Il Vero Profeta

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Mac Il vero profeta Storia di una ricerca appassionante Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta che alla sua presenza aveva operato quei portenti con i quali aveva sedotto quanti avevan ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. (Apocalisse 19,20) www.deiricchi.it

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'Il vero profeta' non è solo il primo libro di Mac ma anche quello che delinea, per il lettore, la figura dell'autore stesso e le vicissitudini che lo hanno condotto a sviluppare gli studi raccolti in questo sito.

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Mac

Il vero profeta

Storia di una ricerca appassionante

Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profetache alla sua presenza aveva operato quei portenticon i quali aveva sedotto quanti avevan ricevuto ilmarchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco,ardente di zolfo. (Apocalisse 19,20)

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Titolo dell'opera: Il vero profetaCopyright 2006 Mac – www.deiricchi.itCopertina: MacI edizione: ottobre 2006

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Presentazione

L’esperienza di Mac è un déjà vu rispetto a quanto, sempre piùspesso, accade a chi, nell’ambito della Chiesa cattolica, vuol porsi inmaniera divergente, finendo ad un certo punto con l’opporre altradizionale autoritarismo, politico e ideologico, del potere ecclesiasticola decisione di fuoriuscire dal proprio milieu, sic et simpliciter, magariin punta di piedi ma senza tema di ripensamenti dell’ultima ora.

Tuttavia è anche un qualcosa di inedito, strettamente correlato alledinamiche, soprattutto tecnologiche, del nostro tempo, che invitano,anch’esse ogni giorno di più, a fare davanti a un pc o in web, le proprieriflessioni critiche e autocritiche, seguendo dei percorsi impensabili fino a qualche decennio fa, in cui ci si limitava a semplici e saltuari scambiepistolari o a confronti vis-à-vis e semiclandestini con chi, comeNicodemo, voleva percorrere strade diverse da quelle abituali.

Oggi un credente che voglia ripensare la propria esperienza epersino i valori in cui un tempo credeva, può farlo in maniera moltocreativa direttamente in rete, interagendo spesso con utenti che in capoal Mondo hanno vissuto analoghe vicissitudini.

Resta significativo il fatto che la decisione di rompere col propriopassato avvenga, ancora una volta, quando i valori professati escono dal limbo della loro mistica astrazione e si misurano con l’esigenza dirisolvere alcune stridenti contraddizioni sociali del nostro tempo. Difronte alla grandezza di questi problemi i valori cattolici si palesano intutta la loro piccolezza.

Infatti, finché si resta nell’ambito dei rapporti interpersonali o nellequestioni di coscienza, i valori religiosi sembrano reggere egregiamente le difficoltà del vivere quotidiano, spesso anzi si dimostrano superiori amolti valori laici, ma appena si cominciano ad affrontare i processi della società civile, squisitamente borghesi, ecco che la teologia si sbriciolacome certe case evangeliche costruite sulla sabbia, mostrando quantol’uomo abbia bisogno di ben altre scienze, la prima delle quali è senzadubbio – come lo stesso Mac fa capire – l’economia politica ovvero lapolitica economica, ivi inclusa quella finanziaria.

Ciò è così evidente, e lo è almeno dalla fine degli anni Sessanta,benché per uno storico lo sia da molto prima, che oggi sarebbe come

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sparare alla croce rossa dicendo che la dottrina sociale della Chiesamanifesta tutta la propria debolezza proprio nell’affronto “sociale” deiproblemi economici che si sviluppano sotto il capitalismo avanzato.

Ma come spesso a chi in gioventù ha nutrito grandi aspettative inquegli ideali che sperava di veder realizzati secondo i principi delCattolicesimo romano, la forza di allontanarsene per cercare risposte più convincenti, non riesce a svolgere un’opera di semplice rimozione. Avolte accade che il cibo inghiottito da giovani viene ruminato da adulti e reimpastato con nuova saliva, per essere poi ridigerito.

Non basta sostituire una pseudo-scienza, la teologia, con un’altracompletamente diversa, l’economia o anche l’antropologia (come lostesso Mac lascia intendere): a volte si avverte la necessità di fare i conti sino in fondo col proprio passato e, se vogliamo, col proprio inconscio,smontando tutti i pezzi delle infantili costruzioni Lego, esaminandoliuno ad uno, per vedere se si riesce a produrre una costruzionecompletamente diversa.

Ma con quale idea fare questo? Stando a quanto dice Mac la mollache fece scattare il meccanismo è venuta da un sito web, in particolareda un testo in cui si pretendeva di dare un colpo demolitore a tutte lestorie raccontate nel Nuovo Testamento: La favola di Cristo, di Cascioli, uno studioso che ha saputo sintetizzare quanto già da tempo noto presso la critica positivistica e mitologistica della religione, di “sinistrahegeliana” memoria, importata e sviluppata sia nella Franciaanticlericale (cui Cascioli attinge a piene mani), che nella Russia ateo-scientifica.

Cercando nel web nazionale (poi si allargherà anche a quellointernazionale), Mac aveva trovato più informazioni critico-scientifichesui testi biblici di quante ne potesse trovare nella tradizionale editoriacartacea, a testimonianza di quanta più libertà di pensiero e diespressione nei confronti della religione vi sia nel mondo virtualerispetto a quello reale, molto più condizionato dai cosiddetti “giochi dipotere”.

Leggendo quello e altri testi, Mac in sostanza era giunto allaconclusione che la religione qua talis, quindi anche il Cristianesimo, èsempre stata più che altro usata come strumento di conservazione di un

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potere acquisito. Il che apriva le porte a una questione molto complessada affrontare: il livello di attendibilità delle fonti canoniche.

Qui bisogna dire che forse Mac è stato vittima di quel tentativo, incui spesso si cimenta chi per la prima volta apre gli occhi sui miti falsi e bugiardi, di cercare non tanto di reinterpretare in maniera critico-testualele motivazioni storiche sottese a quegli stessi miti (poiché taleoperazione è del tutto legittima), quanto di ricostruire per filo e persegno un possibile percorso storico alternativo ai fatti contestati.

Perché questi tentativi sono destinati a fallire, per quanto suggestiviessi possano apparire? Semplicemente perché le fonti religiose sonostate così ampiamente e direi anche scrupolosamente manipolate che, inassenza di altre fonti, è materialmente impossibile risalire alla verità dei fatti.

Più che tentare delle nuove interpretazioni proprio non si può, e sepiù di questo non si può, ha davvero ancora un senso – ci si puòchiedere – continuare a utilizzare quelle fonti come un’occasione perreinterpretare la realtà in chiave laica e razionalista?

Il fatto che Mac possa cimentarsi a elaborare molte ipotesistoriografiche apertamente in contrasto con la cosiddetta “versione deifatti” riportata nel Nuovo Testamento, è la riprova che ricostruire la“storia” sulla base delle fonti canoniche è pressoché impossibile, alpunto che vien quasi da apprezzare la tenacia con cui la Chiesa orientale ortodossa s’è sforzata di accettare le fonti neotestamentarie così comeoggi noi accettiamo i software che usiamo, e cioè “as is”, “with allfaults”, limitandosi a interpretarle solo in presenza di posizioni eretiche.

Delle due infatti l’una: o si resta cristiani accettando integralmentetutte le fonti canoniche ricevute dalla primitiva tradizione, oppure siesce dalla Chiesa, rinunciando a scoprire la verità dei fatti con l’ausiliodi quelle stesse fonti.

Cioè a dire l’unica ricostruzione storica possibile può essere soltanto frutto di un’interpretazione opinabile con cui si cercherà di far valere ilprincipio secondo cui le fonti del Nuovo Testamento contengono unabuona dose di falsificazioni, motivate dal fatto che dopo la morte delCristo si volle definitivamente rinunciare all’idea di liberare la Palestinadai Romani. Sicché tutto il misticismo presente nel Nuovo Testamento èfunzionale alla trasformazione del Cristo da liberatore a redentore. Più

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di così, allo stato attuale delle fonti, è impossibile dire. La verità storicapuò essere soltanto dimostrata da una prassi più significativa di quelladella Chiesa cristiana.

L’iter di Mac è comunque interessante da esaminare proprio perchéle sue “scoperte” esegetiche, in senso laicista, sono in linea, pur senzavolerlo, con quanto sostenuto dai grandi esegeti eterodossi delCristianesimo, per lo più stranieri, le tesi dei quali in Italia sono moltopoco conosciute (anche perché pochissimo tradotte) o molto pocodibattute, meno che mai in ambienti non ultra specialistici.

In tal senso ritengo non sia molto importante sapere chi ci apre gliocchi e come lo fa, ma che gli occhi continuino a restare bene aperti. Io per esempio devo molto a studiosi che Mac non ha mai citato e che,conoscendoli, avrebbe potuto fare molto tranquillamente: Brandon,Donini, Craveri, Kryvelev, Tokarev, Mitrochin e tanti altri, per nonparlare dei classici del marxismo.

Rimboccandosi le maniche – questo è proprio il caso di dirlo,pensando specialmente alle nuove generazioni -, Mac ha studiato afondo gli Atti degli Apostoli, le Lettere di Paolo, l’Apocalisse, i testi diFlavio Giuseppe e via via tutti gli altri citati nel libro. Non ha mai datonulla per scontato, perché è così che si deve comportare un ricercatore,specialmente con questi materiali tendenziosi.

Forse l’unica cosa che dà per definitivamente acquisita, quella che,se vogliamo, dovrebbe stare a monte di tutte le ricerche esegetichemoderne, è la tesi secondo cui i Vangeli sono documenti chespoliticizzano al massimo la figura del Cristo e che questi, diconseguenza, doveva necessariamente essere un leader rivoluzionarioper la liberazione nazionale d’Israele.

Probabilmente la sua tesi più originale - e di tesi in verità nepropone molte, anche se poi, secondo noi, per motivi indipendenti dallesue capacità, son soltanto delle “ipotesi” -, quella che sicuramentemeriterebbe ulteriori approfondimenti, è l’identificazione di Paolo diTarso col “falso profeta” contro cui l’autore dell’Apocalisse si scaglia.Ciò peraltro spiegherebbe l’improvvisa scomparsa di scenadell’apostolo Giovanni dai racconti degli Atti.

Non meno interessanti sono i paralleli ch’egli pone tra le memoriedi Flavio e gli Atti di Luca. Oggi d’altronde è impossibile sostenere che

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la storia del Cristianesimo primitivo possa essere compresa senza lalettura dei testi di Flavio e della comunità di Qumran. Ma sono talmente tante le ipotesi esegetiche e filologiche enucleate nel libro che civorrebbe uno studio non meno approfondito per esaminarle una ad una.E la nostra vuol semplicemente essere una “presentazione amichevole”,non una “introduzione critica”, anche se non posso esimermi dal notareche forse vien concesso troppo al gioco delle somiglianze-assonanze dei nomi propri di persona per poter elaborare su questo, che è indizioquanto meno precario, soprattutto in riferimento alla Palestina di allora,delle ipotesi storiografiche vere e proprie.

Ora forse non resta a Mac che scrivere qualcosa di impegnativo sulquarto vangelo, cioè sull’unico documento del Nuovo Testamento chepresenta nello stesso tempo, con la medesima abilità e disinvoltura, ilCristo più vicino alla realtà e quello più lontano. Chi sarà in grado dicapire perché e dove Giovanni, o chi per lui, dica la verità e menta senza ritegno, riuscirà forse a sbrogliare la matassa di una delle vicende piùtormentate della storia.

Oltre a ciò vi è nel testo, in maniera trasversale, una serie di vicende e di riflessioni connesse all’esigenza di editare un proprio scritto, o dieconomia o di critica del Cristianesimo.

Su questo devo dire, molto sinceramente, che avrei preferito vederequesto libro, più che pubblicato a parte, posto come ampia introduzione(cronologica e riassuntiva di tutte le ricerche) di un bel volumone di 500 pagine!

Ma per capire l’improponibilità di questo progetto basta leggersiquanto lo stesso Mac dice a proposito dell’abuso dell’informazione daparte di chi ne detiene il monopolio. Mac sa bene che la verità storica èsempre, purtroppo, la verità dei poteri dominanti, quelli appunto ingrado di manipolare le informazioni. E sa anche bene che contro questa verità ogni dubbio è lecito, anche se la controverità proposta non èsempre supportata da prove convincenti.

Enrico Galavotti

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Prefazione

Per la sapienza diverrò immortale, lascerò ai posteri un imperituro ricordo. (Sapienza 8,13)

IntroduzioneNon ricordo dove ho letto che molti credenti perdono la loro fede a

causa di una delusione patita, quando si dedicano a qualche impegnosociale. Nell’analizzare quanto mi è accaduto negli anni passati, miviene da confermare questa asserzione: in fin dei conti tutti i miei scritti iniziarono proprio nel momento in cui ero impegnato in un importanteruolo istituzionale. Da quel periodo ho cominciato ad annotare le mieriflessioni, perché davanti al computer trovavo le occasioni migliori perriordinare gli ideali che vedevo dilapidati nella realtà che mi circondava. I miei scritti raccoglievano spiegazioni ovvero scoperte di collegamentitra gli eventi vissuti: era di questo che sembrava affamato l’animo.

Quando si compone capita spesso di dover rimettere a posto la frase appena stesa, ritornare indietro per riprendere un passo che intuisci nonessere stato adeguatamente compreso. Per me questa attività haoccupato diversi momenti liberi di molti giorni passati. Tante paginesono state pubblicate, parte in cartaceo e parte in Internet e quest'ultimo ambiente, in particolar modo, si è proposto come il contenitore piùadatto per gli studi che ho svolto. Così dopo qualche anno le paginesono diventate diverse centinaia, perché in esse spesso leargomentazioni scendono nei particolari, le dimostrazioni si inseguonointercalate da grafici, figure, citazioni bibliografiche. Una marea di datiche, ordinati per argomento e uniti gli uni agli altri da costanti richiami, finiscono per tessere una fitta ragnatela di collegamenti che spessosfidano anche il lettore più paziente, rischiando di fargli perdere il senso delle notizie che trova oppure, ancor peggio, l’importanza delle scoperte offerte.

Non tutto ha la stessa valenza scientifica e non possiamo pretendere dal lettore la medesima pazienza con cui abbiamo elaborato i nostriscritti. In fin dei conti, questi possono essere il frutto di mesi, anni di

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costante impegno. Per noi che li abbiamo concepiti, ogni passo puòsignificare molto nell'economia di un ragionamento, di unadimostrazione. Chi ha davanti un libro, spesso, desidererebbe inveceaverlo terminato quasi ancora prima di iniziarlo, per arrivare al dunquesorvolando ragionamenti sostenuti da minuziosi dettagli.

È per questo che dopo cinque anni ho voluto riassumere tra questerighe quanto contenuto in quasi mille pagine registrate in rete. Hodesiderato farlo perché sono convinto dell'importanza di molte scoperte, del valore di tanti concetti estrapolati dalla realtà che ci attornia. Inquesto libro vorrei quindi offrire in poche battute la rappresentazionepiù contenuta, ma comunque appassionata, di quanto può una persona,se ha voglia e tempo da dedicare al semplice studio dell'ambiente in cuivive. Ognuno di noi possiede potenzialità inespresse che potrebberofruttare scoperte importanti sia per gli altri che per se stesso. Mi esprimo così in quanto ritengo che l'altruismo ripaghi sempre, soprattuttoquando, nel tentativo di capire ciò che ci circonda, noi non facciamoaltro che sondare più profondamente i nostri legami con esso.

Vorrei che queste mie riflessioni fossero utili a chi le leggerà, cosìcome lo sono state per me nel momento in cui vi dedicavo la miaattenzione e che, ripeto, rendessero cosciente l'uomo di quanto vi sia daportare alla luce rispetto a quello che solo apparentemente gli sembratanto chiaro. Come altri testi lo sono stati per il sottoscritto, altrettantovorrei che lo fosse questo mio per i lettori: un appassionanteincoraggiamento alla scoperta dei nostri legami con il Tutto.

Aiuti alla letturaNel sito Internet www.deiricchi.it sono contenute le ricerche che ho

sviluppato in questi ultimi anni. Per quanto ho già detto, esse sonoinvero molte ma sono state necessarie per approfondire gli argomenti ivi contenuti. Ovviamente molte meritano ritocchi, correzioni emiglioramenti più o meno estesi, che già da me provvedo di tanto intanto ad apportare. Nel tentativo di coinvolgere in questo lavoro altrepersone, ho pensato comunque di offrire in questo libro una sintesiragionata di tutto quello che finora ho pubblicato in rete. È indubbioquanto più comoda sia la lettura di un libro rispetto alle pagine chescorrono su un monitor: un testo cartaceo lo possiamo portare con noi

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ovunque, è maneggevole e … non necessita di una presa elettrica peressere visualizzato!

È ovvio che, per essere succinto e non perdermi in rivolidimostrativi, molte informazioni non possono essere incluse in questolibro che, invece, è utile per avere una visione più completa possibileche dia modo di controllare tutti i collegamenti tra argomenti soloapparentemente distanti. Queste pagine non sostituiscono quelle presentisul sito, ma le completano e permettono di coglierne la trama come avolo d’uccello.

Ovviamente ho cercato di esprimermi in maniera semplice, concisae descrittiva, evitando linguaggi specialistici per le singole materietrattate. Questo non significa che il lettore prima o poi non senta ilbisogno di leggersi la pagina originale per ogni ricerca proposta, da cuipoter trarre spiegazioni più convincenti o sulla quale applicare la propria critica. Per agevolarlo nell'individuare i brani che contengono gliapprofondimenti degli argomenti trattati, nelle note citerò le pagine conil numero con cui sono rinvenibili nel sito.

Quando scriverò, ad esempio, 496 non indicherò altro che la paginaa cui il lettore può giungere invocando l'indirizzohttp://www.deiricchi.it/index.php?docnum=496. Nel sito vi è anche unavasta bibliografia racchiusa in un'unica pagina (con numero proprio496) i cui riferimenti in questo testo indicherò sempre tra parentesiquadre. Per non dover vincolare il lettore all’accesso ad Internet, nellenote riporterò anche i richiami ad alcuni brani di altri autori in modo daricavarli direttamente dai loro testi.

RingraziamentiNon so quante persone dovrei ringraziare per quello di cui sono

venuto a conoscenza. Sembrerà un noioso rincorrersi di parole, ma sono sicuro di poter dire: “esattamente tutte quelle che conosco”. Ognuna diesse mi ha condotto, volontariamente o meno, a quello che sono ora. Per fortuna ho vissuto pochi, se pur intensi, distacchi da chi frequentavo:non mi riferisco semplicemente alle persone che non ci sono più, masoprattutto a quelle da cui mi sono separato per forti dissidi personali.Anche queste sono esperienze che mi hanno insegnato molto, per quanto avrei preferito arrivare a certi risultati senza tali disaccordi.

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Al di là di queste persone che la vita ha allontanato dalla mia via, ho la fortuna di conoscerne altre da ringraziare per tutto quello che sannooffrirmi quasi quotidianamente. Forse sono loro quelle più importanti,anche se non si elogiano mai esplicitamente, perché contiamo diricambiare il positivo effetto della loro presenza con quella nostra su diloro.

Per questo libro, in particolare, i ringraziamenti vanno a mia moglie, che ha sempre avuto fiducia nelle mie intuizioni, e a Francesco, che miha consigliato correzioni e aggiustamenti preziosi per migliorare laleggibilità del testo.

Poi vi sono quelle persone che neanche sanno della nostra esistenza ma che, per il loro ruolo sociale, hanno influito su di noi in qualchemodo e in qualche momento della nostra vita. Anche per queste avreiuna bella lista di nomi da elencare, magari partendo dagli autori di tutti i libri che ho letto. Per questioni di memoria e spazio mi limito aricordare:- Beppe Grillo: un suo spettacolo del 1994 alla Rai fu probabilmente

il punto di partenza per abbinare l'impegno sociale a unatteggiamento guardingo e portato a non dare alcunché di scontato;

- una libreria a Camaldoli: questa località dell'Appennino toscano-romagnolo è famosa per ospitare il convento di un antico ordinemonastico (i Camaldolesi). Scendendo quasi annualmente dal 1998in poi a passare più di qualche giorno di ferie, ho potuto frequentare la libreria del convento dove si possono acquistare libri moltointeressanti. In particolar modo ho fatto per diversi anni incetta ditesti che trattavano della povertà nel Mondo.A volte mi guardo indietro e non provo rammarico per non aver

fatto questo o quello: non mi ritengo uno che ha mancato delle mete.Sono contento della strada finora percorsa e preferisco a voltechiedermi: sarei pervenuto a certe scoperte se mi fossero mancate leesperienze finora vissute?

A questa domanda non ho trovato ancora una risposta convincente.

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Costruire per distruggere

Guai a coloro che aggiungono casa a casa, cheuniscono campo a campo, sino ad occupare ognispazio e diventano i soli proprietari in mezzo alpaese. Ai miei orecchi è risuonata la parola delSignore degli eserciti: “Case numerose sarannodeserte, le grandi e belle saranno senza abitatore.”(Isaia 5,8-9)

La politica all'inizio dell'avventuraIl mio desiderio di ricercare e giustificare i vari legami tra le attività

umane è sorto nel momento in cui, per una esperienza che stavovivendo, notavo le profonde discrasie tra i cosiddetti “principi”universali e i comportamenti sociali. I primi vengono insegnati fin dabambini e sono facilmente elencabili: verità, giustizia, amore, carità,perdono. Per chi è cattolico, essi fanno parte di un bagaglio che rientratra quelli acquisiti nelle ore passate a catechismo, ascoltati nelleprediche in chiesa, letti nei testi distribuiti durante le ore di religione e,spesso, confermati in famiglia.

Ho sempre considerato rispettabile il metterli in pratica nella vitad'ogni giorno. Quando, da piccolo, l’adulto deve farti capire che sei sulla buona strada ti premia in qualche modo, anche semplicemente dicendoti “sei bravo e buono”. La spinta è verso una costante applicazione diquesti principi, cosa che però non riesce mai del tutto o tantonaturalmente. Ci vuole impegno e soprattutto fermezza, caratteristicanon certo invariabile per la natura umana.

Di tutti questi principi, personalmente ho sempre ritenutoimprescindibili i primi due - verità, giustizia - perché considerati“neutri” rispetto ai sentimenti e agli stati d'animo in cui mi trovavo adagire. Non ho mai pensato di mentire o essere disonesto a seconda della situazione o degli individui che avevo di fronte. Mentre è risultato perme più difficile o addirittura impossibile provare compassione eperdono nei confronti di persone che, pervicacemente, infierivanocontro di me o contro quelli a cui ero legato affettivamente. Se il rispetto

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di tutti i principi citati, senza eccezione alcuna, è fondamentale per lamia “santità”, allora significa che sono ben distante da tale traguardo. E,ciononostante, mi accontenterei di essere ugualmente accettato nellacomunità in cui vivo.

Ma quando, nell'ormai lontano 1995, mi dedicai all'impegnopolitico, mi scontrai con una situazione paradossale. Mi accorsi che non solo era necessario mentire e praticare l'ingiustizia, ma che quelli che lo facevano potevano salire i gradini del consenso sociale più velocemente e senza alcuna sanzione. In pratica loro meritavano complimenti da“bravi e buoni”, mentre io rimanevo indietro e anzi beccavo del “bastiancontrario”, al punto che nel giro di qualche anno finii fuori gioco.

Vi era un elemento fondamentale che consentiva a uncomportamento ingiusto e menzognero di prevalere su uno equo everitiero: la capacità di dissimulare, di nascondere “il peccato”commesso. Chi doveva giudicare quei comportamenti, in questo casol'elettorato, non aveva molte possibilità di venirne a conoscenza, per cui il reo sfuggiva le valutazioni a lui sfavorevoli e poteva guadagnarsil'affermazione del proprio dominio sugli altri.

La menzogna e l'iniquità potevano trionfare contro la verità e lagiustizia. E cosa rimaneva dell'amore, della carità e del perdono? Sonoqualità facili da ostentare per un amministratore: in fin dei conti la suacarica non rappresenta già la sua dedizione agli altri? Tutte le occasioniin cui declama questo suo impegno, in cui premia qualche personameritevole, in cui elargisce qualche contributo a questa o quellaassociazione, non sono da sole parvenza di amore e carità?

Sì, ma il perdono? Beh, questo non è necessariamente contemplatoin un ambiente in cui la contesa è all'ordine del giorno. Ma quale miglior impressione di perdono fornisce il politico se non quella che palesa inun atteggiamento costantemente sorridente e con le braccia accoglientirivolte all'uditorio?

Questa abiura dei principi insegnatimi fin dall'infanzia da più partiha fatto scatenare in me un profondo senso di disagio e di repulsioneverso la realtà in cui mi trovavo ad operare. Realtà che poi rispecchiava nel suo piccolo quella immensa di cui ognuno viene a conoscenzaattraverso i mass media.

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Il Mondo come il tuo piccolo paese. Dove trova pace un animo chevede frustrati i suoi valori esistenziali?

Il bel tempo passato a scuolaPer me è stato quasi naturale rituffarmi con la mente ai tempi della

scuola, in cui certi “santi” principi sembravano sopravvivere intatti. Infin dei conti ecco cosa accadeva in classe: traducevi bene una versione,risolvevi elegantemente un problema geometrico e “automaticamente” il professore ti premiava con un bel voto, mentre quando sbagliavi nonpassavi indenne la punizione del docente. Sì, è vero che più o meno tutti ricordiamo certe “preferenze” accordate soprattutto in compiti in cui lavalutazione non era così “scontata”, o matematicamente accertabile.C'era chi prendeva voti diversi per compiti simili che però un insegnante valutava a seconda della classe o dell'anno. Ma erano casi rari ocomunque stigmatizzati dalla solidarietà dei rimanenti alunni: il“preferito”, il “lecchino” sapeva di non meritare la stima dei suoicompagni.

La mente ritorna ancora a quei momenti così “teorici”, in cui i“bravi”, i “buoni” erano veramente tali perché vi erano dei “superiori”che generalmente non erravano nel loro giudizio e consentivanol'instaurarsi di esempi chiari di buon comportamento che i “discenti”imparavano a distinguere. Ma da grande, cosa accadde di cosìimportante da dubitare della retta via?

L'urbanistica dei bisogni inesauditiHo avuto la fortuna di impegnarmi per qualche anno come assessore

nel mio paese, in materie che riguardavano l’ambiente in senso lato.Quando seguivo l'urbanistica, la materia che regola l’edificazione di unterritorio, la sconfitta più grande per me era non riuscire ad assecondare chi mi chiedeva se poteva costruire la propria casa, avendone bisogno.La domanda di un qualche residente era semplice e la rispostatristemente scontata: “Senta, assessore, sono proprietario di quel pezzodi terreno e vorrei costruire la casa per mio figlio: posso farlo?”.Risposta: “Mi dispiace ma il suo è un terreno agricolo, non residenziale, ed è quindi una zona impropria per l’edificazione”.

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Quel cittadino aveva un pezzo di terreno che valeva ben meno diquello che avrebbe dovuto acquistare per avere il diritto adun’abitazione. Se spendeva i soldi per un terreno fabbricabile non neavrebbe avuti più per costruirvi sopra la casa. Potevo fare qualcosa?Non era nelle mie facoltà quello di trasformare in fabbricabile il terrenodi quella e altre persone: il procedimento dipendeva dall'autorizzazionedella Regione oltre che, spesso, da oggettive limitazioni urbanistiche, inquanto terreni distanti dal centro del paese non hanno la stessaprobabilità di divenire edificabili di quelli più vicini.

Eppure, proprio in centro, c’erano terreni fabbricabili non ancoracostruiti. Per risolvere il problema di molti cittadini che possiedono unterreno agricolo e vogliono edificarvi la loro casa, basterebbe effettuareuno scambio a parità di valore con quelli edificabili. Se io ho 2.000metri quadri di terreno fabbricabili e tu 2.000 di terreno agricolo,basterebbe dividere a metà i terreni, così che entrambi veniamo inpossesso di 1.000 metri quadri di ognuno dei due tipi di terreno, edentrambi possiamo così soddisfare il nostro bisogno senza rimettercialcunché. Questo solo in teoria, perché in effetti il proprietario di unterreno fabbricabile non lo scambierà mai, neanche in parte, con unoagricolo, in quanto questo, nel “mercato”, vale generalmente moltomeno. Ma ciò non genera un'ingiustizia sociale?

In effetti forse questo è solo uno dei problemi legati alla cosiddetta“rendita di posizione” dei terreni, che in Italia ha condotto ad unacostruzione selvaggia e ha letteralmente dilapidato l'ambiente naturalefavorendo l’abusivismo incontrollato.

L'incapacità di sistemare una situazione ingiusta dal punto di vistasociale e deleteria da quello edilizio mi aveva fatto ritornare in menteuna distribuzione urbanistica, ideata mentre seguivo le lezioni dicomposizione architettonica all'Università. Era una specie di città idealeil cui modello minimo, opportunamente ripetuto, permetteva di occupare tutto il globo. Di per sé la costruzione somigliava ad un frattale in cuil'insieme complessivo è ottenuto dalla ripetizione di un suo elementoprimigenio. Era geometricamente intuitiva e permetteva di svolgeresemplici, ma efficaci, calcoli di sostenibilità dell'azione umanasull'ambiente. Ad esempio, quanti abitanti può sopportare la Terra? Con quel modello ero pervenuto all'ottimistica cifra di 30 miliardi di persone

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che potrebbero vivere con le tecnologie attuali senza comprometterel'ecosistema. Ovviamente non ho la pretesa di aver elaborato un datoattendibile, ma non erano quelle le risposte più interessanti chescaturivano dai risultati ottenuti.

Quello che sembrava più evidente era invece quanto segue:- le nostre città sono edificate male ed evolvono in peggio;1

- consumiamo e spendiamo molti soldi per costruire e mantenere lecittà come sono;2

- questo stato di cose è legato ad una mancata o pessimaregolamentazione dell'edificazione;3

- vi sono forti interessi economici privati alla radice della distruzionedell'ambiente.4Ognuno di noi può sperimentare quotidianamente come molti si

siano ridotti a vivere in ambienti ristretti e debbano usare vie dicomunicazioni in cui la frenesia e il caos aumentano il rischio diincidenti spesso mortali. Per la maggior parte di noi non vi è stato quindi progresso nella costruzione delle nostre abitazioni, quartieri e città. Inpiù l'inquinamento dell'ambiente si estende minaccioso senzarisparmiare alcuno.5

Quanti soldi per vivere meglio?Chi amministra un ente locale, a qualsiasi livello, sa bene di dover

fare i conti con risorse economiche spesso insufficienti, tanto rispettoalle richieste dei cittadini quanto con riguardo alla propria progettualità. Non è che una volta eletti gli amministratori abbiano disponibilità tali da sviluppare le idee che vorrebbero perseguire, anzi a mala pena possonosoddisfare le esigenze ordinarie.

Anche per me che avevo elaborato un modello geometrico diurbanizzazione, una volta ricoperta la superficie terrestre di tante cittàmodello, era naturale chiedermi: ma dove si trovano i soldi perricostruire tutto l'esistente secondo questo progetto ideale?

1 27.2 18.3 14.4 15.5 30, 31.

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Sulle questioni economiche potremmo discutere all'infinito, tantoche autori preparati sull’argomento propongono addirittura di ripensarecompletamente gli scambi commerciali e anche la necessità di unamoneta per essi. In sostanza, potremmo vivere senza usare il denaro?

Per me, neofita della materia, non era certo questo il ramo di ricerca che mi accingevo a percorrere: dovevo prima capire. L'economia erauna materia completamente nuova in cui cimentarmi, diversamentedall'urbanistica in cui la scuola e l'esperienza amministrativa mi avevano fornito strumenti per cercare soluzioni alternative verso ilmiglioramento.

Cominciai allora con delle semplici simulazioni su come uncittadino può accumulare il suo reddito, tenuto conto che non vivenormalmente da solo ma in comunità che gli impongono, attraverso ilprelievo fiscale, di contribuire alle spese sociali. Ne derivarono diversifogli elettronici in cui era facile intravedere la spiegazione matematicadi un famoso detto veneto “Schei tira schei, peoci tira peoci” (“i soldiattirano i soldi, i pidocchi attirano i pidocchi”). In altre parole lasaggezza popolare aveva già stigmatizzato l'andamento della storia: se i ricchi diventano sempre più benestanti, i meno abbienti tendono adimpoverire sempre più. Ancora una volta si dimostrava che la sapienzaumana ha radici antiche, quello che muta è il modo in cui si possonoesprimere i concetti estrapolati dall'esperienza.

La matematica è un linguaggio che non solo riesce a descriverespesso molto precisamente la realtà, ma consente anche di ipotizzarecomportamenti futuri o addirittura il passato che ha condotto alla nostra esistenza. Oltre a ciò permette di insinuarci nello studio di ciò cheaccadrà prevedendo l'effetto di modifiche da noi introdotte. Nel casodelle curve di reddito da me proposte veniva naturale studiare comeinfluiscono sul reddito - o meglio ancora sul patrimonio e sul redditoovvero la ricchezza di ogni cittadino - modi diversi di calcolare ilprelievo fiscale. Applicando sistemi correnti di tassazione scoprivoquesti meccanismi:- la velocità di incremento della propria ricchezza dipende da come si

viene tassati. In particolar modo una tassazione di tipo progressivorallenta la propensione a diventare sempre più ricchi rispetto ad una in cui il prelievo è solo proporzionale alla ricchezza;

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- se noi fissiamo un limite di reddito sotto il quale un cittadino rischia di diventare “povero”, allora i meno abbienti corrono il pericolo diincamminarsi verso questa miseria sempre in virtù del sistema ditassazione applicato.In poche parole, i ricchi devono essere tassati più dei poveri.Se vogliamo che nessuno dei cittadini finisca sotto la soglia di

povertà, allora né il sistema proporzionale né quello progressivo dannocertezza del risultato, anche se quest'ultimo è sicuramente migliore delprimo.

Elaborai allora un sistema di prelievo fiscale più attento ai finipropostimi e lo paragonai agli altri due. L’indice che faceva capire idiversi effetti dei vari sistemi fiscali era quello di Gini, un coefficienteche misura la distribuzione del reddito, o meglio della ricchezza fra uninsieme di individui.6 Legando ricchezza, tassazione e indice di Gini sidimostrava una notevole serie di meccanismi che addirittura influenzava i comportamenti umani sull'ambiente. Distribuzione della ricchezza einquinamento sembrano dunque molto correlati.

Prelievo fiscale e debito pubblicoSe il prelievo fiscale ha così grande effetto non solo sulla

distribuzione della ricchezza ma anche sul modo in cui l’uomo sfrutta e degrada l'ambiente, viene spontaneo chiedersi come egli si dia da fareper porre rimedio a questa situazione. Un rapido excursus dellanormativa italiana7 mi forniva un quadro che confermava le elaborazioni proposte ed era di ben poco auspicio per il futuro.

In pratica, il sistema di tassazione progressivo non solo è applicatoad una piccola parte della ricchezza individuale8 ma anche quest’ultima,col passare degli anni, è andata soggetta sempre più ad un prelievo adaliquota fissa, cioè di tipo proporzionale o, per usare termini correnti, a“flat tax”. Ciò ovviamente non è senza conseguenze,9 tanto da richiedere un meccanismo per far fronte alle due più impellenti situazioni critiche:- il rischio di rendere povera una grossa fascia di popolazione;

6 34, 35.7 37.8 39.9 50.

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- la mancanza di fondi per mantenere i servizi sociali (dalla sanità aitrasporti pubblici tanto per fare due importanti esempi).Quale sia il sistema per correggere le distorsioni di un prelievo

fiscale sempre più ingiusto riuscii ad intuirlo non appena incappai neidati che riportavano come si è evoluto nel tempo il famigerato “debitopubblico”.

A volte, parlando con le persone, scopro con stupore che sannodell'esistenza di questa “entità” ma che ne ignorano per lo più lecaratteristiche. Dovetti escogitare una breve storiella10 per farcomprendere come lo Stato si stia servendo dei soldi che noidepositiamo in banca per mantenere il proprio funzionamento, ma con il pericolo che il risparmiatore non possa più ritirarli il giorno che neavesse bisogno. Insomma la gente normalmente non sa che, acquistando titoli di Stato, non fa che mettere a repentaglio i propri depositi bancari,rischiando di coinvolgerci tutti in una situazione tipo quella che hamesso in ginocchio l’Argentina a causa del suo debito estero. Vi è peròuna non trascurabile differenza tra quest’ultimo e il debito pubblico:1. per azzerare il primo, uno Stato può scegliere di non onorare i debiti

con gli investitori esteri, quindi a rimetterci saranno i cittadini dialtri Stati (con la cristi dell'Argentina hanno perso i soldi anchecittadini italiani);

2. per azzerare il secondo, uno Stato può decidere di non saldare icrediti con i propri cittadini che gli hanno comperato i titoli.Quello che accadrebbe nel secondo caso sarebbe quindi ben più

grave che nel primo, perché effettivamente le casse bancarie sitroverebbero vuote impedendo di recuperare i propri risparmi ai cittadini dello stesso Stato in crisi.

La storia italiana insegna che l'abbandono della tassazioneprogressiva - tutto sommato un buon sistema che rallenta l'arricchimento di pochi per tutelare la maggioranza - è andato di pari passo conl'aumento del debito pubblico,11 ma questo a favore di chi?Semplicemente dei benestanti che volevano accumulare sempre piùricchezze e per farlo cercavano di ridursi le tasse da pagare. Per farsi

10 45.11 46.

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un'idea di quali altri modi vengano da questi utilizzati per gli scopiprefissati basta poi leggersi anche solo la cronaca di ogni giorno.12

Disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza econtrollo dell'informazione

Potremmo sbizzarrirci alla ricerca di dati nei siti ufficiali dell'Onu e di altre organizzazioni più o meno governative per rintracciare conferme o miglioramenti alle deduzioni tratte dalle ricerche proposte in campoeconomico. Ma a me interessava raggiungere la radice di questediscrasie, quindi avevo bisogno di fare qualche passo indietro nellastoria piuttosto che rimanere a leggere la realtà più prossima. Per questoho ripreso in mano manuali più o meno specialistici e ricercato i passiche potessero almeno confermarmi una legge che mi era balenata per lamente. La esprimevo attraverso la raffigurazione di un “pendolo dellavita”13 in cui vedevo due estremi verso i quali la distribuzione dellaricchezza sembra essere attratta: la perfetta uguaglianza tra individui daun lato contro, dall'altro, il possesso di uno solo a scapito dei molti.

Due estremi impossibili da raggiungere e di cui anche la storia nonsembra aver riportato traccia, mentre vi sono testimonianze del moto del “pendolo”, come attratto tra queste situazioni estreme. E soprattuttosono misurabili fin dall'antichità i passi che hanno scandito ledifferenziazioni sociali, normalmente denominate “classi”.14

Sempre la storia insegna, inoltre, che per mantenere la gerarchiasociale non viene adoperata solo la forza e la preponderanza di mezzi adisposizione del “Signore” sul “popolo”, ma la sottomissione viene fatta accettare a quest'ultimo attraverso il controllo dei suoi pensieri e dellesue opinioni.15 Perché il povero deve adattarsi alla propria condizione enon potrebbe farlo se seguisse i suoi semplici istinti, soprattutto nelmomento in cui si paragonasse ad un suo simile che vive in condizioniben più agiate. La sua situazione di “malessere” deve essere supportatada tutta una serie di giustificazioni che lo convincano che è ciò che puòmeritare in questa vita terrena.

12 51, 52, 53.13 68.14 59.15 139.

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Seguendo questo ragionamento, mi veniva spontaneo rileggere lescene dell'Eden tra il “Signore” e “l'uomo”16 dove la proibizione della“conoscenza del bene e del male” sembrava una chiara esemplificazione del tentativo da parte del primo di mantenere il suo suddito in uno stato“d'incoscienza sociale”. Adamo non doveva cioè desiderare di fare unavita come quella del “Signore”, e da questa aspirazione poteva esseretrattenuto non facendogli percepire la differenza tra il suo stato (nudo esoggetto all'obbedienza) e quello del “Signore” (vestito e padrone dicomandare).

Così facendo avevo finito coll’interessarmi di religione, il tema chesi rivelerà il più ricco di sorprese.

16 249.

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Passi verso la religione

Soltanto il terreno dei sacerdoti il faraone nonacquistò, perché i sacerdoti avevanoun'assegnazione fissa da parte del faraone e sinutrivano dell'assegnazione che il faraone passavaloro; per questo non vendettero il loro terreno.(Genesi 47,22)

Primi tentativi di pubblicazioneCosa succede quando ti sembra di aver intuito qualcosa

d'interessante? Provi a sottoporlo a qualcun altro per capire se la tuasensazione è condivisibile oppure è solo frutto di un tuo puerileentusiasmo. Le persone più care, le più vicine risultano facili bersagli di questo tentativo di affermazione del tuo pensiero. È capitato anche a me e i primi scritti videro il vaglio di mia moglie e di un compiantoprofessore di liceo. Due persone di cui mi sono sempre fidatomoltissimo, entrambe con una elevata dose di cultura e sensibilità.

Poi si cerca una casa editrice. Il primo libro era manifestamentetroppo tecnico, ma sapevo che dentro conteneva in nuce alcuni concettiimportanti. Il primo editore che contattai mi fece chiaramente capire che la gente non sarebbe stata in grado di leggerlo o apprezzarlo, nonconteneva argomenti “comunemente” interessanti e, soprattutto, nonerano esposti in modo semplice da leggere.

Devo ammettere che, come autore, non eccellevo in modestia e nonmi accorgevo della difficoltà dei miei scritti. Non consideravo almenodue aspetti:- che se si vuole comunicare i propri pensieri a qualsiasi persona,

bisogna esporli in un linguaggio più immediato e comune possibile.Niente tabelle quindi e grafici che fanno parte di un bagaglioconoscitivo per pochi interessati o specialisti;

- molto spesso il lettore rifiuta quello che gli è divenuto indigestoquando doveva apprenderlo per forza. Per molti le rappresentazionimatematiche e geometriche erano già difficili da digerire a scuola,figuriamoci se le accettano all'interno di un libro che magari

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acquistano sperando che la sua lettura avvenga in qualche momento di relax!Partendo da queste due considerazioni dovevo ammettere che

l'impostazione del primo testo era sbagliata, e quelle che consideravobuone idee si perdevano all'interno di una marea di speculazioniaritmetiche e geometriche, oltre a rappresentazioni tabellari spessoridondanti.

La bozza del secondo testo partiva da queste constatazioni e miripromettevo di non sbagliare ulteriormente. Perché questo mi avrebbepermesso di avere un editore alle spalle: un importante passo per meglio diffondere le proprie idee.

Dilemmi esistenzialiDopo aver capito come meglio confezionare il testo, si riproponeva

quindi il problema di trovare l'editore adatto agli argomenti da metrattati. Ovviamente cercavo qualcuno disposto a pubblicare qualcosad'alternativo: in fin dei conti i miei studi non erano critiche al sistema,non ne mettevano cioè in discussione il funzionamento?

A casa nostra i libri non sono mai mancati, anzi il loro acquisto si èmantenuto costante negli anni. Di case editrici ve ne sono parecchie che farebbero al caso mio. Perché non partire da una di grosso calibro?Tentai, ma la risposta fu di netto rifiuto.

Ripartii allora da una meno nota ma comunque di buon livello,dichiaratamente di ispirazione cattolica e interessata ai problemi delTerzo Mondo, allo sfruttamento, alla povertà e quindi alle distorsionisociali dell'età contemporanea. Era settembre 2002 e i contatticontinuarono fino a maggio 2003 quando si interruppero, seppur con ipiù cordiali saluti, nonostante ripetute attestazioni di stima e interesse.1

La cosa mi aveva fatto un po' arrabbiare, per il semplice fatto chenon mi aspettavo un tira e molla così inconcludente, soprattutto perchéavevo a che fare con dei dichiarati paladini della giustizia e per me unapromessa non realizzata era già un'ingiustizia dura da digerire.

Inoltre, nei miei scritti avevo esaltato alcune parti della Bibbia cherinviavano ad importanti norme economiche e sociali.2 Non si era tenuto

1 11.2 113.

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conto di queste, oppure l'interpretazione che davo all'episodio dellaGenesi3 disturbava un po' troppo? No, quest'ultima possibilità era dascartare per il semplice fatto che su richiesta dell'editore avevo toltoqueste pagine, seppur a malincuore.

Cosa c'era che ancora non andava nei miei scritti? Questa domanda mi assillava e mi creava quasi una crisi d'identità.

Anche perché le motivazioni addotte dall'editore per rifiutare la miaopera erano ancora legate ad una presunta difficoltà di lettura da partedel pubblico. Nonostante avessi nel frattempo revisionato il testosecondo le indicazioni pervenutemi, sembrava ancora lontano dalleaspettative delle persone a cui mi rivolgevo. Ma quanto dovevoabbassare il livello per rendere leggibili i testi che scrivevo? Ad unacondizione inferiore a quella soglia d’intelligenza per cui si può parlaresemplicemente di stupidità?

Seppur preso dallo sconforto, nella mia testa cominciarono acircolare ragionamenti di questo genere:- non sono mai stato uno specialista di alcunché;- gli argomenti che tratto sono noti a chiunque abbia un’istruzione

almeno da scuole medie;- ho tolto tutte le digressioni con un linguaggio troppo logico o

formalista, come richiestomi dai miei primi lettori;- il modo di scrivere è stato sottoposto al vaglio di persone che fanno

un mestiere che riguarda la scrittura per il pubblico e che hannobistrattato parole e frasi per renderle adatte al lettore medio.Cosa c'era ancora da cambiare, da migliorare? L'editore dava colpa

al pubblico forse perché non voleva prendersi la responsabilità dirifiutare il mio scritto per i temi di cui non condivideva le conclusioni?

Avevo tante domande ma i miei scritti rimanevano nel cassetto, omeglio nell'hard disk del mio computer, come alberi in un giardino incui nessuno passa per raccoglierne i frutti. Che frustrazione, soprattuttoquando qualcosa ti dice che i frutti sono buoni e potrebbero giovare amolti. Semplice presunzione? Dovevo concedermi un'altra prova e fartesoro di tutte le motivazioni, più o meno esplicite, che avevano chiusole porte alla mia iniziativa.

3 250.

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La religione non può attendereFacciamo un piccolo passo indietro, a quando, appena terminato il

secondo testo e ancora prima di mettermi a cercare un editore, avevocominciato a svolgere ricerche sulla religione. Il motivo era semplice:durante i miei studi leggevo qua e là qualche passo della Bibbia e lotrovavo estremamente interessante.

Tutto sommato non è la storia di un popolo quello di cui narraquesto libro?

Come era accaduto con la prima delusione in campo politico, anchein questo momento di sconforto tali temi mi riportarono lontano nel mio passato. Fu proprio sempre durante gli anni dell'Università che mi eroimbattuto nel problema della fede. Ricordo che una volta, discutendo di questioni religiose con un teologo, di fronte alle mie insistenti domande per ottenere risposte più “ragionate”, lui mi rispose con una fraselapidaria: “Devi aver fede, solo allora troverai la risposta corretta ai tuoi quesiti.”

Di fronte a questa affermazione non mi ostinai oltre con ladiscussione. Mi parve che non ci fosse possibilità di un'ulteriore ricercanel cammino logico che io avevo cercato di iniziare con questa personapreparata sui temi dell'esistenza di Dio, del bene e del male, e così via.

Ma cos'era mai questa benedetta fede? Perché dovevo credere e chimi dava la forza per farlo?

La mia logica non accettava una tal imposizione, e il perché è presto detto. Il giorno dopo infatti dovevo affrontare un esame di analisimatematica. Ad una domanda qualsiasi del professore, del tipo: “Midimostri il teorema tal dei tali”, sarebbe stato semplice rispondere come quel teologo aveva fatto alle mie domande: “Guardi, caro professore, ilteorema enuncia queste affermazioni. Che siano vere dipende da quantolei ci crede, dipende da quanto è grande la sua fede.” Una risposta diquesto tipo mi avrebbe forse guadagnato un bel sorriso da parte delmatematico, ma non certo un voto per proseguire gli studi.

Eppure perché in materia di religione la fede può essere l'ultimarisposta oltre la quale tutte le domande devono tacere?

Lo stesso teologo dopo qualche tempo, conoscendo il mio interesseper certe tematiche, mi fermò e mi propose un acquisto: “Guarda,sarebbe bene per te che ti procurassi la nuovissima versione della

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Bibbia.” Al che, io risposi subito: “Ma perché, visto che ne ho già unaacquistata appena sei anni fa?”.4

In effetti ricordavo ancora il primo anno di Liceo quando, con lalista dei libri da comperare, andammo in libreria e mia madre mi disse:“Anche se potrei darti la mia copia, è giusto che tu abbia la tua Bibbiapersonale”. Ma lui insistette: “Questa è tradotta nella lingua corrente,più vicina al tuo modo di parlare”. Al che io ribattei: “Ma non può mica dire cose diverse, anche se usa parole più moderne!”.

E quella Bibbia5 non la comprai mai.

I tesori nella BibbiaCol passare degli anni il problema della fede era rimasto in un

angolino dei miei interessi, perché le letture che ho affrontato si sonosuccedute in ambiti del tutto diversi da quello religioso. Ma quandocominciai a scrivere il primo libro mi ritornò in mente più di qualchepasso della Bibbia che avevo cominciato a scorrere ai tempi dellesuperiori.

Nella mia giovinezza ricordo infatti di essermi addentrato in qualche libro del Vecchio Testamento, partendo proprio dalla Genesi, ma poi diaver anche smesso, perché dopo ogni lettura mi comportavo in manierapiuttosto intransigente con gli altri. Forse le parole di rimprovero chetrovavo nei racconti biblici mi rimanevano talmente impresse che leusavo io stesso nei rapporti con familiari e amici. Decisi allora disospendere lo studio, senza neanche darmi un tempo in cui ricominciareil percorso culturale interrotto.

Ma in questi ultimi anni, come dicevo, scoprendo che nella Bibbiapotevano nascondersi tesori preziosi per le mie ricerche, ho capito cheuna sua completa disamina non poteva essere rimandata all'infinito.

Iniziai quindi la sua lettura non appena terminata la stesura dellaprima bozza del secondo libro e la finii abbastanza velocemente graziealle ferie dell'agosto 2002.

Certo, l'impressione che ne trassi era ben diversa da quella cheavevano cercato di passarmi gli insegnanti. Tanto più che le parole del

4 [Bibbia].5 [Bibbia1]. Effettivamente era in possesso di mia moglie, grazie alla quale ho potuto comunqueleggerla.

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Vecchio Testamento non risvegliavano in me più alcuna intransigenza,ma i racconti svelavano una continuità che pareva ben adattarsi a certeconsiderazioni che ero andato maturando negli anni. Ciò che però mirisultava ancora difficile da comprendere era come gli insegnamentidella Chiesa non rispecchiassero quello che io ritenevo essere ilmessaggio che scaturiva dalle parole dei testi sacri.

Confrontando il Vecchio Testamento con il Nuovo, è palese ildiverso carattere del Dio ivi descritto; iroso e vendicativo nel primo,dispensatore di consigli paterni nel secondo. In fin dei conti, è ancorapiù evidente che nel Nuovo Testamento Dio è praticamente assente, inquanto la parte principale viene svolta da Gesù e poi da Paolo. Uominiquindi, anche se il primo si presenta, e viene presentato da Paolo, comeil “Cristo” o meglio il “Figlio di Dio”.

Certo l’ambiente nel quale videro la luce le due parti in cui ècomunemente suddivisa la Bibbia è ben diverso e lontano nel tempo. IlVecchio Testamento è una raccolta di libri redatti in epoche lontane che coprono forse l’intero millennio avanti Cristo.6 Testi che narrano levicissitudini di un popolo, gli Ebrei, che si dice destinatario dellaesclusiva promessa dell’unico vero Dio. Un popolo che sopporta milletraversie, deportazioni da un posto all’altro del Medioriente ma che,forse proprio per questo motivo, sfrutta la fede religiosa per rinsaldareogni volta i propri legami.

Quasi in posizione antitetica, del Nuovo Testamento ci viene invece raccontato che venne composto per convincere gli Ebrei che tra loro era sceso addirittura il “Figlio di Dio”. Questo personaggio venne però daloro rinnegato e addirittura per lui chiesero la condanna a morte. GliEbrei rifiutarono il Gesù evangelico e successivamente concretizzaronoquesto loro distacco, evitando di inserire i libri del Nuovo Testamentonel loro canone, cioè nella lista dei libri sacri, che rimasero perciò soloquelli del Vecchio Testamento.7

Come era potuta nascere dall’Ebraismo una religione come quellaCattolica?

6 [Storia Israele].7 128.

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Evidentemente dovevo ancora leggere l'interpretazione della Chiesasu quelle parole. Il “Catechismo della Chiesa Cattolica”8 era lì pronto ad aspettarmi negli scaffali della libreria di casa già da qualche anno. Migettai quindi nella sua lettura. E non potei che imbattermi nuovamente,dopo anni, ancora nel problema della fede. Ma ora avevo di frontestrumenti di comprensione corroborati da un'esperienza di vita che nonlasciavano ancora le domande senza risposte. Era nel confronto traBibbia e Catechismo che forse potevano trovarsi le risposte alledomande rimaste irrisolte tanto tempo prima. Ma non erano risposteancora scritte.

Un diverso approccio al Nuovo TestamentoIl “cristiano”, qual ero stato a quel tempo, non poteva certamente

non soffermarsi ora su una parte fondamentale di tutta la Bibbia: ilNuovo Testamento, i libri in cui viene raccontata la storia di Gesù.

Quello che mi stupiva all'epoca, dopo aver letto tutti e quattro iVangeli, era il fatto che la Chiesa all'origine non si fosse maipreoccupata di uniformare questi testi in uno solo. Effettivamente, come poi scoprii, il tentativo ebbe origine ma venne presto abiurato.9

Sapevo inoltre, avendolo letto, che alcuni studiosi10 hanno sollevatoobiezioni su alcune incongruenze nei racconti dando voce allapossibilità che quanto ci è stato finora raccontato sia semplicementefrutto di un'invenzione da parte di malintenzionati. Un duro colpo, se ciò fosse dimostrato, per molti credenti.

Nei primi giorni del 2003 cominciai a cercare in Internet e miimbattei in qualche pagina scritta da religiosi dove venivano riportate leconferme dell'esistenza di Gesù e, ovviamente, di alcune parti piùimportanti della sua vita, prima fra tutte la risurrezione. Sentivo che non potevo fidarmi semplicemente di questi studi, tra l'altro piuttostoripetitivi in quanto riferivano sempre le stesse testimonianze. Trovaiinvece che un sito ben più ricco di spunti di riflessione, sia per il metodo di analisi che per i contenuti, fosse “Homolaicus”,11 dove le critiche alla

8 [Catechismo].9 273.10 [Chiesa cattolica].11 [Homolaicus].

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religione si intrecciano con la proposizione di basi alternative su cuifondare nuovi studi sugli eventi del passato.

Dopo ore passate allo schermo leggendo pagine e pagine di questisiti, mi colse l'idea che vi fosse un modo per scoprire la verità storicadietro quel ripetersi di racconti in quattro libri diversi. Iniziai a pensaread un metodo di analisi per confronto di un'informazione qualsiasi. Eroconvinto che qualsiasi numero ne fosse scaturito probabilmente sarebbeservito per sviscerare la realtà storica che gli evangelisti volevanotrasmettere. Il metodo necessitava di un confronto sinottico così dadistinguere somiglianze e differenze.

A metà gennaio 2003, il lavoro era a buon punto e ne scaturirono iprimi grafici che non lasciavano tutta la sicurezza sulle veridicità diquanto raccontato dagli evangelisti. Questi, effettivamente, sicontraddicevano in vari punti. Come poteva essere che libri “ispirati daDio” potessero essere così inesatti? Forse era una questione diinterpretazione e io effettivamente non ero così preparato da poteraffermare che un'informazione fosse davvero in contrasto con un'altra;ma i testi della Bibbia in mio possesso non mi fornivano i commenti che contemplassero soluzioni a questi quesiti.

Valeva sicuramente la pena approfondire ancora di più l'argomentoe ancora una volta Internet mi portò ad un sito in cui l'autore presentavaun libro intitolato “La favola di Cristo”.12 In questo caso non eravamopiù di fronte ad una semplice constatazione di incongruenze testuali, ma l'autore stesso asseriva che tutta la storia di Gesù era una purainvenzione, o meglio che avevano fatto passare per Gesù unrivoluzionario ebreo con doti ben meno miti di quello evangelico.

Per me fu come si aprisse un oceano in cui immergersi senza sapere in quale direzione andare. Da buon cristiano avrei dovuto quanto menocontestare questa posizione che invece i miei studi mi portavano acondividere almeno in certe sue parti.

Le strade per conoscere GesùNelle ricerche su Gesù navigavo a vista. Il materiale salvato nel mio

computer testimonia con quale bramosia cercassi informazioni in

12 [Favola Cristo].

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Internet per capire se vi era un filo conduttore. I dati da considerareerano molteplici, soprattutto perché non mi ero mai veramenteinteressato di storia del Cristianesimo, per cui qualsiasi nota divenivaimportante e apriva nuovi orizzonti. Certamente la chiave di ricercarimaneva quella di una prova sulla veridicità dei raccontineotestamentari. A riguardo, i siti di studiosi cattolici non sembravanoessere molto vari. Più interessanti erano invece quelli di confessioniprotestanti, dove si dava largo spazio all'analisi dei testi, aggiungendomolti dettagli storici oltre che informazioni bibliografiche.

I miei studi, seppur limitandosi ai siti italiani, cominciavano adaccumulare molto materiale; quello che mi attirava di più erano lenotizie sull'ambiente in cui nacque il Cristianesimo e su come sono state tramandate le notizie a suo riguardo. Siccome poi ricercavo un metodoper misurare l'affidabilità dei testi religiosi, mi interessavo molto dipapirologia, anche se la mancanza di nozioni di base non mi aiutava aselezionare le spiegazioni in cui mi imbattevo. Forse questa miaignoranza è stata una fortuna, in quanto non rischiavo di instradarmi suvie già battute da altri. Era per me naturale abbinare la ricerca storicacon quella sui manoscritti, perché questi ultimi erano i testimoni dei fatti accaduti migliaia di anni fa.

Seguendo quindi il filone storico e quello filologico, nella primavera del 2003 mi imbattei quasi contemporaneamente in due siti moltointeressanti.13 Il primo si dimostrò importante perché presentava ancorauna volta molti dei dubbi che già avevo ritrovato nel sito di Cascioli equindi suggeriva una diversa ricostruzione della storia di Gesù. Ilsecondo invece proponeva, nei dettagli, molte informazioni ragionatesul perché l'esegesi cattolica era arrivata a certe conclusioni sui testireligiosi.

Ormai a fine aprile di quell’anno avevo deciso di percorrere duestrade precise: verificare quanto attendibili fossero le tesi di Donnini eCascioli e perfezionare l'analisi sinottica dei Vangeli alla ricerca diprove di una loro costruzione finalizzata a manomettere la verità storica. In questo ultimo caso avevo già in mente il metodo da utilizzare, avendo abbozzato i primi elementi di quella che successivamente chiamerò la“teoria dell'informazione dominante”.

13 [Donnini], [Christianismus].

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Ma è possibile raccontare i propri pensieri sulla Bibbia come sitrattano delle equazioni matematiche o dei grafici di economia? Un po'difficile, almeno a prima vista. La materia religiosa è un tastoassolutamente delicato nella vita di ognuno. Se avevo avuto probleminel trascrivere certi concetti per un pubblico qualsiasi, come sperare diessere più convincente trattando un tema così controverso e il cuimonopolio informativo, oltre che educativo, è chiaramente in mano aduna organizzazione istituzionalmente riconosciuta a livellointernazionale?

Qualsiasi cosa uno pensi di quanto legge nei testi ritenuti sacri deve esprimerla in modo oculato e con cognizione di causa. Bisogna leggere, documentarsi, studiare. Vi sono facoltà universitarie preposte a questo,persone che dedicano la vita in varie branche: teologia, papirologia,esegesi, archeologia, storia. Il mare è veramente magnum e solo unosprovveduto potrebbe avere l'ardire di ostinarsi nelle proprie idee senzaconfrontarsi con lo scibile già sviscerato da una miriade di qualificatistudiosi.

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La storia secondo la Bibbia

Guai a te, che devasti e non sei stato devastato, chesaccheggi e non sei stato saccheggiato: saraidevastato, quando avrai finito di devastare, tisaccheggeranno, quando avrai finito disaccheggiare. (Isaia 33,1)

Un romanzo per comunicareVolevo dire molte cose ma il problema del modo in cui farlo si

ripresentava costantemente. Mi venne in mente di alleggerire la partecomunicativa utilizzando una forma ben diversa da quella di un trattato. Perché infatti non provare a scrivere un romanzo? Questo genere di libri è spesso richiesto, soprattutto perché la gente vi ricorre per trascorrere il tempo a leggere senza tanto impegno. Lo scrittore ha la possibilità di far passare i suoi ragionamenti, le sue idee con molti artifici, ad esempio tra le pieghe di un discorso fra due personaggi delle sue storie. È un sistema che spesso è stato utilizzato per divulgare informazioni che altrimentinon raggiungerebbero un pubblico più vasto.

Mi cimentai nell'opera con buoni propositi e anzi la cominciai a“quattro mani” coinvolgendo anche mia moglie. L'idea era quindi discrivere una storia in cui inserire delle idee sulla religione.Contemporaneamente alla stesura del racconto vero e proprio midedicavo alla rilettura di tutta la Bibbia. Purtroppo man mano cheprocedevo nel lavoro mi facevo attrarre dalle dinamiche sociali cheerano “incapsulate” nelle storie della Bibbia. Per me era quasiimpossibile non mettermi ad analizzare quegli avvenimenti perricavarne degli schemi di comportamento ripetibili tra persone. A poco a poco il tempo dedicato alla storia inventata si riduceva a favore dellostudio dei racconti biblici. Insomma l'idea di scrivere il romanzocominciò pian piano a declinare per un ritorno alla redazione di un altro trattato.

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Bibbia e antropologiaContemporaneamente mi divertivo ad analizzare ogni verso del

Nuovo Testamento e non abbandonavo comunque l'interesse per irisvolti sociali dei miei studi. Il perché è presto spiegato: era appenainiziata la guerra contro l'Iraq e il mio animo era di nuovo scosso alpensiero che ancora una volta l'ingiustizia, secondo i miei parametri digiudizio, si stava facendo largo nonostante molte persone nel Mondomanifestassero apertamente contro il nuovo conflitto. Questaconcomitanza dei miei studi con pericolosi avvenimenti bellici non ènuova nel mio breve curriculum di scrittore. In fin dei conti anche ilprimo libro era iniziato poco prima del famoso 11 settembre 2001 eoggi, nel momento in cui ho iniziato le pagine di questo libro, gli Usa eIsraele stanno nuovamente premendo per punire con la forza un altropaese nemico, guarda caso sempre nella stessa area del Mondo: l'Iran.

Se la storia è fatta del racconto di come gli individui intrecciano leloro esistenze tra di loro e con la natura, perché non provare a capiredove questi rapporti cominciano a guastarsi e cosa possono condurre?

Il Vecchio Testamento sembra raccontare la vita di un intero popolo che si confronta con quelli contermini. Quale miglior banco di prova senon quello di sperimentare alcuni schemi antropologici sulle storie diquesto libro, visto che non possiamo provarli su delle popolazioniindigene, come hanno fatto importanti antropologi quali Claude Lévi-Strauss?1 Avevo in mente dei modelli di relazione uomo-uomo,partendo dal più semplice rapporto a due,2 passando per la famiglia3 fino a schematizzare la società4 e il confronto tra almeno due di esse.5 Grazie a queste formalizzazioni mi risultava più semplice impegnarmi aspiegare la Bibbia come un insieme di libri che raccontavano le vicende di un popolo confermando, per me, le analisi sociali che avevoavanzato.6

1 54. [Tristi Tropici].2 76.3 81.4 82.5 83.6 99-129.

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Bibbia e antichi popoliTanto per il Vecchio che per il Nuovo Testamento ero ancora più

attirato dai percorsi storici piuttosto che teologici, soprattutto dopo averletto David Rohl7 ma anche John Bright.8 Entrambi questi autoriponevano le basi perché mi avventurassi in una spiegazioneantropologica, ovvero sociale, per la nascita della divinità. La religionecome il dispiegarsi di relazioni tra uomini prima ancora che tra questi euna fantomatica divinità.

Ma vi sono altri studiosi a cui sono particolarmente debitore diquanto ho scoperto. Il primo è sicuramente Dario Sabbatucci che in unsuo saggio9 fa capire chiaramente come la divinità sia un prodotto degli antichi popoli che vivevano in Mesopotamia. Un'altra è mia moglie chenella sua tesi di laurea aveva proposto e analizzato diverso materialeintorno al concetto e ai nomi stessi della divinità. Infine non posso cheringraziare il mio compianto professore di liceo che, tra i tanti regali che mi ha lasciato conoscendo i miei interessi per la storia biblica, mi hadonato una sorta di manoscritto redatto da un suo amico. In esso il libro della Genesi viene presentato in maniera del tutto particolare: i nomiebraici non vengono tradotti (viene scritto cioè “Adam” al posto di“Adamo”, “Noach” al posto di “Noè”, ecc.) e i vari passi sonocommentati confrontandoli con opere sumeriche o accadiche. Inoltrevengono deliberatamente evidenziate le versioni P (sacerdotale) e J(Jahwhista) con cui sono stati composti i diversi episodi.

Ciò che più mi colpì leggendo questo libro fu il modo in cui veniva chiamato Dio: Elohim e Yahweh. Sebbene il redattore sia attento aquesta diversificazione, secondo me la stessa era indice di qualcosa diben più importante che una semplice distinzione di nominativi attribuitialla divinità.

Quello che comunque sembrava un motivo dominante in molti studi rimaneva l'accostamento dei racconti biblici con i testi dei Sumeri. Eranecessario quindi approfondire l'argomento e a fine aprile 2003 potevogià leggermi in tranquillità tutta l'epopea di Gigalmesh.10

7 [Genesi].8 [Storia Israele].9 [Prospettiva].10 [Gigalmesh].

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Internet? Perché noMa dov’era approdata la pubblicazione del libro? Non trovando una

casa editrice per le mie ricerche, il 15 giugno 2003 mi decisi a riversarei miei scritti in Internet. Per cominciare dovevo anche decidere qualetitolo usare per il nuovo sito. Il periodo era quello in cui stavomaturando l'idea che le antiche divinità non fossero altro chetrasposizioni sul piano fantastico delle signorie terrene. Gli dèi erano gli antichi nobili che continuavano a essere adorati anche dopo la loromorte: i ricchi, insomma, che si erano fatti dèi. “Deiricchi” non era forse un nome entusiasmante ma celava anche un ambiguo genitivo cheassociava le tematiche del sito a disquisizioni sui ricchi di ogni epoca.D'altronde tutti gli studi e le letture che stavo conducendo convergevano sulla religione come strumento che perpetua l'adorazione dei ricchi“come in cielo così in terra”. Insomma, il nome del sito mi parevaappropriato nella sua originalità.

Dovevo pensare ad una sua struttura. Inizialmente mi affidai ad ungestore comune di servizi Internet e non conoscevo linguaggi perelaborare pagine dinamiche, che rimanevano quindi statiche: l'unicoaggiornamento era possibile manualmente scaricando sul server i nuovicontenuti. Meglio che niente, anche se bisogna ammettere che una talesituazione non avvantaggia quando si deve offrire il prodotto a qualsiasi utente di Internet. E si viene irrimediabilmente penalizzati anche daimotori di ricerca, che riconoscono quanto arretrato sia il tuo modo disviluppare pagine web e quindi non ti fanno salire nella classifica dei siti più in vista.

Ma era già un buon primo passo e di materiale da inserire ne avevoveramente parecchio e altrettanto ne stavo sviluppando.

Le ricerche curate prima del 2003Inizialmente avevo deciso di riversare nel sito anche quanto

pubblicato nel mio primo libro. Poi cambiai idea perché decisi chequanto già diffuso con una fonte d'informazione non meritava unduplicato. Quel primo lavoro era nato sotto una certa luce: mi avevaaperto una serie di strade senza che me ne accorgessi immediatamente.In effetti ogni volta che mi pareva di aver chiuso un settore di ricerca

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ero così contento di quanto avevo imparato che quasi dubitavo di poterfare di meglio. Una sensazione che in effetti accompagnerà tutti irisultati successivi. Eppure dopo quel lavoro avevo discusso dellanormativa urbanistica nazionale11 e avevo confrontato le città costruitecon quel modello.12 Avevo quindi considerato quanto influisce l'operadell'uomo sull'ecosistema terrestre13 fino ai primi abbozzi di analisidell'informazione giornalistica di parte.14

Nel campo degli studi economici avevo riassunto la nascita e ildecadimento della progressività fiscale15 e qualche banale ragionamento pratico aveva permesso l'accostamento di queste riflessioni con letematiche del debito pubblico.16 Inevitabile quindi, in un periodo in cuisi manifestavano in tutta la loro acida virulenza i mega crack finanziariamericani e argentini, ricordare i risvolti della cattiva amministrazionedella ricchezza da parte di pochi spietati speculatori.17

Avendo intuito che la concentrazione del benessere in mani di pochi è un processo rinvenibile in più epoche,18 era naturale riproporre deiriassunti di periodi storici in cui questo si era verificato, utilizzandoun'analisi della gerarchia sociale basata proprio sulla distribuzione dellaricchezza.19 Le ripercussioni che questi andamenti hanno sul modo incui vengono pensate certe schematizzazioni e teorie sociali20

comportavano riflessioni anche su tematiche più attuali, quali l'impattodelle multinazionali sul benessere collettivo.21 In tutto questo rovistaretra le pieghe dei rapporti sociali posso dire, col senno di poi, che fosseinevitabile un insinuarsi delle prime ricerche sulla religione utilizzandoun punto di vista personale, se non originale,22 accompagnato dalleprime critiche al dominio ecclesiastico.23

11 13-17.12 18-25.13 26-30.14 31-33.15 37-38.16 39-49.17 50-53.18 137-148.19 58-62.20 66-68.21 71-73.22 248-253.23 149-151.

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Di strade aperte ne avevo veramente tante, ma non me ne ero resoconto prima di gettarmi a capofitto negli studi sull'adorazione delledivinità e, successivamente, sul Cristianesimo stesso.

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Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsisulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne preseroper mogli quante ne vollero. (Genesi 6,1-2)

Chiesa progressista e teorie socialiCome dicevo più sopra, cominciavo ad occuparmi di religione a

causa di tante sollecitazioni. Preponderante era sicuramente quellasociale, forse perché sospinto dalla lettura di libri che trattavano ilproblema della povertà mondiale e che avevo acquistato presso la citatalibreria di religiosi. Lentamente si era insinuata l'idea che le uniche aoccuparsi degli squilibri mondiali fossero proprio persone legate allaChiesa. Avevo seguito qualche incontro tenuto da Alex Zanotelli1 eavevo letto diversi libri permeati della “teologia della liberazione”. Maproprio quest'ultima non era stata messa fuori gioco da quel Prefetto ora Papa? Tutto sommato ero pervaso da sentimenti favorevoli a questateologia; come poteva essere allora che fosse stata bandita, assieme aiteologi che l'avevano elaborata, dalla Chiesa stessa?

Questa emarginazione della frangia “progressista” all'interno dellaChiesa sembrava essere una costante della storia delle gerarchieecclesiastiche. È possibile quindi che, in effetti, la Chiesa,apparentemente dedita ad occuparsi dei più bisognosi ed emarginati, non sia altro che il braccio ideologico del potere dominante?

Col tempo ho scoperto che il cervello è molto sensibile allecontraddizioni: una volta individuate non le accetta supinamente ma ne“pretende” la soluzione (anche se non sempre ha il tempo per applicarsia trovarla). La reiterata lettura della Bibbia palesava racconti diingiustizie sociali, sopraffazioni di popoli avvenute addirittura per“volere di Dio”. Mi chiedevo allora a quanto servivano tutte le regole“divine” se poi venivano tanto disattese da far sorgere profeti che

1 151.

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invocavano la giustizia sociale addirittura tra gli Ebrei,2 il presuntopopolo eletto.

Come ho già anticipato, nel febbraio del 2003 ero già ripartito adelaborare altre teorie sociali, non solo sulla scorta delle letture biblichema soprattutto dopo essermi avvicinato, già nel luglio 2002, agli studiantropologici di Claude Lévi-Strauss.3 Unendo queste nuove conoscenze alle precedenti del sistema economico e fiscale sulla distruzione dellaricchezza sociale4 cominciai ad elaborare la teoria dei triangoli sociali.5Non ho la pretesa di aver schematizzato una volta per tutte le dinamiche insite nei rapporti sociali, ma ritengo che la rappresentazione offerta siaistruttiva, almeno come primo approccio al tema. Erano pagine nateleggendo la Bibbia e quindi era quasi un atto dovuto che quantoimparato dalla storia del popolo ebraico finisse riproposto in breviriassunti che facevano tesoro della nuova ottica appena elaborata.6

L'incontro con Luigi CascioliParallelamente alle elaborazioni di teorie sociali proseguiva anche la

mia analisi dei Vangeli. Già a febbraio 2003 avevo abbozzato alcunepagine7 e svolto gran parte dei confronti tra i testi utilizzando la teoriadell'informazione dominante. Contemporaneamente stavo cercando dicapire se fosse possibile una verità storica più incisiva di quella“meravigliosa” insegnata dalla Chiesa. Avevo svolto molte ricerche inInternet e mi ero letto diverse pagine tanto dal sito di David Donnini8

quanto da quello di Luigi Cascioli.9 Era soprattutto quest'ultimo adincuriosirmi, in quanto l'autore proponeva un libro dal titolo“strepitoso”: “La favola di Cristo. Libro-denuncia”. Il sottotitolo era poi ancora più “terribile”: “Inconfutabile dimostrazione della non esistenzadi Gesù”. Era vero che dalle pagine del suo sito si poteva leggere buona

2 123.3 [Tristi tropici].4 36, 54-56.5 74-84.6 99-129.7 262-269.8 [Donnini].9 [Favola Cristo].

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parte della teoria da lui proposta, ma mi pareva di capire che il grossodella sua tesi fosse nascosto in quel libro.

Per la prima volta comprai un libro per corrispondenza, mad’altronde non avevo altro modo per procurarmelo. Ricordo di averletteralmente “divorato” quel testo in poche serate prima di volare verso le nostre ferie annuali. Quelle pagine mi avevano veramente preso, tanto mi sembravano convincenti. Dalle ricerche effettuate in Internet parevapoi che Cascioli non fosse l'unico a mettere in dubbio l'esistenza diGesù. In più dall'analisi che stavo portando avanti sui Vangeli,affioravano consistenti dubbi che quei testi non fossero così tantoispirati da una mente “divina”, ma frutto di elaborazioni umane forsenon tanto sincere.

Anche quel luglio 2003 le vacanze erano state programmate in giroper l'Italia con una tappa finale a Camaldoli. Dall'indirizzo riportato nellibro si capiva che Cascioli non abitava molto distante da lì e potevaessere raggiunto in poche ore di automobile. Gli telefonai moltotrepidante e Luigi accettò la mia visita con molta gentilezza. L'incontrofu estremamente utile. Ricordo che mentre gli esponevo i miei studi suiVangeli, Luigi, nel tentativo di comprendere la portata della teoriadell'informazione dominante, mi chiese in quale contesto avrei potutoapplicarla oltre ai Vangeli. Gli risposi subito che era possibile usarlanell'analisi di informazioni da più fonti, come lo sono quellegiornalistiche. Era una risposta utilissima più per me che per Cascioli.Effettivamente quell'analisi statistica l'avevo adoperata solo con iVangeli, senza preoccuparmi di vederla all'opera su altre fontid'informazione. Quella visita fu ben più proficua da questo punto divista che da quello che ritenevo fondamentale, cioè approfondire glistudi sul Cristianesimo. Per questi, alla luce di quanto sarebbe successonegli anni seguenti, ci sarebbe stato tutto il tempo necessario.

Alla ricerca della verità storicaIn effetti dalla primavera del 2003 in poi la mia occupazione

maggiore era stata quella di scovare informazioni di ogni tipo eprovenienza sulla storia di Gesù. Navigavo in Internet e leggevo libriininterrottamente, senza mai staccarmi dalla continua rilettura delNuovo Testamento. Ma era anche inevitabile intrecciare questi studi con

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quelli sulla nascita della religione ebraica, che del Cristianesimo èriconosciuta fondamento.

L'incontro con Cascioli mi aveva però imposto un chiarimento chenon era semplicemente legato all'estrazione della verità storica da uninsieme d'informazioni, ma proprio al meccanismo con cui noielaboriamo le informazioni per comporre la nostra conoscenza. Avevointuito che non potevo prescindere da un'attenta riflessione su come noiformiamo le nostre idee a partire dalle percezioni sensoriali. Eraimportante capire la parte svolta dal cervello nell'apprendimento. In findei conti, se noi possediamo delle conoscenze religiose, queste non sono innate ma frutto di un passaggio d'informazioni da parte di altri. Inpratica, se noi “crediamo” in una divinità è perché qualcuno ci hainsegnato a farlo. Così si spiega perché esistono miriadi di religioni,come esistono molteplici lingue e modi di scrivere; perché, parlando intermini probabilistici, se nasco a Roma sono cattolico e parlo italianomentre se nasco a Baghdad sono musulmano e parlo arabo.

Di ritorno dalle ferie, mi misi subito al lavoro e cominciai adelaborare una piccola “teoria della conoscenza”. Avrei impiegato mesiper portarla ad un livello soddisfacente: utilizzando piccoli esempi eschematizzando i processi utilizzati, per fine ottobre avevo confezionato un bel po' di pagine che mi parevano molto promettenti,10 tra l'altroandando a ficcare il naso in questioni che riguardano proprio la veritàstorica. Fu allora che sviluppai la convinzione che la verità non è comeuna perfetta sfera di cristallo. Se così fosse, daremmo ragione ad unoscetticismo storico che può arrivare a negare qualsiasi raccontopervenuto dal passato, quando è lordato di tanti e tali incongruenze dapresentarlo come inverosimile.

Secondo me nella ricerca storica dobbiamo comportarci in manieraparagonabile a quella astronomica. Come il progresso ci ha dotato distrumenti che consentono di vedere sempre più lontano nello spazio,così anche nella ricerca storica siamo ora in possesso di conoscenze che permettono la distinzione di fatti verosimili da quelli inventati, pur sedistanti nel tempo. In fin dei conti scrutare lontano nello spazio è cometornare indietro nel tempo. Gli strumenti sono diversi: telescopi da unaparte, analisi filologiche e archeologiche dall'altra. I risultati sono simili:

10 158-200.

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in entrambi i casi otteniamo una rappresentazione di qualcosa che ètanto più dettagliata quanto più potenti sono gli strumenti utilizzati perscandagliarla.

In queste ricerche siamo poi agevolati dalla ripetizione di certicomportamenti. Come il moto degli astri sembra governato sempredall'interazione di particolari forze, anche le relazioni umane dimostrano importanti ricorrenze: quelle descrivibili in termini di concentrazione diricchezza, ovvero di potere di uno sull'altro, ci rendono plausibili certifatti in qualsiasi epoca essi accadano. Non dobbiamo quindimeravigliarci se troviamo descrizioni di battaglie, guerre, dominio dipochi su molti, in regioni diverse del globo e in tempi distanti tra loro.

Ma la religione cosa c'entra con tutto questo?

Conoscenza e credenza religiosaCome accennavo più sopra, a quel tempo intervallavo le riflessioni

sulla conoscenza con quelle sulla religione. “Come posso credere inDio” non è forse una domanda che riguarda i meccanismi dellaconoscenza? Intrecciando le ricerche che ormai svolgevo in parallelo,tutti gli argomenti - conoscenza, religione e Cristianesimo - sembravano supportarsi a vicenda. Una scoperta in un campo consentiva diprogredire anche in un altro, generando continui approfondimentisempre più appassionanti.

Nell'agosto 2003 mi ero imbattuto nelle tesi di Evemero11 chesembravano confermare ancora una volta quanto avevo letto da Rohl12 e Sabbatucci:13 l'adorazione per le antiche divinità era una trasposizionesu un piano “etereo” di quanto avveniva già nelle società dell'epoca,dove i nobili ai vertici della società avevano istituito i loro ministri (isacerdoti) per assicurarsi il consenso popolare. Un elegante modo perassicurarsi la prosecuzione del primato sociale senza il reiterato usodella forza, che poteva essere riservata alla difesa delle proprietà controaltri popoli guidati da altri signori.

Ma non erano gli stessi termini utilizzati in ambito religioso - adesempio “ministri del Signore” per indicare i “sacerdoti di Dio” – a

11 232.12 [Genesi].13 [Prospettiva].

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richiamare questa continuità tra dominio terreno e soprannaturale?Perché non ammetterlo senza tema? Tra i tanti motivi per cui questoparallelismo era stato dimenticato vi era quello legato alla religioneebraica, in cui il Dio assume, almeno apparentemente, una connotazione ben poco terrena e ben più eterea. Ma gli approfondimenti che avevo incorso potevano delineare ben altre descrizioni anche del tanto veneratoYahweh. Bastava infatti andare a sindacare i nomi con cui vienenominato nella Bibbia14 per comprendere che sotto sotto siamo inpresenza della metamorfosi del vecchio politeismo, retaggiodell'adorazione per le antiche nobiltà.

Ho già accennato alla riconosciuta somiglianza tra alcuni raccontidella Bibbia con più antiche epopee sumeriche,15 ma vi è un passo nellaGenesi che secondo me è il più illuminante di tutti: quello in cui siracconta di come i “figli di Dio” si prendessero in moglie le belle “figliedegli uomini”.16 Dopo gli elementi che avevo raccoltosull'identificazione del dio con l'antico nobile, risultava naturaleravvisare in questo racconto una pratica che tutto sommato, sotto altreforme, continua a essere praticata ancora adesso: chi ha più soldi puòprocurarsi le donne più belle. Solo più tardi ritrovai la conferma diquanto antica (ed attestata) fosse questa pratica, ma allora non ebbipaura di sviluppare tutto un particolare ragionamento che mi permetteva di spiegare la fondamentale dizione di “figlio dell'uomo”.17

Era una scoperta importante, perché di questo termine sono ricchi iVangeli e l'Apocalisse.

L'informazione dominante e i miracoliMa dove era finita l'applicazione della teoria dell'informazione

dominante che mi ero ripromesso di sviluppare, quando a luglio 2003avevo incontrato Cascioli? Come mi sono accorto più volte la ricercanon può seguire un solo binario per dirsi almeno soddisfacente. La storia si comprende meglio se lo studio viene svolto avendo in mente una

14 230.15 233-238.16 239.17 240-243.

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visione d'insieme, collegando avvenimenti che paiono distanti nel tempo ma anche conoscenze apparentemente disgiunte.

Non si può studiare la storia senza sapere nulla di economia o diarcheologia, e anche in tema di religione bisogna aprire la mente peracquisire strumenti d'indagine da altri campi. Negli ultimi secolidell'Evo nuovo molte discipline hanno dato il loro contributo per capiremeglio l'aspetto religioso che permea la società. Dalla filologiaall'antropologia, tutte forniscono strumenti utili per lo studio dellecredenze religiose. Ma che dire delle teorie della conoscenza? Quantopossono agevolare gli studi in materia di divinità e Cristianesimo?

Sinceramente non mi ponevo queste domande mentre svolgevo lericerche sui meccanismi della conoscenza, tanto ero sicuro che ovunquearrivassi avevo a che fare con un importante bersaglio: l'individuazionedella verità. Anche la religione, come tutte le altre materie cherichiedono la nostra attenzione, si basa sulla diffusione di certeinformazioni, che non possono non essere sottoposte al vaglio dellaverifica di verità.

Ed è proprio qui che troviamo un profondo e sibillino distinguo.Infatti nelle ricerche sul Cristianesimo ci si imbatte continuamente instudiosi che cercano di dimostrare che quanto raccontato dai Vangelicorrisponde a ciò che effettivamente accadde nel primo secolo dellanostra era. Personalmente ho incontrato non so quante presunte “prove”che il racconto evangelico è vero, ma mai nessuna che dimostri che ilracconto evangelico non può essere falso. A prima vista sembra di poter applicare l'identità secondo cui la doppia negazione corrisponde ad unaaffermazione: non falso = vero. Niente di più pericoloso in tema diricerca storica del confondere ciò che è verosimile con quanto èeffettivamente accaduto. Possiamo infatti dire: “Ieri è venuto a trovarmi Roberto”, informazione verosimile ma che può non corrispondere adalcun fatto accaduto.

Di fronte a questa importante distinzione tra vero e verosimile, nonpossiamo che constatare come tanto il Nuovo Testamento, come ilVecchio, siano colmi di fatti non solo tutti da verificare ma altresìinverosimili: una vergine che partorisce senza avere rapporti sessuali,malati che guariscono senza cure particolari e soprattutto morti cherisorgono.

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I cosiddetti “miracoli”, in qualsiasi forma si presentino, colpisconofacilmente l'immaginario personale se non quello collettivo. Chi di noinon ha affrontato, anche solo perché capitata ad una persona cara, unamalattia particolare, magari incurabile? In questa circostanza come noncercare o sperare in tutti i modi di guarire? Per rimanere in argomentodevo raccontare che proprio nel momento in cui affrontavo la veridicitàdei racconti evangelici si ammalava Roberto, una persona che ancora mi manca nonostante siano passati più di due anni dalla sua scomparsa. Gli era stato diagnosticato un male la cui gravità gli fu poi taciuta fino altermine dei suoi giorni. Quanti di noi non avrebbero preferito che siavverasse per Roberto quello di cui raccontano i Vangeli? Egli stesso,ignaro del destino che lo aspettava, sperava di superare quella malattiada un momento all'altro. Eppure oggi Roberto non c’è più.

Perché dovremmo credere ai miracoli quando non possiamosperimentarli come qualcuno ci racconta che accadono? È “peccato”questo voler toccare con mano quanto altri promettono?

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I Vangeli al setaccio

I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavanoqualche falsa testimonianza contro Gesù, percondannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarnealcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsitestimoni. Finalmente se ne presentarono due, cheaffermarono: «Costui ha dichiarato: Possodistruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tregiorni». (Matteo 26,59-61)

Presentarono quindi dei falsi testimoni, che dissero:«Costui non cessa di proferire parole contro questoluogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo uditodichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questoluogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè».(Atti 6,13-14)

L'informazione dominante e i VangeliTra una visita e l'altra a Roberto che si avviava verso la fine della

sua presenza su questa Terra, prendevano forma i miei studisull’informazione dominante. Memore del colloquio con Cascioli, avevo pensato di utilizzare alcuni esempi di informazioni da Internet eapplicarvi le analisi statistiche da me proposte per i Vangeli. Partendoda ottobre 2003 ne risultarono una serie di pagine1 che confermavanomatematicamente anche quanto poteva essere capito per altre vie e cosìbrevemente riassunto:- più testimoni non assicurano la veridicità dell'informazione;- vi è una parte dell'intero pacchetto informativo in cui i testimoni

forniscono notizie contraddittorie;- più si è lontani dall'evento e minori sono i particolari in cui le

testimonianze coincidono;

1 201-221.

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- ogni testimone tende a selezionare i particolari che gli interessaraccontare, per cui si può capire da ciò che racconta anche la suavisione dei fatti;

- la correttezza dell'ordine cronologico con cui vengono esposti i fatti è indice di affidabilità di un racconto;

- la presenza di “informazione dominante” diminuisce quando sipassa dai testimoni (persone che hanno partecipato al fatto) ainarratori (persone non presenti).Tutte queste conclusioni potevano ora venire applicate ai Vangeli.

L'operazione non era difficile, una volta che fossero stati analizzati econfrontati tutti i versi che li componevano. Un lavoro immane, iniziato a fine 2002 e concluso, intercalato da altri, dopo un anno, che avrebbeperò dato le sue soddisfazioni. Così a cavallo tra il 2003 e il 2004l'analisi dei quattro Vangeli poteva dirsi terminata2 e conduceva adalcune conclusioni interessanti:- i Vangeli presentano informazioni cronologiche così caotiche o

contraddittorie da far dubitare sull'attendibilità complessiva,3 conben poche eccezioni.4 Anche l'indicazione dei luoghi in cuiavvennero i fatti raccontati è piuttosto evanescente;5

- il valore di “credibilità” è maggiore per il Vangelo di Giovanni,mentre Marco sembra quello meno affidabile.6 In questo sensosembrerebbe che Giovanni sia anche il primo Vangelo ad esserestato composto;7

- la redazione dei Vangeli dovrebbe essere avvenuta più a ridossodella morte di Gesù di quanto normalmente accettato.8Queste deduzioni sono per molti motivi in contrasto con quanto

affermano gli studiosi cattolici. Possibile che il metodo dell'informazione dominante andasse in tilt se applicato al NuovoTestamento? O non erano forse i Vangeli in odore di scarsa affidabilità?

2 275-281.3 279.4 280.5 285.6 286.7 284-286.8 282.

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Miracoli e storiaPer applicare la teoria dell'informazione dominante avevo

confrontato uno ad uno tutti i versi dei quattro Vangeli. Un lavoroimpegnativo ma che mi permetteva di fissare con la memoria diversiracconti. Potevo così tornare a riflettere su di essi ricordando queiparticolari che normalmente non saltano all'occhio, perché non siamoabituati a leggere simultaneamente le diverse versioni dello stesso fatto. Un'analisi attenta evidenziava invece delle perfide discrasie checominciavano a palesare scarsa affidabilità nei racconti. Eranosoprattutto le parti in cui venivano raccontati alcuni fatti“soprannaturali” che dimostravano incongruenze poco “logiche”.9

Ma se Gesù non ha operato miracoli, quale superiore autorità poteva vantare rispetto agli uomini di allora? Perché poi la sua figura sarebbepassata alla storia se non era capace di azioni tanto eclatanti? Era forseun importante ribelle di un piccolo Paese che era riuscito a spaventarecon le sue idee e le sue azioni un colosso come l'Impero Romano?Questa non era farina del mio sacco ma di quello di Donnini, Cascioli ealtri prima di loro. In effetti tutte le incongruenze che avevo evidenziato nei racconti evangelici non mi facevano accettare più come oro colato il credo cattolico. Il bivio a cui mi trovavo in quel momento consisteva di due vie:1. abbandonare anche qualsiasi ulteriore studio sul Cristianesimo

supponendolo inutile per accertare la verità;2. riconsiderare tutta la vicenda di Gesù alla luce degli studi di

Donnini e Cascioli.Devo ammettere che non mi sfiorò neanche un attimo la prima

ipotesi in quanto troppo attratto dalla seconda per il seguente motivo:con gli studi successivi potevo o confermarla oppure scoprirneaddirittura una alternativa. Anche quest'ultima inizialmente era solo unaflebile possibilità: gli studi di Donnini e Cascioli parevano, per leconoscenze che avevo acquisito all'epoca, sufficientemente motivati dapoter al massimo meritare solo ulteriori conferme. Ma le sorprese eranosolo all’inizio.

9 287-293.

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Il Gesù rivoluzionarioL’idea che Gesù fosse stato processato e giustiziato dal potere

romano costituiva una buona base di partenza in quanto evento del tutto verosimile. Mi pareva invece più difficile da sostenere la tesi che iRomani avessero ucciso un umile falegname che predicava al popolo lapace e la sottomissione all'imperatore (assieme ovviamente al suo Dio).Per questo sentivo allora che la figura di un Gesù capobanda ribelle aiRomani era una via da percorrere. Perciò seguii la strada proposta daaltri, aggiungendo deduzioni più o meno personali10 e alcune legate alleprecedenti scoperte sull'adorazione della divinità.11

Nel momento in cui mi imbattei in Pilato e in Barabba non feci altro che riproporre quanto avevo letto in Donnini12 e Cascioli,13 motivandolo con qualche spunto in più. In quel momento avevo raggiunto lesoddisfazioni che mi ero riproposto: chiarire cosa c'era sotto i raccontievangelici. Quello che mi pareva assodabile era che tutti quei versi, avolte imprecisi e contraddittori, erano stati scritti per celare una veritàben diversa da quella che volevano raccontare. Ero pago di quantoavevo conseguito. Aggiunsi qualche conclusione sarcastica alla fine diquesta prima ricerca14 come a dire: pensavate di farla franca, invece viabbiamo scoperto.

In effetti avevo sommato solo poche conferme alle teorie di altri.Ma Cascioli, ad esempio, andava ben oltre con la sua tesi: secondo luiGesù non è mai esistito, e il personaggio su cui quello evangelico erastato ricostruito, altri non sarebbe stato che un certo Giovanni diGamala, figlio di Giuda di Gamala, ribelle zelota dell'epoca.

Come abbiamo capito, una buona ricostruzione storica si basa suprove che la confermano, ma anche sulla mancanza di quelle che lasmentiscono. Per inciso questo è un motivo per cui i falsari, dai comuniimpostori fino ai regimi totalitari, cercano di far scomparire tutte leprove che li confuterebbero.

10 294-298.11 299-306.12 [Donnini].13 [Favola Cristo].14 332-335.

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La teoria di Cascioli si fonda non solo sull'inesistenza di Gesù maanche sull'esistenza del suo “sostituto”, tale Giovanni di Gamala.Siccome l'unica fonte dell'epoca che Cascioli proponeva a sostegnodelle sue tesi era lo storico Giuseppe Flavio, mi ero letto le sue operecitate da Cascioli stesso.15 Né una né l'altra parevano citare un minimanotizia di questo Giovanni di Gamala. Il 20 ottobre 2003 mandai aCascioli una mail per sapere da quali libri aveva raccolto notizie suGiovanni, ma Luigi non rispose.

Rimasi un po' interdetto ma non preoccupato, in quanto ero statocolto dalla passione di interessarmi anche agli altri libri del NuovoTestamento. In fin dei conti Cascioli aveva “sputato fuoco” anchecontro Paolo di Tarso: valeva sicuramente la pena di sbirciare le vicende di questo apostolo. Inoltre il libro degli Atti pareva degno di una certaattenzione: gli stessi Donnini e Cascioli ne avevano estrapolato un passo importante (l'uccisione di Giacomo),16 rinvenendolo in un racconto diGiuseppe Flavio e adducendolo a prova della voluta falsificazione degliavvenimenti storici.

Primi approcci a Paolo …Gli studi su Paolo furono agevolati dalla lettura di un sito internet

curato da Sabato Scala17 che riportava pure una serie di altri dati e molti testi apocrifi. Era fine ottobre 2003, quando cominciai a elaborarericerche che andavano al di là dei Vangeli. La tecnica consisteva sempre nell’analizzare i testi, alla ricerca di particolari collegamenti tra nomi,luoghi e tempi. Sicuramente quello che più mi colpì era il modo in cuiPaolo veniva osteggiato nella sua predicazione dai conterranei, fatto che si rileva tanto negli Atti quanto nelle Lettere.18 Inoltre è sottolineato piùvolte che nello stesso periodo della sua predicazione circolavano dei“falsi apostoli”, ma da nessuna parte si fanno i loro nomi.19

Tutte queste constatazioni mi indussero a scrivere le prime pagine20

da cui si evince che nella mia mente cominciava a farsi strada l'ipotesi

15 [Guerra giudaica], [Antichità giudaiche].16 356-362. Atti 12,1-19. [Antichità giudaiche] 20:5.2(101).17 [Sabato].18 339. Atti 16,37, 2Corinzi 11,24-25.19 341, 346. 2Corinzi 11,5-23.20 336-347.

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che il vero “falso apostolo” altri non fosse che Paolo stesso. A questaimportante intuizione, già attestata in letteratura,21 feci seguire un'analisi dei nomi per tutti i principali personaggi che compaiono nel NuovoTestamento22 perché, sulla base di quanto paventato da Cascioli, non era da scartare l’ipotesi che la ripetizione di tanti nomi, ad esempio quellodi Simone, non fosse altro che un modo per far perdere le tracce di certi protagonisti. Ipotesi sostenibile dal fatto che il Nuovo Testamento siastato confezionato per nascondere e non per comunicare la veritàstorica: anche gli attori di questa messinscena dovevano rimanere celati, altrimenti sarebbe stato semplice smontare tutto.

Vi erano quindi dei personaggi famosi da rintracciare, tanto in vistache molto probabilmente non si trovavano solo nel Nuovo Testamentoma anche in opere storiche dell'epoca che avrebbero dato una mano perscoprire la verità. Perciò, dopo alcune pagine abbastanza scontate,23

seguii la pista di Donnini e Cascioli che conduceva naturalmenteall'episodio dell'uccisione di Giacomo già citato.

Poteva essere sufficiente questo fatto per convalidare che quanto era stato raccontato su Gesù era falso? Certo, questi autori parevano averassestato un duro colpo alla credibilità dei racconti cristiani, ma perchéallora non aveva fine il silenzio di Cascioli sulle sue presunte fontistoriche?

… e a GiovanniNelle ricerche sul Cristianesimo mi stavo avvalendo della lettura

delle opere di Giuseppe Flavio, in particolare “La guerra giudaica”24 e“Antichità giudaiche”.25 All'epoca mi interessava tutto quello che eraaccaduto prima del 70 d. C., periodo in cui ufficialmente viene collocata la storia raccontata nel Nuovo Testamento.

I racconti di Giuseppe mi sembravano confermare il pensiero diDonnini e Cascioli, ovvero che il Cristianesimo fosse nato tra le braccia del fondamentalismo zelota. Una filosofia sorta in un ambiente, quello

21 [Paolo falso].22 349-350.23 351-355.24 [Guerra giudaica].25 [Antichità giudaiche].

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ebraico, che faceva i conti con una opprimente presenza romana, che asua volta sosteneva l'arrivismo dei nobili ebrei dell'epoca, sui qualiprimeggiavano la famiglia erodiana e una classe sacerdotale corrotta.Venivano così convalidate le ipotesi rivoluzionarie su cui questimoderni storici alternativi fondavano le loro teorie.

Ma come mai di tutto questo ambiente rivoluzionario non vi ètraccia tanto nei Vangeli quanto negli Atti e nelle Lettere? Era stato fattosparire oppure era naturale che non ne facesse parte?

Eppure vi era lì, proprio in fondo al Nuovo Testamento, un libro che dell'odio e spirito di vendetta degni di un rivoluzionario sembravaintriso fin dai primi versi. Solo che questo libro si chiamava Apocalisse: un nome il cui originale greco significa semplicemente “rivelazione”26

ma che per il comune cittadino, e non solo, è sinonimo di qualcosa difunesto e misterioso. Questo libro è infatti costituito principalmente dauna serie di simboli spaventosi che sembrano dire tutto e niente. Il miointeresse per esso era iniziato verso metà dicembre 2003 quando eranoterminate le pagine su Gesù, mentre su Paolo e i falsi apostoli avevocominciato a scrivere a gennaio 2004.

Ragionando quasi contemporaneamente tanto sullo scritto diGiovanni che su quelli di Paolo mi colpivano certi particolari comuni,tra i quali sicuramente i termini utilizzati per spiegare alcuni concetti,ma soprattutto il riferimento agli impostori e ai falsi profeti. Questa,secondo me, evidente comunanza di linguaggio strideva con lacollocazione cronologica dei due autori. Per la Chiesa infatti Paolomuore prima del 67 d.C., mentre Giovanni compone la sua operaaddirittura verso la fine del I secolo.

Purtroppo se in certi passi Giovanni è più che mai esplicito, in altrisembra essersi trincerato dietro la più imperscrutabile simbologia, unaserie di similitudini e allegorie impenetrabili sia dall'esegeta che dallostudioso laico. È vero che la Chiesa sa offrire le sue spiegazioni, ma aduna attenta lettura anche queste sembrano un castello di interpretazionisenza fondamenta e quello che avevo compreso dall'analisi dei Vangelimi faceva fortemente diffidare della guida catechistica, soprattutto per la lettura dell'Apocalisse.

26 391.

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L'Apocalisse: una sfida vincenteVi erano poi alcuni particolari che mi attiravano in questo scritto:

- a differenza dei Vangeli e degli Atti l'autore dell'Apocalisse nonaveva avuto timore a firmare la propria lettera;

- i riferimenti geografici erano facilmente rintracciabili e per nienteambigui;

- una volta che si accettasse l'interpretazione che faceva della “bestiache sale dal mare” un'allegoria dell'Impero romano, era facilmentecollocabile anche il periodo in cui questo libro era stato composto.In pratica l'Apocalisse ha le credenziali per proporsi come un testo

storico anche se l'autore non è per niente esplicito nei suoi racconti.D'altronde perché doveva esserlo? Se era imprigionato a Patmos e nelsuo animo covava la vendetta e l'odio per i suoi oppressori, quali parolepoteva loro riservare senza paura di subire rappresaglie? In più, se ingiro potevano circolare liberamente “falsi profeti” che raccontavanomenzogne su fatti e persone, come poteva lui, condannato in unasperduta isola dell'Egeo, esprimere liberamente la sua versione suquanto era accaduto, o la sua opinione su persone importanti dell'epoca?

Effettivamente era fin troppo umano comprendere perché Giovanniavesse confezionato un testo così oscuro: doveva far capire senza dire.Ma noi come possiamo, a secoli di distanza, comprendere ciò cheneanche i primi Padri della Chiesa sembravano aver saputo interpretare? Da una parte mi rendevo conto che svelando le figure dell'Apocalisseavrei spiegato molte cose della vicenda cristiana. Dall'altra nonconoscevo qualcuno che sapesse indirizzarmi verso l’interpretazione diquelle immagini sotto le quali Giovanni sembrava aver celato la veritàstorica ricercata.

Cercai nel sito di Cascioli, ma egli metteva addirittura in dubbio che l'Apocalisse fosse stata composta dopo la guerra giudaica. A me invecela cronologia “ufficiale” pareva ben argomentata.27 Solo che, ponendo la redazione dell'Apocalisse a dopo il 70 d. C., ci si ritrova senza ilsupporto degli storici dell'epoca. Gli scritti principali di Giuseppe Flavio infatti non narrano gli eventi in Palestina dopo la caduta diGerusalemme, mentre quelli di altri autori riportano fatti accaduti

27 370.

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addirittura nel II secolo.28 Quindi almeno tra il 70 e il 100 d.C. c’è uninquietante vuoto informativo.

L'intuito mi spingeva ad insistere nello scoprire cosa ci volevaeffettivamente raccontare Giovanni e mi prefigurava che, se fossiriuscito a venire a capo di quel rebus di simboli, avrei assaporato nuoviorizzonti di ricerca.

28 [Storia romana].

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La rilettura dell’Apocalisse e degli Atti

Paolo, apostolo non da parte di uomini, né permezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e diDio Padre che lo ha risuscitato dai morti, (Galati1,1)

Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messialla prova - quelli che si dicono apostoli e non losono - e li hai trovati bugiardi. (Apocalisse 2,2)

L'interpretazione dei 'due testimoni'Non mi restava che cominciare a studiare per bene l'Apocalisse e

cercare di capire tutte le sue immagini. All'inizio non fu uno studiosistematico: la leggevo la sera prima di addormentarmi, mentre neimomenti più liberi continuavo a scrivere di Gesù e Paolo.

Appena terminato i primi studi su questi due personaggi mi misi acercare in Internet tutto quello che era possibile trovare riguardol'Apocalisse ma non ne ricavai alcunché di più utile di quanto midicessero i testi che avevo già a disposizione.1 Mi decisi allora per unapproccio analitico teso a sviscerare e isolare i singoli personaggidell'Apocalisse.2 Poi mi soffermai a ragionare sui dati storici adisposizione generalmente accettati anche dall'esegesi cattolica.3 Ildesiderio di scoprire chi celava la bestia satanica rappresentata dalnumero 666 mi pareva a quell'epoca irrealizzabile, anche se fungeva dairresistibile fuoco d'attrazione, come il malefico occhio di Sauron nelmemorabile romanzo di Tolkien.4

L'esegesi cattolica ci aveva già avvertito che “la bestia che sale dalmare” erano gli imperatori romani5 e, tra le righe di qualche commento,

1 [Bibbia1], [Commentario].2 372-374.3 370.4 [Signore degli Anelli].5 377. Apocalisse 13.

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era impossibile non scorgere nel “dragone rosso”,6 che perseguita la“donna” e la sua discendenza, l'Erode che fa strage degli innocentisecondo la versione matteana.

Ma perché i racconti evangelici sono così diversi da quelliapocalittici? Mentre rileggevo i passi alla ricerca di una risposta ai tanti“perché” ebbi un'intuizione fulminante. Una scena che Giovanni hadipinto in maniera ben realistica è infatti quella dei due testimoni:7 duepersone che vengono catturate e crocifisse da una delle bestie imperialimentre stanno predicando in un periodo di carestia.

Dopo aver letto Cascioli e “Antichità giudaiche” di Giuseppe Flavio mi risultò semplice pensare che i due testimoni altri non fossero che ifigli di Giuda di Gamala, Simone e Giacomo, fatti uccidere da TiberioAlessandro proprio durante una carestia in Palestina.8 Fin troppiparticolari collimavano negli scritti dello storico giudeo e del nostroGiovanni. Preso dal fervore di questa scoperta cercai anche diindividuare il nome della città in cui avvenne l'esecuzione dei duetestimoni. A quell'epoca ero ancora convinto che la figura di Giuda diGamala fosse effettivamente così importante da identificarla con il“Signore” crocifisso nella città dei due testimoni.

Mi sarei corretto più di un anno dopo, ma per il momento ero molto entusiasta della scoperta fatta.

Dalla 'bestia che sale dal mare' a quella che 'saledalla terra'

Per meglio capire l'Apocalisse dovetti riprendere in mano “Laguerra giudaica” di Giuseppe Flavio e fu allora che lessi di un fattoaccaduto a Vespasiano che mi permise di identificarlo con una delleteste della “bestia che sale dal mare”.9 In questo modo si capiva cheGiovanni nel capitolo 13 della sua opera aveva descritto la disfattazelota ad opera dei Romani nel 70. Le sue parole, tutto sommato esoprattutto dopo averne scoperto il significato con le due interpretazioni proposte, erano state molto esplicite finora. Solo che nel momento in cui

6 379. Apocalisse 12.7 382. Apocalisse 11.8 383, 385. [Antichità giudaiche] 20:5.2(101).9 378. [Guerra giudaica] 3:7.22(236-239).

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Giovanni introduceva l'operato della “bestia che sale dalla terra”10 tutti i nostri strumenti di ricerca cozzavano contro la mancanza di fontistoriche11 successive alla guerra giudaica.

Giovanni, come abbiamo puntualizzato, si stava dimostrando moltopreciso nella presentazione cronologica dei fatti, per cui questa ulteriore bestia era entrata in azione dopo la caduta di Gerusalemme. Ma diquesto periodo in Palestina chi ne aveva parlato all'epoca? A giudicareda quanto ci è pervenuto forse qualcuno lo ha fatto, ma le sue operesembrano essere andate perdute. Come riuscire a identificare quindiquesto personaggio, che Giovanni dimostra di odiare addirittura di piùdelle bestie che avevano sottomesso e umiliato i suoi connazionali?

Già all'inizio del 2004 avevo proposto una “sconvolgenteintuizione”: e se il “falso profeta” altri non fosse stato che Paolo stesso? In uno dei primi appunti scrissi: “Ipotesi che si concilia con i dati finora a disposizione ma, bisogna ammetterlo, non supportabile da alcunmateriale originario.”

Già, tutte le informazioni su quella maledetta “bestia” giovanneasembravano essere sparite o fatte sparire intenzionalmente. Eppure eraun personaggio assai famoso all'epoca se Giovanni poté descriverlo intal modo senza temere di essere frainteso dai suoi lettori.

Anche allora, preso da un'ipotesi tanto affascinante, mi misi allavoro sperando di trovare la soluzione studiando il fatidico “666”.Elaborai un database in cui di tanto in tanto sottoponevo dei nomi allatecnica della gematria,12 un’arte antica per trasformare nomi in numeri,sperando di trovare quello giusto. Così, convinto che il nome di SauloPaolo di Tarso fosse quello giusto, mi inventai motivazioni che,ripensandoci a distanza di tempo, mi fanno sorridere per l'ingenuità cheassommavano in sé. Eppure sentivo di essere ben vicino alla veritàcercata.

La scommessa su GiovanniCerto, ormai Giovanni mi aveva convinto che sotto le figure

simboliche del suo libro era nascosta la storia dell'oppressione vissuta

10 Apocalisse 13,8ss.11 387.12 482.

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dagli Ebrei ad opera dei Romani, in un lasso di tempo che però superava i resoconti storici pervenuti a noi. Se Paolo era quel “falso profeta”contro cui Giovanni si accaniva, allora il suo operato era da inscrivere a dopo la guerra giudaica e non prima. Questo spostamento cronologicospiegava tutti gli strani particolari finora evidenziati, ma andavasupportato da ben altre prove.

Prima di raccoglierle ebbi un'altra intuizione che mi permetteva diaggiungere un ulteriore tassello alla ricerca. Ragionando sul testodell'Apocalisse e sulla descrizione che Giovanni fa della sua condizionemi parve naturale supporre che egli altri non fosse che il famosoGiovanni di Giscala tanto biasimato da Giuseppe Flavio nelle sueopere.13

Le pagine che ho dedicato a questa intuizione14 sono fondamentali,ma apparentemente non così supportate quanto le scoperte che, grazie aquesta identificazione, sono state possibili in seguito. Ma, anche nellaricerca come nella vita, spesso “la fortuna aiuta gli audaci” e devoammettere che tra le ipotesi azzardate quella sull'autore dell'Apocalisseè stata forse la più proficua. Quando la posi, conclusi scrivendo quantosegue: “La nostra ipotesi che quindi Giovanni di Giscala sia l'autoredell'Apocalisse rimane verosimile, ma non supportata da altre fonti,anche se dobbiamo ammettere che non è neanche contraddetta da quelle a disposizione.”

Ormai il dado era tratto e ora bisognava semplicemente cominciarea percorrere la strada che le nuove interpretazioni sull'Apocalisseindicavano chiaramente. Poco importava che sempre più insistente siinsinuasse l'ipotesi che quanto raccontato dal Nuovo Testamento nonfosse altro che una sofisticata manipolazione dei fatti dell'epoca. Laricerca stava sfrondando i racconti di tutti i fatti inverosimili per i qualil'esegesi pretende troppo spesso atti di fede. Le narrazioni cominciavano a incanalarsi nel binario delle vicende storiche del I secolo della nostraEra, anche se non sapevo ancora dove mi avrebbero condotto.

13 440. [Guerra giudaica] 2:21.1(585-587).14 388, 436-439.

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Saulo Paolo di TarsoOrmai eravamo a fine maggio 2004 e mi resi conto di quanto lavoro

mi aspettava se volevo rivedere da cima a fondo tutto il NuovoTestamento. Mi dedicai quindi alla sola lettura, per cui gli scritti sulCristianesimo non ricevettero altri impulsi fino a luglio di quell’anno.

Durante l'inverno precedente avevo appuntato qualche riflessionesulla guerra in Iraq15 e all'inizio del 2004 ne avevo pubblicato altresull'uso distorto dell'informazione pubblica.16 Durante la primaveraavevo concluso altre pagine che riguardavano la storia dei Giudei.17

Poi, nel luglio 2004, mentre rileggevo i Vangeli mi soffermai difronte al momento topico della crocifissione e la mia attenzione fu colta da qualche strano particolare. Primo fra tutti sicuramentequell'abbondante uso di medicamenti per curare un corpo che dovevaessere morto.18 Poi quel sabato e quella Pasqua che andavano evenivano tra i versi del racconto. Dopo diverse ricerche in Internet e inlibri specialistici19 scrissi alcune delle pagine di cui andavomassimamente fiero.20

In agosto decisi di studiare più compiutamente la biografia di Paoloanalizzando tutti i versi delle sue Lettere. Fu un lavoro defatigante, mamolto utile. Potevo infatti isolare i passi in cui Paolo parlava di se stesso e vedere come si presentava ai suoi interlocutori. Nei versi rimanenti siindividuavamo il suo pensiero e i termini utilizzati nella suapredicazione. Fu allora che notai come i temi su cui si soffermava il“falso apostolo” ricorrevano anche nell'Apocalisse di Giovanni, tra iquali: La venuta del Signore e la risurrezione; Il fuoco purificatore; L’idolatria e asservimento alle autorità; La fede e la fedeltà; Gli eletti;

15 152-157.16 85-98.17 130-136.18 328. Giovanni 19:39.19 [Commentario].20 315-325.

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Gli infedeli; I ribelli e i santi; La menzogna e i falsi apostoli.

Mi venne in mente di presentare questi paralleli in alcune pagine del sito21 e fu proprio scrivendole che incappai in altre importanticoincidenze. Capii meglio infatti la situazione descritta nel capitolo 12dell'Apocalisse,22 rintracciandone diversi particolari nelle opere diGiuseppe Flavio23 e confermando la bontà storica del libro di Giovanni.

Ma quello che stava cadendo tra le mani sempre più bramose diverità era un parallelo quasi interminabile tra le vicende narrate nelleopere storiche e quelle tramandate negli Atti degli Apostoli. Sembravainfatti che l'autore di questo libro avesse preso ampi brani da “La guerragiudaica” di Giuseppe Flavio riadattandoli per costruire la storia cheleggiamo nel libro del Nuovo Testamento. Era possibile così riconoscere il martirio di Stefano,24 il Concilio di Gerusalemme,25 il nazireato diPaolo.26

Certo, la biografia di Paolo acquisiva una forma ben diversa daquella canonica, attraverso una rilettura delle sue Lettere,27 ed eraconvalidata anche dalle nuove ipotesi che la ricerca sembrava avanzare,ponendo Paolo tra i protetti frequentatori di ambienti nobili eimperiali.28

E, nel mezzo di queste nuove ricostruzioni, si delineava ilpersonaggio che Giovanni aveva dipinto nella sua Apocalisse come una prostituta: Berenice II, la sorella di Agrippa II.29

Le notizie di (e su) Giuseppe FlavioEro sempre più contento di quanto andavo scoprendo. Mi

entusiasmavano i paralleli tra gli scritti neotestamentari e le opere di

21 389-401.22 379-381.23 [Antichità giudaiche] 17:10.9(287-290), 18:5.1(109-115).24 414-415. Atti 6-7. [Antichità giudaiche] 20:5.4(113) e anche [Guerra giudaica] 2:12.2(228).25 416-418. Atti 15. [Guerra giudaica] 2:17.2-3.26 426-429. Atti 21-22. [Guerra giudaica] 2:14-15.27 402-413.28 420, 431-434.29 425. Apocalisse 17.

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Giuseppe Flavio, anche se rimaneva l'amaro in bocca per il fatto chequest'ultimo non sembrava aver documentato altri fatti dopo la guerragiudaica. Fu mia moglie a insistere perché acquistassi anche le altre due opere dello storico, ovvero “Contro Apione”30 e “Autobiografia”.31 Lelessi entrambe e ovviamente non potevo che rimanere catturato dallaseconda, in quanto più ricca di avvenimenti dell'epoca, mentre la primaespone l'opinione di Giuseppe sulla sua religione.

“Autobiografia” si presenta inizialmente come una ripetizione,scendendo in qualche maggior dettaglio, di alcune notizie già rinvenibili in “La guerra giudaica”. In essa viene soprattutto descritto con maggiorvigore l'odio tra Giuseppe e Giovanni di Giscala.32 Ma dopo qualchelettura aumentarono a dismisura le sottolineature dei passi cherivelavano ambigui echi nei libri del Nuovo Testamento.

Ecco allora che da questo libro saltavano fuori la scena della cattura e risurrezione di Gesù33 e molti particolari della sua vita sembravanoresoconti biografici di Giuseppe stesso.34 Come non bastasse, anchealcuni avvenimenti descritti negli Atti degli Apostoli parevanoletteralmente “scopiazzati” dal libro dello storico ebreo: il naufragio diPaolo,35 il problema della circoncisione,36 il complotto di Anania,37 e lamorte della coppia Anania e Saffira.38

Grazie a questa sommatoria di rinvenimenti fu semplice identificare nel Giuseppe Barnaba descritto dagli Atti proprio lo storico giudeo chetanto ci era stato utile nelle ricerche sul Cristianesimo.39

Era novembre del 2004 e le scoperte, che effettivamente nonsembravano mai aver termine, necessitavano a questo punto di unimportante momento di riflessione. La questione era semplicementequesta: se anche Giuseppe Flavio, che avevo utilizzato come pietra di

30 [Contro Apione].31 [Autobiografia].32 440-444.33 447-448. [Autobiografia] 22.104-111, 75.420-421.34 449-458. [Autobiografia] 75.420-421, 11.54-57, 14.79, 15.80, 2.9-12.35 460. [Autobiografia] 3.14-16.36 461. [Autobiografia] 23.112-113.37 462. Atti 22-24. [Autobiografia] 56.290-291.38 463. Atti 5,1-10. [Autobiografia] 12.65ss, 57.296.39 464, 477-481.

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paragone nella verifica dei racconti neotestamentari, era implicato nellanascita del Cristianesimo, quanto erano affidabili le sue testimonianze?

La domanda ha ovviamente senso ma non sposta di una virgola ilgiudizio di attendibilità degli scritti neotestamentari in esame. Se essisono poco credibili, a maggior ragione lo rimangono se a collaborarealla loro stesura è uno scrittore che si è dimostrato poco affidabile inaltre sue opere. Ma se invece i resoconti storici di Giuseppe sono degnidi fede, perché non dovrebbero esserlo anche quelli neotestamentari acui probabilmente lo stesso storico contribuì, se non altro comeprotagonista?

Potremmo anche dubitare dell'attendibilità di Giuseppe Flavio,come gli storici tendono a fare addossandogli quantomeno una certaparzialità nel giudizio degli avvenimenti cui partecipò. Non va peròdimenticato che lo storico giudeo narra di fatti accaduti prima e aridosso della caduta di Gerusalemme, mentre le nostre ricercheconducono a voler verificare fatti e personaggi dopo questo evento.

E poi il metro di misura lo avevamo già trovato: Giovanni di Giscala e la sua Apocalisse.

Giovanni e GesùVi è infatti da considerare che nelle ricerche esposte si stava

facendo strada una certa visione dei fatti accaduti. Cioè che gli“apostoli” altro non fossero che persone al soldo dei dominatoridell'epoca per contrastare il verbo rivoluzionario zelota, che Giovanniinsisteva a propagandare anche con la sua Apocalisse.

È questo libro che si pone come ago di bilancia tra i resoconti deitesti cristiani e quelli degli storici dell'epoca. Che poi Giuseppe Flaviosia passato tra le fila degli “apostoli” è semplicemente conforme alla sua natura già riconosciuta di “traditore” della causa giudaica. Averloidentificato in Giuseppe Barnaba è un fatto assolutamente correlato allasua biografia e conferma ancora una volta la bontà delle ricercheeffettuate.

Il fatto che abbia operato, come raccontano proprio i Vangeli, dopola guerra giudaica, fa capire anche la “fastidiosa” assenza nel NuovoTestamento di qualsiasi forte riferimento all’intenso periodo diribellione che precedette la disfatta del popolo giudaico. Gli Zeloti non

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vengono infatti mai citati, sia perché rappresentavano l’opposizionepolitica e sociale, oggetto del massimo biasimo, sia perché erano statisostanzialmente eliminati o resi schiavi durante la guerra trascorsa.

Ma se Barnaba operava con Paolo dopo il 70 d. C., allora tutte lestorie del Nuovo Testamento andavano spostate di molto in avantirispetto al periodo, 26-36 d.C., del governatore Pilato e gli anni in cui iVangeli narrano essere stato crocifisso Gesù. Questo significaval'allontanamento definitivo dalla teoria che proponeva in un fantomatico Giovanni di Gamala il personaggio su cui sarebbe stata costruita lavicenda di Gesù.

D'altronde, al di là di tutte le invenzioni dei Vangeli, non avevo mai creduto che un Gesù così come ci è stato tramandato non sia maiesistito. Come abbiamo visto, i Vangeli presentano una molteplicità diresoconti distorti, ma non completamente falsati. All'epoca avrebberofatto ben fatica a cambiare il nome di Gesù in quello di un'altra persona, come oggi farebbero difficoltà a cambiare quello di Martin Luther Kingo di Gandhi (senza pretendere alcun paragone tra queste persone eGesù). Il nome di un leader carismatico non può essere dimenticato oconfuso.

Ma allora il Gesù morto sotto Pilato era esistito o no? Le mie ricerche sembravano spostare la crocifissione di Gesù più

verso la guerra giudaica, e quindi era ovvio mettere in dubbio, comefatto d'altronde da molti altri, il famoso “testimonium flavianum”,40 quelpasso di “Antichità giudaiche” di Giuseppe Flavio in cui vengonodescritti Gesù e la sua vicenda. Era sempre più evidente che le critichedegli studiosi – che rigettavano la testimonianza dello storico giudeoconsiderandola un clamoroso falso storico – fossero più che fondate.Ciò mi obbligava però a cercare altrove il messia osannato da Giovanninell'Apocalisse. Ma era proprio lo zelota di Giscala che mi poneva larisposta su un piatto d'argento:41 Gesù figlio di Safàt (Saffia).

“Questi era il Cristo”! esclamai all'epoca anche se, devo ammetterlo, non compresi appieno la portata di quella scoperta.

40 465-468. [Antichità giudaiche] 18:3.3(63-64).41 469-473. [Autobiografia] 13.66, 27.134, 48.246. [Guerra giudaica] 3:9-10.

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La strada verso la vetta

Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli ilnumero della bestia: essa rappresenta un nomed'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.(Apocalisse 13,18)

Il buio ufficiale sulle origini del CristianesimoIl 2004 fu un anno denso di studi e scoperte fondamentali. Avevo

ben compreso l'Apocalisse, ricollocato la vicenda cristiana a dopo laguerra giudaica, evidenziato tutti quei paralleli tra i testi consideratistorici e quelli neotestamentari da far sorridere della bontà del“testimonium flavianum”.

Di fronte a questa massa di scoperte, l'incontro con Gesù figlio diSafàt (Saffia) era arrivato proprio alla fine come un ultimo sospiro;avevo bisogno di rilassarmi dopo tanto fervore intellettuale e non avevo molta voglia di approfondire il valore di tale scoperta.

Anzi, in tutta sincerità, mi pareva che il grosso delle novità sulCristianesimo non sarebbe aumentato se non di pochi altri dettagli.Certo rimanevano ancora alcuni punti oscuri a cui non pensavo,giustificandomi con la scusa che le vere testimonianze storiche delperiodo successivo al 70 d.C. erano troppo insignificanti per poteraggiungere altre scoperte di una certa rilevanza. Il vero noccioloirrisolto della questione era effettivamente la figura della “bestia chesale dalla terra”, che avevo spiegato in cuor mio supponendo chel'identificazione con Paolo fosse quella definitiva, anche se nondimostrabile in maniera diretta.

Eppoi perché dovevo continuare ad occuparmi di Cristianesimo con tutto quello che poteva attirare la mia attenzione? Perché non lasciareche anche altri mettessero alla prova quanto si poteva leggere nel miosito?

Effettivamente non c’era occasione di confrontarmi con altrericerche in linea con quelle da me proposte. Cercando in Internet, avevo trovato solo Robert Eisenman che, già nel 1996, aveva sottolineato lasomiglianza del Saul, di cui narra Giuseppe Flavio, con il famoso Saulo

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Paolo di Tarso e quindi il coinvolgimento della famiglia erodiana nellanascita della nuova religione. Ma, a quanto pare, niente più.

Ero convinto della bontà dei miei studi ma non sapevo, oltre adInternet, come coinvolgere altre persone interessate a scoprire la veritàstorica su Gesù senza fare affidamento sul “credo” cattolico.

La scoperta di Giovanni BattistaA fine luglio 2005 cominciai ad aggiungere pagine di cronaca

memorizzate negli anni precedenti: un modo per tener in mente erecuperare abbastanza velocemente quello che rischierebbe di esseredimenticato, facendoci perdere il senso degli eventi. Erano quindidiversi mesi che non inserivo altre mie ricerche nel sito.

In quell'estate effettivamente stavo maturando l'idea che ormai imiei studi sul Cristianesimo avessero raggiunto uno spessore tale dapoter proporre una loro breve sintesi per pubblicare un libro. Già, perché ho sempre considerato il libro una meta ambita per me come per ogniscrittore. La facilità con cui questo supporto può condurre le idee adessere lette da chiunque rimane ancora formidabile.

Ad agosto mi misi quindi a stilare un’ulteriore versione dei mieistudi, adoperando uno stile che fondamentalmente somiglia a quello del sito: citazioni bibliografiche e deduzioni logiche.

Come dimostra il presente testo, questa forma non la consigliereipiù per divulgare ricerche tanto ardue, ora che è possibile comunqueavvicinare l'approfondimento in una sede diversa dal libro da sfogliare.Allora questo mio insistere nel trattato “scientifico” mi richiese unafatica particolare: rileggermi tutte le pagine pubblicate nel sito, allaricerca del materiale più significativo che permetteva di dimostrare, dati alla mano, come si era svolta la vicenda cristiana.

Tutto il tempo passato non mi aveva comunque fatto dimenticare lafigura del Gesù figlio di Safàt (Saffia); nella mia mente si scontrava lafigura di Giovanni di Gamala, di cui erano fautori tanto Donnini cheCascioli, e questo Gesù che, come detto sopra, era ben tratteggiatonell'opera di Giuseppe Flavio.1 Potevo aggiungere altri validi motivi per

1 [Guerra giudaica], [Autobiografia].

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contrapporre questo personaggio a quello sostenuto da altri come attoreprincipale della vicenda cristiana?

Decisi allora di rituffarmi a leggere i testi di Giuseppe Flavio ed è lì che, da un confronto serrato con i Vangeli, scoprii un'identitàfondamentale: Giovanni di Giscala, l'autore dell'Apocalisse, era stato‘nascosto’ nella figura del Battista.2 Ricordo ancora le esclamazioni distupore quando ebbi questa intuizione che conduceva subito ad altriimportanti collegamenti,3 tra i quali una non velata contrapposizione traGiovanni e Gesù nei Vangeli. Forse che qualcuno si era addiritturasostituito a Gesù figlio di Safàt nei Vangeli?

La rilettura dell’Apocalisse e la scoperta di Giovanni Battista,effettivamente, non solo confermava che un impostore aveva agito dopo la guerra giudaica per convertire al suo credo il popolo di Galilea, come già la cronologia delle azioni di Paolo confermavano, ma facevasupporre che la figura di questo impostore fosse nascosta nel Gesùevangelico.

In pratica, come studi successivi mi confermarono, avevo capito che nei Vangeli un ciarlatano si era sostituito al vero Gesù “dopo” che questi era stato crocifisso.

Una prima ricostruzione degli avvenimenti inPalestina nel I sec. d.C.

Siccome di Giovanni di Giscala e di Gesù figlio di Safàt (Saffia)Giuseppe Flavio aveva scritto solo in due sue opere,4 le ripresi in manoper scoprire se mi era sfuggito qualche particolare importante sulpretendente al trono di Gerusalemme sostenuto da Giovanni.

Fu soprattutto la rilettura della battaglia di Tarichea che mi svelòtutti i retroscena nascosti nei Vangeli.5 Per avvalorare le mie scopertedovetti studiare le usanze religiose ebraiche del tempo che miconsentirono di scoprire come i falsari cristiani avevano fatto proprio ditutto per nascondere la vicenda che invece Giovanni “gridava” nella sua Apocalisse, proprio come una “voce nel deserto”. Infatti quanto

2 599-603.3 596-598.4 [Guerra giudaica] e [Autobiografia].5 577-581. [Guerra giudaica] 3:9-10.

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avvenuto a Tarichea era stato spostato a Gerusalemme e la festa in cuiGesù fu crocifisso non era la Pasqua ma i Tabernacoli.6 Apparentemente incredibile, potremmo dire, ma vero!

Ora non avevo più alcuna reticenza ad affermare che per quasiduemila anni ci avevano propinato forse la più grande falsificazionestorica.

E potevo anche abbozzare un primo riassunto di come erano andati i fatti: Nella Giudea sotto il dominio degli Erodiani, non Ebrei, che

servivano l’Impero romano dal I secolo a.C., cominciano a sorgeremovimenti insurrezionali per ristabilire un governo nazionaleindipendente da domini esterni;

Il movimento rivoluzionario degli Zeloti, le cui roccaforti sitrovavano nella Galilea, danno impulso alla ribellione che scoppianel 66 d.C.;

I Romani intervengono in forze: Nerone manda Vespasiano insieme a suo figlio Tito per sedare l’insurrezione indipendentista;

In Galilea la resistenza viene organizzata da Giovanni di Giscala eGesù figlio di Safàt. Il primo è un discendente della famigliasacerdotale dei Leviti, mentre il secondo appartiene a quella diGiuda;

A intrufolarsi nei piani di guerriglia di Giovanni e Gesù ci pensaGiuseppe figlio di Mattia, al secolo Giuseppe Flavio, che invece diorganizzare la guerra contro Roma non fa altro che fomentarediscordie tra i cittadini, di modo che la resistenza control’aggressore ne venga fiaccata;

Vespasiano, dopo aver sottomesso molte città della Galilea, arrivainfine a Tiberiade e poi a Tarichea, dove cattura e fa crocifiggereGesù figlio di Safàt, mentre Giovanni riesce a riparare prima nellasua Giscala e poi a Gerusalemme;

Dopo un lungo assedio Tito conquista e distrugge “la città santa”,uccidendo o deportando come schiavi i suoi abitanti;

Giovanni di Giscala viene condannato al carcere a vita.

6 528-587.

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A questo punto i resoconti storici “ufficiali” mancano e solo conl’ausilio del Nuovo Testamento potevo ricostruire quanto segue: Giovanni di Giscala viene esiliato nell’isola di Patmos, forse

durante il principato di Vespasiano o di Tito (79-81 d.C.). È inquesta nuova prigione che scrive la sua “Rivelazione” piùcomunemente nota col nome di “Apocalisse”;

Dal confronto tra la missiva di Giovanni e quelle degli altri“apostoli” si comprende che dopo la guerra giudaica in Giudea eracomparsa “la bestia che sale dalla terra”, un impostore che incantava i creduloni con i suoi miracoli e allo stesso tempo li sottomettevaall’adorazione dell’imperatore romano;

L’opera del “falso profeta”, coadiuvato da altri tre “taumaturghi”, èquella di convincere la popolazione ad accettare il dominio romano. Ma la sua azione viene contrastata dalle notizie messe incircolazione da Giovanni che lo addita come traditore della causagiudaica;

A seguito dei suoi improperi contro i potenti dell’epoca, Giovanniviene decapitato per desiderio di Berenice II, che egli aveva dipintocome una “prostituta”;

È da questo momento che il “falso profeta” ha via libera nella suaopera fino a dar spunto o addirittura confezionare di suo pugnoalcuni dei testi del Nuovo Testamento, dove le vicende storichevengono stravolte per far perdere le tracce della verità a favore della menzogna che lo incensava.

Gesù e lo Spirito SantoCon i dati alla mano era facile migliorare ora precedenti intuizioni,7

ma anche affondare il coltello nella figura di Giuseppe Flavio cheappariva come l'artefice principe di questa macchinazione imperiale asfavore degli ingenui. Elaborai quindi pagine che, seppure mondate dasuccessive correzioni, sarebbero servite per importanti scoperte.8 Inoltre,a quel tempo, mentre valutavo l'ipotesi di una identificazione dellostorico giudeo con la “bestia che sale dalla terra”, avevo congegnato un

7 575.8 617-621, 642-644.

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semplice algoritmo per calcolare, secondo la gematria, l'equivalentenumerico di molti nomi presenti nel Nuovo Testamento. Tra i tanti adisposizione ovviamente nemmeno l’equivalente greco di “Giuseppe”forniva il famoso 666, ma nonostante questo la fatica mi evidenziò ilrisultato ottenuto con Mattia (Mattathias) - pari a 668 - e Paraclito(Paracletos) - 616, la versione meno nobile del “numero della bestia”,comunque attestata nei manoscritti.

Questa vicinanza tra il Paraclito, un altro nome usato per lo SpiritoSanto, con la “bestia” giovannea non era solo di carattere numerico maanche contenutistico, come certe analisi dimostravano.9

Gli elementi che avevo a disposizione mi conducevano aidentificare tutte queste figure in Giuseppe Flavio. In quel periodo erostato anche attratto dalla somiglianza tra la figura di Pietro e quella diGiuseppe, ma non ero ancora pronto per supporre che lo stessopersonaggio fosse chiamato con nomi diversi. Questa strada, percorsa ad esempio da Cascioli, non mi convinceva, ma ancora non sapevo chequesta volta peccavo di ritrosia intellettuale.

Sicché brancolavo tra un approfondimento e l'altro di questa oquella scena del Nuovo Testamento. Ne risultarono gli abbozzi dipagine sull'integrità religiosa di Giuseppe Flavio10 e analisi delle Lettere di Pietro.11

A fine novembre 2005 cominciavo a far capolino nella verafilologia, quella che analizza lettera per lettera ogni testimonianza scritta e costruisce il cosiddetto textus receptus, il probabile testo originario.Mia moglie mi aveva infatti regalato un libro che vedevo citato quasicostantemente nei siti specialistici, ma che solo adesso potevo studiare.12

È vero che la maggior parte delle scoperte finora esposte non avevanoavuto bisogno del suo apporto, ma devo riconoscere che senza ilconfronto dei primi manoscritti non avrei avuto le importanti confermedella vicenda di Barabba e Apollonio che esporrò tra poco.

Tra un tentativo e l’altro di mettere ordine nella messinscenacristiana, mi avventurai anche a migliorare le ipotesi sulla cronologiadei primi testi neotestamentari. Avevo infatti dedicato poche pagine

9 612-616, 644.10 622-625, 632-635.11 637-640.12 [Nestle Aland].

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all'analisi delle fonti13 e non trovavo ancora stimoli sufficienti adapprofondire l'argomento.

Alla ricerca dell'impostorePerò era sempre la figura dell’impostore, il “falso profeta”, a

catturare la mia attenzione e fu il dicembre del 2005 a fornirmi leintuizioni più importanti. Ritenevo infatti impossibile che la “bestia che sale dalla terra”, quel personaggio tanto odiato dai Giudei più zelanti,come ci dimostrano le invettive riscontrate nell’Apocalisse, fossesfuggito alle registrazioni dei Vangeli. Ero altresì convinto che ilmiglior modo di nascondersi per il “falso profeta” fosse stato proprioquello di sostituirsi a Gesù stesso, come suggeriva l’analisi della letteradi Barnaba.14 Ma come non accorgersi che un personaggio sopra tuttisvolgeva il ruolo di traditore proprio nei Vangeli, cioè Giuda? Forse che era stato inventato questo protagonista per catalizzare le attenzioni cheGiovanni di Giscala riservava alla “bestia che sale dalla terra”?

Questa intuizione aprì la strada ad una serie imprevista diidentificazioni. Erano gli stessi studiosi cattolici a suggerirle quandoinsinuavano che Giuda, Taddeo, Lebbeo non fossero altro che nomi perindicare la stessa persona.15 Ma da Lebbeo poi si passava a Levi equindi a Matteo.16

Poi, tenuto conto che anche Tommaso si chiamava Giuda, eriassumendo le notizie su due Vangeli che ritenevo più antichi - Matteoe Tommaso – era naturale l’ulteriore sovrapposizione di questi duepersonaggi. Matteo era quindi collegato a Giuda non solo a mezzo diLevi, Lebbeo e Taddeo, ma anche attraverso un altro nome di apostolo,quello di Tommaso che nelle liste dei Sinottici, guarda caso comparesempre vicino proprio a quello di Matteo.

Ma il nome di Matteo da dove deriva? Da Mattia, un nome benattestato nel Nuovo Testamento, in quanto non è solo presentenell’albero genealogico di Gesù,17 ma è anche quello del discepolo che,

13 658-659.14 684-688.15 673.16 674.17 629. Matteo 1, Luca 3.

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secondo gli Atti degli Apostoli,18 sostituì proprio Giuda Iscariota. Maricordavo bene che Mattia era anche il nome del fratello di GiuseppeFlavio. Ed infatti con chi viene presentato Mattia agli Apostoli? Propriocon un tale Giuseppe Barsabba, che controllando i manoscritti antichi,19

altri non sarebbe che un’altra storpiatura del nome Barnaba, sotto ilquale avevamo già identificato lo storico giudeo.

Tutte queste scoperte mi fornirono, agli inizi di febbraio, lasoluzione della scena con il brigante “Barabba”,20 a mio parere una delle migliori scoperte nell'ambito di questa intrigante avventura. Era infattisemplice capire che il “prigioniero famoso” citato da tutti i Vangeli nelmomento in cui Pilato deve scegliere se mandare in croce o meno Gesù, altri non era che Giuseppe Flavio stesso. Questi era stato fattoprigioniero a Iotapata,21 poco prima della battaglia di Tarichea in cuisarà processato Gesù figlio di Safàt (Saffia). Mattia, nelle vesti di Giuda, con il suo tradimento aveva semplicemente consegnato Gesù ai Romaniin cambio della liberazione del fratello.

A questo punto, riconosciuto in Mattia il vero Giuda e quindi iltraditore per eccellenza, era quasi automatico identificarlo con Pietro,l’altro uomo che nei Vangeli rinnega Gesù.22 Da qui a far coincideresempre Mattia con Simone Mago il passo era breve, considerato anche,ma non solo, che Simone è il nome originario con cui viene indicatoPietro nei Vangeli.23

Ma dove reperire informazioni su questo Simone Mago che sempre più somigliava alla “bestia” giovannea?24 La bibliografia in miopossesso era veramente scarsa. Sembrava che le fonti ufficiali dellaChiesa25 non si curassero di approfondire le notizie su questopersonaggio.

Dovevo continuare quindi a cercare e cominciai a farlo nella piùgrande biblioteca del Mondo: Internet.

18 666. Atti 1.19 676.20 676-681.21 617. [Guerra giudaica] 3:9.22 692-694.23 695-698.24 699-700.25 [Commentario].

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Egesippo, Simone Mago e ApollonioMentre si cerca, non si elabora alcunché di definitivo, perché

bisogna essere sicuri di incontrare prima tutti gli elementi che possonoinfluire sulle nostre ricostruzioni, al fine di convincersi della possibilitàdi qualche conclusione.

La ricerca di Simone Mago nelle pagine italiane mi fece ritrovareEgesippo. Ricordavo che Cascioli suggeriva che questo autore altri nonfosse che Giuseppe Flavio stesso e a me, ormai avvezzo alle furbizie dei primi Padri della Chiesa, l'identificazione parve più che ragionevole,tanto più che era suggerita anche da affermati studiosi.26 Per inciso,insistendo nella ricerca di questo Egesippo, fu in quel febbraio 2006 che incontrai per la prima volta un utilissimo portale di testi sul primoCristianesimo,27 contenente sia documenti originari che note biografiche sugli autori e molteplici riferimenti bibliografici. Prima di questo, avevo solo utilizzato un altro sito italiano28 e, confrontandoli, mi resi conto diquanto povero sia qui in Italia lo sforzo per divulgare la conoscenza,soprattutto dal punto di vista filologico. Il nuovo sito invece mipermetteva di accedere alle versioni, tradotte in inglese, non solo deitesti dei primi autori cristiani ma anche di molti scritti ritenuti apocrifi:una vera insperata manna.

Ormai mi ero convinto che non potevo escludere dalle mie ricercheanche le pagine anglosassoni: avrei dovuto ammetterlo ben prima, ma la pigrizia e l'impegno nella redazione dei testi non mi avevano dato modo di farlo. Fu sempre a fine febbraio che incontrai una paginafondamentale per le mie ricerche29 che infatti citava tutte,apparentemente, le fonti da cui trarre informazioni su Simone Mago.

Il campo in cui esplorare si dimostrava altamente vasto: nonandavano letti solo i testi apocrifi ma anche quelli dei primi Padri dellaChiesa che tuonavano contro gli eretici. E poi si poteva “inciampare” in personaggi calibro novanta come Apollonio di Tiana, il cui nomesomigliava così tanto all'Apollo citato nelle Lettere di Paolo e negli Atti.

26 [Guerra giudaica] pag. XLI.27 [Earlychristianwritings].28 [Monasterovirtuale].29 [Gutenberg].

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Barnaba e TitoEro immensamente preso nel leggere tutte queste pagine al

computer. Ma avevo bisogno di qualcosa su supporto cartaceo per imomenti in cui non avevo a disposizione quello elettronico. Fu perquesto motivo che ripresi in mano la lettera di Barnaba che avevostampato molto tempo prima. Siccome era lunga, per risparmiareinchiostro e carta l'avevo riprodotta con una bassa definizione e il testomolto appiccicato. Un cattivo affare perché questa impaginazione me ne aveva sempre resa insopportabile la lettura.

Ma, dopo aver capito quanto Barnaba fosse coinvolto nella nascitadel Cristianesimo, mi pareva giusto riconsiderare l'importanza anche diquella lettera. Già la prima volta che l'avevo letta (fine 2003) mi avevacolpito il fatto che contenesse un passo in cui spiegava l'uso dellagematria, quasi un’eco del metodo per risolvere l'enigma del numeroapocalittico. Poi ne avevo abbandonato la lettura perché la trovavo,ignaro delle scoperte successive, assolutamente arzigogolata come molte altre di Paolo.

Ora cosa potevo aspettarmi da quella lettera a distanza di più di due anni? Riga dopo riga adesso potevo effettivamente capire che quelloscritto, inizialmente considerato “ispirato” e poi fatto sparire dagliattenti “esegeti” cattolici, conteneva, nelle frasi apparentementeincomprensibili, un dettagliato resoconto di come era iniziata l'opera dei falsi apostoli tra le popolazioni martoriate della Giudea, fino allamirabile rappresentazione de “l'agnello gemello”.30 Questaraffigurazione non solo confermava la sostituzione dell'impostore alGesù finito sulla croce, ma impreziosiva ancora di più la scoperta che la crocifissione di Gesù era avvenuta non a Pasqua ma in prossimità dellafesta dei Tabernacoli.31

Seguendo i resoconti di Giuseppe Flavio avevamo trovato il veroGesù finito sulla croce, ovvero il figlio di Safàt (Saffia), e ora sempreper mezzo di uno scritto dello storico ebreo, anche se camuffato sotto il nome di Giuseppe Barnaba, potevamo apprezzare parte di quello che era accaduto dopo la guerra giudaica.

30 767.31 582.

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Tanto per insistere col detto “piove sempre sul bagnato”, il miocervello, ora più allenato al greco e agli studi filologici, oltre che in forte vena di riportare alla luce particolari importanti, si ricordò del piùvecchio papiro attestato del Nuovo Testamento, quel frammento P52(conservato alla John Rylands University Library of Manchester) chetramandava alcuni versi del Vangelo di Giovanni. Avevo ben presenteche il passo contenuto narrava il processo di Gesù di fronte a Pilato, ilcui nome sapevo ormai quanto falso fosse, visto che secondo la miaricostruzione Gesù era stato processato da Vespasiano, o al massimo da suo figlio Tito, come Giuseppe Flavio ci raccontava.32 Quale folgoranteincontro analizzare di nuovo quel frammento di papiro che avevo a suavolta stampato (metà giugno 2005) e non ero riuscito a decifrare! Maora mi pareva fin troppo chiaro che l’iniziale del nome di chiinterrogava Gesù non era la “P” di Pilato, ma la “T” di Tito.33

L'entusiasmo con cui salutavo queste nuove scoperte lo riversai neltitolo che affibbiai al tema contenente le ricerche sulla lettera diBarnaba: “La prova del nove”.

Il falso profeta senza più veliCon il materiale che avevo raccolto agli inizi di marzo 2006 potevo

stilare diverse altre pagine.Prime fra tutte utilizzai le notizie di Egesippo per confezionare un

commento sulla fine di Giacomo il Giusto.34 Mi dedicai ancheall'identificazione del “mago” Apollonio di Tiana con l'Apollo delNuovo Testamento.35

Poi mi parve corretto anticipare gli studi su Simone Mago conalcune riflessioni sulla nomea che il Gesù evangelico si era guadagnatocome “adepto di Satana” o di “mago”, rinvenibile tanto nei Vangeli chenelle fonti extracristiane.36 Solo allora mi sentivo pronto per presentarela figura di Simone Mago,37 perché potevo far capire quanto di questo

32 581. [Guerra giudaica] 3:10.6.33 683.34 689-691.35 745-751.36 698-703. Matteo 10,25, Matteo 12,24ss, Marco 3,22ss, Luca 11,14ss. Cfr. Celso, fonti rabbiniche e Toledot Jeshu in [Fonti extrabibliche].37 705.

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personaggio fosse confluito proprio nel Nuovo Testamento. SimoneMago e la sua dottrina non erano cioè confinabili in poche righe degliAtti:38 egli si era effettivamente sostituito al Gesù crocifisso.39 EraSimone che infatti si spacciava per “il Padre”, “il Figlio” e “lo SpiritoSanto” o “Paraclito”. Insomma era lui che si definiva il “Figlio di Dio”,affermazione che non poteva non far inorridire gli Ebrei coetanei.40

Come ci fosse riuscito lo si capiva dagli strali lanciati dai primi Padridella Chiesa contro lo gnosticismo, dottrina che loro asserivano esserestata fondata proprio da questo impostore.41

Ma, per me che avevo interpretato “l'agnello gemello” della letteradi Barnaba, cadde come un fulmine a ciel sereno il quasi casualeincontro con il Vangelo di Barnaba. Un testo che confermava leconclusioni a cui ero pervenuto in questi ultimi anni, ma soprattutto ilfatto che l'impostore si era effettivamente sostituito a Gesù sfruttandouna somiglianza che Barnaba sembrava insistere a voler farciconoscere.42 Giuseppe Barnaba, testimone per noi fondamentale, comelo è per gli storici sotto il più conosciuto nome di Giuseppe Flavio, èdiventato un’importante “chiave”, qualora non fossero ritenutesufficienti le altre, per svelare i segreti del Cristianesimo.

Questi segreti sono stati celati per secoli grazie all'abilecamuffamento ordito da Mattia, il quale sapeva nascondersi sotto nomisempre diversi tra i quali i più famosi sono quelli di Giuda e SimonPietro, anche se, come scopriremo più tardi, il più importante rimanesenza dubbio quello di Paolo.43

Ormai mi sentivo come chi raccoglie frutti da un albero ed è quasi a mani piene, ma gli manca ancora il più ambito: la spiegazione del“numero della bestia”. Dagli studi proposti pareva fin troppo assodatoche Mattia fosse da identificare con il “falso profeta” calunniato daGiovanni nella sua Apocalisse.44 Però avevo a suo tempo fatto capire

38 697. Atti 8.39 706-711.40 709.41 712-715.42 716-725.43 742.44 707.

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che questo nome non forniva il numero 666 abitualmente riportato neitesti.45

Forse che anche l'Apocalisse non era sfuggita alle manipolazioni del falsari cristiani? Un indizio lo si legge quando Gesù, in questo testo,viene chiamato “Figlio di Dio”, nomea che si era attribuito SimoneMago - cioè Mattia - e che non poteva perciò essere opera di Giovanni.Inoltre i manoscritti indicano altri due numeri in sostituzione del 666,contro uno dei quali, il 616, si era scagliato Ireneo. Il fatto che uno deiprimi Padri della Chiesa avesse cassato il 616 sostituendolo con 666 era un altro stimolo per rimanere vigili su questo numero.

Sapevo da tempo che le cifre 616 erano l'equivalente numerico di“Paraclito” (Paracletos), ma ritengo che non avrei mai potutocomprendere e apprezzare compiutamente quella identità se non dopoaver imparato tante cose sul Cristianesimo primitivo. Inoltre è frustrantefare ipotesi senza poterle avvallare con qualche diretta conferma. E cheil numero originale nell'opera di Giovanni fosse 616 ce lo potevatestimoniare solo una scoperta archeologica divulgata a inizio del2006:46 il più antico papiro conosciuto dell’Apocalisse riportava proprio questa cifra, che in lettere maiuscole greche si scrive XIC, e non quelladeclamata e perpetuata dai Padri della Chiesa.

In un colpo solo potevamo confermare, se non bastavano leosservazioni già sviluppate, non solo quanto i falsari cristiani avesseromanipolato la verità storica, ma addirittura come si fossero intrufolatinei testi originari per manometterli.47

45 670.46 728.47 726-728.

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L’anticristo ritrovato

Sapete che fu a causa di una malattia del corpo chevi annunziai la prima volta il vangelo; e quella chenella mia carne era per voi una prova non l'avetedisprezzata né respinta, ma al contrario mi aveteaccolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù.(Galati 4,13-14)

Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: «Certamente costui è unassassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere». (Atti 28,4)

Il Vangelo di GiudaOra potevo scorrazzare da un punto all'altro delle antiche

testimonianze alla ricerca delle macchinazioni messe in atto pernascondere la verità. Così rilessi volentieri “Storia ecclesiastica” diEusebio1 mentre mi beffavo delle capriole con cui questo pseudo storico aveva ricostruito tutti i fatti e i personaggi del I secolo. Sorridevo anche della grande considerazione che è tributata a questo autore e michiedevo come può meritarla, visto l'opera che ci ha tramandato.

Un po' di sospetti i commentatori moderni dovrebbero averli,almeno considerata la serie di errori che essi stessi rintracciano nel suolavoro.2 Secondo me è chiaro che il lungo tempo dedicato da Eusebioalla sua opera (circa 20 anni) era dovuto al lavoro certosino di taglia ecuci, togli e aggiungi per ricostruire la storia come più aggradavaall'imperatore Costantino, suo protettore, in modo che ne risultasse unquadro il più verosimile possibile, ma allo stesso tempo inattaccabile da chi avesse voluto ficcare il naso negli affari religiosi.

Ma fu proprio il testo di Eusebio a regalarmi ancora qualche altroindizio. In un momento in cui la Chiesa sembrava tanto preoccupata acontrastare “discorsi blasfemi su Gesù” sollevati da un romanzo

1 [Storia ecclesiastica].2 731

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d'oltralpe che faceva di una Maria prostituta addirittura la moglie diGesù, cui avrebbe anche dato dei figli, dava soddisfazione scrivereproprio delle pagine sulle perverse amanti dell'impostore3 per svelarepoco più in là che l'evangelista Marco altri non sarebbe stato se non suo figlio, la cui madre, Maria, non era altro che Mariamme, sorella diBerenice II.4

Mentre iniziavo la scrittura di questo libro, prendeva piede anche un certo interesse per la pubblicazione del Vangelo di Giuda, un ulterioretesto gnostico la cui data di composizione è collocabile ai primi secolidella nostra Era. Un cristiano sicuramente si meraviglia che uno scrittoaddirittura esalti la figura del traditore per eccellenza. Ma noi ormaisappiamo che al Gesù storico si sostituì Giuda stesso, quindi troviamoquesto ulteriore vangelo talmente in sintonia con le scoperte raggiunteper altre vie che non ci pare inserisca niente che valga menzionare inquesta sede. O meglio, lasciamo ora ad altri gli approfondimenti cheriterranno più opportuni.

Il ‘falso Nerone’5

Ovviamente, conoscendo la vera storia di Giuda, ho sorvolato sulsuo Vangelo continuando nel frattempo invece a scoprire qualche altranotizia sulla “bestia che sale dalla terra”. Mi pareva infatti impossibileche le sue gesta fossero andate cancellate dalla storia, mentre piùplausibile era il fatto che fossero state nascoste in testi criptici comel’Apocalisse. Ebbi così la fortuna di imbattermi nei Libri sibillini,6 unaraccolta di storie scritte in linguaggio a volte oscuro, a volte piuttostointelleggibile, come anche i commenti degli studiosi lasciavanointravedere. Era in questi libri che infatti si “celebrava” con tinte fosche l’arrivo del “falso Nerone”, seppure senza chiamarlo con questo nomema utilizzando spesso degli attributi facilmente riferibili all’omonimo

3 732-737.4 743-744.5 Al momento della stesura dei capitoli che seguono, la maggior parte delle ricerche citate non sono ancora state riversate nel sito www.deiricchi.it, perciò si ometteranno i numeri di pagina diriferimento.6 [Sibillini].

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imperatore romano. Figura che poi anche le testimonianze degli storicidell’epoca aiutavano a rintracciare e collocare temporalmente.7

Non ci volle molto a comprendere come questo “falso Nerone” altri non fosse che il “falso Gesù” e che avesse svolto la sua attività diimpostore esattamente all’avvento dell’imperatore Tito (79-81 d.C.). Era gratificante non solo testare la corrispondenza tra le descrizioni diquesto personaggio rinvenibili nei Libri sibillini e quelle storiche, mariscoprire che il contesto in cui questo impostore faceva la suaapparizione era ben presentato ancora una volta nell’Apocalisse.

Così, sempre in questo prezioso scritto, erano riconoscibili lecalamità naturali che sconvolsero il regno di Tito, tra cui la famosissima eruzione del Vesuvio,8 mentre ancor più entusiasmante era scoprire chel’arrivo dell’impostore era anticipato dall’apparizione nel cielo di unacometa, che Matteo ci descrive alla nascita di Gesù.9

Poiché la comparsa del “falso Nerone” nei Libri sibillini era poiassociata a persecuzioni ed eventi funesti per i Giudei, riusciva semplice identificare queste circostanze con le visioni “apocalittiche” rinvenibilinei Sinottici10 e la battaglia descritta dall’Apocalisse,11 che per Giovanni di Giscala rappresentava forse l’ultima speranza di veder risorgerevittoriosa la resistenza giudaica contro Roma e i suoi sostenitori.

Da Simone a PaoloA questo punto cosa rimaneva da scoprire? Veramente ancora

molto, come tutti gli anni trascorsi mi insegnavano. Infatti non mi aveva mai abbandonato l’idea che Paolo fosse un altro nome sotto il quale sinascondeva l’impostore. Tanto questo “apostolo” che Simone Magoincarnavano le caratteristiche della “bestia che sale dalla terra”, ovveroil personaggio blasfemo che i Giudei non potevano che odiare e, quando possibile, perseguitare fino alla morte.

Ma dove stava la congiunzione tra i due? A guidarmi in questaulteriore ricerca fu al solito un buon mix di fortuna e intuito. Ero da

7 [Vite dei Cesari] Nerone, 57. [Storie] 2:8-9. [Storia romana] 66:19.8 Apocalisse 16:2-21. [Storia romana] 66:21-24.9 Matteo 2. [Storia romana] 66:17. [Vite dei Cesari] Vespasiano, 23.10 Matteo 24,1-45.11 Apocalisse 16,13-16.

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tempo infatti incuriosito dall’episodio di Elimas il “falso profeta”“cieco”,12 un personaggio che incarnava due caratteristiche attribuiterispettivamente alla “bestia che sale dalla terra” e a Paolo. Esplorandonuovamente diversi passi del Nuovo Testamento e incrociando leinformazioni con quanto riportato anche da antichi Padri della Chiesa(un altro nome di Mattia era infatti Zaccheo)13 era facile a questo puntosupporre che almeno la vicenda della cecità di Paolo fosse riportataanche nei Vangeli.14

Ma questo non era che l’inizio. Lo scoglio da superare era infattirappresentato dall’identificazione di Pietro con Paolo, considerato chequest’ultimo sembra citarlo nelle sue Lettere.15 Per superarlo dovettiproporre uno studio sull’identità tra i personaggi di Cefa, Cleopa(Cleofa) e Caifa, al termine del quale mi si spalancarono le porte delprocesso a Gesù. Ora diventava semplice riconoscere come i medesimipassi evangelici si trovassero in questa rappresentazione come in quelladel processo a Paolo riportato dagli Atti.16

Queste somiglianze testimoniavano ancora una volta che imanipolatori della verità storica, quando sostituirono il “falso profeta”(Paolo - Mattia) al vero Gesù crocifisso a Tarichea, mescolarono iracconti dei due processi. La datazione e localizzazione di quello realecontro Gesù venne soppiantata da quello contro Paolo, avvenuta aGerusalemme a ridosso della festività degli Azzimi, cioè nel periodopasquale.

La commistione dei due processi era evidente nel momento in cuiveniva distinta l’accusa di empietà “religiosa” insinuata dai sacerdoti, da quella sovversiva sollevata da Pilato (Tito). La prima era rivolta infatticontro Mattia (Paolo) che si proclamava “figlio di Dio”, mentre laseconda era quella imputata a Gesù figlio di Safàt (Saffia), perchécapobanda dei rivoltosi Galilei.

Era sufficiente infatti sostituire tutte quelle altrimenti inspiegabililocuzioni “figlio dell’uomo” per comprendere perché i Giudei volessero non tanto la morte di Gesù ma quella di Simone Mago (Paolo), il “falso

12 Atti 13,6-11.13 Clemente Alessandrino, Stromata 4.6.35.2.14 Marco 10:46-52.15 Galati 1,18; 2,7-11. 1Corinzi 1,12; 3,22; 9,5; 15,5.16 Giovanni 18,19. Atti 23,1-5.

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profeta” che era riuscito a sostituirsi al vero Gesù storico,proclamandosi “Cristo” e “figlio di Dio”.

Mattia inoltre era stato perseguitato dai Giudei per un motivo chetravalicava qualsiasi credenza religiosa: era un assassino, in quantoaveva partecipato all’omicidio di Giovanni di Giscala, nascosto negliAtti sotto il martirio di Stefano prima, e Giacomo poi.17

Ricerche terminate?Se è vero che molte altre informazioni possono essere estratte dai

testi antichi (anche leggendo i libri dei primi Padri della Chiesa), nonper questo possiamo essere certi di tutto quello finora portato alla luce.Durante i miei studi ho dovuto imboccare diverse vie per raggiungereuna ricostruzione più verosimile dei fatti accaduti. È stata una specie di“reverse engineering”, il tentativo continuo di portare alla luce la veritànascosta tra le ambigue affermazioni dei testi antichi. Ho apportatodiverse correzioni strada facendo e non è detto che la descrizione di altri particolari non possa essere migliorata.

La spiegazione di molte indecisioni nell’affermare una “verità”definitiva sta forse in questa similitudine. La ricostruzione della vicenda cristiana per me è avvenuta come la composizione di un puzzle. Questipassatempi solitamente sono costituiti da una miriade di pezzi contenutiin una scatola, attraverso i quali bisogna ricomporre una figurarappresentata sulla scatola stessa.

Il problema che un ricercatore affronta studiando il Cristianesimo -dove i versi dei Nuovo Testamento rappresentano i singoli pezzi delpuzzle - è che, combinando man mano gli episodi, questi difficilmentericonducono alla fotografia sulla scatola, ovvero al riassunto che laChiesa cattolica ci tramanda sulla vita di Gesù e gli apostoli. Tanto piùche diversi racconti sembrano slegati dal contesto e fanno pensare allamancanza di frammenti da rintracciare in chissà quali altre scatole,spesso abiurate per partito preso dai Padri della Chiesa e dagli esegetistessi.

Pescando i pezzi e collegandoli agli altri disponibili, le ricostruzioni si presentano a volte come verosimili, ma spesso lasciano vuoti

17 Atti 8,2; 12,2; 22,20.

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apparentemente incolmabili, o che invece sono risolvibili se rinunciamo, almeno temporaneamente o parzialmente, alle composizioneprecedentemente approntate. Questo continuo fare (e disfarsi) del puzzle “storico” è richiesto dal momento che non riconosciamo più nella fotodi copertina il risultato finale a cui dovrebbe ricondurre il nostropaziente lavoro. Certamente un ricercatore “indipendente” non abiura apriori l’aiuto della Chiesa (simboleggiata dalla figura sulla scatola), chefornisce comunque apparati critici e storici spesso imprescindibili, manon ne può accettare a priori il risultato che essa implicitamenterichiede di raggiungere.

Il ricercatore non è un avvocato che difende una tesi, ma uninvestigatore che persegue la più verosimile ricostruzione dei fatti,indipendentemente dall’imputato: ricco o povero, famoso o sconosciutoche sia.

I punti saldiNon ho ancora terminato di scrivere questo libro che sempre nuove

idee mi invitano a proseguire sulla strada finora percorsa. Vi sonocomunque alcuni punti fermi che non ho più bisogno di confermare: A redigere l’Apocalisse fu lo zelota Giovanni di Giscala; Il Gesù da lui osannato era il figlio di Safàt, l’arconte di Tiberiade

crocifisso da Vespasiano a Tarichea (Magdala) nel 67 d.C.; Di lui ormai poco sappiamo e ci sembra impossibile anche

attribuirgli detti o discorsi presenti nei Vangeli, tanto questi sonofrutto delle interpolazioni per nascondere la verità;

Dopo la disfatta della resistenza ebraica, i Romani si avvalsero diGiudei compiacenti per amministrare la loro provincia, ridotta apossedimento privato dell’imperatore;

Tra di loro vi erano anche i due fratelli Mattia e Giuseppe Flavioche, per questo “voltafaccia” a favore dei Romani, divennero invisiai loro concittadini;

Mattia si macchiò inoltre di due crimini imperdonabili per i Giudei:l’essersi proclamato “Figlio di Dio” e l’aver partecipatodell’assassinio del loro “vero” profeta, Giovanni di Giscala;

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Il Nuovo Testamento è una raccolta di libri che raccontano le gestadi questi due “traditori”, nascosti in tanti nomi tra i quali i principali sono quelli di Paolo e Barnaba;

La strategia adottata dai redattori del Nuovo Testamento fu quella di retrodatare le azioni degli impostori a prima della guerra giudaica in modo da far perdere le loro tracce;

Ma l’azione più “furbescamente geniale” fu sicuramente quella diMattia, il “falso profeta” che, grazie ai suoi travestimenti, si sostituìin seguito al vero Gesù figlio di Safàt (Saffia), riempiendo dei suoidiscorsi e con le sue azioni i libri a noi noti.Comprendo che i miei “punti fermi” siano difficilmente “digeribili”

da un credente cristiano, che propone variegate giustificazioni perservirsi di posizioni intransigenti contro ricostruzioni storiche che loallontanano dal suo credo. Ma a chi ritenesse inverosimile ilcomportamento mistificatorio della verità storica adottato da chi ci hatramandato certi resoconti, dovrei ricordare tutti i misteri più noti a cui,purtroppo, cerca continuamente di abituarci la cronaca d’oggigiorno.

In fin dei conti con le mie ricerche intendevo evidenziare questaprobabile massima: possesso, segreto e menzogna si presentano qualicaratteristiche pressoché irrinunciabili per il potere. E qui apriremo gliultimi capitoli di questo libro.

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Informazione e potere

L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vipredica un vangelo diverso da quello che avetericevuto, sia anatema! (Galati 1,9)

Chi è interessato all’informazione?A questo punto, caro il mio lettore, ti chiederai perché ho intitolato

questo libro “Il vero profeta”. La risposta è più vicina di quanto credi,anche se meno scontata del previsto. Perché essa è legata a unadomanda che non mi hai ancora posto e che invece dovrebbero avanzare tutti i lettori di libri. Anzi, dovrebbero immaginarla tutti quelli a cuiviene fornita una notizia, indipendentemente dalla forma in cui laricevono.

In fin dei conti la nostra vita si svolge acquisendo continueinformazioni che identifichiamo in varie maniere: da una sempliceimmagine del paesaggio che ci circonda, ai suoni o ai profumi cheriempiono l'aria. Seppure questi siano segnali un po' particolari, spessoutili se non necessari, sappiamo bene quanto riteniamo più importanti le parole o i gesti delle persone. Sono questi, con qualsiasi mezzo cipervengano, che di solito qualifichiamo come informazioni vere eproprie. Il resto, purtroppo, lo degradiamo spesso a sempliciinsignificanti segnali, compiendo in questo modo un grossolano erroreche ci impedisce di apprezzare importanti sfumature nel linguaggiodella vita.

Comunque sia, ci siamo resi conto che molto del nostro tempo lopassiamo come antenne riceventi segnali, o meglio informazioni,dall'esterno del nostro corpo. E questo, mi dirai, cosa c'entra con laquestione iniziale? C'entra eccome, in quanto la domanda che noidovremmo costantemente anteporre come un muro tra il nostro apparato ricevente e gli autori di queste informazioni dovrebbe essere: scusate,ma perché ce le state fornendo?

In pratica, dovremmo comportarci come ogni rispettabilemaggiordomo. Quando qualcuno bussa alla porta sarebbe prima di tuttonecessario chiedere: chi è? E in un secondo momento, dopo aver

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appurato se effettivamente ci interessa invitare lo sconosciuto nellanostra abitazione, chiedergli almeno cosa desidera.

Ci comportiamo in questo modo con tutti quelli chequotidianamente ci “donano” le loro informazioni? Diciamocelo infranca confidenza: non abbiamo il tempo per tanti convenevoli. Apri un giornale e ben di rado ti chiedi chi sia l'autore dell'articolo che magarileggi neanche per intero ma solo nel titolo. Neppure sai se chi ha scritto il pezzo è anche lo stesso che ne ha confezionato il titolo o ha deciso ilsuo posizionamento in prima pagina, o in quella di destra o di sinistra,infarcendolo di belle figure oppure relegandolo in fondo, scritto concaratteri piccolissimi. E poi chi sono le persone che stipendiano quelgiornalista o il suo direttore? Chi raccoglie la pubblicità per quelgiornale o ne cura la distribuzione nelle edicole? Tutti dati che glispecialisti del settore sanno essere fondamentali per poter vendere il loro prodotto, ovvero perché noi decidiamo di comprarlo.

In pratica noi, che pensavamo di essere meri fruitori del lavoro diun’équipe di persone, siamo invece prima di tutto clienti da rincorrere eaccalappiare in qualsiasi modo possibile.

Penserete: perché mai dovrebbero tanto interessarsi a noi?Effettivamente qualsiasi proprietario di giornali sa che è moltoimportante curare l'immagine del suo prodotto in modo da renderloappetibile rispetto alla concorrenza. Sembrerebbe un comportamentodettato dalla normale “legge del mercato”, ma allora viene da chiedersi:perché l’informazione non è pubblica invece che in mano a pochipotenti privati?

Quanti giornali, quante Tv?Dopo questo breve excursus ci rendiamo conto di quanti

interrogativi una prima questione, apparentemente semplice e innocua,può sollevare. Ritorno spesso ad una domanda che si poneva ad altavoce un mio compagno d'Università, mentre consumava la sua colazione leggendo le novità dei giornali dell'epoca. A quel tempo, fine anni ‘80,inizio anni ‘90, faceva scalpore un imprenditore che stava scalandodiverse testate d'informazione, televisive e giornalistiche. Quel miocompagno si chiedeva con stupore: “Ma perché vorrà acquistarne cosìtante, a cosa gli servono? Si accontenti di quelle che ha già!”.

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Ricordo quella scena perché il tipo in questione era anche unattivista politico e mi meravigliavo che non sapesse la risposta. Daallora di anni ne sono passati parecchi e ormai la soluzione al quesitodovremmo conoscerla un po' tutti: chi vuole dominare può farlo piùagevolmente se riesce a controllare il sistema informativo. Nessuno piùsi scandalizza se tra i primi bersagli colpiti all'inizio delle guerre vi sono proprio le fonti d'informazione: stazioni televisive e giornalistiche inprimis.1

Chi vuole comandare ha ben riguardo dei mezzi per divulgarel'informazione, che diventano strumenti per diramare i propri “ordini”.Certo non può prescindere da un elemento ancora più fondamentale: laricchezza, con la quale può “comprare” virtualmente tutto. Possesso einformazione quindi come componenti fondamentali del potere.

Ma l'informazione si connota a sua volta almeno attraverso questasua fondamentale caratteristica: corrispondere o meno al vero. Comefacciamo a distinguere quando un'informazione è corretta? È sufficiente accedere a più fonti di notizie pensando che dal loro confronto possiamo acquisire la verità?

Informazione e poterePerché siamo così preoccupati a comprendere i meccanismi che

permettono a certe persone di accumulare tanto potere? Io ho cercato dispiegarlo tanto in questo libro, ma soprattutto in tutte le pagine che hopubblicato in Internet. Sembra esservi infatti uno stretto nesso logico tra l'accumulazione del potere e il benessere di ogni singolo componente diuna società. Questo legame ha un’influenza diciamo “positiva” perpochi ma deleteria per i più; sembra che più il potere è concentrato nelle mani di una minoranza, più la vita della società venga offuscata datensioni che sfociano in criminali distruzioni e oppressioni.

A riguardo vi è una considerazione da esternare prima di continuare nei nostri ragionamenti. Nel mondo animale si assiste spessoall'annientamento da parte di individui diversi per assicurarsi lasopravvivenza: il leone insegue la gazzella, la mosca è catturata dalragno. Vi è però un limite fisiologico che frena queste lotte: all'interno

1 64.

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dello stesso branco non vi è mai la tendenza ad accumulare benessere da parte di pochi a scapito di altri. Possono esserci delle gerarchie, dei ruoli precostituiti, ma nessuno s'inventa di accumulare sempre più cibo,mentre gli altri muoiono di fame.

Nel regno degli uomini invece l'accumulazione del benessere haattestazioni antichissime. È pur vero che l'antropologo Lévi-Strausssembra aver individuato delle comunità in cui la disparità sociale èmantenuta ai minimi livelli,2 ma questa caratteristica non puòcertamente riferirsi alle cosiddette nazioni “evolute”, dall'Unioneeuropea fino agli stati federali americani, dalle repubbliche comunisteasiatiche fino alle monarchie africane. Tutte queste società sonoclassiste, e questa differenziazione conduce a privilegi ediscriminazioni, raggruppate in vere e proprie caste intoccabili.

Se avessimo coraggio, o semplicemente voglia e tempo didocumentarci sulle società contemporanee, potremmo capire quanto idisastri dipendano da questo continuo rastrellamento della ricchezza afavore di pochi. Ma non siamo stimolati in questa ricerca: chi ci governa detiene non solo la ricchezza, ma soprattutto l'informazione per farcipreoccupare di ben altro. Perciò noi non sappiamo come sta il Mondo,ma quello che più conviene a chi ci governa.

Così si spiega perché i principali organi d'informazione siano inmano a pochi potenti gruppi - potenti in quanto ricchi di risorse -rispondendo così alla domanda del giovane studente universitario.

Il cacciatore e la predaPer questo l'informazione, soprattutto quella televisiva che è la più

diffusa, è sempre presente a qualsiasi ora: bisogna tenere continuamente occupata la mente dell'individuo. In più di una stanza di una comuneabitazione è presente il “cubo magico”. Non capita raramente che la tvrimanga accesa da quando ci si sveglia a quando si va a dormire. Anche se non seguiamo questa abitudine, comunque siamo soggetti a certi riti:alla tal ora il telequiz, a quell'altra il telegiornale, a quest'altra ancora un po' di relax (!) con lo sport o un varietà.

2 54.

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Come faccio a pretendere che queste persone si pongano ladomanda: “Perché mi offrono così tanta informazione?” se prima non sene allontanano per un po’? Ho spesso suggerito a dei conoscenti diprovare a spegnere la tv o la radio, o di non leggere il giornale per uncerto periodo, magari solo per una settimana o, alla disperata, almenoper qualche giorno. Ho sempre perso la sfida.

Quelli che riescono ad ammettere la loro dipendenza dalle fontid'informazione a denti stretti paragonano questa assuefazione al viziodel fumo. Quindi mi rinfacciano che non vi è altra alternativa.

Invece secondo me c'è. Basta capire la differenza tra subire leinformazioni e poterle cercare. Vi sono molti strumenti in questo senso,soprattutto finché Internet sarà un canale non sufficientementecontrollato e limitato da impedirci di raggiungere virtualmente qualsiasisito in ogni parte del Mondo.

E poi i libri; la mia vita è cambiata una volta che ho deciso didedicare del tempo alla lettura. Il libro ha dei pregi insostituibili:- possiamo leggerlo e rileggerlo più volte, cioè ritornare

sull'argomento per ragionarci sopra;- l'autore propone il suo pensiero che noi possiamo scandagliare e

controbattere per contro nostro;- il mezzo d'informazione è abbastanza neutro, in quanto i sensi,

durante la lettura, non vengono distratti da colori e suoni comeavviene con un'immagine televisiva;

- a differenza di un giornale che vende notizie a spot, il libro, un buon libro, fornisce informazioni con senso compiuto: ci descrivel'assassinio ma anche le indagini, l'eventuale processo e il giudiziofinale.Più o meno, con particolarità a volte migliori, a volte più scadenti,

anche la ricerca in Internet ha lo stesso valore. Il discrimine di un libro e Internet rispetto all'informazione dei normali media (tv e giornali) è ilfatto che il lettore svolge un ruolo attivo, diventa il cacciatore e non lapreda delle informazioni. E, ovviamente, il passo da preda a schiavo èbrevissimo, anche se altrettanto difficile da intuire.

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Come si misura il benessereMa perché preoccuparsi tanto visto che la società in cui vivo e l'Era

in cui scrivo sono connotate da un generale benessere dellapopolazione? Per rispondere vediamo prima di definire questo“benessere”. Vi sono vari modi per misurare l'agiatezza di una persona:quello che io adopero per avere un'indicazione rapida del suo stato dibenessere è l’individuare le sue quotidiane preoccupazioni.

Facciamo un paragone tra una persona che, secondo me, sta bene euna che invece ha grosse difficoltà esistenziali. La prima:- si alza la mattina e si preoccupa di farsi la colazione;- se la prende (con qualcuno) perché sono finite le fette biscottate e lo

zucchero per il caffè;- non ha dormito bene ed è abbastanza seccato perché il vicino di casa

gli ha rovinato il sonno con i suoi schiamazzi notturni;- alle 9 ha una lunga riunione di lavoro, poi alle dodici un pranzo

veloce nel ristorante in centro, dove però preferirebbe non andarcivisto il modo in cui lo hanno servito l'ultima volta;

- alla 19 fine lavoro, corsa in piscina e poi cena con gli amici;- quando ritorna a casa fa una scenata al partner che si è dimenticato

di attivare l'allarme antiintrusione. Non che vi siano stati i ladri, ma è una cosa da non permettersi di questi tempi;

- si collega ad Internet per leggere qualcosa sul suo forum preferito esi arrabbia perché c'è un certo Tizio che scrive cose insulse sullapolitica;

- si prende una tisana rilassante per l'intestino e anche un po'coadiuvante del sonno;

- si mette i tappi alle orecchie: non vuole farsi rovinare il sonno dalvicino anche questa notte.Una persona che invece conduce con difficoltà la propria esistenza

potrebbe essere la seguente:- tutta la notte non ha chiuso occhio a causa degli elicotteri che

sorvolavano a bassa quota la sua casa;- appena c'è un po' di luce si alza per incamminarsi verso un villaggio

distante 20 chilometri, dove gli hanno offerto qualcosa da mangiarein cambio della sua manodopera;

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- per strada deve fare attenzione a dove mette i piedi: il terreno è stato minato e già diverse persone sono state uccise o gravementemutilate;

- arrivata al villaggio entra nella sua “fabbrica” una grande capannadove molte donne lavorano assiepate a una temperatura che sfiora i50 °C;

- i suoi bisogni li può espletare dietro la capanna, in una latrinaall'aperto utilizzata da tutte, dove non scorre acqua, perché quellapoca che c'è serve per dissetare le persone e le poche capre delvillaggio;

- mangia solo la sera, dopo essersi presa la razione giornaliera;- quando ritorna a casa non ha paura di alcuno, se non dei militari che

frugano in ogni casa alla ricerca di nemici;- i ladri non la preoccupano in quanto non ha alcunché da rendere. In

questo periodo di guerra e carestia però sono gli animali feroci a far più paura, perché si avvicinano ai villaggi in cerca di cibo;

- non ha problemi per dormire: la stanchezza è un buon coadiuvantedel riposo.È evidente che ci vuole poco alla prima persona per percepire

“lesioni” al suo livello di benessere, mentre alla seconda bastaaltrettanto poco per apprezzare miglioramenti alla sua vita.

Una variazione negativa del benessere è però vissuta in modi benpiù traumatici che una positiva. Questo fatto è talmente noto che chi hatanto benessere non si può permettere in alcun modo di diminuirlo.Mentre chi ne ha poco tenta sempre di aumentarlo. Chi domina unasocietà cercherà quindi di impedire che i meno abbienti vengano aconoscenza dello stato in cui i vertici vivono. La conoscenza del bene e del male è sempre un elemento pericoloso. Non è un caso che infatti algiorno d'oggi noi conosciamo benissimo e possiamo perlustrare i castelli dei signori d'altri tempi, ma difficilmente ci viene permessa la visitanelle abitazioni dei padroni odierni.

Adamo ed Eva devono sempre vivere fuori dell'Eden che il Signorefa presidiare dai suoi cherubini.

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Il vero profeta

C'era una piccola città con pochi abitanti. Un granre si mosse contro di essa, l'assediò e vi costruìcontro grandi bastioni. Si trovava però in essa unuomo povero ma saggio, il quale con la sua sapienza salvò la città; eppure nessuno si ricordò diquest'uomo povero. (Ecclesiaste 9,14-15)

Libertà, uguaglianza, fraternitàAllargando la nostra visione d'insieme scopriamo che sono le nostre

stesse nazioni a prosperare tenendo alla larga gli Adami e le Eve chelavorano per mantenere il nostro maggiore livello di benessere.

Le nostre nazioni “aspirano” - spesso “prosciugano” - le risorse dialtri Stati in cui le persone sono costrette a lavorare in condizionidisumane e di assoluto sfruttamento. Per mantenere questo livello dipredominio gli Stati “evoluti” utilizzano le armi per sottomettere lepopolazioni meno “evolute”, mentre l'ordine interno è mantenutomodellando l'opinione pubblica: facendole vedere quello che permette di forgiarne il pensiero e controllarne le aspirazioni.

Il potere dimostra la sua abilità nel manipolare l'informazione, avolte distorcendola e aggiustandola a proprio gradimento (menzogna),altre volte occultandola del tutto (segreto). In questa maniera il sistemava avanti e ci rende complici. La gente non solo vede ma è indotta aguardare, quando sente viene costretta ad ascoltare, non la realtà ma una sua speciale rappresentazione.

Il giudizio degli eventi è impedito dal loro continuo mutare; il punto di vista cambia continuamente, l'oggetto rappresentato non è mai lostesso. In questa spirale di innaturale mistificazione, l'ingiustizia e lamenzogna s’insinuano e prendono il sopravvento. Più il potere è forte econcentrato più si avvale di queste armi per imporsi. Il cittadino vieneaizzato con lo slogan “ libertà, libertà”, ma più libero non è.

Forse quando sentiamo questa parola dovremmo ripassarevelocemente i tre valori promulgati dalla rivoluzione francese: libertà,uguaglianza e fraternità. La storia sembra dar ragione a chi li mise

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assieme, perché nessuno dei tre ideali può esistere senza l'altro. Come ci può essere libertà quando pochi controllano le ricchezze ol'informazione di una comunità, quando cioè manca l’uguaglianza? Ecome può il benestante aprire la sua casa quando non crea fraternità tra i suoi concittadini?

Libertà, uguaglianza e fraternità: tre valori su cui fondare qualsiasisocietà. Si può obiettare che quella nata dalla Rivoluzione Francese non sia durata a lungo. Ma il perché è presto detto: le monarchie europee, i“signori” che volevano continuare a dominare sulle masse, si allearono e incitarono i loro popoli contro la “rivoluzione” che avrebbe minato iloro privilegi.

Libertà, uguaglianza e fraternità: tre valori universali cui anelaqualsiasi popolo. Non c'è nazione che ne potrebbe prescindere. A meno che questo Paese non basasse la sua esistenza sul dominio del “signore”.In una nazione siffatta questi valori sarebbero scalzati da quellodell'adorazione della divinità, come le monarchie scalzarono il cultorivoluzionario ripristinando ancora quello insegnato dalla Chiesa diRoma.

Prima la NaturaMa vi è ancora bisogno di adorare un Dio? Quello che lo studio

dell'uomo sembra dimostrare è che in lui è innato il senso di dipendenza e di fiducia ma anche quelli antitetici di libertà e diffidenza. Sono istinti importanti per la sua esistenza che gli hanno permesso di unirsi nellecomunità formate nel corso dei millenni, ma anche di disfarle nelmomento opportuno. Un “gioco” che lo ha tenuto però occupato pertroppo tempo distogliendolo da un interesse che doveva essere principe: la relazione con la Natura. L'antropologia e l'archeologia ci insegnanoche agli inizi della sua esistenza la preoccupazione maggiore dell'uomoera capire il funzionamento della Natura per salvaguardarsi da pericoli e insidie.

Man mano che la popolazione è aumentata, l'uomo si è interessatomeno a questo rapporto con l’ambiente naturale, per tentare di capire econtrollare le relazioni con gli altri uomini. Dall'iniziale “adorazione”delle forze naturali si è dato al “culto degli uomini” che lo dominavano. I “signori” hanno distolto “i figli dell'uomo” dall'adorazione della

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Natura, instillando l'idea che questa fosse da soggiogare a propriopiacimento e innalzando se stessi anche al di sopra di essa, coniandoaddirittura l’immagine di un “Dio persona che creò l’universo”. Èquesto il vero peccato originale le cui conseguenze sono sotto gli occhidi tutti: un ambiente sempre più deturpato, inquinato e dannoso perl'uomo stesso.

Vorrei far comprendere la relazione tra l’uomo e la Natura con unsemplice paragone. Supponiamo di versare dell’acqua in un contenitore.Nessuno di noi sarà capace di predire quale sarà il percorso seguito daogni singola molecola del liquido, ma tutti intuiamo subito quale sarà la posizione finale di quella massa riversata nel recipiente. Conoscendo ilrisultato ultimo, nessuno si interessa alla traiettoria percorsa da ognisingola particella.

Ritorniamo all’uomo e supponiamo di paragonarlo ad una molecolad’acqua, immaginando che i bordi del recipiente non siano altro che iconfini geografici di questa Terra. La Natura sembra fornire i limitientro i quali il singolo essere può agire. Solo che quest’ultimo non è una semplice molecola: potremmo piuttosto paragonarlo ad un materialeacido che tende a “bucare” le pareti del vaso in cui viene immesso.L’uomo ha delle potenzialità corrosive rispetto ai limiti che gli vengono imposti. Tende cioè a non accettarli, ma a “forarli” per oltrepassarli,finché la sua azione viene di nuovo frenata da un’altra barriera.

La Natura non ci frappone frontiere invalicabili: per superarledobbiamo però imparare a dialogare con essa, capendone ilcomportamento in modo che le nostre azioni di superamento dei suoilimiti non si ritorcano contro di noi.

Limiti sociali e controllo del singoloMa la Natura non è l’unica a fissare dei confini ai nostri

comportamenti. È la stessa vita in comunità a imporre da subito deivincoli per le azioni umane. Dalla famiglia fino alla società, la persona è seguita e segue regole prestabilite da altri. Superarle non significa solouscire da una certa comunità, ma essere un pericoloso esempio per altriche con la loro ulteriore fuoriuscita dalla comunità contribuirebbero adisintegrarla. Quale ragione di esistere avrebbe un recipiente nato percontenere un liquido che però ne ha crivellato le pareti?

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È ovvio, allora, porsi questa domanda: perché l’uomo tende adistruggere i “limiti” delle società in cui è nato? Quello che abbiamoimparato dalla storia è che la società stessa diventa la culla perchématurino differenziazioni nei livelli di potere delle sue componenti. Siformano cioè dei gruppi che dominano e cercano di acquisire sempremaggiore benessere a scapito degli altri. Non bastasse, voglionotramandare questi privilegi per discendenza.

Una società così confezionata si presenta come un sistema chiusocon una struttura interna che tende ad irrigidirsi su posizioni classiste.Ma la vita per definizione è un continuo movimento ed è la dinamicadelle relazioni umane a non permettere la cristallizzazione auspicatainvece da chi vive nella bambagia.

Se le pareti del recipiente che dovevano contenere il liquidocorrispondono a quei limiti che nelle società vincolano ilcomportamento degli uomini allora, conoscendo le capacità “corrosive”del singolo individuo, chi stabilisce e trae vantaggio da questi limiti sabene che non può accontentarsi di fortificarli perché resistano alleinfrazioni degli uomini che devono contenere. Vi è ancora qualche altradifesa da porre in atto.

Più sopra avevo detto che nessuno si sognerebbe di seguire ilpercorso della particella di liquido riversato nel recipiente, ben sapendoche alla fine tutte si adageranno in modo da essere contenute daquest’ultimo.

Chi governa la società sa invece che il comportamento di ognisingolo individuo deve essere controllato per limitarne le capacità“corrosive” pericolose per la società stessa. Uno strumento potentissimosi è rivelata la capacità di persuadere il singolo ad adottare azioni nondistruttive. Questa tecnica è conosciuta fin dall’antichità, quando i“ministri di Dio” convincevano le masse all’adorazione del “signore”che le comandava. Ma non eravamo ancora arrivati al controllo delpercorso di ogni singola particella. In questo secolo invece la tecnologia ha permesso la costruzione di:- un sistema di comunicazione (terrestre e satellitare) che

permette di acquisire informazioni da quasi tutto il globo;- sistemi di collegamento in rete dei computer utilizzati dalle

persone;

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- memorie di massa in cui archiviare a tempo indefinito molisempre maggiori di dati.

Quelli che gestiscono il potere non dovevano che usufruire di questi importanti traguardi tecnologici e aggiungerci una legislazione chepermettesse di tenere sotto controllo e registrare i dati e lecomunicazioni di ogni singolo cittadino. Ma il loro gioco è soloapparentemente dal risultato scontato. Perché, da qualche parte delMondo sorgono ogni giorno forze nuove che impediscono all’interessedi pochi di diventare eternamente dominante. Dispiace solo che perevitare la cristallizzazione dei rapporti sociali si debba continuamentericorrere alla violenza che tante innocenti vittime semina da sempre.

Vi è un’alternativa proponibile?

Uniti, non soliL'uomo non deve adorare, deve capire. È a questo punto che comprenderà che non esiste la perfezione, ma

che con l'apporto di tutti si può fare di più e meglio. Le potenzialità di ognuno di noi sono immense: abbiamo bisogno,

come Neo nel film “Matrix”, di toglierci tutte le spine che ci rendonodipendenti dalle volontà altrui senza nozione di causa. Dobbiamoriappropriarci della consapevolezza di quello che stiamo facendo e degli effetti sull'ambiente, quell'insieme di oggetti e persone che ci circondaora e nel futuro.

Abbiamo bisogno di riflettere, dedicare molto più tempo a capire lerelazioni che compongono la materia del Mondo. Migliaia di anni emigliaia di pensatori ci hanno convinto che la nostra persona si esprimein un’anima contenuta in un involucro cui abbiamo dato il nome dicorpo.

Eppure è assolutamente errato considerare che il nostro esserefinisca sulla superficie della nostra pelle. A chi la pensa ancora in questo modo consiglio di immaginarsi una pellicola impermeabile che distasseun millimetro dalla nostra pelle, ma che ci avvolgesse completamente.In pochi istanti saremmo privi di vita. Se portassimo sempre con noiquesta immagine, ci preoccuperemmo molto di più di non inquinare,devastare e distruggere l’ambiente in cui viviamo. Perché siamo legati a

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quello che percepiamo esternamente a noi in qualsiasi modo esso ciinteressi, anche nel momento in cui non ne apprezziamo il contatto.

È questo essere uniti al Tutto che ci fornisce la speranza e che ciconsente di operare per un domani migliore. Perché se attorno a noi cihanno avviluppato una miriade di informazioni negative, sicuramenteguardando oltre questa cortina che instilla in noi una perpetua pauratroveremo un orizzonte più limpido e gratificante. Non fissiamo la vistasul particolare, perché è allargando lo sguardo che capiamo il motivoper cui quel dato particolare ci appare così.

Se non ci rinchiudiamo in casa, ci faremo meno bersagliaredall'artefatta informazione altrui. Potremo cercare per le strade la realtàsenza finzione, la bruttura delle nostre città apparentemente progreditema che nascondono la povertà strisciante nell'abbandono di interiquartieri. Ci renderemo conto di persona di quanto si può fare e, se cisentiamo impotenti nel migliorarlo da soli, potremo associarci ad altrepersone, unire le forze, le volontà in fini comuni.

Se riusciremo a farlo senza pretendere di cristallizzare il mondo incui viviamo a nostro esclusivo vantaggio allora finalmente ritorneremoad apprezzare la vera santa trinità: i valori umani di libertà, uguaglianzae fraternità, immutabili e universali.

Il primo amoreMa soprattutto ci renderemo conto di quanto ci è stata tolta la

Natura, quel giardino incantato da cui abbiamo imparato ad estrarre“risorse”, ma di cui non apprezziamo la qualità più fondamentale: la sua saggezza, acquisita nei molti più anni di esistenza rispetto a noi. Ciaccorgeremo quindi quanto maggiore e raffinato buonsenso essa porticon sé, molto più grande di quello limitato nel tempo e nello spaziodelle divinità che ci siamo inventati in questi pochi millenni in cuicalchiamo la Terra.

Sì, possiamo molto.Ora forse, caro lettore, avrai capito cosa volevo comunicarti con

questo mio libro. Volevo semplicemente dirti che il “vero profeta” ènascosto in ognuno di noi e questo scritto doveva esserne la prova. Tiassicuro infatti che la mia persona non avrebbe mai pensato di capirerelazioni tanto importanti: non avevo particolari credenziali scolastiche,

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né potevo accedere a misteriose o segretissime fonti d'informazione. Ho cercato, forse riscoprendo in me il romantico spirito bambino che ti faporre sempre miriadi di “perché?”.

Arriva un'età in cui questa pratica viene inesorabilmenteabbandonata, senza rendersi conto che così facendo è come sedecidessimo di riattivare il cordone ombelicale che la Natura ci avevapermesso, anzi, “naturalmente” imposto di staccare. Solo che ora siamo molto meno certi dell'amore che la nostra nuova “mamma” - oggicostituita dall’insostituibile Tv e domani chissà da cos’altro ancora - cipotrà dare.

E, proprio in tema di “amore”, alla fine di tutta questa sinteticapanoramica mi resta un consiglio da dare. Vorrei che tutti ponessimouna più critica attenzione non solo a quelle persone che si riempiono labocca con il termine libertà ma anche a quelle che abusano della parolaamore, fino a sentenziare che “Dio è amore”. Amore non è solo unaparola estremamente significativa, ma è la caratterizzazione stessa diuna persona a cui si è legati in modo tangibile e inscindibile.

Cerchiamo di non farci rubare queste importanti definizioni peressere allontanati dalla realtà e indotti ad adorare le costruzioni di altri.Così che suona in modo tanto appropriato un famoso sebbene pococitato detto evangelico, che assume un particolare “colore” in questocontesto visto che fu attribuito al “falso profeta” per eccellenza:

Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. (Matteo 7,15)

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Bibliografia 105

Bibliografia[Antichità giudaiche] - Giuseppe Flavio 'Antichità giudaiche', Torino,Unione-Tipografico-Editrice, 2000.

[Autobiografia] - Giuseppe Flavio 'Autobiografia', Milano, R.C.S. Libri& Grandi Opere S.p.A., 2002.

[Bibbia] - AA.VV. 'La Sacra Bibbia', Roma, Pia Società San Paolo,1962.

[Bibbia1] - AA.VV. 'La Bibbia', Roma, Pia Società San Paolo, 1983.

[Catechismo] - Costituzione Apostolica Fidei Depositum 'Catechismodella Chiesa Cattolica', Città del Vaticano, Libreria editrice Vaticana,1992.

[Commentario] - AA.VV. 'Grande Commentario Biblico', Brescia,Editrice Queriniana, 1973.

[Contro Apione] - Giuseppe Flavio 'In difesa degli Ebrei (ControApione)', Venezia, Marsilio Editori, 1993.

[Donnini] - vangelo.supereva.it/vangelo.html.

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[Gigalmesh] – www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/.

[Guerra giudaica] - Giuseppe Flavio 'La guerra giudaica', Milano,Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 1989.

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[Homolaicus] - www.homolaicus.com/nt/.

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[Monasterovirtuale] - www.monasterovirtuale.it.

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[Paolo falso] - Mario Pincherle “Paolo il falso”, Diegaro di Cesena,Macro Edizioni, 2000.

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[Sabato] - digilander.libero.it/sabato.

[Sibillini] - http://www.sacred-texts.com/cla/sib/index.htm.

[Signore degli Anelli] – J.R.R. Tolkien “Il Signore degli Anelli”,Milano, Edizioni Mondolibri S.p.A., 2000.

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[Storia Israele] - John Bright 'Storia dell'antico Israele', Roma, Newton& Compton editori srl, 2002.

[Storia romana] - Cassio Dione 'Storia romana - Volume settimo',Milano, RCS Libri S.p.A., 2000.

[Tristi Tropici] - Claude Lévi-Strauss 'Tristi Tropici', Milano, ilSaggiatore, 1972.

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Indice 107

IndicePRESENTAZIONE 3PREFAZIONE 9

INTRODUZIONE 9AIUTI ALLA LETTURA 10RINGRAZIAMENTI 11

COSTRUIRE PER DISTRUGGERE 13LA POLITICA ALL'INIZIO DELL'AVVENTURA 13IL BEL TEMPO PASSATO A SCUOLA 15L'URBANISTICA DEI BISOGNI INESAUDITI 15QUANTI SOLDI PER VIVERE MEGLIO? 17PRELIEVO FISCALE E DEBITO PUBBLICO 19DISUGUAGLIANZA NELLA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA E CONTROLLODELL'INFORMAZIONE 21

PASSI VERSO LA RELIGIONE 23PRIMI TENTATIVI DI PUBBLICAZIONE 23DILEMMI ESISTENZIALI 24LA RELIGIONE NON PUÒ ATTENDERE 26I TESORI NELLA BIBBIA 27UN DIVERSO APPROCCIO ALNUOVOTESTAMENTO 29LE STRADE PER CONOSCEREGESÙ 30

LA STORIA SECONDO LA BIBBIA 33UN ROMANZO PER COMUNICARE 33BIBBIA E ANTROPOLOGIA 34BIBBIA E ANTICHI POPOLI 35INTERNET? PERCHÉ NO 36LE RICERCHE CURATE PRIMA DEL 2003 36

VERSO NUOVI LIDI 39CHIESA PROGRESSISTA E TEORIE SOCIALI 39L'INCONTRO CON LUIGICASCIOLI 40ALLA RICERCA DELLA VERITÀ STORICA 41CONOSCENZA E CREDENZA RELIGIOSA 43L'INFORMAZIONE DOMINANTE E I MIRACOLI 44

I VANGELI AL SETACCIO 47L'INFORMAZIONE DOMINANTE E I VANGELI 47MIRACOLI E STORIA 49ILGESÙ RIVOLUZIONARIO 50PRIMI APPROCCI A PAOLO … 51… E A GIOVANNI 52

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Indice108

L'APOCALISSE: UNA SFIDA VINCENTE 54LA RILETTURA DELL’APOCALISSE E DEGLI ATTI 57

L'INTERPRETAZIONE DEI 'DUE TESTIMONI' 57DALLA 'BESTIA CHE SALE DAL MARE' A QUELLA CHE 'SALE DALLA TERRA' 58LA SCOMMESSA SU GIOVANNI 59SAULOPAOLO DI TARSO 61LE NOTIZIE DI (E SU) GIUSEPPEFLAVIO 62GIOVANNI E GESÙ 64

LA STRADA VERSO LA VETTA 67IL BUIO UFFICIALE SULLE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO 67LA SCOPERTA DI GIOVANNIBATTISTA 68UNA PRIMA RICOSTRUZIONE DEGLI AVVENIMENTI IN PALESTINA NEL I SEC. D.C. 69GESÙ E LO SPIRITOSANTO 71ALLA RICERCA DELL'IMPOSTORE 73EGESIPPO, SIMONEMAGO E APOLLONIO 75BARNABA E TITO 76IL FALSO PROFETA SENZA PIÙ VELI 77

L’ANTICRISTO RITROVATO 81ILVANGELO DI GIUDA 81IL‘FALSO NERONE’ 82DASIMONE A PAOLO 83RICERCHE TERMINATE? 85I PUNTI SALDI 86

INFORMAZIONE E POTERE 89CHI È INTERESSATO ALL’INFORMAZIONE? 89QUANTI GIORNALI, QUANTE TV? 90INFORMAZIONE E POTERE 91IL CACCIATORE E LA PREDA 92COME SI MISURA IL BENESSERE 94

IL VERO PROFETA 97LIBERTÀ, UGUAGLIANZA, FRATERNITÀ 97PRIMA LA NATURA 98LIMITI SOCIALI E CONTROLLO DEL SINGOLO 99UNITI, NON SOLI 101IL PRIMO AMORE 102

BIBLIOGRAFIA 105INDICE 107