Anno XXVIII - N. 5/6 FEBBRAIO/MARZO 2019€¦ · importanti per la tua vita e per il percorso che...

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Anno XXVIII - N. 5/6 FEBBRAIO/MARZO 2019 [email protected] Iete mai stati nel deserto? Un luogo affascinante e nello stesso tempo rischioso. Anche Gesù ha trascorso ben quaranta giorni nel deserto sospinto dallo Spirito e tentato dal diavolo. Ora tocca a noi, tocca a te entrare con Gesù nel deserto di questi quaranta giorni di Quaresima e fare l’esperien- za viva di quanto sia affascinante e rischioso. L’alternativa è non partire, non mettersi in viaggio. Perché chi non ama l’avventura ed il rischio neppure comincia. Vogliamo essere una comunità che si mette in cammino con decisione perché, in questa av- ventura, ci giochiamo la bellezza della nostra fede ed il rischio della vita. Deserto… come silenzio. Il deserto è per eccellenza il luogo del silenzio. Quel deserto che ti fa sentire solo con te stes- so e con la tua coscienza. Il silenzio che ti invi- ta a pensare, a riflettere e un po’ ti inquieta dentro. In un mondo di tanto frastuono e chiasso, in un mondo in cui si cerca di azzerare il silenzio con le parole, la musica, il rumore... abbiamo bisogno di ritrovare il silenzio. Per ritrovare la verità di noi stessi, la verità della vita, la verità di Dio. Ritrovare il silenzio per pensare e per riflettere, per pregare e per en- trare in noi stessi e saper prendere le giuste decisioni. Quante volte rischiamo di prendere decisioni affrettate o addirittura sbagliate semplicemente perché non ci fermiamo a pen- sare abbastanza. Questo deserto di Quaresima ci aspetta per educarci al silenzio e all’interiorità. Pagg. 10 PROPOSTE MIRATE E TANTE NOVITÀ... È LA QUARESIMA DEI RAGAZZI! Pagg. 7/9 TEMPO DI QUARESIMA: IN CAMMINO VERSO LA PASQUA DI GESÙ Pagg. 13/14 “LASCIATI DIRE” SEMPRE STIMOLANTE: IL FATICOSO INVERNO

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  • Anno XXVIII - N. 5/6 FEBBRAIO/MARZO 2019

    [email protected]

    Iete mai stati nel deserto? Un luogo affascinante e nello stesso tempo rischioso. Anche Gesù ha trascorso ben quaranta giorni nel deserto sospinto

    dallo Spirito e tentato dal diavolo. Ora tocca a noi, tocca a te entrare con Gesù nel deserto di questi quaranta giorni di Quaresima e fare l’esperien-

    za viva di quanto sia affascinante e rischioso. L’alternativa è non partire, non mettersi in viaggio. Perché chi non ama l’avventura ed il rischio neppure comincia.

    Vogliamo essere una comunità che si mette in cammino con decisione perché, in questa av-ventura, ci giochiamo la bellezza della nostra fede ed il rischio della vita. Deserto… come silenzio. Il deserto è per eccellenza il luogo del silenzio. Quel deserto che ti fa sentire solo con te stes-so e con la tua coscienza. Il silenzio che ti invi-ta a pensare, a riflettere e un po’ ti inquieta

    dentro. In un mondo di tanto frastuono e chiasso, in un mondo in cui si cerca di azzerare il silenzio con le parole, la musica, il rumore... abbiamo bisogno di ritrovare il silenzio. Per ritrovare la verità di noi stessi, la verità della vita, la verità di Dio. Ritrovare il silenzio per pensare e per riflettere, per pregare e per en-trare in noi stessi e saper prendere le giuste decisioni. Quante volte rischiamo di prendere decisioni affrettate o addirittura sbagliate semplicemente perché non ci fermiamo a pen-sare abbastanza. Questo deserto di Quaresima ci aspetta per educarci al silenzio e all’interiorità.

    Pagg. 10 PROPOSTE MIRATE E TANTE NOVITÀ... È LA QUARESIMA DEI RAGAZZI!

    Pagg. 7/9 TEMPO DI QUARESIMA: IN CAMMINO VERSO LA PASQUA DI GESÙ

    Pagg. 13/14 “LASCIATI DIRE” SEMPRE STIMOLANTE: IL FATICOSO INVERNO

  • 2 busnagori@gm

    ail.com

    Deserto… come ascolto. Nella Bibbia il deserto è il luogo dell’incontro con Dio. Un Dio vivo perché ti parla, ha parole importanti per la tua vita e per il percorso che stai facendo con gli altri. Attraverso il profeta Osea Dio ci dice: “Io l’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Osea 2, 16). Viviamo questa Quaresima come un rinnovato e più intenso incontro con Dio, un incontro di amicizia fatto di ascolto, di apertura delle orecchie e, soprattutto, del cuore. Non mancheranno occasioni per ascoltare la voce del Signore Gesù e tante le potremo cercare noi personalmente, nelle nostre case e nella nostra comunità. E’ tempo di tirar fuori la Bibbia nelle nostre famiglie e, se non la possediamo ancora, di acqui-starla. Potremmo scegliere come aprirla: leggerla di continuo oppure a “caso” lasciandoci rag-giungere da quella sua Parola che non giunge mai a caso, anzi spesse volte arriva al momento giusto. Oppure scegliere i brani suggeriti sull’ultima facciata di Comunità Viva, i brani della Liturgia del giorno. Sì, perché il Signore parla ogni giorno, a te, a tutti. Non è vero che Dio non ci parla… non parla solo a chi non vuol ascoltarlo. Ci sono anche momenti in cui la Parola di Dio risuona per tutti nella comunità: ogni Dome-nica, ogni giorno nella Celebrazione Eucari-stica. Lo ascolto volentieri e lascio che la sua Parola ispiri e guidi i miei pensieri, le mie parole i miei gesti, le mie scelte? Perché, se mi è possibile, non partecipare almeno qual-che volta alla Santa Messa feriale? Sempre la Parola è proclamata e commentata per essere meglio assimilata. Su suggerimento del gruppo dei Lettori, abbiamo fatto la scelta nei Lunedì sera di Quaresima di ritrovarci ad a-scoltare e meditare il Vangelo della Domenica successiva. E’ la LECTIO DIVINA, una proposta che vogliamo rivolgere a tutti gli adulti della comunità: per affinare il gusto e la familiarità con la Parola di Gesù e prepararci meglio alla celebrazione domenicale. Un novità saranno gli ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIALI: un tempo forte, una settimana di ascolto della Parola di Dio, per la verifica personale della vita e per intensificare il cammino di fede della nostra comunità. Entriamo, dunque, in questo deserto della Quaresima per far crescere la nostra fede con l’ascolto attento e costante della Parola di Dio. Del resto, che ne sarebbe del nostro mondo se tutti ascoltassero Gesù? Il Paradiso sarebbe già qui! Deserto… come essenzialità. Nessuno si avventura nel deserto portando un sacco di cose. Non ci starebbero nello zaino e sarebbero un peso inutile. Chi si incammina nel deserto porta solo il minimo indispensabile, il necessario. La Quaresima, tempo di deserto, ci educa a saper riconoscere l’essenziale della nostra vita. A riconoscere che ci sono tante cose che riteniamo indispensabili e insostituibili ma non lo sono. Uno psicologo un giorno disse che una delle malattie più serie del nostro tempo è questa: molte cose che da sempre sono state importanti ed essenziali oggi non lo sono più, anzi sono diventate accessorie o addirittura inutili. E tante cose che evidentemente erano secondarie, sono diventate indispensabili e irrinunciabili. Secondo voi, ha ragione? Forse sì, se pensiamo alla nostra vita d’ogni giorno o pensiamo alla vita dei nostri bimbi, dei nostri ragazzi e giovani.

  • 3 busnagori@gm

    ail.com

    E in tutto questo Gesù dove sta? Quanto vale per me? Il suo messaggio, il suo amore, la sua presenza amica quanto conta per me? Prova a dare un nome all’essenziale della tua vita e della tua famiglia! Prova a dare un nome a ciò che sembra essenziale in questo nostro mondo! Quando Gesù diventa l’essenziale, tutto il resto non lo perdi, anzi lo ritrovi più bello e più vero perché ritrova il giusto significato ed il giusto valore. Incamminarsi in questo deserto è davvero rischioso… Rischia, e dì a Gesù: “Tu mi basti, Signore!” Deserto… come digiuno e penitenza. Quando vai nel deserto e sai cosa portare con te, il resto lo lasci a casa. C’è sempre qualcosa a cui rinunciare. La tradizione ci consegna il tempo di Quaresima come tempo di digiuno e penitenza. Per affermare che il bene grande della vita è Gesù, a qualcosa si deve rinunciare. La Chiesa ci ricorda il magro nei Venerdì di Quaresima ed il digiuno il Mercoledì delle ceneri ed il Venerdì Santo: “non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Di-o” (Matteo 4,4). Ma ognuno di noi dovrebbe entrare nella Quaresima scegliendo il proprio gesto di penitenza e di digiuno: a cosa posso rinunciare? A qualcosa che mi costa, a qualcosa che è importante e di cui posso fare a meno… Aiutiamo anche i nostri ragazzi ed i nostri giovani a gesti di penitenza e digiuno: imparino a distinguere nella vita ciò che è essenziale e ciò che – anche se lo possediamo – non lo è. C’è, infine, un’altra finalità del digiuno… è la carità. Dobbiamo trasformare quello a cui rinun-ciamo in gesto di carità e di condivisione. Noi suggeriamo di sostenere le famiglie e le per- sone più bisognose attraverso la Caritas parrocchiale ed il progetto “SIRIA – ALLARGARE UN ASILO PER MANTENERE LA SPERANZA”, per un asilo a Nebek, nella martoriata Siria, per far crescere insieme bambini cristiani e musulmani nella loro cultura e nella loro umanità. Rinunciamo a qualcosa che liberamente scegliamo per tutti i quaranta giorni di deserto per affermare che non possiamo rinunciare ad amare Gesù sopra ogni cosa e ad amarlo e servirlo nei fratelli più poveri e svantaggiati. Questo è il viaggio che ci aspetta… E’ il deserto che ci aspetta… L’avevamo detto: è affascinante e rischioso allo stesso tempo. Noi che seguiamo Gesù non abbiamo paura del rischio, anzi ci mettiamo in cammino proprio perché ciò che ci affascina di Gesù è il rischio. E gli uomini veri e le donne vere amano il rischio. Allora… partiamo? Buona Quaresima… insieme!

    Don Eugenio

  • 4 busnagori@gm

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    Al 10 marzo 2019 sono stati raccolti:

    € Al 21 ottobre 2018 3542,10 Anonimo 50,00 Avanzo abbonamenti Busnagori 120,00 Anonimo 200,00

    TOTALE 3912,10

    ADOTTA una mamma, AIUTI

    il suo bambino è lo slogan che riassume il senso

    del PROGETTO GEMMA, l’iniziativa della

    “Fondazione Vita Nova”

    Brambilla Fabio ( 039.60.95.341) Solcia Gian Piero ( 039.69.57.103)

    Chi volesse ulteriori informazioni può rivolgersi a:

    PROGETTO GEMMA via Tonezza, 3 – 20147 MILANO

    Tel. 02.48702890, fax 02.48705429 Mail [email protected]

    Progetto Gemma è nato per mettere in collegamento le mamme in difficoltà con tutti coloro che desiderano aiutarle. Si tratta di un’adozione prenatale a di-stanza, finalizzata a salvare un bambino minacciato di aborto per la grave situa-zione di povertà della mamma. Chi adot-ta (persone singole, ma anche gruppi, Comunità Pastorali, Parrocchie…), ga-rantisce alla mamma e al suo bambino un contributo economico mensile di 160 € per 18 mesi, 6 di gravidanza e 12 per il pri-mo anno di vita del bambino.

    DONARE UN SORRISO Quando non cerco Dio mi perdo in nullità. Quando mi guardo dentro capisco che Lui è in ogni luogo, ma non è mai lontano da me. È già dentro il mio cuore.

    Mi consola nel dolore mi accarezza nella felicità

    mi dona gioia, la gioia di vivere. Vivere per donare

    anche un solo sorriso.

    Donare un sorriso a chi mi è vicino

    a chi mi passa accanto. E a chi mi tiene lontano,

    donare il sorriso più grande e radioso.

    diMaria Rosa

  • 5 busnagori@gm

    ail.com

    Il parroco è disponibile per le CONFESSIONI

    al SABATO dalle ore 16.00

    Il numero di telefono del parroco è 039 695192

    Appunt i d i s trada Le nostre piccole tappe

    APRILE

    LUN 1 8 15 22 20

    MAR 2 9 16 23 30

    MER 3 10 17 24

    GIO 4 11 18 25

    VEN 5 12 19 26

    SAB 6 13 20 27

    DOM 7 14 21 28

    MARZO

    LUN 4 11 18 25

    MAR 5 12 19 26

    MER 6 13 20 27

    GIO 7 14 21 28

    VEN 1 8 15 22 29

    SAB 2 9 16 23 30

    DOM 3 10 17 24 31

    Per essere sempre e costantemente

    informati e aggiornati in merito alle celebrazioni,

    proposte e attività della nostra Parrocchia

    e dell’Oratorio, consigliamo consultare

    che è disponibile all’ingresso della Chiesa

    oppure... visitare il nostro sito:

    www.parrocchiabusnago.it

  • 6 busnagori@gm

    ail.com

    Non freddi e aridi numeri, ma dati che ci possono aiutare a discernere e riflettere sulle scelte pastorali da promuovere e intraprendere

    16 DICEMBRE 2018 BRAKO Letizia - TUMMINELLO Alice BATTESIMI.

    ANAGRAFE PARROCCHIALE AGGIORNATA AL 31 DICEMBRE 2018

    DEFUNTI. BIFFI Rosa di anni 91, deceduta l’11-12-2018 residente in Busnago, Via Italia 48

    GALBIATI Umberto di anni 85, deceduto il 15-12-2018 residente in Busnago, Via Carducci 21/C

    Anno 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

    Popolazione 6419 6578 6631 6718 6750 6750 6747

    Nati 75 68 78 55 61 65 33

    Battesimi 50 59 47 51 43 44 32

    Morti 35 43 55 54 53 44 55

    Nuclei familiari 2695 2726 2756 2788 2799 2811 2826

    Immigrati 265 291 255 297 276 264 336

    Emigrati 146 263 191 266 284 288 276

    Matrimoni religiosi celebrati in parrocchia 14 8 8 3 7 5 4

    Matrimoni religiosi celebrati fuori parrocchia

    8 8 11 5 7 7 7

    Matrimoni civili contratti in Comune

    17 3 13 7 8 13 13

    Matrimoni civili contratti fuori Comune

    5 6 6 7 4 6 7

  • 7 busnagori@gm

    ail.com

    OGNI GIORNO Da Martedì al Venerdì: ore 8.45: Celebrazione delle LODI MATTUTINE ore 9.00: SANTA MESSA e MEDITAZIONE QUARESIMALE Lunedì e Sabato: ore 9.00: LODI MATTUTINE e LITURGIA DELLA PAROLA In caso di funerali: ore 9.00: LODI MATTUTINE e LITURGIA DELLA PAROLA La celebrazione eucaristica sarà quella funebre.

    OGNI DOMENICA La SANTA MESSA Seguendo il cammino tipico della Quaresima (ore 7.30 e 10.30) saremo condotti di Domenica in Domenica a rinnovare insieme nel giorno di Pasqua in modo nuovo e più intenso la professione della fede del nostro Battesimo.

    OGNI LUNEDI’ Ci ritroviamo ad ascoltare e meditare insieme la Parola di Gesù della Domenica successiva. Per affinare il gusto e la familiarità con la Parola. Per prepararci alla celebrazione domenicale. Date: Lunedì 11 – 18 – 25 Marzo e Lunedì 1° Aprile Orario e luogo: ore 20.45 in Oratorio.

    LECTIO DIVINA

    Viviamo insieme il sacro tempo della Quaresima

    IN CAMMINO VERSO LA PASQUA DI GESu’ Cari fratelli e sorelle, la Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte. E sempre questo tempo ci rivolge un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare a Dio con tutto il cuore, per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell'amicizia con il Signore. Gesù è l'amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono. La Quaresima è il tempo favorevole per rinnovarsi nell'incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo. Il Signore - che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto ha vinto gli inganni del Tentatore - ci indica il cammino da seguire. Lo Spirito Santo ci guidi a compiere un vero cammino di conversione, per riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi. Preghiamo gli uni per gli altri affinché, partecipi della vittoria di Cristo, sappiamo aprire le nostre porte al debole e al povero. Allora potremo vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua.

    Papa Francesco

  • 8 busnagori@gm

    ail.com

    OGNI VENERDI’ ore 8.45: Celebrazione delle LODI MATTUTINE ore 9.00: SANTA MESSA e MEDITAZIONE QUARESIMALE ore 15.00: ADORAZIONE DELLA CROCE ore 20.45: VIA CRUCIS itinerante per le vie del paese

    VIA CRUCIS Sabato 9 Marzo: Famiglie Venerdì 15 Marzo: C.S.I Venerdì 22 Marzo: Collegio S. Antonio Venerdì 29 Marzo: Preadolescenti – Adolescenti – Giovani Venerdì 5 Aprile: Meditazione Corale (a cura del Coro S. Anna)

    OGNI SABATO Dalle ore 16 alle 18: ADORAZIONE EUCARISTICA Dalle ore 16 alle 18: SANTE CONFESSIONI Ore 18.00: SANTA MESSA PREFESTIVA

    OGNI SABATO SERA L’ORATORIO È APERTO PER TUTTI! Alle ore 20.00 proponiamo la cena insieme.

    Dopo la cena, per chi ha cenato e per chi si aggiunge, c’è la SERATA ORGANIZZATA per le Famiglie,

    per i Bambini, per i Preadolescenti (ragazzi delle Medie) e gli Adolescenti (ragazzi delle Superiori).

    LE “DOMENICHE INSIEME” GENITORI E FIGLI Domenica 17 Marzo: TERZA PRIMARIA Domenica 31 Marzo: SECONDA PRIMARIA Domenica 24 Marzo: QUINTA PRIMARIA Domenica 7 Aprile: QUARTA PRIMARIA Incontro con l’Arcivescovo Domenica 14 Aprile: FESTA DEGLI AUGURI allo stadio di S. Siro (tutti insieme) GLI ESERCIZI SPIRITUALI DAL 7 AL 13 APRILE Nella settimana dal 7 al 13 Aprile vivremo gli ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIALI. Una novità importante, indispensabile! Un tempo forte di ascolto della Parola di Dio, per la verifica personale della vita e intensificare il cammino di fede della nostra comunità. Per i bambini ed i ragazzi, da Lunedì 8 a Venerdì 12 dalle ore 7.30 alle 8.30 (chiesetta di S. Rocco): UN MINUTO “SPECIALE” CON GESÙ Per gli Adolescenti ed i giovani SETTIMANA DI VITA COMUNE IN ORATORIO - ore 18.30: MEDITAZIONE Per gli adulti, ogni giorno, in Chiesa ore 9.00: MEDITAZIONE / ore 20.45: Lunedì 8 – Mercoledì 10 – Venerdì 12 a Busnago Martedì 9 e Giovedì 11 a Roncello. Annunciamo con anticipo questo evento perché è uno dei momenti più importanti dell’anno e, quindi, merita di essere fissato sul calendario personale e familiare in modo da agevolare

    la partecipazione da parte di tutti: ragazzi, adolescenti, giovani, adulti e famiglie!

  • 9 busnagori@gm

    ail.com

    MARTEDI’ 26 MARZO: “E NOI VEDEMMO LA SUA GLORIA” (Gv. 1, 14)

    VIA CRUCIS GUIDATA DALL’ARCIVESCOVO MONS. MARIO DELPINI

    La Via Crucis per la nostra Zona Pastorale si terrà a Treviglio,

    con partenza alle 20.45 dalla Basilica di San Martino.

    Per la partecipazione daremo maggiori dettagli in seguito. Si potrà naturalmente raggiungere Treviglio anche coi mezzi propri.

    Alcune attenzioni importanti:

    LA PREGHIERA PERSONALE O IN FAMIGLIA Suggeriamo di utilizzare le pagine della Parola di Dio segnalate per ogni giorno su

    “Comunità Viva” nel calendario liturgico sull’ultima pagina del foglietto.

    MAGRO E DIGIUNO Il gesto penitenziale del MAGRO è prescritto in ogni Venerdì di Quaresima.

    Il DIGIUNO è prescritto il Venerdì Santo.

    QUARESIMA DI SOLIDARIETA’ Sosteniamo il progetto

    “SIRIA – ALLARGARE UN ASILO PER MANTENERE LA SPERANZA”.

    Il progetto consiste nell’allargare un asilo a Nebek (Siria)

    per far crescere insieme bambini cristiani e musulmani

    nella loro cultura e nella loro umanità.

    IL CESTO DELLA CARITAS in Chiesa presso l’altare di S. Anna. Aiutiamo le famiglie più bisognose che chiedono aiuto alla nostra comunità.

    IL SALVADANAIO DELLA CON-DIVISIONE al bar dell’Oratorio. Il ricavato andrà al progetto “Siria – Nebek: un asilo per mantenere la speranza” .

    VISITA ALLE FAMIGLIE PER LA BENEDIZIONE

    Siamo in cammino per visitare tutte le famiglie per la PREGHIERA e la BENEDIZIONE. Seguiamo l’itinerario già proposto su “Comunità Viva”.

    Accoglieteci sempre volentieri: è il Signore Gesù che viene a far visita alla vostra casa!

  • 10 busnagori@gm

    ail.com

    QUARESIMA DEI RAGAZZI

    S. MESSA DOMENICALE (ore 10.30) Per tutti i ragazzi! La classe che vive la “Domenica insieme” anima la Santa Messa.

    DOMENICA POMERIGGIO IN ORATORIO ore 15.00: nella chiesina dell’Oratorio: INCONTRO DI PREGHIERA.

    A seguire, l’ANIMAZIONE, i grandi GIOCHI di Quaresima e la MERENDA insieme.

    PREGHIERA QUOTIDIANA IN FAMIGLIA Raccomandiamo la preghiera del mattino e della sera!

    UN MINUTO CON GESU’ Dal Lunedì al Venerdì, dalle 7.30 alle 8.30: momento di preghiera alla chiesetta di S. Rocco, prima della scuola.

    QUARESIMA DI CARITA’: “PROGETTO SIRIA” Sosteniamo il progetto

    “SIRIA – ALLARGARE UN ASILO PER MANTENERE LA SPERANZA”. Il progetto consiste nell’allargare un asilo a Nebek

    per far crescere insieme bambini cristiani e musulmani nella loro cultura e nella loro umanità.

    1 EURO PER L’ASILO DI NEBEK (lo raccogliamo il Sabato mattina a catechismo). Il salvadanaio della condivisione al Bar dell’Oratorio.

    ESERCIZI SPIRITUALI Da Lunedì 8 a Venerdì 12 Aprile, dalle 7.30 alle 8.30:

    UN MINUTO “SPECIALE” CON GESU’ presso la chiesetta di S. Rocco, prima della scuola

    NOVITA’ !!! LA RACCOLTA DEI TALENTI! I talenti erano le monete al tempo di Gesù… Ma i talenti sono anche i doni che tu hai… il dono che tu sei! TU SEI UN TALENTO! Quando partecipi ad un appuntamento in Quaresima,

    doni te stesso, il tuo tempo… cresci e diventi dono per gli altri. Ecco una cosa BELLISSIMA: ad ogni appuntamento a cui parteciperai, riceverai UN TALENTO, una moneta, da mettere in un sacchettino che ti verrà dato all’inizio della Quaresima.

    Riceverai il TALENTO alla Messa domenicale, a catechismo, al Minuto con Gesù, all’Oratorio domenicale…

    Al termine della Quaresima, RESTITUIRAI IN CHIESA, DAVANTI A GESU’, I TUOI TALENTI… che rappresentano te stesso!!!

    Per ogni talento restituito, la Parrocchia devolverà al Progetto “SIRIA – NEBEK: ALLARGARE UN ASILO PER MANTENERE LA SPERANZA” 20 centesimi…

    Insomma, la tua PRESENZA E’ UN DONO! La Domenica delle Palme premieremo poi, per ogni classe, i sacchettinI più “pesantI”!

  • 11 busnagori@gm

    ail.com

    ari fratelli e sorelle, ogni anno, mediante la Madre Chiesa, Dio «dona ai suoi fe-deli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla ce-lebrazione della Pasqua, per-ché […] attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova in Cri-sto» (Prefazio di Quaresima 1). In questo modo possiamo camminare, di Pasqua in Pa-squa, verso il compimento di quella salvezza che già abbia-mo ricevuto grazie al mistero pasquale di Cristo: «nella spe-ranza infatti siamo stati salva-ti» (Rm 8,24). Questo mistero di salvezza, già operante in noi durante la vita terrena, è un processo dinamico che include anche la storia e tutto il creato. San Paolo arriva a dire: «L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19). In tale prospettiva vorrei offrire qualche spunto di rifles-sione, che accompagni il no-stro cammino di conversione nella prossima Quaresima.

    La redenzione del creato La celebrazione del Triduo Pa-squale della passione, morte e risurrezione di Cristo, culmine dell’anno liturgico, ci chiama ogni volta a vivere un itinera-rio di preparazione, consape-voli che il nostro diventare conformi a Cristo (cfr Rm 8,29) è un dono inestimabile della misericordia di Dio. Se l’uomo vive da figlio di Dio, se vive da persona reden-ta, che si lascia guidare dallo Spirito Santo (cfr Rm 8,14) e sa riconoscere e mettere in pratica la legge di Dio, comin-ciando da quella inscritta nel suo cuore e nella natura, egli fa del bene anche al creato, cooperando alla sua redenzio-ne. Per questo il creato – dice S. Paolo – ha come un deside-rio intensissimo che si mani-festino i figli di Dio, che cioè quanti godono della grazia del mistero pasquale di Gesù ne vivano pienamente i frutti, de-stinati a raggiungere la loro compiuta maturazione nella redenzione dello stesso corpo umano. Quando la carità di Cristo trasfigura la vita dei san-

    ti – spirito, anima e corpo –, questi dan lode a Dio e, con la preghiera, la contemplazione, l’arte, coinvolgono in questo anche le creature, come dimo-stra mirabilmente il “Cantico di frate sole” di S. Francesco d’Assisi (cfr Enc. Laudato si’, 87). Ma in questo mondo l’armonia generata dalla re-denzione è ancora e sempre minacciata dalla forza negativa del peccato e della morte. La forza distruttiva del peccato Infatti, quando non viviamo da figli di Dio, mettiamo spesso in atto comportamenti distruttivi verso il prossimo e le altre cre-ature – ma anche verso noi stessi – ritenendo, più o meno consapevolmente, di poterne fare uso a nostro piacimento. L’intemperanza prende al-lora il sopravvento, conducen-do a uno stile di vita che vìola i limiti che la nostra condizione umana e la natura ci chiedono di rispettare, seguendo quei desideri incontrollati che nel libro della Sapienza vengono attribuiti agli empi, ovvero a coloro che non hanno Dio co-

    1.

    2.

    C

  • 12 busnagori@gm

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    me punto di riferimento delle loro azioni, né una speranza per il futuro (cfr 2,1-11). Se non siamo protesi continuamente verso la Pasqua, verso l’orizzonte della Risurrezio-ne, è chiaro che la logica del tutto e subito, dell’avere sem-pre di più finisce per imporsi. La causa di ogni male, lo sappiamo, è il peccato, che fin dal suo apparire in mezzo agli uomini ha interrotto la comu-nione con Dio, con gli altri e con il creato, al quale siamo legati anzitutto attraverso il nostro corpo. Rompendosi la comunione con Dio, si è ve-nuto ad incrinare anche l’armonioso rapporto degli esseri umani con l’ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto (cfr Gen 3,17-18). Si tratta di quel peccato che porta l’uomo a ritenersi dio del creato, a sentirsene il padrone assoluto e ad usarlo non per il fine voluto dal Crea-tore, ma per il proprio interes-se, a scapito delle creature e degli altri. Quando viene abbandona-ta la legge di Dio, la legge dell’amore, finisce per affer-marsi la legge del più forte sul più debole. Il peccato che abi-ta nel cuore dell’uomo (cfr Mc 7,20-23) – e si manifesta come avidità, brama per uno smo-dato benessere, disinteresse per il bene degli altri e spesso anche per il proprio – porta allo sfruttamento del creato, persone e ambiente, secondo quella cupidigia insaziabile che ritiene ogni desiderio un dirit-to e che prima o poi finirà per distruggere anche chi ne è dominato.

    La forza risanatrice del pentimento e del perdono Per questo, il creato ha la ne-cessità impellente che si rive-lino i figli di Dio, coloro che sono diventati “nuova creazio-ne”: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vec-chie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,17). Infatti, con la loro mani-festazione anche il creato stes-so può “fare pasqua”: aprirsi ai cieli nuovi e alla terra nuova (cfr Ap 21,1). E il cammino ver-so la Pasqua ci chiama proprio a restaurare il nostro volto e il nostro cuore di cristiani, trami-te il pentimento, la conversio-ne ed il perdono, per poter vivere tutta la ricchezza della grazia del mistero pasquale. Questa “impazienza”, que-sta attesa del creato troverà compimento quando si mani-festeranno i figli di Dio, cioè quando i cristiani e tutti gli uomini entreranno decisamen-te in questo “travaglio” che è la conversione. Tutta la crea-zione è chiamata, con noi, a uscire «dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). La Quaresima è segno sacramentale di questa conversione. Chiama i cristiani a incarnare più intensamente e concretamente il mistero pa-squale nella loro vita persona-le, familiare e sociale, in parti-colare attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggia-mento verso gli altri e le crea-ture: dalla tentazione di “divo-rare” tutto per saziare la no-stra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può

    colmare il vuoto del nostro cuore. Pregare per saper ri-nunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericor-dia. Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accu-mulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del pro-getto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità. Cari fratelli e sorelle, la “quaresima” del Figlio di Dio è stata un entrare nel deserto del creato per farlo tornare ad essere quel giardino della co-munione con Dio che era pri-ma del peccato delle origini (cfr Mc 1,12-13; Is 51,3). La nostra Quaresima sia un ripercorrere lo stesso cammi-no, per portare la speranza di Cristo anche alla creazione, che «sarà liberata dalla schiavi-tù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Non lasciamo trascorrere invano questo tempo favore-vole! Chiediamo a Dio di aiutar-ci a mettere in atto un cammi-no di vera conversione. Abban-doniamo l’egoismo, lo sguardo fisso su noi stessi, e rivolgia-moci alla Pasqua di Gesù; fac-ciamoci prossimi dei fratelli in difficoltà condividendo i nostri beni spirituali e materiali. Così, accogliendo nel concreto della nostra vita la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, atti-reremo anche sul creato la sua forza trasformatrice.

    3.

  • 13 busnagori@gm

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    L’inverno

    offre ai giovani e agli adulti

    istruttive prove di laboriosità,

    efficaci esercizi di pazienza,

    possibilità feconde di tolleranza

    all’interno di una

    rinnovata voglia di compagnia.

    C om’è difficile per i giovani vivere l’inverno! Tutto, in questa stagione, appare contrario al-la loro sensibilità e agli abi-tuali stili di vita; tanti sono gli elementi che sfuggono ai desideri e alle esigenze dei ragazzi di oggi. Il freddo si oppone alla ricerca di calore utile a scaldare il cuore di una generazione che soffre ormai endemicamente una

    condizione di solitudine. Il grigiore del cielo e l’apparente sterilità del-la terra accentuano la difficoltà di un contatto con la vita che sia ge-nerativo di ulteriore

    vita. Il silenzio della natura rende quasi insopportabile il bisogno di rumori e di suoni che possano far compagnia a chi ha continuamente biso-gno di presenze e di stimoli per crescere. L’inverno è, per gli studenti, il periodo di maggiore fati- ca scolastica: ormai lontani dall’entusiasmo dell’inizio e ancor troppo distanti dal con-fronto con i risultati finali, sembrano quasi intrappolati

  • 14 busnagori@gm

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    in una quotidianità noiosa e ripeti-tiva che non sempre assume il giusto ritmo. Anche per i giovani lavoratori (for-tunati agli occhi di tutti, ma talvolta frustrati da attività precarie e inade-guate rispetto alle loro aspettative e competenze) i mesi invernali sono quelli peggiori: alzarsi la mattina quando è ancora buio, affron-tare temperature gla-ciali ed antipatiche piogge, tornare di corsa a casa dopo il tramonto e spesso senza prospettive di uscite serali: come è possibile vivere la maggior parte della giornata chiusi in un guscio? Può bastare il desiderio che al più presto giunga la primavera? Nonostante tutte queste difficoltà e condizionamenti, l’inverno non può essere liquidato come una stagione inutile. Occorre però darsi da fare, soprattut-to in famiglia, perché questo tempo possa divenire congeniale alle nuove generazioni. Il ritrovarsi insieme in casa può diventare l’occasione per rianimare le relazioni fra le genera-zioni, che non possono restare con-finate nella sfera di un’affettività do-vuta, ma meritano di divenire storie d’amore volute intensamente.

    Troppo spesso, dopo le feste nata-lizie che rischiano di coincidere con una ritualità forzata, c’è bisogno di tornare ad una ferialità familiare, in cui i tempi e gli spazi della casa di-ventano l’occasione preziosa di con-dividere fatiche e speranze, dolori e inquietudini, sogni e bisogni.

    L’inverno offre ai giovani ed agli adulti istruttive prove di laboriosità, efficaci esercizi di pazienza, possi-bilità feconde di tolleranza all’in-terno di una rinnovata voglia di compagnia; ciascuno può imparare a riconoscere quanto è importante ac-cogliersi reciprocamente nella comu-ne esigenza di sperare nel futuro. Stare un po’ di più insieme, essere più pronti nella disponibilità, soste-nersi l’un l’altro nella faticosa espe-rienza del seme che sta morendo per rinascere.

    Marianna Pacucci

  • 15 busnagori@gm

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    Il 21 gennaio il Calendario liturgico romano fa me-moria della santa vergine Agnese, la cui antichità del culto presso la Chiesa latina è attestata dalla presenza del suo nome nel Canone Romano (Preghiere Eucaristica I), accanto a quelli di altre celebri martiri: Lucia, Cecilia, Agata, Anastasia, Per-petua e Felicita. Nulla sappiamo di preciso della famiglia d’origine di Sant’Agnese, popolare martire romana. La parola “Agnese”, traduzione dell’aggettivo greco “pura” o “casta”, fu usato forse simbolicamente come sopran-nome per esplicare le sue qualità. Visse in un pe-riodo in cui era illecito professare pubblicamente la fede cristiana.

    Secondo il parere di alcuni storici Agnese avrebbe versato il sangue il 21 gennaio di un anno imprecisa-to durante la persecuzione di Valeriano (258-260), ma secondo altri, con ogni probabilità ciò sarebbe avvenuto durante la persecuzione dioclezianea nel 304. Durante la persecuzione perpetrata dall’impe-ratore Diocleziano, infatti, i cristiani furono uccisi così in gran numero tanto da meritare a tale periodo l’appellativo di “era dei martiri” che subirono ogni sorta di tortura. Anche alla piccola Agnese toccò subire una delle tante atroci pene escogitate dai persecutori. La sua leggendaria Passio, falsamente attribuita al milanese Sant’Ambrogio, essendo posteriore al secolo V, ha

    Roma, fine sec. III, o inizio IV

    Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre famiglia pa-trizia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una per-secuzione e molti furono i fedeli che s'abbandonavano alla defezione. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denun-ciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto. Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell'attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni; fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell'iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio. La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall'imperatore Decio, altri nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano.

    Patronato: Ragazze Etimologia: Agnese = pura, casta, dal greco Emblema: Agnello, Giglio, Palma Martirologio Romano: Memoria di sant’Agnese, vergine e martire, che, ancora fanciulla, diede a Roma la suprema testimonianza di fede e consacrò con il martirio la fama della sua castità; vinse, così, sia la sua tenera età che il tiranno, acquisendo una vastissima ammirazione presso le genti e ottenendo presso Dio una gloria ancor più grande; in questo giorno si celebra la deposizione del suo corpo.

  • 16 busnagori@gm

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    perciò scarsa autorità storica. Della santa vergine si trovano notizie, seppure vaghe e discordanti, nella “Depositio Martyrum” del 336, più antico calendario della Chiesa romana, nel martirologio cartaginese del VI secolo, in “De Virginibus” di Sant’Ambrogio del 377, nell’ode 14 del “Peristefhanòn” del poeta spa-gnolo Prudenzio ed infine in un carme del papa San Damaso, ancora oggi conservato nella lapide origi-nale murata nella basilica romana di Sant’Agnese fuori le mura. Dall’insieme di tutti questi numerosi dati si può ricavare che Agnese fu messa a morte per la sua forte fede ed il suo innato pudore all’età di 13 anni, forse per decapitazione come asseriscono Ambrogio e Prudenzio, oppure mediante fuoco, se-condo San Damaso. L’inno ambrosiano “Agnes bea-tae virginia” pone in rilievo la cura prestata dalla san-ta nel coprire il suo verginale corpo con le vesti ed il candido viso con la mano mentre si accasciava al suolo, mentre la tradizione riportata da Damaso vuole che ella si sia co-perta con le sue abbondanti chiome. Il martirio di Sant’Agnese è inoltre correlato al suo proposito di verginità. La Passione e Prudenzio soggiun-gono l’episodio dell’esposizione del-la ragazza per ordine del giudice in un postribolo, da cui uscì miracolosa-mente incontaminata. Assai articolata è anche la storia delle reliquie della piccola martire: il suo corpo venne inumato nella gal-leria di un cimitero cristiano sulla sinistra della via Nomentana. In seguito sulla sua tomba Costantina, figlia di Costantino il Grande, fece edificare una pic-cola basilica in ringraziamento per la sua guarigione ed alla sua morte volle essere sepolta nei pressi della tomba. Accanto alla basilica sorse uno dei primi monasteri romani di vergini consacrate e fu ripetuta-mente rinnovata ed ampliata. L’adiacente cimitero fu scoperto ed esplorato metodicamente a partire dal 1865. Il cranio della santa martire fu posto dal seco-lo IX nel “Sancta Sanctorum”, la cappella papale del Laterano, per essere poi traslato da papa Leone XIII nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, che sorge sul luogo presunto del postribolo ove fu esposta. Tutto il resto del suo corpo riposa invece nella basilica di Sant’Agnese fuori le mura in un’urna d’argento com-missionata da Paolo V.

    Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, nella suddetta opera “De Virginibus” scrisse al riguardo della festa della santa: “Quest'oggi è il natale di una vergine, imitiamone la purezza. E’ il natale di una martire, immoliamo delle vittime. E’ il natale di Sant’Agnese, ammirino gli uomini, non disperino i piccoli, stupisca-no le maritate, l'imitino le nubili... La sua consacra-zione è superiore all’età, la sua virtù superiore alla natura: così che il suo nome mi sembra non esserle venuto da scelta umana, ma essere predizione del martirio, un annunzio di ciò ch'ella doveva essere. Il nome stesso di questa vergine indica purezza. La chiamerò martire: ho detto abbastanza... Si narra che avesse tredici anni allorché soffrì il martirio. La crudeltà fu tanto più detestabile in quanto che non si risparmiò neppure sì tenera età; o piuttosto fu gran-de la potenza della fede, che trova testimonianza anche in siffatta età. C’era forse posto a ferita in quel

    corpicciolo? Ma ella che non aveva dove ricevere il ferro, ebbe di che vincere il ferro. […] Eccola intrepida fra le mani sanguinarie dei carnefici, eccola immobile fra gli strappi violenti di catene stridenti, eccola offrire tutto il suo corpo alla spada del furibondo soldato, ancora ignara di ciò che sia morire, ma pronta, s’è trascinata con-tro voglia agli altari idolatri, a tendere, tra le fiamme, le mani a Cristo, e a formare sullo stesso rogo sacrilego il segno che è il trofeo del vittorioso

    Signore... Non così sollecita va a nozze una sposa, come questa vergine lieta della sua sorte, affrettò il passo al luogo del supplizio. Mentre tutti piangevano, lei sola non piangeva. Molti si meravigliavano che con tanta facilità donasse prodiga, come se già fosse morta, una vita che non aveva ancora gustata. Erano tutti stupiti che già rendesse testimonianza alla divi-nità lei che per l'età non poteva ancora disporre di sé... Quante domande la sollecitarono per sposa! Ma ella diceva: "È fare ingiuria allo sposo desiderare di piacere ad altri. Mi avrà chi per primo mi ha scelta: perché tardi, o carnefice? Perisca questo corpo che può esser bramato da occhi che non voglio". Si pre-sentò, pregò, piegò la testa. Ecco pertanto in una sola vittima un doppio martirio di purezza e religione. Ed ella rimase vergine e ottenne il martirio”.

    (tratto da “De Virginibus”, 1. 1)

  • 17 busnagori@gm

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    “Abbà, Padre!”

    C ari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Nella catechesi sul “Padre nostro”, oggi par-tiamo dall’osservazione che, nel Nuovo Testa-mento, la preghiera sembra voler arrivare al-l’essenziale, fino a concentrarsi in una sola parola: Abbà, Padre. Abbiamo ascoltato ciò che scrive San Paolo nella Lettera ai Romani: «Voi non avete rice-vuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (8,15). E ai Galati l’Aposto- lo dice: «E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”» (Gal 4,6). Ritorna per due volte la stessa invocazio-ne, nella quale si condensa tutta la novità del Vangelo. Dopo aver conosciuto Gesù e ascol-tato la sua predicazione, il cristiano non consi-dera più Dio come un tiranno da temere, non ne ha più paura ma sente fiorire nel suo cuore la fiducia in Lui: può parlare con il Creatore chiamandolo “Padre”. L’espressione è talmente

    importante per i cristiani che spesso si è conser-vata intatta nella sua forma originaria: “Abbà”. È raro che nel Nuovo Testamento le espressioni aramaiche non vengano tradotte in greco. Dob-biamo immaginare che in queste parole aramai-che sia rimasta come “registrata” la voce di Gesù stesso: hanno rispettato l’idioma di Gesù. Nella prima parola del “Padre nostro” troviamo subito la radicale novità della preghiera cristia-na. Non si tratta solo di usare un simbolo – in questo caso, la figura del padre – da legare al mistero di Dio; si tratta invece di avere, per così dire, tutto il mondo di Gesù travasato nel proprio cuore. Se compiamo questa operazione, possiamo pre-gare con verità il “Padre nostro”. Dire “Abbà” è qualcosa di molto più intimo, più commovente che semplicemente chiamare Dio “Padre”. Ec-co perché qualcuno ha proposto di tradurre questa parola aramaica originaria “Abbà” con “Papà” o “Babbo”. Invece di dire “Padre no-stro”, dire “Papà, Babbo”. Noi continuiamo a dire “Padre nostro”, ma con il cuore siamo in-vitati a dire “Papà”, ad avere un rapporto con Dio come quello di un bambino con il suo pa-pà, che dice “papà” e dice “babbo”. Infatti que-ste espressioni evocano affetto, evocano calore, qualcosa che ci proietta nel contesto dell’età

  • 18 busnagori@gm

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    infantile: l’immagine di un bambino completa-mente avvolto dall’abbraccio di un padre che prova infinita tenerezza per lui. E per questo, cari fratelli e sorelle, per pregare bene, bisogna arrivare ad avere un cuore di bambino. Non un cuore sufficiente: così non si può pregare bene. Come un bambino nelle braccia di suo padre, del suo papà, del suo babbo. Ma sicuramente sono i Vangeli a introdurci meglio nel senso di questa parola. Cosa signifi-ca per Gesù, questa parola? Il “Padre nostro” prende senso e colore se impariamo a pregarlo dopo aver letto, per esempio, la parabola del padre misericordioso, nel capitolo 15mo di Luca (Lc 15,11-32). Immaginiamo questa preghiera pronunciata dal figlio prodigo, dopo aver speri-mentato l’abbraccio di suo padre che lo aveva atteso a lungo, un padre che non ricorda le pa-role offensive che lui gli aveva detto, un padre che adesso gli fa capire semplicemente quanto gli sia mancato. Allora scopriamo come quelle parole prendono vita, prendono forza. E ci chiediamo: è mai possibile che Tu, o Dio, co-nosca solo amore? Tu non conosci l’odio? No – risponderebbe Dio – io conosco solo amore. Dov’è in Te la vendetta, la pretesa di giustizia, la rabbia per il tuo onore ferito? E Dio rispon-derebbe: Io conosco solo amore. Il padre di quella parabola ha nei suoi modi di fare qualcosa che molto ricorda l’animo di una madre. Sono soprattutto le madri a scusare i figli, a coprirli, a non interrompere l’empatia nei loro confronti, a continuare a voler bene, anche quando questi non meriterebbero più niente. Basta evocare questa sola espressione – Abbà – perché si sviluppi una preghie-ra cristiana. E S. Paolo, nelle sue lettere, segue questa stessa strada, e non potreb-be essere altrimenti, perché è la strada insegnata da Gesù: in questa invocazione c’è una forza che attira tutto il resto della preghiera. Dio ti cerca, anche se tu non lo cerchi. Dio ti ama, anche se tu ti sei dimenticato di Lui. Dio scorge in te una bellezza, anche se tu pensi di aver sperperato inu-tilmente tutti i tuoi talenti. Dio è non

    solo un padre, è come una madre che non smette mai di amare la sua creatura. D’altra parte, c’è una “gestazione” che dura per sem-pre, ben oltre i nove mesi di quella fisica; è una gestazione che genera un circuito infinito d’amore. Per un cristiano, pregare è dire semplicemen- te “Abbà”, dire “Papà”, dire “Babbo”, dire “Padre” ma con la fiducia di un bambino. Può darsi che anche a noi capiti di camminare su sentieri lontani da Dio, come è successo al figlio prodigo; oppure di precipitare in una so-litudine che ci fa sentire abbandonati nel mon-do; o, ancora, di sbagliare ed essere paralizzati da un senso di colpa. In quei momenti difficili, possiamo trovare ancora la forza di pregare, ricominciando dalla parola “Padre”, ma detta con il senso tenero di un bambino: “Abbà”, “Papà”. Lui non ci nasconderà il suo volto. Ricordate bene: forse qualcuno ha dentro di sé cose brutte, cose che non sa come risolvere, tanta amarezza per avere fatto questo e quest’altro… Lui non nasconderà il suo volto. Lui non si chiuderà nel silenzio. Tu digli “Padre” e Lui ti risponderà. Tu hai un padre. “Sì, ma io sono un delinquente…”. Ma hai un padre che ti ama! Digli “Padre”, incomincia a pregare così, e nel silenzio ci dirà che mai ci ha persi di vista. “Ma, Padre, io ho fatto que-sto…” – “Mai ti ho perso di vista, ho visto tut-to. Ma sono rimasto sempre lì, vicino a te, fe-dele al mio amore per te”. Quella sarà la risposta. Non dimenticatevi mai di dire “Padre”. Grazie.

  • 19 busnagori@gm

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    entre mia moglie mi serviva la cena, mi feci coraggio e le dissi: «Voglio il divorzio». Vidi il dolore nei suoi occhi, ma chiese dolcemente: «Perché?». Non risposi e lei pianse tutta la notte. Mi sentivo in colpa, per cui sotto- scrissi nell'atto di separazione che a lei restassero la casa, l'auto e il trenta per cento del nostro negozio. Lei quando vide l'atto lo strappò in mille pezzi e mi presentò le condizioni per accettare. Voleva soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare l'indomani: «Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi portasti nella nostra camera da letto per la prima volta. In questo mese ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa». Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii. Quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece cammi-nava dietro di noi applaudendo e dicendo: «Grande papà, hai preso la mamma in braccio!». Il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati. Lei si appoggiò al mio petto e sentii il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco. Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina, avvertii che l'intimità stava ritornando tra noi: questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio. Nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Ogni giorno era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Mi resi conto che era dimagrita tanto. L'ultimo giorno, nostro figlio entrò all'improvviso nella nostra stanza e disse: «Papà, è arrivato il momento di portare la mamma in braccio». Per lui era diventato un momento basilare della sua vita. Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo... la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata... mi venne da piangere! Mi fermai in un negozio di fiori. Comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: «Che cosa scriviamo sul biglietto?». Le dissi: «Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi». Arrivai di corsa a casa e con il sorriso sulla bocca, ma mi dis-sero che mia moglie era all'ospedale in coma. Stava lottando contro il cancro ed io non me n'ero accorto. Sapeva che stava per morire e per questo mi aveva chiesto un mese di tempo, un mese perché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.

    «Non so chi o che cosa abbia posto la domanda. Non so quando sia stata formulata. Eppure a un certo punto ho risposto "sì" a Qualcuno o a qualcosa. A partire da quel momento ho avuto la certezza che la vita aveva un senso»

    (Dag Hammarskjold).

  • Hanno collaborato

    Realizzato in proprio presso ORATORIO S. LUIGI - Busnago

    Don Eugenio

    Brambilla Fabio

    Mauri Maria Rosa

    Nizzolo Fernanda

    Nizzolo Santino

    Solcia Gian Piero

    Giocatori giapponesi Tutiri Yoparo - Nishuno Mifreka - Sikuro Tesegno - Momo Teparotuto - Setiri Tifreko - Motiro Tupari - Kissase Yoko - Yoko Poco Poco - Yoko Poco Mayo-ko - Yoko Poi - No Yoko Mai - Yoko Dimeno.

    Esame di inglese

    Il professore comincia: “Francesco adesso traducimi questa frase in inglese”. Francesco si scalda e il professore continua: “Che Dio t’assita”. E Francesco: “WHAT GOD TAXI DRIVER PROF!!!!!!!”.

  • A parlare è suor Maria del Pino Rodriguez de Rivera y Olives,

    che, per non affaticare troppo la me-moria di amici e conoscenti, si fa chia- mare semplicemente “Mapi”. «Anche la mia felicità ha un nome», spiega: «Gesù Cristo». È per rispondere a quella chia-mata che Mapi ha messo tra sé e la sua terra d’origine, Las Palmas, Canarie, ol-tre 13mila chilometri, abbandonando di punto in bianco una brillante carriera sportiva che l'aveva vista conquistare, nel 1994 il titolo nazionale nei tuffi dalla piattaforma. «Tra i miei punti di forza - racconta -, c’erano il triplo sal-to mortale e mezzo in avanti carpiato e il doppio e mezzo avanti con un avvita-mento». Particolare non irrilevante: ci si buttava da dieci metri di altezza, in tranquillità, come se fosse la cosa più naturale del mondo. O meglio: «La pau-ra non mancava mai, specie prima di un tuffo di maggior difficoltà. La condi-videvo con le mie compagne di squadra, assieme a speranze, sogni e alla tensio-ne prima delle gare», riprende Mapi. «Era la mia vita, e per quella soppor-tavo duri allenamenti, talvolta anche di domenica; il giorno di Natale e la Set-timana Santa non facevano eccezione. La fatica era tantissima, e per di più

    GRUPPO SPORTIVO

    Suor Maria del Pino Rodriguez de rivera

    Un tuffo nella speranza

    «Baseco Tondo è uno dei quartieri più abbandonati a se stessi di Manila, la capitale delle Filippine. Manca tutto: igiene, cibo, istruzione. Eppure, ogni giorno, i poveri mi insegnano tanto. Sono altruisti, gioiosi, intraprendenti. La domenica, prima di ritrovarsi in un piccolo terreno coperto da una tela, prendono dalle proprie case il neces-sario per la S. Messa: chi le sedie, chi i tavolini, chi pensa a fiori e candele ... Si va avanti così, grazie alla genero-sità della gente semplice».

  • GRUPPO SPORTIVO

    non mi rima- neva il tem- po per an- dare in spiaggia o viaggiare. Ma questi sacrifici non li sentivo affatto come un peso». Da piccola, avrebbe vinto di certo il titolo di bambina meno sedentaria del pianeta, se solo fosse esistito. «Alle "Olimpiadi" della mia scuola», racconta Mapi, «mi iscrivevo a tutte le competizioni possibili: pallacanestro, palla-volo, atletica. Iniziai a fare un po' più sul serio con la ginnastica artistica. Mi aveva affascinato la storia di Na-dia Comaneci, l'atleta rumena che vinse l'oro olimpico ad appena 15 anni». Così, tra un'acrobazia nel corpo libero ed un volteggio sulle parallele, Maria del Pino, pardon, Mapi, scoprì che sì, non se la cavava niente male. A undici anni era già campionessa regionale di ca-tegoria, eppure, nonostante i risultati, quello sport lo abbandonò subito. «Da piccola avevo partecipato ad un corso di tuffi nel Club Nataciòn Metropole, quasi una seconda casa per la mia fami-glia. Compiuti i 13 anni, fui invitata a far parte della loro squadra. Cercai di

    non rinunciare a nulla, e per un po' di tempo ci riuscii: uscita da scuola, anda-vo all'allenamento di ginnastica e, ter-minato quello, via in piscina. Presto mi resi conto di dover fare una scelta». Non fu semplice, per una ragazza inna-morata di tutti gli sport (compreso il frontenis, una variante dello squash). Tanto più che, una volta deciso di pun-tare tutto sui tuffi, arrivarono, oltre alle gioie, i primi dolori: «Subito vinsi il titolo nazionale, nella mia categoria, nei salti da uno e tre metri», va avanti Mapi. «Pochi giorni dopo, però, in un tuffo da tre metri mi lesionai il timpa-no. Si ruppe, con esso, il sogno di rap-presentare la Spagna nel campionato europeo per età». Non mancò il tempo per riprendersi le soddisfazioni in pi-scina, e con gli interessi. Nel 1994 il titolo assoluto, nei campionati naziona-li estivi arrivò nei tuffi dalla piatta-forma: «Ricordo il momento in cui salii sul podio e la festa con papà, mamma e i miei tre fratelli». A casa però, per-ché Mapi i familiari se li teneva lontani dalle competizioni: «Se venivano a ve-dermi, la tensione saliva a mille». Non era il caso.

  • GRUPPO SPORTIVO

    La gioia (enorme) di quegli anni non era una diretta conseguenza delle meda-glie raccolte. C'era ben altro: la sen-sazione di migliorare, allenamento do-po allenamento, la fatica che si tra-sforma in bellezza, anche solo per po-che frazioni di secondo. E quell'oro rappresentava qualcosa di più di una medaglia: «Eravamo a Barcellona, nella piscina costruita per ospitare le Olim-piadi del '92», spiega Mapi. «Fu davve-ro emozionante, per me, potermi tuf-fare nello stesso posto in cui si erano sfidati i migliori atleti del mondo». Vincendo e confermando il proprio ta-lento l'anno dopo, il '95, con un comun-que gratificante secondo posto. Ma altri avvenimenti erano alle porte e sarebbero stati, per la vita di Mapi, più importanti di qualsiasi medaglia. Uno di questi fu, nel 2000, la Giornata Mondia-

    le della Gioventù, a Roma. «Dopo quel-l'esperienza, e dopo un campo di lavoro durante la Settima-na Santa», spiega la trentanovenne spa-gnola, «presi la de-cisione di entrare in convento». Una scelta radicale, cer-to, ma non improv-

    visata: «Scoprii la mia vocazione nel-l'arco di tre anni, nei quali il Signore

    mi mostra- va la sua volontà», racconta Mapi. «Io cer- cavo di resistere, però alla fine vinse lui, come sempre. D'altra parte, già ai tempi dell'università mi ero resa conto che, allontanandomi da Gesù, la mia vi-ta era più triste, aveva perso brillan-tezza. Niente riusciva a riempire quel vuoto. Avevo sempre Dio accanto a me. Ma solo quando iniziai ad ascoltare la sua voce iniziò la più bella storia d'amore che avessi mai potuto sognare». Accadde a Granada. Mapi si era stabi-lita lì, proseguendo gli studi di Giu-risprudenza iniziati a Las Palmas, nel-la speranza che cambiare città potes-se dare una sferzata a quella vita che, a poco a poco, si stava perdendo nel vuoto di una monotonia senza entusia-smo. Le aspettative non furono tradi-te: «Fu un'esperienza indimenticabile: nella residenza universitaria mi trovai a condividere gli spazi con un gran nu-mero di persone, come non mi era mai capitato. Di fronte si trovava la comunità delle Missionarie del Santis-simo Sacramento e Maria Immacolata.

  • GRUPPO SPORTIVO

    Feci amicizia con due novizie: la loro scel-ta di vita mi interessava e mi interrogava. Cer-cavo di capire cosa le avesse spinte a fare quel passo». Niente di meglio che accettare il loro invito a prendere par-te ad un gruppo di preghiera. «Davanti al Santissimo Sacramento ero incapace di alzare lo sguardo, non mi sentivo degna di stare alla sua presenza, che mi attraeva», riprende Mapi. «Scoppiai a piangere come una bambina, fui presa dalla paura e me ne andai, cercando per un po' di tempo di dimenticare quella esperienza». Non ci riuscì: «Ogni volta che mi accostavo all'Eucaristia, sentivo una pace che mai avevo provato. E nel cuore Lui mi diceva: "Vieni e se-guimi"». Bisognava mettere da parte le inquietudini, la-sciando spazio alla gioia. Anche nei momenti più duri: «Gesù non mi ha promesso un cam-mino semplice, però so che sarà sem- pre al mio fianco». Lo è stato a Granada, dove Mapi ha terminato gli studi ed è entrata nel- la residenza delle missionarie, a pochi passi dalla Casa Madre della congrega-

    zione, fondata da Maria Emilia Riquelme y Zayas. Lo è oggi nelle Filippine, dove Mapi opera assieme a tre sorelle, due arrivate dalla Colombia e una da Porto Rico. «Lo sport mi ha insegnato la virtù della disciplina, mi ha fatto scoprire co-sa vuol dire la lotta, la fatica da sop-portare ogni giorno per raggiungere ciò che si desidera». Per Baseco Tondo, Mapi desidera salu-te, istruzione, pace e, più di ogni altra cosa, la fiducia nell'amore di Dio. Le missionarie del Santissimo Sacra-mento, attraverso il sostegno di Caritas Manila, cercano d’assicurare tutto que-sto a 97 bambini della zona. È più diffi-cile di qualsiasi salto mortale dalla piat-taforma di dieci metri. Ma ogni sorriso che splende nel volto di uno di quei piccoli è più luminoso di qualsiasi medaglia.

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