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Di ludico, nel gioco d’azzardo, c’è traccia soltanto nel nome. In realtà si tratta di uno degli innumerevoli vizi che affliggono l’uomo: un demone, un problema sociale, una piaga difficile da sanare. Perché quando il gioco d’azzardo diventa patologico, quando il mostro si è impadronito delle suevittime, è molto difficile uscirne dalle spire. Il più delle volte ci si isola, si resta soli a combattere contro i propri problemi, e molto spesso, purtroppo, si esce sconfitti. Tra i contenuti extra del volume, il cortometraggio Ambo Arcades.

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Paolo Fulvio Mazzacane

INSERT COINConsiderazioni sul gioco d’azzardo patologico

edizioni scientifiche e artistiche

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Progetto grafico ed impaginazione

Giuseppe Madonna

L’immagine di copertina è stata gentilmente concessa

da Giuliano De Minicis ed è presente nella campagna pubblicitaria

“Stai giocando o... ti stanno giocando?”

realizzata dalla DMP Concept

I diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione puòessere riprodotta, archiviata anche con mezzi informatici,

o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzoelettronico, meccanico, con fotocopia, registrazione o altro, senza la preventiva autorizzazione dei detentori dei diritti.

ISBN 978-88-95430-58-4

E.S.A. - Edizioni Scientifiche e Artistiche

© 2012 Proprietà letteraria, artistica e scientifica riservatawww.edizioniesa.com [email protected]

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A chi non ha maismesso di sognare

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INTRODUZIONE

Una serie di strane contingenze mi hanno persuaso a scrivere questo pamphlet sul gioco d’azzardo, focalizzando l’attenzione sul micro mondo delle slot machine. Se dovessi spiegare il perché di questa scelta, dovrei partire dall’estate 2012 quando, con alcuni miei amici, fiorì l’idea per un nuovo film: una storia drammatica (in linea con la mia attuale linea cinematografica) a sfondo sociale. Perché proprio il gioco d’azzardo? Da un po’ di tempo, quasi fossero state una sorta di “richieste”, mi arrivavano suggerimenti su storie di denun-cia, anche grazie all’efficacia comunicativa attribuita dal mio pubblico al cortometraggio Scala A/Int. 17 (una riflessione, più che una denuncia). Non è sbagliato dire che Ambo Ar-cades, corredo multimediale di questo pamphlet, sia il frutto di un suggerimento piuttosto che di un’iniziativa personale.

Il progressivo immedesimarmi in una storia lontana dal mio personale (attraverso la realizzazione del cortometrag-gio), mi ha convinto ad andare oltre la “settima arte”, ap-profondendo ed arricchendo con alcune considerazioni le argomentazioni narrate.

Cominciamo col dire che il gioco d’azzardo è antico quan-to l’uomo. Uno storico o un etimologo sarà lieto di spiegarmi come azzardo, originariamente, significhi dado e derivi dall’a-rabo. Senza dover risalire a remoti periodi storici – giacché non è mia intenzione curare un excursus di tale tipo – dico che il gioco è una pratica strettamente connessa all’uomo che

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Capitolo I

Lo spirito erige le sue costruzioni sempre con lento e doloroso travaglio e ogni volta che riesce a completarne una, sente il bisogno di riposarsi per un po’. I secoli dell’Arte sono conclusi. La grande Grecia, l’immensa e potente Roma, il rigogliosissimo Rinascimento, solo per citare alcuni tra i più importanti momenti storici che hanno segnato il vecchio Continente, hanno lasciato all’umanità beni preziosissimi non soltanto annoverabili tra le sculture o i dipinti, ma attraverso un pensiero di benessere e splendore teorizzato da menti illuminate. Tuttavia, non si può negare l’odierna esistenza di illustri pensanti. Con il cambiare dei calendari però, cambia-no anche le necessità di pensiero. Non dico che l’arte oggi non trovi spazio, o che si stiano attraversando dei periodi bui, freddi e senza colore, dico che oggi, al mon-do, una delle priorità della società (di tutte le società) è un’altra: l’economia. Volendo immaginare di posse-dere una macchina del tempo e di tornare nel passato, ad esempio nel 1497, per le strade di Firenze avremmo ascoltato dai banditori le vicende del Savonarola, dei grandi viaggi di Vasco de Gama, di Vespucci, delle noz-ze di Caterina Sforza con Giovanni de’ Medici o delle invenzioni in atto di Leonardo Da Vinci. Scegliendo, invece, una data più antica, come il 1098, avremmo udi-to le vicende dei Crociati in Terra Santa oppure, spo-

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Capitolo II

La temperatura è alta. L’estate è afosa e il primo pome-riggio suggerisce il riposo, la televisione, il condiziona-tore. Nonostante l’asfalto che ribolle, VV non rinuncia alle sue abitudini, al suo caffè nel cortile verdeggiante del circolo culturale che d’estate osserva perlopiù orari pomeridiani. Il circolo consiste in un bilocale facente par-te dell’abitazione di un vecchio costruttore che, prima di morire pensò, ovviamente, di lasciare tutta la proprietà all’unico figlio, sposato e residente a Roma. Alcuni intra-prendenti giovani locali chiesero al Sig. M. di poter uti-lizzare parte della casa e l’immenso giardino per potervi installare la sede del primo circolo culturale cittadino, in cambio di manutenzione e di una cifra forfettaria d’affit-to. Il Sig. M., che di cuore era simile al padre, accettò la manutenzione ma, in cambio dell’affitto, volle diventare presidente onorario. Così, da quattro anni e mezzo, la città freme alle pungenti satire che il circolo verga sul suo giornale, alla fervente attività si contrappone un sempre acceso e vivo dibattito con l’Amministrazione locale, gli enti o anche i semplici critici. VV fa parte dell’entourage di amministrazione e, nel caldo agosto, è rimasta in città, forse per scelta o forse per mancanza di organizzazione. L’era degli esodi estivi, comunque, è finita e non è la sola persona rimasta in città a “godersi” l’afa. Il giardi-no del circolo offre un ampio spazio circondato da piante

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sarebbe di loro se quel luogo non esistesse più. E infatti non ci pensano mai. Il quotidiano, più che una priorità, diventa un ripiego quando dal corridoio un cupo figuro, sudato e maleodorante, si avvicina al bancone e chiede un prestito. VV, per cortesia, si allontana ma le parole dei due sono troppo scandite per non essere capite e quando l’uomo esce dal locale abbozzando un mezzo sorriso alla ragazza, Matteo non può fare altro che confermare quan-to lei aveva già immaginato: l’uomo, sin dalla mattina e con solo poche pause, era stato nella saletta adiacente a giocare alle slot machine, spendendo svariate centinaia di euro. VV non capisce, sapeva dell’esistenza di quella sa-letta così come sapeva delle slot ma non riesce a rendersi conto, a primo impatto, di come un uomo abbia potuto sperperare uno stipendio in mezza giornata. Matteo guar-da l’amica facendo spallucce. Per VV comincia il viaggio verso una strana e bislacca conoscenza.

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Capitolo III

VV non ha mai avuto una vita né troppo mondana né troppo da bar, impegnata com’era con lo studio e la sua vo-glia di cambiare il mondo. Questo le ha sempre precluso di conoscere vasti strati della popolazione che, evidentemen-te, non è formata soltanto da sognatori, ribelli e scrittori. Ma il tempo dell’Università è finito e rigettarsi nel mondo dopo una vita di “sudate carte”, apre a conoscenze inedite. Nella calda notte d’agosto, mentre salta da un locale all’al-tro all’approcciarsi di ore definite piccole, per la prima vol-ta il suo sguardo si posa curioso su quella saletta prima d’ora rivestita d’indifferenza. Sono quasi le due di notte, la sua combriccola prosegue con le chiacchiere spensierate mentre di là dal bancone dell’“Art Cafè” il barista sbuf-fa, impossibilitato a chiudere per due irriducibili giocatori che continuano a buttar via Euro dopo Euro nelle cosid-dette macchinette. VV passa la mano tra i capelli dorati, dona un sorriso al ragazzo che ricambia e ne approfitta per raggiungere l’uscio. Qualcuno del gruppo, vedendolo arrivare, domanda se sia il caso di levare le tende ma, dal momento che dentro ancora giocano alle slot, si rassicura di poter rimanere. Tuttavia, VV e due amiche preferiscono concludere la serata e dopo aver salutato il resto del grup-po, entrano in auto e scompaiono nella notte.

La temperatura è alta e VV non riesce a prender sonno. Il computer in questi casi si rivela un ottimo aiuto: stanca

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Capitolo IV

Da qualche ora il Circolo culturale ha ripreso a far girare i suoi ingranaggi. Dopo quindici giorni di inattività, il gran-de cancello verde è di nuovo spalancato, giornali di ogni tipo sono pronti nella sala comune, un fattorino fa avanti e dietro trasportando casse di aperitivi, merendine e bevande varie, perché al Circolo non deve mancare nulla. Lo stereo riempie il locale di piacevole musica jazz mentre quattro ragazzi si danno da fare nel rimettere in ordine e dare una pulita. Il segretario scrive al computer la lettera di convocazione per l’assemblea dei soci mentre VV, appena arrivata, sistema tutta la roba giunta e piazzata in malo modo all’ingresso, saldando poi il conto al facchino. VV gestisce la contabilità, si occupa delle bollette, dei vari abbonamenti, del conto postale, versamenti, ricevute, fatture e quant’altro. Dopo essersi laureata in econo-mia, trovò subito lavoro presso una nota azienda in una città limitrofa e lì, oggi, riveste il ruolo di direttore amministrativo. Una persona sulla quale si può fare affidamento insomma, per questo nessuno del consiglio direttivo del Circolo ebbe dub-bi quando furono assegnate le varie cariche. Sono le 18:09, il caldo non concede tregua, il nono mese dell’anno ormai è alle porte e l’anno sociale volge al termine. Ci saranno le vo-tazioni e il consiglio direttivo potrà essere rinnovato o sfidu-ciato. Tutti i presenti sanno di aver svolto un buon lavoro ma alcuni manifestano comunque la volontà di abbandonare per dare spazio ad altri volenterosi. VV, invece, sarebbe felice di

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Capitolo V

L’odore forte dello zampirone sembra funzionare bene contro le zanzare, a discapito della respirabilità dell’aria. VV non lo sopporta e nel malessere generale dato dal caldo, dalla puzza e dai micidiali insetti, impreca cordial-mente contro l’altitudine della sua città, il corso d’acqua che la attraversa e l’estate in genere. Una pessima idea sa-rebbe andare al Circolo, immerso nel verde, e comunque l’ora è tarda. Dopo aver deciso di uscire, per raggiungere la sua combriccola che si è avviata al pub, si rende presen-tabile indossando degli abiti “da uscita”, non eleganti o eccedenti in signorilità: VV è una ragazza alla mano che tende alla comodità più che all’apparenza. Sistematasi, prende le chiavi ed esce. Il vento che entra dal finestrino dell’auto le scompiglia i capelli, lasciati cadere liberamen-te sulle spalle, e quell’aspetto le dona un tocco molto più adorabile. Giunta al pub, raggiunge gli amici già sedu-ti, uno di loro racconta della sua vincita serale, avendo scommesso su di un match di calcio europeo. Settembre, infatti, è arrivato e con esso anche i preliminari di Cham-pions League. Le parole legate al mondo delle scommesse, portano quasi inspiegabilmente la mente di VV verso un pensiero: le slot machine. La ragazza se ne rende piena-mente conto, istintivamente si stropiccia gli occhi, poggia le mani sul tavolo e, donando un sorriso bonario a chi le sta di fronte, propone scherzosamente di andare in un

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Capitolo VI

Pioggia. Improvvisamente la pioggia. Gli acquazzoni estivi sono tutto ciò che rende desiderabile anche l’estate. Prima del temporale è noto che il cielo si oscuri gradual-mente, le nubi grigie avanzano da una direzione all’altra, il Sole lentamente viene eclissato, si vedono i lampi, poi i tuoni ancora in lontananza rimbombano in un modo assolutamente non riproducibile e perfettamente poetico, un vento fresco comincia a spirare sempre più forte. La natura sembra gonfiare i suoi polmoni per gridare agli uomini quanto sia potente, quanto sia inesorabile. VV possiede un metodo preciso di godimento, tutto suo e che con gelosia nasconde al mondo. Al primo sintomo di significativo cambiamento climatico, raggiunge la bal-conata al terzo piano di casa sua, socchiude gli occhi e respira profondamente cercando di assaporare quei mo-menti che preannunciano la tempesta. Così come spes-so accade, anche quel giorno rientra pochi istanti prima che l’acqua cominci a cadere a secchiate. È un gran bel temporale e quando le mani di Dio finiscono di spremere anche l’ultima nuvola, la temperatura si è abbassata di qualche grado. Niente di meglio per fare una passeggiata dopo settimane di caldo intenso. È sabato pomeriggio, la vita sembra riprendere dopo la pausa dovuta alla forte pioggia e sono molte le persone che approfittano della seppur temporanea frescura per girare spensierati con la

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Capitolo VII

Al Circolo è indetto l’inizio della riunione in prima convocazione, poiché è presente il cinquanta per cen-to più uno dei tesserati. Scongiurato il pericolo di un nuovo acquazzone, un cospicuo numero di sedie di plastica viene disposto nei pressi della fontana, al cen-tro del giardino. Proprio davanti ad essa vi è un grande tavolo dietro il quale prendono posto il presidente e i cinque consiglieri presenti. L’assenza di VV desta stu-pore poiché non è immaginabile, almeno non lo è stato finora, che la ragazza possa ritardare. Si comincia così con l’elenco delle attività svolte durante l’anno, giacché risulta impossibile procedere con il rendiconto finanzia-rio in assenza della tesoriera. La folla, tuttavia, non ha da attendere molto: VV arriva scusandosi con la platea e improvvisando una giustificazione qualsiasi, certa di non suscitare sospetti o di essere accusata di negligenza, forte della sua impeccabile puntualità che da sempre la contraddistingue. Se qualcuno dei suoi amici o cono-scenti dovesse venire a sapere del suo “vizietto”, anche se contenuto e decisamente non compulsivo, il disonore sarebbe troppo grande, tanto da non farsi più vedere, dal momento che spiegare tutto sarebbe impossibile: VV, ragazza dal curriculum perfetto che si mette alla ri-cerca di informazioni su di un operario vizioso, lo segue, pedina la moglie, gioca alle slot entrando in locali poco

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Capitolo VIII

Il lunedì seguente il Sole fatica a uscire, preferendo re-stare nascosto dietro alle nuvole bianche. VV è in pausa caffè vicino al distributore automatico e pensierosa guar-da dalla finestra del corridoio. Quando è a lavoro, sem-bra una persona totalmente diversa, almeno nell’aspetto: i capelli raccolti e tenuti insieme da un fermaglio a stecco, un trucco sobrio, un po’ accentuato nel rossetto e nel ma-scara, una giacca nera che copre la camicia leggermente aperta all’altezza del collo, tanto da far intravedere un ciondolo che raffigura l’occhio onniveggente, un paio di pantaloni che cadono perfettamente sulle scarpe con un tacco nove e un’ombra di Hypnotic Poison, non aggres-sivo, la rendono l’oggetto del desiderio dei colleghi e il bersaglio delle invidie delle colleghe. Nella mano sinistra stringe il bicchierino di plastica vuoto, lo porta verso il naso e annusa l’odore latente di caffè, quindi socchiude gli occhi quando il Sole si affaccia ed entra dalla fine-stra, proiettando la sua figura sul muro dietro di lei. La ragazza si volta, si appoggia delicatamente al davanzale interno e dona un cenno di saluto a un impiegato che le passa davanti per fermarsi presso il distributore. VV lo osserva e il suo sguardo, dapprima distratto, si posa sulla mano destra dell’uomo che estrae dalla tasca alcune monete, sceglie cinquanta centesimi e li inserisce nella

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Capitolo IX

Il primo evento del nuovo anno sociale ha inizio: è una rassegna musicale durante la quale alcuni gruppi jazz, rock e blues, si sfidano a suon di note nell’Auditorium della città. C’è molta gente e la manifestazione è organiz-zata per raccogliere fondi da destinare a una spedizione in Congo, ideata dal Circolo in collaborazione con alcu-ne associazioni umanitarie. È ragionevole pensare che le strade della cittadina siano deserte, dal momento che alle 21:37 le prime quaranta casse di bibite sono già esaurite! VV è alla cassa e mentre invita alla pazienza le persone che attendono, in fila, per lo scontrino, sollecita a gran voce i suoi collaboratori, incitandoli a darsi una mossa e andare a prendere le altre bibite custodite in sede. Dopo una breve pausa, per consentire alla giuria di esprimere il giudizio sull’ultima esibizione, la musica riprende con un gruppo jazz. Le note di “Locomotion”, non troppo ben in-terpretate, risuonano per l’aere quando, di sfuggita, VV intravede Roberta vicino all’entrata. Strappa altri due scontrini, poi alza la mano sinistra verso il prossimo del-la fila e voltandosi, cerca con lo sguardo la sua collega, le chiede il cambio e, assicuratasi che abbia occupato il suo posto, esce dallo stand e punta verso l’ingresso. Roberta è lì, ascolta la musica guardando verso il palco, distante da lei, mentre tiene per mano Chiara, intenta a giocare

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Capitolo X

Un portatile, una calcolatrice, fogli, scontrini, fatture, banconote, monete, matite, penne, cartelline. Tutto que-sto giace sul grande tavolo nella sede del Circolo, all’in-domani della rassegna. VV è seduta, intenta nel fare i conti; intorno a lei, in piedi, tutti i membri del consiglio direttivo e qualche socio. In religioso silenzio, osservano il lavoro della ragazza mentre effettua il controllo fina-le. Il rendiconto ora è finito. Risultato: positivo. Molto positivo. Dopo aver annunciato la somma raccolta, tutti esplodono in un fragoroso applauso e grido collettivo, si abbracciano e si congratulano tra di loro. L’incasso ha superato la cifra prestabilita e questo vuol dire che l’as-sociazione potrà trattenere una parte dei guadagni. Men-tre il segretario si siede al computer per scrivere la mail informativa a tutti i soci, il resto del gruppo ritorna alle sue normali occupazioni, VV saluta tutti e va via. Le gior-nate cominciano a rinfrescarsi parecchio; sono le 19:11, la T-shirt non basta più e urge tornare a casa per coprirsi meglio. Inoltre un leggero mal di testa comincia ad acca-sarsi nel lobo sinistro, vicino alla tempia. I raggi del Sole quasi paralleli al suolo entrano tra le fessure delle case e allungano le ombre, donando una colorazione arancione molto “cinematografica”, accentuata dagli occhiali scuri che la ragazza indossa. VV adora il tramonto, tanto che

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Capitolo XI

Giovedì sera, cielo stellato. Ore 23:09. VV è ferma davanti al Vesuvium. Appoggiata alla sua auto, sospira scuotendo leggermente la testa. Come un richiamo be-stiale, la voglia di giocare si è quasi impossessata di lei strappandola dal sonno e così eccola, proprio lì, davanti a quel luogo di perdizione. Non può cedere e non riesce a credere che un vizio sia così forte rispetto alla volontà. Si domanda se quelle due volte alle slot sono bastate per corroderle l’animo; non ha una risposta pero’ è consa-pevole di come sia difficile uscirne quando ci si è dentro fino al collo. C’è silenzio, i rumori sono pochi e soltanto alcune sirene si odono in lontananza. La ragazza, dopo aver a lungo tentennamento, entra in auto e parte a raz-zo, dirigendosi verso un noto parcheggio a poca distanza da casa sua. Chiude l’ auto e prosegue a piedi, desiderosa di fare quattro passi, sicura che sarà un toccasana. Da-vanti all’Art Cafè c’è ancora gente, sempre la stessa a ben vedere. Osserva brevemente le figure mentre supera il locale, pensando a quanto sia noioso restare in un unico luogo per troppo tempo, senza che esso possa darti stimoli interessanti, inediti. La cittadina, quella notte, è quasi magica e triste allo stesso momento. Tutto riposa, tutto è spento e VV lo osserva senza fermare il suo incedere, come se fosse un quadro in movimento, come se il mondo

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Capitolo XII

Sono passati più di venti giorni dalla morte di Luciano. Il funerale è stato tristissimo, pochissima gente ha salutato per l’ultima volta l’ uomo e Roberta ha pianto con digni-tà. Oppure era già rassegnata da molto prima. Chiara non c’era, affidata per l’occasione a qualcuno. VV era presente e non faceva altro che chiedersi se tutto questo si sarebbe potuto evitare. Non c’è stato nessun referto medico ma le ultime persone che hanno visto Luciano, quella notte al bar, hanno dichiarato che era completamente ubriaco e che aveva perso una grossa somma alle slot. Gioco e alcool: ac-coppiata diadolica. È dal giorno del funerale di Luciano che VV non vede Roberta. Non ha avuto il coraggio di andare a casa sua, anche perché non hanno mai stretto un vero e pro-prio rapporto che in qualche modo ne giustificasse la visita. È mercoledì pomeriggio. La giornata è uggiosa e l’autunno è iniziatio da un po’. I colori della Natura sono cambiati ma le temperature non sono ancora rigide e i cappotti pesanti possono attendere nell’ armadio. VV osserva le gocce che cadono sul vetro dell’ampio lucernario del Circolo, seduta sul divanetto con la testa completamente distesa. Un giova-ne seduto al grande tavolo da lettura le chiede se sta bene, essendosi girato e avendola vista in quello stato di completo abbandono. La ragazza si solleva, gli sorride e lo rassicura, quindi si alza e si avvicina alla macchinetta del caffè proprio

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in qualche stradina secondaria. L’acqua intanto comincia a venire giù prepotentemente e il balcone non è sufficiente, si bagnano i piedi e le gambe fino a sotto le ginocchia e improvvisamente comincia a fare freddo: VV si compiace, sta assistendo in diretta a quei fenomeni che annunciano l’imminente cambio di stagione. L’acquazzone dura pochi minuti; la ragazza si incammina verso casa, completamente fradicia.

Ore 20:31. VV è nuovamente fuori casa, dopo essersi fatta una doccia calda e aver mangiato un boccone. È in auto ed ha deciso di andare da Roberta. È intenzionata a scambiare quattro chiacchiere con lei, vedere in che condi-zioni si trova, darle un punto d’appoggio. Un grave lutto non si supera in meno di un mese, anche se quando si è madri la forza si trova sempre. Il traffico è scorrevole e le luci si specchiano sul manto stradale bagnato; il cielo è stel-lato, una strana legge morale si impossessa di VV. Forse può ancora fare qualcosa, il destino forse è un’invenzione dell’uomo. Ecco imboccata Corso Garibaldi ed ecco il pic-colo incrocio, la destinazione è sulla destra. VV rallenta, guarda verso l’abitazione e davanti ad essa scorge Roberta appoggiata a un’automobile ferma, in atteggiamenti sua-denti verso un uomo barbuto che le sta ad un palmo dalle labbra. L’ambiguo figuro, dall’ aria volgare, ammicca gof-famente e tiene poggiata una mano sul tettuccio dell’auto, dove giace una birra. Roberta lo allontana, l’uomo barcolla ed infila una mano nella tasca, tira fuori una banconota dal taglio sconosciuto e la porge alla donna. Roberta prende i soldi e li mette nella borsetta, quindi fa il giro per entrare

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Capitolo XIII

Perché ci si avvicina al gioco? Quali sono i motivi che ci spingono a cominciare? Diceva un saggio maestro che per non incombere nel vizio del fumo basta non accendere la prima sigaretta. Se consideriamo il gio-co come un vizio alla stregua del fumo, della droga e dell’alcool, allora forse vale lo stesso insegnamento. In momenti di crisi, il concetto di società viene meno e vige la regola mors tua vita mea. Non si pensa a fare qualcosa di buono per tutti, ma qualcosa di meglio per sé. Come accennato prima, nelle condizioni attuali dell’ Italia, è facile voler solo pensare di scalare la “classifi-ca”. È una spiegazione plausibile, certo, ma probabil-mente troppo sommaria. Chi inizia a fumare (perlopiù adolescenti: non è una novità, infatti, che la maggior parte delle persone abbia cominciato durante la pu-bertà), comincia per prova o perché ha il desiderio di sentirsi superiore rispetto ai suoi compagni o anche per accelerare quel processo che lo sta portando ad essere un uomo, seppur solo nel fisico. Simili o anche total-mente differenti possono essere i motivi che portano all’alcolismo o alla dipendenza da droghe e credo che il gioco non faccia eccezione. Volendo escludere il sen-so di grandezza che può essere provato “investendo” i propri soldi (del perché ne parleremo più avanti), le poche motivazioni valide a dare il La all’azione di gioco

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Capitolo XIV

Ho amici fumatori che, prima di farsi scoprire (talvol-ta apposta) o di costituirsi ai propri genitori, si sono na-scosti per anni da occhi indiscreti, anche quando l’età spingeva ormai verso un’ovvia avanscoperta. È facile capire la psicologia che si cela dietro un adolescente alle prime prese con le sigarette, ma meno eclatante è quella che si impadronisce di un ragazzo ben oltre la pubertà. Il problema è che il vizio, in ogni sua forma, genera vergogna. E disagio aggiungerei, anche se, tra tutti, il fumo è forse quello più ammortizzabile, nono-stante il suo largo (s)vantaggio sotto il profilo della sa-lute. Tale è anche il gioco, dunque, che di certo non no-bilita l’uomo ed è artefice di una svalutazione generale dell’individuo. Si è già accennato di come il gioco non dia senso di grandezza; ravvisabile anche dalle righe del nostro racconto, il giocatore tende ad eclissarsi dinanzi alle masse poiché esso stesso comprende la sua mal-sana dipendenza. Prendiamo come esempio una calda e piacevole giornata primaverile, tempo di amori, pas-seggiate, ozii e rinascite sociali. Un giocatore accanito comprende perfettamente, anche se soltanto dopo aver giocato, di aver perso il suo tempo e il suo denaro in cambio a nulla, se non al buio della saletta da gioco, al fumo fumato (spesso l’area di gioco è anche area fuma-tori), alla puzza di sudore (è rivoltante, ma specie nei

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Capitolo XV

Quanto valgono oggi i soldi? O per meglio dire, quan-to vale l’Euro? Volendo essere ancora più precisi, quanto peso diamo alle monete del nostro attuale conio? Ben poco, questo è certo. Con il mancato (o comunque molto scadente) controllo durante il passaggio da Lira a Euro da parte degli organi competenti (o sia il Governo), si è avuta una graduale svalutazione della moneta. Non mi riferisco certo al peso che l’Euro ha nel mondo, al tasso di cambio o cose simili, mi riferisco proprio all’impor-tanza che una persona dà ai tagli più piccoli di questa, diciamocelo, fallimentare valuta. Una parentesi qui è d’obbligo. Il 16 giugno 2010, al Parlamento europeo, l’eurodeputato inglese Nigel Farage cantò a squarciagola quello che forse molti cittadini europei pensano: il falli-mento dell’Euro e dell’Unione europea (io la chiamerei unificazione, alla stregua di quella italiana), la necessità di uscire, di smettere di fare capo a questa prigione euro-pea delle Nazioni. Personalmente – e punto il dito esclu-sivamente sull’allora Governo che tutto ha fatto, tranne controllare il passaggio da vecchia a nuova moneta - ho sempre pensato quello che due anni fa affermò Farage (continuerà la sua battaglia al Parlamento negli anni a seguire: ancora oggi formula ipotesi sensate davanti alla faccia pietrificata di Schulz, ben diversa da quella che fece in risposta alle iniquità di un nostro ex Presidente

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Capitolo XVI

La voglia di voler recuperare subito quello che è an-dato perduto è una peculiarità del genere umano ed è anche uno dei motivi che spinge il giocatore a non fer-marsi. Il voler rimediare lo spinge sempre più giù, in sabbie mobili fatte di allegre icone luccicanti. Si è già accennato agli ambienti di gioco, piccole salette buie adiacenti ai bar. Ebbene, un aspetto importante da te-ner presente è lo sviluppo, ora più florido che mai, di locali adibiti esclusivamente al gioco elettronico. I miei occhi hanno visto locali da movida (nello specifico un disco pub che una volta a settimana ospitava serata di balli caraibici. Si poteva mangiare, bere, socializzare, divertirsi) trasformarsi, in poco tempo, in piccoli Casi-no. Quanto incassano le persone che gestiscono questi posti? Evidentemente molto, parecchio in più rispetto a un pur frequentatissimo disco pub. Nei primi sei mesi del 2012, l’industria di cui parliamo ha incassato 44,293 miliardi di Euro. Ma chi è che ci guadagna davvero? In Italia quella del gioco è una delle più grandi industrie del Paese. Ci sono dieci grandi concessionarie che ge-stiscono il business per conto dello Stato. Vorrei render noto, anche se molti forse ne sono a conoscenza, che fino al 2004 le macchine da gioco, ora legali, erano as-solutamente fuori legge. Fu l’allora ministro del Tesoro, insieme ai monopoli, che decise di legalizzarle. Si firmò

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CONCLUSIONE

Poiché il mio intento non era quello di curare un’edi-zione critica nei confronti di chi gestisce e distribuisce il gioco in Italia, posso fermarmi qui e non procedere oltre. La raccolta d’informazioni che scrupolosamente ho raccolto in mezzo anno potrebbe riempire un tomo e sono conscio che, se dovessi continuare nella ricerca, troverei certamente altro materiale da mettere su carta. I motivi che mi spingono a finire sono due: prima di tutto, non penso che la colpa – o almeno l’intera colpa - sia di qualche particolare ente, società o concessionaria che sia, o dello Stato. Chiaramente, per una qualche moralità che mi appartiene, sento di affermare che le fonti del male – in tutte le sue sfaccettature o in qual-siasi modo si vogliano immaginare - non dovrebbero esistere, per “non indurre in tentazione” ma giacché esistono, allora il gioco deve essere preso per quel che è, cioè un gioco. Tutto sta nella sensibilità delle perso-ne, nel loro porsi un limite. E da ciò scaturisce il secon-do motivo, cioè il raccontare un dramma umano, quel-lo che a me, che piace definirmi cantastorie, interessa maggiormente. Non si tratta di un’operazione sadica, atta a tagliuzzare esistenze travagliate per appagare un perverso bisogno di spettacolo, bensì cercare di rac-contare la verità e mostrarla alla gente. Sul perché di questa esigenza, bisognerebbe allegare un trattato filo-

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Finito di stampare presso la tipografia Cangiano Grafica in Volla (NA)

nel mese di gennaio del 2013

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