Numero 12 - Dicembre 2018

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1 Numero 12 Dicembre 2018 Dialogo tra noi Mensile di informazione della Comunità Pastorale "SANTA CROCE" in Garbagnate Milanese

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Numero 12Dicembre 2018Dialogo

tra noi

Mensile di informazione della Comunità Pastorale "SANTA CROCE" in Garbagnate Milanese

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L’editoriale

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sommario

Dialogo tra noiMensile delle parrocchie “Santi Eusebioe Maccabei”, “Santa Maria Nascente”,“S. Giuseppe Artigiano” e “S. Giovanni Battista”in Garbagnate MilaneseAnno L, n° 12 Dicembre 2018Proprietà della Parrocchia Santi Eusebioe Maccabei, via Gran Sasso, 12 - tel. 02.9955607.www.comunitasantacrocegarbagnate.iteusebio.maccabei@tin.it

Direttore responsabile: don Claudio GalimbertiHanno collaborato:Lella Fierro Almiento, Riccardo Lobascio,Giorgio Montrasi, Roberto Gianotti, Matteo Comi.Registrato al Tribunale di Milano il 15.09.1969 aln.249ARTI GRAFICHE DI.MA – Via Don Luigi Sturzo35/F, 20020 Lainate (MI)Abbonamento annuale 20 euro

In copertina: Il presepe allestito dal Gruppo Culturale“La Piazza” sul sagrato della Basilica

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La notte è scesae brilla la cometa

che ha segnato il cammino.Sono davanti a Te,

Santo Bambino!Tu, Re dell’universo,

ci hai insegnatoche tutte le creature sono uguali,

che le distingue solo la bontà,tesoro immenso,

dato al povero e al ricco.Gesù, fa’ ch’io sia buono,

che in cuore non abbia che dolcezza.Fa’ che il tuo dono

s’accresca in me ogni giornoe intorno lo diffonda,

nel Tuo nome.Umberto Saba

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“Il presepio è qualcosa di molto sem-plice, che tutti i bambini capiscono. Ècomposto magari di molte fi gurine di-sparate, di diversa grandezza e misu-ra: ma l’essenziale è che tutti in qual-

che modo tendono e guardano allo stesso punto,alla capanna dove Maria e Giuseppe, con il bue el’asino, attendono la nasci-ta di Gesù o lo adorano neiprimi momenti dopo la suanascita. Come il presepio,tutto il mistero del Natale,della nascita di Gesù aBetlemme, è estremamen-te semplice, e per questo è accompagnato dallapovertà e dalla gioia. Non è facile spiegare ra-zionalmente come le tre cose stiano insieme. Macerchiamo di provarci.Il mistero del Natale è certamente un mistero dipovertà e di impoverimento: Cristo, da ricco cheera, si fece povero per noi, per farsi simile a noi,per amore nostro e soprattutto per amore dei piùpoveri. Tutto qui è povero, semplice e umile, eper questo non è diffi cile da comprendere per chi ha l’occhio della fede: la fede del bambino, acui appartiene il Regno dei cieli. Come ha dettoGesù: «Se il tuo occhio è semplice anche il tuocorpo è tutto nella luce» (Mt 6, 22). La semplicitàdella fede illumina tutta la vita e ci fa accettarecon docilità le grandi cose di Dio. La fede nascedall’amore, è la nuova capacità di sguardo cheviene dal sentirsi molto amati da Dio.Il frutto di tutto ciò si ha nella parola dell’evange-lista Giovanni nella sua prima lettera, quando de-scrive quella che è stata l’esperienza di Maria edi Giuseppe nel presepio: «Abbiamo veduto coni nostri occhi, abbiamo contemplato, toccato conle nostre mani il Verbo della vita, perché la vita siè fatta visibile». E tutto questo è avvenuto perchéla nostra gioia sia perfetta. Tutto è dunque per lanostra gioia, per una gioia piena (cfr. 1Gv 1, 1-3).Questa gioia non era solo dei contemporanei diGesù, ma è anche nostra: anche oggi questoVerbo della vita si rende visibile e tangibile nellanostra vita quotidiana, nel prossimo da amare,nella via della Croce, nella preghiera e nell’euca-ristia, in particolare nell’eucaristia di Natale, e ci

riempie di gioia.Povertà, semplicità, gioia: sono parole sempli-cissime, elementari, ma di cui abbiamo paura equasi vergogna. Ci sembra che la gioia perfettanon vada bene, perché sono sempre tante lecose per cui preoccuparsi, sono tante le situazio-ni sbagliate, ingiuste. Come potremmo di fronte

a ciò godere di vera gio-ia? Ma anche la sempli-cità non va bene, perchésono anche tante le cosedi cui diffi dare, le cose complicate, diffi cili da ca-pire, sono tanti gli enigmi

della vita: come potremmo di fronte a tutto ciògodere del dono della semplicità? E la povertànon è forse una condizione da combattere e daestirpare dalla terra? Ma gioia profonda non vuoldire non condividere il dolore per l’ingiustizia, perla fame del mondo, per le tante soff erenze delle persone. Vuol dire semplicemente fi darsi di Dio, sapere che Dio sa tutte queste cose, che ha curadi noi e che susciterà in noi e negli altri quei doniche la storia richiede. Ed è così che nasce lo spi-rito di povertà: nel fi darsi in tutto di Dio. In Lui noi possiamo godere di una gioia piena, perchéabbiamo toccato il Verbo della vita che risana daogni malattia, povertà, ingiustizia, morte. Se tuttoè in qualche modo così semplice, deve poter es-sere semplice anche il crederci. Sentiamo spessodire oggi che credere è diffi cile in un mondo così, che la fede rischia di naufragare nel mare dell’in-diff erenza e del relativismo odierno o di essere emarginata dai grandi discorsi scientifi ci sull’uo-mo e sul cosmo. Nonsi può negare chepuò essere oggi piùlaborioso mostrarecon argomenti razio-nali la possibilità dicredere, in un mondocosì. Ma dobbiamoricordare la parola disan Paolo: per cre-dere bastano il cuoree la bocca. Quandoil cuore, mosso dal

l’editoriale

SEMPLICITÀDEL NATALE

Carissimi: è Natale. C’è sempre gioia e novità in questa Festa che ci parla di amore e di sem-plicità. Ho trovato uno scritto del Cardinale Carlo Maria Martini che mi ha molto interessato.Vorrei proporvelo come rifl essione per questo Natale 2018.

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tocco dello Spirito datoci in abbondanza (cfr. Rm5, 5; Gv 3, 34), crede che Dio ha risuscitato daimorti Gesù e la bocca lo proclama, siamo salvi(cfr. Rm 10, 8-12). Tutte le complicazioni, tutti gliapprofondimenti che talora ci confondono, tuttociò che è stato sovrimposto attraverso il pensieroorientale e occidentale, attraverso la teologia ela fi losofi a, sono rifl essioni buone, ma non ci de-vono far dimenticare che credere è in fondo ungesto semplice, un gesto del cuore che si butta euna parola che proclama: Gesù è risorto, Gesù èSignore! È un atto talmente semplice che non di-stingue fra dotti e ignoranti, tra persone che han-no compiuto un cammino di purifi cazione o che devono ancora compierlo. Il Signore è di tutti, èricco di amore verso tutti coloro che lo invocano.Giustamente noi cerchiamo di approfondire il mi-stero della fede, cerchiamo di leggerlo in tutte lepagine della Scrittura, lo abbiamo declinato lungovie talora tortuose. Ma la fede, ripeto, è semplice,è un atto di abbandono, di fi ducia, e dobbiamo ritrovare questa semplicità. Essa illumina tutte lecose e permette di aff rontare la complessità del-la vita senza troppe preoccupazioni o paure. Per

credere non si richiede molto. Ci vuole il donodello Spirito Santo che egli non fa mancare ai no-stri cuori e da parte nostra occorre fare attenzio-ne a pochi segni ben collocati. Guardiamo a ciòche successe accanto al sepolcro vuoto di Gesù:Maria Maddalena diceva con aff anno e pianto: «Hanno portato via il Signore e non sappiamodove l’hanno posto». Pietro entra nel sepolcro,vede le bende e il sudario piegato in un luogoa parte e ancora non capisce. Capisce però l’al-tro discepolo, più intuitivo e semplice, quello cheGesù amava. Egli «vide e credette», riferisce ilVangelo, perché i piccoli segni presenti nel sepol-cro fecero nascere in lui la certezza che il Signoreera risorto. Non ha avuto bisogno di un trattato diteologia, non ha scritto migliaia di pagine sull’e-vento. Ha visto piccoli segni, piccoli come quellidel presepio, ma è stato suffi ciente perché il suo cuore era già preparato a comprendere il misterodell’amore infi nito di Dio. Talora noi siamo alla ricerca di segni complicati, eva anche bene. Ma può bastare poco per crederese il cuore è disponibile e se si dà ascolto alloSpirito che infonde fi ducia e gioia nel credere, senso di soddisfazione e di pienezza. Se siamocosì semplici e disponibili alla grazia, entriamonel numero di coloro cui è donato di proclamarequelle verità essenziali che illuminano l’esistenzae ci permettono di toccare con mano il misteromanifestato dal Verbo fatto carne. Sperimentia-mo come la gioia perfetta è possibile anche inquesto mondo, nonostante le soff erenze e i dolori di ogni giorno”.

È in questo clima di fede e di semplicità che viporgo i miei personali auguri di Natale

Il Vostro aff .mo ParrocoDon Claudio

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Quest’anno ricorre il 60° anniversario delprimo “Discorso alla Città” dell’allora Ar-civescovo Giovan Battista Montini, tenu-

to nella Basilica di Sant’Ambrogio in occasionedei Primi Vespri della solennità del Santo Pa-trono di Milano e di tutta la Chiesa ambrosiana.L’evento, allora organizzato con il concorso diuna nobildonna della città, di alcuni sacerdo-ti e di esponenti della società civile, fu intesocome una modalità per radunare l’intera comu-nità cittadina di un centro urbano che viveva, inquegli anni, una grande trasformazione sociale,essendo meta di un forte fenomeno migratoriointerno alla penisola: l’industriosa Milano si sco-priva, così, teatro di forti sperequazioni sociali,e luogo di profonde diff erenze, che minaccia-vano di ledere il tessuto sociale e la coesionecivica. Il “Discorso alla Città” dell’Arcivescovo fucaricato fi n da subito di un forte signifi cato civi-le, rivolto ad una comunità che doveva ritrovarese stessa per aff rontare adeguatamente la sfi da dei tempi, le sue novità, le sue problematiche:una città che ha sempre cercato di far coesi-stere le diverse sue anime, dando vita non aduna compattezza monolitica, ma ad un’eff etti-va pluralità radunata nel nome del lavoro, dellosviluppo, dell’ordine civile, della pace sociale, ecosì in grado di essere traino per l’intero Paese,esercitando una funzione di guida e di esempioche le è sempre stata riconosciuta, durante i di-versi secoli. Fin dal tardo Impero, infatti, Milanoè sempre stata nota, in un contesto molto più

ampio del territorio che ad essa aff erisce, sì per la sua produttività, ma anche per la sua capa-cità di essere “laboratorio” sociale, politico, dirifl essione civile, nel quale diverse volte si sono sperimentate formule di convivenza e di ammi-nistrazione durature ed attrattive per altre città:pensiamo all’età comunale, durante la qualeMilano, città che allora superava di gran lungale capitali europee più famose per numero diabitanti, si pose con fi erezza ed orgoglio a dife-sa del modello comunale del Nord Italia, controil progetto di centralizzazione dell’ImperatoreFederico Barbarossa, pagando (venne distruttae poi ricostruita) ed, infi ne, uscendo vittoriosa (1176, con la famosa Battaglia di Legnano).Pensiamo anche alla potente Signoria, primaViscontea e poi Sforzesca, che arrivò quasi adunifi care l’Italia centro-settentrionale durante il XV secolo, e che seppe resistere, nella suaanima industre e vivace, al periodo depressivodella Dominazione Spagnola, arrivando, nei de-cenni austriaci, ad essere la capitale dell’Illumi-nismo moderato italiano, nota a livello europeo,ed una città di respiro continentale, come sievince negli ultimi anni, dalle profonde relazioniinternazionali che essa vive. Tale “espansione”economica, tecnologica, mediatica e culturale,non deve correre il rischio, però, di dimenticar-si che la città che vive questo fenomeno, forseunica in tutto il nostro Paese, non è un sempliceagglomerato urbano, ma deve la sua ricchezzaalla profondità delle relazioni intessute, di quella

CHIAMATI A PENSARE

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rete di legami, di contatti, di scambi che rivela-no la complessità e la multiformità della dimen-sione umana, in tutta la sua grandezza. I mu-tamenti, il progresso, lo sviluppo non possonoprescindere dall’interrogarsi sui valori che comeciviltà e società abbiamo insiti, e su cui siamosempre in dovere di rifl ettere, per poterli espli-citare al meglio, adeguandoli al presente cheviviamo. È un fatto che, sin dai tempi del grandeVescovo Ambrogio, Prefetto di Milano, prima diesserne Pastore, la Chiesa ha sempre avvertitola missione di tutelare e stimolare la capacitàrifl essiva del tessuto civile Milanese, la sua au-toconsapevolezza, la disponibilità a mettere emettersi in discussione di fronte al presente edal futuro, la necessità di custodire la sua me-moria storica, l’aderenza ad un Cristianesimovissuto, fatto di pratiche di buona vita evange-lica, intessuto di generosità, di accoglienza, dicomprensione, di attività. Per tale sua natura leprime associazioni cattoliche sociali nascono inquesta regione, oltre che nel cattolico Veneto,ed a tale motivo questo territorio e la sua Chiesadevono molto della sua grandezza e ricchezza,a livello di strutture, di volontariato, di attivismo,di partecipazione, ancora oggi, in un tempo incui sempre più acutamente si avvertono i se-gni di una crisi di fede generalizzata e diff usa. A Milano e nel suo territorio la Chiesa assume,in tutte le sue realtà, ogni giorno di più, un ruolodi “supplenza civile” rispetto alla fatica, per loStato, per la Società, per la comunità civile, difar fronte alle tante incombenze, alle numero-se problematiche, alle diffi cili questioni di una povertà sempre più insorgente e massiccia,di un disagio sociale largamente diff uso, dello sfuggente fenomeno migratorio, dell’infanziaed adolescenza abbandonata o poco tutelata,della vecchiaia lasciata sola. Partendo da que-ste premesse circa l’orizzonte del “discorso allacittà”, cioè il profondo legame tra la Chiesa ele Istituzioni del territorio, e guardando a que-sti problemi dei nostri tempi, Sua Ecc.za Mons.Delpini, davanti ai Rappresentanti delle varieIstituzioni e della Società Civile, ci ha richiamatitutti all’esercizio della più alta facoltà umana,cioè la possibilità di pensare. Egli ha citato unpasso della Populorum Progressio, enciclicadi San Paolo VI, ripresa in un commento dellaCaritas in Veritate da Benedetto XVI: “Il mondo

soff re per mancanza di pensiero”; così, il nostro Vescovo ha voluto intitolare il suo discorso conun’espressione che suona come invito, esorta-zione, quasi monito: “Autorizzàti a pensare”.Di fronte ad un mondo che spesso vive preva-lentemente od esclusivamente di emozione, diemotività, di reattività, incline più alla immedia-tezza del sentimento che non alla rifl essività ed all’analisi dei problemi, abituato a condensaretutto in uno slogan, od in uno spot, piuttosto chead un discorso ragionato, dove si eserciti unacapacità critica, il nostro Vescovo ci ricorda chenoi siamo autorizzati a pensare in quanto uomi-ni e donne, in quanto capaci di fare appello allepossibilità della nostra ragione, di una facoltàche non si esaurisce nella capacità di pianifi ca-re, programmare, di possedere un dato, ma diraccoglierlo, di elaborarlo, di maturarlo, di me-ditarlo ed inquadrarlo in un orizzonte più ampio.Il pensiero abilita l’Uomo a porre se stesso, lasua vita, il proprio mondo in un quadro che vaoltre le circostanze presenti, che si apre a pos-sibilità diverse, a soluzioni più complesse, maproprio per questo più valide e durature.La rifl essione che siamo in grado di mettere in atto ci rende capaci di una generatività che tra-scende il semplice produrre e che è per il futuro.Pensare ci dispone a raccogliere frutti maturidalle tante forme di dibattito e confronto a cuisiamo sottoposti quasi quotidianamente, e cheoggi si manifestano prevalentemente comeoccasioni di litigio e di asprezza polemica, dicritica sterile, fi nalizzata a se stessa oppure a cementare l’opinione pubblica in grandi bloc-chi che non si comunichino tra loro. Pensareprevede l’esercizio continuo e sempre più raf-fi nato dell’ascolto, ossia della disponibilità a riconoscere all’altro la mia stessa dignità e lapossibilità che anche le sue opinioni siano vali-de tanto quanto, se non più, delle mie. Mettersiin ascolto signifi ca, in un contesto comunitario, smettere l’abitudine della lamentela a tutti i co-sti, dell’interesse all’unico proprio giardino, agliaff ari privati, a coltivare nei confronti del sog-getto con cui mi pongo - sia esso il vicino dicasa, il collega, il cliente, l’uffi ciale pubblico - una pregiudiziale diffi denza che uccide il bene comune e non fa avanzare quello privato, ma,alla lunga, lo deprime. Il pensiero ci dispone adun distacco dalle vicende che urtano la nostra

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sensibilità, permettendoci di guardarle con con-sapevolezza maggiore, con occhio critico, inuna visione più ampia, che forma la visione delfuturo.Siamo immersi una globalizzazione dai trattimolto aggressivi, che può risultare feroce, manon possiamo averne paura: solo il pensiero,ossia la capacità di rifl ettere, l’appello ad una cultura consapevole e non piegata ai criteri ef-fi meri delle mode di opinione, può indagarla, comprenderla, farla propria, non per posseder-la, dominarla e volgerla a nostro favore, preva-ricando su quanti ne risulteranno schiacciati,ma traducendola in occasione di bene comune.Pensare è faticoso, costa una continua discus-sione, costa il non potersi accontenatare di re-lative sicurezze, esprime una tensione verso ilBene, verso la Verità, che alla lunga può risul-tare incolmabile, ma non ci deve spaventare,poichè da sempre l’Uomo ne fa esperienza e daessa viene provocato.Pensare non signifi ca ridurre la nostra umanità a macchina calcolante, raziocinante, astrente,fredda, ma, al contrario, esaltarla in pienezza,ricordandoci che l’intelletto è un dono dello Spi-rito, e raccoglie tutti i nostri sensi, li integra inuna dimensione più alta della nostra sensibili-tà, della nostra emotività, della nostra animosi-tà. Tracciando un quadro simile, l’Arcivescovonon ha tanto inteso richiamare e stimolare letante istituzioni di “pensiero” presenti nella no-stra città, a partire proprio da quelle cattoliche,come l’Università, come le facoltà teologiche, ele tante Accademie, private o statali, che sonoil vanto del nostro territorio, ma ha caldeggiato

proposte di attiva cittadinanza, di civiltà vissu-ta, esprimendo, davanti ai tanti rappresentantipolitici, la necessità di valutare ancora più ap-profonditamente il signifi cato autentico della Costituzione repubblicana, e quanto ancoraoggi può dire a noi: se, infatti, il pensare si di-spone davvero alle generazioni future come untesoro, quel grande sforzo rifl essivo che è stato l’elaborazione della Carta Costituzionale allorasi propone ancora per noi come insegnamento,come possible via risolutiva per tanti problemi,e ci provoca ad aggiornarne le parti che risulta-no più sorpassate.Mons. Delpini ha poi rilanciato il valore dellafamiglia come cellula fondamentale del tessu-to sociale, nella quale si vive una comunioneed interazione naturale e positiva tra vecchie enuove generazioni, e ci si educa al rispetto diognuno, alla dignità ed alla custodia del tempoe del suo insegnamento.A termine del suo discorso, denso di signifi cato e di provocazioni, ma condotto con stile dimes-so, umile, come spesso Monsignor Deplini èsolito fare, l’Arcivescovo ha ricevuto l’appalusospontaneo (e ben raro) di tutta l’assemblea deisindaci del territorio, che non soltanto ha resoevidente un apprezzamento comune rispettoalle sue parole, ma ha confermato il ruolo pub-blico, sociale, civile che la Chiesa ricopre nellacostruzione e nel mantenimento di un ordine digiustizia, che non può prescindere da una ri-fl essione seria, concreta ed onesta.

Riccardo Lobascio

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Domenica 2 dicembre i Vigili del Fuocodi Garbagnate hanno vissuto una gior-nata di festa in occasione della ricor-

renza della loro patrona Santa Barbara. Uncorteo festoso, accompagnato dalla Bandadell’Associazione nazionale dei Vigili del Fuo-co diretta dal maestro Imerio Castiglioni, haanimato le vie della città per raggiungere laBasilica dei SS. Eusebio e Maccabei, dove

hanno partecipato alla S. Messa. Alla cele-brazione erano presenti numerose autorità diGarbagnate e dei Comuni limitrofi per i quali i nostri Vigili danno la loro assistenza. Dopo laMessa, sul sagrato della Basilica, il Parrocoha benedetto i mezzi, compresa una nuovapiattaforma elevatrice in dotazione da qual-che settimana.

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I VIGILI DEL FUOCO ALLAMESSA DI SANTA BARBARA

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Un bellissimo concerto si è tenuto nelpomeriggio di domenica 2 dicembre inBasilica. Patrizia Signorelli, ormai co-

nosciutissima collaboratrice di Radio Panda,insieme con l’attore Dario Maria Dossena, haguidato il folto pubblico presente in un “girodel mondo musicale”. Patrizia Signorelli haaccompagnato alla tastiera e all’organo, congrande abilità nel cambiare gli strumenti, i

commenti di Da-rio Dossena cheha raccontato le tradizioni e le curiosità deipaesi del mondo, da ovest verso est con tap-pa fi nale in Italia.Grandi applausi ai due artisti per il piacevolis-simo pomeriggio che ha aperto le manifesta-zioni natalizie.

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ADESTE FIDELESNatale nel mondo

Il concerto natalizio di Radio Panda

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Don Antonio Giovannini è stato Vicarioparrocchiale nella parrocchia dei SS.Eusebio e Maccabei dal 1996 al 1999.

Dal 2000 è stato poi in Albania come FideiDonum a Kisha Katedrale – Shkoder dove,per molti anni, ha svolto il suo ministero dimissionario, sempre in collegamento con ilnostro Gruppo Missionario che lo ha aiutato,con le nostre campagne quaresimali, nellarealizzazione dei suoi progetti in quella ter-

ra. Ordinato sacerdote nel 1968, quest’annoha festeggiato il suo 50° anniversario e noiabbiamo avuto il piacere di accoglierlo qui aGarbagnate, per ricordare con lui questo beltraguardo. Sabato 8 dicembre, festa dell’Im-macolata Concezione di Maria, durante la S.Messa delle ore 11,30 celebrata in Santuarioe presieduta da don Antonio, abbiamo prega-to per lui perché possa ancora per molti annisvolgere il suo ministero.

DON ANTONIO GIOVANNINIRICORDA I SUOI 50 ANNI DI

ORDINAZIONE SACERDOTALE

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Ben ritrovati a tutti, carissimi lettori! An-zitutto, vi ragguagliamo sulle esperien-ze che il nostro gruppo ha vissuto nel

corso degli ultimi mesi: a parte un po’ di stan-chezza e la necessità di riprendere il giustoritmo, tra le tante celebrazioni ed esperienzedi comunità che si sono avvicendate in que-sto periodo, agli inizi di Novembre ci siamoritrovati, solo noi Responsabili, per un tempodi ritiro, partendo alla volta della nostra ora-mai abituale Casa ospitante, la Casa Alpinidi Olda, frazione di Taleggio, nella famosaomonima valle. Lì abbiamo potuto prenderciun po’ di tempo, per vivere una esperienza dipreghiera, di rifl essione sul nostro servizio, e sul modo migliore per trasmettere ai no-stri bambini e ragazzi un gioioso messaggioevangelico “Chi vuole essere il primo, si fac-cia servo di tutti” (Mc, 10, 44-45). Temprati eprovocati da questo richiamo, abbiamo orga-nizzato la “Due Giorni” consueta del tempoavventizio: i nostri piccoli hanno avuto modo

di vivere non solo una bella esperienza digruppo, ma anche confrontarsi con il temadell’ascolto, che è l’orizzonte del nostro anno“catechetico”.L’immagine scritturistica che è stata propostaloro dal Formatore e Responsabile è quelladi San Giuseppe, nella fattispecie il primosogno di Giuseppe, in cui il Giusto per ec-cellenza viene richiamato dall’angelo, edinvitato ad avere fede alle parole della suagiovane sposa, riguardo il suo concepimentodi Spirito Santo. Così ci siamo introdotti nelTempo dell’Avvento, per prepararci alla So-lennità del Natale del Signore.In questo numero vogliamo parlare propriodella data della Natività: non tanto della di-sputa sul computo dell’anno di nascita delSignore (è universalmente noto, oramai, chein realtà Gesù sarebbe nato qualche annoprima dell’anno che la tradizione ha volutofi ssare per la sua nascita e che è stato pre-so a riferimento come inizio della datazionecristiana, oggi aff ermato in tutto il mondo: tale errore di calcolo sarebbe dovuto ad unaimprecisa interpretazione di alcuni riferimentitemporali da parte di Dionigi il Piccolo), piut-tosto esamineremo la questione della data-zione del Natale al 25 dicembre e, per farlo,incontreremo culti diversi da quello cristiano,ed aff erenti al complesso del paganesimo ro-mano ed orientale.La tradizione ci dice che Gesù nacque in in-verno, ma in realtà non vi è chiarezza nellefonti a riguardo di questa datazione stagiona-le, anzi: in tempi remoti, ossia nei primissimisecoli del Cristianesimo, il Natale era fi ssato in primavera, tra la fi ne del mese di marzo ed il mese di maggio. Incideva su questa datala tradizionale associazione a Cristo comealla Vita Nuova, e dunque l’identifi cazione della sua nascita con il risveglio della natu-

QUI CHIERICHETTILA DATA DEL NATALE

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ra. Del resto, nelle prime comunità cristianesi prestava poca attenzione al Natale delSignore, ed anche all’aspetto teologico del-la sua Incarnazione: ci si concentrava moltodi più sulla novità e sulla diff erenza rispet-to al credo ebraico, e sul compimento dellaRivelazione, come preannunciato dai profeti;oppure, si indagava maggiormente il miraco-lo della Resurrezione e tutta la predicazionedi Gesù, cioè l’avvento e l’edifi cazione del Regno di Dio, sul carattere soteriologico delsuo sacrifi cio e su quello apocalittico del suo messaggio, vale a dire la convinzione che itempi stessero per fi nire e bisognasse atten-dere un’imminente nuova venuta del Signo-re.Solo a partire dal IV secolo, nel confrontoserrato con l’Arianesimo, la Chiesa cominciòa rifl ettere molto più diff usamente sul Natale del Signore, poiché correlato della sua Uma-nità e della sua Incarnazione. Gli Ariani, in-fatti, negavano l’attributo divino al Cristo, rite-nendolo solo un uomo prescelto. In rispostaa questa eresia, i grandi Dottori della Chiesa,ed i Vescovi, presero a concentrarsi sull’In-carnazione del Signore, Mistero della Fede,e dunque sul suo Natale. Risponde ad un taleintento il calcolo che si fece per stabilire conesattezza la data di nascita del Salvatore, inuso ancora oggi presso le Chiese Ortodos-se ed Orientali: partendo da un’antica con-vinzione che Cristo avesse vissuto 30 anni,cominciando a computare la sua età nondalla nascita, ma dall’Incarnazione (ricorda-ta da noi nella Annunciazione alla Vergine) eritenendo, per antica usanza, che la morte diGesù fosse datata il 6 aprile, si andò a ritrosoe si stabilì la nascita al 6 gennaio, data in cuila Chiesa Latina festeggia l’Epifania. Un si-mile calcolo deve avere portato alla tradizio-ne, occidentale, per cui il giorno di Natale sifesteggia il 25 dicembre, computando 9 mesidalla data in cui si ricorda l’Annunciazione,ma non vi sono fonti certe: è più probabileche il procedimento sia inverso, ossia che ladata odierna dell’Annunciazione sia stabilitain base alla data fi ssa del Natale. Molto più

verosimilmente, la Chiesa Romana ha volutocelebrare quel giorno consacrandolo al Si-gnore in risposta alle celebrazioni che i paga-ni tributavano al Sol Invictus, ossia la divinitàdel Sole, vincitore delle tenebre. Qui dobbia-mo fare riferimento al calcolo delle stagio-ni, ai moti celesti, un’abitudine che noi oggiabbiamo perso, ma che per gli antichi (ed inrealtà anche per i nostri nonni) rivestiva ungrande valore, in quanto incideva sui lavo-ri agricoli. Ebbene, tutti sanno che il giornodel Solstizio d’inverno le giornate comincia-no, prima molto lentamente, poi sempre piùvistosamente, ad allungarsi: i popoli antichi,inclusi chiaramente i pagani, in quel periododell’anno, all’incirca gli ultimi dieci giorni didicembre, celebravano con gioia proprio ilSole, che risorgeva e cominciava a “prende-re la sua vittoria” sulle tenebre.È del tutto probabile, dunque, che la Chie-sa abbia voluto fi ssare in quei giorni, la fe-stività del Natale del Signore, unico e verosole vittorioso; del resto, la celebrazione delSole era chiaramente sentita a Roma, capi-tale antica dell’Impero, mentre nella sua parsorientalis, ossia a Bisanzio, la popolazioneera decisamente più disposta ad un notevolesincretismo religioso, risentendo dell’infl usso di tante civiltà e culti, che giungevano nellanuova capitale: anche per questo il Cristia-

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nesimo ebbe un’elaborazione concettualeteologica molto più vasta nella parte orien-tale dell’Impero, anziché nella sua parte oc-cidentale. Sempre parlando di sincretismoreligioso, ossia quel fenomeno di fusioneparziale e di interazione tra i vari credo eculti, non possiamo non fare riferimento alculto del dio Mitra, che spesso viene acco-stato a Gesù Bambino. Mitra è una divinitàsulla quale molto si è scritto: probabilmentedi origine indiana, troviamo la sua fi gura nei Veda, i testi sacri dell’Induismo, risalenti adiverse migliaia di anni prima di Cristo. Eraconosciuto e venerato anche nelle terre delVicino Oriente, ed in particolare nella religio-ne persiana. Nell’Induismo egli è associatoad una delle divinità solari, che proteggonol’ordine del cosmo, ed il suo è emblema è ilpotere sacerdotale: è anche il nume tutelaredell’amicizia, dei legami e dei contratti; nel-la religione persiana, cioè lo zoroastrismo, èritenuto il giudice delle anime, ma non è ri-conosciuto come una divinità vera e propria,bensì come un essere superiore creato daldio Ahura Mazda, una sorta di “angelo” inca-ricato di proteggere la fedeltà, l’onestà, la le-galità. Aveva anche il compito di condurre leanime dei morti nell’aldilà (lo stesso concettodi paradiso è di origine persiana, e non stupi-sce che gli antichi Ebrei abbiano composto illibro della Genesi, con il racconto del giardi-no dell’Eden, ossia il paradiso terrestre, dopoil periodo esilico di Babilonia e la liberazioneoperata dai Persiani). In entrambe le civiltà,che ovviamente sono strettamente legate traloro, la fi gura di Mitra è identifi cata come una divinità della luce, e nell’ambiente persianoera anche associato alla regalità, tanto da di-venire, nel corso del tempo, il nume protetto-re del Gran Re, il sovrano dell’intera Persia.La sua nascita era fatta coincidere con il Sol-stizio d’inverno, in quanto simboleggia, comegià detto, la vittoria della luce del sole sulletenebre. In ambiente ellenistico, e dunquenella società dell’Impero Romano, del I seco-lo a.C. e, successivamente, il culto mitraicosi diff use come culto misterico: la popolazio-

ne, soprattutto delle classi più elevate, versa-va in una condizione di crisi religiosa rispettoalle antiche divinità del pantheon greco e ro-mano e ai miti, e dunque ricercò una rispostaalle sue ansie di salvezza in alcune religionimisteriche orientali, non accessibili a tutti,ma riservate a pochi eletti, oppure che preve-dessero un lungo itinerario spirituale di per-fezione. Tali erano i culti di Iside ed Osiride,il culto di Bacco, lo stesso culto di Mitra, tutteespressioni di una antichissima religiositàorientale. Mitra, per il suo attributo di vitto-rioso, fu venerato particolarmente dall’eser-cito romano. Il diff ondersi del Cristianesimo, che si scostò subito da qualunque riduzionea culto misterico, o a percorso di perfezioneper eletti, ma rivolse a tutti il suo messaggiodi salvezza off erta dal sacrifi cio della Croce, si confrontò e si scontrò con queste formereligiose, uscendone di fatto vittorioso.È poco probabile, secondo recenti studi, chei cristiani abbiano preso “in prestito” la data dinascita di Mitra, per attribuirla a Gesù, ancheperché vi erano diverse tradizione del cultomitraico, esattamente come vi furono discus-sioni circa il nascente credo cristiano; quelloche è certo è che i due culti si confrontaronoe si contrapposero, dando entrambi rispostaall’ansia di salvezza del popolo di allora e,con l’aff ermazione del Cristianesimo, alcuni caratteri dell’altro, come di altri culti paga-ni, furono assorbiti e rielaborati (del resto, èindice di questo il fatto che il copricapo deiVescovi, di derivazione orientale, si chiamiancora oggi “mitra” o “mitria”).Infi ne pare che la defi nizione del 25 dicem-bre come giorno della Natività sia stata de-cisa dal Vescovo di Roma del tempo, PapaLiberio.

Cogliamo l’occasione per augurare a tutti ilettori, da parte dell’intero gruppo Chierichettie Cerimonieri, di trascorrere serenamente enella gioia il Natale del Signore, con i miglioriauspici per l’Anno Nuovo!

I Cerimonieri Responsabili

qui in Oratorio

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Anche quest’anno si è te-nuta la giornata di scuo-la aperta sia alla scuola

primaria, sia alla secondaria diprimo grado, con lo scopo difarci conoscere e dare la pos-sibilità, a chi ne ha voglia, ditoccare con mano cosa signifi -ca far parte della nostra realtànon solo scolastica, ma anchesociale.Sabato 1 dicembre è stato entu-siasmante vedere l’impegno deibambini e dei ragazzi coinvoltiprima nell’organizzazione e poinelle attività previste nell’ar-co della mattinata. Tutti hanno

accolto l’impegno richiesto e, con un grandesorriso, hanno partecipato mostrandosi seriprofessionisti dell’ospitalità e dell’accoglien-za.Due i momenti importanti per entrambe lescuole. Per primo la presentazione dellascuola da parte del Legale Rappresentante,don Claudio Galimberti e del CoordinatoreScolastico, prof. Massimo Colciago, che han-no spiegato brevemente le fi nalità della scuo-la e lo spirito che anima tutto il personale,con la voglia di migliorare sempre nonostan-te risultati già molto buoni, come certifi cato dalle prove nazionali Invalsi. Risultati conse-guiti avendo attenzione per tutti, accogliendoe sostenendo anche chi è più fragile. Acco-glienza, sostegno, empatia, cuore, lavoro eimpegno. Queste sono le parole che tornanonei discorsi di tutte le persone che conosconola San Luigi.A seguire le Coordinatrici didattiche, VilmaLuraschi per la scuola primaria e Ottavia Tar-

qui A Scuola

ALLA SCUOLA SAN LUIGIL’OPEN DAY… UN

GRANDISSIMO SUCCESSO!!!

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sitano per la secondaria di primo grado, han-no presentato alle famiglie il PTOF e l’off erta formativa delle scuole, le attività previste eancora più nel dettaglio le fi nalità educative alla base del lavoro individuale e collettivodegli insegnanti.Mentre i genitori ascoltavano queste informa-

zioni fondamentali, a bambini e ragazzi dellefuture classi prime sono state proposte varieattività.Per la scuola primaria i bambini hanno potutosperimentare, per esempio, laboratori creatividove hanno realizzato dei bigliettini di Nata-le per le loro famiglie, il laboratorio di inglesemadrelingua, il laboratorio di scienze e quello

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dove hanno costruito, insieme con le inse-gnanti, un vero e proprio lapbook.Per la scuola secondaria sono stati organiz-zati, invece, laboratori di chimica, di informa-tica e di tecnologia, grazie ai nostri docenticoadiuvati da assistenti molto speciali: glialunni delle classi seconde e terze. Ai labo-ratori si sono aggiunte mostre allestite daglialunni di seconda, incentrate su tre importanticittà: Firenze, Londra e Madrid, con i ragaz-zi che da provetti ciceroni hanno intrattenutogli ospiti narrando le vicende di personaggiillustri come Lorenzo il Magnifi co, William Shakespeare o Cristoforo Colombo, parlan-do anche nelle lingue che studiano alla San

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Luigi: l’inglese e lo spagnolo. Non poteva cer-to mancare anche l’entusiasmo degli alunnidi prima, che hanno organizzato un torneo dipallacanestro e una mostra musicale interat-tiva, tra suoni di violino, tromba e tanti altri distrumenti, alla scoperta di un mondo di noteed emozioni.Poi, per tutti, un tour della scuola per cono-scere gli ambienti, osservare i lavori dei ra-gazzi e le mostre, aperte così anche ai geni-tori. Tante profi cue chiacchierate tra ospiti e docenti. Un aspetto sicuramente signifi cativo è il vedere come genitori con più fi gli, dopo aver scelto la San Luigi per il primo, confer-mano la scelta anche per gli altri; è una pro-va della fi ducia che le famiglie nutrono nei confronti della scuola e delle persone che laanimano. E non solo, fondamentale è ancheil passaparola tra amici, compagni, familiari,che và oltre i confi ni di Garbagnate e fa della Scuola San Luigi una realtà conosciuta e ap-prezzata anche nei paesi limitrofi , dove tanti scelgono di accogliere e condividere il pro-getto in cui noi insegnanti crediamo da quasiquarant’anni e che, ora più che mai, apparefondamentale.Le iscrizioni sono aperte, per maggiori in-formazioni consultate il sito della scuolawww.scuolasanluigi.com o contattate il nu-mero 02.9954667.

Prof.ssa Dora Meroni

qui A Scuola

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In un clima festoso e simpatico, come losanno rendere i bambini, si è inauguratasabato 1 dicembre la nuova aula “Aran-

cione” presso la Scuola dell’Infanzia di ViaRoma. L’asilo di Via Roma, come lo chia-mano i Garbagnatesi, si arricchisce di questarinnovata struttura grazie al contributo dellafamiglia di Enzo Monti (Lombarda Noleggi),che ha donato gli arredi per i piccoli, in me-moria della sua amata moglie Amina Pessa-ni Monti. Amina è stata insegnante a Milanoin una scuola montessoriana per bambini.È bello che il suo ricordo, qui a Garbagnate

dove ha vissuto e ha fi gli e nipoti, rimanga vivo. È stata apposta una targa in sua me-moria. Saluti dal Sindaco, dal Parroco: unabreve parola commossa di Enzo e poi il can-to bellissimo dei bambini “Grazie”. Quandocantano i bambini sono uno spettacolo, perla loro spontaneità e il loro interesse a farsiriconoscere. Erano presenti una novantina dibambini con le rispettive famiglie. Dopo unosfi zioso e ricco aperitivo, dulcis in fundo, il lancio di palloncini arancione con il nome diAmina, che dal cortile dell’Asilo sono volatiin cielo.

qui A Scuola

NUOVA AULA IN ASILOIN MEMORIA DI AMINA MONTI

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qui Nel tempo libero

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Nell’Antico Testamento si citano diverse“donne sunammite” perché originarie diSunem, una località del territorio della tri-

bù di Issacar, citata nel Libro di Giosuè (19,18)e rimasta famosa perché fu il campo dei Filisteiper la battaglia contro Saul (1Samuele 28,4). Lapiù nota tra queste donne è Abisag, “la giovanestraordinariamente bella” di Sunem, che “cura-va il re Davide nella sua vecchiaia e lo serviva,ma il re non si unì a lei” (1Re 1,3-4.15). Secon-do una tradizione, questa bellissima Sunammitasarebbe la protagonista del Cantico dei Canticidello stesso Salomone.Non meno signifi cativa è un’altra Sunammita che ospitò il profeta Eliseo, il quale le ottenne lagrazia di avere un fi glio e poi glielo restituì vivo dopo la sua morte prematura (2Re 4,8-36). È diquest’ultima che qui parliamo.

“Ecco io sono convinta che quest’uomo èun santo uomo di Dio”.Questa frase esprime tutta la convinzione, lacertezza e la fede di questa Sunammita, chesapeva confi dare nel suo Dio; ed è in un certo senso un po’ il cuore del racconto: “Un giornoEliseo passava per Sunem, ove c’era un’illustredonna, che lo trattenne a mangiare. In seguito,tutte le volte che passava, si fermava a man-giare da lei. Ella disse al marito: Io so che è unuomo di Dio, un santo, colui che passa sempreda noi. Facciamo una piccola stanza superiore,in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, unasedia e un candeliere; così, venendo da noi, visi potrà ritirare” (2Re 4, 8-10).Off rendo a Eliseo la sua disponibilità, sapeva di piacere a Dio. Questa donna, molto sensibi-le alle cose di Dio, aveva imparato a non darenulla per scontato nella sua vita; sapeva cheogni persona o situazione poteva essere usata

da Dio per parlare al suo cuore. Per questa ra-gione, quando vide passare Eliseo, si accorsesubito che era un uomo di Dio.Dal punto di vista umano, il comportamentodella donna potrebbe non essere capito o ad-dirittura criticato: una donna ricca, sposata, chetrattiene con premura un uomo che vede pas-sare, circondandolo di attenzioni e lo convincea fermarsi a mangiare da lei... Ma, leggendo, ciaccorgiamo subito che la fede nell’unico veroDio è il fi lo conduttore del rapporto tra il profeta e la donna. Il marito, pur non avendo la stessasensibilità e la stessa apertura della moglie ver-so le cose di Dio, viene comunque coinvolto daDio per i suoi piani.Una storia in cui viene esaltata la grandezza,la bellezza e la sovranità di Dio, che è il Diodell’accoglienza che prepara le persone e risol-ve le situazioni, il Dio della vita che vince anchela morte, il Dio del futuro che porta a compimen-to i suoi piani di salvezza per il bene del popolo.

I miracoli dell’accoglienza.Potremmo dire che all’accoglienza corrispondo-no i miracoli. E sono due i miracoli che questaaccoglienza suscita per questa Sunammita: ildono di un fi glio e la sua risurrezione, quando viene colpito dalla morte a 4 anni.Questa donna, nonostante non avesse potutoavere fi gli, perché il marito era ormai vecchio, era comunque serena. Non permise in alcunmodo al suo cuore di inaridirsi, ma continuò aespandere attorno a sé l’amore. Sapeva chesolo Dio era in grado di capirla davvero nellaprofondità del suo essere e a lui aveva affi dato ogni cosa. Ed è Dio, attraverso il suo profeta,che risponde alle attese del suo cuore.“Un giorno che passò di lì, si ritirò nella stanzasuperiore e si coricò. Egli disse a Giezi, suo ser-

qui la Parola

LA SUNAMMITA CHEONORÒ IL PROFETA ELISEO“Sono convinta che quest’uomo è un santo

uomo di Dio” (2Re 4,9)

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vo: «Chiama questa Sunammita». La chiamò elei si presentò a lui. Eliseo disse al suo servo:«Dille tu: Ecco, hai avuto per noi tutta questapremura; che cosa possiamo fare per te? C’èforse bisogno di parlare in tuo favore al re o alcomandante dell’esercito?». Ella rispose: «Iovivo tranquilla con il mio popolo». Eliseo repli-cò: «Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse:«Purtroppo lei non ha un fi glio e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chia-mò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L’an-no prossimo, in questa stessa stagione, tu strin-gerai un fi glio fra le tue braccia». Ella rispose: «No, mio signore, uomo di Dio, non mentire conla tua serva». Ora la donna concepì e partorì unfi glio, nel tempo stabilito, in quel periodo dell’an-no, come le aveva detto Eliseo” (vv. 11-17).Il bisogno di contraccambiare in qualche modol’accoglienza premurosa della donna, spinge ilprofeta a chiedere a Dio per lei il dono della ma-ternità. E così avvenne - come per Sara, mogliedi Abramo - che “la donna concepì e partorì unfi glio l’anno seguente, in quella stessa stagione come Eliseo aveva detto” (v. 17). La benedizio-ne di Dio è sempre per la vita. Nella gioia di una

madre che tiene tra le braccia il suo bambino, siesprime la gioia del Padre Iddio che ci abbrac-cia tutti in Cristo come suoi fi gli.

Il miracolo della vita nuova.Il secondo miracolo è ugualmente o forse ancorpiù signifi cativo. Richiama i miracoli di risurre-zione che Gesù ha compiuto sul fi glio della ve-dova di Naim, sulla fi glia di Giàiro, su Lazzaro da 4 giorni nel sepolcro. Così quando il bam-bino, colpito da insolazione, morì in gremboalla madre, ella non esitò un istante: “Chiamòil marito e gli disse: «Mandami per favore unodei servi e un’asina; voglio correre dall’uomo diDio e tornerò subito». Quello domandò: «Per-ché vuoi andare da lui oggi? Non è il novilunioné sabato». Ma lei rispose: «Addio». Sellò l’asi-na, si incamminò e giunse dall’uomo di Dio sulmonte Carmelo” (vv. 22-25). E qui è bene aprirela Bibbia e leggervi direttamente il drammaticoracconto.Da una parte i grandi limiti umani che si espri-mono attraverso il servo Giezi, che non sa at-tuare il comando del profeta Eliseo, dall’altra lafede forte e perseverante della donna, che non

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si ferma neppure davanti alla morte. La donnasapeva che Eliseo dipendeva da Dio, lasciandoil bambino adagiato sul suo letto nella stanzadove lui pregava e meditava: era come se aves-se messo, in certo senso, il suo bambino nellemani di Dio! Non si ferma davanti all’incompren-sione e incredulità del marito, non si lascia sco-raggiare dalla lunghezza del viaggio.“Giunta presso l’uomo di Dio sul monte, gli af-ferrò i piedi. Giezi si avvicinò per tirarla indietro,ma l’uomo di Dio disse: «Lasciala stare, perchéil suo animo è amareggiato e il Signore me neha nascosto il motivo; non me l’ha rivelato». Elladisse: «Avevo forse domandato io un fi glio al mio signore? Non ti dissi forse: Non mi ingan-nare?». Poi disse: «Per la vita del Signore e perla tua stessa vita, non ti lascerò». Allora egli sialzò e la seguì…. Eliseo entrò in casa. Il ragaz-zo era morto, coricato sul letto. Egli entrò, chiu-se la porta dietro a loro due e pregò il Signore.Quindi salì e si coricò sul bambino; pose la boc-ca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, lemani sulle mani di lui, si curvò su di lui e il corpo

del bambino riprese calore… Il ragazzo starnutìsette volte, poi aprì gli occhi. Eliseo chiamò Gie-zi e gli disse: «Chiama questa Sunammita!». Lachiamò e, quando lei gli giunse vicino, le disse:«Prendi tuo fi glio!». Quella entrò, cadde ai piedi di lui, si prostrò a terra, prese il fi glio e uscì” (vv.27-37).

Immagini per noi…Una donna in ginocchio che abbraccia i piedidel profeta e non si stanca nella sua supplica;un profeta prostrato sul corpo del ragazzo mor-to per trasfondere in lui tutta la vita, la sua equella di Dio; una donna col fi glio nuovamente vivo che corre verso il futuro; il profeta che be-nedice… Preghiera, fi ducia, certezza nel futu-ro di Dio e nella sua vita. Ognuno di noi puòscegliere per sé, tra questi atteggiamenti, quelloche meglio interpreta il suo momento presente.Perché Dio è il Dio della vita e dell’accoglienzae del futuro.

p. Tullio

qui la Parola

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Ambrogio Allievi nasce il 22 luglio 1918,un fi glio autentico di Garbagnate, cit-tà che tanto ha amato e di cui è stato

“cantore” attraverso la sua pittura; della ‘sua’Garbagnate è stato memoria storica e fontepreziosa di notizie di una civiltà che è ormaitramontata, quella dei nostri nonni e dei no-stri bisnonni. I suoi innumerevoli quadri cheraffi gurano suggestivi scorci dell’antico pae-se, oggi purtroppo quasi del tutto scomparsi,e le illustrazioni di tanti calendari della ‘sua’Familia di Baciòcch non sono solo un prezio-so ricordo del passato, ma ci sanno anchenarrare le vicende di una comunità paesanaviva ed operosa. La sua mano ci ha regala-to tele bellissime della vecchia Garbagnate,quella proprio dei baciòcch che tanto amava;Ambrogio ne sapeva scovare gli angoli piùnascosti, più caratteristici, più impensati e nefaceva amorevole oggetto dei suoi quadri. Isuoi orizzonti andavano però ben oltre i con-fi ni della sua terra e i suoi pennelli sapevano trasferire sulla tela, con freschezza e pas-sione, immagini che avevano colpito il suoanimo attento e sensibile, lo stesso che ci hasaputo regalare anche tanti bellissimi lavoridi arte sacra.

La sua carriera artistica lo aveva visto fre-quentare la Scuola Superiore degli Artefi ci di Brera, ove negli anni accademici 1938 e 1939ricevette, per le sue indubbie qualità, presti-giosi riconoscimenti. Ma lui, anima semplice,si defi niva umilmente “pittore-operaio” poi-ché, per guadagnarsi da vivere, faceva coin-cidere l’attività di pittore e quella di operaiopresso una grande fabbrica del milanese.Egli amava molto questa defi nizione che mai rinnegò anche quando divenne pittore benconosciuto al pubblico e alla critica.Lombardo schietto e grande spirito contem-plativo, si fece conoscere e si aff ermò so-prattutto come il pittore della vecchia Garba-gnate e della sua terra che, con quella delFriuli, sentiva particolarmente a lui vicina: èa Garbagnate che trascorse gran parte dellasua esistenza ed è in Friuli che, durante laseconda guerra mondiale, incontrò la donnache divenne sua moglie, la compagna di tut-ta la vita. La sua fede lo faceva assiduo allaMessa festiva e pellegrino in numerosi viaggiassieme ai suoi compaesani garbagnatesi;egli sentì sempre forte il richiamo per il sacro:sarà autore di notevoli opere che tanti di noiconoscono e che tutti noi possiamo ammira-

Avevamo fatto memoria a inizio anno di un personaggio molto caro a garbagnatesi e non, un

uomo che ha lasciato un’eredità davvero unica a chi, come noi, ama l’arte e la storia della nostra

città: Ambrogio Allievi, “el pitur da Garbagnàa”. Proprio quest’anno è ricorso il centenario della

sua nascita e il 25° dalla scomparsa. La sua ricchissima produzione artistica, impreziosisce oggi

sale di edifi ci pubblici cittadini e di tante case private; i suoi innumerevoli dipinti sacri ornano e

abbelliscono le nostre chiese. Lo vogliamo aff ettuosamente ricordare parlando della sua arte e

‘raccontando’ un suo capolavoro, forse un testamento spirituale, che ci rappresenta la storia della

salvezza dove compare la lieta novella del Natale.

AMBROGIO ALLIEVI,PITTORE

INDIMENTICABILE

storia Locale SS. Eusebio eMaccabei

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re esposti nella nostra Basilica, in Santuarioe non solo. Negli anni ‘60 fu membro dellaSocietà di Belle Arti Permanente di Milanoove ebbe modo di confrontarsi con ‘fi rme’ di grande celebrità dell’arte contemporanea: daAligi Sassu ad Attilio Rossi per citarne duesignifi cativi; è proprio esponendo alla Per-manente di Milano che si fece conoscere edapprezzare.Ambrogio Allievi è stato anche uomo di pro-fondo senso civico e grande impegno civile.Partecipò a innumerevoli iniziative di solida-rietà con donazioni a chiese, istituti religio-si, servizi di assistenza a bambini, anziani edisabili tanto che, nel 1986, l’AssociazioneFamiglia Nova di Milano gli attribuì il Pre-mio della bontà. Nel 1985 collaborò alla re-alizzazione della mostra “Società e Lavoro”organizzata dall’Assessorato alla Cultura delComune di Garbagnate con l’intento di docu-mentare la cultura locale; pittore di delicatie poetici paesaggi, seppe regalarci preziosi

dipinti e disegni della vita quotidiana di untempo tra i quali: la fi enagione, la raccolta del grano, la vita dei contadini nelle corti, il lororitrovo d’inverno nelle stalle per ripararsi dalfreddo, il lavoro nelle fornaci, i giochi dei bam-bini; parecchie di queste opere sono staterecentemente proposte in occasione dell’e-vento commemorativo della fi ne della Gran-de Guerra, organizzato da Radio Panda: “Deltempo che fu… Garbagnate 1918”. Nel 1989Ambrogio Allievi fu autore del manifesto-im-magine realizzato dall’Amministrazione Co-munale per l’apertura al pubblico della CorteValenti, centro culturale e sede della nuovaBiblioteca Comunale: nell’occasione fu insi-gnito di un prestigioso riconoscimento pubbli-co per la sua vita artistica ed il suo impegnocivile. Garbagnatese ‘doc’ e cantore del suo‘paese natale’, nel 1981 fu tra i fondatori de“La Familia di Baciòcch da Garbagnàa”, asso-ciazione locale nata per valorizzare la culturae le tradizioni garbagnatesi. Nel 1990 fondòcon altri artisti “Garbagnate Arte”, gruppo im-pegnato nella educazione e promozione dellevarie forme artistiche. Da non scordare infi -ne le sue tante collaborazioni con istituzioniscolastiche e culturali del territorio, l’organiz-zazione di varie rassegne e di visite guidatea musei e pinacoteche. La sua instancabileattività di pittore continuò fi no alla morte che lo raggiunse all’età di quasi 75 anni nel 1993.Una grande fi gura: a lui l’Amministrazione di Garbagnate ha dedicato nel 1995 una piazzadella città, proprio là ove era il vecchio cimite-ro della ‘sua’ Garbagnate.Di Ambrogio Allievi si sprecano citazioni, ar-ticoli di giornale, presentazioni, premi, se-gnalazioni e riconoscimenti artistici per lesue opere e per le mostre, sia personali checollettive, che lo hanno visto protagonista.Ecco alcuni passi di un saggio critico scrittoda Giorgio Seveso nel marzo 1995 in occa-sione di una sua mostra antologica pressoCorte Valenti (8-25 aprile 1995 nel 50° del-la Liberazione) dove il Seveso fu curatorescientifi co e critico d’Arte :“Ambrogio Allievi sirivela, con questa antologica, pittore auten-

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Ambrogio Allievi dipinge una sua opera(il quadro raffi gurato è oggi esposto in Basilica)

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tico e determinato, di schietto e consumatomestiere, di acuta contemplazione lirica delmondo, anche senza aver mai applicato pre-cetti estetici o aver seguito tendenze estra-nee alla sua sensibilità. Senza essersi maiallontanato, insomma, dalla schiettezza dellasua semplicità. Fiero della defi nizione di “pit-tore operaio” che gli era stata attribuita, egliinfatti s’è potuto scegliere, via via nel tempo,i versanti ed i riferimenti che la sua sensibilitàpiù gli suggeriva, soprattutto adeguandoli aisuoi temi preferiti, cioè al paesaggio lombar-do e soprattutto alle case e alle vie, ai cortilie alla storia della sua Garbagnate. E appuntocome per un operaio, che misura e risparmiai suoi gesti a fronte del lavoro che ha da com-piere, non avrebbe davvero avuto senso perlui, si capisce, frequentare ed esplorare altrilinguaggi oltre al suo. Ma bisognerà anchenotare, osservando la coltivata sobrietà dellasua pittura e l’interna coerenza di ogni suoperiodo, notando soprattutto quel sottilissi-mo, impalpabile fremito lirico che talvolta nepercorre e ne increspa le superfi ci, che Allievi non si è limitato alla mera contemplazione deisuoi soggetti. Voglio dire che non è solo di“sguardo” che è intessuto il suo fantasticaresulla consistenza degli oggetti o sugli sneb-

biamenti dello spazio naturalistico, poichéin molti casi s’avverte, invece, l’emergere diemozioni sotterranee, di nostalgie ed aff et-ti profondi di cui la rappresentazione fi nisce per essere, in qualche modo, solo il prete-sto. Difatti c’è nei suoi pezzi migliori, che purconservano l’equilibrio persuasivo della lorosemplicità, come la traccia di un brivido, qual-cosa che ha il senso di una trattenutissimafebbre, di una indicibile precarietà che è poi ilsegreto della loro poesia.…E, ancora, un linguaggio all’apparenzascabro e ingenuo, diretto, sobrio di conces-sioni alla preziosità e all’eleganza, rivoltosolo, dicevo, alla sostanza del sentimentoispirativo. Questa di Allievi è dunque una pit-tura di verità, che non si traveste da altro cheda sé, che non enfatizza né concettualizzala sua capacità di cogliere e trasmettere, alriguardante non frettoloso, emozioni vive ereali. Una pittura appartata, che per questonon ha motivo di concedere nulla a qualcosache non sia giustifi cato da ragioni poetiche ed espressive reali.”E, infi ne, il bellissimo commento a fi rma Tito Boselli apparso nell’aprile 1978 su Dialogotra noi a un suo capolavoro che egli conce-pì e dipinse per farne dono alla parrocchia,

un’opera eccelsa di arte e di fedeche oggi adorna la Cappella Battesi-male della nostra Basilica:“Ambrogio Allievi, lombardo schiettoe anima contemplativa, non poteva,per la sua stessa natura, non sentireil richiamo del sacro. Lo ha sentito elo ha accolto con umiltà e coscienza,pur rendendosi conto che, sempre,l’arte sacra è un arduo cimento, difronte al quale un artista onesto nonpuò giocare. Il richiamo per Allievi siè trasformato in un dovere che egliha assunto e adempiuto con dedi-zione assoluta: ne è sortito questogrande trittico che mi proverò a de-scrivere ed interpretare.Subito si avverte che l’opera, com-posta di tre grandi quadri, è il risulta-

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La “sua” Garbagnate

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to di una profonda meditazione che non esitoa defi nire teologica. Essa trae, sì, motivo dal sacramento del battesimo, ma si discosta al-quanto dall’iconografi a tradizionale: il pittore non si ferma al fatto, ma lo trascende collo-candolo al centro della storia umana; me-glio, della storia della salvezza. Il Battesimoè il primo dei sacramenti e il più necessarioperché, cancellando il peccato originale, farinascere l’uomo alla grazia: esso è perciò ilfondamento della salvezza, di quella salvez-za di cui Cristo è la via, e di cui Cristo stessosi è reso garante col suo sacrifi cio cruento. Questo è il concetto compositivo del trittico.Il primo quadro, d’ispirazione strettamenteveterotestamentaria, ci mostra il primo pec-cato, la cacciata dal paradiso, il primo omi-cidio, la condanna dell’uomo, le ansie, leangosce i traviamenti del popolo eletto; maentro un fascio di luce diafana che attraversadiagonalmente la scena ci appaiono i profeti,gli annunciatori dei castighi, ma anche dellepromesse di Dio. E annuncio di speranza èanche l’albore che rischiara l’orizzonte lonta-no. In sintesi, il quadro è la storia della cadutae della promessa.Il titolo del secondo quadro potrebbe essereLa Via della Salvezza. Nella vasta tela sonoraffi gurati i tre grandi misteri della salvezza

cristiana: la natività, il Battesimo, la crocifi s-sione, ove si manifesta chiaramente il pianodi Dio mediante la piena epifania di Gesùcome fi glio di Dio. I due primi misteri, raffi -gurazioni di intima soavità, seppure con notedi presaga tristezza, sono situati nella zonainferiore del quadro e sono l’avvio alla croci-fi ssione, la quale, posta in alto sul monte in un alone di tragedia, domina la composizionee tutto sovrasta.L’ultimo elemento del trittico potrebbe avereper titolo II Compimento o La Gloria, ed èun unico atto di due momenti: in alto, Cristo,primizia dei risorti, nella gloria della Trinità (ilPadre è raffi gurato come luce); sotto, la re-surrezione dei morti, il termine ultimo. Così sicompie il piano di Dio: dalla caduta al battesi-mo, da questo alla resurrezione.”.Alla sua morte, l’altrettanto indimenticabileCarletto Castiglioni disse: “Ambrogio ora di-pinge gli angeli belli del Paradiso”; data lacircostanza natalizia, io aggiungo: dipingeanche il più splendente Presepe che lui vedelassù….Con il ricordo di questo grande artista e gran-de garbagnatese, ci salutiamo augurando atutti un Felice Natale e un Buon Anno 2019!

Giorgio Montrasi

storia Locale SS. Eusebio eMaccabei

Il Trittico (esposto nella Cappella battesimale)

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Asettembre, con l’inizio del nuovo annosociale, è ripresa l’attività del Movimentocon l’organizzazione e la partecipazione

a varie iniziative parrocchiali religiose, culturalie di solidarietà. Sono state rinnovate le adesio-ni al Movimento (circa 40) e sono ripresi gli in-contri settimanali del Gruppo di ascolto che sisvolgono ogni giovedì alle ore 15 nella sede delMovimento; nell’incontro mensile di catechesi inCappella S. Luigi, il parroco guida la rifl essione sugli argomenti proposti dal “Sussidio formativoper i Gruppi 2018-2019” (il testo monografi co è “Tutti cercatori di gioia”, articolato in sei incon-tri con tema specifi co: 1. Il bisogno di gioia nel cuore di tutti gli uomini; 2. Annuncio della gioiacristiana nell’Antico Testamento; 3. La gioia se-condo il nuovo testamento; 4. La gioia nel cuoredei santi; 5. Una gioia per tutto il popolo; 6. Lagioia e la speranza nel cuore dei giovani). Gliincontri sono aperti a tutti.Meritevoli di menzione sono alcune delle inizia-tive realizzate nell’anno: il soggiorno estivo almare a Montesilvano, organizzato come ognianno da Angelina Tauro, il mercatino di Nata-le per la vendita di manufatti nei giorni 8 e 9dicembre presso la cappella S. Luigi, organiz-zato dalle socie del Movimento; la festa degliottantenni, organizzata, per i nati del 1938, il 15dicembre con la celebrazione della S. Messadi ringraziamento e a seguire un momento diaggregazione e convivialità: Il Movimento 3°Età

ringrazia tutte lepersone che sisono impegna-te nella buonariuscita dell’ini-ziativa. Nume-rosa è stata lapresenza degliottantenni e deiloro familiari.

A dicembre laChiesa ricordadue santi Padri,

uno della Chiesa d’oriente e uno della Chiesad’occidente, conosciuti e venerati in tutto il mon-do cristiano: il giorno 6, San Nicola (vescovo diMira in Oriente) ed il giorno 7, Sant’ Ambrogio(arcivescovo di Milano). Ai due santi è dedi-cata questa preghiera (tratta dalla tradizione):“Regola di fede e immagine di mansuetudine,maestro di continenza ti designò al tuo greggela verità dei fatti: e in vero con l’umiltà hai rag-giunto le vette più eccelse, con la povertà veraricchezza. Padre santo Nicola (o Ambrogio)prega Cristo Dio di salvare le anime nostre”. Ilricordo di questi due Santi Padri della Chiesaindivisa (primo millennio) mi suggerisce di ri-chiamare l’attenzione sulla “Settimana di pre-ghiere per l’unità dei cristiani”, che ogni annoviene celebrata dal 18 al 25 gennaio e che perl’anno 2019 ha come tema “Cercate di essereveramente giusti” (Deuteronomio 16,18 – 20).Programmi e sussidi per tale iniziativa ecumenicasaranno resi noti in tempo utile in tutte le parrocchie.Non posso fare a meno di porgere infi ne a tutti i lettori di DIALOGO gli auguri di Buon Natalein maniera originale con una preghiera e dueicone. La preghiera è dedicata alla Madonna ilgiorno di Natale e le parole sono ornate da unaantichissima melodia bizantina:“Esalta, o animamia, Colei che è più onorabile e più gloriosadelle schiere celesti. Contemplo mistero mera-viglioso ed incredibile: cielo è spelonca, tronocherubico la Vergine, la mangiatoia culla in cuiè adagiato Dio infi nito che inneggiando magni-fi chiamo”. Una icona mostra Gesù Bambino inuna culla (copia di un aff resco di una chiesa dell’Albania) l’altra icona mostra invece tutta lacoreografi a ed i personaggi del presepe.

Calogero Raviotta

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Luisa Vassallo, Egidio Bandini“LA CUCINA DI DON CAMILLO. Ricette, menue vini dal mondo di Guareschi”

“DON CAMILLO, UNPASTORE CON L’ODO-RE DELLE PECORE”

Cofanetto - Pag. 326

€ 19,90

Edizioni Ancora - Novembre 2018

Una rilettura dell’opera di Guareschi, del quale si ricor-deranno nel 2018 i 110 anni dalla nascita e i 50 annidalla morte. A novembre 2015 papa Francesco ha citatodon Camillo come modello di prete-pastore per il mondodi oggi. “La cucina di Don Camillo. Ricette, menu e vinidal mondo di Guareschi” Si sono seduti tutti su comodepoltrone l’autrice, Giovannino, Don Camillo e... Peppo-ne. Hanno gustato strozzapreti e spongata di Brescelloe poi stracotti, stufatini... non è mancato il culatello. Fra i

ricordi della Bassa e di Lambrusco un bicchierino hanno scritto un ricettario che è proprioun gioiellino. E per voi, lettori buongustai, qualcosa in più: abbinamenti con vini, ristorantiscelti e ottimi menu.

Papa FrancescoAVE MARIAIl Santo Padre ci racconta il mistero di Maria con le parole del-la preghiera più amata

Pag. 160

Rizzoli – Editrice Libreria Vaticana

€ 16,00

“Ave, Maria, piena di grazia”: così comincia la preghiera checi viene insegnata fi n da bambini e che, soprattutto nelle diffi -coltà, riaffi ora sulle labbra e nei cuori. “Dio saluta una donna, la saluta con una verità grande: ‘Io ti ho fatto piena del mioamore, piena di me, e così come sarai piena di me sarai pie-na del mio Figlio e poi di tutti i fi gli della Chiesa’. Ma la grazia non fi nisce lì: la bellezza della Madonna è una bellezza che dà frutto, una bellezza madre.” In questo nuovo libro, PapaFrancesco aff ronta il mistero di Maria...

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DON GIUSEPPE FERRARIO(DON PEPPINO)(1927 – 2018)Lo scorso 9 dicembre, all’età di 91 anni è tornato allaCasa del Padre don Giuseppe Ferrario, che tutti noi ab-biamo conosciuto e ricordiamo come don Peppino.Nato a Cairate in provincia di Varese il 7 settembre 1927e ordinato sacerdote il 3 giugno del 1950, prete novellofu inviato a Garbagnate come coadiutore per l’Oratoriomaschile (o, come si dice oggi, come vicario parroc-chiale per la pastorale giovanile) quando Parroco dellaParrocchia dei SS. Eusebio e Maccabei era Mons. Am-brogio Legnani. Con lui avrebbe condiviso sino al 1961un’intensa missione negli anni diffi cili della ricostruzione, che seguivano i terribili anni della guerra. Succedendo adon Giacomo Gervasoni, fi gura “epica” della storia ora-toriana garbagnatese, don Peppino dimostrò da subitogrande disponibilità e capacità di coinvolgimento siadei giovani già inseriti, sia dei bambini che si aff acciavano alla bellissima esperienza oratoriana. Sempre forte e costante fu il suo richiamo alla spiritualità e il suo stimolo per la frequenza alleSacre funzioni e ai Sacramenti. Sostenne le Associazioni cattoliche che raccoglievano piccoli egrandi; altrettanto intenso fu il suo impegno nelle innumerevoli iniziative che seppe promuovereper i giovani: istituì la “Festa dell’Oratorio”, ancora oggi annuale appuntamento che viviamo con

tanto entusiasmo e partecipazione; incorag-giò le recite amatoriali di opere teatrali inter-pretate dai ragazzi dell’Oratorio; diede ancheavvio all’iniziativa del Carnevale garbagna-tese, momento di impegno creativo per i piùgrandicelli e ricreativo per tutti. Non mancò divalorizzare le qualità atletiche dei ragazzi conl’organizzazione di partecipati tornei di calcio,pallavolo e ancora altro. Il suo fu un Oratoriodavvero vivo e davvero attraente per i giovanigarbagnatesi di quel tempo.Nel 1961 fu inviato, come vicario parrocchia-le, a Milano presso la parrocchia di SantaFrancesca Romana. Dal 1972 fu direttorespirituale presso il Pensionato San Carlo diMilano e Pro-cancelliere arcivescovile. Dal1980 al 1991 fu Responsabile dell’Uffi cio Economato della Curia e dal 1993 al 2001Amministratore parrocchiale di S. StefanoProtomartire a Bardello (Varese).Lo ricordiamo con aff etto e con una preghie-ra.

RICORDATI, SIGNORE, del nostro fratello

Don Peppino e il parroco don Legnani a inizio anni ‘50

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