Antonio Pisano

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“Congedo di san Giorgio dalla Principessa” “Medaglione di Leonello d’Este” “La Visione di Sant’Eustachio” Vita e opere di Antonio Pisano detto “Pisanello”

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Ghirardello Danilo- Pavanello AndreaIII°E2006/2007

Transcript of Antonio Pisano

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“Congedo di san Giorgio

dalla Principessa”

“Medaglione di

Leonello d’Este”

“La Visione diSant’Eustachio”

Vita e opere di Antonio Pisano detto“Pisanello”

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Antonio Pisano, detto il Pisanello, fu pittore e medaglista insigne, figlio di Puccio da Pisa, drappiere, e di Isabetta di Nicolò veronese. Nacque a S. Vigilio e, artista assai dotato, fu il genio della pittura veronese del '400. Figura se vogliamo, anacronistica, in quanto si trovò ad operare in un periodo in cui all’arte avevano impresso una svolta radicale gli artisti fiorentini che inventarono il rinascimento. Pisanello, invece, memore della sua formazione basata sull’arte di Gentile da Fabriano e di Michelino da Besozzo, non si allontanò mai dallo stile tardo gotico.

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Ma il fervore di riscoperta dell’antico, comune alla cultura italiana del tempo e non solo in campo artistico, lo coinvolse soprattutto nella sua attività di medaglista. Rifacendosi alla medaglistica romana, Pisanello fu l’artista che introdusse in Italia, nel Quattrocento la moda del ritratto di profilo. Questa tipologia di ritratto fu infatti denominata «all’italiana», per distinguerla dal ritratto fiammingo nel quale il volto era invece rappresentato a tre quarti.

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La medaglia segue la tipologia del ritratto di Leonello eseguito da Pisanello tre anni prima e oggi conservato all’Accademia Carrara di Bergamo e mostra il profilo del principe con la folta capigliatura. Sul recto appare il profilo di Leonello volto verso destra, entro l’iscrizione «LEONELLVS MARCHIO ESTENSIS», le cui parole sono intervallate da rami di ginepro. Sul verso appare il volto tricipite di un fanciullo, ai cui lati, appesi a dei rami di ginepro, appaiono i ginocchielli di un’armatura. La medaglia è stata datata tra il 1441 e il 1443. Il volto tricipite ha avuto molteplici letture, ma la maggior parte degli studiosi vi riconosce l’immagine della Prudenza, che divenne l’emblema di Leonello dal 1435

MEDAGLIA DI LEONELLO D’ESTE

1441-1443bronzo, fusione; diametro mm. 65 Washington, National Gallery of Art, coll. Kress

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Pittore cortese che incarna l'ideale estetico e spirituale della sua epoca, il Pisanello viene chiamato in tutte le corti dei signori dell'epoca. Lo si trova a Mantova, a Roma (e, di passaggio, a Firenze), a Ferrara, a Napoli, ecc. Tra il 1424 e il 1426, nella chiesa di San Fermo Maggiore a Verona, dipinge l'affresco dell' Annunciazione per il monumento funebre della cappella Brenzoni. Se la scelta del modello richiama Gentile da Fabriano, il tratto è quello di Stefano da Zevio; ma, più audace e più deciso, esso si sviluppa con uno sfoggio di virtuosismo nelle strutture leggere e aeree, ornate di rami fioriti. Alla stessa epoca risalgono gli affreschi eseguiti per il palazzo dei Gonzaga a Mantova e per il castello di Pavia.

Annunciazione

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PISANELLO A MANTOVA

Il ciclo di affreschi commissionati a Pisanello da Ludovico Gongaza intorno al 1440 merita un posto di rispetto. Per prima cosa, il lavoro è rimasto incompiuto. Poi è andato parzialmente, se non sostanzialmente, distrutto: il cedimento delle travi del soffitto, quindi robuste picconate e mani di calce, e una completa ristrutturazione della Sala, fino a mandarlo - letteralmente - in soffitta. Dimenticato e cancellato. Infine, il ritrovamento casuale se non “miracoloso” e abbastanza recente degli anni Sessanta del secolo scorso, e il faticoso ma proficuo recupero.

Cosa insolita per l’epoca, la sala non aveva un nome (ad esempio, “dei cavalieri della tavolo rotonda” o “di Lancillotto”), ma veniva chiamata “sala del Pisanello” - come per riconoscere grande importanza all’artista, o per lasciargli tutta intera la responsabilità

di quanto raccontava.

Visione d'insieme degli affreschi mantovani, con al centro la Battaglia.

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I frammenti di affresco rimasti e restaurati hanno bisogno di pochi commenti, per la compattezza d’azione della scena raffigurata, la visuale spericolata e i particolari curati.

Celebrava l’eroismo dei cavalieri, ma a modo suo: ne faceva vedere anche i cadaveri scomposti e le minacciate decapitazioni. La scena è di grande violenza

Ciclo cavallesesco arturiano: La Battaglia; guerriero morto riverso a terra, particolare dell'affresco.

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Ciclo cavallesesco arturiano: cavaliere

Ciclo cavallesesco arturiano: cavaliere in atto di uccidere un guerriero inginocchiato

Ciclo cavallesesco arturiano: La Battaglia; guerriero trafitto inginocchiato, particolare dell'affresco.

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Nel 1431-32, l'artista è a Roma, dove termina gli affreschi iniziati da Gentile da Fabriano in San Giovanni in Laterano, raffiguranti le Storie del Battista; anche questi ultimi sono stati distrutti nel Seicento e ne resta soltanto una riproduzione eseguita da Borromini. Due delle scene dipinte da Gentile sono inoltre note da due disegni di Pisanello, la Cattura del Battista (Londra, British Museum) e il Battesimo di Cristo (Parigi, Louvre), mentre il foglio con la Decollazione del Battista è probabilmente preparatorio a una delle scene interamente ideate e condotte dal pittore veronese.

Studio per la Decollazione del Battista1431-1432inchiostro a penna su pergamena; 27 x 19 Parigi, Louvre

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Nel 1432, alla morte di Gentile da Fabriano, il Pisanello eredita la sua bottega. È soprattutto nei ritratti e nei disegni che l'artista riesce a liberarsi dai vincoli gotici. Gli schizzi magistrali che raffigurano i personaggi del seguito dell'imperatore Sigismondo ( Dignitari imperiali ) anticipano certamente la creazione della sua opera maggiore: l'affresco della Partenza di san Giorgio, eseguito nel 1437-38 per la cappella Pellegrini della chiesa di Santa Anastasia a Verona.

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Congedo di san Giorgio dalla Principessa

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Descrizione del “Congedo di san Giorgio dalla principessa”

Pisanello ha una cultura figurativa composita, nel quale entrano anche suggestioni del primo rinascimento. Ma sono solo suggestioni, non la reale comprensione dell’effettivo meccanismo della visione ottica umana, che portava gli artisti fiorentini a percorrere la strada della prospettiva. Per cui la ricerca di profondità nell’immagine viene condotta più su intuizioni ed espedienti, che non su una reale applicazione matematica della prospettiva.In questi affreschi di Verona, rispetto ad altre sue opere, l’illusione spaziale appare comunque più convincente. La distanza tra il piano iniziale e lo sfondo appare visivamente corretto, con una linea di orizzonte che unifica correttamente i punti di vista utilizzati per le varie parti dell’affresco. La città sullo sfondo presenta una serie di edifici tutti collocati nella stessa direzione, così da presentare alla vista sempre due facce: un piccolo espediente per dare l’illusione di una costruzione prospettica che in realtà non c’è. In effetti, i singoli elementi che costituiscono l’immagine rimangono sostanzialmente autonomi l’uno dall’altro.

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Particolare del quadro “Congedo di san Giorgio dalla Principessa”

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Descrizione del particolare

Da notare il virtuosismo con il quale Pisanello rappresenta i due cavalli sulla destra: uno in posizione del tutto frontale, l’altro visto solo di dietro. È sicuramente questa la prima volta che in un dipinto appare il posteriore di un cavallo (questo particolare sarà copiato un paio di anni dopo da Domenico Veneziano nella «Adorazione dei Magi» oggi a Berlino), ma anche l’altro cavallo visto di fronte è, in un certo qual senso, una novità. Fino ad ora i cavalli erano stati rappresentati sempre di profilo che è di certo l’angolazione più semplice per rappresentare questo animale.Tra i due cavalli vi è la principessa, ritratta in posizione di profilo netto. È questo infatti il tipo di ritratto introdotto da Pisanello e utilizzato da tutti i pittori italiani nel XV secolo, indipendentemente dallo stile praticato. L’estrema levigatezza del volto della principessa, nonché la perfetta geometria della testa, sembrano anticipare tratti stilistici che ritroviamo in Piero della Francesca, a dimostrare quasi una continuità di esperienze nell’arte italiana del Quattrocento, che travalica il confine di una netta suddivisione stilistica tra artisti tardo gotici e del primo rinascimento.

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Continua da diapositiva precedente

Ma il quadro di Pisanello è un’autentica fiaba: l’armonia delle varie tonalità di verdi e di bruni creano un’immagine che già nell’impasto cromatico è di grande suggestione. In questo piccolo angolo di paesaggio vi sono in realtà tanti piccoli quadri che devono essere guardati separatamente: ogni animale ha il suo piccolo microcosmo, nel quale si percepisce un’armonia tra mondo animale e vegetale di intensa poesia.

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Sempre più legato alla corte dei Gonzaga di Mantova, il Pisanello si dedica all'attività di ritrattista mondano, eseguendo, oltre a un Ritratto dell'imperatore Sigismondo (Kunsthistorisches Museum, Vienna) di attribuzione controversa, il Ritratto di Lionello d'Este (Accademia Carrara, Bergamo), in gara con Jacopo Bellini, e il Ritratto di Margherita Gonzaga (1435 c.ca, Museo del Louvre, Parigi), che richiamano l'estetica della medaglia

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I personaggi sono rappresentati di profilo, con il contorno grafico che determina le grandi masse del modellato e anche l'equilibrio degli spazi che costituiscono lo sfondo. Al gioco lineare caratteristico dello stile cortese si aggiungono una forza morale e una densità nuove.

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Nel 1438-39, il Pisanello, allontanato da Verona per essersi schierato con i Gonzaga contro Venezia, crea, forse sotto gli influssi di Ghiberti, la prima medaglia del Rinascimento, quella di Giovanni VIII Paleologo, seguita da numerose altre; in particolare, ricordiamo quelle di Gian Francesco Gonzaga (1439), Filippo Maria Visconti (1440), Niccolò Piccinino (1441), Lionello d'Este (1442 c.ca-49), Sigismondo Novello Malatesta (1445), Vittorino da Feltre (1446), Ludovico e Cecilia Gonzaga (1447-48), Inigo d'e Alfonso d'Aragona (1448-49). Attraverso composizioni equilibrate e un impiego estremamente libero del metallo, egli tende a rivelare i tratti psicologici dei suoi modelli, benché idealizzati, mentre dà libero corso alla fantasia nelle allegorie del rovescio.

Medaglia di Cecilia Gonzaga

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Eseguita da Pisanello nel 1449, nel periodo del suo soggiorno alla corte aragonese di Napoli, la medaglia ritrae il re di Napoli e di Sicilia Alfonso V d’Aragona, per la quale è conservato un disegno preparatorio dello stesso anno, al Louvre. L’effigiato è ritratto di profilo, con indosso una giubba bordata di pelliccia, al di sopra della corona. Sul rovescio appare, su un fondo roccioso, un giovane cacciatore seminudo che attacca un grosso cinghiale, assalito alle orecchie da due cani, dei quali uno è ben visibile in primo piano, mentre del secondo si scorge unicamente la coda, che spunta dietro al cinghiale. In alto appare la scritta «VENATOR/INTREPIDUS», che allude non solo all’amore di Alfonso per la caccia, ma anche all’indole coraggiosa del suo animo.

Medaglia di Alfonso V d’Aragona1449

bronzo, fusione; diametro 10,6

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Nel 1440, è documentata la presenza dell'artista a Milano; alcuni critici ritengono che possano essere attribuiti a lui gli affreschi dei Giuochi, in casa Borromeo. Nel 1448, egli è a Napoli, e da questo momento esistono soltanto indicazioni piuttosto incerte sulle sue vicende. Una delle ultime opere è certamente la Madonna con i santi Antonio abate e Giorgio (National Gallery, Londra), risalente al 1447-48.

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Pisanello non è soltanto un pittore cortese, un grande ritrattista e uno dei maggiori medaglisti del Quattrocento italiano; è soprattutto un osservatore della natura, che egli rappresenta nei suoi disegni (in particolare raffiguranti animali) con un'incomparabile delicatezza espressiva. Uomo capace di anticipare i futuri sviluppi artistici, egli si stacca dal formalismo decorativo e dalla magniloquenza della tarda arte gotica attraverso un sentimento lirico e poetico, una forza esoterica e una profonda vita interiore che lo avvicinano agli umanisti del Rinascimento.

Cicogna1430-1440?penna, matita nera, acquerello su carta bianca; 18,6 x 20,9 Parigi, Musée du Louvre

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L’opera la Visione di Sant’Eustachio (1435-1440 circa) offre a Pisanello l’occasione di impiegare tutte le sue straordinarie capacità di pittore del mondo naturale. Tra tutte le sue opere, infatti, la tavola di Londra è quella per la quale sono conservati il maggior numero di disegni preparatori, che ritraggono dal vero soprattutto i numerosi animali.

Levriero

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Visione di sant’ Eustachio

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Descrizione della “Visione di sant’ Eustachio”

Sant’Eustachio era un cavaliere dell’esercito romano di nome Placido. Durante una caccia, fu attirato da un cervo al quale apparve con un crocefisso tra le corna. La miracolosa apparizione fu accompagnata dalla voce di Cristo che gli disse di essergli apparso per salvarlo. Placido si convertì e assunse il nome di Eustachio.Questa storia, riferita da Jacopo da Varazze nella sua «Legenda aurea» (una raccolta di vite di santi scritta nel XIII secolo) era molto popolare ai tempi, e fu il soggetto scelto da Pisanello per questa tavola. Come era abitudine del tempo, la vicenda viene attualizzata nell’immagine: il soldato romano diviene in questo quadro un nobile signore del XV secolo. Il suo vestito, l’acconciatura del cavallo, ma anche l’ambientazione, ci illustrano in realtà quella che doveva essere una battuta di caccia dei tempi contemporanei.Al quadro manca una unitarietà di costruzione prospettica: i vari particolari si sommano senza riuscire realmente ad amalgamarsi. L’effetto più straniante di tutti è che il pittore rappresenta tutte le figure (Sant’Eustachio a cavallo, il cervo, i cani e tutti gli altri animali) nettamente di profilo. Ciò presuppone un punto di vista basso. Il paesaggio in cui sono inserite le figure ha invece un punto di vista molto alto: è una vista nettamente dall’alto in giù, tanto che nella parte superiore del quadro, al posto dell’orizzonte, troviamo un laghetto sul quale galleggiano dei cigni. Questo è un particolare comune a tutti i pittori tardo gotici, fiamminghi e nordici in genere, che cercano di applicare la prospettiva senza averla compresa del tutto: in pratica è come se usassero, sempre, due punti di vista: uno basso per le figure, uno nettamente più alto per lo spazio nel quale le figure si inseriscono. Ciò crea delle ambiguità visive con effetti molto singolari e in apparenza decisamente irrazionali.