Antonio Izzo Presidente diocesano di AC 1 I Laici e la ricerca del regno nelle realtà temporali.

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I Laici e la ricerca del regno nelle realtà temporali

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Una legge fondamentale della vita cristiana: essere docili allo Spirito Santo (Rm 8,14)

Contesto del passo di Paolo il cap. 8 di Rm dove ricorre spesso il termine carne (sarx) da intendere come espressione dell’Io dell’uomo l’Io umano privo della forza vivificante della grazia cioè dello Spirito Santo.

“Quanti sono mossi dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio”

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Il testo paolino mette in evidenza due possibilità:

►Obbedire al nostro Io il cui frutto ultimo si riassume, secondo Paolo, nella morte;

►Seguire lo Spirito: in questo senso il frutto dello Spirito è vita e pace. Tutto ciò supera noi stessi e investe la creazione in cui Dio ci ha posti come suoi “vicari” (cfr. Preghiera eucaristica IV).

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Nella nostra vita quotidiana siamo sottoposti continuamente alla scelta se seguire il nostro Io o seguire lo Spirito (tentazione adamica). E’ in questa scelta il problema di fondo della nostra vita: fare da soli o accettare la guida dello Spirito Santo.

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Le condizioni per essere docili allo Spirito e per vivere secondo lo Spirito sono:

►opzione fondamentale: scegliere Cristo in modo che investe l’essere alla radice; è la scelta che prende l’essere nella sua totalità.

Il lasciarsi guidare dallo Spirito non è l’atto di chi non sa fare da solo; è il modo di conseguire la propria statura piena in Cristo (Ef 4,13).

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►L’ascolto della Parola di Dio: essa a ciascuno suggerisce un modo personale per realizzare la volontà di Dio. Per questo, come non ci sono due uomini uguali, non ci sono due santi identici. Ma non si dà ascolto della Parola di Dio senza la condizione per ascoltare: il silenzio. Se si tace lo Spirito parla; se si continua a parlare lo Spirito tace.

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►La preghiera che domanda a Dio: una preghiera che nasce dal silenzio con la quale chiedere a Dio la forza di fare quello che lo Spirito domanda.

►La mortificazione dell’Io: ciò non nel senso di perdere la propria personalità, ma mortificazione di ciò che Giovanni chiama le concupiscenze dell’Io che desidera possedere, avere, godere e piacere e desiderare innalzarsi orgogliosi sopra gli altri (Gv 2,15-16)

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►Praticare le grandi virtù evangeliche: l’umiltà, la purezza, la povertà. L’umiltà consiste nel togliere all’Io il gusto di poter fare a meno di Dio per dargli il gusto di essere nelle mani di Dio. In un mondo dominato dal tripudio della carne, non è facile percepire il significato di una carne guidata dallo Spirito. Oggi il mondo ha bisogno di comprendere che cos’è l’amore vero (purezza/castità). La povertà significa non fare dio della propria vita il possedere, l’avere, fino a diventarne schiavi.

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Purtroppo nella coscienza cristiana si è diffusa la mentalità di separare l’unione con Dio dall’ impegno secolare, anziché distinguerli per ordinarli l’uno all’altro in unità. Ciò ha prodotto “un’esistenza cristiana che non sta nel’ora storica e, dall’altro, un mondo abbandonato dai cristiani” (Guardini)

IMPEGNO PER LA “POLIS”

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Il laico cristiano realizza la propria vocazione alla santità mettendo a frutto la doppia fedeltà:

►fedeltà al battesimo

►fedeltà all’indole secolare che è propria del laico

DOPPIA FEDELTA’

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La prospettiva del’unità si traduce in tre atteggiamenti:

■ credere, sapere, gustare che il nostro impegno secolare va fatto perché Dio lo vuole

■ credere, sapere, gustare, che il nostro impegno secolare va fatto come Dio lo vuole

■ credere, sapere, gustare, che il nostro impegno secolare va fatto per amore di Dio

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Il fondamento teologico • di tipo biblico: Gn 1,1-2,4a

Il compito è affidato nei riguardi della continuità della specie umana, e nei riguardi di tutto il creato e cioè della terra, degli animali e dei vegetali in essa viventi, con le parole “soggiogate” e “dominate” in veste di “coltivare” e “custode”. L’uomo deve portare a sviluppo tutte le potenzialità poste nel cosmo dalla potenza creatrice di Dio Padre

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Il fondamento teologico • di tipo magisteriale LG, 31

Il testo appare come la traduzione in termini moderni del testo biblico ed appare come un’esplicita affermazione che ai laici compete, per “divina vocazione”, il compito affidato dal Creatore all’umanità con la capacità e il dovere di realizzarlo secondo il progetto divino

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Il fondamento teologico

• di tipo liturgico IV Preghiera eucaristica

dove si afferma che i laici cristiani, in quanto uomini, sono chiamati a impegnarsi a servizio dell’uomo e in unione con tutti gli uomini per costruire la città terrena dell’uomo che faciliti la crescita di tutto l’uomo, di tutti gli uomini

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L’espressione non significa che esse non dipendono da Dio. Vuol dire che una volta poste in essere dall’atto creatore e secondo le leggi in esse poste da quell’atto creatore, in forza di esse sussistono. Scoprirle e ordinarle a servizio dell’uomo significa cogliere il loro linguaggio e rendere omaggio a Dio.

“Autonomia delle realtà terrene”

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Quello che appare nella pluralità delle culture nella quale viviamo è che le varie formazioni politiche operanti nel nostro territorio orientano la loro azione ad antropologie diverse: individualista, personalista, collettivista, radicalista… accomunate tutte da uno spiccato pragmatismo.

“Per quale uomo?”

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I costruttori non possono che essere i cittadini, tutti i cittadini, con i compiti più svariati con l’obiettivo di perseguire il bene comune che è dire il bene non di questo o quel cittadino, di questo o quel gruppo sociale, ma bene compatibile con il bene delle altre persone e degli altri gruppi. Ad aiutare i cittadini nel farsi questa illuminata coscienza dovrebbero operare nella società tutti i soggetti che hanno finalità educativa e formativa.

“Chi partecipa alla costruzione?”

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In senso positivo il termine mondo esprime la realtà creata con tutte le sue positività, ambiguità e negatività. E’ il senso che il termine ha nella prospettiva della creazione: “Dio vide tutte le cose che aveva fatto ed esse erano assai buone” (Gn1,31). Tutte le cose create non sono soltanto i mezzi con i quali l’uomo puo’ raggiungere il suo fine ultimo, ma hanno un valore proprio, sia considerate in se stesse, che come parte di tutto l’ordine temporale.

“Il mondo è il luogo teologico della santificazione dei laici (Paolo VI)”

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Un secondo significato del termine mondo è quello che il termine ha assunto storicamente caricandosi di negatività in forza del peccato originale e della visione distorta con il mondo e secondo la quale lo usa e tende a ordinarlo.

“Il mondo è il luogo teologico della santificazione dei laici (Paolo VI)”

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La compresenza dei due sensi del termine è quella che permette di cogliere in profondità il significato del ruolo del laico cristiano nel mondo e di evitare due rischi:

• la fuga dal mondo

• la mondanizzazione

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Non pensino però i fedeli laici che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che ad ogni problema che sorge essi possono avere pronta una soluzione concreta o che proprio questo li chiami la loro missione… assumono invece essi la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione alla dottrina del magistero” (GS, 43)

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Però non è sufficiente la sola conoscenza bisogna anche agire sulla creazione. Ci si riferisce a quel processo di trasformazione del mondo che ogni generazione umana ha realizzato nel corso della storia e nelle varie civiltà, mettendo a frutto i risultati delle sue conoscenze. Un processo che deve essere rispettoso del disegno di creazione ed essere al servizio della promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo.

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richiede: • competenza: essa si acquista con l’impegno

dell’intelligenza. La costruzione della città dell’uomo ha bisogno di competenze che la comunità ecclesiale non può dare, ma essa dovrebbe esortare i suoi membri ad acquisirle nelle dovute sedi sentendolo come un dovere e un servizio

• La collaborazione con quanti lavorano alla costruzione della città dell’uomo (GS,43; AA,7; UR,12; LG,15). Il fine della collaborazione è cercare insieme, cristiani e no, la maggiore pienezza possibile di ogni valore umano

“Il comando di“assoggettare la terra”

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Aprire con quanti collaborano alla costruzione un dialogo fatto di rispetto, di sincerità, senza perdita di identità, guidati da vera prudenza, in vista di trovare il bene comune rispondente alle esigenze del cittadino di quella città, in quel momento, e le vie migliori per attuarlo. Questo è un dovere per ogni fedele laico (GS,75 e 92).

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Di questo tipo di collaborazione fu esempio G. La Pira il quale guidato dalla virtù cristiana della prudenza tendeva a scegliere il mezzo atto al raggiungimento del fine e, dunque la misura di un discorso volto a trovare insieme con rappresentanti di “diverse” e “opposte” culture il punto comune necessario a fondare la nuova città dell’uomo a misura d’uomo.