno 03/02/2001.“ LA <BOMBA> BASILICATA” (Giacomo Amadori), Panorama 08/02/2001.“ C’È UNA INCHIESTA E ALL’ENEA IL CLIMA SI FA TESO” (Diego Marciante), LaGazzetta del Mezzogiorno 06/02/2001.“LE DICHIARAZIONI DI SCALIAALLARMANO LEGAMBIENTE” (…), La NuovaBasilicata 07/02/2001.“<ALLATRISAIAPIÙ CHIAREZZA>” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno 07/02/2001.“ <RESTITUITE LE BARRE NUCLEARI AGLI USA>” (Diego Marciante), LaGazzetta del Mezzogiorno 08/02/2001.“<AL CENTRO RICERCHE SEMPRE IN REGOLA>” (…), La Gazzetta delMezzogiorno 08/02/2001.“TRISAIA NON C’È TRACCIA DI PLUTONIO” (…), La Nuova Basilicata 08/02/2001.“CONSIGLIO UNANIME <SI FACCIA LUCE ALLA TRISAIA>” (…), La NuovaBasilicata 09/02/2001.“E LA DDA DI POTENZA INDAGA SULLE VOCI DI MATERIALI RADIOATTIVOFINITO ALL’IRAQ” (…), La Gazzetta Del Mezzogiorno 12/02/2001.“CENTRO ENEA, <PONTE > CON L’IRAQ?“ (…), La Gazzetta del Mezzogiorno12/02/2001.“<REGIONE SEMPRE APPETTIBILE>” (…), La Nuova Basilicata 16/02/2001.“CASO ENEA, GALANTE PARLA ALLA COMMISSIONE ANTIMAFIA” (…), LaNuova Basilicata 16/02/01.“ <TRAFFICO DI ARMI ALL’ENEA>” (…), La Nuova Basilicata 17/02/2001.“ SULL’URANIO L’ANTIMAFIA SEGUIRA’ LA DDA LUCANA” (Antonio Inciso)La Gazzetta del Mezzogiorno 17/02/2001“<TRAFFICI RADIOATTIVI VERSO L’IRAQ>” (…), La Nuova Basilicata 12/11/2001.

“SEDUTI SU UNA POLVERIERA SICURA” (Filippo Mele), La Gazzetta del

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Mezzogiorno 21/11/2001.“NUCLEARE, ABBIAMO GIA DATO” (…), La Gazzetta del Mezzogiorno 03/12/2001.“ALL’ENEA SIMULAZIONE DI UN DISASTRO NUCLEARE” (Diego Marciante),La Gazzetta del Mezzogiorno 12/12/2001.

SITI INTERNET CONSULTATI

www.trisaia.enea.ithttp://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/du_clark.htmlwww.lucaniaonline.it/Trisaia.htm

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ALLEGATO

IL QUESTIONARIO

1) Sesso1) Maschio 2) Femmina

2) Stato civile1) Sposato con figli 2) Sposato senza figli 3) Convivente 4) Celibe/Nubile 5) Separata con figli

3) Luogo di nascita 1) Rotondella 2) Policoro 3)Altra località

4) Data di nascita

5) Da quanto tempo è residente a Rotondella? 1) da meno di 1 anno 2) da 1 a 5 anni 3) da 5 a 10 anni 4) da 10 a 15 anni 5) da + di 15 anni 6) dalla nascita

6) Qual è la sua attuale posizione occupazionale? 1) lavoratore autonomo 2) lavoratore dipendente

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3) disoccupato 4) coltivatore/trice 5) studente 6) casalinga 7) pensionato

9) Da quanto tempo è pensionato? 1) meno 1 anno2) tra 1 e 2 anni3) tra 2 e 3 anni4) + di 3 anni

10) Da quanto tempo è disoccupato? 1) meno 1 anno2) tra 1 e 2 anni3) tra 2 e 3 anni4) + di 3 anni

11) Da quanto tempo sta cercando lavoro? 1) meno 1 anno2) tra 1 e 2 anni3) tra 2 e 3 anni4) + di 3 anni

12) Che cosa studia?

13) Dove studia?

14) Di quale titolo di studio è in possesso? 1) Fino a licenza elementare 4) Licenza media 5) Diploma/Laurea

15 a) Di quale titolo di studio è in possesso suo padre?1) Nessun titolo 2) III elementare

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3) Licenza elementare 4) Licenza media 5) Diploma di scuola media superiore 6) Laurea

15 b) Di quale titolo di studio è in possesso sua madre?1) Nessun titolo 2) III elementare 3) Licenza elementare 4) Licenza media 5) Diploma di scuola media superiore 6) Laurea

16) Può dire se sul territorio provinciale sono presenti degli impianti industriali a ri-schio ambientale?

1) Enea Trisaia 2) Val Basento 3) Altro 5) No,non sono presenti 6) Non so

17) Immagini, per un momento, che nei pressi della sua abitazione siano localizza-ti gli impianti o le attività riportati nell’elenco. Può dire quale livello di rischio, perla salute sua e della sua famiglia, associa a ciascuno di essi, secondo una scalacompresa tra 0 (nessun rischio) e 3 (rischio massimo)?

1) Autostrada [0] [1] [2] [3] 2) Diga [0] [1] [2] [3] 3) Ripetitore per cellulari [0] [1] [2] [3] 4) Aeroporto [0] [1] [2] [3] 5) Laboratori per la produzione di energia solare [0] [1] [2] [3] 6) Impianto per la solidificazione dei rifiuti radioattivi [0] [1] [2] [3] 7) Impianto di industria chimica [0] [1] [2] [3] 8) Laboratori per le agro-biotecnologie [0] [1] [2] [3] 9) Attività di smantellamento di

un impianto nucleare (“decomissioning”) [0] [1] [2] [3]

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18) Quali delle seguenti attività riportate nell’elenco considera rischiose per la salutedelle generazioni future, secondo una scala compresa tra 0 (nessun rischio) e 3 (ri-schio massimo)?

1) La lavorazione di Amianto [0] [1] [2] [3] 2) L’uso di Organismi Geneticamente Modificati [0] [1] [2] [3] 3) La custodia e la gestione di rifiuti radioattivi [0] [1] [2] [3] 4) L’utilizzo di anti-crittogamici in agricoltura [0] [1] [2] [3]

Di seguito è riportato un elenco di affermazioni riguardanti il Centro ENEAdella Trisaia.Può dire qual è la sua valutazione con riferimento a ciascuna di esse?

[D’accordo] [Abbas. d’acc.] [In parte d’acc.] [In Parte dis.] [Abbas. dis.] [Abbas. d’acc.]

19) Il Centro ENEA della Trisaia ha contribuito notevolmente allo sviluppo tecno-logico della zona [1] [2] [3] [4] [5] [6]

20) Lo sviluppo economico della zona è positivamente influenzato dalle attività del Centro ENEA della Trisaia [1] [2] [3] [4] [5] [6]21) Le attività del Centro ENEA della Trisaia hanno influenzato negativamente al-cune attività economiche della zona (es.il turismo,l’agricoltura)

[1] [2] [3] [4] [5] [6]22) La localizzazione del Centro ENEA in Trisaia non ha portato alcun beneficio al-le zone circostanti. [1] [2] [3] [4] [5] [6]

23) In quali tra questi settori ha operato e opera il Centro Enea della Trisaia?1) Agro-biotecnologie [si] [no] [non so]2) Energie Rinnovabili [si] [no] [non so]3) Hi-Tech ( computer, etc…) [si] [no] [non so] 4) Riprocessamento del combustibile nucleare [si] [no] [non so]5) Servizi alle PMI e alla PA [si] [no] [non so] 6) Custodia e gestione di rifiuti radioattivi [si] [no] [non so]8) altro( specificare )… [si] [no] [non so]

24) Un Centro di Ricerca che opera nel settore nucleare può essere riconvertito adaltre attività in altri settori (biologico, ecologico etc..)

1) Si2) No3) Non so

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25) Per quale motivo ?

26) Legge quotidiani?1) Si leggo quotidiani 2) No, non leggo quotidiani ( passare alla d. 29)

27) Quali quotidiani legge?1) Per lo più stampa locale 2) Per lo più stampa nazionale3) Sia locali che nazionali4) Per lo più stampa Sportiva

28) Con quale frequenza legge i quotidiani?1) Tutti i giorni2) 4-6 volte a settimana3) 2-4 volte a settimana4) 1-2 volte a settimana5) 1 volta ogni 15 giorni

29) Legge periodici (settimanali,mensili ecc.)?1) Sì leggo periodici2) No, non leggo periodici ( passare alla d.35)

30) Se sì alla d. 29. Quali e con quale frequenza?

31) (se si alla d. 26 o alla d. 29) Le è mai capitato di leggere articoli che riguardasse-ro il Centro ENEA di Trisaia?

1) Sì, un articolo2) Sì, da 1 a 5 articoli3) Sì, da 5 a 10 articoli4) Si`+ di 10 articoli5) No, nessuno (passare alla d.4)

32) Se si alla d. 31.Ricorda su quale/i giornale/i?1) Per lo più periodici 2) Per lo più stampa locale

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3) Per lo più stampa nazionale4) Sia stampa locale che stampa nazionale5) Sia stampa locale che periodici6) Sia stampa nazionale che periodici7) Non Ricordo8) Altro

33) Se si alla d. 31.Ricorda in quale periodo ha letto questo/i articoli?1) Di recente (inizio del 2002)2) In passato (prima del 2002)3) Sia di recente che in passato4) Non ricordo

34) Se si alla d. 31.Ricorda quali aspetti o problemi del Centro della Trisaia fosserotrattati nell’articolo/negli articoli che ha letto?

1) Per lo più risultati di ricerche2) Per lo più rifiuti radioattivi3) Per lo più programmi di ricerche4) Altro (specificare)

35) Se si alla d. 31. Ricorda quale fosse il tono dell’articolo/degli articoli?1) Per lo più polemico2) Per lo più di disapprovazione3) Per lo più di denuncia4) Per lo più descrittivo5) Per lo più di documentazione6) Per lo più di approvazione7) Altro (specificare)

36) Se si alla d. 31. Ricorda qual è stata la sua reazione?1) Per lo più interesse2) Per lo più preoccupazione3) Per lo più stupore4) Altra reazione (specificare)

37) Legge libri?1) Si leggo libri2) No,non leggo libri (passare alla d. 40)

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38) Quali genere di libri preferisce?1) Gialli2) Romanzi3) Saggi4) Fumetti5) Poesia 6) Biografie7) Altro (specificare)

39) Può dire quanti libri ha letto l’ultimo anno?

40) Può dire quanti libri possiede?

41) Nel Centro ENEA si trovano rifiuti radioattivi?1) No,non si trovano (passare alla d. 44)2) Si, si trovano.3) Non so ( passare alla d. 44)

42) (Se si alla d. 41) Considerando l’elenco seguente, può dire quali tipi di rifiuti ra-dioattivi sono presenti nel Centro ENEA della Trisaia?

1) rifiuti bio-medicali [si] [no] [non so]2) batterie esauste per motori [si] [no] [non so]3) testine di parafulmine radioattive [si] [no] [non so]4) combustibile nucleare esausto [si] [no] [non so]5) uranio e torio [si] [no] [non so]6) farmaci scaduti [si] [no] [non so] 7) olii combustibili [si] [no] [non so]8) Altro (specificare)

43) (Se si alla D.41) Può dire qual è il piano di gestione (trattamento e condiziona-mento) dei rifiuti radioattivi liquidi conservati nel Centro della Trisaia?

1) Vetrificazione2) Nessuno3) Cementificazione tramite l’impianto “Sirte-moka”4)Non so

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44) Quante ore trascorre quotidianamente in media guardando la televisione?1) Meno di 1 ora2) Da 1 a 3 ore3) Da 4 a 6 ore4) +6 ore5) Non guardo la televisione (passare alla d. 53)

45)(Se 1, 2, 3 e 4 alla d. 44). Quali programmi televisivi vede e con quale frequenza?

Con regolatità Occasionalmente Assai raramente Mai1) Telegiornali [ ] [ ] [ ] [ ]2) Intrattenimento [ ] [ ] [ ] [ ]3) Film [ ] [ ] [ ] [ ]4) Dossier, Inchieste giornalistiche [ ] [ ] [ ] [ ]5) Programmi culturali,scientifici [ ] [ ] [ ] [ ]6) Programmi sportivi [ ] [ ] [ ] [ ]7) Altro (Specificare) [ ] [ ] [ ] [ ]

46) Le è mai capitato di vedere in Tv trasmissioni in cui fossero presenti dei riferi-menti al Centro ENEA della Trisaia?

1) Si mi è capitato una volta2) Si,mi è capitato da 2 a 5 volte3) Si,mi è capitato + di 5 volte4) No,non mi è mai capitato.( passare alla d. 53)

47) Ricorda, per lo più, il tipo di trasmissione?1) Dossier, inchieste giornalistiche.2) Telegiornali3) Sia telegiornali che inchieste giornalistiche4) Altro5) Non ricordo6) Film documentario

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48) Se si alla d. 46. Ricorda in quale periodo ha visto la/le trasmissione/i?1) Di recente (inizio 2002)2) In passato (prima del 2002)3) Sia di recente che in passato4) Non ricordo

49) Se sì alla d. 46. Ricorda se nella/e trasmissione/i sono stati espressi punti di vi-sta contrapposti o discordanti sul Centro?

1) Sì,per lo più erano presenti punti di vista contrapposti2) No,per lo più non erano presenti punti di vista contrapposti3) Non mi ricordo se erano presenti

50) Se sì alla d. 46. Quali aspetti o problemi del Centro della Trisaia sono stati oggettoprincipale della trasmissione?

1) Per lo più risultati di ricerche, programmi di ricerche2) Per lo più informazioni su concorsi, bandi Ecc..3) Per lo più rifiuti radioattivi4) altro argomento (specificare)

51) Se sì alla d. 46.Ricorda quale era il tono usato nella trasmissione?1) Per lo più Polemico2) Per lo più di approvazione3) Per lo più di denuncia4) Per lo più descrittivo5) Per lo più documentazione6) Altro (specificare)

52) Se si alla d. 46.Ricorda quale è stata la sua reazione?1) Approvazione dell’articolo2) Per lo più stupore3) Per lo più preoccupazione4) Per lo più apprensione5) Per lo più nessuna reazione6) Altra reazione (specificare)

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Di seguito vengono riportate alcune affermazione riguardanti la gestione dei rifiu-ti radioattivi presenti nel Centro ENEA della Trisaia.Può dire la sua valutazione conriferimento a ciascuna di esse?

[D’accordo] [Abbas. d’acc.] [In parte d’acc.] [In Parte dis] [Abbas. dis.] [Abbas. acc.]

53) Il Centro ENEA della Trisaia con i suoi rifiuti radioattivi sarà la scomoda ereditàche lasceremo ai nostri figli [1] [2] [3] [4] [5] [6]

54) L’ENEA della Trisaia ha sempre gestito con carenza i rifiuti radioattivi presentinel Centro [1] [2] [3] [4] [5] [6]

55) La preparazione dei tecnici della ENEA della Trisaia garantisce una sicura gestionedei rifiuti presenti nel Centro. [1] [2] [3] [4] [5] [6]

56) La gestione dei rifiuti radioattivi presenti nel Centro ENEA della Trisaianon hamai dato preoccupazione. [1] [2] [3] [4] [5] [6]

57) È iscritto/a ad associazioni? 1) Si ,sono iscritto2) No, non sono iscritto

58) È stato iscritto/a ad associazioni? 1) Si sono stato iscritto.2) No,non sono stato iscritto

59)( Se si alla D.57) A quale associazione è iscritta/o e con quale frequenza parteci-pa alle sue attività?

Con regolarità Occasionalmente Quasi mai/Mai1) Partitiche [ ] [ ] [ ] 2) Sindacali [ ] [ ] [ ] 3) Ambientaliste [ ] [ ] [ ] 4) Culturali [ ] [ ] [ ] 5) Religiose [ ] [ ] [ ] 6) Volontariato [ ] [ ] [ ]

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60) (Se si alla d. 58) Aquale associazione era iscritto/a e con quale frequenza partecipavaalle sue attività?

Con regolarità Occasionalmente Quasi mai /Mai1) Partitiche [ ] [ ] [ ]2) Sindacali [ ] [ ] [ ] 3) Ambientaliste [ ] [ ] [ ] 4) Culturali [ ] [ ] [ ] 5) Religiose [ ] [ ] [ ]6) Volontariato [ ] [ ] [ ]

61) Con quale frequenza svolge ciascuna di queste attività?[Con regolarità] [Occasionalmente] [Assai raramente] [Mai]

1) Partecipare alle riunioni nelle sezioni dei partiti. [ ] [ ] [ ] [ ]2) Partecipare ai consigli comunali [ ] [ ] [ ] [ ]3) Mantenere contatti diretti con assessori,sindaci, consiglieri. [ ] [ ] [ ] [ ]

62) Di seguito è riportato un elenco di possibili problemi che riguardano la comu-nità di Rotondella. Può indicare quali tra di essi e se necessario aggiungerne altri, con-si-dera i due principali problemi che il comune dovrebbe risolvere?

Primo problema Secondo problema 1) Disoccupazione giovanile [ ] [ ]2) Spopolamento del paese [ ] [ ]3) Diffusione della droga tra i giovani [ ] [ ]4) Integrazione e accoglienza dei rifugiati Curdi [ ] [ ]5) I rifiuti radioattivi della Trisaia [ ] [ ]6) Altro problema [ ] [ ]

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63) Di seguito vengono riportati alcuni importanti obiettivi che potrebbero costituireuna sfida per la politica mondiale. Può indicare il grado di importanza attribuibile,se-condo lei, a ciascuno di essi, secondo una scala compresa tra 0 (nessuna impor-tanza) e 3 (importanza massima)?

1) La disoccupazione [0] [1] [2] [3]2)L’inquinamento [0] [1] [2] [3]3) Il terrorismo internazionale [0] [1] [2] [3]4)Il surriscaldamento del pianeta e il cambiamento climatico [0] [1] [2] [3]5) Il divario tra ricchi e poveri [0] [1] [2] [3]7) Lo sfruttamento del lavoro minorile [0] [1] [2] [3] 8) Estinzione di specie animali e vegetali [0] [1] [2] [3]

64) Può dire in quale orientamento ideologico si riconosce maggiormente ?1) Nell’orientamento di destra2) Nell’orientamento di centro-destra3) Nell’orientamento di centro4) Nell’orientamento di centro-sinistra5) Nell’orientamento di sinistra6) In nessun orientamento

65) Nella sua famiglia qualcuno lavora al Centro ENEA di Trisaia?1) Si2) No, nessuno

66) Oltre ai familiari, conosce qualcuno che lavora al Centro ENEA di Trisaia?1) Si (specificare quanti) N__2) No,nessuno dei miei conoscenti lavora al centro ENEA

67) Può dire se il tema del Centro ENEA di Trisaia viene affrontato adeguatamentedagli amministratori comunali?

1) Sì (passare alla d. 68)2) No (passare alla d. 69)3) Non so (passare alla d. 69)

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68) (se sì alla d.67) Secondo lei gli amministratori dovrebbero affrontarlo in manie-ra più appropriata?

1) Si2) No3) Non so

69) (se no o non so alla d.67) Secondo lei, gli amministratori dovrebbero affrontarla? 1) Si 2) No3) Non so

70) Può dire se le capita e con quale frequenza di parlare del Centro ENEA nei con-testi qui elencati?

spesso qualche volta mai1) In famiglia [ ] [ ] [ ]

2) Con gli amici [ ] [ ] [ ]3) Con i colleghi di lavoro /di studio [ ] [ ] [ ]

71) Secondo lei la gente di Rotondella s’interessa sufficientemente del Centro ENEAdi Trisaia?

1) Si ( passare alla d. 72)2) No (passare alle d. 73)3) Non so (passare alla d. 73)

72) (se si alla d. 71) Secondo lei dovrebbe interessarsene ancor di più?1) Sì dovrebbe2) No, non dovrebbe3) Non so

73) (se no o non so alla d. 71) Secondo lei dovrebbe interessarsene?1) Si dovrebbe2) No, non dovrebbe3) Non so

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74) In passato ci sono state inchieste giudiziarie sul Centro ENEA della Trisaia?1) No2) Si (specificare il numero) N.__3) Non so

75) In passato ci sono state reazioni di protesta da parte delle popolazioni vicine neiconfronti del Centro ENEA?

1) No, non ci sono state2) Si, ci sono state(specificare il numero) N__3) Non so

76) (se sì alla d. 75)Quali sono state le motivazioni dell’agitazione?

77) Come considera i rifiuti radioattivi ( innocui, pericolosi etc.)?

78) Per quale motivo ?

79) È favorevole o contrario al nucleare?1) Favorevole2) Contrario 3) Non so

80) Quale parte del nostro organismo viene danneggiata in caso di esposizione a ele-vati livelli di radioattività?

1) Il sistema nervoso2) La parte cellulare3) L’apparato digerente4) Danneggiano tutto5) Non so

81) Quanto tempo devono essere custoditi i rifiuti radioattivi(di una particolare ti-pologia media-alta attività) prima di essere ritenuti innocui?

1) Qualche anno2) Da decine a qualche migliaia di anni3) Qualche mese4) Devono essere sempre custoditi5) Non so

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82) Sarebbe disposto ad accettare il deposito dei rifiuti radioattivo nelle vicinanzedel suo Paese?

1) Si2) No3) Non so

84) L’ENEA di Trisaia fornisce, alla comunità di Rotondella, informazioni sulle at-tività svolte nel Centro e sugli eventuali pericoli connessi a tali attività?

1) Si, in modo ottimale2) Si, in modo soddisfacente3) Si, in modo sufficiente4) Si, in modo mediocre5) No, in nessun modo6) Non so

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G R A F I C A E I M P A G I N A Z I O N E

studio / grafico / linearte . [pz]

S T A M P A

tipolitografia / Olita . [pz]

F I N I T O D I S T A M P A R E N E L M E S E D I M A G G I O 2 0 0 4