Anno XII Numero 11 Dicembre 2010

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Anno XII Numero 11 Mensile in A.P. 70% C.P.O. Vicenza Dicembre 2010

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Anno XII - Numero 11 Dicembre 2010

coordinamento editorialeGiovanni CostantinicollaboratoriFilippo LovatoPaolo MeneghiniAndrea ScarparifotoLuca ZanonimpaginazioneGuido Zovicoper le altre foto l’Editore è a disposizione di quanti provassero diritti di Copyright

Periodico di cultura, musica e spettacolodella Società del Quartetto di VicenzaDirettore Resp.: Matteo SalinEditore: Società del Quartetto di VicenzaRedazione: vicolo cieco Retrone, 24 Vicenza - Tel. 0444/543729 Fax 0444/543546http//:www.quartettovicenza.orgemail:[email protected] iscritto al registro Stampa del Tribunale di Vicenza n. 977Stampa: Tipografia Pavansu carta Cyclus offset da 90 g/mqTiratura 3000 copie

Per questo numero si ringrazia: Catia Coletto (Gemmo SpA)

Paolo PigatopresidenteRiccardo De Fonzovice presidentePiergiorgio Meneghinidirettore artisticoAntonino Manganotesoriere

consiglieriDonata Folco Zambelli CattaneoPaolo CaoduroFabio PupilloLuca Trivellato

revisori dei contiAntonio Dal Maso

organizzazioneGiovanna ReghellinamministrazioneSandro Pupilloaffari generaliGiovanni Costantiniprogetti e comunicazioneMaria Carolina di Valmaranarelazioni esterne

ufficio stampaPaolo Meneghini Tro

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OuvertureChristmas Bluesdi Filippo Lovato 4MusicaMeseWorld Musica cura di Giovanni Costantini 6NotEventiDa Vicenza a Unewaa cura di Pangea Onlus 10DissonanzeMusica nell’acquadi Giovanni Costantini 11Frasi&AccordiGemmo, dalla parte intelligentedi Giovanni Costantini 12TracceMusica maestra di vitadi Andrea Scarpari 14

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S e è vero, come diverse culture nel mondo credono, che lapioggia sia manifestazione o rappresentazione del collega-mento della terra col cielo e, dunque, unico tramite tra il ter-

reno e l’ultraterreno, il divino, ecco che anche in una alluvione sipossono leggere più significati. Dopotutto, anche nell’AnticoTestamento e, per estensione, possiamo dire, nella “nostra cultura”,c’è un Libro, quello della Genesi, che ci narra di un diluvio universa-le, maledizione di Dio agli uomini per la loro condotta “stolta” e“perversa” (traduzioni più o meno indulgenti). Ed essendo che lapioggia viene dall’alto verso il basso, anche nella simbologia diun’alluvione non possiamo certo sperare di leggere un messaggiodegli umani a Dio, quanto, ancora una volta, viceversa.I modi di dire legati all’acqua e riferiti a situazioni non propriorosee si consumano: dal “piove sul bagnato” al “siamo con l’acquaalla gola”, fino al successivo ed inevitabile “stiamo andando sot-t’acqua”. Sono però quasi sempre declinati all’aspetto economicodella vita della nostra società, ossia pongono al centro noi e i nostriproblemi quotidiani. Anche i commenti post-alluvione sono statiimprontati maggiormente al danno ed alla reazione, più che allecause ed alle soluzioni. Come se non fossimo capaci di toglierci perun attimo dal centro, nemmeno quando l’acqua sta per spazzarcivia, per metterci in ascolto del “Canto della Terra”.C’è anche una famosa composizione di Gustav Mahler ad avere que-sto titolo, ispirata probabilmente dalla meraviglia dei luoghi in cuisoggiornava, in Val Pusteria. Non tutto il mondo può avere la pre-servazione ambientale delle Dolomiti, ma non dimentichiamo che lacittà di Vicenza (e tutto il cemento che la circonda) è patrimoniodell’umanità da prima di queste magnifiche montagne. Occorre dun-que fare qualcosa per evitare che il “Canto della Terra” si trasformiin “Canto del cigno” (altra splendida composizione, per altro).Anche la sede della Società del Quartetto è stata inondata dalfango, e anche la Società del Quartetto potrebbe davvero dire che“piove sul bagnato”. Ma la vita va avanti, ci si rimbocca le manichee, nella consapevolezza che c’è chi sta molto peggio, si dà unamano ad un’altra associazione, Pangea Onlus, per un progetto inTanzania (vedi pag. 10).Chissà che il concerto del 16 dicembre, con il suo titolo “Tra Cielo eTerra” e col suo rimandare alle “voci dello spirito ed ai ritmi dellaTerra”, sia un’occasione di riflessione in più direzioni. Irene Gemmo(vedi nostra intervista a pag. 12) ci dice che “fare impresa non èsolo una questione di conto economico, di fatturato o di finanzama, oggi più che mai, significa sentire di ricoprire una responsabilitàsociale”. Ci uniamo al suo pensiero, ritenendo che fare musica nonsignifica solo organizzare un concerto ma, magari, proporre unariflessione culturale. Perché, forse, l’arca che ci salverà dal prossimodiluvio è dello stesso legno di un violino. ●

Giovanni Costantini

In copertina:Arsene Duevi, bassista, chitarrista, direttore di coro e cantante è anche etnomusicologo: a Vicenza il 16 dicembre per “Tra Cielo e Terra”.

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C’è una spiegazione semplice al per-ché le strade e le piazze di città epaesi, le vetrine dei negozi, i salotti

di ville e appartamenti, caserme di vigili, poli-ziotti e pompieri, i giardini e i terrazzi, perfinola segreteria di qualche studio professionale ola sala d’attesa di qualche filiale di banca. C’èuna spiegazione al perché, tra l’inizio didicembre e l’inizio di gennaio, tutti questi luo-ghi della vita quotidiana si riempiono di albe-relli, lucine intermittenti, festoni laminati d’oroe argento, palle iridescenti e musica, tantamusica, semplice e soave, pervasa di stuporefanciullesco e infantile entusiasmo: quel lungomese che coincide con il periodo natalizio èuno dei momenti più tristi dell’anno.È colpa del buio che, alle nostre latitudini,copre circa sedici delle ventiquattr’ore?Psicologi e psichiatri dicono di sì: la scarsità diluce rischia di alterare l’equilibrio tra seroto-nina, l’“ormone del buonumore” e me-latonina che, tra le tante altre funzioni, regolail ciclo sonno-veglia. Se la melatonina dilagasi sperimenta un peggioramento dell’umore.Ecco quello che registrava Giorgio Man-ganelli: “Sebbene la mia vita sia distratta edisorientata, da molti segni, come gli animali,mi accorgo dell’imminenza del Natale.L’irrequietezza agita i miei simili; una sorta diinedita tristezza che si accompagna a unasmania, una torbida cupezza, una litigiositàcapziosa, non di rado violenta, ma soprattuttoaspramente angosciosa. Quando il Natale si

approssima, l’infelicità si scatena su tutta laterra, invade gli interstizi, ci si sveglia al matti-no con quel sentimento, discontinuo durantel’anno, che vivere a questo modo pare intolle-rabile, forse disonesto, una bestemmia” (Il pre-sepio, Adelphi Edizioni, 1992).Gli inglesi parlano di “Christmas Blues”, lemelanconie del Natale. Anche prima che pren-desse piede la tradizione cristiana, nei giornivicini al solstizio d’inverno avevano luogo riti ecelebrazioni per scacciare la malinconia, cele-brare la luce che ricomincia graffiare al buiosecondi, minuti, ore. Nella Roma antica eratempo di Saturnali, feste in onore di Saturno,dio della malinconia. E proprio per esorcizzare la tristezza ci si dava ascambi di regali, orge e gozzoviglie. CosìManganelli ha buon gioco a scrivere che ilNatale conserva in sé “una qualità di conflitto. Ilpeccare natalizio beffa la virtù natalizia; allarecita degli affetti si oppone la dinamica deglistrazi; al mito della nascita il pensiero insistentedel morire proprio ed altrui; qualcosa dei satur-nali si mescola a una pia cerimonia ostinata-mente verginale”.Se è vero quindi che l’avventodel Cristianesimo non ha estirpato gli usi paga-ni, ché il primo si è innestato nella tradizionedei secondi, e che anzi, mano a mano che sva-nisce il senso religioso, riemergono le praticheantiche, camuffate nelle fogge moderne delloshopping sfrenato, dei pasti luculliani o trimal-cionii su tovaglia rossa, del vischio, dei rave,del battezzare l’anno entrante con pratiche in

Christmas Blues

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voga nelle ville della Brianza e nei palazzi ro-mani, se è vero che il paganesimo è l’implicitareligione delle società secolarizzate, allora oc-correrà formulare a modest proposal, un nuovoconveniente elenco di musiche natalizie.Appaiono dunque impropri gospels & spirituals, i“ Tu scendi da”, “ Astro del”, “ White C.” o“ Jingle B.”, ma non si potrà prescindere da “LeSacre du printemps” di Stravinskij, perché c’è unpo’tutto quello che ci piace del Natale: dissonan-ze, riti tribali, ritmi ossessivi e il sacrificio dellavergine che balla e sballa in vertigini di suoni erumori, ragli e tumulti. C’è l’avvampare dellapassione, e nulla vieta di spostare un po’in anti-cipo il rito propiziatorio di una feconda primave-ra. L’opera di Natale è sicuramente “Salomé” diRichard Strauss, con il profeta severo confinatoin una cisterna e la traboccante sensualità deimillenari riti della decadenza. Una partituraambigua, raffinata e primitiva, dove si smarriscela tonalità e si acuiscono i sensi. Danze dei setteveli, ritmi di grana grossa, scalette fluttuanti eteste mozzate, desideri lubrichi, ricatti e gelosie eun bel fiotto rosso sangue nel bacile del Battista enel corpo candido della figlia di Erodiade, ilcolore del nastro che addobba le (pagane) coro-ne di piante e fiori secchi appese sulle porte dellecase in festa. E vengono in mente le sette piaghed’Egitto. Quali musiche più adatte per riportarcial primitivo e sfrenato Saturnale, al tempo in cuila pietassi esprimeva opponendosi all’accidiosoinflusso del padre di Giove?Ma per meglio calarci nell’atmosfera cupa delNatale possono essere d’aiuto alcune partitureche, un po’ il cinema, un po’ la loro originariadestinazione, hanno caratterizzato come adatteai racconti del terrore. Cominciamo con il pezzopiù celebre, l’Adagio dalla “Musica per archi,percussioni e celesta” di Bela Bartók cui Kubrickha accostato quelle magnifiche sequenze di in-consapevole felicità familiare nel labirinto del-l’Overlook hotel e di progressiva alterazione delcarattere di Jack Torrence, povero pazzo. Si con-siglia di accendere lo stereo e ascoltare l’Adagioprogredendo lentamente nella casa, vuota esilenziosa, con una telecamera accesa. Avrete giàla prima scena del vostro, domestico, “Paranor-

mal Activity”. Un altro horror tripdi gran vagliaè il quinto movimento della partitura di OlivierMessiaen “Des canyon aux étoiles” intitolato,non a caso “Cedar Breaks et le Don de crainte”(Cedar Breaks e il dono del timore). D’accordo ilfrancese parlava di uno dei sette doni delloSpirito Santo, il “timore di Dio”, ma il pezzo fadavvero paura. La macchina del vento dà i brivi-di e quelle esplosioni di ottoni ci proiettano invisioni alla Lovercraft, Cthulhu in testa e tutta lasua corte. Altro che gli innocui fantasmi diScrooge. Certo poi c’è la partitura di BernardHerrmann per “Psycho” di Hitchcock, masiamo su un altro livello.Per chi viaggia spesso, o chi debba decidere dellamusica di sottofondo di un grande magazzino, siconsiglia una compilation natalizia che accolga aintroduzione un florilegio dai ResponsoriadiCarlo Gesualdo, come piatto principale la Can-tata di Bach “Christ lag in Todesbanden” (Cristoera nei lacci della morte) BWV 4 e per conclude-re il “ Lux aeterna” di Ligeti con quelle voci che siinerpicano verso il fortino delle nostre sicurezzecome lamenti dagli inferi.Perché si può reagire al buio del solstizio, aiChristmas Blues, con la crapula ma anche im-mergendosi nel terrore dell’oscurità, attingendocosì al vero spirito del Natale. Chi invece non nevuol sapere di riti orgiastici e film dell’orrore esi sente solo e sconsolato metta sul piatto delgiradischi il Wozzeckdi Alban Berg. C’è un sol-dato angariato dal suo superiore che arrotondalo stipendio facendo da cavia a un medico lo-gorroico, mantiene una donna da cui ha avutoun figlio, ma lei lo tradisce con il tamburo mag-giore. C’è sempre chi sta peggio.Per chi volesse aprirsi alla spiritualità, benchécom’è chiaro, questo non sia il tempo dell’annopiù adatto, un solo consiglio “Stairway to Hea-ven” dei Led Zeppelin che ci rammenta del so-gno di Giacobbe a Betel (Gen 28,12), e raccontadi un nuovo giorno, di una nuova primavera, delfatto che le parole possono avere due significati.And the forest will echo with laughter. BuonNatale. ●

Filippo Lovato

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A frica Nera e jazz tribale, sciamanesimoe meditazione. La Società del Quartettopresenta un Natale in musica originale:

non il solito concerto gospel o di tradizione, mauna serata senza confini e latitudini, capace diunire musica etnica e jazz, elettronica e tecnichemillenarie, voci umane e strumenti insoliti, la cuiinvenzione si perde nella notte dei tempi.In un impasto unico e originale verranno propo-ste suggestioni sonore e ritmi provenientidall’Africa, con la voce sciamanica del cantantetogolese Arsene Duevi, protagonista indiscussodella serata, e il Coro Gudu Gudù da lui pla-smato. Dall’Australia con il suono ipnotico deldidjeridoo suonato da uno dei più grandi virtuo-si del nostro Paese. Dall’America centrale edall’Asia con gli strumenti originali di RobertoZanisi, unico solista italiano di cümbüs e steelpan, e dal Tibet con l’ipnotico canto difonico di

Papi Moreno. L’impasto sonoro si completa conla forza dirompente della tromba di GiovanniFalzone, trombettista siciliano dal curriculumpiù che completo.Lo spettacolo ha avuto un tale successo inbiglietteria da aver richiesto l’aggiunta di un’an-teprima alle ore 18, al fine di permettere a piùpersone di assistere alla manifestazione. A que-st’appuntamento saranno probabilmente presen-ti anche studenti delle scuole della città ed unarappresentanza della comunità africana vicenti-na.La serata sarà anche occasione per guardare aquel paese da cui proviene molta della musicain programma: grazie alla collaborazione tra laSocietà del Quartetto e l’Associazione PangeaVicenza Onlus, l’evento porterà alla raccolta difondi da destinare ad un progetto umanitario inTanzania (vedi pag. 10).●

40 musicisti per un doppio spettacolo di musica e beneficienza il 16 dicembre al Comunale

World MusicUn concerto “di Natale” all'insegna della contaminazione tra generi, dal mondo e per il mondo

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Giovedì 16 dicembre 2010ore 20.30 Teatro ComunaleTra Cielo e TerraUn viaggio nelle voci dello spiritoe nell’essenza carnale dei ritmi della Terra

Un incontro eccellente,che produce un’ora e mez-za di musica coinvolgente

e di ottimo livello, senza trala-sciare quella semplicità d’ascoltoche, senza mai sconfinare nel re-torico e nel banale, costituiscetanta parte della fortuna che lamusica cosiddetta “world”, spe-cialmente proprio di origine afri-cana, sta conoscendo in questianni nella vecchia Euro-pa.» Diego D’Angelo - JazzConvention year 2009

Gli artisti

Giovanni Falzonetromba e elettronicaArsene Duevivoce e chitarraPapi Morenocanto difonico, didjeridooRoberto Zanisicümbüs, steel pan, bouzuki,darbuka, cayonTetè Da SilveirapercussioniGennaro ScarpatobatteriaGudu GudùcoroSaul Berettaprogetto e direzione artistica

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Da Vicenza a UnewaDa Vicenza a Unewa

Carissimi amici, abbiamo pensato didevolvere il ricavato della serata “TraCielo e Terra” al completamento della

Scuola Elementare Convitto “Don Bosco”, nelsud della Tanzania, presso Unewa. Quest’opera,che è giunta quasi al completamento di unprimo stralcio,aprirà i battenti a gennaio per leprime due classi e per una “primina”. Crediamomolto in quest’iniziativa,perché una scuolamigliore è l’unica speranza che rimane ai bam-bini tanzaniani per arrivare ad un futuro miglio-re: in questo bellissimo paese dove l’AIDS,l’assistenza sanitaria,l’istruzione a tutti i livellirappresentano i problemi più importanti, lanostra associazione è fortemente dedicata a ini-ziative per i bambini, in particolare per quelliorfani, malati ed in condizione di disagio. L’i-stituto sarà una struttura “full boarding” che pre-vede per gli studenti la possibilità di usufruire diun alloggio all’interno della struttura, destinataad ospitare, una volta completata, 380 bambinidai 6 ai 14 anni (dalla prima alla settima classe).L’edificio è già pronto per accogliere 4 classi,con un dormitorio da una novantina di posti, unampio refettorio e un padiglione per gli inse-gnanti e per la direzione.Stiamo investendo molte energie in questa ini-ziativa che vogliamo sviluppare provvedendo

anche ai testi scolastici, al materiale di cancelle-ria, al reclutamento di insegnanti preparati, cioèa tutto quello che serve alla formazione delbambini. Le aspettative su questo istituto sonoalte: a crederci non è solo Pangea, ma anche lapopolazione locale, presso la quale si sta facen-do sempre più largo la consapevolezza chel’istruzione sia un valore su cui investire.Grazie per quanto anche voi ci aiuterete a farecon la vostra partecipazione al concerto del 16dicembre.●

Associazione Pangea Vicenza Onlus

L’Associazione Pangea opera con progetti dicooperazione e sostegno in Tanzania. Pangeaè iscritta all’Albo Regionale delle Associa-zioni Onlus e le donazioni effettuate sonoperciò deducibili. L’Associazione si riunisceogni due martedì dalle 21 alle 23 presso ilCentro Tecchio in viale San Lazzaro 112, aVicenza. www.pangeavicenza.org

C/C BANCARIO Banca Etica - Agenzia di VicenzaIBAN IT65R0501811800000000127911intestato a Associazione Pangea OnlusC/C POSTALE n. 53291720 Associazione Pangea Onlus

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L’ esondazione che ha colpito Vicenza e,più in generale, il Veneto nei primi duegiorni di novembre non ha risparmia-

to nemmeno la sede della Società del Quartettoche, trovandosi oramai da diversi anni in vicolocieco Retrone, si è anzi trovata nel cuore dell’al-lagamento. L’acqua, a dispetto dell’indirizzo, nonsarebbe tuttavia giunta dal vicino fiume, ma dal-lo straripamento del Bacchiglione, incanalando-si nelle vie e contrà del centro storico.L’acqua ed il fango hanno invaso tutta la superfi-cie degli uffici, danneggiando pavimenti, pareti,mobili e cavi della corrente elettrica, per un am-montare di diverse migliaia di euro. Solo la pron-tezza nel trasferire materiali cartacei, elettronici, etutto quanto di trasportabile in fretta vi fosse, haevitato danni ulteriori e disagi più grandi.Dopo il primo intervento di chi vive l’associa-zione ogni giorno, tutta la squadra dei collabora-tori si è attivata per ripristinare il più possibile lanormalità.Seppure solo per qualche mese, e con qualchedisagio nella linea telefonica e in quella internet,la nuova sede dell’associazione è al piano supe-riore dello stesso stabile. Chi cercasse l’ufficioper un biglietto o un’informazione non dovràquindi che suonare il campanello del civicoaffianco. Sull’etichetta un nome storico: Societàdel Quartetto.●

G. C.

Alluvione di novembre: anche la sede della Società del Quartetto colpita e danneggiata

Musica nell’acqua

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Era l’estate del 2001, quasi dieci anni fa,quando ad Asmara, fresca capitale del-l’Eritrea, in una babele di lingue, insegne

e cartelli della polverosa via principale, il mioocchio cadde su una Fiat Panda bianca con lascritta “Gemmo Impianti Vicenza”. Passato l’at-tonito stupore si fece largo un incredibile sensodi respirare aria di casa. Quel marchio mi ripor-tava duemila chilometri distante, alle pendici deicolli tra Valmarana e Brendola, poco oltre l’ab-bazia di Sant’Agostino, nella mia città. Al tempostesso era forte l’impressione per la presenza diun’azienda vicentina in Africa. Il ricordo tornavivo nel momento in cui impugno carta e penna(detti anche pc e mouse) per conoscere più davicino quel relativamente piccolo stabile cheracchiude un colosso di azienda. La GemmoSpA, società presente dal 1919 sul campo del-l’innovazione tecnologica o, come amano dire ifratelli Gemmo,“della parte intelligente delle in-frastrutture”, è oggi impegnata quasi in tutto ilmondo, e non solo a livello professionale. L’in-contro con la Società del Quartetto nasce infattisotto la stella dell’arte, valore cardine della filo-sofia Gemmo, come ci spiega Irene Gemmo.Gemmo SpA sostiene il concerto natalizio2010 della Società del Quartetto di Vicenza:perché? Quale rapporto tra arte e impresa?“Nel caso di Gemmo un rapporto strettissimo,perché fare arte significa fare ricerca, sperimen-tare nuove forme espressive e compositive, esat-tamente come fa Gemmo, la cui leadership nellagrande impiantistica tecnologica è frutto di unlavoro continuo e incessante in direzione dell’in-novazione e della ricerca. Un lavoro lungo quasiun secolo, iniziato da mio nonno nel 1919, por-tato a dimensioni straordinarie da mio padre econsolidato da noi figli”.Qual è la filosofia Gemmo nel sostegno di ini-ziative culturali?“Fare impresa non è solo una questione di contoeconomico, di fatturato o di finanza; fare impre-sa, oggi più che mai, significa sentire di ricopri-re una responsabilità sociale che può espletarsiin più direzioni. Noi di Gemmo abbiamo sceltodi orientare il nostro impegno anche nel settoredella cultura perché crediamo che un Paese, per

migliorare e per crescere, abbia bisogno di idee,di creatività, di innovazione e di pensiero. Edove, se non nel mondo dell’arte, della musica edelle lettere trovare questi stimoli?”Siete impegnati solo a Vicenza o anche inaltre città italiane nel sostegno di eventi ed ini-ziative?“Il nostro impegno spazia in tutta Italia. La col-laborazione di più lunga data è quella conViafarini, una struttura no profit, con sede aMilano, che si dedica al sostegno ai giovani arti-sti, affiancandoli e sostenendoli, anche concreta-mente, nel loro percorso di crescita e di svilup-po. Mi piace ricordare che un artista comeAlberto Tadiello, un nome ormai affermato nel12

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Intervista a Irene Gemmo, imprenditrice di terza generazione grazie a creatività e innovazione

Gemmo, dalla parte intelligente“Fare impresa non è solo una questione di finanza, bensì una responsabilità sociale in più direzioni”

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settore dell’arte contemporanea, ha potuto cre-scere ed affermarsi anche grazie a noi e al sup-porto che abbiamo dato a Viafarini. A Veneziasiamo impegnati con la Fenice nel Fenice Day econ il Circolo Gran Teatro La Fenice. AVicenzanegli anni abbiamo sostenuto diverse iniziative,tra cui Il Festival della Danza al Comunale,l’Orchestra del Teatro Olimpico e il ProgettoBach, sempre all’Olimpico”.“Tra Cielo e Terra” è il titolo dello spettacoloche porterà a Vicenza tradizioni musicali eartisti di culture diverse. In quali paesi si ètrovata ad operare Gemmo e che esperienzane è nata?“Mi sarebbe più facile dire in quali Paesi delmondo Gemmo non è presente o non è stata atti-va! Le esperienze nei Paesi esteri sono un fattoredeterminante per la nostra crescita perché ognivolta significa mettersi in gioco, confrontarsi conmentalità e culture anche profondamente diversee dal nuovo e dal diverso si impara sempre, siaprofessionalmente che umanamente”.Gemmo è conosciuta e lavora in tutto ilmondo, ma sente ancora forte il rapporto conla propria città?“Siamo orgogliosi della nostra vicentinità e lacittà, la gente di Vicenza, il nostro territorio sonosempre al centro della nostra vita”.Il Teatro Comunale di Vicenza è indubbia-mente una delle più importanti novità degliultimi anni a Vicenza: cosa pensa di questastruttura? Quali pregi e quali difetti a suoparere?“Credo che il Teatro Comunale sia un bene asso-luto per la nostra città perché è l’unico spazio incui possono aver luogo eventi culturali cherichiamano un pubblico numeroso. Certamentesono possibili diverse migliorie, specialmente indirezione del recupero dell’area intorno al Teatro,oggi piuttosto degradata e che, ripristinata adovere, potrebbe diventare un straordinario polodi aggregazione della vita culturale di Vicenza”.Gemmo sente la crisi di cui tanto si parla? Ècambiato qualcosa nel sostegno alle iniziativeculturali?“Per fortuna no. Sintetizzando: non abbiamolicenziato nessuno e non abbiamo diminuito diun euro i nostri contributi alle varie iniziativeculturali”.Quanta importanza ha la musica nella suavita?“Straordinaria. Come diceva Nietzsche, senzamusica la vita sarebbe un errore”.●

Giovanni Costantini

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Irene Gemmo

Irene Gemmo, nata a Vi-cenza il 16 giugno 1961, èsposata e madre di duefigli.Dopo la maturità ha pro-seguito il suo cursus stu-diorum all’Università diSan Francisco dove haseguito corsi di specializzazione in lingue stra-niere. Nel 1986 è entrata nell’azienda di fami-glia come addetta all’ufficio commerciale ealle relazioni esterne; nello stesso anno haassunto la carica di Consigliere di GemmoImpianti SpA. Dal 1993 al 1997 è stata Con-sigliere Delegato di Gemmo Impianti SpA edal 1996 al 2000 Presidente del CDA di Tekno-gest. Nel 1998 è stata nominata Dirigenteresponsabile per le attività di promozione e direlazioni esterne di Gemmo Impianti SpA.Ha ricoperto il ruolo di Consigliere di Ammini-strazione, di Amministratore Delegato e di Vi-ce Presidente in Gemmo SpA.Dal 2006 al 2009 è stata Presidente di Vene-to Sviluppo Spa, Finanziaria della Regione Ve-neto.Nel 2008 è stata nominata Consigliere e VicePresidente del Teatro Stabile del Veneto.Nel giugno 2010 è stata nominata compo-nente della Giunta di Confindustria Vicenza.Dal luglio 2010 è Presidente del Golf Club diAsiago.È socia della Croce Rossa Italiana (sede di Vi-cenza) e del FAI – Fondo Ambiente italiano.

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titolo libro + DVD L’altra voce della musicaautori Helmut Failoni eFrancesco Meriniprotagonisti Claudio Abbado, José Antonio Abreu,Alessio Allegrini,Gustavo Dudamel,Edicson Ruìzeditore Il Saggiatore – ISBN 978-884281636-2

I l Venezuela, come molti altri paesi del-l’America Latina, è ricco di contrasti stri-denti: l’enorme ricchezza di risorse naturali

si accompagna ad una drammatica povertà dif-fusa, un litro di benzina costa meno di una bot-tiglietta d’acqua. Per la maggior parte dellapopolazione il problema più pressante è soprav-vivere alla quotidianità, trovare il sostentamentogiorno per giorno, sfuggire alla dilagante delin-quenza che governa interi quartieri.Eppure, in questa situazione instabile – o forseproprio per questo – si è sviluppato un modellodi educazione musicale unico al mondo perimpostazione, partecipazione e risultati: il “Si-stema Orchestrale Giovanile e Infantile Vene-zuelano”, da tutti chiamato “El Sistema”.Questa esperienza, cresciuta nell’arco di 35 annisotto la guida ferma del suo ideatore JoséAntonio Abreu, ha attirato l’attenzione del pano-rama musicale internazionale e ha affascinatoanche il maestro Claudio Abbado, che dal 2005trascorre ogni anno un periodo di lavoro aCaracas per portarvi il suo personale contribuito.Il grande direttore è stato accompagnato, in unodi questi viaggi, dal musicologo Helmut Failonie dal regista Francesco Merini, che da questaesperienza hanno ricavato un libro ed un DVD,editi da Il Saggiatore: “L’altra voce della musi-ca”, un interessante reportage che ben delinea itratti principali del Sistema, senza nascondere lecriticità di un contesto urbano e sociale spessodegradato, entro cui l’insegnamento della musi-

ca ha una funzione di riscatto prima ancora cheartistica.È proprio questo lo scopo che Abreu, musicistaed economista, già ministro della cultura delVenezuela, si prefisse nel 1975 quando proposedi creare un’istituzione in grado di avvicinarealla musica il maggior numero di bambini, ra-gazzi e giovani, cercando di sottrarli alla vitadella strada, insegnando loro più che un mestie-re uno stile di vita, facendo acquisire la consape-volezza che anche nei barrios (i quartieri piùpoveri, di case spesso fatiscenti) è possibile vi-vere in modo onesto, nel rispetto degli altri.Abreu individuò nello studio della musica e nel-l’attività orchestrale il mezzo più efficace per co-municare ai giovani questi valori: “Sogno un pae-se di umanisti, in cui il valore dell’uomo e dellospirito ispiri l’azione individuale” rivela nell’in-tervista contenuta nel documentario. Probabil-mente non si aspettava che nel giro di pochi an-ni El Sistemaraggiungesse numeri così ragguar-devoli: dal 1979 è finanziato dallo Stato, e ogginel solo Venezuela esso conta 240mila parte-cipanti, con più di 300 orchestre dai bambini finoai giovani, oltre 600 cori e 19 centri di liuteria.Una struttura piramidale, che dà la possibilità atantissimi bambini, anche ai più poveri, di ci-mentarsi con uno strumento e consente ai piùbravi di continuare lo studio, fino a far parte del-la Orchestra Giovanile “Simon Bolivar”. Nel frat-tempo, inoltre, il metodo educativo si è diffusoanche in altri paesi limitrofi e si è costituita l’Or-chestra Giovanile Latino-Americana, che racco-glie giovani da 20 differenti nazioni.È lecito chiedersi, forse con una certa supponen-za, quale livello musicale possa raggiungere unaformazione così diffusa e divulgativa, senza al-cuna preclusione o preselezione: come rispostapossono valere le parole di Simon Rattle, diret-tore dei Berliner (“In Venezuela ho visto il futu-ro della musica classica”) o di Daniel Barem-boim (“In nessun’altra parte del mondo si stafacendo un lavoro così importante sulla musi-ca”), ma ancor più significativa è la nomina aprimo contrabbasso dei Berliner di Edicson Ruiz.Dopo un’infanzia nei barrios, egli è entrato nelSistema, dove è stato notato per l’innato talento:

Libro + DVD. Un regalo di Natale dai molteplici valori culturali e universali

Musica maestra di vitaCon Abbado alla scoperta del sistema orchestrale del Venezuela, ideato dal ministro Abreu

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la sua formazione è avvenuta nell’Orchestra“Simon Bolivar” e diciottenne è stato chiamatoin Germania; oggi è un simbolo per tutti gli altriragazzi, testimone che attraverso la musica èdavvero possibile un’altra vita.Prima di concentrarsi sulla figura di Abbado esul significato della sua partecipazione a questoprogramma, Failoni e Merini descrivono altreiniziative, per certi aspetti collaterali, che rendo-no però la dimensione ampia del progetto educa-tivo: un esempio è il coro delle Manos Blancas,un gruppo di bambini sordomuti che accompa-gna con il movimento delle mani le melodie ese-guite dal coro sonoro, costituito da bambini cie-chi o disabili. Tutti partecipano alla creazionedella musica, integrando i portatori di handicap ei “normo-dotati”, affinché i primi non si sentanodiversi e i secondi diventino persone migliori,secondo le parole del responsabile del progetto.Il clima di intenso calore umano, la fortissimamotivazione che coinvolge i ragazzi, hanno im-pressionato Claudio Abbado, che è divenuto,anche grazie alla sua notorietà, un ambasciatoredel Sistemanel mondo: molte immagini del do-cumentario indugiano sulla sua figura alla guidadell’Orchestra, impegnato nella direzione dellaQuinta di Mahler, e traspare la passione per lamusica e la convinzione che quella intrapresa daAbreu sia una strada vincente. Anche per questo,insieme al cornista Alessio Allegrini – già ospitedella Società del Quartetto qualche Stagione fa–, va volentieri a Caracas, e quest’anno ha porta-

to l’Orchestra a Lucerna, nel cuore della vecchiaEuropa. Nella lunga intervista contenuta nel li-bro, egli ripercorre la sua vicenda artistica, carat-terizzata dal convincimento che nessuna cono-scenza sia acquisita per sempre, ma vada costan-temente ripensata: ricreare la musica ogni volta,superando anche le rigide regole della filologia.Una continua ricerca, che vale in ogni ambitodella vita: ecco perché un acclamato direttore,ormai maturo, può affermare che “l’esperienzadi Abreu ha cambiato il mio approccio alla musi-ca”. Abbado, sempre pronto a nuove sfide, ri-vendica il ruolo sociale della cultura, troppospesso considerata, in Occidente, un piacere finea se stesso, e il dovere civile, anche degli artisti,di denunciare quanto è sbagliato nel mondo.Il libro ed il DVD contengono infine intervistead Alessio Allegrini, entusiasta sostenitore delSistema, Edicson Ruiz e Gustavo Dudamel, ri-nomato direttore, già premiato più volte su im-portanti palcoscenici europei e formatosi allascuola di Abreu.Il cofanetto risulta la concreta testimonianza cheinsegnare musica colta con entusiasmo (bastaguardare gli occhi dei bambini ripresi dalle tele-camere) è possibile e anzi prezioso per la cresci-ta umana dei ragazzi: peccato che spesso, nelmondo sviluppato, ce ne dimentichiamo. Unregalo di Natale dai valori culturali molteplici.Consigliatissimo.●

Andrea Scarpari

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