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Anno XXI — N° 176 E-mail: [email protected] 1 R itrovare Guido Sgaravatti in Capanna, tra anime amiche e compagne di viag- gio, è stato un momento di grande gioia e commozione. Molti anni fa, quando ancora lavoravo nel mio studio di Psicoterapia, ebbi l'onore di averlo mio ospite per circa un anno, durante il quale condivise con me ed altri amici, insegnamenti e riflessioni sulle ventun tare tibetane... e non so- lo. Fu per tutti noi un'esperienza di grande crescita nel nostro percor- so spirituale. Durante l'incontro dello scorso saba- to alla Capanna, Guido ha accen- nato alla pratica del TongLen, una particolare medi- tazione che mi venne insegnata durante gli anni di frequenza della Scuola di Specializzazione in Medicina e Psicologia tibetana. Il TongLen o pratica del "dare e ricevere" è connesso allo sviluppo del coraggio. Gli insegnamenti buddhisti, come quelli di Shambhala e di ogni tradizione che sia mae- stra di vita, ci esortano continuamente a colti- vare il coraggio. Nel buddhismo Mahayana si parla di "bodhycitta" che significa "cuore risve- gliato o cuore impavido". Lo scopo del TongLen è proprio quello di risve- gliare e coltivare il bodhycitta. Questo ultimo viene paragonato a un diamante che da duemi- la anni è sepolto sotto "tonnellate di fango". Quando preghiamo o meditiamo, spesso cer- chiamo una fuga dal dolore o sofferenza, da situazioni e relazioni che sentiamo come "negative". Senza esserne consapevoli riusciamo a co- struire "corazze" difensive che in qualche modo ci isolano, ci allontanano dal mondo duale... cercando isole felici in cui rifugiarci. Ma questo mondo duale, materiale, non è altro che l'ad- densamento della stessa realtà spiri- tuale, una sorta di teatro dove l'ani- ma sceglie di ad- densarsi per fare esperienza d'A- more... L'ombra non è il contrario della lu- ce... esse sono due facce della stessa medaglia, entrambe servono al gioco dell'anima perché essa possa crescere e procedere. Dunque, il dolore, la sofferenza sono aspetti di Amore da incontrare, vivere...trasformare! La pratica del TongLen ci aiuta proprio in que- sto. Visualizzare una situazione o relazione o per- sona in stato di sofferenza ed inspirare tutto ciò, farlo entrare in noi attraverso il portale del Cuore, diventa azione di coraggio di accetta- zione, di...Amore Incondizionato. Una volta inspirata, sottoforma di "fumo nero, grigio" la situazione di dolore, la si visualizza "bruciare" attraverso il respiro di fuoco che la

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Anno XXI — N° 176

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R itrovare Guido Sgaravatti in Capanna, tra anime amiche e compagne di viag-gio, è stato un momento di grande gioia e commozione.

Molti anni fa, quando ancora lavoravo nel mio studio di Psicoterapia, ebbi l'onore di averlo mio ospite per circa un anno, durante il quale condivise con me ed altri amici, insegnamenti e riflessioni sulle ventun tare tibetane... e non so-lo. Fu per tutti noi un'esperienza di grande crescita nel nostro percor-so spirituale. Durante l'incontro dello scorso saba-to alla Capanna, Guido ha accen-nato alla pratica del TongLen, una particolare medi-tazione che mi venne insegnata durante gli anni di frequenza della Scuola di Specializzazione in Medicina e Psicologia tibetana. Il TongLen o pratica del "dare e ricevere" è connesso allo sviluppo del coraggio. Gli insegnamenti buddhisti, come quelli di Shambhala e di ogni tradizione che sia mae-stra di vita, ci esortano continuamente a colti-vare il coraggio. Nel buddhismo Mahayana si parla di "bodhycitta" che significa "cuore risve-gliato o cuore impavido". Lo scopo del TongLen è proprio quello di risve-gliare e coltivare il bodhycitta. Questo ultimo viene paragonato a un diamante che da duemi-

la anni è sepolto sotto "tonnellate di fango". Quando preghiamo o meditiamo, spesso cer-chiamo una fuga dal dolore o sofferenza, da situazioni e relazioni che sentiamo come "negative". Senza esserne consapevoli riusciamo a co-struire "corazze" difensive che in qualche modo ci isolano, ci allontanano dal mondo duale... cercando isole felici in cui rifugiarci. Ma questo mondo duale, materiale, non è altro che l'ad-

densamento della stessa realtà spiri-tuale, una sorta di teatro dove l'ani-ma sceglie di ad-densarsi per fare esperienza d'A-more... L'ombra non è il contrario della lu-ce... esse sono due facce della stessa medaglia, entrambe servono al gioco dell'anima

perché essa possa crescere e procedere. Dunque, il dolore, la sofferenza sono aspetti di Amore da incontrare, vivere...trasformare! La pratica del TongLen ci aiuta proprio in que-sto. Visualizzare una situazione o relazione o per-sona in stato di sofferenza ed inspirare tutto ciò, farlo entrare in noi attraverso il portale del Cuore, diventa azione di coraggio di accetta-zione, di...Amore Incondizionato. Una volta inspirata, sottoforma di "fumo nero, grigio" la situazione di dolore, la si visualizza "bruciare" attraverso il respiro di fuoco che la

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trasforma in un raggio luminoso, questo risale fino al cuore e dal

cuore viene espirato ed inviato nuovamente alla situazione/persona che vogliamo risanare. Se non c'è un oggetto particolare (persona, situazione o organo malato) che vogliamo "ripulire" e risanare, possiamo scegliere di far risalire il raggio di luce/respiro fino al settimo chakra e da lì inviarlo all'universo. Ma questa è una variante mia, applicata durante alcuni in-contri meditativi di gruppo, durante i quali si è desiderato inviare Luce e Amore a questo no-stro pianeta tante volte maltrattato da noi uma-ni. Per rendere ancora più intensa questa pratica di trasformazione e distribuzione di Amore/Guarigione, a me piace far visualizzare tra le mani, l'oggetto che si desidera risanare, perce-pirne il peso, inviargli carezze amorevoli, "sentirlo" farsi leggero, luminoso... fino a visua-lizzare il suo completo scioglimento nell'etere. Questa ultima parte viene dalla pratica di Pra-nic Healing che può essere ben accostata al TongLen. Questa particolare meditazione può essere applicata anche per la guarigione personale, mettendo come oggetto organi o particolari parti del corpo malate, che necessitano di gua-rigione/ trasformazione. L'Anima può guarire/cambiare parti di Sé ad-densate, sempre se ciò risponde al suo pro-getto e dunque alla sua volontà…

Chiaramente questo può avvenire soltanto at-traverso una piena consapevolezza ed identifi-cazione totale in quell'"oltre" che ci sostanzia. Tornando allo scorso sabato, in Capanna, mentre Guido e gli amici sperimentavano il DharmaChakra... io mi sono dedicata alla me-ditazione del TongLen...visualizzando mia ma-dre, malata di tumore al rene. Da un mese era in corso una macroematuria e nessun farmaco avrebbe potuto cambiare la situazione. Ebbe-ne...quella stessa sera, tornata a casa... ho avuto la gioia di scoprire che la macroematuria era improvvisamente scomparsa. Quando riusciamo a superare la paura, ricono-scendo che il dolore ci invita a vivere il corag-gio della fede nella luce che siamo, tutto può accadere...anche quello che la mente, non sa-pendolo interpretare altrimenti, definisce "miracolo". Credo sia doveroso evitare fraintendimenti.

Non è la mente razionale che opera nella me-ditazione del dare e ricevere, ma l'apertura del nostro Cuore sacro, portale dell'Anima, del piano spirituale, l'accesso alla consapevolezza del Divino... che tutto permea, in un gioco di luce/ombra continuo... nel quale così spesso rischiamo di perderci! È nella riconnessione al proprio Sé/Anima che l'uomo può ritrovare il senso del suo essere qui e ora, è nel coraggio di assumersi la scelta dell'esperienza del dolore che può liberarsene ed è sempre camminando in questa densità che saprà trasformare il passo in nuovo vo-lo...sapendo di avere ali per volare...Namastè!

Marisa SIMIONATO

Immagine dal web

La Full-Immersion di Gocce di Armonia

si svolgerà dal 7 all’11 giugno 2017

a Cesclans (Udine)

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N ella mia educazione ho ricevuto que-sta visione della realtà: esiste la ma-teria entro la quale dobbiamo svolge-re la vita. Esistono, inoltre, delle for-

ze sottili, delle energie, dalla corrente elettrica all’energia atomica, alcune conosciute ed altre sconosciute, che possono essere utilizzate sia nel bene che nel male. Infine, c’è la realtà spirituale della quale si può credere per atto di fede. La vita relazionale per molti aspetti è una lotta per la sopravvivenza, io sono io e tu sei tu. È necessario lottare per formare una famiglia, per il lavoro, per essere accettato e riconosciu-to, per il successo, per il potere, per avere il denaro neces-sario, che in realtà non ba-sta mai, non c’è un tra-guardo dove potersi ferma-re, ma biso-gna avere sempre di più. Sinceramen-te, questa vi-sione della vita non mi è mai andata giù, non mi convince, non può essere vera. Secondo me ci sono anche degli errori di fondo che portano a quel risultato. È necessario fermarsi un momento, dobbiamo riprendere in mano gli automatismi prodotti da questa visione che il nostro cervello ci ha do-nato per farci risparmiare le forze. L’automati-smo è quel meccanismo che porta alla co-scienza l’inizio e la fine della storia, ogni passo intermedio viene gestito dal subconscio, pensa ad esempio alle difficoltà della guida dell’auto-mobile che grazie a tutto ciò vengono azzerate e nel contempo noi possiamo parlare, ridere e scherzare con i passeggeri. Non è così sem-plice rimetterlo in discussione in quanto la mente non è contenta nel cambiamento che prevede consumo di energia, fa di tutto per evitare di rimodellare un meccanismo che ha dimostrato di funzionare. La visione della realtà insegnatami ha genera-

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tanti valori e tante credenze le quali hanno dovuto faticare per creare un tessuto coerente e tutto ciò si è trasformato in una se-rie di automatismi: “fai il bravo ragazzo”, “nessuno ti regala niente”, “Dio ti vede e ti giu-dica”, e molti altri ancora. Come se non bastasse ciò che ho vissuto da bambino, i furbi di oggi, gli squali, fanno di tut-to per sfruttarmi, anzi per plagiarmi, la pubbli-cità ne è l’espressione regina, non c’è aspetto della mia vita che venga risparmiato, dalla sa-lute fisica all’indurre nuove credenze, dall’ispi-rare nuovi bisogni al creare nuove mode. Non è facile fermarsi un attimo per riflettere nella velocità caotica del mondo, al primo dub-

bio che solle-vi vieni subito emarginato, ogni detento-re di potere vuole solo essere ap-plaudito. La complessi-tà della vita è tale che per-mette comun-que di trovare delle nicchie in cui poter sperimentare la ricerca in-teriore.

Le nicchie hanno necessità di alcune caratteri-stiche per poter essere utili: non sono formate da moltissime persone, non c’è competizione ma cooperazione, il denaro è mezzo e non fi-ne. Una di queste, per me, è il mondo dello Yoga, come definito da Patanjali negli Yoga Sutra. Ascoltare Guido Sgaravatti è in questa scia, mi aiuta molto. Tradurre in linguaggio odierno la visione della realtà che un Saggio definì ol-tre duemila anni fa non è da tutti e Guido c’è riuscito. M’è parso molto interessante come ha descrit-to nel suo libro, traduzione e commento agli Yoga-sutra, il concetto de “le sette Bhumi”: na-ma, rupa, vibhuti, shakti, guna, bhava e Svaru-pa. “Prendiamo in esame una mela: si chiama “mela” e questo è il livello “nama” o dei nomi.

La visione del mondo e gli Yoga Sutra

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Ha questa forma, questo peso, questo profumo; siamo al livello “rupa”, quello delle forme. E’ percorsa da questo determinato tipo di bio-

energia; e siamo al “vibhuti”. L’energia le deriva dalla sua specie attraverso precise strutture archetipiche; ecco il livello “shakti”. La materia, nel senso più esteso del termine, che la compone riguarda i “tri-guna”. Vi è poi una sua precisa collocazione tempo-

spaziale, che ci porta al livello “bhava” e se arriviamo ancora più in fondo troviamo lo Sva-

rupa, la sua vera e propria forma, …” Spostando l’esempio sopra descritto su di me, indagando perciò su chi sono io, trovo questa visione interessante, perché mi salta all’occhio che l’ego si è fatto padrone di una realtà che nemmeno conosce. C’è un Io-bambino che continua a soffrire perché non riesce ad espri-mere la propria vibhuti, l’energia di cui è porta-tore. E dietro a questo io-bambino c’è il Sé, che è il Testimone silenzioso. Questi sette livelli di coscienza riverberano e si ottenebrano di continuo, impedendo di fatto la consapevolezza ad una persona senza disci-plina e volontà, definita “addormentata”. Il sag-gio Patanjali afferma che è possibile il “risvegliarsi” attraverso la pratica degli otto gradini, l’astanga yoga: yama, niyama, asana, pranayama, pratyhara, dharana, dhyana e sa-madhi. Il corpo fisico è il crogiolo dove le forze si in-trecciano, formando vortici di energia nei cha-kra, che è neutra e utilizzata nel bene e nel male dalla mente, mente ammaliata continua-mente dai sensi. La premessa al “risveglio” è la capacità di mantenere viva l’attenzione e di concentrarla – dharana (dice Sgaravatti: quando io vado a collocare l’attenzione su di una parola, che mi fa da seme, ho trovato la chiave di quel con-cetto, e posso svilupparlo con l’attenzione, “tensione ad”, cioè il mio cuore si proietta ver-so quel determinato punto. … L’attenzione: “tensione verso”, è lo strumento più prezioso e più trascurato in mano nostra, è Amore!). Il pri-mo lavoro da eseguire sarà il riconoscere le suggestioni di cui si è vittima. Diventare testi-mone dei propri moti d’animo, riconoscendoli per quello che sono, constatando che la per-sonalità è solamente la somma della propria

storia condizionata. Il sadhaka raccoglierà i frutti del proprio sforzo quando avrà risvegliata l’intuizione, la creativi-tà, la contemplazione, che potrà attivare a vo-lontà ed agirà di conseguenza – dhyana (dice Sgaravatti: a un certo punto ho un fenomeno particolarissimo, perché non occorre più che io vada al tema meditato, ma è il tema meditato che viene a me come intuizione, un flusso continuo di pensieri che mi fanno capire le co-se). Sgaravatti ci ha parlato del flusso d’energia, generata a livello vibhuti: il chakra del cuore si basa sul senso tattile a distanza. Yam, … do-vrei farlo sistematicamente per tutte le cose di cui ho simpatia, sentirle e toccarle. Qual è l’at-teggiamento di una mamma quando vede il suo bambino arrivare? Yam! Ti voglio bene! E lo sente sulle punte delle dita questo ti voglio bene. Proiettando l’amrita, che è curativo, che è quell’accumulo di vibhuti, bio-energetico, che gli arriva sulle punte della dita. E proietta amo-re, in sostanza!… dal libro di Herman Hesse, Siddharta: “… e camminando per la strada in tutto e su tutto proiettava il suo amore”. La preghiera non è capita nella sua importan-za, in quanto versa sul citta (la totalità della registrazione rilasciata dalla mente nel tempo-

spazio) “bicciccia”, che è nutrimento per la Co-scienza Universale, necessaria per il buon equilibrio della Vita sulla terra. E’ materica, di colore bianco, si appiccica dap-pertutto, soprannominata “bicciccia”, impregna persone, oggetti (i totem) e luoghi, determi-nando la possibilità di prelevarne anche in ma-niera maggiore di quanto se ne deposita (il mi-racolo), e se ce né in eccesso bisogna scari-carla (purificazione). Questo flusso di energia può essere anche negativo, un esempio: la forza del “branco”. Ecco, questo inizio di una visione della realtà più articolato, più complesso, che sembra più rispondente al vero. Certo, se non è vissuto sulla mia pelle, è solo cultura.

Renzo SARTOREL

La visione del mondo e gli Yoga Sutra