ANTONIO VIVALDI - Naxos Music Library

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ANTONIO VIVALDI JUDITHA TRIUMPHANS MODO ANTIQUO - Federico Maria Sardelli: direttore

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ANTONIO VIVALDIJUDITHA TRIUMPHANS

MODO ANTIQUO - Federico Maria Sardelli: direttore

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Tactus Letteralmente “tocco”. Termine latino con cui, in epoca rinascimentale, si indicava quella che oggi è detta battuta.Literally “stroke” or “touch”. The Renaissance Latin term for what is now called a beat.Buchstäblich “Schlag”. Begriff, mit dem in der Renaissance, ausgehend vom Lateini-schen, das bezeichnet wurde, was heute Takt genannt wird.Littéralement “coup”, “touchement”. Terme provenant du latin, par lequel on indiquait à la Renaissance ce qu’aujourd’hui on appelle la mesure.

2006Tactus s.a.s. di Serafino Rossi & C.

Via Tosarelli, 352 - 40055 Villanova di Castenaso - Bologna - Italytel. +39 051 0950314 - Fax +39 051 0950315

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In copertina: Caravaggio, Juditha decapita Holofernes (particolare)Roma, Collezione Coppi

24 bit DDD recordingExecutive Producer: Richard Lorber

Recording supervisor: Barbara ValentinRecording engineer: Werner Walravens

Recording assistant: Margret WeberDigital editing: Dirk Franken

Coproduction with

Realizzazione Paragon s.r.l. Milano per Amadeus

Computer Design: Tactus s.a.s.Stampa: KDG Italia s.r.l.

L’Editore è a disposizione degli aventi diritto.

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VENEZIA TRIUMPHANS“[...] l’inclita Veneta Repubblica, in cui dal suo nascimento fino a’ nostri giorni l’Italiana libertà si conserva, e voglia Iddio fino al finire de’ secoli conservarla.”Con questo slancio patriottico concludeva Vivaldi nel 1735 la dedica della sua Adelaide, testimo-niando con forza un appassionato attaccamento a quella Venezia che, pur indebolita e politicamente ininfluente, viveva ancora nelle albagìe della gloria passata.L’orgoglio di poter trionfare per mezzi ed intelligenza sulla terribile minaccia turca aveva sempre accompagnato la storia della piccola e combattiva Repubblica; dalla vittoria di Lepanto (1571) in poi tuttavia, il mito dell’invincibilità veneziana cominciò a scalfirsi con reiterati rovesci e con il mutare continuo delle alleanze europee. L’ultimo – relativo – trionfo della flotta veneziana sul sempre meno temuto turco è anche l’occasione dell’ultima celebrazione retorico-patriottica a cui i veneziani parte-cipano ancora con convinzione: la presa di Corfù assediata e la celebrazione musicale che Vivaldi ne diede, in forma allegorica, con l’oratorio Juditha Triumphans.Iniziata nel 1714, la sesta guerra contro l’impero ottomano vide in breve tempo capitolare le mal equipaggiate truppe veneziane, che arretrarono spesso senza neanche combattere, lasciando ai turchi Corinto, Malvagìa, infine tutta la Morea e gran parte dell’isola di Candia; a Venezia non restava più nessun’isola egea tranne Corfù, che fu sottoposta dai turchi a lungo e sanguinoso assedio. Fu durante quest’assedio, il 7 Agosto del 1716, che il testo dell’oratorio Juditha fu approvato dagli inquisitori. In questo libretto, scritto in latino elegante da Jacopo Cassetti, un nobile che già aveva composto libretti oratoriali, le suggestioni degli eventi politici del momento traspaiono con forza, tanto che le allegorie celate nel testo vengono esplicitamente sciolte da una nota che segue la lista dei personaggi:

Carmen Allegoricum / Praesens est Bellum; Saeviminantur & hostes: / ADRIA JUDITHA est, & socia ABRA FIDES / Bethulia ECLLESIA, OZIAS summusque Sacerdos,/ Christiadum Coetus, Virgineumque Decus / Rex turcarum Holofernes, Dux Eunuchus, & omnis Hinc Vitrix VENETUM quam bene Classis erit.E, come se non bastasse questa chiara esegesi, l’autore fa dire al sacerdote Ozias che Bethulia liberata dagli assiri altro non è che Venezia, vittoriosa come una novella Juditha:

Gaude felix Bethulia laetare / consolare urbs nimis afflicta / Coelo amata est fortunata / inter hostes semper invicta. / Ita decreto aeterno / Veneti maris urbem / inviolatam discerno. / Sic in Asia Holoferni impio tyranno / Urbs virgo gratia Dei semper munita / erit nova Juditha.Ecco dunque la biblica e un po’ scabrosa vicenda di Giuditta ed Oloferne offrire la materia letteraria per un’ardita attualizzazione politica: Bethulia/Corfù assediate da un Holofernes/Alì Pascià vengono

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liberate trionfalmente da Juditha/Venezia che, solo grazie alla tardiva ma determinante alleanza con l’Austria potrà altresì diventare – nella geometria allegorica dell’oratorio – il simbolo dell’unità dei cristiani incarnato dal sommo sacerdote Ozias.Scritto quando la minaccia d’una capitolazione veneziana era ancora incombente, l’oratorio fu ese-guito invece nel sollievo e nell’euforia dello scampato pericolo: Venezia in verità, più che vincere e riguadagnare i dominî perduti, aveva semplicemente evitato di perdere anche Corfù, ma questo bastava ai veneziani per riconquistare la fiducia nella loro Dominante e per bearsi d’una gloria ormai effimera.Una fortuita circostanza volle che, in quegli anni, il Maestro de’ Concerti della Pietà Vivaldi venisse anche incaricato, durante la vacanza della cattedra del Maestro di Coro tra la defezione di Gasparini (1713) e la nomina di Pietra Grua (1719), di comporre la musica sacra per l’uso dell’Istituto; spettò dunque a Vivaldi il compito di celebrare in musica il trionfo di Venezia. Conservatrice e avanguar-distica allo stesso tempo, la Pietà insegnava e praticava gli strumenti più desueti e più nuovi che ci fossero: è questa la ragione per cui troviamo, nella variatissima orchestra della Juditha, il neonato clarinetto vicino alle ormai obsolete viole da gamba (Viole all’Inglese) o la viola d’amore a fianco del raro chalumeau. Per esprimere in musica la magnificenza dell’evento celebrativo Vivaldi volle impiegare tutte le tinte della straordinaria tavolozza timbrica che gli offriva la Pietà: flauti dritti, oboi, clarinetti, chalumeau, trombe, timpani, organo, mandolino, viola d’amore, quattro tiorbe, cinque viole da gamba, archi, oltre alle cinque soliste ed al coro. Dei quattro oratorî che sappiamo aver scritto Vivaldi, Juditha è l’unico giunto fino a noi; non possiamo ad esempio sapere se il Moyses Deus Pharaonis, rappresentato alla Pietà nel 1714, prevedesse un organico altrettanto versicolore.Il libretto di Cassetti, diviso in due parti perfettamente equilibrate, alterna arie e recitativi secondo un criterio schiettamente operistico; i cori, cinque in tutto, commentano la vicenda sotto le spoglie ora dei feroci militari assiri (Chorus militum pugnantium in Acie cum Timpano Bellico), ora delle vergini di Betulia prima dolenti (Chorus virginum psalentium in Bethulia) poi gioiose (Chorus exaltantium Virginum pro Judithae triumpho). La successione delle arie è l’occasione che Vivaldi sfrutta per pre-sentare le doti e le risorse espressive di ciascuno strumento: trombe e timpani per la furia guerriera, lo chalumeau per una tortorella trepidante, i flauti per la brezza notturna, i clarinetti per la gioia festante, l’oboe e l’organo per la supplica amorosa, il mandolino per la caducità del tempo, la viola d’amore per la dolcezza femminile, le viole da gamba per l’algida tensione precedente all’omicidio. I cinque protagonisti del dramma erano impersonati, secondo il costume della Pietà, da sole donne; queste virtuose, note solo per il loro nome di battesimo, erano Caterina (Juditha), Apollonia (Holofernes), Barbara (Vagaus), Silvia (Abra), Giulia (Ozias). Di loro, è la Signora Barbara colei che riceve le arie più impegnative e virtuosistiche, con le stesse prerogative d’una primadonna di teatro.

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CRITERÎ ESECUTIVIIl coloritissimo organico strumentale richiesto dalla Juditha Triumphans ha sempre messo in imbaraz-zo tanto chi s’è accinto ad eseguirla quanto chi ne ha tentato un’edizione a stampa. Motivo principale: l’identificazione certa degli strumenti rari e delle loro antiche designazioni. Così come per i “Violini in tromba marina” richiesti dal concerto RV 558, così la Juditha, con i suoi “Claren” e le sue “Viole all’inglese”, ha spesso imbarazzato gli esegeti e offerto l’occasione per le più fantasiose gaffes: il “Salmoè” è diventato allora, in un’edizione a stampa, un “fagotto o Eckelphon”, mentre i “Claren” sono stati scambiati sovente per trombe. Oggi finalmente siamo certi che il “Salmoè”, ovvero lo chalumeau, sia quello strumento ad ancia semplice affine al clarinetto, così come è pacifico che i “Claren” siano due clarinetti, così denominati anche nel Concerto per la Solennità di S. Lorenzo, RV 556, che proprio nella Juditha fanno la loro prima apparizione documentata. Il “Concerto de’ Viole all’inglese” che accompagna la solenne preghiera di Juditha Summe Astrorum Creator e l’aria In somno profundo ha, fino a poco tempo fa, posto molti problemi d’identificazione organologica: le “Viole all’inglese” sono state sempre dichiarate affini alle viole d’amore, ma senza che se ne definisse il modello; solo recentissimamente Michael Talbot ha dimostrato in via definitiva che queste viole erano delle normali viole da gamba, ormai disusate in Italia ma sopravvissute nei conservatorî vene-ziani. Bisogna tener presente che la Pietà era sì aperta alle novità, ma anche orgogliosa di possedere ed impiegare strumenti ormai rari e legati al passato, come ad esempio il salterio; ed è rivelatore d’un forte senso della tradizione imperante nei conservatorî veneziani la notizia che ancora nel 1673 l’Ospedale dei Mendicanti si dotasse di ben sette viole da gamba. Sono forse quelle stesse viole gli strumenti che, tramite la mediazione di Giambattista Vivaldi, furono acquistate nel 1705 dalla Pietà per essere poi suonate sotto la guida di Antonio, salariato dal 1704 come “Maestro di Viola all’ingle-se”. Prima che giungesse la definitiva chiarificazione di Talbot, quest’incisione discografica aveva già correttamente impiegato le viole da gamba per eseguire le pagine per “Viole all’inglese” della Juditha. Le ragioni musicali che spinsero Vivaldi a far suonare questi strumenti quando il dramma giunge al suo momento topico, appare ora chiara: al momento in cui Juditha si trova sola di fronte alla suprema decisione, improvvisamente l’orchestra si asciuga; non più gli archi con cembali ed organo, bensì l’argenteo e rarefatto timbro d’un quintetto di viole senza strumenti d’armonia. L’effetto, teatralissimo, è raggelante.La partitura della Juditha continua a stupire per la straordinaria varietà di colori: la brevità sospesa dei suoni pizzicati d’un mandolino e due violini viene eletta a simboleggiare deliziosamente la caducità del tempo nell’aria Transit ætas, volant amni; in questo caso, così come avveniva all’epoca, uno dei tiorbisti presenti in orchestra prendeva il suo piccolo liuto soprano e pizzicava col plettro. Anche per i due flauti a becco richiesti dall’aria Umbræ Caræ non c’era bisogno di due appositi solisti: le due clarinettiste o le due oboiste presenti alla Pietà cambiavano, com’era uso, il loro strumento.Ci è parso interessante far raddoppiare il basso da uno chalumeau tenore nell’aria Noli o cara per

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oboe e organo obbligato, replicando quella felice intuizione timbrica che spinse Vivaldi ad aggiun-gere un “Salmoè se piace” all’organico della sonata giovanile RV 779, ideale gemella d’organico ed invenzione di questo brano.Molte arie o cori della Juditha hanno una caratterizzazione espressiva così chiara ed un’aderenza al testo poetico così stretta da rendere pressoché impossibile scelte interpretative fuorvianti; eppure si sono udite esecuzioni del dolente coro Mundi Rector in cui gli interpreti, impressionati dalle indica-zioni autografe “Pianissimo sempre” e “Le voci in lontano” hanno trasformato questo coro che pur dev’essere cantato al tempo di “Allegro”, in un pesantissimo Largo. Analogamente, è finora sfuggito a chi si è accostato a questa partitura che i “Claren” del coro Plena Nectare non sono dei clarinetti dal suono dolce e sensuale come noi oggi lo conosciamo, bensì degli strumenti allora rarissimi dalle ance piuttosto dure che suonavano come sonore trombette (onde il nome tratto da quello del registro acuto della tromba): solo così si può comprendere il senso che Vivaldi gli affida per descrivere la gioiosa ma selvatica frenesia della festante compagine assira. Un’altra geniale intuizione timbrica vivaldiana è l’impiego dello chalumeau (soprano) per descrivere il verso della tortorella nell’aria Veni, veni, me sequere fida: è evidente che una scrittura pulsante di semicrome che vuole esprimere tutta l’ansia e l’agitazione interiore dell’eroina pretenda un tempo “Andante”, e che, per esprimere meglio questo chiaro carattere, le note puntate dello chalumeau debbano essere suonate più strette di quel che è scritto.La partitura autografa della Juditha contiene due diverse intonazioni delle arie Matrona inimica e O servi volate, specchio d’una seconda esecuzione dell’opera in cui la cantante che doveva interpretare Vagaus era cambiata: le due seconde versioni furono scritte “per la Sig.ra Barbara” e, dal mutamento della scrittura musicale, si evince chiaramente che questa nuova soprano possedeva delle spiccate doti virtuosistiche che incoraggiarono Vivaldi a comporre musica molto più fresca e brillante. In questa edizione filologica ho scelto perciò di restituire questa seconda versione che, sebbene faccia rinunciare al curioso effetto delle quattro tiorbe previste dalla prima stesura di Matrona inimica, pure s’impone come quella musicalmente più riuscita.Infine, la tesi che alla testa della Juditha debba esser posta una sinfonia o un’introduzione strumentale che si suppone mancante, sembra a noi assolutamente priva di fondamento. È vero che, nei lavori teatrali, le sinfonie migravano sovente da un’opera all’altra e che, se oggi la partitura non la riporta, di sicuro una sinfonia veniva eseguita. Non così si può dire per un oratorio, tantopiù se aperto da un’incipit strumentale/corale così compiuto, poderoso e compiutamente introduttivo. I recenti ed infelici tentativi d’appiccicare una sinfonia fittizia a questa partitura equilibrata (spesso rapinati da lavori strumentali cronologicamente posteriori) hanno ulteriormente dimostrato che l’unica apertura della Juditha è il trionfale preludio di trombe e timpani diligentemente scritto da Vivaldi.

FEDERICO MARIA SARDELLI

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Venezia Triumphans“… [to] the noble Venetian Republic, where Italian liberty has been preserved from its inception to this day, and may God preserve it until the end of time.”With this patriotic proclamation, Vivaldi concluded the dedication of his opera Adelaide in 1735, bearing forceful witness to a passionate attachment to that Venice which, though weakened and politically ininfluential, continued to dwell in the aura of past glories.Pride in its ability to triumph over the terrible Turkish threat, thanks to its superior means and intel-ligence, had long accompanied the history of the small but pugnacious republic. Beginning with the victory at Lepanto in 1571, nonetheless, the myth of Venetian invincibility had begun to crack under repeated military reversals and the continuous changes in European alliances. The last (relatively speaking) triumph of the Venetian fleet against the ever-less-frightful Turks provided the occasion for the last wholehearted rhetorical and patriotic celebration for the Venetians: the capture of the besieged island of Corfù, which Vivaldi commemorated allegorically in his oratorio, Juditha Triumphans.On 7 August 1716, in the midst of this siege, the text of the oratorio Juditha was approved by the inquisition. In this libretto, written in an elegant Latin by Jacopo Cassetti, a nobleman who had already authored other oratorio librettos, the references to the timely political events are strongly evident. Indeed, the allegories concealed in the text are explicitly revealed by a note which follows the list of personages:Carmen Allegoricum / Praesens est Bellum; Saeviminantur & hostes: / ADRIA JUDITHA est, & socia ABRA FIDES / Bethulia ECLLESIA, OZIAS summusque Sacerdos,/ Christiadum Coetus, Virgineumque Decus / Rex turcarum Holofernes, Dux Eunuchus, & omnis Hinc Vitrix VENETUM quam bene Classis erit.And should this clear exegesis not suffice, the author has the priest Ozias say that Bethulia, liberated from the Assyrians, is none other than Venice itself, victorious like a neoteric Juditha:Gaude felix Bethulia laetare / consolare urbs nimis afflicta / Coelo amata est fortunata / inter hostes semper invicta. / Ita decreto aeterno / Veneti maris urbem / inviolatam discerno. / Sic in Asia Holoferni impio tyranno / Urbs virgo gratia Dei semper munita / erit nova Juditha.Thus the biblical–and somewhat risqué–tale of Judith and Holofernes offers the literary material for a daring political statement: Bethulia/Corfù, besieged by a Holofernes/Alì Pascià, is triumphantly liberated by Judith/Venice who, thanks only to the tardy but decisive alliance with Austria, becomes (in the allegorical geometry of the oratorio) the symbol of Christian unity, embodied by the high priest Ozias. Coincidentally, in those years, when the position of Maestro di Coro had become vacant (between the departure of Gasparini in 1713 and the appointment of Pietra Grua in 1719), Vivaldi, then Maestro de’ Concerti at the Ospedale della Pietà, was also entrusted with composing sacred music for use by the institution. Thus the task of celebrating in music the triumph of Venice fell to Vivaldi. Conservative and avant-garde at the same time, the Pietà taught and featured the newest and most unusual instru-ments on the musical scene: thus the variegated orchestra of Juditha included the newborn clarinet alongside the now obsolete viola da gamba (called “Viole all’Inglese”, or English viols), and the viola d’amore appeared next to the rare chalumeau. In order to express in music the magnificence of

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the celebratory event, Vivaldi chose to exploit all the shades of the extraordinary palette of timbres offered by the Pietà: recorders, oboes, clarinets, chalumeau, trumpets, timpani, organ, mandolin, viola d’amore, four theorbos, five viola da gambas, and strings, in addition to the five vocal soloists and choir. Of the four oratorios which we know Vivaldi to have written, Juditha is the only one surviving. We cannot, for example, know whether Moyses Deus Pharaonis, performed at the Pietà in 1714, called for equally colorful forces.The libretto by Cassetti, divided into two perfectly balanced parts, alternates arias and recitatives in accordance with a clearly operatic model. The choruses (five in all) comment on the action, now in the guise of ferocious Assyrian soldiers (Chorus militum pugnantium in Acie cum Timpano Bellico), now as virgins of Bethulia, at first mournful (Chorus virginum psalentium in Bethulia) and later joyous (Chorus exaltantium Virginum pro Judithae triumpho). Vivaldi makes use of the sequence of arias as a means of presenting the qualities and expressive resources of each instrument: trumpets and timpani are used to portray warlike fury; the chalumeau, a tremulous turtledove; the recorders, the evening breeze; the clarinets, festive joy; the oboe and organ, amorous entreaty; the mandolin, the transience of time; the viola d’amore, feminine sweetness; the viola da gambas, the ice-cold tension which precedes a murder. All five protagonists of the drama were impersonated by women, as was customary at the Pietà. These virtuose, known only by their first names, were Caterina (Juditha), Apollonia (Holofernes), Barbara (Vagaus), Silvia (Abra), and Giulia (Ozias). Of these five singers, it was Signora Barbara who received the most difficult and virtuosic arias, exercising the same prero-gatives as an operatic prima donna.Notes on the performanceThe brightly colored instrumental forces called for by Juditha Triumphans has always created diffi-culties both for those musicians who have endeavored to perform the oratorio and for those scholars who have attempted to publish a printed edition. The principal reason lies in the identification of the rare instruments called for and their ancient designation. Juditha, with its “Claren”, “Salmoè” and “Viole all’inglese”, has often caused problems when it comes to establishing the precise meaning of these terms, and has given rise to the most fantastical bloomers. Today, we can finally be certain that the “Salmoè”, or rather the chalumeau, is a single-reed instrument related to the clarinet. Similarly, the “Claren” is in fact two clarinets, also referred to by this same name in the Concerto per la Solennità di S. Lorenzo, RV 556; they in fact make their first documented appearance in Juditha. As for the “Viole all’inglese”, Michael Talbot has quite recently proved with certainty that they are none other than normal viola da gambas, instruments which had by this time fallen into disuse in Italy but had survived in the Venetian conservatories. One must recall that the Pietà was open to novelties but was also proud to possess and employ instruments which were by now rare and tied to the past, such as, for example, the psaltery. Moreover, this strong sense of tradition which ruled in the Venetian conservatories is further witnessed by the fact that in 1673 the Ospedale dei Mendicanti still owned no fewer than seven viola da gambas. Before Talbot’s definitive clarification appeared, this recording had already correctly placed viola da gambas on the parts in Juditha calling for the “Viole all’ingle-se”. The musical motivation which led Vivaldi to employ these instruments as the drama reaches its apex now appears clear: at the moment when Judith finds herself alone, facing an ultimate decision,

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the orchestra suddenly thins out. The strings with harpsichords and organ give way to the silvery and rarefied timbre of a quintet of unaccompanied viols. The theatrical effect is chilling.We thought it would be interesting to double the bass line with a tenor chalumeau in the aria Noli o cara, written for oboe and obbligato organ, duplicating Vivaldi’s felicitous timbre created by adding a “Salmoè se piace” to the forces of his youthful sonata RV 779, the ideal match in ensemble and fantasy to this aria.Many arias or choruses from Juditha are so clearly characterized in expression or are so closely linked to the poetic text that it is practically impossible to go wrong in one’s interpretative choices. And yet there exist performances of the sorrowful chorus Mundi Rector where the performers, influenced by the autograph indications “Pianissimo sempre” and “Le voci in lontano” (voices in the distance), have transformed this chorus, which should be sung in an Allegro tempo, into a heavy Largo. Similarly, it has escaped the notice of previous interpreters that the “Claren” of the chorus Plena Nectare were not the sweet and sensual clarinets as we know them today, but were instead different–and at that time exceedingly rare– instruments which were played with rather hard reeds and sounded like sonorous trumpets (thus the name, derived from the term for the trumpet’s upper regi-ster). Only by correctly interpreting their designation can one grasp the sense behind Vivaldi’s choice to use these instruments to describe the joyous but wild frenzy of the festive Assyrian assemblage. Another brilliant use of timbre by Vivaldi is the employment of the soprano chalumeau to describe the call of the turtledove in the aria Veni, veni, me sequere fida. It is clear that the pulsating sixteenth notes used to express the anxiety and inner agitation of the heroine call for an Andante tempo, and thus, in order to better express this clear characterization, the doted notes of the chalumeau must be played with a tighter rhythm than are actually notated. The autograph score of Juditha contains the arias Matrona inimica and O servi volate in two different keys, evidence of a second performance of the opera in which a different singer played the role of Vagaus. The two second versions were written “per la Sig.ra Barbara” and the change in writing style demonstrates that this new soprano possessed virtuosic gifts such as to encourage Vivaldi to compose fresher and more brilliant music than in the first version. In this scholarly edition, I have thus chosen to restore this second version. Though this choice results in the loss of the curious effect created by four theorbos which accompany the first version of Matrona inimica, it is nonetheless more successful musically.Finally, the theory that Juditha should open with a sinfonia or instrumental introduction (supposedly lost) seems to us completely unfounded. It is true that in theatrical works the sinfonias migrated easily from one opera to the next, and that though today no such sinfonia appears in the score, one would nevertheless have been performed. The same cannot be said, however, for the oratorio, especially if it opens with an instrumental/choral incipit as weighty and completely introductory as the one here. The recent and unsuccessful attempts to glue a spurious sinfonia (often stolen from instrumental works dating from later periods) onto this balanced score have further demonstrated that the only possible opening of Juditha is the triumphal prelude of trumpets and timpani diligently written by Vivaldi.

FEDERICO MARIA SARDELLItranslation: Candace Smith

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Iam virtus pugnandoVigescit in spe.

VAGAUSMi Dux, Domine mi…

HOLOFERNESEt quid ne petis?

VAGAUSFelicitatis tuae Nuncius accedo.

HOLOFERNESQuidne fausti tu refers?

VAGAUSNisi Gloriae tuae grande incrementumEt vere oculis tuis dulce portentum.

HOLOFERNESDic.

VAGAUSMatrona inimicaTe quaerit ad armaDux magne Holofernes.Et cito deh, credas,Tibi erit amicaSi lumina cernes.

HOLOFERNESHuc accedat Matrona,Et sit armorum Marti ebrea Bellona.In Bethulia vilescuntHostes miseri Egeni: undique luctusSaevus undique clamor. Hic anhelat,Hic gemit, ille plorat,

Juditha Triumphans RV 644Devicta Holofernis barbarieSacrum Militare OratoriumLibretto: Cav.Jacopo CassettiVenezia, 1716

PARS PRIOR

CHORUS(militum pugnantium in acie cum timpano bellico)Arma, caedes, vindictae, furores,Angustiae, timoresPrecedite nos.Rotate,PugnateO bellicae sortes,Mille plagas,Mille mortesAdducite vos.

HOLOFERNESFelix en fausta diesO Magnanimi Eroes en fortunati:Prospera vobis sors, sydera, caelum:En post saecula tandemVenit optata lux, lux suspirata,Qua magni in vestro Duce,Qua Dux Magnus in vobis: Cunctis aequaErit tandem Victoria,Et vestro invicto Regi Honor, et gloria.

Nil arma, nil bella,Nil flamma furorisSi cor bellatorisEst cadens in se.Si pugnat sperando,

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Dolent omnes;Nil nisi timor, nil nisi maerentiumIgnavia, desperatio, afflictio, inopia,Et lacrimarum copia.

VAGAUSVeni Foemina illustris,Pulcra Bellatrix huc, Lumine, et pedeVidentes feri,Et generosa accede

JUDITHAQuo cum Patriae me ducit amoreLibertatis dulcissima spes,Summo ductus a caeli fulgoreTuto pergat per classica pes.

ABRANe timeas non, laetareCasta Vidua dilectaCerta virtutis tuae munera expecta.

Vultus tui vago splendoriCedit ira ridet amor.Ac tui numinis honoriLaetus plaudit omnium clamor.

Vide, humilis prostrataIn vultus tui nitore,Quam estatica sit gens tanta armata.

JUDITHANil morae. Ad HolofernemMe ducite benigniDuces bellici honoris,Paces en nuncia venio, et non furoris.

VAGAUSO quam vaga, venusta, o quam decora,O spes nostrae victoriae unica, et vera.

CHORUS (adstantium militum)O quam vaga, venusta, etc…

VAGAUSTentoria vultu tuo

Ducis honoraEt cuncta ab Holoferne Attende, et spera.

CHORUSTentoria vultu tuo, etc…

VAGAUSQuem vides prope, aspectuTerribili, et suavi,Quem quaeris, ipse hic est:Amore, et fide,In ipso pulcra SionSpera, et confide.

Quamvis ferro, et ense gravisDulcis tamen et suavisPro te Dux erit, o bella.Tibi tua tu sors et fatum,Nec per te fremit iratum,Tua pupilla fit tua stella.

HOLOFERNESQuid cerno! Oculi meiStupidi quid videtis!Solis, an caeli splendor!Ah summae prolisVincunt lumina sua lumina solis.

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Sistite, viatriciPreparate Trophea, spargite flores,Et obvient Dive suae teneri Amores.

JUDITHASumme Rex, strenue miles,Nabuc Regis cor, cuius in manuStat suprema potestas, nutui cuiusFortuna, et sors obedit,Et cuncta iura sua gloria concedit.

HOLOFERNESO quam pulcrior in pulcroVirtus est ore sonans! Quidnam petis,Suavissima supplex?

JUDITHANon mihi, Patriae meaeSpem salutis exoro,Et sic Bethuliae a te pacem imploro.

Quanto magis generosa,Plus victori gloriosaVenia victo magis cara.O quam pulcra tua potentiaIllustrata tua clementia!Parce Dux, ac tolle amara.

HOLOFERNESMagna, o foemina petis,Quae maxima, si dentur!Majora sed a me tibi debentur.O timpana silete,Recedite o Phalanges,Cedite amori meo, cedite invictaeFaces, tela, sagittae,Et vos bellica in campo impia tormentaEstote in gaudio meo nova contenta.

Hic sede amica mea.

JUDITHANon tantus honorTuae famulae donetur.

HOLOFERNESTu me honoras.

JUDITHATe colo.

HOLOFERNESSedeas hic.JUDITHANon debeo, non.

HOLOFERNESSic jubeo, et volo.

Sede, o cara,Dilecta speciosaMea vivida rosa,Mea fulgida fax.Tu Marti triumphanti,Tu bellico amantiPulcherrima Pax.

JUDITHATu Judex es, tu Dominus, tu potensIn exercitu tanto,Et tuae dextrae victriciSemper aspectu sint astra felici

HOLOFERNESFelix per te,Magisque felix ero,Si dum sepulta manet

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Lux Apollinis unda,Me te dignumIn convivio tu reddas,Ut melius pacis nostrae amatae, et carae,Solemnia tecum possim celebrare.

JUDITHAInter convivia, et dapesTorpescent labia meaIn jeiunio assueta:Tristis, nec unquam laetaIn eduliis astrictaNescia est delitiae tantae anima afflicta.

HOLOFERNES Agitata infido flatuDiu volatuVagabundoMaesta hirundoIt plorandoBoni ignara.Sed impulsu aurae serenaeTantae cito oblita poenaeIn dilectaDulcia tectaGaudii ridet haud avara.

In tentorio supernaeSint in ordine coenae.Quid, quid natat in Ponto,Quid, quid in Caelo, et terra nutritNe sit legere grave.Hinc nostrae Reginae,Cui Vagae, tu deservies,Sit cretensis Lyei donum suave.

VAGAUSO servi volate,

Et Domino meoVos mensas parateSi proxima nox.Invicto HoloferniCantemus alterni,Honoris, amorisSit consona nox [vox].

VAGAUSTu quoque hebraica ancillaIn nostro gaudio tantoEris in corde tuo laeta, et tranquilla.

ABRAQuam audacter discurritNon minus servus suo Domino nequam.Properemus Juditha: ubique semperTecum sperans in CaelisEro Dominae meae socia fidelis.

JUDITHAVeni, veni, me sequere fidaAbra amata,Sponso orbata.Turtur gemo ac spiro in te.Dirae sortis tu socia confidaDebellataSorte ingrata,Sociam laetae habebis me.

ABRAVenio Juditha, venio: animo fave,Amori crede tuo nil erit grave.

Fulgeat sol frontis decorae,Et afflictae abeat AuroraeRosa vaga tua pupilla.Ama, langue, finge ardere

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Nostrae sorti si faverePotest una tua favilla.

In Urbem interim piaIncertas audi voces, aura levisFert murmur votiEt gloriae, credo, tuae.Gemunt et orant unaVirgines Juda, incertae sortis suae.

CHORUS(Virginum psalentium in Bethulia)Mundi Rector de Caelo micantiAudi preces, et suscipe votaQuae de corde pro te dimicantiSunt pietatis in sinu devota.

In Juditha tuae legi dicataFlammas dulcis tui amoris accendeFeritatis sic hostis domataIn Bethuliae spem pacis intende.

Redi, redi iam Victrix pugnandoIn cilicio in prece reviveDe Holoferne sic hodie triumphandoPia Juditha per saecula vive.

[Finis prioris partis]

PARS ALTERA

OZIASSummi Regis in menteMihi sunt alta arcana: hostis Tyranni,Bellatoris iniquiPrope, caelo favente,Fata extrema prevideo.Deus Abraam

Exercitum Deus es, potens in bello,Tuo nomini inimicamVirtute dexterae tuae dissipa Gentem.Te supplices precamur: Tibi gloriaSit diligentium te nova victoria.

O Sydera, o stellae,Cum luna cadentiEstote facellaeIn hostem ferales.Cum nocte feliciRuant impii inimici,Et sole surgentiSint luces mortales.

Jam saevientis in hostemCastae nostrae JudithaeGratae sunt Caelo preces, triumphandoAd nos cito redibit,Et Duce ablato ria gens peribit.

HOLOFERNESNox in umbra dum surgit,Radiante in mare sol lumine cadit;Sed tu pulcra JudithaLuminose mi sol in caeco orroreResurgis coram me vivido ardore.

Nox obscura tenebrosaPer te ridet luminosaMiro fulgida splendore [nitore].Neque lucis novae AuroraTam superba tam decoraVicta tuo surget splendore.

Belligerae meae sorti,Quaeso, o cara condona:

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Haec numine convivaNon sunt fercula digna.

JUDITHAMagnitudinis tuae bene sunt signa.

HOLOFERNESMagnum meum cor tu reddis,Si amantem vultus tui iure me credis.

JUDITHANil nisi sui FactorisIn orbe a creaturaEst conservanda Imago.

HOLOFERNESAd tantum cogis me vultu tuo vago.

JUDITHAQuid, quid splendet in oreEst pulvis, umbra, nihil.

Transit aetas,Volant anni,Nostri damniCausa sumus.Vivit anima immortalisSi vitalisAmor, ignis, cuncta fumus.

HOLOFERNESHaec in crastinum serva: Ah, nimis vereEsse ignem sentio amorem,Si nimis sentio in me viscera ardere.

JUDITHATanti caloris aestumTempera strenue Dux, flammas evita…

HOLOFERNESUror…

JUDITHALonge ibo…

HOLOFERNESNo, cara Juditha.

Noli o cara te adorantisVoto Ducis non favere,Et suspiria animae amantisSaltem disce non horrere.

JUDITHATibi dona salutisPrecor e Caelo Dux.

HOLOFERNESProsit: bibendoA te salutem spero,Et si tu amabis me, Tua salus ero.

CHORUSPlena nectare non meroAurea pocula almi amoresMyrto et rosis coronate.Et in mutuo gaudio veroHorum numinum ardoresDulci flamma prosperate.

HOLOFERNESTormenta mentis tuae fugiant a corde,Et calicem sumendoVivat gloria Judithae, et belli faceExtincta, amor per te vivat in pace.

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JUDITHAVivat in pace.Et pax regnet sincera,Et in Bethulia fax surgeat amoris.In pace semper stat laetitia vera,Nec amplius bella sint causa doloris.In pace anima mea tu cuncta spera,Si pax solatium est nostri moeroris.In pace bone Deus cuncta tu facis,Et cara tibi sunt munera pacis.

Sic in Pace inter hostesSit mea Patria inofensa.Sed quid video! HolofernesAccensus mero suo dormit in mensa!Consurgam. Vestro DuciHuc accurrite, o servi: huc Abra veni,Hic in tentorio stantes,Dum dormit inimicusPrecemur vere Deum nos vigilantes.

VAGAUSUmbrae carae, aurae adorataeDeh grataeSpirate;Si Dominus dormitStet tacita gens.A cura tam graviIn somno suaviSit placida mens.

Quae fortunata es tu vaga Matrona,Quae de tam strenuo Duce triumphasti,Et hostium domatorem tu domasti.

JUDITHAFaxit de Caelo Rex,

Reges qui regit,Et cordi mei devotaExaudiat pietas Dei suspiria et vota.

VAGAUSBene in thalamo quiescat,Mensas tollo,Et hic pulcra JudithaPotes cum Duce tuo sola laetari,Et poenas cordis tui tu consolari.Sed huc ancilla venit,Jam festinans discedo,Et sic amori tuo locum concedo.

JUDITHABene venisti, o fida,En tempus nostrae gloriae,Et suspirata tandem hora victoriae.

ABRACuncta fauste succedant,Et tibi, o mea JudithaEris, et Patriae tuae, Salus et vita.

JUDITHANil ultra: claude fores,Impedi viatores,Et caelesti fervore cor accende,Et mox victricem me tacita attende.

ABRANon ita reducem Progeniem notoRaptam a gelidoMater expectat,Ut ego fervidaExpecto te.

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Sed poena barbarae,Et brevis moraeAnimam nimiumVexat amantemTimore, et spe.

Jam pergo, postes claudo,Et te nostra Eroina expecto et laudo.

JUDITHASumme Astrorum Creator,Qui de nihilo jam cuncta eduxisti,Et tibi ut servi essemusAd imaginem tuam tu nos fecisti,Clemens in Caelo Pater,Potens in Mundo Deus,Qui Jaheli victrici,Qui Deborae pugnanti vim dedisti,Adiuva nos in prece, et culpas tolle,Et de forti tua dextraImbelli dextrae meae robur extolle.

In somno profundoSi jacet immersusNon amplius sit vigilQui dormit in te.Quiescat exanguis,Et sanguisSic exeatSuperbus in me.

Impii, indigni TiranniConopeo hic apensumDenudo ferrum, ictus tendo, infelicemAb Holofernis bustoDeus in nomine tuo scindo cervicem.Salvete o pia tentoriaIn vobis semper clara

Et caelo, et mundo sit alta victoria.

Abra, Abra, accipe munus,In saculum repone, et fida ancillaMe sequere, festina,Et clemens extra castraTuto perducat nos dextra divina.

ABRAQuid mihi? Oh mira res!Diro DraconiTu caput obtruncasti,Et simul una in uno omnes domasti.Eamus cito eamus,Et mille mille Deo gratias agamus.

Si fulgida per tePropitia caeli faxSi dulci anima speRefulsit alma pax,Solum beatoDuci increatoDebetur nostra pax,Et nostra gloria.Dat ille cordi ardorem,Ille dextrae vigorem,Et manus donum suaeNostra victoria

VAGAUSJam non procul ab axeEst ascendens Aurora, undique raraCaelo sydera micant: in tentorioPallet incerta lux: patet ingressus,Neminem video.Sed heu, heu, quid cerno?Fusus undique sanguis!Heu, quam horrendum visu!

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Truncus Domini mei jacet exanguis.Milites huc venite,Surgite, o servi, excubiae non dormite.Omnes perditi sumus:Bethulia amissa, et Holofernes extincto.Heu cuncti, cuncti miseri ploremus,Et ducis nostri funus vindicemus.

Armatae face et anguibusA caeco regno squallidoFuroris sociae barbariFuriae venite ad nos.Morte, flagello, stragibusVindictam tanti funerisIrata nostra pectoraDuces docete vos.

OZIASQuam insolita luceEois surgit ab orisFloribus cincta suis roscida Aurora!O quam ridet serenaJucundo nobis dies lumine plena!En venit tandem venit(Eam a longe prospicio, ad eam curramus)Venit Juditha venit,Et Juditha triumphans. Filia electaQuanto gaudio te amplector: Summe DeusExultat ecce in te spiritus meus.

Gaude felixBethulia letareConsolareUrbs nimis afflicta.Caelo amataEs fortunataInter hostes semper invicta.

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Ita decreto aeternoVeneti Maris UrbemInviolatam discerno,Sic in Asia Holoferni impio tirannoUrbs Virgo gratia Dei semper munitaErit nova Juditha,Et pro popolo suo Pastor orabit,Et fidelis OziasVeram Bethuliae suae fidem servabit.Eja Virgines SionFestinate cum gloriaIn sperata victoriaEt pietatis in sinuCum Psalterio sonantiApplaudite Judithae Triumphanti.

CHORUS(exultantium Virginum pro Judithae triumpho)Salve invicta Juditha formosaPatriae splendor spes nostrae salutis.Summae norma tu vere virtutisEris semper in mundo gloriosa.Debellato sic barbaro TraceTriumphatrix sit Maris Regina.Et placata sic ira divinaAdria vivat, et regnet in pace.

[Finis]

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Modo Antiquo - su strumenti originaliFederico Maria Sardelli, direttore

Barbara Di Castri, JudithaLucia Sciannimanico, Holofernes

Nicki Kennedy, VagausAlessandra Rossi, AbraRowena Anketell, Ozias

Coro da Camera Italiano

Flauti: Ugo Galasso, Giulia NutiOboi: Paolo Pollastri, Guido Campana

Clarinetti: Ugo Galasso, Alessandro TerrinChalumeaux: Ugo Galasso, Alessandro TerrinTrombe: Emanuele Antoniucci, Lucia Luconi

Timpani: Luca Brunelli FelicettiViola d’amore: Mauro Righini

Mandolino: Gian Luca LastraioliViolini: Giovanni Dalla Vecchia, Christoph Timpe, Gabriele Steinfeld

Silvia Colli, Roberto Lea, Pietro Meldolesi, Luca GiardiniViole: Mauro Righini, Pietro Meldolesi

Violoncelli: Bettina Hoffmann, Roberta Dall’OrcoContrabbasso: Amerigo BernardiCembalo e Organo: Giulia Nuti

Organo: Daniele BoccaccioChitarra e tiorba: Gian Luca Lastraioli

Arciliuto e chitarra: Daniele PoliConcerto de’ Viole all’inglese

Giovanni Dalla Vecchia, Bettina Hoffmann, Nanneke Schaap, Lisa Nocentini, Amerigo Bernardi

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DDDTC 672290

2006Made in Italy℗

ANTONIO VIVALDI (1678 -1741)JUDITHA TRIUMPHANS

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MODO ANTIQUO - su strumenti originali Juditha - Barbara Di Castri: mezzosoprano

Holofernes - Licia Sciannimanico: mezzosopranoVagaus - Nicki Kennedy: sopranoAbra - Alessandra Rossi: soprano

Ozias - Rowena Anketell: mezzosopranoCoro da Camera Italiano, Roma

Federico Maria Sardelli: direttore

CD I = 01:02:28 - CD II = 01:08:57 - TOTAL TIME = 02:11:25

CD I Pars PriorArma, cædes 3:39Felix en fausta dies 0:47Nil arma, nil bella 3:09Mi Dux, Domine mi 0:29Matrona inimica 4:13Huc accedat Matrona 1:13Quo cum Patriæ 4:13Ne timeas non 0:14Vultus tui vago splemdori 2:38Vide humilis prostrata 0:36O quam vaga 1:17Quem vides prope 0:30Qaumvis ferro 3:03Quid cerno! 1:50Quanto magis generosa 7:28Magna, o fœmina petis 1:06Sede o cara 3:00Tu Judex es 1:35 Agitata infido flatu 3:18In tentorio supernæ 0:32O servi volate 2:32Tu quoque hebraica ancilla 0:44Veni, me sequere 5:37Venio Juditha 0:12Fulgeat sol fronti decoræ 4:35In urbe interim pia 0:37Mundi Rector 3:21

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CD II Pars AlteraSummi Regis in mente 1:04O Sydera , o stellæ 5:16Jam sæventis in hostem 0:58Nox obscura 6:32Belligeræ meæ sorti 1:16Transit ætas 4:30Hæc in crastinum serva 0:39Noli o cara te adorantis 5:44Tibi dona salutis 0:22 Plena nectare non mero 1:22Tormenta mentis tuæ 0:27Vivat in pace 3:50Sic in Pace inter hostes 0:46Umbræ caræ 5:58Quæ fortunata es tu 1:59Non ita reducem 3:27Jam pergo, postes claudo 0:24Summe Astrorum Creator 1:14In somno profundo 5:13Impii, indigni tiranni 0:44Abra, accipe munus 0:36Si fulgida per te 4:09Jam non procul ab axe 1:24Armatæ face 3:03Quam insolita luce 1:14Gaude felix Bethulia 3:44Ita decreto æterno 1:06Salve invicta Juditha 1:5628

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An

ton

io V

iVAld

i (1678 -1741)JUDITHA TRIUM

PHANS - MODO ANTQUO - dir.F.M

.SardellitC

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An

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io V

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i (1678 -1741)JUDITHA TRIUM

PHANS - MODO ANTQUO - dir.F.M

.SardellitC

672290 Antonio ViVAldi (1678 -1741)

JUDITHA TRIUMPHANSDDDtC 672290

2006Made in Italy

text in: italianoEnglish Français

byFederico Maria Sardelli

1° Edizione 20022° Edizione 2006

Registrazione31 Luglio - 4 Agosto 2000

Chiesa del Santissimo Crocifisso

BargaLucca - Italia

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Modo AntiQUo - su strumenti originali Juditha - Barbara Di Castri: mezzosoprano

Holofernes - Licia Sciannimanico: mezzosopranoVagaus - Nicki Kennedy: sopranoAbra - Alessandra Rossi: soprano

Ozias - Rowena Anketell: mezzosopranoCoro da Camera italiano, Roma

Federico Maria Sardelli: direttore

CD I = 01:02:28 - CD II = 01:08:57 - TOTAL TIME = 02:11:25

℗Cd i Pars Prior

Arma, cædes 3:39Felix en fausta dies 0:47Nil arma, nil bella 3:09Mi Dux, Domine mi 0:29Matrona inimica 4:13Huc accedat Matrona 1:13Quo cum Patriæ 4:13Ne timeas non 0:14Vultus tui vago splemdori 2:38Vide humilis prostrata 0:36O quam vaga 1:17Quem vides prope 0:30Qaumvis ferro 3:03Quid cerno! 1:50Quanto magis generosa 7:28Magna, o fœmina petis 1:06Sede o cara 3:00Tu Judex es 1:35 Agitata infido flatu 3:18In tentorio supernæ 0:32O servi volate 2:32Tu quoque hebraica ancilla 0:44Veni, me sequere 5:37Venio Juditha 0:12Fulgeat sol fronti decoræ 4:35In urbe interim pia 0:37Mundi Rector 3:21

9101112131415161718192021222324252627

123456789101112131415161718192021222324252627

8 0 0 7 1 9 4 2 0 0 1 0 2

Cd ii Pars AlteraSummi Regis in mente 1:04O Sydera , o stellæ 5:16Jam sæventis in hostem 0:58Nox obscura 6:32Belligeræ meæ sorti 1:16Transit ætas 4:30Hæc in crastinum serva 0:39Noli o cara te adorantis 5:44Tibi dona salutis 0:22 Plena nectare non mero 1:22Tormenta mentis tuæ 0:27Vivat in pace 3:50Sic in Pace inter hostes 0:46Umbræ caræ 5:58Quæ fortunata es tu 1:59Non ita reducem 3:27Jam pergo, postes claudo 0:24Summe Astrorum Creator 1:14In somno profundo 5:13Impii, indigni tiranni 0:44Abra, accipe munus 0:36Si fulgida per te 4:09Jam non procul ab axe 1:24Armatæ face 3:03Quam insolita luce 1:14Gaude felix Bethulia 3:44Ita decreto æterno 1:06Salve invicta Juditha 1:5628

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