Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle...

95
Senti come mi batte forte il Tuo cuore Ariccia, 7-10 aprile 2014 Esercizi per adulti guidati dal Vescovo di Teano-Calvi S. E. Mons. Arturo aiello 1

Transcript of Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle...

Page 1: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Senti come mi batte forte il Tuo cuore

Ariccia, 7-10 aprile 2014

Esercizi per adulti

guidati dal Vescovo di Teano-Calvi

S. E. Mons. Arturo aiello

1

Page 2: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

7 aprile, ore 17:45Canto: Vieni Spirito di Cristo

Ci sono tre immagini, che ci hanno accompagnato nelle ultime tre Domeniche, legate a tre brani dell’evangelista Giovanni: la samaritana, il cieco nato e Lazzaro. La Parola che abbiamo percorso ci aiuta, ci aiuta questa trilogia, questo trittico anche a svolgere una preghiera iniziale. Siamo anche noi seduti accanto a questo pozzo, che è il lago di Albano, e abbiamo sete. Siamo venuti qui per bere, e non un’acqua qualsiasi ma l’acqua che disseta per sempre. È la Parola del Signore. E dunque, la prima invocazione è: Signore, dammi da bere. Signore, ho sete – ma l’acqua è anche fonte di purificazione – Lavami.E poi il secondo vangelo, il cieco nato: siamo in una situazione di buio – tra l’altro cominciamo questo cammino un po’ in penombra, anche per evidenziare l’immagine – ci sembra di vedere, ma in realtà incespichiamo, inciampiamo. La seconda invocazione è: Signore, che io veda, fa’ che io veda. Fa’ che io veda me stesso, innanzitutto come sono. A volte ci manca, carissimi, una visione di noi, anche piuttosto reale. Ognuno di noi insegue immagini molto distorte di sé: i nostri specchi distorcono sempre, non ci rimandano mai un’immagine vera al cento per cento. E questo è vero anche sul piano spirituale. E poi il vangelo di ieri, che abbiamo ancora nel cuore, della risurrezione di Lazzaro. Mi trovo chiuso, recluso, in una tomba, qualcosa che mi opprime e che non mi fa respirare, che mi mette ansia, e allora: che io viva. Io sono la risurrezione e la vita: chi vive e crede in me non morirà in eterno.Ecco, con queste tre invocazioni ci inoltriamo.

Questa immagine sul libretto di Gherardo delle Notti, che poi commenteremo, fa un po’ da sfondo al nostro cammino, che sarà sul vangelo di Domenica prossima, il racconto della Passione secondo Matteo, che troverete e che inizieremo a leggere. Il titolo, invece, è un verso di una poetessa polacca, premio Nobel nel 1996. Magari vi porto la poesia per intero, anche se questo, che è il verso conclusivo, è il fiore più bello della sua composizione: Senti come mi batte forte il Tuo Cuore. Forse a qualcuno di voi, in particolare a chi per la prima volta si avvicina agli Esercizi, ci sarà anche il batticuore personale: Ma ce la farò?! Ma, forse – pensa Antonietta – mi sono avventurata in una cosa troppo grande per me, e forse non riuscirò a stare ferma tutto questo tempo! Questa è una poesia d’amore sull’apparente casualità – poi ve la porterò per intero, ve la leggerò – in cui l’autrice dice: Senti come mi batte forte il tuo Cuore. Spero che sentiate più forte battere il Cuore di Cristo, il Cuore di Gesù, anche attraverso le parole.L’immagine che vi ho messo a pagina 3, nella lettera che vi ho scritto, come una letterina di Natale, ha una sovrapposizione naturale e, come vi dico nel testo, non è un fotomontaggio: la sera dell’Ordinazione dei cinque – qui c’è Alfonso che rappresenta l’ultima nidiata, l’ultima covata – pioveva, quindi non sapevamo se si poteva uscire o no, fare la processione introitale, come facciamo normalmente, dall’esterno, entrando in cattedrale e uscendo dall’episcopio. Peppe105, un quarto d’ora prima che uscissimo – vedete che è bagnato, il cielo è nuvoloso – scattò questa foto che poi mi ha mandato, dove

2

Page 3: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

nello specchio, nel vetro della finestra del mio studio, è riflesso il Crocifisso che vi troneggia a ricordarmi come vanno le cose, non solo mie, non solo la vita del vescovo, ma la vita di ogni credente. E quindi c’è una sera, c’è una casa più o meno illuminata, c’è un orologio che segna le ore e i giorni e dice che ho già perso troppo tempo; c’è un cipresso – forse è la cosa di cui vado più fiero del mio giardino – piantato che era veramente piccolo, bambino; e poi c’è questa croce sulla sera, a dire: sulla tua sera, su ogni sera, sulla sera della vita, sulle tue difficoltà, troneggia il Cristo crocifisso. E quindi mi è sembrata un’immagine con cui cominciare, sia pure apparentemente un po’ triste. Se ci fate caso, in fondo a destra, un po’ verso il centro, c’è un bambino che è Mosè salvato dalle acque: è un segno di speranza, perché questo bambino sopravviverà, perché, come dicevo ai palermitani nella prima meditazione, commentando l’ingresso di Gesù in Gerusalemme nella versione di Matteo, insieme con l’asina su cui Gesù sale, c’è anche un puledro, figlio d’asina, che sta a dire futuro. E quindi c’è anche questo bambino che recalcitra, attira la nostra attenzione anche in questa sera, anche all’ombra di un cipresso, che nella nostra cultura ci fa pensare ad altro. E poi ci sono le luci di Teano, sia pure un po’ in lontananza, a dire che è tempo di rincasare. Ecco, chiudo così questo momento: entrare negli Esercizi è tornare a casa. Spero che in questi giorni voi godiate molto del silenzio, della Parola, della presenza di Gesù e dello stare sotto lo stesso tetto con Lui, perché potete andare in cappella anche di notte. E questo è rincasare. Il motivo della nostra infelicità è che stiamo fuori casa, siamo fuori di noi: sei fuori di te, sei decentrato, non riesci a stare in piedi; quindi ti affanni e ti sembra che le cose ti pesino eccessivamente. In realtà, devi tornare a casa. Ecco, la sera è l’ora del ritorno a casa. Torna a casa, torniamo a casa, rientriamo, rincasiamo, rimettiamoci al caldo nell’abbraccio delle mura domestiche. E questo abbraccio è l’abbraccio stesso del Signore.

Vespri, ore 18:45

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo Il primo giorno degli Àzzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino: farà la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva ordinato loro Gesù, e prepararono la Pasqua. In quel tempo uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.

Cominciamo così, con questo incipit, che è l’incipit del vangelo di Domenica prossima, Domenica delle Palme, ovvero il racconto della Passione secondo Matteo. Come molti di voi già sanno, il vangelo della Passione non è un vangelo, ma il Vangelo, nel senso che, anche da un punto di vista redazionale, i racconti della Passione e della Risurrezione costituivano il primo nucleo del Vangelo, prima che poi avessero un’introduzione e una conclusione, e quindi

3

Page 4: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

fossero redatti i testi così come noi li possediamo. È importante questo particolare, non è una picca degli esegeti, perché ci dice che cosa si raccontava nelle prime comunità cristiane: si raccontava la storia della Passione e della Risurrezione di Gesù. Quindi, questo è il nucleo del Vangelo, anche da un punto di vista redazionale, poi intorno a questo nucleo sono sorti racconti, sono stati aggiunti gli episodi dei miracoli, dei detti, ma il Vangelo è la Morte e la Risurrezione di Gesù. Possiamo ignorare tutte le altre cose, ma non possiamo non avere attenzione al “cuore”: per noi meditare il vangelo della Passione in questi giorni sarà andare al cuore. Il cuore tornerà più volte. Come mi batte forte il Tuo Cuore: è anche il cuore del Vangelo, è il cuore della Chiesa. Non conoscere queste pagine – e non si tratta di una conoscenza intellettuale, ma affettiva e di fede – significa essere fuori dalla vita della Chiesa. Quindi facciamo un pellegrinaggio. Ringraziamo Matteo, con cui faremo amicizia in questi giorni – spero che sia un’amicizia già datata per molti di voi – per aver scritto per noi. Matteo scrive, con tutte le sue citazioni dell’Antico Testamento, per una comunità cristiana proveniente dal giudaismo, che conosce bene l’Antico Patto, che ha scoperto Gesù come il realizzatore di tutte le attese dell’antico Israele.

Veniamo al nostro testo. È il primo giorno degli Àzzimi, dunque se stasera il cielo è limpido vedremo montare la luna di Pasqua, che è gravida, si ingravida, è una luna crescente che va verso la luna piena: il plenilunio è il punto di riferimento per l’indicazione della Pasqua. Nel calendario ebraico nella settimana degli Àzzimi bisogna mettere via il lievito, fare pulizia anche nella dispensa: che non ci sia nulla di lievitato nella casa. Gli azzimi sono legati alla fretta degli Ebrei di lasciare la terra della schiavitù e quindi non hanno avuto tempo di far fermentare il pane. Dice Paolo: Togliete da voi ogni fermento di male, ogni lievito di male, perché siete azzimi, nel senso siete puri. Quindi, l’annotazione cronologica è della Pasqua che si sta preparando e, quindi, c’è una macchina che deve mettersi in moto nelle famiglie ebraiche per preparare la Pasqua: è il primo giorno, e allora bisogna dire dove si celebra la Pasqua, perché c’erano delle sale, c’erano dei luoghi che bisognava addobbare, perché tutto fosse a puntino come nelle nostre case, per fare un parallelo, quando si prepara un cenone, un pranzo importante, e allora si comincia per tempo a scegliere il servizio con le posate d’argento, il menu... Adesso questo sentitelo non solo come un’organizzazione, ma come un andare verso il momento più importante della vita di Israele, che poi per noi diventerà il centro della vita cristiana. L’interrogativo che rivolgono a Gesù è quello che in questo momento ci intriga: Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua? Ci chiediamo innanzitutto come mai i discepoli non si sentano implicati – dove vuoi che prepariamo la Pasqua per noi? – ma Gesù è come il capofamiglia. Secondo le indicazioni veterotestamentarie, ogni comunità deve avere il suo capofamiglia e i discepoli riconoscono in Gesù una sorta di padre, di maestro, e quindi è colui che presiederà la mensa pasquale. Perciò gli chiedono: Dove vuoi che prepariamo? In quale ristorante dobbiamo andare? Faccio una traduzione molto volgare: Quale sala, quale villa – adesso vanno di moda le ville – dobbiamo affittare a Palermo, sul lungomare, in questa località amena? Dove vuoi che prepariamo la Pasqua per te? Forse avranno detto

4

Page 5: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

proprio così? E se han detto proprio così non si sono resi proprio conto che la Pasqua era di Gesù, non era ancora la loro. Per te, perché questa è la Pasqua del Signore, la Pasqua decisiva, verso cui Gesù ha camminato per tutti gli anni della sua vita, una sorta di grande appuntamento della sua storia. Perché tu possa mangiare la Pasqua – altrove si dice – con i tuoi discepoli. Qui, invece, sembra che Gesù debba mangiare “da solo”, ed effettivamente i discepoli lo lasceranno solo, ma adesso nell’applicazione per noi dobbiamo dare le coordinate di questa Pasqua, cioè: quest’anno la Pasqua dove la celebro? come la celebro? E questi Esercizi sono – magari se tutti potessero prepararsi alla Settimana Santa in questa maniera! – come una grande manovra per arrivare maturi alla celebrazione del Triduo pasquale. E questo riguarda tutti, ma poi ciascuno di noi nella preghiera deve chiedere a Gesù: ma quest’anno Pasqua dove la devo fare? “Pasqua” è “passaggio”: è un passaggio da compiere, c’è una conversione da attuare, c’è un dolore da visitare, c’è una comunità da raccogliere, da rimbastire perché magari divisa, comunità familiare, parrocchiale o diocesana. Dove vuoi che andiamo a preparare la Pasqua? Dove vuoi che si prepari la Pasqua quest’anno? C’è un luogo comune, ed è il Cuore di Cristo. C’è un luogo comune, ed è il Triduo pasquale nella scansione così forte delle tre celebrazioni fino alla Veglia pasquale. E poi c’è un luogo personale. È come dire: questa Pasqua che sapore ha per te? Penso a quelli fra voi, e ce ne sono, che faranno per la prima volta la Pasqua da prete; per altri sarà la Pasqua che precede l’Ordinazione presbiterale o diaconale; oppure la prima Pasqua senza mio padre, la prima Pasqua in cui vado con apprensione perché so che sentirò un dolore. È là che devi preparare la Pasqua, perché la Pasqua non si prepara fuori dalla vita, si prepara dentro la vita. La nostra vita ha i suoi scacchi, i suoi dolori, ha le sue delusioni, i suoi fallimenti, anche le sue gioie, beninteso. E allora dove vuoi che ti prepariamo la Pasqua? Penso ad Antonio e Dolores, che due anni fa erano qui agli Esercizi in preparazione al Matrimonio, e adesso sono qui con la loro bambina, la nostra mascotte Miriam, che partecipa, ovviamente inconsapevolmente, a un corso di Esercizi, ma chissà!, magari sarà quella che ne riceverà più benefici. Come cambiano le cose: una bambina ci ha cambiato la vita, una crisi ci ha cambiato la vita, un dolore ci ha cambiato la vita. E allora questa Pasqua che ci viene incontro, è la Pasqua, è la prima Pasqua della mia conversione (per qualcuno di voi), è la prima Pasqua in cui sono orientato decisamente verso un progetto che l’anno scorso neanche prendevo in considerazione. Ecco, cercate le vostre coordinate.Concludo questo primo momento, questo primo assaggio, dicendovi che mentre ci sono quelli che preparano, ci sono altri che preparano altre pasque, e cioè s’industriano, magari meglio di noi, in una maniera più organizzata e forse anche più efficiente, a demolire la Pasqua, perché subito dopo, quando si dice che i discepoli sono andati in città e ricevono le indicazioni – come stamattina abbiamo meditato per l’ingresso di Gesù in Gerusalemme – in quel tempo, che è lo stesso tempo in cui si sta preparando la Pasqua, e quindi l’economo ha firmato l’assegno, c’è Giuda che fa i suoi commerci: Andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Ci sono dei traffici anche sottobanco, ci sono dei traffici loschi; mentre si addobba questa solenne liturgia ci sono altre liturgie a latere, nascoste: uno sta costruendo e addobbando, sta comprando l’agnello, le

5

Page 6: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

erbe amare, le uova, e c’è un altro che sta comprando Gesù e uno che lo sta vendendo. Questo è un affacciarci, sia pure solo istantaneo, sul mondo del male che non dobbiamo nasconderci. Noi lavoriamo in un senso, ma poi ci sono quelli che lavorano in un’altra direzione. Dice Gesù che i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce, cioè si organizzano meglio, riescono a fare degli Esercizi spirituali non con centoventi ma con cinquemila persone. Ovviamente ci sbaragliano. E questo che dico come quadro della storia in questo momento, vale anche dentro di noi, cioè mentre una parte di me sta preparando la Pasqua, un’altra parte la sta già demolendo: Non ti fare illusioni, tanto poi dopo sarà tutto come prima. Non ti gasare troppo, perché poi… Come dire agli Ordinandi: Sì, guardateli i preti di dieci, venti, trenta e quarant’anni di Messa, finirete come loro. E allora è una cosa terribile, una tentazione diabolica, perché uno costruisce, l’altro demolisce; uno addobba e l’altro mette le bombe; uno distribuisce i suoi beni e l’altro lo deruba… Questa è la contrapposizione che avviene nella nostra vita in una maniera macroscopica ma anche microscopica dentro di noi: il mio cuore, il tuo cuore è il luogo dove si prepara una Pasqua ma si vende anche un amico. Lo stesso cuore, la stessa persona, sdoppiata, schizofrenica.Ci avviamo a cena con questo interrogativo: questa Pasqua che sapore ha? come viene? come sta venendo? la sto preparando? Com’è andata la Quaresima? Ma mi guardo anche in giro per vedere se c’è qualcuno o un aspetto di me che sta operando per demolire, per demolirmi, per farmi crollare.

S. Messa, ore 20:45

Saluto inizialeSe non dovessimo dirci niente, basterebbero le tre celebrazioni di questi giorni per dare luce, vigore, preziosità a quanto il Signore ci chiama a vivere. Ci disponiamo con sentimenti di riconoscenza. Ringraziamo il Signore per essere qui, perché ha voluto offrirci questa ennesima possibilità. Chiediamo perdono dei nostri peccati e affidiamoci alla Sua misericordia.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto». Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio».

6

Page 7: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Questa sera ci pone in contatto con quella sera, con quella notte: la notte in cui fu tradito, noi ripetiamo e ripeteremo anche in questa celebrazione. Vogliamo chiedere dei doni, questa sera. Da un lato, come ho già detto, ci sia chiara la vocazione di questa Pasqua nella nostra storia personale: aiutaci, Gesù, a decodificare, a capire qual è la particolarità di questa Pasqua, cosa chiedi a noi, cosa ci insegni, come vuoi che questa Pasqua si attui nella nostra vita, quale passaggio dobbiamo compiere.In seconda battuta, chiedo insieme con voi la grazia di comprendere che una vita dove il male sia completamente assente è una grande illusione. Sembra un’espressione di pessimismo e invece ci aiuta a capire gli altri, ci aiuta a capire la storia, ci aiuta a capire la storia della Chiesa, ci aiuta a capire noi stessi. Noi siamo questa convivenza di grano e zizzania, questo permanere insieme degli opposti. Vi starete chiedendo cosa c’entri questo con l’Ultima Cena che viviamo insieme con Gesù, da cui quest’Eucaristia ci fa attingere. Perché proprio ora che Gesù ha ardentemente desiderato di mangiare la Pasqua con i suoi, proprio qui, proprio in questo momento solenne, proprio in questa sala, addobbata con cura da alcuni discepoli, Gesù deve annunciare: In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà. E qui anche noi dobbiamo dire: Sono forse io? E Gesù deve risponderci: Tu lo dici. È vero. Sei tu. Sono io che vi sto parlando. Siamo noi che nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità presiediamo l’Eucaristia. Siete voi che vi partecipate da laici o da consacrati. Questo pensiero potrebbe abbatterci, in realtà ci fa rendere conto che la vita è veramente strana e contraddittoria, come lo è il nostro cuore. Cosa veramente vuole il nostro cuore? Cosa vogliamo? Mentre vogliamo il bene, lo desideriamo e lo approviamo – dice Paolo in un passaggio quanto mai grande, pur nella sua drammaticità – poi finiamo con lo scegliere il male, cadiamo miseramente davanti a una tentazione. Uno di voi mi tradirà non è il pomo lanciato sulla mensa per una nuova guerra di Troia, ma è una scuola e noi dobbiamo metterci a questa scuola. L’Eucaristia ci fa incontrare appieno l’amore di Dio, ma come corollario contiene questa prosaicità della risposta incerta dell’uomo che tradisce, che si siede a tavola e ha già venduto il suo Maestro.Le rappresentazioni dell’Ultima Cena – anche questa, sul vostro libretto, di scuola caravaggesca – ha sempre posto Giuda riconoscibile con la bisaccia dei trenta denari: è stato pagato in anticipo, non c’è un pagamento all’atto della consegna. Il vangelo non lo dice, ma certamente che il conto sia stato già saldato o che gli sia stato dato un anticipo e poi a conclusione del lavoro il saldo, certamente Giuda siede a mensa come se nulla fosse, avendo nel suo cuore il tradimento. E qui non diciamo “Giuda” per dire il cattivo della situazione, ma diciamo “Giuda” per dire io, tu, per dire noi. E allora davanti a questa considerazione che potrebbe scoraggiarci, in realtà Gesù ci dice: Coraggio!, perché io intingo il pane nel piatto per te, segno di benevolenza, segno di particolare attenzione, gesto che si fa all’ospite d’onore. Impariamo questi gesti di Gesù, che non sono gesti di accusa perché Giuda sia esposto al pubblico ludibrio e al ludibrio della storia. È un gesto di benevolenza, è una carezza. Gesù intinge il boccone nel piatto centrale e lo porge all’ospite più importante. E questa sera l’ospite più importante si chiama Giuda. È a lui che è dato questo privilegio, perché nell’esperienza del più grande amore c’è

7

Page 8: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

l’esperienza anche della nostra fragilità. E nell’esperienza della nostra grande perdizione s’incunea, s’incastra, s’incastona la grande esperienza e il grande annuncio dell’amore di Dio in Gesù che si consegna a noi, prima che noi abbiamo a consegnarlo. Quindi, il secondo insegnamento è: non ti scandalizzare di te. Cogli questo gesto di Gesù. È un gesto di benevolenza: egli vuole ancora redimerti, egli ha ancora in cuore che tu possa emettere un atto d’amore nonostante i tuoi trascorsi. Vi dicevo poc’anzi che questa stessa esperienza degli Esercizi è una grazia che va letta come misericordia. Perché siamo qui noi e non altri? Non siamo migliori. Siamo qui perché ci viene offerto il boccone dell’ospite d’onore. Questa mensa, in riferimento anche al salmo 22, che abbiamo pregato – davanti a me tu prepari una mensa – è imbandita per te: coraggio, vieni, accostati, prendi il boccone che Cristo ti dà, che Cristo è, e assurgi al rango e al ruolo di ospite d’onore. Proprio io che sono un traditore? Proprio io che ho tanti trascorsi negativi? Sì, proprio tu. Tu l’hai detto. E qui dopo l’annuncio del tradimento, terza riflessione, Gesù inserisce il suo dono. Si dà adesso, stasera, liberamente. Prima che gli altri gli mettano le mani addosso è lui che si consegna: Prendete, mangiate: questo è il mio corpo.Carissimi fratelli e sorelle, chiediamo questa sera la grazia della nostra Prima Comunione. Ne abbiamo tutti un ricordo vivissimo. C’era tanta verità in quel giorno, nel nostro cuore e nel nostro entusiasmo nello svegliarci anzitempo, senza che venisse nostra madre a tirarci dal letto, come nei grandi giorni. Come eravamo? Eravamo credenti. Ritenevamo senza ombra di dubbio che Gesù era lì nel piccolo pezzo di pane: ebbene, quella è la grazia che forse ci salverà, quella è l’Eucaristia che forse è la più bella e – mi permetto anche di dire, di suggerire ai sacerdoti presenti – più bella della nostra Prima Messa, dove comunque eravamo al centro dell’attenzione. Quella Prima Eucaristia dove ci accostavamo col batticuore e dovevamo dire delle cose a Gesù è un’Eucaristia-matrice, perché esprime la fede di me bambino nel mistero dell’Eucaristia, che magari oggi è ostacolata da tanti dubbi e che invece allora era senza ombre. Ecco, stasera chiedete anche questo dono: dammi, Gesù, l’adesione che ebbi quel giorno, la voglia di incontrarti e di non perderti, la voglia di mangiare di te e di essere mangiato da te. Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue: Gesù si consegna, e non guarda le mani sporche di Giuda, di Pietro, di Andrea, di Filippo, di Bartolomeo… E neanche le nostre, stasera. E dice: Sono qui per la tua salvezza. La Pasqua ebraica faceva memoria del grande passaggio ed era preceduta dall’immolazione dell’agnello. Immolate un agnello per casa – dice Mosè alle famiglie. E quindi quella notte si partì dopo la cena, dopo la Prima Pasqua – il grande passaggio del Mar Rosso – avendo sacrificato un agnello, perché la salvezza avviene attraverso il sangue, attraverso il sacrificio. E Gesù adesso assume tutti questi significati, che appartenevano all’Antico Testamento, li esalta e li innalza fino al cielo, li porta all’ennesima potenza, e dice: Sono io, sono io l’Agnello! È nel mio sangue che le vostre case saranno risparmiate, ed è grazie al mio sangue che voi vivrete! Grazie al mio corpo il vostro corpo ritroverà vigore, e grazie al mio sangue riceverete salvezza, gioia e risurrezione.La Chiesa ha questo grande tesoro, che rischia di andare oggi un po’ dimenticato: la gente viene un po’ alla spicciolata la Domenica, distratta; molti

8

Page 9: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

ritengono quell’incontro formale e non si presentano. Guardate per un attimo le comunità parrocchiali di cui fate parte ed è evidente che non c’è questo amore, non c’è questa fretta d’andare, d’essere presenti. Forse ricorderete da bambini anche la foga della seconda Comunione, della terza Comunione, quando si contavano, come le cose importanti.Allora chiediamo, almeno noi, questa grazia di tenere alto questo grande mistero, di guardarlo, di adorarlo, di ascoltarlo, di mangiarlo. Chiediamo uno sguardo nuovo sull’Eucaristia che stiamo celebrando che dà il vero avvio ai nostri Esercizi. Gesù quella sera si è immolato, questa sera si immola anche per te. Anche per te che ti senti Giuda. Non preoccuparti, non guardare a te stesso: Davanti a te preparo una mensa sotto gli occhi dei tuoi nemici.

9

Page 10: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

8 aprile, ore 8:00Lodi

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto». Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio».

Ho pensato stamattina, pregando, che veniamo qui a lavarci gli occhi, come il cieco del vangelo di due Domeniche fa alla piscina di Siloe: Va’, lavati alla piscina di Siloe. E noi veniamo qui a lavarci gli occhi, il cuore, la mente in questo lago che fa da specchio, che fa da catino, che fa da piscina, da piscina probatica, che fa anche da conca e che raccoglie le lacrime che si sono intessute lungo i secoli intorno a questo vangelo della Passione del Signore.La tentazione di ogni predicatore, lo sanno bene i sacerdoti, è quella di dover dire qualcosa di nuovo. Dice, se non sbaglio, Agostino: Se dico qualcosa che già sapete, e quindi d’antico, ringraziate con me il Signore; se dico qualcosa di nuovo, chiedete perdono per me al Signore. A dire che c’è una tentazione della novità, del “mai sentito”. Paolo parla del “prurito di udire”, che ci fa perdere di vista la preziosità di testi antichi che bisogna semplicemente leggere. Ed è quello che umilmente, ma anche potentemente, vogliamo fare in questi giorni e non mi riferisco solo al testo della Passione, che è il testo che ci è consegnato, ma anche ai salmi, che adesso abbiamo cantato o letto in una maniera piuttosto veloce: se qualche versetto vi intriga, se qualcosa vi parla, tornateci, ripetetelo. Questo testo è il testo della preghiera di questi giorni.Qualche riflessione per continuare il nostro cammino mentre andiamo a colazione e prima che ci rincontriamo poi in mattinata.Se io o voi fossimo stati al posto di Gesù probabilmente avremmo trovato buone ragioni per dirci indisposti a celebrare la Pasqua: No, non mi va quest’anno, sono troppo addolorato… sono a concludere un anno troppo difficile, andate voi. Quando siamo apparentemente, umanamente impossibilitati a sostenere certi ruoli, a vivere certe feste, a sedere intorno a certe mense, quella è forse l’occasione migliore per dare qualcosa. Paradossalmente, e qui guardo l’umanità di Gesù, riusciamo, senza saperlo, a dare quando ci sembra di non avere nulla da dare. E quando ti senti così povero da non poter dare nulla, puoi dare te stesso. È questo il senso, se volete, l’ordito umano di questa Cena che ha fermato la Storia e l’ha

10

Page 11: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

trasformata. Gesù è un fallito, come vedremo anche nel prosieguo: fondamentalmente è un fallito perdente, è solo, è uno che non è riuscito neppure con i suoi più stretti collaboratori, come vedremo in questa giornata. Uno dei commensali ha già i documenti del tradimento, ha già firmato, e adesso, proprio ora si consegna, dandosi, in una situazione umana di estrema povertà. Questa è la prima pista: vi offro piste di preghiera, di riflessione, poi ciascuno di voi contempli da un lato e applichi a se stesso dall’altro.La seconda pista di preghiera riguarda le parole che noi sentiamo ogni volta ripetere nell’Eucaristia. Ora, mentre mangiavano: in questo frattempo, in questo frangente della Cena dove ci sono tanti motivi di appesantimento, Gesù prende un pane. E allora il primo verbo è prese. Riguarda il pane, riguarda te, riguarda me, riguarda noi, riguarda quelli che sono stati ordinati, quelli che lo saranno, riguarda quelli che hanno fatto la Professione e quelli che la faranno. Riguarda tutti noi. “Presi” nel senso di scelti nel giorno del Battesimo e prima ancora quando siamo stati concepiti, non tanto nel grembo di nostra madre, quanto nella mente di Dio. In quel momento Dio mi ha scelto e mi ha chiamato: Prima di formarti nel grembo di tua madre, ti conoscevo… ti ho stabilito profeta delle nazioni – dice Dio a Geremia. Ce ne sono tanti sul tavolo, ma è questo pane che Gesù prende. C’erano tante possibilità in quella fioritura di semi di vita, ma ne fu scelto uno: e questa è una chiamata che è l’aspetto più potente della nostra vita anche da un punto di vista di tenuta psicologica, a fronte di ogni fallimento, a fronte di ogni pettegolezzo, a fronte di ogni calunnia, a fronte di ogni “è andato tutto male”. Però Dio, in Gesù, ti ha preso. Tu sei stato scelto. Questa cosa, in particolare, vorrei dirla ai cinque ordinandi diaconi e all’ordinando presbitero: ricordatevi che siete stati scelti e la scelta di Dio non è legata ai nostri meriti. Quindi, anche io, come il pane, sono preso. Anche io, come il pane, sono benedetto. Recitò la benedizione, dice il testo, o lo benedisse, come dicono gli altri. Prese il pane e rese grazie, diciamo nelle parole dell’istituzione. Rese grazie, cioè ringraziò per il pane e invocò sul pane la benedizione. E la benedizione di Dio è più forte di ogni maledizione che altri possano pronunciare o che noi stessi possiamo pronunciare sulle nostre vite. Dio ti ha benedetto. Tu sei benedetto. Non vale solo per Maria – Tu sei la benedetta fra le donne – ma vale anche per noi. Il cammino spirituale consiste fondamentalmente, nel corso di una vita, nel tenere lontano tutte le teorie, le foto, gli articoli, le calunnie, le dicerie, quello che è scritto su facebook su di me, su di te. Io sono preso e benedetto. E la benedizione di Dio è potente. Dio benedice. Dio prende. Dio sceglie. E nessuna forza avversa, neanche diabolica, potrà togliermi dalle Sue mani e dalla Sua benedizione, nessun peccato, nessun tradimento. Sono benedetto. E poi sono spezzato, come il pane nell’Eucaristia. Questo spezzare il pane, gesto di convivialità, gesto del presidente della mensa, del padrone di casa, allude anche a questo spezzarsi di Gesù di qui a qualche ora. Si è già spezzato e dato per i suoi in questi anni, ma è nulla quello che ha fatto per ciò che sta per accadere. Ma anche io sono spezzato: a te è morta tua moglie, tu sei qui dopo un lutto, tu sei qui dopo un intervento (stamattina pensavo a Valeria nella preghiera, così presente ai corsi di Esercizi: non c’è più ma in realtà ci sta finalmente a godersi con noi questo lago, senza tutte le restrizioni delle

11

Page 12: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

chemio). Spezzati. E anche noi siamo spezzati nel dolore, nella depressione, nell’incomprensione, in un’amicizia nella quale avevamo investito e che ci risponde picche. Sono spezzato. Se non siamo spezzati, non possiamo essere dati. Se non siamo spezzati, non esce il meglio di noi. È duro dirlo per certi aspetti. Facile dirlo ma è difficile viverlo. È duro viverlo, ma noi diamo il meglio di noi quando ci stiamo perdendo, quando siamo spezzati, quando la vita ci spezza, ci spezza le ossa, la schiena, la mente, ci spezza il cuore. E poi siamo dati. Lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». Io non sono per me. Tu sei per la tua comunità parrocchiale, religiosa o familiare. Tu sei dato. E com’è difficile darsi, soprattutto quando vengono a derubarci anche delle nostre risorse vitali e di quel poco che ci è rimasto. Il poco di farina della madia e qualche goccia di olio nell’orcio, dice la vedova di Zarepta al profeta che le chiede di preparargli qualcosa: lei non ha più niente, ma adesso lo offre. Si dà. E Dio non le farà mancare l’olio per tutto il tempo della siccità, né la farina nella madia. Questo richiede una grande fede. Invece, noi accantoniamo, dicendo: Non si sa mai, per qualche malattia, per qualche evenienza, questo non lo do. Voi genitori siete dati ai vostri figli. I coniugi sono dati l’uno all’altro. I preti sono dati. I religiosi sono dati, consegnati, messi nelle mani. Certo, vorremmo che almeno ci apprezzassero, che ci dicessero “bravo!”, che ci dicessero “grazie”… No, i figli non dicono grazie. A volte neanche il marito, la moglie. Tanto meno i parrocchiani, mai. E quindi in queste mani la tua vita sembra ancora più maledetta, ancora più perduta, ma in queste mani sporche, irriconoscenti, tu ti stai salvando. Vi invito a guardare questo pane che passa di mano in mano, e man mano che passa si sporca ulteriormente, perché Pietro lo passa ad Andrea, Andrea lo passa a Bartolomeo… Ma che pane è? È un pane uguale, non sembra diverso, non è proprio freschissimo, forse è un po’ duro, rappreso, ma intanto è il Corpo di Cristo, la sua vita è quella che ci salva.Mi chiedo se questi verbi, che scandiscono, che strutturano l’Eucaristia, non debbano strutturare anche una vita eucaristica per tutti, chiaramente con diverse annotazioni, concretizzazioni, a seconda della vocazione.Vi consegno queste due piste: a seguirle tutte in questi giorni dovremmo stare qui cinque mesi, però servono per la vita. La prima: non si è mai così poveri da non aver nulla da donare. La seconda: prese, benedisse, spezzò e diede. I verbi dell’Eucaristia: i verbi della mia vita.

Meditazione, ore 8:45

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità

12

Page 13: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.

Ci fermiamo qui in questa tappa mattutina. Per leggere questo vangelo, che abbiamo detto essere il Vangelo, è importante tener presente che è notte, cioè la notte è l’aspetto inclusivo di tutta la storia della Passione. Dunque, entriamo in una notte dove i personaggi si muovono e non dobbiamo dimenticarne lo sfondo. Ho pensato sempre con tanta dolce nostalgia a questa ultima sera di Gesù, verso cui attiro anche la vostra attenzione: Gesù ha vissuto tante sere, anche noi ne viviamo, l’ho detto anche ieri, ma come sarà stata quest’ultima sera? La sera scesa attraverso le finestre del Cenacolo… La sera che s’intravede sul volto dei discepoli… La sera che richiede che si accendano le lampade, le lucerne... Uno dei racconti dalla Passione dice che per la Parasceve si incominciavano ad accendere le luci del sabato. Era notte, l’annotazione giovannea all’atto in cui Giuda esce dal Cenacolo, non riguarda solo il cuore del traditore ma riguarda anche il cuore del Redentore, cuore umano, riguarda anche la storia, la notte della storia (La Notte è il testo terribile di Wiesel, che alcuni di voi hanno certamente letto). Ecco, la notte adesso fa da padrona. E se noi estrapoliamo questi personaggi dalla notte, man mano che si avvicendano sulla scena della Passione, non li capiamo a fondo. E quindi non capiamo neanche noi stessi, all’atto in cui precipitiamo nella notte o la notte precipita su di noi.Ovviamente, man mano che le scene si susseguono, non le dimentichiamo: sovrapponiamole, come in sinossi, abbandoniamo pure solo con gli occhi e non con il cuore la dolcezza del Cenacolo, dove immagino che Gesù abbia voluto prolungare la Cena, ben oltre il dovuto, perché è l’ultima, perché è l’ultima sera, è l’ultima volta che ci troviamo tutti insieme uniti. Questo è un desiderio proprio dei genitori di far durare un po’ di più il pranzo. Invece i figli hanno sempre fretta, forse noi stessi, di andar via, di gettarci alle spalle certi vincoli, che poi scopriamo, a volte troppo tardi nella vita, che sono quelli che ci salvano. Vincoli che la mensa celebra, evidenzia, e quindi lo sguardo alla porta da parte dei genitori, lo sguardo alla porta da parte dei figli: i figli la guardano per guadagnarla, i genitori la guardano con timore. Quando mio figlio uscirà da quella porta… Quando mio figlio se ne andrà adesso che finisce questa festa che pure abbiamo preparato con tanta cura… Vorremmo fermare il tempo. L’amore vorrebbe fermare il tempo, perché lo stare insieme dell’amato e dell’amante possa perdurare.Dopo aver cantato l’inno è un’indicazione liturgica. È l’inno conclusivo – si tratta dei salmi dell’Hallel – della cena pasquale. Quindi, con l’inno tutti muovono le sedie, come a volte facciamo noi, per dire: Andiamo, abbiamo altro da fare, urgono altre cose.Uscirono verso il monte degli Ulivi: questo brano, che ci tiene insieme nella prima meditazione della mattina, è lungo la via, non ancora nell’orto, ma è in questo passaggio, in questo tratto, dal Cenacolo al giardino. Tanti di noi che sono stati a Gerusalemme conoscono questo tragitto: bisogna scendere, attraversare il torrente Cedron, e poi essere nel giardino del Getsemani. È lungo, lungo la via.

13

Page 14: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Allora, riflettiamo su alcune note. La prima: la parola di Gesù nel voler prevenire lo scandalo. Questa notte – ecco la notte – per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: «Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge». I testi dei profeti vengono a leggere la vita del Signore in ogni passo, in ogni passaggio, in ogni riflessione, e quindi Gesù va verso la notte, già è chiusa la porta del Cenacolo, c’è un brivido nella schiena per questa notte d’aprile ancora fresca ma ancora di più per quello che sta per accadere, il brivido della morte, il brivido della separazione, il brivido che tutto questo i discepoli non sapranno sopportarlo: Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. E brevemente vorrei fare con voi questo cammino del padre che tiene per mano il bambino, del padre che sta dietro il figlio adolescente, giovane, giovane adulto, come sicurezza e – terzo – del padre, diventato debole, e dunque bisognoso d’essere portato sulle spalle. La debolezza del padre – potremmo intitolare così questo breve percorso – perché nella mente dei nostri figli noi viviamo queste tre tappe (queste le ho scandite così io, ma andrebbero ulteriormente approfondite e diversificate). La prima tappa, la prima scena è: il padre che tiene per mano il bambino per dargli sicurezza, anche fisicamente. Questa mano nella mano, questa piccola mano nella grande mano, questa mano liscia nella mano rugosa, questa mano vissuta nella mano vergine del figlio esprime introduzione alla vita. Così ha fatto Gesù con i suoi discepoli. Li ha presi per mano quando erano bambini, li ha educati, li ha allevati, come dice il testo dell’Antico Testamento nei confronti d’Israele: Il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio.Poi viene il momento in cui i figli disdegnano questo contatto fisico. Mentre dico questo per tanti di noi che siamo padri e madri, poi possiamo rileggerlo anche nel rapporto inverso: noi figli nei confronti dei nostri padri, ai quali prima ci siamo affidati in una maniera piena – Sei forte papà!, diceva una canzone dei bambini di tanti anni fa – ma poi se la mamma indulge a qualche gesto affettuoso in più il figlio si svincola, si divincola, perché è come se questo contatto fisico, prima molto importante, unico vettore, forse più delle parole e tanto più dei concetti, fosse ritenuto ormai sorpassato. E allora viene il tempo in cui il padre c’è ma è alle spalle, e quindi non tocca, non tiene per mano, ma comunque è una sicurezza, perché c’è. Ricordo, da questo punto di vista, le lacrime di don Domenico – ve l’avrò già raccontato qualche volta – anche lui in Paradiso, anche lui a pregare per noi, giovane prete, al quale, appena ordinato, giunge l’annuncio della mia nomina. Ricordo queste lacrime, accompagnate da una parola, che mi strugge anche in questo momento in cui ve la dico: E te ne vai adesso che io sono appena diventato prete e ho ancora bisogno di te? Anche se il figlio è diventato grande, in questo caso diventato prete a sua volta, prete egli stesso, quindi in qualche maniera si poteva essere fratelli, sente che il padre, finché c’è, ti dà sicurezza alle spalle.Poi viene il tempo in cui il padre è debole e ha bisogno del figlio. È il figlio che porta il padre, che magari in un intervento chirurgico solleva il padre dal letto per metterlo in poltrona avvertendo la fragilità nel padre. Questo è un momento molto delicato, perché bisogna accettare che il padre sia debole. Di qui lo scandalo di cui parla Gesù. Ne ho data una lettura molto umana, come sempre: Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Ero qui per

14

Page 15: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

sostenervi, ero qui per incoraggiarvi, per gasarvi: Andate senza bastoni, senza bisaccia, annunciate il Regno, preparate la strada – pensate al capitolo 10 del Vangelo di Matteo, che è il discorso missionario – e adesso invece… Adesso sono debole, adesso addirittura rischio di scandalizzarvi: il tempo in cui il figlio porta il padre. L’immagine classica è quella di Enea, che porta il padre Anchise sulle spalle nell’incendio di Troia.In questa notte – e veniamo al secondo motivo della nostra meditazione, la seconda pista – in questa notte sarete deragliati, non mi vedrete più così sicuro, non sarò più così fermo nella voce, non sarò più così propositivo, non sarò più così forte, sarò debole, sarò preso. Vi scandalizzerete.La fede vera è la fede che travalica lo scandalo della fede.La fede vera è la fede che passa attraverso questa notte dove Dio non interviene, Dio non manda i Suoi angeli, Dio non abbatte il male in una maniera epica, così come noi vorremmo, ma sembra addirittura connivente o preda Egli stesso. Questo sentiranno i discepoli. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea.Questo succederà, ma poi vi precederò, sono io che seguo voi, quello che decidete, quello che decide Giuda, quello che decide Pietro, quello che deciderete tutti voi, scappando: poi vi precederò, adesso è il momento della debolezza.Ecco, davanti a questo avviso di scandalo, Pietro interviene facendosi voce di tutti, ma anche e soprattutto di se stesso, e dice: Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai.Lo conosciamo Pietro, il passionale, quello che si infiamma facilmente, ma come si infiamma, così perde quota. Adesso è un dialogo tra Gesù e Pietro, Pietro che avanza dei titoli e Gesù che cerca di abbassare il suo orgoglio: Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte – torna la notte – prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Non in seguito, non tra un anno, non quando si sarà diradato il ricordo della mia voce, ma adesso, tra qualche ora, tu… Tra l’altro a scandagliare queste parole, per quanto mi è possibile – il resto lo farà lo Spirito in voi – c’è un’inconsapevole coscienza da parte di Pietro di essere migliore degli altri, perché dice: anche se tutti, cioè anche se gli altri Undici… Io no, io sono un’eccezione, io non mi scandalizzerò. Conoscete il detto, è come fare il gallo: anche un cumulo di immondizia può sembrare un trono, può farci sopraelevare. Così siamo noi. Quando diciamo qualcosa di buono o affermiamo qualcosa di buono, lo facciamo ponendo come base la debolezza degli altri, e questo ci condanna: io non sono migliore degli altri. Quindi, attento, Pietro!, attento, Arturo!, attento, Francesco!, attento Massimiliano!, e potrei ripetere i vostri centoventi nomi… Noi non possiamo fondarci sulle nostre qualità, sulla nostra fede, sul nostro entusiasmo, sulle nostre promesse da marinaio.Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli. Parole belle, che fanno onore, se volete, all’adesione che Pietro percepisce d’avere nei confronti del suo Signore, ma sono parole, come tante nostre preghiere, bellissime, teologicamente perfette, ineccepibili, ma…“Le volte in cui ho promesso” può essere un esercizio che vi invito a fare se quanto detto non dovesse darvi già motivo e materiale di riflessione, di

15

Page 16: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

approfondimento, di preghiera, di invocazione: Signore, abbi pietà di me, abbassa il mio orgoglio.“Quando ho promesso”: e quindi le promesse del Matrimonio per molti di voi o le promesse della Professione – Luisa da poco ha professato per la prima volta – le promesse dell’Ordinazione diaconale o presbiterale o episcopale: Sì, lo voglio!, Sì lo voglio!, Sì, lo voglio!. Ma chi lo vuole? Tu o lo Spirito di Dio in te? E alla fine, come sapete, più dimessamente, la liturgia ci fa dire: Con l’aiuto di Dio, lo voglio.Quell’ultima risposta, più vera, salva tutte le altre, cioè lo voglio nella Sua volontà, lo voglio per Suo volere, lo voglio per Sua grazia, lo voglio non per me, ma per Lui, per i Suoi meriti, non per i miei, altrimenti so che di qui a un istante lo rinnegherò.Un autore dice che in Giuda chiediamo la liberazione dal male, in Pietro chiediamo la liberazione dal bene. Sembra un po’ blasfema quest’espressione, però a ben pensarci è giusta. Che significa che in Pietro chiediamo la liberazione dal bene? In fondo, quello che l’apostolo ha professato è bellissimo, è un bene, ma è il suo bene, cioè il bene che egli sente. E allora, se ci riuscite, se io riesco a mediarvi questo concetto, non chiediamo soltanto di essere liberati dal male, ma anche di essere liberati dal bene. Gesù ci libera dal bene, oltre che dal male, cioè dal bene come lo vedo io, dal bene che a me sembra di dover fare. Anche nell’organizzazione di una vita diocesana, ma immagino che sia così anche nelle famiglie, nelle parrocchie, si fa tanta difficoltà poi a convergere sul bene; ma se ognuno di noi volesse scegliersi il suo bene, allora non esisterebbe nessuna famiglia, né presbiterale, né ecclesiale, né parrocchiale, né umana… Se ci lavorate un po’ intorno a questo concetto, è più facile essere liberati dal male che dal bene, perché il male è male, si impone, basta fermarsi un attimo, basta chiarirsi un po’ le idee, basta snebbiare un po’ la mente, e lo vediamo: è un male, è impossibile che io possa continuare in questo atteggiamento. Invece, è così difficile liberarsi dal bene, cioè da quello che vedo io, quello che secondo me (noi oggi siamo nella fede del “secondo me”)... Lo stesso dissero tutti i discepoli: ovviamente gli altri non se la sentono di non unirsi al coro, anche loro innalzano le loro bandiere di fedeltà, anche loro inneggiano a un’amicizia che non finirà, a un pronto martirio, come noi. Ovviamente, mentre guardiamo i discepoli, parliamo di noi, del nostro cuore così cangiante, così incerto.Se dovessi chiedere un frutto nella preghiera che segue questa meditazione, chiederei di fare attenzione al cuore, perché il cuore è la cosa più indefinita che ci sia. Lo vedete quanto il cuore sfasci le famiglie, quanto il cuore faccia dire a una suora: Sì, è vero che ho professato, ma adesso c’è un’altra cosa, un’altra persona. Più fallace di ogni cosa è il cuore, chi può conoscerlo? Il Signore scruta i cuori. Un consiglio che sento di dare ai giovani presenti è: legate il cuore prima che sia troppo tardi, perché il cuore sciolto è un cane che finirà per mordere. E “legare il cuore” significa dire al vescovo Paolo: Eminenza, non la IV Domenica di Pasqua del Buon Pastore! – È troppo tardi! – Mi ordini subito, perché non so se ci arriverò. E faccia dire ai fidanzati: Sposiamoci subito. E sapete che sia l’una che l’altra cosa di per sé, mentre è vincolante sul piano della grazia, poi non lo diventa sul piano dell’esistenza, perché il marito dice

16

Page 17: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

alla moglie: Noi non ci amiamo più. È un’altra storia, è un altro capitolo, e qui siamo noi. Sono io in pericolo, è il mio cuore che va vagando, divagando, che fa promesse. Signore, legami il cuore, prendimi il cuore! Prendimi il cuore è una poesia di Tagore che abbiamo utilizzato altri anni, non ricordo neanche in quale annata di questi vini che andiamo producendo da trent’anni e più: Questa volta prendimi, Signore, prendimi il cuore. Te lo consegno, perché il cuore, se rimane al suo posto – e non mi riferisco al muscolo cardiaco – diventa una bomba che mi autodistrugge, distrugge anche le persone intorno a me, quelle più care. Altro che Va’ dove ti porta il cuore… Qua il cuore ci porta alla malora, non so se ne avete percezione anche voi. Prendilo Tu, guidalo Tu, tienilo accanto al Tuo cuore, perché io ho paura di questo cuore che fa promesse, e certamente non le mantiene.

Meditazione, ore 11:30

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

Quello che abbiamo meditato poc’anzi è detto lungo il cammino prima che avvenga. Gesù cerca in tutti i modi di preparare i discepoli a ciò che sta per accadere, ma il suo tentativo risulterà vano. La meditazione fatta può essere riassunta in quest’espressione: non è il mio amore per Dio che mi salva, ma è l’amore di Dio per me. Questo in margine alle promesse da marinaio di Pietro, che ci rappresenta tutti negli entusiasmi e in un sentire molto emotivo, superficiale. L’esperienza del Getsemani è una delle pagine più dure del Nuovo Testamento e dell’intera Bibbia. Pensate che Bernanos ne era come ossessionato nel Dialogo delle Carmelitane, nel Diario di un curato di campagna e torna a volte anche in alcune lettere dell’epistolario su questo momento incomprensibile della vita del Signore. Dobbiamo imparare dai convertiti come si crede: il loro entusiasmo e le loro difficoltà sono per noi un tracciato da non perdere.

17

Page 18: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Con l’immaginazione, che non deve essere esclusa dalla meditazione, entriamo anche noi nel Getsemani, luogo consueto, diremmo oggi, di cui Gesù aveva la chiave, un luogo di preghiera, di ritrovo, di ricarica, e quindi in questa notte, che è calata pesante, Gesù immagina di poter trovare là un po’ di pace, di serenità. Qualcuno distribuisce la storia della salvezza in tre grandi notti. La notte della creazione, quando emergono le cose dal buio, come dice un inno monastico – Le cose riemergon dal buio com’era al principio del mondo – la notte in cui il Caos pian piano si stempera diventando Cosmo, ordine. I nostri incubi notturni più terribili sono in qualche maniera memoria o paura del Caos. E per un bambino il Caos sono i genitori che non vanno più d’accordo, il venir meno di una sicurezza.La seconda notte è quella di Giacobbe che lotta con l’angelo. Altre volte ci siamo fermati su quel brano di Genesi, dove da quella lotta Giacobbe esce ferito, perché l’incontro con Dio ci ferisce, ci limita, ci lascia una cicatrice, una traccia, una memoria sul cuore. Da quella notte e da quella lotta, un po’ come un amplesso, un abbraccio d’amore, nasce Israele: Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele. E non è solo Giacobbe che nasce col nome nuovo, ma è l’intero popolo d’Israele, che finora ha vissuto nei germi, negli spermatozoi dei patriarchi, che diventa un popolo, un popolo che ha un nome. Nella notte di Giacobbe Dio dà un nome al Suo popolo. Nella notte, che è quella del Getsemani e con quanto segue, è l’uomo in Gesù che dà un nome al Padre: Abbà.Ecco, queste tre notti sono come tre grandi piloni portanti della fede di Israele e della fede della Chiesa.Gesù chiede compagnia. Anche qui ci affacciamo sull’umanità del Redentore, perché anche noi, nei momenti di massimo sconforto, chiediamo qualcuno, una spalla su cui reclinare il nostro capo, qualcuno che raccolga le nostre lacrime, mentre gli Undici si sono fermati a un certo punto. Pietro, Giacomo e Giovanni vengono ammessi più vicino, essi che hanno assistito alla Trasfigurazione, e come sapete, il vangelo della Trasfigurazione, che potete andarvi a rileggere, fa da pendant a questo momento: trasfigurazione e sfigurazione. Nella prima pagina di vangelo, quello della Trasfigurazione, Gesù viene riconosciuto come figlio: Questi è il mio Figlio prediletto, ascoltatelo. Adesso nella sfigurazione è Gesù che dice: Padre. Si chiude un cerchio: il Padre dice “figlio”. Il figlio dice “Padre, Abbà”. Cominciò a provare tristezza e angoscia: c’è paura nel cuore del Redentore, come tante volte anche nei nostri davanti a un pericolo imminente, di cui non si riesce a percepire la portata e da cui in qualche maniera, proprio per questo, si è indifesi, impreparati.La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate con me.Carissimi amici, siamo qui per vegliare con Gesù, anche in questi giorni, in questi tre giorni. Questa preghiera, che sulle prime vi apparirà pesante, perché non ho mai pregato tanto tempo, non sono stato mai in silenzio tanto tempo, in realtà poi si trasforma in dolcezza, come ci ha ricordato Giovanni della Croce nel canto con cui abbiamo iniziato. Diventa dolcezza perché sto qui a nome della mia famiglia, a nome dei miei amici, a nome della mia parrocchia, a nome della mia diocesi, a svolgere un ruolo di compagnia. Sedetevi qui e pregate:

18

Page 19: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Restate qui e vegliate con me. La preghiera è questo: vegliare con Gesù. Lasciare che la sua immagine entri dentro di noi. E questo Gesù, che cade a terra, come un cencio, come un sacco vuoto, esprime tutta l’abiezione. Anche voi che vi preparate ad essere ordinati, voi che siete già stati ordinati, avete vissuto questo gesto della prostrazione: cadere a terra. Con la preghiera raggiungiamo anche Emmanuel e Paolo, che insieme ad altri tre della diocesi di Sorrento-Castellammare, proprio in questi giorni sono a Monteluco a vivere gli Esercizi in preparazione all’Ordinazione presbiterale. E quindi anche loro si preparano a buttarsi a terra, ad aderire, a fare tutt’uno col pavimento della Cattedrale, delle cattedrali, per fare come Gesù che si getta a terra, per dire: Sono una pietra io stesso. Cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!». Ci conforta questa preghiera, perché anche noi abbiamo paura e diciamo: Questa cosa non la voglio vivere… Spero che non mi venga un cancro… Ho paura che mio figlio… Se è possibile, Padre mio, Abbà. Desiderare anche una piccola sofferenza è segno di malattia mentale: il dolore cerchiamo di allontanarlo. Come Violetta, nel I atto di Traviata, diciamo: Follia! Vorremmo vivere brindando alla bellezza che infiora, alla giovinezza, ma sappiamo che la vita non va così.Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!Questa preghiera la facciamo tutti continuamente, ma non tutti poi aderiamo alla seconda, che è una sorta di resa: non come voglio io ma come vuoi Tu; questo è il mio desiderio, ma qual è il Tuo desiderio? Questa è la mia volontà, ma qual è la Tua volontà? Come crocifiggere la mia alla Tua volontà? Gesù viene dai suoi e li trova addormentati. E dice a Pietro: Non siete stati capaci di vegliare con me un’ora sola? Non riuscite a stare concentrati, con gli occhi aperti, un’ora sola, quando io veglio su di voi dall’eternità? Un’ora rispetto alle tante ore che perdiamo. La gente in chiesa guarda sempre l’orologio, non così allo stadio, non così a un concerto, per entrare nel quale si fanno ore e ore di attesa, di fila. E qui ci viene chiesta solo un’ora. Un’ora di veglia ci salva, ci salverà. Non siete stati capaci.Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione, perché la veglia è preghiera e la preghiera è veglia. Nel Padre Nostro abbiamo meditato l’anno scorso, nella Fraterna Domus: Non ci abbandonare nella tentazione, non farci andare da soli nella tentazione. Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione, per non soccombere alla tentazione. La vita ne è piena. E le tentazioni sessuali sono, forse, quelle meno gravi per certi aspetti. Ci sono tentazioni di fede, tentazioni di demordere, tentazioni d’abbandonare quello che abbiamo promesso, terribili. Ci sono tentazioni legate alla depressione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole. E mi sono sempre chiesto: Gesù lo dice di sé o di noi? Lo dice di entrambi. Lo dice di sé. È pronto per andare incontro alla Croce, ma sente tutta la debolezza della carne, che lo ha rivestito non solo come un abito, e lo dice soprattutto per noi, perché sentiamo anche noi questa disparità tra certi desideri, tra certe preghiere formulate, e il trascorrere delle ore, dei giorni, delle settimane, dei mesi, degli anni, dove la carne diventa l’unica evidenza e lo spirito soccombe. E questo senza creare una dicotomia tra carne e spirito. È un dato di fatto che in noi lo spirito è più forte e la carne ha la sua debolezza. Va rafforzata, allenata.

19

Page 20: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Che significa questo sonno? Ce lo siamo chiesti tante volte e ce lo chiediamo nella preghiera anche oggi. Perché si sono addormentati? Perché hanno bevuto, perché è tardi, perché ormai a quest’ora si era sul proprio giaciglio, perché hanno paura anche loro, perché non vogliono vedere. Perché vogliono chiudere gli occhi, come noi, davanti a un Maestro debole. Dice il testo: Perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Si erano appesantiti. A volte gli occhi si appesantiscono per il sonno, per il vino, per la disattenzione, per l’assenza di preghiera. In questi giorni facciamo incetta, in qualche maniera, di energie spirituali, per non cadere nel sonno. E qui il sonno è quello della dimenticanza, del dimenticare chi è Gesù e cosa ha fatto per me. I discepoli, come i bambini, non riescono a stare svegli, precipitano nel sonno. Nessuno, come i bambini, passa dalla veglia al sonno in un attimo. Sono stanchi. Siamo stanchi. E vediamo un indebolirsi sempre di più del gruppo dei discepoli, in particolare dei tre, e un rafforzarsi della volontà e dello spirito umano di Gesù, rispetto alla volontà del Padre. E questi due esiti dipendono dal permanere nella preghiera.Carissimi, la preghiera non è facile. La preghiera è una lotta. La preghiera è pregare anche quando non si ha voglia e rimanervi anche tra mille distrazioni. Bisogna pregare e voler pregare anche quando non c’è nessun riscontro, anche quando ci sembra di parlare al muro, al vuoto, ma smettere di pregare perché non ci sono soddisfazioni, non c’è feedback, non c’è ritorno, ci porta alla debolezza, al sonno, alla dimenticanza e al diradare gli incontri. Leggeremo così questo pomeriggio il rinnegamento di Pietro, come un essere entrato in una dimensione di sonno, di abulia, di astenia. E se volete, se non vi sembra eccessiva quest’applicazione – sorrideranno gli psicologi presenti – può darsi che i discepoli siano affetti in questo momento da sindrome da burnout. Cos’è questa sindrome, piuttosto recente? È la malattia, l’astenia, che prende coloro che più di altri per professione, sono a contatto con la debolezza. Inizialmente questa sindrome era rilevata nei medici, negli infermieri, nei preti, ma adesso si sta estendendo, per esempio, agli operatori sul piano dell’educazione, della scuola, presidi, insegnanti, ma anche a fasce non direttamente collegate al lavoro che implichi una forte relazione con le persone. “Burn out” alla lettera significa “bruciarsi”. Ci sono professionalità, persone che si bruciano, perché vorrebbero immediatamente dei risultati o perché escono fallimentari da un loro progetto educativo: pensate ai medici, agli infermieri che lavorano in queste strutture, che vanno moltiplicandosi, di lunga degenza, dove c’è una sola uscita prevedibile. Mi ha colpito anche in una casa del genere, che si trova a Tora, nel territorio della nostra diocesi – lo sa bene anche don Francesco – vedere subito l’indicazione “Sala mortuaria”. Ma toglietela, per carità! È vero, eh!, ma toglierla significa addolcire un po’ le cose. Immagino i parenti che vanno a far visita ai malati terminali che s’imbattono immediatamente in questa segnaletica. Allora, immaginate queste persone: se anche si implicano minimamente, come d’altra parte richiesto, vedono sempre uscire bare. Come devono reagire? Sono come delle professionalità a rischio fallimento. Questo valga anche per i preti, in particolare per i giovani preti, che si lanciano a corpo morto nelle attività, nelle cose, nella parrocchia, pensando che le persone possano cambiare con un po’ d’acqua santa, un fervorino, il cambio dell’altare, una casula nuova… Ma le cose non sono così, e allora se questi giovani preti non si allenano al fallimento… Qual è l’atteggiamento per

20

Page 21: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

evitare d’entrare o possibilmente d’uscire da questa sindrome? È bilanciare l’aspetto distanza-vicinanza, cioè essere vicini ma non troppo, essere lontani ma non eccessivamente, perché se io non mi implico – dicevo proprio ieri a uno di voi – certamente non soffrirò, ma neanche produrrò nulla, ma al tempo stesso, in questa quasi strutturale situazione di disequilibrio, se io mi protendo eccessivamente, se mi sporgo un tantino in più dal finestrino sul baratro, finisco con l’esserne risucchiato. Oggi siamo tutti, più o meno, a rischio burnout. Quello che mi interessa di più è come difendersi da un punto di vista spirituale, alla luce anche del brano che stiamo meditando, da questa possibilità di bruciarsi. E la risposta è nel testo stesso: Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Riserva – traduco così – una parte di tempo per te, in modo tale da non essere risucchiato eccessivamente dall’impegno professionale o vocazionale che sia. Come vedete, troviamo nell’espressione di Gesù certamente un motivo di equilibrio e un invito spirituale, ma anche una norma che ci aiuta ad essere equilibrati nel confrontarci, nell’approcciarci, nell’interfacciarci con la debolezza dell’altro. I sintomi del burnout sono astenia, demotivazione, a dire: Ma è tutto inutile! È inutile che sto qui in questa parrocchia, in quest’oratorio, in quest’ospedale, in questa famiglia, in questa scuola, tanto le cose stanno precipitando e precipiteranno ulteriormente. Quindi si ha immediatamente un calo motivazionale, e chi, magari sul piano scolastico, era intraprendente, perché si faceva promotore di iniziative per gli alunni, per i colleghi, per i genitori, batte la fiacca in una maniera ingloriosa, e questo immediato calo dice: Ecco, sei dentro. O il prete che era super motivato diventa, invece, una larva, un’ameba, dice la Messa così ma in una maniera molto riduttiva, riduzionista. Se riusciamo a mantenere questo equilibrio, perché poi molti di noi a questo sono chiamati, sia sul piano professionale che vocazionale, possiamo permanere in una situazione di tensione, in una situazione che di per sé preveda un fallimento, senza che questo nuoccia in una maniera determinante. Ecco, questo in psicologia si traduce così: cura di sé. Abbi cura di te! Pensa al tuo spirito, pensa che hai bisogno anche tu di ristorarti.A questo proposito vi leggo questa cosa che viene da molto lontano. Non vi dico l’autore.

Ascolta il mio rimprovero e il mio consiglio. Se ti dai anima e corpo alle cose esterne, trascurando completamente la contemplazione, debbo in questo lodarti? Nemmeno per sogno, e credo che nessuno lo farebbe, almeno tra quei che han letto quelle parole di Salomone: «Quel che si perde in agire si acquista in sapienza». Del resto, nemmeno l’azione ci guadagna nulla dal non essere prevenuta dalla contemplazione. Vuoi essere interamente a disposizione di tutti, come Colui che si fece tutto a tutti, e sta bene, lodo la tua generosità, a patto però che sia completa, cioè se tu te ne escludi, come può essere tale? Non sei un uomo anche tu? Se la tua generosità vuole essere perfetta, dal momento che abbraccia tutti, abbracci anche te, altrimenti, come dice il Signore, cosa ti gioverà a guadagnare il mondo intero, se perdi poi te stesso? Perciò se tutti ti possiedono, possiediti anche tu. Perché solo tu dovresti rimaner privo del dono di te? Fino a quando sarai uno spirito che si espone

21

Page 22: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

senza ritorno? Tu accogli tutti, perché non accogli a tua volta te stesso? Sei debitore dei saggi e degli stolti, ma solo a te nulla ti devi? I dotti e gli ignoranti, i liberi e gli schiavi, i ricchi e i poveri, gli uomini e le donne, i vecchi e i giovani, gli ecclesiastici e i laici, i giusti e i peccatori, tutti han su di te indistintamente la loro parte. Il tuo cuore è una fontana pubblica dove tutti han diritto di bere. Tu solo devi rimanere in un angolo, assetato? Non restare privo di ciò che ti spetta, scorrano fin per le piazze le acque della tua generosità, ci si dissetino pure gli uomini e i giumenti e le greggi, offri da bere anche ai cammelli di Abramo, come Rebecca, insieme con gli altri però accosta anche tu le labbra alla sorgente del cuore. “Lo straniero non ci beva” sta scritto. E saresti proprio tu lo straniero? E per chi non lo sei, se sei straniero per te stesso? E chi è cattivo con sé, con chi sarà buono? Ricordati quindi di rientrare in te, non dico sempre, non dico spesso, ma almeno qualche volta. Tutti si servono di te insieme con gli altri o perlomeno dopo gli altri servitene anche tu.

San Bernardo, abate di Chiaravalle, scrive queste parole a un Papa, suo figlio, Eugenio III.Alcuni di voi esperti avevano già riconosciuto l’autore, ma ho voluto nascondere lo scrivente e il destinatario per farvi gustare la bellezza e la chiarezza di queste parole, tanto più se poi sono rivolte a un Papa, che non ha tempo per sé, ma il suo padre, benché adesso suo figlio, perché il Papa è il Papa, ma il maestro rimane maestro, gli scrive tirandogli le orecchie, a dire: Attento, Papa Eugenio! Avrai tutta la grazia del Ministero, ma ricordati che sei uomo anche tu, ricordati che devi bere anche tu, ricordati che se tutti hanno diritto su di te, anche tu hai diritto su te stesso. Raffaele, che fa lo psicoterapeuta, potrà utilizzare questo testo – gliene diamo licenza – per i suoi pazienti affetti da burnout.Cosa chiediamo in questa meditazione che poi sarà quella durante il pranzo e nel primo pomeriggio? Chiediamo la grazia dello spirito di preghiera. Lo spirito di preghiera è lo Spirito Santo che parla in noi, ma anche la sensibilità a percepirne la voce. Lo spirito di preghiera a volte ti sveglia. Lo spirito di preghiera ti ha condotto qui. Lo spirito di preghiera ti dice: Guarda che siamo in rosso. Lo spirito di preghiera ti rende bella la Parola, te la apre, te la squaderna in mille sfaccettature, facendotene gustare la dolcezza. È lo spirito di preghiera che manca a Pietro, Giacomo e Giovanni, benché ammessi al monte della Trasfigurazione. È lo spirito di preghiera che Gesù indica loro, dicendo: Pregate e vegliate, per non entrare in tentazione. È l’assenza dello spirito di preghiera che ci manda in crisi. È lo spirito di preghiera che ci fa riemergere e ci fa dire: Ma io chi sono? cosa sto facendo? È lo spirito di preghiera che anche in una situazione di grande stress, come quella che Gesù vive e come quella che vivono i discepoli, scandalizzati al vedere il loro Maestro in difficoltà, che dà a Gesù la forza di andare incontro a Giuda – lo vedremo nel pomeriggio – ed è l’assenza di questo spirito che fa cadere in un sonno sempre più profondo, quanto mai simile alla morte, i tre discepoli insieme con gli altri, che un poco discosti, a loro volta, si sono addormentati.Se le cose vanno male nella nostra vita, non è perché vanno male in sé, ma perché noi non abbiamo un pozzo cui attingere. Ecco, torna l’immagine del

22

Page 23: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

lago alle mie spalle, tra qualche istante nella realtà davanti a noi, come un richiamo: bevi anche tu, dissetati anche tu.

23

Page 24: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Meditazione, Ore 16

Canto: Saldo è il mio cuore

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che era con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: « Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».

Quello che è accaduto nell’orto ha preparato Gesù a questo vero inizio della sua Passione. Lo abbiamo visto rinsaldarsi: Saldo è il mio cuore, o Dio – abbiamo cantato – e non ci riferiamo ai nostri ma al suo, pienamente ancorato alla volontà del Padre, mentre i nostri cuori sono così ingannevoli, così cangianti.

24

Page 25: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Mentre ancora egli parlava, l’ultima parola: Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino. Gesù va incontro a Giuda, alle guardie, perché sono venuti in tanti per prendere uno solo disarmato. Questo agguato dell’amore è piuttosto teso da Gesù a noi, più che da noi a Lui. E noi siamo rappresentati da questa turba assoldata, presa di qui e di là, quasi si trattasse di un malfattore. Anche noi abbiamo bisogno di preghiera per essere rinsaldati, per poter vivere quello che di volta in volta ci è chiesto, soprattutto in certi momenti decisivi della nostra vita. “Ecco andiamo” – dice il cerimoniere all’atto in cui si suona la campana o il campanello e inizia la liturgia dell’Ordinazione – procedamus in pace: è una liturgia graduale, liturgia d’ingresso, nella vita, nella vita di fede, nell’Ordinazione, nella professione, nel Matrimonio, come in ogni altro momento feriale e terribile. Questo gruppo di persone – “guardiamo” nella meditazione, sono gli occhi del cuore che scrutano – è guidato da uno dei Dodici. Giuda conosce la strada, conosce il cancello, conosce la combinazione, sa dove Gesù nell’Orto altre volte si è recato per la preghiera e per ricaricarsi, secondo quella norma che abbiamo ripetuto (prenditi cura di te). E il segno del tradimento è un bacio. Il segno dell’amore diventa anche il segno del disamore. Colui che bacerò è Lui. Evidentemente è un gesto che apparteneva al rituale dei discepoli, all’atto in cui si congedavano o tornavano dal Maestro: Salutatevi tutti col bacio santo – dice l’apostolo. E quindi non sarà difficile per Giuda recitare questo ruolo e a Gesù dovrà apparire una cosa quanto mai consueta. Ma Giuda non è solo. I segni dell’amore diventano i segni del tradimento. «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: “Amico, per questo sei qui!”. C’è un esclamativo con una punta d’interrogazione: sei venuto per questo? – o anche – Questo adesso è il tuo ruolo? E questo toglierebbe anche tanto dramma per il futuro di Giuda, di cui sapremo solo nell’eternità: sei qui per questo?, per compiere un gesto santo, anche se è stato partorito nel tuo cuore come un gesto malvagio, di violenza. La nostra attenzione si ferma sulle mani che toccano. Tutto il racconto della Passione è attraversato da queste mani, noi le diremmo “sacrileghe” con il nostro vocabolario, mani pagane, mani miscredenti che toccano il Signore, che toccano colui che sprigionava da sé una forza. Nel vangelo di Giovanni queste persone, che si avvicinano per prendere Gesù, all’atto in cui egli manifesta la sua identità e presenta le sue credenziali – Sono io – precipitano in ginocchio, perché quello è l’atteggiamento dell’uomo davanti a Dio.Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.Pensate che l’emorroissa per aver solo sfiorato il mantello, il lembo del mantello, fu guarita nella sua femminilità ferita da tanti anni. Adesso, questo corpo, che era fonte di miracoli, è preso. Donna del Paradiso, il tuo figliolo è preso – dice Jacopone da Todi, annunciando a Maria la cattura di Gesù. Adesso è preso, mentre prima era libero, libero di operare il bene. Ma non con i miracoli noi siamo stati salvati. Non ciò che ha fatto, ma ciò che gli abbiamo fatto ci ha salvati. Ciò che ha fatto sono i miracoli, e quindi i ciechi che hanno recuperato la vista – ne abbiamo incontrati anche in questo cammino quaresimale – gli storpi che han preso a danzare, i morti risuscitati: sono delle proroghe, perché Lazzaro morirà di nuovo, e così il figlio della vedova di Naim,

25

Page 26: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

e così gli storpi guariti, i ciechi, a cui è stata ridonata la vista… Per quanto tempo questo miracolo è durato? Il tempo della loro vita. E quindi si tratta di proroghe, di deroghe temporanee. Contemplando con gli occhi della fede questa natura di Gesù, che pure ci mette nel cuore tanta tristezza, ci accorgiamo che questo gesto non è il gesto di chi cattura ma di chi si lascia catturare. Non ciò che ha fatto, ma ciò che gli abbiamo fatto ci ha salvati. Non la sua azione, ma la sua Passione. E da questo momento Gesù diventa remissivo, come non mai. Non alza la voce, quella voce che placava le tempeste sul lago. Adesso non risponde neanche ai suoi accusatori. Potrebbe, per forza, per autorevolezza, per altezza concettuale, ridurre al silenzio i suoi oppositori, e invece entra in una dimensione passiva. Ed è questa passività il vangelo della Croce.Anche noi abbiamo tanta difficoltà nella nostra vita – e prima o poi succede per malattia, per vecchiaia, per tanti inconvenienti – a entrare in una dimensione dove agiscono gli altri e dove non siamo più padroni di noi stessi. A volte la stessa insonnia, la difficoltà di lasciarsi andare al sonno, è un voler stare svegli per autocontrollarsi, per avere dominio della situazione, per poter rispondere, per poter telefonare se mi sento male, per chiamare il 113 se arrivano i ladri… È chiaro che se uno pensa a tutte queste cose non si addormenta mai. Lo stesso addormentarsi – fenomeno quanto mai feriale – è una sorta di abbassare i toni, abbassare le armi, per dire: Adesso mi abbandono! Se vengono i ladri, vengono i ladri!, se mi viene un infarto, mi viene un infarto! Non posso stare sveglio continuamente. E quindi, mentre contempliamo in Gesù la passività, senza ovviamente metterci a confronto con Lui, ci chiediamo quanta remissività sia nelle nostre malattie, nell’avanzare degli anni, nel vedere che poi altri decidono per noi anche cose importanti. Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti. Ecco Matteo: state semplicemente realizzando una profezia, state offrendo i vostri muscoli, la vostra intelligenza, la vostra cattiveria al servizio del bene.Nel vangelo di Giovanni: è l’ora – quando venne l’ora – e quando l’ora non è ancora giunta nessuno riesce a mettergli le mani addosso. I soldati stessi tornano disarmati e quando chiedono: perché non ce l’avete portato? Rispondono: Nessuno ha mai parlato come parla quest’uomo. Ebbene adesso colui che parla così bene, e parlava, adesso tace. È l’ora delle tenebre. E davanti a questo scandalo si realizza anche la parola di Gesù di qualche ora fa: Sarà percosso il pastore, saranno disperse le pecore. Tutti scappano, e ciascuno ha cara la sua vita. Non c’è lo Spirito che verrà a rendere forti i martiri, anche ragazzi, anche giovani – cosa che succede tutt’oggi in alcune parti del mondo – spingendoli a mettere la fede al di sopra del grande valore della vita. Dove sono questi discepoli così coraggiosi? quelli che hanno promesso? Pietro stesso? Lo vedremo, questo stesso pomeriggio, cadere davanti alle domande di una donna impicciona. Potremmo commentare questa scena con le parole stesse di Gesù: Il regno di Dio subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. E come se ne impadroniscono? Con le armi, con il modo con cui l’uomo ha di impadronirsi degli altri o delle cose degli altri. Siete venuti con

26

Page 27: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

spade e bastoni. Torna il gioco delle carte: denari, spade, bastoni. Così il mondo gioca alla morte! Ma qui, paradossalmente, con questi strumenti di morte si sta preparando la vittoria sulla morte. Ci si impadronisce degli altri con baci, con la seduzione. Ci si impadronisce degli altri con il potere del denaro. Ci si impadronisce degli altri con le spade, con la violenza. Con spade e bastoni. E forse anche noi dovremmo avere più forza, più violenza – nel senso bello del termine – per capire che per certe cause, per la causa di Gesù, bisogna giocarsi tutto, anche quelle sicurezze che sembrano importanti alla logica del mondo. E l’altro binomio, su cui è possibile intessere una preghiera, è: dono-impadronirsi. Gesù si dona, si consegna. Poi è consegnato di mano in mano. La “consegna” è il verbo dell’Eucaristia. Io vi ho trasmesso ciò che a mia volta ho ricevuto, ciò che mi è stato consegnato nella notte in cui fu tradito.E dall’altra c’è questa mania di annettere a sé, di inglobare, di fagocitare l’altro. E si contrappongono questi due atteggiamenti. Dio si dona – il lago, che è ancora qui davanti a noi, è null’altro che il consegnarsi di Dio – Dio si consegna nella creazione e ancor più nella redenzione: si fa dono.Quello che stiamo sperimentando in questi giorni – il rosa delle azalee, il rosa fucsia dell’albero di Giuda, che sta fiorendo pian piano, il giallo delle forsizie, il lilla del rosmarino, l’azzurro del lago… – noi lo accogliamo come dono; come un dono accogliamo tutto quello che preparano per noi a pranzo, a cena, senza che ci dobbiamo preoccupare di fare la spesa, di scervellarci (la preoccupazione di molte di voi, mamme e mogli): tutto questo è dato. Questo parco è nostro. L’ho detto gli altri anni e lo ripeto: è come vivere da re in questi giorni, da regine, però noi vogliamo impadronircene. E allora c’è questa contrapposizione tra Dio che si dona e l’uomo che vuole possedere (come nel Piccolo Principe: c’è quello che conta le stelle, perché contandole e ricontandole le possiede). L’amore è dono. Il possesso ci lascia un pugno di mosche in mano. Al massimo, per dirla con un parallelo del vangelo di Marco – che anche con voi penso di aver meditato un po’ di anni fa – ci lascia il lenzuolo che il ragazzo che segue Gesù, misterioso, nell’Orto, lascia nelle mani dei persecutori. Lo seguiva solo un ragazzo, vestito solo di un lenzuolo: lo presero, ma egli fuggì via, nudo. Rimane, nelle mani di coloro che vogliono possedere, solo questo lenzuolo, come nelle nostre mani, nell’evento della Pasqua, resteranno le bende e il sudario, strumenti di morte. La vita vola. La vita ci precede, ci chiama d’altrove.E infine – e poi vorrei fermarmi un po’ con voi, in una maniera un po’ più contemplativa sull’immagine che è in copertina al nostro libretto – questo permanere di Gesù nella casa del sommo sacerdote. Qui è Gesù nelle mani del potere religioso, che ovviamente è una sorta di “potere-zimbello”, perché non possono firmare una condanna a morte (ci sono i Romani poi, senza Pilato non si fa niente). Ma intanto le questioni sono di carattere religioso. C’è stato un certo consenso (ci si mette sempre d’accordo quando si tratta di condannare un innocente), c’è un processo religioso, quello a cui fa riferimento il brano che abbiamo ascoltato nella seconda parte, dove ci sono i falsi testimoni: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Jesus autem tacebat. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere. E allora il sommo sacerdote si veste d’autorità e fa una domanda capziosa e

27

Page 28: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

teologicamente perfetta: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio, come hai affermato più volte». E Gesù: «Tu l’hai detto». Nelle nostre chiese, quando si legge il Passio, è una sofferenza immane, perché la lettura è una cosa quanto mai delicata e richiederebbe una competenza non solo della lingua italiana, ma anche della fede. Tu l’hai detto, cioè è così. E questa espressione è l’unica che Gesù pronunzia. È un tuono in questa notte in cui nessuno dorme. Questa è una notte in cui stanno tutti svegli, il potere religioso, il potere politico, le guardie, i farisei, i discepoli. Gerusalemme sembra a mezzogiorno, stanotte.Ed ecco, c’è il gesto rituale della bestemmia che è lo strapparsi le vesti, segno di scandalo per ciò che si ascolta, per scrollare da sé la bestemmia che rischia di appiccicarsi alle vesti, alla persona. Poi si strapperà il velo del tempio.«Che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Come per i condannati di una volta, è come se calasse un velo sul volto del condannato che non ha più diritti, ma diventa una cosa. Allora gli sputarono in faccia e lo percossero – ricordatevi che è il più bello tra i figli dell’uomo (salmo 44) - Altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo!». Se non sbaglio, Santucci, a proposito dello schiaffo, dice: all’atto in cui uno schiaffeggia Gesù volano via come colombe impaurite tutte le carezze di Maria. Tutte le carezze che la Madre aveva dato al suo bambino, al suo ragazzo, forse anche all’atto di salutarlo, al giovane che parte, preso dalla febbre del regno, sono state annullate da uno schiaffo volgare. «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?». Si finisce a giocare con il condannato, per divertirsi un po’, per trascorrere questa notte.

Momento contemplativo

Meditazione, ore 17:45

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli nego di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un poco i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

Canto: Io domando

Entriamo in questo vangelo delle lacrime. Il paese delle lacrime - dice l’autore del Piccolo Principe – è così misterioso. È un paese dove siamo cresciuti e dove,

28

Page 29: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

speriamo, di continuare a crescere, perché siamo cresciuti con le lacrime e nelle lacrime. Le mie lacrime – dice il salmista – sono il mio pane notte e giorno, mentre mi dicono sempre: Dov’è il tuo Dio? Il salmo 41/42 dell’assetato che cerca la sorgente, come la cerva, è il canto di un esule. Sono le lacrime di un esule a cui si chiede conto: Ma tu a quale popolo appartieni? Perché sei qui? perché indossi questi abiti? Perché fai questi gesti?Anche a Giona, nel bel mezzo della tempesta, si chiede: A quale popolo appartieni? Qual è il tuo Dio? Perché non ti aggiungi anche tu alle preghiere che stiamo facendo perché questa barca non affondi, non sia preda della tempesta? Vorrei entrare insieme con voi, in punta di piedi, con un silenzio ulteriore, in questo paese delle lacrime, in questa pagina di Pietro che si perde. Se anche questo racconto non dovesse essere Parola di Dio – dico per assurdo – da solo basterebbe a raccontare di noi e della nostra fragilità e del fatto che cambiamo bandiera a ogni vento che muta. La fedeltà sembra non appartenerci, neanche quella a un amico, non parliamo di quella alla moglie, al marito, che oggi è quanto mai in ribasso, purtroppo! Com’è possibile? Mentre ce lo chiediamo, non vogliamo accusare Pietro ma accusare noi stessi: com’è possibile che un attimo fa, un’ora fa, due ore fa, tu ti prodigavi in affermazioni, in asserzioni di fedeltà, di vicinanza, di superamento dello scandalo, e adesso così ingloriosamente cadi davanti a un esercito di donne?La chiave di lettura di questo brano, che abbiamo appena ascoltato, l’avevamo nel brano precedente: Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. Pietro segue Gesù, ma lo segue come noi, a debita distanza, da lontano. Abbiamo paura di stare troppo vicini alla fiamma, ci bruceremmo, e allora prendiamo le distanze, come in autostrada: “Mantenere la distanza di sicurezza”. Ma questa non è sequela. Questo non è cristianesimo. Questa non è la fede della Chiesa, che invece ci invita a seguire Gesù, tallonandolo, standogli appiccicato, addosso, per non perderci, perché appena usciamo fuori dal raggio del suo sguardo, diventiamo traditori e rinnegatori. Il vangelo della Passione lo dice a chiare lettere e non c’è possibilità di fraintendimenti. Pietro entra seguendo Gesù a debita distanza, per non immischiarsi, per non essere chiamato in causa. I discepoli sono scappati per paura d’essere presi anche loro. E dice il testo, sempre nel brano precedente: Entrò e stava seduto fra i servi. Un re che adesso siede fra i servi. Avevano atteso lui e i suoi compagni questo regno. Erano partiti dalla Galilea con la febbre del regno di cui sarebbero diventati luogotenenti, principi… e adesso finisce seduto fra i servi, come il figlio prodigo, che parte dalla casa del padre ricco, dove non gli mancava nulla, e finisce a fare il guardiano dei porci, a contendere le ghiande con quegli animali.Ecco, questa è la parabola del peccato, ed è la parabola della vita di ciascuno di noi, chiamati alla regalità, di poco inferiori agli angeli, coronati di gloria – lo dice il salmo 8, riferito all’uomo – ma queste altezze non sono per noi: sono da capogiro, preferiamo le stalle, sono più a nostra misura, ci troviamo più a nostro agio. A corte, che volete, bisogna mantenere un certo contegno. Bisogna vivere la regalità o la cortesia, temi piuttosto fuorimoda in questi nostri

29

Page 30: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

tempi: la cortesia è il linguaggio della corte, è il modo di stare a corte e di stare con Gesù, il Re.Ed ecco che, mentre cerca di scaldarsi ma senza esito, ha un freddo nel cuore, come gli anziani: inutilmente li metti accanto al fuoco, al camino! Continuano a tremare, hanno il freddo dentro. Così anche Pietro si avvicina per scaldarsi, ma è una fiamma che non dà calore. Ed ecco che viene abbordato da una giovane serva, servo tra i servi, che gli chiede conto. Lo prende, diremmo noi, per il cravattino, lo agguanta, lo ferma, perché non abbia a scappare: anche qui c’è una candela nascosta volutamente dal braccio del soldato che illumina la serva, più di quanto non illumini il volto del discepolo perché la serva dice la verità, e il discepolo mente, e dunque è nell’ombra. La serva è teologa – dicevo ai frati, due di voi che mi hanno ascoltato appena la settimana scorsa su questo brano in un Ritiro a Sant’Antonio – perché si esprime con un linguaggio appropriato: Anche tu eri con Gesù, il Galileo!, perché il discepolo sta col Maestro. Marco, al capitolo 3, dice che Gesù chiamò i Dodici, anzi li fece, li partorì, e li chiamò perché stessero con lui. Il discepolo è tale quando c’è il Maestro, ma se il Maestro scompare il discepolo non ha più senso d’essere, perché è “in relazione a”. E dunque Gesù chiama i discepoli non per essere autoreferenziale. Ci chiama tutti nel Battesimo, nell’Ordine, perché parliamo di lui, perché trasmettiamo lui. È impossibile parlare di una persona che non si conosca o con la quale ci si sia incontrati una volta. Ma adesso è acqua passata.Anche tu eri con Gesù, il Galileo! Anche tu eri con lui. Anche tu sei venuto dalla Galilea. Facevi parte del drappello dei fedelissimi. Ti ho visto nel tempio, mentre distribuivi i biglietti per i posti d’onore, per il miracolo di turno, per lo spettacolo di fine serata, e adesso che ci fai qui tra i servi?Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio – Pietro comprende che questa non è aria buona per lui, cerca di guadagnare spazi più aperti – lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Quasi queste serve sentono l’odore – noi dovremmo sentire l’odore del Papa Francesco: è stato qui appena venti giorni fa – ha sentito il profumo, perché ci si impregna di lui. «Anche tu eri con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Questo episodio del rinnegamento di Pietro, in tutti e tre i racconti della Passione dei sinottici, avviene in contemporanea con l’interrogatorio di Gesù nella casa del sommo sacerdote. Uno dice la verità – Tu lo dici, io sono Re – e l’altro mente – Non conosco quell’uomo. Il Maestro dice di sé, il discepolo non riconosce più il Maestro.Non c’è solo un rinnegamento, un tradimento, ma anche la difficoltà che la Chiesa ha avuto all’inizio a capire i Canti del servo di Jahvè, applicati a Gesù, realizzati in lui: Era come un agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori. Se voi andate a prendere un agnello, una pecora, per portarla al macello, magari vi annusa anche le mani, baciandole a modo suo, e non sa che sono mani che vanno per consegnarla. Ecco, è questa difficoltà per cui dicendo “Non lo conosco” è come se Pietro dicesse: Ma non è il mio Gesù, non è il Gesù che io ho sognato, ho seguito. Lui mi parlava di regno, di troni. Lui aveva le mani che facevano fiorire pani croccanti, dava la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, risuscitava i morti, ma questo Gesù qui non mi appartiene. E

30

Page 31: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

allora vedete che da un lato mente, e dall’altro afferma una verità, e cioè il vero Gesù, Pietro ancora non lo ha conosciuto. Se è finito così, se l’Orto ci ha divisi, se c’è stato uno snodo appena un’ora fa in questa notte che non dà segni di fine, allora non lo conosco.E mi verrebbe da chiedervi, e ce lo chiediamo nella preghiera: noi quale Gesù conosciamo?, il Gesù oleografico, il Gesù con i capelli biondi, con i boccoli, con gli occhi azzurri? Gesù rischia d’essere lo specchio dei nostri desideri, e non il Maestro che ci dice che bisogna passare attraverso questa forca caudina.Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!».Adesso si sono fatti in molti. Pietro non riesce a svincolarsi da questo gruppo di donne che hanno implicato anche dei soldati, dei passanti, degli sfaccendati, che sempre abbondano nei cortili dei tribunali, o anche nelle nostre sacrestie, e si sente accerchiato. Adesso questo è un coro. Non è più solo la donna, ma ci sono anche i soldati. «È vero, sei anche tu uno di loro». Qui il riferimento non è più solo a Gesù, ma anche agli altri. Ma dove sono questi altri? Dov’è Andrea, mio fratello?, dovrebbe chiedersi Simon Pietro, ma non se lo chiede, perché nessuno di noi sa dov’è suo fratello. Dove sono gli altri? Dove sono quelli con i quali bisticciavamo per i primi posti, con i quali sgomitavamo per stare più vicini al Maestro, per entrare nella foto della copertina del settimanale? Ad Antiochia – è scritto nel libro degli Atti – i discepoli per la prima volta furono chiamati “cristiani”. Nasce lì ad Antiochia questa comunità. “Cristiani” perché di Cristo e d’altra parte non si sarebbero mai incontrati tra loro se Gesù non li avesse chiamati. Questo è vero anche per noi, per noi che siamo qui: chi ci tiene insieme? Se venisse uno dall’esterno, ci manderebbe tutti al manicomio, a guardarci così silenziosi, attenti, presi: ma che fanno? Che dicono? Chi sono? È lui che ci ha fatto incontrare. È lui che ha messo insieme le fila della nostra vita sull’ordito della storia. E quindi anche i discepoli – fatta eccezione per le coppie dei fratelli – non si sarebbero mai visti, benché lavorassero sullo stesso specchio di lago. È lui che li ha fatti fratelli, perché, cari amici, i fratelli li fa il padre. Non si nasce fratelli per scelta, per elezione, ma si nasce fratelli perché c’è un padre che ci ha generati. Questo nell’ordine della carne, ma anche nell’ordine spirituale. E quando manca il maestro, quando il padre scompare o quando la sua autorità tramonta, ecco che anche i fratelli più facilmente litigano tra loro, magari per la divisione dell’eredità.«Anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!».Senza Gesù, il collegio dei Dodici è un collegio di sbandati (lo vediamo anche in Gv, 21). Non sanno cosa fare, come rimettersi sul binario della vita: non sanno più fare quello che facevano bene prima di lui.Lo dico ai preti e a quelli che saranno preti tra voi: se vi voltate indietro, non saprete più fare neanche gli uomini, i maschi.E poi c’è questo riferimento alla Galilea: Il tuo accento ti tradisce. E qui Pietro non rinnega soltanto Gesù, ma anche i suoi fratelli, le sue origini, quell’orizzonte dolcissimo, quel porto, che era la sua infanzia. Pietro è un apolide. È uno senza memoria. È un amante che ha dimenticato l’amata.

Reginella

31

Page 32: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Alcuni di voi qui presenti hanno vissuto sulla propria carne questa terribile delusione di non essere più riconosciuti dal proprio marito, dalla propria moglie, come a dire che l’amore, come oggi si dice, è “per alcun tempo”. Una volta si diceva: Finché morte non ci separi. E adesso invece è finché la vita non ci separi, finché non si aprono nuove possibilità. E allora anche Pietro distrattamente parlerà di Gesù. E qui vorrei che pregaste, perché noi preti, i preti qui presenti, i vostri preti, quelli che saranno preti tra questi giovani, non abbiano a parlare distrattamente nelle prediche, ma ancor più nella vita. Distrattamente, come si parla del più e del meno, come si parla del prezzo delle pesche, come si parla delle notizie che scorrono e che, domani o tra un attimo, non saranno più vere. Pietro si è distratto, si è distratto un attimo, e quando è successo? Si è distratto nell’Orto, perché questo rinnegamento è cominciato lì, è cominciato con una disattenzione. E la disattenzione è guardare altrove, il sonno. Pietro sta ancora dormendo, sta parlando come un sonnambulo, nel sonno, e le cose che si dicono nel sonno non sono vere, non hanno valore, non hanno valore giuridico. Si è addormentato e poi si è come ridestato, ma è ancora dormiente, è nel sonno della dimenticanza, che rende tutto opaco. E allora si parla anche di Gesù, distrattamente. O si pensa distrattamente a lui. Non parlo delle distrazioni della preghiera che vengono dall’esterno, ma della distrazione come scelta di vita, che è una sorta di opacità generale, dove non si vede più niente e dove le parole non scorrono, non riscaldano, non infiammano. Lo capite bene quando un figlio è innamorato, quando una persona è innamorata: lo vedete dagli occhi e da come parla. Non parla distrattamente, perché gli innamorati vedono anche gli abbinamenti di colore, vedono anche quello che nessuna macchina digitale riuscirà a riprodurre e a eternizzare. L’amore non prevede distrazioni. E quando siamo nella distrazione, siamo già fuori della luce, e allora può accadere tutto, anche che io dica: Non conosco Gesù, ho cambiato mestiere! Basta togliere il colletto e non sono più nessuno, sono uno tra i tanti, mi mimetizzo, come Pietro si sta mimetizzando. Non conosco quell’uomo. E quindi, come vedete, questo degradare e degradarsi dell’uomo che non conosce Gesù, non conosce gli altri, non conosce più neppure la sua patria. È l’accento che la donna e gli altri hanno ascoltato ma egli taglia con tutto. Chi è Pietro? Chi sei Pietro? Non lo sai più. Ti sei perso. Pietro s’è perso (S’è perso e non sa tornare, diceva una vecchia canzone). E subito un gallo cantò. Dove? Nell’Orto? Oltre il muro? Fuori di questo atrio? Giù nella valle del Cedron? Lo chiediamo a Pietro e lui ci dice: Non lo so, mi cantò dentro. Il canto quando canta squarcia i cieli. E squarcia in questo momento anche il velo che era caduto sul cuore, sulla mente, sulla memoria, sull’amore di Pietro che aveva detto: Anche se tutti gli altri… io no. E Pietro si ricordò. Questo collegamento è bellissimo, ma ci potremmo ricordare di una parola se l’abbiamo sentita qualche volta. Quante cose, anche di questi giorni, vi ricorderete, perché stiamo scrivendo intorno a questa storia della Passione, che è la storia per eccellenza, ed anche le nostre storie. Allora mi posso ricordare la parola che ho amato almeno una volta. Mi posso ricordare di una storia, se l’ho avuta. Il problema della nostra gente è che non sa nessuna parola a memoria, nessuna. Non sanno più neanche le preghiere, neanche il Padre Nostro.

32

Page 33: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Allora Pietro si ricordò. E la fede è questo, la conversione è questo: ricordarmi. Mi ricordo di te: Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia – dice l’esule che non dimentica Gerusalemme. Allora, quest’azione, che è anche un’azione pedagogica, che unisce parola a emozione, che è sempre una buona miscela, farà in modo che voi un giorno, quando canterà un gallo, quando sentirete Reginella, magari a un musical, a un festival, quando vi imbatterete in una di queste tele in qualche museo, vi ricordiate di Gesù che ci ha salvati, consegnandosi a noi, che non ci salviamo per l’amore che abbiamo per lui, come ho detto, ma per l’amore che lui ha per noi, ha per me, ha per te. Allora se ti ricordi di questo, qualsiasi cosa tu abbia fatto, qualsiasi cosa tu possa fare, anche il delitto più efferato, anche il tradimento più grave, il ricordarti del Signore sarà il motivo della tua salvezza. E Pietro si ricordò della parola di Gesù che aveva detto: qui c’è l’audio, l’audio nel cuore, nell’orecchio di Pietro, che non sente più il gallo, ma adesso sente Gesù che diceva: Pietro, questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi avrai rinnegato tre volte. E uscito fuori pianse amaramente.Mi è venuta nella meditazione una parola proprio per voi, perché poi uno più parla su un testo, più si aprono nuove immagini, ed è questa: si apre un drenaggio nel cuore di Pietro. Questo drenaggio espelle in una maniera salutare il dolore, che altrimenti farebbe scoppiare per infarto il cuore di Simon Pietro. Si chiamano “lacrime”. Pietro sente ribollire l’emozione, che sale, sale, sale, sale, gli toglie il respiro, e poi trova la via degli occhi. E uscito fuori pianse. In tante tele che ci riportano Pietro nella storia dell’arte abbiamo il discepolo in lacrime, ma anche in altri tempi, anche dopo anni, addirittura con i solchi, creati da questo scorrere continuo di lacrime di pentimento. Ti ho tradito. Ho tradito colui che sta andando a morire per me. Un santo dice: Noi non ci salveremo per i verbi, ma per gli avverbi. E “amaramente” è un avverbio, che forse ci salva. E perché “fuori”? Sta già fuori. “Fuori” perché sta uscendo fuori, sta nascendo, sta venendo alla luce. In queste acque delle lacrime, finalmente, affoga il faraone che si chiama “orgoglio”: io sono diverso dagli altri, io ce la farò, io ho fatto la palestra spirituale, e dunque riuscirò vittorioso anche in mille tentazioni.Ecco, dedichiamo questi ultimi minuti alle lacrime.

Filumena Marturano

Forse i siciliani non saranno molto addentro a questa letteratura, che però appartiene alla letteratura mondiale. Eduardo in un capolavoro, che si chiama Filumena Marturano, che come tutte le commedie di Eduardo, che poi sono “tragedie”, ha un’eroina (gli uomini sempre mezze cartucce nel teatro di Eduardo). Filumena è una sorta di virago, una donna che ha combattuto mille battaglie, che è stata ridotta alla prostituzione in giovane età e, rimasta incinta, non sa cosa fare, e allora va a parlare con un’edicola della Madonna e dice: C’aggia fa – con le mani nei fianchi in una maniera di sfida, cioè dimmi tu. E mentre avviene questo dialogo – dialogo, tra l’altro, che Titina De Filippo fece davanti a Pio XII, dal vivo – la sorella di Eduardo, che rappresentava all’epoca

33

Page 34: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Filumena, sente, dice lei quando racconta, da qualche parte, qualcuno che dice: ‘E figli so’ figli. Lo ha sentito da qualche balcone forse, dice lei, o lo ha sentito dentro. L’espressione, detta così, non significa niente, è una tautologia, afferma nel complemento quello che si è già detto nel soggetto: si vuole dire che i figli hanno valore. Questo succede per tre maternità. Poi c’è l’incontro, con un signore danaroso, Domenico Soriano, padre di uno dei tre figli, con cui lei tenta un matrimonio in articulo mortis, senza dirgli quale dei tre è suo figlio. La prima scena che avete visto era la presentazione di questa donna che nelle asperità della vita ha imparato a combattere: I’ song Filumena Marturano, nun aggio mai chiagnut – come un vanto, le lacrime non mi appartengono, perché io sono una donna forte. E poi l’ultima scena, quando ormai si è attenuata la tensione di una vita intera. Nell’ultima scena dopo il matrimonio, veramente accaduto, veramente celebrato, Domenico, scopre che la moglie si è tolta le scarpe, che le fanno male, perché non è abituata ai tacchi, non è una signora Filumena, e comincia a piangere, scoprendo il valore e la bellezza delle lacrime: Comm’ è bell’ a chiagnere!Chiediamo in questa sera il dono delle lacrime, almeno di quelle interiori, anche perché mi sembra, a questo punto della storia della Passione, come se l’evangelista ci indicasse un balcone da cui guardare il resto che viene. Il balcone sono gli occhi di Pietro in lacrime, a dire: Guarda che se vuoi seguire ancora questa storia ti devi mettere in questo atteggiamento di occhi che si sciolgono. E questo è il balcone, questa è la prospettiva, la prospettiva sono gli occhi di Pietro, che adesso, con le lacrime che lavano e che fanno ritornare la memoria, ti pone nell’atteggiamento giusto per seguire il prosieguo.

Vi consegno due poesie di Salinas dal poema d’amore, La voce a te dovuta, che non sono entrate nel libretto, perché è stata poi un’idea dell’ultima ora.

Tu non le puoi vedere;io, si.Terse, rotonde, tiepide.Lentamentevanno al loro destino;lentamente, per indugiarepiù a lungo sulla tua carne.Vanno verso il nulla; non sonoche questo, il loro scorrere.E una traccia, verticale,che si cancella subito. Astri ?Tunon le puoi baciare.Le bacio io per te.Sanno; hanno il saporedei succhi del mondo.Che gusto nero e denso

34

Page 35: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

di terra, di sole, di mare!Restano un istante nel bacio, indecisefra la tua carne fredda e le mie labbra; infineio le prendo. E non sose erano davvero per me.Perché io non so nulla.Sono stelle, o segni,sono condanne o aurore?Ne' guardando ne' coi baciho imparato che cos'erano.Ciò che vogliono restalà indietro, tutto ignoto.E così pure il loro nome.(Se le chiamassi lacrime nessuno capirebbe).

Non è mai stato scritto nulla di più bello sulle lacrime.L’altra, in maniera speculare, è la risposta.

Se tu sapessi che questoenorme singhiozzo che stringifra le braccia, che questalacrima che asciughibaciandola,vengono da te, sono te,dolore tuo mutato in lacrimemie, singhiozzi miei!Alloranon chiederesti piùai cieli, al passato,alla fronte, alle carte,perché soffro, che ho.E tutta silenziosa,con quel grande silenziodella luce e del sapere,mi baceresti ancora,e desolatamente.Con la desolazionedi chi non ha vicinoun altro essere, un dolorealtrui; di chi è soloormai con la sua pena.E vuole consolarein un chimerico altro,il gran dolore ch’è suo.

35

Page 36: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

C’è lui che ha emesso la lacrima, e adesso dice: Guarda che tu pensi di consolarmi, ma in realtà questa lacrima esprime un dolore tuo, non è il mio dolore, ma il tuo dolore, che tu devi assumere, che tu devi vivere. Sono le lacrime che tu devi piangere. Questo è un poema sulle lacrime. Avrete possibilità di guardarvelo con calma.

Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

Vi auguro di nascere, di rinascere nella dolcezza delle lacrime perché, come ci ha ricordato Eduardo, in Filumena: È bell’ a chiagnere!

S. Messa, ore 20.30

Saluto inizialeC’è anche la stanchezza degli Esercizi, dovuta all’intensità, alla concentrazione, al peso delle parole. Caravaggio diceva: la luce pesa. Pesano le parole, pesa la nostra vita, guardata con maggiore attenzione, a tutto tondo, ma questo è il momento del grande sollievo, il momento in cui la foglia che cade stanca riceve una nuova linfa, una nuova vita, che è la vita stessa di Cristo: mangiamo e beviamo il Suo corpo. Ci disponiamo a celebrare questi santi misteri, chiedendo al Signore di fissare le grazie di questa giornata nel nostro cuore. Ed ora chiediamo perdono dei nostri peccati, dei nostri traviamenti, dei nostri tradimenti, dei nostri rinnegamenti.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.Allora Giuda – colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il “Campo del vasaio” per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato “Campo di sangue” fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore».Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.

36

Page 37: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

OmeliaIn quest’Eucaristia, carissimi, alziamo lo sguardo alla Croce, come ci ha invitati a fare la Prima Lettura, anticipo di ciò che sarebbe accaduto a Gesù, posto in alto per attirare tutti a sé e per guarire tutti coloro che si sarebbero rivolti a lui. Anche noi questa sera alziamo lo sguardo alla Croce. Questo serpente impalato, che esprime il pericolo, ottiene la salvezza. C’è un paradosso nell’indicazione che Mosè riceve da Dio: Fatti un serpente di rame e ponilo su un’asta. Perché proprio un serpente? Perché il serpente era l’origine di queste morti, ma più a fondo, perché queste morti erano originate dalle continue mormorazioni del popolo. Impariamo questa preghiera dello sguardo: quando non abbiamo nulla da dire, possiamo alzare lo sguardo alla Croce, possiamo alzare, che è lo stesso, lo sguardo a Gesù Eucaristia, senza dir nulla. E questo sguardo ci guarisce. E questo sguardo ci salva, svelena i nostri giorni, ci pone al sicuro da ogni insidia. Se anche tu, Giuda, avessi avuto l’opportunità di alzare lo sguardo alla Croce! Insorge, e questo ce lo fa rivalutare, una coscienza morale anche in Giuda. Avete ascoltato che al mattino, finalmente si è fatto giorno, ma in realtà è ancora buio pesto nel cuore degli uomini, nel cuore della storia, si riuniscono tutti i rappresentanti del culto della fede ebraica, e decretano la morte di Gesù. Ma, come già vi avevo anticipato, come molti di voi sanno, non avevano potere di applicare la condanna, che aveva bisogno del sigillo delle aquile romane. È per questo che Gesù viene condotto da un palazzo all’altro, come direbbe Pasolini. In questo momento, in cui Giuda vede vicina la fine del suo Maestro, che egli ha tradito, insorge il rimorso. È stato un rimorso anche per Pietro: il gallo lo ha richiamato, è la voce della coscienza che ha poi aperto le cataratte delle lacrime. E invece in Giuda queste lacrime si rapprendono, diventano sassi nella gola, fino a strangolarlo, fino a vederlo pendere da un albero. Ho tradito sangue innocente – dice ai capi, che lo hanno pagato abbondantemente, forse in un estremo tentativo di salvare il suo Signore. Rimane un mistero. Sono tante le teorie di questo tradimento di Giuda, forse esponente di una via interventista, aggressiva, quella dei falchi, all’interno del popolo, contro i Romani. E quando ha visto che Gesù spiritualizzava troppo, ha tentato, ha giocato la carta del tradimento. È una delle tante teorie. È così difficile entrare nel nostro cuore, immaginarsi in quello degli altri, e tanto più nel cuore di una persona vissuta duemila anni fa. Ma questo tornare indietro, questo restituire il denaro, dice di una coscienza, racconta di un amore che insorge, forse troppo tardi, anche in Giuda, nostro fratello Giuda. Ha cominciato a rivalutarlo proprio don Primo Mazzolari con una omelia, che almeno i sacerdoti avranno letto o addirittura ascoltato (ce n’è anche l’audio, come raramente accadeva negli anni ’50). Qual è la differenza tra questi due simboli di reazione al fallimento? Pietro non guarda se stesso o non guarda più se stesso, ma Gesù. Nel vangelo di Luca c’è un passaggio subito dopo il canto del gallo: Allora Gesù guardò Pietro, e Pietro pianse.

37

Page 38: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Tornare allo sguardo significa tornare alla relazione. Giuda s’impicca perché guarda se stesso e il suo tormento. Molti autori hanno teorizzato la differenza tra il peccato e i sensi di colpa: i sensi di colpa ci strozzano; il peccato – so di utilizzare un paradosso – ci salva. E perché ci salva il peccato rispetto alla colpa? Perché la colpa è un venir meno ad un’immagine ideale di sé o ad un codice di comportamento. Il peccato invece implica una relazione. Il peccato dice, come afferma magistralmente il salmo 50: Contro di te, contro te solo ho peccato. Non contro Uria, contro Betsabea, contro il mio popolo. Contro di Te, e quindi dice immediatamente di una relazione. Non c’è peccato senza relazione con Dio e fuori di questa relazione esistono solo le colpe, con tutto il seguito di rimorsi e di sofferenze immani. La stesso gesto può avere un esito di peccato o può rimanere sul piano della colpa. E guai a noi se non ci apriamo, non gridiamo, come dice il salmo 129: Dal profondo a Te grido, Signore. E non c’è profondità, non c’è abisso che non permetta questo grido. Ed è il grido “salvami”; è il grido “Gesù mio, misericordia”, “Signore, abbi pietà di me”; è il grido “Ho peccato contro di te”, è il grido “miserere”. Cosa poi ne sia di Giuda per l’eternità, questo lo sapremo alla fine. Il vangelo, che resta nei termini di ciò che è visibile, ci racconta di questo rimorso che diventa un nodo scorsoio. Possibile, Giuda, che Gesù non possa perdonarti? Possibile, Giuda, che tu non possa essere riposto nella dignità di apostolo? Pietro, nonostante quello che ha fatto, sarà il Papa, il primo Papa. È un invito alla fiducia, carissimi fratelli e sorelle, nella misericordia di Dio, che il Papa Francesco continuamente indica alla meditazione della Chiesa.La via della misericordia è la via della salvezza, ma è anche la via della vita, perché fuori di questa via esistono le tenebre, l’ossessione del male che ho commesso, che grava su di me, che mi seppellisce nell’amarezza, nel “purtroppo, ormai”. Il peccato, invece, si nutre di “nonostante”. “Oramai” indica una via senza uscita. “Nonostante”, che è la via della coscienza del peccato, dice che “nonostante” quello che sono stato, “nonostante” quello che ho fatto, Dio rimane Dio. E Gesù va a morire anche per me. Questo particolare del Campo del vasaio, su cui si insiste, e che ancora al tempo dell’evangelista viene chiamato “Campo di sangue”, è un particolare apparentemente senza valore, ma che contiene, forse, un’apertura di speranza, perché questo campo, comprato con i soldi macchiati del sangue di Gesù, di cui i sommi sacerdoti vogliono tenersi lontani (tutto quello che riguardava il sangue creava un impedimento al culto), è utilizzato come cimitero per i pagani. E dove? A Gerusalemme. E se, dunque, i trenta denari, che sono stati la valutazione del tradimento, comprano il campo per i pagani – leggiamoci un’apertura universalistica – i pagani non possono essere sepolti nei cimiteri degli ebrei. E allora, non essendoci questo cimitero, i sacerdoti pensano bene di comprare il Campo del vasaio per seppellire gli stranieri. Gli stranieri sono gli estranei, i gentili, quelli che nella salvezza non c’entrano: ma – permettetemi quest’espressione molto banale – avere un piede a terra a Gerusalemme è sinonimo di salvezza. E questo attraverso un tradimento, ma non è il tradimento che ottiene la sepoltura dei pagani nella Città Santa, ma è il sangue che quelle monete hanno comprato e tradito.

38

Page 39: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

In questo giro di soldi, in questo piccolo capitale che gira, di cui nessuno vuole occuparsi, di cui tutti intendono disfarsi in breve tempo – anche Giuda se n’è disfatto, gli bruciano in mano queste monete, e ancora di più nel cuore – adesso questo piccolo capitale ottiene la compera di un campo cimiteriale. È un segno di speranza? È un’apertura universalistica? È una ipotesi che vi affido.Concludiamo con il silenzio di Gesù, che ci aiuta ad entrare nell’ulteriore silenzio di questa notte davanti al governatore, massima espressione dell’Impero romano sul territorio della Palestina. Gesù afferma di essere re, ma poi si chiude in un mutismo, di cui Pilato non sa rendersi conto: Sei tu il re dei Giudei? Tu lo dici. E nel vangelo di Giovanni: Io sono re. E noi ci gloriamo di questo re coronato di spine, di questo re con le mani legate, di questo re che incede solennemente verso la morte, per darci la vita. Ci mettiamo alla scuola – e concludo – di questo Gesù che tace, anche quando potrebbe difendersi: ci insegna la grande arte del silenzio, perché la parola più eloquente è il silenzio.

39

Page 40: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

9 aprile, ore 8

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.Allora Pilato, gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

Ci siamo lasciati ieri sera con questo silenzio di Gesù. Il suo silenzio è l’orizzonte della nostra preghiera, ma anche un monito alla eccedenza nelle nostre parole, che creano solo confusione. Penso alle interpretazioni dei fatti che, spesso, soprattutto sul piano della comunicazione sociale, diventano più importanti dei fatti stessi. La lettura parziale, e spesso capziosa, diventa più importante della realtà. Per questo Gesù tace, perché le cose vadano secondo il loro corso, ma anche per insegnarci l’arte del silenzio che noi, a fatica, stiamo cercando di apprendere in questi giorni. Questo silenzio ci aiuta a leggere il cuore: Il cuore dell’empio parla al peccato – dice il salmo 35, con cui abbiamo iniziato la preghiera – poiché egli si illude con se stesso nel ricercare la sua colpa e detestarla. Corriamo anche noi il pericolo di illuderci di prendere le distanze dal male. E viviamo di illusione, inseguendo una immagine distorta di noi. L’immagine in prima pagina della luna che s’ingravida, accompagna questi nostri giorni. Ieri sera era giusto a metà: ancora metà e saremo nel plenilunio e sarà matura la Pasqua, la Pasqua di Gesù. È importante guardare la luna perché è la stessa, non è cambiata, la stessa di duemila anni fa. Anche Gesù la guardò attraverso il fogliame dell’Orto. La guardò nel passaggio da un palazzo all’altro. Era la luna che aspettava. E l’aspettiamo anche noi questa luna pasquale.

40

Page 41: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Nella tua luce – abbiamo pregato – vediamo la luce. Stamattina, uscendo presto, vedendo che il cielo era coperto, un po’ in una maniera infantile, ho chiesto per voi uno sprazzo di cielo – i padri, a qualsiasi categoria appartengano, cercano di guadagnare un po’ di cielo per la propria famiglia, per i figli – ma è nella Tua luce che vediamo la luce: Dio da Dio, Luce da Luce. Veniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.È quello che meditiamo stamattina nella figura equivoca, politica, nel senso deteriore del termine, di Pilato, nelle cui mani adesso è il destino di Gesù: il Figlio di Dio nelle mani dell’Impero romano, nelle mani del potere politico, nelle mani della ragion di stato, che sembra dirigere questa decisione. La ragion di stato non sempre è lo stato della ragione e difende l’istituzione, anche quando ha torto. Ci sono ragioni di stato anche nel governo della nostra vita: cerchiamo delle ragioni per dire che non si poteva fare diversamente, che eravamo in qualche maniera costretti, che in quel momento era il male minore, e quindi, mentre saremmo portati a condannare Pilato, ci accorgiamo come il suo stile di “anguilla”, che cerca di sgusciare tra le questioni, sia anche il nostro. Fondamentalmente equivoco. Sapeva bene, dice Matteo, che glielo avevano consegnato per invidia. Pilato, esperto del diritto – i Romani sono maestri in questo – si rende conto, anche semplicemente guardando il condannato, l’indiziato, che si tratta di questioni religiose e che glielo hanno consegnato per invidia. Ma le questioni devono essere risolte brevemente: in fondo Gesù, quest’oggi, nel diario della giornata di Pilato non è che una questione, non è una persona e tanto meno il Figlio di Dio. È una questione da sbrigare al più presto possibile, con meno danni possibili. A volte, anche nelle nostre giornate, Gesù viene inserito, incasellato, con questa freddezza dell’amministratore: una cosa da fare in fretta, una messa da dire, una persona da liquidare, un incontro che ci innervosisce e che cerchiamo di mettere alla porta il più in fretta possibile tra la posta evasa.Qualche consigliere, perché Pilato non agisce da solo, ha i suoi esperti, il pool di avvocati che lo circondano, gli ha consigliato di utilizzare questo escamotage: se non puoi liberarlo, ritenendolo innocente, d’autorità, allora ricorri a questa consuetudine benevola che ha l’imperatore, che tu rappresenti qui sul posto, di liberare un condannato. È una sorta di amnistia, un indulto che, per la Pasqua, quando si riuniscono tante persone, serve per dire che, alla fine, l’Impero è buono, infatti elargisce anche questo diritto: far uscire a ogni Pasqua un condannato dalle galere. A volte, vorremmo risolvere o far risolvere ad altri quello che invece dobbiamo risolvere noi. Vorremmo lasciare ad altri, al tempo, al vescovo, al marito, alla moglie…, scaricare su altri una responsabilità che è nostra. Ed è quello che cerca di fare Pilato, astutamente: c’è questa consuetudine, utilizziamola. «Sei tu il re dei Giudei?». «Tu lo dici. Lo sono». Un re imbelle, un re da niente, un re di cui non avere timore. L’imperatore, come ricorderete, ovviamente attraverso la persona di Erode, ne ha avuto timore all’atto della nascita e per l’ambascia dei Magi, perché un re fa sempre paura: può essere un antagonista, ma adesso, a guardarlo, questo re, per burla forse, non mi dà alcuna preoccupazione e, dunque, lo interfaccio con un condannato nelle patrie

41

Page 42: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

galere, con Barabba, un malfattore che ha al suo attivo, sulla sua fedina penale, molti conti in sospeso. Adesso, qui, è la fedina penale di Gesù e la fedina penale di Barabba. Alcuni dicono che la chiave di questo confronto è nel nome, Barabba, “Bar-abbà”, “figlio del padre”. Pietro è “Bar-Ionà”, figlio di Giona: Non te l’ha rivelato il sangue, Simone, figlio di Giona – dice Gesù a Pietro. Cosa significa “figlio del padre”? Significa figlio di nessuno. È un trovatello Barabba, è uno che ha cominciato nel buio, nel losco, senza sua colpa, ma poi c’è rimasto.Quando noi eravamo a scuola, c’erano i figli di N.N. Adesso che non si nominano più i genitori, per non offendere nessuno, allora anche questi oscuri natali vengono celati. Ma Barabba, siamo duemila anni fa, era un figlio non voluto. E i figli non voluti si ribellano in tante maniere, come, ad esempio, rendendo difficile la vita agli altri (tanto disagio sociale, spesso, affonda le radici in quelle prime esperienze fondamentali della vita, che sono il rapporto dei genitori con il figlio). Allora, se Barabba è il malfattore che ha cominciato nell’ombra i suoi giorni e li avrebbe finiti tragicamente nell’ombra, dall’altra abbiamo il Figlio di Dio. Il sommo sacerdote lo ha interrogato solennemente con queste parole: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». E quindi da un lato c’è il Figlio di Dio, il figlio prediletto, quello al quale ha detto: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Il figlio, attestato sulle acque del Giordano nel giorno del battesimo, sul monte della Trasfigurazione, uno che può vantare una paternità ammirabile, e dall’altro uno senza padre. Ecco che avviene uno scambio: il Figlio di Dio veste gli abiti del condannato del “senza-padre”, senza patria, perché chi non ha padre non ha patria, cioè non ha luogo dove tornare, non ha casa, mentre Barabba, il figlio senza memoria, dunque senza futuro, viene posto in libertà. In questo hanno un ruolo le folle, la plebe che rumoreggia sotto le finestre di Pilato, creando scompiglio o almeno nervosismo nel governatore: è alla folla che viene chiesto, perché sono gli altri che debbono scegliere al posto nostro, perché a volte facciamo scegliere agli altri, al caso, agli eventi. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due…». Sarà il caso di immaginare che siano stati interfacciati, tirando fuori Barabba, che aspettava solo l’esecuzione capitale e che adesso viene svegliato nella notte anche lui dai suoi sonni tenebrosi e portato con i capelli sconvolti, ancora con i segni del sonno sul volto, con la barba incolta, sul podio, che è la finestra, il balcone delle benedizioni, diremmo noi oggi, perché la gente veda l’uno e l’altro, l’innocente e il depravato, il Figlio di Dio e il figlio di nessuno. «Chi volete che io vi liberi?». Le folle aizzate: le folle scelgono sempre male.Francesco De Gregori in La Storia ci presenta un quadro idilliaco di queste folle, che escono per strada, che quando devono scegliere sanno cosa fare, ma la realtà non è così: la gente sceglie sempre male, sceglie sempre il peggiore. Ovviamente è aizzata dai tribuni della plebe, non ha una sua idea, vive un contagio, che decidono altri, che si decide in altre sedi.Ovviamente in questa folla ci sono io, ci sono io che devo scegliere questa mattina: sto sotto questo balcone, sotto questo terrazzo, a tumultuare insieme con la folla, perché mi dicono: Grida così, grida viva il re, abbasso il re!

42

Page 43: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

La storia delle folle, la storia dei lazzari, si direbbe in gergo meridionale, facilmente manovrabili: basta promettergli una pagnotta e cambiano partito seduta stante. Ma sono io. Sono io. Sei tu. Ogni tentazione è essere messi davanti…: chi scegli? Scegli il peggiore. Chi vuoi? Un re mite? Arrendevole? che cavalca un’asina? o un re che faccia valere la sua forza? che ti derubi delle tue migliori energie? E noi diciamo: Voglio Barabba! Voglio che mi governi Barabba. Voglio che mi governi l’aspetto peggiore di me. Quindi, come vedete, questa scena, mentre avviene fuori e la guardiamo, ci giudica, mi giudica, perché non so scegliere Gesù. È troppo, è troppo debole. Non sa governare. Non sa fare il vescovo. Ci vuole uno col pugno di ferro. Ci vuole uno che sappia quello che bisogna fare. Scelgo la passione.Ricordate quell’apologo nell’Antico Testamento – se lo ricorderanno gli esperti, ma lo cito lo stesso – quando bisogna fare un re: si racconta, per dire che la gente sceglie sempre il peggio, che si misero in cammino gli alberi per farsi un re. Chiesero all’ulivo: Regna su di noi. Eh, ma devo rinunciare al mio olio, che profuma il capo, che rende belle le persone… E quindi l’ulivo si tirò fuori. Sii tu il nostro re – dissero alla vite. Ma la vite disse: Posso rinunciare al mio mosto che rallegra dèi e uomini? e come fare? No, no. E allora anche la vite si tirò fuori. E così tutti gli alberi… Poi incontrano un rovo, che produce solo spine e occupa solo spazio e brucia, diremmo noi, solo ossigeno, e lui dice: Sì, venite alla mia ombra, rifugiatevi, mangiatevi i frutti. Così succede quando dobbiamo scegliere. Scegliamo il peggiore, scegliamo la via peggiore, quella più facile.Ignazio ci invita a scegliere il magis, a scegliere quello che costa di più.Stamattina Barabba è liberato, lui che era certo d’andare alla morte, come me, d’essere condannato, come me, d’essere giustiziato, come me, di non avere futuro, perché non aveva storia. Barabba vede l’aria come un bambino appena nato, mentre Gesù viene mandato alla croce. Senza padri, ritroviamo un padre: Gesù ci presta il suo, anzi ce lo dona. È per questo che griderà: Perché mi hai abbandonato? Perché il Padre adesso ha adottato Barabba, cioè l’umanità peccatrice, cioè me, cioè te. E quest’acqua che scorre, che scende sulle mani di Pilato, è l’acqua che inutilmente vorrebbe cancellare questo rimorso – la moglie – perché le donne in questo sono intuitive: stanotte ha sofferto, ha avuto un incubo, e lo manda a dire al marito: Non ti immischiare in questa storia, ho sofferto molto a causa di quest’uomo. Ma che volete che un governatore senta le bizze di sua moglie? Lei è turbata, Pilato no. Pilato è un politico – spero di non offendere nessuno – si lava le mani pubblicamente. E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Molti hanno letto questo versetto come un’autocondanna, come la chiave di lettura nella storia d’Israele, così tormentata, sino ai forni crematori, ai campi di concentramento, in realtà è una preghiera, cioè il suo sangue ricada su di noi. È chiaro, non era detto come una preghiera, era detto come una bestemmia. Era detto come: Non ti preoccupare, portiamo noi questo peso. Questo peso si chiama “salvezza”. E anche noi, se volete, carissimi fratelli e figli, ci mettiamo sotto la Croce, perché scenda almeno una goccia di quel sangue mirabile, per salvarci, perché

43

Page 44: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

cada su di noi e sui nostri figli, e su quelli che verranno, perché è un sangue che non smette mai di scorrere da duemila anni a questa parte. Vi consegno questo quadro, così movimentato, così tumultuoso, dove c’è il potere politico, dove c’è un condannato innocente, e dove c’è un avanzo di galera, e per una strana provvidenza i ruoli sono invertiti e l’innocente va al calvario, alla crocifissione, e colui che ha tanti pesi sulla fedina penale viene liberato. E ripenso alle mie ultime scelte, quando anch’io poco fa, qualche giorno fa, qualche ora fa, qualche mese fa ho detto: Voglio Barabba. Voglio che mi governi Barabba. Scelgo la passione. Scelgo il male.

44

Page 45: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Meditazione ore 10

Canto: L’uomo della croce

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito mettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce.

Ho voluto che leggessi tu, Charles, perché sei il discendente di quest’uomo della Cirenaica e porti nella nostra comunità la voce e il cuore dell’Africa. Salutiamo don Pasquale, che si è unito al nostro pellegrinaggio: è interessante per te, don Pasquale, considerare che, a differenza degli altri anni, il gruppo proveniente dalla diocesi di Teano raggiunge i tre quarti e si restringe la fascia di Piano, segno del tempo che passa, segno anche di un interesse, di una storia che si va facendo e di un’altra che, irrimediabilmente, ed è bene che sia così, si va dimenticando.

45

Page 46: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Vivremo questa giornata con poche riflessioni e con molto spazio (questa mattinata la dedichiamo all’Adorazione eucaristica).Siamo tornati sulla scena meditata alle Lodi, anche con l’aiuto di questo quadro, che avete dinnanzi, che esprime bene il dramma che nel diario di Pilato non comparirà per niente: sarà un impiccio risolto in poche battute tra il condannato, Barabba, che la folla ha scelto, e il tumulto sotto i balconi. Mi piace ricordare, cosa che altre volte vi avrò annotato, che nel diario personale di Ferdinando di Borbone, nel giorno in cui il vescovo di Vico Equense (ultimo vescovo), ed Eleonora De Fonseca Pimentel furono impiccati a Piazza Mercato, non c’è alcuna annotazione dell’esecuzione capitale, ma piuttosto problemi digestivi che il re ha avuto non si sa per quale motivo: un po’ di bruciore di stomaco e qualche scaramuccia con la regina, con la quale non andava d’accordo. È interessante che questa esecuzione, che poi è diventata una sorta di simbolo nella storia della repubblica partenopea, e non solo nel Sud, non sia entrata minimamente nel diario del re, e tanto più possiamo immaginare che questa di Gesù sia entrata nel diario, nel cuore di Pilato.E qui lo vediamo mentre cerca di fare da ponte tra la folla – è sempre questo il pericolo: la mediazione, che i politici fanno, tra la folla e la verità, tra il diritto e le consuetudini –: Chi volete? Ho fatto scrivere: “Tu da che parte stai?”. Tutta la storia della Passione, in qualche maniera, è all’insegna di questo interrogativo, e non solo questa scena: tu dove ti collochi? Qual è il tuo posto in questa storia che è il canovaccio di tutte le storie?, il paradigma di ogni evento, di ogni secolo, di ogni anno, di ogni famiglia, di ogni comunità, di ogni diocesi, di ogni parrocchia? Tu per chi parteggi? E la difficoltà, molto chiara in questo quadro, che adesso guardiamo con gli occhi del cuore e non con quelli dell’amante dell’arte, è riuscire a stare dalla parte della verità che normalmente è in minoranza, perché il tumulto del popolo ha il suo effetto, dice consenso. Avere consenso, essere riconosciuti, sentire che gli altri parlano bene di me, avere un po’ le cose sotto controllo: questo segna le nostre giornate e a volte anche gli errori di tante nostre scelte. C’è la moglie di Pilato, che ha cercato inutilmente di fare incursione nella vita del marito, come a volte fanno le donne, che è sconsolata, perché ha percezione che il marito diventerà tristemente famoso, entrerà nel Credo, ma non come articolo di fede, ma semplicemente come annotazione storica: patì sotto Ponzio Pilato. Le donne ci guardano e intuiscono più di noi. Dall’altra, vediamo questo Gesù, mezzo denudato, che guarda la folla. Cerchiamo di guardarla anche noi con i suoi occhi: il quadro non ce li mostra, ma possiamo immaginare che siano occhi bassi. È così difficile abbassare gli occhi! Oggi non lo fanno neanche più le donne davanti a certe provocazioni. Tenere lo sguardo, o addirittura provocarlo, diventa un motivo di forza, di orgoglio. Gesù non tace solo non proferendo parola, ma tace anche abbassando lo sguardo. Forse il tacere degli occhi è più difficile del tacere della lingua: abbassare gli occhi per non vedere, per non essere feriti, nel caso nostro, perché se Gesù aprisse gli occhi riconoscerebbe tanti volti noti in questa folla tumultuosa e tumultuante, riconoscerebbe tanti graziati, tanti che avevano mangiato i pani e si erano saziati, tanti che erano ricorsi a lui per un miracolo, tanti padri in apprensione per la vita dei figli, i ciechi che furono

46

Page 47: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

riconsegnati alla luce, come partoriti nuovamente (e qui il riferimento è di nuovo al vangelo di Domenica scorsa). Forse è meglio tacere. È meglio non guardare. Questo tacere degli occhi lo chiedo per me e per voi come grazia. Com’è difficile abbassare gli occhi, cancellando una scena su internet, per esempio. E questa scena, che è la scena dell’Ecce Homo, esprime l’uomo ritrovato, l’uomo vero, la verità dell’uomo, che è Gesù, la verità di Dio che è sempre Lui. In Gesù queste due verità si intersecano e confluiscono. È vero uomo e vero Dio. È Dio fatto uomo. È l’uomo che torna ad essere amato da Dio e coronato di gloria, ma per intanto lo vediamo coronato di spine.Per chi abbia pregato l’Ufficio delle Letture stamattina, o per chi lo pregherà, vi siete imbattuti o vi imbatterete in Sant’Agostino, che vuole aiutare i suoi ascoltatori, dicendo: Non ti scandalizzare di Gesù che grida “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, perché lui si è fatto te. È l’uomo che grida. È la natura umana ferita. Agostino porta per mano il credente in questo difficile itinerario dei racconti della Passione. Non è un itinerario facile: dovrebbe essere vietato ai “minori di”, cioè a quelli che non hanno raggiunto la maturità della fede, perché, davanti a un Dio così, molti battono in ritirata. Dio non può essere così. Senza angeli, solo, senza gloria, impotente, legato, coronato di spine, flagellato. Noi vogliamo un Dio forte. E invece qui Dio si veste di debolezza: la nostra. Pilato si barcamena, e ovviamente sceglie la folla. Scegliamo la maggioranza. Scegliamo quello che pensano tutti. Facciamo quello che fanno gli altri, in modo tale da essere riconosciuti. Questo è il grande, grandissimo pericolo, che vivono i nostri figli, oppure i tuoi, i vostri scout, Arnaldo e Giovanna, i vostri ragazzi di Acr, Giorgio, presidente di Visciano… Ma come devono fare questi ragazzi, questi adolescenti rispetto a queste pressioni? Un adolescente vuole essere riconosciuto e il riconoscimento gli viene dal gruppo. Ma quest’anima un po’ adolescenziale rimane anche in noi grandi, anche in noi adulti, cioè noi non sappiamo stare soli. Noi abbiamo paura che gli altri parlino male di noi. Noi, davanti al tumulto della folla, subito ci allineiamo e cambiamo strategia. Che cos’è la verità? – si chiede a Gesù in un racconto della Passione, diverso da quello che stiamo meditando. Gesù non risponde. Perché la verità, l’interlocutore ce l’ha davanti: è lui. Ma è una verità dimessa. Noi vorremmo una verità che si imponga, una verità che riduca al silenzio le obiezioni, che schiacci. Ma tutto questo non appartiene allo stile di Dio tra noi. Pilato si ritira, affida Gesù al volere delle folle, che è il volere dei tribuni, che sono i farisei, i sacerdoti: Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi! E tutto il popolo rispose: Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli!Questa stessa espressione, detta allora, con foga, con violenza, “con le gole rosse”, direbbe Santucci in Volete andarvene anche voi?, da noi è pronunciata a fior di labbra con tanta dolcezza, perché è attirare una benedizione: Il tuo sangue, Gesù, ricada su di noi e sui nostri figli. Non ci escludere da questo bagno scarlatto, come il tuo manto. Non ci escludere da questa grazia, qualsiasi siano i nostri mali e le nostre malattie, i nostri peccati: il tuo sangue ricada su di noi. Dall’Ecce Homo impariamo l’arte di essere soli davanti a una folla avversa, davanti ad altri che ci accusano ingiustamente, impariamo a smettere manie di

47

Page 48: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

potenza. Perché i discepoli hanno abbandonato Gesù? Ce lo siamo già detti: perché non era il Messia che aspettavano, non era il Messia che Gesù, sulle prime – secondo loro – ha dato a intendere di essere. Questo non è il nostro Messia, allora lo abbandoniamo. E anche noi abbiamo queste manie d’essere i primi, d’essere bravi, d’essere alla moda, d’essere su facebook. Invece, Gesù è inerme, rispetto al desiderio di potenza. Gesù è povero, rispetto al desiderio di ricchezza, che alberga in me. Gesù è coronato di spine e flagellato, a fronte del piacere che regola tante mie scelte.Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Si poteva anche evitare questa flagellazione che a volte è la pena conclusiva (molti morivano sotto la flagellazione), ma per aggiungere dispregio a dispregio, poiché Gesù non è più una persona ma una marionetta, ciascuno può farne quello che vuole, come vediamo dalla rappresentazione improvvisata da quelli del pretorio ed è preda del primo passante. Per i condannati non ci sono diritti: un condannato è una cosa. E Gesù è spogliato, è vestito, è travestito, è fatto oggetto di burla anche qui. È così difficile accettare l’ironia degli altri su di noi, sulla Chiesa, sui preti, sui vescovi, sui laici impegnati… È così difficile non essere in prima pagina, in carta patinata, come gli uomini più famosi o tra gli uomini più famosi.«Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.Ecco, ci fermiamo su questa scena, che adesso è una scena itinerante. Ci sono le stazioni, che la tradizione ci ha consegnato: Veronica, il Cireneo, le cadute… Il Cireneo: Charles, che è intervenuto non con l’inflessione palermitana, ma con l’italiano sulla bocca di un discendente di Simone di Cirene. Che ci faceva in Palestina un uomo d’Africa, del Nord Africa? Forse era uno schiavo, veniva dai campi. E gli mettono addosso la croce di Gesù.Ci sono dei cirenei anche nella nostra vita, persone che per un attimo ricevono, portano, sopportano la nostra croce (penso ai preti e al loro ministero nel Sacramento della Riconciliazione: certo, è Gesù che porta, ma sapete per esperienza come certi drammi, poi, non ci lascino indifferenti e certi peccati passino dal cuore del penitente alla fantasia del confessore. Cirenei: persone su cui è posta la croce.San Girolamo dice che il cireneo è Gesù, perché la croce non è sua, non ne aveva, è venuto a cercare le nostre. E per tutti i giorni della sua vita ha cercato le croci ad una ad una. È lui il cireneo, perché la croce non è la sua. La croce è nostra.

Facciamo una breve contemplazione su questa immagine di Gesù che porta la croce (Marco Palmezzano – 2002), fuori d’ogni storia – questa è già una trasfigurazione! – e poi concludiamo.

48

Page 49: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Impariamo a pregare guardando, tra l’altro abituati alle immagini veloci, facciamo così difficoltà anche a fermarci su un fotogramma: la Passione è fatta di tanti fotogrammi da scorrere uno a uno, come i grani del Rosario.Questa è una trasfigurazione di un pittore in preghiera, perché il dramma non esiste qui. Non c’è alcun segno di sofferenza, se non nella corona di spine e nelle spine che aprono piccole e dolorose ferite in una parte del cranio molto sensibile, ma per il resto è come se Gesù non soffrisse. Non c’è l’audio delle folle – questo pomeriggio vedremo qualche fotogramma della Passione di Pasolini del Vangelo secondo Matteo – è come una scena estrapolata, guardata, amata, prima d’essere dipinta. Innanzi tutto, l’abito: è rosso, l’abito del re. Il re vestiva di rosso, per questo, per burla, fanno indossare una clamide a Gesù. Ma questo non è l’abito improvvisato di un condannato, ma è una vera e propria veste regale, fatta d’un tessuto molto prezioso e, come dicono le donne, con una passamaneria di tutto rispetto. E quindi è l’abito del re, ma è anche l’abito del sacerdote che sta celebrando la Messa, quella che si perpetua e si ripresenta in ogni nostra celebrazione. E quindi, guardando questa immagine, dico: Gesù, Tu sei il mio Re. Ed io sono giullare alla tua Corte (ricorderà don Pasquale).Poi c’è la croce, così ben levigata. Se ne vedono le vene, i nodi, come in un’opera d’alto artigianato. E certo non era così la croce. Tra l’altro probabilmente si portava solo un palo, come sapete, perché l’altro era fisso, ed era lì pronto per ogni condannato, ma la tradizione ci ha consegnato la croce per intero. E noi l’accogliamo così come l’ha accolta il pittore, che in questo momento ci sta aiutando, ben piallata, quasi a dire: L’ho resa dolce. Era nodosa, ma adesso è liscia. E la pialla sono le mani di Gesù. Guardatele per un attimo e notate quanto siano dolci, anche nel tocco, nel toccare, nell’appoggiarsi, nell’adagiarsi sulla croce. A furia di passare queste carezze – come dice don Tonino nella meditazione su San Giuseppe – è reso dolcissimo questo letto d’amore che è la croce. Talamo. Trono. Altare. Se qualcuno vuol venire dietro a me – dice Gesù – rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. La nostra grande tentazione è quella di disfarci delle nostre croci e camminare più liberi, più spediti (arriverò prima, sarò più in forma), ma senza croce non si galleggia nel naufragio della vita, non ci si salva. E ci sono croci e croci nella vita. Parlo in questo momento di quelle innominabili, che sono le croci ingloriose, volgari, che mai si raccontano, perché direbbero di noi e delle nostre malattie.Bob Kennedy, nella preghiera Atto di Abbandono, dice: Dammi l’amore alle croci, non a quelle gloriose, ma a quelle volgari che mi umiliano. A volte i nostri peccati sono anche una croce, o le nostre abitudini, le nostre debolezze.

49

Page 50: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

In questa immagine, Gesù ci invita ad amarla questa croce – è così difficile! – almeno a tenerla con la delicatezza che si ha per un gioiello, per una reliquia preziosissima.Cerco di immaginare anche la pressione delle dita, dei polpastrelli del Maestro su questo legno. Forse con il pollice sinistro sta anche facendo una piccola carezza al legno. Grazie della croce, delle croci, di ogni croce!Gesù è prigioniero: è espresso da questo laccio, che gli parte dal collo, quasi fosse un guinzaglio, e poi si arrotola molto dolcemente anche qui, senza tensione, senza violenza, e scende fuori scena. Il mio desiderio è di aggrapparmi a questa fune per non perdermi, per non annegare. Questa è la fune lanciata al naufrago, che sta per affondare, che non ha più forza nei muscoli, non sa più nuotare.Infine, guardate il volto di Gesù. È di una dolcezza infinita, ma anche di una tristezza. Sa che deve portarla la croce, ed è per me. Chi porta il suo supplizio, so che ne appar ben degno, so che la pena è segno del già commesso error, ma se Gesù si vede di croce caricato, paga l’altrui peccato solo per immenso amor – dice Metastasio. Gesù ha pensato a noi, a tutti. In queste ore, intensissime per la storia del mondo, c’eravamo tutti. E c’eravamo anche noi, che ci saremmo fermati in questa casa, in questo corso di esercizi, per considerare, riconsiderare la storia della Passione come storia di salvezza.E l’ultimo particolare è questo cartiglio, che vedete sull’asse lungo della croce – ho detto “cartiglio” perché è il termine tecnico con cui si indicano questi bigliettini che gli autori normalmente mettono per firmarsi, per indicare una committenza – dove per fortuna, non riusciamo a leggere quello che tecnicamente l’autore vi ha scritto, e allora ognuno di voi, ognuno di noi può scriverci qualcosa. Ecco, in questo momento, mi piacerebbe scrivere quello che dice il ladrone, nella versione lucana della Passione: Gesù, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno. Attenti, fate attenzione che “Gesù” nessuno lo dice più, perché adesso non ha più nome, ma io mi ricordo che questo condannato sta al posto mio, io ero Barabba, il figlio di nessuno, e lui mi ha dato la sua paternità, e adesso va a morire per me, e allora gli dico: Ricordati di me quando sarai nel tuo regno. O magari su questo cartiglio – ma è fuori d’ogni realtà quello che sto dicendo –ci sono dei nomi, come qualche volta sulla nostra scrivania mettiamo dei post-it per ricordarci di qualcuno… Forse Gesù ci ha scritto il mio nome: stai salendo anche per Arturo, anche per Francesco, anche per Fabrizio… E questo bigliettino diventa un esercizio motivazionale per Gesù: Vado avanti, non è inutile quello che sto facendo. Andrò fino in fondo.

Condivisione

Meditazione, ore 16

Canto: Nulla ti turbi

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

50

Page 51: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Mentre uscivano incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la croce. Giunti al luogo, detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo misero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorno lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo il lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

È bello vedere, innanzitutto, l’aspetto scarno di questi racconti, come per tutto il Vangelo, dove non ci si sofferma: sarà poi la tradizione, sarà il Medioevo, che, ovviamente, fa testo, a porre personaggi, parole, soste nel cammino della Croce. I vangeli ci presentano questo cammino nella più cruda essenzialità, senza fronzoli, così com’era accaduto. D’altra parte dagli eventi alla redazione dei vangeli c’è solo qualche decennio, quindi nella memoria della prima comunità di Gerusalemme sono ancora impresse le piaghe gloriose di quei giorni.È un pomeriggio ai piedi della Croce, come racconta questo quadro che abbiamo dinnanzi.La prima riflessione riguarda Gesù che non accetta sconti.Giunti al luogo, detto Gòlgota, che significa “Luogo del cranio”, gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Questa è un’abitudine per i condannati, un po’ per stordirli: è un vino drogato per allentare la crudeltà della esecuzione capitale, che tra l’altro era questa della crocifissione, riservata agli infimi; mai un romano, un civis romanus, è salito sulla croce. Quindi dobbiamo pensare che la croce era già di per sé una esecuzione riservata agli ultimi ed è riservata anche a Gesù, che si fa accanto agli ultimi. E non accetta sconti, va fino in fondo – oggi diremmo, con un termine moderno – non accetta la terapia del dolore. Noi l’accetteremo, ovviamente, quando sarà il nostro turno, però in questo momento, in questa contemplazione, che stiamo facendo da stamattina, mi piace considerare con voi come Gesù sia voluto rimanere presente a se stesso, per essere in qualche maniera, sia pure drammaticamente, ancora il protagonista, benché lo abbiamo visto passare di mano in mano, di tormento in tormento, di croce in croce.

51

Page 52: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

La seconda – sono piccole annotazioni – riguarda Gesù nudo. Già ho dato qualche pennellata, questa mattina, guardando il quadro di Pilato che fa la spola tra la folla e il condannato. Questa nudità dice assenza di diritti. Il condannato, all’atto in cui viene dichiarato reo di morte, non possiede più nulla, di qui la divisione delle vesti, e non ha alcun diritto. E quindi la nudità, che la Chiesa ha avuto sempre molto timore nel rappresentare, vietandola addirittura, è la condizione del condannato, che è esposto all’estrema abiezione. Non è la nudità delle pagine patinate delle riviste di una volta (adesso ci sono altri accessi anche più immediati da casa), quella è una nudità di potere, di forza, di bellezza, di giovinezza, di virilità, ma una nudità inerme. Mi verrebbe da dire: dei bambini, ma l’immagine è troppo romantica. E allora vi leggo le brevi annotazioni della X stazione: Gesù è spogliato delle sue vesti.

Un condannato perde tutti i suoi diritti, anche quello del pudore. Gesù è stato già oggetto di scherno e di violenza gratuita nelle mani dei soldati la notte scorsa. Ed ora, giunto esanime in cima al Calvario, mani volgari lo spogliano per l’ultimo atto della esecuzione capitale. Il corpo di un condannato è cosa pubblica, appartiene a tutti tranne che a se stesso, può essere appeso a una croce o a una forca come un panno immondo messo ad asciugare al sole. Ricordi, Maria, quando fasciavi e sfasciavi Gesù bambino con quanta grazia tu compivi il tuo gesto materno? Era per te come una liturgia al tempio. Solenne e velata di mille pudori come volute d’incenso davanti all’Arca o avanti la tenda del Santo dei santi. Le fasce erano bianche e profumate di bucato e lavanda e gli angeli venivano a frotte, come le rondini, nella tua povera casa, ma all’ultimo giro di fascia si coprivano il volto per non essere abbagliati dalla carne del Figlio diventato bambino. Ricordi, Maria, tu cantavi e gli angeli rispondevano al canto col battito d’ali! Ed ora quel corpo è piagato e profanato da mani sacrileghe come e più di quando i pagani entrarono rozzi nel tempio e varcarono con armi la soglia dell’invalicabile Tenda!

Cerco il tuo sguardo, Maestro, ora che ti hanno privato della tunica tessuta da tua Madre e del mantello che nella frangia guariva malati al solo toccarlo. Tu ti eri già spogliato della divinità all’atto di entrare nella Storia, e ieri, nel Cenacolo, avevi deposto le vesti di Maestro per lavare i piedi agli apostoli timorosi. Cerco il tuo sguardo, Maestro, e ti chiedo, con le parole del Salmo 50: “Crea in me un cuore puro!”. Per me e per tutti chiedo la grazia di uno sguardo limpido e il senso di un ritrovato pudore.

La terza annotazione riguarda la compagnia.Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.Signore, vorremmo sedere alla tua destra – dicono i figli di Zebedeo. Uno dei due ha il privilegio di stare ai piedi della Croce, così come egli stesso racconta nel suo vangelo. Ma alla sinistra e alla destra, in questa scena regale, perché la Croce è un trono, oltre che talamo ed altare, come vi ricordavo stamattina, ci sono due ladroni. Uno è passato anche stamattina a fare un po’ di razzia nelle stanze di

52

Page 53: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

alcuni di voi… E anche di questo diciamo grazie: ci sono sempre dei ladroni! Gesù dona, e c’è chi ruba. E la forza inerme di Gesù, e dietro di lui anche la nostra, è quella di continuare a donare. Il cardinale Pellegrino, arcivescovo di Torino, ad alcuni ladri che erano entrati in casa per rubargli quel poco che ancora aveva – era già emerito e viveva da solo – mentre scendevano le scale, li benedisse: Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. Loro hanno rubato, Gesù ha donato, e adesso dona anche il Paradiso, nella versione di Luca, su cui ci siamo fermati proprio qui, nelle ultime parole del Signore, un po’ di anni fa: Oggi sarai con me in Paradiso. Ci troviamo in un momento anche particolarmente delicato da questo punto di vista, dove la ristrettezza economica aumenta il numero dei candidati a questa laurea. Ce n’erano già molti in giro, ma aumentano, a partire dalla difficoltà che viviamo. Rispondiamo al furto col dono. Ho ancora in mente la mattina in cui le suore vennero a bussare, impaurite, addolorate, perché l’esposizione degli argenti in episcopio era vuoto. Le rimandai – loro lo ricorderanno bene – in cappella a pregare, perché era l’ora della loro preghiera. Non ci lasciamo prendere e cerchiamo anche di donare quello che nessuno potrà mai derubarci. Questa è la corte, questa è la corte di Gesù, questi sono quelli che poi sono entrati nella foto di gruppo, per fare memoria e per andare su facebook in tutto il mondo per una gita al luogo detto “Cranio”. E siamo anche noi, ovviamente, dentro questa scena, anche noi cerchiamo di rubare – come dice Barsacchi in un suo libro – l’eternità. Ladri d’eternità.

Quarta annotazione: gli oltraggi, che costituiscono delle vere tentazioni per Gesù. Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei il Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Il luogo delle esecuzioni era appena fuori le porte, quindi in un luogo di passaggio, doveva essere visibile. Le esecuzioni capitali nella storia hanno sempre avuto questo ruolo, per così dire, “pedagogico”: dovevano servire da lezione. L’INRI, che noi siamo così abituati a vedere, quasi che facesse parte della crocifissione, null’altro era che la scritta della condanna. Paolo dirà che ha strappato la nostra condanna, che era già stata scritta, era già stata firmata, già aveva il timbro, mancava solo l’esecuzione. La sua no, rimane lì. E quindi tutti passano e tutti dicono: Cosa ha fatto questo? E leggono: è il re dei Giudei. E giù a ironie, a commenti: Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso! Vedete, come la gente ascolti la Parola e poi quando è il momento la tira fuori, magari come una bestemmia: Scendi dalla croce! E invece noi diciamo: Restaci, Gesù! Una tentazione: è la tentazione del “buttati giù”, verranno gli angeli a prenderti, vedrai, sarà una scena hollywoodiana, molti di più crederanno in te. E invece lui rimane. Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso!». Medico, cura te stesso – dice Gesù nella sinagoga di Nazaret.

53

Page 54: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio – ancora più acuta questa tentazione – Lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio!”. Dall’argomentazione umana, dall’offesa umana si passa a ragioni più teologiche: Se sei Dio, allora fa’ un miracolo. E ancora di più: Tu ti sei dichiarato Figlio, Figlio di Dio, e allora intervenga Lui. Le lacrime sono il mio pane giorno e notte mentre mi dicono sempre, dov’è il tuo Dio? Dov’è? Lo chiedono anche a Gesù. E anche lui potrebbe rispondere: Non ce l’ho più un Padre, l’ho dato a Barabba. “Bar-abbà” è diventato figlio del Padre celeste. E anche i ladroni, nella versione di Matteo, che stiamo seguendo, lo insultano. E sono gli insulti che arrivano anche a noi, che arrivano alla Chiesa, che arrivano alla tua parrocchia: le lettere anonime, i pettegolezzi sulla tua famiglia… Tentazioni che debbono essere passate sotto silenzio. Gesù non risponde. Ma quello che è più importante è che non corrisponda alla tentazione, che viene, a vario grado, su vari piani, a mettere in crisi il condannato, quello che ha detto e quello che ha fatto.

Guardiamo un attimo questa piccola sequenza di Pasolini. Ho scelto questo, e non quelle più celebri, perché molto cruda, d’altra parte messa su fondamentalmente da un lontano e anche da una persona dalla vita tormentata. Questo è in bianco e nero, quindi molto datato. Ci dice lo sguardo di un intellettuale sulla Passione. Quello che mi preme sottolineare di quest’opera è l’utilizzo di persone del tutto normali, i suoi amici, magari alcuni non proprio “San Luigi Gonzaga” probabilmente, persone della strada, “ragazzi di vita” e anche sua madre. E quindi c’è anche la visione meridionale, se volete, la donna vestita di nero… Non c’è nulla della ieraticità di Maria ai piedi della Croce: c’è una vedova che sta perdendo il figlio e si dispera.

Leggo il breve commento alla IV stazione dalla stessa Via Crucis del 2007.Le cattive notizie si fanno strada da sole e, con la velocità della luce, valicano monti, percorrono strade, si trasmettono di bocca in bocca e bussano alla porta di una donna sola che vive nel ricordo di un figlio partito dietro il vento dello Spirito. Non servono parole. Basta uno sguardo, il salire frettoloso di una ragazza che viene dalla piazza ansimante senza la giara con cui era partita per attingere acqua. Basta il nome: “Gesù…”. Ed ella sobbalza nel sapere ciò che aveva sempre saputo. Dall’infanzia del Figlio catturato emerge chiara la voce del vecchio Simeone come fosse oggi “Anche a te una spada trafiggerà l’anima!”. È partita così come si trovava lasciando acceso il lume sulla madia perché un figlio sul limitare della morte torna bambino e dice: “Mamma!...”. “Madre, ora l’ora è giunta. Quell’ora che a Cana vietava il miracolo e che tu mi estorcesti per amore è qui, adesso. È questo il giorno nuziale dell’acqua e del sangue e le giare si arrosseranno perché vi si possa attingere vino da portare al maestro di mensa. Ma tu… perché sei venuta? Il saperti lontano nella casa dei giochi mi dava conforto perché non avresti visto come è ridotto quel figlio partito libero e puro a inseguire le fiabe del Regno. Ora qui tu vedi come sono io l’uomo esperto in soffrire che sillabando leggevo bambino sul rotolo del

54

Page 55: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

grande Isaia, col volto arrossato di sangue e piagato e con questa croce che non so se riuscirò a portare fin sul luogo del Cranio. Madre, il mio dolore specchiato nel dolce tuo volto aumenta il soffrire del Figlio che avrebbe voluto saperti al sicuro, lontano da lance e bastoni che battono me, ma in te hanno eco profonda. Madre, perché sei venuta?

“Figlio, perché ci hai fatto questo? Vedi come tuo padre ed io ti cercavamo!”. Ricordi, eri appena ragazzo, quando ti ritrovammo nel tempio e tu ci rispondesti che dovevi occuparti delle cose del Padre. Anche quella parola ora diventa evidente ed io capisco che è il Padre che invoca il tuo sangue. Ma lascia che io tua madre ti sia vicina nel calice amaro e con te, dolorante, salga l’erto tuo colle fino alla fine. La tua morte sarà come a Betlemme la notte in cui rompesti le acque perché nascita e morte sono come sorelle abbracciate.A questo quadro della Madre aggiungiamo De Andrè (lo abbiamo fatto forse un po’ di anni fa): vorrei invitare Marilù, facendo un balzo indietro di trentatré anni. Tre madri nella Buona Novella all’epoca fu un vero scandalo per me – molti di voi non erano ancora nati, mi riferisco ai giovani – perché si descriveva l’umanità di Gesù e di Maria, e questo è anche il senso delle Tre madri. Lascio a Marilù la parte di Maria e faccio io la madre di Tito e l’altra, che fondamentalmente dicono a Maria: Ma tu perché piangi? È solo un’immagine, poi ti sarà restituito. Ma lei spiega le ragioni: Piango di Lui ciò che mi è tolto. Le braccia magre, la fronte, il volto. Ogni sua vita che vive ancora che vedo spegnersi ora per ora, cioè piango mio figlio, non il Figlio di Dio. È chiaro, qui è l’ateo che parla, ma forse che Maria non partecipa con quella disperazione che Pasolini ha voluto esprimere con il volto di sua madre? Tra l’altro gli omosessuali hanno sempre un rapporto particolarissimo con le madri. E l’espressione più forte e più blasfema – avete imparato ormai da tempo che la preghiera e la bestemmia hanno i confini incerti – rubo quest’ultimo verso di nuovo a De Andrè, da un’altra canzone: Non fossi stato figlio di Dio t’avrei ancora per figlio mio, cioè Maria si duole in questo lamento di De Andrè, perché questo figlio, in realtà, non è suo, ma se fosse stato suo, solo suo, l’avrebbe ancora; le è stato tolto dal grembo con una paternità sconosciuta e altissima e adesso le viene tolto. Nella bestemmia, poi, c’è anche un atto di fede.

Le tre madri / De Andrè

Madre di Tito: "Tito, non sei figlio di Dio, ma c'è chi muore nel dirti addio".

Madre di Dimaco: "Dimaco, ignori chi fu tuo padre, ma più di te muore tua madre".

Le due madri: "Con troppe lacrime piangi, Maria, solo l'immagine d'un'agonia: sai che alla vita, nel terzo giorno,

55

Page 56: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

il figlio tuo farà ritorno: lascia noi piangere, un po' più forte, chi non risorgerà più dalla morte".

Madre di Gesù: "Piango di lui ciò che mi è tolto, le braccia magre, la fronte, il volto, ogni sua vita che vive ancora, che vedo spegnersi ora per ora.

Figlio nel sangue, figlio nel cuore, e chi ti chiama - Nostro Signore -, nella fatica del tuo sorriso cerca un ritaglio di Paradiso.

Per me sei figlio, vita morente, ti portò cieco questo mio ventre, come nel grembo, e adesso in croce, ti chiama amore questa mia voce.

Non fossi stato figlio di Dio t'avrei ancora per figlio mio".

Ho voluto che cantasse Marilù perché, nel 1981 – qualcuno di voi neanche era nato – io giovane prete di due anni, in un musical pasquale utilizzammo questo testo. Vado verso la fine. È come se a quel balcone, che abbiamo indicato ieri essere gli occhi pieni di lacrime di Pietro, si aggiungessero altri tagli, altre visuali e in questo momento quello della madre. Guardiamo la storia della Passione con gli occhi di Maria: per voi donne dovrebbe essere anche più facile, d’altra parte non è un caso, credo, che l’Addolorata, nelle nostre parrocchie, dovunque, almeno al Meridione, trovi tanta devozione, riesca ad attirare così, non solo le donne ma anche gli uomini. Quindi, guardare la Passione con gli occhi di Pietro, guardare la Passione con gli occhi di Giovanni, che abbiamo visto e che avete riconosciuto certamente in un passaggio di Pasolini. Vi assegno, per chi ci riesca, anche questo itinerario: guardare la Passione con gli occhi del Padre, che sembra assente, ma è nel Figlio, è col Figlio – la Trinità non si separa, non si scinde – è accanto a lui, come delle rappresentazioni anche antichissime ci consegnano. Il Padre che sostiene il legno della Croce, su cui il Figlio è morente, e lo Spirito al posto dell’INRI. Guardare dagli occhi degli apostoli, che poi torneranno, ma adesso sono lontani e sentono semplicemente delle notizie che riguardano il loro Maestro. Guardare con gli occhi dei discepoli di Emmaus. Guardare con gli occhi dei santi, che sulla Passione hanno versato fiumi di lacrime. Ma infine, forse è l’aspetto più doloroso, che vi consegno in questa ora, è: Passio Christi, passio hominis. La Passione di Cristo è la passione degli uomini, perché c’è una grazia da chiedere. Certamente la grazia della fede, ma anche la grazia di vivere bene la nostra fede, più intensamente, e la grazia di saper morire, che non è una grazia

56

Page 57: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

facile. La morte di Gesù è anche questo suo voler essere presente a se stesso, è una lezione d’umanità. Dona morte santa, dice la Sequenza allo Spirito Santo, cioè che sia una morte nella fede innanzitutto, nonostante i dolori, nonostante la drammaticità del momento, nonostante il chiasso che fanno gli altri, e poi – questo lo sento molto importante per me, lo sanno bene quelli, quasi tutti voi, che mi conoscete – che possa fare della mia morte un dono e non un cattivo esempio. Ho paura di dare cattivo esempio sul letto di morte. Perché dicevo difficile questa passio hominis? Perché poi, guardando Gesù sulla Croce, non possiamo non pensare a persone a noi care che hanno vissuto un calvario, e quindi chiamiamo i nostri genitori, chiamiamo Valeria, chiamiamo chi anche pochi mesi fa ha vissuto il dramma dell’agonia e sentiamo che veramente la Passione di Cristo continua. Non sarà completa che in fondo al mondo. L’espressione, che cita Michel Quoist nella sua Via Crucis, in effetti è di Claudèl, è lui che dice: Tu sei in agonia fino alla fine del mondo nell’agonia delle persone. Il grande miracolo di tanti, che abbiamo assistito, portato alla morte, accompagnato, è che hanno continuato a credere. Miracolo!, perché perdere la fede, davanti a certe sofferenze, a certe morti anticipate, ante diem - dicevano gli antichi - genera uno scandalo. Ma perché? Perché Dio se l’è presa con me? perché proprio io? perché proprio adesso? E poi tutte le chemio e tutti i cicli…: nuove forme di passione. Ciascuno di noi è stato ai piedi di croci, e ha assistito a rantoli, a parole, a testamenti, a “ricordati di me”… Fate questo esercizio.

Vespri e S. Messa, ore 18:30

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorno lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo il lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

Veder l’orrenda morteDel suo Signor non vuole,Così si vela il SoleE mostra il suo dolor.

57

Page 58: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Trema commosso il mondo,Il sacro vel si spezzaPiangon per tenerezzaI duri sassi ancor.

Così Metastasio nelle strofe della Via Crucis, che alcuni di voi pregano ogni venerdì di Quaresima. A questo buio, che abbiamo già considerato, a partire dal tramonto del Giovedì Santo, e che si è perpetuato nel sonno dei discepoli nell’Orto, nel rinnegamento di Pietro, nell’abbuiarsi – direbbe Barsacchi – dei cuori, chiusi dinnanzi al grande e solo innocente della storia, Gesù di Nazaret, ora s’aggiunge il buio fitto da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, il tempo dell’agonia, di un’agonia, di un agone, di un combattimento.Abbiamo ascoltato, nella Prima Lettura di oggi, dei tre fanciulli nella fornace ardente. Ed è una costante. Dio non libera, se non all’ultimo momento. È stato così per Daniele nella fossa dei leoni, per i tre giovani, per gli ebrei, come mediteremo alla Veglia pasquale, dinnanzi al Mar Rosso, chiusi tra il mare e i nemici egiziani che li inseguono, così per il sacrificio di Isacco. Dio interviene quando sembra tutto perduto. Questo è il Suo stile. Finché possiamo fare qualcosa, finché ci sia uno spazio di libertà, Dio è rispettoso. Accade così anche nella vicenda drammatica, e per noi gloriosissima, di Gesù sulla Croce. Questo buio è il buio nel cuore dell’uomo, è la notte del tempo in cui i progenitori, all’origine del mondo, furono cacciati fuori dal Giardino. La notte cominciò allora, quando il fratello disse al fratello: Andiamo nei campi. E la terra comincia ad avere sangue innocente, il sangue di Abele. È una lunga notte, quella della storia, che abbraccia tutto il tempo prima di Cristo. Noi siamo quelli dell’alba, quelli che dopo duemila anni ancora intravedono i bagliori dell’alba di Pasqua, ma questo buio, di cui parla l’evangelista, è il buio della lontananza, il buio della paura di Dio: Mi sono nascosto perché ero nudo. Ma adesso, nella sfolgorante nudità dell’Uomo della Croce, questo insano pudore dell’uomo nei confronti di Dio è annullato. E l’uomo può mostrarsi nudo, cioè povero, davanti al suo Creatore. Adamo, dove sei? E adesso anche Gesù grida: Abbà, dove sei? Come nelle grandi storie d’amore ci si cerca, senza rendersi conto che si è in due a cercarsi. L’uomo cerca Dio e Dio cerca l’uomo. In Gesù, Dio si è messo in cammino per cercare la pecorella smarrita: l’umanità.Alle tre del pomeriggio, questo grido squarcia il cuore dei credenti, la fede della Chiesa e la storia intera. Il salmo 21, che alcuni dicono essere citato dal primo verso perché s’intenda che Gesù lo sta pregando per intero, e dunque anche nella parte gloriosa, rimane una esperienza terribile, se anche Dio è senza Dio. D’altra parte, Bonhoeffer, in un’espressione che mi è molto cara e che io vi ho citato centinaia di volte, dice che la fede è vivere coram Deo, sine Deo (davanti a Dio, senza Dio). L’ateismo non è fuori di noi, non è altro rispetto al credere. Se questo grido di disperazione lo leggiamo nella sua crudezza, senza edulcorarlo, senza addolcirlo, come in tanti fanno – ma siete liberi di scegliere anche altre strade – è il grido dell’uomo che cerca il Padre. Adesso avete anche i termini per capire com’è che il Padre, l’Abbà, sembra non rispondere, perché adesso risponde a Barabba, perché adesso Barabba ha un Padre. E Gesù di Nazaret non ne ha più uno. È abbandonato, è l’abbandonato, come Chiara Lubich amava credere per sé, e indicare ai suoi figli (alcuni di voi seguono la

58

Page 59: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

sua spiritualità, e conoscono questa insistenza del Gesù abbandonato, che ha dilaniato il cuore di Chiara, ancora giovane, per tutta la sua vita). Gesù grida di nuovo, e manda lo Spirito. La nuova traduzione sceglie la versione giovannea, che non è “spirò”, ma “espirò”, nel senso di mandare lo Spirito Santo su questa Chiesa raccolta.Noi in questi giorni, pochi ma intensi, abbiamo vissuto quello che la Chiesa dovrebbe vivere continuamente, cioè essere ai piedi della Croce, sentire che la Croce è l’asse intorno a cui gira la terra, la storia, ogni astro, tutto l’universo, la storia di ciascuno di noi. La Chiesa dovrebbe avere più pazienza nell’ascoltare la Parola a lungo, continuamente, come abbiamo fatto noi, sia pure in una maniera pedante – mi riferisco a me ovviamente – perché solo la Chiesa intorno alla Croce è la Chiesa. Il resto sa tanto di organizzazione. La Chiesa intorno alla Croce è la Chiesa dell’Eucaristia, che celebra l’Eucaristia, e che sente che l’altare è anche la Croce, è anche il luogo del sacrificio dove è sgozzato l’Agnello, che toglie i peccati del mondo. Amatela di più quest’espressione: Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. E poi: Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo è la Croce, è alzare gli occhi al Crocifisso, è sentire che questo Dio che grida esprime l’umanità, che avrebbe gridato per tutta l’eternità, ma che adesso riceve lo Spirito e con lo Spirito anche l’adozione, perché lo Spirito grida in noi “Abbà”, Padre, cioè ci certifica, consolida la nostra percezione d’essere figli veramente, come dice San Giovanni: E lo siamo veramente. Non per scherzo. Non ti ho amato per scherzo – disse Gesù alla mistica di Foligno. Non ti ho amato per gioco. E il soggiornare nel vangelo della Passione ce ne convince ancora di più. I fenomeni che accompagnano questa Pentecoste dall’alto della Croce sono fisici, ma soprattutto interiori e simbolici.Metastasio, nei versi che vi ho citato all’inizio, dice che i sassi ancora piangono dopo duemila anni, riecheggiando quelle indicazioni della Via Crucis, dove si dice al penitente: com’è che i sassi piangono, e tu no? Com’è che i sassi, i duri sassi si commuovono, e il tuo cuore invece rimane freddo? Il velo del tempio si squarcia – era questa cortina che divideva il santo dal Santo dei Santi – come si squarcerà nel vangelo di Giovanni il costato del Crocifisso, a dire che è finito il tempo del tempio. È finito un tempo, dove si poteva entrare fino a un certo punto: adesso tutti possiamo entrare nel Santo dei Santi, che è il Cuore di Cristo. Viene un tempo – abbiamo ascoltato qualche Domenica fa sulla bocca di Gesù, detto alla samaritana – viene un tempo, che è questo, in cui non ci sarà più la separazione tra sacro e profano, perché il sangue di Cristo ha santificato ogni cosa.

Vi lascio con due suggestioni.La prima viene da Sant’Ignazio, che quando fa fare all’esercitante la meditazione sul peccato e poi sulla Passione, il peccatore alza lo sguardo e vede Gesù Crocifisso, suo salvatore, che dice: Sono qui per te, sto morendo per te, ho acquistato la tua vita con la mia morte, mi sono sostituito a te, alla tua

59

Page 60: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

disperazione, per consegnarti la mia speranza, al tuo essere peccato per rivestirti della mia santità. E questo dialogo, che Ignazio fa fare e chiede all’esercitante di compiere con Gesù Crocifisso, provate a farlo anche voi prima di chiudere gli Esercizi. Alla fine pone delle domande e sono tre, quelle classiche. La prima sulla memoria della mia vita di fede. E suona così: Che cosa ho fatto io per Gesù? Adesso ho capito quello che Lui ha fatto per me – tutto – ha pagato un prezzo esorbitante, mi ha tolto dalle tenebre e si è inabissato al posto mio. E allora cosa ho fatto io per Gesù fino ad oggi? Come ho impiegato i miei giorni, rispetto a lui, a partire da lui? La seconda domanda riguarda il presente di questi giorni per noi: cosa faccio io per Gesù? Ma la domanda più importante è la terza, perché riguarda il futuro. Possiamo anche essere passati, come i passanti del vangelo, che deridono, che scuotono il capo davanti all’uomo sul patibolo, ma quello che è importante è il futuro, cioè come vorrò vivere?, cosa posso fare per Te, dal momento che Tu hai fatto tanto per me?

La seconda suggestione è di tutt’altra specie, e magari farà anche arricciare il naso a qualche teologo presente. È una poesia di Barsacchi, E se Dio non esiste? Mi sembra, adesso, di buttare giù tutto quello che ho costruito, in realtà Barsacchi ha avuto una grande fede. Probabilmente l’avrà scritta per qualche suo amico non credente o non credente appieno. I versi sono pochi e di una densità enorme. Dice:

Ripetilo: - Dio mio - ripetilo con voce faticosa:piega la testa a forzareggi il cuorenel gelo, nell’arsura, nella schiavadipendenza.Dilàniati. Qualcosauscirà dalla pietra.Procedi nel tuo cuore tenebroso,non chiamare chi muta in raziocinioil tuo dolore.E se Dio non esisteinvoca ancorala sua mancanza, prega la sua morte:fallo esistere tucon la ferociadi ogni altro amore. Io, ovviamente, amo questi versi, altrimenti non ve li avrei proposti in questo momento così bello e difficile, cioè quando il Crocifisso ha reclinato il capo inondandoci di Spirito Santo. Sembrano parole blasfeme, come sempre e come più volte ho rischiato in questi giorni, ma vengono da un grande credente.

60

Page 61: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Alla fine Barsacchi dice: E se anche Dio non esiste, fallo esistere tu, che sembra presuntuoso, ma è una sorta di preghiera che s’innalza nel Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?, in margine al grido di Gesù. Dice: Non chiamare chi muta in raziocinio il tuo dolore, cioè non ti rivolgere ai filosofi, non chiedere spiegazioni, non ce ne sono. Ripetilo: Dio mio! Sembrano le parole del Crocifisso: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Con voce faticosa piega la testa a forza, cioè anche se vorresti tenere la testa ritta in forma di sfida, piegala e reggi il cuore nel gelo, nell’arsura, nella schiava dipendenza. Forse è un’allusione al male, al peccato. Dilaniati, qualcosa uscirà dalla pietra, ed è il mio cuore di pietra, che non si commuove, che non si volge a più miti desideri, che non riesce a spiccicare parola davanti al Cristo Crocifisso. Procedi nel tuo cuore tenebroso e se Dio non esiste invoca ancora la sua mancanza, prega la sua morte, fallo esistere tu con la ferocia di ogni altro amore, perché l’amore è feroce, l’amore non si rassegna, non si ferma, non demorde. Facendo riferimento a ogni altro amore, Barsacchi vuole dirti: almeno con la ferocia, con cui ami gli altri, bussa – bussò cent’anni ancora alla tua porta, diceva La canzone di Marinella (De Andrè). Invoca ancora la sua mancanza, prega la sua morte, fallo esistere tu con la ferocia di ogni altro amore, e Dio voglia che qualcuno di voi acquisti questa ferocia, che è la ferocia dei credenti-atei o degli atei-credenti, di quelli che non si accontentano di formulette, di immagini edulcorate, di espressioni consolatorie, ma che accettano il guado della fede che passa attraverso il Gòlgota, luogo del Cranio, luogo dell’esecuzione capitale di Gesù di Nazaret.

Vi auguro, carissimi fratelli e sorelle, figli e figlie, questa fede disperata. Questa fede che grida fino a strappare le corde vocali dalla stanchezza del gridare, che non si ferma davanti ai noduli delle corde vocali, e dice: Mio Dio, mio Dio… e che fa esistere Dio con la ferocia dell’amore. Lo chiedo per me, lo chiedo per voi.

Ripetilo: - Dio mio - ripetilo con voce faticosa:piega la testa a forzareggi il cuorenel gelo, nell’arsura, nella schiavadipendenza.Dilàniati. Qualcosauscirà dalla pietra.Procedi nel tuo cuore tenebroso,non chiamare chi muta in raziocinioil tuo dolore.E se Dio non esisteinvoca ancorala sua mancanza, prega la sua morte:fallo esistere tucon la ferocia

61

Page 62: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

di ogni altro amore.

Meditazione, ore 21:30

Poteva accadere.Doveva accadere.È accaduto prima. Dopo.Più vicino. Più lontano.È accaduto non a te.Ti sei salvato perché eri il primo.Ti sei salvato perché eri l’ultimo.Perché da solo. Perché la gente.Perché a sinistra. Perché a destra.Perché la pioggia. Perché un’ombra.Perché splendeva il sole.Per fortuna là c’era un bosco.Per fortuna non c’erano alberi.Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.In seguito a, poiché, eppure, malgrado.Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,a un passo, a un peloda una coincidenza.Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.Ascoltacome mi batte forte il tuo cuore.

Il titolo è Ogni caso. L’autrice – ovviamente è una poesia d’amore – vuole celebrare quell’apparente casualità con cui ci si incontra, ci si salva, si è scelti, ci si spintona per caso, si pesta il piede a una persona… Accadimenti che potrebbero essere occasione di una guerra come di un amore, perché, alla fine di tutti questi casi, è accaduto, doveva accadere… L’autrice dice: dunque, ci sei?, cioè sei qui davanti a me, sei arrivato? Dritto, dall’animo ancora socchiuso? La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo. Forse è anche quella santa casualità con cui siamo approdati qui tre giorni fa, ma sembrano trent’anni fa o trecento anni fa. E chi per caso, apparentemente per caso, ma il caso non esiste, esiste la Provvidenza, si trovi faccia a faccia, come noi in questo momento, con il Cristo, ora nell’opera del Velasquez, può dire: Ascolta come mi batte forte il tuo cuore.L’esperienza, che concluderemo domani mattina con la celebrazione eucaristica, è un sentire il suo cuore. Siamo stati a sentire il suo battito davanti a Pilato, per il tradimento di Giuda, per il rinnegamento di Pietro, per lo schiaffo, per la flagellazione, per i ladroni, per le ingiurie, ma anche per la gioia della mensa, per il pane consegnato, che non è più pane.

62

Page 63: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Il nostro compito e il compito della vita spirituale non è guardare noi stessi, ma il volto di Cristo, che è il volto di Dio.Non ho il testo di quella sequenza di Amami come sei, ma ho scritto il messaggio centrale sull’immagine, perché si è tentati sempre di pensare che bisogna abbellirsi un po’, bisogna fare un po’ di palestra, bisogna tirar giù un po’ di pancia, bisogna scendere di qualche chilo, bisogna fare le flessioni, bisogna imparare a parlare, bisogna saper scrivere poesie, bisogna fare tante cose per amare. Ma è una trappola questa, perché Gesù adesso mi dice dall’alto della Croce dove lo guardo – ricordate i versi di Turoldo, che erano sul nostro libretto qualche anno fa – che all’amore si risponde con l’amore. Amor ch’a nulla amato amar perdona. Ma molti di noi, diciamo tutti noi stiamo pensando: Sì, è vero, bisogna…, da oggi in poi devo corrispondere all’amore di Gesù, ma prima devo andare in palestra spirituale, prima devo fare altri dieci Corsi, prima devo togliere questo vizio, prima devo estirpare questo peccato, in modo tale da essere più presentabile… Ma questo significa morire, e giungere a ottant’anni, a cento anni, al giorno della morte, senza aver mai corrisposto. Allora l’invito che ci viene, ed è il primo messaggio di questa sera, è di non porre indugio all’amore. Amami come sei significa che se anche sei peccatore, e lo sei, e lo sono, puoi amarlo. Anche se non sei al massimo delle tue potenzialità, anche se non sei nel tuo momento migliore, anche se non sei più nella giovinezza, anche se hai perso tante cose, tante occasioni, anche se non hai l’abito adatto, anche se sei l’ultimo, puoi amarlo. Amami come sei non vuole essere una rassegnazione e un’assoluzione generale rispetto ai nostri peccati e ai nostri limiti, ma piuttosto un metterci in cammino. Io credo che tante persone nelle nostre parrocchie non si mettano in cammino perché pensano di non avere tutto l’arredo, il corredo pronto. Non si sposano perché non hanno ricamato le cifre sulle lenzuola, o magari neanche comprato le lenzuola, e allora bisogna prima comprare le lenzuola, poi andare dalla ricamatrice, e poi forse ci sposiamo. E tanta gente rimane fuori, perché pensa che per partecipare all’Eucaristia, per iniziare un cammino, per corrispondere all’amore di Gesù bisogna essere perfetti o perlomeno un po’ santi.E questa mi sembra la grande eresia, il grande impedimento di quelli che dicono: No, non vengo in chiesa, parroco, perché…Amami come sei, dopo penseremo anche ai tuoi peccati, dopo penserai a capire che t’infelicitano, dopo inizierai anche un cammino di palestra spirituale, ma adesso amami come sei.Dal tuo abisso – comincia così il testo di Mons. Lebrun, da cui è estratto questo tema – dall’abisso dei tuoi peccati, della tua indegnità, del tuo squallore, si alzi un grido: Gesù, ti amo.Ecco, questo nessuno di voi è impossibilitato a dirlo, a gridarlo, a esprimerlo.Allora, tra i temi che ci portiamo questa notte, una notte importante – una notte da non dormire, direbbe Aggiungi un posto a tavola – una notte da far l’amore, aggiungete anche questo: forse devo cominciare ad amare anche se sono indegno, anche se sono sporco, anche se sono brutto e cattivo, anche se sono Calimero, il pulcino nero, che non riesce mai ad essere pulito e ad essere

63

Page 64: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

in linea con i suoi fratellini tutti bianchi e con le piume in ordine, mentre lui è sempre spettinato.

Affidiamo a Fabio la lettura del penultimo brano.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo. Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatèa, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.

Il centurione, come nel vangelo di Marco, diventa il confessore della fede. Quello che i discepoli non hanno saputo dire, neanche Pietro, lo dice un pagano, un romano, uno della truppa d’occupazione, un oppressore, un rappresentante del popolo che opprime la Palestina. Il centurione, che ha guardato e poi ha assistito a questo terremoto e a questi eventi prodigiosi, ma soprattutto al modo con cui quest’uomo ha reso lo spirito, senza imprecare, senza amarezza, confessa la sua divinità.Furono presi da grande timore, che non è il timore della paura, ma è il timore davanti all’arcano. È il timore e il tremore, di cui parla Kierkegaard. È il timore che dovremmo avere come dono dello Spirito Santo, il timore che ci pone in atteggiamento reverenziale nei confronti di Gesù. Barsacchi diceva: Piega il capo. Questo è l’atteggiamento del timore. Di chi piega il capo, magari anche le ginocchia, e si accoccola, si prostra davanti alla Croce, che lo salva. Questo timore genera la fede, l’anticamera della fede, il pronao della fede. E dicono, il centurione con gli altri: Davvero costui era Figlio di Dio!E anche noi riconosciamo in questo volto sfigurato la bellezza del più bello tra i figli dell’uomo, la bellezza stessa di Dio.L’atteggiamento delle donne è anche l’atteggiamento che l’evangelista ci consegna prima di chiudere questo racconto, ed è quello di guardare: Osservavano da lontano. Le donne non se ne vanno, se ne sono andati gli uomini, loro restano a guardare. Ed è un guardare denso d’attesa, che già in qualche maniera anticipa la Pasqua, il cui annuncio sarà affidato proprio a loro, alle donne, Maria di Màgdala, Maria, madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo. Questo drappello di donne è l’avanguardia della

64

Page 65: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

Chiesa, quelle che guardano, che non parlano. Una di voi mi ha scritto di Chiara Badano, che alla mamma, che le chiedeva se parlava di Gesù con gli amici, risponde che il suo compito non era di parlare ma di consegnarlo. Noi, invece, siamo così presi dalla voglia di parlare, di gettare ponti di parole. È bello anche che questa giornata un po’ uggiosa, adesso stia aprendo un cielo limpido, stellato. È come se la natura ci avesse accompagnati anche in questo passaggio. Ora scende la pace, e allora bisogna guardare. Non bisogna parlare. Bisogna guardare. Guardare la Croce. Guardare la pietra. Guardare quello che è accaduto, quello che è accaduto in questi giorni. Come vi ho ricordato gli altri anni, la coda degli Esercizi è sempre la più difficile, perché bisognerebbe individuare il dono, la parola, che è stata pronunciata per me in questi giorni. E quindi in questa notte cerco – come le donne – di guardare l’inizio. Per i palermitani l’inizio è stato: Tu sei un asino, tu sei l’asino, di cui Gesù ha bisogno. E per noi tutti è stato l’inizio della Passione con la domanda dei discepoli: Dove vuoi che andiamo a preparare la Pasqua? E da allora, da queste parole, fino a stasera, ci sono stati degli eventi, dei terremoti interiori, si sono aperte delle pietre, forse si è sciolto un cuore in lacrime, un cuore duro, indurito. Queste donne sono amanti, nel senso alto del termine, avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Lo amano e l’amore non si rassegna, resta accanto alla tomba. L’amore dice: Lasciatemi qui. E poi c’è: Venuta la sera. È il tema che vorrei brevemente svolgere attraverso anche questo testo di Sergio Cammariere, Padre della notte.Viene la sera e bisogna seppellire il condannato che viene deposto dalla croce. Adesso è innocuo, non ci sono più i cordoni di sicurezza, tutti si possono avvicinare e compiere quei gesti di tenerezza, che si compiono nei confronti del cadavere di una persona cara. Bisogna seppellirlo prima di sera, perché domani non si può svolgere nessun lavoro. Si accendono già le luci della sera, preludio della festa.Nella lettera iniziale del vostro libretto vi parlavo delle sere, consegnandovi questa foto della sera del 28: mi sembra una buona sintesi di ciò che andiamo a meditare nel vangelo di Matteo, la sera di Gesù e le nostre, il suo e nostro dolore, la sua presenza viva nell’ordito dei nostri poveri giorni. E anche questa è una sera che ci accingiamo a vivere insieme come Chiesa. Non so se ci avete pensato, ma siamo stati Chiesa in questi giorni, anche se provenienti da diocesi diverse. Chiesa perché raccolti intorno alla Parola, la Parola della Croce. Chiesa nelle sue componenti essenziali: i laici, i religiosi, i presbiteri, i diaconi, un vescovo, gli uomini, le donne, i giovani, gli anziani, Miriam, che ha rappresentato tutti i bambini e gli adulti. Ecco, la Chiesa! E adesso questa Chiesa si raccoglie nella sera, nella preghiera della sera e chiede un supplemento di pace, perché la sera deve scendere insieme con la pace.

Padre della notte che voli insieme al vento togli dal mio cuore la rabbia ed il tormento e fammi ritornare agli occhi di chi ho amato

65

Page 66: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

quando è poca la speranza che resta nel mio cuore Padre della notte che le stelle fai brillare tu che porti vento e sabbia dalle onde del mare Tu che accendi i nostri sogni e li mandi più lontano come barche nella notte che da terra salutiamo

e fammi ritornare tra le braccia di chi ho amato quando è vana la speranza che resta nel mio cuore quando è poca la speranza che resta nel mio cuore dammi una pace limpida come un limpido amore

Padre della notte ovunque è il Tuo mistero dentro ogni secondo come in ogni giorno intero Tu che hai dato a noi la fede come agli uccellini il volo Padre della terra Padre di ogni uomo Padre della notte della musica e dei fiori Padre dell'arcobaleno dei fulmini e dei tuoni Tu che ascolti i nostri cuori quando soli poi restiamo nel silenzio della notte solo in Te noi confidiamo e fammi ritornare tra le braccia di chi ho amato Fammi ritrovare un giorno l'amore che ho aspettato quando è poca la speranza che resta nel mio cuore Dammi una pace limpida come un limpido amore

Padre della notte che voli insieme al vento togli dal mio cuore

66

Page 67: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

la rabbia ed il tormento e quando un giorno sta finendo quando scende giù la sera Fa' che questa mia canzone diventi una preghiera.

Applichiamo queste parole innanzitutto a Gesù che scende nella sua notte. Una notte serena la sua. Dicono tanti testi di Via Crucis: Adesso può scendere a riposarsi, può abbandonare i ferri, entra nel riposo di cui parla il salmo 94, a cui anche noi agogniamo, verso cui andiamo: Ho giurato nel mio sdegno – dice il salmista – non entreranno nel luogo del mio riposo. Il riposo è il luogo dell’intimità. Tutto è compiuto, in un passo parallelo della Passione, significa che è stato fatto tutto quello che bisognava fare, e quindi la sera di Gesù. Questa sera, qui espressa dalla deposizione, luminosissima, abbagliante, del corpo, del cadavere del Maestro, è una sera di grande pace, perché la volontà del Padre è stata eseguita fin nei minimi particolari. Per adempiere le Scritture disse: Ho sete! – è scritto in uno dei racconti paralleli. Invece pensiamo alle nostre notti, che scendono come attraversate dall’inquietudine, qualche volta dalla tentazione, dalla solitudine.

Padre della notte che voli insieme al vento togli dal mio cuore la rabbia ed il tormento

Ci sono sempre delle cose che non sono andate secondo le aspettative, e allora si entra nella notte un po’ arrabbiati, tormentati.Ovviamente è anche questa una canzone d’amore. L’autore chiede di ritornare nelle braccia dell’amata, per noi sono quelle di Dio. Fammi ritornare a casa, anche quando è poca la speranza che resta nel mio cuore. Il verso più bello – qualcuno me l’ha già sentita commentare questa canzone – è:

Tu che accendi i nostri sogni e li mandi più lontano come barche nella notte che da terra salutiamo

Noi abbiamo i nostri sogni, ma Dio li allarga, li porta più lontano. Noi abbiamo piccoli sogni e Dio ha sogni grandi su di noi. E allora i sogni sono queste barche nella notte, queste lampare che a vederle partire viene tanta paura: come faranno questi sogni?, come faranno questi giovani ordinandi diaconi e presbitero a resistere? Anche voi siete barchette che partono. Sogni, piccoli sogni, che Dio già in questi anni ha reso grandi. Dio accende i nostri sogni, li rende, da barchette-velieri, transatlantici, per attraversare anche gli oceani e li manda più lontano. I miei sogni mandati lontano. I tuoi sogni mandati lontano. E tu da terra che vedi allontanarsi quel sogno perché partito, perché si è fatto

67

Page 68: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

grande, perché è un figlio della giovinezza, e noi li salutiamo da terra, dicendo: Buona fortuna! Buona fortuna a voi che andate verso l’Ordinazione!

Quando è poca la speranza che resta nel mio cuore, dammi una pace limpida come un limpido amore

Padre della notte ovunque è il Tuo mistero dentro ogni secondo come in ogni giorno intero Tu che hai dato a noi la fede come agli uccellini il volo

Perché la fede ci fa volare. Padre dell’arcobaleno, della tempesta: Tempeste e fulmini, benedite il Signore.

Tu che ascolti i nostri cuori quando soli poi restiamo nel silenzio della notte solo in Te noi confidiamo Fammi ritrovare un giorno l'amore che ho aspettato

Gesù ritrova pienamente quello che ha creduto, perché ha creduto anche Gesù nella sua umanità. Prima di riascoltare penso alle sere cui andate incontro voi giovani preti, giovani ordinandi, sere terribili, e non ve lo dico per scoraggiarvi, ma perché abbiate ad attrezzarvi, sere dove la solitudine si taglia col coltello, tanto è spessa, e dove sarete tentati di collegarvi, di agganciarvi, di chiamare, invece dovete dire al Padre della notte: Dammi una pace limpida come un limpido amore. Oppure le sere di voi sposati – alcuni di voi hanno già i figli grandi con i problemi connessi – quando neanche tra marito e moglie riusciamo a capirci, anche se stiamo insieme da tanto tempo. Notti di malattia, di dolori, di morte. Come è dura – ed è in fondo questo quadro che stiamo contemplando – quando scende la sera dopo una morte, perché, sapete, finché c’è la luce del giorno, la morte ci sembra meno morte, ma quando viene la sera, quando scende la sera, quando abbuia, quando vengono le tenebre, allora è come se la morte ci si rivelasse nella sua crudezza, nella sua drammaticità. Qualsiasi siano le notti cui andate incontro, chiediamo al Padre della notte di proteggerci, così come è andato incontro a Gesù nella sua notte.

Padre della notte

Canto: Ho lottato tanto

68

Page 69: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

69

Page 70: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

10 aprile, ore 8:10S. MessaPassione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo

Omelia del VescovoVerrà un giorno in cui ascolteremo completamente in ginocchio queste parole nelle quali abbiamo dimorato e che costituiscono la vera ricchezza della nostra vita di cristiani, la vera ricchezza della Chiesa.Affidiamo l’incarico a don Antonio e a don Virgilio, quando andranno a celebrare, la prossima settimana, la Messa crismale nella cattedrale di Salerno, di portare un grazie – so che è solo un fatto romantico ma la vita è fatta anche di questo – all’evangelista Matteo, le cui spoglie riposano in quella gloriosa cattedrale, a nome nostro. Dovrei dire grazie al Signore innanzitutto, che ci ha raccolti all’ombra della Sua Parola e della Sua Croce, dove spiritualmente vogliamo restare ed essere cementati per il resto dei nostri giorni. Dico grazie a voi, grazie ai sacerdoti, perché per loro è ancora più difficile mettersi a scuola, lo so per esperienza, e li ringrazio anche della docilità avuta nei miei confronti. Ringrazio Carmen, che ha portato il peso dell’organizzazione previa di questa nostra esperienza, e, come tante volte succede nella vita, ha preparato la mensa o il letto per altri, non potendovi partecipare. Per il versante sorrentino ringrazio Nello e Maria Laura.Vi sarà parsa, probabilmente, monca questa esperienza senza l’annuncio della Risurrezione, che è affidato, nel nostro libretto alla foto del giardino dell’episcopio, che più vado avanti più scopro come il giardino della mia anima e poi a questi versi di Barsacchi (è difficile trovare le poesie di questo poeta, perché le pubblicazioni sono esaurite da tempo, fatte in una maniera molto familiare, domestica). Questi versi, che sono qui nel riquadro a sinistra, si addicono al giorno di Pasqua, che per noi è questo giorno, adesso, in cui approdiamo, gettiamo l’ancora in questo mattino luminoso che ci è donato.

Vorrei suonare l’organo tutte le cornamuse che ho nel cuore per dirti grazie, Signore, per il raggio di sole che mi cresima, per ciò che brilla nel mattino nuovo venuto su dal mare con azzurra pazienza, e dalla brezza che accarezza l’infanzia dei gerani, per il nulla che sono e il Tutto che mi abbraccia per la mano segreta che ha toccato gli occhi del cieco, per la fresca pace che mi guida a fornelli di fatica.Potrei andare anche all’ASL con questo fiore in bocca,

70

Page 71: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

all’aria che mi sfiora, per l’amore feriale con cui mi imbecchi la coscienza del dono di germogliare anch’io.

Non è stata scritta per la Pasqua, ma è intrisa di fede pasquale, e soprattutto di quell’esperienza mattutina, di quel turgore mattutino, che segna mattinate primaverili, come questa, che è venuta dopo le turbolenze di ieri, per allargare l’orizzonte, per purificare l’aria, come certe turbolenze di lacrime in Pietro e in noi. Non ci sono strumenti che bastino in questa mattina di Pasqua, per cantare il nostro grazie. Non bastano organi a canne, non bastano cornamuse, non bastano archi, fiati, per dire grazie. E il grazie viene, nasce come esigenza nell’anima del poeta credente, per il raggio di sole che mi cresima, per un raggio di Spirito Santo, ma è anche concretamente e semplicemente un raggio di sole che lo raggiunge, per ciò che brilla nel mattino nuovo, che è questo mattino, che è questa mattina della tua anima, in quest’aria mattinale venuto su dal mare con azzurra pazienza.Per chi – molti, ho visto – si è inebriato, ha bevuto anche stamattina, a sorsate, di luce, del lago, si è accorto che l’orizzonte è così ampio che arriva fino al mare. C’è, certo, l’azzurro del lago, ma più in fondo, a sinistra, c’è Ostia con il lido, con il mare, e questo raggio è venuto adagio adagio con azzurra pazienza. E la brezza che accarezza l’infanzia dei gerani, perché in questi giorni i gerani stanno germogliando, sono tornati bambini, per il nulla che sono e il Tutto che mi abbraccia per la mano segreta che ha toccato gli occhi del cieco, in me in questi giorni. Ho sentito la malattia di tanti di voi, fisica, psichica, spirituale, affettiva, malato anch’io, ovviamente: su questa nostra malattia sono scese le mani di Gesù a toccare le nostre cecità. Per la fresca pace che mi guida a fornelli di fatica: i fornelli di fatica sono quelli che ci attendono in parrocchia, in casa, al lavoro, per la fresca pace. Ieri sera era una limpida pace e un limpido amore. Questa mattina invece la pace è fresca e con questa pace fresca posso anche tornare ai fornelli faticosi, feriali. Questo verso così prosaico mi ha fatto sorridere: Potrei andare anche all’ASL. Potrei andare in ospedale e non ci si va volentieri, non è un impegno per cui ci mettiamo un “fiore in bocca” o all’occhiello. Potrei andare anche all’ASL, cioè posso affrontare qualsiasi cosa così, in questo mattino, con questa gioia, con la coscienza d’essere niente ed essere abbracciato dal Tutto, che è Dio. All’aria che mi sfiora, per l’amore feriale con cui mi imbecchi. È il gesto che si fa con l’uccellino caduto dal nido, che sono io, e che non avrebbe futuro se Dio non lo imbeccasse adagio adagio, con piccole pozioni di grazia: per l’amore feriale con cui mi imbecchi la coscienza del dono di germogliare anch’io. In questi giorni siamo stati imbeccati pian piano, adagio adagio, non con una pioggia sferzante, ma con una rugiada che non fa rumore, con quella tenerezza che Dio sa avere nei nostri confronti. E questa coscienza dice una speranza. Anch’io germoglierò. Anch’io risusciterò. Il cuore s’allarga oltremisura, potendo ospitare tante cose, tanti dolori, tanti ricordi, tante persone, come Il cuore del

71

Page 72: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

vescovo, titolo del libro che vi ho consegnato: anche il vostro diventi “estuario di redenzione”. E un estuario si allarga. Non l’ho detto nel testo, ma debbo questa espressione a Mons. Grimaldi, arcivescovo di Salerno, che all’esequie di Mons. Zama, il vescovo che mi ha ordinato in tempi veramente funesti per la Chiesa di Sorrento-Castellammare, venne a presiedere la celebrazione esequiale, e tra le cose belle, perché sapeva parlar bene e parlare al cuore, disse questa espressione, che io raccolsi come una perla e che ho conservato: Il cuore del vescovo, estuario di redenzione. Come s’allarga! Come dice abbraccio! Stasera arriva una rosa dei venti – mi piace sempre incuneare le cose, quelle spirituali e quelle materiali – a intarsio di marmo, che andrà al centro del nostro presbiterio. La rosa dei venti dice anch’essa apertura a tutte le direzioni. Sembra di vivere, e lo dico senza presunzione, un’appartenenza trasversale interdiocesana, lo dico così come l’avverto, sapendo che le parole sono sempre traditrici: il cristiano è al centro di una rosa dei venti perché al centro c’è Gesù che soffia in tutte le direzioni, e mi sembra che in questi giorni nuovamente e inaspettatamente e immeritatamente abbiamo sperimentato – il plurale non è maiestatis – questa appartenenza ampia, oltre la nostra parrocchia, oltre il nostro gruppo, oltre la nostra diocesi, oltre il nostro presbiterio. E che queste esperienze ci facciano appartenere lo sperimentiamo di volta in volta, a volte anche a distanza di anni (lo possono testimoniare, credo, i sacerdoti palermitani).

Questa foto e questa poesia di Barsacchi, pur non avendo il valore sommo della Parola che ci ha illuminati e che continuerà ad illuminarci – Domenica prossima l’ascolterete con particolare attenzione – mi sembra che siano quell’annuncio di Risurrezione che ci aspetteremmo e che deve ulteriormente maturare in noi. Alla luce della Prima Lettura, che abbiamo ascoltato, mi sembra che noi siamo i depositari di una grande promessa, ma continuiamo ad avere le mani vuote. Quante cose grandi furono promesse ad Abramo: conta le stelle, conta la sabbia del mare, tale sarà la tua discendenza… Ma, intanto, il figlio non arrivava. E questa è la nostra condizione, grande, ma anche faticosa, di essere depositari di grandi promesse, in una prosaicità che rischia di strozzare la speranza.Auguri! Buona Pasqua, già d’ora, in questo mattino, nel guardare il lago e nel vedere che c’è un azzurro più in là, da cui ci viene questo raggio di sole, che ci cresima questa mattina.

Vorrei suonare l’organo tutte le cornamuse che ho nel cuore per dirti grazie, Signore, per il raggio di sole che mi cresima, per ciò che brilla nel mattino nuovo venuto su dal mare con azzurra pazienza, e dalla brezza che accarezza l’infanzia dei gerani, per il nulla che sono

72

Page 73: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

e il Tutto che mi abbraccia per la mano segreta che ha toccato gli occhi del cieco, per la fresca pace che mi guida a fornelli di fatica.Potrei andare anche all’ASL con questo fiore in bocca, all’aria che mi sfiora, per l’amore feriale con cui mi imbecchi la coscienza del dono di germogliare anch’io.

FINE

73

Page 74: Momenti di riflessione... …  · Web viewVeniva nel mondo la luce vera. La luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. È quello che meditiamo stamattina

74