Ansa dell'Adige 01/2011

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1 Guardiamoci in faccia e torniamo a costruire il futuro L’ansa dell’Adige - trimestrale - n° 01/2012 - preiscrizione Tribunale di Verona 285/2012 VG - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% NE/VR l’ANSA DELL’ADIGE per un’alternativa sociale ed economica 1

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Guardiamociin faccia e torniamoa costruire il futuro

L’ansa dell’Adige - trimestrale - n° 01/2012 - preiscrizione Tribunale di Verona 285/2012 VG - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% NE/VR

l’ANSA DELL’ADIGEper un’alternativa sociale ed economica 1

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L’ansa dell’AdigeEditore/RedazioneStudio Editoriale Giorgio MontolliLungadige Re Teodorico, 10 - Veronawww.smartedizioni.it Direttore editoriale Michele BertuccoDirettore responsabile Michele MarcolongoStampa NE&A print Viale Del Lavoro 12/A, Villafranca (VR)Preiscrizione Tribunale di Verona285/2012 VG del 28/01/2012

Prima di ogni concerto gli orchestraliaccordano gli strumenti ed è sempre un granbailamme. Questo primo numero deltrimestrale l’ANSA DELL’ADIGE presenta imusicisti, quelli che hanno accettato di venirealle prove. L’editore confida che all’alto gradodi entropia generato da tanti bravi solistisubentri l’armonia della musica. Buon lavoroa tutti (e buona fortuna al direttore).

g.m.

MARTEDI’ 27 NOVEMBRE 2012 ALLE 21SALA CONFERENZE ATER - PIAZZA POZZA, 1 SAN ZENO

Assemblea pubblica

INCENERITORE E TRAFORO ci toglieranno soldi e salute

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l’ansa dell’adige

Innanzitutto cos’è la sinistra?Storicamente si è identificata sempre con leforze ideali, culturali e politiche che non hannoaccettato lo status quo e hanno cercato di an-dare incontro alle esigenze dei ceti socialipiù deboli per garantire una convivenza ci-vile più equa e solidale.Tante sono state le strade percorse, ma socia-lità, solidarietà, giustizia sociale ed egua-glianza sono sempre state idealmente la ma-trice comune.Ad oggi nulla è cambiato salvo una cadutadell’ideale e la necessità di essere, si dice, piùpragmatici.Comunque il neoliberismo del capitale fi-nanziario e le sue ideologie sono rimasti gliinterlocutori unici al di là delle diverse formestatali e sovranazionali, mentre le spinte alter-native che vogliono il cambiamento sono di-verse e molteplici e la sinistra italiana europeae occidentale si dimostra in terribile ritardosia teorico che pratico.Sotto il profilo teorico non si è ancora ipotiz-zata una trasformazione del sistema capitali-stico e sotto il profilo pragmatico in nome delnuovo si sono abbandonati i vecchi modelliorganizzativi di massa per una “presenza so-ciale leggera”.I partiti popolari di massa della Prima Repub-blica sono stati distrutti senza riuscire a sosti-tuirli con nuove forme organizzative radicatenella società in modo valido ed efficace.E’ stato azzerato quasi del tutto il dibattito po-litico culturale e ideologico per sostituirlo conil marketing televisivo e giornalistico fine a sestesso.Ormai la sinistra non rappresenta più politi-camente la società civile sia per la sua orga-nizzazione quasi assente sul territorio, sia perla sua carenza di progettualità, sia per imeccanismi elettorali nel nostro Paese che im-pediscono una rappresentatività vera. O la si-

nistra si riorganizza tornando al sociale e al-l’organizzazione nel territorio o non può esi-stere nella politica reale.Bisogna ripartire sulla base di tre esigenze:

1) Confronto politico a sinistra apertosenza steccati;2) Progettualità politica che non puòessere meramente contingente maculturale e ideologica;3) Ricostruzione in modo adeguatodella presenza sul territorio riconqui-stando la capacità di dialogo con icittadini.

Se la vecchia forma partito ancorata al poteree al consenso priva di reale democrazia è su-perata non è che le forze popolari debbanorincorrere i modelli organizzativi di marketingneocapitalista e neoliberista. Possiamo ipotizzare una pluralità di forme as-sociative e politiche che sul territorio, partendodalla necessità di un cambiamento radicaledella politica, sappiano dialogare e confron-tarsi in modo aperto e libertario per costruireun futuro migliore dove socialità e solidarietàsiano garanti delle giustizia e della libertà. I partiti che restano nel centrosinistra non de-vono temere comitati, centri sociali, movi-menti..., devono confrontarsi ed aprirsi e ilnuovo della politica (comitati, centri sociali,movimenti...) devono uscire dal particolarismoe dallo spontaneismo e radicarsi seriamentein modo stabile per creare strutture non mo-mentanee e contingenti.Questi “cento fiori” di rinnovata socialità sonoil nuovo... le trasformazioni sociali in atto celo impongono... discutiamone assieme e tro-viamo la strada. Un’umanità nuova che si fac-cia “politica” per un mondo migliore è possi-bile... bisogna essere generosi rispetto aglialtri e confrontarsi.

Dove va la SINISTRA?Con il tempo è stato azzerato il dibattito culturale e ideologico per sostituirlo con il marketing televisivo e giornalistico fine a se stesso

Se la vecchia forma partitoancorata al potere e alconsenso priva di reale

democrazia è superata non èche le forze popolari

debbano rincorrere i modelliorganizzativi di marketing

neocapitalista e neoliberista

Possiamo ipotizzare unapluralità di forme associativee politiche che sul territorio,partendo dalla necessità di

un cambiamento radicaledella politica, sappiano

dialogare e confrontarsi inmodo aperto

Inutile girarci intorno: il fumo del ciclone Tosi aVerona si sta lentamente dissolvendo e quelloche ci riconsegna questa fallimentare espe-rienza di governo è una città retrocessa aglianni Ottanta sotto tutti i profili: economico, ur-banistico, viabilistico, culturale. Arriva dunqueil momento di pensare (e cominciare a prati-care) una reale alternativa politica e ammini-strativa facendo tesoro di tutte le esperienze diopposizione emerse in questi anni e chiamandoa raccolta le migliori energie della società civileveronese. Questo primo numero del giornalenon poteva che partire dal dato di fatto dellaframmentazione della rappresentanza politica,

che non è più onore e privilegio dei soli partitipolitici ma anche di comitati, associazioni egruppi di cittadini che in questi anni hanno gio-cato un ruolo via via crescente nell'ambito deldibattito cittadino. La rivista vuole tenere vivo questo confronto nel-l'auspicio che esso diventi foriero di strategievincenti e allo stesso tempo avere anche unafunzione di formazione e di promozione dellenuove leve di giovani che stanno crescendo neiMovimenti e nelle Circoscrizioni. Ai giovani ver-ranno messi a disposizione spazi nei quali pro-muovere le loro idee e le competenze che i piùesperti vorranno mettere a loro volta disposi-

zione per maturarne di nuove. A questo segui-ranno una serie di numeri monotematici suigrandi temi della città: economia, urbanistica,cultura, ambiente. Il contenuto di ogni ciascunnumero verrà discusso all'interno di una reda-zione “allargata” composta da una ventina digiovani rappresentanti esponenti dei partiti, delmondo associativo e dei maggiori comitati cit-tadini. Ad un secondo livello una redazione ri-stretta si preoccuperà di attuare tali indicazionie di “confezionare” la rivista.

Michele BertuccoMichele Marcolongo

Un giornale al servizio dell’alternativa

IL PUNTO

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FIORENZO FASOLI Federazione della Sinistra di VeronaDa anni tutto il sistema è più centrato verso lagestione della cosa pubblica, piuttosto che sulcoinvolgimento, la partecipazione e la rappre-sentanza dei cittadini. Gli organismi elettivihanno maggioranze artificiali frutto dei “premidi maggioranza”, ma non del consenso deglielettori e le assemblee elettive sono svuotate deipropri poteri a vantaggio degli esecutivi. Suquesta strada siamo arrivati ad avere parla-menti di nominati e non di eletti e organismiademocratici, perché non eletti da nessuno, maben più potenti di quelli rappresentativi. Il tuttosotto la cappa del cosiddetto “pensiero unico”,dove il discrimine sta tra chi è più o meno libe-rista, ma dove ogni forma di pensiero “altro”èmessa nell’angolo se non proprio fuori campo. I partiti, diventati comitati elettorali, sono andatiin crisi perché hanno perso la loro funzionefondamentale che era quella di essere luoghidi formazione e selezione del personale politicoe di elaborazione di una proposta di valoregenerale, capace di rispondere alle esigenzedi tutta la società o di una parte significativa diessa.Anche a sinistra ci si è accontentati dell’ordina-rio, rinunciando all’alternativa per una menoingombrante ed impegnativa alternanza. Sisono così sbiadite le differenze tra le propostepolitiche e si è venuto a creare un forte distaccotra amministratori ed amministrati che ha favo-rito l’astensionismo ed il montare di una marea

di “antipolitica” che, seppur giustificata dallamala gestione della cosa pubblica, è finita peraccomunare tutti in una indistinta condanna.Da qui sono nate le forme di risposte parziali ospecifiche di settori sociali come i comitati e imovimenti che vanno valorizzate perché col-gono problemi reali e sono diventate forme au-tentiche di partecipazione e di espressione po-litica. Il problema, caso mai, è di come siapossibile il reciproco riconoscimento tra espe-rienze di partecipazione differenti, anche se di-sposte a lavorare nella medesima direzione eper raggiungere lo stesso obiettivo.La risposta sta dunque nella ripresa del ruolodella politica a cui spetta il compito di ricon-quistare lo spazio per il progetto generale cheperò ha bisogno di maggiore e non di minoredemocrazia. La sfida sta proprio nel riuscire aritessere un dialogo interrotto con la cittadi-nanza e far crescere, dal basso, forme di coin-volgimento e partecipazione riconosciute e de-gne di questo nome.

VINCENZO D’ARIENZOSegretario Provinciale PDIl ruolo della politica, non necessariamente deipartiti, sarà sempre più questione centrale. Daquesto punto di vista annovero i comitati a pienotitolo in questo ambito. Infatti, se è vero che tanticomitati o aggregazioni civiche testimoniano ildifetto di rappresentanza dei partiti, è altrettantovero che il civismo diffuso è un dato strutturaledella nostra società e penso che i partiti debbano

Ci sono anche i capi...Una breve analisi dei vertici per cercare punti di sintesi in vista di un lavorocomune. L’impegno più urgente? Riguadagnare la fiducia dei cittadini

«Gli organismi elettivi hannomaggioranze artificiali frutto

dei premi di maggioranza,ma non del consenso

degli elettori»Fiorenzo Fasoli

«Il civismo diffuso è un datostrutturale della nostra societàe penso che i partiti debbanoaprirsi a questa novità senzaalcuna pretesa di assorbirla»

Vincenzo D’Arienzo

«Va costruita unarappresentanza politica del

lavoro, non solo dipendente,di chi lo cerca, dei

pensionati, dei giovani e digenere. Vanno rappresentati i

diritti civili e non anche iprivilegi»

Giorgio Gabanizza

«E’ questo il tempo dell’eticaritrovata, senza la quale non

potrà esserci nemmenoripresa economica»

Marisa Velardita

«Dobbiamo costruireun’alleanza riformista sul

modello delle grandidemocrazie europee, che

dovrà dialogare con il mondodei cattolici e dei

liberaldemocratici»Umberto Toffalini

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aprirsi a questa novità senza alcuna pretesa diassorbirla. Ecco perché ho voluto fortemente cheil centrosinistra aprisse la coalizione all’apportodel civismo. E’ questo connubio che alimenta laconcorrenza, stimola chiunque a mettersi in giocofavorendo un nuovo protagonismo nonché as-sunzioni dirette di responsabilità amministrative.Con le nostre rappresentanze istituzionali occorrestrutturare percorsi di condivisione programma-tica su temi quali il governo locale del lavoro,dell’ambiente, della mobilità, della crescita, eco-nomica e infrastrutturale, dei rapporti sociali.Certo, per il centrosinistra non è solo questo iltema per rinnovare l’impegno sul territorio. Lanostra cultura politica ci permette di osare, quindidobbiamo proporre alternative politiche e pro-gettuali nel quadro dei grandi spazi che Veronapuò conquistare grazie alla sua posizione e alleopportunità presenti. Il progetto prima e alla base di tutto. Come PD,con la conferenza programmatica provinciale,abbiamo presentato la Carta d’Intenti, ovverouna traccia di discussione aperta a chiunque pergiungere ad un patto tra democratici, progressistie moderati, tra partiti, movimenti e associazioni,con gli amministratori, con ogni persona, concui la politica deve allearsi, che voglia contribuireal progetto per la Verona del 2020. E’ il PD chesi apre al territorio attorno ad alcuni principi difondo perché dall’attuale situazione non si escericomponendo i pezzi, ma con contenuti nuovi.

GIORGIO GABANIZZACoordinatore provinciale Sinistra Ecologia LibertàNel corso degli ultimi decenni la sinistra hasubìto modificazioni rilevanti che hanno deva-stato la sua cultura politica, i suoi ideali, i suoiancoraggi sociali, le sue proposte. Ha subìtol’egemonia neoliberista e al suo interno partirilevanti hanno inseguito le chimere della sette-centesca utopia liberista secondo la quale è ilmercato che ridistribuisce la ricchezza in modoequo nella società. Gli slogan “meno Stato epiù mercato” sono stati fatti propri da settoriimportanti della sinistra. Così la sinistra ha agitoprevalentemente nel campo altrui accettando di“conservare” il modello economico, produttivo,culturale esistente, pur cercando di modificaregli elementi contraddittori più nefasti. E’ ora che la sinistra ricostruisca una sua auto-noma cultura politica, un suo linguaggio, unsuo pensiero, una sua teoria del cambiamento.Non significa che non debba avere rapportiunitari con altre forze compatibili con il cam-biamento. Anzi, un compito fondamentale dellasinistra è quello di costruire una alleanza socialee politica di centrosinistra di governo, per im-pedire che la destra o “tecnici” legati all’ideo-logia e alla pratica del veteroliberismo, portinoil nostro paese nel baratro di una grave reces-sione e di una intollerabile ingiustizia sociale. Un altro fondamentale compito della sinistra èquello di ricostruire una sua rappresentanzasociale. Non c’è da rappresentare i cittadini in-distintamente. Tra loro c’è lo speculatore finan-ziario e il lavoratore precario che hanno inte-ressi contrapposti e non vanno rappresentatientrambi. Un conto è governare nell’interessegenerale, un altro è stabilire chi difendere edare rappresentanza. Va costruita una rappre-sentanza politica del lavoro, non solo dipen-dente, di chi lo cerca, dei pensionati, dei giovanie di genere. Vanno rappresentati i diritti civili enon anche i privilegi. L’importante proliferazione di comitati legati ad

uno o più problemi, vertenze, obiettivi è se-gnale evidente delle difficoltà dei partiti delcentrosinistra ad interpretare alcuni bisogni.Guai a non avere un rapporto di dialogo e dipossibile collaborazione. La strada è quelladella trasformazione dei comitati in rappre-sentanza politica (trasformarli in partiti a tema)o quella di avere partiti aperti alla presenzaplurale e compatibile di parti significative disocietà mobilitate su obiettivi? Spetta ai partitirendersi permeabili, a tutti i livelli, alla loropartecipazione. Ognuno può fare il suo “la-voro” in piena autonomia, ma fare sintesi inun progetto comune di cambiamento mi parenecessario. E’ compito della buona politica fa-vorire e promuovere l’aggregazione e la par-tecipazione democratica.

MARISA VELARDITACoordinatrice Provinciale IDVIlvo Diamanti, in un editoriale del gennaio diquest’anno, in riferimento alla questione morale,parlava del “relativismo etico di un paese in-dulgente”. Di questo dobbiamo preoccuparciadesso e in futuro.La politica “nuova”che fiduciosi attendiamodalle elezioni politiche, avrà anche il compitodi contribuire a modificare i comportamenti de-gli Italiani che sono stati “indulgenti”, sia a de-stra sia a sinistra, verso il Premier Berlusconi everso tutti coloro che, in questi anni, tramite lapolitica, hanno intrallazzato e lucrato a lorovantaggio.Infatti molti sono stati complici del sistema dellacorruzione e ne hanno tratto guadagni, perciònon è corretto attribuire solo a Berlusconi lecolpe della deriva in cui ci troviamo. Come nonè pensabile imputare solo a Berlusconi un’ideadi donna in vendita al miglior offerente o ilsempre più diffuso sentimento omofobo. Questisono virus presenti nella società, che deve epuò cambiare, trovando energia in se stessa,ma anche ricevendo e imitando esempi positividi chi è chiamato a gestire la cosa pubblica.

E’ questo il tempo dell’etica ritrovata, senza laquale non potrà esserci nemmeno ripresa eco-nomica. Tutti insieme, politici e cittadini, do-vremo riprendere in mano il nostro destino e,nell’ottica del bene comune, faticosamente, macon coraggio e tenacia, iniziare a ricostruirel’Italia.

UMBERTO TOFFALINISegretario provinciale PSILa decadenza della politica ci deve mettere inguardia dai pericoli della banalizzazioni dellanostra cultura, provocata dalla spasmodica ri-cerca del piacere personale e superficiale. Isegni della decadenza sono evidenti, si trattadi vedere se avremo la forza di contrastarli ri-costruendo il senso della cultura. Oggi preval-gono lo scandalo, il pettegolezzo: basta guar-dare i media, dove la maggior parte dellacomunicazione avviene tramite spot, e quantola pubblicità determina le scelte di voto. Lapolitica dello spot di pochi secondi soddisfa ilbisogno del solo intrattenimento e distrazionee non aiuta a pensare e riflettere. Come alleanze dei riformisti bisogna creareun’azione politica con temi e proposte con-crete, come l’abolizione dell’Imu sulla primacasa e l’introduzione della patrimoniale sullegrandi ricchezze, più merito nella scuola pub-blica, più laicità.Come Partito Socialista avvieremo un percorsodi coesione tra le forze politiche per raggiun-gere obiettivi importanti come l’abolizione deicosti impropri delle bollette di luce e gas edelle tasse inique sulla benzina .Dobbiamo costruire un’alleanza riformista sulmodello delle grandi democrazie europee chedovrà dialogare con il mondo dei cattolici edei liberaldemocratici, ripensando al fatto chetutte le grandi riforme che l’Italia repubblicanaha conosciuto sono passate da un accordo traqueste due anime.

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l’ansa dell’adige

di Claudio Bolcato

Rileggere a distanza di anni quasi un ventenniodi risultati elettorali è impresa complessa ma allostesso tempo affascinante: permette di delineareuno spaccato particolare della società e osser-varne l’evoluzione nel tempo, dalle vicende postTangentopoli degli anni Novanta, fino ai giorninostri, caratterizzati da un difficilissimo quadroeconomico e sociale in cui sono forti i segnali diantipolitica e rifiuto delle istituzioni. Oggi comeallora…

Quando si è votato e chi ha votatoLe elezioni considerate si sono tenute negli anni1994, 1998, 2002, 2007 e 2012. Dall’esamedell’imponente mole di numeri e sigle si componeun quadro politico sicuramente legato ed influen-zato da istanze nazionali ma anche con qualcheinteressante peculiarità locale.A partire dal 1998 tutte le tornate elettorali sisono svolte regolarmente a scadenza dei rispet-tivi mandati amministrativi dapprima ogni quat-tro anni, successivamente, dal 2002, ognicinque. Per tre volte si è andati al ballottaggio(1994, 1998 e 2002); per due volte invece la vi-cenda si è conclusa al primo turno (2007 e2012). Il centrodestra ha primeggiato quattrovolte (1994, 1998, 2007 e 2012) lasciando alcentrosinistra solo una soddisfazione (2002).Quest’unica vittoria è stata ottenuta al ballottag-gio, con un apparentamento che allora fecemolto discutere, ma che permise al centrosinistradi andare oltre il proprio schieramento, intercet-tando una parte di elettorato collocato ideologi-camente nel centrodestra.Ulteriori riflessioni emergono osservando la com-posizione e il comportamento del corpo eletto-rale. Dal 1994 al 2012 si nota la progressivadiminuzione del numero degli elettori iscritti nelleliste (12.000 unità in meno) e la diminuzione del

numero dei votanti (-11,5% circa). Il totale deivoti non validi si attesta nella forbice compresatra il 3 e il 5%, senza particolari oscillazioni.Nel 2012 si registra il picco massimo dell’asten-sionismo che raggiunge il 30,4% circa (controil 18,5% del 1994).Analizziamo ora più dettagliatamente alcunemacro aree politiche, con l’avvertenza che sitratta necessariamente di una suddivisione ar-bitraria e talune volte forzosa, operata pren-dendo come riferimento le categorie odiernedella politica.

Da Michela Sironi a Flavio TosiI partiti che compongono storicamente quest’a-rea (Forza Italia e Alleanza Nazionale prima,PdL poi e Lega Nord) hanno vissuto alterne vi-cende e fortune. La metà e fine degli anni no-vanta (Sindaco Sironi) vede FI collocarsi oltre il20% di consenso (28,6% nel 1994 e 21,6% nel1998), con Alleanza Nazionale che si avvicinaalla doppia cifra (miglior risultato 9,8% nel1994). La Lega Nord invece si presenta autono-mamente nelle tornate elettorali 1994 e 1998

raccogliendo più del 17% di consenso in en-trambe le circostanze. La sconfitta del centrode-stra del 2002 innesca un passaggio di consegnenella guida dell’area.La nuova fase (elezioni 2007 e 2012) vede pre-potentemente emergere la figura di Flavio Tosi,che monopolizza la scena non solo trascinandoLega Nord e PdL alla vittoria, ma imponendo lapropria leadership attraverso una lista civica alui collegata che raccoglie il 16,3% nel 2007 eaddirittura il 37,3% nel 2012. E’ uno tsunami chesi abbatte sul centrodestra e sulla politica vero-nese e che si manifesta con un successo perso-nale di Flavio Tosi capace di andare oltre leappartenenze politiche e il consenso del partitoin cui milita.

Il centro: eternamente alla ricerca di séPiù articolate sono le vicende dell’area centrista,occupata fin dal 1994 da una parte dei reducidella diaspora democristiana, il Partito Popolaredi Martinazzoli, in grado di raccogliere il 15,5%di consenso e il Patto Segni che si ferma ad unmodesto 3,3%. Ciascun partito corre in solitaria,con un proprio candidato Sindaco.Nel 1998 il quadro è già mutato: le alleanze ri-propongono schemi nazionali, con CCD e CDUancorati nello schieramento di centrodestra(5,2% e 2,9% rispettivamente) e PPI collocato nelcentrosinistra (7,9% circa).La tornata elettorale del 2002 vede nuovi sog-getti politici occupare quest’area ritenuta strate-gica nella costruzione del consenso: laMargherita, che sostiene il candidato SindacoPaolo Zanotto (centrosinistra) e ottiene il 13% e

1994/2012Amministrative a Verona

L’analisi del voto deiveronesi dagli anni ‘90ad oggi consente una

lettura particolare dellarealtà sociale e politica

della nostra città

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l’UDC che sostenendo Pierluigi Bolla (centrode-stra) ottiene il 6,8%.Il caso UDC è emblematico di quanto sia mobilequest’area; presente alle elezioni amministrativedel 2002, 2007 e 2012 con proprio simbolo, havisto progressivamente erodersi il consenso elet-torale: da un buon 6,8% (2002) scende fino al3,3% (2012), nonostante si presenti con un pro-prio candidato Sindaco. Esaurita la fase di con-vivenza nel centrodestra, il grande centroaggregatore sognato da Casini non decolla enon riesce ad intercettare i delusi del PdL, chepreferiscono orientarsi verso la figura di Tosi.

Liste civiche e Movimento Cinque StelleRicca di frequentazioni, ma con risultati delu-denti per molte liste è l’area del civismo vero-nese, legato inizialmente ad istanze ambientalie urbanistiche e a personalismi nascenti dalladisputa politica. Quasi completamente assentenel 1994, questo spazio politico inizia ad ani-marsi nel 1998 per la partecipazione alla com-petizione elettorale di una serie di liste legate aicomitati di quartiere, ma soprattutto per la pre-senza di “Progetto Verona” di Tito Brunelli, cheottiene un interessante 3,8%.Nel 2002 è decisiva la “Lista Sironi” del candi-dato Sindaco Aventino Frau: il 5,3% e il relativoapparentamento sono fondamentali per sancirela vittoria al ballottaggio di Paolo Zanotto, ilquale si avvale anche della propria lista civica

“Zanotto per Verona”, che con l’8,9% si collocasubito a ridosso dei tradizionali partiti e davantiall’UDC.Nel 2007 lo scenario si arricchisce con la lista“Tosi Sindaco per Verona”, che diviene in brevela seconda forza politica della città, alle spallede L’Ulivo, con il 16,4% circa. Straordinario il ri-sultato della stessa lista nel 2012: il 37,3%,prima formazione della città!Analizzando l’area civica non possiamo non ac-cennare al Movimento Cinque Stelle, rappresen-tativo di una voglia di politica senza partiti,fautore di una democrazia diretta tra cittadini eamministratori. Presente per la prima volta alleelezioni 2012 ottiene un buon 9,5% e sorpassaforze politiche storiche e radicate come il PdL el’UDC.

Il centrosinistra: dopo il 2002 un rapporto da ricostruire con la cittàAltrettanto articolata e complessa è la dinamicaelettorale dell’area del centrosinistra. Nel 1994l’aggregazione che più si avvicina all’idea dicentrosinistra è quella che fa riferimento al can-didato Sindaco Dario Donnella, composta daPDS, Rifondazione Comunista, Alleanza per Ve-rona e Verdi. E’ una riproposizione locale del-l’Alleanza dei Progressisti di Occhetto. Il PDS,principale partito della coalizione, raccoglie il10,2% al primo turno affermandosi come quartopartito in città.

Dal 1998 in avanti si intravvedono coalizioni dicentrosinistra più propriamente definibili: DS, PPIe forze minori sostengono il candidato SindacoGiuseppe Brugnoli e lo accompagnano, senzafortuna, fino al ballottaggio contro il Sindacouscente Michela Sironi.Il centrosinistra ottiene il miglior risultato nel2002: al primo turno la coalizione riunita intornoal candidato Paolo Zanotto raggiunge il 36%, eal ballottaggio completa il sorpasso sul centro-destra grazie all’apparentamento con la Lista Si-roni di cui si è già detto.Tuttavia, a partire da questa tornata elettorale eper tutte le successive, siano esse provinciali, re-gionali, europee e politiche, il divario tra centro-sinistra e centrodestra aumenta a favore diquest’ultimo in maniera sempre crescente, fino agiungere alle comunali del 2007: con L’Ulivo co-munque primo partito in città con il 17,4% si cer-tifica un divario negativo di circa 10.000 votirispetto al 2002.L’erosione continua tra le amministrative del2007 e quelle del 2012: L’Ulivo diventa PD maperde ulteriori 5.800 votanti pur risultando la se-conda forza politica della città, incuneata e com-pressa tra la lista “Tosi per Verona” al 37,2% ela Lega Nord al 10,7%.

Riflessione conclusiva: il valore aggiunto dei candidati SindaciInfine qualche accenno al valore aggiunto rap-presentato dai candidati Sindaci. Le miglioriperformance individuali, ossia il maggior nu-mero di preferenze raccolte dai candidati Sin-daci al netto dei voti di lista, sono di MichelaSironi (1998) con 11.786, Paolo Zanotto (2002)con 10.245 e Flavio Tosi (2012) che mette in-sieme 9.955 preferenze.Si tratta naturalmente di un dato che non tieneconto di tutto il valore aggiunto apportato co-munque dal candidato alla propria coalizioneattraverso i voti di lista. Tuttavia le tre figure citateoggi sono di diritto nella storia politica della cittàe pur distinguendosi per le modalità diverse diapproccio alle vicende amministrative, sono ac-cumunate dalla capacità di saper suscitare co-munque un’emozione nell’elettore e di sapercogliere e saper cogliere e interpretare i segnaliprovenienti da una società complessa, fortementeframmentata ma comunque vivace e dinamicacome quella veronese.

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l’ansa dell’adige

di Alessandro Gennari*

I cittadini italiani, ormai distanti anni luce da unaclasse politica che non li rappresenta, sta ritro-vando il senso civico, facendo nascere liste civichein abbondanza e dando linfa vitale al Movimento5 stelle che attualmente ha incrementato a dismi-sura i suoi consensi.

La formula funziona proprio perché l’autorappre-sentanza del cittadino non è un utopia. Forse finoa qualche anno fa poteva sembrare così. Ognunoinfatti pensava che una volta uscito dalla cabinaelettorale, il suo ruolo istituzionale fosse terminatoperché la sua voce non sarebbe mai stata uditadalla politica. Questo ha creato un progressivodegrado culturale che la classe politica ha favo-rito e alimentato attraverso lo spostamento di ri-sorse pubbliche verso i media. Oggi qualcosa si muove a livello trasversale. L’au-

mento del costo della vita e questa crisi che nonha fine apre gli occhi alle persone che si infor-mano, si confrontano, fanno rete. Così aumen-tano le case in bio edilizia, si spinge la raccoltadifferenziata, ci si rende conto che l’ambiente nonè una risorsa senza fondo e che siamo noi citta-dini a dover cambiare la cultura.

Momenti storici come questo non hanno compro-messi, o una civiltà implode, oppure si coglieun’opportunità enorme. Il cambio culturale. La vo-lontà di mantenere un certo tenore di vita crea lanecessità di informarsi con senso critico, ed au-tomaticamente il cittadino si accorge di voler direla sua, a volte di avere maggiori informazioni dichi lo governa. Questa è la meravigliosa realtà dell’auto rappre-sentanza. Una situazione critica che cambia ilmodo di pensare e diventa un’occasione disvolta.

Il Movimento 5 Stelle è diventato lo strumento percostruire un futuro limpido, perché è compostoda persone normali, professionisti della vita vera,non della politica. Persone che non delegano piùad affaristi il loro futuro e decidono di impe-gnarsi in prima persona per il proprio territorio.Il circolo virtuoso è già stato innescato laddove imembri del Movimento sono diventati terminalinelle istituzioni. Proprio così, terminali, strumentidi trasparenza e megafoni per la cittadinanza.Uno vale uno, tu diventi la mia voce dentro il pa-lazzo e la tua opinione vale quanto la mia; si di-scute, si vota in assemblee pubbliche e si decide.

La gente riscopre il senso civico, la democraziapura, l’auto rappresentanza. Come ogni sistemaumano, anche l’auto rappresentanza è perfetti-bile. La politica attuale ci ha portato fino a questobreak even point perché è affamata di denaro.Limitando i compensi si può arrivare a una sortadi volontariato civico, un vento nuovo che spazzavia la vecchia classe. Il nuovo che avanza.

Siamo sicuri che incapperemo in qualche errore,ma i traguardi che raggiungeremo, se riusciremoad avere abbastanza forza, li giustificheranno.Tra questi vi è: a) Un cambiamento di cultura ci-vica (nuova coscienza del settore pubblico edella sua efficienza). b) Un diverso approccioambientale (progettando nuovi volti per le città,inquinando meno per avere luoghi in cui laqualità della vita sia migliore sotto tutti gliaspetti, anche economici ed occupazionali). c)Adozione di obiettivi a lungo termine per la so-stenibilità e la crescita del singolo cittadino.

Ciò che la politica di oggi chiama “sociale” inrealtà è normale senso civico che va stimolato,nutrito ed incentivato sopra ogni cosa. E’ indi-spensabile essere in tanti perché grande è lamole di lavoro necessaria a cambiare una so-cietà. Prendiamo Verona, ad esempio. Nel girodi un anno le persone che ruotano intorno alMovimento 5 Stelle sono più di mille ed ab-biamo avuto adesioni di altissimo valore daparte di professionisti provenienti dai più sva-riati settori.

Le nostre sedute sono pubbliche, accogliamochiunque si presenti purché privo di tessere dipartito, indirizziamo le persone che voglionoessere parte attiva, verso gruppi di lavoro spe-cifici divisi per competenze ed indirizziamo iconsiglieri comunali eletti nel loro lavoro. Pub-blichiamo ogni cosa che facciamo, abbiamo unblog, una pagina Facebook, strumenti gratuitie liberi di democrazia partecipata per effettuaresondaggi e miglioreremo ancora i nostri mezzi-Attualmente sta funzionando molto bene. Ci au-guriamo un futuro diverso, sostenibile ed incor-ruttibile.

*Movimento 5 Stelle Verona

Il successo dei 5 Stelle?La gente ha le PALLE girate

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l’ansa dell’adige

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di Agapito Malteni*

Spazio. Dal latino patere, essere aperto. Dandouna veloce scorsa ai depliant delle ultime ele-zioni comunali (ma anche delle penultime, delleterzultime, e via così...) ci si accorge in breveche “Spazio”è senz’altro una delle tre parolepiù adoperate nei programmi elettorali di tutti ipartiti, seconda probabilmente solo a “Sicu-rezza”.Per la cultura e per la fiera, per i parchi e per iparcheggi, per i giovani e per gli anziani, peri turisti e per gli studenti; tutti promettono unospazio per tutto.Il sindaco Tosi, per esempio, aveva promesso,prima di essere eletto nel 2007, uno spazio perla cittadinanza nel mezzo di un quartiere inta-sato dal traffico come Borgo Roma. Ed ora, acinque anni di distanza, il Parco S. Giacomo èlì, realtà sotto gli occhi di tutti. Uno splendidospazio verde. Con qualche regola: vietato gio-care a pallone, calpestare e sdraiarsi sull’erba,fumare, suonare strumenti musicali, andare inbicicletta, portare il cane, sdraiarsi sulle pan-chine...Arrivati a metà dell’elenco dei divieti è lecitochiedersi: «Cosa me ne faccio di questo spa-zio?». A cosa serve uno spazio dove è impos-sibile socializzare? Negli altri parchi della cittànon va molto meglio, sono iper-controllati datelecamere e ronde di vigilanza e alla sera ven-gono chiusi a chiave.Anche nelle piazze, che sono da sempre lo“spazio”per eccellenza delle città, tutto è rego-lamentato: la bancarella può stare là dalle…alle, il suonatore di fisarmonica deve stare inquel metro quadro al massimo fino a una certaora e non più di tot giorni alla settimana, si puòvendere solo questo quello e quest’altro, non sipuò suonare, mangiare panini, sedersi a terra,bere alcolici, giocare col frisbee...Alla fine si può dire che Verona è una città riccadi spazi per tutti. Ma anche che sono spazivuoti, completamente svuotati dal loro signifi-cato di socializzazione, incontro tra soggetti edinterscambio di idee ed esperienze.L’amministrazione Tosi si è molto data da faresulla questione degli spazi; in effetti più perchiuderne che per aprirne.Lo si era capito subito, visto che uno dei suoiprimissimi provvedimenti fu di far radere alsuolo il Centro Sociale Occupato Autogestito LaChimica (uno spazio anche quello, ma cheevidentemente non gli piaceva). Subito dopofece chiudere anche il campo Rom, convintoprobabilmente che i suoi abitanti sarebbero

spariti nel nulla; ahiloro, così non fu.Per fare un esempio figurato, tagliare i finan-ziamenti alla Biblioteca civica (che con Tosisindaco non ha potuto comprare libri nuovi per2/3 anni) significa chiudere uno “spazio cultu-rale ”importantissimo, unico in città. Togliere lepanchine dalle piazze e dalle strade vuol direchiudere “spazi di socialità” non solo per i gio-vani che ci stanno la sera fino a tardi, ma ancheper gli anziani che chiacchierano la mattina.Noi Giovani Indignati, abbiamo un’ideadiametralmente opposta di spazio rispetto aquella del sindaco Tosi. Pensiamo che le piazze,

i parchi e gli edifici della città siano lì appostaper essere vissuti dalla cittadinanza. Pensiamoche se gli spazi sono vissuti con socialità sia piùdifficile che cresca l’ossessione per la sicurezza.Pensiamo che i giovani abbiano il diritto di nonessere condannati a passare la vita al bar o indiscoteca, e che il fenomeno piazza Dantesia indice di una necessità di aggregazione enon qualcosa da combattere a suon di ordi-nanze.

Quello che abbiamo iniziato è un percorso chemira ad aprire nuovi spazi, fisici e figurati.Dalla semplice aula studio, al cineforumper discutere collettivamente di tematiche dellaquotidianità; dalle liste nelle scuole comemomento di confronto sui luoghi del vivere stu-dentesco, alle feste di autofinanziamentofuori dalle logiche commerciali dei bar, dove ilgiovane è visto come un pollo da spennare ilpiù possibile.Sappiamo essere un percorso difficile rispettosoprattutto all’amministrazione che ci troviamodi fronte ed alla mentalità ristretta di una cittàche, storicamente, è sempre stata conservatrice.Sappiamo anche però che “il nostro tempo èqui, e comincia adesso”e che nessuna ordi-nanza e nessuna denuncia ci impediranno diaprire lo “Spazio sociale” di cui la città ha bi-sogno.

*Giovani Indignati Verona

INDIGNADOS

!

Verona è una città ricca di spazi per tutti. Ma sono spazi

completamente svuotatidal loro significato di socializzazione.

L’amministrazione Tosisi è molto data da faresulla questione degli

spazi: più per chiuderneche per aprirne

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di Damiano Fermo*

Un giovane di 26 anni, ingegnere meccanico.Primo lavoro, operaio specializzato in una dittadi componenti per l’agricoltura. Al lavoro im-para, conosce il mondo dell’impresa, dei rapportisindacali, l’equilibrio precario fra capitale e la-voro. Per quello che vede fuori, non ha idea diquanto quel posto possa durare. Vede l’Ilva, unimpresa decotta, da salvare e si chiede: “Per-ché?”. L’immagine è quella di una società immo-bile, cristallizzata, che assiste al suo declino,bloccata da lobby e corporazioni, ferme inposizione. Una società stanca e invecchiata…ed una nuova generazione, multiculturale,che aspetta il momento di giocare la sua partita.

La politica, troppo debole per avere ilcoraggio di dire la verità, si è nascostaall’evidenza di un fallimento. Incapacedi dire che abbiamo costruito un sistema chescivolando sta abbattendo da tempo tante mura,mettendo giorno dopo giorno a rischio la tenutadella casa comune. Quasi vergognosa questapolitica, nel dover cominciare ad ammettereche la ricchezza non è fatta solo di potere d’ac-quisto e di crescita, ma anche e forse soprattuttodi condivisione, di conoscenza e di in-novazione. Saper attrarre le forze migliori della società,portare i più capaci ad assumere la direzionedel progetto, un progetto sempre in divenire, incontinua modellazione. Questo deve essere ilruolo di chi vuole risollevare un Paese. Ma chidecide chi sono i migliori soggetti per questasfida? In Italia sembra tutto lasciato al caso. AVerona abbiamo saltato un paio digenerazioni. Il ricambio generazionale chesarebbe stato possibile tramite un attento per-corso di formazione, culturale ed esperienziale,è stato sacrificato. Le scorse elezioni hanno visto

liste di partiti mezze vuote, riempite in extremisda tanti e tante gentili tappabuchi. Insommal’investimento nel futuro i partiti veronesi hannodimostrarlo di non saperlo sostenere. E nono-stante tutto tanti giovani sono riusciti ad essereeletti. Prova del fatto che gli elettori sarebbero,come sempre, pronti ai cambiamenti moltoprima dei propri partiti.

Perso il vecchio orientamento legato a una for-mazione realmente critica e completa per la sceltadei dirigenti di domani, i partiti di oggi hannonelle primarie lo strumento che forse meglio puòaiutare nella selezione, per le candidature alleelezioni politiche ed amministrative. I candidati aresponsabilità di partito non devono assoluta-mente essere eletti su indicazione dei dirigenti incarica ma votati dagli iscritti sulla base di auto-candidature. Nel rispetto del buon senso e diun’idea della politica che abbia il ricambio tra lesue corde, è necessario poi un ricambio non soloe non tanto generazionale, ma di responsabi-lità, che valga per il Parlamento e gli incarichiamministrativi, ma anche per il partito. Quindidivieto di accumulo delle cariche, anche a livellodi partito, non solo delle istituzioni.Nell’assegnazione degli incarichi la prioritàdeve essere per chi è in possesso di capacità ecompetenze specifiche. Si deve inoltre sempregarantire una equa rappresentatività a tutti i li-velli di donne, di giovani e di migranti. E unavolta in sella, vanno applicati standard di valu-tazione sull’operato dei nostri eletti e nominatiad incarichi pubblici. E non farebbe male unaseria pubblicità dei redditi.Negli enti o società gestite dal pubblico vannonominati esperti e non politici. E sia seve-ramente vietato assumere parenti nella PubblicaAmministrazione. Il nepotismo all’italiana sideve rovesciare nel suo contrario.

Ma, come in politica, la classe dirigente va li-

berata e selezionata anche nel Paese “reale”,il cambiamento culturale nella selezione deveessere collettivo, o non sarà cambiamento. Ilsistema delle libere professioni è particolar-mente antiquato nel nostro Paese. Ventisette or-dini e collegi professionali, esami di stato, tiro-cini obbligatori e codici deontologici del secoloscorso con regole corporative, di fatto impedi-scono ai giovani professionisti di inserirsi e ten-gono ai margini i professionisti che “non ten-gono famiglia” o che non hanno “amicizie checontano”.

È il tempo il problema di questo paese. Il tempoche abbiamo perso perché l’abbiamo sprecato.Soprattutto, il tempo che non possiamo permet-terci di perdere più. Per provare ad essere unpaese diverso, come forse eravamo un tempo,abbiamo bisogno di scegliere da che partestare, soprattutto con chi stare. Scegliamo allorachi ha le idee e le capacità di poterle cogliere.Scegliamo i promettenti, anche se siamo co-stretti a farlo a scapito dei “conoscenti”.Per farlo dobbiamo liberare risorse e darlea chi può impiegarle per cambiare, creare im-presa e tornare a crescere, come una forestache si rinnova, rimanendo sempre uguale, masempre vitale. Premiamo chi produce e costrui-sce con successo: non si sprechi denaro pub-blico sussidiando qualunque tentativo di fareimpresa. Stare dalla parte dei promettenti, vuol dire an-che risparmiare risorse su chi non ha alcunapromessa da mantenere. Se l’Ilva di Tarantoha costi economici, ambientali e sociali inso-stenibili, non serve salvare un posto di lavoroper qualche anno, disperdendo un patrimonio. C’è un’altra Italia da costruire. Una Italia cheinvesta subito quei fondi “perduti” in una ri-conversione che faccia onore ad una delle terrepiù belle del mondo. Per girare lo sguardoverso il futuro. Perché gli arcobaleni si trovanosolo guardando in alto.

* Esponente PD

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l’ansa dell’adige

GIOVANIE POLITICA

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l’ansa dell’adige

di Paolo Fabbri

Chi, considerata la forte crescita della nostraassociazione, mi ha invitato a scrivere sulla co-municazione svolta dagli AdB in questi ultimianni, pensa che la nostra esperienza possa es-sere di qualche utilità per il centrosinistra vero-nese. Credo che questo possa essere vero soloin parte: le nostre proposte, per la loro trasver-salità, per il numero ridotto di temi che com-prendono, per la presenza di aspetti ludici nontrascurabili e per molte altre ragioni, sono de-cisamente meno complicate, anche da comuni-care, di quelle di un partito.

Tuttavia potrebbe forse essere motivo di qualcheriflessione l’approccio al tema della comunica-zione condiviso dal gruppo di soci che, in questianni, ha guidato la Fiab veronese. Va dettoche il nostro obiettivo è stato quello di guada-gnare, per l’associazione e per la bicicletta, vi-sibilità, simpatia e considerazione. Nei nostripiani questo avrebbe dovuto far crescere la do-manda di ciclabilità e, quindi, modificare l’at-teggiamento di amministratori culturalmentemolto lontani dall’idea di considerare la bici-cletta come mezzo di trasporto e, più in gene-rale, la mobilità sostenibile come tra-guardo. Ebbene, non vorremmo, come il galloche si vanta dell’alba, prenderci meriti che nonci spettano. Però, forse, con la nostra azionepossiamo vantarci di aver contribuito ad aprirequalche piccola falla (il bike sharing, adesempio, non era nel programma elettorale delsindaco Tosi) nella granitica resistenza al cam-biamento dei nostri amministratori. In ogni caso,alla nostra azione si deve certamente unastraordinaria crescita del numero di iscritti.

L’idea che ci ha guidati è quella che vi sianomolte analogie fra la promozione di un progettopolitico e quella di un’impresa. Animati di moltabuona volontà e di qualche competenza cisiamo così regalati il piacere di sperimentare leindicazioni lette sui testi pubblicati da variesperti di comunicazione d’impresa, in primissu quelli di Giampaolo Fabris, purtropporecentemente scomparso. Fabris sosteneva l’importanza decisiva dell’im-magine che l’impresa propone di se stessa at-traverso una comunicazione che deve corri-spondere ad una orchestrazione: moltistrumenti, un solo spartito, una sola regia. Ab-biamo quindi individuato le caratteristiche del-l’immagine che di noi ci piaceva e che avremmovoluto trasmettere (competenti, coerenti, corretti,avanguardia di una mobilità europea che verrà,spiritosi, attenti alla forma fisica e alle relazioni,

GLI ADB IN CIFRE

Fra le oltre 100 associazioni italiane cheaderiscono alla Fiab (Federazione ItalianaAmici della Bicicletta onlus) l’associazioneAmici della Bicicletta onlus di Verona (AdB)è quella con il maggior numero di iscritti:oltre 2000 nel 2011. La seconda, quelladi Milano, ne ha circa 1100. Paolo Fabbri èstato presidente dell’associazioneveronese dal 2003 al 2011.

determinati nel pretendere riconoscimento deidiritti dei ciclisti). Abbiamo quindi cercato dicapire in quanti modi, con quali strumenti, lastavamo comunicando: c’è una comunicazioneconsapevole (giornale, sito, comunicati…) emolta comunicazione inconsapevole (qualitàdella sede, rapporto con i soci, immagini suivolantini, la tempestività o il ritardo con cui siprende posizione…).

Hanno evidentemente una valenza comunicativaforte i testimonial, le alleanze strette con asso-ciazioni e istituzioni “vicine” per affermare siala condivisione di valori che la “complessitàdella bicicletta”, che può ragionevolmente cre-scere solo in un contesto fatto di scelte di mobi-lità, ambientali e urbanistiche sostenibili. Ab-biamo condiviso la convinzione che le scelte –anche quella del mezzo di trasporto – non av-vengono solo su base razionale, ma, spesso,per non dire per lo più, sulla base di motivazionidi cui non siamo consapevoli e che rimandanoanche ai nostri bisogni insoddisfatti di relazione,di appartenenza e di stima. E che, per questo,la comunicazione deve avere anche una com-ponente emozionale.

Abbiamo condiviso ancora l’opportunità di ri-correre spesso, senza esagerare, all’advertaint-ment (advertising + entertaintment) per cercaredi farci largo in mezzo a nugoli di comunica-zioni di ogni tipo realizzate, per di più, da pro-fessionisti. Abbiamo cercato di capire quali seg-menti di popolazione, con quali bisogni e qualiaspettative, potevano essere l’obiettivo privile-giato delle nostre comunicazioni. Abbiamo uti-lizzato, sulla base delle competenze via viaemerse fra i nostri soci, media diversi (dallacarta stampata, ai social network, ai video).

Abbiamo cercato di assemblare tutto questo –e altro, ma non c’è spazio – nell’azione forsepiù decisiva di tutte: la stesura di un “pianodella comunicazione”, lo “spartito” che,redatto di anno in anno, ha programmatoe raccordato le azioni diverse volte, nelloro insieme, a fornire di noil’immagine che abbiamo

LA COMUNICAZIONE?Associativa e very professionalL’esperienza degli Amici della Bicicletta mostra che un messaggio può entrare a far parte della pubblica opinione se non è improvvisato. Ecco qualche idea

deciso. A rendere sinergiche fra loro le varieiniziative evitando comunicazioni contradditto-rie. A pianificare, con cadenza regolare, ini-ziative volte ad assicurarci visibilità.

Inoltre, al di là del piano, definire bene la nostraimmagine ha anche offerto riferimenti e postopaletti alla comunicazione dell’addetto stampa,una figura indispensabile stante la necessità diintervenire tempestivamente sui vari accadi-menti, comunicando sempre in sintonia con l’im-magine che l’associazione ha voluto darsi.

In questi anni, rispetto a tutto questo, sono statiinevitabili molti errori e stonature: siamo statidilettanti allo sbaraglio e per di più volontari.Ma nonostante ciò molto è andato bene. Merito,credo, soprattutto dell’esserci dati un modello,di esserci proposti un metodo. Ed è solo se siadottano un modello e un metodo che si rilevanoutilmente gli errori. Ed è grazie anche agli erroriche siamo decisamente cresciuti. Tanto da guar-dare con ottimismo ai 258.000 veronesi ancoranon iscritti all’associazione: abbiamo ampispazi di miglioramento.

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di Daniele Nottegar*

In Italia gli amministratori della cosa pubblica(in massima parte legati ai partiti) godono, oltrea tanti altri, di uno strano privilegio: anche sesbagliano non pagano. E nei pochi casi in cuisono stati in qualche modo chiamati a rendereconto delle loro azioni sono stati poi ricompensaticon delle “careghe“ che forse non danno piùla visibilità di un tempo ma che permettono peròdi “mettere da parte” delle cospicue somme didenaro. Questo ha generato in loro la convin-zione di essere intoccabili, di poter fare dellescelte senza logica, contrarie al buon senso.Le scelte dell’ Amministrazione Tosi in meritoall’inceneritore di Ca’ del Bue stanno andandoin questa direzione.E’ ormai noto che i tre inceneritori attualmentein funzione nel Veneto (quello di Schio, quellodi Fusina e quello di Padova) non hanno ab-bastanza rifiuti da bruciare. Potrebbero bruciarneoltre 325 mila tonnellate all’anno, ma nel 2010(non sono ancora stati pubblicati i dati ufficialidel 2011) si sono fermati a 266.594 tonnellate.Quindi mancano all’appello 59 mila tonnellateE questo perché? Semplice: nella nostra regionenon ci sono abbastanza rifiuti solidi urbani. Eallora non si capisce perché chi amministra lacittà voglia fare un impianto da mille tonnellate

al giorno (500 bruciate nei nuovi forni e 500nei due forni esistenti) importando i rifiuti dachissà dove, con aumento del traffico pesanteper il trasporto fino all’inceneritore e delle ceneriprodotte dalla combustione.Ma come si sosterrà economicamente? La rispo-sta è contenuta nel Piano Economico Finan-ziario previsto dal bando di gara per la costru-zione dei due nuovi forni a griglia; gara vintadalla spagnola Urbaser. Visto che l’ argomentoè di sicuro interesse per i veronesi che voglionocapire, non è chiaro come mai Agsm (control-lata al 100% dal Comune e quindi dal sindacoTosi) non renda pubblico questo documento, no-nostante le richieste siano arrivate da più parti.Forse perché, visto che la produzione dei rifiutiè in diminuzione e la raccolta differenziata do-vrebbe (come previsto dalla legge) aumentare,è concreto il rischio che alla fine i veronesi deb-bano pagare di tasca propria la differenza traquella che è la tariffa stabilita nel bando e quelloche sarà il mancato introito da parte del gestore.Questo è scritto nero su bianco nelle risposte diAgsm ai quesiti dei concorrenti alla gara per idue nuovi forni: “I contratti verranno, pertanto,sottoscritti con le Amministrazioni Comunali con-feritrici, per tutta la durata prevista nel Piano fi-nanziario. I quantitativi che verranno conferiti egarantiti, salvo rimodulazione della tariffa, sono

quelli indicati nello studio di fattibilità e nel bandodi gara, pari a 190.000 t/anno”.La tariffa su cui è basato il tutto è di 112 europer tonnellata conferita all’impianto quando, se-condo fonti giornalistiche, a Napoli i rifiuti ven-gono portati in Olanda pagando 80 euro la ton-nellata. Quindi 32 euro in più saranno comunquepagati dai cittadini.A un bravo amministratore si chiede di fare scelteinnovative che siano per il territorio all’avan-guardia tecnologicamente e urbanisticamentema anche il meno impattanti possibile sulla qua-lità della vita dei cittadini. E secondo voi la sceltadi costruire un nuovo inceneritore a fianco dell’esistente che dovrà funzionare per 25 anni bru-ciando chissà quali rifiuti va in questa direzione?Occorre anche sottolineare che il Parlamento Eu-ropeo ha da poco approvato una raccomanda-zione che vieterà la costruzione di nuovi incene-ritori a partire dal 2020. Dov’è allora l’innovazione? Ecco perché bisogna ci sia unmodo di far pagare gli amministratori che sba-gliano; non è possibile che nel malaugurato casol’inceneritore di Ca’ del Bue venga acceso, chiha preso questa decisione (o chi non l’ha osteg-giata) non paghi per una scelta antieconomica,anacronistica e sbagliata.

* Comitato contro l’inceneritore di Ca’ del Bue

Se chi amministra non rispondearrivano gli ecomostriL’amministratore pubblico che sbaglia deve pagare per i propri errori. Cominciamo a metterlo in pratica con l’inceneritore di Ca’ del Bue?

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l’ansa dell’adige

di Alberto Sperotto*

Quasi come il ritornello un po’ nauseante di unacanzone fin troppo nota, si sente ripetere ad ognioccasione, ad ogni dibattito come in chiacchiereda bar, che la politica e i partiti si sono allon-tanati dalla realtà e dai cittadini, operando sceltee definendo strategie di governo sulla base dimeccanismi divenuti ormai succubi di altri mec-canismi o di incastri di meccanismi. Ciò contienesicuramente una verità, ma ne rivela un’altra.Cioè quanto i cittadini abbiano accettato spessodi buon grado di delegare ai propri rappresen-tanti il governo di se stessi, senza usare quella op-portunità valida in ogni democrazia: lapartecipazione.A questa opportunità rispondono i numerosi Co-mitati cittadini, nati per necessità diverse, mavivi per una stessa esigenza di partecipare alledecisioni vitali del luogo in cui come cittadini vi-vono. Ambiente, salute, diritti, legalità. Si fannofonte e bacino di raccolta di pensieri, paure e didiffusione di idee e informazioni. Trovano, unen-dosi, il coraggio di affrontare quelle autorità chedi rado si rendono disponibili e di studiare alter-native possibili da proporre.Troppe volte strumentalmente confusa con il frontedel “No”, l’esistenza dei Comitati è l’occasionepreziosa di recuperare il collante tra cittadino eGoverno. Come?Ascoltano i cittadini, interpretano le loro esigenzee riferiscono alle autorità politiche, economiche,sociali tramite osservazioni, proposte e richieste.Osservano e vigilano ciò che accade nella città atutela degli interessi legittimi dei cittadini. Indivi-

duano argomenti da porre all’esame degli organipolitici con le modalità consentiti dalla Legge.Se aveva ragione John Fitzgerald Kennedyquando diceva ”Non chiedete che cosa il Paesepuò fare per voi, ma chiedete cosa potete fare voiper il vostro Paese”, hanno ragione i Comitati cheforse l’hanno preso alla lettera non solo chieden-dosi cosa fare, ma agendo per la propria città.Fin qui sembrerebbe tutto giusto e perfetto, unchiaro e splendido esempio di democrazia par-tecipata. Ma gli strumenti in mano ai Comitatinon sono sufficienti per arrivare ovunque, perfarsi ascoltare o mettere in discussione le propo-ste. Invece di arrivare al confronto hanno ricevutocome risposta querele, denunce e addirittura loscontro fisico con le autorità di polizia.Anche entrando nello specifico veronese, i Comi-tati portatori di interessi di moltissimi, forse lamaggioranza, di cittadini non hanno mai ottenutoun confronto, ma si sono visti opporre, da chi im-pera nella città, solo “no” e denunce. Nessuna di-sponibilità, quindi.Il centrosinistra, nella precedente amministra-

Partiti e Comitati«La politica si fa insieme»«Voi fate i Comitati, all’opposizione ci pensiamo noi». Questa la risposta del centrosinistra alla nostra richiesta di coordinare una strategia comune...

zione, non è stato tanto più morbido: voi fate icomitati, all’opposizione ci pensiamo noi. Prati-camente un muro di fronte alla nostra richiesta dicoordinare una strategia comune, col risultatoche, sugli argomenti più importanti come iltraforo, il centrosinistra ha portato a casa i com-plimenti del Sindaco per la opposizione costrut-tiva .Ora, nell’attuale mandato amministrativo, i con-siglieri di opposizione in Consiglio comunalesono praticamente rinnovati e, anche in virtùdell’appoggio dato a Michele Bertucco, i Co-mitati hanno grandi aspettative anche se, di fatto,in questi primi quattro mesi non si sono viste, omeglio, percepite iniziative che siano nate spon-taneamente dai consiglieri se non con notevoli sti-moli dei Comitati.Per quanto nelle fila dei Comitati risiedano risorsepreziose – come avvocati, ingegneri, docenti,agricoltori, studenti, lavoratori di ogni genere –districarsi negli ingranaggi poco oliati del go-verno cittadino e non solo, è come tentare di di-stricarsi in una giungla ancora vergine einesplorata. Serve impegno continuo, serve resi-stenza all’insonnia, servono studio e pazienza.Ma soprattutto servono l’impegno e la risposta dicoloro che siedono sugli scranni più alti dellacittà, di coloro che hanno ricevuto l’onorevole in-carico e l’estrema fiducia di decidere e delibe-rare. Servono l’impegno e la risposta delle forzepolitiche di governo e di opposizione e che primadi tutti dovrebbero chiedersi cosa possono fareper il proprio Paese.

* Presidente Comitato dei Cittadini contro il collegamento autostradale delle Torricelle

IL NODO

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di Giorgio Massignan*

I Verdi... Sì, a Verona una volta c’erano i Verdied erano anche numerosi. Anzi, eravamo nu-merosi. Sono trascorsi poco più di vent’anni e iVerdi, come movimento politico a Verona sonoquasi scomparsi. Eravamo partiti con un grande entusiasmo, poi,in poco più di dieci anni, una nuova delusione,la seconda per noi sessantenni, probabilmentesegnati dal destino di sognare in grande, a spe-rare in una società migliore, ad illuderci di riu-scire a cambiarla e invece a ritrovarsi battuti esconfitti. Ricordo che alle elezioni per il Consiglio comu-nale di Verona del 1990 fummo eletti in cinque,tre del Sole Che Ride e due dei Verdidell’Arcobaleno. Il nuovo vento ecologista,iniziato dopo la tragedia di Cernobyl, stavaspazzando e ripulendo la nostra società. I Verdiproponevano un modo nuovo e diverso di farepolitica. Molti di noi entrarono nelle giunte co-munali, provinciali e regionali, con incarichi im-portanti. Riportammo qualche buon risultato,che però, con il passare degli anni è stato vani-ficato. Mi riferisco, per esempio, al Piano diSalvaguardia del 1993, lasciato scaderedopo tre anni, per poi pianificare il territorio se-guendo gli interessi della speculazione edilizia;al Parco dell’Adige, sempre del 1993, ri-dotto e svilito nei suoi contenuti; al progettodella tramvia, cambiato in un piano per unmaxi bus che va a elettricità in periferia e a ga-solio nel centro storico; e a tante altre proposteche in quegli anni sembravano fattibili.

I mali di sempreDopo la metà degli anni ’90, i Verdi acquisi-rono quasi tutti i connotati strutturali di un par-tito. Preferirono dialogare con le altre forzepolitiche sulla gestione del potere, piuttosto checonfrontarsi con le associazioni sui progetti esulle proposte. A Roma ci furono i primi ministriecologisti e la diversità dei Verdi dagli altri par-titi iniziò a calare. Nel 1985, nello statuto, era specificato che glieletti avrebbero dovuto ruotare, sia in Parla-mento che nelle realtà periferiche. Avrebberodovuto, perché in realtà solo pochi lo fecero. ARoma, alcuni parlamentari interruppero la loropresenza solo quando i Verdi furono spazzativia dal fallimento dei risultati elettorali. La contraddizione tra quanto si era dichiaratoe quanto si era effettivamente fatto, è stata unadelle cause principali della scomparsa deiVerdi. Altre furono l’ambizione personale, lasalvaguardia della poltrona, la litigiosità deivari leaderini, la mancanza di un serio coordi-namento provinciale, regionale e nazionale.Alle difficoltà endogene si sono sommate quelleesterne, che hanno compreso tutto il mondo oc-cidentale, come la grave crisi economica chestiamo vivendo.

Il recente caso dell’ILVA di Taranto è emblema-tico: una parte dei sindacati difende il posto dilavoro a ogni costo ed un’altra richiede cheprima sia messa in sicurezza la fase produttiva. Anche se i Verdi, nella loro storia, a scala na-zionale, non hanno mai sfondato elettoralmentee si sono stabilizzati tra il 2% e il 3%, in parec-chie città e regioni hanno rappresentato unaforza politica che, in alcuni periodi, è stataforte. Cito le Regionali del 1990. Nel Veneto iVerdi avevano raggiunto il 7,1 %, con la Legaferma al 5,9%. Sempre in quell’anno, alle am-ministrative di Verona, i Verdi arrivarono (dallasomma tra il Sole che Ride e L’Arcobaleno, chepoi formeranno la Federazione dei Verdi)all’8,2%, portando cinque consiglieri a PalazzoBarbieri. Ogni circoscrizione cittadina contava uno o dueconsiglieri Verdi e in ogni Comune della provin-cia c’era la presenza di consiglieri ambientali-sti; in qualche realtà come Povegliano e SanGiovanni Lupatoto, per citare qualcheesempio, il gruppo consigliare era molto consi-stente. Ora nel Consiglio comunale di Verona di Verdinon c’è ne sono più. Cos’è successo? Ricordo che alla fine degli anni ’80, tra noiVerdi circolava una frase, che veniva (forse im-propriamente) attribuita ad Alex Langer:

“non siamo né di destra, né di sinistra, maavanti.” Ricordo anche che in quegli anni iVerdi sostenevano che la questione ambientalestava al centro dei loro programmi e che non siesauriva con il tema ambientale, ma rappresen-tava una chiave di lettura culturale che supe-rava le ottocentesche contrapposizioniideologiche. Ecco, forse questa è la primacausa della quasi scomparsa dei Verdi. Nonsono riusciti ad andare avanti, anzi, alcunihanno preferito rimanere seduti su qualche co-moda poltrona a sinistra o a centrosinistra.

La pancia e l’etica del vivereL’ecologismo, si sosteneva, va interpretato com-plessivamente per tutti i settori della società equindi definito come ecologia umana, dellamente, sociale, e ambientale e dell’ammini-strare. L’ecologismo è e rimane un fenomenopost materialista, nato nella società del benes-sere che non aveva il problema della sopravvi-venza. Non si rivolge direttamente alla“pancia” delle persone, ma interviene sullaqualità dell’aria, dell’acqua, del suolo, e sull’e-tica del vivere e dell’agire quotidiano. Lo sforzo dei Verdi oggi, dovrebbe essere pro-prio quello di mantenere le caratteristiche etichedegli anni ’80, che li avevano contraddistinticome movimento aperto e non come partito; diriappropriarsi del controllo del territorio conun’attività locale approfondita e di proporreagli strati sociali popolari una valida e fattibilealternativa all’attuale modello di sviluppo. Una seconda causa è stata il non aver previstole conseguenze del cambiamento del sistemapolitico elettorale del 1994, che imponeva lecoalizioni. La scelta di stare con la coalizionedi centrosinistra in contrapposizione con quelladi centrodestra, anche se naturale, di fatto hatolto ai Verdi la potenzialità di rivolgersi e par-lare ai settori sociali, sensibili alle questioni eco-logiche, che votavano centrodestra.

In Europa alla grandeInfine alcuni dati sui Verdi in Europa, che pos-sono far ben sperare per il futuro: la situazionedei Verdi a Verona e in Italia, è in controten-denza con quanto accade in altri paesi europei:In Germania, le ultime proiezioni danno iVerdi intorno al 25%. I Verdi tedeschi, in questiultimi anni, da un piccolo partito di protesta sisono trasformati in un partito che propone unmodello di sviluppo alternativo, con una fermaopposizione al nucleare e promozione delleenergie rinnovabili; posizione che ha trovatolargo consenso tra i cittadini. In Lettonia sonoal 20%. In Inghilterra sono oltre il 30%. Inpaesi come la Danimarca, il Belgio e l’O-landa, sono arrivati a percentuali superiori al10%; e in Francia si sono attestati sul 6%.

*Presidente Italia Nostra-Verona

I Verdi a secco di carburanteguardano oltre le ALPI

L’ecologismo vainterpretato per tutti i settori della società

e quindi definito comeecologia umana, della

mente, sociale,ambientale e

dell’amministrare.L’ecologismo è e rimane

un fenomeno postmaterialista, nato nellasocietà del benessere

che non aveva ilproblema della

sopravvivenza. Non sirivolge direttamente

alla pancia dellepersone, ma intervienesulla qualità dell’aria,dell’acqua, del suolo, e sull’etica del vivere

e dell’agire quotidiano

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l’ansa dell’adige

di Michela Faccioli*

L’associazione non è un soggetto collettivoavulso dal territorio in cui opera, o dovrebbe ri-fuggire dall’esserlo. E’ semmai un gruppo, piùo meno numeroso di persone, permeabile e at-traversato dalla quotidianità. Può un’associa-zione avere una valida idea di città muovendoda competenze monotematiche o settoriali? Sì,se quella associazione definisce se stessa come“A” e contempla la possibilità di addizionarsiad un altro soggetto che è “B”, ad un altro an-cora che è “C” e così via.

L’Arci, sarà per la sua natura di associazionetradizionalmente di massa e popolare o per lasua vocazione generalista, si presenta già, più omeno felicemente, addizionata ed emulsionata.La sua visione delle cose non può per questa ra-gione che essere complessiva e inclusiva di di-verse istanze e persone, nel senso che i suoi spazidi prossimità con il territorio, ossia i circoli, sonoogni giorno frequentati e vissuti da molti/e cit-tadini/e aventi non di rado differenti apparte-nenze culturali, sociali e politiche. Le nostre basiassociative, che per lo più si occupano delle at-tività del tempo libero, promuovendo la socialitàtra i soci e la reciproca conoscenza, sono il ter-mometro, abbastanza rappresentativo, del pre-sente cittadino.

Se l’Arci, una volta misurata e registrata le tem-peratura, abbozzasse un’idea di città, potrebbefarlo mantenendo quegli stessi tratti generalistie popolari? Sì, a patto di dosare consenso po-polare e proposte coraggiose e atipiche... perla Verona di oggi, s’intende.

Un assaggio per lo spazio qui consentito: se sichiudesse il centro storico al passaggio delleauto private, probabilmente alcuni titolari diesercizi pubblici sarebbero contrari per timoredi scoraggiare l’utenza, ma siccome i residentie i turisti ne troverebbero giovamento in terminidi salute e di decoro della città, si propone diprocedere; se aumentassero i controlli sui mezzi

del trasporto pubblico, probabilmente alcuniutenti, soprattutto quelli non soliti ad obliterare,ne sarebbero infastiditi, ma molti altri apprez-zerebbero la ritrovata serietà dell’azienda, percui si propone di procedere; se si calmierasserogli stipendi dei Presidenti delle aziende munici-palizzate, probabilmente questi ne sarebberorisentiti, ma i presidenti sono pochi e cittadini aquel punto soddisfatti molti di più, quindi perchéil Comune non procede? Se si fermassero ipiani, nel futuro molto onerosi, delle finanze diprogetto (come il Traforo), probabilmente nonpochi cittadini sarebbero contrari per una sup-posta limitazione all’utilità generale dell’infra-struttura, ma poiché gli stessi non sitroverebbero poi defraudati dei loro denari, sipropone di procedere; se si fermasse il consumodel territorio dovuto all’insensata e speculativacostruzione di nuove case, attraverso lo sdoga-namento degli appartamenti sfitti che superanole diecimila unità, i costruttori ne avrebbero amale, ma i quartieri della città avrebbero piùterra e più verde, quindi si proceda; se si con-sentisse ai locali, che fanno musica e creano in-terazione tra i giovani, di chiudere le porte unpo’ più tardi rispetto alla fase attuale e ai ra-gazzi del bongo del 2009 in Piazza dei Signori

Fare scelte coraggiosesenza diventare impopolari

di ritornarvi ad esprimersi, probabilmente al-cuni residenti si lamenterebbero del rumore, mapoiché i giovani necessitano di luoghi di ritrovo,si cerchi un giusto compromesso con coloro chehanno diritto al riposo, e si proceda; se si su-perassero le mozioni del 1995 e il Comune siesprimesse, come sta avvenendo a Milano o aPadova o altrove, sulle unioni tra coppie dellostesso sesso, probabilmente molti cittadini sa-rebbero contrari, ma poiché l’amore non puòtrovarsi prigioniero nelle gabbie dell’inciviltà, siproceda, facendosi garanti della dignità di ognicittadino/a indipendentemente dal suo orienta-mento sessuale.

Troppo per Verona? Dipende: se si guarda allaVerona immersa nei divieti (del bivacco, dellavita notturna) e svilita nel suo ruolo culturale,forse sì. Ma se si guarda alle potenzialità cheVerona offre in termini di bellezza, di ricchezzastorica e alla possibilità di cambiamento, no. Edè a questo “no”, che volge lo sguardo a ciò chepotrebbe diventare e ancora non è, che tuttal’azione delle forze migliori della città deve pun-tare.

*Presidente Arci Verona

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Nel giugno 2011 siamo andati alle urne per rispondere ‘Sì’ ai due quesiti referendari promossi dalForum Italiano dei movimenti per l’Acqua. Abbiamo chiesto di abrogare la legge che daval’affidamento del servizio idrico ai privati e di eliminare la norma che consentiva ai gestori di caricaresulle nostre bollette la componente della “remunerazione del capitale investito”. Abbiamo vinto il Re-ferendum ma, a distanza di un anno, le nostre bollette non sono diventate più leggere. Continuiamoa pagare la “remunerazione del capitale investito”, una quota che oscilla, a seconda del gestore, frail 10% e il 20%. Per questo motivo il Forum ha avviato una nuova campagna, per far rispettare l’esitodel Referendum del 2011. Il 95,8% degli italiani che sono andati a votare ha detto chiaramente chesull’acqua non si possono fare profitti. Questo deve essere chiaro anche ad Acque Veronesi che,interpellata in proposito, ha nicchiato rimandando ogni decisione alla fine dell’anno.

La questione della privatizzazione dell’acqua ha inizio, in Italia, nel 1994 con una Legge che ha dato ilvia al processo della mercificazione dell’acqua. Sono seguiti dei provvedimenti legislativi che se da unlato sembravano voler tutelare un bene comune, dall’altro hanno dato adito a speculazioni enormi.Arezzo è stata la prima città italiana ad accettare la privatizzazione del servizio idrico: il risultato dopoqualche tempo è stato un indebitamento generale con le banche che, avendo fornito una serie di prestiti,sono diventate padrone del servizio. Questo ha portato a una tassazione altissima a danno dei cittadini.

Susanna Brunelli Comitato Acqua Bene Comune

NON TUTTO SI COMPERA

La tendenza dei dominanti è quella di monetizzare ogni forma di vita. Monetizzare l’acqua significa,ad esempio, chiedersi: L’Adige, quanto vale? Il Lago di Garda quanto può valere rispetto al Lago d’Iseoo al Lago Maggiore? Oppure, quanto vale quella falda di acqua sotterranea rispetto a quell’altra falda?La monetizzazione dell’acqua è una scelta deliberata anche dall’Unione Europea, che dal 2009 ha av-viato una procedura di ricerca per dare un valore economico all’acqua. A partire dal 2000, col GlobalContact, le Nazioni Unite si sono sempre più vendute ai poteri forti, le multinazionali. L’accordo rea-lizzato da Kofi Annan prevedeva che ogni società versasse un minimo di 50.000 dollari per farneparte. Questo permise alle imprese multinazionali di essere associate ai processi e alle decisioni in ma-teria di politica economica, sociale e ambientale. Nel 2007, sempre nell’ambito del Global Contact, leNazioni Unite hanno affidato alle imprese multinazionali conduttrici o utilizzatrici d’acqua la possibilitàdi definire la politica mondiale della risorsa idrica. Ne è nato il Mandato dell’Acqua CEO WaterMandate. Nel giugno di quest’anno, a Rio de Janeiro, nel Rio+20, il Congresso Internazionale dellaGreen Economy, 59 imprese multinazionali dell’acqua hanno presentato la loro proposta di unapolitica mondiale, accettata poi dall’Onu. Contemporaneamente e in opposizione al Rio+20, si è svoltal’Assemblea dei Popoli. In questa Assemblea internazionale è stata sottolineata l’importanza digarantire un futuro per tutti. Durante la manifestazione, il Comitato Acqua Bene Comune ha pre-sentato tutta una serie di seminari e conferenze sul tema delle risorse idriche. Ne è stato ricavato un do-cumento in cui, sostanzialmente, sono stati affermati 3 punti fondamentali:1) No alla monetizzazionedell’Acqua: non si può monetizzare l’acqua come non si può monetizzare la Natura, la Vita; 2) Rinfor-zare sempre di più l’opposizione alla privatizzazione dei servizi idrici; 3°) Creazione di una autoritàmondiale dell’acqua, libera dall’influenza dei grandi interessi, e di un Tribunale Mondiale dell’Acquache giudichi e condanni i comportamenti dannosi per l’ecosistema.

Riccardo Petrella

Professore emerito dell’Università Cattolica di Lovanio (B), insegna Ecologia Umana all’Universitàdella Svizzera Italiana a Mendrisio

Non è un Paeseper giovaniNon è un Paese per giovani? Questa purtroppoè la convinzione di molti. Se un ragazzo ha vo-glia di crescere e di investire in se stesso, anchenel nostro territorio fa fatica. A livello regionaleil dato della disoccupazione giovanile è soprail 17% e il Veneto ha perso oltre 40mila occu-pati under 29 anni rispetto lo scorso anno.Il centro di ricerche Datagiovani, sulla basedei dati Istat, ha elaborato una serie di para-metri quali il rischio di perdita del lavoro, la di-soccupazione di lungo periodo, la capacità distabilizzazione contrattuale e la creazione dinuovi posti di lavoro.Il Veneto è una delle regioni italiane in cui ilmercato del lavoro nel 2011 si è deteriorato inmaniera più forte: il tasso di disoccupazione deigiovani dai 15 ai 24 anni è aumentato del4,7%, del 2,3% se si allarga l’obiettivo agliunder 34, valori quasi doppi rispetto a quantoregistrato in media nel Paese. Nel 2011 i gio-vani veneti disoccupati sono circa 67.500, oltre13 mila in più nel confronto col 2010: quasiuna persona su 4 nel 2010 ha perso un lavoroche aveva nel 2009, e circa un giovane su tre èdisoccupato da più di un anno.La crescita della disoccupazione, dunque, nonè alimentata solo da giovani che entrano nelmercato del lavoro a conclusione del propriopercorso formativo, ma anche dalla diminu-zione dell’occupazione: i giovani occupati sisono ridotti di un anno di quasi 39 mila unità.Solo i giovani lavoratori autonomi hannoregistrato un incremento (ben 5.400 in più),senza però dimenticare che tra le pieghe dellenuove partite Iva si nascondono spesso formedi lavoro subordinato a tutti gli effetti. Nel 2011sono oltre 150 mila i giovani veneti precari,vale a dire un lavoratore su quattro, una inci-denza in crescita di un punto percentuale ri-spetto al 2010, ma comunque al di sotto deilivelli medi osservati nel resto del Paese (oltre 3giovani su 10 sono precari).Anche da questa riforma Fornero vengono ele-menti di cambiamento ulteriore del mercato dellavoro che riguarderanno anche Verona, comela possibilità per le agenzie per il lavoro di as-sumere i giovani tramite l’apprendistato, l’oc-casione di finanziare la formazione deilavoratori a progetto attraverso Fondimpresae i giovani praticanti professionisti potranno es-sere assunti con contratto di apprendistato.Questa la fotografia di tutti quei lavoratori invi-sibili anche veronesi: lavoratori a progetto,somministrati, associati in partecipazione, lavo-ratori costretti ad aprire partite Iva e una partedei soci lavoratori di cooperative. Hanno nelpatrimonio, nel reddito e nelle relazioni di fa-miglia la rete di protezione effettiva e solida cheli garantisce in caso di difficoltà economiche eoccupazionali. Però con questa crisi, e la man-canza di crescita, si evidenzia una diminuzionedei posti di lavoro per questi lavoratori invisibili.Le nuove generazioni non possono pedalaresempre e solo in salita. O cambiamo rotta operdiamo almeno tre generazioni.

Emiliano GalatiSegretario Generale FeLSA CISL Veneto

Federazione Lavoratori SomministratiAutonomi Atipici

ACQUAbene comune

l’ansa dell’adige