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Anno scolastico 2007-2008 classi 1^ B-D

T.Prolungato

Istituto Comprensivo “F.lli Trillini “Scuola secondaria di Primo Grado “G. Leopardi” –

Osimo

entra

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ProgettoObiettivi formativi Conoscere le tracce del passato

presenti sul territorio come beni del

patrimonio culturale Considerare la conoscenza, la

valorizzazione del patrimonio

culturale come dimensione propria

dell’essere cittadino.

Obiettivi di apprendimento Far compiere agli allievi le

operazioni cognitive atte a costruire

una conoscenza storica.

Competenze da acquisire Apprendere le tecniche utili per

ricostruire un evento storico

attraverso l’attività ludica Selezionare le fonti, interrogarle e

ricavarne informazioni . Comprendere il metodo della ricerca

storica.

Svolgimento dell’attività Uscita sul territorio per la ricerca di tracce relative all’ attività produttiva della villa. In classe : rielaborazione del materiale raccolto, schedatura delle foto e degli appunti, interrogazione, interpretazione e ricostruzione della vita all’interno della villa. Produzione di un ipertesto.

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La villa rustica di Monte Torto sorgeva a 150 m sul livello del mare, su una terrazza naturale lungo il versante meridionale del colle dove le acque del torrente Truscione confluivano in quelle del Musone.

Questa posizione era favorevole, essendo riparata dai venti freddi,

come la tramontana.

A sud della villa si snodavano due assi viari: uno attraverso la via Flaminia collegava Ancona a Nocera Umbra e l’altro, tramite la strada Helvia Recina, Urbisaglia ad Ancona.

Il sito

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L’attività della villa si è sviluppata in due periodi: I se. a.C e. V secolo d.C,

La struttura conobbe diverse fasi, ma le più importanti sono due: fino al terzo secolo produsse olio e vino, dal quarto secolo lo

insediamento venne utilizzato come fornace per la lavorazione di metalli e di oggetti in terracotta

(lucerne e vasellame).

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Pianta del complesso produttivo

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Mappa del territorio di Osimo in età romana

Legenda

centuriazione

fiume strada

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confine

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Pianta del territorio di Osimo

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Pars fructuaria (area vinaria)

Di tutta la villa è stata localizzata e riportata alla luce solo la pars pars fructuariafructuaria, dove si lavoravano i prodotti agricoli, mentre la pars urbana, in cui risiedeva il signore con la sua famiglia, è ancora da individuare.

La pars fructuaria era formata da una serie di ambienti collegati tra loro, dove, nelle arae, avveniva la lavorazione dell’uva tramite torchi vinari .

Le arae erano superfici circolari utilizzate per la spremitura dell’uva, dalle quali, attraverso dei canaletti, il liquido veniva convogliato in due vasche di raccolta. avanti

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Pars fructuaria

( pavimentazione ) La pavimentazione a spina di pesce (opus spicatum) rivestiva tutta la pars fructuaria.

L'opera spicata era un rivestimento pavimentale costituito da laterizi collocati di taglio, secondo la disposizione a lisca di pesce o a spiga di grano, molto utilizzata in epoca romana antica.

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Basi di alloggiamento degli arbores

Due lastre rettangolari di pietra con doppio incasso ciascuno erano la base per l’alloggiamento

degli arbores, travi di leccio che

costituivano la struttura dei torchi,

i quali, essendo in legno, col tempo si sono deteriorati.

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Spazi per la pigiatura

Per evitare che insetti e piccoli animali potessero annidarsi nelle connessure tra pavimento e pareti, gli spazi dove avveniva la pigiatura erano dotati di cordoli di coccio pesto,detto anche opus signinum,

costituito da calce mescolata a frammenti di terracotta.

Il termine deriva dalla città di Segni (Signa), presso Roma, dove pare che fosse stato inventato.

Vitruvio ne descrive la fabbricazione e l’uso come

impermeabilizzante per le cisterne.

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A ridosso del lato est, incassata nel pavimento,vi è una vasca in muratura dove veniva praticata una preliminare e sommaria pigiatura; dopo di che i grappoli di

uva potevano essere facilmente sottoposti all’ azione del torchio.

Vasca di prima pigiatura

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Le vasche di raccolta del mosto erano profonde circa un metro, con le pareti intonacate e la base rivestita da una lamina di piombo.

Sul fondo c’era un canale che portava il liquido nelle celle sotterranee dove avveniva la fermentazione del mosto.

Vasche di raccolta

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L'opera spicata (opus spicatum) è un rivestimento pavimentale costituito da laterizi collocati di taglio a lisca di pesce o a spiga di grano,

molto comune nell’età romana antica.

In altre epoche la disposizione di mattoni o blocchetti in pietra

o ciottoli di forma allungata, nelle murature o nella pavimentazione, veniva

utilizzata soprattutto a scopo

decorativo.

Negli ultimi anni c'è stata la riscoperta di tale tipo di

decorazione soprattutto per la realizzazione dei selciati nei centri

storici delle città.

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. Pars fructuaria

(area olearia)

La spremitura delle olive avveniva

con dei torchi, infatti nel

pavimento sono state ritrovate delle

buche circolari di alloggiamento

delle travi di legno che costituivano la loro struttura.

Attraverso un canaletto, l’olio di

prima spremitura veniva convogliato

in due vasche vicine

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Nella prima vasca andava a finire l’olio di prima spremitura

(extravergine) che veniva subito messo nei doli per essere venduto.

Nella seconda, dove avveniva la

decantazione, era conservato quello

di seconda e terza spremitura.

Attraverso questa fase, si separava

l’olio dall’acqua che passava in una terza vasca, quindi, da un foro detto

“del troppo pieno”, veniva espulsa

ed usata per l’irrigazione, in quanto

ricca di sostanze nutritive.

Vasche di raccolta dell’olio

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Foro del “troppo pieno”

Particolare del foro

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I doli Le cantine erano sotterranee e

piene di doli, cioè grosse anfore

di terracotta utilizzate per

contenere vino e olio.

Nei doli era impresso un marchio che ne indicava il produttore.

Ristrutturazione di un’anfora

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La cisternaA 250 m dalla villa c’era una grande cisterna a cielo aperto, a pianta circolare, di cemento, con l’interno rivestito ad intonaco. Aveva un diametro di 11 m ed era profonda

2,30 metri.

Serviva per raccogliere le acque piovane e sotterranee utilizzate per irrigare i campi e per abbeverare il bestiame.

Le tubature usate per trasportare l’acqua fino all’azienda agraria erano di terracotta e le giunture venivano impermeabilizzate con un impasto di calce e olio.

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L’olio nel passato

Al British Museum di Londra è conservata l'anfora di Vulci (500a.C.) su cui è rappresentata una scena di raccolta delle olive: due uomini , dal basso, colpiscono i rami con delle pertiche; un altro, sull'albero, bacchia le olive con un bastone ed un quarto uomo, in ginocchio, raccoglie i frutti da terra e li colloca in un cesto. La raccolta delle olive si fa ancora così! Oggi sono usate una specie di forbici a pettine che, sempre a mano,consentonodi strappare le olive direttamente dai rami.

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Dalla raccolta alla...

La raccolta delle olive veniva fatta

tra novembre e gennaio, quando i

frutti erano quasi maturi.

Si procedeva staccando le olive

a mano dalla pianta, facendole

cadere a terra o scuotendo  i rami.

Veniva usata anche la

bacchiatura, ossia il percuotere i

rami con lunghe pertiche di legno

fino a far cadere le olive sul

terreno.

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…alla spremitura

La prima fase della preparazione

dell’ olio d’oliva consisteva nella

snocciolatura dei frutti.

L’olio che si otteneva dalla

torchiatura era piuttosto denso

e per farlo diventare più fluido

occorreva riscaldare l’ ambiente per evitare che si rapprendesse. In qualche occasione, era

sufficiente che il locale dei

torchi fosse rivolto a sud

ed esposto ai raggi del sole.

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La frangitura delle olive avveniva o per mezzo della mola olearia che era formata da una parte fissa.

Quando il perno centrale veniva fatto ruotare, i rulli giravano a una

distanza regolabile sopra il recipiente che conteneva le olive e così si separava la polpa dai noccioli senza schiacciarli.

La pasta ricavata dalla frangitura veniva posta all' interno dei fiscoli, cesti intrecciati con giunchi o

altre fibre vegetali, e premuta con il torchio.

La frangitura

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La mola

Per la frantumazione delle olive si utilizzava la mola olearia in modo che la polpa, rompendosi,

permettesse l'estrazione dell'olio.

Il metodo tradizionale, usato ancora oggi, è quello delle molazze

ossia due grosse ruote di granito,

che, ruotando sopra un grande piatto dello stesso materiale, schiacciano le olive.

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Il torchio ad ancoraggio fisso

era costituito da due pali verticali

(arbores) infissi in due incassi di norma scavati in un blocco di pietra. Tra i due pali veniva inserito l'albero del torchio (prelum), collegato poi alla vite che insieme ad altri congegni provocava

l 'abbassamento dell'orbis

in legno, che premeva a sua volta sui fiscoli.

L'ara costituiva la superficie di spremitura e poteva essere in pietra locale o in mattoncini disposti a spina di pesce (opus spicatum).

Il torchio

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Il vino nel passatoDurante l’impero romano la viticoltura si diffuse enorme

mente, le tecniche vitivinicole conobbero in quei secoli notevole sviluppo: si praticò la potatura della vite, si cominciarono ad usare barili in legno e bottiglie di vetro, cosicchè il vino migliorò tanto da essere usato come moneta di scambio e da divenire una fonte di reddito.La vite continuava però ad essere coltivata col sistema ad "altena“, cioè attorcigliata agli alberi.

Il tralcio raggiungeva altezze tali che la vendemmia veniva effettuata usando lunghe scale.

La qualità del vino dipendeva

molto dall’esposizione del vigneto, dalle caratteristiche delle piante e dai metodi di coltivazione.

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Dalla raccolta ...I vendemmiatori staccavano i grappoli con un falcetto, li raccoglievano in cesti adatti per essere trasportati sul carro, su animali da soma o sulle spalle degli schiavi.

Avvenuta la vendemmia si selezionava l'uva a seconda che venisse impiegata per essere consumata a tavola o per vino di buona qualità o ancora per vino mediocre destinato agli schiavi.

..alla vinificazioneL’uva era raccolta e pigiata in grandi vasche di pietra.

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La torchiatura

Le vinacce,separate dal mosto con la pigiatura, venivano sottoposte a torchiatura, mentre il mosto finiva in una vasca sottostante.

In questa seconda vasca, dove

confluiva anche il mosto delle vinacce torchiate, avveniva la fermentazione.

Dopo sette o otto giorni si travasava il vino in grossi doli interrati dove si completava il processo di fermentazione.

Torchio a vite

Torchio a leva

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Il vino ordinario veniva consumato o venduto appena limpido,

attingendolo direttamente dai doli; quello di qualità o destinato alla vendita era travasato in anfore,

dove subiva una serie di

trattamenti per una corretta conservazione.

Le anfore destinate alla vendita venivano tappate con sugheri e sigillate con pece, argilla o gesso e trovavano collocazione nelle celle

vinarie sotterranee. I Romani usavano diluire il vino con acqua, perché quello puro

era destinato agli Dei, oppure

lo miscelavano con il miele o lo aromatizzavano con le spezie.

I vini erano bianchi (vinum candidum), rossi (vinum atrum) o passiti (passum) prodotti da uve secche.

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Bibliografia

Gobbi Cecilia “Il Comune di Osimo” -Servizio tecnico alla Cultura- in Regione MarcheVirzi Hagglund R “La villa rustica di Monte Torto-gli impianti produttivi” Osimo- Palazzo Campana 1996Cianferoni G.Carlotta“L’olio e il vino nella storia “ in Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana”Guidotti M.Cristina “Alimentazione” in Beniculturali.itGaleazzi Fabio “ La lavorazione dell’olio” in Marche.netOsimo on line”L’età romana” in Sezione archeologica del Museo CivicoAA.VV “ La villa di MonteTorto in continuità” Istituto Comprensivo F.lli Trillini- anno scolastico 2004-2005