Antonio e Dolabella, i due uomini peggiori della storia · uomini peggiori della storia...

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© Mondadori Education 1 Cicerone Antonio e Dolabella, i due uomini peggiori della storia (Filippiche, 11,1-3) L’undicesima Filippica, pronunciata all’inizio del 43, costituisce un violento attacco ad Antonio e Dolabella, subito definiti da Cicerone addirittura i due uomini peggiori da quando esiste l’uma- nità. L’Arpinate esorta il senato ad agire con tempestività contro le macchinazioni di costoro, che rappresentano un pericolo eccezionale per Roma. [1] Magno in dolore, patres conscripti, vel maerore potius quem ex crudeli et miserabili morte C. Treboni 1 , optimi civis moderatissimique hominis, accepimus, inest tamen aliquid quod rei publicae profuturum putem. Perspeximus enim quanta in eis qui contra patriam scelerata arma ceperunt inesset immanitas 2 . Nam duo haec capita nata sunt post homines natos taeterrima et spurcissima, Dolabella et Antonius: quorum alter effecit quod optarat, de altero patefactum est quid cogitaret. 1. Uno dei cesaricidi, a sua volta ucciso in Asia da Dolabella. 2. Cicerone si riferisce ad Antonio e Dolabella che, dopo la morte di Cesare, cercavano di organizzarsi per imporre il proprio potere. [1] Senatori, nel grande dolore o, per meglio dire, desolazione che ci ha colpiti per la crudele e miseranda fine di Gaio Trebonio 1 , ottimo cittadino e uomo pieno di equilibrio, c’è pure qualcosa che, a mio avviso, sarà utile allo stato; che abbiamo conosciuto ben bene fino a che punto di ferocia possono giungere coloro che hanno scelleratamente preso le armi contro la patria 2 . Da quando esiste l’uomo, i due esseri più mostruosi e immondi che hanno visto la luce sono Dolabella e Antonio, dei quali il primo ha ormai realizzato il suo desiderio, del secondo si sono svelati i propositi. Cinna era

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Antonio e Dolabella, i due uomini peggiori della storia (Filippiche, 11,1-3)

L’undicesima Filippica, pronunciata all’inizio del 43, costituisce un violento attacco ad Antonio e Dolabella, subito definiti da Cicerone addirittura i due uomini peggiori da quando esiste l’uma-nità. L’Arpinate esorta il senato ad agire con tempestività contro le macchinazioni di costoro, che rappresentano un pericolo eccezionale per Roma.

[1] Magno in dolore, patres conscripti, vel maerore potius quem ex crudeli et miserabili morte C. Treboni1, optimi civis moderatissimique hominis, accepimus, inest tamen aliquid quod rei publicae profuturum putem. Perspeximus enim quanta in eis qui contra patriam scelerata arma ceperunt inesset immanitas2. Nam duo haec capita nata sunt post homines natos taeterrima et spurcissima, Dolabella et Antonius: quorum alter effecit quod optarat, de altero patefactum est quid cogitaret.

1. Uno dei cesaricidi, a sua volta ucciso in Asia da Dolabella.2. Cicerone si riferisce ad Antonio e Dolabella che, dopo la morte di Cesare, cercavano di organizzarsi per imporre il proprio potere.

[1] Senatori, nel grande dolore o, per meglio dire, desolazione che ci ha colpiti per la crudele e miseranda fine di Gaio Trebonio1, ottimo cittadino e uomo pieno di equilibrio, c’è pure qualcosa che, a mio avviso, sarà utile allo stato; che abbiamo conosciuto ben bene fino a che punto di ferocia possono giungere coloro che hanno scelleratamente preso le armi contro la patria2. Da quando esiste l’uomo, i due esseri più mostruosi e immondi che hanno visto la luce sono Dolabella e Antonio, dei quali il primo ha ormai realizzato il suo desiderio, del secondo si sono svelati i propositi. Cinna era

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Antonio e Dolabella, i due uomini peggiori della storiaCicerone

L. Cinna crudelis, C. Marius in iracundia perseverans, L. Sulla vehemens3; neque ullius horum in ulciscendo acerbitas progressa ultra mortem est; quae tamen poena in civis nimis crudelis putabatur. [2] Ecce tibi geminum in scelere par, invisitatum, inauditum, ferum, barbarum. Itaque quorum summum quondam inter ipsos odium bellumque meministis, eosdem postea singulari inter se consensu et amore devinxit improbissimae naturae et turpissimae vitae similitudo4. Ergo id quod fecit Dolabella in quo potuit, multis idem minatur Antonius. Sed ille cum procul esset a consulibus exercitibusque nostris neque dum senatum cum populo Romano conspirasse sensisset, fretus Antoni copiis ea scelera suscepit quae Romae iam suscepta arbitrabatur a socio furoris sui. [3] Quid ergo hunc aliud moliri, quid optare censetis aut quam omnino causam esse belli? Omnis, qui libere de re publica sensimus, qui dignas nobis sententias diximus, qui populum Romanum liberum esse voluimus, statuit ille quidem non inimicos, sed hostis; maiora tamen in nos quam in hostem supplicia meditatur: mortem naturae poenam putat esse, iracundiae tormenta atque cruciatum. Qualis igitur hostis habendus est is a quo victore, si cruciatus absit, mors

3. I personaggi nominati erano stati tutti protagonisti della guerra civile dell’inizio del secolo: Cinna, conso-le nell’87 a.C., dopo essere stato de-stituito ed espulso dal collega Gneo Ottavio, di parte sillana, riuscì, con

l’aiuto di Mario, a rientrare in città alla guida di un esercito. Fu l’inizio delle proscrizioni contro i silla-ni, che tornarono a Roma nell’82, quando Silla marciò vittoriosamen-te sulla capitale e rimase al potere

fino al 79 (anno in cui si dimise dal-la carica di dittatore per ritirarsi a vita privata). 4. Sui rapporti fra Antonio e Dola-bella si veda la Guida alla lettura.

crudele, Mario ostinato nella collera, Silla violento3; ma se pure si vendicavano con accanimento, nessuno di essi si spinse mai con la sua crudeltà al di là della morte: la quale anzi era pure considerata una pena troppo crudele ai danni dei propri concittadini. [2] Ed eccoti adesso una coppia uguale in scelleratezza, mai vista né sentita prima, feroce, barbara. E così, mentre prima – lo ricordate bene – si odiavano e si combattevano accanitamente, in seguito, simili come sono per straordinaria malvagità di natura e turpitudine di vita, si sentirono stretti reciprocamente da un accordo e un affetto senza pari4. È dunque la stessa sorte che Dolabella ha fatto subire a chi gli è riuscito, che Antonio minaccia a molti altri. Il primo però si trovava lontano dai consoli o dai nostri eserciti e non era ancora consapevole della stretta intesa tra senato e popolo romano; così, tutto fiducioso nelle forze di Antonio, ha commesso delle scelleratezze da lui ritenute già compiute a Roma dal compagno della sua follia. [3] Cos’altro macchina, a vostro avviso, il secondo? cos’altro desidera? qual è insomma la causa della guerra? Noi che abbiamo improntato a libertà la nostra attività politica, che abbiamo manifestato opinioni degne di noi, che abbiamo voluta la libertà del popolo romano, da lui siamo stati posti tutti non già tra gli avversari, ma tra i nemici; anzi, macchina contro di noi dei supplizi più gravi che non contro un nemico: per lui la morte è la punizione inflitta dalla natura; dalla collera sono inflitte invece torture strazianti! Che specie di nemico bisogna dunque ritenere uno che, una volta vincitore, ci farebbe considerare la morte un vero e proprio beneficio, qualora

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Antonio e Dolabella, i due uomini peggiori della storiaCicerone

in benefici parte numeretur? Quam ob rem, patres conscripti, quamquam hortatore non egetis – ipsi enim vestra sponte exarsistis ad libertatis recuperandae cupiditatem – tamen eo maiore animo studioque libertatem defendite quo maiora proposita victis supplicia servitutis videtis.

non fosse accompagnata dallo strazio delle torture? Di conseguenza, senatori, per quanto non abbiate bisogno di uno che vi esorti – ché da soli e spontaneamente vi siete sentiti bruciare dal desiderio di riconquistare la libertà –, difendete tuttavia la libertà con un coraggio e un ardore tanto maggiori, quanto maggiori sono, come vedete, gli strazi che la schiavitù riserva ai vinti.

(trad. di G. Bellardi)

Guida alla lettura

ContEstoAntonio e Dolabella La situazione politica dopo la morte di Cesare è molto complessa: nonostante i favori che i cesaricidi riscos-sero presso i conservatori come Cicerone, Antonio riuscì, facendo leva sul popolo, a creare un clima ostile ai congiurati, che ben presto sarebbero dovuti fuggire da Roma. In queste confuse circostanze, Antonio tentò di ritagliarsi il ruolo di erede politico di Cesare (era peraltro entrato in possesso delle sue carte, che usava – probabilmente manipo-landole – per imporre provvedimenti di pro-prio interesse), del quale riuscì a far conva-lidare gli atti dal senato. In seguito a questa decisione, come era stato stabilito prima della morte del dittatore, furono confermati i mandati per le diverse province anche ai congiurati. Publio Cornelio Dolabella (ge-nero di Cicerone e inizialmente sostenitore dei cesaricidi contro i cesariani) fu insieme ad Antonio (che era stato invece uno dei più stretti collaboratori di Cesare) console per il 44, divenendone alleato. Per l’anno seguen-te, il primo fu quindi nominato governatore

della siria e il secondo avrebbe invece dovu-to prendere la via della Macedonia, dove si stavano radunando le truppe in vista della spedizione contro i Parti (già progettata da Cesare per rimediare alla precedente scon-fitta di Crasso).Il caso di Gaio Trebonio Gaio trebonio, che era stato tra i partecipanti alla congiura, partì invece per la provincia d’Asia, della quale era stato nominato proconsole; lì venne però uc-ciso nel 43 proprio da Dolabella, che si recava in siria e che, a causa di questo atto, fu dichia-rato hostis, cioè nemico pubblico, dal senato. si aprì a quel punto la discussione sull’uomo a cui affidare la conduzione della guerra in oriente contro Dolabella: con l’undicesima Filippica (marzo del 43), che si inserisce ap-punto in questo specifico contesto, Cicerone propone Cassio (nel frattempo nominato pro-console della siria) per questa missione, con lo scopo di creare un forte sostegno politico-militare intorno ai cesaricidi (anche Bruto si trovava del resto in quel settore dell’impero, dove aveva preso il controllo di Illiria, Mace-donia e Grecia).