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Siena, 15 marzo 2013Come si traduce?

Peripezie di uno di tanti giovani “traduttori”Alberto Pavan, Liceo Ginnasio Statale “Antonio Canova”, Treviso

Questo intervento si propone di tracciare la storia, intesa come esperienza intellettuale ed emotiva, del traduttore liceale, che, cresciuto nel libero uso delle proprie facoltà, è catapultato in un mondo di stranianti classificazioni grammaticali e di inderogabili precetti di traduzione, al fine di riflettere sul modo più efficace per proporgli le lingue classiche, in apparenza così lontane dalla sua sensibilità.

La riforma dei Licei del 2010, volta a rendere più connotato e specializzato ciascun curricolo, ha individuato il Liceo Classico come indirizzo in cui la traduzione è lo strumento privilegiato per il raggiungimento delle competenze trasversali, mentre negli altri percorsi liceali lo studio della lingua latina è stato ridimensionato a favore di quello della cultura. Al biennio di questo Liceo 9 ore su 27 sono dedicate al Latino e al Greco e quindi alla traduzione: si tratta pertanto del 33% del monte ore totale. Ne consegue che uno studente tra i 14 e i 16 anni per due anni della propria vita dedica, aggiunte le più o meno strascicate ore di studio pomeridiano, almeno venti ore settimanali alla meticolosa e complessa operazione della traduzione. Si tratta di un allenamento sicuramente strutturante i cui risultati sono con soddisfacente evidenza dichiarati dalle prove nazionali INVALSI.

Da una rapida disamina dei risultati della prova somministrata nell’anno scolastico 2011/2012 alle classi terminali del primo biennio, si può osservare che, nella prova di Italiano, i punteggi generali delle quinte ginnasio del Liceo Canova oscillano tra 83,95 e 88,67 su un massimo di 100, confrontati con una media del Veneto di 80,8 e con una nazionale di 76,4. Sono risultati buoni, ma non di certo sorprendenti, considerato che la riflessione e la pratica linguistica rappresentano lo specifico del nostro indirizzo di studi. L’esame della prova di matematica consente invece osservazioni più interessanti: i risultati oscillano tra 45,93 e 61,20 con una media di 54 circa, sono inferiori alla media del Veneto, che è di 58,1, ma superiori a quella nazionale, che è di 52,1. Vale la pena però osservare che il Liceo linguistico, che convive sotto lo stesso tetto del Liceo classico, ha una media di circa 50. A parità di numero di ore settimanali di matematica, con gli stessi programmi e con gli stessi insegnanti, ci si domanda quale sia il motivo di uno scarto così sensibile. Non mi pare fuorviante individuarlo nel maggior allenamento che uno studente di Liceo Classico svolge in area logica, con continue operazioni di analisi, di classificazione e di soluzione di problemi. La stessa prova INVALSI, tanto temuta da noi insegnanti classicisti, tanto amanti delle conoscenze, avvalora pubblicamente la bontà delle nostre discipline.

I risultati di un moderno strumento di misurazione delle competenze, corroborati da una tradizione di prestigio culturale, sembrano un’ottima referenza per le scuole che ancora insegnano la traduzione dalle lingue classiche. Tuttavia i dati relativi alle iscrizioni per l’anno scolastico 2013/2014 definiscono una tendenza opposta: il Liceo Classico perde lo 0,5 delle iscrizioni e il Liceo Scientifico tradizionale, sempre comunque il più gradito, l’1,7% a favore del Liceo delle Scienze applicate, che non prevede l’insegnamento del Latino. Il Liceo Canova rispecchia questa tendenza: i 135 iscritti al Liceo Classico del 2012 sono diventati 118 nel 2013, mentre i 135 iscritti del Liceo Linguistico nel 2013 sono diventati 205.

Se per dare una ragione al calo delle iscrizioni ai Licei, si ricorre per lo più alla congiuntura economica, che rende esitanti di fronte a impegnativi percorsi a lungo termine, sono convinto che anche la traduzione contribuisce a questa tendenza: al solo pensiero di stare con la testa china su testi e dizionari infatti, la media degli studenti e dei genitori in fase di orientamento fugge a gambe

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levate. La traduzione è infatti percepita come un’operazione lambiccata e fine a sé stessa. Per una studentessa, anche dotata, si sentono più “spendibili” le lingue moderne, per uno studente le materie scientifiche. È il naturale modo di comportarsi di una società che vive di tecnicismi e di procedimenti in gran parte esecutivi; tuttavia a noi spetta il tentativo di smentire questa tendenza, proprio insistendo sulla trasversalità delle discipline classiche e sulla loro natura squisitamente formativa e sulla loro virtù distintiva.

Una recente definizione degli studenti come tante dee Kalì aiuta a capire le difficoltà che essi incontrano nella traduzione. Come Kalì o come un qualsiasi gigante centimane, essi sono abituati a svolgere contemporaneamente mille attività, rapide e immediate, quali spedire messaggi, consultare facebook, twittare, giocare con l’I-pad. La concentrazione si frammenta quindi in mille rivoli, operazione che è l’esatto contrario del processo di traduzione che richiede di dedicarsi con tutte le proprie forze a un processo, talvolta lento e sempre rigoroso, di decifrazione di un testo. Se a questo si aggiunge che spesso gli studenti in entrata sono anche sprovvisti dell’aiuto proveniente dal contesto, perché nel loro immaginario eterni adolescenti giapponesi o creature mostruose hanno sostituito gli eroi classici, risulterà facile comprendere la difficoltà che incontrano nel processo di accoglienza di un testo da una lingua all’altra. Il nostro primo compito è quindi quello di persuadere questi studenti ad avvicinarsi alla cultura classica.

Sul piano pratico della vita scolastica l’attività di di promozione e di autorappresentazione delle nostre materie spetta all’orientamento in entrata, che va inteso come uno sforzo di sensibilità e di energie congiunte, nel senso di un’azione progressiva di avvicinamento al mondo classico, attraverso una collaborazione con la scuola secondaria di primo grado. L’obiettivo di tale collaborazione potrebbe essere lo smussamento dell’effetto di straniamento nei confronti di un Liceo Classico, per mezzo del potenziamento dei moduli di storia antica alla scuola di primo grado, in modo tale da restituire ai nostri studenti, ormai abituati a un immaginario fantasy o confusamente sincretico, un immaginario “classico-europeo”, che li aiuti in seguito nella comprensione dei testi, attenuando sensibilmente l’ostacolo linguistico. Alla scuola superiore invece spetta la realizzazione di attività di condivisione del proprio patrimonio culturale e formativo con gli studenti della scuola secondaria di primo grado, attraverso la presenza attiva degli stessi studenti, che possano svolgere la funzione di peer-tutores, per spiegare la specificità del lavoro di traduzione, le sue asperità e le sue bellezze.

Spiegate tutte queste energie per far capire allo studente orientando il valore di una scuola in cui egli si dedichi alla traduzione, queste sono poi le tappe della sua storia. L’ingresso in IV ginnasio segna un rito di passaggio, che, superata la fase iniziale di smarrimento, inorgoglisce lo studente, lo entusiasma con nuove amicizie, solitamente più affini a lui. È l’anno in cui è più facile gestire il rapporto con la traduzione. Gli studenti provano grande soddisfazione ad apprenderne i rudimenti e anche gratificazione, considerata la facilità dei testi.

Convinto di non aver più ostacoli davanti a sé, lo studente affronta baldanzoso la V ginnasio, quando le lingue classiche si presentano nel loro aspetto più autentico, quello della sintassi e della morfologia, evidentemente ostile agli adepti di Kalì. Inoltre, si scopre la natura non scontata di un ragionamento sul contesto, al quale spesso fatichiamo ad abituare gli studenti. Molti giovani traduttori perdono l’entusiasmo, è l’anno in cui è necessario il maggior dispiego di strategie motivanti, come un lavoro fondato su testi di senso compiuto e non su frammenti testuali, volti esclusivamente a esercitare una regola, alla produzione di un elaborato. Su questi si può fare una riflessione guidata sul contesto, scelto funzionalmente a un riuso delle conoscenze acquisite in altre discipline oppure si può finalizzare parte del lavoro alla produzione di un elaborato inerente la lingua e la civiltà latina, per stimolare le competenze traduttive, utile al coinvolgimento di tutta la classe attraverso il ricorso a risorse personali degli studenti. In questo senso, la V ginnasio con la

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quale ho lavorato quest’anno ha preparato un intervento sulla traduzione latina di Harry Potter da presentare a un convegno organizzato dalla scuola. Alcuni studenti hanno messo a disposizione la loro spiccata inclinazione per le lingue classiche, altri la loro conoscenza più approfondita della lingua inglese, altri la loro capacità di parlare in pubblico maturata attraverso esperienze teatrali e altri ancora competenze informatiche. Il risultato è stato che la classe intera ha lavorato con soddisfazione a una ricerca che ha avuto come punto di partenza uno studio linguistico.Sopravvissuti all’annus horribilis della V ginnasio, in cui il tasso di dispersione scolastica è più elevato, i nostri studenti affrontano il triennio, il periodo del potenziamento della competenza traduttiva, confortata dall’apprendimento del contesto culturale e letterario, attraverso un lavoro sempre più attento sul lessico. Tuttavia il tempo a disposizione è sempre meno e l’urgenza dei programmi sempre più prepotente, così come lo spauracchio di un esame sempre più avulso dalla quotidianità scolastica. La traduzione rischia allora di diventare un locus desperatus, dal quale lo studente non riesce a emanciparsi; di qui l’utilità di affiancare alla traduzione, così come tradizionalmente intesa, lavori di comprensione e di analisi del testo e di commento.Dopo anni di peripezie di apprendimento e di sforzi per tenere viva la motivazione, lo studente, giunto alla vigilia della seconda prova dell’esame di stato, si trova in una sorta di deserto piatto senza punti di riferimento: la versione decontestualizzata. Il giovane traduttore spesso s’arrampica sugli specchi per costruire il significato di un testo complesso, ma soprattutto lontano dai percorsi letterari o dagli autori frequentati. Gli si chiede di essere un tecnico della lingua niente più, il contrario di quanto si propone la formazione liceale.È necessario quindi, nello spirito della riforma, adoperarsi a un rinnovamento della seconda prova, nel senso della massima valorizzazione delle competenze acquisite e non solo dell’abilità tecnica o delle doti personali. Il tema d’esame potrebbe essere scelto all’interno di una rosa di autori, noti e tradotti nel corso del triennio, presentati con il pre-testo e il post-testo e alla versione si potrebbe aggiungere un commento, così come accade nei certamina nazionali, sempre monografici o tematici.

Molti altri sarebbero gli argomenti da affrontare in questa breve storia, tra cui la valorizzazione o meglio l’espressione delle eccellenze, offrendo come spunto la cultura classica, ma mi piace ora concludere tracciando un profilo dell’ex allievo. In media affronta il percorso universitario con una certa tranquillità, non rimanendo sconvolto dai carichi di studio, diventa consapevole delle competenze che applica e inizia a rielaborare il gusto per quanto ha letto, anche forzatamente, al Liceo. Riconosce i propri simili in persone dotate di una sensibilità e di una capacità di percepire il reale tutte particolari e porta a maturazione quel senso di appartenenza dei tempi del Liceo. L’ex allievo è orgoglioso e pronto a farsi promotore entusiasta del Liceo Classico.