Antologia Poetica · Sferragliando il tuo treno s’è fermato a riposare in tutte le stazioni ......

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Fondazione Culturale e di Interventi Sociali del Gargano

Viale Miramare, 4 - 71043 MANFREDONIA (FG)

Antologia Poetica

2010

Sezione B ) Poesie Inedite

- XIX Edizione -

Pasquale BALESTRIERE - Barano d’Ischia (NA)

MEMORIE D’ ULISSE

E giaccio qui sul cuore di Penelope

alla tardiva fiaccola che brucia

l’ultimo buio della notte. Stanca

è però questa donna della tela. La trama della vita anch’io ripongo

e ancora il tempo misuro tra luna

e luna, nel ricordo di violenti schiaffi d’onda sul ben contesto guscio

che sbanda e salta e affonda con sussulti

di cuori e tenui speranze d’approdi.

Ah, pianure di Troia, dove in neri

grumi s’estinse tanto chiaro sangue,

dove i migliori compagni lasciarono

la vita, sciolte membra, per la via

maestra! Torti e canuti sentieri

a me il fato prescrisse, senza gloria.

(Ogni viaggio è compiuto. Sei venuto

a capo d’ogni rotta, i tanti sfagli

di cuore dominati dai ricordi. Le stelle non ammiccano, banali.)

Ci sono storie di navigli, presi

dalla terra e domati dai bardotti,

venule di città, invasi un tempo

da grida di fatica, ora dismessi,

d’alzaie spenti e vedovi. Neppure

in quelli c’è più respiro di vento.

E’ tempo d’acquietarsi nella sera.

Pasquale BALESTRIERE - Barano d’Ischia (NA)

IL TRENO

Che strano viaggio finora hai vissuto!

Sferragliando il tuo treno s’è fermato

a riposare in tutte le stazioni

e ad imbarcare storie e volti lieti

o tristi, brevi e precari compagni.

Dai finestrini irruppero le albe,

si spensero i tramonti e si distese

ampia la notte con l’irrequietezza

del compito non svolto, dei doveri

talvolta trascurati. O con la pace

dell’opera compiuta. Prati verdi

e tersi cieli ognora ci ridiede d’un nuovo giorno il sole. E per affetti

ruzzò lo sfaglio ilare del cuore:

la breve eternità, la piena gioia

in petto dilagante, spesso rotta

alla fermata seguente, con piega

di dolore.

Così ancora e ancora

figure incerte affollano carrozze,

il treno sempre in corsa, col levante

già da tempo alle spalle. Controvoglia

qualcuno scende, volto ad occidente.

Anche tu, donna, un giorno sei salita,

ti sei accanto a me seduta e come

soffio aulente di brezza m’hai pervaso.

Noi rimarremo saldi. Attenderemo

il nuovo sole che ci sfiori il cuore.

Giuseppe BARBA - Gallipoli (LE)

FRONTIERA

Io, che ogni sera ascolto il mare e leggo il vento,

posso dirvi che cos’è il paese mio.

Nel vento, sapete, sortilegio eterno

e padrone incontrastato della notte,

son bisbigli di amanti, sussurri di risacca,

respiri del mare e canti di sirene,

risate di Dei pettegoli e beffardi,

canzoni sguaiate di un derelitto ubriaco,

felice perché prende a calci un’ombra

e finalmente può aver l’ultima parola;

c’è l’amarezza del giovin che rincasa

e toglie la faccia allegra dello struscio,

per indossare quella, antica, della fame;

c’è il pianto eterno del pescatore triste,

eroe nolente di ballate senza tempo

su un uomo e la sua barca, sulla morte e il vento;

ci son gerani caduti dai balconi

coi sogni di mamme giovani già vecchie;

spirali di esangue fumo disperse dai camini,

forse ectoplasmi di speranze morte;

gocciolio di cenci appesi ad asciugare,

vessilli di resa nella notte scura;

promesse di chi si gioca la mia gente a dadi,

lamenti di profeti inascoltati,

le voglie di una bigotta mai sposata, sola,

che rivuole gli anni regalati a Dio;

sciacquio di remi di lampara errante,

che come zingara cadenza il suo flamenco

e invoca mesta il Cristo dei gitani….

Questo è il mio paese, dove passo i giorni

e dove riposerò nella mia Notte:

frontiera eterna fra il dolore e l’Eden,

stanco avamposto fra dannazione e sogno.

Chimere e mare son l’unica certezza.

Tutto il resto, ma proprio tutto, è vento.

Giuseppe BARBA - Gallipoli (LE)

LA VITA E IL VENTO

….e passa la vita, e in fretta se ne va,

come d’inverno un vento di maestrale….

Soffia dentro il cuore e nella mente,

portandosi gli anni e i loro incanti,

i palpiti e gli amori e i desideri,

scavando abissi di malinconie e rimpianti.

Mi restano intatti i sogni ed i ricordi

quando il maestrale infuria e grida,

quando ho bisogno di un rifugio caldo

per quel poco che ancora è la mia vita.

Quel rifugio è diventata la mia casa,

dove risveglio i ricordi e le memorie,

dove sguinzaglio i sogni, senza freni,

e la furia del vento non può entrare.

Ringrazio Dio d’avermi fatto sognatore,

di preservare i miei ricordi dall’oblio,

di non essermi ingrigito anche nel cuore, di poter concludere il mio tempo a modo mio.

Così spesso ripercorro la mia vita,

fermandomi laddove voglio io,

a riassaporare il bacio di un’amante o a parlare con chi oggi è presso Dio.

Oppure sogno di andarmene lontano,

di vivere al tempo degli eroi,

al tempo in cui l’uomo era bambino

e cantava le ballate sugli dei.

Così sconfiggo il furente urlo del maestrale,

e vivo la mia vita fino in fondo.

Sarò vecchio, ma son fanciullo dentro,

e ormai sorrido se imperversa il vento.

Giuseppe BARBA - Gallipoli (LE)

MALINCONIE

Star seduto nella notte sulle dune,

liberar tutte le fole all’aria pura.

Immaginarsi eldoradi nel maestrale,

sognare spazi immensi, l’avventura.

Lasciare il corpo, andarsene nel cielo,

volare sulle ali dei gabbiani.

Fare il Peter Pan, sfidare il vento,

arabescar la notte seguendo i cormorani.

. Sfrecciare sugli ulivi e sui canneti,

cantar con mille grilli innamorati,

inebriarsi del profumo dei roseti.

Sentire il vento che zufola alla luna,

ascoltare le ballate degli gnomi,

risvegliare le chimere ad una ad una…

…e ramazzare, al primo sole, i sogni infranti.

Ritrovarsi, come sempre, coi rimpianti.

Guardare un cane percorrer la battigia,

mostrando fiero i calci di giornata;

veder lo scarabeo affrontar la duna,

e poi cadere, e riprender la scalata.

Saper che il cane non s’illude e non rimpiange;

che non ha, lo scarabeo, malinconia.

E sorprendersi a sognar di non sognare,

perché illudersi è una sorta di agonia.

…………………………………………

Invidiare il canto roco dei gabbiani,

che non han sogni e volano….lontani.

Giuseppe BARBA - Gallipoli (LE)

QUANDO SARÀ…

Quando sarà,

che avrò lasciato il corpo per volare,

sarò in un ciuffo d’erba sulle dune,

in sembianze di sussurro di maestrale,

a volteggiare tra giunchi e tamerici,

a flautare dolci nenie di risacca,

a ritrovare i miei sogni più felici.

Cercami allora, amore,

tra gli arabeschi di un volo di gabbiano,

nello sciabordio di una paranza,

nel profumo d’incenso in una chiesa,

nelle corti incantate dell’infanzia.

Cercami ovunque, in questa terra mia,

nel tronco sofferente di un ulivo,

tra zolle riarse che grondano dolore,

tra le gocce di pioggia in un canneto,

sul muschio che sentì gridare il cuore.

Cercami nel bosco in cui sognammo:

sarò nel canto delle gazze innamorate,

fra i petali di un fiore calpestato,

su quel viottolo, ovattato di silenzio,

dov’ebbi amico un cane bastonato.

Cercami nel tuo pianto, e ci sarò:

per ogni lacrima ti darò carezze,

le tue labbra verrò a baciare; sarò un soffio, o forse sarò il vento,

cercami, amore: sarò lì… a volare.

Giuseppe BARBA - Gallipoli (LE)

SOTTO LA PIOGGIA…..

Senza guardare il volto di chi passa,

da sotto il bordo basso dell’ombrello

talvolta, quando piove, a un angolo di via,

osservo pozze dove l’acqua crea il suo mondo:

e lì, passi di gente, ognuno coi suoi guai,

e mille cerchi a fare il girotondo.

E c’è un’anima in questo microcosmo,

perché è così la vita, in fondo in fondo:

concentrici anelli che crescon fino al nulla,

ciascun con un mistero, un sogno, un pianto,

un ricordo che ormai è malinconia,

una chimera lunga il tempo d’un incanto.

Già, la vita: balletto inconcludente,

futile danza, all’interno d’una pozza,

di algidi e freddi, odiosamente uguali,

indifferenti cerchi d’acque smosse

che, pian piano, insozzano la via,

alle folate ossessionanti del libeccio

e al soffio amaro della nostalgia.

E vento e melma a me, deluso e stanco,

acuiscono il fastidio della vita,

facendomi bramare un po’ di sole

che, sulla mia strada uggiosa

di scialbe notti e troppi sogni infranti,

asciughi scarpe intrise di fanghiglia

e antiche lacrime salate di rimpianti.

Giuseppe BARBA - Gallipoli (LE)

Ricordate le madri-coraggio di Sarajevo, che venivano colpite dai cecchini e dalle bombe quando uscivano

per cercare un po’ d’acqua e di pane? Quante Sarajevo ci sono nel mondo?

SPERANZE DI UN BAMBINO DI UNA TERRA DANNATA

Tornerò a lanciare felice dardi d’avena,

tornerò a lanciare felice le spighe del loglio,

correrò ancora nei campi di trifogli,

cercherò ancora gli occhi di mia madre

fra petali di viole e di pervinche,

guarderò in alto, come i girasoli,

il cielo non più striato dai traccianti,

inseguirò ramarri tra muretti ormai diruti

dietro cui non ci sarà una canna di mitraglia,

rincorrerò farfalle fra i cardi e gli amaranti,

riprenderò fiato su un letto di muschio

cresciuto nel cratere di un’ogiva,

dormirò in pace fra il ronzio di un’ape

e il belato tranquillo di un agnello.

E sognerò un’amico perduto fra gli ulivi,

mentre rideva coi dardi d’avena fra i capelli

e con le spighe del loglio sui vestiti,

sognerò il volto eterno di mia madre

che corre a casa con un pane fra le mani, e sognerò quel pane, d’improvviso vermiglio,

rotolante nel cratere di un’ogiva.

E se tutti i bambini delle terre dannate

avranno i miei sogni e i miei ricordi,

torneremo insieme a rincorrere aquiloni,

a inseguire lucertole fra i sassi

e a scagliare frecce d’erba nel vento,

e su noi girasoli sarà azzurro

e senza nubi il cielo.

Ho vissuto in terre lontane

Mi hanno inebriato i profumi le forme i colori del verde della foresta tropicale.

Affascinata dinanzi all’albero dalle grandi stelle di natale

ho onorato la potenza di una natura che

in quella terra creava tutto a dimensioni gigantesche

fiori frutti dai profumi e sapori intensi

esuberanti dirompenti come i vulcani gli immensi laghi e le maree dell’oceano pacifico.

Ho seminato l’avocado e il banano nel mio patio

e in pochi mesi li ho assaporati.

Mi sono aggirata in lungo e in largo tra quelle genti. Ho apprezzato il loro teatro delle maschere

ho goduto della loro musica e dei loro balli.

La forza vitale che emanava da quel popolo mi ha contagiato. Poi un giorno gravida di mia figlia

le gigantesche stelle di natale il cielo immenso

i profumi di quella terra mi sono apparsi estranei.

Cartoline affascinanti per periodi di interregni.

Il mio ventre fertilizzato bramava altro

altri lidi altri cieli altri profumi.

La mia terra!

I ricordi mi hanno inondato…. Il cielo azzurro costellato di nubi bianche

le pecorelle celesti delle immaginette del “Redentore”.

I sapori e l’odore del ragù i profumi degli oleandri

le immense distese di ulivi, il profumo del mosto appena pestato.

Le ciaramelle di Natale:

dall’Appennino di casa in casa, di strada in strada i pastori scendevano ad allietare con i loro suoni il nostro inverno.

L’arte di addobbarsi e di profumarsi delle mie donne.

I colori delle nostre case quelli che ancora oggi impregnano la mia, al nord.

Il teatro dei pupi di strada. I poeti contadini.

Il Mediterraneo!

Il mare calmo azzurro verde o “color dell’uva”.

Le spiagge di sabbie fini bianche o color delle terre. Terra fertile di folgorante bellezza dolce dura

impregnata del sangue e delle poesie dei braccianti di Puglia.

La terra delle pietre dei dolmen dei menir dei trulli.

Terra di potenti energie. Terra antica come l’Africa.

La terra della tarantola del ballo di San Vito.

Ho raccolto religiosamente i sassi

ho assaporato sulla mia pelle il profumo salmastro delle acque nella baia di S. Maria del porto là dove si adagia la cattedrale di San Vito dei Normanni

meta secolare dei pellegrini d’Italia e del mediterraneo

oggi serrata.

Secolare o millenaria? La targa sul muro della chiesa racconta

da millenni la baia è luogo di devozione.

Là, ho posato la mia inquietudine e mi sono pacificata.

Anna Raffaella BELPIEDE - Torino

Immobile

Ti ho visto.

Immobile il corpo senza vita la testa fasciata, vestito sul letto, composto.

Le viscere mi salivano fino alla gola.

Il vortice. Immobilizzata anch’io. Era finita.

Il Suo strazio serrava il mio dolore,

come il marmo sul sarcofago, seppelliva ogni emozione.

Mi hanno trascinata lontano. Poi il vuoto.

Per anni la ragazzina ha portato i segni della tragedia.

Il volto affilato, duro, scialbo,

il vuoto degli occhi, la piega rigida della bocca. Il pianto non poteva sgorgare seppellito sotto le Sue urla

nel chiuso di quella stanza buia.

Lei seduta su quella poltrona a fianco della consolle che ho ereditato.

Già me le ero guadagnata!

Accoccolata dietro quella porta

ad attendere che Lei rientrasse alla vita.

In punta di piedi, silenziosa, qualche incursione, “ vattennnnn”, ricacciata sulla porta dal grido dei suoi rifiuti.

Poi un giorno finalmente sono penetrata,

accucciata ai suoi piedi, fedele, mi aveva accolta, il primo segno di ritorno alla vita.

Io, la disperata, diventavo il suo bastone.

L’Oggetto dell’Amore di Lui diventava il Mio.

Il terzo era entrato nella mia vita

e mi avrebbe accompagnato.

Aggrappata a lei per combattere l’orribile spirale

che continuamente mi risucchiava nel vuoto.

Sei sparito. Tu, lo sguardo dell’Amore sui miei occhi, mi avevi abbandonata, a nessun altro potevo concedermi.

Assumevo il Tuo Amore per Lei.

Rimosso sei stato come il dolore che non aveva potuto scorrere.

“Per fortuna non c’è, non mi avrebbe concesso la libertà” dicevo a 20 anni.

Di quale libertà parlavo?

La libertà di fuggire e rompere con il Karma genealogico?

Anna Raffaella BELPIEDE - Torino

Anna Raffaella BELPIEDE - Torino

Il Casale

Il sole è alto e caldo di primo mattino. La mia amica, rumorosa e solare mi ha svegliato.

Il Casale. La luce entra da ogni parte.

Mura colorate.

I rami di viti s'innalzano al soffitto celeste chiaro, come le porte.

I pavimenti antichi come antico è il luogo.

Il cammino ancora acceso. La mia alcova lassù al riparo.

Pochi mobili, pochi arredi.

La scritta latina in faccia alle scale dice " parva sed apta mihi"

La casa che vorrei. La casa che mi accoglie nella mia terra.

Strano modo di riavvolgere presente e passato.

Il luogo amato nella mia Terra, un casale.

A pochi chilometri da dove riposano i miei avi, dalla mia famiglia, quella d'origine.

Poi c'è lei, la mia amica, fresca, passionaria, bella.

Ieri, il lungomare di Bari. Lassù, dagli spalti dei Bastioni della città vecchia, mi è apparso in tutta la sua lussuosa bellezza.

Giornata luminosa. I gabbiani appollaiati sui sassi in fila indiana. Mare azzurro come il cielo.

Città antica, accogliente, porto di mare, porta di transito tra oriente e occidente.

Ogni pietra conserva storie antichissime, come la mia gente, la mia Terra.

Dicono la prima emersa in Italia. Terra di chianghe, di Menir, di Dolmen.

Ho dovuto emigrare, vagare per riaccogliere il ventre che avevo rifiutato.

Ora devo riprendere i compiti.

Mi aspetta un'altra giornata pesante, intensa. Il sole che inonda la stanza mi accompagna, il sole della mia terra, dei miei avi.

Emanuela BERTELLO - Roreto di Cherasco (CN)

Il lungo cammino della Vita

Ricordi un sorriso sincero

Risa di bimbi nei prati Brezza leggera d’estate.

Ricordi di tempi lontani

Piccoli ruvidi fiori

Vento di Maggio tra i pini.

Ricordi la calda mano

Confusa tra urla scemate

Pioggia funesta d’autunno.

Ricordo occhi tremanti

Schiudersi all’ombra

Neve preziosa d’inverno.

Emanuela BERTELLO - Roreto di Cherasco (CN)

Come nascono i pensieri?

Disperati viandanti

Percorrono le vie della razionalità

E formano il tempio della saggezza

Percorrono le vie della fantasia

E creano misteriosi personaggi zampillanti

Percorrono le vie del genio

E creano miscugli di soluzioni generali

Percorrono le vie del cuore

E creano nuvole di profumo

Percorrono le vie dell’amicizia

E creano catene d’acciaio

E quando tutte queste vie sono sbarrate dalla ruggine dell’ignoranza

Percorrono le vie dell’odio

E creano macchie nere di vernice indelebile

Chi vede di più ?

Soltanto chi non vede,

vede lontano

al di là di tutte le barriere:

invalicabili

gioghi mentali

che i cosiddetti

normodotati

(che brutta parola !)

edificano con la lingua,

gli sguardi, le accuse… .

così, per una strana

burla del destino,

senza inciampare,

agile si fa largo

nel sentiero

dei pregiudizi

proprio colui che

vive nelle tenebre.

Peccato,

non capiranno mai

le menti ottenebrate,

forse da troppa

luce abbacinate.

Come spiegare loro

che farà sempre

rima con amore

non sapere, della pelle,

quale sia

il colore migliore?

Alessandro BERTOLINO - Torino

Fanciulli

Il tempo dei passi leggeri

Se un cielo tracimava sopra il solco

dentro scarpe di vento noi ragazzi

dietro un volo di uccelli o nella neve

di acacie offerte a strade di silenzio.

Argilla eravamo

lucertola al sole

folaga sullo specchio di ruscello

beccando il sole frantumato in scaglie.

Sì,noi sapevamo

sommesso il rumore

che il grano faceva nascendo. Nell'erba

non visto il ramarro dall'occhio di vetro.

Volavano magre le gambe nel salto

di fosse ed oltre un segno di campana

tracciata sulla pietra con i sassi

rubati al fiume

colorati

tanti.

Noi vita abitata e di lei non sapere

null'altro che un'azzurra meraviglia

di poggi ed infinita una campagna

arresa a nubi e odori di lavanda.

Farsi ricordo adesso di quel tempo

ch'ebbe leggeri passi e in seno al pozzo

melagrane di stelle da incrinare

una notte di fionde e di ragazzi

affacciati sull'orlo ad ascoltare

il tonfo della pietra scesa al fondo.

Urtava pareti la brocca nell'onda

celando l'anguria.

Ballava..

Ballava..

Loriana CAPECCHI - Quarrata(PT)

Granelli di sabbia

Granelli di sabbia bianca Quasi impalpabili tra le mani Sono una carezza

Lieve e calda Sul mio corpo adagiato sulla battigia Profumano di mare Questi giorni di metà giugno Limpidi come i tuoi occhi, Dolci come i tuoi baci

Sublimano il mio bisogno di te …

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

Un amore solitario

Un amore solitario Timido e segreto Se potessi solamente Immaginare…. Le emozioni che mi regalano i tuoi sguardi L’allegrezza al cuore quando ti vedo sorridere felice Una moltitudine di emozioni che commuove l’anima Fino alle lacrime …

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

L’amore

L’amore è una vertigine E’ libertà di volare

Di desiderare E allora spezzo le catene Dispiego le mie ali e mi elevo Fino a te

Per unire i nostri corpi Fino a raggiungere quella sublime passione Che solo insieme possiamo provare Nella sensuale fusione Delle nostre anime …

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

Un soffio di vita

Un soffio di vita… Dentro me Delicato e indifeso Come un petalo di rosa Si culla ad ogni mio passo Incurante Del mondo che l’attende Ignorando ogni cosa

Ma felice di esistere

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

I sentieri del mio cuore

Attraversa i sentieri del mio cuore Per scoprirne la profondità e la dolcezza Vieni a me Non temere l’amore È un sentimento

Che nobilita chi lo prova E dona spensieratezza a chi Davvero ha il coraggio di lasciarsi guidare

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

Come un uragano

Sei entrato nella mia vita come un uragano Una tormenta di vento che spiega le mie vele Un dolce anelito d'amore Ed io mi perdo nel mare dei tuoi occhi naufrago sulle tue labbra Cerco te, il tuo dolce abbraccio come approdo sicuro... Amo amarti

Amo amore mio cerco un solo istante di tenerezza Prendiamo il largo senza meta cerchiamo nuovi confini

scopriamo insieme cosa vuol dire "amore"

Lacrime

Piovono lacrime dal cuore Nel segreto buio della notte E’ un fiume d’acqua in piena che Da quando non sei più mio Scorre senza fine E mi fa male, avvilisce il mio cuore ferito Ma tu non puoi sapere il dolore che provo

Sei straniero ormai, in questo deserto del cuore…

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

Il peso del tempo

È quando ti grava addosso il peso del tempo, quando sopra le pagine del diario non sai più cosa scrivere che le speranze scivolano di mano e il gelo ti entra nelle ossa. Giacciono insieme sulla terra secca le cicatrici e una storia consumata. Ogni passo costa fatica il respiro è diventato sibilo. Ti accorgi che sei rimasto con le mani vuote. Ora ti trovi solo col tuo tempo tramutato in cenere. Non importa che inventavi favole e hai scordato la vita guidando un girasole con le mani. Ormai più non brillano gemme nei tuoi occhi. L'inverno adesso sale col suo ritmo quieto di pendolo e voleranno via come foglie

le pagine rimaste intatte del tuo diario. Prima che le porte si chiudano frusciando e si dissolva, dietro, ogni miraggio l'ultimo atto sarà il tentativo di catturare nello sguardo anche una scheggia soltanto

di sole

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

Tempo d'amare

Tempo d'amare... Tempo che aspetta te e nessun altro, dolce tempo, impaziente tempo. Tempo che aspetta il tuo sorriso, la tua voce...tempo di ascoltarti.

Tempo di tenerti qui, con me, tempo di amarti. Tempo di posare le mie mani sul tuo cuore, tempo di svegliarti. Tempo di lasciarti andare e poi ritrovarti,tempo di capirti e poi desiderarti. Tempo troppo tempo prima di ascoltare le tue parole, tempo poco tempo per lasciarle arrivare al mio cuore. Tempo che vola e che mi lasci in attesa... tempo niente altro che il tempo..

di aspettarti

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

Uragano di vita

Un uragano di vita un soffio di vento sulle mie vele un dolce anelito d'amore Mi perdo nel mare dei tuoi occhi naufrago sulle tue labbra cerco il tuo dolce abbraccio come approdo... Amo amarti

Amo amore mio cerco un solo istante di tenerezza Prendiamo il largo senza meta cerchiamo nuovi confini

scopriamo insieme cosa vuol dire "amore"

Barbara CAPUTO - Bressana Bettarone (PV)

San Pio

Una stella

brilla

nel firmamento

così luminosa

da oscurare

il sole

vicina all’aura

del Creatore:

San Pio.

Crescenza CARADONNA - Bari

Il volto di mia madre

Ogni malato con cui m’incontrerò avrà il volto malato di mia madre, bianca avrà la sua mano sfiorata senza fine lungo notti più notti al buio d’ospedale; avrà le sue parole trovate all’improvviso e all’improvviso perse nel vuoto di una mente ormai senza ricordi e senza più lampioni…

Ogni malato che mi darà un sorriso sarai tu, Mamma, che non sorridi mai; avrà i tuoi occhi che guardano lontano ed i tuoi gesti di sapore antico. Sarà un prodigio che accarezzo in cuore: io madre tua, tu nel mio ventre figlia… starai con me per sempre ed io

potrò, negli altri, amarti all’infinito.

E fu… volontariato ospedaliero

Anna Maria CARDILLO - Roma

Anna Maria CARDILLO - Roma

NOI BAMBINE GIOCAVAMO A CAMPANA…

Noi bambine giocavamo a campana, ritagliando col gesso quadrati sui marciapiedi tiepidi di primavere

piene di promesse. Di quadrato in quadrato, filastroccando, saltavano bianche calzette mentre merende di pane zuccherato, da sole, ad addolcire i sogni. Sui numeri volavano gonnelle a pieghe alla buona cucite dopo cena da madri rassegnate, con l’ago e con la vita in fila a metter punti,

da sempre uguali a sempre.

Bambine, domani saremmo state altre donne… per noi ritagliando col gesso fondali diversi alla storia e, indossati costumi di scena su identiche rassegnazioni, avremmo, saltando tra i giorni, invecchiato con rabbia rintocchi delle stesse campane.

Anna Maria CARDILLO - Roma

STAMATTINA, ANCORA UNA MORTE IN CANTIERE

Hanno detto di te che sei morto stamane alle sette, in silenzio venuto giù da quei pali che aspettano un sole ancora a quell’ora assopito nella nebbia rafferma di un paese qualunque del nord dove vivono i ricchi

e neanche un amico. E che l’unico grido che ha fatto da eco al tuo volo è stato l’abbaio spaurito di un cane, venuto, curioso, a leccare quel sangue che copriva il tuo viso d’un altro colore.

Hai lasciato di te poco ancora: un nome straniero, mai scritto in nessun libro paga, e una misera branda disfatta, dove dare il sapor dei ricordi ad un pezzo di pane e una birra perché per i sogni, a doverli comprare, non avevi denaro

né giorni abbastanza.

Anna Maria CARDILLO - Roma

TE DENTRO IL VENTO

Tra le dita se avessi un pennello

e ad occhi chiusi disegnassi il vento,

gli darei dei pensieri il colore quando, liberi,

a sera se ne vanno evasi finalmente

dai nodi stretti assai dello spazio e del vero.

E se a quel vento

volessi dare un suono, della tua voce

soave e leggerissimo gliene farei vestito

così come tu pronunci il mio nome sussurrato alla notte

chiedendo alle mie mani àncora farsi al giorno.

E d’armonie

carezza con quel vento sopra il mio viso

sentirei il tuo tocco come sui prati, a sera

spettina l’aria

tenui in mezzo all’erba dei primi fiori giovani gli steli…

E nell’alito caldo di questa prima estate

che, sfinito, a occidente, insegue il sole in mare

incontrar le tue labbra finalmente e con lui dentro l’onda dell’averti sì, come il vento, cedere alla sera.

Dopo

Ultima notte sghemba, ultima notte sconcia,

miliardesima notte curvata dai miei pensieri,

dalle spume dell’ansia, da tutto ciò che manca.

Notte tronca, obliqua, usata, di seconda mano,

lenta come i momenti difficili, sconsiderata come un pazzo,

gli angeli fanno l’amore e si scordano di noi,

degli uomini tristi, della mia torbida insonnia.

Passo dopo passo, mese dopo mese, non capisco,

non so, non so chiedere e non so rispondere,

collasso come una stella, ogni mia piccola particella

perde elettroni, rallenta, si contrae nel nulla

tende all’esterno, all’assurdo. Padre, madre,

Dio che dormi anche di giorno e non metti l sveglia, non continuate a russare. Mostratevi

dove vi pare! A nord, a sud, tra nebulose

o galassie tra stelle morte o lucenti,

ai limiti dell’universo. Mostratevi dove vi pare!!

Oltre i confini del mondo saprò scorgervi,

oltre le spire dell’inferno saprò vedervi,

ascoltarvi. Sparate un mortaretto da lassù,

facciamo festa.

Vincenzo CARUSO - Benevento

Antonietta CICCARELLI - San Severo (FG)

Cade la neve

Quale giorno per imbiancar la terra che spoglia e fredda si raccoglie nella sua gelida coperta. Cenci bianchi scendono dal cielo che etereo e solitario appare , poi si adagiano sui tetti , sulle piante, sui rami secchi , brulli ed implicati.

Tutto è arte ed è meraviglioso: c’è quella pace che toglie il respiro, che ti coinvolge fino a trasformare quello scenario in una dolce primavera. Lo scivolo rosso si distingue appena, si anima di grida dei più piccoli, che s’accapigliano felici tra di loro per essere tutti i primi a scivolare.

Ed ecco un uccellin far capolino che, col suo cinguettio assai stridente, rompe l’incanto e cerca inutilmente. Forse ha fame o forse vuol calore. Poi canta un po’ più forte e vola via: ha trovato la sua briciolina o

va piangendo la sua malinconia.

Antonietta CICCARELLI - San Severo (FG)

I Poeti

Che strani personaggi sono i Poeti.

Han notti burrascose e senza sonno;

amori travolgenti e dolorosi;

cieli stellati e mari tempestosi;

tanti ricordi chiusi nel cassetto.

Ma che cosa hanno di così sublime

da far nascere in noi tante emozioni?

Han la “parola” : quel mezzo straordinario

che arriva , travolge e tocca il cuore

tanto che anche quello più duro

si scioglie come neve al sole.

Antonietta CICCARELLI - San Severo (FG)

Spettatore silente

Spettatore silente di un mondo deludente.

Primo atto: io osservo: le scene son quelle son semplici :c’è chi vive e va avanti.

E’ bello sognare ,avere coraggio e nel mondo avanzare (…e tutti stanno a guardare).

Secondo atto: si avanza , insieme siam forti, ed ecco quei tre e siam proprio perfetti.

Siamo un’orchestra a più suoni la musica è vera (…e per tutti è un mistero).

Il tempo è finito:qualcuno è caduto, chi è vicino non guarda. Che importa! L’orchestra si è sciolta, la cetra è sparita (…ma chi mai se n’è accorto!).

Spettatore silente : finale dolente.

Antonietta CICCARELLI - San Severo (FG)

Tramonto d’autunno

E vado verso il tramonto di quel giorno caldo che, ora del sole ha solo qualche debole riflesso:

un fil di luce che unisce i lembi del passato col presente.

Ad ogni uomo, considerato fortunato, tocca contemplare il suo passato. Rivedere cosa gli è toccato, cosa ha realizzato,

quali i valori che ha considerato. Se ha avuto tanto e non ha dato niente, se invece ha dato,ma non è bastato. Così con un velo di malinconia, in quel cielo che ne fa lo schermo, tu vedi in lontananza proiettato quel film che è tutta la tua vita.

Le scene sono quelle, vorresti starci dentro: sono belle; c’e tanto amore che ti riempie il cuore. Poi ci son quelle che vorresti cancellare, ma sono là e continuano a girare. Così sorridi ,piangi e vai avanti con una lentezza che non è più vita, ma solo la rivedi in un tramonto

a cui presto seguirà la sera.

Erminio CIOFFI - Ceppaloni (BN)

A TUTTE LE MAMME

Bello e robusto il pargoletto

Al primo vagito lo stringe al petto

Gesta d’amor, materno affetto

Vigile e lesta ad ogni richiesta

Piange, s’appresta con salutar

Intruglio di verdi campi

MA CHI SEI?

Sono una mamma

Nome bellissimo

Mamma ammirabile

Mamma famosa

Ferma e amabile

Sempre umile e di poche parole

Anche se povera, ma ricca di fede

Stanca d’età, sempre dolcezze

Il tempo è nemico. L’amore resta.

Un dì mi disse:

PERDONAMI E’ ORA

Anche le mamme sono di Dio Dai suoi begli occhi, l’ultimo bacio

Brevi sospiri e poi. .... PIU’ NULLA

Si estingue la vita

Presso quel letto di stanco dolor

Rimasi immobile, muto e pensoso

Nell’acre silenzio pregai:

Buon Dio tutte le mamme sono ANGELI VERI.

Maurizio D’ARMI - Varese Ligure (SP)

Ai caduti

Sotto le vostre steli, annerite dal tempo,

odo giocoso vociar di bimbi

e giovani ragionar d’amore sulle panchine;

tra i rami, sboccia primavera,

con canti d’uccelli festosi

e il sole colora ogni dove

e riscalda ogni cuore:

tutto si rinnova, sotto il cielo della vita.

Ma, per voi, non un dopo alle vostre giovani vite,

solo crepitio d’armi, dolore e morte,

non vi raggiunge amore,

né sole vi scalda,

né primavera fa palpitare i vostri cuori;

ma, dietro algide steli,

spiate questa pace, costruita con le vostre vite,

e continuate a vivere in noi

e in quelli che verranno, per sempre.

Maurizio D’ARMI - Varese Ligure (SP)

Il Popolo dei Romani

Un Popolo senza territorio e senza frontiere,

sperso per terre lontane,

tra gente che non lo conosce,

che non vuole conoscerlo

e lo emargina perché diverso.

Un Popolo senza spada e senza armi,

che non fa guerre, né rivoluzioni

e non pratica il terrorismo, ma conserva geloso la propria identità,

la propria cultura e non prevarica le altre.

Un Popolo in marcia da sempre,

che empie le vie del mondo, non le piazze,

perché queste non gli appartengono…

Un Popolo di fratelli,

non di concorrenti, che considera fratelli anche gli animali,

ma non pretende di umanizzarli.

Un Popolo per il quale la famiglia è famiglia

E tale resta per sempre

E non abbandona i suoi vecchi, ma, come fiaccole di vita e di esperienza, li onora.

Un Popolo che guarda alla morte

Come punto di arrivo, non di oblio,

e seppellisce i suoi morti nella nuda terra

e non sotto gelide steli di marmo,

eppur ne mantiene vivo il ricordo

e ne tramanda l’esempio.

Un popolo in salita, in perenne salita,

che non piange e non si dispera,

ma si arma ogni giorno di pazienza infinita e fede incrollabile,

e leva gli occhi al cielo per pregare,

non per imprecare.

Un Popolo di eroi, perché eroi

Sono coloro che hanno per tetto il cielo,

quando il cielo è benigno e quando benigno non è. Un Popolo che conosce l’esempio, più che le parole…

E vive ogni nuovo giorno come l’alba della vita,

anche se gli porterà fatiche e affanni infiniti.

Un Popolo che vive i ritmi della musica più sfrenata,

ma resta silente e pacifico tra i rumori del mondo

ed esorcizza il dolore con canti e danze. Al calore dell’altalenante luce d’un fuoco robusto

e all’allegro ritmo del suo crepitare,

danzano e cantano a piedi nudi

e sono felici, veramente felici.

Un Popolo che ama la libertà sopra ogni cosa

E s’immola ogni giorno per essa

E sa stupire il mondo, per abilità, coraggio e forza inarrivabili,

ma per il quale gli applausi

durano solo il tempo di un attimo.

Maurizio D’ARMI - Varese Ligure (SP)

Terremoto dell’Aquila, 6 aprile 2009

Più non pulluli di gente indaffarata,

né ragazzi festosi escon

dalle scuole, a frotte, né vecchi siedono al sole

a ragionar delle passate cose;

né di voci e schiamazzi

si nutre la notte. Solo profondissimo, ferale silenzio

Visita le tue vie, le tue piazze,

ogni dove, Aquila.

Sotto le tende,

a piangere i morti,

a rimembrar le costumanze,

a dibatter fra stenti,

con la pioggia che continua a cadere

e il vento freddo a sferzare.

Un sottile odor di gemme

Era nell’aere, quella notte,

e il cor d’ognuno

si nutria di promesse,

nel sonno ignaro;

quando un rumore spaventoso

e violentissimi scuotimenti

seminaron polvere e morte

e, con fragor di tuono, case e monumenti rovinaron

con trecento dei tuoi, inermi.

Ora se’ a questuar quel ch’era tuo,

che credevi tuo per sempre,

con ciglio basso e mano tesa,

ma il tuo spirto non è ancor domo

e, come in antico,

freme a risorger più forte e più grande.

Maurizio D’ARMI - Varese Ligure (SP)

A mia madre

Te ne sei andata così,

chiusa in quel silenzio,

presago di morte.

Credevo sarebbero state molte le parole,

attorno al tuo capezzale,

e, invece, come di fretta,

te ne sei andata,

come per riconsegnarci a quella vita

che per te, senza peso,

avevamo tenuto fuori dalla porta.

Ma le tue parole,

ce le avevi già dette:

la tua vita,

il tuo esempio son valsi più di mille parole.

Maurizio D’ARMI - Varese Ligure (SP)

Liguria d’inverno

Un mare senza onde,

un sole che non scalda,

la luce che t’inonda,

monti frastagliati sulle acque,

alberi di colore cangiante,

profumo di mare e di terre,

un canto d’uccelli sommesso,

il brusio della gente dei borghi

attorno a muretti assolati,

il respiro flebile della risacca

su calette e promontori.

Armonia e pace all’intorno,

in questo placido inverno;

anche nel mio cuore,

che si pasce d’immagini e d’emozioni,

come un bambino;

anche nei miei occhi, che si perdono in bagliori di luce e colori;

anche nei miei passi,

verso luoghi solinghi

e panorami d’incanto.

Luce Carmen DE NOLA - La Spezia

PUGLIA

Rami di olivi secolari,

come labirinti intricati di pensieri,

disegnano nel cielo

sagome di braccia nerborute. Che scavano le ore

e contano la terra.

Bimbi danzanti,

a piedi nudi,

sull’uva ballerina.

Bruna e bionda,

che ti confonda.

Come una donna pizzicata,

che l’amore ha morsicata.

Luce Carmen DE NOLA - La Spezia

SALENTO

Lento sale il vento,

solo sorge il sole

e lieve bacia il mare,

ove lentamente muore.

Perle di sale sulla pelle,

nel cielo della notte,

gareggian con le stelle.

Madonne immacolate

incedono, lente,

tra la folla che preme.

Freme il bambino,

nella fiera del paese:

“Mamma, zucchero filato

o mi compri un mandorlato!”

Lento, sale il vento.

Entra dentro le case,

bianche come conchiglie:

scrigno di belle figlie.

Mario DE ROSA - Meta (NA)

Umidi passi

Umidi passi, quando

novembre davvero fu

qui, noi percorrevamo.

La strada abbandonata

si distendeva laggiù,

oltre i nostri ricordi.

Vaporoso il respiro tuo e nostro strapiombava

ancora dopo essersi

sciolto all’insopra di noi.

Tentava anch’egli invano

di giungere a capire

la sostanza compressa e

raggrumata delle sere

scevre dal dormire.

Maremoto di sensi

E tu e io, taciturni.

Maremoto di sensi e di passioni.

Sono impreparato, sono lento,

sono… come vuole il destino

e il tormento. All’angolo cerco colori

mentre riluce di riflesso dal vetro

il viso tuo definito.

Incontro l’affilata tentazione

e non ti assorbo pienamente

ché la brama aggiunge al mio petto

un sussulto, e sento tutto dentro

che smuove, e quasi cado

le braccia alzando al cielo.

Un’attesa mi ferma e riflette:

spunto lo sguardo,

ma oramai la bocca decide…

e son già tuo,

e tu sei già mia.

Mario DE ROSA - Meta (NA)

Mario DE ROSA - Meta (NA)

Stanchi sogni

Stanchi sogni d’un cuore sciamannato,

d’un pezzo di pietra lavica

essiccato al sole.

Stanchi sogni

nell’atrio della notte,

sull’attico del “perché”

smembrato dal terrore del vuoto.

Stanchi sogni

uniti con pezzi di tela vecchia:

l’amor tuo negato

congiunto alla balorda noia mia.

Mario DE ROSA - Meta (NA)

Oltre la stanza

Blu velate, le ultime propaggini

della nuda notte stringono dolci

gli alberi inverditi di primavera.

Il cinguettio crogiola nel lento

silenzio dei risvegli. È da sette dì

la stagione nuova giunta a carezzarci,

ventotto marzo soave di terra e sogni.

Dalla stanza tutto questo è nuova luce,

nuovo tepore pria del sole che accresce

giorno dopo giorno le serate.

L’occhio però sonnecchia sopra i quadri,

sulla mensola, guardando la scacchiera;

là dove tra un accendino e una rivista

risiede del quotidiano lo spirito

sacro. Un altro occhio si staglia oltre il letto

giapponese, oltre la porta abbassata,

e si dirige innanzi, diretto ai limoni

fuor dalla finestra. Dove risiede

l’idea, emblema del mio mondo e del respiro

tuo? Oltre, oltre la cinta di marmo e mattoni.

Ancora passero solitario al nido

affianco torna a portare il bottino

di caccia. Aspetti allora il momento

anche tu, e la tua mente lavora

senza sosta, protratta com’è verso le stelle.

Mario DE ROSA - Meta (NA)

Monologo all’alba

È l’alba questa, l’alba.

È il nuovo giorno che germina e compare.

È l’alba questa. Il tempo dopo l’orribile. Ma a cosa giova

questa giustizia? A cosa serve viver

se chi giudica langue in un amplesso

tanto sudicio di vuota pigrizia.

Non siate sciocchi: voi sapete tutto

già prima che io ve lo ricordi. Tutto.

Il dolore, la miseria, la forza con cui ogni istante ha luogo. Tentatemi.

Io non gemo, non cedo ai vostri vezzi.

Non siate ciechi: nulla mi interessa

dei vostri giudizi! Non voglio essere

compatita. Della vostra pietà

non me ne frega niente! In versi, in versi

corre questo lamento dentro di me.

Condannate, condannate un abuso

che perdura da ogni tempo. Calpestate

questi infami, non vituperateli

soltanto! Devono pagare adesso

e col sangue. Adesso.

No, non crediate che io sia pazza. Io sono

giovane e basta. Di nazionalità

italiana; di religione… so che non vi interessa. Ora giudicatemi:

sono forse vogliosa, lasciva?

Io sono seria, non sono come l’altre!

Virtuosa lo ero al tramonto. All’alba non

più. Violenza, violenza! Cosa pensate?

Pensate sia savia o che “vis grata puellae”?

Umano è cogliere un fiore con le mani,

non reciderlo con una falce.

Vendicate. Vendicatelo il mondo

dei Padri creatori. Vendicatelo

il tempio dal globo lucente. Iddio

vendicate! Non lasciatemi infissa

su di una croce. Sarò folle, pazza…

Ma urlo affinché sia fatta giustizia!

È l’alba questa, l’alba.

L’alba tenue di un giorno di marzo,

l’alba calda di un giorno di sole.

È l’alba questa. L’alba

e al contempo… il crepuscolo ultimo

d’una civiltà che, rantolando, muore.

Mario DE ROSA - Meta (NA)

Nel Regno dei Giusti

Era presto al mattino, e tenue l’Ombra

Tua si librò sopra di te, adagiato

sul ferro, gelido e muto, scaldato

solo dalle moine e le lagrime

nostre, fragorose nella nottata

atra e costernata dall’acquiescente

oscurità. Rivoltasi a noi, lieve

come aria, preclarissima risalì

alle montagne eterne, sulle nubi

bianche e ciano, libera dai mali

e dal soffrire che ti hanno a lungo

offeso. E adesso dove sei? Dove vai?

Dove naviga il tuo spirito errante e vagabondo, intrepido e impetuoso?

Su che nave sei imbarcato Capitano

ardimentoso? Certezze non stringiamo,

ma solo dubbi, rammarico e dolore.

Eppur banale sarebbe qualsiasi

nostalgia, ché il tuo, ora, è l’Impero

solenne dei puri di cuore, posto

divino per anime elette, ostello

intatto e lucente di Grazia e Letizia.

Fa Buon Natale, Padre caro ed amato.

Indelebile resti nella Memoria.

Scruta or da sopra tua moglie e i tuoi figli

e proteggili insieme al Cristo pietoso.

Governaci, Padre dalla possente voce, e aspettaci. Aspettaci, ché ancor

siamo in questa mortale palude.

Consigliaci, ché siamo indotti a errori

perenni. Confortaci, ché non abbiamo

il necessario coraggio. Pur che or sei lì,

nel Regno eterno dei Giusti, aiutaci.

A TE

Queste parole le dedico a chi soffre, e a chi cerca il vero amore.

A chi ha perso la speranza, a chi ha il cuore pieno di lacrime e dolore.

Le dedico a te, che di bianco vestita, stavi rinascendo a nuova vita.

Erano i giorni del pianto e della tristezza.

Mi raccontavi la tua vita e non vedevi via d’uscita.

La tua anima ferita e il tuo corpo violato, chiedevano soltanto di essere amati e rispettati.

Ora ti chiedi se tutto questo abbia un senso.

Se quel bellissimo bambino che non volevi e che hai messo al mondo, meriti di vedere questo scempio.

Ma io ti dico di guardare avanti, di credere che esiste anche un’altra vita.

Guarda oltre la montagna.

Un nuovo sole sta sorgendo per te.

E’ il sole della gioia e dell’amore.

I fiori di primavera sbocceranno per te.

La tua nuova vita rifiorirà e tornerai ad essere amata per l’eternità…!

Romolo DI GIANFILIPPO - Trasacco (AQ)

Marco dal carcere

Marta, ricordi noi bimbi al gioco

della tabellina del 3 per 3?

Ora, adulto, è in questa cella

che mi fa 9 metri quadri.

Qui sto consunto a perder chili

con la dolente ironia del cavallo

prigioniero ristretto come in una stalla. I miei giorni si dissolvono

sulla parete scritta dai sogni

il freddo avrà ancora il vento nel cuore

l’ora estiva si farà fornace.

Da questa finestra quadrata

stretto è il sole e intrusa la luce,

il cielo a fette mi trasforma

da materia ad aria da carta ad aquilone. Sento stasera uno zefiro libertino

sull’abbraccio delle radici degli alberi,

lo sento e lo vedo con l’occhio del cieco

oltre l’alto muro da prigione ad altare.

Viaggio nel silenzio a portare via gli occhi

a guardare la notte che si apre

sul mio tempo traboccato dagli anni. Avrai per me parole corpose, quasi di legno

al prossimo colloquio di sale,

a celebrare questo mio residuo bordo di carne. Poi certi tuoi silenzi assorti e sorridenti

come di chi è in pace.

Li percepivo a pelle e dritti nell'anima

ad allargare il lago del cuore

acqua cristallina per nuotare delfino. Chissà come mi pensi,

cosa ricordi di me, se sbiadisco,

se brillo o mi slavo ad ogni riga non scritta. In fondo non è poi tanto importante

io guardo dentro al cuore e so tutto.

Ti dedico tutta la mia vita

come l’agonia di un Cristo

nel suo candore d’eucaristia.

La mia parola libertà sta scritta

inchiostro chiaro sul bianco della stanza,

segna limpida la traccia della mia innocenza

dentro l’impuro processo di questo mio ultimo intimo viaggio.

E' scritta a tracce di seta nell'aria che respiro

è scritta sulla tua pelle dalle carezze passate

è scritta da un dio che ha compassione.

“Libertà”, questa è la mia parola,

la mia voce mai la dice

eppure è solo mia in queste due forme:

inchiostro sul muro e sogni nel sonno.

Rodolfo DI ROSA - Agrigento

SCIENZA E PIETA’ * ( Al Beato Antonio Rosmini )

Su aspri spazi cosparsi di filo spinato,

il suo pensiero ha percorso sentieri

d’eterno, come un faro che trafigge

gli orizzonti a rischiarare le piaghe

della Chiesa, versando sulle ombre

di remoti affanni un calice traboccante

essenze di verità e luci di saggezza.

Nel nome di un Cristo ignudo, da non

cercare tra gli angeli barocchi adorni

di ricami e lucidi velluti, ha radicato aromi

di carità divezzando al desco dei giorni

teneri virgulti, strappati all’insidia dei venti.

Fiato divino rimane il suo messaggio,

a volte rinnegato, celato tra tomi impolverati

e affastellati nei cavi di coscienze vuote

come scaffali cupi in nicchie di silenzio.

Ora che il prodigio del cielo ha disvelato

sussurri profumati di santità, come foglie

smosse dal mistero di una mano, cadono

le bende dagli occhi dei sapienti ottusi

che non hanno creduto nella sua Parola.

Aveva il dono di scrutare “l’Alto”, la dove

s’odono gli echi delle cetre, per raccontare

che le mute stelle sono fiori che accendono

le sere nel segno del Creato, quando lieve

si adagia sulle stanche ciglia la compieta ora.

Il suo sapere è un fremito che ravviva l’anima,

sgorga come un canto pregnante d’Assoluto,

inciso tra le note di un bianco pentagramma

rigato da voli di respiri che migrano preghiere.

Si fa voce il silenzio dell’universo muto e dalle

cinque piaghe scavate nella carne del Verbo,

germogliano rose di sangue cariche di luce…

*dalle cinque piaghe della Santa Chiesa

Nino FALATO - Manfredonia (FG)

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

Poesia rimossa su richiesta dell’Autore

In data 30/06/2018

A SIMONA AZTORI

Come si può non sentire un brivido e non accorgersi

che il tuo “dono,” la tua “diversità,” ti rendono unica,

speciale.

“Essere senza braccia è la mia ricchezza” hai detto.

M’inchino dinanzi a tanta nobile trasparenza d’animo,

al tuo radioso, splendido sorriso.

Mirabile creatura, fontana zampillante di forme e

di colori, di vitalità, sodalizio armonioso di melodie e

suoni.

Là dove son racchiusi, essenze e valori. Nulla potrà mai eguagliare la tua stupenda favola, il

fascino che emana la tua figura amena.

La tua tenacia, la forza e volontà, hanno sciolto

lacci invisibili, liberando una rosa che non sfiorirà mai.

La tua vita va oltre l’esperienza umana, nulla ti

ferma, nulla ti fa soffrire e affronti il futuro nella quieta

inconsapevolezza del suo

dolce divenire.

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

Segnalata dalla Giuria del Concorso

ALYTIA

Muri corrosi di greco e salmastro

legano crepe antiche ed epigrafi

d’ombra, tra luccichii di smeraldo.

Orizzonti d’azzurro e di silenzi

intrappolati come tarli nell’anima

di una sola verità.

E il tuo vento profumato di zagare

e di viole, bellissima metafora

di carezze su rocce appena sbozzate.

Ah! Se potessi rivedere la luce

prorompente degli incendiati

tuoi tramonti, dove vegliano

sonnacchiosi i miei ricordi.

Dove il sole ha prosciugato ogni

tardo incantato stupore.

E se potessi accarezzare con una

lacrima il tuo malinconico

corpo dormiente… e scivolare nel tempo che ha

adagiato la mia vita su un petalo

di rosa…

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

ANGOSCIA

(dedicata alle donne maltrattate che non hanno il coraggio di farsi valere)

Quando il silenzio spegne il fuoco degli ardori,

soffocato nell’odio, nel rimpianto e nel dolore,

e il dialogo è impigrito nel grigiore dei giorni

di cenere cosparsi, e quando il furore accende

gli animi per futili ragioni, d’un tratto un grande

vortice di ghiaccio e di mestizia, ti risucchia tutta

in un perverso inesauribile gioco di terrore.

E vorresti fuggire e scordare in un soffio il buio

e le angherie. E lacrime di sangue senti sgorgare

piano da una crepa scavata in fondo al cuore.

E senti solo tu le grida disperate delle parole

che vorresti dire, il silente fremito degli irruenti

affanni. Mentre “lui” è di là, di fronte alla TV,

immemore del fardello che opprime e frena le tue

misere passioni. Forse domani qualcosa cambierà

e “lui” s’avvederà dei suoi errori, dei tuoi occhi rossi

e delle tue carni livide coperte di omertà.

E ti abbraccerà e rinegozierà l’offesa della sera

prima… O forse no. E tutto ricomincerà tra le

mura delle occulte ragioni. E le spire del dolore

ti avvolgeranno avvincenti ancor di più

nella loro morsa muta di angoscia e di paura…

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

DOMENICA 8 LUGLIO 2007 (Dedicata a mia madre)

Nell’abisso di dolore

in cui stai precipitando,

c’è anche il mio cuore,

la mia angoscia,

la mia solitudine.

Porterò con me, per sempre,

il tuo sguardo spento,

l’immagine delle tue

membra scarne. Forse domani non ci sarai più

e le tue sofferenze

saranno placate. La mia inquietudine, invece,

vagherà in me,

in ogni cellula del mio corpo,

senza tregua.

Per sempre. La tua vita sta scivolando via

Tra i bagliori e gli enigmi

dell’eternità.

Dove la luce e la pace

smarrite in un labirinto

di tenebre,

ti accoglieranno nel loro dolce abbraccio.

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

IL TUO DOLORE QUIETO

Vedo il tuo dolore

nelle tue membra scarne,

mentre nascondo lesta

nell’ombra, l’ultima lacrima.

Lo sento nel tuo tenero abbraccio

che avvolge un coltre fitta

d’inganni e speranze perse.

Lo osservo tra i sentieri di un sogno,

quando guardi fisso il soffitto

mentre scali montagne di ricordi.

Lo intuisco quando sei via,

confuso tra l gente,

immaginando cieli più tersi.

Lo avverto nell’amaro sapore dei tuoi baci, dibattuto tra le onde

inquiete della mente.

E lo affronto insieme a te,

tra le fredde mura d’ospedale,

quando, smarrita, stringo

tra le braccia, la tua vita che fugge.

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

Inno all’angelo custode

Vorrei essere puro spirito

per poter nutrire la mia fragilità

col Tuo candore divino.

Un fuggevole raggio di sole

per poter cogliere in un soffio

un Tuo flebile sorriso.

La scia di un sogno, per poter

vedere, attraverso Te,

il riflesso delle stelle.

E il volo di un gabbiano,

per poter ascoltare,

nell’eco del silenzio,

un Tuo sospiro.

E catturare, tra i sussurri

e melodie del mistero infinito, i Tuoi magici palpiti del cuore.

Lascia che il mio animo s’illumini

al fuoco vivo del tuo amore.

Affinché io possa portare

un giorno ai Tuoi altari,

tra i sentieri dorati del Tuo regno,

il mio trepido dolore.

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

LE RAGIONI DEL CUORE

(omaggio ai Soldati Italiani caduti a Kabul)

Hai donato la tua vita, o Soldato,

all’abbraccio profondo della terra.

Ed ora il tuo fiero ardire, ha cancellato

i diamanti dagli occhi dei tuoi bimbi.

Era tua l’eco del cuore che fremeva,

colpito dalla furia dell’uomo.

Tu, che per amore lasciasti

la tua casa, sarai per sempre

scrigno prezioso d’inestimabili valori.

Meravigliosa aurora nel crepuscolo della sera.

Fulcro dell’esistenza e

delle fragilità umane.

Accogli o pietosa madre terra,

le lacrime cremisi della sua sposa,

come perle di rugiada

adagiate su un prato,

fino al suo struggente

ultimo respiro.

Possa il suo dolore annegare

nell’infinita Misericordia divina

toccando il fremito della preghiera.

Tu, che donandoti, o Soldato,

hai elevato il tuo spirito al sublime,

allevia i gemiti e scaccia l’inquietudine.

Tu, patrio orgoglio, accendi un faro

nei freddi e tenebrosi sentieri

dei nostri cuori spezzati.

Straordinaria creatura in balia

Di un mortale sortilegio,

di cui una massa impetuosa,

ha fatto del tuo sacrificio

coriandoli di cristallo.

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

MIO PER SEMPRE

Vorrei abitare nelle stanze

del tuo cuore per poter

ascoltare le tue emozioni,

i tuoi palpiti d’amore.

Vorrei essere un brivido

per far vibrare ogni tua

cellula come le corde

melodiose di un violino.

E una carezza che scivola

leggera sulla pelle come

la penna del poeta sulle

pagine della fantasia.

Vorrei che tu fossi la brina

del mattino per poterti

tenere nel palmo della mano

e dissetare ogni fibra del

mio corpo. E polvere d’argento

che possa impregnarmi l’anima.

E vorrei che tu fossi un raggio

di sole per potermi inondare

tutta col tuo calore…

e sentirti mio per sempre.

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

NEL FUOCO DELL’AMORE

Ho adagiato, o Gesù buono, la mia fragilità ai piedi della Croce.

Accogli e perdona le mie incoerenze

Nella Tua Misericordia infinita.

Tu, che per Amore, abbandonasti

la Tua Casa, nutri la mia anima

col Tuo Pane divino. Fa’ che il mio animo s’illumini

all’ombra della Tua Urna d’oro.

Tu, che sulle spalle portasti il mare

di peccato in cui annegavo,

rivolgi al Padre Tuo una preghiera.

Affinché liberi l’ultima sua figlia

dall’ospite inquieto che spasima

e s,infiltra nelle pieghe del dolore.

Brucia e trasfigura con la fiamma

viva della Tua Passione, il senso

e la ragione, perché possa il mio

spirito giungere al tuo Cuore.

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

PACE

Verrà leggera, sulle ali di un sogno,

le chiome fulve che odoran di sangue,

coi calzari di seta, trine e cristalli,

calpestando armi e secoli di orrori.

Negli orecchi un rullio confuso di grida e pianti. E fragori scemanti

d’intime emozioni.

Dal manto logoro, di lacrime intriso e di paura, sprigionar farà bagliori d’oro

che sperderà per l’etere chiaro.

E s’adornerà il capo d’ulivo e lauro

impregnando tramonti e albe, di gioiosi toni.

Creatura stupenda, incantevole dama,

avanzerà leggiadra tra colli e piani,

su sentieri vaporosi d’arcobaleni in fiore.

Ammanterà di stelle le notti scure e solfeggerà le note che colmeranno

i vuoti terreni di danze e cori.

E muta guarderà il mondo ebbra di gioia,

con negli occhi il colore caldo dell’amore.

E trarrà dallo scrigno prezioso i suoi tesori

che lancerà solerte a dritta e a manca.

E intonar s’udrà, il ritmo giusto della vita,

i sospiri profondi di speranza.

E si vedranno i riflessi del dardo d’oro,

inneggiare increduli nei cuori.

Fino a scendere giù, nel profondo dell’anima…

Rosanna GABELLONE - Putignano (BA)

SUBLIMI SENSAZIONI

Quando talvolta il gelo mi attanaglia il cuore

e la notte accende i palpiti, accogliendo

in grembo affanni e gemiti, una gentil donzella,

silente e misteriosa, dal cuore di velluto

e i capelli al vento, appiana i segni sulla

fronte mia, dissolve incubi, rischiara idee

e asciuga lacrime di rabbia e di dolore.

E leste scivolan le parole sui miraggi

dell’esister mio, abbandonando le paure

ai fantasmi di un mondo senza amore.

E mentre un fremito si eleva verso il cielo,

un fedele amico, dagli occhi d’oro e

dall’argenteo manto, rompe l’incanto

di flebili effusioni. Col musetto tenero,

sì lieve e premuroso, sfiora il librar d’idee

verso l’immenso. Quando ancor la stupenda

dama m’illumina lo sguardo e delle stelle

del firmamento ne ruba lieve un fascio.

Allor sì, che solo due, tra tanti, risalir

faran la china all’ombre, che sanguinar

han fatto il cuore. Sol due adorabili creature,

amabili, sincere, dissolvono il buio della notte

greve e fan vibrar d’amore l’anima mia:

un gatto e la poesia.

Benito GALILEA - ROMA

Alte recinzioni al Don Guanella

Alte recinzioni al Don Guanella per vederli

asciugare nudi come vermi, al sole, sotto gli alberi

secolari dei muri romani, più vicini al nostro senso

di colpa nell’ora dell’uscita: bambini in viaggio.

Prader e Willi non sono che nomi in un tempo

senza segreti che inchioda il violino

di chi suona alle cento carrozzelle della sera,

una parola caduta nel cappello di paglia

dell’uomo che cerca i ricci lungo i viali.

Più in là la rete divisoria li separa dal mare

colorato di scriccioli pachistani che guardano

in silenzio pensando a una terra promessa,

dove non chiedono più di stringere in un giorno

i lacci del centesimo pezzo di cuoio del pallone.

Eppure contromano il cuore s’immerge

in un filare d’occhi che ti cercano, ancora

un brulicare di sensi ostili ai più, per tutti

il lancio senza tonfo di una pietra nello stagno.

Mia nipote Vanessa è un’infermiera e li cura

col niente di parole, facendoli innamorare

senza vergogna, prendendoli per mano

per inchiodarli ai vivi che fuggono commossi.

Nella luce di un sorriso avrà pensato di lasciarli

dove li porta il sogno, in quella valle segreta

che vede ritirare il furore dei muscoli alle gambe

come fiore naufragato da una veglia collettiva.

Ma ancora commuove il poco che ci ascolta, un giorno

nuovo, la piccola innocenza che sopravviverà

alla pece dei petroli, alle stagioni della dimenticanza.

Benito GALILEA - ROMA

L’altra vita di noi

Gli angeli non sanno quello che si prova

a vedere i tetti rossi delle città assonnate

sparire in uno sguardo lontano che vola

per tornare alle terre che ci videro partire.

Senza grido dentro, aduliamo anche le lusinghe

per sentirci risorgere toccati da una traccia

che passa di nascosto visitando i cento

fiumi della gente, sedendo al focolare

tra voci amiche cresciute ai fiati caldi.

Io so di questa voglia perché io sono

della tua stessa terra, di quella dove gli angoli

spogliati diventano aria che scolpisce

le cime delle fronde di querce centenarie.

Sono ormai trent’anni che più nessuno

soffia al cuore da quelle siepi dove guardavi

le lepri rientrare prima di giorno, sulla stessa

stradella dove ora cammina l’uomo solitario

che se ne va verso il mercato o verso l’infinito.

Si vive talvolta nella vita come i poeti

aggrappati a mensole di sogni

ma nient’altro ho mai desiderato

più di questa terra, nient’altro nelle notti

dove sull’isola dei nidi l’uomo dai capelli

bianchi beveva caffè senza guardarmi.

Intanto il vento continua a portare basilico

e ginestre ai davanzali dell’estate di maggio,

nei cortili dei fanciulli scalzi che si rincorrono

sbirciando i contadini dalle teste grosse

bere vino nei tazzoni colmi fino all’orlo.

Chi non è ancora caduto nella strada

sa che in questa terre si vive aggrappati

ad un sorriso di solidale indifferenza; sa che

di sera, il tempo legge l’altra vita di noi.

Benito GALILEA - ROMA

La luna dello scoglio

Avevano il mare

da questo lato della vigna

dove la mula sale a capo chino,

la notte che scoppiava a San Giovanni.

La valigia stretta nelle corde,

si restava in gruppi di sei

a bordo della nave, vicino alle lampare.

E la notte consumava il cielo,

il calderone col mestolo in mezzo

da stringere forte con le mani.

Così, dopo le armi,

era tempo di migrare.

Avevamo il mare, allora,

e in lontananza l’apoteosi delle aie

dove la pazienza dei vagabondi

viveva senza parole e senza tempo.

Un giorno mio nonno,

con mani d’antico amore

se lo portò al petto il vento dello scoglio,

scegliendo l’ora breve per lasciare.

E partì, tra la bettola di Pietro e il suonatore

di violino cosparso di solitudine.

Mio nonno aveva voce precaria

nel ventennio, e rincasava a capo chino

come la mula, spingendo il magone

al largo dei calli delle mani. Sull’isola di Ellis

ci stava bene, ci stava prima di sbarcare

là dovei gabbiani incoronavano i messaggi

di Salvemini nel sottotacco del padre di Tusiani.

Erano quelle le ore

dell’altra umanità in cammino,

e del mare, e della sera, e della nuova storia

da lasciare sempre a fianco dei binari.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

UN SOGNO...

Un clacson,

una vivida luce,

una piazza muta e deserta,

una finestra,

un uomo, un cavaliere,

gioco di scacchi,

il rombo di un motore,

una fontana...

Una donna vestita di bianco.

Era tutto vero,

in bianco e nero,

fotogrammi nitidi,

cronologia effimera,

di un povero,

assurdo,

repertorio umano

in continuo

e veloce divenire.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

PINOCCHIO

Piccolo universo

di pensieri,

di atmosfere,

utopie,

giochi,

libertà sconfinata,

conoscenza,

emozioni,

esistenza complessa,

insidie,

abbandono di certezze.

Immagini di un copione

d'infanzia serena,

birichina,

vicina,

lontana.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

FIGLI IN. .... CIELO

Giovani smarriti,

fragili,

dispersi... Dolore,

tunnel,

ribellione,

sfiducia,

fallimento...

Ascolto,

conforto,

speranza,

per quanti portano la Croce... Angeli dell'amore incompreso,

prendetevi per mano,

sfiorate la terra,

vegliate...

Pregate!

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

I FIORI

Gemme vive,

turgide,

eleganti corolle,

grandi,

piccole.

Calici nitidi,

splendenti,

colorati

adagiati su archi,

pergole,

cespugli,

bordure,

balconi.

Magici doni,

punti luce di natura generosa.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

ALL' AEREOPORTO

Vecchi,

bambini,

esseri in attesa,

indifesi,

immobili.

Sguardi,

tabelloni,

orologi,

colli...

Arrivi,

partenze.

Lacrime,

nostalgie...

Tela umana

di un'eterna commedia.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

DAL FINESTRINO

Schermo magico,

miscela di giorno,

notte,

tramonto,

alba,

caldo,

gelo...

Ricordi che scorrono...

Passano città,

campagne,

periferie,

squarci di mare,

neve,

montagne..

vita che vibra,

sfreccia,

scuote,

scorre all'infinito.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

PAESAGGI

Laghi sublimi,

precipizi,

ghiacciai,

paradisi marini,

pensieri nascosti.

Mirabili tramonti d'oltralpe,

rilucenti e

vivaci atmosfere.

Ombre soffuse,

tenere,

ritagli gioiosi,

aperti alla vita.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

PENSIERI Vagabondi,

inverosimili,

proiezioni interiori,

fremiti,

ombre,

luci amabili. Scie nostalgiche,

prigioniere fra il cielo

e la terra.

Mondo lucido,

nascosto.

Orizzonti sconfinati,

inerti.

Ripalta GIORDANO - Cerignola (FG)

C' ERA UNA VOLTA...

Mondo incantato,

fiabe,

principesse,

una bambina,

un viaggio,

un castello incantato... Una fata

nobili dame,

panorama di ambienti lontani,

bestiole ferite e ammalate.

Maligni incantesimi,

di un mondo fantastico

Donato LADIK - Torino

Terremoto ad Haiti

Ho letto in occhi attoniti

lo scempio immane

della malvagità della natura.

Ho visto brandelli di corpi umani

affastellare fangose nicchie di campi

ai margini dei villaggi violati dal sisma.

Destini interrotti dalla cecità del caso

che la rumorosità del silenzio di morte

avvolge nelle repliche ritmiche della sorte.

L’irrazionale,così, violenta la ragione,

la piega sorda alla fatalità dei lutti,

e, mentre immensa la pietà s’impone,

l’universa umanità soccorre tutti.

Donato LADIK - Torino

Palpito finale

Incrocio le tue mani nervose

che arano le morbidità del giaciglio;

appagate si schiudono

al palpito finale,

così all’apice

dei corpi esausti.

Amo poi insinuare

il mio sguardo

nelle pieghe della tua figura

scomposta tra le falde

colorate del lenzuolo

e , annebbiato dalle ombre,

declino le palpebre stanche

in un sonno sicuro,

per poterti a lungo carezzare.

Donato LADIK - Torino

L’ape

Tremulo il laborioso insetto

fa capolino dalla corolla in fiore

e morbido nel suo aspetto

affonda il capo a ricercar le spore.

Poi carico s’invola d’odorosa linfa

a depositare il nettare raccolto,

e con semplice piroetta amorfa

riprende libero il lavorio svolto.

Disegna rapidi volteggi aerei

per ricamar sui petali setosi

tracce di sigilli aurei

da ricercare nei meriggi oziosi.

Donato LADIK - Torino

Il tempo scorre

Come liquido informe

impregni le pagine aperte

nel diario della mia vita.

L’eterno scorrere

del tuo cammino

dispensa ancora

attimi gocciolanti

d’assoluta spensieratezza.

Ma nel catino della mia esistenza

ormeggiano gongolanti pensieri

di sensualità sedimentata

e logore tenebre di lussuria

mi accompagnano al sogno.

Attendo assorto che una patina

velata della tua presenza

si distenda pietosa

e mi riporti alla vita.

Donato LADIK - Torino

Il silenzio del mare

Assorto, m’imponevo

di annullare il respiro

nell’incanto cromatico

del dondolio della marina.

Il pudore del suo sguardo

donava luce a visioni infantili

che brillavano nella motilità dei flutti.

Ora il tempo è passato inesorabile,

si sono spente le stelle cadenti

e sono svaniti i fantasmi del futuro.

Mille passi mi hanno allontanato

e nel crepuscolo che germoglia

un’ampia aura di serenità compiuta

mi dondola, mi sommerge in quel

silenzio che mi riporta al mare.

Donato LADIK - Torino

Ho vegliato

Sino all’alba ho sperato…

Non c’era più tempo

che potesse rimediare

al peggio.

Un sottile germoglio

di speranza

svaniva nel vuoto.

Un’altra testimonianza

si affievoliva

nell’inutilità del giorno.

Il tramonto era compiuto

negli ultimi

bagliori dell’esistenza.

Ora il sonno immenso

avrebbe vegliato

quello spirito ascendente.

Capivo sommessamente

che il distacco

diventava legame

e, intimamente,

mi raccolsi

per non piangere…

Caro amico delfino

Scorgo all’orizzonte leggiadri gabbiani

Trascinati, quasi come per magia, nell’abisso che è il cielo

Il quale si fonde al nostro mar per diventare una cosa sola.

Solo un particolare, una pinna che, con disinvoltura,

taglia le acque del nostro porto.

È il nostro amico, dolce e simpatico delfino.

Ogni giorno è sempre lì che guizza arzillo su e giù,

incosciente della crudeltà degli essere umani.

Si avvicina alle solide barche

Per avere un po’ d’attenzione

Immagina, le rosse e bianche boe,

come dei giochi che può muoverli a sua piacere.

Noi, ancora increduli,

siamo lì a guardare ed ad ammirare il suo coraggio di intraprendere relazioni

con noi, ESSERI diversi da lui.

Ormai è sera, nell’oscurità

S’intravede la prima luce, la seconda e altre ancora.

Filippo è stanco di nuotare

Rientra nel porto per trovare la sua dimora.

Per quanto tempo ancora lo vedremo

Felice e spensierato;

non conosce la guerra e la crudeltà che gli circonda.

Ma ecco un giorno, uno dei più brutti,

arriva la notizia

“IL NOSTRO CARO AMICO FILIPPO, è MORTO!

Saranno giorni cupi per tutti noi,

ogni bambino regalerà una lacrima alle nostre acque!

E quando usciremo con le nostre barche

Non disperate

Fissate l’orizzonte

L’amore è infinito… ...... CHISSA’!

Wanda LOMBARDI - Manfredonia (FG)

Wanda LOMBARDI - Manfredonia (FG)

Viaggio sull’onda

Pezzo di legno che viaggi sull’onda

rimani in equilibrio

sbattuto qua e la sulla sua cresta,

su di te riposano gabbiani,

stanchi di volare!

Ricci di mare increspati,

scioglietevi….

Fate scorrere su di voi

prue e poppe

derive ed eliche.

Accarezzate le lunghe foglie d’alghe,

date loro la possibilità

d’intrecciarsi, e finalmente arrivare a riva

trasformate in morbidi gomitoli.

Dora LUISO - Cassano Murge (BA)

PREVEGGENZA

I pensieri turbinano

incomprensibili

e confondono le parole

che fanno dire

al vuoto del ventre

e all’immobilità

dei muscoli

incollati alle ossa

ciò che il cuore

ha capito in anticipo

e la mente

teme di sapere.

Giada MARINO - Ravenna

Petalo

Sono stato un petalo secco, che volteggiava impermeabile nell’acqua.

Senza ordine né scelta, senza sosta né fretta,

importava solo il danzare.

Sono stato sogno,

incosciente tra le onde,

corteggiato dalle bolle.

Un petalo impermeabile che danzava.

Sono stato l’amante delle correnti,

che in segreto mi schiaffeggiavano e mi baciavano

ad insapute della superficie.

Sono solo sogno,

brillante e leggero, ma rimasto secco.

Petalo che regalavi colori e profumi:

ora non ti cura più

nemmeno la pioggia caduta.

Ma per un giorno sono stato

Un sogno impermeabile,

un petalo secco nell’acqua.

Marilena MINICOZZI - Paduli (BN)

Null’altro m’occorre

Fui, per te,

il viaggio per il quale lasciasti la tua casa…

il posto dal quale non tornasti.

Fui il tramonto nel quale ti perdesti

e la strada che ti riportò indietro…

l’onda funesta che ti sbalzò a largo

e faro

a condurti al mio porto sicuro.

Fui il deserto che prosciugò le tue viscere

e l’ombra che accolse il tuo riposo,

il cielo che volesti solcare

e la vallata che restituì l’eco della tua voce…

Ed oggi?

Son’io, per te, tutto questo?

Mi dici:

“Lo sei…

e ancor più sei la vita che vorrei vivere.

Null’altro m’occorre!”.

Francesco PALERMO - Torchiarolo (BR)

OLOCAUSTI

Fu debole la parola mentre capriole di fumo s'alzavano acri

sul dolore dei rimasti

e sulle vane attese di ritorni. Non tutti silenzi di paura

su quel mondo del nulla e della morte. Giungevano ogni giorno,

da un binario perduto all'orizzonte, convogli di anime sconfitte, cumuli di storie e di vite,

lì...verso l'inferno. Troppa indifferenza infame sui deliri di anime senz'anima,

sui piedi nudi affondati nella neve, e pozze di sangue a bagnare

le schiene sul selciato, e le mosche scacciate dalle facce affamate, e il vento s'insinuava tra le ossa sporgenti,

e, nel silenzio delle notti,

mescolati i respiri, i singhiozzi a bucare le timide preghiere.

E di giorno a misurare le assenze, e i numeri scolpiti nella pelle,

e poi gli arrivi, in fila per andare a morire.

Ma ancora sale il silenzio

sui traghetti di anime dolenti che attraversano le porte degli inferni,

o s'infrangono inermi sulla riva come gusci di conchiglie alla risacca,

sugli occhi spenti del bimbo

lasciato a terra senz'ali, sul vecchio dalle gambe malferme

inutile come ramo avvizzito, sui fragori di ferri battuti nelle galere. Andremo oltre la nostra preistoria.

Ma l'inverno sembra eterno senza che ancora venga Natale.

Segnalata dalla Giuria del Concorso

A quale donna pensi?

Da costola di Adamo

plasmata

come creta

nella terra

divenisti donna

per essere con lui

dietro la stessa foglia

a difendere

la nudità segreta del corpo tuo e del cuore

dal veleno amaro

d’una serpe…

e da vergogna.

Per te e per lui la stessa serpe viscida

che ancora striscia

nel fango della storia. E oggi s’ addolora

la memoria

indossando

il vestito della festa

cucito coi cenci

di sudice bandane

e tute d’operaie…

quello che resta

dei roghi sparsi

e persi per il mondo

là dove un urlo

di giustizia tace

dissolvendosi

in nero fumo

e odor di carne arsa

intorno e su nell’aria.

E s’ addolora

al supplizio d’un falò

acceso nella notte

da corpi venduti

a tariffa oraria.

Da che storia

è storia!

Dimmi:

a quale donna pensi

nel giorno della festa?

Sarà la donna persa

in fondo ad un bicchiere

o disperata

col figlio sull’altare

crocefisso

da un ago nelle vene

o da un veloce giro di motore.

Sarà la donna sola

dinanzi al frutto acerbo

del suo seno

con l’ossessione e il dubbio

se trattasi di miele

o di veleno.

Pina PETRACCA - Surano (LE)

Sarà la desaparecida

d’Argentina,

merce col ventre

pronto a procreare

figli di menzogne

e di potere, e senza dignità

fatta morire.

Sarà la donna di Kabul

e di Algeri

lapidata a morte per aver amato finalmente

col viso sanguinante

dietro a un velo

che ingoia il suo respiro

e il suo pensiero.

O sarà la donna forse

in camicia di seta

coccolata

e ritoccata dalla carezza falsa

del suo lusso.

Se pensi questo

no non è lo stesso!

La donna da pensare

non chiederà

né feste né regali,

ma ti chiede di capire

e di ascoltare…

sarà samaritana

ed avrà sete,

ma con un Dio proibito

parlerà

sì che i vuoti a rendere

del pregiudizio umano

d’acqua pura ed equa

colmerà.

Sandro PETRINI - Gualdo Tadino (PG)

IO ANGELO E TU TERRA MIA

Nel silenzio hai ascoltato i miei primi vagiti

con te sono cresciuto, e condiviso i primi

sogni d’amore, le mie speranze, i miei desideri

le mie delusioni, sei stata madre di gioie e

dolori, compagnia di glorie e amori.

Grazie terra mia, per aver raccolto il sangue dei

nostri avi, che con la vita hanno difeso la tua libertà,

per aver raccolto il sudore dei nostri nonni, che con

amore hanno seminato i tuoi campi, per essere

il letto dei nostri padri, che in te riposano in silenzio

sarai la culla dei nostri figli, che ti ricorderanno con

amore, dai tuoi campi ho ricevuto il frumento della

vita, dalle tue sorgenti, la freschezza dei tempi

dai tuoi prati il profumo dei fiori

dal tuo grembo il nettare dell’amore.

Effluvi d’amore, ti giungano attraverso il respiro

del vento, come il fluttuare di un fiume in piena

straripante di germogli d’amore.

Grazie terra mia, per essere stata la voce del cuore,

perché

quando io sarò un Angelo

tu

sarai ancora vita.

Xochilt Maria Ramirez Montagnini - Montone (PG)

PROZAC

Qua

Sotto la mia finestra

C’è un uomo

Che scandisce bene

Parole di morte;

bambini

avvelenati dal seno di una scienza tumorale,

incompresi i disagi

resi folli ed autistici

con la pretesa di curarli.

Qua sotto c’è il mondo

E non l’ascolta

Loro non sono bambini

E anche se ne avranno

Preferiranno fidarsi

Di un ufficiale camice bianco

Piuttosto che delle parole

Di questo saggio pazzo.

Xochilt Maria Ramirez Montagnini - Montone (PG)

QUADRETTO DOMENICALE

Ragionando per immagini

Dipingo un quadro domenicale

Luce e cielo opaco

Cornetti e cappuccini su tavoli di vimini, strade reduci dell’ennesimo apocalittico sabato,

facce appena sveglie o già in parata familiare

tortellini e prosciutti affettati

serviti su tovaglie bianche davanti ad una finestra

con tende azzurre;

e fuori da questa cornice di pace

una strada come tante

centro storico centro di vita

che si toglie le scarpe

scoprendo un piede

livido e un buco che si fa abisso una goccia di sangue macchia l’asfalto

uscendo viscida da una siringa

della farmacia comunale, sempre aperta, di notte e di domenica.

Giovanna SINISCALCO - Manfredonia (FG)

VIVERE L’ AMORE

Voglio bagnarmi

dei tuoi occhi

e sentirmi fremere

per la paura

della tua passione

eternamente eterea

incondizionatamente

mia.

Fermo il tempo

con un soffio

per un soffio

delle tue labbra.

Un petalo di rosa

trasportato dalla brezza

il tuo bacio vellutato

e frizzante che fa vibrare il mio mondo

di una scossa d’amore puro

e dolcemente mi persuade

a cadere insieme a te

per viverci nel nostro

tremare…

Amore

per te abbraccio

la nostra eternità.

Michelina SIRIGNANO - Lavello (PZ)

Oltre ogni aspettativa

Echeggia nella calotta

del mio pensiero

come scheggia fuori dal tempo il riflesso mai sbiadito di ciò che fù.

Ma andando oltre al ricordo

mi appare innanzi la garanzia del

mio futuro. ...... mia figlia.

La mia più grande aspettativa nel domani

arde e rugge nel ventre

ormai fecondo della mia dolce

e unica metà.

Passeggiando sull’orlo dei sospiri infranti

che costeggiano il mio passato

risorgo dalle ceneri come

nuova nascente fenice

solo grazie

a lei , venere delle mie dolci notti.

il mio futuro ella tutto racchiude

e solo a lei affido le chiavi

dei miei battiti.... Oltre ogni aspettativa,

oltre ogni emozione,

conduco la mia umile vita

guardando al futuro con gli occhi

di chi sa che nulla è certo

e che siamo noi i veri

padroni della nostra

……..VITA.

Anna SOLDANI - Firenze

A Barbara

Ho lasciato il tavolo da lavoro

e l’assoluto silenzio

per intraprendere un lungo viaggio

sulle tracce

di una storia d’amore

piena, intensa, vissuta

e conquistare

quella vicinanza da

voi raggiunta.

Ho percorso a ritroso

la strada

dal forte abbraccio a lei dall’atto violento che vi ha separati

Da quell’ incontro,

fuggevole ma reale,

con una donna sopraffatta dalla sofferenza,

ma non incupita o diffidente,

capace di cogliere l’essenziale,

di superare le futili apparenze,

di scacciare come mosca fastidiosa i convenevoli. Ti conoscevo attraverso le sue parole di stima e di amore e la luce dei suoi occhi.

Una luminosità che è rimasta chiusa in me

nell’avvicendarsi degli anni solari della vita,

che sempre più valuto

non nella sua durata ma nella sua consistenza.

Arrivata a queste alture ho orientato il mio cuore all’ ascolto: te “là” ,

sospeso tra la mirabile bellezza

e questo assoluto silenzio,

che nel suo racconto

ti ostinavi

a non voler lasciare;

lei “qua”, ancora smarrita e non rassegnata

a far rivivere in sé

la tua essenza.

(Machu Picchu, 1993)

Nicola TEDESCO - Bari

Abbraccio autunnale

Se ti salta in mente in un giorno di pioggia

esci tranquillamente

e prendi una di quelle strade strette e antiche

avrai la sensazione di bagnarti meno

sarà più facile incontrarci

se ti salta in mente.

Se ti salta in mente

puoi anche bagnarti

sarai tutt’uno con quell’universo

fatto di speranze senza regole

poi, fermati in quell’angolo

sarà più facile abbracciarti.

Nicola TEDESCO - Bari

Il tempo

Lo zampillio di una vecchia fontana

lo scricchiolio frenetico del tarlo di un mobile antico

si accordarono …

poi, condividendo diversi istanti

e fantasticando sul loro futuro

si resero conto che era già tardi

e occorreva lasciare spazio

al tempo non contato:

tic tic

tic tic

tic.

Nicola TEDESCO - Bari

Amico maratoneta

Mamma, ho sognato

correvo come lui

correvo sempre più forte

nessuno poteva fermarmi

perché l’ho sognato.

Mi dici di stare calmo

di non muovermi

eppure l’ho sognato

avanzavo con passo morbido e composto.

Sudavo, mi piaceva mi affaticavo e godevo del panorama

avevo forza, resistenza, come il mio amico maratoneta.

Ora posso correre senza correre

sudare senza sudare

domani

correremo la nostra prima maratona

io e il mio amico maratoneta.

Nicola TEDESCO - Bari

Arcobaleno

Sul prato universale

un bimbo piange

e punta le sue braccine

verso l’arcobaleno

poi, soddisfatto dei colori

meravigliato del’intera bellezza

abbraccia se stesso

e ritorna a giocare.

Sul prato universale

un bimbo piange

e punta le sue braccine

verso l’arcobaleno

così, si colorano i suoi pensieri

accresce la sua speranza

lancia un bacio

e ritorna a giocare.

Sul prato universale

un bimbo piange

e punta le sue braccine

verso l’arcobaleno.

Nicola TEDESCO - Bari

L’Intenzione

Immagine sfuocata

di un’idea improvvisa

voce interiore

di una mente universale

calore improvviso

di un abbraccio lontano

idea brillante

di un quadro già visto

forza assopita

di una sorgente universale

spazio intergalattico

di uno stato mentale

orbita terrestre

di una mente libera

attrazione gravitazionale

di una mela caduta

flusso di energia

di un’abbondanza naturale

mela profumata

di un fiore di melo

uomo giusto

di un concepimento voluto

spinta al futuro

di un’armonia universale

trionfo di un uomo

di un amore desiderato.

Nicola TEDESCO - Bari

Messa a fuoco

Un microscopio

un giorno

messosi a fuoco sul piccolissimo dettaglio

scoprì un nuovo mondo, prima d’allora sconosciuto

nello stesso istante

un suo vicino telescopio puntò nel cielo, verso una grande massa

poi, eccitati per la scoperta

e subito dopo smarriti

per la mancata ragione

ciascuno disse all’altro:

« guarda con i miei occhi ».

Nicola TEDESCO - Bari

Senso del “sorriso”

Lasciare una traccia

un sentiero unico

speranze

scoprire il possibile, l’impossibile

curiosare con amore, l’amore

attraversare un tratto esteso a piedi, in corsa

attraversarlo a nuoto

abbracciare un bambino

e attendere il suo “sorriso”

questo senso.

Amore che fuggi

Parole pronunciate

sussurrandole nel silenzio

della notte…

dolci carezze. Parole abbandonate

ai bordi delle strade,

dimenticate, disperse

e mai più ritrovate.

Amore che fuggi

insieme alle mie

parole seppellite

dal tempo.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Nulla

Parliamo di nulla.

Pronunciamo parole,

tutte senza senso.

Costruiamo castelli con

parole fatte di vuoto.

Parole inutili,

dettate soltanto da

inutili pensieri,

tutte diseguali.

Di concreto non ci restano

che le nostre emozioni

e i ricordi di una

vita vissuta.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Come le nuvole

Sdraiato, all’ombra di

questa grande quercia, ad

osservare nuvole bianche.

Passano, condotte dal vento,

chi più veloce, chi senza

fretta, ma tutte in quella

direzione, come

avessero una missione

da compiere.

Qualcuna, forse distratta

o forse stanca, si trattiene

un pochino.

Qualcun’altra, forse più

scontrosa delle altre,

viaggia da sola.

In fondo la nostra vita

assomiglia alle nuvole,

andiamo in qualche

direzione, evanescenti,

obbligati e guidati

soltanto dagli eventi.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Dappertutto

Dappertutto.

In ogni foglia che cade,

nel sole al tramonto,

nel mare in tempesta,

nel profumo dei campi,

nell’afa d’estate,

in ogni fiore che sboccia,

dentro e fuori di me.

Dappertutto tu sei.

Una vita da vivere,

il tempo che corre

come nubi fuggenti

strapazzate dal vento.

E tu che rientri

nell’anima come l’aria

nei polmoni di un bambino

nascente.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

L’alba

All’alba, quando qualche

stella distratta è ancora

accesa e in giro non

c’è nessuno, tutto appare

più grande.

Anche la mente diventa

più grande ed i pensieri,

che si rincorrono più

veloci che alla sera,

fanno apparire tutto

più vero, liberi dalle

inutili parole

quotidiane.

E’ come nascere di

nuovo: ad ogni alba è

una nuova fanciullezza

che ritorna.

Ad ogni alba è la

vita che ci torna dentro.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Lontano

Chissà se un giorno, quando

ormai le mie tracce saranno

state ingoiate dal tempo

e nulla di me sarà restato, qualcuno leggerà

ancora queste righe.

Qualcuno, di certo,

ammirerà le stesse cose

che i miei occhi

ammirarono, provando

le mie stesse emozioni:

i lidi lontani, le spiagge

assolate o le terre

battute dal vento e dal

mare infuriato.

Lontano nel tempo,

però, nessuno mai proverà

le emozioni che io

ora provo guardando

i tuoi occhi.

Ma se il fato volesse

che un giorno lontano

qualcun altro proverà

quelle mie stesse emozioni,

allora vorrà dire che

tu sarai nata di nuovo.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Pagliacci

Come pagliacci,

con il viso dipinto e

gli occhi truccati, tra

saltimbanchi, giocolieri,

commedianti e

illusionisti, ci

esibiamo su questa

pista da circo,

raccontando barzellette

e inscenando finzioni,

fino a quando lo

spettacolo non sarà

finito e le luci della

ribalta non si

saranno spente.

Come pagliacci,

viviamo ogni giorno

illudendo noi stessi

di questa vita irreale,

circondati soltanto di

saltimbanchi, giocolieri,

commedianti e bravi

illusionisti.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Ricci di mare

Siamo come ricci di mare.

Aggrappati ad uno scoglio,

per non farci sopraffare

dalla risacca.

Non ci resta che vivere

su questo bagnasciuga,

in un andirivieni

continuo di strappi e di

carezze.

Confusi, senza lasciarci

neppure i pensieri a

sostenerci, ci teniamo

aggrappati, finché i

marosi non ci avranno

spossati, trascinandoci

nell’abisso infinito.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Ritorno

Un arcobaleno di fiori

ti recherò in dono.

Inonderò i tuoi occhi

di meraviglie e

fantasmagorie di colori

mai viste ti stupiranno,

sino a quando la tua

anima di nuovo non

cederà di schianto al

cospetto del mio amore.

Ti insegnerò a cantare

le canzoni d’amore più

belle.

Ti condurrò in sentieri

sconosciuti che scendono

verso il mare per godere

insieme a te dell’emozione

di un tramonto.

Ritroverai in me le cose

più belle da tempo

dimenticate e gli anni

così trascorsi ti

sembreranno minuti.

Perché soltanto in me è

il dono della grazia di

amare questo fiore.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Sogno

Come musica di un arpa,

la tua voce blandisce

la mia anima.

Dolcemente accarezza

e come foglia d’autunno

che cade, si adagia

al suolo.

Nel tuo sguardo io leggo

fiabe antiche di elfi

e vecchi sirventesi,

cantati intorno

al focolare, nei freddi

inverni dell’Alvernia.

Nelle tue mani è raccolta

tutta la mia solitudine.

Mi cullerei tra le tue

braccia dolce madonna:

in esse riposeranno

le mie membra.

Mario TENAGLIA - Vasto Marina (CH)

Vita

Non stupirti se qualcuno

canta la tua bellezza,

amore mio.

Non stupirti se alla sera

i miei sogni si accendono

pensando al tuo essere.

Stupisciti quando smetterò

di cantarti,

quando smetterò di sognarti. Il tuo stupore allora

ti farà comprendere

la bellezza della primavera

e i sogni persi nel tempo.

Solo allora il tuo stupore,

come un grimaldello

farà spalancare lo scrigno

dei tuoi sogni, rivelando

tutta la bellezza

della tua vita.

Maria Pia TROIANO - Manfredonia (FG)

IL CANTO

Ho nel cuore un sogno che non so annullare…

Che non so spiegare…

M’incammino lentamente verso il suo canto, sotto un cielo complice, stupendamente illuminato

da nuvole di stelle.

Sono qui, e l’immenso mi appare

quando la luna ci colora d’argento,

il suo lento movimento culla la mia anima…

A nulla sono servite le passate mareggiate,

nella speranza di soffocare il suo canto, impetuoso, urlato…

Nei suoi abissi c’è vita per me,

veloce mi avvolge nelle sue acque limpide ed incontaminate;

le emozioni corrono veloci, e mi tolgono il respiro,

ma è qui che voglio stare, è qui che voglio amare…

Ho fermato il tempo e tutte le tempeste sono scomparse

nei miei occhi, l’ho stretto forte a me in una dolce danza

annientando così le mie malinconie,

i suoi fondali con le mie mani ho fatto rifiorire, il vento il suo respiro, sapore di cielo i suoi baci

carezze come le nuvole, che follia…

Siamo perduti in un abbraccio infinito…

Ecco l’alba che dissolve il mio sogno.

Tornerò al prossimo canto, lui mi guiderà…

aspetterò di nuovo il suo respiro che diverrà il mio,

perché urla, urla forte nella mia mente il suo richiamo…

il richiamo del mare.

Coordinate

Le ascisse incontreranno le ordinate senza toccarle, nell’angolo ottuso una luce leggera armoniosa in archi di foglie nel pattume che sciama ricamato e possente. Ti cerco solitudine sferzata – ignorata cavernosità – e bruci con inerzia l’immenso spazio di incontro che sa di segatura malleabile – cervello disorientato –. Mi guardo e massaggio i piedi perché il corpo soffre. In questo arrovellamento – leggero quel suono d’asciugacapelli dopo il tonfo nella lavanderia. Rumore di rumori – anche il ticchettio

sul nero lavabo in arte.

Flavio VACCHETTA - Bene Vagienna (CN)

Umberto VICARETTI - Luco dei Marsi (AQ)

Vincitrice per la Sezione B ) Poesie Inedite

Stabat Mater ad Aisha, 13 anni, lapidata a Chisimaio - Somalia - il 27 ottobre 2008

Ragazza mia che più non hai memoria

del fiume attraversato a piedi nudi,

chiare le pietre amiche e levigate

a carezzare il passo tuo gentile,

in volo dolce verso Chisimaio.

Così io ti ricordo

(o almeno credo),

tese le braccia a bilanciare il guado,

gazzella ignara al sogno tuo leggero.

Così ragazza mia io ti ricordo,

così salivi al giorno, e non sapevi

il Gòlgota, né il fuoco alle stazioni:

dèmoni neri, angeli del Male,

violarono il tuo fiore ancora acerbo;

poi fecero del giunco tuo sottile

croce di te confitta sulla terra.

Ora che il tempo, tutto, è consumato,

di te ci resta questo tuo sorriso,

fiorito sulle labbra un po’ arrossate

(più grandi, e appena più perduti, gli occhi).

Di te ci resta questo tuo silenzio,

lama di fuoco a mutilare i sogni.

Stringe adagio il tuo capo,

perse le mani dolenti,

tua madre,

lieve sfiorando i capelli tuoi crespi,

dolcemente raccolti sulla nuca

con fermagli di porpora e carminio.

Umberto VICARETTI - Luco dei Marsi (AQ)

Dorme la mia città profondamente L’Aquila, Pasqua 2010

Vedi, torno alla mia città caduta,

alle sue strade dai perduti passi,

ai campanili senza più canzoni.

Dorme la mia città,

dorme la mia città profondamente.

Larga come la notte ha una ferita

che artiglia ancora e ancora ancora brucia.

No, non cercare fiati tra le pietre:

la mia città respira oltre le stelle,

nell’aria azzurra di silenzio e luce.

Tesse animati e freschi crocevia,

un labirinto dolce di ritorni

per gli abbracci scordati alla partenza.

Muovono lievi e trepide le ombre

tra le cento contrade rifiorite

a questo aprile vivo di memorie.

La mia città respira oltre le stelle,

ha un fremito leggero se accarezzi

una selce anche solo con lo sguardo.

Lentamente riannoda le sue fibre,

promessa, come l’Araba Fenice

(tenacemente ricordando il sole),

al volo che riaccenda un tempo nuovo.

Allora poserò, come Tommaso,

sopra le antiche mura la mia mano.

Umberto VICARETTI - Luco dei Marsi (AQ)

Non ho saputo tessere parole

Ora che l’equinozio di settembre

batte alle porte, cara,

e spegne fuochi che credemmo eterni,

arde ancora una fiamma che non cede

al volgere dei cosmi, alle stagioni:

è la fiamma tenace che mi avvolse con l’abbagliante sfolgorio del sogno;

fuoco che brucia ma che non fa male,

se ad accenderlo furono i tuoi occhi

con i falò appiccati dentro al cuore.

Stregone d’artifici e di malie,

cantare avrei voluto il tuo profilo,

serrare la tua luce in uno scrigno,

farne poesia, patto d’amore.

Eppure

non ho saputo tessere parole,

non ho saputo disegnare rotte

per l’aquilone che cercava il vento.

E sì che avevo fili d’oro, spole

imprendibili come le comete

nelle notti d’argento a San Lorenzo.

Maldestro suonatore della cetra,

ora vago smarrito,

trasognato clochard senza canzoni,

nello zaino le note mie randagie,

le mie parole logore e sdrucite.

Ora lo so che mai potrò scalare

la montagna di sole e di cristallo

con in cima le galassie del sogno.

Lo so che dalla luce dei tuoi occhi

mi separa una distanza di stelle.

Marco ZAMORA - San Giovanni Rotondo (FG)

Scoperta

Regala la gioia della scoperta

il volto di Iddio sulla terra,

su ogni gemma ostinata

che brama la vita.

È crescita di luce, infinita verità,

è dono che ci fa universo.

Libero slancio di cuori che si fondono.

Negli occhi ognuno

ha la chiarezza

d’un patto d’amore.

E ognuno

spalanca

una meraviglia.

Marco ZAMORA - San Giovanni Rotondo (FG)

Ora mi è giusto il cuore

Avviene quando trovo

nella mia sopportazione

di uomo

una parola nuova

che incessante

accresce in me

la purezza. E si fa misura

della terra,

approfondisce cose,

non giudica,

solo libera.

Ora mi è giusto

il cuore,

ora che tutto ha una vibrazione nascosta

di miracolo.

L’amore è un segno

vero

della vita.