Anomalia Anno 2 N°4

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Quarto numero dell'anno 2010/2011 di Anomalia che in questa occasione si incentra sia sul ricostruire il ciclo di mobilitazione di quest'anno, dalle contestazioni di settembre ad esponenti della classe politica fino al movimento No Gelmini di novembre e dicembre, per arrivare all'attualità delo sciopero generale, dell'attenzione al tema dei beni comuni e dei conflitti globali innescati dalle rivolte del Maghreb. Con un contributo di Philopat e Duka.

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scatti anomali

editoriale sommario

Bologna 6 Maggio 2011

Cambio di direzione

Fuochi nella palude

Rumble Bee

Cronaca di un anno di lotte

Poster

Lo sciopero, i territori e il mondo del lavoro

Monicelli e la rivoluzione

Acqua pubblica il parere dei comitati

Le ombre sulla città

Il virus nord africano e i conflitti globali

Fuga dall’ inferno ed altre storie

E’ arivato: il tuo nuovo eroe!

“Kids on the street!”

Cruciverba

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.... E siamo arrivati alla conclusione di un nuovo anno anomalo.

Anche quest` anno la nostra non rivista a cavallo tra cronache di movimento, sperimentazioni di linguaggi (letterari e visivi) e costruzione collet-tiva ha cercato di portare una voce critica all` in-terno della zona universitaria (e non solo).

In quest` ultimo numero della stagione e` dunque arrivato il momento di tirare le fila dei percorsi che ci hanno accompagnato: tra le mobilitazioni studentesche, i tentativi di costru-zione dello sciopero generale, le riflessioni costruite all`interno dei percorsi autogestiti nelle facolta`, la solidarieta` alle rivoluzioni ara-be sono sicuramente tanti gli spunti e gli inter-rogativi che questo numero vuole porre.

Il tutto sempre affrontato anche tramite cin-ema, letteratura, musica.... perche` i linguaggi del cambiamento sono tanti e non c`e` modo migliore di valorizzarli se non contaminandoli.

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CAMBIO DI DIREZIONEQUANDO UN ANNO DI MOVIMENTO

CAMBIA IL MODO DI VEDERE IL MONDOE` sempre complicato cercare di fare una sintesi di un intero anno di lotte, sicura-mente lo e` particolarmente per questo anno. Solo quest` estate Berlusconi, che veleggiava verso una sicura legislazione di 5 anni, poteva riprendere le prop-rie strategie di occultamento della crisi paventando la prospettiva poco proba-bile della ripresa.

L` Italia aveva ormai abbandonato quella timida e superficiale tendenza a prendere in esame i processi capitalistici dominanti, la riflessione sulla loro situ-azione di stallo e le proposte di revisione sistemica: riprendeva la routine fatta di televisione e dibattito politico in stile porta a porta, la girandola del consumo e, dietro tutto questo, l` attacco dei po-teri forti, economici e politici, ai diritti sociali.

In tutto questo i movimenti antagonisti languivano, presi dalle contraddizioni delle ultime altalenanti mobilitazioni e dalla mancanza di modelli esterni ma-

turi. Ma e` riprendendo la cronaca degli avvenimenti dell` estate che, presa co-scienza delle esperienze e degli spunti di questi mesi, ci rendiamo conto di quanto il mondo cambi, sempre e in continuazione, ma oggi anche grazie alle spinte organizzate di chi dal basso rivendica dignita` e una piu` alta qualita` di vita.

L` attacco diretto del mondo impren-ditoriale ai lavoratori ha svelato la volonta` della governance italiana nell` ampliare ad altri settori sociali il modello della precarieta`. La ris-posta di quegli operai che in molti, nonostante fossero sotto ricatto, hanno votato no ai peblisciti nelle fabbriche Fiat e` il motore che ha innescato una ripresa nelle mobilitazioni dei lavoratori dando avvio all` importantissimo dibat-tito sullo sciopero generale. Questa pa-rola infatti sara` il punto d` incontro che portera` tutti i soggetti del lavoro vivo (studenti,operai e migranti) a ripensare i propri strumenti di lotta, attaccando la

retorica della ripresina e denunciando l`impoverimento, materiale e umano, della nostra societa`.

Agli studenti invece il merito di aver massificato istanze collettive e radicali di cambiamento,di aver colto nuovi stru-menti e strategie di produzione di con-flitto e di consenso, di aver finalmente praticato un `incisiva riappropriazione urbana, colpendo al cuore i meccanismi di comunicazione dei flussi di valore della nostra societa` (porti, aereoporti, autostrade, stazioni ferroviarie).

Se pero` si sono fatti dei passi avanti in questo senso e` merito degli spunti ripresi da altre lotte,soprattutto a partire da quelle dei beni comuni e dei terri-tori. Riprendendo la lezione di Terzigno e della sua simbolica rotonda(punto di ritrovo,di incontro,di dibattito,ma anche punto di partenza delle manifestazioni che hanno messo in crisi le strategie che volevano distruggere un territorio), il movimento studentesco ripropone il

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punto centrale della riappropriazione degli spazi di vita.Le occupazioni fanno dunque da volano a una mobilitazione che trova nella co-municazione il suo momento strate-gico: l` occupazione di luoghi simbolo della nostra cultura (la torre di Pisa,il Colosseo,la Mole Antonelliana) gener-alizza il consenso verso le istanze de-gli studenti mentre il controutilizzo dei social network permette di accelerare e moltiplicare la costruzione di iniziative e giornate di conflitto.

Altro importante momento e` stata l` em-ersione della soggettivita` migrante,un anno dopo Rosarno,che dall` alto delle gru di Brescia ci da` lezioni di dignita` e di storia presente, riportando agli oc-chi di tutti la disperazione e l` ingiustizia che oggi si diffonde in Italia, superando quel velo di vittimismo e compassione che di solito soffoca ogni reale dibattito sul superamento della loro condizione.

Se questi sono segnali di diffusione di una nuova mentalita`, vero e proprio laboratorio capace di farci ripensare il mondo e` sicuramente stato il Nord Afri-ca. Un movimento che si estende a mac-chia d` olio con la velocita` di un virus contamina un` intera regione, mettendo a rischio il nostro assetto geopolitico e insegnandoci che, si, anche e soprat-tutto nel 2011 parlare di rivoluzione non e` solo possibile ma e` anche un diritto.

Riprendendo le immagini delle insor-genze studentesche e operaie di mezza Europa il Maghreb comunica col mondo, con mille lingue e strumenti, per scav-alcare la reazione fondamentalista e non farsi intimidire dal muro mediatico e purtroppo anche militare che l` oc-cidente, anche grazie al contributo di Gheddafi (che costruisce ad arte un vero e proprio assist alla penetrazione mili-tare delle multinazionali), crea per non far crollare il proprio debole equilibrio.

Sono questi gli spunti che ci fanno credere che non basti piu` cantare lo slo-gan noi la crisi non la paghiamo: l`unico modo per attuare questo programma politico e` infatti quello di diventare noi la crisi di questo sistema, rifiutan-do ogni controllo e istituzione che per-mette il riprodursi dello sfruttamento che ogni giorno ci viviamo. E` per questo che, oggi piu` che mai, diventa impor-tante ripetere quel “ que se vayan todos ”, quell` istanza radicale di cambiamento che ,dall` Argentina di inizio decennio al Nord Africa, dall` obbiettivo politico di cacciare il nostro rais Berlusconi alla con-testazione di Maroni, segna il percorso che accompagnera` nel futuro quei sog-getti che vogliono cambiare lo stato di cose presenti.

Finalmente le scintille dell` antagonis-mo sociale cominciano a incendiare la palude della crisi globale !

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RUMBLE BEE :IN ANTEPRIMA LA NUOVA FATICA DI PHILOPAT E DUKA !

Solo per i lettori di Anomalia una raccolta di brani che i due autori ci hanno gentilmente inviato per la nostra non rivista, in anteprima assoluta! Troverete infatti l` ultima opera del duo Philopat e Duka solo a partire dal 25 maggio in libreria.

MILBANK TOWER

{...} Due settimane dopo Malcolm stava gasato. Il continente iniziava a reagire alla crisi. La Grecia non era piu` un caso isolato , a preoccupare gli esperti erano anche Romania e Portogallo. La lotta contro la riforma delle pensioni vo-luto da Sarkozy bloccava le raffinerie. Il carburante per aerei e auto stava finendo, la Francia era a piedi. In Irlan-da le banche dovevano essere salvate

dai fondi comunitari e in Spagna uno sciopero paralizzava le piu` grandi citta`. In Italia l` unico lampo era la lotta con-tro la discarica di Terzigno combattuto a suon di bombe e fuochi d` artificio. Solo a Roma e Londra non succedeva un ca-zzo.

{....}

Nella tarda mattinata del 10 Novembre, mentre stavo parlando con Paul Di Cam-po chiedendogli se c` erano altri lavori da fare, entro` Nora urlando di gioia con il mocio in mano.

” Merda, questa e` la fottutissima volta buona. Dobbiamo anche noi alzare il culo e dare una mano a quei segaioli di studenti ”

“ Perche`? Cosa sta succedendo ” chiese lui stoppando il collegamento Skype con Di Campo

“ Vedi che sei un cazzone, stai sempre in-curvato sul tuo fottuto monitor e al mo-mento buono non se mai pronto. ”

Sul web i titoli erano a tutta pagina. In cinquantamila avevano invase le strade, gli studenti protestavano contro il Gov-erno Cameron che aveva triplicato le rette delle universita`. Era esplosa la rabbia dei giovani come non acca-deva da decenni. In migliaia stavano paralizzando il traffico della capitale e c` era tensione intorno al parlamento. Telefono` subito a Bob che era appena uscito dal lavoro chiedendo un permes-so, si sarebbero visti dove stavano scop-piando i primi tafferugli. La metropolita-na accumulava ritardi, lui e Nora furono costretti a un tour de force micidiale per arrivare in centro. Quando finalmente s` incontrarono con Bob, la Milbank Tower era gia` occupata. Andarono di corsa a vedere lo spettacolo. Il corteo aveva sfondato le vetrate del grattacielo sede del partito conservatore, un centinaio di loro che era salito sul tetto lanciava volantini, appendeva striscioni e gridava slogan contro i tagli all` istruzione. S` erano scelti proprio un bel posto, dall` alto di quella torre di centoventi pi-ani vicino a Westminster, in una delle centrali politiche del neoliberismo, si

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RUMBLE BEE :IN ANTEPRIMA LA NUOVA FATICA DI PHILOPAT E DUKA !

affacciavano sul panorama della crisi globale come nessuno aveva mai fat-to.

PIAZZA DEL POPOLO

{...}

La citta` eterna era sotto attacco. In un gruppetto di fulminati a volto sco-perto becco` suo cugino Manoaforbice che al rallentatore spraiava sulla vetrata di una cassa di risparmio SPEGNI IL MU-TUO ACCENDI LE BANCHE. Come nel sogno anche i ketaminosi si erano dati una ripulita. Era il momento di dare fuo-co ad altre micce. Prese la mira e lancio` il petardone su un abete addobbato. Buuum! Dopo Atene e Londra anche a Roma Bruciavano gli alberi di natale. Poco per volta si frantumava il mito di un popolo civile che protestava civil-mente. Dove qualcuno tifava per un 25 Luglio, si era aperta la strada per un 25 Aprile. Lo scenario era cambiato in pochi secondi. La parola era passata alle piazze. I media facevano retromarcia urlando alla guerriglia criminale, il reale aveva squarciato il reality show. Dallo smart-phone di uno studente, Malcolm vede i siti dei quotidiani impallidire terrorizza-ti. Dov` e` finito il popolo educato dell` anti belusconismo? Dove sono andati gli immaginari bravi ragazzi? Buuum! La polizia non si faceva vedere, gli spazi di manovra aumentavano.

Sul tragitto i manifestanti si rifocillarono a spese di qualche negozio. Due cantieri incontrati sul percorso vennero svuotati dal materiale che poteva tornare utile alla guerriglia urbana. Il corteo raggiunse Piazza del Popolo. Fiancheggiando il fi-ume la situazione si tranquillizo`, almeno apparentemente. C` era una calma artifi-ciale, l` aria sembrava rarefatta, forse c` era stanchezza, erano quasi quattro ore che la battaglia andava avanti. Malcolm stava ancora solo, si trascinava in silen-zio con il timore che il fiume straripato si stesse gia` trasformando in una palude. Senti` il bisogno di avere al fianco un amico. Incontro` Luca, il suo compagno di quartiere di una volta. Ormai lo vede-va poco, stava crescendo tre bambini.

“ Non e` possibile ... Perche` sotto il Sen-

ato non abbiamo spinto di piu` ”

“ Non lo so ... Non lo so perche` non ab-biamo continuato ” disse

“ Oggi li potevamo spazzare via ”

“Non puo` finire con un comizio”

Invece il corteo entro` in piazza del

Popolo e non si fermo`. Nonostante gli inviti da parte dello speaker sul ca-mion che chiedeva lo stop, lo sciame prese via Del Corso per puntare al parlamento. Uomini e donne acceler-arono il passo cercando l` inevitabile impatto. Laggiu`, all`altezza di via Tomacelli, due o tre camionette pone-vano una fragile barriera al dilagare del mob.

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CRONACA DI UN ANNO DI MOVIMENTOAGOSTO

30 Agosto - Il mafioso Dell'Utri viene ferocemente contestato a Como mentre presenta un libro sul duce.

SETTEMBRE

8 Settembre - A Torino Bonanni, seg-retario del sindacato collaborazionista CISL, viene duramente contestato. Un fumogeno lanciato dai manifestanti colpisce il leader sindacale.

10 Settembre - Peceduta da un tam-tam su facebook partito dal profilo Ma-

ria Gelmini va in scena la contestazione alla presenza della ministra della d-istru-zione all'interno della festa del PDL in piazza XX Settembre. La ministra, spav-entata, dai venti di contestazione che gi-ravano in città dai giorni precedenti non si presenta, mentre la Polizia allontana a manganellate i 500 manifestanti che con pentole e fischietti sovrastavano gli interventi che si susseguivano sul palco.

OTTOBRE

Campagna del CUA contro gli OFA che impediscono alle matricole il libero ac-cesso all'università.

8 Ottobre - 5000 studenti medi inonda-no la città contro la Gelmini e Marchio-nne. Il Collettivo Autonomo Student-esco con una deviazione dal percorso del corteo passa vicino alla sede locale di Confindustria facendo sentire il fiato sul collo ai padroni in solidarietà coi no di Pomigliano e Mirafiori.

16 Ottobre - A Roma va in scena il cor-teo nazionale dei metalmeccanici della FIOM cui partecipano anche gli studen-ti, i precari e le realtà di movimento. A gran voce si ribadisce la necessità di un grande sciopero generale e generaliz-zato per mandare a casa il governo Ber-

lusconi.

NOVEMBRE

Inizia in zona universitaria la campagna “Let's strike – verso lo sciopero generale”. Gli attivisti prenderanno di mira i luoghi della precarietà dentro l'università: l' ER.GO, la mensa, e l'ufficio stage e tiro-cini. La necessità di costruire e general-izzare un grande sciopero generale per cacciare il governo Berlusconi viene più volte sottolineata bloccando le lezi-oni all'interno delle facoltà. Il germe del conflitto comincia a diffondersi dentro l'ateneo!

10 Novembre - Londra, 50000 studenti assaltano la torre dei Tories, partito di governo. Iniziano oltremanica le lotte contro la crisi.

15 Novembre - L'Isart Arcangeli, prima scuola di Bologna, occupa contro Gelm-ini, governo e Confindustria.

17 Novembre - Un partecipatissimo corteo degli studenti medi inonda la cit-tà contestando governo e Gelmini. “Que se vayan todos!”

20 Novembre - Il liceo Scientifico Sabin, seguendo l'esempio dell'Isart Arcangeli,

suona la carica contro la Gelmini e il governo Berlusconi entrando in occu-pazione.

23 Novembre - La facoltà di Lettere e Filosofia entra in occupazione contro la Riforma Gelmini dando seguito alle de-cisioni prese dall'assemblea che si era riunita in aula II.

24 Novembre - A Roma gli studenti assediano il Senato, seguono cariche della polizia e alcuni fermi. A Bologna mille studenti escono dal 38 occupato e sanzionano l'Unicredit e concludono oc-cupando il rettorato.

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CRONACA DI UN ANNO DI MOVIMENTO25 Novembre - Un partecipato corteo di studenti medi organizzato dal CAS con-tro la Gelmini e il governo si dirige verso la stazione con l'intento di occuparla. Dopo un tentativo di sfondamento dell'entrata di Piazzale Est, chiusa dalle ferrovie, il corteo fronteggia i cordoni di polizia posti a difesa dell'ingresso cen-trale della stazione. Dopo le violente cariche poliziesche il corteo blocca i viali paralizzando la città.

26 Novembre - Blitz degli studenti a Palazzo d'Accursio “la riforma non deve passare”

27 Novembre - Blitz in Piazza Maggiore. Viene srotolato sul Palazzo dei Banchi uno striscione di venti metri recante la scritta “Gelmini cala il sipario, con le lotte torna in scena la cultura”

29 Novembre - Gli studenti no-Gelmini aprono lo spettacolo teatrale di Ascanio Celestini “Il razzismo è una brutta storia” al teatro Duse contestando la riforma Gelmini e il governo Berlusconi racco-gliendo applausi e ampi consensi dal pubblico.

30 Novembre - In Senato viene appro-vata la Riforma Gelmini. Cortei di migli-aia di studenti in tutta Italia occupano

stazioni, autostrade, porti e aeroporti. “Blocchiamo la Riforma, blocchiamo tutto” lo slogan della giornata. In tutto il paese gli studenti e i precari costruiscono una grande giornata di sciopero blocca-ndo i flussi e la circolazione per l'intera giornata. A Bologna 10 000 manifestanti occupano l'autostrada A14 Bologna-Padova e si dirigono successivamente verso la stazione. Al tentativo di occu-pazione Polizia e Carabinieri rispondono con violente cariche e lancio di lacrimo-geni all'indirizzo degli studenti. Il corteo rimane compatto difendendosi dalla brutalità della questura e continua il suo percorso bloccando la città. In serata la

facoltà di Scienze Politiche entra in oc-cupazione.

In tutta Italia vengono occupati i monu-menti simbolo delle città contro la ri-forma.

DICEMBRE

1 Dicembre - Il ciclo degli studenti medi raggiunge il suo massimo: tutte le scuole superiori dopo Sabin e artistico occu-pano mentre un corteo partecipatis-simo si dirige verso il comune che viene chiuso dalle autorità. Ma la rabbia non si può fermare e il comune viene fatto oggetto di un vero e proprio assalto,da

parte di studenti medi e universitari, con tanto di sfondamento di finestre e can-cello. In seguito all'irruzione il comune viene occupato. La commissiaria Cancel-lieri accorsa in fretta e furia alla notizia dell'assalto viene duramente contesta-ta.

2 Dicembre - Va in atto il “Crisi show”. Studenti e precari si dirigono verso il Motor Show vetrina del lusso in un peri-odo di crisi e luogo di sessismo e preca-rietà. La polizia carica il corteo, feriti tra i manifestanti. La giornata continua con l'occupazione dei binari della stazione di Bologna San Vitale e il blocco di porta

Zamboni.

3 Dicembre - Un corteo partecipatissimo blocca ancora una volta la città dirigen-dosi verso la questura per contestare la gestione muscolare dell'ordine pubblico voluta dal questore Merolla. “Merolla di-mettiti!” è lo slogan scandito dal corteo. Vengono depositati davanti alla ques-tura numerosi sacchi di rusco simboleg-gianti il marcio che contraddistingue le forze dell'ordine.

9 Dicembre - Con un flash-mob organiz-zato tramite il tam-tam di facebook vi-ene finalmente occupata e bloccata per qualche ora la stazione centrale, dopo

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i tentativi del 25 e del 30 novembre re-spinti dai lacrimogeni e dalle cariche di PS e carabinieri. Successivamente gli studenti muovendosi in corteo bloccano i viali raggiungendo la Facoltà di Lettere occupata.

Londra. Una grande manifestzione bloc-ca la città. Al grido di “tagliamo la testa ai reali” viene presa d’ assalto l’auto su cui viaggiano Carlo e Camilla. Inghilterra sotto shock.

10 Dicembre - Viene assaltata da un cor-teo di studenti medi, universitari e precari la Provincia in via Zamboni, in occasione di un convegno farsa organizzato in col-laborazione con l'università sul futuro della formazione che vedeva la presenza dell'assessore regionale all'istruzione Bianchi promotore del ritorno al como-

dato lavoro negli istituti professionali ( in sostanza studenti che lavorerebbero gratis per le aziende locali ). Un inno alla precarietà. Dopo tensioni con la digos il convegno viene interrotto. In seguito riparte il corteo che blocca via Irnerio, porta San Vitale e porta Zamboni.

13 Dicembre - Un corteo pomeridiano si riprende la città a partire da Piazza del Nettuno dove il comune ha innalzato il consueto albero di natale. Non c'è nul-la da festeggiare di fronte alla crisi che attanaglia il paese e alla distruzione dell'università voluta dalla Gelmini. Ven-gono depositati numerosi pacchi sotto l'albero indirizzati a Berlusconi, Maroni, Bossi, Fini, Tremonti, Marchionne, Bo-nanni e Gelmini con scritto l'eloquente

slogan “que se vayan todos!”. Il corteo blocca i viali e sanziona con bombe di vernice il Ministero dei Lavori Pubblici.

14 Dicembre - A Roma confluiscono gli studenti di tutta Italia per sfiduciare dal basso il governo Berlusconi. Una marea umana sfila per Roma cercando di vio-lare la zona rossa costruita intorno al parlamento mentre i book block si scon-trano con la polizia. Dopo la notizia della fiducia al governo (ottenuta per soli tre voti) la rabbia esplode. Scontri violenti in Piazza del Popolo via del Corso e blindati dati alle fiamme.

16 Dicembre - Il telepredicatore Ro-berto Saviano su Repubblica attacca il movimento in merito ai fatti di Roma palesando la sua vena giustizialista. In tutte le università in mobilitazione le as-

semblee d'ateneo rimandano le accuse al mittente. A Bologna viene pubblicata una lettera di risposta cui faranno segui-to numerose risposte da tutta Italia. Sa-viano non abbiamo bisogno di te.

17 Dicembre - Il rettore Dionigi annulla l'inaugurazione dell'anno accademico sotto la pressione del movimento che annunciava contestazioni.

22 Dicembre - La riforma Gelmini viene approvata definitivamente e mentre a Roma qualche studente non ha niente di meglio da fare che stringere la mano al presidente della Repubblica Giorgio Na-politano (che, commosso, ha firmato la legge) a Bologna si tiene una partecipa-ta assemblea in Sala Borsa occupata tra

studenti medi e universitari, ricercatori, precari, docenti, dottorandi, personale TA. In seguito un corteo blocca la città.

23 Dicembre - La facoltà di Lettere e Filosofia cessa l'occupazione iniziata un mese prima.

GENNAIO

Inizia nei paesi arabi la collera contro i Raiss al potere. Il tunisino Ben Alì e l'egiziano Moubarak si dimettono sotto la pressione della piazze. Il vento delle rivoluzioni arabe scuote gli assetti di po-tere euro-mediterranei.

20 Gennaio - Gli attivisti della campagna Let's strike sanzionano l'Unicredit con un blitz. Noi la crisi non la paghiamo.

25 Gennaio - La facoltà di Lettere e Filo-sofia rientra in occupazione in vista del-lo sciopero dei metalmeccanici del 27.

27 Gennaio - A Bologna, con un giorno d'anticipo sul resto d'Italia, va in scena lo sciopero dei metalmeccanici della FIOM. Un corteo autonomo e indipendente di studenti e precari, dopo aver bloccato per ore la città, confluisce nella piazza fi-nale dei metalmeccanici. Viene srotolato un enorme striscione recante la scritta “sciopero generale subito” per cacciare il governo e generalizzare la lotta. Applau-si e ampi consensi dagli operai presenti, mentre Susanna Camusso, segretaria generale della CGIL, dal palco nicchia sull'ipotesi sciopero generale.

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FEBBRAIO

Il Collettivo Autonomo Studentesco (studenti medi) comincia la campagna contro l'ATC, colpevole di un assurdo aumento dei prezzi del biglietto e dell'abbonamento per i mezzi pubblici. Sciopero del biglietto su numerosi mez-zi.

11-12-13 Febbraio - A Parigi si tiene un meeting europeo della formazione con delegazioni da più di 50 paesi. Al ter-mine dei lavori nasce il KLF (Knowledge Liberation Front) soggetto europeo del-la formazione in lotta che si propone di coordinare a livello continentale le varie iniziative.

MARZO

10 Marzo - Gli attivisti della campagna Let's strike – verso lo sciopero generale con un blitz interrompono un convegno nell'aula magna di Santa Lucia sul ruolo degli studenti nello spazio mediterraneo visti come capitale umano da scambiare. “Non capitale umano, ma bisogni e de-sideri” recita lo striscione con cui viene bloccato l'ingresso dell'aula.

15 Marzo - “E' il momento della nostra audizione”. Studenti e precari interrom-pono le audizioni per la Commissione Statuto, organo nominato verticalmente dal rettore che ha il compito di applicare la riforma Gelmini nell'università di Bolo-gna. Al rettore viene portata una corona a simboleggiare il suo ruolo monarchico sordo all'istanze studentesche e supino

ai voleri del governo. Fuori le Gelmini dall'università, guerriglia in ogni facoltà.

18 Marzo - La Facoltà di Lettere ospita una partecipata assemblea del KLF con collegamenti skype dall'Egitto in rivolta.

24-25-26 Marzo - Tre giorni europea del KLF contro le Banche.

25 Marzo - L'Unicredit di via Irnerio, occupata dal KLF, diventa una mensa popolare in seguito alla socializzazione degli spazi.

Londra. Va in scena l’ Anti-cuts March. 500.000 manifestanti bloccano la città sanzionando banche, supermercati e occupando Hyde Park.

26 Marzo - “Take the future Parade”, or-

ganizzata dal KLF. Mille studenti sfilano per Bologna sanzionando le banche, un murales riportante la scritta “siamo nati per camminare sulla testa dei re – que se vayan todos!” viene realizzato in via Riz-zoli, in pieno centro.

APRILE

15 Aprile - Il corteo degli studenti medi del CAS contro gli aumenti tariffari dell'ATC arriva sotto la sede dell'azienda in Bolognina chiedendo un incontro per aprire una trattativa tra studenti e vertici aziendali. La delegazione ricevuta, però, ottiene risposta negativa: “Non è colpa nostra – dice l'ATC – dovete parlare col Comune”, peccato che questo sia com-missariato. Alla contestazione, seguita

al diffondersi nel corteo della risposta, la polizia allontana manganellando gli studenti. In seguito il corteo blocca i via-li e via Indipendenza concludendosi nel quadriportico di piazza Maggiore dove si tiene una conferenza stampa.

MAGGIO

6 Maggio - Sciopero generale lanciato dalla CGIL in tutto il paese. Gli studenti e i precari in tutta Italia costruiscono cor-tei autonomi e indipendenti generaliz-zando lo sciopero nell'arco dell'intera giornata bloccando i flussi e la circolazi-one. A Bologna un corteo di studenti medi e universitari blocca la città san-zionando Unicredit e Feltrinelli. Giunti in via Indipendenza vengono chiusi sim-bolicamente i negozi di Zara e Tezenis e il supermercato Pam rimasti aperti nella

giornata di sciopero. Concluso il corteo in Piazza del Nettuno cresce l'attesa per il secondo atto della giornata: la contestazione al ministro razzista Ma-roni presente in città per la campagna elettorale del candidato sindaco del centrodestra Bernardini. Alle 5 parte il corteo che assedia Maroni mentre parla nella sede locale della Lega. Venuto a conoscenza dell'intenzione del ministro di recarsi in Prefettura il corteo si dirige svelto in quella direzione per precederlo. La polizia blocca la strada e carica il cor-teo. Un compagno delle superiori viene fermato. Il corteo procede determinato continuando a bloccare la città finchè lo studente non viene liberato. Una volta liberato il compagno il corteo si scioglie dopo quasi 10 ore di mobilitazione.

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LO SCIOPERO, I TERRITORI E IL MONDO DEL LAVOROle nuove indicazioni che un anno di movimento ci ha dato

a cavallo tra scioperi precari e territoriali“Sciopero, sciopero, generale!”È il grido che arriva dalle strade romane del 16 ottobre contro la crisi e il piano Marchionne; dal movimento autun-nale del mondo della formazione che il 30 novembre l’ha ripetuto sotto la sede della camera del lavoro di Bologna; dalla piazza del 27 gennaio, tappa emiliano-romagnola dello sciopero di categoria lanciato dalla fiom. È il grido di quei soggetti portatori di una radicale istanza di trasformazione del proprio presente precario. È il grido che spinge la Cgil e larghe parti del sistema politico e della società ad accelerare un processo di opposizione sociale al Governo ed al modello Gelmini-Marchionne che parla solo di precarietà, di svendita dei diritti e del futuro.

Finalmente è arrivato, seppur in forme e tempi inadeguati. Finalmente è ar-rivata, dopo le pressanti richieste giunte durante la scorsa stagione di lotta, la convocazione di questo sciopero che è però apparsa tardiva e riduttiva. Inade-guato era, infatti, lo sciopericchio (quasi)generale indetto, a scopo sedativo, dalla cgil, tutto concentrato verso il momento elettorale, che non si è posto, invece, in opposizione a Marchionne e ai sindacati collaborazionisti, rientrando in logiche di compatibilità e rappresentanza.

Ma il movimento ha saputo rispondere con uno sciopero sociale e generalizza-to, nel quale si sono raccolte le istanze di tutti coloro a cui vorrebbero far pagare la crisi, ma che non sono certo

disposti ad abbassare la testa di fronte ai padroni.Protagonista ancora una volta è dunque quella generazi-one che ha com-posto il movimento autunnale e che, nella preparazione e nell'attraversamento del 6 Maggio, ha riproposto quel mix di radicalità e nuove pratiche che ha car-atterizzato questa fase di movimento.Quella generazione precaria, sottopagata o costretta al lavoro invisibile e gratuito, che ha posto la neces-sità di uno sciopero generale, come sua arma per far cadere chi crea e mantiene le condizioni della nostra subordinazi-one.

Lo diceva già dai primi mesi dell’anno la campagna Let’s strike che, in un contesto in cui cricche dei palazzi vogliono rubarci tutto, ren-dendoci sempre più poveri e senza di-ritti, mostrava la necessità di mettere in campo una contro-offensiva caratteriz-zata da una forma di sciopero adatta alle

condizioni di vita e lavoro di una gener-azione compiutamente precaria, riap-propriandosi di dignità, diritti, saperi, reddito, spazi e tempi di vita.Lo ha detto, in questo 6 maggio, il corteo lanciato autonomamente da student* e

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LO SCIOPERO, I TERRITORI E IL MONDO DEL LAVORO

precar* che, mentre la cgil faceva la sua solita sfilata, ha attraversato la città chiu-dendo i negozi, bloccando le strade e generalizzando lo sciopero per per-mettere anche a chi non è garantito il diritto di riprendere l’attacco dal bas-so al nostro raìs, alla guerra, al nucle-are e allo sfruttamento dei migranti.

Questo 6 maggio ha parlato il linguag-gio degli studenti e del precariato met-ropolitano, vedendo viali bloccati e via-bilità in tilt, secondo i dettami di quello sciopero moderno e precario che per es-sere incisivo oltrepassa il luogo di lavoro puntando allo stop dei flussi delle merci; interrompendo quelle attività lavora-tive che non han dato la possibilità di scioperare ma che sono rimaste aperte grazie al ricatto esercitato sui propri dipendenti precari impossibili-

tati a scioperare; san-zionando filiali delle banche simbolo della crisi e del ricatto con-tinuo della finanza sulle nostre vite.

Un corteo che, nel segno della gen-eralizzazione e del l ’antagonismo, nella consapevolezza che sindacati amici dei padroni, Con-findustria e classe dirigente sono i responsabili della nuova povertà che colpisce sempre più soggetti sociali a cui non bastano 4 ore di sciopero, è riuscito a tenere insieme la questione libica e la crisi economica, il piano Marchionne e la riforma Gelmini e ha rifiutato comple-tamente ogni possi-bile richiamo al sac-rificio, all'austerità o alla responsabilità, chiedendo piuttos-

to, ancora una volta ed a gran voce, che se ne vadano tutti.

Una mobilitazione che è durata tutta la giornata, respingendo il ministro dell’interno Maroni al grido “Que se

vayan todos!”, fermando per ore la città per dare una spallata al rais Berlusconi.Tanta la determinazione della piazza nell'affermare che contro "il nuovo patto sociale" la via da percorrere e da costru-ire collettivamente è quella della lotta, del conflitto e della riappropriazione.I precari del mondo della formazione vogliono la cacciata immediata del gov-erno Berlusconi e reclamano reddito ed autodeterminazione dei propri percorsi di vita.

Per questo lo sciopero moderno,come e` parzialmente emerso nella giornata del 6 (che ha ottenuto il risultato politico di impedire a un ministro degli interni di entrare in prefettura per i problemi di ordine pubblico generati dalla sua contestazione),e` riappropriazione del-la citta`,e` conflitto urbano al di la` delle ore di sciopero ufficialmente richieste dai sindacati,e` un momento di organiz-zazione e di antagonismo che parte dal territorio per ridarlo a chi lo vive.

Se Maroni e` l`emblema delle politiche razziste e xenofobe che occultano lo sfruttamento generalizzato della nostra societa`, ma anche del provincialismo italiano e del no alla guerra come pros-ecuzione dell`isolamento padano,che ha portato ai respingimenti,alle morti in mare,all`aumento e al sovraffolla-mento dei centri di espulsione,altre 10,100,1000 giornate cacceranno lui e la sua cricca dalle citta` che,come Bologna,si dichiarano fortemente antifascite,antisessiste e antirazziste.

le nuove indicazioni che un anno di movimento ci ha dato a cavallo tra scioperi precari e territoriali

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Monicelli e la rivoluzione:il riso amaro, il tragicomico e il disvelamento del realeCostruendo il seminario, recentemente conclusosi, “ Fragili eroi: Monicelli, l` um-orismo e la sovversione“, insieme a docenti e ricercatori del DAMS ci siamo relazionati, durante i lavori di preparazione della tav-ola rotonda finale, con lo sceneggiatore Giacomo Scarpelli, figlio di Furio storico sceneggiatore monicelliano. Pubblichia-mo di seguito un suo interessante contrib-uto in esclusiva per Anomalia.

Laboratorio di Lettere Are(A)zione

Brancaleone (interpretato da Vittorio Gassman, diretto da Mario Monicelli, scritto e sceneggiato da Age e Scarpel-li) fu eroico antieroe comico e satirico. Un Don Chisciotte italico senza paura e senza armatura, senza calzari e senza denari, protagonista di grandi avventure parodisticamente e sotterraneamente ispirate a classici della letteratura quali il “Morgante” (per il primo film) e “La Geru-salemme liberata” (per il secondo).

Brancaleone è paladino degli ultimi destinati a restare ultimi e che però le-gittimamente rincorrono un’esistenza migliore. Emblematica e memorabile la scena dell’”Armata Brancaleone” in cui il

protagonista tenta di lenire le sofferenze del vecchio Abacuc morente, descriven-dogli un Aldilà in cui potrà mangiare e bere cose sopraffine e a sazietà, come non ha mai potuto sognare da vivo; gli affamati amici ascoltano partecipi e uno di loro sospira e dichiara: “beato isso”.

Disgraziati che aspirano alla felicità, in-sieme nell’avventura. Da parte degli au-tori l’intento era appunto quello di dare voce a chi non l’ha. L’impegno sociale e politico era qualcosa di sempre vivo e acceso in loro e si trasformava in nar-razioni in cui i personaggi risultavano al-trettanto vivi e a loro modo credibili. Se guardiamo alle spalle di Brancaleone in-dividuiamo altri due film che affrontano la stessa tematica: “I soliti ignoti” natural-mente, tanto che alcuni degli interpreti furono gli stessi (Gassman e Capannelle), e prima, “La banda degli onesti”, storia di tre miserabili (Totò, Peppino e Giacomo Furia) che si uniscono e cercano di sol-levarsi da povertà e soprusi diventando falsari.

La regìa era di Camillo Mastrocinque, il soggetto e la sceneggiatura di Age e Scarpelli: è proprio “La banda degli ones-ti” che possiamo considerare l’archetipo

dei “Soliti ignoti” e dei “Brancaleone”. Tutte vicende comiche, a volte anche ir-resistibili, il cui segreto risiedeva proprio nella drammaticità della vicenda che le sottendeva.

Come ognuno sa, il riso è proprio l’altra faccia del pianto. Un film non farà mai veramente ridere se non si fonda su qual-cosa di estremamente serio, se non di tragico. Charlie Chaplin lo ha insegnato prima di tutti. Un’altra considerazione: a differenza di certo cinema dei tempi nostri, che si rifà all’invenzione fanta-siosa o all’osservazione dell’ombelico dell’autore, la buona commedia all’italiana, come il Neorealismo prima (e anche il cinema americano in genere), ha sempre raccontato la storia del nos-tro paese, meglio anche che di qualche trattato.

Lo ha fatto inducendo alla risata e al sorriso, ma anche alla partecipazione per le sorti degli umili e sollecitando il pensiero e la riflessione. Si racconta-vano storie, anzi si raccontava la Storia attraverso singole storie – e un’impresa da compiere, che fosse in qualche modo un’avventura.

Age, Scarpelli e Monicelli, e altri geniali autori recentemente scomparsi (Suso Cecchi d’Amico, Luigi Comencini, Dino Risi) avevano scelto di tenersi un passo indietro rispetto ai propri personaggi, di raccontare costoro e non se stessi (come

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ACQUA PUBBLICA: IL PARERE DEI COMITATICon l’approfondirsi della crisi globale beni e bisogni dovrebbero sempre di piu` essere accessibili a tutt*, in-vece vengono attaccati da politiche di privatizzazione e mercificazione. Paral-lelamente il nostro governo tenta di depotenziare i referendum per l’acqua pubblica quando capisce che la volonta` popolare si afferma in direzione oppos-ta. Per questo pensiamo sia importante creare spazi di contro-informazione e dibattito appunto sul tema dei beni co-muni.Di seguito pubblichiamo un’intervista a Massimo Pancaldi, del Comitato acqua bacino del Reno, inserito nel coordina-mento sui beni comuni, che parteciperà, inoltre, alla due giorni sui beni comuni che sarà ospitata dal Laboratorio Crash! il 10 e l’11 Giugno.

Ci parli del processo di privatizzazione dell’acqua nel territorio bolognese?

In realtà la privatizzazione del sistema idrico è un processo che a Bologna è iniziato ormai da 20 anni, e dal 2003 la gestione è passata completamente all’azienda Hera, quotata in borsa. Ora, col Decreto Ronchi, si vorrebbe ap-profondire un processo che già fin qui,

secondo i parametri che il nostro comi-tato si è dato per valutare la situazione complessiva della gestione (migliora-mento del servizio, delle condizioni dei lavoratori, dell’impatto ambientale, della democrazia) ha completamente fallito. Potenziando questo processo si rischia soprattutto di non risolvere le problematiche presenti a livello di struttura (vedi le tubature in amianto

ancora presenti nel nostro territorio) e a livello ambientale (continuo degrado della risorsa idrica). Un privato, infatti, agisce solo in riferimento al proprio gua-dagno finanziario a breve termine (da garantire sempre, aumentando le tar-iffe se necessario, come sta accadendo in Hera), mentre, secondo noi, l’unico modo per riscontrare un segno positivo in quei quattro parametri detti sarebbe di affidare il servizio a un’azienda pub-blica innovata,che si dia un intervento di lunga scadenza basato sulla responsabi-lizzazione della cittadinanza,sulla ges-tione delle risorse idriche e sulla tutela dei beni ambientali.

Cosa pensi riguardo al referendum del 12 e 13 giugno sull’acqua pubblica?

Il referendum non è un obiettivo fi-nale, ma un passaggio che aprirebbe una fase nuova modificando l’agenda politica dei governi: infatti con la vit-toria del sì ai due quesiti si avrebbe il blocco dell’obbligo alla privatizzazione e l’affermazione che questo servizio non può essere gestito per puri scopi di profitto, ma che deve tornare in mano a una gestione che tuteli gli interessi co-muni.

invece accade spesso oggi), rifacen-dosi in un certo senso alla massima di Gustave Flaubert: l’artista deve essere tutto nelle sue opere, addirittura lui per-sonalmente deve dare l’impressione di non essere mai esistito.

Age era lo pseudonimo di Agenore Incrocci, Scarpelli aveva rinunciato al nome di battesimo di Furio e Monicelli aveva imposto per contratto che sui ti-toli non apparisse mai la dicitura “un film di” ma soltanto “regìa di”. Oggi invece, meno si è più ci si esibisce. Brancaleone deve parte del suo successo, e anche del suo valore, all’invenzione di un linguag-gio, un volgare medievale, verosimile ed esilarante, dove l’aulico del condottiero si appaia al burino centro-italico e la cui forza sta proprio nel ironia e nella riprod-

uzione della parlata e dei modi rustici.

Certo, alle spalle c’era la letteratura col-ta, il Pulci e il Tasso e una sua sapiente parodia, così come (nell’ultima parte di “Brancaleone alle Crociate”) una spas-sosa ripresa dell’eloquio in rima baciata dei Pupi siciliani messa in bocca a Re Boemondo e alla sua corte. E però, al di là dell’apparato buffonesco di battute, versi e versacci, trapela un’immagine di un’epoca e di una vita più vera di altre ricostruzioni.

Tanto che un medievalista quale Franco Cardini, all’uscita del pur spettacolare e avvincente “Le Crociate” di Ridley Scott, si è sentito in dovere di esclamare: “Ri-dateci Brancaleone!”.L’idioma di Brancaleone e dei suoi ar-

mati, cosa senza precedenti, è entrato a far parte nell’eloquio dei nostri tempi. Nostri tempi che sono di crisi economica e, come si dice, di crisi di valori, di man-canza di obiettivi alti e di paura del fu-turo. Ed è anche questo ciò che ci hanno insegnato Brancaleone e i suoi scalcag-nati fidi di un Mille non più Mille, e i goffi compagni che si mettevano insieme per il primo sciopero alla fine dell’Ottocento, la banda degli onesti del Secondo Dopo-guerra, i soliti ignoti prima del Boom: ci hanno insegnato che l’unione fa la forza ed è forse l’unico modo per opporsi ad un destino amaro o a chi pretenda di prevaricare sugli altri e di tenerli sotto il tallone.

Giacomo Scarpelli

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Le ombre sulla città'Cosa sta succedendo nelle città del nuovo millennio

L’importanza che sempre di più rico-pre il concetto di spazio e di territorio è alla base della volontà di interrogare il fenomeno della città. Per questo all’interno della nostra esperienza di autoformazione abbiamo costruito un seminario a crediti capace di cercare l’origine storica dei fenomeni urbani e le loro ultime tendenze.

La citta` infatti e` il simbolo della mo-dernita` e la sua storia e` quella del con-trollo sociale: il popolamento della citta` poneva immediatamente il problema del governo di larghe masse, nel ten-tativo di produrre e riprodurre un sog-getto disciplinato alle logiche del lavoro e dello sfruttamento. Questo mentre le masse urbane costruiscono un uso pro-prio degli spazi di vita, proprie organiz-zazioni sociali e rappresentazioni che in-vece cercano di oltrepassare le barriere del comando. In questo senso il biopotere e` proprio il tentativo di disciplinare una massa at-traverso l’intervento sull’habitat urbano, sulla vita quotidiana della gente e sui fenomeni collettivi legati ad esso: agen-do sullo spazio urbano e architetton-ico la città stessa diventa un mezzo di gestione, controllo e organizzazione della forza lavoro e della marginalità so-ciale.

A questo si aggiungono i dispositivi

poliziali, quali la militarizzazione dello spazio pubblico e le sue ordinanze di gestione, che mirano a rendere le città una serie distaccata di arcipelaghi sicuri ed enclave marginali, oppure a inscrivere all’interno delle metropoli moderne vere e proprie linee di confine e luoghi di ac-cesso selettivo, espropriando e privatiz-zando lo spazio comune. Quindi le città inventano nuove forme di esclusione sociale.

Questi meccanismi hanno anche l’obiettivo di rispondere alla paura dell’uomo metropolitano, forse il tratto caratterizzante del fenomeno urbano contemporaneo,legate alle retoriche del degrado e della sicur-ezza. Ruolo centrale in tale psicosi è gio-cato dai mass-media, che con la propria agenda-setting inventano una realtà di metropoli pericolosa e caotica a fronte di una sostanziale stabilità dei crimini.

E’ interessante sottolineare come tutti questi elementi si acuiscano in pre-senza dell’attuale modello di sviluppo, ovvero la globalizzazione. Il motivo è dovuto agli effetti che questo modello ha nelle dinamiche capitale-lavoro (es. l’infomalizzazione del rapporto di lav-oro, la desindacalizzazione, ecc...)..

Alcune di queste brevi suggestioni ci sembrano calzanti camminando nelle strade e nelle città del nostro paese. E

continuano ad esserlo nel caso di Bolo-gna, città al centro di trasformazioni rad-icali, di cui quella del centro cittadino e di piazza verdi è solo l’aspetto più recen-te. E’ dunque anche alla luce di queste considerazioni che denunciamo la campagna elettorale tutta incentrata su sicurezza e pulizia, che ha il solo scopo di continuare i processi che stanno desertificando la nostra città.

E’ anche per occuparci della nostra città che il nostro sapere critico si batte per fare degli spazi luoghi di socialità e di cambiamento, contro lo sfruttamento e la speculazione delle lobby del cemento coperti dalla complicità dei media. Come ci insegnano i movimenti di questi anni le citta` diventano sempre di piu` terreno di espressione di quella rab-bia spontanea e diffusa di chi rifiuta lo sfruttamento presente.

E come immortalato dal film l` odio e` arrivato il momento di smettere di ripe-tersi “ fin qui tutto bene ”: la crisi globale e la ricaduta che questa ha sull` abban-dono e l`espropriazione delle nostre cit-ta` rendono sempre piu` necessario un cambiamento radicale,se davvero non vogliamo cominciare a preoccuparci dell`atterraggio.....

Lab. autoformazionegiurisprudenza

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IL VIRUS NORD AFRICANO E I CONFLITTI GLOBALI

CONTRO TUTTI I RAIS!Quando nel Dicembre dello scorso anno ci arrivarono dalla Tunisia le prime im-magini di una popolazione nordafricana in rivolta contro il proprio regime ditta-toriale, non ci immaginavamo certo che fino (almeno) ai primi giorni di maggio il mondo arabo fosse attraversato da un dinamismo che sembra fortunatamente non concedersi momenti di pausa.

Brucia in questi giorni sotto i nostri occhi la Siria, dopo Tunisia ed Egitto, mentre in Yemen il dittatore Saleh ha fissato i termini del suo addio, e in Marocco, Algeria, Bahrain, Mauritania proseguono gli scontri e le manifestazi-oni. Intanto in Libia l’Occidente sfrutta la possibilità offertagli da Gheddafi per entrare nel Maghreb incandescente, pi-azzando un suo avamposto ben vicino ai pozzi di petrolio controllati dai ribelli.

Ma anche nel territorio chiave di tutto il complesso puzzle mediorientale ini-

zia a muoversi qualcosa. L’accordo me-diato dall’Egitto tra Fatah ed Hamas (finalizzato all’organizzazione di un’elezione nazionale entro un anno), mette in seria difficoltà il giochino del “divide et impera” israeliano sui terri-tori palestinesi, giochino che ha avuto conseguenze devastanti come l’assedio di Gaza e l’operazione Piombo Fuso. La situazione palestinese, dove l’attivismo di gruppi di giovani come quelli di Gaza Youth Breaks Out dimostra la vitalità del-la lotta di autodeterminazione di quel popolo, torna dunque nell’agenda polit-ica trasportata dalle ali di quelle migliaia di persone in lotta contro i loro regimi.

Decisivo è stato infatti in questo contesto il ruolo delle soggettività nordafricane, che dalla Mauritania al Bahrein, fino alla Siria hanno lottato e lottano per raggiun-gere una libertà che sembrava sempre di più un’utopia. Intanto dall’”Occidente” è in partenza verso Gaza la Freedom

Flotilla 2, (dedicata alla memoria di Vit-torio Arrigoni e memore del barbaro assassinio israeliano di 9 cooperanti du-rante la spedizione del maggio 2010), ma si iniziano anche a stringere rapporti con movimenti a livello internazionale, come fatto dal Knowledge Liberation Front tramite il “Liberation without bor-ders tour” che ha raggiunto negli scorsi giorni la Tunisia.

Contaminarsi e` dunque la strategia piu` efficace per rispondere agli at-tacchi portati giornalmente dalla crisi globale permanente; attacchi che prendono le sembianze dell’assassinio quotidiano di tutti i migranti in quella grande fossa comune che è il mar Medi-terraneo. Con il primo obiettivo politico di rovesciare dittatori con le mani insan-guinate come Berlusconi e Sarkozy. Se cacciare i raìs è possibile, a tutti noi il compito di mobilitarci.

Scipol. Lab

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Fuga all’inferno ed altre storie.La penna del rais e la politica della favola.

“Fuga all’inferno”: un titolo che potrebbe rifarsi alla migliore tradizione horror.Basta poco per capire di essere fuori strada: “La città è nemica dell'agricoltura, costruita com'è su terreni agricoli, e at-trae a sé i contadini lusingandoli, affin-ché lascino la loro attività per trasferirsi sui marciapiedi della città a fare i men-dicanti, trasformandoli in pigri nulla-facenti.”

La prima pubblicazione a stampa di questa raccolta di novelle è datata 1993 ad opera di una casa editrice di Sirte. L’autore definisce sé stesso “il pastore del deserto”: sarà la modestia che im-pone bucoliche sembianze a Muham-mar Gheddafi. Il “beduino analfabeta che odia le città e la folla” (altra perifrasi a pseudonimo) compose questa rac-colta quale compendio della sua linea politica.

E che Gheddafi odi le metropoli risulta evidente nel racconto ‘la città’: “si es-tende per divorare i terreni agricoli e i villaggi circostanti e farli scomparire sotto la sua ala lurida e soffocante: af-fonda voracemente i denti e gli artigli nei piccoli villaggi isolati e tranquilli, che immediatamente divengono sobborghi,

poi periferie indivisibili da essa, schiac-ciati inesorabilmente dal suo immane peso.” Espressione di tale malessere di fronte alla modernità è un altro passo della raccolta intitolato ‘il suicidio del cosmonauta’ : qui un viaggiatore dello spazio decide di tornare sulla terra ma si toglierà la vita dopo l’incontro con un contadino dal quale avrà appreso che per lui non c’è lavoro sulla terra.

Anticapitalismo o bucolica reazione? Certo è che questo testo, poco seguito in Libia, destò interesse all’estero, al punto che nel 1996 ne venne curata una traduzione in Francia da parte della casa editrice Favre. Subito dopo si ebbe la traduzione in lingua inglese negli Stati Uniti. In Italia la penna del rais arrivò prima delle sue tende, seppur con largo ritardo rispetto alla diffusione nel resto del mondo occidentale.

E’ infatti nel 2006, che Giuseppe Pisanu, allora ministro dell’interno, presenziò durante la presentazione: “Gheddafi è certamente convinto, come molti di noi, che l'Europa ha un enorme debito storico con l'Africa, e che questo debito può essere pagato soltanto aiutando il continente ad uscire dal suo lungo de-

grado e a superare il collasso demogra-fico di cui è manifestazione drammatica l'emigrazione clandestina.”

I successivi accordi con l’Italia hanno dimostrato come il “pastore” Gheddafi conosca bene il deserto libico e di quan-to l’Europa si impegni nel sanare tale collasso demografico. Valentino Parlato, curatore dell’edizione per Manifestolibri, nella sua introduzione scrisse: “Fuga all’inferno, il racconto che dà il titolo alla raccolta, è vero e drammatico. […] Anche chi ha il potere deve temere ogni giorno il potere della maggioranza: «Dal punto di vista umano non c’è niente di peggio della tirannia di una moltitudine.

Così io amo le masse e le temo proprio come amo e temo il mio stesso padre. […] Hanno sostenuto Annibale, Pericle, Savonarola, Danton, Robespierre, Mus-solini, Nixon e quanta crudeltà poi han-no dimostrato nel momento dell’ira». Se un giorno (che non mi auguro) Gheddafi fosse travolto da una protesta popolare sono sicuro che non si stupirebbe.” Infat-ti Gheddafi non si è stupito. E neppure le sue milizie. C’è da chiedersi se il parlare a vanvera non possa essere considerato una forma di connivenza.

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Nato come divertente fake trailer di Grindhouse, e diventato piccolo cult tra i fan di Rodriguez, merito della effet-tiva caratura del protagonista (un chico messicano tatuato e rigorosamente mo-noespressivo che impugnando un ma-chete ammalia le donne ed ammazza i cattivi) ha dunque preso vita in un lun-gometraggio a dir poco esagerato, che ha il suo più grande pregio nel non pren-dersi mai sul serio.

A partire dalla trama stessa, una epica storia di vendetta, tradimenti, infamie, corruzione, passioni; il tutto rigorosa-mente rappresentato con clichès già triti e ritriti (l`eroe solitario che da solo riesce a compiere il destino di un popolo, i kat-tivoni spietatissimi e maestri nelle sa-cre scuole del kung fu) che però, per il piacere del pubblico e la gioia morbosa dei fan, vengono mescolati da Rodri-guez con la sapienza di un cineasta e soprattutto la passione di un ragazzino

cresciuto a suon di Joe D`Amato, Um-berto Lenzi, e tutta la grande generazi-one dei registi del cinema Exploitation.

Resterà negli annali probabilmente la scena in cui machete, per riuscire a scap-pare da una situazione estremamente pericolosa, ha la pensata (dimenticavo, Machete non pensa, improvvisa) di lan-ciarsi da una finestra utilizzando come liana, l`intestino di un malcapitato sgh-erro che ha cercato di fottere il messi-cano sbagliato

Il film, tra tutte le sue stranezze, las-cia anche spazio ad una riflessione politca(senza esagerare, ovviamente, stiamo pur sempre parlando di Machete!) sulla questione dell`immigrazione clandestina e del razzismo latente in-sito nella cultura clownesca e macho-patriottica dell`America dei tea partys. Un divertito Bob De Niro nei panni del reazionario senatore McLaughlin ne è

l`esempio più evidente: repubblicano di giorno e cacciatore di notte, fa appro-vare leggi di rimpatrio e si diverte a dare la caccia agli immigrati per la frontiera uccidendoli brutalmente con i suoi kat-tivi scagnozzi cowboys. E` ovvio quindi che la personale battaglia di Machete in-contri e spalleggi la lotta dei messicani, diventandone il simbolo.

Tra teste mozzate, esplosioni immonde e personaggi esemplari usciti da un west-ern di Leone, dagli altrettanti aforismi ad effetto ( Padre Cortez, il parroco fratello maggiore di Machete che caricando due fucili a pompa sentenzia:Dio perdona, io no!) le quasi due ore di film scorrono piacevoli e ludicamente appaganti, per tutta la gioia dei nostri robusti stomaci. Insomma, approcciato con l`ottica di un parco giochi di violenza e divertimento , l`opera di Rodruguez ha qualcosa di interessante da dirci. Ovvio, si tratta pur sempre di Machete!

E’ arrivato: il tuo nuovo eroe!

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“Kids on the streets!”

Arrivati fuori tempo mas-simo sulla rivolta del '77, ma giustamente eletti tra i propri alfieri da una gener-azione falcidiata dai cambi di orientamenti musicali ( l'avanzata newave) o dagli scioglimenti dei suoi eroi originari( Sex Pistols?), i legg-endari Angelic Upstarts furono protagonisti di una carriera dall'ottimo risultato artistico e dai buoni riscontri commerciali.

Grazie soprattutto a un punk rock di forte impatto, che rispecchiava fedelmente il malumore della giovane classe operaia britannica in strutture musicali rozze e graffianti, vocalismi non meno ruvidi ed enfatici ( l'uso dei cori da 'stadio') e liriche all'insegna di una rabbiosa poesia di strada. La band originaria di South Shields (vicino Newcastle), debutta nel 1978 con il sin-golo “The murder of liddle towers”, che si scagliava vio-lentemente contro la brutal-ità repressiva della polizia.

A causa di questo brano e di alcuni atteggiamenti provocatori nei live, come l'abitudine di utilizzare una testa di maiale con tanto di berretto da “sbirro” durante i concerti e il forte attacco alla “lady di ferro” Thatch-er e la condanna drastica dell'avanzata becera fas-cista del National Front ; il quartetto inglese subì un forte ostracismo da parte di numerosi club del Nordest. Grazie anche alle polemiche e al bando dai locali la popo-larità della band crebbe notevolmente, e li spinse a posizionarsi tra i gruppi punk più importanti del periodo con Sham 69, The Ruts, The

Clash e UkSubs.

Nel 1979 dopo un indi-menticabile tour come spalla a gli Sham69 del mitico Jimmy Pursey , la band pubblica l'album d'esordio “Teenage Warn-ing” , che assieme al suc-cessivo “We gotta get out of this place” del 1980 e alla manciata di singoli che hanno fatto da corol-lario, il debut-album fo-tografa nitidamente con tutti suoi pregi l'iniziale fase espressiva della band, ossia quella 100% punk, che vede alla produzione lo stesso Jimmy Pursey.Dopo una manciata di singoli con l'etichetta Zonophone/EMI, nel 1981 “Mensi” e soci pubblicano “2,000,000 voices”, che segna un netto cambio stilistico con aperture ver-so il reggae e a ballate dal sapore folk.

Nello stesso anno pubbli-cano il primo album live , “Angelic Upstarts live”, un disco dal vivo di pregevole fattura, in cui spiccano inni quali “Police Oppression” e “I'm an Upstarts”, cantati dall'ugola rabbiosa e dissa-cratoria del singer Thomas “Mensi” Mensforth, in-faticabile trascinatore e simbolo credibile di un disagio comune sincero, oltre che filo conduttore di intere generazioni di ri-belli rock. Una scelta quella dell'aperta manifestazione del proprio dissenso, che la band di Newcastle non ab-bandonò neppure quando la proposta si fece meno estremista e più ricca ed elaborata sul piano stru-mentale e compositivo.

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Hanno creato questo numero:

Per informazioni o per collaborare con noi scrivi a: [email protected]

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C.U.A. Bologna

Illustrazioni e vignette a cura di Moden9([email protected])

Duka e Philopat

Gabriele (Photos)

G. Scarpelli

F.Mata

Copertina a cura di Gigliogrande([email protected])

ORIZZONTALI

1 – Il suo “stay hu-man” ora vive nelle lotte

12 – Meeting 13 – L'inizio dell'aurora 14 – Un famoso ex-

traterrestre 15 – Tempo universale (sigla) 16 – Città libica teatro degli scon-tri tra Gheddafi e i ribelli 20 – La città di Edipo 21 – Un accesso a Londra 23 – Non vogliamo pagarlo perchè deve es-sere gratis! 24 – Numero (abbreviaz.) 25 – Milano 26 – Ciao a Chicago 27 – Popolo dell'antica Asia Minore 30 – Autorità Na-zionale Palestinese 32 – Messina sulle

targhe 33 – La playlist dei musicisti 35 – La Pozzi del Partito dell'Amore 37 – Un romanzo di Baricco 39 – Mio, tuo... 40 – L'inizio del vociare 41 – Vinceva... per-dendo! 42 – L'Ughi violinista 44 – Un par-tito Si-TAV 46 – Sono dispari nell'oboe 47 – Azienda Sanitaria Locale 48 – E' molto bella per Rino Gaetano 50 – Suffisso di-minutivo 51 – Un membro di Fuoco neg-li Occhi 54 – Un concetto antropologico 55 – Quelle arabe stanno scuotendo il Mediterraneo 56 – Associazione Italiana Arbitri

VERTICALI

1 – Una disfatta Yankee 2 - Ministero della repubblika in mano al razzista Maroni 3 – Le consonanti dell'etica 4 – Rappresentano gli spiriti guida dei nativi d'America 5 – Uccide, bombarda

ed ha i caschi blu 6 – Sono dispari nella rete 7 – Tribù pellerossa 8 – Gli estremi dell'ozio 9 – Il nostro... è da cacciare! 10 – Si estende da Pietroburgo agli Urali 11 – Gruppo Archeologico Romano (sigla) 16 – All'inizio del mese 17 – Consuetudini 18 – Cosa blocchiamo? 19 – Il continente più grande 22 – La punta del cipresso 28 – Le consonanti del telo 29 – Lo è un giornale 31 – Medico russo scopritore del riflesso condizionato 33 – Singolare, curioso 34 – Il Collettivo autonomo or-ganizzato salentino (sigla) 36 – Il con-trario di si... 38 – Medici in prima linea 41 – Lo stato con Lima capitale 43 – Il ser-pente del Libro della Giungla di Kipling 44 – Titolo nobiliare inglese 45 – Azienda italiana responsabile dello sfruttamen-to del delta del Niger 46 – Il principio dell'obliteratrice 49 – Diapositiva (ab-breviaz.) 52 – L'inizio dell'Azerbaigian 53 – Sono uguali nei visi

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