Antropologia Culturale - I Modulo

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A.A. 2010\2011 Antropologia Culturale I modulo – Introduzione alla disciplina L’antropologia culturale è una disciplina che studia l’uomo. Viene da antropos e logos, quindi significa studio l’uomo. Cosa non è l’antropologia culturale? Ha questo aggettivo per distinguerla da altri tipi di antropologia: Antropologia a volte viene chiamata antropologia fisica, è lo studio dell’uomo dal punto di vista dell’evoluzione della specie soprattutto dai 7 milioni di anni fa fino all’homo sapiens sapiens di oggi. Antropologia filosofica: è una disciplina filosofica e si occupa delle concezioni relative all’uomo in ambito filosofico. L’antropologia culturale è diversa perché si occupa degli uomini contemporanei e ne studia le varie culture. È una disciplina recentissima perché nasce alla fine dell’800, l’antropologo classico dal 900 in avanti va in luoghi lontani, sta lì a lungo e studia la cultura del luogo. Questa disciplina viene chiamata anche etnologia (etnos = popolo), in Francia viene chiamata così. Strauss è stato uno degli antropologi più famosi. In Inghilterra la chiamiamo antropologia sociale, mentre in Italia e negli Stati Uniti antropologia culturale. Si fa riferimento sempre alla stessa disciplina anche se ha nomi diversi. In Italia gli studi hanno avuto un approccio anche sul folclore = sapere demologico, cioè feste, tradizioni ecc. Antropologo italiano – Ernesto De Martino – ha studiato per esempio la magia in Lucania, i riti funebri, il tarantismo. In Italia gli studi di questo tipo si chiamano demoetnoantropologici. Ci sono molti centri che si occupano di saperi locali perché questi studi sono passati attraverso un percorso di rivitalizzazione per esempio grazie alle politiche leghiste. Ci sono antropologi africanisti, americanisti, europeisti. La prof è asianista perché ha lavorato in Sri Lanka. L’antropologia si può assumere in 2 frasi: Rende familiare ciò che è strano perché il soggiorno in posti diversi fa trovare gli aspetti comuni E contemporaneamente rende strano ciò che è familiare perché è un lavoro riflessivo e quando si sta in un posto lontano e si ritorna nel luogo di partenze ciò che prima era normale ora è diverso, strano,

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A.A. 2010\2011

Antropologia CulturaleI modulo – Introduzione alla disciplina

L’antropologia culturale è una disciplina che studia l’uomo. Viene da antropos e logos, quindi significa studio l’uomo. Cosa non è l’antropologia culturale? Ha questo aggettivo per distinguerla da altri tipi di antropologia:

Antropologia a volte viene chiamata antropologia fisica, è lo studio dell’uomo dal punto di vista dell’evoluzione della specie soprattutto dai 7 milioni di anni fa fino all’homo sapiens sapiens di oggi.

Antropologia filosofica: è una disciplina filosofica e si occupa delle concezioni relative all’uomo in ambito filosofico.

L’antropologia culturale è diversa perché si occupa degli uomini contemporanei e ne studia le varie culture. È una disciplina recentissima perché nasce alla fine dell’800, l’antropologo classico dal 900 in avanti va in luoghi lontani, sta lì a lungo e studia la cultura del luogo. Questa disciplina viene chiamata anche etnologia (etnos = popolo), in Francia viene chiamata così. Strauss è stato uno degli antropologi più famosi. In Inghilterra la chiamiamo antropologia sociale, mentre in Italia e negli Stati Uniti antropologia culturale. Si fa riferimento sempre alla stessa disciplina anche se ha nomi diversi. In Italia gli studi hanno avuto un approccio anche sul folclore = sapere demologico, cioè feste, tradizioni ecc. Antropologo italiano – Ernesto De Martino – ha studiato per esempio la magia in Lucania, i riti funebri, il tarantismo. In Italia gli studi di questo tipo si chiamano demoetnoantropologici. Ci sono molti centri che si occupano di saperi locali perché questi studi sono passati attraverso un percorso di rivitalizzazione per esempio grazie alle politiche leghiste. Ci sono antropologi africanisti, americanisti, europeisti. La prof è asianista perché ha lavorato in Sri Lanka. L’antropologia si può assumere in 2 frasi:

Rende familiare ciò che è strano perché il soggiorno in posti diversi fa trovare gli aspetti comuni

E contemporaneamente rende strano ciò che è familiare perché è un lavoro riflessivo e quando si sta in un posto lontano e si ritorna nel luogo di partenze ciò che prima era normale ora è diverso, strano, relativizzo ciò che provo in prima persona. Tutti i popoli del mondo hanno convenzioni culturali. Quindi al ritorno scoprirò che ci sono abitudini che prima per me erano naturali non solo non lo sono ma forse mi trovavo meglio con abitudini dei posti lontani.

M. Mead “chi sta male con se stesso fa lo psicologo, chi si sente a disagio con la propria società fa il sociologo, chi sta male con se stesso e con la propria società fa l’antropologo” è una battuta, ma per l’antropologo c’è veramente un senso di disagio verso convenzioni della propria società considerate normali.

Temi dell’igiene e dell’alimentazione. Siamo più restii ad accettare che le nostre abitudini non siano quelle giuste. Per esempio, in molte culture, si mangiano insetti. Noi pensiamo che il nostro modo di lavarci sia quello giusto: è una forma di etnocentrismo, cioè il pensiero che le nostre abitudini siano quelle giuste. Tutti i popoli sono etnocentrici. Secondo l’antropologia l’uomo si caratterizza rispetto alle altre specie umane perché è un animale con grosse carenze, incompleto, ha una prole

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inetta (il bambino dell’uomo non ce la fa da solo), viene completato dalla cultura. In realtà l’uomo viene completato dalle culture e ognuna lo plasma in modo diverso, l’uomo è forgiato, plasmato dalle culture. In molti miti formativi l’uomo è plasmato dalla creta o dal fango. Anche il corpo fisico è plasmato dalla cultura (lo vedremo studiando l’antropologia della danza) perché la cultura interviene sul corpo fin dalla nascita.Interventi sul corpo dagli aspetti reversibili (cambiamenti del corpo da cui si può tornare indietro) a quelli irreversibili.

ReversibiliTruccoAbitiAcconciatureGioielliAbbronzatura

Interventi sul corpo

Tatuaggi e piercing (sia reversibili che irreversibili)AlimentazioneBustino che mettevano le donne[postura(è fuori da questo schema) è culturalmente determinata][Prossemica cioè la distanza interpersonale(sempre fuori da questo schema) è culturalmente determinata]

IrreversibiliCirconcisioneAnelli che si mettono al colloPiattelli labialiPiede di loto (fasciatura del piede in modo da piegare le dita e raggiungere un modello ideale molto piccolo di piede che necessitava di una scarpetta con la zeppa)MuscoliInfibulazioneChirurgia plasticaScarificazioni (segni sulla pelle, tagli)Allungamento del cranio

Cosa hanno in comune tutte queste cose? Quale valenza gli viene attribuita culturalmente? Sono indicatori di status sociale (per es. ostentare certi gioielli) ma soprattutto valenza estetica, sono tutte considerate esteticamente significative. Ci sono obblighi culturali e sociali che noi non notiamo perché siamo cresciuti in una società che li dava per scontati. Un’altra valenza importante è quella religiosa, per esempio circoncisione prevista nell’ebraismo e nell’islam. Queste cose ci parlano dello status economico, professionale, religioso, sociale, civile (per es. la fede per sapere se uno è sposato o no), passaggio all’età adulta (nello Sri Lanka le bambine piccole portano 2trecce, quelle grandi una sola). Avere donne con piedi di loto in Cina voleva dire essere ricchi perché per lavorare dovevano stare a piedi nudi nelle risaie e chi aveva i piedi di loto non poteva farlo

Chirurgia estetica InfibulazioneVolontaria (ma c’è pressione sociale! Se no a nessuno verrebbe in mente di farlo dal nulla)Bellezza (in realtà vale anche per l’infibulazione)DoloreCostoso (anche l’infibulazione costa)Moda

DoloreReligioneNon volontaria, ma dovuta: in realtà questo è quello che pensiamo noi! Perché in alcuni paesi è per esempio la condizione per sposarsi quindi se una donna vuole sposarsi lo fa volontariamente.

Questo è un esempio di comparazione. Abbiamo comparato la chirurgia estetica e l’infibulazione, le comparazioni servono per riflettere su due aspetti per scoprire cose che prima magari non sapevamo.

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MGF = mutilazioni \ modificazioni genitali femminili

Dizionari di Antropologia: - dizionario di antropologia di Remotti-Fabietti- dizionario di antropologia e etnologia di Bonte e Izard curato da Aime Tema scissione\infibulazione: film Moolaade del regista Sembène Ricordare il nome dell’antropologo Clifford Geertz che ha studiato e lavorato moltissimo a Giava

(ci sarà un suo saggio nella dispensa del corso)

Le culture cambiano a seconda delle mode, delle valutazioni estetiche. L’uomo è plasmato dalla culla alla morte. I morti vengono trattati secondo regole molto precise.

L’antropologia nasce nell’800, tutte le discipline rivendicano un antenato mitico: quello degli antropologi è Erodoto perché portava osservazioni sulle culture degli altri. Erodoto osserva innanzitutto la differenza tra greci e barbari per esempio nelle pratiche funebri. Le pratiche locali vengono considerate giuste.L’evoluzionismo è il primo passo delle scienze antropologiche, la concezione evoluzionista ritiene che gli uomini possano essere collocati su una sorta di scala che prevede per ogni popolazione uno stadio diverso: alla base ci sono i primitivi, i selvaggi e man mano che saliamo ci sono individui sempre più evoluti e sulla punta della piramide c’è l’uomo europeo dell’800.Base: per esempio africani, popolazioni considerate particolarmente primitive come i Pigmei, coloro che vivevano solo di caccia e raccolta (società acquisitive = società che non vivono di agricoltura e allevamento, si procacciano il cibo dalla natura), aborigeni australiani.In mezzo alla piramide: nativi americani, Inuit (eschimesi)Man mano che si saliva l’uomo era sempre più civileParametri con cui consideravano questa piramide: o per la religione o per i rapporti di coppia (alla punta della piramide monogamia), altri consideravano gli strumenti utilizzati.Unità psichica del genere umano: sono tutti uguali e poi si evolvono in modo diverso. Anche noi eravamo come quelli alla base, poi ci siamo evoluti. Gli antropologi ad esempio fanno comparazioni tra eroi omerici e nativi americani. Guardando ad esempio i pigmei che vanno a caccia è come se guardassimo i nostri antenati; il problema dell’evoluzionismo è che è vivo ancora oggi. L’antropologia ha contraddetto l’evoluzionismo con gli anni, ma all’epoca questa visione era positiva… prima di questa idea evoluzionista c’era la teoria del degenerazionismo. C’era stata la creazione di Adamo ed Eva e quelli che erano diversi dai bianchi europei erano dei degenerati, degli scarti dell’umanità, si erano allontanati dalla società originaria. Con l’evoluzionismo vengono reinseriti nella scala sociale. L’autore più importante di questa corrente è Tylor, nel 1871 in “Primitive culture” introduce concetto di “cultura” che non ha niente a che fare con l’istruzione (c’è la definizione sul libro) ed è una definizione rivoluzionaria perché la cultura si trova ovunque quindi tutti i popoli hanno una cultura, anche chi sta in fondo alla piramide. E per la fine dell’800 è una cosa sensazionale, la seconda idea è che la cultura è un sistema complesso, la terza idea è che la cultura sia qualcosa che si apprende, infatti l’antropologo va ad imparare un’altra cultura. Ad esempio i bambini adottati imparavano la cultura della famiglia in cui crescevano (non era un’ovvietà all’epoca). La cultura non ha niente di individuale, è acquisita dall’uomo in quanto membro della società.Gli evoluzionisti erano quasi tutti antropologi da tavolino = stavano a casa e leggevano dei libri nei quali si parlava di usanze, resoconti dei missionari, diari di mercanti, mandavano anche questionari, raccoglievano dati e facevano libri a tema ma senza essere andati mai nei luoghi. Uno di questi antropologi è Frazer. C’è una eccezione, gli evoluzionisti non andavano nelle popolazioni che studiavano tranne

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Morgan che ha vissuto e frequentava dei nativi americani. L’antropologia come la conosciamo oggi nasce nel 900 con l’osservazione partecipante o ricerca sul campo.Malinowski ha teorizzato per primo la ricerca sul campo, non era un antropologo ma un fisico, ma ha studiato libri di Frazer e si è innamorato dell’antropologia, è andato a vivere alle isole Trobriand (in Melanesia).

Differenza più grande tra scarificazioni e chirurgia plastica: le scarificazioni si vedono, la chirurgia no. Mentre con la chirurgia per esempio nascondo le cicatrici, con le scarificazioni le esalto. La chirurgia occulta l’operazione che ho fatto, le scarificazioni mettono in luce. Le popolazioni che praticano le scarificazioni dicono che trasformano il corpo, segnano in questo modo l’appartenenza al gruppo e la valenza religiosa, nella chirurgia invece facciamo finta di essere naturali

Matrimoni d’amore Matrimoni combinatiSentimentoVolontario

Progetto comune

DenaroTradizioniImpostoFamiglia

Primo passo: esaminare matrimoni combinati.Per loro il matrimonio combinato è la normalità. In più è fatto dalla persona che ci conosce di più, cioè nostra madre, che sa qual è la persona giusta per noi. Invece il matrimonio d’amore non è ponderato, è irresponsabile. Lì anche se c’è un matrimonio d’amore viene mascherato da matrimonio combinato. L’amore per loro segue il matrimonio non lo precede. Ci si innamora pian piano della persona con cui si è sposati, le aspettative sono diverse. Nel matrimonio combinato non si è obbligati, dopo qualche incontro si decide se sposarsi o no, c’è un margine di scelta. In realtà nel nostro matrimonio non sposiamo chi ci pare, ma chi è nel nostro ambiente di frequentazione. Sposeremo magari qualcun che ha fatto i nostri stessi studi. Anche in Italia era abitudine fare matrimoni combinati fino agli anni 70.Secondo passo: tornare a casa e esaminare i matrimoni d’amore.

- Ci sono vari autori che possono essere considerati nella scia del pensiero antropologico, ma l’antropologia vede la propria origine alla fine dell’800 con il pensiero evoluzionista. Rispetto all’evoluzionismo, sappiamo che questa teoria si conserva ancora, ma in che senso? Purtroppo nel linguaggio comune, delle comunicazioni di massa, del giornalismo, ma dal punto di vista scientifico è una teoria completamente superata. L’idea che ci siano popolazioni primitive inferiori, ovviamente nessun antropologo lo sostiene più, anche se nulla toglie che ci siano popolazioni più arretrate rispetto alla nostra. Ad esempio, la popolazione africana dei Dogon del Mali fu studiata da un antropologo francese, Marcel Griaule; guardando i Dogon è come se osservassimo i nostri antenati. - la questione dei matrimoni combinati. Cosa è giusto e cosa è sbagliato? L’antropologia non dà risposte di questo tipo, ma suscita delle domande, porta a chiederci ‘ma ciò che pensiamo sia giusto, è davvero giusto?’ E viceversa. L’antropologia elabora uno sguardo che tenga conto degli sguardi degli altri.- Società acquisitive sono per esempio le società che praticano la caccia e la raccolta; un tempo erano le società per eccellenza mentre oggi sono considerate marginate.

CONCETTO di CULTURA[spiega in che senso la cultura è olistica. Spiega in che senso la cultura è stratificata]

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La cultura è un insieme di modelli per l’orientamento nel mondo: l’uomo è un animale completo e si orienta attraverso la cultura. In questo senso la cultura si dice è operativa, cioè ci permette di agire nel mondo. L’antropologo che ha istituito la ricerca sul campo, Marinoski, era un funzionalista: secondo lui ogni cosa presente all’interno di una cultura corrispondeva a un certo bisogno. L’idea è che nessun gruppo umano fa le cose senza bisogno; ci sono dei bisogni umani (alimentazione, riposo, riparo ecc) che vengono soddisfatti secondo delle regole culturali. Ogni bisogno corrisponde a una risposta culturale, che fa si che in ogni parte del mondo ci siano diversi modi di mangiare, riprodursi, ripararsi, riposare ecc.La cultura quindi serve per orientarsi nel mondo.

Un’altra dimensione della cultura è che è selettiva: non tutti gli elementi vengono conservati; quello che tramandiamo da una generazione all’altra non è tutto. Questo determina che ci sia una continua trasformazione. Ad esempio, ci sono certe pratiche, certi rituali che vengono abbandonati, certi modi di vestirsi, mangiare che sono stati selezionati, ad esempio a causa dell’impatto con il progresso tecnologico.

Un altro aspetto che deriva da questo è importantissimo, cioè che la cultura è sempre dinamica. Per l’antropologo tutte le culture sono dinamiche, anche se noi in genere tendiamo a considerare la nostra cultura dinamica (tecnologia, moda, scoperte scientifiche). Quelle popolazioni dell’Africa, che vanno a caccia nelle foreste con l’arco, non sono statiche, sono anch’esse dinamiche, cambiano continuamente. Il nostro immaginario su queste culture è esattamente errato, mentre un antropologo ci spiega. Il nostro etnocentrismo è evidente: il mutamento in una società che non è la nostra viene visto come un allontanamento dalle forme tradizionali e pure, non come un normale processo che attraversa tutte le culture.Questa dinamicità della cultura è interna ed esterna: interna, cambiamenti delle percezioni estetiche (il corpo), questioni relative al processo di scolarizzazione; esterna, provengono dall’incontro con altre culture.

La storia del mondo è una storia di scambi, di trasformazioni, di contatti, però in genere noi non accettiamo questo, noi pensiamo di avere un’identità molto precisa che abbiamo costruito immaginando che questi contatti siano esistiti poco niente (identità italiana, identità francese ecc… sono sentite come un qualche cosa di esistenziale). Concetto che si chiama ‘Fissità dell’Identità’, qualcosa che è fisso come una pietra, e così rimane e rimarrà. In realtà le identità cambiano, l’appartenenza identitaria si trasforma nel tempo.Scritto del 1936, critica al concetto di fissità dell’identità delle culture.“Il cittadino americano medio si sveglia in un letto…”Questo esempio per dire che, quando dicono che l’antropologia sia una disciplina sovvertiva, lo è in questo senso analitico, di mostrare i processi che ci sono sotto la costruzione (noi siamo fatti da altro, delle altre popolazioni che ci hanno insegnato molto). Anche culture che non hanno rapporti con l’esterno (es. popolazioni amazzoni) sono cambiate al loro interno; è chiaro che più siamo soggetti all’incontro con altri più si è soggetti al cambiamento.Quindi le culture sono dei prodotti storici, non sono qualcosa che uno possiede già, e l’antropologia tende a sottolineare questa dimensione.

La cultura è stratificata (concetto importante per gli antropologi); la cultura non è omogenea. Ci sono gruppi diversi che la rappresentano in modo diverso, perché hanno abitudini pratiche che sono differenziate. Un fondamentale esempio di forma di cultura stratificata ci è dato dal mondo indiano e dalla suddivisione in caste; ma in tutte le società ci sono gruppi subalterni che hanno un accesso alle risorse molto diverso dai gruppi egemonici. Che conseguenze ha questo per un antropologo? Quali complicazioni porta?

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Una conseguenza diretta della stratificazione è il rischio di illustrare come rappresentativo della cultura il punto di vista di uno di questi strati; normalmente la cultura che viene rappresentata è quella egemone, perché sono coloro che scrivono, che sono istruiti. Molto spesso la cultura che ci siamo rappresentati degli altri è quella egemone; spesso gli antropologi, infatti, indagano i gruppi subalterni. C’è anche un caso di un antropologo italiano, Ernesto De Martino, che si era dedicato allo studio delle popolazioni del Sud in un periodo in cui queste si pensava non avessero diritto alla voce. In Italia gli studi di De Martino hanno fatto sì che gli studi subalterni diventassero una forma di sapere interessante come le altre.

Con cosa hanno a che fare queste stratificazioni? Quali sono gli elementi che le generano?

- aspetti economici;- questioni religiose;- istruzione;- origini;- lingue;- differenze di genere, di sesso;- l’età, differenze generazionali; [in antropologia, società egualitarie non significa

che tutti gli individui sono uguali, bensì tutti possono assumere un ruolo fondamentale all’interno di quella società, procedendo con l’età]

Questi aspetti sono esplicitati attraverso le operazioni sul corpo (reversibili o irreversibili); queste ci fanno capire dove ci si colloca e, soprattutto, dove si collocano gli altri. Bisogna trovare i segni tangibili di riconoscimento, allo scopo di regolarsi per comportarsi.

L’aspetto più importante da cui parte la cultura e da cui nasce la stessa disciplina antropologica è il concetto olistico di cultura: cosa significa? Tutti gli elementi incontrati fin qua dobbiamo considerarli nel loro insieme; tutto è interrelato (non possiamo analizzare la religione senza tener conto dell’economia ecc). Es. Questione dell’alimentazione e dei Tabu alimentari.Per esempio per l’ebraismo la carne di maiale non è permessa; anche i musulmani non mangiano la carne di maiale perché è considerato animale impuro; gli induisti non mangiano la carne di mucca perché è considerato animale sacro; noi non mangiamo gli animali domestici; in Inghilterra non si mangia il cavallo, perché è considerato animale domestico. Per spiegare questi Tabu dobbiamo conoscere altri elementi riferiti a quella cultura. Come fa un antropologo, anche se il gruppo in cui si trova è molto piccolo, a considerare tutti gli aspetti relativi a quel gruppo? Quindi l’antropologo studierà una cosa specifica, un certo rituale religioso, delle pratiche di iniziazione, un circuito di scambi economici, i matrimoni combinati; però mentre studia questo singolo testo della cultura deve ricordarsi che non può prescindere da tutto il resto. È per questa ragione che gli antropologi soggiornano a lungo nel posto di studio, cominciando a praticare quello che per l’antropologia è l’abc, cioè entrare nei panni degli altri. Il soggiorno dura a lungo e, la differenza con altre discipline, come la sociologia, è proprio quella che l’antropologo ‘abita’ con le persone che studia e vive. La stratificazione è importante inoltre perché un antropologo deve comprendere in quale strato si colloca, non solo, anche come viene considerato dalla società. A seconda di questo cambierà il suo lavoro di campo: tema chiamato POSIZIONAMENTO DELL’ANTROPOLOGO. Nel momento in cui un antropologo va a vivere un anno in un determinato luogo, non è indifferente chi egli sia.I caratteri che influiranno sul suo lavoro sono:

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o l’origine. Cosa cambia se io vado in Sri Lanka e provengo dall’Inghilterra o dall’Italia? Il posizionamento dipenderà anche da questo, cambierà il modo in cui verrò percepita se provengo dall’Inghilterra o dall’Italia (Inghilterra come paese colonizzatore).

o la lingua: se io vivo nello Sri Lanka è meglio che sia di madrelingua inglese, perché gli sri lankesi lo studiano.

o il genere (se sono uomo o donna). Anzitutto c’è una questione di come vengono percepiti gli uomini e le donne in questa cultura; un antropologo donna, rispetto ad un uomo, avrà magari delle aree alle quali non potrà accedere. Ad esempio, se si tratta di fare uno studio sull’infibulazione, ci vorrà un antropologo donna. Un antropologa donna, in una zona di conflitto, è avvantaggiata o svantaggiata? Il vantaggio dell’essere donna è quello di essere considerata meno pericolosa di un uomo.

o l’età. In alcune culture, la persona anziana è molto rispettata (es. in Africa); ma per un antropologo è importante, tramite l’età, capire in quale ‘categoria’ inserirsi: in base all’età gli verranno attribuiti dei ruoli, anche dal punto di vista pratico.

o la religione. Importante è di quale religione sia l’antropologo; per molte culture è inconcepibile che qualcuno non sia praticante di nessuna credenza religiosa.

Questo per dire che, diversamente da quanto pensavano i primi ricercatori sul campo, dagli anni ’80 in poi l’antropologia si è resa conto che colui che scrive è determinante per i contenuti che produrrà; le culture non sono qualcosa di oggettivo che chiunque le scriverebbe allo stesso modo, ma a seconda di chi scrive, verranno presentate in un determinato modo. I riti di iniziazione femminili, ad esempio, sono stati considerati per lungo tempo inesistenti, perché coloro che facevano i primi studi erano antropologi maschili e non ebbero avuto occasione di analizzare questi elementi. Il coinvolgimento emotivo è qualcosa di inevitabile, ovviamente. È evidente che se io ho lavorato per anni tra i Tamil, il mio punto di vista somiglierà a quello dei Tamil; l’antropologo, essendo un essere umano, viene coinvolto a tutto tondo, pur rimanendo sempre un osservatore.

Riassunto:Concetto di cultura e le sue proprietà, per esempio il fatto di essere:- selettiva (quello che ci viene tramandato dalla nostra generazione passata è solo una parte, quindi la cultura cambia nel tempo: questo introduce il concetto di cultura dinamica)- operativa (ci permette di agire in un modo). - dinamica ( in tutte le società, non solo la nostra, come ad esempio quella pigmea, inuit ecc. Vedere per noi un pigmeo con un orologio, apparentemente potrebbe sembrare una perdita di valori, una perdita di tradizione; in realtà è collegato all’evoluzione e all’aggiornamento di quella popolazione)- modificata sia internamente che tramite scambi esterni- stratificata (concetto di classe sociale all’interno di una società che esprime la cultura in maniera differente. Ad es. la nobiltà, la differenza uomo – donna, le differenze d’età ecc)

Concetto di posizionamento dell’antropologo: quando questo va a eseguire un sopralluogo ha un proprio posizionamento, una propria linea di pensiero. La società si comporta nei suoi confronti in un determinato modo in base ad alcune caratteristiche dell’antropologo, che tipo di persona e il modo che ha di interagire (es, la differenza di sesso, la nazionalità). Abbiamo visto un’antropologia a tavolino fino a fine 800, poi la ricerca sul campo introdotta da Malinowski, che sviluppa l’antropologia in senso stretto, però il limite dei

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libri che si scrivevano all’inizio sulla ricerca del campo era che si immaginasse che fossero delle descrizioni oggettive delle realtà sociali studiate.Dagli anni ’60 in poi si fa molta attenzione al posizionamento dell’antropologo e si ragiona su come il suo essere uomo o donna, giovane o vecchio, influisca sul risultato degli studi (sia per le relazioni, sia anche per ciò che osserva, sia infine per come le riporta; il tema della scrittura è diventato tema centrale dell’antropologia).Importante è che questa novità, del posizionamento dell’antropologo è legata al rischio, se non si fa questa operazione di specificare la relazione nello studiare determinate ‘cose’, di restituire un’immagine fissa, stereotipata (gli italiani sono così, i pigmei sono così). Anche questo ha a che fare con la scrittura etnografica: molto spesso gli antropologi usano il cosiddetto presente etnografico, ovvero il libro viene scritto al presente. Così si tende a fissare gli studi come se fossero una fotografia, immutabile nel tempo, non c’è il senso del passato della storia. Questo rischio viene superato attraverso il sottolineamento del concetto di posizionamento dell’antropologo.

Anche se abbiamo parlato di evoluzionismo, le culture sono in continuo cambiamento, non necessariamente si evolvono; significa che nel cambiamento di un popolo, di una cultura possono comparire anche alcuni aspetti negativi, mentre il concetto di evoluzione intende un processo connotativo sempre verso il meglio. Questo permette di allontanarsi dall’idea di staticità, nessuna cultura è fissa.

Quando parliamo di cultura stratificata, parlare di classe sociale è solo un esempio. In altre culture la stratificazione avviene in altri modi (ad esempio nel mondo indiano troviamo la suddivisione in caste). Ogni gruppo esprime un punto di vista diverso sulla propria cultura.

IL MESTIERE DELL’ANTROPOLOGO

Un antropologo non ha a che fare solo con problemi teorici, ma inizialmente incontra soprattutto una serie di problematiche pratiche (dove abitare, cosa mangiare, come sopravvivere alle punture d’insetto ecc). C’è inoltre il problema dell’accettazione da parte della comunità, e spesso poiché è percepito come un individuo importuno, può essere che si avverta una certa ostilità nei suoi confronti.Quindi all’inizio, indipendentemente dal grado di accoglienza, un antropologo dal punto di vista psicologico è attraversato da inadeguatezza e frustrazione, anche perché sullo sfondo del nuovo ambiente è l’antropologo ad essere al centro dell’attenzione (spesso è di un colore della pelle diverso).Es di Lancaster, antropologo che ha lavorato in Nicaragua, racconta nel 1985 come vive l’antropologo, lo stupore rispetto al fatto che tutti lo conoscono. L’antropologo risulta sempre una persona perfettamente nota, e questo crea inoltre ciò che viene definito tecnicamente Lo shock culturale dell’antropologo (trovarsi in una nuova situazione, per un antropologo è uno shock). Dato che l’antropologia è una principessa della reciprocità c’è lo shock culturale dell’antropologo, ma c’è anche lo shock da antropologo, cioè la popolazione ha uno shock rispetto all’ingresso di un individuo nella comunità (non conosce le pratiche usuali di quella società, quindi fa continui sbaglio d’etichetta, si rivolge con un linguaggio errato ecc). L’antropologo deve acquisire un certo grado di inclusione che spesso viene realizzato attraverso un inclusione parentale. L’antropologo quindi a sua volta diviene un oggetto di studio, viene interrogato continuamente sulle abitudini della propria cultura, c’è una CONTINUA RECIPROCITA’.

TEMA DELLA RESPONSABILITA’ e DEL POTERE DELL’ANTROPOLOGOQuella che si stabilisce è una relazione interessante tra l’antropologo e i suoi studi. L’antropologo decide quando andare, quando venire via, l’antropologo è più ricco di

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chiunque vada a visitare (es. costo del viaggio aereo). L’antropologo è sempre percepito come una persona ricca (c’è uno squilibrio di potere e dialogo in ciò che egli va a studiare). Importante soprattutto in situazione complesse perché c’è anche il problema della ricaduta degli studi antropologici (es. se si mette in discussione la questione dell’identità si compie un guaio rispetto alla popolazione studiata). C’è sempre il problema della tutela degli informatori (garantire loro che non abbiano conseguenze dannose), di cosa si può scrivere e cosa no. La parola ‘informatori’ viene dall’inglese Informant, e essi sono coloro con cui in genere si stabiliscono relazioni più vicine, ci forniscono le maggiori informazioni.Ulteriore problema è quello della traduzione dei concetti : più è lontano il mondo culturale studiato, più si hanno problemi. Ad esempio la parola ‘danza’, in inglese si traduce ‘dance’ oppure ‘dancing’; in India il termine che traduce questa parola è Nattia, che significa molte cose contemporaneamente (espressione, teatro, arte drammatica, musica ecc). Esiste un bellissimo esempio di un antropologo indiano Amitav Ghosh che lavorò in Egitto e spiega i problemi di traduzione.C’è poi la questione dell’emotività riferita all’antropologo che ha a che fare con la dimensione riflessiva. Che cosa si intende per dimensione riflessiva in antropologia? Riflessiva nel senso del riflesso, come in uno specchio; osservando gli altri vedo anche me. Dimensione del riflettersi nell’altro.Es. tratto da un antropologo che assiste a dei riti funebri in Greci, man mano che procede all’osservazione riesce ad immedesimarsi.

GLI INFORMATORISaranno individui medi della popolazione? In genere vengono definiti dei ‘marginati’, atipici per varie ragioni: innanzitutto perché hanno del tempo da dedicare, sono individui che conoscono una lingua che media, hanno delle competenze particolari (se lavoro sullo sciamanesimo ho bisogno di uno sciamano), sono capaci di stare a cavallo tra le due culture e si interrogano, guardano un po’ al di fuori della loro società. La maggior parte del lavoro si fa proprio con questi individui. Il risultato è che questa osservazione partecipante porta a quello che si chiama ‘decentramento dello sguardo’, per cui non partiamo più solo dal nostro punto di vista (etnocentrismo) ma riflettiamo sul fatto che noi siamo una delle tante forme possibili d’umanità.

Quando noi pensiamo ai pigmei dell’Africa centrale e pensiamo a noi, qual è la cosa che più ci differenzia? È lo sviluppo tecnologico. Alcuni antropologi suggeriscono di immaginare un grafico in cui se vogliamo pensare alle varie culture, a come cambiano o a come si evolvono, noi dobbiamo tirarci fuori dall’idea che l’unica differenza possibile sia quella che descrive lo sviluppo tecnologico. Può essere questo l’unico parametro per valutare l’evoluzione di una società? Ad esempio, se invece di considerare lo sviluppo tecnologico riflettessimo sulla capacità di adattamento all’ambiente senza distruggerlo, noi non vinceremmo.

[FILM – Nanuk l’eschimese]

Un altro valore potrebbe essere la capacità di vivere in un ambiente ostile; capacità di elaborare strategie corporee in ambito filosofico.Queste differenze valoriali hanno a che fare anche con la storia di una civiltà.

TEMA DELLA STRATIFICAZIONE SOCIALE Le caste indiane

Visione video ‘Taccuino Indiano’ [http://forum.tntvillage.org/tntforum/index.php?showtopic=60452]

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La casta comporta una gerarchizzazione della civiltà e comprende anche individui al di fuori di questa divisione. Ci sono varie caste, una sopra l’altra e quelli esclusi sono coloro che ora si autodefiniscono ‘Dalit’ = gli oppressi. Le caste sono endogame, cioè ci si può sposare sono con una persona all’interno della stessa casta.

Il video è concentrato soprattutto sulla figura degli individui ‘fuori casta’, detti Dalit (=gli oppressi) o intoccabili.

Quali elementi che caratterizzano la cultura vengono messi in gioco in questo video?

Emergono gli intrecci tra aspetti della vita sociale e la dimensione religiosa, perchè le caste sono un sistema di derivazione religiosa (è proprio in un testo sacro induista che vengono elencate le caste indiane). Il video, inoltre, mostra come la cultura sia stratificata; la divisione in caste è il paradigma della stratificazione della cultura. Inoltre ci viene detto come il matrimonio combinato sia legato al concetto di purezza. Siamo di fronte ad una cultura molto dinamica, perché sono presenti continui contrasti interni: le donne entrano nel tempio da loro edificato senza ‘permesso’, c’è la ripresa delle terre dai proprietari terrieri e si siedono con loro a discutere. La divisione in caste è stata abolita, l’india rifiuta formalmente la divisione in caste, però questo non vuol dire che non esista, anzi, il mondo indiano è colmo di questo tipo di stratificazione.

Concetto di rinascita è centrale. Rinascere è una disgrazia per gli induisti perché la vita è dolore. Lo scopo dell’esistenza umana è non rinascere più, sottrarsi al ciclo delle rinascite (chiamato ‘samsara’). Gli asceti sono coloro che si propongono con le pratiche di porre termine al loro ciclo delle rinascite; tutti gli altri nasceranno in una condizione o in un'altra a seconda di come si sono comportati nell’esistenza precedente.

(Film water di dipameta – condizione delle vedove in india)

Come faccio da una casta più bassa a salire? Bisogna fare esattamente quello che la mia casta mi dice di fare, in questo senso la gerarchia è statica, ognuno deve rispettare il proprio ‘dharma’ (il proprio dovere castale). Quando, dopo aver condotto vite esemplari, riusciranno a rinascere in una persona che fa l’asceta, allora potrò estinguere il ciclo del Samsara e non rinascere più

Chi vive in condizioni disagiate, nel momento in cui ha modo di parlare, drammatizza eccessivamente la propria situazione, è chiaro che le donne dalit non piangono tutto il giorno ma quando gli si offre l’occasione si autorappresentano in quel modo. La maggior parte del lavoro antropologico è nello scarto tra quello che la gente dice e quello che la gente fa: sta nel vedere quali sono le auto narrazioni e auto rappresentazioni e ciò che succede invece nella vita quotidiana. Scarto fondamentale nel momento in cui c’è una contraddizione interna.

Valorizzazione della propria dimensione culturale nello danzare sul palco di queste donne dalit.

Dalit si è perché: - si vive in una situazione di estrema povertà;- il livello di istruzione è presunto;- si ha un particolare livello di competenze professionali;- si hanno delle competenze religiose;- il proprio cognome afferma l’appartenenza ad una certa casta.

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Questione della commensalità: se appartengo a una casta, mangio solo con le persone della mia casta. Il cibo deve essere preparato o da una persona della tua stessa casta o superiore, solo così può essere mangiato.

La parola ‘CASTA’ deriva dal portoghese, ‘casata’, ma in realtà riassume due significati diversi nella tradizione indiana: - Jati = moltiplicazione della divisione legata al mestiere che uno fa- Varna = etimologicamente significa colore.

DIVISIONE IN CASTE VARNA:1. Brahmani: è la casta più alta, quella dei sacerdoti (questo non ha a che fare con uno stato di ricchezza maggiore)2. Guerrieri: i regnanti, i principi3. Lavoratori: agricoltori, commercianti ecc…4. Sudra: i servi, coloro che devono servire le classi superiori.

Fuori da questa divisione ci sono i Dalit.

Ciò che cambia da una casta all’altra è il livello di purezza rituale.

Nella pratica sociale normalmente l’uomo occidentale è un outsider e quindi le regole non valgono anche per lui. L’antropologo Dumont sostiene che la cultura indiana è particolarmente olistica, perché tutto è più legato che altrove.

L’antropologo parte già con un bagaglio di conoscenze, avendo letto resoconti storici, di missionari, qualsiasi forma di conoscenza già esistente. Dal punto di vista teorico deve conoscere ciò che andrà a studiare. Dimensione comparativa dell’antropologia: l’antropologo studia una popolazione nel dettaglio ma nello stesso tempo effettua confronti con realtà geografiche vicine o lontane. Se noi studiamo il lamento funebre tra i greci dobbiamo conoscere il lamento funebre in generale. Spesso le comparazioni si fanno tra due gruppi vicini oppure il fenomeno che studio lo studio in base a testi.

Gli informatori sono a cavallo tra la marginalità e l’esperienza specifica: alcuni diventano informatori perché sono fonte di sapere, altri sono marginali perché proprio questo ruolo gli permette di poter interagire con un antropologo.

LA PARENTELAÈ stato uno dei primi interessi della disciplina, insieme alla religione, perché, per queste due tematiche esistevano enormi differenze che crearono enormi curiosità.

Simboli:

Uomo =

Donna =

Non conosciamo sesso =

Maschio o donna defunto =

Unione matrimoniale = o =

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Discendenza =

Divorzio = o =

Fratelli e sorelle =

Adozione = linea di discendenza, ma tratteggiata

Gemelli =

Quando ci sono numeri di fianco alle persone, quelli indicano l’ordine di nascita. Punto centrale del diagramma, si chiama Ego e il simbolo viene annerito. Alcuni cugini vengono chiamati, dal punto di vista dell’antropologo, paralleli,

altri incrociati. I cugini paralleli figlia della sorella di mia mamma o del fratello di mio padre. In molte culture questa distinzione è fondamentale.

La parentela è una questione di sangue? Consanguinei sono figli, genitori ecc.. ma la consanguineità non comprende tutti: i cosiddetti parenti acquisiti sono affini (attraverso il matrimonio). Concetto di CONSANGUINEITA’ e AFFINITA’.Nei diagrammi di parentela, le sigle sono delle lettere che vengono poste di fianco ai simboli per spiegare di quali parenti parliamo. Provengono dal mondo anglosassone, quindi ci rifacciamo alla lingua inglese.

M = MOTHERF = FATHERB = BROTHERFB = FATHER BROTHERZ = SORELLA convenzionalmenteFZ = SORELLA del PADREH = HOUSEBANDFZH = FATHER SISTER HOUSEBANDMB = MOTHER BROTHERMZ = MOTHER SISTERMBW = MOTHER BROTHER WIFE MZH = MOTHER SISTER HOUSEBAND D = DAUGHTERS =SONC = CHILD (prole imprecisata)FZC = FATHER SISTER CHILDP = PARTNERFF = FATHER FATHERFM = FATHER MOTHERMF = MOTHER FATHERMM = MOTHER MOTHER

Molti diagrammi di parentela hanno un punto centrale, la persona di cui stiamo parlando (EGO)

Se non ho i numeri all’interno del diagramma, l’ordine di nascita va da sinistra verso destra.

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DIAGRAMMA2. Quando c’è una relazione non precisata (convivenza) si mette -

BP = BROTHER PARTNERBS = BROTHER SONBSM = BROTHER SON MOTHER (quando mio fratello ha un figlio)

Consanguineità e affinità sono determinati dalla parentela. Affinità è differente da consanguineità in:

- suocero = father in law- cognato = brother in law

Il termine zio in italiano non distingue tra affine e consanguineo.Nipoti: sia consanguinei sia affini. Individuo consanguineo quando è nipote di nonno, sugli zii dipende di quali stiamo parlando.

Questione dello Sri Lanka indispensabile per la questione dell’etnicità e per l’argomento delle danze in Sri Lanka (II modulo). Danza Bharatanatiam indiana parla di divinità, di origine religiosa, ballata dalle danzatrici dei templi ripresa dalla cultura dello Sri Lanka.COMUNITA’ ETNICHE E RELIGIONISri Lanka, grande isola a Sud dell’India. Abitato da Tamil e Singalesi (abitanti dello Sri Lanka nel complesso li chiamiamo srilankesi): i Tamil sono l’etnia minoritaria (18%) mentre i Singalesi sono il gruppo maggioritario (74%). Mentre i singalesi in prevalenza sono buddhisti, i tamil sono in prevalenza induisti e cristiani.Lo Sri Lanka vede anche la presenza di musulmani che si considerano e vengono considerati un terzo gruppo etnico.Tamil e singalese sono due lingue completamente diverse l’una dall’altra (singalese lingua indoeuropea, tamil lingua …)I Tamil e i Singalesi sostengono di essere state la prima popolazione arrivata sull’isola; in realtà esisteva già una popolazione autoctona, chiamata Vedda.TERRITORI RIVENDICATI DAI SEPARATISTI E TERRITORI CONTROLLATI DALLE LTTELo Sri Lanka è famoso dal punto di vista storico per la guerra civile (1983) tra il governo del paese e LTTE. Un gruppo del paese (Liberation Tigers of Tamil Eelam = tigri per la liberazione della patria Tamil). Le Tigri Tamil sono un gruppo separatista che rivendicava certe zone dello Sri Lanka per sé; gruppo nato negli anni ’70 che pian piano è diventato più numeroso, hanno acquistato il consenso della popolazione fino a dotarsi di esercito, marina e i famosi commando delle Black Tigers. Le Tigri Tamil sono state inserite nella lista dei gruppi terroristici prima dagli USA e, successivamente, anche dall’UE, a causa degli attentati che in particolare le Black Tigers hanno fatto nello Sri Lanka e nel Sud dell’India (nel Sud dell’India è presente una popolazione Tamil). Nel 2002 ci furono delle trattative di paceLe Tigri Tamil sono state sconfitte dall’esercito governativo nel Maggio 2009.Il territorio Tamil indiano, con capitale Colombo, era completamente autonomo, delimitato da confini con vere e proprie dogane. Le Tigri hanno conquistato il consenso della popolazione perché nel corso degli anni il governo dello Sri Lanka ha cominciato a bombardare sistematicamente il Nord. Il territorio dello Sri Lanka presenta vita nei villaggi, zone rurali ecc. Le Tigri Tamil sono un movimento molto forte nella diaspora tamil; la maggiore popolazione tamil è a Toronto in Canada, ci sono Tamil in Svizzera, in Francia e anche in Italia. Questo movimento ha delle istanze equalitariste; le tigri tamil sono:

- contrarie alle caste. Nei territori Tamil non poteva essere usata la parola casta

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- sostengono l’uguaglianza di genere, in una società in cui le donne vivevano una forte subordinazione sociale. L’esercito delle tigri tamil era composto sia da uomini che da donne; tutti i combattenti portavano una fiala di cianuro legata al collo, per non farsi catturare dall’esercito del governo. La collana del matrimonio si chiama Tali, mentre questa collana si chiamava Pulitali (= collana della tigre). Questione che esula molto dalla parentela, perché ad esempio i movimenti nazionalisti usano molto il lessico di parentela.

- Sostengono l’uguaglianza sociale

Uno degli antropologi che ha studiato la cultura dello Sri Lanka è Tambiah (‘libro sull’insorgenza della guerra’) ha affermato di essere costretto a scrivere un libro dove dichiara che questo conflitto non è di carattere etnico, ma ha delle altre cause.Un conflitto etnico ha luce a causa di un odio antico tra due gruppi che ogni tanto emerge.

I combattenti delle tigri morti si chiamano Maaveerar ( = grandi eroi). Quali sono i riti funebri dell’Induismo? I morti vengono cremati (il corpo viene seguito dalla cultura dalla culla alla tomba); non tutti vengono cremati, ci sono delle eccezioni (es. i Dalit non vengono cremati perché non possono permetterselo economicamente). Negli ultimi anni la situazione è mutata perché anche i poveri possono ricorrere ai forni crematori; mentre i ricchi si recano alle pire funebri. I Maaveerar invece vengono sepolti, in luoghi chiamati Tuillam Illam ( = casa del sonno ); i Maaveerar sono considerati delle divinità, per questo motivo non si parla di ‘cimiteri’. I cenotafi sono luoghi di ‘sepoltura’ in cui il corpo non è presente. Perché i combattenti vengono sepolti, invece di essere cremati?Non c’è l’idea della conservazione, perché le ceneri vengono gettate nei fiumi per la tradizione induista.Questi posti assomigliano ai cimiteri di guerra: rivendicando lo statuto di esercito regolare, di fronte alle pratiche di sepoltura hanno deciso di uniformare questa pratica in relazione alle dimensioni comuni agli eserciti regolari. Desiderio di uniformità rispetto agli eserciti di tutto il mondo.I riti funebri sono tra le pratiche più conservative che ci siano (è difficile cambiare questi riti). Questi Tuillam Illam sono stati costruiti a partire dal 1989, nel giro di pochi anni sono state costruite interpretazioni dalle popolazioni completamente diverse dall’originale. Con chiunque si parli dirà che i combattenti verranno seppelliti rimanendo all’interno dell’induismo, ritenendo i Maaveerar degli asceti (altro gruppo che viene sepolto e non cremato). Interpretazione che è possibile all’interno della cultura. I combattenti delle tigri sono individui virtuosi, assimilazione agli asceti.Ogni cultura è piena di contraddizioni, come lo è la tradizione religiosa di ogni cultura. Ogni anno tutti i combattenti caduti delle tigri vengono ricordati in una cerimonia ‘Maaveerar Naal’ che si celebra il 27 Novembre nei Tuillam Illam. Punto focale del calendario rituale delle tigri perché le cerimonie si svolgono in tutto il mondo. Nella diaspora invece le cerimonie si svolgevano in luoghi affittati, cerimonie che sono fondate sulla danza. Durante queste cerimonie vi sono scenografie inventate con tombe realizzate in plastica.L’esercito governativo, quando prendeva i territori dei Tamil, abbatteva i Tuillam Illam. Le tombe sono tutte uguali, per l’istanza dell’uguaglianza. Kilinochchi, capitale della guerriglia.

Il posizionamento dell’antropologo, qui, è molto importante; il punto di vista che si riporta su questa situazione è molto legata alla prospettiva Tamil.

In antropologia si parla di due punti di vista:

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- Emico: il punto di vista interno. Cosa pensa ad esempio un tamil di Sri Lanka della guerra di Sri Lanka.

- Etico: il punto di vista dell’osservatore esterno. Ad esempio quello di ci è portatore lo scienziato sociale.

Spesso questi due punti di vista si trovano in conflitto.Spesso l’indagine antropologica indaga lo scarto esistente tra questi due punti di vista.Il punto di vista emico sui Tamil è quello di una popolazione che è stata bombardata.La situazione attuale nello Sri Lanka è che i campi di internamento sono stati svuotati dei civili; dei combattenti catturati non si sa nulla; i territori sono stati spesso colonizzati da singalesi mandati dal Sud. In questo momento c’è una fuga completa dal paese.

www.tamilnet.com

L’antropologia non cerca di spiegare le origini di un fenomeno, questo era il compito degli evoluzionisti; l’antropologo indaga sul processo che ha portato a qualcosa, attraverso ricerche e interviste.Quello che è successo in questi posti è che certe pratiche che contraddicono quelle inusuali hanno avuto bisogno di una spiegazione.

[Distinzione tra terrorismo e guerra lecita è basata sul fatto che nel terrorismo muoiono innocenti. L’antropologo Asad riflette su questo concetto].

MODELLI DI RESIDENZAIl nostro modello di residenza ideale è un modello in cui un uomo e una donna dopo sposati scelgono un’unità abitativa autonoma. Modello che si chiama convenzionalmente ‘neolocale’.

Normalmente le residenze più diffuse sono:

- Matrilocale (presso i genitori della sposa)- Patrilocale (presso i genitori dello sposo)

In Italia vi è l’importante distinzione tra famiglia nucleare e famiglia estesa. La nostra società ha un modello di residenza neolocale con una tendenza alla matrilocalità dettata da esigenze economiche. Esistono altre forme di residenza, tra cui la forma natolocale: la coppia rimane a vivere nella propria abitazione (andando sulla montagna abruzzese, fino agli anni ’70, vigeva la forma natolocale). Due sposi venivano uniti in matrimonio e poi rimanevano a casa propria, legata ad un’usanza di rapimenti di ragazze: un uomo che desiderava una ragazza, quando lei le dava il consenso, poteva portarla via. Quindi era una strategia per preservare le proprie figlie dal rapimento.

Una famiglia standard è costituita da padre, madre e figlio; immagine che non corrisponde al concetto di famiglia in molte altre culture. Al di là della questione dei figli, questa famiglia privilegia l’affinità. Ma in altre culture il modello di famiglia è legato alla consanguineità, perché per alcune società la famiglia è più il fratello che il marito (il tabu dell’incesto, comunque, è universale). La figura del fratello della madre, quella che noi chiamiamo ‘zio’, è fondamentale in molte culture, talmente importante che esiste una residenza che si chiama ‘avuncolocale’, ovvero si va ad abitare dalla famiglia dello ‘zio’ (MB = brother mother, non MZ o altre figure) (residenza postmatrimoniale).

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Le società in cui si ha residenza matrilocale o avuncolocale sono società che hanno discendenza matrilineare, cioè che passa attraverso la madre (mentre ci saranno società in cui la discendenza sarà patrilineare). La nostra società da questo punto di vista si chiama bilaterale, ma si possono riconoscere elementi di patrilinearità (es. il cognome).

Per quanto riguarda la parentela si parla di:- termini di riferimento, quelli che uso per parlare di quella persona (cugino è solo

termine di riferimento);- termini di indirizzo, quelli che uso con la persona

RESIDENZA AMBILOCALE: scelgono dove andare a vivere, o presso i genitori del marito o presso i genitori della moglie. RESIDENZA AVUNCOLOCALE: pag 239. l’antropologo Levi - Strauss ha evidenziato il cosiddetto atomo di parentela. Nelle società di discendenza matrilineare, MB è la figura dell’autorità che è inversamente proporzionale a F (padre). In queste società si eredita attraverso le donne, attraverso la madre; si è su un’unica linea di discendenza. [noi siamo una società bilaterale, si eredita da entrambi i genitori]. Nelle società matrilineari non sono le donne che esercitano il potere (società matriarcale significa società in cui le donne hanno il potere), ma sono società in cui l’eredità passava dalla madre al figlio; il potere è sempre nelle mani degli uomini. In questi incontri ci sono stati alcuni antropologi evoluzionisti ( es. Barhofen) che hanno considerato il potere nelle mani delle donne; avevano concluso che queste società fossero residui di un periodo precedente in cui le donne detenevano il potere. Differenza fondamentale tra matriarcato e matrilinearità. L’atomo di parentela sottolinea la dimensione della consanguineità e, soprattutto, l’idea che il matrimonio crea delle alleanze. l’alleanza si crea tra F e MB (la famiglia di MB e la famiglia di F). Levi - Strauss dice che il tabu dell’incesto fonda le relazioni sociali, ovvero che costringe ad allearsi con qualcun altro. Questo tipo di residenza riprende i concetti di endogamia e esogamia (sposarsi dentro, come l’esempio delle caste, e sposarsi fuori)

PRINCIPI DI KROEBER. Principi che regolano la nomenclatura di parentela

La terminologia di parentela (il modo in cui chiamiamo i parenti). Quando si indicano i nomi dei parenti (zio, nonno, padre, cugino ecc), si usano dei criteri. Sulla base di quale criterio uno si chiama nonno, l’altro cugino, ecc..?

- il sesso. Distinguo tra parenti simili solo sulla base del loro sesso (es. fratello e sorella: sono uguali dal punto di vista della classificazione ma li distinguo solo sulla base del sesso)

- la generazione. (es nonno e zio)- consanguinei e affini. (es. cognato, nel senso di marito della sorella, e fratello,

sono dello stesso sesso, ma il cognato è un acquisito; es. madre e suoceraLa terminologia di parentela è la rappresentazione delle relazioni che abbiamo con i parenti.

Comparaggio: il padrino e la madrina spesso rientrano in quella categoria di persone che non possiamo sposare. Ciò che interessa all’antropologo comunque è la terminologia, come chiamo veramente i parenti.

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- Criterio del sesso del parente attraverso il quale passa la relazioneAd esempio, in molte lingue, c’è una differenza nel modo in cui chiamo i cugini paralleli e i cugini incrociati. Cosa regola questa differenza? Il sesso del parente attraverso il quale passa la relazione. Non tutte le lingue applicano tutti i principi.

- Criterio che distingue l’ordine di nascita (principio dell’età relativa)

- Differenza tra consanguinei in linea diretta e consanguinei in linea lateraleEs. distinzione tra mio padre ed suo fratello. Sono entrambi consanguinei ma mio padre è consanguineo in linea diretta, mio zio è consanguineo in linea laterale

- Criterio di biforcazione. Varrà nelle società patrilineari o matrilineari - Criterio della condizione del parente, se è vivo o defunto

RITI DI PASSAGGIOConcetto di Parentado: qualcosa che ha a che fare con un EGO e le sue relazioni, ci sono dei parenti, indipendentemente se ci troviamo in una società matriarcale o patriarcale, con cui si ha una relazione piuttosto consolidata, cioè quelli che partecipano ai riti di passaggio, che sono:

- battesimo- cresima- comunione- leva (crescita)- matrimonio- nascita di un figlio- funerale

Riti di passaggio all’età adulta, riti che sanzionano socialmente il fatto che un maschio o una femmina siano diventati adulti. Importantissimo perché la maturità biologica non ha niente a che fare con la maturità sociale. (riti che risulteranno più evidenti nel maschio, molte società per una semplice questione di necessità)

La categoria dei riti di passaggio ha a che fare con la religione, ma anche no. Non sono riti religiosi ma spesso hanno delle valenze religiose. Esempio di rito di passaggio non religioso è il matrimonio civile.

I riti di passaggio sono suddivisibili in tre parti:

1. parte preliminare o di separazione2. parte liminale. Fase di vero e proprio passaggio, in cui avvengono le cose importanti3. parte finale di aggregazione o postliminale

La seconda fase presenta la cosiddetta ‘condizione di communitas’, perché se prima ho uno status e poi ne ho un altro, nella fase intermedia ho una totale assenza di status, tutti gli individui sono uguali, non c’è gerarchia sociale.L’antropologo Victor Turner suggerisce di far entrare nella condizione di communitas anche altri gruppi umani, non solo gli iniziati: ad esempio alcuni gruppi religiosi (i francescani della prima ora), le comunità hippie. Anche certe condizioni di esistenza contribuiscono, come ad esempio coloro che stanno effettuando un pellegrinaggio si mettono in una condizione di uguaglianza reciproca.

Video: ‘La taranta’ di Gianfranco Mingozzi del 1960

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Ernesto de Martino e il tarantismo. ‘La terra del rimorso’, testo che tratta del fenomeno del tarantismo.

Il tarantismo è un fenomeno tipico del Salento, conosciuto ancora oggi dai giovani anche perché legato al fenomeno del Neo Tarantismo. Ernesto de Martino è un antropologo rivoluzionario perché studia dei soggetti che non sono considerati (es. donna contadina del Salento, la magia in Lucania). All’epoca questa scelta era giustificata dalla volontà di interessarsi a soggetti posti al margine da qualsiasi disciplina. Il fenomeno del tarantismo viene considerato interessante perché si lega alle attività coreutiche, cioè la danza. Infatti il tarantismo viene definito una terapia coreutico – cromatico – musicale, cioè una terapia in cui entrano la musica, i colori e la danza.L’approccio de martiniano si dice etnocentrismo critico: può un antropologo essere etnocentrico? Nessun antropologo può spogliarsi della propria storia, delle proprie conoscenze, abitudini, valori; quindi nel momento in cui si osserva un’altra popolazione non si può prescindere da quello che si è. In questi luoghi poverissimi, è ovvio apportare un ruolo etnocentrico che, però, viene disviato da un atteggiamento critico, cosa si intende? L’antropologo è consapevole di questo carattere etnocentrico, uno sguardo dettato dalla propria esperienza culturale che però viene riconosciuto. In questo senso, De Martino cita molto Levi Strauss, per il lavoro su ‘Tristi Tropici’ (uno dei libri più belli dell’antropologia), perché sono un racconto dell’incontro tra Levi Strauss e i nativi (popolazioni brasiliane che si presentarono come veri e propri primitivi, cioè nudi ecc...). Levi Strauss si chiese cosa poteva avere in comune con questi individui nudi, selvaggi, senza un alfabeto, e la risposta fu, molto semplicemente, che siamo tutti essere umani. Infatti questo etnocentrismo critico si traduce in una forma di umanesimo etnografico, cioè il rapporto e l’incontro con l’altro è possibile perché siamo tutti essere umani. Per noi questo concetto ora risulta banale, ma negli anni ’50 del 900 non lo era affatto.

Il tarantismo viene analizzato nel libro ‘la terra del rimorso’: a cosa può rimandare questo titolo? Il rimorso viene inteso da De Martino in due aspetti: rimorso generale dell’Occidente nei confronti dei popoli colonizzati, ma in questo caso il rimorso è il morso della taranta, questo ragno che morde soprattutto le donne, durante ad esempio il lavoro nei campi, a seguito del quale c’è un senso di malessere fisico che può essere curato soltanto attraverso la terapia coreutico - cromatico – musicale. Queste persone quindi, devono intonare una certa melodia e continuare a suonare finché non trovano la cura giusta per questa donna. A quel punto la donna balla finché non guarisce. Perché si chiama la terra del rimorso? Perché queste crisi sono interiori, la donna ha delle ricadute periodiche.Questa è la visione emica.Qual è la visione invece non emica di questo fenomeno? Come spieghiamo noi questo?La condizione della donna in questo luogo e in questo contesto sociale è una condizione di estrema subordinazione sociale. Il tarantismo è una strategia culturalmente determinata e accettabile per dare sfogo a queste insoddisfazioni della vita. Quindi spesso c’è un legame di coscienza con un matrimonio non voluto, un amore perduto, oppure al contrario l’età avanzata. Nella società del Salento di questi anni quella era una modalità accessibile alle donne per rivendicare una condizione di disagio e per attirare l’attenzione nella società.

Quando De Martino approdò nel Salento, si pensava al fenomeno del tarantismo come di un fenomeno veramente fisico; quindi la tarantata veniva morsa da questo ragno, si ammalava e successivamente veniva curata attraverso quella terapia. De Martino anzitutto doveva eliminare questa idea, ovvero quella che si trattasse semplicemente di un fenomeno fisico; scoprì che la zona di Galatina, dove si trova la cappella di San Paolo, era una zona immune dal fenomeno del tarantismo (un elemento che aiuta a

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capire che non si tratta di qualcosa di oggettivo), veniva dunque considerata una zona sacra in cui le tarante non arrivavano. In secondo luogo, le crisi, come abbiamo già detto, si ripetono ogni anno e la loro frequenza aumenta all’avvicinarsi della ricorrenza della festa dei santi (chiara somiglianza con un calendario rituale).Esiste una distribuzione familiare del fenomeno (tarantata è la madre, la figlia, la nonna); ci sono dei momenti, in prossimità dell’evento, in cui la donna ha delle crisi esistenziali. C’è un appendice di Diego Carpitella che spiega questo fenomeno dal punto di vista musicale; egli ha lavorato con Lomax, un famosissimo etnomusicologo americano.

[visione video]

Il documentario è stato realizzato da Mingozzi, il quale ha letto le pagine di De Martino de ‘La terra del rimorso’ e ha costruito questo video nel 1960.

Riassunto:il libro di riferimento al fenomeno del tarantismo è ‘la terra del rimorso’, intendendo per ‘rimorso’ sia il morso del ragno alla taranta, sia la periodicità di questo rito; inoltre c’è il rimorso dell’Occidente nei confronti di questi subalterni. De Martino è un antropologo rivoluzionario perché i soggetti dei suoi studi non sono importanti storicamente sono anche persone emarginate socialmente ed estremamente povere come la condizione dei contadini del Sud Italia. Il tarantismo è un terapia utilizzata nel Sud Italia per curare il morso della taranta.Il metodo utilizzato da De Martino viene definito etnocentrismo critico: è un uomo estremamente colto che si confronta con persone povere e prive di istruzione e, conscio di questa differenza, cerca di superarla; autodenuncia che la loro differenza esiste storicamente. Un altro elemento che ci aiuta a comprendere il rapporto tra un uomo colto come De Martino e la povertà di queste popolazioni è l’umanesimo etnografico, evidenziato da Levi Strauss, in quanto l’incontro tra questi due elementi è possibile perché siamo tutti essere umani. La visione etica di questo fenomeno sostiene che le donne, durante il lavoro dei campi, vengono morse dal ragno che le porta a muoversi, danzare e sfogarsi; questo fenomeno non è di carattere medico (dal punto di vista dell’antropologo), in quanto nella zona di Galatina non c’è il fenomeno del tarantismo, è zona immune per la presenza della cappella dedicata a San Paolo. Inoltre i morsi delle tarante sono frequenti in Giugno e questo spiega una determinata periodicità. Si è notato che il fenomeno del tarantismo corrisponde a periodi di crisi esistenziale della donna, quali l’adolescenza, il rifiuto del matrimonio ecc. Inoltre il tarantismo è l’unico modo in cui la donna ha modo di sfogarsi; ella in questi contesti di società stratificata è sottomossa dall’uomo, è considerata inferiore. Le tarantate danno voce alla loro disperazione attraverso questa terapia. Dal punto di vista di De Martino, si sono trovati due parallelismi antropologici: uno con il culto di Dioniso nell’antica Greca, dedicato alle baccanti che si comportano appunto come le tarantate; il secondo parallelismo invece è stato fatto con i culti vodoo di Haiti.

CULTI DI POSSESSIONEConcetto di possessione – esorcismo. Nella nostra cultura, l’idea di possessione è legata al demonio e, quindi, la pratica rituale è un esorcismo. Visione tipicamente locale perché in realtà i culti di possessione prevedono la possessione da parte di un essere che sia un’entità affatto demoniaca, quindi divinità, animali, antenati ecc.Se il possedimento è da parte di divinità, non la si vuole espellere, mentre il demone deve essere scacciato da uno specialista rituale (es. preti esorcisti). Essere posseduti da una divinità significa essere parte di un ricettacolo volontario.

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I culti di possessione sono spesso legati a fenomeni coreutici (danze, musiche): la divinità non solo si impossessa dell’addetto ma lo fa danzare. Al soggetto posseduto cosa succede? Non si tratta di movimenti del corpo sconnessi tra loro, come noi generalmente pensiamo, ma, nella maggior parte dei casi, siamo in presenza di un’attività corporea estremamente codificata. La tarantata fa delle cose specifiche: ad esempio nella prima parte, striscia, si rotola, si arrampica, è una MIMESI della Taranta. L’individuo che viene posseduto è completamente assente, è solo un contenitore e, infatti, alla fine delle sessioni non ricorda più niente, è la divinità che entra dentro di lui. Ad esempio, nei culti Voodo, gli astanti riconoscono la forma di possessione proprio dalle movenze che prende il corpo del posseduto. Che cosa fa la tarantata nella seconda parte della sessione coreutica? Schiaccia il ragno. Nel momento in cui noi ascriviamo il tarantismo nella categoria dei culti di possessione, dobbiamo essere cauti, perché questa fase non è prevista. Questa dimensione viene definita antagonista, e non è parte dei culti di possessione. Questo tipo di possessione è vincolato dal fatto che c’è una conoscenza di queste danze; vi sono degli apprendimenti.

Ernesto de Martino nel video non ha specificato la dimensione più erotica di questa pratica. C’è una valenza erotica con le danze che hanno a che fare con le divinità in tutto il mondo. Ad esempio la danza Bharata natyam (una delle danze indiane) non è una danza di possessione, però era una danza per le divinità, prerogativa delle Devadasi ( = serve della divinità). La danzatrice del tempio realizzava coreografie per la divinità. Qual’era l’elemento caratterizzante? Perché c’è una dimensione fortemente erotica in una simile attività coreutica? La divinità è l’essere amato, e quindi le coreografie ripetutamente descrivevano l’amore, in termini anche espliciti dal punto di vista sessuale, verso la propria divinità. Anche nella tradizione cristiana, le sante rivelano un rapporto con Gesù molto esplicito a livello sessuale (devozione in senso amoroso).Nel momento in cui le tarantate sono dentro le cappelle, gli uomini non possono stare dentro le chiese, perché gli elementi erotici sono troppo esaltati.

Video:Esempio clamoroso di come gli antropologi facciano fatica di parlare di religione lontano da altre dimensioni; spesso si sentirà infatti parlare di dimensione magico - religiosa. Cosa pensavano gli evoluzionisti della magia e della religione? Alcuni evoluzionisti consideravano la magia uno degli stadi primordiali, tanto che l’antropologia nasce come antropologia della religione (perché eseguivano pratiche completamente diverse) e della parentela. Tylor, ad esempio, pone il concetto di animismo, concetto per cui gli essere umani, nei loro stadi iniziali, consideravano tutto dotato di un’anima. In generale, quando si vuole porre una differenza tra magia e religione, quest’ultima risulta sicuramente più codificata ma, soprattutto, della magia si sottolinea una dimensione pratica, la magia spesso è dipinta come qualcosa che serve a fare

Molto spesso la differenza tra religione e magia è determinata dal punto di vista; la religione è ciò che abbiamo noi e la magia è quella che hanno gli altri. La magia è spesso la religione degli altri. Il vodu, per chi lo pratica, non è magia bensì religione. Tutte le pratiche che noi definiamo magia in altri luoghi del mondo non sono magia, bensì sono il loro culto, la religione. Per quanto riguarda la religione cattolica, per molte culture è stato difficile accettare una figura crocefissa e sanguinolenta; Gesù Cristo, per molte culture, è inconcepibile, perché il concetto di Dio è legato al concetto di potenza. Questo fatto dell’antropofagia rituale periodica, il fatto di mangiare il corpo e il sangue di Cristo, spesso ha spaventato alcuni popoli.

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Riassunto:L’unica vera differenza tra magia e religione è la praticità; solitamente si è riconosciuta come vera differenza questa dimensione dell’aspetto più pratico della magia. Però se noi pensiamo a tutte le attività pratiche che si svolgono durante i riti religiosi, in molti casi questo non è un concetto che differenzia totalmente i due aspetti.In secondo luogo ci siamo soffermati sul concetto di Tabu, ‘off limits’ ma che non rimanda ad un ruolo sacro (il termine sacro è stata utilizzato erroneamente per indicare spesso quelli che in alcune culture vengono chiamati Tabu Book; in realtà questi sono Libri Vietati dalla popolazione). Il termine Tabu, dunque, fa riferimento al concetto di proibizione per alcuni differentemente da altri.Il concetto di Mana rimanda ad una possibile traduzione di una potenza che si riesca ad acquisire da qualcun altro.I concetti di Tabu e Mana appartengono alla nostra cultura, ma sono derivazioni di altre società, per indicare quegli aspetti transculturali. Uno dei concetti di Mana nella nostra cultura potrebbe essere quello della sostanza che viene trasmessa attraverso le acque sacre; quindi attraverso il contatto con l’acqua di Lourdes si assume una potenza che permette ad esempio di guarire.

Concetto di tabu, mana sono importanti perché rientrano in un elenco che fece un antropologo negli anni ’60, Wallace, che sottolineò che noi facciamo parte di un mondo in cui sono presenti molteplici tipologie di religione, ma si possono riconoscere alcuni elementi che sono presenti in moltissime religioni. Da queste culture religiose diverse, è possibile trarre un oggetto universalizzato. In questa lista sono presenti altri elementi, oltre a quelli del Tabu e del Mana, e, ognuno, può essere declinato in varie direzioni (es. la preghiera può essere individuale o collettiva; ha una particolare modalità corporea, che varia da cultura a cultura; incide molto l’idea di purezza, perché ci sono molte culture nelle quali prima di pregare attuano determinati rituali. La preghiera, che in teoria è un dialogo con entità superiori, in realtà ha moltissimo a che fare con la dimensione corporea). Il tema della preghiera è molto interessante: una differenza sostanziale con altre culture può essere che noi preghiamo rivolgendosi ad una divinità, mentre molte culture pregano gli antenati, che sono una categoria importante del mondo religioso di molte popolazioni.Altri elementi che Wallace sottolinea come presenti nelle religioni (lontano dalla nostra cultura religiosa) sono la musica, il canto e la danza, perché riescono a costruire uno stato emotivo di comunione (uno dei primi aspetti legati alla danza studiati dall’antropologia è quello della danza collettiva tra gli aborigeni australiani). Questi momenti di musica, danza e canto sono degli stati di comunione e, se vogliamo, non sono estranei neppure alla religione cristiana (in chiesa si canta ad esempio, e, in alcune, si danza anche). Ad esempio, le Mudra, che sono i movimenti delle mani, sono un vero e proprio linguaggio complesso legato alla danza indiana; le Mudra rappresentano tutto quello che è possibile rappresentare (gli animali, le piante, le emozioni, i personaggi, gli oggetti), tutto quello che una danzatrice ha necessità di mettere in scena nel suo racconto lo fa attraverso le Mudra (le Mudra possono essere o a una o a due mani). Ogni gesto ha più significati e ogni oggetto può essere rappresentato da più Mudra.I Tamil in Sri Lanka hanno preso questa danza Bharata natyam, aggiungendo delle Mudra nuove, inventate appositamente non per raccontare ciò che solitamente racconta una danzatrice indiana, bensì per raccontare la guerra civile in corso nel loro paese. Alle Mudra classiche sono state aggiunte Mudra nuove; molto interessante perché, ad esempio, nel linguaggio adottato si svela l’ideologia tamil: ad esempio, la patria Tamil è realizzata con due Mudra di tipi diverse (come madre devota che cura i propri figli e, allo stesso, come donna combattiva).

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Ci sono elementi interessanti di danza e di rappresentazioni coreutiche che si svolgono regolarmente nelle chiese.Altro elemento che Wallace indica come caratterizzante delle religioni è la prova fisica: ad esempio il digiuno è una classica prova fisica (aspetto che è condiviso in moltissime religioni); in alcuni casi ad esempio nell’induismo si raggiungono forme estreme, la pratica della forma fisica si realizza attraverso delle crocifissioni (i fedeli si fanno appendere a degli uncini). Tutte queste pratiche servono o per ringraziamento o per esaudire un voto; queste pratiche poi sono state portate nelle nostre nazioni, che richiamano le pratiche di altre popolazioni in modo assolutamente erroneo (hanno una pretesa informativa). C’è poi un’altra dimensione, di coloro che attuano queste pratiche per entrare in contatto con una entità divina, non necessariamente non definita. Questo si collega al caso dei popoli cosiddetti primitivi, secondo una pratica evoluzionista, si autodefiniscono Nuovi primitivi, per cui ad esempio le pratiche cruente che fanno sul proprio corpo hanno un significato totalmente diverso da ciò che fanno oggi alcuni gruppi. Anche la funzione di droghe rientra all’interno della tematica delle prove fisiche: ci sono in alcune popolazioni dell’Africa alcuni passaggi fondamentali come l’assunzione di funghi allucinogeni, che talvolta ne provocano anche la morte. Un altro aspetto importantissimo della dimensione religiosa è la condivisione del pasto: questo non viene direttamente dalla nostra dimensione religiosa; nell’induismo ad esempio la divinità viene cosparsa di latte, acqua e i brahmani poi raccolgono queste sostanze e vengono distribuite a coloro che la mangiano (condivisione del pasto). Nell’induismo molti rituali sono scanditi da un pasto in comune, nel quale si mangia il cibo preferito ad esempio dei defunti (per quanto riguarda i riti funebri); anche nella nostra tradizione esiste il pasto ai funerali, in alcune zone d’Italia.Altro aspetto comune a molte religioni è quello legato al sacrificio, capace di sollecitare la benevolenza della divinità. L’offrire il sacrificio può essere il portare un animale sgozzato sull’altare; ad esempio in Africa vengono molto sacrificati i polli. Anche il dono può essere considerato un ‘sacrificio’: alcune divinità induiste sono attorniate da doni e dai loro cibi preferiti; anche l’offerta di denaro rientra nella categoria di sacrificio, perché presumo che in cambio ne derivi un vantaggio. Quest’ultimo è il caso del principio di reciprocità; Marcel Mauss, antropologo della scuola francese, ha studiato in particolare il fenomeno del dono e recitava l’espressione ‘il regalo fa lo schiavo come la catena fa il cane’, nel senso che nel momento si riceve un dono la cosa non si ferma qui; donare è innescare un processo, infatti successivamente implica la necessità di ricambiare. Il dono crea un vincolo, obbliga alla restituzione e non è possibile sottrarsi al ciclo. Altro aspetto può essere la recitazione di un codice, come ad esempio la lettura del Vangelo o dell’Antico Testamento, il Corano, recitazione di testi del mondo indiano. I codici però possono essere anche orali, perché c’erano culture che non conoscevano la scrittura ma non per questo non si trasmettevano dei codici.La dimensione collettiva della religione è legato alla congregazione, altro aspetto religioso importante e differente a seconda delle culture. Altro elemento è l’ispirazione, cioè degli stati che sono attribuiti agli esseri soprannaturali (che possono essere anche animali o antenati) che comportano degli stati alterati di coscienza; un caso particolare è quello dei culti di possessione.Infine un altro elemento è l’esortazione, quel qualcosa che avviene attraverso rituali speciali che si rivolgono direttamente alle forze superiori, fanno da intermediazione. La figura dello sciamano è un mediatore, figura molto diffusa: un sacerdote solitamente si occupa a tempo pieno di operare come mediatore, mentre uno sciamano nell’ambito di una comunità villaggio in certi momenti specifici fa da intermediatore con le forze ultraterrene. Un compito molto comune tra gli sciamani ad esempio è il fatto di recarsi nell’aldilà per recuperare le anime degli ammalati; incontro che solo lui è in grado di fare attraverso ad esempio stati alterati della coscienza. Il concetto di sciamanesimo

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nasce con lo studio delle popolazioni siberiane, ma poi questo termine si è esteso a questa figura presente in moltissime popolazioni.

Un altro aspetto della religione importante è la connessione con la dimensione della parentela. Il primo è l’utilizzo di una terminologia che attinge alla parentela per tradurre la relazione tra il devoto e la divinità; abbiamo già visto che il linguaggio della parentela è un potente linguaggio sia dal punto di vista religioso sia della politica, che indica rapporti molto stretti. Ad esempio nel totemismo (che deriva dalla parola Totem, ‘lui mi appartiene’, dei nativi americani), che è un indice di classificazione, noi ritroviamo i termini della parentela.Il legame tra parentela e religione in moltissime pratiche di culto è fondamentale perché per poter continuare ad avere un culto è necessario, ad esempio, avere dei figli. Se un culto prevede la devozione verso gli antenati, come è possibile essere devoto? Bisogna garantire che gli antenati abbiano qualcuno che svolga rituali per loro; nei confronti degli ascendenti hanno l’obbligo di fare figli perché questi possano provvedere a svolgere i culti verso l’antenato (questo ad esempio è classico dell’induismo e di tante altre religioni).In molte religioni, le pratiche funebri vengono svolte dai figli del defunto, quindi senza figli non si possono avere rituali funebri adeguati; l’assenza dei figli diventerebbe un problema. In generale la sterilità è una problematica di molte culture; l’individuo sterile è considerato emarginato a meno che la società non abbia della strategie per ovviare alla sterilità. Quasi tutte le società hanno elaborato queste strategie, come ad esempio le adozioni, oppure ad esempio un marito sopraggiunge nel momento in cui una donna ha avuto già un figlio, e in questo caso può considerare questo come suo figlio. [questo argomento è trattato nel manuale nel capitolo Sesso, genere e emozioni.]Che differenza c’è tra sesso e genere? Il sesso è la dimensione biologica (differenza degli organi sessuali) il genere sono le abitudini, gli atteggiamenti ecc che una determinata cultura ritiene appropriata per l’uomo e la donna: ad esempio l’idea che le donne siano più delicate degli uomini che risultano più aggressivi. Gli antropologi hanno dimostrato che non c’è nulla di vincolante nelle caratteristiche di un maschio o di una femmina che non sia determinante da una cultura. C’è un’antropologia, detta Antropologia del genere, che studia questi fenomeni. L’Antropologia culturale sostiene che anche la divisione dei sessi sia un’idea culturale, perché in realtà alla nascita non tutti gli individui nascono praticamente maschi o femmine, ci sono individui che hanno un’identità più ibrida; la cultura lo riconduce a una delle due possibilità, maschio o femmina attraverso delle operazioni proprie della cultura, che per noi ora risulta scontata. Nello stesso capitolo che affronta il tema del sesso e genere, c’è l’argomento delle emozioni.Il genere ovviamente dipende alla riconduzione di un certo tipo di emotività nell’essere maschile o femminile. Il problema delle emozioni è legato alle parole che traducono le emozioni; tutti ormai sono disposti ad accettare l’idea che in culture diverse le emozioni si esprimono in modo diverso. L’antropologia dice molto di più, che per trovare delle emozioni queste, essendo culturalmente costruite, queste risalgono ad insegnamenti precedenti.Nel caso dei matrimoni combinati, l’amore nasce prima o dopo il matrimonio? La risposta è a seconda di quello che ci hanno insegnato. La popolazione delle Filippine, i Tagliatori di teste, al momento della morte di un parente non è il dolore l’emozione conseguente, bensì la rabbia; questi cacciatori delle Filippine provavano rabbia e l’unico modo per sfogarsi era andare a tagliare la testa ai nemici. Un antropologo studiò questo aspetto di questa cultura, il quale, alla morte della moglie, disse di aver provato rabbia, si immedesimò insomma alla cultura dei Tagliatori di teste. A seconda

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delle culture quindi esiste un’emotività diversa a differenti eventi perché esiste una costruzione sociale appartenente a ciascuna differente dalle altre. Noi siamo tentati a pensare che gli essere umani da questo punto di vista siano tutti uguali, in realtà non è così (lo vedremo anche nella tematica delle Terminologie dei colori).

Video sull’arte e la cultura Dogon. Metropolitan Museum of Art.I Dogon sono una popolazione stanziata nella zona del Mali, regione dell’Africa Occidentale.Venne studiata negli anni 30 e 40 dagli antropologi francesi, protagonista della spedizione è Marcel Griaule. I Dogon del Mali sono oggetto di turismo sfrenato, in quanto la regione è una delle tappe preferite dei percorsi turistici degli occidentali, perché sono considerati una popolazione rimasta immobile ed autentica fino ai giorni nostri; ovviamente si tratta di una leggenda perché sappiamo che la cultura è dinamica. I Dogon sfruttano questa loro immagine.Griaule durante il suo studio si occupò molto delle loro danze, infatti in questo video del Metropolitan Museum of Art, vedremo le sculture Dogon ma anche la loro relazione con le danze.Le danze Dogon sono caratterizzate dalla presenza di un numero fisso di maschere, un giorno mentre Griaule stava assistendo a una di queste vede comparire una nuova maschera caratterizzata dalla presenza di un taccuino e una penna che andava in giro a fare domande, rappresentava ovviamente la maschera dell’antropologo; è presente un’incorporazione della storia che permette alle danze e a tutte le altre forme di arte di sopravvivere.Nel manuale i Dogon vengono trattati per il tema del rapporto fra oralità e scrittura, perché i Dogon sono una popolazione che non conosceva la scrittura fino a non molto tempo fa. Quando noi parliamo di oralità e di scrittura parliamo di due modalità completamente diverse di comunicazione: il tipo di oralità che possedevano prima di conoscere la scrittura era un’oralità primaria, ovvero che possedevano solo questa modalità comunicativa; sostanzialmente non ci sono più civiltà al mondo con questa modalità; infatti ora nelle società in cui l’oralità ha ancora una forte valenza si parla di oralità diffusa; la nostra è una società a oralità ristretta perché la scrittura ha un ruolo determinante.L’antropologo incontra una popolazione ad oralità primaria o diffusa e ne traduce il pensiero in forma scritta: in realtà cambia la qualità della narrazione, ad esempio, che viene fissata su un libro.Il libro più importante che Marcel Griaule ha scritto sulla popolazione Dogon si chiama “Dio d’acqua”, del 1948, ed è il racconto di un vecchio cacciatore Dogon cieco che racconta tutta la cosmogonia del suo popolo. In varie giornate Marcel Griaule scrive questa cosmogonia; questo libro cambia l’opinione sui sistemi di pensiero in Africa e diventa un punto di riferimento per affermare che gli africani non sono selvaggi, ma pensatori raffinati perché la cosmogonia Dogon è estremamente complessa (vengono considerati addirittura dei filosofi): c’è una nobilitazione del pensiero africano. Un volta scritta la cosmogonia viene fissata e non cambia, diventa la cosmogonia Dogon in assoluto.L’oralità permette una continua trasformazione della mitologia, permette dei cambiamenti mentre la scrittura fissa per sempre una storia. L’esempio più classico di questi cambiamenti è quello avvenuto in certe società africane; l’antropologo Jack Goody ha messo in luce nei suoi studi come l’oralità riesca a giustificare il presente attraverso una trasformazione dei miti originali. Il mito, proprio perché è rappresentazione e spiegazione del presente, deve rispondere alle esigenze del presente e quindi può essere cambiato.M. Griaule con Dio d’acqua ha fissato la cosmogonia dei Dogon; succede che oggi i Dogon leggono il libro di Griaule e se ne servono per presentarsi ai turisti come

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popolazione complessa, articolata da simboli. Un fenomeno comune nell’arte africana, che riguarda anche l’arte Dogon, è la samsonaitizzazione dell’arte: l’arte delle popolazioni oggetto di turismo si è trasformata alle esigenze dei turisti, quindi gli oggetti che superano il bagaglio a mano come dimensioni non ci sono quasi più; anche i Dogon come gli altri fanno degli oggetti d’arte che siano contenuti nel bagaglio dei turisti. L’idea dell’autenticità vale sia nell’analisi delle danze Dogon ma anche nelle altre forme di arte [“Diario Dogon” di Marco Aime, fa capire meglio e in modo simpatico questo fenomeno].Il problema dell’autenticità riguarda anche il problema degli oggetti artistici presenti nei nostri musei.

In seguito alla loro migrazione verso il Mali, intorno al XV-XVI secolo, vennero in contatto con un’altra popolazione che loro chiamavano “Tellem”, che si differenziano dai Dogon anche solo semplicemente per il tipo di arte.Secondo la religione Dogon le anime dei defunti salgono ad un livello più alto e più vicino a Dio.La danza rituale che si svolge per tutti i defunti si svolge circa ogni 10/15 anni.Le maschere utilizzate durante le danze simboleggiano gli elementi dell’universo, ad esempio la croce che si vede sopra una di esse simboleggia il collegamento fra cielo (mondo degli spiriti) e terra (mondo dei viventi).I Dogon seppellivano i loro morti nelle caverne soprastanti il loro villaggio.Alcune sculture in terracotta sono databili fra il XII° e XVII° secolo. Nella cultura Dogon i fabbri godevano di grande prestigio e di privilegi, come non dover lavorare la terra, un privilegio assai grande se si considera che i Dogon sono principalmente una popolazione che si basava sull’agricoltura.Per onorare gli dei venivano, e vengono, praticati rituali che prevedono il sacrificio animale, uno “sciamano” uccide e versa il sangue dell’animale sgozzato sopra alle statue delle divinità mischiato a minestra di miglio lasciando che si incrosti sulla superficie della statua. Qui le statue sono il mezzo attraverso il quale le preghiere arrivano agli dei o agli antenati. Tutto possiede energia che può essere estratta per aumentare i contatti con il mondo spirituale.L’arte africana in generale tende a simbolizzare e non a ritrarre, ma alcune sculture Dogon hanno questa peculiarità rappresentando anche semplici scene di vita quotidiana.La gravidanza è un elemento comune nell’arte e nella cultura di queste popolazioni (la loro religione permette agli uomini di avere più mogli) i gemelli sono considerati possessori di una qualche tipo di energia particolare, infatti è ben vista la loro nascita e la si considera simbolo di prosperità. La società Dogon è patriarcale, in cui le donne vengono comunque apprezzate e non sottomesse, elemento visibile anche dalle statue stesse.In totale i Dogon sono circa 250.000 suddivisi in circa 500 persone a villaggio che è costituito da clan che vengono guidati da un anziano, un saggio, in quanto nella loro cultura l’anzianità è considerata simbolo di saggezza.

Tutta l’arte Dogon che noi abbiamo nei nostri musei è un’arte che rimanda a delle dimensioni spirituali e un’arte che rimanda alla ritualità funebre.

Quali sono gli elementi transculturali della religione riscontrabili nel video?

La dimensione del sacrificio, che qui è molto chiara perché le statue sono nutrite dai sacrifici e dalle libagioni (minestra di miglio).

Il concetto di mana.

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La musica, il canto e la danza, che sono parti integrante della religiosità Dogon, vengono accompagnate da maschere. Danze estremamente codificate ed estremamente complesse.

Connessione con la parentela; quello dei Dogon è un classico esempio di culto degli antenati, culto molto comune in Africa e in Asia, i quali devono essere continuamente onorati nel tempo; questo è un dovere dei parenti, esiste una forma di reciprocità fra l’antenato e il vivente perché quest’ultimo onora l’antenato attraverso i sacrifici e rituali e l’antenato concede fertilità, benessere ecc..

Il simbolismo; ad esempio le croci uncinate poste sopra le maschere. La congregazione; il fatto di svolgere collettivamente queste attività; nel caso

del Tamà, danza funebre, questo è clamoroso. Recitazione del codice; nel senso che nell’ambito delle cosmogonie ci sono delle

narrazioni. L’esortazione; le statue sono un medium dell’esortazione. La preghiera; sono le statue stesse la preghiera, l’orazione funebre è

rappresentata dalla donna in legno che svolge un’azione quotidiana; quindi la preghiera in forma plastica. La statua è forma di preghiera e rammemorazione.

La religione non deve avere necessariamente tutte le caratteristiche che avevamo già elencato.

In questo video rispetto alla dimensione della cultura abbiamo ritrovato:

2 Una società stratificata; abbiamo lignaggi, clan e capi che vedono nell’anzianità un modello dell’autorevolezza.

3 Una cultura olistica; l’arte si connette ad esempio con la religione, con la struttura sociale. Non è possibile analizzare l’arte Dogon senza conoscerne la religione.

4 La dimensione operativa; visibile per esempio nella costruzione di capanne basse per la riflessione politica; spesso succede che i luoghi di discussioni assembleali sono bassi perché c’è la concezione che l’uomo seduto possa ascoltare meglio.

5 La dimensione dinamica; visibile nella rivoluzione rispetto alla cultura precedente dei Tellem, negli intrecci continui e quindi nei continui cambiamenti.

6 La cultura è creativa. 7 La cultura è selettiva; in questo senso osserviamo che in una cultura a

tradizione orale come quella Dogon quello che noi vediamo arrivare è quello che è stato selezionato; non c'è una accumulazione, la scelta scultorea ad esempio segue un criterio selettivo. Vediamo anche la selettività della cultura occidentale, che sceglie alcuni pezzi da mettere nel museo, ovvero quei pezzi che noi pensiamo e definiamo artistici.

Uno dei problemi è quello della atemporalità degli oggetti d’arte che non appartengono alla tradizione occidentale, e tendiamo a vederli tutti uguali mentre facilmente noi riconosciamo che da noi sono esistiti dei periodi artistici definiti (c’è stata una storia dell’arte). Altra differenza è la mancanza del nome dell’autore sull’oggetto esposto appartenente a queste culture artistiche perché si pensa che questi prodotti artistici siano il risultato di un’operazione collettiva quindi senza lo stile di un determinato artista. Qual è il problema della selettività? Cosa noi riconosciamo come artistico? Quali sono i criteri usati dagli occidentali per la selezione dell'arte africana?L'arte africana è stata selezionata in base all'influenza che queste opere hanno avuto sugli artisti occidentali, in particolare sul cosiddetto primitivismo. Spesso nei musei

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sono state esposte le statue che erano nei gabinetti di Picasso ad esempio; in alcuni casi le statue sono accompagnate dalle fotografie che riprendono negli atelier degli artisti occidentali moderni e contemporanei che le usavano come fonte d'ispirazione. Riconduciamo a noi le opere degli altri, ci interessano in quanto hanno influenzato la nostra storia dell'arte. Nei paesi europei c’è una forte prevalenza di arte dei paesi colonizzati; lo stesso Griaule scrive che di notte alcuni si intrufolavano nei templi per trafugare gli oggetti sacri e le ossa.Nel corso della storia, sono stati esposti solo oggetti nei musei? O c’è stato qualcosa di più? Ci sono degli expo, ma anche a volte dei musei, che videro l’esposizione di persone di altre culture, come esempi di individui estremamente selvaggi: si chiamano esibizioni etnologiche e servivano a giustificare ed a esibire le imprese coloniali.

[differenza tra termini di riferimento e termini di indirizzo: i termini di riferimento corrispondono a ciò che dico in riferimento a una persona mentre i termini di parentela sono il riferimento diretto alla persona (in sua presenza). Questa differenza viene introdotta perché se costruisco uno schema di terminologia di parentela è opportuno distinguere tra termini di riferimento e termini di indirizzo].

I RITI FUNEBRITema che ha avuto le sue origini da Erodoto, uno dei fondatori dell’antropologia, che è quello dei riti funebri. Erodoto ricordava la differenza nei trattamenti dei riti funebri e di come ciascuna popolazione pensava che quelli adeguati fossero i propri e si scandalizzava di quelli degli altri; come i riti funebri dipendano dalle consuetudini in uso.Tutte le società si trovano di fronte alla problematica di come trattare il corpo dei morti; dal punto di vista materiale il tema della morte può essere pensato come un problema riguardante l’affrontare il processo relativo alla decomposizione del corpo. Come si comportano le società di fronte a questo problema?Ad esempio, di fronte alla pratica della mummificazione e dell’imbalsamazione, alcune popolazioni scelgono di rallentare il processo della decomposizione. Altre strategie sono quella di evitare la decomposizione del corpo, come ad esempio la cremazione e il cannibalismo; l’esposizione agli agenti atmosferici accelera la decomposizione. La sepoltura, invece, occulta il processo di decomposizione, lo nasconde.

Riguardo al cannibalismo, si distingue endocannibalismo e esocannibalismo: il primo si riferisce al mangiare i propri morti; il secondo è il cibarsi dei morti degli altri. Ci sono state in passato realtà intermedie (es i Tupinamba sono esempio di integrazione dell’alterità). Tutte le popolazioni sono intrise di alterità; il paradosso di questa alimentazione cannibalica era che il prigioniero mangiato era stato a sua volta mangiatore di altri individui. L’endocannibalismo è una pratica considerata rispettosa nei confronti dei propri morti per chi lo pratica; era concepita una pratica che dava il miglior ricettacolo ai morti: il corpo del morto entrava in un luogo sacro, ovvero nel corpo di un altro individuo. [Adriano Favole, ‘resti di umanità’]Ogni società non possiede trattamenti esclusivi: esistono motivazioni economiche, sociali, politiche che contribuiscono. Nel nostro caso, nella società euroamericana, il fattore determinante è quello sociale (gli uomini importanti vengono ad esempio imbalsamati, come nel caso dei santi per conferire l’idea di un corpo incorrotto). Ma per coloro che stanno in fondo alla società, gli emarginati, si parla di grado ‘zero’. La specie umana è caratterizzata dalla cura dei morti, dal non abbandono.Come vengono trattati i corpi degli altri?

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1996, Naufragio Fantasma al largo delle coste siciliane. Una barca contenente persone che cercava di venire in Italia era affondata, e molti erano Tamil dello Sri Lanka e Pakistani. Alcuni superstiti tamil hanno raccontato questo evento. In questo naufragio hanno perso la vita centinaia di persone, ma nessuno ha mai creduto a questa storia. Solo nel 2001, attraverso un’intervista di Giovanni Bellu, la realtà venne a galla. La giustificazione del fatto che questi corpi morti furono ributtati in mare è legata ad un fattore economico. I pescatori perdevano giorni e giorni di lavoro ma, se quei corpi fossero stati di italiani e non pakistani, sarebbero stati buttati in mare? Probabilmente in questo caso ci sarebbe stato uno scandalo.[Giovanni Bellu, I fantasmi di porto Palu]

A partire da questo esempio…Bisogna interrogarsi sulla gerarchia dei defunti. Nei confronti dei corpi degli altri noi esercitiamo una forma di etnocentrismo del cadavere; i rituali funebri non sono necessari.Gli altri possono essere i nemici (nel corso delle guerre i nemici hanno avuto azioni oltraggiose, es i ganci da macellaio usati per appendere i partigiani, che rispecchia l’idea di nemico come appartenente alla categoria animale).In alcuni casi, i resti umani di ‘altri’, sono stati considerati oggetti (caso Ishi studiato da Kroeber).

- Mètissage culturale –

L’assenza del cadavere diventa un problema grosso per i superstiti, e ci sono strategie culturali atte a colmare questo vuoto (es le vittime di uno tsunami). Tutte le società cercano di avere il corpo dei propri morti. Laddove non c’è la possibilità di recuperare il morto ci sono una serie di strategie, es i cenotafi. In Giappone, ad esempio, il defunto viene sostituito da un effige. Matrimoni fantasma: celebrazione tra un individuo morto e uno vivo.

A volte in questo modo vengono svelate le misconcezioni delle culture degli ‘altri’. Il libro ‘noi non ne parliamo’ dei Manush della Francia Centrale, popolazioni rom tradizionalmente girovaghi. Presso i manush i parenti stretti non parlano del morto e non ne nominano il nome; soprattutto ne distruggono gli oggetti. Ci sono luoghi che i Manush posseggono nella quale c’è stata una morte e, in questo caso, abbandonano tutti gli oggetti non curandosene più.