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ANNO XLV MAGGIO-GIUGNO 2010 89/10 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA segue ARCHITETTURA a cura di Massimo Locci - PROGETTI Nuova Biblioteca Lateranense 12 Massimo Locci Trasformazione della Pelanda all’ex Mattatoio 16 Giuseppe Strappa Un centro benessere peculiare a Roma 20 Laura Borroni a cura di Carlo Platone - IMPIANTI Riqualificare le pareti perimetrali opache 24 Saverio Camaiti a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra - PAESAGGIO Due progetti, tre premi per il paesaggio 28 Monica Sgandurra a cura di Claudia Mattogno - URBANISTICA Geografie e architetture dei nuovi luoghi dello svago 32 Antonio Cappuccitti Modificazioni architettoniche indotte dalla mediazione 36 Giambattista Reale Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia (in carica per il quadriennio 2009-2013) Direttore Lucio Carbonara Vice Direttore Massimo Locci Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato a questo numero: Mariateresa Aprile, Luisa Chiumenti, Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone, Francesca Rossi, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra, Elio Trusiani, Massimo Zammerini Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Direttore: Claudio Presta www.edpr.it [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 Stampa AGB 1881 srl Via Antonio Bosio 22 00161 Roma Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256 Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 In copertina: Roma, la nuova Biblioteca Lateranense Tiratura: 16.000 copie Chiuso in tipografia il 30 giugno 2010 ISSN 0392-2014 Presidente Amedeo Schiattarella Segretario Fabrizio Pistolesi Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Loretta Allegrini Andrea Bruschi Orazio Campo Patrizia Colletta Enza Evangelista Alfonso Giancotti Luisa Mutti Aldo Olivo Francesco Orofino Christian Rocchi Virginia Rossini Livio Sacchi

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ANNO XLVMAGGIO-GIUGNO 2010

89/10BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA

segue

A R C H I T E T T U R A

a cura di Massimo Locci - PROGETTI

Nuova Biblioteca Lateranense 12Massimo Locci

Trasformazione della Pelanda all’ex Mattatoio 16Giuseppe Strappa

Un centro benessere peculiare a Roma 20Laura Borroni

a cura di Carlo Platone - IMPIANTI

Riqualificare le pareti perimetrali opache 24Saverio Camaiti

a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra - P A E S A G G I ODue progetti, tre premi per il paesaggio 28

Monica Sgandurra

a cura di Claudia Mattogno - U R B A N I S T I C AGeografie e architetture dei nuovi luoghi dello svago 32

Antonio Cappuccitti

Modificazioni architettoniche indotte dalla mediazione 36Giambattista Reale

Consiglio dell’Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e

Conservatori di Roma e Provincia(in carica per il quadriennio 2009-2013)

DirettoreLucio Carbonara

Vice DirettoreMassimo Locci

Direttore ResponsabileAmedeo Schiattarella

Hanno collaborato a questo numero:Mariateresa Aprile, Luisa Chiumenti,

Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras,

Carlo Platone, Francesca Rossi, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra, Elio Trusiani, Massimo Zammerini

Segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

EdizioneOrdine degli Architetti di Roma e Provincia

Servizio grafico editoriale:Prospettive Edizioni

Direttore: Claudio Prestawww.edpr.it

[email protected]

Direzione e redazioneAcquario Romano

Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 RomaTel. 06 97604560 Fax 06 97604561

http://[email protected]

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Progetto grafico e impaginazioneArtefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti

Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247

StampaAGB 1881 srl

Via Antonio Bosio 22 00161 Roma

Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albodi Roma e Provincia, ai Consigli degli

Ordini provinciali degli Architetti e degliIngegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali

degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano

l’Ordine né la Redazione del periodico.

Pubblicità Agicom srl

Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256

Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ.Roma n. 11592 del 26 maggio 1967

In copertina: Roma, la nuova Biblioteca Lateranense

Tiratura: 16.000 copieChiuso in tipografia il 30 giugno 2010

ISSN 0392-2014

PresidenteAmedeo Schiattarella

SegretarioFabrizio Pistolesi

TesoriereAlessandro Ridolfi

ConsiglieriLoretta AllegriniAndrea BruschiOrazio CampoPatrizia Colletta

Enza EvangelistaAlfonso Giancotti

Luisa MuttiAldo Olivo

Francesco OrofinoChristian RocchiVirginia Rossini

Livio Sacchi

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S P A Z I D E L L ’ A B I T A R E - a cura di Mariateresa Aprile e Claudia Mattogno

40 Condividere gli spazi (più) “intimi” della cittàCaterina Padoa Schioppa, Francesca Rossi

C I T T À I N C O N T R O L U C E - a cura di Claudia Mattogno

44 Il Cairo tra passato e futuroCarmelo G. Severino

R U B R I C H E

48 ARCHINFO - a cura di Luisa Chiumenti

EVENTIExpo di Shanghai 2010.

MOSTRE

Siena: da Jacopo della Quercia a Donatello.

Il tesoro di Morgantina.

L’Età della Conquista: il fascino dell’arte greca a Roma.

“SITI”: una mostra, un libro e una rivista.

Cartografia Catastale al Vittoriano.

I disegni architettonici di Jacomo Franchini.

GIORGIO PEGUIRONIl giorno 23 febbraio èprematuramentescomparso a RomaGiorgio Peguiron,Ordinario di Tecnologiadell’Architettura presso la

Facoltà di Architettura “LudovicoQuaroni” dell’Università degli Studi diRoma “La Sapienza”. Figura di docente e ricercatore, nota eapprezzata in seno alla comunitàscientifica nazionale, è ricordato per ilsuo alto profilo culturale, l’indiscussaesperienza in qualità di progettista e ladirittura etica e morale.Nel corso della sua vita accademicaGiorgio Peguiron ha ricoperto funzioni diresponsabilità tra cui si rammenta il ruolodi direzione del Dipartimento di Arte,Scienza e Tecnica del Costruire di ReggioCalabria negli anni ’90, e ilcoordinamento del Dottorato inProgettazione Ambientale, svolto congrande impegno e continuità presso ilDipartimento ITACA della Sapienza.Nella sua operosità di docente, ladisponibilità e generosità nel rapportocon gli studenti è stata sempre tesa agarantire una elevata qualità dellaformazione nella didattica di base, cosìcome nell’ambito di quella di eccellenzae nell’attività di relatore di numerose tesidi laurea.Sempre attento agli aspetti materiali ecostruttivi dell’architettura, ed inparticolare agli elementi di innovazionetecnologica, Giorgio ha saputo trasferireagli studenti, nei molti anni dedicatiall’insegnamento universitario - condottocon rigore metodologico e meticolosaconoscenza tecnica - la capacità diconiugare la necessaria tensioneprogettuale con la consapevolezza eapprofondita conoscenza dei sistemicostruttivi e delle tecnologie connessealla costruibilità del prodotto edilizio ealla definizione della qualità complessivadell’Architettura. La sua scomparsa è una grave perdita perl’Accademia, per la nostra rivista, di cuicurava dal 2001 la sezione nuovetecnologie, e per tutti coloro che hannoavuto l’opportunità di lavorare con lui edi conoscerlo.Il Dipartimento ITACA, unitamente allaRedazione di AR anche interpretando idesideri della Famiglia, ringrazia tutticoloro che, numerosi, hanno fattopervenire la testimonianza della stima edell’affetto che Giorgio Peguiron hasempre saputo catalizzare attorno allasua persona.

Fabrizio OrlandiLa Redazione di AR

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AP R O G E T T I a cura di Massimo Locci

ARoma, dopo decenni di qua-si totale assenza di realizza-zioni qualificate nel settoredell’edilizia universitaria e

per le biblioteche – unica eccezione incorso la ristrutturazione della BibliotecaHertziana da parte di Juan Navarro Bal-dweg – si è inaugurata la nuova Biblio-teca della Pontificia Università Latera-nense, un intervento esemplare per qua-lità di concezione e di realizzazione. Pen-sata come luogo di consultazione dei te-sti ma anche come fulcro della strutturadidattica, è un oggetto essenziale, rico-noscibile e con una forte valenza urbana.Un’architettura dinamica da attraversareliberamente che lega lo spazio interno al-

l’idea di flusso e mette in discussione leusuali nozioni d’interno e d’esterno. I progettisti, lo studio King & RoselliArchitetti, hanno interpretato la solleci-tazione formulata dalla committenza didefinire una nuova identità al comples-so, immaginando una polarità capace diveicolare i valori espressivi, simbolici efunzionali della contemporaneità. Han-no realizzato un intervento che dialogaper differenza con le preesistenze, ma ècontemporaneamente capace di valoriz-zare il luogo. L’architettura proposta èricca di spunti progettuali e di significa-ti. La polisemanticità si manifesta sottovari aspetti: anche se i progettisti hannoutilizzato gli stessi materiali degli edifici

Un intervento chedefinisce una nuovaidentità al complesso,immaginando unapolarità capace diveicolare i valoriespressivi, simbolici efunzionali dellacontemporaneità.

NUOVA BIBLIOTECALATERANENSEMassimo Locci

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circostanti è dichiaratamente antimime-tica; anche se non presenta una “spetta-colarizzante” immagine high-tech è for-temente innovativa per linguaggio e tec-nologia; anche se è tutto interno al com-plesso è un edifico dalla forte valenza ur-bana. Per vederlo bisogna oltrepassare ilBattistero Lateranense, inoltrarsi nellastruttura universitaria e scoprirlo all’im-provviso nella sua facies astratta. Avvici-nandosi si può leggere il particolare rap-porto di continuità/ discontinuità che,contemporaneamente, la biblioteca in-staura sia con il contesto ravvicinato, inquanto dialoga con i vari monumentipresenti, sia con la città nel suo comples-so, in quanto si pone in relazione con la

rete di connessioni urbane. L’edificio,ipotizzato come spazio attraversabilesintetizza due tipologie urbane: l’atrio-piazza e la strada-galleria, reinterpretan-do senza alcun citazionismo due esempiillustri del Movimento Moderno, il Mu-sée a croissance illimitée di Le Corbusier eil Guggenheim Museum di F.L. Wright. Attraverso il principio della ‘continuitànella diversità’ King & Roselli creanouna nuova centralità architettonica, in-tegrando i nuovi spazi con le attività di-dattiche esistenti ed esplicitando l’ideadi saldatura morfologica. In particolareallineano il nuovo corpo edilizio all’edi-ficio esistente ma, nell’unità di materia(stesso mattone paglierino, stesso tim-

bro di colore, stessa grana e texture),mettono in evidenza la differenziazionedel linguaggio espressivo. Un’architettu-ra caratterizzata dalla stereometria: volu-mi con tagli netti, contrasti tra luce eombra, pieni e vuoti irregolari.La Biblioteca dell’Università Lateranenseè un’importante istituzione internaziona-le, anche perché conserva una notevolecollezione libraria (circa 600.000 titoli apartire dal XVI secolo), ma è anche unastruttura moderna nella modalità funzio-nale, infatti molti libri sono a libera con-sultazione negli scaffali, mentre i più rarisono stati archiviati nei magazzini clima-tizzati sotterranei. Presenta sei livelli col-legati da una originale scala, posta tra il

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muro di contenimento della Torre Libra-ria e la sua facciata interna, questa ultimaè a sua volta rivestita da librerie che fun-gono da emeroteca lineare per 750 riviste.L’edificio è costituito da un unico corpodi fabbrica approssimativamente cubi-co, con pianta quadrata di lato pari a cir-ca 19 m e altezza complessiva a partiredalle fondazioni di circa 20 m. Struttu-ralmente, viceversa, presenta due partiben distinte: la torre dei libri e le sale dilettura, che sono disposte su una rampalievemente inclinata e si affacciano sulvuoto centrale a tutta altezza.L’interno, illuminato da un grande lucer-naio schermato e dalle finestre triangolariincastonate nelle facciate, appare rarefat-to e sospeso: all’involucro bianco si con-trappongono i piani in legno del parquete degli arredi. Le finestre esterne sono po-sizionate su un piano molto arretrato, inmodo da avere una idonea schermatura

dai raggi diretti e ottenere un marcato ef-fetto chiaroscurale. Guardando l’edificiodall’esterno il netto arretramento delle fi-nestre, di giorno, consente la vista dellerampe sospese nel vuoto; di notte, i treblocchi galleggiano su lame di luce.La luce è molto variata: nel mattino en-tra diretta dalle finestre e risulta fredda,si scalda verso mezzogiorno e diventacalda al tramonto, riflettendo gli edificicircostanti.All’inedita e convincente proposta ar-chitettonica corrispondono brillanti so-luzioni strutturali, progettate dallo Stu-dio Imbrenda, in particolare per le solet-te rampanti, sostenute dalle travi-paretedi facciata, dai setti laterali e da quattrocolonne in acciaio.Sull’estradosso delle rampe cementizieinclinate, per consentire la fruibilità inpiano, sono posizionate una serie di piat-taforme in mogano, che inglobano i tavo-

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CommittentePontificia Università Lateranense.Rettore S.E. Mons. Rino FisichellaProgettoAmpliamento della biblioteca Pio IX e ristrutturazione dell’aula magna Benedetto XVIInizio progetto2003 / fine lavori: ottobre 2006Aula Magna: 660 mqBiblioteca: 2000 mqProgetto e direzione artisticaRiccardo Roselli / King Roselli ArchitettiCapo progettoAndrea RicciCollaboratoriGiandomenico Florio, Ulich Grosse,Christina Hoffmann, Arianna Nobile, Enrica Testi, Katia Scarioni, Toyohiko YamaguchiStruttureProges Engineering-Andrea e Pierfrancesco ImbrendaImpianti meccaniciOvidio Nardi

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li di lettura, e che al margine si mostranoesilissime come lastre a sbalzo. La parteinferiore delle rampe, invece, è costituitada lastre in lamiera d’acciaio da 5 mmche, nella fase di esecuzione, hanno svol-to anche il ruolo di cassero a perdere.Anche le fondazioni adottate sono piut-tosto inusuali, in quanto condizionatedalla presenza di preesistenze archeolo-giche: per consentire la conservazionedei resti archeologici di una Villa Roma-na sono state concepite come una scato-la rovesciata con fondo aperto.L‘Aula Magna è stata completamente ri-disegnata sia nella geometria della gra-donata sia nell’immagine complessiva. Ilsuo valore simbolico e di rappresentati-vità emerge con chiarezza nella diversamorfologia, nella qualità del rivestimen-to di facciata, nella maggiore altezza eampiezza dello spazio. Il controsoffitto inclinato e il muro di

fondo del proscenio sono pensati comeun’unica superficie modellata; la doppiacurvatura conferisce un effetto plasticoche pare generato in modo elastico dallaspinta della cornice del proscenio sullaparete. Questa propensione organicanon si ferma alla forma architettonicama si estende alle componenti di arredo,in particolare al design delle sedute rive-stite in pelle. La Biblioteca dell’Università Lateranenseè diventata in breve un’icona della con-temporaneità romana e, non a caso, ha ri-cevuto numerosi premi: dal premio Ro-marchitettura (attribuito dall’IN/ARCHLazio, dall’ACER e dall’OAR), alla men-zione speciale alla Medaglia d’oro dellaTriennale di Milano, fino al premio del-l’IN/ARCH – ANCE attribuito comemigliore opera realizzata a scala naziona-le e attribuito in occasione della festa dei50 anni dell’IN/ARCH.

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TRASFORMAZIONE DELLAPELANDA ALL’EX MATTATOIOIl nuovo intervento dei Carmassi a Testaccio risolve il rapporto tra progettocontemporaneo e patrimonio edilizio, lasciando che l’edificio recuperato mostrigli strati della sua formazione e i cambiamenti dovuti allo scorrere del tempo.

Giuseppe Strappa

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I l nuovo intervento alla Pelanda di Te-staccio, appena terminato, pone agliarchitetti romani almeno due pro-blemi.

Il primo riguarda il modo col quale si è in-tervenuto sullo storico edificio di Gioac-chino Ersoch e, più in generale, il rap-porto tra progetto contemporaneo e pa-trimonio edilizio, tema che ha, a Roma,una particolare tradizione. Massimo eGabriella Carmassi, progettisti delleopere, lo hanno indagato a fondo attra-verso una lunga consuetudine col corpovivo dell’edilizia antica. Non con lagrande eredità dei monumenti del passa-to, ma con quell’insieme di edifici con iquali abbiamo un rapporto usuale, dagliaggregati di case alla cosiddetta archeo-logia industriale. Edifici tutti, che han-no evidente bisogno di aggiornamentoper continuare a vivere, ma la cui qualitàimpone di operare con cultura e sensibi-lità vicine a quella del restauratore.Questo problema, che riguarda diretta-mente la prassi professionale di buonaparte degli architetti italiani, è divenutooggi drammatico per l’assenza deglistrumenti che occorrono per affrontar-lo. A partire dalla didattica di progetto, di-visa tra restauro inteso nell’accezione alta

di conservazione di valori documentaried artistici, e disegno del nuovo, basatosu meccanismi d’invenzione che induco-no a considerare le preesistenze, di voltain volta, scena, contenitore, pretesto, in-grediente. Quasi nessuno insegna, oggi,le regole ed i limiti con i quali si possa in-tervenire con strumenti contemporaneisui tessuti antichi rinnovandoli senza di-

struggerne i caratteri, come occorra supe-rare il loro fascino pittoresco compren-dendone la struttura complessa e profon-da perché i tanti interventi di ristruttura-zione di negozi, appartamenti, cantine,casali che si succedono nelle aree di valorestorico, non provochino i guasti irrepara-bili che invece stanno procurando. Per questo è utile considerare attenta-mente la pista tracciata dai Carmassi,per i quali il progetto dell’esistente nonconsiste nella consueta strategia di elu-sione (l’architettura contemporanea chesi sovrappone alla preesistenza, di fatto,negandola), ma come gesto di disponi-bilità di chi sta dalla parte del già co-struito, al quale chiede le indicazioni, leistanze di aggiornamento: non scopren-do la regola per il gusto, tutto contem-poraneo, di infrangerla, ma usandola earrivando, per una strada difficile ma fe-conda, anche all’invenzione. La quale,pure evidente in ogni intervento deiCarmassi, diviene una sorta di rivelazio-ne “incontrata” nella fabbrica, poi rico-nosciuta e, da ultimo, coltivata con infi-nita discrezione. Raggiungendo, a volte,i toni di una sommessa poesia.La memoria della Pelanda è legata al ritoindustriale e cruento dell’uccisione dei

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VISTA DAL MONTE TESTACCIO PRIMA DEL RESTAURO LA NAVATA PRINCIPALE PRIMA DEL RESTAURO

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maiali che qui venivano macellati e lavo-rati, come ricorda la fitta trama di rotaiesospese dove scorrevano le carcasse dellebestie uccise e che sono state lasciate invista, come molte delle testimonianzedell’attività che qui si svolgeva.Proprio la salvaguardia di gran parte del-le attrezzature metalliche rimaste, comele grandi vasche di ghisa, ha consigliatodi inserire le attrezzature contempora-nee indispensabili, in ferro e vetro, o vo-lumi elementari rivestiti di larice. Sempre la necessità, la scarsa permeabili-tà tra il mattatoio e il Foro Boario, haconsigliato di eliminare i recenti tampo-namenti murari per restituire la loggiaoriginale, della quale si intravedono an-cora le strutture in ghisa e acciaio.

Sono state demolite le superfetazioni piùrecenti e lasciate quelle “storicizzate”, neltentativo di rendere evidente non solo lalogica compositiva del complesso origi-nale, ma anche la sua trasformazione.Come negli altri interventi dei Carmas-si, infatti, l’edificio recuperato deve mo-strare gli strati della sua formazione, loscorrere del tempo che fa cambiare le co-se, le corregge, le conforma.Il nuovo intervento alla Pelanda dell’exMattatoio romano propone, dunque, di“continuare” quanto già esiste, studian-done i processi formativi, i possibilicambiamenti conformi, le trasformazio-ni “necessarie”. Proprio questa idea di necessità, ritengo,ha un valore fondativo. Dà senso e coe-

renza al loro metodo progettuale, tantoche si applichi al disegno del nuovoquanto a quello dell’esistente. Ed è anche,coincidenza tutt’altro che casuale, la le-zione che l’architettura moderna romanaha appreso, per metabolizzazione, dallastoria. Non a caso il loro progetto per ilPalazzo dei Congressi all’Eur legava orga-nicamente, nel linguaggio murario, di-stribuzione, costruzione, spazi, in modonon diverso da come Libera fondeva nelPalazzo dei Congressi i collegamenti ver-ticali con la struttura e questa con la rap-presentazione del carattere dell’edificio.Allo stesso modo la trasformazione della Pe-landa, l’edificio più vasto del Mattatoio, ri-spetta, pur nei modi imposti dalla nuovautilizzazione, i rapporti spaziali tra le par-ti dell’edificio preesistente, organizzato

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Progetto Massimo e Gabriella Carmassi con “Risorse per Roma”Strutture A. Michetti, G. Silvetti, S.Campagna, F. Rovelli, R. Di LietoImpianti Ove Arup & partners, GiuseppeVergantini, F. Cipriani, Ing. L. De Marco,E. Ciccarella, F. GugliemiCronologia 2005-2008 (in corso)Imprese A.T.I. SARFO S.r.l. (CG) 50% - I.A.BS.p.A. 50%Committenti Comune di RomaFoto Massimo Carmassi

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intorno alla grande navata centrale coper-ta dalle capriate Polonceau: un nodo spa-ziale che avrebbe dovuto permanere, evi-dente, nella trasformazione, se pesantitende nere non lo rendessero ora illeggi-bile. Speriamo per poco ancora.Il secondo problema che il nuovo inter-vento pone riguarda il destino dell’inte-ra area dell’ex Mattatoio, enigmatica esterminata, a lungo abbandonata comeper una maledizione, per la quale sem-bra che il recupero debba avvenire soloattraverso interventi puntuali. La storia insegna come anche i program-mi di largo respiro, se non sorretti daadeguate risorse, possano essere perico-losi. Lo dimostra la vicenda dei progettiper l’ex Mattatoio: un lungo elenco di

proposte generose quanto velleitariesuccedutesi nel tempo, miscela di lungi-miranza esibita e incapacità gestionaleche ha condotto ad una condizione dirovina dalla quale sembra si riesca ora aduscire, faticosamente, solo per isole eframmenti. Già nel ’76, l’anno successi-vo allo spostamento del Mattatoio alPrenestino, si dava la stura a pareri, idee,proposte opposte tra loro, con l’Associa-zione per l’Archeologia Industriale chene chiedeva il vincolo monumentale eLeonardo Benevolo (Il Messaggero, 11febbraio 1976) che ne proponeva la de-molizione. E intanto spuntavano, a di-verso titolo, i progetti di trasferire qui ilmercato di Porta Portese, quello dei fio-ri, quello del pesce, le proposte di collo-

carvi un po’ di tutto, dall’Auditorium aiservizi di quartiere. Il programma dimaggior respiro, sostenuto dall’Ufficioper gli Interventi nel Centro storico allafine degli anni ‘80, prevedeva una citta-della della cultura dedicata soprattuttoad un grande museo scientifico. Sul tema della riqualificazione non solodel Mattatoio, ma dell’intero Testacciosi esercitarono, quegli anni, un po’ tutti,da Paolo Portoghesi, che progettò unaborrominiana “Città della Scienza e del-la Tecnica”, ad Alessandro Anselmi chedisegnò, sull’area degli ex frigoriferi, unelegante edificio per residenze speciali,ad Antonino Terranova, che propose ilrecupero delle limitrofe grotte del Mon-te dei Cocci. Nessuno di questi progetti è stato realiz-zato. Nell’ex Mattatoio, rimasto spaziodi frontiera, si sono invece insediate di-verse attività, ognuna con propri carat-teri specifici. Mondi apparentementelontani (la Facoltà di Architettura dellaTerza Università, le rivendite dell’AltraEconomia, la Banda di Testaccio, uncentro sociale, il Macro Future, che gesti-rà anche il nuovo spazio della Pelanda,destinato ad ospitare mostre e convegni)i quali sembrano, tuttavia, stabilire neltempo imprevedibili affinità. Annun-ciando un possibile metodo “romano” ditrasformazione: non il piano rigido, icantieri fulminei ma un nuovo organi-smo architettonico prodotto di adatta-menti, letture, aggiunte, riusi. Non è det-to, dunque, che la strategia del mosaicosia la peggiore, se solo si potessero ridur-re a qualche anno i decenni di attesa.

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• Pianta della soluzione definitivae assonometria

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C ome nasce un’opera di archi-tettura?Vogliamo per un momento fo-calizzare l’attenzione su una vi-

ta professionale attiva, assetata di produr-re architettura, non già edilizia? Occorreinnanzi tutto indagare sul rapporto fon-damentale committente/architetto. Rap-porto che, nella prassi comune, si presen-ta talora soddisfacente e talora difficile.Quanto all’architetto si tratta infatti per lopiù di una professionalità corretta ma di-staccata, solo attenta nel rispondere alle ri-chieste di un committente generico, a suavolta agnostico verso il dialogo, verso la ri-cerca di emozioni architettoniche gravidedi spazi significanti. Nel nostro caso inve-ce, forse anche a causa della peculiarità deltema, accade un fatto alquanto infrequen-te. Scocca una scintilla tra le due parti:scintilla latrice di un dibattito serrato,continuo, anche magari di qualche scon-tro. Non distruttivo però, bensì foriero dinuove aperture. Qui il dibattito avvienetra due giovani architetti che rifiutano di

soggiacere al mercato dell’edilizia e, percontro, una committenza imprenditorialedesiderosa di importare in Roma una in-teressante tipologia di centro benessere in-centrato sugli effluvi benefici del sale ema-nati all’interno di una grotta artificiale. Sivuole un centro benessere “monouso” e ri-dotto, ispirato alla cultura e alla tradizionepolacca nonché desideroso di ritorni eco-nomici più che soddisfacenti.Da qui scatta l’incontro/scontro, indub-biamente proficuo, tra architettura e im-presa. Così il nostro esperimento viene asostituire un’ex vendita cucine (circa150 mq) allocata al piano terra di unastrada commerciale decentrata. L’ubica-zione non è il meglio per un elementoinnovativo che si vuole proporre nellapiazza romana come luogo di richiamo,né vetrine particolari basterebbero a fa-gocitare l’attenzione di lontano. Solol’esploratore informato, curioso di sen-sazioni “altre”, riesce a scoprire l’eventoche si dischiude all’interno dei locali co-me una piacevole sorpresa.

Il progetto romanodello studio“DELISABATINIarchitetti” sperimentaun’interessantetipologia di superficie,“monouso”, incentratasugli effluvi beneficidel sale emanatiall’interno di unagrotta artificiale.

UN CENTROBENESSEREPECULIARE

Laura Borroni

La grotta,generatrice dieffluvi salinibenefici, accenna aun mondo di fiaba

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Le radici dell’accadimento romanoDa dove trae origine questa proposta no-strana benefica per la salute psicofisica eper il gioioso godimento di un piccologrumo di audace architettura contem-poranea? Ci potrà aiutare qualche cennostorico che quasi sembra una fiaba.Intorno al XIII sec. esisteva in Polonia, nelterritorio di Cracovia, la miniera di sale diWieliczka nei secoli fortemente ingrandi-tasi e divenuta fonte di ricchezza e di cul-tura per il Paese. I minatori trascorrevanolunghi periodi nelle sue profondità estra-endo con fatica il sale, organizzandosi poinelle ore di “tempo libero” un soggiorno

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Dall’alto in senso orario:• Spazi “accessoriali”: evidenziano un

linguaggio razionale, un mondo geometrizzatocomprensibile

• Nonostante l’articolazione complessiva deglispazi la veduta trasmette profondità e dialogotra mondo fiabesco e mondo razionale

• Antica miniera di Wieliczka, oggi anche centrobenessere e ritrovo a Cracovia

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meno disagevole. Così nel tempo essi rica-varono nelle stesse concrezioni saline nu-merose sculture: da figure umane ritrattein atteggiamento di lavoro con macchina-ri d’epoca a figure mitiche, da paesaggi na-turalistici comprensivi di laghi profondi,fino a una maestosa cattedrale. Per nonpensare a tutto il territorio polacco riccodi miniere saline e di installazioni di su-perficie atte alla produzione del sale.Nel XIX sec. la scienza, ribattendo pluri-secolari osservazioni, confermò che inquesto tipo di miniere i lavoratori, nono-stante prolungate permanenze nelle visce-re della terra, godevano salute migliore dialtri lavoratori, anche degli abitanti. Ciògrazie alla presenza nell’aria di particelle sa-line preziose contro malattie respiratorieed altri disturbi. Per questo cominciaronoa sorgere nel sottosuolo le prime stazioniclimatiche che svilupparono in Poloniaanaloghe qualità terapeutiche (XX sec.).

Ai nostri giorni la miniera di Wieliczka,arricchita di alberghi, centri di ritrovo, dibenessere, etc. è conosciuta come “catte-drale sotterranea della Polonia” ed è addi-rittura divenuta dal 1987 Patrimonio cul-turale e naturale mondiale dell’Unesco,frequentatissima anche dai turisti.Intanto il concetto più ristretto di centrobenessere si sta ora propagando alla pic-cola scala in varie città del mondo, graziealla scoperta della possibilità di ripro-durre artificialmente in superficie il mi-croclima delle miniere saline polacche.

Quale il nostro progetto?Il progetto romano “DELISABATINI archi-tetti” (Francesco Deli e Francesco Sabati-ni) sperimenta proprio questa tipologia disuperficie, “monouso”, puntando però suuna elevata qualità tecnico-architettonica.Grande cura è assegnata alla funzionalitàdel centro, procedendo a distinguere

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L’impianto romano: la” diagonale”contrappone anche linguisticamentelo spazio salutistadella grotta salina agli spazi“accessoriali”

L’ingresso/accoglienza in direzione della grotta

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nettamente, tramite una “diagonale”,l’ambiente particolare destinato alle curesaline dall’apparato di accoglienza, atte-sa, visita medica, massaggi, spogliatoio eservizi. La zona benessere vera e propria ela zona preliminare, preparatoria ad essa,sono chiaramente leggibili in quantotrattate architettonicamente in manieradifferente. Infatti proprio l’abilità deidue architetti gioca con linguaggi diversi,ad evidenziare spazi d’uso non assimila-bili ma collegati da un percorso acciden-talmente calibrato. Percorso sottolineatoda un filo d’acqua corrente a terra, scatu-rente da una sorgente/simbolo che addi-ta appunto il cammino verso la grotta.La zona benessere, circa metà dell’areadisponibile, si presenta come una grottanaturalistica ed ermetica, dalla spazialitàassai movimentata anche in altezza, ter-reno di calpestio formato da una “spiag-gia” di sale; grotta tutta realizzata con

blocchi colorati provenienti anchedall’Himalaya. Da alcuni blocchi traspa-re la luce artificiale. In tre punti magi-strali è collocata rispettivamente una sor-gente che con le sue cascatelle, impregna-te di sostanze saline diverse, contribuisceanch’essa a immettere nell’aria effluvi be-nefici. Invece nella quarta sorgente dairamoscelli ricadenti, simbolica memoriadelle storiche torri saline polacche, si de-positano preziosi sali. Impianti di spintadell’aria e di umidificazione contribui-scono ad accentuare la corroboranza del-l’ambiente. I pazienti sostano 45 minutiin poltrone snodabili, mentre i bimbi, se-duti sul terreno salino, intessono i lorogiochi. L’effetto medico è di benesseregenerale, con risultati considerevoli perle vie respiratorie e per la pelle, mentrel’effetto architettonico risulta naturalisti-co, romantico, magico.La zona d’accesso è trattata invece con

unica resina algida, un linguaggio total-mente diverso: razionale, squadrato tra-mite piani orizzontali e verticali che me-diante altezze e asole diverse colleganotutti questi ambienti funzionali secondoun gioco di vuoti/pieni e di trasparenzecontinuo.Un occhio attento e indagatore rileva nelcentro benessere la memoria della tradi-zione plurisecolare polacca rivisitata conamore, ovviamente in chiave moderna.Tradizione tanto ricca nella produzionedel sale, di accadimenti espressivi. A se-gnare la forza dell’uomo contro la natura,le sue passioni e credenze. Memorie che siritrovano qui in un succedersi di spazialitàdinamiche, con una poetica che si direbbed’avanguardia rispetto al molto costruito.Uno sprone per tanti architetti?Sembrerebbe proprio di sì. Verso la spe-rimentazione di nuove tipologie, dinuovi linguaggi, verso un rapporto me-no formale con la propria committenza,e quindi verso un rapporto che inducaad affrontare il progetto con maggiorepassione. Senza dimenticare poi che an-che la storia sapientemente rivisitata puòdiventare un ulteriore prezioso elementod’ausilio per ogni progetto.

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Pianta dettagliata del centro: visibile il ruolo anchesimbolico del filo d’acqua, delle cascatelle e dellatorre (riferimento alle torri saline polacche)

A fianco:Due sezioniemblematichepalesano l’abilecontrapposizione didue linguaggispaziali riferibili afunzionalitàdifferenti

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RIQUALIFICARE LE PARETIPERIMETRALI OPACHEUno strumento operativo per il controllo della qualitàprestazionale dell’involucro edilizio.

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Aa cura di Carlo PlatoneI M P I A N T I

Saverio Camaiti

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L a definizione di congruità dell’intervento di riqualificazioneQualsiasi strumento di analisi e va-lutazione utilizzato per determina-

re la qualità nell’intervento di riqualifica-zione non può prescindere da un attentostudio dello stato di fatto dell’edificio. Il risultato dello studio sullo stato di fat-to determinerà la congruità tecnica del-l’intervento di riqualificazione.Per stabilire la congruità è necessariocontare su strumenti e metodologie dianalisi e valutazione che, partendo daidifetti rilevati, siano in grado di indicaregli effetti che questi difetti (intesi comel’alterazione delle caratteristiche tecni-co-fisiche e prestazionali proprie del ma-teriale) determinano sugli elementi tec-nici e sui materiali di cui sono composti,e di individuare le soluzioni migliorati-ve, correlandole con le possibilità e leconvenienze economiche. Ad ogni materiale può essere associata

una durabilità funzionale, che rappre-senta la capacità del materiale stesso dicontenere l’involuzione delle sue presta-zione all’interno di un ciclo di vita.Stabilire la durabilità di un elementotecnico, significa individuare i fattoriche determinano il progressivo abbassa-mento dei livelli prestazionali dei mate-riali e dei componenti con i quali è statorealizzato.La maggior parte delle carenze che si evi-denziano col tempo sono la conseguenzadi fenomeni naturali di obsolescenza,anche se la parete opaca può accusare

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Gemini Residence, Copenaghen, 2005, Progetto: MVRDV (Fonte delle immagini: Il sole 24Ore Arketipo, n. 10 Gennaio-Febbraio 2007)

Pagina a fianco:• Vista del complesso residenziale da ovestIn questa pagina:• Vista del Frosilos prima dell’intervento di

riqualificaizone

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uno stato di involuzione delle sue presta-zioni a causa di scelte progettuali, quan-do ad esempio vengono utilizzati mate-riali o componenti o soluzioni tecnicheinadeguate alle condizioni ambientali.La scelta progettuale di una soluzionetecnica e la relativa disposizione, al suointerno, di materiali o componenti, de-termina una sostanziale differenza neimeccanismi di deterioramento tra glielementi direttamente esposti alle con-dizioni dell’ambiente esterno e quelli di-rettamente inseriti all’interno della solu-zione tecnica stessa. Cosicché le dinamiche di alterazione del-le caratteristiche tecnico-fisiche sarannostrettamente connesse alla configurazio-ne progettuale della soluzione tecnica epossono essere analizzate e valutate at-traverso lo studio specifico dei materialiche la compongono messi in relazione afenomeni termodinamici, igrometrici,meccanici, acustici ecc. dipendenti dalcontesto insediativo e territoriale.

Obiettivi dello strumento operativoIl nuovo strumento operativo viene ela-borato per evidenziare ed analizzare lecarenze prestazionali delle pareti peri-metrali verticali.L’obiettivo generale di questo strumentoè quello di rappresentare un riferimentoefficace, di semplice utilizzo, che per-metta di avere un quadro completo del-lo stato di degrado della parete e, allostesso tempo, un’indicazione sulle prio-rità di intervento di riqualificazione.Si tratta, come vedremo, di uno stru-mento improntato su un approccio pre-stazionale, in grado di creare una stretta

relazione tra gli eventuali difetti eviden-ziati dalle analisi sul degrado dei mate-riali e la conseguente riduzione delleprestazioni che questi ultimi possonodeterminare.Gli obiettivi specifici sono fondamen-talmente di tre tipi.1. evidenziare, tramite le problematiche

riscontrate dall’analisi sui materiali,inrapporto alle funzioni cui sono prepo-sti, i nuovi requisiti da soddisfare;

2. evidenziare i materiali maggiormenteinadeguati (non appropriati alle fun-zioni e/o danneggiati), assegnando aquesti i requisiti in grado di miglio-rarne le prestazioni e indicando comeattuarle;

3. determinare un indice di priorità diintervento.

Lo strumento operativoLo strumento operativo elaborato è sta-to articolato in tre parti:1. descrizione generale e analisi specifi-

che sul sito;2. analisi della parete perimetrale esi-

stente;3. valutazione della parete perimetrale

verticale esistente -schede operative.

La prima parte definisce le possibili cau-se che possono aver determinato la ca-renza prestazionale dell’elemento tecni-co in esame. Analizza il sito dove è statoeseguito l’intervento, le sue caratteristi-che climatiche, l’esposizione e le dimen-sioni delle pareti, e le dinamiche con cuii diversi fenomeni ambientali (tempera-tura, umidità e acidità dell’aria –sole,vento, pioggia e neve) possono incideresu di essa. La seconda parte permette di individua-re le caratteristiche specifiche della pare-te perimetrale opaca, evidenziandol’aspetto costruttivo, i materiali utilizza-ti con la loro disposizione costruttiva e ilsuo schema di funzionamento fisico-tecnico.Una volta ottenute queste informazionidi base, siamo nelle condizioni di proce-dere, tramite le schede di analisi, a de-terminare le eventuali carenze prestazio-nali della parete stessa e le cause che lehanno generate.La terza parte prevede l’introduzione ditre schede: due operative, la prima dianalisi e la seconda di valutazione, e unadi sintesi dei risultati ottenuti.

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Gemini ResidenceDettaglio dell’ancoraggio

delle travi all’anello difondazione

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Descrizione delle schede operativeScheda 1: analisi dello stato di fatto dellaparete perimetrale verticale opaca.Questa scheda rappresenta uno stru-mento tecnico in grado di determinarela tipologia, l’entità e l’estensione dei di-fetti che è possibile riscontrare, tramiteispezione visiva, sulla parete perimetraleverticale in esame.La scheda è divisa in due parti:la prima individua il tipo di difetto ri-scontrabile sui diversi materiali attraver-so le modalità di manifestazione, la suaentità ed estensione sulla superficie dellaparete, e li relaziona con le cause che lihanno provocati. È strutturata attraverso una matrice:- le righe elencano i diversi tipi di altera-zioni negative, come si sono manifestati,visivamente o tramite rilevamento stru-mentale, dividendoli in livelli a secondodell’entità con cui questi si presentano;- le colonne contengono le cause, che de-terminano queste alterazioni, suddivisein tre categorie: cause fisico-chimiche epiù in generale cause determinate dallecondizioni dell’ambiente, cause relativealla progettazione, alla realizzazione e al-le varianti operate in maniera impropria;

- la seconda parte della scheda individuala relazione tra il tipo di alterazione defi-nito come “difetto” riscontrato e la ca-renza prestazionale che questo difettodetermina nella parete stessa. Ad ognidifetto vengono associati uno o più nuo-vi requisiti, in quanto la parete non ga-rantisce le prestazioni necessarie per ri-spettare le indicazioni tecnico-normati-ve relative agli intorni degli spazi interni.Questi vengono raggruppati nelle treclassi di esigenze fondamentali fornitedalla parete perimetrale verticale: sicu-rezza, benessere (comfort) ed aspetto. Scheda 2: valutazione prestazionale dellostato di fatto della parete perimetrale verti-cale opaca.La combinazione ottenuta dall’incrociodi questi fattori: difetto-causa e difetto-requisito, unita alla definizione dell’en-tità del difetto e alla sua estensione sullasuperficie della parete, caratterizza lascheda di valutazione dello stato di fatto,questa è divisa in due parti:- la prima, rappresenta il quadro di rife-rimento dei risultati ottenuti dal rappor-to tra difetto e requisito e valuta l’inci-denza del nuovo requisito;- la seconda ha un duplice valore, da un

lato, indica la specifica di prestazione daraggiungere con l’intervento di riqualifi-cazione e dall’altro definisce una relazio-ne tra i requisiti e gli strati funzionali,stabilendo per ogni requisito quanti equali strati funzionali vengono coinvoltidal miglioramento prestazionale.Questa scheda 2 è completata da un alle-gato, che riporta il fattore correttivo di-pendente dal sito in cui si trova l’edificio.Si tratta di una valutazione ottenuta dal-le analisi sul contesto insediativo e dallecause ambientali che determinano alcu-ne tra le problematiche individuabili neimateriali.Scheda 3: rappresenta il quadro sinottico deirisultati ottenuti dalle diverse valutazioni.In sintesi lo strumento operativo elabo-rato ha due finalità che rappresentano isuoi risultati principali: il primo è di tipoeconomico-procedurale e permette didefinire un indice di priorità per i nuovirequisiti da soddisfare e per gli interventida realizzare. In effetti, attraverso le valu-tazioni dello stato di fatto, è possibile de-finire una graduatoria d’interventi da ef-fettuare: maggiore è la priorità prima do-vrà essere effettuato l’intervento. Il se-condo risultato è di tipo tecnico operati-vo e permette di agevolare il compito delprogettista negli interventi di riqualifica-zione attraverso l’individuazione dei ma-teriali maggiormente danneggiati e l’as-sociazione tra i nuovi requisiti da soddi-sfare e le rispettive specifiche di presta-zione in grado di ripristinare le capacitàtecniche dell’involucro edilizio verticale.

Si informano i lettori interessati che le schede operative possono essere scaricate dal sito:http://www.incodice.com/download

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Gemini ResidenceConfigurazione delle travia mensola: appoggio sulmuro di cemento armatodel silos e ancoraggio diun’estremità tramite tiranti

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L’ anno scorso, nell’ambito della“Biennale del Paesaggio” istitui-ta dalla Provincia di Rieti si è svol-to il concorso di idee che aveva

come oggetto il “Progetto del paesaggiodei Laghi del Salto e del Turano come stru-mento per lo sviluppo turistico ed eco-nomico dell’area”.Un concorso promosso per attivare e ren-dere concreta una politica di attuazione

della Convenzione Europea del Paesaggionei territori della Provincia di Rieti, la qua-le è tra gli Enti fondatori della RECEP-ENELC, la Rete degli Enti Locali e Re-gionali per l’attuazione della stessa Con-venzione.(Quest’anno si festeggiano i die-ci anni del documento adottato dal Co-mitato dei Ministri della Cultura e del-l’Ambiente del Consiglio d’Europa il 19luglio 2000, e ratificato in Italia nel 2006).

Due sono le azioni guida che il concorsoperseguiva e che il bando voleva attivarein coerenza con la Convenzione attraversol’elaborazione di progetti di paesaggio:la prima riguardava il progetto come stru-mento di espressione, evoluzione e man-tenimento della qualità di un luogo ver-so la costruzione di un paesaggio come“principio culturale”. La seconda azione era quella relativa al rap-

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a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra

Nei progetti vincitoridel concorso per iLaghi del Salto e delTurano, l’attentalettura e un ascoltosensibile dellecomponenti passate epresenti dei luoghi, haprodotto ipotesi ditrasformazione e diuso sostenibilecoerenti con ipaesaggi interessati.

DUEPROGETTI,TRE PREMIPER ILPAESAGGIO offset paesaggio

progettisti: Gioffrè, Costanzo, Laganà e PugliesePlanimetria generale

Monica Sgandurra

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realizzazione di due dighe e dall’allaga-mento delle relative vallate per alimenta-re le acciaierie nazionali prima, e per pro-durre energia elettrica per le valli reatine,poi. Con conseguenti profonde trasfor-mazioni di tutto il paesaggio delle duevalli del Salto e del Turano: interi centriabitati sommersi, le coltivazioni di fon-dovalle perse, le reti dei percorsi e so-prattutto delle transumanze dissolte nel-l’acqua, un paesaggio naturale totalmen-te cambiato nelle sue componenti con con-seguenze sulla flora, sulla fauna e sul mi-croclima generale.Oggi, come ci ricorda Vincenzo Gioffrè,il capogruppo del progetto vincitore delconcorso, il paesaggio dei due laghi è insonno, scarico; i centri abitati spopolati, i luo-ghi privi di una chiara identità. Eppure èun paesaggio dai caratteri forti. L’abban-dono delle attività produttive antropiche inmontagna ha infatti determinato non solola conservazione ma addirittura l’inselva-tichirsi di vaste aree: particolarmente affa-scinanti i boschi, le praterie […]. Il paesag-gio dei laghi ha umori differenti in stagionidifferenti: in estate è protagonista un popo-lo di vacanzieri multicolore e giocoso; in in-verno prevale silenzio e tranquillità ed unadimensione contemplativa della natura vis-suta da escursionisti e pescatori.Il concorso ha generato due progetti vin-citori del primo e del secondo premio, pro-getti nei quali l’attenta lettura e un ascol-to sensibile delle componenti passate e

porto tra paesaggio e turismo e di comequest’ultimo possa generare un’economiaanche in quei territori con carattere for-temente rurale, una economia che deveperseguire modelli sostenibili alternatividi gestione e di intervento rispetto alle for-me tradizionali di consumo turistico.I paesaggi proposti dal concorso eranoquelli dei Laghi del Salto e del Turano,due bacini artificiali nati nel 1939 dalla

presenti dei luoghi ha prodotto ipotesidi trasformazione e di uso sostenibilecoerenti con i paesaggi interessati.Il primo premio, assegnato al gruppo com-posto da Vincenzo Gioffrè, Cristiana Co-stanzo, Giovanni Laganà e Michelange-lo Pugliese propone, come enunciato dalmotto, “offset paesaggio”, un lavoro sul-le aree di maggiore vulnerabilità dei duelaghi, ossia le sponde, aree dallo spessorevariabile che oggi, grazie alle forti pres-sioni antropiche sono il luogo in cui so-no presenti i maggiori fenomeni di de-grado fisico.Il progetto genera un bordo, una linea con-tinua/discontinua, una sorta di nastroche deve accogliere tutte le componentidi funzionamento del paesaggio di frui-zione e di ricostruzione fisica: percorsi,attività, funzioni, strutture di vegetazio-ne, opere di ingegneria naturalistica. Unalinea volubile e discontinua che deve as-sorbire il variare del livello dell’acqua, unpercorso cangiante che, attraverso un si-stema trasversale di percorsi, collega glispecchi d’acqua con i borghi che si affac-ciano sul paesaggio dei laghi e, più am-piamente, sul paesaggio reatino. Questipaesi, che possiedono ancora una dimen-sione rurale, diventano, nel sistema pae-saggistico dei due laghi, elementi ricetto-ri dei flussi turistici in grado di offrireospitalità attraverso il potenziamento del-le strutture esistenti e l’introduzione dialtre funzioni e servizi.

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offset paesaggio - Porta del Salto– i giardini del borgo sommerso

offset paesaggio - Lago del Turano – LidoMacchiaioli

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Quattro i temi che articolano la propo-sta: le porte dei laghi, la green way, le foliese i lidi e, infine, il sistema ricettivo costi-tuito da bed & breakfast, ostelli, agrituri-smi, insieme a una serie di piccoli ecomuseicapaci di promuovere l’insieme del patri-monio locale (feste patronali con le pro-cessioni, fiere e sagre, produzioni artigia-nali, lavorazioni dei prodotti tipici).Il primo tema, quello delle porte, unaper ciascun lago, mette a fuoco i luoghidove svolgere le attività di promozione deiterritori, e quindi quegli spazi capaci diaccogliere e trasmettere informazioni, edove realizzare eventi culturali, come con-ferenze, convegni, concerti.Il secondo tema, la green way coinvolgele aree che conservano ancora le caratte-ristiche del paesaggio incontaminato. Leazioni che vengono suggerite sono rela-tive alla costruzione di una rete di per-corsi di lungolago con punti di sosta edaree attrezzate per le attività sportive.Percorsi di trekking e piste per mountainbike, sentieri potenziati per le escursionibotaniche e nuovi itinerari per la scoper-ta di luoghi di osservazione.Nel sistema di fruizione una serie di fer-mate, punti di accoglienza e di informa-zione e servizi sono contenuti in piccolestrutture che hanno lo scopo di creare re-lazioni con il paesaggio. Per questo, il ri-ferimento alla folie, struttura che ci pro-viene dalla storia del giardino, diventa ele-mento capace di inserirsi nel progetto edi introdurre nel paesaggio relazioni direciproca curiosità, attivando sinergie tra

il territorio e le possibilità di essere gui-dati alla scoperta dei diversi ambienti.Questo progetto è stato premiato nel-l’ultima edizione del Premio “Ippolito Piz-zetti 2009”, sezione B – La progettazio-ne del paesaggio (restauro e progettazio-ne ex novo) istituito dall’AIAPP.

Il progetto del gruppo romano OSA, (Lu-ca Catalano, Massimo Acito, Annalisa Met-ta, Marco Burrascano, Luca Reale, Cate-rina Rogai e Novella Cassisi), vincitoredel secondo premio, propone, con il mot-to “passo a due”, una strategia della reci-procità che, partendo dalla considerazio-ne che i due laghi sono oggi due entità iso-late, interpreta la forza rigenerativa dei pae-saggi interessati proprio in una visionedove l’uno si rispecchia nell’altro, in un rap-porto di gemellaggio concettuale e fisico.I temi generati dal progetto fanno riferi-mento a due diversi ambiti, quello deibacini artificiali dei laghi e quello del pae-saggio montano compreso tra i due spec-chi d’acqua.I progettisti propongono “azioni omeopa-tiche”, ovvero partendo dalla considera-zione che i laghi per la loro natura suggeri-scono temi di artificialità e trasformazio-ne, mentre il paesaggio della montagna evo-ca temi della valorizzazione del territorioesistente, le azioni di trasformazione avran-no “due velocità”, la prima, relativa allatrasformazione e invenzione dei bacini ar-tificiali, la seconda relativa alla valorizza-zione, conservazione e gestione degli inse-diamenti e del paesaggio montano.

Per i laghi viene proposta una “naturaliz-zazione retroattiva” come la definisconoi progettisti, ossia una serie di ecosistemilacustri galleggianti e un progetto com-plessivo legato al rapporto acqua-terra,rapporto in continuo movimento, che im-pone di eliminare l’attuale separazione trale rive artificiali e l’acqua. Il movimentooggi presente è quello del fenomeno diescursione del livello delle acque nei me-si invernali ed estivi (circa 20 metri), even-to che genera l’assenza dell’ecosistemaripariale dovuto proprio a questa alter-

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LA RISERVA NATURALE DEI MONTI NAVEGNA E CERVIA E IL PIANO DI ASSETTOLe vallate dei laghi del Salto e del Turano sonodue territori compresi nella Riserva Naturale deiMonti Navegna e Cervia. Questo sistema è oggioggetto di un Piano di Assetto Definitivo dellaRiserva Naturale dei Monti Navegna e Cerviaredatto dal gruppo di lavoro Agrotec s.p.a/Farfas.r.l./S.A.GIS s.r.l. e in attesa di adozione.Il Piano di assetto, uno strumento proprio per learee geografiche protette, si muove attraversouna attività di mediazione con gli enti e lepopolazioni locali, con lo scopo di costruire unsistema condiviso, di promozione, di sviluppoeconomico e sociale rispettando il patrimonio deibeni ambientali e culturali dei paesaggiinteressati.Il Piano propone di valorizzare l’identità specificadella Riserva, di promuovere i valori diinterconnessione intesi come riconoscimento,tutela e potenziamento del complesso di relazionieco-biologiche, paesistiche e di funzionamentoterritoriale, di rivitalizzare/riconfigurare le buonepratiche tradizionali di cura e manutenzione delterritorio muovendo consapevolmente dalle“pratiche” responsabili.

passo a due - progettisti: OSA - Catalano, Acito, Metta, Burrascano, Reale, Rogai, Cassisi - l’ambiente delle isole galleggianti

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nanza dei livelli dell’acqua. Il progetto pro-pone per entrambi i laghi delle isole gal-leggianti come elementi di naturalizza-zione, una sorta di piccole oasi sospese sul-l’acqua con il compito di introdurre unamaggiore biodiversità, di generare pro-cessi di fitodepurazione delle acque, at-traverso il loro movimento, e nel contempodiventare un’occasione di studio del di-namismo vegetale ed elemento di attra-zione per un turismo ambientale.A questo sistema si aggancia la rigenera-zione delle sponde tramite interventi pun-tuali sulle rive, con zone attrezzate per lasosta, la balneazione e le attività sporti-ve, con giardini lineari di piante lacustrie sistemi di gradonate che instaurino unarelazione diretta con l’acqua, relazione og-gi negata per la presenza di lunghi trattidalle sponde ripide.

La riva come “linea fra terra ed acqua, ri-disegnata come un grande rinascimento”,come enunciano i progettisti, una sorta dirigenerazione fisica che a sua volta generaun valore spaziale tra natura ed artificio.Con le oasi fluttuanti sono proposte an-che una serie di strutture galleggiati rela-tive allo sport (piscine, sport acquatici ebalneazione protetta) insieme a piccoliattracchi e piazze belvedere dove portarele persone direttamente a contatto conl’acqua.Ma il paesaggio interessato non è solo quel-lo relativo all’acqua; il progetto proponecollegamenti trasversali, con tracciati, per-corsi di esplorazione dei luoghi e delle lo-ro prevalenti caratteristiche fisiche, comenel caso di percorsi attinenti al caratteremorfologico (gole e crinali), al caratteregeologico (con evidenti testimonianze del-

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l’ultima era glaciale nelle due valli cheospitano i laghi artificiali) e al carattereinsediativo, con l’evidenziazione della ma-trice di “incastellamento” degli insedia-menti diffusi a carattere difensivo (X eXII secolo).

Due progetti che esprimono sensibilità edattenzione, invenzione e creatività, coe-renza e capacità di realismo (entrambi met-tono a fuoco strategie di marketing terri-toriale ed individuano, nel loro rapportoeconomico, i programmi di riferimentoper i finanziamenti), muovendosi in unacondizione di grande generosità nel-l’esporre la propria progettualità, condi-zione che fa capire quanto al di là delle pro-prie intrinseche e specifiche capacità, que-sti giovani progettisti siano innamorati delpaesaggio.

passo a due - Il paesaggio oasi isole galleggianti

passo a due - la riva – sezione tipo

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Inuovi luoghi del tempo libero segna-no con la loro presenza in modi mol-teplici e differenziati i paesaggi urbanicontemporanei, nelle aree consolida-

te o centrali e semicentrali come nei ter-ritori del periurbano o degli ambiti extra-urbani delle aree metropolitane. Con ti-pologie insediative che in alcuni casi ap-paiono caratteristiche e peculiari per ta-lune città, e che in molti altri sembranoinvece riflettere forme di omologazione eserialità indotte dalla globalizzazione.Talvolta essi vengono a sovrapporsi aluoghi e spazi della città che da semprenell’immaginario collettivo, come nellepratiche, sono associati ai concetti ditempo libero e di svago, in altri prendonoforma in contenitori e attrattori urbaniche sorgono in territori periferici privi diforma e qualità, assumendo con esiti piùo meno felici il ruolo di landmark socia-li e morfologici e di nuovi riferimentiidentitari, in altri ancora si localizzanoin ampie aree attrezzate lontane dalla

compagine urbana, in posizione però ot-timamente accessibile da una strada sta-tale o da un casello autostradale.Preliminarmente ad alcune sintetiche ri-flessioni sui nuovi luoghi dello svagonell’area romana, con particolare riferi-mento alla geografia, ovvero dove si di-spongono rispetto al corpo della città, eall’architettura (quali sono, ammessoche siano individuabili, le conformazio-ni urbanistico-architettoniche caratteri-stiche e le tipologie ricorrenti), è neces-saria una breve premessa riguardo al si-gnificato e alle forme, piuttosto diversi-ficate in realtà, dello stesso concetto disvago nel momento contemporaneo, al-meno limitatamente a quelle elementariconnotazioni che esercitano una direttainfluenza sugli usi della città e, quindi,sulla morfologia degli spazi urbani e del-le architetture.Accanto alle forme in certo senso “tradi-zionali” percepite e fruite in modi diffe-renziati dai diversi gruppi sociali e da di-

verse classi d’età, come la fruizione dellospettacolo e dell’arte, lo sport, la curadella persona e l’attività motoria, il rito,l’incontro, l’acquisto, il loisir nel verde enella città, il passeggio, si consolidanosempre più forme di svago, e corrispon-denti spazi urbani, relativi ad un mixdelle suddette tipologie elementari dimodi d’uso e di comportamenti.La ricerca di maggiore attrattività e diappeal per la grande intrapresa commer-ciale, in particolare, comporta la sceltadi offrire un concentrato di scelte, inte-grate con l’obiettivo di intrattenere di-verse tipologie di fruitori anche per piùore di seguito nel corso della giornata,intercettando, nel contempo, in unostesso complesso di spazi, le moltepliciaspettative di potenziali utenti. Eccoquindi che il mall commerciale vienedotato anche di multisale, di struttureespositive e pratica di attività sportive,mentre al contrario il multiplex si dotadi altri spazi complementari di intratte-

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GEOGRAFIE EARCHITETTUREDEI NUOVILUOGHI DELLOSVAGO Antonio Cappuccitti

Nell’area romana i grandi contenitoriedilizi misti appaiono gli esempimaggiormente significativi in grado diesprimere le nuove tipologie dei luoghidel tempo libero.

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Aa cura di Claudia Mattogno

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nimento e di appendici commerciali, igrandi outlet si affiancano a vasti e inno-vativi parchi a tema e a spazi per l’incon-tro, i nuovi progetti di cittadelle per losvago vedono i fast-food e i ristoranti af-fiancarsi a mediateche e a biblioteche;passeggiare lungo invitanti viali e aree dicarattere commerciale, del resto, è già insé una forma di “svago” particolarmentefavorita nei comportamenti dei cittadi-ni. Nel contempo, il vigore d’immaginee la caratterizzazione urbanistica e archi-tettonica di spazi aperti e contenitoriedilizi viene ad assumere un ruolo cru-ciale per il progetto di forme che inten-dono espressamente porsi nei confrontidella città come nuovi attraenti riferi-menti urbani. Si formano così spessonuovi centri e nuove emergenze urbaneche in alcuni casi rispondono a delibera-ti obiettivi di centralizzazione espressidalla pianificazione comunale, in altriimpongono all’ambiente urbano circo-stante un nuovo inatteso attrattore di in-

teressi con il quale le trasformazioni lo-cali dovranno confrontarsi.I grandi contenitori edilizi misti, dove leprevalenti attività commerciali vengonoaffiancate in modo cospicuo da diversealtre funzioni per il tempo libero, appa-iono senz’altro gli esempi maggiormentesignificativi in grado di esprimere lenuove tipologie dei luoghi dello svago.Se osserviamo, a questo riguardo, i casimaggiormente eclatanti nell’area roma-

na, come Porta di Roma a Bufalotta, Eu-roma2 all’Eur Castellaccio, Roma Est aPonte di Nona, Parco Leonardo a Fiu-micino, si evidenziano alcune rilevantianalogie, così come differenze. Per quanto riguarda la collocazione ri-spetto alla città consolidata, le posizionidei suddetti complessi riflettono ruoli dicomponenti di centralità di rango urba-no, o di livello metropolitano, che glistrumenti di pianificazione vigenti di-

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“Porta di Roma”, Bufalotta, Roma Nord

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chiarano come obiettivo caratterizzante:tutti collocati in posizioni baricentricherispetto a tessuti urbani esistenti (EURCastellaccio), da poco realizzati (ParcoLeonardo a Fiumicino) o, più spesso, incorso di rapida realizzazione o di comple-tamento (Ponte di Nona, Roma Nord -Bufalotta), e sempre direttamente acces-sibili da autostrade. Le forme edilizie deicomplessi tendono ovviamente ad enfa-tizzare il ruolo di riferimento urbano eterritoriale tramite caratteri di singolari-tà, come ad esempio al landmark a torreche domina l’insediamento della Bufa-lotta, o alle emergenze edilizie a torrepreviste ad EUR Castellaccio, mentreper quanto attiene alla conformazione de-gli spazi, leit-motiv ormai costante è unastrutturazione tesa a citare la complessitàmorfologica e le qualità percettive tipi-che della città della tradizione (in parti-colare viali e piazze “chiuse” commercia-li, in alcuni casi realizzate all’aperto comeveri e propri spazi pubblici di tessuti ur-bani compatti, in altri più frequenti “in-troiettate” come ampi corridoi e atri al-l’interno dei contenitori edilizi), comeperaltro avviene in molteplici esempianaloghi in tutto il mondo.Tra i diversi “villaggi” attrezzati per losvago nei quali capienti multiplex cine-matografici vengono affiancati ad unmix di altre funzioni integrate, significa-tivi e documentanti sono i due casi delmulticinema-villaggio di Ostia anticadenominato Cineland e di Parco deiMedici, The Village.Dal punto di vista della geografia urba-na, entrambi i complessi sono piuttostodistanti da tessuti urbani consolidati,

benché ottimamente accessibili conl’automobile; il primo infatti costituisceil pregevole recupero di una fabbricad’epoca fascista che sorgeva fuori città(la “Meccanica Romana”, accessibiledalla Via del Mare e dalla ferrovia Roma- Ostia), il secondo è invece localizzatoin un ambito per grandi attrezzature chelo stesso PRG del 1962 individuava lun-go l’autostrada per Fiumicino a sud-ovest della città, programmaticamentelontano da quartieri residenziali. Nel complesso dell’ex “Meccanica Ro-mana” di Ostia, la cui singolarità architet-tonica è rimarcata dai prospetti recupera-ti della fabbrica, gli ampi corridoi ricavatinei bracci dell’edificio diventano vialicommerciali coperti per il passeggio checonnettono il multi-cinema con i risto-ranti, i negozi, il bowling, le sale giochi. Ilvillaggio tematico di Parco dei Medici,invece, si impernia su una ampia piazza

centrale su cui affacciano i prospetti prin-cipali dei cinema e delle sale di svago che,similmente alle piazze della città della tra-dizione, si orna di una grande fontana alcentro; un ampio spazio-corridoio al-l’aperto pone a sistema il multiplex, le sa-le per l’intrattenimento e la pratica del fit-ness, i ristoranti, ma anche gli spazi espo-sitivi, la libreria, gli spazi aperti per i con-certi e gli eventi estivi: un villaggio per losvago con funzioni molteplici, struttura-to su un sistema di aree di accesso e di-simpegno che allude apertamente allospazio pubblico mediterraneo.I grandi Outlet (di Valmontone, CastelRomano e Monte Soratte), cittadellecommerciali specializzate basate sul temadella moda, si contraddistinguono perun bacino di utenti evidentemente dirango sovra regionale, e per questo la lo-calizzazione delle rispettive strutture è incorrispondenza di aree direttamente ac-

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“Parco Leonardo”, Fiumicino

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cessibili dall’Autosole o da strade prima-rie come la Pontina, mentre le correlazio-ni fisiche con i contesti urbani limitrofisono sostanzialmente irrilevanti: la città èlontana, ma l’autostrada è vicinissima.Nel caso di Valmontone, l’Outlet è desti-nato ad integrarsi in un più vasto com-plesso, il futuro Polo turistico integratonel quale saranno presenti estese struttu-re per lo svago, in particolare un parco atema di 600 mila mq in corso di realizza-zione (Rainbow MagicLand) compren-dente il parco dei divertimenti e tre tea-tri; nel caso di Castel Romano è inveceprogrammato un vasto parco tematicodedicato al cinema (Cinecittà World).

Anche queste cittadelle della moda, conle rispettive attrezzature per funzionicomplementari sono, di fatto, conside-rate dai cittadini come luoghi di acqui-sto e nel contempo di svago, a prescinde-re dai previsti grandi parchi a tema ad al-cune di esse connessi o limitrofi. La loroconformazione di impianto è basata, co-me in molteplici esempi analoghi in altricontesti, su reti continue e compatte diviali commerciali e di spazi aperti, conimponenti portali di forma singolare chesegnano gli ingressi dalle aree di par-cheggio e con una conformazione multi-forme e variegata dei fronti edilizi suiviali, mentre l’architettura indulge indue casi dichiaratamente a tematizzazio-ni e citazioni storiche di diverso genere,come accade del resto in diversi altri mallcommerciali (la citazione dell’impiantodi Villa Adriana per l’Outlet di MonteSoratte, forme riprese da emergenze edi-

lizie dell’antica Roma per l’Outlet di Ca-stel Romano).

I nuovi luoghi dello svago si vanno im-ponendo, in misura forse maggiore ri-spetto ad altri tipi di attrezzature urbane,come rilevanti temi di architettura e diurbanistica, a causa del ruolo di riferi-mento che ad essi viene riconosciuto dal-la comunità urbana, e in virtù dell’obiet-tivo effetto di valorizzazione funzionale(e di conferimento di qualità “centrali”)che la loro presenza determina negli inse-diamenti. I casi recentemente realizzati,come quelli di prossima realizzazionenell’area romana indicano fattispecie esoluzioni decisamente diversificate, chedenotano differenti tipi di significazionee collocazione nella città, costituendo nelcontempo un repertorio ricco e docu-mentante di occasioni di centralità, ar-chitetture, forme urbane.

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“Cineland”, Ostia

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N el Municipio Roma X unacomunità di famiglie sfrat-tate, occupanti un edificiodi abitazioni in via Masurio

Sabino, ha avuto la possibilità di interve-nire nel processo di progettazione parte-cipata, di riqualificazione e cambio didestinazione d’uso promosso dall’Am-ministrazione Pubblica.Il risultato è frutto del progetto di riqua-

lificazione e adattamento di uno stabileper abitazioni, sottratto all’AeronauticaMilitare e legalizzato grazie all’appoggiodell’Amministrazione, i cui lavori sonostati recentemente ultimati.La storia dell’edificio di Via Masurio Sa-bino, sede dell’Associazione Action, èemblematica per molti aspetti. Ha inizionell’autunno del 2000, quando un grup-po di famiglie che occupava un edificio

scolastico in località Tormarancia si im-possessa dello stabile di Via Masurio Sa-bino disabitato da cinque anni. “Nei primi mesi di occupazione il gruppo

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MODIFICAZIONIARCHITETTONICHEINDOTTE DALLAMEDIAZIONE A Roma un interessante esempio diprogettazione partecipata illustra undiverso modo di intervenire e pensare ilmestiere del progettare.

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Giambattista Reale

Foto aerea dell’isolato tra Viale dei Consoli e Via diCentocelle. L’elevata densità è stata possibileproprio grazie all’utilizzo delle “chiostrine”. L’edificio oggetto dell’intervento è quello centralenella colonna di destra. www.maps.google.com

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si riuniva continuamente, una o due voltea settimana”, racconta Igor Ceresoli, in-quilino dello stabile, “per decidere comeportare avanti le contrattazioni con l’am-ministrazione e scongiurare il rischiosgombero. Nel 2001 l’amministrazione hadeciso di comprare lo stabile (16 miliardidi lire) e dare il via alla ristrutturazione: ilprogetto partecipato è stato sponsorizzatodal Comune”. (F. Nizzi)

Nel 2001 l’immobile viene acquistatodal Comune di Roma e pre-assegnato asessanta nuclei familiari. Il gruppo deglioccupanti è costituito principalmenteda migranti, famiglie monoreddito, pre-cari e single, molti dei quali disoccupati. La trasformazione dell’edificio di viaMasurio Sabino racconta, nei tanti di-battiti che hanno condotto all’elabora-zione del progetto, il senso di comunità

degli inquilini e la loro capacità di rico-noscersi come gruppo per produrre vereistanze politiche, mirate soprattutto aottenere una maggiore diversificazionedelle tipologie degli alloggi, la possibili-tà di ampi spazi comuni, tra cui un’areafeste e terrazze per socializzare. La vita di relazione esorcizza molte dellepaure che trovano un fertile terreno dicrescita in quel diffuso senso di insicu-rezza urbana suggerito quotidianamentedalla politica e dal mondo dell’informa-zione. Le politiche di intervento taratein questa direzione sembrano pertantoperfettamente sensate: il comunitarismo– fosse anche soltanto di carattere stru-mentale – sembra essere un efficace anti-doto contro i pericoli effettivi della vitaurbana e contro l’insicurezza. Il caso è degno di nota per le chiare ri-

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INTERVENTO DI RISTRUTTURAZIONEDELL’IMMOBILE COMUNALE DI VIA MASURIO SABINO N° 27/31ProprietàComune di RomaSoc. affidataria appaltoImpreme S.p.A.Importo lavori complessivo Scale C; D; E€ 3.217.451,18di cui per la sicurezza: €100.361,54Inizio lavori 1a Fase Scala C26 giugno 2006Durata dei lavori 1a fase 240 giorniResponsabile Unico del Procedimento - R.U.P.arch. Luigi VenturaProgettoRossella Marchini e Antonello Sotgia architetti associatiDirezione dei lavoriAntonello SotgiaCoordinatore della sicurezza in faseesecutiva Antonello SotgiaResponsabile di cantieregeom. Claudio Olivieri

Dall’alto:• L’inizio dei lavori riguardanti la scala C.

Attualmente le aree laterali del corpo scalafanno parte di abitazioni private

• I lavori previsti sulla scala C (a sinistra nellafoto) sono stati completati. Bisogna ancoraintervenire sulla scala B (a destra nella foto) esul solaio di fondo della chiostrina perconsentire l’ingresso della luce nelle areecomuni al piano terreno

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chieste di modifiche architettoniche mi-rate a una maggiore possibilità di socia-lizzazione.Fabrizio Nizzi, esponente dell’Associa-zione Action, sintetizza così il lavorocompiuto: “L’Associazione Action svolgeun’attività legata al sostegno e alla tutela ditutti i diritti: quelli dei migranti, deglisfrattati, dei ladri, di chiunque.In questoMunicipio ci sono circa dieci stabili occu-pati. All’inizio le occupazioni innescanosempre aspri conflitti con i residenti dellazone vicine. Nelle aree centrali i residenti ingenere hanno il timore di un deprezzamen-to immobiliare dell’area. Nelle aree perife-riche, invece, la maggiore presenza delleforze dell’ordine, che un’occupazione portacon sé, crea non pochi dissapori con diversecategorie sociali. Nell’occupazione dell’edi-ficio di Via Sabino il primo impatto con i

residenti degli stabili vicini è stato difficile,anche per le diverse modalità di vita. Glioccupanti sono abituati a risolvere colletti-vamente tutti i problemi che possono crear-si. Dopo un’iniziale diffidenza, gli occu-panti sono diventati un punto di riferi-mento: spesso i residenti della zona si rivol-gono al gruppo perché confidano nella suamaggiore capacità di mediare con le ammi-nistrazioni o con le forze dell’ordine”.È proprio la forza del gruppo che haspinto l’assessorato competente a chie-dere all’associazione degli occupanti unaconsulenza per l’elaborazione del pro-getto di riqualificazione. “È nato così uno strano laboratorio doveda parte dei futuri utenti non giungevanorichieste, ma precise indicazioni perché glialloggi fossero garantiti delle medesimequalità. Una progettazione dal basso che,

oltre a produrre un maggior numero di al-loggi, è riuscita (dopo ben 6 versioni tuttediscusse in straordinarie assemblee/incon-tro con le tavole esecutive osservate una auna) grazie all’invenzione formale di in-tervenire sui corpi scala, ridisegnandoli co-me macchine acchiappaluce, a far arrivaresole e luce dove fino ad oggi erano negati”.(A. Sotgia, progettista)Nel giro di poco tempo gli occupanti,dopo una rigorosa consultazione inter-na, hanno consegnato al Comune unaproposta che ha ottenuto l’approvazionedegli uffici competenti. Il palazzo eraabitato dagli ufficiali scapoli e negli al-loggi non erano presenti le cucine. “Quando abbiamo provato a progettareabbiamo avuto due problemi: gli apparta-menti dovevano diventare da 86 a 104 peressere adeguati agli standard delle case diedilizia economica e popolare, e gli occu-panti volevano che la distribuzione all’in-terno del palazzo fosse organizzata in mo-do diverso”. (F. Nizzi)Lo stabile era organizzato con due chio-strine interne e tre corpi scala. L’assenzadi spazi comuni di connessione tra gli al-loggi delle diverse scale non rispondevaalle esigenze degli occupanti. I corpi sca-la distribuivano quattro alloggi per pia-no, ma le caratteristiche dell’illumina-zione e la ridotta dimensione degli spazicomuni mal si adattavano alle esigenzedegli occupanti, che spesso utilizzavanole aree di distribuzione dei singoli pianicome aree di incontro e socializzazione.Inoltre i tre distinti terrazzi comuni incopertura, ancora occupati dai locali cheun tempo ospitavano i serbatoi dell’ac-qua e dagli spazi inutilizzati degli stendi-

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“L’accessibilità”- Lo stato di fatto. Negli schemivengono evidenziati i percorsi di accesso alle singoleabitazioni nello stato di fatto e il nuovo assetto nelleprevisioni progettuali.

“L’accessibilità”- L’ipotesi progettuale. Predisporrel’edificio in modo da facilitare e stimolare l’interazionetra i residenti è stata l’idea portante della ridefinizionedel sistema distributivo e delle connessioni.

“Le funzioni” - L’ipotesi progettuale. Il progetto offreuna maggiore diversificazione delle tipologie deglialloggi, la possibilità di ampi spazi comuni nei pianiterra per attività di riunione e di ottenere un’areafeste e socializzazione sulle terrazze comuni. Lavolontà di migliorare l’areazione naturale e diconsentire all’illuminazione naturale di penetrare piùprofondamente ha indirizzato le scelte progettuali.

“le funzioni” - Lo stato di fatto. Negli schemi vieneevidenziato come nella proposta progettuale sia fortela volontà di arricchire l’offerta tipologica e proporreuna nuova interpretazione delle aree comuni.

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toi, sono stati subito interpretati comeun’importante area di incontro comune. Il progetto prevede quindi delle aree col-lettive al pianterreno: “Dove ora c’è l’ap-partamento del portiere ci sarà uno spaziocomune a disposizione del quartiere conattività collettive, un punto informativo edi tutela per il territorio che sarà gestito gliabitanti”. L’ingresso è unico per le trescale che vengono connesse da un unicospazio comune. Attualmente gli spazi didistribuzione al pianterreno soffronoper l’assenza di illuminazione e aerazio-ne; nel progetto saranno sostituiti i solaiche chiudono il fondo delle chiostrinecon delle strutture vetrate.Sono ancora le esigenze degli abitanti adeterminare, nel progetto, i ballatoi diconnessione, la cui realizzazione è mo-mentaneamente impedita per ragionistrutturali e normative (antincendio).Gli occupanti sentivano infatti la neces-sità di connessione tra gli spazi delle di-verse scale non solo al pianterreno, maanche in quota, che garantisse di poterraggiungere gli appartamenti delle altre

scale senza dover scendere al piano terra. La necessità di avere un più alto numerodi alloggi ha determinato, invece, la ri-duzione della dimensione degli alloggistessi e la loro differenziazione nelle di-verse scale. Inoltre gli appartamenti nonsi ripetono identicamente sui sette livel-li. Il primo e il quinto livello presentanodifferenze sostanziali: il primo presentaalloggi più grandi e il quinto, dove eranoprevisti i ballatoi di connessione tra lescale, conserva la sua speciale caratteri-stica ospitando nella parte centrale unavasta area comune che collega anche vi-sivamente le due chiostrine. La modificazione spaziale più rilevanteha coinvolto gli spazi comuni ai singolipiani che, anche per servire un numeromaggiore di alloggi, si sono dilatati in-torno alla scala fino a raggiungere conampie vetrate le chiostrine, creando am-bienti maggiormente ventilati e ricchi diluce. È sempre F. Nizzi che sintetizza lemodificazioni apportate nel progetto:“I pianerottoli saranno molto più ampi:negli edifici occupati gli spazi dei pianerot-

toli spesso vengono arredati e vissuti dagliabitanti come aree di soggiorno. Il terrazzosarà in parte giardino, attrezzato conun’area feste per iniziative comuni e an-ch’esso sarà organizzato come uno spaziocollettivo e di connessione tra le diverse sca-le. Per ogni scala in copertura (a fianco del-la cabina dell’ascensore) sarà allestito unpiccolo forno comune (al posto dei lavatoi)e un piccolo bagno (al posto dei cassoni)”.Il lungo processo partecipativo ha porta-to ad un progetto che non enfatizza e nonasseconda le nevrosi del singolo o digruppi, ma dà di nuovo ricchezza e diver-sità alla città, riscoprendo quell’impegnoarchitettonico che consiste nell’involu-crare le attività umane senza soffocarle edanzi arricchendo la gamma delle scelte li-beratorie. L’architetto manipola le cavitàper esaltare la libertà umana. Il caso del-l’edificio di Via Masurio Sabino è, quin-di, un interessante esempio di un diversomodo di intervenire e pensare il mestieredel progettare. Credo, infatti, che il pro-gettista debba conservare la consapevo-lezza che, nel progettare un edificio o uncontesto urbano, si incide sui comporta-menti umani, si danno dei suggerimentie degli indirizzi, si ha il potere di favorireo sfavorire dei comportamenti.“Poiché – scrive Z. Bauman – [nella città]gli estranei sono costretti a condurre la pro-pria vita stando insieme, qualunque sia lapiega che prenderà la storia urbana, l’artedi vivere pacificamente e felicemente con ledifferenze, e di trarre vantaggio da questavarietà di stimoli e di opportunità, sta di-ventando la più importante tra le capacitàche un cittadino ha bisogno d’imparare edi esercitare”.

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Dall’alto:• Lo stato di fatto. Nella pianta del piano tipo

si evidenziano le aree di distribuzionecomuni dei corpi scala e le ridottedimensioni della “chiostrina”

• Nella pianta del piano quinto si evidenziala nuova articolazione delle aree comuni didistribuzione e l’ampliamento dellechiostrine. Al quinto livello è prevista, sulcorpo scala centrale, la creazione diun’area comune passante che metterà inconnessione le due chiostrine

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N egli ultimi anni, in corri-spondenza della crisi finan-ziaria internazionale, moltecittà europee si sono dotate

di strumenti urbanistici e organi ammi-nistrativi adibiti alla bonifica di piccolearee interstiziali, a volte anche centralima spesso invisibili, dove affacciano solole finestre delle abitazioni; delle fasce dirispetto ai lati di grandi infrastrutturecome cimiteri, autostrade, binari delleferrovie; oppure di quegli spazi dai con-fini definiti, nati con una precisa voca-zione pubblica mai conseguita. Territoridella città rimasti sospesi, privi di unaspecifica progettazione e programma-zione, la cui metamorfosi è talvolta sug-

gerita dall’iniziativa spontanea di gruppidi cittadini, che esprimono in modo piùo meno esplicito il desiderio di “condivi-dere”, nel significato più autentico di“conoscere” e quindi “possedere”.È questo il caso di due città, Barcellona eParigi – a loro modo entrambe città“modello” – che, con l’istituzione di Pro-Eixample e di Charte Main Verte, hannoavviato un processo di trasformazionedove, a partire da singoli tasselli, si sta ri-componendo un nuovo mosaico di spa-zi pubblici, aperti alla città.È curioso notare come le differenze traqueste due esperienze siano il portato diuna tradizione culturale e politica, pri-ma ancora che urbana e architettonica e

come, proprio nel labile significato delpossedere collettivamente, si collochi ilconfine tra una cultura del progetto cheelargisce al cittadino spazi architettoni-camente definiti a cui attribuire funzio-ni e una che chiede al cittadino di parte-cipare attivamente alla sua realizzazionesecondo un programma prestabilito.

Corti dell’Ensanche a Barcellona A Barcellona è da più di trent’anni che lariqualificazione dello spazio pubblicorappresenta una strategia sostenuta del-l’amministrazione per dimostrare come,attraverso una efficace gestione degli in-terventi e la concertazione pubblico/pri-vato, sia possibile ridare credibilità e le-

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CONDIVIDERE GLI SPAZI (PIÙ) “INTIMI”DELLA CITTÀCaterina Padoa Schioppa,Francesca Rossi

I diversi modelli di Barcellona e di Parigi per riscattare spazi urbani nonedificati, territori della città privi di una specifica progettazione eprogrammazione, declinando il concetto di condivisione.

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Ea cura di Mariateresa Aprile e Claudia Mattogno

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gittimità alle politiche di trasformazioneurbana.Un costante impegno a soddisfare leaspettative dei suoi abitanti che a Barcel-lona è divenuta pratica ordinaria e con-divisa, in grado di mantenere costante laqualità degli interventi e promuoverequotidianamente l’appartenenza dei cit-tadini a quegli stessi spazi, luoghi ed usiriqualificati.Questo ha generato nel tempo un con-senso diffuso intorno al progetto di cittàe ha prodotto un effetto moltiplicatore,cioè di autorigenerazione delle risorse edelle azioni, in grado di mantenere co-stante il livello di attenzione sociale e so-prattutto di costituire, per la densità de-gli interventi, quella “massa critica” in-dispensabile a rendere la riqualificazionepercepibile e riconoscibile da tutti. Così dopo essersi riappropriata di spiag-ge, strade, aree industriali, spazi residua-li, Barcellona rivolge la propria attenzio-ne a spazi più interni, le corti delle man-zanas (gli isolati) dell’Ensanche di Cer-dà, luoghi consolidati nell’immaginedella grande espansione urbana e perquesto fortemente legati alla memoriacollettiva. Il programma di riqualificazione di que-ste aree – inserito in una politica che dametà degli anni novanta punta alla rivi-talizzazione dell’intero impianto otto-centesco - viene gestito dal 1996 dallaProEixample, una società a capitale mi-sto (circa il 62% di proprietà comunale eil rimanente capillarmente distribuitotra attori privati) incaricata di indirizza-re le risorse necessarie per la realizzazio-ne dei progetti.Il processo di attuazione risulta piutto-sto complesso, ma l’idea di base è molto

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Pagina a fianco:• Barcellona - l'Ensanche di Cerda

In questa pagina, dall’alto:• Barcellona - una corte prima e dopo il recupero• Barcellona -Jardins d'Ermessenda de

Carcassona

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semplice: riqualificare le corti di Cerdàattraverso investimenti relativamentemodesti e convertirle in giardini e piazzedestinati alla città. Le corti vengono sele-zionate con attenzione, sia per il grado didifficoltà dell’operazione, legato princi-palmente alle dimensioni, al numero deiproprietari coinvolti, al livello di accessi-bilità, sia per la loro localizzazione nel-l’Ensanche. Il programma prevede, in-fatti, che da ciascun isolato sia possibileraggiungere uno di questi spazi a piedied in pochi minuti, cioè a meno di 200metri di distanza. In un secondo momento viene definitoil meccanismo migliore per acquisire ilterreno, privato e in qualche caso occu-pato da attività in disuso, attraversol’utilizzo del capitale sociale della ProEi-xample o il coinvolgimento di promoto-ri immobiliari o ancora la formazione distrumenti urbanistici che facilitino il re-cupero delle aree in oggetto; infine vienerealizzato il progetto, che spesso prevedela realizzazione di essenziali servizi diquartiere, affidato internamente alla So-

cietà o esternamente, attraverso un ban-do di concorso.Ad oggi le nuove corti-giardino arrivanogià a quaranta, ben distribuite nei diver-si distretti dell’Ensanche, che consegna-no all’uso pubblico una superficie di piùdi 85 mila mq. Spazi guadagnati, sot-tratti all’incuria e all’abuso, che messi inrete hanno la capacità di trasformare ra-dicalmente la qualità di un centro urba-no denso e carente di aree verdi. Sonogiardini raccolti, in cui condividere sem-plici attività quotidiane, protetti dal ru-more della strada. Sono spazi che, graziea veri e propri itinerari di visita, svelanoluoghi urbani prima dimenticati, e resti-tuiscono, ai visitatori, l’idea originaria diCerdà e la concezione stessa del pianodell’Ensanche. Un’idea che, prevedendol’edificazione solo su due lati della man-zana, garantiva la presenza di spazi pub-blici all’interno dei luoghi dell’abitare estabiliva, attraverso la diversa combina-zione dei vuoti e dei pieni, la differenzia-zione degli usi in un tessuto apparente-mente ripetitivo.

Jardins partagés a ParigiL’esperienza francese dei jardins parta-gés, ovvero dei giardini condivisi, si inse-risce all’interno di una consolidata tradi-zione, che ha ragioni politiche e socialiprima ancora che ambientali. I jardins ouvriers ribattezzati più tardijardins familiaux alla fine dell’Ottocentonascevano come strumento per calmie-rare le vite costrette e oppresse dei faci-norosi quartieri operai nelle grandi città,come Parigi, Marsiglia, Lione e tante al-tre.Questo carattere di natura compensatriceche soddisfa il bisogno primario di un ri-torno alle radici, in cui la relazione con laterra è gestuale e generativa è ciò che, adistanza di più di un secolo, qualifica og-gi i jardins partagés. Un bisogno che, da-ta la particolare conformazione geo-morfologica della capitale francese –un’area metropolitana che si estende percentinaia di chilometri lungo una pia-nura e che nel suo espandersi incontrapochi ostacoli naturali – sembra ancoraessere di grande attualità.

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E • Parigi- localizzazione deiJardines partage

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Così nasce nel 2002 la Charte Main Ver-te, la prima carta che ufficialmente stabi-lisce le regole per concorrere alla gestionee alla trasformazione in giardini condivisidi aree del Comune – o di altri enti pub-blici come le Ferrovie – abbandonate, ob-solete, inghiottite dagli arbusti. Concepi-ta all’indomani di alcune esperienzespontanee molto riuscite, tale strategia diriqualificazione urbana ha permesso nel-l’arco di pochi anni di collezionare più di50 giardini di quartiere, collocati tra i pa-lazzi, nelle corti interne o ai margini deiparchi comunali. E sul modello pariginohanno agito molte altre città francesi.È dunque intenzionale il desiderio di so-stituire ad una politica monodirezionaledella prescrizione e della programma-zione di eventi e di cultura, una politicapartecipativa che incoraggia fenomenispontanei di auto-organizzazione, e nonper ragioni meramente filantropiche.Mantenere, infatti, i cosiddetti vuoti ur-bani, che possono essere interstizi in di-suso ma anche grandi parchi, il cui de-grado spesso diventa ricettacolo di vio-

lenze, è a lungo termine un costo impor-tante per le amministrazioni locali.Con un piccolo investimento iniziale,che come nel caso di Parigi può variaredai 20 ai 60 mila euro, in funzione delladimensione dell’intervento (sempre aParigi si va da un minimo di 70 mq adun massimo di 1.000 mq), tali spazi ven-gono presi in gestione da associazioni diquartiere che si incaricano della pulizia,dell’organizzazione di attività di agricol-tura e di eventi aperti a tutti, adeguata-mente segnalati e pubblicizzati (ne è pre-visto almeno uno a stagione). Uno scam-bio dunque in cui il Comune, approvatoil progetto dell’associazione, procura ilnecessaire, cioè la terra vegetale, l’allac-ciamento all’acqua e una recinzione, incambio di una seria assunzione di re-sponsabilità da parte dei cittadini ad ani-mare e rendere proficui questi luoghi.Nel programma di attuazione di questarete di orti urbani, come già nei prece-denti ottocenteschi, è molto forte il va-lore pedagogico ed etico. Essi non sonosolo luoghi per la coltivazione di prodot-

ti – vigorosamente a gestione ecologica,come ribadisce il regolamento – ma sitrasformano in spazi dove rafforzare lerelazioni, le condivisioni, la solidarietàtra cittadini. Si usa in questo modo lapratica del giardino condiviso come oc-casione per un’educazione alimentare,ambientale e sociale: “il giardino comemezzo non come fine” (cita la Carta).Un mezzo per trasfigurare le molteplicibarriere che la città multietnica puòcreare, anche tra vicini, in opportunitàdi scambi materiali e di saperi.

Imitare e adattare modelli Questi due modelli rappresentano undiverso modo di riscattare gli spazi urba-ni non edificati e di declinare il concettodi condivisione. Entrambi però sono larisposta forse più adeguata e al tempostesso intelligente per reagire ad una cri-si economica – europea e mondiale – chelimita enormemente le risorse materiali,ma che non priva della capacità di in-ventarsi modi nuovi di trasformare i ter-reni incerti della città.Ricercare in quegli infiniti luoghi sfug-giti alla pianificazione – caratterizzatidalla prossimità e dalla “familiarità” –quella giusta dimensione dove coltivarela propria coscienza cittadina lascia an-cora aperta la strada a molteplici modi,non necessariamente alternativi, di pro-gettare e trasformare il territorio.

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Dall’alto in senso orario:• Jardin Charles Peguy• Jardin partage a Gentilly (Val-de-Marne)• Jardin partage Auguste Renoir• Jardin partage nel parco Clichy Batignolles• Jardins familiaux Versailles

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A l-Qahirah, il Cairo, con isuoi oltre 17 milioni di abi-tanti, musulmani per il 94%,è la metropoli più grande del

mondo arabo, oltre ad essere il più auto-revole centro religioso di tutto l’islami-smo sunnita, grazie alla presenza dellamoschea di Al-Azhar, costruita oltremille anni fa da uno degli ultimi califfifatimidi.Ma il Cairo è anche la metropoli più po-polosa del continente africano, capitaledi un Egitto che detiene il tasso di indu-strializzazione più alto dopo il Sud Afri-ca, grazie allo sfruttamento dell’energiaidrica e al petrolio del Sinai, ma con iltriste primato di avere oltre il 3% dellapopolazione sotto la soglia di povertà,con meno di un dollaro al giorno.

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IL CAIRO TRA PASSATO E FUTUROCarmelo G. Severino

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a cura di Claudia Mattogno

LEGGERE LA CITTÀ ATTRAVERSO TESTILETTERARI, FOTOGRAFIE, FILMATI, CON LOSCOPO DI “DISVELARE ASPETTI INCONSUETI,CONTRADDIZIONI E INEDITA BELLEZZA,CAPOVOLGERE I LUOGHI COMUNI, FAREMERGERE IL SIGNIFICATO DELLO SPAZIOFISICO E DEGLI USI”, RIPRODURRE UNAVISIONE, UNA SENSAZIONE.

Dall’alto:• La città compatta vista dalla Cittadella al-Qalaa• Cairo islamico: la moschea di al-Azhar

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Se l’immagine del Cairo islamico – dellacittà dai mille minareti, con le sue portemonumentali, la Cittadella Al-Qalaa edun tessuto compatto di moschee e edifi-ci realizzati durante il regno dei Mame-lucchi – è preponderante, non è però to-talizzante perché la città continua a mo-strare le sue diverse anime, stratificatenello spessore della sua storia millenaria.E così il Cairo antico rappresenta la città

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Dall’alto e da sinistra:• La moschea di Mohammed Alì, alla Cittadella

al-Qalaa, che domina il Cairo islamico• Il Cairo in un disegno della seconda metà del

Cinquecento. Da Braun&Hogenberg, Civitatesorbis terrarum, 1572

• La piramide di Cheope nel disordine dellaperiferia di Giza

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copta con le sue storiche chiese cristiane,formatasi nel periodo pre-islamico, rac-chiusa ancora all’interno delle mura diBabilonia, la fortezza romana posta sullariva destra del Nilo, nella zona di transi-zione tra medio e basso Egitto, così co-me Cairo centro rappresenta il Cairo eu-ropeo, costruito a partire dal 1863 quan-do il Khedive Ismail mise in atto la suaidea di città moderna ispirandosi alla Pa-rigi del tempo, realizzando intorno aMidan Ismailia, oggi Midan Tahir/piaz-za della Liberazione, un nuovo organi-smo urbano con lunghi viali, ampi spaziaperti e palazzi dalle evidenti influenzeeuropee, cui si affiancarono ben prestocostruzioni dai delicati motivi islamici. Se il Cairo copto, il Cairo islamico ed ilCairo europeo, senza soluzione di conti-nuità, rappresentano il centro dell’ag-glomerato urbano, l’intenso processo diurbanizzazione degli ultimi decenni neha però dilatato i confini ed attualmentel’area metropolitana, estendendosi per457 kmq, racchiude anche le città di Gi-za, di Imbaba e di Heliopolis, occupan-do la riva sinistra del Nilo, ad occidente,inoltrandosi con i suoi popolosi sobbor-ghi in territorio desertico per inglobarel’altopiano di Giza con le piramidi, luo-go di sepoltura dei faraoni di Menfi,mentre sul versante orientale é giunto aridosso del Gebel-el Muqattam, inse-diandosi lungo le pendici del monte chedomina l’area urbana. Il Cairo, oggi, vive un periodo di forti

tensioni politiche e sociali. Lasciatasi al-le spalle la rivoluzione di Nasser che abo-lì nel 1952 la monarchia, superato quelregime militare, “in cui anticoloniali-smo e spinta moralizzatrice si intreccia-vano con qualche vago programma so-cialista”, la città è oggi alla ricerca di unasua più vera identità all’interno del va-riegato mondo islamico, in lotta peruscire dalla povertà, in una situazione dicontinua tensione per il perdurare delconflitto israelo-palestinese. Ma il Cairoelegante e cosmopolita della prima metàdel Novecento, che vide vivere insiemefrancesi, inglesi, italiani, spagnoli, greci,armeni, svizzeri e russi, da cui partire perrealizzare una originale via egiziana allamodernità, non esiste più perché ilputsch del 1952, in nome del riscattodelle masse popolari, con “il sistema feu-dale” eliminò anche la borghesia cairotaritenuta succube dell’influenza culturaleeuropea. Ed Il Cairo, allora, memore del suograndioso passato più lontano, verso cuigravita l’interesse del mondo intero, re-cupera l’antica civiltà che si sviluppò peroltre tremila anni sotto il dominio ditrenta dinastie di faraoni; e poiché il mu-seo nazionale egizio è ormai obsoleto,ecco l’idea di realizzare il Grand Egyp-tian Museum, su progetto di Róisín He-neghan e Shi-Fu Peng, vincitori del con-corso internazionale. Nel 2011, final-mente, la nuova struttura museale saràcompletata, a Giza, in un sito posto a

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A sinistra, dall’alto:• Visione notturna della Torre del Cairo con le

luci cangianti ad intermittenza • Waterfront del Nilo (riva occidentale) visto dai

giardini dell’Hard Rock Café a Garden CityA destra, dall’alto:• Il Grand Egyptian Museum a Giza. Progetto

dello studio cino-irlandese Shi-Fu Peng e RóisínHeneghan

• Il complesso dell’opera House con la Torre delCairo (187 metri) a Gezira. In primo piano ilKubri-at-Tahrir

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pochi chilometri dalla piramide diCheope. Il GEM, concepito come im-portante polarità urbana, non solo luo-go di conservazione e di tutela ma luogodi cultura e di interfaccia con la comuni-tà dei visitatori, con le sue strutture e gliampi spazi verdi, viene pensato comeluogo di transizione tra “i due orizzon-ti”, quelli della città e quelli delle antichepiramidi, in grado di conciliare moder-nità e antichità e di imporsi nel segno

della trasparenza delle grandi facciate dialabastro. L’involucro strutturale, infat-ti, “basato su linee proiettate nello spa-zio tridimensionale”, con la coperturache funge da elemento di continuità, hale facciate rivestite in pietra traslucidache di giorno si uniformeranno all’alto-piano desertico mentre di notte evoche-ranno, per luminosità, le bianche pietredi calcare che un tempo rivestivano le pi-ramidi.

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Dall’alto in senso antiorario:• Cairo islamico: il Bazar di Khan el-Khalili• Il Nilo (ramo del Sayyalet ar-Rhode) tra Sharia

Cornich el-Nil e Sharia As Sarsy (isola di ElManyal)

• Il quartiere di El Dokki, in riva sinistra del Nilo.In primo piano il blocco edificato delloSheraton Hotel

• Il Nilo• L’Egyptian Museum (1863) di Midan Tarhir, nel

cuore del Cairo europeo

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Expo diShanghai 2010

L’Expo di Shanghai 2010 con ilsuo leitmotiv “Better city, betterlife” (una città migliore per unavita migliore), affronta temi dicarattere universale conargomenti rilevanti comel’utilizzo ottimale dei progressidella scienza e della tecnologiao il rapporto tra città ecampagna, in un confrontofattivo che la Cina perseguecon il resto del mondo.Lo Studio Mario Occhiuto ecollaboratori ha realizzato, inoccasione dell’Expo, una seriedi padiglioni recuperati dastrutture industriali. Il progetto érisultato vincitore in unconcorso ristretto fra architettiitaliani, indetto dalla ShanghaiWorld Expo Land Holding Co.,in accordo con il nostroMinistero dell’Ambiente, Sitratta anche in questo caso,

come per il progetto MoA delMinistero dell’Ambiente aPechino (v. AR 86/09), di unprogetto mirato ad unaprofonda sostenibilità che qui èstata indirizzata al recuperoambientale di una serie di ex-padiglioni industriali all’internodella “Best urban practicesarea” (Ubpa) dell’EsposizioneUniversale, in modo da renderliinnovativi e trasformarli inedifici dal forte significatodimostrativo. Colpisce subito,nel rivestimento che avvolge inmodo uniforme le facciate con5.500 mq di grandi lastre dicotto, una evidente ispirazionealla tradizione antichissima delcoccio pesto di Pompei. Lapresenza di un rivestimento incotto, in parte traforato ed inparte intatto, permette infatti diconciliare le esigenze di

climatizzazione per usofieristico e le sceltearchitettoniche. La copertura haun doppio uso: quando sidistacca dall’edificio, crea unospazio sufficiente per collocarviuna passerella sospesa a climamitigato (le lastre traforatefunzionano di per sé dafrangisole, permettendo diottenere un’illuminazionenaturale ed una correttaventilazione); quando è acontatto con l’edificio, invece, ilrivestimento in cotto diventaparte integrante del pacchettomurario, sovrapponendosi a“cappotto” alle muratureesistenti, integrandole, quindi, emigliorandone l’isolamento. Inoltre il rivestimento,avvolgendo le facciate, ha lapossibilità di schermare i raggisolari, lasciando spazio al

gioco di luci ed ombre e aduna sensazione diintrospezione ed apertura.Coadiuvato da un sistema diilluminazione a basso consumo,il rivestimento diventa unasuggestiva facciata luminosa ouno schermo per proiezioni. Il manufatto industriale vienecosì “rispettato nella struttura e

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nella forma”, custodendo lamemoria del luogo, che vieneperò reinterpretata, in chiavemoderna e tecnologica, dallastruttura appunto delle grandilastre di cotto (di 120cm X120cm) che, creando unrivestimento uniforme,rispettano la sagoma originalepur preservando aperture evisibilità.Tra le soluzioni proposte è daevidenziare l’attentoprogramma di risparmioenergetico, che va daipannelli fotovoltaici sulle faldedel tetto esposte a sud, ai taglivetrati su quelle a nord, permigliorare la diffusione dellaluce all’interno, ed allaadozione di particolari “tendecoprenti”. Una “vestemetallica”, come una sorta di“pelle” avvolgente,inossidabile e multifunzionale,avvolge l’edificio, migliorandole condizioni termichedell’involucro.Il progetto ha previsto ancheun padiglione ex-novo per iservizi d’accoglienza di tuttal’area della Ubpa, estesa su15,12 ettari.Questi pertanto i principifondamentali che hannoregolato la progettazione: ilmantenimento della formaoriginale e la creazione di unrivestimento di facciatariconoscibile, estetico efunzionale che ne accentuil’identità; sostenibilitàambientale e ottimizzazionedegli impianti; integrazionecon il contesto, realizzataattraverso la progettazione diun nuovo edificio per servizi,fortemente relazionato con lapiazza antistante e ipadiglioni, che migliori lavivibilità degli spazi;flessibilità funzionale edistributiva, ottenuta con unnuovo centro servizi logistici eil recupero del carroponte;l’accessibilità, resa possibiledalla facilità dei percorsi.

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Siena:da Jacopo della Quercia a DonatelloLa mostra “Da Jacopo dellaQuercia a Donatello. Le arti aSiena nel primo Rinascimento”offre la conoscenza dell’universoartistico del primo Rinascimentosenese attraverso dipinti perdevozione privata, cofani,cassoni e un significativo nucleodi codici miniati, oltre che unaserie di preziosi e rari manufattitessili quattrocenteschi ed anchealcuni altaroli. Particolarmenteinteressante, nell’ambito di unamostra che si presentaestremamente affascinantenell’allestimento scenograficodelle stupende sculture(policrome lignee e marmoree),é la presenza di alcuni disegnitecnici originali, facenti parte del

Codice “De ingeneis” (1419-1450/’53). In particolare sipossono ammirare i disegnidel “Taccola” (il seneseMariano di Jacopo vissuto trail 1381 e il 1458?) relativi atecniche di sollevamento e dicanalizzazione delle acque. È presente anche un resocontocomunicato al Taccoladall’architetto fiorentinoFilippo Brunelleschi in meritoalla realizzazione di lavori discavo e di fortificazioni, conparticolare attenzione allecostruzioni che devonosorgere sulle rive di corsid’acqua”. Altri disegni dimateria tecnica sono offerti alvisitatore nelle grandi techedell’allestimento e sono daconsiderare come autografi diFrancesco di Giorgio che futra l’altro fra i sicuri possessoridel Codice. Dal 26 marzo all’11 luglio2010, Siena sarà dunque alcentro di questo importanteavvenimento culturale consede principale nel Complesso

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L’ITALIA ALL’EXPO DI SHANGHAI

Del padiglione italiano aShanghai, realizzato suprogetto dell’architettoGiampaolo Imbrighi,vincitore del concorso diidee bandito nel 2008, vasottolineato come sia statostudiato in modo darealizzare un complessodi per se stesso“bioclimatico” in cui:“esposizione, schermatureed accumuli termici” sibasassero sull’attentostudio dei “processi dellanatura più che sullemacchine tese ariscaldare, rinfrescare eilluminare”.Da tale punto di vistoecco che l’atrio viene arappresentare, comemicroclima, una “zona ditransizione formata da unvolume di cristallo, chesfrutta le radiazioni solarinei periodi freddi e ilraffrescamento neiperiodi caldi”.Il sistema dicondizionamento inoltresfrutta la convezione dicorrenti d’aria, rinfrescatada un flusso continuo diacqua. L’aria calda vieneconvogliata verso l’alto edestratta naturalmente,sfruttando il principiodell’effetto camino. Ilcondizionamento naturalenon è limitato all’atrio,ma interessa l’interoedificio, grazie ai taglinella facciata chefunzionano da galleriedel vento. Un sistema asecco realizzato con unastruttura portante inacciaio rende ilpadiglionecompletamentesmontabile, così comerichiesto dal bando.

A Siena, oltre a S.Maria della Scala, la grande mostra è allestita anchenella cripta del Duomo

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Museale di Santa Maria dellaScala e il Museo dell’OperaMetropolitana, mentre intorno aSiena, da San Gimignano, aBuonconvento, da Pienza aMontalcino, da Asciano a

Castiglione d’Orcia fino aMontepulciano, si potrannoammirare ben sette sezioniubicate nei musei del territoriodai quali provengono unaparte consistente deicapolavori presentati. Si intende così farcomprendere il profondolegame fra le opere d’arte e lacultura che le ha prodotte,mentre si scoprono lesorprendenti testimonianze delQuattrocento in un viaggioattraverso le terre di Siena.L’iniziativa é stata promossadal Comune di Siena e dallaFondazione Monte dei Paschi,coordinata da Vernice ProgettiCulturali srl, ed è frutto di unariuscita collaborazione fraalcune istituzioni senesi qualil’Opera della Metropolitana, laSoprintendenza per ilPatrimonio Storico Artistico e laFondazione Musei Senesi che,con APT Siena e APTChianciano Terme Val diChiana, hanno reso possibileanche un ottimo abbinamentoalla mostra degli itineraritematici nel territorio.Si pensi come, già a pochichilometri da quel miracolo diequilibrio di spazi e volumi,che è la piazza di Pienza, unaltro significativo esempio diarchitettura del PrimoRinascimento si può ammirarenella facciata del PalazzoComunale di Montepulciano.Segnaliamo comunque come lamostra di Siena, da un primoQuattrocento fedele ancoraalla tradizione di SimoneMartini e dei Lorenzetti, aprala visione su Jacopo dellaQuercia e Donatello, artisti che“avviarono la città sulla via delRinascimento”. Curata da Max Seidel,l’esposizione si avvale di unprezioso Catalogo (FedericoMotta editore), arricchito daun’ampia successione di saggi,firmati dai più eminenti studiosidel periodo.

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Il tesoro diMorgantinaArgenti del III secolo a. C. da New York alla Sicilia,passando per Roma.

Era l’anno 1984 quando ilMetropolitan Museum di NewYork annunciò con grandeclamore l’acquisizione di 16oggetti, risalenti al III secoloa.C., ritenuti “tra i più raffinatiargenti ellenistici noti dalla

Magna Grecia”, indicandonegenericamente la provenienzada Taranto o dalla Siciliaorientale, dichiarandonel’acquisto (con una spesa di2.700.000 dollari) dalcommerciante Robert Hechtnegli anni 1981-1982, e 1984. In seguito però le accurateindagini condotte dal NucleoTutela Patrimonio Culturale deiCarabinieri, insieme allericerche archeologiche condotteda Malcolm Bell III e agli studispecialistici di Pier Giovanni

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Pisside conpersonificazionea rilievo

Dettaglio di piede di coppa in forma di maschera teatrale

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Guzzo, hanno reso possibilel’identificazione dellaprovenienza degli oggetti dascavi clandestini nell’antica cittàsiculo-greca di Morgantina,oggetti che manifestavano unastoria molto complessa che sipuò riconoscere solo adesso chesono tornati da New York e sipossono, nonostante un inizialeproblema di nomi, attribuire allaproprietà di un individuospecifico.Si è trattato quindi di unrecupero molto importante, con

cui la Sovrintendenza B.C. hainiziato la contestualizzazioneinsieme con l’archeologo Bell,portando così l’attenzione delgrande pubblico su Morgantina,una città poco nota rispetto amolte altre del centro-Sicilia,ma del tutto particolare.Tre i lotti di materiale provenientida Morgantina, davverostraordinari per esecuzione,profilo formale e valenzastorica, che rappresentano igradi d’eccellenza di unaproduzione che ci è pervenuta

nella sua estensione, con ungrado di conservazione quasitotale, che ha rivelato anche unanotevole importanza non solodal punto di vista urbanistico,ma anche per gli aspetti di vitasociale e culturale che sottende.Situata non lontano dalla bennota Villa Romana del Casale,una attenzione polarizzatrice haassunto la contestualizzazioneassolutamente moderna einnovativa basata sul colloquio,gli incontri, l’affermazionefinale dei diritti, portandol’interesse, al di là dei mercantid’arte, sulla popolazione, chediventa così “protagonista” einteressata direttamente alritrovamento delle opere d’arte,legate al proprio contestoterritoriale. Curata da Angelo Bottini e RitaParis, la mostra, è statapromossa dalla SoprintendenzaSpeciale per i Beni Archeologicidi Roma, in collaborazione conElecta ed è stata allestita pressoil Museo Nazionale Romano inPalazzo Massimo, a curadell’architetto Carlo Celia (conStefano Cacciapaglia e MonicaCola).La mostra espone i 16 oggettidel tesoro di Morgantinarealizzati in argento dorato,alcuni composti da piùelementi. I pezzi sono diproduzione e cronologiadiverse, forse acquisitiprogressivamente, passando dimano, tesaurizzati e infineraccolti per essere nascosti.Nove degli oggetti sembranodestinati al simposio: le duegrandi coppe (mastoi) con piedia forma di maschere teatralidovevano servire, secondo l’usogreco, a mescolare il vino conl’acqua e con altre sostanzearomatiche; la brocchetta (olpe)e l’attingitoio (kyathos) aservirlo, infine, le quattro coppe(tre con medaglione sul fondo,una con decorazione a reticolo)e la tazza a due anse(skyphos), a berlo.Dalla relazione al progetto di

allestimento, riportiamo alcunipunti essenziali di un interventoche ha scelto: “...la strada della‘sottrazione’, e della massimasemplicità: “Si è scelto di fargalleggiare gli oggetti nel nero,annullando ogni altrainterferenza visiva, e cromatica.Sfruttando vecchi trucchi teatralied espedienti derivati dagli studisulla fisiologia della percezione,abbiamo creato un sistema nelquale il visitatore viene prima‘allenato’ al buio con il gioco dicontroluce nell’ombra cinese, epoi accompagnato da unasottile linea luminosa nelpercorso espositivo”. “Le opere all’interno dellevetrine sono illuminate dasorgenti led, opportunamentenascoste, il cui fascio è statovolta per volta regolato perintensità, apertura e direzioneper ‘bagnare’ di luce gli oggettie sottolinearne i rilievi ed idettagli; la temperatura coloredi 3000-3200°K (warm-white)ha permesso di compensare latendenza dell’argento di virareverso i toni freddi. Il panno neroed il vetro di sicurezzaextrachiaro, infine, hannoeliminato ogni interferenzacromatica”. “Una piccola mostra (in tuttosolo 45 metri quadrati) di pochipezzi, a basso consumoenergetico, pensata e realizzatain pochissimo tempo e conrisorse ridotte, ma che harichiesto l’impegno congiunto dimolte professionalità: architetti egrafici, fotografi, restauratori,archeologi, per un risultatoefficace in cui gli oggetti espostisono i protagonisti assoluti. Leesigenze di conservazione sonostate risolte con un sistemapassivo di controllo dell’umidità;anche la tecnologia led dellesorgenti luminose ha contribuitoa mantenere bassa latemperatura all’interno dellevetrine ed ha consentito dicontenere il consumo energeticodella mostra sotto i 2 Kilowatt”.

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Medaglione raffigurante Scilla

Bomiskos inargento confregio dorico

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L’Età dellaConquista. Il fascinodell’arte greca a Roma

Si è aperta nelle sale dei MuseiCapitolini, la prima rassegnadel progetto quinquennale “IGiorni di Roma”, una grandemostra sull’arte antica greca eromana, che si svilupperà tra il2010 e il 2014.Se la seconda mostra,“Costruire un Impero”, previstaper il 2011, saràparticolarmente interessante, inquanto focalizzata su forme elinguaggi dell’architettura, perfar conoscere quali siano statele precise scelte di strategiapolitica, oltre alla differentecapacità economica deicommittenti, certamente anchela prima, “L’Età della Conquista.I Giorni di Roma”, offre,nell’allestimento di MargheritaPalli, una acuta riflessione sugliultimi secoli della Repubblica,segnati da profondicambiamenti geopolitici, chesovvertirono gli equilibriconsolidati di tutto ilMediterraneo.Curata da Eugenio La Rocca eClaudio Parisi Presicce, lamostra abbraccia un arco ditempo di trecento anni: dal III alI secolo a.C. ed è statapromossa dal Comune di Roma,Assessorato alle PoliticheCulturali e della Comunicazione- Sovraintendenza ai BeniCulturali; dal Ministero per iBeni e le Attività Culturali, conla collaborazione delle BancheTesoriere del Comune di Roma eorganizzata da Zètema ProgettoCultura e MondoMostre.Il 2012 vedrà l’apertura dellaterza mostra “Il Volto deiPotenti”, che svelerà il ritratto diRoma tra Repubblica e Impero. Di seguito, nel 2013, “L’Età

dell’Equilibrio” tratterà dell’arteromana durante il Principato diTraiano e di Adriano ed achiudere la rassegna nel 2014sarà la mostra “L’Etàdell’Angoscia” conl’illustrazione dell’arte romanatra Marco Aurelio eDiocleziano, che permetterà diaccostarsi in maniera compiutaai grandi cambiamenti dell’etàcompresa tra i regni di questidue imperatori.Uno straordinario cicloespositivo dunque che ci

restituisce la ricchezza di luoghie di epoche prodigiosamenteconservate come testimonianzadella memoria di una civiltàmillenaria, nella suastratificazione culturale, storica,antropologica, che ha dato vita

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A fianco, dall’alto:- Testa colossale di divinità, seconda

metà del II secolo a.C.- Busto di giovane atleta, intorno

alla metà del I secolo a.C.- Fontana a forma di rhyton,

Età augustea- Dea fittile in trono, III-II secolo a.C.

Giunone Cesi, secondoquarto del II secolo a.C.

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a un patrimonio archeologico,monumentale e artistico che, daiconfini dell’Impero romano, si èesteso in vari continenti, facendodi Roma una città di civiltà e artedi respiro globale.Sono presenti opere di unperiodo tra i più “innovativi edoriginali per l’intero sviluppodell’arte occidentale: quellosuccessivo alle campagne diconquista in Grecia, dalla finedel III secolo alla seconda metàdel I a.C, uno dei momentifondamentali per la futuraidentità culturale e artisticaromana, non solo dell’etàrepubblicana”. Attraverso la visione diimponenti statue in marmo,raffinate opere in bronzo eterracotta, interi cicli scultorei,fregi ed elementi di arredodomestico in bronzo e argento,del più alto valore stilistico, viene“narrata un’epoca di profondicambiamenti nei canoni stilisticie sul gusto estetico della Romaantica: un periodo in cuil’influenza ellenica diventapreponderante fino acoinvolgere completamente ilmondo culturale romano”. Quattro le sezioni in cui siarticola la mostra; in particolarela seconda sezione è dedicataai Monumenti onorari, con cuiveniva dato grande risalto allafigura del vincitore,rappresentato in abiti militari,corazza, mantello e lungoscettro. Dal II sec. a.C. sidiffondono nel mondo italicosoluzioni figurative nuove: i corpisono nudi, in posa autorevole,capaci da soli di esprimere lequalità e il carisma dellapersona onorata. È il caso dellestatue, splendide, dei duegenerali da Formia, da Cassino(al Museo di Napoli) o da Foruli(al Museo di Chieti). Oggisoltanto di pochi tra i più noticondottieri di età repubblicana(Pompeo, Cesare, Ottaviano),esistono ritratti accertati graziealle riproduzioni sulle monete. Interessante, dal punto vista

sociale, la terza sezione, daltitolo “Vivere alla Greca”perché offre un importanteapprofondimento di quello chefu l’affermarsi del gusto greco inogni ambito del vivere e inparticolare sugli arredidomestici come candelieri,tavoli, crateri, vasellameprezioso e statue provenienti dalMuseo di Palestrina e dalla casadi Giulio Polibio a Pompei, alMuseo di Napoli. Infine, unaquarta sezione, dedicata aiCostumi funerari, mette in lucecome i romani fossero moltomeno influenzati dal mondogreco e mantenessero salda lapropria tradizione,assolutamente “romana”, comesi vede ad esempio nel rilievofunerario dalla via Appia aRoma e i loro volti, rugosi escavati, sono quelli dei vecchidella Repubblica Romana.

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Sopra: Fanciullo che si toglie unaspina dal piede, detto Spinario, Età cesariana o proto augusteaSotto: Frontone di Luni, secondoventicinquennio del II sec. a.C.

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“SITI”: una mostra, un libro e una rivistaNelle prestigiose sale di Villad’Este a Tivoli è stata allestitauna interessante mostrafotografica “Il paesaggio de-scritto. Luoghi ItalianiPatrimonio dell’UNESCO”, chesi può a buon titolo considerarela più grande mostrafotografica mai realizzatadedicata ai 44 Siti italianiinseriti nella Lista del PatrimonioMondiale dell’Umanità. Contemporaneamente è uscitoun nuovo numero della rivista“Siti”, in una vestecompletamente rinnovata, siadal punto di vista editoriale e

grafico, che per quantoconcerne i contenuti.La mostra di Tivoli ha espostoil lavoro di Luca Capuano, ilfotografo che ebbe l’incaricodi compiere una ricercaiconografica completa sulPatrimonio italiano, ricercache egli ha portato acompimento, nell’arco di novemesi, realizzando migliaia diimmagini, in una sorta diGrand Tour contemporaneo.È stata scelta una selezione dioltre 450 immagini, in gradodi dare vita ad unadocumentazione accuratasullo stato dell’arte dei luoghifacenti parte della Lista inItalia. I centri storici, i monumenti piùcelebri e le preziose localitàspesso poco conosciute dalgrande pubblico, dalleDolomiti alla Sicilia, vengonoillustrate con un linguaggioiconografico particolare eunico, reale documento eaccurata rappresentazionedella contemporaneità, resaviva dalla sensibilità eprofessionalità di un abile

“fotografo dell’architettura”,rigoroso nelle prospettive enella ricerca sugli spazi, cheha saputo mediare, con la suainterpretazione, “la necessitàdi una filologia di unPatrimonio, costituitosi nelproprio tempo” ed il suopercorso storico, i suoisignificati originali, esoprattutto il rapportoespressivo che esso oggi hacon il presente e devetrasmettere al futuro.La mostra è accompagnata daun catalogo edito per i tipi diLogos distribuito in tutte lelibrerie d’Italia.Promossa e organizzata dalMinistero dei Beni Artistici eCulturali, dall’AssociazioneCittà e Siti Italiani PatrimonioMondiale UNESCO, dalComune di Tivoli e dallaSoprintendenza per i BeniArchitettonici e Paesaggisticiper le Province di Roma,Frosinone, Latina, Rieti eViterbo e con il patrociniodella Commissione NazionaleUNESCO presso il Ministerodegli Esteri, della Regione

Lazio e della Provincia diRoma, la mostra ha potutoavvalersi anche dellacollaborazione della DirezioneRegionale per i Beni Culturalie Paesaggistici del Lazio, dellaSoprintendenza per i BeniArcheologici del Lazio e delComune di Ferrara. La Rivista Siti, organo ufficialedella Associazione Città e Sitiitaliani Unesco (PresidenteClaudio Ricci), sorta nel 2004è ora diretta da Fausto Natali,mentre Carlo Francini è ilCoordinatore del ComitatoScientifico. Essa si presentaoggi con alcune innovazioni,che n e suggellano un primopasso di crescita tecnica escientifica. Innanzitutto, oltrealla prestigiosa edizionecartacea rinnovata, la rivistaha aggiunto anche unaedizione on-line(www.rivistasitiunesco.it), ilcarattere internazionale (larivista è ora divenuta bilingue:italiano-inglese) e la presenzadi nuove sezioni di caratteretecnologico e scientifico. Essasi propone di costituire un

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punto unico di riferimento perle Istituzioni, gli Enti, leAssociazioni, i Centri scientifico-culturali, le imprese e le scuole,per tutto quanto attiene allavariegata tematica legata allatutela e alla conservazione, allamessa in sicurezza e allavalorizzazione dei Siti Unesco.

L.C.Per informazioni:www.rivistasitiunesco.it

CartografiaCatastale al Vittoriano

Una esposizione moltointeressante, al Vittoriano, haproposto una attenta disaminasul lavoro capillare, condotto daitecnici, ai fini dellavisualizzazione della consistenzadel territorio, attraverso lemisurazioni e i rilevi che neltempo hanno potuto usufruire disempre più sofisticate tecnologie,in un “aggiornamento continuo”,che è la caratteristica essenzialedi questo prodotto tecnicoscientifico. Memoria storica dellacontemporanea “Agenzia per ilTerritorio”, l’esposizione si èofferta al pubblico come unmomento da cogliere e unasingolare occasione di studio,considerando come un talesettore della Tecnica, siaassolutamente essenziale perchéfornisce fra l’altro l’unica

rappresentazione cartograficache rappresenti i confini delleproprietà.Quattro le sezioni della mostra,in un momento di bilancio dellavita dei catasti in una serie diesperienze valide per raccontarein modo semplice tutte leprocedure di rappresentazione,al di là dello sviluppo dei tempi,in un prodotto che oggi puòessere anche proiettato nelfuturo.Si inizia con una introduzionealla storia antica: la primasezione, dal VXIII al XIX secolo;la seconda che attraversa ilperiodo dal 1886 al 1956; laterza, che si è occupata dellaConservazione del nuovoCatasto; la IV, che si è occupatadella questione della gestionemoderna e infine la V che si è

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occupata di aspetti generalistorici.Oggi l’Agenzia per il territorio èimpegnata anche nella“conservazione”, con l’utilizzodelle tecniche più moderne erealizza l’informatizzazionedell’intero patrimoniocartografico sia amministrativoche planimetrico, con lapossibilità di fornire tutte leinformazioni per via telematica,ma bisogna comunquesottolineare come le ricercheplanimetriche fossero giàcomunque molto avanzate findagli anni ’30, in quanto furonoquelle le prime ricerche cheutilizzarono ad esempio isistemi dellaaerofotogrammetria,attualizzando anchenell’evolversi dei tempi unastrettissima ed ottima sinergiacon gli Ordini dei professionisti,architetti, ingegneri e geometri. Ed è così che il filo conduttoredella mostra è stato appuntoquello di realizzare uncollegamento tra passato efuturo, ottenuto dai curatoriproprio attraverso lapresentazione al pubblico di uninteressante approfondimentoconoscitivo degli archivicartografici del territorio.La difficoltà maggiore secondo icuratori è stata quella diselezionare un patrimonio tantovasto per dare vita ad unpercorso narrativo didatticodella mostra e ad una migliorepossibilità di avvicinamento alcittadino, ricercando, nellaselezione, un comunelinguaggio in un arco temporaledegli ultimi tre secoli. Perquanto riguarda invece i secoliprecedenti, poiché sarebbe

risultata forse imprecisa unacompleta selezione, è stataeffettuata per la mostra unapanoramica di conoscenza chefosse in grado di dimostrarecome l’impostazione dellacartografia sia stata in effettisempre uguale nel tempo. Einfatti, fin dal periodo prima diCristo ed anche presso popolicivilmente avanzati comel’Egitto, si è verificata l’istanzadi rappresentare il territorio eproprio in Egitto è documentatocome esistesse uno strumentosimile a un decimetro utile per ilrilevamento e la misurazionedei terreni.Molti gli strumenti adottati nellestesure della cartografia finodall’epoca della centuriazioneromana, strumenti anche moltosemplici che servivano per faregli allineamenti, per segnare lesuddivisioni, etc.In una continuità dipresentazione degli strumentidi lettura del territorio, nellacartografia catastale, unica chenasce a contatto con le persone,presenta a volte momenti piùche suggestivi, con tipi dirappresentazioneparticolarmente affascinanti,come quella dei famosi“Cabrei”, una sorta dicataloghi-rappresentazioni delterritorio fatti in epocaprecedente la monarchia.Le informazioni presentate inmostra sono apparseestremamente valide ed intatte emostrano anche come possaessere aumentata la capacitàdivulgativa con la tecnologiaattuale. La legge stabilisce gliadempimenti per coinvolgere ipossessori, le Amministrazionilocali, i Comuni, che lavoranotutti “a porte aperte” e non solodescrivono il territorio, ma neillustrano anche il regime delleproprietà.Emergono i tentativi anchestorici che hanno fatto scaturiresforzi anche superiori alletecnologie dei tempi passati.

L.C.

I disegniarchitettonici di JacomoFranchini

Nella sala storica dellaBiblioteca Comunale degliIntronati in occasione dei 250anni dalla sua fondazione, èstata aperta al pubblico unainteressante mostra sul temadegli “Architetti a Siena”,viaggio nella culturaarchitettonica tra XV e XVIIIsecolo”, che espone fra l’altro ilnotissimo taccuino di Giulianoda Sangallo, i disegni dellacerchia di Baldassarre Peruzziper i portici non realizzati diPiazza del Campo e i progettidi Benedetto GiovannelliOrlandi per la Cappella delVoto nella Cattedrale di Siena.Ma desta particolare interesseun gruppo di preziosi taccuinicon i disegni di un architettomeno noto definito di volta involta “maestro muratore”,“stucchatore”, architettore” o“ingegnerio”. Si tratta diJacomo Franchini (1664?-1736), che svolse nel seneseuna fervida attivitàprofessionale, da vero e proprio“protagonista” nel panoramaarchitettonico della Siena acavallo tra Sei e Settecento. Edè curiosa qualche annotazione

del suo biografo, EttoreRomagnoli, come ad esempioquella che lo criticherebbeconsiderandolo “poco correttonell’architettura perché infettodalla peste borrominesca”,cedendo a “quell’uscire dallaregola” e divenendo “fautoredell’arbitrio”. La mostra di Sienaè scaturita da nuovi studi, chevalorizzano la figura diFranchini, fino ad ora più notacome stuccatore, ma anchecome architetto, sia pure rivoltoad una cosiddetta “architetturaminore”, che invece si manifestacome importante “testimone diun’epoca, forse più prossimaalle vicende quotidiane delcittadino comune” (cf. BrunoMassari in Catalogo dellamostra edito da Silvanaeditoriale). A testimonianza diciò sono da vedere i

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Giuliano da Sangallo, prospettodell’altare Piccolomini nel duomodi Siena

Cerchia di Baldassarre-Peruzzi, progetto per porticare Piazza del Campo

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numerosissimi disegni che egliha lasciato e che costituisconola ricca collezione, raccolta intre album, acquisita dall’AbateGiuseppe Ciaccheri nel 1784.Una serie di disegni di due deitaccuini riconducibile senz’altroal Franchini, attraverso una“nota” apposta dall’AbateCiaccheri in apertura di untesto da lui redatto nel 1784,presenta numerosi schizzi amatita, penna, sanguigna,alcuni anche acquerellati, chesono soprattutto copie da testi astampa sei e settecenteschi diarchitetture romane, che sipresentano come evidenti sceltedi studio e formazione degliarchitetti senesi del periodo, perpoi applicarne i principi aicantieri edili del territoriosenese, in attento equilibrio tra“la spinta verso l’innovazione, ilpeso della tradizione e ilrapporto con le preesistenze”.D’altro canto la scelta diformazione ispirataall’architettura romanacorrispondeva all’orientamentoche aveva assunto in quelperiodo un certo tipo di attivitàche architetti romani diformazione accademicapiuttosto noti svolgevano pressoimportanti famiglie senesi e traessi ad esempio, CarloFontana, “arbitro del gusto aRoma”, il suo discepolo GiovanBattista Contini e AntonioValeri, ultimo allievo delBernini. I disegni dei taccuinisenesi apparirebbero comescaturiti dal rilievo diretto diarchitetture romane facendosupporre un soggiorno romanodell’architetto, tenuto conto fral’altro del fatto che Roma erapur sempre considerata unameta molto ambita, per gliarchitetti, sia perché era la sededell’Accademia di San Luca, siaperché in ogni casorappresentava quell’immaginedi città, che ognuno sognava divedere ed approfondire. Lesuggestioni romane annotatecon rapidi schizzi a matita si

accompagnano infatti, in unodei taccuini, a disegni cheillustrano idee ed appunti perarchitetture senesi in corsod’opera. Infatti il Franchiniappare incaricato, quale“pubblico Ingegniero”, dellarifunzionalizzazione delPalazzo Arcivescovile di Siena.Ma la sua attività non erasoltanto rivolta all’architetturaecclesiastica, ma anzi, dopoessersi dedicato allarealizzazione della sedericreativa del Collegio Tolomeinel prato di Camollia e inPalazzo Nuti, risulta che egliebbe diversi incarichi inimportanti cantieri civili quali:quello dei Palazzi Bichi Ruspoli,Arcivescovile, Sansedoni eChigi Zandonari tra il 1700 e il1724, in un periodo in cuil’attività edilizia in Siena eramolto fervida soprattutto perinterventi dirifunzionalizzazione in chiavepiù rappresentativa, dei palazzidelle nobili famiglie senesi. Èinfatti significativo il fatto chel’ammodernamento di numerosipalazzi senesi, secondo unacerta “moda alla “romana”,nell’ambito di una riaffermatapriorità sociale della nobiltàsenese, coincidesse appunto conuna documentata presenza aSiena di Carlo Fontana. Lamostra e il Catalogo, ricco disaggi ed utili approfondimenti,sono stati curati da DanieleDanesi, Milena Pagni eAnnalisa Pezzo ed offrono unapanoramica molto interessantee innovativa sul particolaremomento vissuto dallaprofessionalità di un architettoche, pur non raggiungendo unagrandissima fama, tuttavialavorò molto in un periodo dirinnovamento della città.Promossa dalla Bibliotecacomunale degli Intronati diSiena, la mostra è statarealizzata con il contributo dellaFondazione Monte dei Paschi diSiena e della Regione Toscana.

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