Anno VIII - Semestre II n. 4 - Dicembre 1991 N. 28 ... · Il Deicidio pag. 3 Tempo di Natale pag....

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Periodico - Organo Ufficiale dell’Associazione Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36 - Telef.: 0161/849335 - 10020 VERRUA SAVOIA (TO) - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco Ricossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino Anno VIII - Semestre II n. 4 - Dicembre 1991 N. 28

Transcript of Anno VIII - Semestre II n. 4 - Dicembre 1991 N. 28 ... · Il Deicidio pag. 3 Tempo di Natale pag....

Periodico - Organo Ufficiale dell’Associazione Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36 - Telef.:0161/849335 - 10020 VERRUA SAVOIA (TO) - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco Ricossa- Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino

AAnnnnoo VVIIIIII -- SSeemmeessttrree IIII nn.. 44 -- DDiicceemmbbrree 11999911 NN.. 2288

EEddiittoorriiaallee“Shalom”, “mensile ebraico d’informa-

zione” (30 settembre 1991 - Tishri 5752 -pag. 17) ha dedicato un articolo (non firma-to) al n. 26 di “Sodalitium”, articolo inseritonella rubrica “Antisemitismo”.

“Non siamo all’epoca dell’Inquisizionema nel giugno del 1991” commenta la rivistaebraica con stupore, “…e tutto questo si puòleggere su un giornale cattolico di Torino”.Quello che deve stupirci non è tanto che unarivista cattolica esponga la dottrina dellaChiesa su un dato problema (nel caso quelloebraico), ma che questo fatto possa sembra-re incredibile nel giugno del 1991. “Cristo èlo stesso, ieri, oggi e nei secoli” (Ebr. XIII,8). La sua dottrina è la stessa nell’epoca apo-stolica, in quella di S. Giovanni Crisostomo,“ai tempi dell’Inquisizione” (XIII - XX seco-lo) e nel giugno del 1991. Sarà la stessa finoalla fine del mondo, nonostante il Vaticano II.

Questa dottrina non è “l’antisemitismo”,come sostiene “Shalom”, ma il Cri–stianesimo. Noi non siamo innanzi tutto “an-ti” qualcuno o qualche cosa. Noi siamo, pergrazia di Dio, per la Religione rivelata, laReligione Cattolica. È solo perché siamo perla Religione Cattolica che, in conseguenza,siamo contro i suoi nemici. A questo propo-sito, facciamo nostra la preghiera dellaChiesa nelle Litanie dei Santi: “Ut inimicosSanctæ Ecclesiæ humiliare digneris, Te roga-mus audi nos” (“Perché Vi degniate di umi-liare i nemici della Santa Chiesa, Vi preghia-mo, ascoltateci Signore”).

Il primo nemico essendo il peccato, lot-tiamo contro quello, in noi e negli altri, conun’attenzione particolare al peccato dei no-stri tempi, quello contro la Fede.

Qualcuno potrebbe obbiettarci che sa-rebbe forse meglio non parlare più della

questione, ma di interessarci piuttosto al pe-ricolo islamico. Mons. Lefèbvre aveva sceltoquesta strada. Il gen. Leconte, fondatore del-la rivista “Courrier de Rome” e amico delvescovo tradizionalista, racconta in una com-mossa rievocazione che Mons. Lefèbvre, “sediffidava dell’aggressività dei mussulmani,non era per nulla antisemita”. Anzi, prose-gue il generale, abbiamo parlato a lungo as-sieme della questione di Gerusalemme intermini che non si suppongono anti israelia-ni, giacché il generale stesso si qualifica co-me “presidente, per molti anni, dell’Asso-ciazione France - Israel” (“Adieu cherMonseigneur” in Controverses, Friburg, n.30 pag. 6 aprile 1991). Malgrado ciò Mons.Lefèbvre non sfuggì alla LICRA (Lega con-tro il razzismo e l’antisemitismo). L’associa-zione ebraica lo denunciò per aver offesol’Islam, e la condanna del tribunale lo colpìsenza neppure rispettare le sofferenze di unmoribondo.

La vicenda può far riflettere (tra l’altro)sulla troppo enfatizzata opposizione tra le“due grandi religioni monoteiste”. In ognicaso il pericolo islamico esiste, tanto più og-gigiorno, e non è detto che non ne parlere-mo in futuro. Abbiamo dato però la prece-denza allo studio del pensiero cattolicosull’ebraismo perché sono gli Ebrei, e non lealtre genti, ad essere stati scelti da Dio, comepopolo messianico e ad aver rigettato, nelsuo insieme, salvo un “piccolo resto”, il Dio- Messia. Perciò essi sono unici nella storiadel mondo, nel bene e nel male.

La nostra rivista non si ridurrà a trattaredi un solo tema, si rassicurino i lettori.Continuerà però a propagare le verità rivela-te anche nel 1991 e 1992, e specialmentequelle verità di cui c’è più bisogno perchémeno testimoniate e più combattute.

Dice il Signore: “Per questo sono nato eper questo sono venuto nel mondo, per ren-

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SSOOMMMMAARRIIOO

EEddiittoorriiaallee ppaagg.. 22IIll DDeeiicciiddiioo ppaagg.. 33TTeemmppoo ddii NNaattaallee ppaagg.. 1111““IIll PPaappaa ddeell CCoonncciilliioo”” ppaagg.. 1199NNoottaa ssuull ddiiggiiuunnoo ppaagg.. 2288LLaa VViiaa RReeggaallee ppaagg.. 3300

dere testimonianza alla verità. Chiunque èper la verità ascolta la mia parola” (Giov. XVIII, 37). “Chi è da Dio ascolta la paroladi Dio; se voi non ascoltate è perché non sieteda Dio” (Giov. VIII, 47).

IILL DDEEIICCIIDDIIOO di don Curzio Nitoglia

LL’’UUCCCCIISSIIOONNEE DDII CCRRIISSTTOO SSEECCOONNDDOOSSAANN TTOOMMMMAASSOO

San Tommaso d’Aquino tratta esplicita-mente il problema della responsabilitàmorale dei giudei nella crocifissione di NostroSignor Gesù Cristo. Nella Somma Teologica(III, q. 47, a.5), infatti, si domanda ‘Se i carn-efici di Nostro Signore lo conoscessero comeil Cristo’ e risponde con una distinzione cheseguiremo per tutto l’articolo: I MAG-GIORENTI (principes judeorum) “lo conob-bero come Cristo... essi infatti vedevanoavverarsi in Lui tutti i segni predetti dai pro-feti. Ma essi non conobbero il mistero dellasua DIVINITÀ... Però bisogna notare che laloro IGNORANZA NON LI SCUSAVA daldelitto perché si trattava di IGNORANZAAFFETTATA. Essi infatti vedevano i segnievidenti della della sua divinità, ma PER O-DIO E PER INVIDIA verso Cristo li travisa-vano, e così NON VOLLERO CREDEREalle sue affermazioni di essere il Figlio di Dio....Essi dissero a Dio ‘Allonta-nati da noi nonvogliamo conoscere le tue vie’ (Iob. 21, 14).Mentre IL POPOLO (i minores) ... NONconobbe PIENAMENTE NÉ che Egli eraCRISTO, NÉ che era il FIGLIO NATU-RALE DI DIO” (In corpore).

Anche nel commento alla prima Epistolaai Corinti San Tommaso scrive: “I PRÌNCIPIdei giudei SAPEVANO CON CERTEZZACHE ERA IL CRISTO PROMESSO DAL-LA LEGGE... Ma il fatto che fosse VEROFIGLIO DI DIO, non lo sapevano certa-mente ma lo CONGETTURAVANO; peròtale congettura era OSCURATA in loroDALLA INVIDIA E DALLA CUPIDITÀdella loro gloria che vedevano essere diminui-ta dalla eccellenza di Cristo “(in I am ad Cor,cap.2, lect. 2 n°93, Marietti, Torino l953).

OOBBIIEEZZIIOONNII EE RRIISSPPOOSSTTEE

San Tommaso stesso si muove più o-biezioni alle quali risponde in maniera esausti-va. “Si affaccia a questo punto una obiezione:se non uccisero la divinità (che in Cristo nonmorì), i giudei sono colpevoli soltanto di sem-plice omicidio (e non di DEICIDIO ndr). Alche rispondo: Se qualcuno insudicia inten-zionalmente la veste del Re, non viene consid-erato colpevole di reato allo stesso modo chese ne avesse imbrattato la persona? Perciòsebbene non abbiano ucciso la natura divina diCristo (cosa impossibile), GLI AUTORIMORALI DELLA MORTE DI GESÙHANNO MERITATO, in base alle loro inten-zioni, UNA GRAVISSIMA CONDANNA....Chi lacerasse un decreto regio, attenta allastessa maestà regale; e quindi IL PECCATODEI GIUDEI È DI TENTATO DEICIDIO”(In Symb. Ap.,a. 4, n° 912, Opuscola theologi-ca; De re spirituali, Marietti, Torino 1954).

Si noti inoltre che per il mistero del-l’Unione Ipostatica, la natura umana diCristo sussisteva nella Persona divina delVerbo, quindi è lecito dire che gli ebrei uc-cisero Dio, anche se non scalfirono neppurela sua natura divina, ma colsero soltantoquella umana. ‘Actiones et passiones suntsuppositorum’ insegna la sana filosofia.

Così il Santo conclude questo articolodella Somma Teologica: “Vedendo i giudei lemirabili opere di Cristo, PER ODIO, NONVOLLERO AMMETTERE CHE EGLIERA IL FIGLIO DI DIO” (ad 2um).

La loro fu dunque una IGNORANZAAFFETTATA che non scusa dalla colpa, ma

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Gesù davanti ad Anna

LLaa qquueessttiioonnee eebbrraaiiccaa

piuttosto L’AGGRAVA: infatti essa di-mostra che uno è talmente intenzionato apeccare, che preferisce rimanere nell’igno-ranza per poter fare il peccato. “ET IDEOJUDEI PECCAVERUNT,NON SOLUMHOMINIS CHRISTI, SED TAMQUAMDDEEII CCRRUUCCIIFFIIXXOORREESS” (S.T., III, q.47, a.5,ad 3um).

A questo punto ci si può muovere facil-mente un’altra obiezione con le parole stessedi Nostro Signor Gesù Cristo: “Padre PER-DONA LORO, perché NON SANNO quel-lo che fanno” (Lc. XXIII, 34).

S.Beda spiega: “Prega PER COLOROCHE NON SAPEVANO QUELLO CHEFACEVANO” (6 Expositio super Lu–cam 23, 34).

S. Tommaso a sua volta dice: “La scusapronunciata dal Signore si riferiva NON AICAPI dei giudei, MA ALLA GENTE DELPOPOLO” (S.T., III, q.47 a.6 ad 1um) e nel‘corpo dell’articolo’ prosegue: “I CAPI deigiudei conobbero che Gesù era il Cristo: e sevi fu in essi ignoranza, fu IGNORANZAAFFETTATA, CHE NON POTEVA S-CUSARLI. Perciò il loro peccato fu gravissi-mo... LA MASSA invece del popolo giu-daico commise un peccato gravissimo quan-to al genere:DIMINUITO però IN PARTEdalla ignoranza non affettata” (In corpore).

Si noti inoltre che Nostro Signore dice:“PERDONA loro”; quindi presuppone unpeccato, altrimenti non chiederebbe di per-donare ove non vi fosse colpa. “Se chiedevaper essi perdono, vuol dire che la loro colpac’era: e la richiesta del PERDONO equival-eva alla richiesta al Padre di DONARELORO LA GRAZIA DEL PENTIMENTOe della CONVERSIONE” (P. C. LANDUC-CI: Miti e realtà, ed. La Roccia, Roma 1968,p.258). S.Tommaso conclude perciò il ‘sedcontra’ con queste parole lapidarie: “IISSTTII(judei) DDEEUUMM CCRRUUCCIIFFIIXXEERRUUNNTT”.

LL’’UUCCCCIISSIIOONNEE DDEELL VVEERRBBOO

Viene spontaneo chiedersi a questo pun-to: “Ma allora i Capi dei giudei sapevanoche la Persona che crocifiggevano era Diostesso incarnato, la seconda Persona dellaSS.Trinità?”

È ancora S.Tommaso a risovere il dubbio,naturalmente con un “Distinguo”.

“PRIMA DEL PECCATO ORIGI-NALE l’uomo ebbe FEDE ESPLICITA del-l’INCARNAZIONE DI CRISTO... non in

quanto era ordinata a liberare dal peccatocon la Passione e la Risurrezione, perchél’uomo non prevedeva il suo peccato. Invecesi arguisce che credeva nell’Incarnazione delVerbo (in quanto ordinata alla pienezza del-la gloria) dalle parole: ‘L’uomo lascerà suopadre e sua madre e si stringerà alla moglie’(Gen. II, 24). Parole che secondo S.Paolo s-tanno ad indicare il ‘gran mistero in Cristo enella Chiesa’ (Ef. V, 32); mistero che non ècredibile che Adamo abbia ignorato (S. Th.II II q. 2, a.7 In corpore).

In breve quando Dio parlò ad Adamo delMatrimonio gli spiegò che era una figuradell’unione di Cristo e della Chiesa; glidovette spiegare quindi allora il mistero del-la Trinità ed Unità di Dio e quello dell’Incar-nazione del Verbo.

“DOPO IL PECCATO ORIGINALE -prosegue S. Tommaso- IL MISTERO DEL-L’INCARNAZIONE FU CREDUTO ES-PLICITAMENTE ANCHE RISPETTOALLA PASSIONE E RESURREZIONE,con le quali l’umanità viene liberata dal pec-cato... Altrimenti gli antichi non avrebberoprefigurato la Passione di Cristo con i sacri-fici... E di questi sacrifici i MAGGIORENTI(principes Judeorum) conoscevano ES-PLICITAMENTE il significato; mentre ilpopolo ne aveva soltanto una conoscenzaconfusa” (ib. In corpore). Perciò i prìncipidei giudei avevano una conoscenza esplicitadel mistero dell’Incarnazione Passione eMorte del Verbo.

Quanto poi al mistero della Trinità S.Tommaso risponde: “FIN DAL PRINCIPIOfu NECESSARIO per salvarsi CREDEREIL MISTERO DELLA TRINITÀ. ...Non èpossibile credere esplicitamente il mistero diCristo, senza la fede nella Trinità... PerciòPRIMA DI CRISTO IL MISTERO DEL-LA TRINITÀ FU CREDUTO COME ILMISTERO DELL’INCARNAZIONE ecioè ESPLICITAMENTE DAI MAG-GIORENTI ed IN MANIERA IMPLICITAe quasi velata DALLE PERSONE SEM-PLICI” (II II q.2, a 8 In corpore).

Lo stesso concetto è ripreso nel ‘Com-mento alle Sentenze’: “Dopo il PeccatoOriginale, prima dell’Avvento di Cristo, al-cuni avevano la FEDE ESPLICITA nelRedentore, ai quali era stata fatta una RIV-ELAZIONE SPECIALE, ed essi erano iMAJORES. Altri invece, come i MINORESavevano una FEDE IMPLICITA (nelRedentore) NELLA FEDE DEI MA-

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JORES” (In 3° Sent., dist.25, q.2, a.2, qcq.2).Ed ancora: “Sia prima che dopo il PeccatoOriginale fu necessario che i MAJORESAVESSERO UNA FEDE ESPLICITANELLA TRINITÀ; non fu tuttavia neces-sario per i minores dopo il peccato. ... E sim-ilmente dopo il Peccato Originale fino altempo della grazia i MAJORES erano tenutiad AVERE LA FEDE ESPLICITA NELREDENTORE, i MINORES inveceSOLTANTO IMPLICITA o nella fede deipatriarchi e dei profeti” (De verit. q.14, a.11,Rdq).

Ancora nel commento alla Epistola agliEbrei S.Tommaso afferma: “Alcuni più esplicitamente (credevano alla Trinità, ndr),ed erano i majores ai quali fu fatta ALI-QUANDO REVELATIO SPECIALIS”(Ad Haebr. cap.XI lectio II n°576, Marietti,Torino 1953).

MMIISSTTEERROO DD’’IINNIIQQUUIITTÀÀ

I prìncipi dei giudei sapevano perciò chela Persona che stavano crocifiggendo era laseconda Persona della SS.Trinità, Vero Diocome il Padre e lo Spirito Santo, incarnatosiper la salvezza dell’uomo, ma per OR-GOGLIO, ODIO, INVIDIA, non volleroammetterlo. Come è possibile una cosa delgenere? Ebbene, “nihil sub sole novi”. GiàLucifero aveva peccato ad occhi aperti, nonper un errore (che nell’Angelo non è possi-bile in quanto intuisce e non deve ragionare)ma per una INCOSIDERAZIONE AT-TUALE (come dicono i teologi), vale a direin quanto scelse un bene creato qualsiasi (lapropria eccellenza), non ordinandolo ad unBene superiore: il Summum Bonum o la glo-ria di Dio (cf. ZUBIZZARRETA: The-ologia dogmatico-scholastica, vol.II, De DeoCreatore, n° 900-902, ed.4ª, Editiones elCarmen, Vitoria 1948). Il suo fu un peccatodi SUPERBIA accompagnato da un peccatodi INVIDIA, in quanto l’Angelo stimò chel'eccellenza di Dio fosse un impedimento al-la sua propria e fece tutto ciò non spinto dal-la passione o per fragilità, ma con estremalucidità e conoscenza e perfetta adesionedella volontà. Come è possibile ciò? MIS-TERIUM INIQUITATIS! Anche nella dan-nazione che è un male in sé, l’Angelo hapreferito vedere una parte di bene appar-ente (ai suoi occhi): la caparbietà di rivoltar-si a Dio, di “affermarsi” e di dire NONSERVIAM! “Gli Angeli ribelli, gonfiatisi

della propria beatitudine naturale, scelserola propria perfezione come beatitudine suffi-ciente e bastante a se stessi senza sottomis-sione e ordine a Dio” (ZUBIZZARRETAib.) Da allora il diavolo ha continuato atentare l’uomo, da Adamo ai nostri giornicon l’orgoglio e l’invidia, sussurrandogli al-l'orecchio che può bastare se stesso, che nonha bisogno di adorare Dio.

‘Eritis sicut dii’; così i prìncipi dei giudeipreferirono la propria eccellenza a quella delVerbo Incarnato e lo misero in Croce.

IILL DDEEIICCIIDDIIOO SSEECCOONNDDOO UUNN EEBBRREEOOCCOONNVVEERRTTIITTOO

Vediamo ora (affinché non ci si accusi diantisemitismo) come proprio un ebreo con-vertito spiega il peccato di DEICIDIO.

“Abbagliati dalla luce che emanava daNostro Signor Gesù Cristo, ma PERTI-NACI, COME lo erano stati LUCIFERO egli Angeli ribelli (i prìncipi dei giudei) NONVOLLERO decidersi a riconoscere comeMessia un uomo il cui aspetto umiliato con-trariava i loro sogni di ambizione, e le suevirtù i loro vizi. ... Si decisero di sbarazzarsi...del vero Messia che era loro di peso. Oramaiaccecati di odio avrebbero terminato di com-piere tutte le profezie riguardo al Messia...fino alla sua crocifissione. Fu allora che du-rante tre anni fermentò nel loro CUOREINDURITO ED OSTINATO, il piano infer-nale previsto nei minimi dettagli dal librodella Sapienza: ‘Facciamo cadere il Giustonelle nostre trappole, perché ci rimproverala violazione della Legge e perché ci umiliadenunciando le colpe della nostra condotta.... La sola sua vista ci è diventata insopporta-bile poiché la sua vita non è come quelladegli altri... ci considera come vanitosi....CONDANNIAMOLO ALLA MORTEPIÙ INFAME’ (Sap. II, 12-21). ... Tuttavia ilMessia ...aveva deciso di tentare,in un ultimosforzo d’amore, di strapparli al loro acceca-mento. ...Caifa si alza e con voce solennechiede a Gesù: ‘Ti scongiuro nel nome delDio vivente di dire se tu sei il Messia, il figliodel Dio benedetto’.

E Gesù gli rispose: ‘IO LO SONO’... Tut-ti i membri del Sinedrio si alzarono gridando‘È degno di morte’ ...I Capi del popolo han-no dunque PIENAMENTE CONOSCIUTOCHE GESU’ ERA IL MESSIA. Ciò chehanno IGNORATO era che il Messia fosseanche il Figlio naturale di Dio.... Tuttavia

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questa IGNORANZA della divinità delMessia NON POTREBBE SCUSARE iCapi del popolo. ...In loro infatti questa IG-NORANZA NON ERA INVOLON-TARIA... O COMPATIBILE CON LABUONA FEDE... NO! QUESTA IGNO-RANZA DELLA DIVINITÀ DEL MES-SIA ERA COLPEVOLE. ...Ma siccomeNON LO VOLEVANO COME MESSIA,BENCHÉ SAPESSERO CHE LO ERA...di partito preso, CHIUSERO GLI OCCHIDAVANTI ALLE PROVE DELLA SUADIVINITÀ... di modo che non vollero nep-pure esaminare se Gesù il Messia potesse es-sere il Figlio di Dio (Figlio di Dio per naturae non per adozione). ...È ciò che in linguag-gio teologico si chiama l’IGNORANZAAFFETTATA. Nell’atto del DEICIDIO vi èdunque a carico del Sinedrio una duplicecolpa: CONOSCENZA CHIARA CHEL’UOMO CHE INCHIODAVANO allaCroce ERA IL MESSIA E IGNORANZACOLPEVOLE CHE FOSSE DIO”. [A. LE-MANN: Histoire complète de l’idée messian-ique (1909), Reimpression: Compagnons- deSaint Michel, Belgique 1974, pp. 394-401].

Come è facile vedere la spiegazione dat-aci è la stessa che ha fornito S.Tommaso, enon è assolutamente antisemita.

LLAA CCOOLLPPEEVVOOLLEEZZZZAA DDEELLLLAA FFOOLLLLAA

Il peccato di Deicidio è da attribuirsi quin-di ai Capi del popolo in maniera molto grave.

LA FOLLA tuttavia HA IGNORATOIN MODO COLPEVOLE, in quanto TALE

IGNORANZA ERA VINCIBILE,che Gesùfosse il Messia e il Figlio di Dio.

Però la SCUSA DELLA FOLLA è cheFU INGANNATA e precipitata nell’ignoran-za DAL SINEDRIO. La folla perciò èMENO COLPEVOLE dei Capi MAOGGETTIVAMENTE SEMPRECOLPEVOLE. Quando infatti Pilato con-cede ai giudei di crocifiggere Gesù e dice:“Sono innocente della morte di questo giusto”rende l’ebraico “naqî min”, cioè “la respons-abilità è vostra” e la folla rispose: “Che il suosangue ricada su di noi”. Tale espressione «èuna presa di responsabilità. ...Queste parolesignificano: ‘che la responsabilità sia tuttanostra e dei nostri figli’! ...Così intesa, larisposta dei giudei è la risposta tipica alle ul-time parole di Pilato: “Io sono innocente (nonresponsabile) del sangue di questo giusto”. Igiudei gli rispondono per liberarlo da ogni re-sponsabilità: ‘noi e i nostri figli saremo re-sponsabili del suo sangue’». (F. SPADAFO-RA: Pilato, Istituto Padano Arti Grafiche,Rovigo 1973, pp.129-130).

LL’’OOPPIINNIIOONNEE DDII MMAARRIITTAAIINN

Lo stesso Jacques Maritain, pur conmolte inesattezze, afferma tale dottrina.

«L’espressione ‘colpabilità tragica’ è ap-prossimativa e deficiente (riguardo alDeicidio, ndr) poiché è analoga al concettodi fatalità. Ma... la colpa non è fatale. ...Lalibertà umana ...fa liberamente... il male cheDio ha deciso di permettere ab aeterno...LA LIBERTÀ E LA RESPONSABILITÀSUSSISTONO (NELLA CONDANNA DIGESÙ CRISTO, ndr) e PER CON-SEGUENZA LA COLPA è stata quella diun numero ristretto di persone, i prìncipi deisacerdoti: e in una certa misura la folla di al-lora, cieca e crudele come lo erano stati gliassassini dei profeti.

I CRISTIANI ...HANNO BUONE RA-GIONI PER CHIAMARE QUESTO PEC-CATO UN CRIMINE DI DEICIDIO: LOERA DE FACTO . ... I cristiani credono chea causa dell’accecamento dei suoi capi spiri-tuali, Israele abbia fallito la sua missione eche i giudei siano stati privati dell’esercizioattuale dei loro privilegi, e siano stati abban-donati al mondo, e che resteranno cosìspodestati fino a che non crederanno nelloro Messia che hanno crocifisso» (J. MARI-TAIN: Le mystère d’Israel, Desclée DeBrouwer, Paris 1965, pp. 213-216 ).

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Gesù davanti a Pilato

LL’’OOPPIINNIIOONNEE DDII MMOONNSS.. SSPPAADDAAFFOORRAA

“Ogni tentativo fatto ...di limitare la pienaRESPONSABILITÀ COLLETTIVA DEIGIUDEI, Capi e popolo, NELLA CON-DANNA A MORTE ...di NOSTRO SIG-NOR GESÙ CRISTO ...CONTRASTACON tutta LA DOCUMENTAZIONE DEINOSTRI QUATTRO EVANGELI. Equesto vale... per tutto il popolo giudaicoche... ratificò completamente, in pieno, lasentenza dei suoi Capi, opponendo dapper-tutto... questa resistenza feroce alla Chiesanascente e continuando nei discepoli di Gesùl’opera di persecuzione a morte. Nelle paroledi Gesù, nel racconto dei quattro Evangelisti,risulta ineccepibilmente laRESPONSABILITÀ COLLETTIVA, perquel PRINCIPIO DI SOLIDARIETÀ, ered-itato da tutto il VecchioTestamento...” (F. S-PADAFORA: Cristianesimo e giudaismo,ed.Krinon, Caltanissetta 1987,1ª ed p.64).

LL’’OOPPIINNIIOONNEE DDII MMOONNSS.. CCAARRLLII

Perciò se da una parte è pur vero chesoltanto una parte del popolo giudaico (inte-so in senso etnico-politico) vivente ai tempidi Gesù in Palestina e nella Diaspora abbiapreso parte attiva alla crocifissione fisica diGesù, «Non rimane scagionato da colpa o dapena il GIUDAISMO la religione giudaica,cioè il popolo INTESO IN SENSO RELI-GIOSO! ... A me sembrano essere nel vero inumerosi e valenti esegeti i quali vedono e-mergere chiaramente da tutta l’economiadel Vecchio Testamento... IL PRINCIPIODELLA ‘RESPONSABILITÀ COLLET-TIVA’ nel bene come nel male. ... L’interopopolo è ritenuto responsabile e quindipunito, per i delitti commessi ufficialmentedai suoi Capi, anche quando gran parte delpopolo ne sia estranea. Ritengo legittimopoter affermare che TUTTO IL POPOLOGIUDAICO dei tempi di Gesù -INTESOIN SENSO RELIGIOSO, cioè quale collet-tività professante la religione di Mosè- FURESPONSABILE in solidum DEL DELIT-TO DI DEICIDIO, quantunque soltanto iCapi, seguiti da una parte degli adepti, ab-biano materialmente consumato il delitto...

LA SENTENZA DI CONDANNA FUEMANATA DAL CONCILIO (Jo.XI, 49sg.),cioè dal massimo organo autoritativodella religione giudaica. ...Fu il sacerdozio a-ronitico, ...a condannare il Messia. È

LECITO, pertanto, ATTRIBUIRE IL DEI-CIDIO AL GIUDAISMO, IN QUANTOCOMUNITÀ RELIGIOSA. In questo sen-so ben precisato, .. ANCHE IL GIUDAIS-MO DEI TEMPI POSTERIORI A NOS-TRO SIGNORE PARTECIPA OGGETTI-VAMENTE DELLA RESPONSABILITÀDEL DEICIDIO, nella misura in cui talegiudaismo costituisce la libera e volontariacontinuazione di quello di allora» (LUIGIM. CARLI: La questione giudaica davanti alConcilio Vaticano II, in “Palestra del Clero”,n°4, 15 febbraio 1965, pp.191-203).

PPOOSSSSOONNOO II GGIIUUDDEEII VVEENNIIRR CCHHIIAAMMAATTII‘‘RRIIPPRROOVVAATTII’’ DDAA DDIIOO??

La riprovazione di cui si parla ora non èquella che designa l’azione dellaProvvidenza di Dio riguardo al consegui-mento del fine ultimo da parte di OGNISINGOLA ANIMA.

Il nostro problema riguarda un POPO-LO (in senso RELIGIOSO e non politico-etnico o razziale) il cui fine si esaurisce neltempo e che nel tempo deve avere premio ocastigo. Resta salvo perciò il dogma che Dio“vuol che TUTTI SI SALVINO”(1 Tim. 2,4); anche IL SINGOLO GIUDEO in buonafede,quindi, riceve da Dio la GRAZIASUFFICIENTE per salvarsi l’anima. (Perchiarezza è bene ricordare che la parola“riprovare” etimologicamente significa: rep-utare inutile, disapprovare, rigettare, scon-fessare ndr).

“Parlare di riprovazione o meno diIsraele non può significare altro che affer-mare o negare che quella COMUNITÀ inquanto tale ABBIA CONSEGUITO omeno IL FINE TERRESTRE PER ILQUALE DIO L’AVEVA ELETTA... Il vec-chio Israele, a causa della sua incredulità, èstato da Dio privato del suo ruolo specialeche avrebbe dovuto avere nella storia dellasalvezza... è subentrato il nuovo Israele, laChiesa. ...Israele ad un dato momento dellasua storia risulta aver infranto il Patto diAlleanza con Dio... per il fatto di aver rifiu-tato il fine stesso del Patto rifiutando Gesù:‘finis enim Legis Christus’ (Rom. X, 4)....Automaticamente rimase senza scopo,frustrata in pieno, l'elezione di Israele;perdettero la loro ragione sufficiente i privi-legi ad essa connessi. ...La religione mosaicala quale,per disposizione dichiarata di Dio,doveva sfociare nel cristianesimo per

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trovarvi il proprio fine e la propria per-fezione, si è così invece costantemente rifiu-tata di aderire a Cristo... Per propria colpa siè cristallizzata in una situazione obiettiva dicontrarietà al volere di Dio. ...Si tratta di unpositivo opporsi al volere di Dio. ...Sottoquesto profilo IL RAPPORTO TRA CRIS-TIANESIMO E GIUDAISMO È DIMOLTO PEGGIORE DEL RAPPORTOTRA CRISTIANESIMO E ALTRE RELI-GIONI. ISRAELE, nel piano di Dio, eratutto relativo a Cristo e al cristianesimo. Nonavendo avverato, per propria colpa, tale etanta ‘relatività’, DA SE STESSO SI È POS-TO IN UNO STATO DI OBIETTIVA‘ R I P R O V A Z I O N E ’ .E TALE STATO PERDURERÀ FINO AQUANDO IL GIUDAISMO RELIGIONENON AVRÀ UFFICIALMENTE e glo-balmente RICONOSCIUTO ED AC-CETTATO GESÙ CRISTO” (MONS.CARLI: op.cit.).

PPOOSSSSOONNOO II GGIIUUDDEEII VVEENNIIRR CCHHIIAAMMAATTII‘‘MMAALLEEDDEETTTTII’’ DDAA DDIIOO ??

«NON si tratta di MALEDIZIONEFORMALE... Si vuole soltanto indicare unaMALEDIZIONE OGGETTIVA, cioè unasituazione concreta, sulla quale Dio esprimeil suo giudizio di condanna. (oggettivamenteIsraele avendo rifiutato il piano di Dio, si tro-va in uno stato di rivolta e di sterilità, che èCONSTATATA e CONDANNATA o“MALEDETTA” da Dio fino a che non siconverta da tale stato, Dio-infatti- vuole cheil peccatore viva e si converta e torni a pen-itenza,ndr). ...Tale situazione è stata libera-mente accettata da Israele finché dura questalibera accettazione permane lo stato di“oggettiva maledizione”. ...VA PERÒ CAT-EGORICAMENTE NEGATO CHE AL-CUNA AUTORITÀ UMANA, PRIVATAO PUBBLICA, POSSA, A QUAL-SIVOGLIA TITOLO O PRETESTO FAR-SI ESECUTRICE DELLA PENA CON-NESSA AL GIUDIZIO DIVINO DI CON-DANNA. ...Ciò premesso, esprimo il parereche il GIUDAISMO (SEMPRE INTESO INSENSO RELIGIOSO e non etnico-politico)POSSA legittimamente DIRSI “MA-LEDETTO”, allo stesso titolo e nella stessamisura in cui, ... può dirsi “riprovato” da Dio.Del resto già in San Paolo l’idea di maledi-zione ... è affine... a quella di riprovazione ...(chiunque non porta frutto di opere buone è

“maledetto” da Dio come il fico (Mc 11, 21)di cui Dio constatò e condannò la sterilità,ndr). ... Questo stato di “maledizione” (ocondanna della sterilità già constatata, ndr)cesserà soltanto alla fine dei tempi, quando“omnis Israel salvabitur” (Rom. XI, 26)Quando cioè accetterà la salvezza messianica» (Mons. L.M. CARLI, op.cit.).

IILL DDEEIICCIIDDIIOO EE IILL CCOONNCCIILLIIOO VVAATTIICCAANNOO IIII

La dichiarazione conciliare “NostraAetate”; (28 ottobre 1965) recita: “Quanto èstato commesso durante la Passione non puòessere imputato né indistintamente a tutti gliebrei allora viventi, né agli ebrei del nostrotempo. ...GLI EBREI NON DEVONO ES-SERE PRESENTATI come RIPROVATIda Dio, NÉ come MALEDETTI, quasi checiò scaturisse dalla S. Scrittura” (NostraAetate 4 g, h).

Ora nel corso dell’articolo abbiamo pro-prio visto come la S. Scrittura ci presenti gli e-brei come RIPROVATI e MALEDETTI daDio.

Il Concilio asserisce inoltre che la mortedi Nosto Signore è “DOVUTA AI PEC-CATI DI TUTTI GLI UOMINI” (NostraAetate 4), e questo è pacifico quanto allacausa remota; invece la CAUSA PROSSI-MA della MORTE DI GESÙ furono IGIUDEI (Giuda, prìncipi e folla), come è s-tato dimostrato ‘ad abundantiam’ per quelche riguarda il DEICIDIO.

Come conciliare ora la dottrina delVaticano II con quella tradizionale? E’ im-possibile! (cf. don RICOSSA: Il gran Si-nedrio in Vaticano, in Sodalitium n° 9, 1985,pp. 5-21).

Resta da vedere come si è potuti arrivarea tale dichiarazione conciliare con 2041placet,88 non placet e 3 voti nulli!

«La mozione votata a Roma dimostra daparte di molti Padri conciliari una profondamisconoscenza del giudaismo; Sembra cheessi si siano attenuti solo all’ASPETTO U-MANITARIO DEL PROBLEMA, presen-tato abilmente dai portavoce del giudaismomondiale. ...Infatti all’origine delle riformeproposte dal Concilio per modificare l’at-teggiamento e la dottrina secolari dellaChiesa verso il giudaismo... vi sono diversepersonalità ed organizzazioni ebree: JulesIsaac, Labelkatz...Nahum Golduran.... Tra lepersonalità ebree sopra citate ce n’è una che

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ha svolto un compito preminente: lo scrit-tore JULES ISAAC ebreo d’Aix enProvence. ...Profittando del Concilio, doveaveva trovato serî appoggî tra i Vescovi pro-gressisti, Jules Isaac è stato IL PRINCI-PALE TEORICO E PROMOTORE DEL-LA CAMPAGNA CONTRO L’INSEGNA-MENTO TRADIZIONALE DELLACHIESA. Vediamo ora la posizione presaper far prevalere la sua tesi: ... “l’anti-semitismo” cristiano a base teologica è il piùtemibile. Infatti l’ATTEGGIAMENTO DEICRISTIANI VERSO IL GIUDAISMO è s-tato sempre FONDATO SUL RACCONTODELLA PASSIONE tale e quale è stato ri-portato dai quattro Evangelisti e sull’IN-SEGNAMENTO CHE NE HANNO FAT-TO I PADRI della Chiesa. ...Jules Isaac ha

tentato di distruggere questa base teologicafondamentale, contestando il valore storicodei racconti evangelici e screditandone gliargomenti proposti dai Padri della Chiesa....Il 13 giugno 1960 Jules Isaac è ricevuto daGiovanni XXIII al quale domanda la con-danna dell’insegnamento del disprezzo econsiglia la creazione di una sottocommis-sione incaricata di studiare tale problema.Più tardi il signor Isaac aveva la gioia di s-apere che le sue proposte erano state presein considerazione dal Papa e trasmesse perlo studio al card. Bea. ...Nel 1964 la ques-tione era sottoposta al Concilio.

«...Jules Isaac ha consacrato due libri percriticare e distruggere i due pilastri dell’in-segnamento cristiano (riguardo al deicidio: iracconti evangelici e la dottrina dei Padridella Chiesa, ndr). Nella prima di queste dueopere, “Jesus et Israel”, pubblicata nel 1949,Jules Isaac critica gli Evangelisti, principal-mente S. Giovanni e S.Matteo. “Lo storicoha il diritto ed il dovere di considerare IRACCONTI EVANGELICI come TESTI-MONIANZE FAZIOSE contro i giudei. ...È evidente che tutti e quattro gli Evangelistihanno avuto la stessa preoccupazione diridurre al minimo le responsabilità romaneper maggiormente aggravare quelle giu-daiche... L’ACCUSA CRISTIANA CON-TRO ISRAELE, l’accusa di DEICIDIO ...èESSA STESSA CRIMINALE, LA PIÙGRAVE, LA PIÙ NOCIVA ED ANCHELA PIÙ INIQUA” (JULES ISAAC:L’Enseignement du Mépris, p. 141)... Inbreve dal racconto della Passione rivisto ecorretto da Jules Isaac, gli Evangelisti ci ap-paiono come menzogneri matricolati, ma ilpiù velenoso è senza dubbio Matteo.

«...Nella seconda delle sue opere,‘Genèse de l’Antisémitisme’,pubblicato aParigi nel 1956, Jules Isaac si sforza di scred-itare i Padri della Chiesa: ...“Contro il giu-daismo ...nessuna arma si è rivelata più temi-bile dell’insegnamento del disprezzo di-mostrato soprattutto dai Padri della Chiesadel IV secolo; ed in questo insegnamentoNESSUNA TESI È PIÙ NOCIVA DIQUELLA DEL POPOLO DEICIDA”.(JULES ISAAC: Genèse de l’Antisémitisme,ed. Calmann-Lévy, Paris 1956, p.327).

«La Chiesa, ci dice Jules Isaac, è la solacolpevole; i giudei sono completamente in-nocenti, ... solo la Chiesa perciò deve fare at-to di riparazione emendando il suo mil-lenario insegnamento. E Jules Isaac giunge

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Il suicidio di Giuda Iscariota

alle sue pratiche realizzazioni. Egli domandao piuttosto esige dal Concilio: ... la modifica «...delle preghiere liturgiche riguardanti gliebrei, particolarmente quelle del VenerdìSanto. L’affermazione che i giudei non sonoaffatto responsabili della morte di Cristo... Ilmettere a tacere ...i passi evangelici che ri-portano il cruciale episodio della Passione,particolarmente quello di S.Matteo che JulesIsaac ...tratta da menzognero e falsario.

«Nel Numero del 23 gennaio 1965 il setti-manale ‘Terre de Provence’, pubblicato adAix, dava il conto di una conferenza tenutada Mons. de Provenchères, Vescovo di Aix,citiamo l’inizio dell’articolo: Parlando diJules Isaac mons. de Provenchères ci diceche fin dal primo incontro nel 1945 egli ebbeuna profonda stima per lui, stima rispettosache ben presto ebbe una sfumatura d’affetto.Lo schema concilare sembra essere la ratifi-ca solenne di quella che fu la loro conver-sazione. L’ORIGINE DI TALE SCHEMACONCILIARE (NOSTRA AETATE) SIDEVE AD UNA DOMANDA DI JULESISAAC AL VATICANO, esaminata da piùdi 2000 Vescovi. QUESTA INIZIATIVAFU PRESA DA UN LAICO ED UNLAICO GIUDEO”... (‘Terre de Provence’,23 gennaio 1965).

«...2041 Padri hanno ritenuto che ILRACCONTO DELLA PASSIONE SEC-

ONDO LA VERSIONE DI JULES ISAACERA DA PREFERIRSI A QUELLA DIS.GIOVANNI E S.MATTEO. ...

In poche parole QUESTO VOTO...SOTTO L’APPARENZA DI CARITÀCRISTIANA.... È UN’ALTRA TAPPANELLA VIA DEL CEDIMENTO, DEL-L’ABBANDONO DEL CRISTIANESIMOTRADIZIONALE E DEL RITORNO ALGIUDAISMO. ... Per i pensatori giudei la ri-forma conciliare deve essere una nuova tap-pa nella via dell’abbandono, del cedimento,della distruzione della tradizione cattolicasvuotata a poco a poco della sua sostanza»(LEON DE PONCIN: Il problema deigiudei in Concilio, Tipografia Operaia Ro-mana,Via E.Morosini 17, Roma senza data,pp.6-28).

CCOONNCCLLUUSSIIOONNEE

Oggi come ieri “LA SENTENZA DICONDANNA FU EMANATA DAL CON-CILIO” (Jo. XI, 49 sg.).

Oggi come ieri le infiltrazioni gnostico-cabalistiche all’interno della vera Sinagogamosaica e della vera Chiesa di Cristo hannofatto sì che i sommi sacerdoti abbiano rin-negato Nostro Signor Gesù Cristo “Nòlumushunc regnare super nos”.

Giovanni Paolo II a Varsavia ha pronun-ciato le seguenti parole in un incontro congli esponenti delle comunità ebraiche: «Gliincontri con i rappresentanti delle comunitàebraiche costituiscono un elemento costantedei miei viaggi apostolici. Tale fatto ha la suaeloquenza, poiché sottolinea... L’UNICACOMUNIONE DI FEDE CHE UNISCE IFIGLI DI ABRAMO, confessori della reli-gione di Mosè e dei Profeti, CON COLOROCHE CONFESSANO ANCHE ABRAMO,il loro padre nella fede (Gv. VIII, 39) E AC-COLGONO IN CRISTO ‘figlio di Abramoe figlio di Davide’ (Mt. I, 1) ANCHE TUT-TA LA RICCHISSIMA EREDITÀ DIMOSÈ E DEI PROFETI.... INSIEMEASPETTIAMO IL GIORNO DELGIUDIZIO E DELLA RISURREZIONE...La dichiarazione conciliare ‘Nostra Aetate’...segna una SVOLTA ESSENZIALE nel rap-porto dei cristiani verso gli ebrei» (Osser-vatore Romano, 10-11 giugno l991, p.7).

Anche a Budapest, nella sede della Nun-ziatura Apostolica, ha pronunciato un discor-so dinanzi ai rappresentanti della comunità e-braica, in cui, tra l’altro, afferma: «Mi stava

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TTEEMMPPOO DDII NNAATTAALLEEdi dom Prosper Guéranger

SSttoorriiaa ddeell TTeemmppoo ddii NNaattaallee

Diamo il nome di Tempo di Natale aiquaranta giorni che vanno dalla Natività diNostro Signore (25 dicembre) alla Puri-ficazione della Santa Vergine (2 febbraio).Questo periodo forma, nell'Anno Liturgico,un tutto speciale, come l'Avvento, la Qua-resima, il Tempo Pasquale, ecc. Vi dominacompletamente la celebrazione d'uno stessomistero, e né le feste dei Santi che sisusseguono in questa stagione, né l'occor-renza abbastanza frequente della Set-tuagesima con i suoi colori tristi, sembranodistrarre la Chiesa dal gaudio immenso chele hanno evangelizzato gli Angeli (Lc. 2, 10)nella notte radiosa così a lungo attesa dalgenere umano, e la cui commemorazione l-iturgica è stata preceduta dalle quattro setti-mane che formano l'Avvento.

L'usanza di celebrare con quaranta giornidi festa o di memoria speciale la solennitàdella Nascita del Salvatore è fondata sul san-to Vangelo stesso, che ci riferisce come lapurissima Maria, trascorsi quaranta giorninella contemplazione del dolce frutto dellasua gloriosa maternità, si recò al Tempio percompiervi, nell'umiltà più perfetta, tutto ciòche la legge pescriveva a tutte le donned'Israele quando fossero diventate madri.

La commemorazione della Purificazionedi Maria è dunque indissolubilmente legataa quella della Nascita stessa del Salvatore; el'usanza di celebrare questi santi e lieti quar-

anta giorni sembra risalire ad una remotaantichità della Chiesa. Innanzitutto, per ciòche riguarda la Natività del Salvatore il 25dicembre, San Giovanni Crisostomo, nellasua omelia su tale Festa, pensa che gliOccidentali l'avessero fin dall'origine cele-brata in questo giorno. Si ferma anche agiustificare questa tradizione, facendo osser-vare che la Chiesa Romana aveva avuto tuttii modi di conoscere il vero giorno dellanascita del Salvatore, poiché gli atti del cen-simento eseguito per ordine di Augusto inGiudea si conservavano negli archivi pubbli-ci di Roma. Il santo Dottore propone un sec-ondo argomento ricavato dal Vangelo di SanLuca, facendo notare che, secondo lo scrit-tore sacro, dovette essere nel digiuno delmese di settembre che il sacerdote Zaccariaebbe nel tempio la visione in seguito allaquale la sposa Elisabetta concepì SanGiovanni Battista: donde consegue che lasantissima Vergine Maria avendo essa pure,secondo il racconto dello stesso San Luca,ricevuto la Visita dell'Arcangelo Gabriele econcepito il Salvatore del mondo al sestomese della gravidanza di Elisabetta, cioè inmarzo, doveva partorirlo nel mese di dicem-bre (1)…

Se ora passiamo a considerare il caratteredel tempo di Natale nella Liturgia Latina,siamo in grado di riconoscere che questotempo è dedicato in special modo alla letiziache suscita in tutta la Chiesa la venuta delVerbo divino nella carne, e particolarmenteè consacrato alle lodi dovute alla purissi-ma Maria per l'onore della sua maternità.Questo duplice pensiero d'un Dio figlio ed'una Madre Vergine si trova espresso ad

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particolarmente a cuore di incontrarvi per-sonalmente durante questo viaggio... IlSignore ci dà oggi la ...gioia di ... testimoniareLA NOSTRA FEDE IN DIO creatore ePadre. ...NNOOII SSIIAAMMOO OORRAA QQUUII PPEERRAADDOORRAARREE IILL DDIIOO DD’’IISSRRAAEELLEE, il qualeanche questa volta ha steso la sua mano pro-tettrice sopra UN RESTO BENEDETTODEL SUO POPOLO. ... Sostenuto dalla suafede nel Signore, il popolo ebraico ha conser-vato, anche nella dispersione plurimillenaria,la sua identità, i suoi riti, le sue tradizioni, edHA ANZI CONTRIBUITO POSITIVA-

MENTE ALLA VITA SPIRITUALE ECULTURALE DEL MONDO...» (Os-servatore Romano, 19-20 agosto l991, p.9).

Come si vede il popolo ebreo da deicidariprovato e maledetto è diventato addirit-tura BENEDETTO!

In un prossimo articolo dedicato allacàbala tratterò di questo processo di infil-trazione della gnosi all'interno della veraReligione dell’Antico Testamento (ai tempidi Mosè e dell’esilio di Babilonia) e delNuovo Testamento, ai tempi del Vaticano II,vero “CONCILIUM MALIGNITATIS”.

ogni istante nelle preghiere e nelle usanzedella Liturgia, così l'usanza di terminare og-ni Ufficio con la solenne Antifona del mona-co Ermanno Contratto in lode della Madredel Redentore, continua fino al giorno stessodella Purificazione.

Queste sono le manifestazioni d'amore edi venerazione con le quali la Chiesa, ono-rando il Figlio nella Madre, testimonia la suareligiosa letizia nella stagione dell'AnnoLiturgico che designiamo con il nome diTempo di Natale…

MMiissttiiccaa ddeell TTeemmppoo ddii NNaattaallee

Tutto è misterioso nei giorni in cui ci tro-viamo. Il Verbo di Dio, la cui generazione èprima dell'aurora, nasce nel tempo; unBambino è un Dio; una Vergine divieneMadre e rimane Vergine; le cose divine siconfondono alle umane, e la sublime e inef-fabile antitesi espressa dal discepoloprediletto in queste parole del suo Vangelo:IL VERBO Sl È FATTO CARNE, si senteripetere su tutti i toni e sotto tutte le formenelle preghiere della Chiesa. Essa riassumemeravigliosamente il grande evento che haunito in una sola persona divina la naturadell'uomo e la natura di Dio.

Mistero abbagliante per l'intelligenza, masoave al cuore dei fedeli, esso è il compi-mento dei disegni di Dio nel tempo, l'ogget-to dell'ammirazione e dello stupore degliAngeli e dei Santi nella loro eternità, ed in-sieme il principio ed il modo della loro beati-tudine…

Nell'Avvento abbiamo notato, con i SantiPadri, la diminuzione della luce fisica comeil triste emblema di quei giorni di attesa uni-versale; ci siamo rivolti con la Chiesa verso ildivino Oriente, verso il Sole di Giustizia, ilsolo che possa sottrarci agli orrori dellamorte del corpo e dell'anima. Dio ci ha as-coltati; e nel giorno stesso del solstizio d'in-verno, famoso per i terrori ed i gaudii delmondo antico, ci dà insieme la luce materi-ale e la fiaccola delle intelligenze.

San Gregorio Nisseno, Sant'Ambrogio,San Massimo di Torino, San Leone, SanBernardo e i più illustri liturgisti, si compiac-ciono di questo profondo mistero che ilCreatore dell'universo ha impresso in unasola volta nella sua opera naturale e sopran-naturale insieme; e vedremo che lepreghiere della Chiesa continueranno a farviallusione nel Tempo di Natale, come già nel

Tempo dell'Avvento.«In questo giorno che il Signore ha fatto -

dice San Gregorio Nisseno nella sua omeliasulla Natività - le tenebre cominciano adiminuire e, aumentando la luce, la notte èricacciata al di là delle sue frontiere. Certo, oFratelli, ciò non accade né per caso né per v-olere estraneo, il giorno stesso in cuirisplende Colui che è la vita divina nell'u-manità. È la natura che, sotto questo simbo-lo, rivela un arcano a quelli il cui occhio èpenetrante, e i quali sono capaci di compren-dere la circostanza della venuta del Signore.Mi sembra di sentirlo dire: O uomo, sappiche sotto le cose che tu vedi ti vengono rive-lati misteri nascosti. La notte, come hai visto,era giunta alla sua più lunga durata, e d'im-provviso s'arresta. Pensa alla notte funestadel peccato che era giunta al colmo per l'u-nione di tutti gli artifici colpevoli: oggi stessoil suo corso è stroncato. A partire da questogiorno, essa è ridotta, e presto sarà annulla-ta. Guarda ora i raggi del sole più vivi, l'as-tro stesso più alto nel cielo, e contempla in-sieme la vera luce del Vangelo che si levasull'universo intero».

«Esultiamo o Fratelli - esclama a sua voltaSant'Agostino - perchè questo giorno è sacronon già per il sole visibile, ma per la nascitadell'invisibile creatore del sole. Il Figlio di Dioha scelto questo giorno per nascere, come si èscelta una Madre, lui che è il creatore del

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giorno e della Madre insieme. Questo giorno,infatti, nel quale la luce ricomincia ad au-mentare, era adatto a significare l'opera diCristo che, con la sua grazia, rinnova continu-amente il nostro uomo interiore. Avendol'Eterno Creatore risolto di nascere nel tem-po, bisognava che il giorno della sua nascitafosse in armonia con la creazione temporale»(Discorso in Natale Domini, III)…

IIll lluuooggoo ddeellllaa NNaattiivviittàà

Questo luogo è Betlemme. E' da Betlem-me che deve uscire il capo d'Israele. Il profetal'ha predetto (Mic. 5, 2); i Pontefici ebrei losanno e sapranno anche dichiararlo, fra pochigiorni, ad Erode (Mt. 2, 5). Per quale ragionequesta oscura città è stata scelta fra tutte lealtre per diventare il teatro di così sublimeavvenimento? Osservate, o cristiani! Il nomedi questa città di David significa casa delPane: ecco perchè il Pane vivo disceso dalcielo (Gv. 6, 41) l'ha scelta per manifestarvisi.I nostri padri hanno mangiato la manna deldeserto e sono morti (ibid. 6, 49); ma ecco ilSalvatore del mondo che viene a sostenere lavita del genere umano per mezzo della suacarne che è veramente cibo (ibid. 56). Fino adora Dio era lontano dall'uomo; ma d'ora inpoi essi non faranno più che una sola emedesima cosa. L'Arca dell'alleanza che cus-todiva solo la manna dei corpi è sostituitadall'Arca d'una alleanza nuova; Arca più pu-ra, più incorruttibile dell'antica: l'incompara-bile Vergine Maria, che ci presenta il Panedegli Angeli, l'alimento che trasforma l'uomoin Dio; poichè Dio l'ha detto: Chi mangia lamia carne rimane in me, ed io in lui (ibid. 57).

GGeessùù nnoossttrroo PPaannee!!

È questa la divina trasformazione che ilmondo attendeva da lungo tempo, e verso laquale la Chiesa ha sospirato durante le quat-tro settimane del Tempo di Avvento. È giun-ta infine l'ora e Cristo sta per entrare in noi,se vogliamo riceverlo (ibid. 1, 12). Eglichiede di unirsi a ciascuno di noi, come si èunito alla natura umana in generale, e perquesto vuol farsi nostro Pane, nostro cibospirituale. La sua venuta nelle anime inquesta mistica stagione, non ha altro scopo.Egli non viene per giudicare il mondo, maperché il mondo sia salvato in lui (ibid. 3, I7),perché tutti abbiano la vita, ed una vita sem-pre più abbondante (ibid. 10, 10). Il divino

amico delle anime nostre, non troveràdunque riposo fino a quando non si sia sosti-tuito egli stesso a noi, di modo che nonsiamo più noi a vivere, ma egli che vive innoi; e perché questo mistero si compia conmaggiore dolcezza, il dolce frutto diBetlemme si dispone dapprima a penetrarein noi sotto le sembianze d'un bambino; percrescervi quindi in età e in sapienza, davantia Dio e davanti agli uomini (Lc. 2, 40).

Quando poi, dopo averci così visitati conla sua grazia e con l'alimento d'amore ciavrà cambiati in se stesso, allora si compiràun nuovo mistero. Diventati una stessacarne, uno stesso cuore con Gesù, Figlio delPadre celeste, diventeremo perciò stesso ifigli del medesimo Padre; tanto che il disce-polo prediletto esclama: Figliuoli, osservatequale carità ha usato con noi il Padre, sì chesiamo i figli di Dio, non soltanto di nome, madi fatto (Gv. 3, 1). Ma parleremo altrove, econ più agio, di questa suprema felicità del-l'anima cristiana, e dei mezzi che le sono of-ferti per mantenerla ed accrescerla.

LLiittuurrggiiaa ddeell NNaattaallee

Ci resta da dire qualcosa sui colori sim-bolici che la Chiesa riveste in questo tempo.Il bianco è usato per i venti primi giorni chevanno fino all'Ottava dell'Epifania. Lo sicambia solo per onorare la porpora dei mar-tiri Stefano e Tommaso di Cantorbery, e perunirsi al lutto di Rachele che piange i suoifigli, nella festa dei Santi Innocenti.

All'infuori di queste tre ricorrenze, trion-fa il bianco nei paramenti sacri, per es-primere la letizia alla quale gli Angeli hannoinvitato gli uomini, lo splendore del sole di-vino che nasce, la purezza della VergineMadre, il candore delle anime fedeli che sistringono attorno alla culla del divinBambino.

Negli ultimi venti giorni, le ricorrenzedelle feste dei Santi esigono che le feste del-la Chiesa siano in armonia, ora con le rosedei Martiri, ora con i semprevivi che for-mano la corona dei Pontefici e deiConfessori, ora con i gigli che adornano leVergini. Nei giorni di domenica, se non ri-corre nessuna festa di rito doppio di secondaclasse che imponga il colore rosso o bianco,e se la Settuagesima non ha ancora aperto laserie delle settimane che precedono la pas-sione di Cristo, i paramenti della Chiesasono di color verde. La scelta di questo col-

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ore indica, secondo i liturgisti, che con laNascita del Salvatore, che è il fiore dei campi(Cant. 2, 1), è anche nata la speranza dellanostra salvezza, e che dopo l'inverno dellagentilità e del giudaismo ha iniziato il suocorso la verdeggiante primavera della grazia.

IImmiittaarree llaa CChhiieessaa

È giunto il momento in cui l'anima fedelesta per raccogliere il frutto degli sforzi cheha compiuti durante il periodo laboriosodell'Avvento, per preparare una dimora alFiglio di Dio che vuol nascere in essa. Ilgiorno delle nozze dell'Agnello è giunto, laSposa si è preparata (Apoc. 19, 7). Ora, laSposa è la santa Chiesa; la Sposa è ogni ani-ma fedele. L'inesauribile Signore si dà com-pletamente e con particolare tenerezza, atutto il suo gregge ed a ciascuna dellepecorelle del gregge. Quali abiti vestiremoper andare incontro allo Sposo? Quali perle,quali gioielli adorneranno le anime nostre inquesto fortunato incontro? La Santa Chiesanella Liturgia, ci istruisce a questo riguardo;e non possiamo far di meglio che imitarla intutto, poichè essa è sempre accetta, ed es-sendo la Madre nostra, dobbiamo ascoltarlasempre. Ma prima di parlare della misticaVenuta del Verbo nelle anime, prima di nar-rare i segreti di questa sublime familiaritàdel Creatore e delle creature, indichiamo in-nanzitutto, con la Chiesa, gli omaggi che lanatura umana e ciascuna delle nostre animedeve offrire al divin Bambino che il cielo ciha dato come una benefica rugiada. Durantel'Avvento, ci siamo uniti ai Santi dell'AnticaAlleanza, per implorare la venuta del MessiaRedentore; ora che egli è disceso, consideri-amo quali omaggi sia giusto offrirgli.

LL''AAddoorraazziioonnee

La Chiesa, in questo sacro tempo, offre alDio Bambino il tributo delle sue profondeadorazioni, i trasporti delle sue gioie ineffa-bili, l'omaggio d'una riconoscenza senza lim-iti, la tenerezza d'un amore che non hal'uguale. I quali sentimenti - adorazione,gioia, riconoscenza e amore - formano anchel'insieme degli omaggi che ogni anima fedeledeve offrire all'Emmanuele nella sua culla.Le preghiere della Liturgia ne daranno l'e-spressione più pura e più completa; ma pen-etriamo la natura di questi sentimenti ondemeglio concepirli e appropriarci ancor più

intimamente della forma sotto la quale lasanta Chiesa li esprime.

Il primo dovere da compiere presso laculla del Salvatore, è quello dell'adorazione.L'adorazione è il primo atto di religione; masi può dire che, nel mistero della Natività,tutto sembra contribuire a rendere questodovere ancora più santo. In cielo, gli Angelisi velano il volto e si annientano davanti altrono di Dio; i ventiquattro seniori abbas-sano continuamente i loro diademi dinanzialla maestà dell'Agnello: che faremo noipeccatori, indegne membra della tribù riscat-tata, quando Dio stesso si presenta a noi u-miliato e annientato per noi? Quando, per ilpiù sublime rovesciamento, i doveri dellacreatura verso il Creatore sono adempiutidal Creatore stesso? Quando il Dio Eternos'inchina, non più solo davanti alla maestàinfinita, ma dinanzi all'uomo peccatore?

È dunque giusto che alla vista di sì merav-iglioso spettacolo ci sforziamo di offrire, conle nostre profonde adorazioni, al Dio che si u-milia per noi, almeno qualcosa di quanto ilsuo amore per l'uomo e la sua fedeltà alle dis-posizioni del Padre gli sottrae. È necessarioche sulla terra imitiamo, per quanto ci è pos-sibile, i sentimenti degli Angeli nel cielo, enon ci accostiamo al divin Bambino senza p-resentargli innanzitutto l'incenso d'una ado-razione sincera, la protesta della nostradipendenza, ed infine l'omaggio di annienta-mento dovuto a quella Maestà infinita, tantopiù degna del nostro rispetto in quanto è pernoi stessi che si umilia. Guai dunque a noi se,resi troppo familiari dall'apparente debolezzadel divin Bambino, dalla dolcezza stessa dellesue carezze, pensiamo di poter tralasciarequalcosa di questo primo e più importantedovere, e dimenticare per un momento ciòche è lui e ciò che siamo noi!

L'esempio della purissima Maria serviràpotentemente a mantenere in noi l'umiltà.Maria davanti a Dio fu umile prima di essereMadre; divenuta Madre, diviene ancora più u-mile davanti al suo Dio e al suo Figlio. Noidunque, vili creature, peccatori mille voltegraziati, adoriamo con tutte le nostre forzeColui che da tanta altezza, discende fino allanostra bassezza e sforziamoci di indennizzar-lo, con il nostro abbassamento, della sua man-giatoia, delle sue fasce, dell'eclissi della suagloria. Tuttavia, cercheremo invano di scen-dere fino al livello della sua umiltà;bisognerebbe essere Dio per raggiungere leumiliazioni di Dio.

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LLaa GGiiooiiaa

La Santa Chiesa non si limita ad offrire alDio Bambino il tributo delle sue profondeadorazioni; il mistero dell'Emmanuele, delDio con noi, è per essa la fonte di un'ineffa-bile gioia. Il rispetto dovuto a Dio si conciliamirabilmente, nei suoi sublimi cantici, con lagioia che hanno raccomandata gli Angeli. Sicompiace di imitare tale letizia dei pastori chevennero solleciti ed esultanti a Betlemme (Lc.2, 16), e anche la gioia dei Magi quando, nel-l'uscire da Gerusalemme, videro nuovamentela stella (Mt. 2, 10). Da ciò deriva che tutta lacristianità, avendolo compreso, celebra laNascita divina con canti lieti e popolari,conosciuti sotto il nome di Pastorali.

Uniamoci, o cristiani, a questa gioia esul-tante; non è più tempo di sospirare, né diversare lacrime: Ecco ci è nato un pargolo(Is. 9, 6). Colui che aspettavamo è final-mente venuto, ed è venuto per abitare connoi. Quanto lunga è stata l'attesa, tanto èinebriante la felicità del possesso. Verràpresto il giorno in cui il Bambino che ogginasce, diventato uomo, sarà l'uomo dei do-lori. Allora patiremo con lui; ora bisognache godiamo della sua venuta, e cantiamopresso la sua culla con gli Angeli. Questiquaranta giorni passeranno presto; accetti-amo a cuor aperto la gioia che ci viene dal-l'alto come un dono celeste. La divinaSapienza ci insegna che il cuore del giusto èin continua festa (Prov. 15, 16) perché in essovi è la Pace: ora, in questi giorni ci è arrecatasulla terra la Pace, la Pace agli uomini dibuona volontà.

LLaa RRiiccoonnoosscceennzzaa

A questa mistica e deliziosa gioia,vienead unirsi quasi di per se' il sentimento dellariconoscenza verso Colui che, senza esserefermato dalla nostra indegnità né trattenutodai riguardi dovuti alla suprema Maestà, havoluto scegliersi una madre tra le figlie degliuomini, una culla in una stalla: tanto aveva acuore di affrettare l'opera della nostrasalvezza, di evitare tutto ciò che potesse ispi-rarci qualche timore o qualche timidità neisuoi riguardi, di incoraggiarci con il suo divinesempio nella via dell'umiltà in cui è neces-sario che camminiamo per risalire al cielodonde il nostro orgoglio ci ha fatti cadere.

Riceviamo dunque con cuore commossoquesto dono prezioso d'un Bambino libe-

ratore. È il Figlio unigenito del Padre, diquel Padre che ha tanto amato il mondo dasacrificare il propro Figlio (Gv. 3, 16); è quel-lo stesso Figlio unigenito che ratifica pien-amente la volontà del Padre suo, e che vienead offrirsi per noi perché vuole (Is. 53, 7).Forse che nel darcelo - dice l'Apostolo - ilPadre non ci ha dato tutto con lui? (Rom. 8,32). O dono inestimabile! Quale gratitudinepotremmo offrire noi che possa uguagliaretanto beneficio, quando, dal profondo dellanostra miseria, siamo incapaci di apprez-zarne perfino il valore? Dio solo è il divinBambino che dalla culla ne custodisce il seg-reto, sa quello che ci dona in questo mistero.

LL''aammoorree

Ma, se la riconoscenza è sproporzionataal beneficio, chi dunque soddisferà il debito?L'amore soltanto potrà farlo, poiché, perquanto finito, almeno non si misura e puòcrescere sempre. Perciò la santa Chiesa, da-vanti alla mangiatoia, dopo aver adorato,ringraziato, si sente presa da un'indicibiletenerezza e dice: Come sei bello, o mio dilet-to! (Cant. 1, 15). Quanto è dolce alla miavista il tuo sorgere, o divin Sole di giustizia!Quanto il tuo calore è vivificante per il miocuore! Come è sicuro il tuo trionfo sulla miaanima poichè tu l'attacchi con le armi delladebolezza, dell'umiltà e dell'infanzia! Tuttele parole si cambiano in parole d'amore; el'adorazione, la lode, il ringraziamento nonsono nei suoi Cantici che l'espressione can-giante e intima dell'amore che trasforma tut-ti i suoi sentimenti.

Anche noi, o cristiani, seguiamo la Chie-sa Madre nostra, e portiamo i nostri cuoriall'Emmanuele! I Pastori gli offrono la lorosemplicità, i Magi gli portano ricchi doni; gliuni e gli altri ci insegnano che nessuno devecomparire davanti al divin Bambino senzaoffrirgli un dono degno di lui. Ora, teniamo-lo bene presente: egli disdegna ogni altrotesoro fuorchè quello che è venuto a cercare.L'amore lo fa discendere dal cielo; commise-riamo il cuore che non gli restituisce l'amore!

Questi sono dunque gli omaggi che le anime nostre debbono presentare a GesùCristo in questa prima Venuta in cui egliviene nella carne e nell'infermità - come diceSan Bernardo - non per giudicare il mondoma per salvarlo.

Per quanto riguarda la Venuta nella glo-ria e nella maestà terribile dell'ultimo

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giorno, l'abbiarno meditato abbastanza du-rante le settimane dell'Avvento. Il timoredell'ira futura avrebbe dovuto risvegliare inostri cuori dal sonno in cui giacevano, eprepararli nell'umiltà a ricevere la visita delSalvatore in questa Venuta intermedia che sicompie segretamente nell'intimo delle ani-me, e di cui ci resta ancora da narrare l'inef-fabile mistero.

LLaa VViittaa iilllluummiinnaattiivvaa

Abbiamo mostrato altrove come il tempodell'Avvento appartenga a quel periodo dellavita spirituale che la Teologia Mistica designacon il nome di Vita purgativa, e durante laquale l'anima si distacca dal peccato e dailegami del peccato, per il timore dei giudizi diDio, mediante la mortificazione e la lotta cor-po a corpo contro la concupiscenza. Noi sup-poniamo dunque che ogni anima fedele abbiaattraversato questa valle d'amarezza, per es-sere ammessa al banchetto a cui la Chiesa,per bocca del Profeta Isaia, convoca tutti ipopoli nel nome del Signore, nel giorno in cuisi deve cantare: Ecco il nostro Dio: l'abbiamoaspettato, ed egli viene finalmente a salvarci;abbiamo sopportato il suo ritardo; esultiamodi gioia nella salvezza, che egli ci arreca(Sabato della seconda settimana di Avvento).È anche giusto dire che, come vi sono nellacasa del Padre celeste parecchie dimore (Gv.14, 2), così in questa grande solennità, laChiesa vede tra la moltitudine dei suoi figliche si stringono in questi giorni alla tavoladove si distribuisce il Pane di vita, una grandevarietà di sentimenti e di disposizioni. Gli unierano morti alla grazia, e i soccorsi del sacrotempo dell'Avvento li hanno fatti rivivere; glialtri, che già vivevano, hanno con i lorosospiri ravvivato il proprio amore, e l'entratain Betlemme è stata per essi come un rinno-vamento della vita divina.

Ora, ogni anima introdotta in Betlemme,cioè nella Casa del Pane unita a Colui che èla luce del mondo (Gv. 14, 2), non camminapiù nelle tenebre. Il mistero di Natale è unmistero di illuminazione, e la grazia che pro-duce nell'anima nostra la stabilisce, se essa èfedele, in quel secondo stato della vita misti-ca che è chiamata Vita illuminativa. D'ora inpoi non dobbiamo più affliggerci nell'attesadel Signore; egli è venuto, ci ha illuminati, ela sua luce non si spegne più. Deve anzicrescere man mano che l'Anno Liturgico sisvilupperà. Potessimo noi riflettere, il più

fedelmente possibile, nelle nostre anime ilprogresso di questa luce, e pervenire con ilsuo aiuto al bene dell'unione divina checorona insieme l'Anno Liturgico e l'animasantificata da esso!

Ma nel mistero di Natale e dei quarantagiorni della Nascita, la luce è ancora pro-porzionata alla nostra debolezza. È senzadubbio il Verbo, la Sapienza del Padre, che cisi propone a conoscere e ad imitare; maquesto Verbo, questa Sapienza appaiono sottole sembianze dell'infanzia. Che dunque nullaci impedisca di avvicinarci. Non è un trono,ma una culla; non è un palazzo, ma una stalla;non si tratta ancora di fatiche, di sudori, dicroce e di sepolcro; meno ancora di gloria e ditrionfo; non si tratta che di dolcezza, di silen-zio e di semplicità. Avvicinatevi dunque esarete illuminati, ci dice il Salmista (Sal. 33,6).

Chi potrebbe degnamente narrare il mis-tero dell'infanzia di Cristo nelle anime, e del-l'infanzia delle anime in Cristo? Questo du-plice mistero è stato reso meravigliosamenteda S. Leone nel suo sesto Sermone sullaNatività del Salvatore: «…adorando la nasci-ta del nostro Salvatore, è la nostra stessa o-rigine che noi celebriamo. Infatti, la gener-azione temporale di Cristo è la fonte delpopolo cristiano, e la nascita del Capo è in-sieme quella del corpo… Ogni uomo, inqualunque parte del mondo dei credentiabiti, è rigenerato in Cristo; la vecchiaia dellasua prima generazione è troncata; egli ri-nasce in un uomo nuovo, e d'ora in poi non sitrova più nella filiazione del proprio padresecondo la carne, ma nella natura stessa diquel Salvatore che si è fatto Figlio dell'uomo,affinchè possiamo diventare figli di Dio».

LLaa nnuuoovvaa NNaattiivviittàà

Eccolo, il mistero di Natale! È appuntoquesto che ci dice il Discepolo prediletto nelVangelo che la Chiesa ci fa leggere alla terzaMessa di questa grande festa. A quelli chel'hanno voluto ricevere, ha concesso di di-ventare figli di Dio, a qelli che credono nelsuo Nome, che non sono nati dal sangue né dalla volontà dell'uomo, ma da Dio.Dunque, tutti quelli che dopo aver purificatola propria anima, dopo essersi liberati dallaservitù della carne e del sangue, dopo averrinunciato a tutto ciò che conservano del-l'uomo peccatore, vogliono aprire il propriocuore al Verbo divino, a questa LUCE cherisplende nelle tenebre e che le tenebre non

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hanno compresa, tutti questi nascono conGesù il Cristo, nascono da Dio; comincianouna vita nuova, come il Figlio stesso di Dioin questo mistero.

Quanto sono belli questi preludi della vi-ta cristiana! Quanto è grande la gloria diBetlemme, cioè della santa Chiesa, la veraCasa del Pane, in seno alla quale in questigiorni, su tutte le terre si produce una cosìimmensa moltitudine di figli di Dio! O per-petuità dei nostri Misteri che nulla esaurisce!L'Agnello, immolato fin dall'inizio del mon-do, si immola per sempre dal tempo dellasua immolazione reale; ed ecco che, natouna volta della Vergine Maria, trova la suagloria nel rinascere continuamente nelle ani-me. E non pensiamo che l'onore della Ma-ternità divina ne sia diminuito, come se cias-cuna delle nostre anime raggiungesse d'orain poi la dignità di Maria. «Lungi da ciò - cidice il Venerabile Beda nel suo commento aSan Luca - bisogna che alziamo la voce dimezzo alla folla, come quella donna delVangelo che raffigura la Chiesa cattolica, ediciamo al Salvatore: Beato il seno che ti haportato e le mammelle che ti hanno allatta-to!». Prerogativa incomunicabile, infatti, eche stabilisce per sempre Maria Madre diDio e Madre del genere umano. Ma non èdetto con ciò che dobbiamo dimenticare larisposta che il Salvatore diede alla donna dicui parla San Luca: Più beati ancora - eglidice - quelli che ascoltano la parola di Dio ela mettono in pratica! (Lc. 11, 28).

«Con questa sentenza - continua il Vene-rabile Beda - Cristo dichiara beata non piùsoltanto colei che ebbe il favore di generarecorporalmente il Verbo di Dio, ma anche

tutti coloro che si impegneranno a concepirespiritualmente quello stesso Verbo mediantel'obbedienza della fede, e che, praticando leopere buone, lo genereranno nel propriocuore e in quello dei fratelli, e ve lo nutriran-no con cura materna. Se dunque la Madre diDio è chiamata giustamente beata perché èstata il ministro dell'Incarnazione del Verbonel tempo, quanto più è beata per essere ri-masta sempre nel suo amore!»

Non è forse la stessa dottrina che ci pro-pone il Salvatore in un'altra circostanza,quando dice: Colui che farà la volontà delPadre mio che è nei cieli, questi è mio fratello,mia sorella e mia madre? (Mt. 12, 50). E per-ché l'Angelo fu inviato a Maria piuttosto chea tutte le altre figlie d'Israele, se non perchéessa aveva già concepito il Verbo divino nelproprio cuore, mediante l'integrità del suoamore, la grandezza della sua umiltà, l'in-comparabile merito della sua verginità? Eancora, qual è la causa dello splendore di san-tità che riluce nella Madre di Dio fin nell'eter-nità, se non il fatto che la benedetta fra tutte ledonne, avendo una volta concepito e partoritosecondo la carne il Figlio di Dio, lo concepiscee lo partorisce per sempre secondo lo spirito,mediante la sua fedeltà a tutti i voleri delPadre celeste, il suo amore per la luce increatadel Verbo divino, la sua unione con lo Spiritodi santificazione che abita in lei?

Ma nessuno nella stirpe umana è privatodell'onore di seguire Maria, benchè da lon-tano, nella prerogativa di questa maternitàspirituale, ora che l'augusta Vergine haadempiuto il glorioso compito di aprirci lastrada con il parto temporale che celebri-amo, e che è stato per il mondo l'iniziazione

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ai misteri di Dio. Nelle settimane dell'Av-vento, abbiamo dovuto preparare le vie delSignore; ormai dobbiamo averlo concepitonelle nostre anime; affrettiamoci a darlo allaluce nelle opere, affinchè il Padre celeste,non vedendo più noi stessi in noi, ma soltan-to il suo Verbo che crescerà in noi, possadire di noi, nella sua misericordia come disseuna volta nella sua verità: Questi è il mioFiglio diletto nel quale mi sono compiaciuto(Mt. 3, 17).

A tal uopo, prestiamo orecchio alla dott-rina del serafico San Bonaventura, che ci di-mostra eloquentemente come si operi nellenostre anime la nascita di Gesù Cristo.«Questa lieta nascita ha luogo - dice il santoDottore in una Esortazione per la festa diNatale - quando l'anima, preparata da unalunga meditazione, passa infine all'azione;quando, sottomessa la carne allo spirito, so-praggiunge a sua volta l'opera buona: allorarinascono nell'anima la pace e la gioia interi-ore. In questa natività, non vi sono nélamenti, né doglie, né lacrime; tutto è ammi-razione, esultanza e gloria.

Ma se questo partorire ti aggrada, o ani-ma devota, pensa ad essere Maria. Ora,questo nome significa amarezza: piangi ama-ramente i tuoi peccati; significa ancora illu-minatrice: diventa risplendente di virtù; sig-nifica infine padrona: sappi dominare le pas-sioni della carne. Allora Cristo nascerà in te,senza doglie e senza fatica. È allora che l'an-ima conosce e gusta quanto è dolce ilSignore Gesù. Essa prova tale dolcezzaquando, con sante meditazioni, nutre il Fi-glio divino; quando lo bagna delle suelacrime; quando lo avvolge dei suoi castidesiderî; quando lo stringe negli abbraccid'una santa tenerezza; quando lo riscalda nelpiù intimo del suo cuore. O beata mangia-toia di Betlemme, in te trovo il Re di gloria;ma più beato di te è il cuore pio che chiudespiritualmente Colui che tu hai potuto con-tenere solo corporalmente».

Ora, per passare così dalla concezionedel Verbo alla sua nascita nelle nostre ani-me, in una parola per passare dall'Avventoal Tempo di Natale, bisogna che teniamocontinuamente gli occhi del cuore su coluiche vuol nascere in noi, e nel quale rinasce lanatura umana. Dobbiamo mostrarci gelosi diriprodurre i suoi tratti nella nostra debole elontana imitazione, tanto più che, secondol'Apostolo, è l'immagine del Figlio suo che ilPadre celeste cercherà in noi, quando si trat-

terà di dichiararci capaci della divina predes-tinazione (Rom. 8, 29).

Ascoltiamo dunque la voce degli Angeli, eportiamoci fino a Betlemme. Ecco il vostrosegno - ci vien detto - troverete un bambinoavvolto nelle fasce e posto in una mangiatoia(Lc. 2, 12). Dunque, o cristiani, bisogna chediventiate bambini; bisogna che conosciate dinuovo le fasce dell'infanzia; bisogna che scen-diate dalla vostra altezza, e veniate presso ilSalvatore disceso dal cielo, per nascondervinell'umiltà della mangiatoia. Così, cornin-cerete con lui una nuova vita; così la luce, cheva sempre crescendo fino al giorno perfetto(Prov. 4, 8), vi illuminerà senza mai più lascia-rvi; e, cominciando col vedere Dio in questosplendore nascente che lascia ancora il postoalla fede, vi preparerete per la felicità di quel-la UNIONE che non è più soltanto luce, mala pienezza e il riposo dell'amore.

LLaa CCoonnvveerrssiioonnee

Fin qui abbiamo parlato per le membravive della Chiesa; abbiamo avuto di miraquelli che sono venuti al Signore nel sacroperiodo dell'Avvento, e quelli che, viventiper la grazia dello Spirito Santo, quandofinisce l'Anno Liturgico, hanno cominciato ilnuovo nell'attesa e nella preparazione e sidispongono a rinascere con il Sole divino;

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ma non dobbiamo dimenticare quei nostrifratelli che hanno voluto morire, e che nél'avvicinarsi dell'Emmanuele né l'attesa uni-versale hanno potuto risvegliare dai loro se-polcri. Dobbiamo annunciare anche a loro,in seno a questa morte volontaria, ma guari-bile da essi voluta, che la benignità e la mis-ericordia del nostro Dio Salvatore sono ap-parse al mondo (Tito 3, 4). Se dunque il nos-tro libro capitasse per caso fra le mani diqualcuno di coloro che, sollecitati ad arren-dersi all'Onnipotente Bambino, nonl'avessero ancora fatto e che, invece di ten-dere verso di lui nelle settimane che sonoappena trascorse, avessero passato quel san-to periodo nel peccato e nell'indifferenza,vorremmo ricordar loro l'antica pratica dellaChiesa, attestata dal canone 15 del Conciliodi Agda (506), nel quale è imposto a tutti ifedeli l'obbligo di accostarsi alla divinaEucaristia nella festa di Natale, come inquelle di Pasqua e di Pentecoste, sotto penadi non essere più considerati cattolici.Vorremmo descrivere loro il gaudio dellaChiesa che in tutto il mondo, malgrado il raf-freddamento della carità, vede ancora inquei giorni innumerevoli fedeli celebrare laNascita dell'Agnello che toglie i peccati delmondo, con la partecipazione reale al suoCorpo e al suo Sangue.

Sappiatelo, dunque, o peccatori: la festa diNatale è una festa di grazia e di misericordia,nella quale il giusto e l'ingiusto si trovano riu-niti alla stessa tavola. Per la nascita del Figliosuo il Padre celeste ha voluto accordare lagrazia a molti colpevoli; e vuole anche non es-cludere dal perdono se non quelli che si osti-nassero ancora a rifiutare la misericordia. Cosìe non altrimenti, deve essere celebrata lavenuta dell'Emmanuele.

(1) Il più antico documento che ci permette di con-cludere che la festa di Natale era celebrata il 25 dicem-bre fin dal 336, è il calendario filocaliano redatto nel354. È infatti poco dopo il Concilio di Nicea (325) che laChiesa romana istituì una festa commemorativa dellaNascita del Salvatore. Se gli storici moderni sono con-cordi nel dire che le date del 25 dicembre e 5 gennaionon sono basate su una tradizione storica, è legittimopensare che la Chiesa le abbia scelte per qualche seriomotivo.

Molti autori pensano oggi che questa festa fu defi-nitivamente fissata al 25 dicembre per distogliere i fede-li da una solennità pagana molto popolare, la festa delsolstizio, che celebrava, nella notte dal 24 al 25 dicem-bre, il trionfo del sole sulle tenebre. Il procedimento,che consiste nell'opporre una festa cristiana ad una fe-sta pagana troppo vivace, è stato spesso usato dallaChiesa nei primi secoli, e sempre con immediato successo.

Settima puntata: Nunzio a Parigi (1944 - 1953). La religione.

““IILL PPAAPPAA DDEELL CCOONNCCIILLIIOO””di don Francesco Ricossa.

Peter Hebblethwaite, l'autore di “Gio-vanni XXIII. Il Papa del Concilio”, si trova-va anch'egli in Francia, durante quei decisivianni '50 che hanno preparato il Vaticano II.Giovane studente gesuita, ecco come de-scrive l'atmosfera che regnava nel seminariodi Chantilly, e l'opinione che i seminaristi sifacevano del Nunzio, Angelo GiuseppeRoncalli, anch'egli a Parigi in quegli anni:“A quell'epoca, noi giovani eravamo moltorigoristi ed operaisti (...). Pensavamo al con-trasto tra la ricchezza della nunziatura e lapovertà del parroco di Creil che aveva a pe-na di che mangiare e viveva in una topaia.Tutto ciò che veniva dalla Santa Sede -definizione dell'Assunzione, proibizione deipreti operai, Humani Generis e le sanzionicontro i teologi (tra i quali i miei professori)che aveva comportato - mostrava, a nostroavviso, che la Chiesa di Francia non avevaaltro da aspettarsi da Roma, che degli ukase.Pertanto, il suo rappresentante in Francianon suscitava, da parte di tutti coloro che sti-mavo, che indifferenza, diffidenza o scherno.Da questo fatto ebbe origine l'articolo diRobert Rouquette nella rivista Etudes, 'IlMistero Roncalli', pubblicato dopo la mortedi Papa Giovanni (...). Diceva apertamenteche a Parigi non si era neppur lontanamentesospettato delle qualità di questo Roncalli,qualità di cui avrebbe fatto prova comePapa. Per certi Francesi, l'elezione di Ron-calli fu una grande delusione; di gran lunga,gli avrebbero preferito Giovanni BattistaMontini, che all'epoca non era Cardinale eche non poteva pertanto essere un candidatoserio nel 1958” (1).

Questa citazione la dice lunga sullo statod'animo non solo dei seminaristi, ma anchedei loro professori, nella Francia di allora.

Essa non ci aiuta però a capire chi eraveramente il Mons. Roncalli, Nunzio delPapa in un paese in rivolta religiosa controRoma. L'odio nei confronti della Santa Sedeaccecava i progressisti francesi, al punto dinon riconoscere in Roncalli altro che il rapp-resentante dell'odiato e temuto Pio XII.Come provato nella scorsa puntata, i mas-soni avevano invece riconosciuto nel Nunzio

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il loro uomo. Il burattinaio la sa più lungadei burattini…

Col senno di poi, cerchiamo di scoprirein Roncalli quel mistero (di iniquità) che sicelava agli occhi dei gesuiti di Chantilly.

II vveecccchhii aammiiccii

Se la vera figura di Roncalli era celata,agli occhi dei francesi, dal suo incarico pon-tificio, che lo metteva dalla parte del “nemi-co”, un vecchio amico poteva conoscerlo perquel che era realmente. Questo vecchio ami-co era il monaco ecumenista Dom LambertBeauduin, di cui tanto già abbiamo parlato(2). Si conoscevano da tanti anni, dal lontano1924! Con un po' di malizia il vecchio DomBeauduin si vanterà persino di conoscere, adifferenza degli altri, il “Mistero Roncalli”.Alla morte di Pio XII, nel 1958, confidò: “Seeleggessero Roncalli tutto sarebbe a posto;sarebbe capace di convocare un Concilio edi consacrare l'ecumenismo”.

Dopo un momento di silenzio il monacobelga soggiunse: “Sono fiducioso, abbiamola nostra chance; i Cardinali, nella maggiorparte, non sanno cosa devono fare. Sono ca-paci di votare per lui” (3). Se per alcuni ilmodernismo di Giovanni XXIII fu una sor-presa, anche per dei Cardinali, la stessa cosanon si può dire di chi, come Beauduin, loconosceva bene.

Che Roncalli non fosse cambiato ora cheaveva fatto carriera mentre lui, Beauduin,era caduto in disgrazia, non aveva nessundubbio. Se ne accorse sufficientementequando si recò a Parigi per rendergli visita.

Scrive Padre Bouyer: «Quando Mons.Roncalli fu paracadutato come Nunzio aParigi, in maniera abbastanza inattesa,(Dom Beauduin) si era recato a renderglivisita, non senza domandarsi se Giuseppe(Roncalli), anello al dito e veste purpureasulle spalle, avesse ancora potuto ri-conoscere il suo fratello umiliato. Non restòa lungo dubbioso. Non fece in tempo a pre-sentare la sua carta da visita, che udì dall'an-ticamera la voce ben nota: “Lamberto!...Venga! Venga!” Un istante più tardi speri-mentava uno di quei calorosi abbracci chesarebbero diventati celebri. E prima dicapire quel che gli stava succedendo sentì ilNunzio che gli diceva: “Tieni! Siediti lì e rac-contami le tue avventure”. Spintoamichevolmente, salì indietreggiando uno s-calino e si trovò installato su di un seggio

particolarmente augusto. Il suo interlocutoreaveva preso posto su di una sedia davanti alui, ridendo a crepapelle. (Beauduin) comin-ciò pertanto il racconto delle sue tribolazioniromane... rendendosi conto a poco a pocoche lo faceva dall'alto del trono papale chedecora obbligatoriamente la dimora di tutti ilegati... Non immaginavano allora che ques-ta situazione grottesca avrebbe potuto pren-dere, in seguito, un significato simbolico»(3).

In effetti, sarà proprio Giovanni XXIII ascendere dal trono papale durante ilConcilio, per farvi salire tutti quei teologiche il suo predecessore aveva condannato.Bisogna ammettere che il trono papale occu-pato da una persona disapprovata dai Papi(nel caso, da Pio XI) è veramente simbolicaoggigiorno!

RReeqquuiieemm ppeerr uunn vveecccchhiissssiimmoo aammiiccoo..

Ma se l'ecumenista Dom Beauduin eraun vecchio amico, don Ernesto Buonaiuti, lospretato e scomunicato capo dei modernistiitaliani, era un amico vecchissimo, addirit-tura compagno di seminario ed assistente al-la prima messa (4). Durante una primamalattia il Card. Gasparri diede al Buonaiutiuna frettolosa assoluzione, senza alcuna ri-trattazione, provocando la giusta indig-nazione del Sant'Uffizio. Ma il 26 aprile1946, mentre Roncalli è a Parigi, Buonaiutimuore in Italia senza sacramenti e penti-menti. Quali furono le reazioni dell'amicoCardinale? Egli annota l'ora del decesso, ildesiderio che avrebbe espresso il morente difar aprire le finestre per udire il suono dellecampane di Pasqua. Poi, commenta con pa-role “piene di comprensione, persino affet-tuose”: «Morto così, dunque, a 65 anni: sineluce et sine cruce. I suoi ammiratori scrisserodi lui che egli era uno spirito intensamente eprofondamente religioso, aderente al cris-tianesimo con tutte le sue fibre, stretto davincoli infrangibili alla sua diletta Chiesacattolica. Naturalmente, nessun ecclesiasticoa benedire la sua salma; nessun tempio adaccoglierne la sepoltura. Parole del suo tes-tamento spirituale fra il 18 ed il 19 marzo1946: “Posso aver sbagliato. Ma non trovonella sostanza del mio insegnamento materiaa sconfessione o a ritrattazione”. Dominusparcat illi».

Commenta Hebblethwaite: “Giovanninon ha mai tolto a Buonaiuti il suo titolosacerdotale: resta sempre don Ernesto.

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Riscrivendo già la storia del modernismo, al-cuni storici cattolici presentano ormaiBuonaiuti come il profeta del rinnovamento(vedi BEDESCHI Lorenzo, Buonaiuti, ilConcordato e la Chiesa, 1970). Giovanniavrebbe certamente condiviso questogiudizio. Le sue ultime parole per Buonaiutisono di fatto una assoluzione” (5). Non dicerto una condanna.

IIll pprrooggrreessssiissmmoo ccaattttoolliiccoo,, mmooddeerrnniissmmoo rriiffrriittttoo

Quando Buonaiuti muore, non muoreperò il modernismo. San Pio X lo condannòcon l'Enciclica Pascendi, cercò di scovarne ifautori che ipocritamente nascondevano laloro adesione all'eresia. Perché il mod-ernismo è un'eresia che vuol rodere laChiesa dall'interno.

La morte di S. Pio X (1914) e la primaguerra mondiale distolsero l'attenzione daun nemico che, troppo presto, vennedichiarato morto e sepolto. In realtà, tra ledue guerre, il modernismo ed i suoi più omeno consapevoli fautori, rialzarono pru-dentemente la testa.

L'obbiettivo è sempre lo stesso: modern-izzare, aggiornare la Chiesa, conciliandola“col progresso e con la moderna civiltà” (80°proposizione condannata dal Sillabo di PioIX. Denz. S. 2980).

Non potendosi ripresentare tali e quali, imodernisti misero in secondo piano le ques-tioni dogmatiche, e cercarono di far passarele loro idee mediante la pastorale. L'uomomoderno è lontano dalla Chiesa. Bisognasalvare le anime. Quindi... per salvare le ani-me... bisogna convertire la Chiesa al mondomoderno.

Vengono così creati o infiltrati vari “movi-menti”: il movimento liturgico, quello biblico,quello ecumenico... In campo sociale il pro-gressivo avanzare del marxismo, vittoriosonelle due guerre mondiali, crea il clima adattoalla nascita del movimento dei preti operai.Gli animatori di questi movimenti seguonouna tattica prudente per cambiare la Chiesa.

Essi chiedono piccole riforme pastorali,“per il bene dei fedeli”. A queste, altre ri-forme seguiranno, naturalmente, e via di se-guito... Non le chiedono direttamente. Essifanno leva sugli episcopati più progressistiper stringere d'assedio Roma, tempestarla didomande, strappare concessioni.

Il disordine causato dalla guerra, da ogniguerra e dalla seconda in particolare, favori-

va i loro piani. Dopo, nulla sarebbe statocome prima.

Nell'episcopato francese, e specialmentenel Cardinale Emmanuel Celéstin Suhard, iprogressisti trovarono l'aiuto desiderato perrealizzare, poco a poco, i loro sogni.

IIll CCaarrddiinnaallee SSuuhhaarrdd

Era sulla lista dei vescovi da epurare, ilCard. Suhard. Eppure sarà tra i capofila delprogressismo episcopale. Trasferito dalla sededi Lisieux a quella arcivescovile di Parigi, ilCardinale, pur non essendo “Primate delleGallie”, governa la diocesi più importante del-la Francia. Nella stessa capitale, negli stessi an-ni, risiedeva il nunzio Roncalli. In campo litur-gico, è il portaparola del C.P.L. (Commissionedi pastorale liturgica) che chiede la messa ves-pertina, l'uso del volgare nell'amministrazionedei Sacramenti, la riforma della legge deldigiuno eucaristico. Per ora (6).

In campo esegetico, sollecita a Roma quel-lo che gli storici han chiamato il “superamentodell'opposizione al metodo storico nella scien-za biblica” (7), ottenendo la risposta dellaCommissione Biblica del 16 gennaio 1948(Denz. S. 3862 - 3864). L'intento è di superaregli ostacoli posti dai decreti della CommissioneBiblica del periodo antimodernista (1905 -1909; Denz. S. 3373, 3394 ss., 3512 ss.).

In campo sociale, è il Card. Suhard inpersona che approva, protegge e patrocina il

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Il Nunzio Roncalli pronuncia il suo discorso davantial presidente Auriol

movimento dei preti operai di cui parleròpiù diffusamente tra poco.

E mentre Pio XII vede nella “nuovateologia”, che fa furore proprio a Lione e aParigi, la rinascita del modernismo, il Card.Suhard scrive una lettera pastorale (“Essorou déclin de l'Eglise”) per denunciare il peri-colo... dell'integrismo! Quel movimento perla difesa dell'integrità della Fede promosso,benedetto, protetto e finanziato da San PioX, elogiato nelle loro lettere pastorali daivescovi di Como (Archi) ed Arezzo (Volpi),odiato dai modernisti di tutte le specie, or-mai sciolto dalla morte del Papa santo... èmesso sullo stesso piano delmodernismo,“riunione di tutte le eresie”, dalCard. Suhard, per poi essere denunciatocome pericolo principale della nostra epoca!

La Lettera non piacque a Pio XII (8), evi-dentemente: era “il manifesto della nuovaChiesa emergente” (9).

L'ultima lettera pastorale di Suhard, “Leprêtre dans la Cité”, pubblicata un mese pri-ma della morte avvenuta il 30 maggio 1949,è come il “suo testamento”: “È un vero la-voro di abnegazione intellettuale cherichiede la cristianizzazione di questo nuovomondo. Avremo bisogno di parecchio tempo- forse - per disabituarci da certi metodi dicristianità medievale” (10). Coraggio, caroCardinale, adesso è cosa fatta. Sei statodavvero un profeta della “nuova Chiesa e-mergente...”

RRoonnccaallllii ee SSuuhhaarrdd

A ragione, dopo quanto detto, Hebble-thwaite ritiene importante esaminare i rap-porti tra Roncalli e Suhard.

Hebblethwaite dà due versioni: quella diMons. Capovilla, futuro segretario di Ron-calli a Venezia ed in Vaticano, e quella delgiornalista-gesuita Robert Rouquette.

Per il primo, “le relazioni tra il CardinalSuhard e il rappresentante del Papa sonosempre state cordiali e affettuose”. PerRouquette “il Cardinal Suhard lo temeva:dalle sue conversazioni col Nunzio uscivacupo e inquieto” (11). A noi sembra cheMons. Capovilla sia più affidabile che PadreRouquette. Ma se anche il gesuita avesse ra-gione, ciò sarebbe dovuto al “complesso an-tiromano” dello Suhard: Roncalli, suo mal-grado, rappresentava Roma ed a lui toccavaannunciare al presule parigino quelle cheHebblethwaite chiama le “brutte notizie”

(11), ovvero le reprimende papali. Checchène sia degli inizi, quando, nel 1949 il Suhardmuore, non lascia solo un rocchetto in ered-ità a Roncalli. “Cos'altro ha ereditato il nos-tro?” si chiede Hebblethwaite. “Si può dire”risponde “che Suhard riassuma nella suapersona la situazione dello spirito del catto-licesimo francese in quest'epoca. È aperto almondo moderno, disponibile a lasciarsi in-terpellare da esso. Crede nella necessità diun dialogo tra i comunisti e gli altri uominidi buona volontà. Sa bene che questo dialo-go non potrà instaurarsi a colpi di anatemi.Vuole il rinnovamento della Chiesa ad ognilivello, un laicato ancora vivo, attivo, e unsacerdozio adatto alla vita industriale mod-erna. Tutti questi fattori influenzerannoRoncalli (…), si ritroveranno parecchie intu-izioni di Suhard nel pontificato giovan-neo”(12).

Di questa simbiosi Roncalli-Suhard ègarante e testimone Roncalli stesso: “Quasicinque anni di contatti spirituali fra di noiavevano suggellato una fraternità di senti-mento che nessuna ombra, neppure la piùlieve, venne mai a turbare. Tanto io lo com-prendevo, ed egli mi comprendeva”(lettera aMons. Pierre Brot, vescovo ausiliare delCard. Suhard) (10).

II pprreettii ooppeerraaii

Questa totale sintonia di sentimenti, af-fermata dallo stesso Roncalli, non può es-cludere quella che fu un po' l'opera mag-giore del Cardinale, il movimento dei pretioperai.

Vescovo a Bayeux (1928) Mons. Suhardconstata che nelle grandi fabbriche di Caen“Cristo è sconosciuto”(13). Nel 1948, fes-teggiando a Parigi il 50° di sacerdozio, l'im-pressione è la stessa anche per la capitale:“Quando percorro le cupe periferie intornoalle fabbriche, o percorro le vie illuminatedel centro, quando vedo questa gente, voltaper volta raffinata o misera, il mio cuore sistringe sino al dolore”(14). Senza dubbio, dal-la Rivoluzione in poi, la Francia (ed il restodel mondo) si vanno scristianizzando. Il datodi fatto salta agli occhi: il mondo moderno è,secondo l'espressione di Pio XII,“fuori dal-l'ovile di Cristo” (Enc. Humani Generis).Suhard ne conclude, già nel 1929, che laFrancia (ed i vecchi paesi cattolici) sono"terra di missione"(13). Già si avverte unaforzatura, un rigorismo non estraneo al pro-

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gressismo; malgrado tutto, la Francia era an-cora un paese di battezzati. L'analisi si fa an-cora più pericolosa se, al fenomeno di scris-tianizzazione, non si applicano i giudizi dellaChiesa ma quelli dei sociologi allora in voga,come il Le Bras (15). Opere come quelle del-l'abbé Boulard (Problèmes missionaires dela France rurale) o dell'abbé Godin (France,pays de mission?) seguivano la stessa lineasociologica (15). Henri Godin (classe 1906)ed Yvan Daniel diressero al Card. Suhard,durante la guerra, un rapporto esponente leloro tesi, che raggiungevano quelle delSuhard stesso.

La “scristianizzazione” analizzata socio-logicamente (in modo puramente natural-ista) ed enfatizzata per i bisogni della causa,diventava nelle loro mani un piccone per ab-battere (come al solito) dei muri... tra laChiesa ed il Mondo.

Von Balthasar voleva “abbattere i Ba-stioni”; a Istanbul, Roncalli vede lo Spiritofar cadere le barriere… (16)

Non stupiamoci allora che anche l'abbéGodin decida, “di abbattere la barriera” (17)che l'educazione ricevuta in seminario avevamesso tra lui e gli altri.

“La Chiesa era diventata la patrona dellacultura e della rispettabilità; e la cultura,secondo l'opinione di Godin, creava tra gliuomini barriere ancora più alte della diver-sità delle condizioni sociali” (17). Insomma,un don Milani francese.

Buttar giù i muri è anche il passatempodel Card. Suhard: il tema delle sue medi-tazioni, dice nel 1948, è sempre lo stesso:“C'è un muro che separa la Chiesa dallamassa. Questo muro bisogna abbatterlo adogni costo” (14). La guerra è l'occasionepropizia per iniziare l'opera. Dà l'esempio ildomenicano Padre Loew (nome da non di-menticare...) che diventa, nel 1941, scarica-tore di porto a Marsiglia (15). Un anno dopo25 preti nominati da Suhard su consiglio delPadre Jean-Marie Leblond partono per lavo-rare nel “Servizio di lavoro obbligatorio”(STO) in Germania. “Sono i primi preti op-erai” (18). Hanno una fede “anomica” “per-ché devono improvvisare delle liturgie neiluoghi meno appropriati”; (...) “il latino e gliantichi riti liturgici”, essi pensano, “non par-lano agli operai” (18). Tornando dalla prigio-nia o dalla “resistenza” hanno il “complessodel reduce” che non vuole tornare alla nor-malità del servizio parrocchiale. Nessunapaura. Mons. Suhard ha pronta per loro la

“Mission de France” (1941) e la “Mission deParis” (1943) i cui preti, “pionieri dell'avan-guardia” (14) come Suhard stesso li definisce,si sentono “suhardiani” (12). Ma se ilCardinale voleva “salvare le anime diParigi” (14), l'effetto non è quello sperato.

I preti operai, per meglio convertire i co-munisti, senza dubbio, si fanno arrestare dal-la polizia durante le manifestazioni del par-tito (19) ed un loro rappresentante, l'abbéBoulier, ne fa una grossa. Alla “Conferenzasulla pace” organizzata a Varsavia dai comu-nisti dell'invitto Stalin (notoriamente pacifi-ci) l'imprudente Abbé prende la parola edice: “Se a noi che siamo impegnati nellalotta per la pace, fosse domandato: chi sono icomunisti tra noi? Risponderemmo: noi tut-ti” (11). Siamo nel novembre 1948! “AVarsavia la sala crolla sotto gli applausi. AParigi, però, stava per crollare anche il sof-fitto sopra la testa di Suhard” (11).

RRoonnccaallllii aall ssooccccoorrssoo ddii SSuuhhaarrdd

Ora, per ritornare in tema, quale fu l'at-teggiamento di Mons. Roncalli nei confrontidel Card. Suhard, dei suoi metodi pastorali, especialmente del movimento dei preti operai?

Prendiamo le mosse da un caso emblem-atico, proprio quello dell'abbé Boulier.

“A Roma - scrive Hebblethwaite - si as-petta un intervento immediato da parte diSuhard” (11); il Cardinale è messo allestrette: o sconfessare, o essere consideratoresponsabile...”

«Il 5 febbraio 1949 il Card. Suhard pub-blica una dichiarazione nella quale denuncia“l'abituale e stretta collaborazione col co-munismo”» (11). Quindi, una collaborazione,seppur rara, era possibile... mentre Pio XIaveva dichiarato che “il comunismo è intrin-secamente perverso e nessuna collabo-razione con esso potrebbe essere permessa”(Enc. Divini Redemptoris. 1937). Per questo,il 5 marzo 1949, l'Osservatore Romano deveprecisare che «non bisogna evitare solo la“abituale e stretta collaborazione”. Vienerichiesta la massima vigilanza persino nellepiù piccole azioni dove può essere unqualche rischio di errore» (11).

È qui che entra in gioco il nostro: «Ron-calli interviene così bene attraverso la me-diazione di Montini che “L'OsservatoreRomano” del 31 marzo 1949 pubblica un ar-ticolo che elogia la Missione di Parigi e ilcardinale Suhard “che se ne assume tutta la

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responsabilità”. Anche se il tema è cambia-to, vi possiamo scorgere una sorta di apolo-gia. È piazzando articoli su “l'OsservatoreRomano” che i Prelati della Curia romana si danno battaglia fra di loro» (20); Mons.Ottaviani ed il Sant'Uffizio da un lato, Mons.Montini dall'altro (21): di già sono presenti idue schieramenti (quello ortodosso e quelloeterodosso) che si opporranno al Concilio.

In questo episodio si vede dove vanno lesimpatie di Mons. Roncalli. “Ammirava ilmodo in cui la gerarchia francese, in speciegli Arcivescovi di Parigi, avevano organizza-to progressivamente le varie attività cat-toliche” (22), scrive Bolton. Approva “l'es-perimento dei preti operai” (23), scriveWynn. “Aveva molta simpatia per i preti op-erai”, secondo Hatch (24).

A Roma si vedevano le cose diversa-mente: nel 1951 si diede ordine di inter-romperne il reclutamento (erano già una no-vantina) e nel 1953 il successore di Roncalli,Marella, li fece richiamare in sede dai lorosuperiori. Più di quaranta si rifiutarono. Nelfrattempo, nei quasi dieci anni d'esperimen-to, molti “si lasciarono guadagnare alla teo-ria della lotta di classe, mentre altri non sep-

pero salvaguardare intatta la loro vita sacer-dotale e il loro celibato” (15).

LLaa ssccoommuunniiccaa ddeeii ccoommuunniissttii

Come detto il Card. Suhard morì il 30maggio del 1949. Un mese dopo, il 30 giug-no, Pio XII firma il decreto del Sant'Uffizioche “lascerà costernata la Francia e sembr-erà disapprovare tutta la missione diSuhard” (25). La scomunica colpisce i comu-nisti atei, ma la condanna papale si estendeanche a chi favorisce “in qualche modo” ilpartito.

Cosa fa il Nunzio? Mons. Roncalli s-parisce: «Egli sceglie questo momento perfare un lungo giro in provincia lasciando aglialtri la preoccupazione di interpretare il de-creto... Più tardi Papa Pacelli si lamenteràdella sua assenza da Parigi in momenti cosìcritici. Dirà a Mons. Marella, suo successorealla nunziatura: “Soprattutto non facciacome il suo predecessore che non c'era mai"(MAX BERGERRE, Quattro Papi e un giornal-ista, Paoline 1978, pag. 70). Durante questaassenza diplomatica i quattro Cardinalifrancesi spiegano con pazienza ciò che nonvuole significare il decreto del Sant'Uffizio:“...È necessario che si sappia che nellanozione stessa di capitalismo è presente... unmaterialismo rifiutato dall'insegnamentocristiano... Noi ben comprendiamo la sof-ferenza che hanno potuto sentire i lavoratoridavanti alla condanna del comunismo. Noi s-appiamo che essi vedevano in esso un parti-to attivo e risoluto a sopprimere le ingius-tizie sociali di cui sono oggetto e dare aglioperai il loro ruolo di uomini liberi, come la-voratori e come cittadini. Così noi siamo ad-dolorati della loro pena e abbiamo a cuoredi togliere loro la dolorosa impressione chela Chiesa resti insensibile alle loro angosce”(25). Vien proprio da ripetere la frase dell'ab-bé Boulier: “Chi sono i comunisti tra noi?Noi tutti!”

IIll ssuucccceessssoorree ddii SSuuhhaarrdd

“Non è vero però, che [Roncalli] trascu-ra il suo lavoro durante i suoi viaggi. Nonabbandonerà la Francia prima di aver trova-to un successore al Card. Suhard ” (25). Sitratta di Mons. Feltin, nominato nell'agostodel 1949, Feltin è “presidente di Pax Christiil movimento cattolico e pacifista ” (25) aliasutile strumento del comunismo. Hebbleth-

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Angelo Roncalli riceve, la“berretta cardinalizia” dalle mani del presidente della repubblica francese,

Vincent Auriol

waite assicura che ispirerà a Giovanni XXIIIla “Pacem in terris”.

LLaa ccoonnddaannnnaa ddeellllaa ““nnuuoovvaa tteeoollooggiiaa””

Continuità a Parigi, quindi, in favore del-la novità. Continuità a Roma, in favore dellatradizione. L'esortazione apostolica “Mentinostræ” sulla santificazione della vita sacer-dotale condanna in tanti sacerdoti “una cer-ta avidità di novità che va aumentando inmodo sempre più grave e più inquietante”(26). A “Menti nostræ” fa seguito l'Enciclica“Humani generis”, “circa alcune false opin-ioni che minacciano di sovvertire i fonda-menti della dottrina cattolica” (12. VIII.1950). Queste false opinioni le ritroviamotutte nel Vaticano II. Ovviamente, d'al-tronde: i sostenitori di questi errori sarannochiamati a partecipare come “esperti” alConcilio proprio da Giovanni XXIII!

Pio XII condanna, Giovanni XXIII ri-abilita, Paolo VI e Giovanni Paolo II e-saltano (persino col “cardinalato” nel caso diDanielou, De Lubac, von Balthasar) lemedesime persone, le medesime dottrine!

Senza nominarli, l'Enciclica condannava“Padre De Lubac e la sua banda” (vonBalthasar dice: “Eravamo una banda”) (27).

Perdono i loro incarichi i gesuiti DeLubac, Rondet, Bouillard, i domenicaniChenu e Congar. Dietro di loro, l'ombra diTheilard de Chardin. “Sodalitium” ha giàdedicato più di un articolo ai loro errori, percui evito di ritornarci sopra ancora una volta(28). Solo mi chiedo: cosa fa Roncalli?

UUnn bbuuccoo ddii sseeii mmeessii

Cosa fa Roncalli? Ormai è un esperto: il21 agosto, dieci giorni dopo la pubblicazionedi “Humani Generis”, lascia Parigi per l'Ita-lia, dalla quale ritornerà solo a metà ottobre.Tornato da Parigi mantiene un inspiegabilesilenzio: nelle sue memorie dal luglio aldicembre 1950 c'è un buco di sei mesi” (29).

Per colmare questo buco, ecco una testi-monianza significativa: secondo lo stessoPadre De Lubac “il nuovo Papa [GiovanniXXIII]... era rimasto scontento di ciò che erasuccesso al tempo della Humani Generis”(30). Il seguito lo confermerà. D'altra parte, ilconcetto di “segni dei tempi” che GiovanniXXIII farà suo, non è forse ripreso da PadreCongar, uno dei teologi condannati? (31)

Ma, per il momento, egli “non può fare

grandi cose per i teologi censurati, se nonconsigliare loro pazienza, alzare le braccia alcielo e scrollare le spalle” (32). Come ai tem-pi del modernismo l'importante è nascon-dersi ed attendere momenti migliori. Verrà ilgiorno della rivincita.

GGllii uullttiimmii aannnnii ((11995511 -- 11995522))

«Durante l'ultimo periodo della sua mis-sione in Francia, nel 1951 - 1952, ritenendo iFrancesi cattolici litigiosi e cavillosi [si trattadegli “integristi” evidentemente! n.d.a.],Roncalli dedica maggior tempo a quanti s-tanno “fuori” dalla Chiesa. Non dovendopreoccuparsi degli ukase di Roma [è il mod-ernista Hebblethwaite che scrive! n.d.a.], sitrovano meglio disposti ad apprezzare le suequalità umane, la sua cordialità e il suo spiri-to di comprensione. Il presidente VincentAuriol, ex ministro delle finanze nel governodel Fronte Popolare [cioè social-comunista!n.d.a.] nel 1936, lo trova simpatico» [ovvio!n.d.a.](32).

PPaarrtteennzzaa

Intanto, il Patriarca di Venezia, CarloAgostini, si ammala, e si teme per la sua vita.Montini scrive allora a Roncalli, il 14 no-vembre 1952 se, in caso di morte del Pa-triarca, sarebbe stato disposto a sostituirlo aVenezia. Le notizie si succedono; un'altrotelegramma di Montini annuncia la deci-sione di Pio XII di crearlo Cardinale nelConcistoro del 12 gennaio 1953. Un Car-dinale non resta in nunziatura: andrà a Ve-nezia, quindi, o in Curia. Lo stesso giorno lanotizia della malattia mortale della sorellaAncilla. Vedremo in seguito quantoquest'avvenimento sia una prova per lui.Dopo una visita alla sorella torna a Parigi.La notizia della sua elevazione alla porporaè ufficiale. All'Arcivescovo di Parigi e conlui futuro Cardinale, Mons. Feltin, esprime ilsuo timore di essere nominato in Curia aRoma. Non ha mai amato la Curia romana,e lo dimostrerà. Il Patriarca di Veneziamuore però il 28 dicembre; Roncalli lo sosti-tuirà. “Fa in tempo a sfuggire alla Curia” (33).

UUnnaa cceennaa,, uunn sseeggrreettaarriioo ee uunnaa bbeerrrreettttaa

Il nostro non può partire così allachetichella, insalutato ospite. Seguiamoloanche negli addii ufficiali.

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Proclamato Cardinale nel Concistoro del12 gennaio il Card. Roncalli avrebbe dovutoricevere la Berretta cardinalizia a Roma.Un'antico privilegio dei Re di Francia, at-tribuiva loro l'onore di imporla in nome delPapa al Nunzio eletto Cardinale. I presidentidella repubblica, tutt'altro che cattolici,“consideravano la cerimonia una cosa diChiesa che non li riguardava e se ne eranoastenuti” tranne che per i Cardinali Maglionie Cerretti (34).

Dopo la rottura tra Stato e Chiesa,avvenuta sotto S. Pio X, i tempi non eranocerto favorevoli a simili cerimonie. MaRoncalli non era un Cardinale come gli altri,lo abbiamo già visto! “Fu il presidente stes-so, [il socialista ateo] Vincent Auriol achiederlo come piacere. Mons. Roncalli nefu lietissimo” (34). La cerimonia ebbe luogo il15 gennaio. Nei discorsi ufficiali Roncalli ri-cordò un episodio analogo, ai tempi delpresidente Carnot, nel 1893, cui assistette ilsuo carissimo Mons. Radini-Tedeschi (35).Dal canto suo, Auriol ne profittò per far pro-paganda della repubblica (massonica)francese: “le vostre trascorse esperienze -disse al neo-Cardinale- vi avevano permessodi apprezzare l'azione della Francia nelmondo e vi avevano predisposto, da lungotempo, a comprendere le grandi tradizioni ditolleranza e di giustizia che sono sempre s-tate l'onore della nostra nazione e che dove-vano unire, dopo la solenne esortazione diLeone XIII, tutte le famiglie spiritualifrancesi attorno alla Repubblica”(36). Baci,applausi, Legion d'onore… Auriol rimasecosì amico di Roncalli da andare a trovarlopiù tardi a Venezia, pur non rivestendo piùincarichi pubblici (34). Il 3 febbraio arriva inNunziatura una delegazione della diocesi diVenezia guidata dal Vicario Capitolare,Mons. Erminio Macacek. Questi “era ac-compagnato da un giovane sacerdote, secco,dalla faccia pallida, ma con due occhi intel-ligenti: don Loris Capovilla”(34). Padre Tan-zella, che citiamo, dimentica un'ultima carat-teristica del don Loris: sinistrorso. Roncallilo nota e ne farà il suo segretario a Veneziaed in Vaticano. I due erano fatti per inten-dersi. Infine, 5 febbraio 1953, pranzo d'addioagli amici politici. Invita il presidentedell'Assemblea Nazionale: Eduard Herriot(37) quello dell'Unione Nazionale: Mon-nerville, il Presidente del Consiglio RénéMayer ed i suoi predecessori: Bidault,Covin, Pléven, Edgard Faure, André Marie,

Robert Schuman, Pinay, Fourcade.L'atmosfera fu squisitamente cordiale, diste-sa”(38). Alla fine, prese la parola proprioHerriot, per gli ultimi complimenti. «Il ParisPresse commentava:“Il Cardinal Roncallilascia dietro di sè in Francia un mucchio diamici e neppure un sol nemico”» (38). Comeabbiamo gia detto, ha fatto meglio di Cristo,che di nemici ne aveva molti.

IIll ggiiuuddiizziioo ddii uunn ccoolllleeggaa

Si tratta di Carl J. Burckhardt (39). Ecco ilsuo curriculum: docente di storia all'Uni-versità di Zurigo e di Ginevra, specializzatoin Voltaire e Goethe, diplomatico, commis-sario della Società delle Nazioni in Polonia(1937), Presidente del Comitato inter-nazionale della Croce Rossa (1944), ambas-ciatore elvetico a Parigi (1945-1949). È lì checonobbe il Nunzio apostolico, Mons. AngeloRoncalli, futuro Giovanni XXIII. Quando ilsuo collega diplomatico fu eletto al SommoPontificato nel 1958, Burckhardt scrisse al-l'amico Max Rycher: «Ho un grande inte-resse per il Papa. Durante tutto il mio sog-giorno a Parigi, ho avuto con lui numerosis-simi contatti personali, e lo amavo propriomolto. Girava di qua e di là come un giovanefunzionario d'ambasciata, lo si incontravadappertutto, a cominciare dal salotto M.R.P.[il partito D.C. francese, n.d.r.] della sorpren-dente madame Abrami (…). Ha una vastaesperienza del mondo, avrebbe potuto di-ventare un eccellente capitano d'industria, èdalla testa ai piedi quel contadino di Ber-gamo, di buona intenzione ma scaltro. Lasua devozione è solida, ma concisa, secondoil suo stile. Tuttavia mi sembra che il suobuon senso -preciso a corto termine, ma alungo termine piuttosto vago- gli impediscedi riconoscere il valore di certi misteri chetrascendono il tempo e che sono specifica-mente cattolici. L'attitudine a credere aimiracoli, il rispetto del Sacro, non sono affarsuo. È un deista ed un razionalista, con lamiglior tendenza a mettersi al servizio dellagiustizia sociale. Vi aggiunge una tendenza atendere largamente la mano a tutti coloroche, provenienti da campi totalmente op-posti, sono animati da simili sforzi (…). Èbuono, aperto, pieno di umorismo, moltolontano dal medio-evo cristiano; passandotra i “philosophes” francesi è giunto allestesse conclusioni dei Riformatori, con inmeno la passione metafisica. Cambierà

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molte cose; dopo di lui la Chiesa non saràpiù la stessa» (40). Ecco chi è colui che partealla volta di Venezia. Dimenticavo: l'ambas-ciatore elvetico era anche un alto grado del-la Massoneria (39), come d'altronde l'altroamico e collega di Mons. Roncalli, il BaroneMarsaudon. Un bel trio, non c'è che dire.

NNOOTTEE

(1) HEBBLETHWAITE. Jean XXIII, le Pape duConcile. Ed. le Centurion 1988, pp. 5-6.

(2) “Sodalitium” n° 25, pp.23-27.(3) In D. BONNETERRE Le mouvement l-

iturgique. Fideliter 1980, pp. 112-113. Tratto da L.Bouyer Dom Lambert Beauduin, un homme d'Eglise.Castermann 1964, pp. 180-181.

(4) “Sodalitium” n° 22, pp. 14-15.(5) HEBBLETHWAITE Giovanni XXIII il Papa

del Concilio. Ed. it. Rusconi 1989 , pp. 669-670.(6) BONNETERRE. Le mouvement liturgique. op.

cit. pp. 73-74.(7) Storia della Chiesa diretta da H. JEDIN. Jaca

Book 1975. Vol. X/1 pp. 221-225.(8) cfr. BONNETERRE. St. Pie X et l'intégrisme.

in Fideliter n.24 p.62. (Pessimo articolo, secondo quantogià da noi esposto in “Sodalitium”, n. 25 p. 36 nota 19.

(9) HEBBLETHWAITE. op. cit. p. 313.(10) Citato in HEBBLETHWAITE p. 318.(11) Citato in HEBBLETHWAITE p. 315.(12) Citato in HEBBLETHWAITE p. 319.

(13) Citato in HEBBLETHWAITE p. 304.(14) Citato in HEBBLETHWAITE p. 317.(15) JEDIN, op. cit., vol. X/2 pag. 555-556.(16) HEBBLETHWAITE p. 278.(17) GLORNEY BOLTON. Il Papa. Longanesi

1970 pp. 233-234.(18) HEBBLETHWAITE p. 305.(19) BOLTON op. cit. p. 238.(20) HEBBLETHWAITE p. 316.(21) Cfr. HEBBLETHWAITE pp. 306-307. Ot-

taviani inviò a Suhard un questionario sui preti operainel 1947, evidenziando i problemi ed i pericoli insiti nel-l'esperienza suddetta.

(22) BOLTON op. cit. p. 237.(23) WILTON WYNN Custodi del regno. Fras-

sinelli 1989 p. 50.(24) ALDEN HATCH Giovanni XXIII Mursia

1964, p. 132.(25) HEBBLETHWAITE pp. 320-321.(26) Citato in HEBBLETHWAITE p. 322.(27) RENATO FARINA Padre De Lubac e la sua

banda. Ne “Il Sabato” n. 37, 14 settembre 1991 p. 82. (28) Sulla “Nuova teologia” si leggano su “Soda-

litium” gli articoli di:- Don RICOSSA Vita e pensiero di Wojtyla in “So-dalitium” n. 19, pp. 13-17.- Don NITOGLIA Il Magistero del Concilio Vaticano IIn. 20 pp. 7-11.- Don NITOGLIA Il Magistero del Concilio Vaticano IIn. 22 pp. 20-24.- Don NITOGLIA Teilhard de Chardin n.25 pp. 13-21.- Don NITOGLIA Henry de Lubac n. 27 pp.24-29.

Inoltre una descrizione del pensiero dei nuoviteologi si trova anche nel libro da noi recensito (Heb-blethwaite), pp. 323-325. Breve ma interessante l'espo-sizione fattane nella “Storia della Chiesa” dello JEDIN(vol. X/1, pp. 206-207) ove si mette in rilievo il neo-ori-genismo dei “nuovi teologi” (Cfr. l'articolo del prof.Siebel su “Sodalitium” n. 27 p. 39-49: Si può sperare lasalvezza di tutti?) Sempre valida la critica fatta dal card.Siri in “Getsemani. Riflessioni sul movimento teologicocontemporaneo” Fraternità della SS. Vergine Maria,Roma 1980.

(29) HEBBLETHWAITE, p. 325.(30) Cfr. “Sodalitium” n. 27, p. 25.(31) HEBBLETHWAITE p. 324.(32) HEBBLETHWAITE p. 326-327.(33) HEBBLETHWAITE p. 331.(34) TANZELLA Papa Giovanni, Dehoniane

1983 p. 194.(35) TANZELLA op. cit. p. 196. Su Mons. Radini

vedi “Sodalitium” n. 22, pp. 15 - 20.(36) HEBBLETHWAITE p. 332.(37) Su Herriot si veda “Sodalitium” n. 27 e

l'Appendice a questo articolo.(38) TANZELLA op. cit. pp. 199-200.(39) Didasco, maggio - giugno 1981, n. 25 pp. 15-17.(40) Da Brief Wechsel zwiscen Max Rycher und

Carl, J. BURCKHARDT 1970. Citato in “Einsicht”aprile 1981 p. 303.

AAPPPPEENNDDIICCEE

Nello scorso numero ho segnalato la sin-golare amicizia tra Mons. Roncalli edEdouard Herriot che di Roncalli, al dire diAndreotti, faceva “ampie lodi” (ANDRE-

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Il Nunzio Roncalli a colloquio con un Vescovo francese

NNOOTTAA SSUULL DDIIGGIIUUNNOO

“Non abbiamo bisogno di dimostrare a deicristiani l'importanza e l'utilità del digiuno;le divine Scritture dell'Antico e del NuovoTestamento depongono dal prinicipio allafine in favore di questa santa pratica”(DOMPROSPER GUERANGER Abate di So-lesmes. L'Année Liturgique. Le Carême. ed.del 1878 pp. 11 e 12).Purtroppo l'Abate di Solesmes, oggi si ricred-erebbe; il digiuno è scomparso quasi total-mente dalla vita spirituale dei cristiani,nonostante gli elogi che ne vengono fatti, ap-punto, dall'Antico (Tobia XII, 8; II Re XII,16; Giuditta VIII, 6; Gioele II, 12; Ester XIV,2; II Maccabei XIII, 12) e dal NuovoTestamento (Matteo VI, 16-18; e XIV, 15;Atti XIII, 2-3; II Cor. VI, 5 e 9, 27). Il digiuno,naturalmente parlando, consiste nel nonprendere né cibo né bevanda. Nella Chiesa e-sistono due forme di digiuno: il digiuno eccle-siastico, ed il digiuno eucaristico.

II.. IIll ddiiggiiuunnoo eecccclleessiiaassttiiccoo

Fare penitenza è un comandamento divino.Se non facciamo penitenza, periremo tutti(cfr. Luc. XIII, 5).La Chiesa, applicando questo comandamen-to, ha, da sempre, prescritto dei giorni didigiuno. Imitando l'esempio di Mosè, Elia eNostro Signore Gesù Cristo, che digiu-narono 40 giorni, fu istituita la Quaresima. Ildigiuno quadragesimale è stato istituito dagliApostoli stessi, secondo S.Girolamo (Ep.XXVII ad Marcellam), S. Leone Magno(Serm. II, V, IX de Quadragesima), S. Cirillod'Alessandria (Homil. Paschal.), S. Isidoro(De eccles. officiis l. VI c. XIX).Antichissimo nella Chiesa Romana ildigiuno della Quattro Tempora, all'iniziodelle quatro stagioni. Antichissimo anche ildigiuno nella vigilia delle feste.

IIll lleeggaammee ddeellllaa nnoossttrraa mmiilliizziiaa

Riferendosi al digiuno quaresimale, PapaBenedetto XIV scriveva: “L'osservanza del-

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OTTI. A ogni morte di papa. Rizzoli 1982.pp. 67 - 68). Maggiori informazioni suHerriot si possono trovare in due opere diLéon de Poncins, e cioè: “Les Forces Secrètesde la Revolution”. Bossard 1928 e“Cristhianisme et F .˙. M .˙.”, l'Ordre Fran-çais, 1969. Scrive il de Poncins: “Questa im-mistione della Massoneria nelle cose delParlamento ed il suo dominio sulla maggio-ranza dei deputati e dei suoi senatori si è af-fermata più fortemente che mai durante ilministero Herriot del 1924” (Forces Secrètes,pp. 63-64).

«Nel 1924, le elezioni legislative con-dussero alla vittoria del Cartello delleSinistre ed Herriot prese il potere. Eccoquanto diceva a suo proposito la Riunionedel Grand'Oriente del 1924: “Prima di com-inciare i lavori, permettetemi di rivolgere ilsaluto della F .˙. M .˙. al grande cittadinoHerriot che, pur non essendo F .˙. M .˙., tra-duce così bene nella pratica il nostro pen-siero massonico.” Il suo governo decretò unaserie di leggi socializzanti, prefigurazionedelle leggi del Fronte popolare di LéonBlum. Ora, poco dopo, le edizioni Spes pub-

blicarono con lo pseudonimo di A. G.Michel, un libro che mostrava, prove docu-mentate alla mano, che la maggior partedelle leggi instaurate dal ministero Herrioterano state elaborate precedentemente nellelogge massoniche» (Christianisme... p. 65).

Segue, nei due libri citati, la lista di 14leggi del governo Herriot, varate a pochimesi di distanza dalla loro proposta decisanelle riunioni massoniche. Per non appesan-tire ulteriormente il mio articolo cito solo,tra le altre, la decisione di sopprimerel'Ambasciata del Vaticano (Bollettino uffi-ciale della Gran Loggia di Francia, gennaio1923, p. 39; realizzazione: il 24 ottobre 1924),l'applicazione delle leggi contro le con-gregazioni religiose, l'introduzione delregime laicista anche in Alsazia-Lorena, ilmonopolio dell'insegnamento, la ripresadelle relazioni coi Soviet…

Ecco, fra tutti i politici francesi, il piùamato da Mons. Roncalli, completamente ri-cambiato d'altronde.

Il trio Roncalli-Marsaudon-Burckhard,con l'apporto di Herriot, diventa un quartet-to. Un quartetto di Venerabili personaggi…

la Quaresima è il legame della nostra milizia;è per essa che ci distinguiamo dai nemici del-la Croce di Gesù Cristo; per essa che allon-taniamo i flagelli dell'ira divina; per essa che,protetti dall'aiuto celeste durante il giorno,ci fortifichiamo conto i prìncipi delle tene-bre. Se quest'osservanza si rilasserà, sarà adetrimento della gloria di Dio, per il dis-onore della religione cattolica ed il pericolodelle anime cristiane; e non c'è dubbio chequesta negligenza diverrà la fonte di sven-ture per i popoli, di disastri nei pubblici af-fari, di infortunî per gli indivdui”(Enc. NonAmbigimus del 30 maggio 1741).

La profezia si è purtroppo realizzata.

LLaa ddiisscciipplliinnaa aattttuuaallee

Nell'attuale situazione bisognerebbe farpenitenza “in cinere et cilicio”. Almeno, os-serviamo la legge della Chiesa riguardantel'astinenza della carne ed il digiuno. Essa èmolto addolcita e facilitata rispetto al rigoredel passato. Ma, per l'appunto, qual'è lalegge della Chiesa in materia?

Non essendo di nessun valore la Co-stituzione “Poenitemini” con la quale G.B.Montini (1966), che non aveva l'AutoritàPontificia, riduce a due i giorni di digiuno,occorre riferirirsi alla legge precedente. Essasi trova nel Codice di diritto canonico, aicanoni 1250-1254, modificata da due decretidella S.C. dei Riti (16 IX 1955) e delConcilio (25 VII 1957). Tenuto conto diqueste modifiche, la legge attuale per i fedelidi rito latino (cioé non appartenenti allechiese orientali) è la seguente, che ricaviamodal “Catechismo della dottrina cristiana pub-blicato per ordine del Sommo Pontefice SanPio X” edito dalla Libreria Editrice Vaticananel 1959.

La legge del digiuno obbliga tutti i fedelinon scusati o dispensati, dai 21 anni compiu-ti ai sessanta incominciati; quella dell'asti-nenza dalla carne a partire dai sette annicompiuti. Il digiuno consiste nel fare un solopasto al giorno ma sono tollerate due piccolerefezioni, che i teologi limitano a 60 grammiil mattino e 250 grammi la sera.

I giorni di penitenza sono i seguenti:II.. DDii ssoollaa aassttiinneennzzaa ddaallllee ccaarrnnii..Tutti i venerdì tranne quelli nei quali

cade una festa di precetto.IIII.. DDii aassttiinneennzzaa ee ddii ddiiggiiuunnoo..1) il mercoledì delle Ceneri2) ogni venerdì e sabato di Quaresima

3) il mercoledì, venerdì e sabato delleQuattro Tempora o stagioni, cioé:

1° della primavera nella prima setti-mana di Quaresima

2° dell'estate nella settimana di Pen-tecoste

3° dell'autunno nella terza settimanadi settembre

4° dell'inverno nella terza settimanadell'Avvento.

4) le Vigilie: 1° di Natale (24 dicembre)2° di Pentecoste3° dell'Immacolata (7 dicembre)4° di Ognissanti (31 ottobre).

IIIIII.. DDii ssoolloo ddiiggiiuunnoo..Tutti gli altri giorni feriali di Quaresima.

UUnnaa ddiissppeennssaa ddii PPiioo XXIIII..

Durante la guerra, dal 1941 in poi, moltiindulti limitarono la legge della Chiesa cheabbiamo appena esposta: il digiuno era forza-to perché non c'era quasi nulla da mangiare...

Il 28 gennaio 1949 il decreto della S. C.del Concilio “Cum Adversa” restauròparzialmente l'osservanza della legge, limi-tando le facoltà di dispensa accordate prece-dentemente agli Ordinari. Si doveva pertan-to osservare nuovamente l'astinenza tutti ivenerdì, e l'astinenza col digiuno il giornodelle Ceneri, il Venerdì Santo e le vigiliedell'Assunta (poi sostituita dall'Immacolata)e di Natale.

Sarebbe un errore, però, considerarequesto decreto del 1949 la legge in vigore:con questo decreto Pio XII manteneva la fa-coltà di ddiissppeennssaarree per tutti i giorni prescrittitranne quattro. Poiché questa dispensa, per-durante l'assenza in atto dell'autorità, non èrinnovata, nessuno a rigor di termini può av-valersene oggi.

Tuttavia, data l'intenzione espressa daPio XII nel decreto del 1949, si può essereparticolarmente benigni nell'accettare causescusanti dal digiuno e dall'astinenza per queigiorni in cui c'era, dal 1949 in poi, l'uso didispensare.

IIII.. IIll ddiiggiiuunnoo eeuuccaarriissttiiccoo..

Secondo S. Tommaso, l'uso di restare to-talmente a digiuno a partire dalla mezzan-otte, per ricevere la comunione è di origineapostolica (III, q. 80, a. 8). Comunque, già S.Agostino diceva che “è seguito dal mondo

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LLAA VVIIAA RREEGGAALLEEdi Mons Guérard de Lauriers

La rivista di vita spirituale “Tabor” (Viadella Conciliazione, 15 - Roma) n. 2-3 pub-blicò nel marzo 1964 “la traduzione italianadelle profonde elevazioni del Padre M. L.Guérard des Lauriers, domenicano, Pro-fessore a Le Saulchoir (Parigi)”.

Pensiamo che il lettore odierno di“Sodalitium” ne ricaverà lo stesso beneficioche i lettori di “Tabor” ne trassero 27 anni fa.Presentiamo quindi a tutti voi questa ViaCrucis meditata, che pubblicheremo a pun-tate, in ricordo ed in omaggio dell'indimenti-cabile Mons. Guérard des Lauriers.

Sodalitium

PPEENNSSIIEERRII PPRRIIMMAA DDEELLLLAA VVIIAA CCRRUUCCIISS

Signore Gesù, Tu hai detto: Io sono laVia, la Verità, la Vita ... (1) la Via del Calvarioè la verità che dà la vita. Tale fu, o Gesù, ilTuo destino umano e tale dev'essere pure ilmio; è sufficiente che il servitore sia come ilsuo Padrone (2): fammi dunque compren-dere le Tue parole, trasformami secondo laverità che è la Tua Verità, mutami nella glo-ria che è la Tua Vita per l'eternità.

È in una via dolorosa che io entro con Te,o Gesù, nella Tua via. La via è ciò che si per-corre, la si prende per lasciarla; un passo nonha senso senza quello che lo segue. Così, nel-la Via del Calvario, ogni rinuncia ne richia-ma un'altra, sino alla rinuncia suprema. Cheio sia presente con tutto me stesso in ognipasso della Tua Via dolorosa, così come hosaputo esserlo in ogni passo della seduzione!Quanta attesa, quanto desiderio, quantaebbrezza, in ognuno di quei passi che sfida-vano misteriosamente qualunque stanchez-za! O Signore, dammi un simile fervore perla via dolorosa, per la Tua Via, che deve es-sere quella della mia vita; dammi la Tua atte-sa, il Tuo desiderio, la Tua ebbrezza: non haiTu detto: Devo ricevere un battesimo, equanta angoscia ho in me sino a che esso nonsia compiuto? (3) La mia angoscia è il miotimore di abbandonare la via, di non esserepiù nella Tua via che porta e incammina finoalla Croce, fino alla Gloria. Signore, per lagrazia della Tua via dolorosa, dammi il timo-re di non saperti seguire e liberami dallamorsa della mia debolezza.

La Tua via Crucis è Verità: Tu sei intera-mente presente in ciascuno dei passi che for-mano questa via, dolorosa nel tempo, magloriosa nell'eternità. In Te, Verbo di Verità,Dio forma e contempla il disegno diSaggezza che lega la Gloria alla Croce e se

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intero questo uso” poiché “piacque alloSpirito Santo che, ad onore di tanto sacra-mento, il Corpo del Signore entrasse nellabocca dei cristiani prima di ogni altro cibo”.(Responsionem ad Ianuarium c. 6). E S.Tommaso ne dà tre ragioni:

1° per rispetto al Sacramento; 2° per insegnare che Cristo deve essere

servito prima di ogni altra cosa; 3° per evitare gli eccessi condannati da S.

Paolo (I Cor. XI, 21) di quanti si comunica-vano con pericolo di vomito o ubriachezza.

L'uso millenario si mantenne fino ai nos-tri tempi. Durante l'ultima guerra furono ot-tenuti dei permessi, finché Pio XII stabilì(Cost. Ap. Christus Dominus 6.1.1953; MotuProprio Sacram Communionem 19.3.1957)che l'acqua non rompeva più il digiuno e chel'obbligo non era più dalla mezzanotte mada tre ore prima (della comunione per ifedeli, della Messa per i sacerdoti) per i cibi

solidi e le bevande alcoliche, ed una sola oraper le altre bevande.

Il Papa però ricordava che “la legge deldigiuno eucaristico dalla mezzanotte rimanein vigore per tutti quelli che non si trovanoin particolari condizioni” (Christus Do-minus).

Questa è la disciplina attuale, essendopriva di valore la decisione di G. B. Montinidi permettere a chiunque di mangiare e bere(anche alcolici) fino ad un'ora prima dellacomunione.

EEssoorrttaazziioonnee

Invitiamo tutti i fedeli a seguire questenorme della Chiesa e, più in generale, aportare la propria croce dietro a Gesù, mor-tificando i vizi e le concupiscenze, vincendocosì il sensualismo dilagante che impedisceall'anima di elevarsi a Dio.

io voglio contemplare quanto Tu sia saggio,guardo la Croce. Tu stesso, Signor Gesù,Verbo incarnato, conoscesti nella Croce lasovrumana profondità della Tua stessaVerità. Con quale rigore attuasti il disegnoche portavi in Te: Tu fosti un sì (4) nellamisura della Tua Verità; dicesti il vero sì chenella Tua carne fu la eco dell'immutabileAmen che sei alla chiamata del Padre, il sìche solo poteva incarnare piena mente in Tela Verità e che Ti permise di dire: Io sono laVerità. (5).

Signore Ti adoro, Tu sei la Via; Signoreadoro Te che sei la Verità, Via dolorosa,Verità crocifissa. Io desidero essere intera-mente presente in ognuno dei passi che for-mano la Via, desidero costruire la mia vitanella Tua, mettendo i miei passi nei Tuoi,desidero essere vero come Te, dire un vero«sì» come Tu l'hai detto; come Te, essere,pur nella Croce, una eco dell'Amen eternoall'attesa del Padre.

Signore Tu hai proporzionata la miacroce alla mia debolezza. Verità della miacroce, perchè essa è croce come la Tua; ver-ità della mia croce perchè essa è pesante eimplacabile, come la Tua; verità della miacroce perchè essa è piccola e così adatta allamia misura mediocre. O Signore, comel'amerò questa verità, la verità della miacroce, verità di ogni giorno, di ogni istantedella mia vita! Signore, Tu pensavi a me,mentre la verità della Tua croce crocifiggevain Te lo spirito, il cuore e la carne, più inti-mamente e più profondamente di quantonon lo facessero i Tuoi nemici. Signore, ven-go a percorrere con Te le tappe della TuaVia Crucis; mentre penserò a Te, confermaTu stesso tutto il mio essere alla verità dellaCroce.

O Verbo incarnato Gesù Crocifisso, chemi hai rivelato la Croce nello splendore del-la Tua Verità, che hai esaltato la Croce nellaTua Gloria, che hai incarnato mediante laCroce la Verità e la Gloria, che il mio spirito,

il mio cuore e il mio corpo aderiscano allaTua Croce affinchè tutto me stesso siaverginalmente riformato dalla verità dellaTua Croce.

Signore Tu sei la Verità; la Tua via do-lorosa è la via della Vita. Tu sei tutto in cias-cuno dei Tuoi passi ed ognuno di essi compienel più intimo di Te stesso, un nuovo annien-tamento. Tu lasci che si sospendano in Tegradualmente, ineluttabilmente sino allaloro sorgente, tutte le forze della Tua vita,ma è proprio allora, o Signore, che sei Vita,è allora che entri nella Gloria. Io credo chesei Vita, mentre acconsenti a lasciare questavita. Questa Verità è dura e chi la può inten-dere? (6) Eppure poichè questa è verità perTe, lo è anche per mè; è vero per me come loè per Te? Chi perde la propria anima la salva(7). Fammi percorrere, o Signore, la Tua stra-da intima la quale conduce all'immenso ab-bandono: allora io pure entrerò sicuramentenella Vita. Io credo, o Signore, ma aumentala mia fede. (8) Credo dal profondo dell'ani-ma, da quel profondo nel quale Tu vivi inme: la Tua viva Presenza acconsente in me almistero della Tua Vita. Tu sai, o Signore chesono debole ma sai anche che sono felice diessere con Te: con Te nella via dolorosa, conTe nella verità della Croce, con Te nel sacri-ficio che è Vita. A chi andrei io, o Signore?Tu solo hai parole vita eterna (9).

E Tu o Maria, Tu che sei la Madre delVerbo incarnato, del Verbo incarnato e cro-cifisso, che sei la via attraverso la quale ilVerbo trovò la Croce, la prima ad essere sta-ta iniziata al giogo della Croce; Tu che sor-ridesti in questa vita all'Autore stesso dellaVita e che sei la «sempre piena di vita», con-cedimi di essere per Gesù agonizzante, sof-ferente, morente, ciò che fosti tu stessa, ciòche tu sei eternamente per Lui: un sorriso.

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(l) Gv 14, 6.(2) Mt 10, 25.(3) Lc 12, 50;

Gv 12, 27.(4) II Cor 1, 19.

(5) Gv 14, 6.(6) Gv 6, 60.(7) Mt 10, 39.(8) Mc 9, 24; Lc 17, 5.(9) Gv 6, 68; 10, 8.

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