Anno pastorale 2015 16 web

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Gv 20,21 misericordiosi come il Padre UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“ PARROCCHIE DI BOTTICINO - Ottobre 2015 NOTIZIARIO PASTORALE INIZIO ANNO PASTORALE 2015-2016 VOCE per la COMUNITA’

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Gv 20,21

miser icordiosicome

il Padre

UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“PARROCCHIE DI BOTTICINO - Ottobre 2015

NOTIZIARIO PASTORALEINIZIO ANNO PASTORALE 2015-2016

VOCE per la COMUNITA’

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RECAPITO DEI SACERDOTI E ISTITUTILicini don Raffaele, parroco

cell. 3283108944 e-mail parrocchia:

[email protected] web: www.parrocchiebotticino.it

Segreteria Unità Pastorale tel. 0302692094 - fax 0302193343

Loda don Bruno, tel. 0302199768 Bonetta don Giacomo, tel. 3474763332Pietro Oprandi, diacono tel. 0302199881

Scuola Parrocchiale don Orione tel.0302691141Suore Operaie abitazione villaggio 0302693689

BATTESIMI BOTTICINO MATTINA e SERA lunedì 7 e martedì 8 dicembre 2015

sabato 9 e domenica 10 gennaio 2016SAN GALLO domenica 25 ottobre 2015

I genitori che intendono chiedere il Battesimo per i figli sono invitati a contattare, per tempo, per accordarsi

sulla preparazione e sulla data della celebrazione, il parroco personalmente o tel.3283108944

PRESENTAZIONE All’inizio del nuovo anno pastorale

il Notiziario per le famiglie delle tre Parrocchie di Botticino.

E’ un notiziario-documento perchè non si limita a dare notizie, ma pre-senta pagine di formazione nei vari ambiti della pastorale e del cammino della Chiesa universale, diocesana e parrocchiale.

Viene riportato il testo completo

della Bolla di Papa Francesco dell’An-no Santo della Misericordia .

Gli argomenti vengono presentati con un linguaggio comprensibile a tutti e servono per essere aggiornati e istruiti nelle cose che riguardano il nostro essere Chiesa. Non va letto tutto d’un fiato, ma gustato e medi-tato pagina per pagina.

E poi le pagine riguardanti la ca-

ritas, le missioni, l’oratorio, la scuola don Orione, attività di volontariato, ricreative e sportive.

all’inizio di un nuovo anno pastorale

UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI”PARROCCHIE DI BOTTICINOORARI S.MESSE

da ottobre 2015 FEsTIvE DEl sABATO E vIgIlIA FEsTIvITA’

SERA VILLAGGIO ore 16,00MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30

SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30SERA PARROCCHIALE ore 18,45

FEsTIvE DEllA DOmENICA E FEsTIvITA’SERA PARROCCHIALE ore 8,00

MATTINA PARROCCHIALE ore 9,30SAN GALLO PARROCCHIALE ore 10,00

SERA PARROCCHIALE ore 10,45MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30

SERA PARROCCHIALE ore 18,45

lUNEDI’CASA RIPOSO ore 16,45

MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00SERA PARROCCHIALE ore 20,00

mARTEDI’MATTINA SAN NICOLA ore 18,00

SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30SERA PARROCCHIALE ore 17,30

mERCOlEDI’MATTINA MOLVINA ore 17,00

(fino al 28 novembre poi è alle ore 1,00 in chiesa)SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30

SERA PARROCCHIALE ore 18,30

gIOvEDI’SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30

MATTINA S.NICOLA ore 18,00SERA PARROCCHIALE ore 20,00

(fino al 29 ottobre è alle ore 17,00 al cimitero)

vENERDI’SAN GALLO TRINITA’ ore 17,30

MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00(fino al 30 ottobre è alle ore 18,00 al cimitero)SERA PARROCCHIALE ore 18,30

Settembre/ottobre: tempo di inizi, di vendemmia, rac-colta e festa... tempo di progetti e di nuova semina...

Due documenti del Papa quest’anno ci faranno da “guida”: “Misericordiae Vultus” e “Laudato Si”. Siamo in-vitati a cantare la Misericordia di Dio che prende volto in Gesu, a riconoscerla in tutto il Creato e ad unirci alla lode gioiosa di tutta la creazione.

Ma ancora piu profonda e la gioia che siamo chiama-ti a vivere e “sperimentare” sulla nostra pelle in questo anno speciale: far passare la nostra vita “attraverso Cri-sto che e la Porta” della Grazia di Dio sull’umanita! Papa Francesco nello scorso aprile ci “stupiva” e stupiva tutto il mondo con la proclamazione solenne di un “Anno Santo della Misericordia”! Si aprira l’8 dicembre 2015, solennita dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra sto-ria... Successivamente, si aprira la Porta Santa nelle altre Basiliche Papali. Nella stessa domenica nella Cattedrale di ogni singola Diocesi si aprira per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Misericordia. Ogni Chiesa particolare, quindi, sara direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rin-novamento spirituale. Il Giubileo, pertanto, sara celebra-to a Roma cosi come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa.

Ci dice nella sua Bolla di Indizione: “Ci sono momenti nei quali in modo ancora piu forte siamo chiamati a te-nere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. E per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perche renda piu forte ed efficace la testimonianza dell’Amore di Dio verso tutti i credenti.”

Questo tempo che stiamo vivendo e uno di quei “mo-menti” a cui il Papa si riferisce. Momento di “crisi mon-diale” gia definito cosi da Giovanni Paolo II e poi da Be-nedetto XVI come “crisi dei valori umani, crisi del primato di Dio sulla Vita” ed ora anche Papa Francesco ci ricorda questa profonda crisi dell’umanita perche ha perso il suo “centro”. Pero ci stimola a tenere fisso lo sguardo sulla Misericordia, centro dell’agire di Dio!

Non solo con l’Anno Santo della Misericordia, ma an-che con un parola autorevole sulla dimensione sociale che

ogni credente e chiamato a vivere: “Laudato Si”. Una En-ciclica “superficialmente” definita sull’ecologia, ma quel-lo che Papa Francesco richiama e: «Un’ecologia integrale fatta dai semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo, che porta ogni uomo a concepire il pianeta come patria e l’umanita come popolo che abita una casa comune. Per il cristiano l’ecologia e i suoi compiti hanno significato e valore innanzitutto “spirituale”. La spiritualita cristiana non e disgiunta dal proprio corpo, ne dalla natura o dal-le realta di questo mondo, ma vive con esse e in esse, in comunione con tutto cio che ci circonda. La spiritualita ci schiude al bello, dandoci uno sguardo contemplativo, ammirato e grato del creato. Sguardo liberatore da ogni tentazione consumistica: prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico. Ci fa liberi e fedeli nell’amore. La natura e piena di parole d’amore, che solo un vedere contemplativo sa leggere».

Misericordia e Creato, veri pilastri di una vita bella e dignitosa! L’uomo e il vertice del creato ma se non ha l’a-nimo del Creatore, se non diventa capace di misericor-dia allora attraversa la vita come un “conquistatore”! Ma non si puo conquistare o strappare cio che ci e donato per amore. Chi legge la vita con altri parametri o criteri rischia davvero di gettare addosso all’umanita pesi che sono infernali da portare... che e la deriva del consumo e dello “scarto” a cui stiamo assistendo.

Forse che Papa Francesco ci sta chiedendo di ricomin-ciare da capo ad Evangelizzare la nostra cultura, la nostra societa, la nostra comunita, la nostra famiglia, la nostra vita?

Raccogliamo volentieri questo invito!Vivremo l’anno della Misericordia con l’invito a par-

tecipare alle numerose iniziative che costituiscono gia cammino pastorale ordinario delle nostre parrocchie di Botticino, ma in modo straordinario. Le parabole evange-liche della misericordia cosi come le opere di misericordia corporale e spirituale, ci permetteranno di vivere questo anno di grazia negli ambienti di vita, quindi al di fuori dell’ambito strttamente liturgico.

Buon anno pastorale!

don Raffaele

sito web delle parrocchie di Botticino:

www.parrocchiebotticino.it

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Questo testo offre uno strumento di supporto per una lettura dell’Enciclica, aiutando a coglierne lo svi-luppo d’insieme e a individuarne le linee di fondo.

Uno sguardo d’insieme

«Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a co-loro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?» (160). Questo interrogativo e al cuore della Laudato si’, l’attesa Enciclica sulla cura della casa comune di Papa Francesco. Che prosegue: «Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo iso-lato, perche non si puo porre la questione in maniera parziale», e questo conduce a interrogarsi sul senso dell’esistenza e sui valori alla base della vita sociale: «Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi?»: se non ci poniamo queste doman-de di fondo – dice il Pontefice – «non credo che le nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti».

L’Enciclica prende il nome dall’invocazione di san Francesco, «Laudato si’, mi’ Signore», che nel Cantico delle creature ricorda che la terra, la no-stra casa comune, «e anche come una so-rella, con la quale condividiamo l’esisten-za, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (1). Noi stessi «siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo e costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria e quella che ci da il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora» (2).

Ora, questa terra, maltrattata e sac-cheggiata si lamenta e i suoi gemiti si uni-scono a quelli di tutti gli abbandonati del mondo. Papa Francesco invita ad ascoltar-li, sollecitando tutti e ciascuno – singoli, famiglie, collettivita locali, nazioni e comu-nita internazionale – a una «conversione

ecologica», secondo l’espressione di san Giovanni Pa-olo II, cioe a «cambiare rotta», assumendo la bellezza e la responsabilita di un impegno per la «cura della casa comune». Allo stesso tempo Papa Francesco ri-conosce che «Si avverte una crescente sensibilita ri-guardo all’ambiente e alla cura della natura, e matura una sincera e dolorosa preoccupazione per cio che sta accadendo al nostro pianeta» (19), legittimando uno sguardo di speranza che punteggia l’intera Enciclica e manda a tutti un messaggio chiaro e pieno di speran-za: «L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (13); «l’essere umano e ancora capace di intervenire positivamente» (58); «non tutto e perduto, perche gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi» (205).

Papa Francesco si rivolge certo ai fedeli cattoli-ci, riprendendo le parole di san Giovanni Paolo II: «i cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti del-la natura e del Creatore sono parte della loro fede» (64), ma si propone «specialmente di entrare in dia-logo con tutti riguardo alla nostra casa comune» (3): il dialogo percorre tutto il testo, e nel cap. 5 diven-

- chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - ta lo strumento per affrontare e risolvere i problemi. Fin dall’inizio Papa Francesco ricorda che anche «altre Chiese e Comunità cristiane – come pure altre religio-ni – hanno sviluppato una profonda preoccupazione e una preziosa riflessione» sul tema dell’ecologia (7). Anzi, ne assume esplicitamente il contributo, a partire da quello del «caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo» (7), ampiamente citato ai nn. 8-9. A piu riprese, poi, il Pontefice ringrazia i protagonisti di questo impegno – tanto singoli quanto associazioni o istituzioni –, ricono-scendo che «la riflessione di innumerevoli scienziati, filosofi, teologi e organizzazioni sociali [ha] arricchito il pensiero della Chiesa su tali questioni» (7) e invita tut-ti a riconoscere «la ricchezza che le religioni possono offrire per un’ecologia integrale e per il pieno sviluppo del genere umano» (62).

L’itinerario dell’Enciclica e tracciato nel n. 15 e si sno-da in sei capitoli. Si passa da un ascolto della situazio-ne a partire dalle migliori acquisizioni scientifiche oggi disponibili (cap. 1), al confronto con la Bibbia e la tra-dizione giudeo-cristiana (cap. 2), individuando la radice dei problemi (cap. 3) nella tecnocrazia e in un eccessivo ripiegamento autoreferenziale dell’essere umano. La proposta dell’Enciclica (cap. 4) e quella di una «ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali» (137), inscindibilmente legate con la questione ambientale. In questa prospettiva, Papa Fran-cesco propone (cap. 5) di avviare a ogni livello della vita sociale, economica e politica un dialogo onesto, che strutturi processi decisionali trasparenti, e ricorda (cap. 6) che nessun progetto puo essere efficace se non e ani-mato da una coscienza formata e responsabile, sugge-rendo spunti per crescere in questa direzione a livello educativo, spirituale, ecclesiale, politico e teologico. Il testo termina con due preghiere, una offerta alla con-divisione con tutti coloro che credono in «un Dio crea-tore onnipotente» (246), e l’altra proposta a coloro che professano la fede in Gesu Cristo, ritmata dal ritornello «Laudato si’», con cui l’Enciclica si apre e si chiude.

Il testo e attraversato da alcuni assi tematici, affrontati da una va-rieta di prospettive diverse, che gli conferiscono una forte unitarieta: «l’intima relazione tra i poveri e la fragilita del pianeta; la convin-zione che tutto nel mondo e inti-mamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnolo-gia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progres-so; il valore proprio di ogni creatu-ra; il senso umano dell’ecologia; la necessita di dibattiti sinceri e one-sti; la grave responsabilita della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita» (16).

Capitolo primo Quello che sta accadendo alla nostra casa

Il capitolo assume le piu recenti acquisizioni scienti-fiche in materia ambientale come modo per ascoltare il grido della creazione, «trasformare in sofferenza per-sonale quello che accade al mondo, e cosi riconoscere qual e il contributo che ciascuno puo portare» (19). Si affrontano cosi «vari aspetti dell’attuale crisi ecologi-ca» (15).

I mutamenti climatici: «I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costitu-iscono una delle principali sfide attuali per l’umanita» (25). Se «Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti» (23), l’impatto piu pesante della sua alterazione ricade sui piu poveri, ma molti «che detengono piu risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi» (26): «la mancanza di reazioni di fronte a que-sti drammi dei nostri fratelli e sorelle e un segno della perdita di quel senso di responsabilita per i nostri simili su cui si fonda ogni societa civile» (25).

La questione dell’acqua: il Pontefice afferma a chia-re lettere che «l’accesso all’acqua potabile e sicura e un diritto umano essenziale, fondamentale e universa-le, perche determina la sopravvivenza delle persone e per questo e condizione per l’esercizio degli altri diritti umani». Privare i poveri dell’accesso all’acqua significa negare «il diritto alla vita radicato nella loro inalienabi-le dignita» (30).

La tutela della biodiversita: «Ogni anno scompaio-no migliaia di specie vegetali e animali che non potre-mo più conoscere, che i nostri figli non potranno ve-dere, perse per sempre» (33). Non sono solo eventuali “risorse” sfruttabili, ma hanno un valore in se stesse. In

“Laudato si’”, una “mappa” per la lettura dell’Enciclica

Papa Francesco / Documenti

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parrocchie, Chiesa in cammino, per una nuova evangelizza- chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino -

questa prospettiva «sono lodevoli e a volte ammirevoli gli sforzi di scienziati e tecnici che cercano di risolvere i problemi creati dall’essere umano», ma l’intervento umano, quando si pone a servizio della finanza e del consumismo, «fa si che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre piu limitata e grigia» (34).

Il debito ecologico: nel quadro di un’etica delle rela-zioni internazionali, l’Enciclica indica come esista «un vero “debito ecologico”» (51), soprattutto del Nord nei confronti del Sud del mondo. Di fronte ai mutamenti climatici vi sono «responsabilita diversificate» (52), e quelle dei Paesi sviluppati sono maggiori.

Nella consapevolezza delle profonde divergenze rispetto a queste problematiche, Papa Francesco si mostra profondamente colpito dalla «debolezza delle reazioni» di fronte ai drammi di tante persone e popo-lazioni. Nonostante non manchino esempi positivi (58), segnala «un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilita» (59). Mancano una cultura adeguata (53) e la disponibilita a cambiare stili di vita, produzione e consumo (59), mentre urge «creare un sistema nor-mativo che [...] assicuri la protezione degli ecosistemi» (53).

Capitolo secondo Il Vangelo della creazione

Per affrontare le problematiche il-lustrate nel capitolo precedente, Papa Francesco rilegge i racconti della Bibbia, offre una visione complessiva che viene dalla tradizione ebraico-cristiana e arti-cola la «tremenda responsabilita» (90) dell’essere umano nei confronti del cre-ato, l’intimo legame tra tutte le creature e il fatto che «l’ambiente e un bene col-lettivo, patrimonio di tutta l’umanita e responsabilita di tutti» (95).

Nella Bibbia, «il Dio che libera e sal-va è lo stesso che ha creato l’universo»

e «in Lui affetto e forza si coniugano» (73). Centrale e il racconto della creazione per riflettere sul rapporto tra l’essere umano e le altre creature e su come il peccato rompa l’equilibrio di tutta la creazione nel suo insieme: «Questi racconti suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato» (66).

Per questo, anche se «qualche volta i cristiani han-no interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle al-tre creature» (67). All’essere umano spetta la respon-sabilita di «“coltivare e custodire” il giardino del mon-do (cfr Gen 2,15)» (67), sapendo che «lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avan-zano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio» (83).

Che l’essere umano non sia il padrone dell’univer-so, «non significa equiparare tutti gli esseri viventi e

toglier[gli] quel valore peculiare» che lo caratterizza; e «nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chia-mata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilita» (90). In questa prospettiva, «Ogni maltrat-tamento verso qualsiasi creatura “è contrario alla dignità umana”» (92), ma «Non può essere autenti-co un sentimento di intima unio-ne con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani» (91). Serve la consapevo-lezza di una comunione universa-

le: «creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formia-mo una sorta di famiglia universa-le, […] che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile» (89).

Conclude il capitolo il cuore della rivelazione cristiana: «Gesu terreno» con la «sua relazione tanto concreta e amorevole con il mondo» e «risorto e glorioso, presente in tutto il creato con la sua signoria universale» (100).

Capitolo terzo La radice umana della crisi ecologica

Questo capitolo presenta un’analisi della situazione attuale, «in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause piu profonde» (15), in un dialogo con la filosofia e le scienze umane.

Un primo fulcro del capitolo sono le riflessioni sulla tecnologia: ne viene riconosciuto con gratitudi-ne l’apporto al miglioramento delle condizioni di vita (102-103), tuttavia essa da «a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero» (104). Sono pro-prio le logiche di dominio tecnocratico che portano a distruggere la natura e a sfruttare le persone e le po-polazioni piu deboli. «Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica» (109), impedendo di riconoscere che «Il mercato da solo [...] non garantisce lo sviluppo uma-no integrale e l’inclusione sociale» (109).

Alla radice si diagnostica nell’epoca moderna un eccesso di antropocentrismo (116): l’essere umano non riconosce piu la propria giusta posizione rispetto al mondo e assume una posizione autoreferenziale, centrata esclusivamente su di se e sul proprio potere. Ne deriva una logica «usa e getta» che giustifica ogni tipo di scarto, ambientale o umano che sia, che tratta l’altro e la natura come semplice oggetto e conduce a una miriade di forme di dominio. È la logica che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ri-durre altri in schiavitu, a sopravvalutare la capacita del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il commercio di pelli di animali in via di estin-zione e di “diamanti insanguinati”. È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perche non corrispondono ai progetti dei genitori. (123)

In questa luce l’Enciclica affronta due problemi cru-ciali per il mondo di oggi. Innanzitutto il lavoro: «In qualunque impostazione di ecologia integrale, che non

escluda l’essere umano, e indispensabile integrare il valore del lavoro» (124), cosi come «Rinunciare ad in-vestire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società» (128).

La seconda riguarda i limiti del progresso scienti-fico, con chiaro riferimento agli OGM (132-136), che sono «una questione di carattere complesso» (135). Sebbene «in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, si riscontrano significative difficolta che non devono essere minimizzate» (134), a partire dalla «concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi» (134). Papa Francesco pensa in particolare ai piccoli produttori e ai lavoratori rurali, alla biodiversita, alla rete di ecosistemi. È quindi necessario «un dibatti-to scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome» a partire da «linee di ricerca autonoma e interdisciplinare» (135).

Capitolo quarto Un’ecologia integrale

Il cuore della proposta dell’Enciclica e l’ecologia in-tegrale come nuovo paradigma di giustizia; un’ecologia «che integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realta che lo cir-conda» (15). Infatti, non possiamo «considerare la natura come qualcosa separato da noi o come una mera cornice della nostra vita» (139). Questo vale per quanto viviamo nei diversi campi: nell’economia e nella politica, nelle di-verse culture, in particolar modo in quelle piu minacciate, e persino in ogni momento della nostra vita quotidiana.

La prospettiva integrale mette in gioco anche una eco-logia delle istituzioni: «Se tutto e in relazione, anche lo sta-to di salute delle istituzioni di una societa comporta con-seguenze per l’ambiente e per la qualita della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica pro-voca danni ambientali”» (142).

Con molti esempi concreti, Papa Francesco non fa che ribadire il proprio pensiero: c’e un legame tra questioni

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ambientali e questioni sociali e umane che non puo mai essere spezzato. Cosi «l’analisi dei problemi ambientali e inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavo-rativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con se stessa» (141), in quanto «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensi una sola e com-plessa crisi socio-ambientale» (139).

Questa ecologia integrale «e inseparabile dalla nozio-ne di bene comune»(156), da intendersi pero in maniera concreta: nel contesto di oggi, in cui «si riscontrano tan-te inequita e sono sempre piu numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali», impegnarsi per il bene comune significa fare scelte solida-li sulla base di «una opzione preferenziale per i più po-veri» (158). È questo anche il modo migliore per lasciare un mondo sostenibile alle prossime generazioni, non a proclami, ma attraverso un impegno di cura per i poveri di oggi, come gia aveva sottolineato Benedetto XVI: «oltre alla leale solidarietà intergenerazionale, occorre reiterare l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà intragenerazionale» (162).

L’ecologia integrale investe anche la vita quotidiana, a cui l’Enciclica riserva un’attenzione specifica in particolare in ambiente urbano. L’essere umano ha una grande capa-cita di adattamento ed «è ammirevole la creatività e la ge-nerosità di persone e gruppi che sono capaci di ribaltare i limiti dell’ambiente, [...] imparando ad orientare la loro esistenza in mezzo al disordine e alla precarietà» (148). Ciononostante, uno sviluppo autentico presuppone un mi-glioramento integrale nella qualita della vita umana: spazi pubblici, abitazioni, trasporti, ecc. (150-154).

Anche «il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per ac-cogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio» (155).

Capitolo quinto Alcune linee di orientamento e di azione

Questo capitolo affronta la domanda su che cosa pos-siamo e dobbiamo fare. Le analisi non possono bastare: ci vogliono proposte «di dialogo e di azione che coinvolga-no sia ognuno di noi, sia la politica internazionale» (15), e «che ci aiutino ad uscire dalla spirale di autodistruzio-ne in cui stiamo affondando» (163). Per Papa Francesco e imprescindibile che la costruzione di cammini concreti non venga affrontata in modo ideologico, superficiale o ri-duzionista. Per questo e indispensabile il dialogo, termine presente nel titolo di ogni sezione di questo capitolo: «Ci sono discussioni, su questioni relative all’ambiente, nelle quali e difficile raggiungere un consenso. […] la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sosti-tuirsi alla politica, ma [io] invito ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune» (188).

Su questa base Papa Francesco non teme di formulare un giudizio severo sulle dinamiche internazionali recenti: «i Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambien-tali globali realmente significativi ed efficaci» (166). E si chiede «Perche si vuole mantenere oggi un potere che sara ricordato per la sua incapacita di intervenire quan-do era urgente e necessario farlo?» (57). Servono invece, come i Pontefici hanno ripetuto piu volte a partire dalla Pacem in terris, forme e strumenti efficaci di governance globale (175): «abbiamo bisogno di un accordo sui regimi di governance per tutta la gamma dei cosiddetti beni co-muni globali» (174), visto che «“la protezione ambientale non puo essere assicurata solo sulla base del calcolo finan-ziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente”» (190, che riprende le parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa).

Sempre in questo capitolo, Papa Francesco insiste sul-lo sviluppo di processi decisionali onesti e trasparenti, per poter «discernere» quali politiche e iniziative imprendi-toriali potranno portare «ad un vero sviluppo integrale» (185). In particolare, lo studio dell’impatto ambientale di un nuovo progetto «richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di fa-vori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al do-vere di informare ed a un dibattito approfondito» (182).

Particolarmente incisivo e l’appello rivolto a chi ricopre incarichi politici, affinche si sottragga «alla logica efficien-tista e “immediatista”» (181) oggi dominante: «se avrà il coraggio di farlo, potrà nuovamente riconoscere la digni-tà che Dio gli ha dato come persona e lascera, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilita» (181).

Battesimo BotticinoSera5 luglio 2015

Battesimi Botticino Sera 27 settembre 2015

Battesimi Sera 26 settembre 2015

- chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - chiesa universale in cammino - Capitolo sesto Educazione e spiritualità ecologica

Il capitolo finale va al cuore della conversione ecologica a cui l’Enciclica invita. Le radici della crisi culturale agiscono in profondita e non e facile ridisegnare abitudini e compor-tamenti. L’educazione e la formazione restano sfide centra-li: «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo» (15); sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis «la scuola, la famiglia, i mezzi di comu-nicazione, la catechesi» (213).

La partenza e «puntare su un altro stile di vita» (203-208), che apre anche la possibilita di «esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, eco-nomico e sociale» (206). È cio che accade quando le scelte dei consumatori riescono a «modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambien-tale e i modelli di produzione» (206).

Non si puo sottovalutare l’importanza di percorsi di edu-cazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla riduzione del consumo di acqua, alla rac-colta differenziata dei rifiuti fino a «spegnere le luci inutili» (211): «Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici ge-sti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo» (230). Tutto cio sara piu semplice a partire da uno sguardo contemplativo che viene dalla fede: «Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri. Inoltre, facendo crescere le capacita peculiari che Dio ha dato a ciascun credente, la conversione ecologica lo conduce a sviluppare la sua creati-vita e il suo entusiasmo» (220).

Ritorna la linea proposta nell’Evangelii Gaudium: «La so-brietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante» (223), cosi come «La felicita richiede di saper limitare alcu-ne necessita che ci stordiscono, restando cosi disponibili per le molteplici possibilita che offre la vita» (223); in questo modo diventa possibile «sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilita verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti» (229).

I santi ci accompagnano in questo cammino. San Fran-cesco, piu volte citato, e «l’esempio per eccellenza della cura per cio che e debole e di una ecologia integrale, vis-suta con gioia» (10), modello di come «sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella societa e la pace interiore (10). Ma l’encicli-ca ricorda anche san Benedetto, santa Teresa di Lisieux e il beato Charles de Foucauld.

Dopo la Laudato si’, l’esame di coscienza, lo strumen-to che la Chiesa ha sempre raccomandato per orientare la propria vita alla luce della relazione con il Signore, dovrà includere una nuova dimensione, considerando non solo come si e vissuta la comunione con Dio, con gli altri e con se stessi, ma anche con tutte le creature e la natura.

Battesimi Mattina 27 settembre 2015

Battesimi S.Gallo26 settembre 2015

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Documento 9 luglio 2015

Il fenomeno migratorio e le comunità cristiane

della LombardiaLe Caritas delle Diocesi lombarde riflettono su

immigrazione, rifugiati e impegno della Chiesa a fa-vore degli ultimi. E lanciano un appello «affinché le parrocchie mettano a disposizione spazi adeguati per una accoglienza diffusa sul territorio. Presen-ze di poche unità nelle nostre comunità parrocchiali favoriscono un approccio più sereno da parte della popolazione, una convivenza più accettata e soste-nuta dal volontariato»

Non illudiamociIl flusso migratorio che ci sta mettendo in affanno non si

arresterà facilmente. Finché permarranno le iniquità all’ori-gine di ogni male sociale (cfr. Evangelii Gaudium 202), fin-ché la comunità internazionale non affronterà il cancro del terrorismo islamico che si sta impossessando di intere aree del mondo, finché continuerà il forzato allontanamento di intere popolazioni causato dall’accaparramento delle terre (landgrabbing) e dai cambiamenti climatici, l’Europa sarà og-getto di una pressione continua. Non basta ipotizzare bloc-chi navali, muri di confine, affondamento di barconi, campi profughi. Al massimo queste proposte potranno avere effetti elettorali. Ma non condurranno a soluzioni stabili o ad una saggia gestione del problema. La questione riguarda la poli-tica internazionale, ha implicazioni commerciali e finanziarie, necessita di progetti di cooperazione per l’emancipazione dei popoli in via di sviluppo, la lotta alla corruzione, così che nessuno debba scappare dalla propria terra. Processi che nessun Paese da solo sarà mai in grado di sostenere.

No alle chiusure pregiudizialiSul piano nazionale denunciamo deficit organizzativi che

conducono ad operare costantemente in una prospettiva emergenziale nella quale spesso gli Enti locali finiscono per essere solo esecutori. La tempistica della burocrazia per il rilascio dei titoli di soggiorno è insopportabile. Così come la debolezza dei meccanismi di rimpatrio per chi non ha i requi-siti per rimanere in Italia.

Auspichiamo anche procedure di controllo più rigorose ri-spetto agli Enti cui viene affidata la gestione di strutture di

Vescovo Luciano Convegno del Clero martedì 2 settembre.

“L’invito è a contribuire per quello che evidentemente è possibile nelle singole parroc-chie, a trovare degli spazi per i profughi, in modo che la pre-senza sul territorio sia diffusa, non siano raccolti insieme ma siano diffusi sul territorio per un impatto più dolce con il ter-ritorio e anche per una integra-zione più grande. Per questo la Caritas si mette a disposizione, per tutti gli aspetti che riguar-dano poi la gestione della pre-senza di questi profughi o im-migrati nelle parrocchie”

Un invito, che ha fatto seguito a quello lanciato dalla Conferenza Episcopale Lombarda e della Dele-gazione Caritas Regione Lombar-dia (9 luglio 2015), a cui hanno dato ulteriore vigore le parole di Papa Francesco (Angelus, 6 settembre 2015), e che ha provocato da subito un sussulto di umanità e responsa-bilità, sollecitando le comunità par-rocchiali della Diocesi di Brescia a lasciarsi interpellare dall’accoglien-za dei richiedenti asilo.

accoglienza. Come Caritas, con tutti i soggetti che lavorano con noi, non tolleriamo la disonestà e il cinismo di imprenditori senza scrupoli che oltre a truffare lo Stato e i bisognosi metto-no in cattiva luce coloro che operano anche a proprie spese e nel rispetto della legalità. Inoltre denunciamo quegli atteggia-menti di strumentale chiusura di alcuni pubblici amministrato-ri che rifiutano l’equa distribuzione territoriale dei richiedenti asilo. Così depotenziano anche la richiesta del nostro Paese per l’altrettanto equa distribuzione dei richiedenti asilo a livel-lo europeo.

Lo Stato può fare comunque di più ampliando i posti di accoglienza del sistema Sprar, unitamente ad una visione di integrazione di più ampio respiro.

Perché la Chiesa si occupa di questo problema?La nostra fede nel Dio incarnato ci impedisce distinzioni tra

gli esseri umani. Se un primato va riconosciuto, questo riguar-da chi più è sofferente e meno tutelato. Trattare le persone con dignità e rispetto è inoltre la via per garantire pacifica convivenza. In molti territori della nostra Regione la presenza di un’alta percentuale di immigrati non è causa di reale insicu-rezza per i cittadini grazie - soprattutto - allo stile della Chiesa che con i suoi interventi concreti ha soccorso questi “nuovi venuti”, stemperato le tensioni senza dimenticarsi dei poveri che da sempre abitano le nostre comunità.

Che cosa stiamo facendo?Le Caritas di Lombardia, insieme ad altre collegate, stanno

gestendo più di 2 mila tra profughi e richiedenti asilo, e mi-gliaia di altri stranieri regolarmente presenti ma ancora privi di una dimora adeguata. Oltre ad offrire vitto e alloggio - magari in regime di contratto con l’ente pubblico - propongono per-corsi di alfabetizzazione, formazione e orientamento al lavo-ro, sostegno e tutela giuridica, supporto scolastico e anima-zione del tempo libero a favore dei minori spesso con i costi a nostro carico.

Una denuncia e un appelloNon ci è possibile tacere rispetto alle fuorvianti campagne

mediatiche che soffiano sul fuoco della paura e che tolgono lucidità all’opinione pubblica. Denunciamo l’immoralità di una certa retorica politica che paventando “invasioni”, definendo ogni profugo come “clandestino” finisce per autorizzare il cit-tadino a non sentirsi corresponsabile nell’accoglienza.

Le Caritas della Lombardia, sostenute dai propri Vescovi, fanno appello affinché le parrocchie mettano a disposizione spazi adeguati per una accoglienza diffusa sul territorio. Pre-senze di poche unità nelle nostre comunità parrocchiali favo-riscono un approccio più sereno da parte della popolazione, una convivenza più accettata e sostenuta dal volontariato. Sarà compito delle Caritas di ciascuna Diocesi adoperarsi af-finché le parrocchie ospitanti vengano sollevate da oneri bu-rocratici, amministrativi e da ogni eccessiva responsabilità di accompagnamento sociale.

“Cari fratelli e sorelle,la Misericordia di Dio viene ri-

conosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita della beata Madre Teresa di Calcutta, di cui ieri abbiamo ricor-dato l’anniversario della morte.

Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggo-no dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “pros-simi”, dei più piccoli e abban-donati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Co-raggio, pazienza!...”. La speranza cristiana è combattiva, con la te-nacia di chi va verso una meta si-cura.

Pertanto, in prossimità del Giu-bileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monaste-ri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Van-gelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia.

Ogni parrocchia, ogni comuni-tà religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una fa-miglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma.

Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nel-le loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Mise-ricordia è il secondo nome dell’A-more: «Tutto quello che avete fat-to a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi....”

PAPA FRANCESCOANGELUS

Piazza San PietroDomenica, 6 settembre 2015

APPELLO

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- Accoglienza profughi

Il Vangelo non fa sconti, basta rileggere il brano di Mt 25, 31-46. Il Papa è stato chiaro e concreto: "Ogni parrocchia, con-

vento e santuario accolga una famiglia". Il vescovo Monari ha fatto sua una sollecita-zione già espressa dalle Caritas lombarde: "Chi può, anche a Brescia, accolga", e ha così dato autorevolezza a ciò che alcune comunità parrocchiali avevano già immagi-nato di fare. Insomma, la misura della tragedia umanitaria che vede la migrazione da Paesi in guerra di quasi centinaia di migliaia di persone in Europa non può lasciare i cristiani nel ruolo di semplici spettatori.

Accogliere è oggi per un cristiano un dovere morale. È vivere in concreto e non a parole un'opera di misericordia corporale: "Ero forestiero e mi avete ospitato". È met-tere in campo quella fantasia e passione per il Vangelo che permea la vita quotidiana. Così i bresciani hanno cominciato a muoversi. Le nostre parrocchie hanno iniziato a informarsi, a guardarsi intorno, a uscire dalla reticenza e dalla paura che un tema spinoso come questo non fosse affrontabile poiché foriero, forse, d'inevitabili pole-miche e confronti anche interni alle comunità cristiane. I tempi e le esigenze pratiche e di legge che renderanno concreta l'accoglienza dei richiedenti asilo non saranno per tutti così immediati, ma il processo è iniziato e questo è ciò che più conta, anche se, a chi compete, bisognerà ricordare che si dovrà anche fare presto. Quel che però è importante sottolineare è anche ciò che questa emergenza storica può introdurre nel nostro approccio pastorale.

Oggi siamo chiamati ad accogliere e forse non siamo pronti a farlo. Cosa ci è mancato per formare delle comunità cristiane pronte a essere ospitali e

accoglienti? Il tema è pastorale e insieme culturale. Quali segni in questi anni abbia-mo espresso, quali attenzioni catechistiche e spirituali abbiamo seminato per formare dei cristiani con il cuore aperto e disponibile all’altro, al lontano, al diverso da noi? Come le comunità si sono attrezzate a vivere la traduzione del Vangelo nella società oggi? Quanti Consigli pastorali, commissioni, collaboratori sono maturi per assu-

mere con responsabilità questa e altre sfide che la storia presenta alla vita di una parrocchia? Come sanno proget-tare e portare avanti questi impegni? E quanto si è investito su questo per-corso?

Davanti a questi profughi sarà certo importante il numero di quan-ti risponderanno all’appello, ma sarà altresì significativo capire come que-sta carità renderà più mature le nostre parrocchie.

Si scrive aperturasi legge carità

Le risposte all'appello che il vescovo di Brescia ha lanciato alle parrocchie della diocesi.

Prima il Papa, poi i vescovi e poi ancora il Papa. Non si puo certo dire che sacerdoti, religiosi, monasteri, santuari e parrocchie non abbiano ricevuto in queste ultime settimane messaggi diretti per l'accoglienza dei profughi ormai sparsi, non senza polemiche e chiusure, in mezza Europa. Uno fra i primi vescovi italiani a rilancia-re, a livello locale, gli inviti e gli appelli di Papa Francesco all'acco-glienza, e stato proprio mons. Monari che si e rivolto ai suoi preti, alle parrocchie. Le risposte, stanno cominciando ad arrivare. Come tanti sindaci, e facile immaginare che ci siano in queste ore anche tanti parroci alle prese con le resistenze e le preoccupazioni delle comunita. Richiamo al Vangelo. Mons. Monari, vescovo di Brescia, ha saputo toccare i tasti giusti e non sono poche le parrocchie della dioce-si che si sono lasciate interpellare e che stanno verificando se sia possibile rispondere a quell'appello, che poi e anche quello che ogni giorno papa Francesco rivolge alla Chiesa. Dopotutto le paro-le del nostro Vescovo non sono altro che un richiamo a cio che il Vangelo ci indica, perche la carita e uno degli aspetti fondamentali della nostra fede. L’ultima ondata di arrivi, cosi come altre tante emergenze che si sono succedute nel tempo, sono un modo con cui il Signore mette alla prova il nostro essere cristiani. L'esperienza dell'accoglienza funziona e serve per ravvivare la carita, la miseri-cordia e rendere vivo il Vangelo nelle nostre comunita. Se il lavoro di accoglienza viene impostato in modo serio aiuta a crescere an-che la comunita che si apre e contribuisce all'abbattimento di tanti pregiudizi. E poi quando il bisogno bussa, chi si dice cristiano non puo aspettare piu di tanto, non ha bisogno di particolari parole per rispondere positivamente.Certo non bisogna sottovalutare l'impegno che un'accoglienza ri-chiede, che e qualcosa in piu dell'offrire un pranzo e garantire un letto. Quelli che ospitiamo sono uomini e donne che chiedono un minimo di vici-nanza. La loro p r e s e n z a , pero, ci aiuta a crescere nella carita e nella nostra capacita di mettere in campo concre-ti percorsi di integrazione.

Matteo 25,31ssQuando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tut-ti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno ra-dunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saran-no alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete ac-colto, nudo e mi avete ve-stito, malato e mi avete vi-sitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi»....

Comunità capaci di

accogliere ?!?

Tutti i numeri della risposta delle parrocchie bresciane

Mons. Monari ha chiamato ("trovare degli spazi per i profughi") e le comunità bresciane hanno cominciato a rispondere. A 15 giorni dall'appello rivolto ai sacerdoti sono giunte al Vescovo le prime disponibilità all'accoglienza. È stata la Caritas a fare il punto sulle dispo-nibilità.

Oltre alla risposta positiva data dal parro-co di Botticino ancora prima dell’appello del Vescovo, 42 parroci hanno chiamato la Cari-tas per raccogliere informazioni sulle moda-lità di attivazione e gestione dell'esperienza di microaccoglienza. "Non tutta questa mobili-tazione - ricordano in Caritas - potrà tradursi in effettiva ospitalità". Occorre verificare la necessità di adempiere ad oneri per la messa a norma degli appartamenti e coinvolgere nel discernimento il consiglio pastorale parroc-chiale, così da valutare anche l’aspetto pasto-rale dell’accoglienza. Azioni, queste, che ve-dono impegnati in questi giorni gli operatori della Caritas. Pronte all’accoglienza sono le parrocchie della Badia e del Violino (dispo-nibilità per sei persone), di quella di Quinza-no (disponibilità per una famiglia) e di Darfo (cinque disponibilità). A queste si aggiungo-no un’unità abitativa che la Caritas Diocesa-na utilizza per interventi di housing sociale, sette posti a Motella-Borgo San Giacomo e due accoglienze presso la Piccola Casa del-la Carità. “Complessivamente - conferma la Caritas - sono 24 le disponibilità e cinque le situazioni di micro-accoglienza”. Due parroc-chie sono alle prese con gli oneri per la mes-sa a norma degli appartamenti disponibili. Nove, invece, quelle che hanno dichiarato una disponibilità di alloggi e stanno attivando il consiglio pastorale. Dieci, poi, sono le parroc-chie che hanno già condiviso con il consiglio pastorale la disponibilità a dar vita a forme di micro-accoglienza nella propria comunità e stanno cercando le idonee soluzioni allog-giative. 17 parrocchie, nonostante la dispo-nibilità, non hanno strutture idonee all’acco-glienza. “Va segnalato - conclude la Caritas - che le parrocchie manifestano disponibilità all’accoglienza di famiglie e di donne, poco rappresentate nei flussi dei richiedenti asilo”.Michelangelo, Giudizio universale, inferno

Michelangelo, Giudizio universale, la resurrezione dei giusti

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Il dovere di ospitalità è l’albero maestro della civiltà occi-dentale, e l’abc dell’umanità buona. Nel mondo greco il forestiero era portatore di una presenza divina. Sono molti

i miti dove gli dèi assumono le sembianze di stranieri di pas-saggio. L’Odissea è anche un grande insegnamento sul valore dell’ospitalità (Nausicaa, Circe, …) e sulla gravità della sua profanazione (Polifemo, Antinoo). L’ospitalità era regolata nell’antichità da veri e propri riti sacri, espressione della reci-procità di doni. L’ospite ospitante era tenuto al primo gesto di accoglienza e, nel congedarlo, consegnava un "regalo d’ad-dio" all’ospite ospitato, il quale dal canto suo doveva essere discreto e soprattutto riconoscente.

L’ospitalità è un rapporto (ed è bello che in italiano ci sia un’unica parola, ospite, per dire colui che ospita e colui che è ospitato). Al forestiero che si accoglieva a casa non veniva chiesto né il nome né l’identità, perché era sufficiente trovar-si di fronte a uno straniero in condizione di bisogno affin-ché scattasse la grammatica dell’ospitalità. La reciprocità delle relazioni d’accoglienza era alla base delle alleanze tra persone e comunità, che componevano la grammatica fonda-mentale della convivenza pacifica tra i popoli.

La guerra di Troia, l’icona mitica di tutte le guerre, nacque da una violazione dell’ospitalità (da parte di Paride). La civiltà romana continuò a riconoscere la sacralità dell’ospitalità, che veniva anche regolata giuridicamente.

La Bibbia, poi, è un continuo canto al valore assoluto dell’ospitalità e dell’accoglienza dei forestieri, che, non di rado, vengono chiamati "angeli". Il primo grande peccato di Sodoma fu rinnegare l’ospitalità a due degli uomini che era-no stati ospiti di Abramo e Sara alle Querce di Mamre (Gene-si, 18-19), e uno degli episodi biblici più raccapriccianti è una profanazione dell’ospitalità - lo stupro omicida dei beniamini-ti di Gabaa (Libro dei Giudici, 19).

Il cristianesimo raccolse queste tradizioni sull’ospitalità, e le interpretò come una declinazione del comandamento dell’a-gape ed espressione diretta della predilezione di Gesù per gli ultimi e i poveri: “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35).

In quelle culture antiche, dove vigeva ancora la "legge del taglione", dove non era riconosciuto quasi nessuno dei dirit-ti dell’uomo che l’Occidente ha conquistato e proclamato in questi ultimi secoli, l’ospitalità fu scelta come prima pietra di civiltà dalla quale è poi fiorita la nostra.

In un mondo molto più insicuro, indigente e violento del nostro, quegli antichi uomini capirono che l’obbligo di ospi-talità è essenziale per uscire dalla barbarie. I popoli barbari e incivili sono quelli che non conoscono e non riconoscono l’ospite. Polifemo è l’immagine perfetta dell’inciviltà e della disumanità perché divora i suoi ospiti invece di accoglierli.

L’ospitalità è la prima parola civile perché dove non si pratica l’ospitalità si pratica la guerra, e si impedisce lo sha-lom, cioè la pace e il benessere.

Smettiamo allora di essere civili, umani e intelligenti quando interrompiamo la pratica antichissima dell’ospitali-tà. E se l’ospitalità è il primo passo per entrare nel territorio della civiltà, la sua negazione diventa automaticamente il primo passo per tornare indietro verso il mondo dove regna-no solo la forza fisica e la legge del più forte.

I popoli saggi sapevano che l’ospitalità conviene a tutti, anche se individualmente costa a ciascuno. Per questo oc-corre proteggerla e parlarne molto bene, se vogliamo che resista nei tempi degli alti costi.

La reciprocità dell’ospitalità non è un contratto, perché non c’è equivalenza fra il dare e il ricevere, e soprattutto perché il mio essere accogliente oggi non genera nessuna garanzia di trovare accoglienza domani quando ne avrò bisogno.

Non esiste un contratto di assicurazione per la non acco-glienza domani di chi è stato accogliente oggi. Per questo l’o-spitalità è un bene comune, e quindi fragile.

Come tutti i beni comuni viene distrutto se non è sostenuto da una intelligenza collettiva più grande degli interessi individuali e di parte. Ma come tutti i beni comuni, una volta distrutto il bene non c’è più per nessuno ed è quasi impossibile ricostruirlo.

L’Europa è nata dall’incontro tra umanesimo giudaico-cristiano e quello greco e romano fondati sull’ospitalità. Ma in Occidente è sempre rimasta viva anche l’anima beniaminita e polifemica, dominante per lunghi periodi, sempre bui. È l’ani-ma che vede gli ospiti solo come minacce o prede. Oggi que-sto spirito buio, incivile e non-intelligente sta riaffiorando, ed è urgente esercitare il prezioso esercizio del discernimento degli spiriti. Evitando, ad esempio, di credere a chi ci racconta che Polifemo ha divorato i compagni di Ulisse perché sarebbero stati in troppi a bordo e la nave poteva affondare nel ritorno verso Itaca, o che i beniaminiti volevano incontrare gli ospiti di Lot solo per controllarne i documenti. Il riconoscimento del valore e del diritto dell’ospitalità viene prima di tutte le politi-che e le tecniche per gestirla e renderla sostenibile.

L’ospitalità è uno spirito, uno spirito buono. Quando non c’è si vede, si sente. Gli spiriti vanno conosciuti, riconosciuti e chiamati per nome, e quelli cattivi vanno semplicemente cacciati via.

Nella casa degli umani se non c’è posto per l’altro non c’è posto neanche per me.

Sta scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, prati-candola, hanno accolto degli angeli senza saperlo" (Lettera agli Ebrei).

BotticinoAccogliere, conoscere, integrare.

Prima ancora che il vescovo monsignor Luciano Monari rivolgesse ai parroci del-la Diocesi di Brescia l’invito a dare ospitalita al profughi che arrivano da paesi dilaniati dalla guerra, don Raffaele, parroco a Botticino aveva gia messo a dispo-sizione il sottotetto abitabile che sta sopra alla sua abitazione in canonica, per poter ospitare quattro profughi. I quattro ospiti, tre giunti dal Ghana e uno dalla Nigeria, sono arrivati a Botticino il 2 settembre. Per loro e l’inizio di una nuova vita. Il parroco don Raffaele Licini hanno accolto e condiviso una proposta giunta dalla locale amministrazione comunale, una di quelle che nel Bresciano hanno aderito al progetto di accoglienza diffusa lanciato dall'Associazione Comuni bre-sciani e che ha incontrato piu di una difficolta nell'essere attuato. I richiedenti asilo che sono stati accolti a Botticino sono seguiti da una cooperativa. La mat-tinata e scandita dalle lezioni, per lo studio della lingua italiana, conoscenza del posto e altre occasioni d'incontro. Durante il pomeriggio, come nei giorni di festa, si sono resi disponibili per dare una mano, creando occasioni di incontro e di conoscenza con la comunita locale, via privilegiata per vincere resistenze e pregiudizi.

BadiaChi è qui ha bisogno di essere guardato

Alla Badia sono pronti. Attendono solo i profughi che verranno collocati nella casa adiacente alla chiesetta della Madonna della Strada nella zona Mandolos-sa. La struttura abitativa, dotata di tre camere e tre bagni, ha ospitato gli ultimi due direttori della pastorale sociale, don Ruggero Zani e don Mario Benedini. Prima di addentrarsi nel progetto di accoglienza voluto fortemente dal parro-co don Raffaele Donneschi, e bene ricordare la storia di questa piccola chiesa costruita nel 1963 come chiesa di periferia, sfruttando la baracca degli operai utilizzata per la costruzione della chiesa di Sant’Anna, e abitata all’inizio da don Giambattista Rossi, prete operaio. Successivamente gli abitanti del quartiere si rimboccarono le maniche per dotare il sacerdote di turno anche di una casa nella quale vivere. In questo luogo di periferia, segnato purtroppo anche dal disagio legato allo sfruttamento della prostituzione, le parrocchie del Violino e della Badia hanno deciso di collocare un seme di speranza. Nelle due comunita si respira un’aria positiva e solo qualche malcontento, ma neanche troppo mar-cato, per la scelta dei consigli pastorali che hanno approvato l’idea del parroco.

StocchettaNo che rivelano altri sfaldamenti

Tra i parroci che hanno risposto all’appello del Vescovo c’e anche padre Mario Toffari che, oltre a essere direttore dell’Ufficio per i migranti, e anche parroco nella comunita della Stocchetta, nella parte nord della citta. Non avendo spazi fisici in canonica da mettere a disposizione di mons. Monari (le stanze disponibili sono occupate da un missionario cinga-lese, da un missionario africano, da un missionario messicano), il sacerdote scalabriniano aveva pensato di chiedere disponibilita alla comunita, visti anche i cartelli “affittasi” che

campeggiano su tanti immobili. Vista la scarsita di risposte e la sostanziale indisponibilita a mettere a disposizione appartamenti in cui alloggiare i profughi, padre Toffari che, provocatoriamente, cambiato tono al suo appello. “Affittatemi appartamenti in cui possano trasferirsi i sacerdoti della parrocchia - e stato il messag-gio lanciato - cosi che la canonica possa ospitare i profughi”. Qual e stata la risposta a questo singolare appello? “Qualche riscontro a questa proposta che e ovviamente provocatoria - afferma il par-roco - l’abbiamo avuta e qualche appartamento per i sacerdoti e saltato fuori”.

SottovoceUn invito... profeticoAl di là dei risultati che sa-prà produrre l'appello che il Vescovo ha rivolto alle parrocchie perché, laddove possibile, aprano le porte al profughi, un primo obiettivo l'ha già raggiunto. Le parole di mons. Monari, raccolte a livello locale da un numero sempre più ampio di sacer-doti e di consigli pastorali, hanno avuto il merito di por-tare tante comunità a con-frontarsi con modalità meno emotive con un problema che esiste e che non può es-sere eluso o affrontato sulla base di pregiudizi. La parroc-chia, rispetto al Comune, ha (dovrebbe avere) il vantag-gio di avere, nell'assunzione di alcune scelte, soltanto un termine di riferimento: il Van-gelo. Sacerdoti e fedeli, che pure non sono sprovveduti e che sanno guardare in modo corretto ai problemi da af-frontare. Non devono fare i conti con equilibri politici, con sensibilità da non offendere. Non hanno bisogno di agire sottotraccia per non turbare l'ambiente. Facendo parte di un territorio, la parrocchia, comunità di persone, ha però il dovere di sensibilizzarlo su un tema tanto delicato.

L’ospitalità fonda la nostra civiltà

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Di solito a me piace guardare alla storia, alla vita dei per-sonaggi, specialmente i santi, per poterne trarre degli insegnamenti per la nostra vita, il nostro oggi.

Siamo qui a fare la festa a San Nicola. La nostra festa non puo ridursi a una messa in piu, una processione e poi una bella cena, un po' di musica e a mezzanotte tutto e finito e ritorna come prima. San Nicola si rivolta nella tomba.

Guardate al grande quadro qui davanti: lo vedete mentre slega la catena che lega una donna al diavolo. San Nicola e considerato patrono delle anime del purgatorio perche con la sua predicazione e riuscito ad evitare che molte persone andassero all'inferno, lotta contro il male nel nome del suo amore per Dio. Inoltre noi di Botticino lo veneriamo perche ci ha salvati dalla peste.

Io allora mi sono chiesto cosa è la peste oggi, quel male contagioso che rovina la nostra vita e ci porta pian piano alla morte e da cui abbiamo bisogno di essere liberati? Mi sono guardato attorno, ho guardato alla storia di questo ultimo anno e mi sono detto che il grande problema di cui tutti par-lano e la situazione delle guerre in Medio Oriente e in Africa, che causa terrorismo anche qui in Europa e un'onda inarre-stabile di profughi verso il nostro continente.

Lo so che questo e un tema molto delicato che suscita tante controversie e contrarieta tra la gente, e un problema che si presta a lotte in nome della politica, che tocca i senti-menti di ciascuno. A me non piace fare polemica e ancora meno politica, non so fare discorsi ne di destra ne di sinistra ne di centro. D'altronde siamo in Chiesa e ritengo che il pro-

blema debba essere analizzato, almeno qui, solo dal punto di vista spirituale e cristiano, perche sto parlando a voi che siete gente di fede e siete venuti qui a pregare.

Da quando sono rientrato in Italia, un anno e mezzo fa, ho ascoltato tutti i discorsi e ci ho capito poco, o forse niente del tutto. Mi sembra che abbiano tutti ragione. È vero, questa gente deve essere aiutata; e vero, l'aiuto migliore sarebbe risolvere i problemi nel loro luogo di origine; e vero, c'e tanta gente che muore; e vero, abbiamo gia tanti problemi noi; e vero, ci vorrebbe un intervento militare; e vero, toccherebbe ad altre nazioni combattere, noi stiamo gia facendo tanto. Si potrebbe andare avanti per ore ripetendo tutte le frasi che si sentono in questi giorni, ed e tutto e vero. Ma io mi dico e dov'e la fede in tutto questo? Cosa farebbe Cristo in tutto questo?

Davanti a tutto questo grande problema io, perdonatemi il mio cadere in temi poco di moda, io dico questa e la peste di oggi, questo e il lavoro del diavolo. Non sto parlando di quell'essere con le corna, la coda a punta, le gambe da ca-prea che ci raffiguriamo, parlo di chi vuole rovinare il Regno di Dio, vuole rovinare la nostra vita, la nostra pace, la nostra fede perche ci odia, perche odia Dio.

Questa e la peste che ammorba il mondo oggi, ma gli ap-pestati non sono i profughi che arrivano, o almeno non solo loro. Appestati siamo tutti noi. La peste e la nostra paura che ci blocca e non ci fa ragionare, la peste e la divisione che si e creata tra di noi e sta rovinando tutti i livelli di societa, la peste e la sfiducia che da qualche tempo serpeggia nelle no-

stre famiglie, la peste e il pessimismo che ci va vedere l'aspetto negativo di tutte le cose e ci toglie la serenita e la capacita di vede-re il bello, la peste e lo scoraggiamento che ci toglie la voglia di reagire e cercare delle soluzioni, questa e la peste. Noi ne diamo colpa ai profughi ma il problema e molto piu profondo. Questa e la peste, questa e opera del diavolo.

Il diavolo e furbo, e perfido e non lo si combatte con la forza, e piu forte di noi e quando noi usiamo la forza, la violenza, l'o-dio usiamo le sue armi, lui ha gia vinto qua-le che sia il risultato della nostra azione. Il demonio lo si vince solo con l'amore, con la forza di Dio perche Dio e amore e nient'al-tro che amore.

Potremmo creare barriere impenetrabili e far si che nes-sun profugo entri nel nostro paese, e dire “ora siamo libe-ri”, ma e il diavolo che ha vinto. A lui non interessa che un milione di persone muoiano in mare, anzi ne e contento, ma ci mette poco a suscitarne altri dieci milioni. Potremmo mandare un esercito invincibile che distrugga tutti i terrori-sti e fanatici l'Isis, Al Qaeda e anche, se volete, tutti i paesi del Medio Oriente, ma a vincere sarebbe ancora il diavolo; quanto ci metterebbe a suscitare altri gruppi altrove? Sono decine di anni che combattiamo per buttare giu un dittato-re e l'altro, e subito coloro che ci hanno aiutato diventano peggio del precedente. Abbiamo fatto cosi in Afghanistan, in Iran, in Iraq, in Siria, in Libia e guardate dove ci troviamo ora. Dove vince la violenza vince il diavolo e a perderci sia-mo noi che ci chiamiamo vincitori.

Papa Francesco ha capito questo e da tempo sta predi-cando amore, accoglienza, perdono. Ha cominciato con le comunita religiose, con le parrocchie, con le famiglie; ora si e allargato al mondo intero. Tutti lo acclamano, riconoscono il suo operare, ma quanti veramente lo seguono? Allora ha lanciato una guerra, la guerra dell'amore. Ha lanciato l'anno della misericordia. Lui vuole che dall'8 dicembre prossimo ci diamo da fare a diventare “Misericordiosi come il padre nostro in cielo e misericordioso”. Vuole che facciamo no-stri i sentimenti di Cristo che da ricco che era si e spogliato, ha preso la condizione di servo e si e lasciato portare sulla croce. Vuole che prendiamo sul serio l'invito di Cristo che ci dice: “Chi vuol seguire me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Vedete: tutte le frasi che abbiamo detto all'inizio e che io ho detto sono tutte vere; tutte peccano in un aspetto: mettono al centro dell'interesse l'io e dimenti-cano Dio. Allora sparisce l'amore (che per sua natura e un uscire dall'io per andare incontro all'altro) e a vincere e il diavolo.

Come aprirci all'altro se non abbiamo soldi neanche per noi stessi, se non abbiamo lavoro neanche per i nostri figli, se ci rovinano la nostra cultura ecc? Mi chiedo: che cultura? Chi tra voi qui presenti ha qualche anno piu di me lo dica: la nostra societa del dopoguerra non era forse basata sulla solidarieta, sulla famiglia, sulla cooperazione, sul sacrificio? Ed ora se le nostre famiglie sono spezzate, se fratelli litiga-no per un pezzo di eredita, se genitori e figli non si parlano per anni per una qualsiasi ragione, se tra vicini ci si parla solo tramite avvocati perche si litiga per mezzo metro di terra o per il cane che abbaia di notte, se ai nostri figli non viene piu insegnato il valore del sacrificio, della rinuncia, se la gente non sente piu il bisogno di cooperare per il bene della comunita, del paese, della parrocchia, chi ha cambiato la nostra cultura: l'Isis? O magari la ricchezza, la televisione, internet, la politica?

Il Papa ha puntato chiaramente il dito sulla peste del mondo moderno che lui chiama l'auto-referenzialita, il met-tere se stessi al centro, la propria comodita e successo come metro per le scelte da fare. Abbiamo sostituito la Trinita di amore del Padre, Figlio e Spirito Santo con l'intoccabile tri-nita di Io, me e mio.

Siamo qui a celebrare la festa di San Nicola, e San Nicola ci manda questo messaggio. La peste da cui dobbiamo li-berarci e quella dell'indifferenza, dell'egoismo, della paura. Noi non riusciremo a risolvere le crisi mondiali, non riusci-

remo a portare la pace al mondo, ma possiamo portare la pace ai nostri cuori, alle nostre famiglie al nostro paese se ci lasciamo coinvolgere dalla dinamica della misericordia di Dio. Amare e sentirsi amati, sempre e con tutti e non lasciare spa-zio alle tentazioni del diavolo che fara di tutto per scoraggiarci.

Il nostro problema è l'ISIS o il “diavolo”?

Omelia per la festa patronale di San Nicola da Tolentino, Botticino Mattina 10 Settembre 2015,don Oreste Ferrari, sacerdote orionino di Botticino

Buonviaggiodi Claudio Simeone

con Abderrahim El Hadiriregia Claudio Simeone

luci Elena Guitticollaborazione

Biro, Dolores Dandolo, Tiziana Gardoni, Elisa Comparoni

produzioneCicogne teatro arte musica

Il piccolo Tarek cammina nel deserto, tiene in mano un grande sacco e guarda a terra. “Quando nella sab-bia vedi le conchiglie - gli hanno detto - allora vuol dire che sei arrivato al mare”. E lui cerca le conchiglie nella sabbia del deserto perché, arrivato al mare, potrà im-barcarsi, raggiungere la grande città italiana e giocare a calcio nella squadra del cuore. Non a caso indossa già la maglietta col numero nove e le scarpette sportive rosse, originali, non quelle taroccate che si trovano al mercato del paese. Conosciamo questo bambino attra-verso le parole di un pescatore di Porto Palo, uno dei tanti che in mare, sempre più frequentemente, rac-coglie esseri umani, spesso doloranti e sfiniti, talvolta senza vita. Lui ci racconta di un viaggio incredibile dal Mali al Mediterraneo a piedi, in treno, o stipato in un groviglio di gambe, sacchi e bidoni d’acqua, su un vec-chio camion o su un barcone fatiscente. Ci accostiamo così a un’avventura coinvolgente e straordinaria in cui i pericoli possono essere superati solo in virtù di un grande sogno da seguire.

SABATO 7 NOVEMBRE TEATRO ORATORIO

BOTTICINO MATTINA

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COOPERATIVA SOCIALE K-PAX ONLUS

La Cooperativa K-Pax, costituita nel 2008 si appoggia su due sedi operative a Breno e a Brescia. K-Pax nasce da una sfida di un gruppo di operatori e ospiti di strutture di prima e seconda accoglienza.

Entro un’esperienza maturata in progetti di assistenza a richiedenti asilo, rifugiati e adulti (anche con minori) in dif-ficoltà, gli operatori si sono consociati in una realtà caratte-rizzata da una pragmatica operativa e da valori condivisi di solidarietà sociale e cosmopolita.

La mission della Cooperativa è sostenere soggetti singoli e nuclei familiari in difficoltà socio-economica e relazionale, attraverso differenti azioni trasversali sviluppate sinergica-mente dagli Enti e dai servizi del territorio. Gli interventi svi-luppati si pongono la finalità di prevenire percorsi di emar-ginazione sociale, promuovendo l’integrazione di soggetti in condizione di fragilità sociale: immigrati (con particolare riguardo ai beneficiari di protezione internazionale), donne sole e con minori, famiglie povere.

Le attività promosse dalla Cooperativa riguardano:Promozione dell’housing sociale per categorie deboli:

gestione appartamenti residenziali e/o di emergenza sociale e di ogni altra tipologia di servizio volta all’assistenza, edu-cazione, animazione, riabilitazione fisica e sociale, nonché allo sviluppo delle autonomie di soggetti in stato di disagio psico-sociale o socio abitativo;

Attività di promozione dell’integrazione sociale e cultu-rale dei cittadini stranieri, dei rifugiati e dei soggetti emar-ginati attraverso corsi di lingua italiana, percorsi di accom-pagnamento sociale, sostegno all’inserimento lavorativo e abitativo;

Attività di formazione, prevenzione e consulenza rivolte al proprio interno o a operatori dei servizi sanitari, sociali, assi-stenziali, educativi, ad utenti dei servizi socio-sanitari, educa-tivi ed altri soggetti che abbiano interesse per tali servizi;

Iniziative e servizi di accoglienza, di assistenza, comunità di convivenza e simili nelle forme e nei modi ritenuti utili al raggiungimento del benessere sociale;

Attività di sensibilizzazione ed animazione delle comuni-tà locali entro cui opera, al fine di renderle più consapevoli e disponibili all’attenzione ed all’accoglienza delle persone in stato di bisogno.

Dal 2014 è fra gli enti gestori del progetto SPRAR “Bre-scia Articolo 2”.

Negli ultimi anni, la cooperativa ha preso in gestione di-versi appartamenti nella città di Brescia e nei paesi limitrofi, nell’ottica di un’integrazione maggiore fra i richiedenti asilo e la comunità in cui si inseriscono.

Da agosto 2015, la cooperativa K-pax, grazie all’appartamento messo a disposizione dalla Parrocchia

di Botticino e alla collaborazione del Comune, ha potuto accogliere 4 richiedenti asilo (3 ragazzi del Ghana ed uno della Nigeria) nel paese, dove si sono stabiliti in attesa che lo Stato Italiano decida se accettare o meno la loro richiesta di asilo politico. In media le autorita competenti ci mettono circa un anno per decidere. Questo e il tempo che trascorre dalla presentazione della domanda alla notifica della decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Durante questo periodo la cooperativa, ente gestore del progetto di accoglienza a Botticino, cerca di fornire ai richie-denti tutti gli strumenti che consentano di vivere in Italia da cittadini liberi e membri attivi di una comunita: organizza corsi di Italiano, attivita di volontariato, corsi di formazione, inseri-menti lavorativi e, soprattutto, accoglie questi giovani e inse-gna loro come vivere in Italia.

La situazione nei paesi di origine puo essere drammatica, questi ragazzi spesso fuggono da guerre e persecuzioni, inse-guendo una speranza di liberta e di pace.

Non vorrei in questa sede raccontarvi le loro storie perso-nali, spesso difficili, quanto piuttosto descrivere in poche righe la situazione sociale della Nigeria, stato di provenienza di uno dei ragazzi ospitati dalla Parrocchia di Botticino, in modo da far capire meglio il tipo di societa da cui vengono questi ragazzi.

La Nigeria e oggi una repubblica federale; il potere esecutivo e detenuto dal presidente. Dopo l’indipenden-za raggiunta nel 1960, per anni in Nigeria c’e stato prati-camente un colpo di stato dietro l’altro. Si sono alternati soprattutto presidenti provenienti dall’esercito, che han-no guidato governi molto corrotti. Negli ultimi vent’an-ni ci sono stati tantissimi episodi di violenza che hanno coinvolto gruppi di nigeriani di etnie o religioni diverse. Il piu famoso gruppo terroristico del paese viene chiamato Boko Haram (in una lingua locale il nome significa: “l’edu-cazione occidentale e proibita”).

La diffusione di Boko Haram e stata facilitata in alcune zone settentrionali della Nigeria da un intenso malcon-tento nei confronti dello stile di vita occidentale. Inoltre, a partire dal 2009, l’esercito e le forze di sicurezza nigeria-ne hanno condotto una serie di violente repressioni, mas-sacri, esecuzioni e arresti senza processo nei confronti di moltissimi civili accusati di collaborare con i terroristi. Gli abusi hanno diminuito la fiducia della popolazione locale nelle forze di sicurezza e nel governo centrale, facilitando l’arruolamento di molti giovani a Boko Haram.

Di recente Boko Haram ha dimostrato di essere in gra-do di condurre operazioni militari sempre piu grosse e impegnative, e di saper gestire attacchi suicidi, rapimen-ti e rapine, oltre che i saccheggi a cui il gruppo era gia abituato. Ora Boko Haram controlla un territorio che ha

una superficie corrisponden-te all’incirca a quella del Bel-gio, nel nor-dest del paese. Decine di mi-gliaia di perso-ne sono state costrette a la-sciare le loro case a causa delle violenze di Boko Ha-ram.

I problemi della Nigeria non si riducono solo alle orga-nizzazioni terroristiche nel nord del paese, esistono diversi altri motivi di tensione, a partire dai grossi squilibri eco-nomici all'interno della popolazione: basti pensare che un capo operaio guadagna l'equivalente di 100 euro al mese. Ed e un capo operaio, quindi lo stipendio medio e anche piu basso. La ricchezza appartiene a meno del 20% della popolazione. Il restante 80% vive nella fame, spesso senza ne luce ne acqua dentro le loro case.

Tutto questo nonostante il fatto che la Nigeria sia ric-chissima di giacimenti di petrolio, soprattutto nel sud del paese. Il problema e che i soldi derivati dallo sfruttamento dei pozzi petroliferi sono nelle mano dei pochissimi che controllano tutto il paese; la maggior parte della gente vive con niente. Le attivita di estrazione sono in alcune delle zone piu povere del paese, con la gente che subisce le angherie di bande di pirati che sopravvivono rubando petrolio dagli oleodotti.

Lo stato di certo non e una fonte di sicurezza. In Nige-ria il 68% dei 55mila detenuti nelle prigioni e in attesa di giudizio e, secondo diverse organizzazioni internazionali, subisce abusi e torture da parte delle forze dell’ordine.

Questa e la situazione di fronte alla quale tanti giovani nigeriani decidono di fuggire e di cercare rifugio in Europa.

Stefano CittadiniOperatore K-pax responsabile

per i ragazzi inseriti a Botticino

Foster, Isaak, Francis e Peter ospitati in canonica a Botticino Sera

Chi sono i 4 profughi ospitati in canonica?

CONVENZIONE PARROCCHIA E COOPERATIVAimpegno economicoL’intervento di accoglienza dei profughi, presso la cano-nica di Botticino Sera, è regolato da una convenzione di servizio, fra parrocchia e cooperativa. Dal punto di vista economico la parrocchia non avendo la gestione diretta degli ospiti, non riceve la retta giornaliera destinata per ogni profugo, ma riceve dalla cooperativa un compenso per l’utilizzo locali e il pagamento delle utenze.Attraverso le attività parrocchiali, in particolare di volonta-riato, i profughi potranno essere accolti per favorire la loro integrazione.

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INTRODUZIONEIl presente Dossier vuole contribuire alla conoscen-

za di un fenomeno dai tratti molto complessi che negli ultimi mesi ha assunto una dimensione globale. Le immagini delle traversate lungo il Mediterraneo e at-traverso i confini terrestri dell’Europa appaiono come un monito agli stati affinché la sofferenza di milioni di persone che fuggono dalle guerre sia una responsa-bilità di tutti.

Papa Francesco ci ricorda che “Di fronte alla trage-dia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi” dei più piccoli e abbando-nati. A dare loro una speranza concreta. Non soltan-to dire: “Coraggio, pazienza!...”. La speranza cristia-na è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”.

La morte di migliaia di persone è l’emblema del fallimento di un Europa che per tanto tempo si è de-finita solidale, ma che all’improvviso si scopre chiusa e divisa davanti all’incessante richiesta dei profughi. “La sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio”.

Molti sono stati i gesti di solidarietà portati avanti da alcuni governi e da tanti cittadini che hanno resti-tuito dignità a chi in questo momento è più fragile. La parola accoglienza sembra non fare più paura so-prattutto dopo le parole del Santo Padre che ha in-vitato ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ad ospitare una famiglia.

SITUAZIONE GENERALE

Sono numeri preoccupanti quelli forniti dall’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) relativi agli arrivi attra-verso il Mediterraneo: nei primi otto mesi del 2015, sono 351mila i migranti che han-no intrapreso la via del mare per cercare

una vita diversa (gli arrivi nello stesso periodo del 2014 erano stati 219mila). E’ drammatico il dato relativo alle vittime: 2.643 persone sono morte da gennaio. L’OIM stima in 235.000 i migranti arriva-ti in Grecia e in 115mila quelli approdati in Italia. Più di 2.000 sono arrivati in Spagna e un centi-naio a Malta. Agosto è stato il secondo mese con più morti dell’anno, 638, superato solo dal mese di aprile quando erano stati 1.265. Le nazionalità più comuni tra i migranti che attraversano il Me-diterraneo sono eritrea, nigeriana, somala, suda-nese e siriana. Gli eritrei dominano tra gli arrivi in

Italia e i siriani tra quelli sulle isole greche. In tutto il 2014 erano stati 3.500 i migranti morti o dispersi nel Mediterraneo, secondo i dati forniti dall’Alto commissariato dell’O-nu per i diritti umani. La “rotta dei Balca-ni“, che inizia dalla frontiera marittima tra Turchia e Grecia e porta rifugiati e migranti lungo Macedonia e Serbia fino in Ungheria, è leggermente meno mortale di quella che dalla Libia attraversa il Mediterraneo ma è comunque piena di pericoli e ostacoli. Dal gennaio 2014, 123 rifugiati, richiedenti asilo e migranti sono annegati nel tentativo di at-traversare il mar Egeo e 24 sono rimasti uc-cisi lungo le ferrovie. Più della metà di tutte le persone che hanno attraversato il Medi-terraneo nel 2015 è sbarcata in Grecia, un paese che ha un sesto della popolazione italiana. Quasi la metà di tutte le richieste d’asilo presentate nell’Unione Europea nel-lo stesso periodo sono state fatte in Germa-nia. Nonostante negli ultimi mesi gran parte del dibattito pubblico italiano sia stato dedi-cato ai temi dell’immigrazione e alle accu-se all’Europa di mancanza di solidarietà, in pochi hanno notato come l’Italia non sia il paese mag-giormente coinvolto nelle tratte dell’immigrazione: in Italia, nel 2015, sono arrivati poco più di 100mila migranti, uno ogni 600 abitanti. Nello stesso pe-riodo, in Grecia, ne sono arrivati 205mila: cioè uno ogni 53 abitanti. È la Grecia, quindi, ad aver sopportato il peso più grande degli sbarchi e con un gran distacco rispetto all’Italia, che rimane co-munque il secondo paese. Quest’anno, nella sola settimana fra il 10 e il 16 agosto, sono sbarcati in Grecia 20mila migranti, un quarto di tutte le perso-ne sbarcate nel paese

nell’intero 2014. Nei primi otto mesi, i 150mila migranti hanno portato al collasso lo scarno siste-ma di accoglienza presente sulle isole greche, la principale destinazione dei migranti che arrivano in questo paese. Nell’isola di Kos la situazione è così grave che più di mille migranti sono stati rin-chiusi nello stadio. Ci sono stati scontri e violenze quando i pochi poliziotti presenti (impreparati a questo tipo di situazioni) hanno cercato di control-lare l’enorme massa di persone presenti sull’isola, per circa l’80 per cento siriani in fuga dalla guerra. Fatte le dovute proporzioni – i 205mila migranti e gli undici milioni di abitanti della Grecia – è come se quest’anno in Italia fossero sbarcate più di un milione di persone, un numero pari alla popola-zione di Napoli. Gestire gli sbarchi e l’accoglienza è solo una parte del problema dell’immigrazione.

La gran parte dei migranti non vuole fermarsi in Grecia o in Italia, e prosegue il suo viaggio spes-so con la complicità delle autorità locali. La situa-zione è diventata drammaticamente visibile negli ultimi giorni, quando migliaia di persone sono ri-maste bloccate al confine tra Macedonia e Grecia in attesa dell’apertura della frontiera, e soprattutto in occasione della morte di più di settanta migranti nella stiva di un camion a sud di Vienna. La rot-ta dei Balcani occidentali comincia con lo sbarco nelle isole greche – come Kos – con imbarcazioni di fortuna partite dalle coste della Turchia. I mi-granti si muovono poi verso il confine settentrio-nale della Grecia con la Macedonia, dove nelle ultime settimane la chiusura della frontiera da par-te del governo macedone ha provocato scontri e incidenti con la polizia locale. Da qui, sui treni, gli autobus o pagando per ottenere passaggi a bordo dei camion, i migranti raggiungono la Serbia e in-fine l’Ungheria, il primo paese membro dell’Unio-ne Europea che incontrano dopo aver lasciato la Grecia. Lungo la rotta balcanica, dunque, si sono creati dei punti di particolare sovraffollamento dei profughi: sono in generale i posti di confine (confi-ne greco-macedone a Gevgelija, confine macedo-ne-serbo a Tabanovce, confine serbo-ungherese nei pressi di Kanjiza) nei quali i profughi aspetta-no qualche giorno, finché non arriva il momento giusto per sconfinare. E ci sono poi anche alcune cittadine o città, lungo il percorso, caratterizzate dal sovraffollamento, perché sono quelle in cui si

Caritas Italiana

DOSSIER

BALCANI EMEDITERRANEO

settembre 2015

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ghi che utilizzano la rotta balcanica. Non è al momento ipotizzabile una riduzione del numero di per-sone che attraversano questa rotta, anzi la possibilità più reale è l’aumento del numero dei profughi.

- La rotta balcanica resterà molto utilizzata ancora per molto tempo, sicuramente ancora per molte settimane e mesi. Questo comporterà un aggravamento delle condizioni dei profughi perché l’inverno si avvicina, così l’aumento delle piogge e l’abbassamento delle temperature renderanno il viaggio e le soste sempre più difficili e pericolose.

- L’emergenza collegata all’accoglienza nei luoghi di confine e delle stazioni di autobus/treni conti-nuerà come tale, dal momento che non si vedono significativi interventi statali in tempi rapidi a risolvere la questione. Al momento sembra che l’interesse prevalente dei governi coinvolti (greco, macedone, serbo) non sia quello di provvedere a inve-stire denaro e tempo per una sistemazione adeguata dei profughi, ma quello di far pas-sare quanto più velocemente i profughi lungo il territorio statale fino al confine successivo.

- C’è il rischio di un aumento di fenomeni di intolleranza verso i migranti, perchè grup-pi di estremisti e alcuni partiti politici stanno iniziando a fomentare nei cittadini la paura verso queste persone (sono per la gran parte musulmani che attraversano territorio a mag-gioranza ortodossa, e spesso si sente che vengono descritti dalla popolazione locale con qualifiche tipo “terroristi” o “talebani”).

trovano le principali stazioni degli autobus o dei treni (in Serbia sono: Presevo al Sud, Belgrado al centro e Subotica al nord). Dunque, in tutti questi luoghi si sta verificando un grave sovraffollamento di profughi, che sostano vari giorni in attesa del momento giusto per sconfinare o per prendere un autobus/un treno verso la destinazione successi-va. Una situazione di particolare preoccupazione si sta verificando a Belgrado e a Kanjiza (entram-be in Serbia), perché essendo queste le ultime due tappe prima del confine ungherese i profughi subiscono un rallentamento ancora maggiore nel loro percorso (l’Ungheria rende appunto difficile l’ingresso) e quindi migliaia di persone aspettano per molti giorni un autobus a Belgrado o il momen-to dello sconfinamento a Kanjiza.

Una volta arrivati in Ungheria molti migranti si fermano e fanno richiesta d’asilo – l’Ungheria è uno dei paesi europei con il più alto numero di rifu-giati pro-capite – ma un numero sempre maggio-re di persone sfrutta l’assenza di posti di confine previsti dagli accordi di Schengen per proseguire il viaggio verso l’Austria, la Svezia e soprattutto la Germania. Passau, nella Germania sud-orientale al confine con l’Austria, è uno dei principali punti di arrivo di questo viaggio. I tedeschi la chiamano la “Lampedusa della Germania” e il Guardian ha raccontato che è una piccola e sonnolenta cittadi-na dove capita spesso che al mattino gli abitanti si sveglino ritrovandosi nel giardino di casa decine

di siriani assetati appena scesi dai camion dei trafficanti. Il camion in cui la polizia austriaca ha trovato 71 migranti morti asfissiati lo scorso 27 agosto era probabilmente diretto a Passau. In linea generale è necessario tenere presen-te che tutti questi paesi dell’area balcanica si sono trovati totalmente impreparati ad affron-tare un fenomeno migratorio di questa portata. Prima di oggi i flussi migratori in questi paesi, ad eccezione della Grecia, erano irrilevanti, principalmente di transito verso il Nord Europa. Non esistono dunque politiche sul tema, così le istituzioni nazionali e locali spesso non sanno cosa fare. E non esistono nemmeno strutture di accoglienza di alcun tipo, per cui i profughi si sistemano in luoghi totalmente inadatti (parchi, campi, fabbriche abbandonate). L’emergenza è così grande che nelle cittadine come Presevo e Kanjiza ci sono giorni in cui il numero dei pro-fughi supera quello dei residenti. Al momento attuale, per quanto il governo ungherese stia provando a dare una risposta militare sempre più dura a questa ondata di ingressi, non ci sono segnalazioni di spostamenti dei migranti verso altri confini. Infatti, anche qualora un mi-

grante venisse respinto alla frontiera ungherese, verrebbe semplicemente rimandato in Serbia e da lì dunque potrebbe riprovare a sconfinare in un altro momento. Una volta raggiunto il nord del-la Serbia non c’è nei fatti nessuna convenienza per i profughi a muoversi verso altri paesi confi-nanti (es. Croazia, Romania, Bosnia Erzegovina) perché nessuno di questi è nell’area Schengen. Spostandosi verso quei paesi, i migranti non risol-verebbero minimamente il loro problema perché dovrebbero comunque attraversare almeno un’al-tra frontiera prima di entrare nell’area Schengen (ad es. quella austriaca, slovena o ungherese). L’impressione dunque è che i profughi non cam-bieranno rotta, ma anzi cercheranno sempre di più di fare pressione sul confine serbo-ungherese per facilitare l’ingresso nell’area Schengen. Di rispo-sta, è prevedibile aspettarsi un ulteriore irrigidi-mento del governo ungherese e un aumento della militarizzazione del confine, causando un ulteriore sovraffollamento e aggravamento delle condizioni nelle zone di Belgrado e di Kanjiza nelle prossi-me settimane, perché dalla Macedonia continua incessante l’afflusso di profughi ma è rallentato il loro flusso verso nord.

In base alle informazioni finora disponibili, l’e-voluzione più probabile della situazione sembra dunque essere:

- Rimarrà sempre molto alto il numero di profu-

FOCUS - I migranti hanno cominciato a percorrere la rot-ta dei Balcani occidentali in maniera massiccia a partire dal 2012. All’epoca, erano soprattutto di origine balcanica perché in quell’anno fu introdotto un sistema che permetteva agli abitanti di Serbia, Bosnia, Albania, Montenegro e Macedonia di entra-re nell’Unione Europea senza bisogno di ottenere un visto. Da allora il flusso è aumentato notevolmente: dai seimila migranti che si stima abbiano percorso la rotta nel 2012 ai quarantamila dell’anno scorso, fino ad arrivare ai più di centomila dei primi sei mesi del 2015. Nel frattempo la composizione di chi affronta la rotta dei Balcani è cambiata. La maggior parte dei migranti oggi arriva dal Medio Oriente, in particolare dalla Siria e

dall’Afghanistan, oppure dall’Africa orientale, soprattutto dalla Somalia. Alcuni paesi interessati dalla “rotta dei Balcani” stanno cercando di porre dei rimedi piuttosto duri per contrasta-re il flusso di migranti. La Bulgaria sta ampliando un muro di re-cinzione già esistente al confine con la Turchia, mentre l’Unghe-ria ha cominciato a costruirne uno nel luglio del 2015 nei pressi del confine con la Serbia. Per i regolamenti europei un migrante può fare richiesta d’asilo soltanto nel primo paese dell’Unione in cui mette piede (come previsto dal Regolamento di Dublino). Per questo motivo italiani e greci, ma anche francesi e austriaci, spesso lasciano passare i migranti, senza registrarli, in modo che non ci siano prove su qual è stato il primo paese europeo in cui sono entrati. Alle richieste di aiuto da parte dei paesi dell’Eu-ropa meridionale molto spesso si sente rispondere che il costo per gestire i richiedenti asilo è molto superiore a quello relativo alla prima fase dell’accoglienza. Il paese europeo più coinvolto in questa “seconda fase” dell’accoglienza è la Germania. Pro-prio questa settimana il governo tedesco ha annunciato una revisione al rialzo della stima delle richieste d’asilo che dovrà esaminare entro la fine del 2015: già oggi sono 400mila e prima della fine dell’anno saranno tra le 750 e le 800mila, un dato in crescita del 32 per cento rispetto al 2014. Questo enorme nu-mero di richieste d’asilo ha prodotto diverse reazioni xenofobe, in particolare nella Germania orientale dove si sono verificati diversi episodi di intolleranza violenta. Ma in generale la Ger-mania rimane un paese piuttosto accogliente per i rifugiati, più ospitale del Regno Unito o degli altri paesi dell’Europa orientale, come ha scritto l’Economist.

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“Grazie” e una semplice parola che vuole esprimere cio che una persona ha nel cuore. Per poter raggiungere tutti personalmente penso che il “Notiziario” sia lo strumento piu adatto. Quando mi e stato chiesto dai miei superiori circa due anni fa di venire a Botticino nella Comunita Sant’ Arcangelo, per prestare un servizio nell’Unita Pastorale, mi sembrava tutto un po’ strano ritornare al mio paese di nascita. Ora… eccomi qui per esprimere a ciascuno un “Grazie” di vero cuore per la ricchezza che ho ricevuto incontrando varie realta della nostra Unita Pastorale. Il servizio come ministro straordinario della comunione mi ha fatto incontrare la realta della sofferenza, avvicinando ogni domenica dopo la celebrazione eucaristica, tante persone anziane e ammalate. L’altra realta la presenza come volon-taria nel gruppo “Mai senza l’altro” incontrandoci ogni due settima-ne nell’ambiente dell’oratorio, cercando di essere vicina e accogliere con amore queste persone che hanno piu bisogno perche piu de-boli, e incontrando pure le loro famiglie con problemi vari. Anche l’altro servizio come volontaria accompagnatrice il venerdi pome-riggio con la “croce Valverde”, realta tanto preziosa per le famiglie, presente nel nostro paese. Incontrare catechisti e catechiste nell’in-contro con i ragazzi nelle varie classi durante l’anno e nelle domeni-che quando c’era l’ICFR. Animare i centri di ascolto nei tempi forti di Avvento e Quaresima pregando insieme e arricchirci condividendo la Parola di Dio creando tra noi un buon rapporto di fraternita, fami-

gliarita e amicizia. La presenza nel coro “S.M.Assunta” mi ha fatto ricordare i tempi della mia gioventu quando pure allora come oggi potevo donare la voce per rendere piu vive e armoniose le celebrazioni eucaristiche nella nostra comunita. Con tutti i coristi si e creato un buon rapporto di fraternita e amicizia. Adesso, in questo ultimo periodo, avevamo iniziato un bel servizio nelle visite di benedizione alle famiglie; ho avuto insieme agli animato-ri pastorali delle belle esperienze nelle famiglie che abbiamo incontrato, con momenti di preghiera insieme e di condivisione. Ora lascio continuare a chi verra perche sono stata chiamata dai miei superiori a continuare il mio percorso di vita consacrata in un’altra realta, nella comunita che abbiamo in Inghilterra con i fratelli emigranti. Ringrazio il Parroco don Raffaele per avermi dato l’opportunita in questi anni di svolgere questi servizi nella nostra Unita Pastorale. Saluto gli altri sacerdoti che svolgono qui il loro ministero: don Bruno, don Costante,

don Giacomo e Pietro il nostro diacono permanente. Un grazie a tutti per questo pezzo di strada percor-so insieme, e permettetemi un grazie particolare a sr. M.Regina e sr. Giuliana con le quali ho condiviso la vita fraterna nella comunita Sant’Arcangelo, e al Signore per questi anni di vita consacrata che mi ha donato. Siamo ancora nell’anno della vita consacrata indetto da papa Francesco, prego perche da Botticino possa nascere qualche vocazione alla vita sacerdotale e consacrata. Spero di non aver dimenticato nessuno, auguro a tutti un buon cammino e un “Grazie” ancora di vero cuore per quanto mi avete donato. Un arrive-derci qualche volta qui, perche Botticino e sempre il paese dove sono nata, cresciuta, educata e formata nella realta della comunita parrocchiale e poi il nostro Santo Tadini e qui e cosi pure la casa madre. Un abbraccio e un arrivederci a tutti

da sr. Gemma Bonini

“Semplicemente GRAZIE”

Chi siamo, da dove veniamo, cosa dovremmo fare e realizzare, come e dove andremo a finire...?Interrogativi tanto filosofici quanto pratici.Le risposte che diamo danno forma alla nostra vita.Chi 'crede' dice che, attraverso cause seconde, veniamo comunque da Dio, e che Dio ci ha pro-gettato e ci modella per qualche cosa di bello.Come ogni artista o progettista anche Dio sareb-be contento solo se la sua opera realizzasse ap-pieno la sua idea e rivelasse la sua capacità.C'è un piccolo problema: noi nelle sue mani non siamo inerti, ma possiamo ostacolarne l'abilità e rovinargli l'opera, come anche possiamo lasciarci fare.E' questo il punto: collaboriamo liberamente, ma da soli non realizzeremmo mai il disegno pensato e programmato. Dobbiamo ricorrere a Lui, e an-che chiedergli di essere bravi e malleabili per il completamento dell'opera.

Siamo in tanti, viviamo in società, e quindi i tanti progetti e disegni che siamo vanno combinati.Anche qui, per la riuscita di una perfetta combina-zione, bisogna stare alla visione dell'architetto.Quel non essere inerti, di cui sopra dicevamo, en-tra in gioco pure a questo livello.Prendiamo la Famiglia, tanto per stare in tema con le riflessioni che si stanno facendo nella no-stra Chiesa (=noi come popolo in cammino) in questo anno.E' chiarissimamente sotto attacco. E non necessa-riamente solo da fuori. Noi stessi, con debole iden-tità cristiana, siamo facilmente in balia di forze cen-trifughe di ribellione, di stoltezza, di conformismo

con l'aria che tira. Come individui rischiamo di lasciarci portare da idee storte, da

desideri capricciosi, dal “mio” diritto, dal “mio” inte-

resse, da quello che mi piace. E per la famiglia, per la sua co-esione e soli-dità, questo sentire è l'i-nizio della fine.

La famiglia è una delle opere di Dio. Bellissima! Fa stare in piedi il mondo. Ma solo se si realiz-za nel modo che è stata concepita. Alla base il Matrimonio, “che conduce nel cuore del dise-gno di Dio, che è un disegno di alleanza col suo popolo, con tutti noi, un disegno di comunione” (catechesi di papa Francesco). Da Genesi 1,27; 2,24 ricaviamo che “l'immagine di Dio è la cop-pia matrimoniale: l'uomo e la donna; non soltan-to l'uomo, non soltanto la donna, ma tutti e due. Questa è l'immagine di Dio: l'amore, l'alleanza di Dio con noi è rappresentata in quell'alleanza fra l'uomo e la donna. E questo è molto bello! Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del suo amore. E nell'unione coniugale l'uomo e la donna realizzano questa vocazione nel segno della reci-procità della comunione di vita definitiva” (idem). Se a qualcuno viene in mente un'altra “società” (uomo-uomo/donna-donna) non chiamiamola fa-miglia. Se anche quest'altra “società” decidesse di includere un bambino o una bambina il risultato sarebbe un artificio, cioè una cosa non naturale, una delle tante che l'uomo riesce a s-combinare. Gli effetti? Basterebbe non nasconderceli.Lasciamo perdere certe scoperte! Siano pure “gli altri” a farsi i cavoli loro, ma non cadiamo noi nella trappola di certe opere false che il tempo, speria-mo non solo l'eternità, svergognerà.Noi rispettiamo tutti, perché il nostro Dio fa piovere e splendere il sole su tutti senza entrare a gamba tesa nelle vicende degli umani. Ma poi, visto che abbiamo ricevuto una certa luce, camminiamoci. Il resto non fa per noi. Se lo godano gli altri, se gli piace. Lasciarsi cesellare e rifinire dall'autore, se-condo il suo disegno originale, dovrebbe essere il massimo per la sua opera.E pensiamo ai figli, che di un buon papà e di una mamma non possono fare a meno. Solo nella fa-miglia possono trovare l'ambiente perfetto per la loro crescita fisica, psicologica, intellettuale e spi-rituale. “E' una cosa bellissima la vita matrimonia-le e dobbiamo custodirla sempre, custodire i figli” (idem). Bravo, papa!

don Isidoro Apostolisalesiano missionario in Etiopia

Chi siamo, da dove veniamo, cosa dovremmo fare e realizzare, come e dove andremo a finire...?Riflessioni sulla famiglia

Sr. Gemma Bonini con la sorella sr. Roberta defunta nel 2013

Saluto a suor Gemma, Botticino Sera20 settembre 2015

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“Dalla parte dei poveri” non è solamente un invito a ‘schierarsi’ a favo-re di una categoria generale di persone, di cui magari sentiamo sempre parlare, ma senza ‘incontrarli’ veramente… E’ invece il modo di agire di Cristo stesso, che emerge dall’ascolto del Vangelo, perché il Signore non si è mai posto ‘contro’ qualcuno, ma a fianco di tutti, camminando insieme a coloro che incontrava, poveri, malati nel corpo e nello spirito, uomini e donne in ricerca, delusi dalla vita… A ciascuno di essi Gesù ha offerto uno sguardo nuovo, lo sguardo della sua Misericordia, capace di guarire ogni vita! In ogni anno liturgico noi celebriamo il “Mistero di Cristo” che non è un ‘segreto da svelare’ ma un dono da approfondire sempre meglio, cioè la lieta notizia di un Dio che è Padre ed ama tal-mente l’umanità da offrire nel Figlio la vita e la salvezza ad ogni uomo e donna della storia. Ma l’anno 2015-2016 sarà davvero particolare per le nostre comunità, dato che nel 50° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, Papa Francesco ha voluto offrire alla Chiesa tutta

un Anno Santo della Misericordia, perché “la Chiesa possa rendere più visibile la sua Missione”, cioè l’impegno (che era già proposto da Papa Giovanni XXIII quando volle indire il Concilio!) di vivere “usando la medicina della misericordia, piuttosto che imbracciare le armi del rigore”!Ecco allora l’invito ad iniziare l’anno pastorale con il mese dedicato alla missione, e a continuarlo impegnandoci sempre con forza ad essere “popolo di Misericordia”, cioè uomini e donne che sanno farsi compagni di viaggio di qualunque fratello e sorella, poveri come loro, ma uniti per accogliere il dono dell’Amore che libera il cuore. Solo con questa libertà potremo incarnare lo “stile dell’inclusione” e non più quello dell’esclusione dell’altro, potremo essere noi stessi ‘storia di salvezza’ per chi ci incontra!Vivere “dalla parte dei poveri” non sarà dunque solo uno sforzo della nostra volontà umana, ma la normale conseguenza di un cuore convertito dall’amore, di un cuore che ha ‘conosciuto’ e sperimentato che Cristo, il Vivente, è ‘dalla parte’ di ciascuno di noi!

Vale la pena ricordare che nel 1926, l’Opera della Propagazione della Fede, su suggerimento del Circolo missionario del Semina-rio di Sassari, propose a Papa Pio XI di indire una giornata annuale in favore dell’attività missionaria della Chiesa universale. La richiesta venne accolta con favore e l’anno successivo (1927) fu celebrata la prima “Giornata Missionaria Mondiale per la pro-pagazione della fede”, stabilendo che ciò avvenisse ogni penultima domenica di ottobre, tradizionalmente riconosciuto come mese missionario per eccellenza. In questo giorno i fedeli di tutti i continenti sono chiamati ad aprire il loro cuore alle esigenze

spirituali della missione e ad impegnarsi con gesti concreti di solidarietà a sostegno di tutte le giovani Chiese. Vengo-no così sostenuti con le offerte della Giornata, progetti per consolida-re la Chiesa mediante l’aiuto ai catechisti, ai seminari con la forma-zione del clero locale, e all’assistenza socio-sani-taria dell’infanzia.

Ottobre Missionario Giornata Missionaria Mondiale 2015

Corsi di formazione

Nuovi stili di Animazione Corso per animatrici e animatori missionariMissione: fare, ma prima di tutto essere.Riscoperta della missione partendo dalla Sacra Scrittura. Nuovi stili di vita - Missione e mondialitàPer un nuovo stile di vita sempre più in sintonia con il Vangelo Nuovi stili di viaggio - Estate in missionePer giovani dai 18 ai 35 anniinformazioni: http://www.cmdbrescia.it/files/upload/Corsi_2015_.pdf

Come saprete il Mali, dove mi trovo ormai da quasi due anni, è un Paese in cui la popolazione è ad alta

maggioranza musulmana .In questo periodo, nella nostra diocesi di Mopti, abbia-mo vissuto due grandi avvenimenti : il giubileo d’oro con l’ordinazione di 5 nuovi sacerdoti, e la tradizionale festa annuale dell’ l’Aid Al Adha chiamata qui, come in tutta

l’Africa occidentale, “Tabaski”. Questi avvenimenti hanno fatto sì che i cristiani, i musulmani e gli animisti, si riunissero per preparare e celebrare insieme, nella pace, questi eventi. Il Mali infatti, come in tanti altri paese dell’Africa vive momenti forti di tensione per attacchi continui di jihadisti o gruppi similari che destabilizzano il Paese nonostante i tanti accordi di pace.L’occasione del giubileo d’oro della nostra diocesi di Mopti, a cui siamo giunti dopo una lunga preparazione spirituale, è stato un momento forte di conversione, di richiesta di perdono e di ringraziamento al Signore per il dono della fede, per i tanti benefici ricevuti e per rilanciare l’impegno mis-sionario per la diffusione del Regno di Dio. È stata una festa celebrata e preparata non solo dai cristiani e ma anche dai musulmani - nostri fratelli in umanità – sempre molto grati per quanto la chiesa riesce ad operare in cam-po sociale e per la promozione umana della popolazione: scuole, ospedali e attività caritative; di promozione in favore dei più poveri, la riconciliazione e la pace nel Paese. È stato molto bello e motivo di gioia vivere questa forte collaborazione, sia nell’organizzare che nel celebrare la festa, tra cristiani e musulmani. L’Aid Al Adha è una festa musulmana molto popolare e ricorda la sottomissione di Abramo a Dio che gli aveva chiesto il sacrificio del figlio Ismaele. Dio vedendo la sua sottomissione, gli inviò un agnello da sacrificare al posto del figlio; per questo Abramo fu ritenuto dai musulmani il modello del credente (musulmano infatti vuol dire sottomesso a Dio). In questa occasione tutto il paese è in festa; le famiglie i cui membri sono sparsi in tutto il paese per motivi di la-

voro si ricongiungono e la festività dura tre giorni. La gente si veste con i vestiti più belli e nuovi per recarsi alla moschea a pregare e poi si riunisce in famiglia per sgozzare l’agnello o montone che viene condiviso non solo tra i familiari ma anche tra amici.Anche noi Suore abbiamo avuto la gioia di condividere questa festa con i nostri collaboratori musulmani che ci hanno fatto gustare parte del loro agnello sacri-ficato.Queste festività hanno rafforzato e rafforzano sempre di più i legami di ami-cizia e di fraternità tra cristiani e musulmani e testimoniano al mondo che è possibile vivere insieme da fratelli in umanità, anche se di religione diversa, per collaborare alla costruzione di un mondo più fraterno e solidale.

È con questi fratelli musulmani che anch’io cerco di coltivare un rapporto di amicizia, di accoglienza, di collabo-razione per costruire insieme, nel nostro quartiere-villaggio, una società attenta e aperta ai più poveri per offrire loro la possibilità di una promozione umana.Ricordatemi nella vostra preghiera perché sia capace di offrire sempre la mia collaborazione per costruire comu-nione e pace con tutti i nostri fratelli in umanità.

Con affetto vostra sr Erminia

Un caro saluto e abbraccio

dal Mali.

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Misericordiae Vultus

BOLLA DI INDIZIONEDEL GIUBILEO STRAORDINARIO

DELLA MISERICORDIA

Visita alle famiglie delle tre parrocchie di Botticino

PER UNA CHIESA IN USCITA “Nell’impostazione pastorale delle parrocchie di Botticino è fondamentale l’impegno dell’essere -una Chiesa in uscita- ,cercando di trovare concre-tamente modalità per entrare nel tessuto della vita delle persone”.Queste parole sono state pubblicate nel Notiziario della Comunità prima della Pasqua del 2015 e ri-prese poi in una lettera del Parroco don Raffaele Licini che consegniamo alle famiglie che incon-triamo nelle visite domiciliari.L’iniziativa è stata un’attenzione di Don Raffaele con lo scopo di essere una occasione e una oppor-tunità di conoscenza, di vicinanza, di ascolto re-ciproco nel rispetto e nella discrezione da parte della comunità alle famiglie.La risposta da parte delle suore e di un gruppo di laici sensibili non si è fatta attendere e con genero-sità è stato avviato questo cammino, che appena ini-ziato rivela una grande ricchezza sia da parte delle famiglie che dimostrano accoglienza e desiderio di sentirsi partecipi della grande famiglia dell’Unità Pastorale delle tre parrocchie e sia da parte degli operatori pastorali che sperimentano la gioia di un annuncio evangelico in un contesto di concre-tezza domestica e nella vita quotidiana.La novità dell’inziativa è far scoprire il valore della famiglia come “chiesa domestica”, che è parte im-portante di una “chiesa missionaria” che va incontro alle gente, che fa strada insieme nell’unità e nella comunione con il Pastore delle nostre comunità.Lo stile degli operatori è nel segno dell’umiltà e della discrezione, fatta di ascolto delle situazioni, delle proposte, e accogliendo suggerimenti per una pastorale di qualità evangelica, attenta alle persone.A che punto siamo? Dopo questo buon inizio intra-preso da alcuni mesi, ma sarà un progetto che con-tinuerà nel tempo, senza fretta e senza presunzioni personali. Nel tempo darà i suoi frutti.Affidiamo alla preghiera di tutti e alla intercessione di Sant’Arcangelo, Patrono della nostra Unità Pa-storale e Patrono dei Parroci della nostra Diocesi di benedire e fecondare questo progetto con la sua assistenza e consolazione.

sr. MariareginaGhislaine Howard«Il figliol prodigo»

In occasione del 25° di Sacerdozio di don Oreste Ferrari, celebrato a Botticino Mattina all’inizio di luglio 2015,

riportiamo questa poesia a lui dedicata.Tradotto dal testo antico della Bibbia la chiamata di Samuele

LA VOCASSIU DE ORESTEL’era nòt! L’era not fonda,e on temporal töt rabius

èl fàa pisà la gronda.Sà sintia a mügià la alèn mès a ste baraondama par de sèntèr n’à us,

ona us che ciama.Sbate pèr aria la prèponta

e core da la me mama:M’het ciamat? So che!

E Bigia töta straolta la m’ha respont:che fet èn pe? Turna a dormèr! Nüsü i t’ha ciamat.

Vo in dèl lètt on po pèrplèss,ma ulte ma pirle……

sènte turna arghü che ciamama l’è miga la me mama.Èn mès a ste gran rumur,

èn mès al vènt de tramontana,go sintit la tò us signur.

Sbate pèr aria la prèponta ,salte ‘m pe mès èndormet,e t’ha responde töt contet:

serchèt me? So pronto!!

con affetto e gratitudineAvelino Busi , poeta da S.Gal

“Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. E’ un cammino che inizia con una conversione spirituale; e dobbiamo fare questo cammino. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la mi-sericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36). E questo specialmente per i confessori! Tanta misericordia!

Questo Anno Santo inizierà nella prossima so-lennità dell’Immacolata Concezione e si con-cluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’u-niverso e volto vivo della misericordia del Padre. Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consi-glio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della mise-ricordia.

Sono convinto che tutta la Chiesa, che ha tanto biso-gno di ricevere misericordia, perché siamo peccatori, potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e ad ogni donna del nostro tempo. Non dimentichiamo che Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre. Non ci stanchiamo di chiedere perdono. Affidia-mo fin d’ora questo Anno alla Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguar-do e vegli sul nostro cammino: il nostro cammino penitenziale, il nostro cammino con il cuore aperto, durante un anno, per ricevere l’indulgenza di Dio, per ricevere la misericordia di Dio.

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del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’e-vento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo piu comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per testimoniare con piu entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilita di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre.

Tornano alla mente le parole cariche di significato che san Giovanni XXIII pronuncio all’apertura del Concilio per indicare il sentiero da seguire: « Ora la Sposa di Cristo pre-ferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore … La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verita cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bonta verso i figli da lei separati ».[2] Sullo stesso orizzonte, si poneva anche il beato Paolo VI, che si esprimeva cosi a conclusione del Concilio: « Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la cari-ta … L’antica storia del Samaritano e stata il paradigma della spiritualita del Concilio … Una corrente di affetto e di ammirazione si e riversata dal Concilio sul mondo umano

FRANCESCOVESCOVO  DI  ROMA

SERVO  DEI  SERVI  DI  DIOA  QUANTI  LEGGERANNO QUESTA  LETTERA

GRAZIA,  MISERICORDIA  E  PACE

1. Gesu Cristo e il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sem-bra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa e divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesu di Nazareth. Il Padre, « ricco di misericordia » (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mose come « Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedelta » (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella « pienezza del tempo » (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mando suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesu di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona[1] rivela la misericordia di Dio.

2. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenita e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: e la parola che rivela il mistero della SS. Trinita. Misericordia: e l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: e la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericor-dia: e la via che unisce Dio e l’uomo, perche apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.

3. Ci sono momenti nei quali in modo ancora piu forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perche renda piu forte ed efficace la testimonianza dei credenti.

L’Anno Santo si aprira l’8 dicembre 2015, solennita dell’Immacolata Concezione. Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanita sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1,4), perche diven-tasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravita del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono. La misericordia sara sempre piu grande di ogni peccato, e nessuno puo porre un limite all’amore di Dio che perdona. Nella festa dell’Immacolata Concezione avro la gioia di aprire la Porta Santa. Sara in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrera potra sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza.

La domenica successiva, la Terza di Avvento, si aprira la Porta Santa nella Cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano. Successivamente, si aprira la Porta Santa nelle altre Basiliche Papali. Nella stessa domenica stabilisco che in ogni Chiesa particolare, nella Cattedrale che e la Chiesa Madre per tutti i fedeli, oppure nella Concattedrale o in una chiesa di speciale significato, si apra per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Miseri-cordia. A scelta dell’Ordinario, essa potra essere aperta anche nei Santuari, mete di tanti pellegrini, che in questi luoghi sacri spesso sono toccati nel cuore dalla grazia e trovano la via della conversione. Ogni Chiesa particolare, quindi, sara direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale. Il Giubileo, pertanto, sara celebrato a Roma cosi come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa.

4. Ho scelto la data dell’8 dicembre perche e carica di significato per la storia recente della Chiesa. Apriro infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione

Misericordiosi come il PadreIl logo e il motto offrono insieme una sin-tesi felice dell’Anno giubilare. Nel motto Misericordiosi come il Padre (tratto dal

Vangelo di Luca, 6,36) si propone di vivere la misericordia sull’esempio del

Padre che chiede di non giudicare e di non condannare, ma di perdonare e di donare amore e perdono senza

misura (cfr. Lc 6,37-38). Il logo – ope-ra del gesuita Padre Marko I. Rupnik – si presenta come una piccola summa teologica del tema della misericordia.

Mostra, infatti, il Figlio che si carica sulle spalle l’uomo smarrito, recuperan-do un’immagine molto cara alla Chiesa

antica, perché indica l’amore di Cristo che porta a compimento il mistero della sua

incarnazione con la redenzione. Il disegno è realizzato in modo tale da far emergere che il

Buon Pastore tocca in profondità la carne dell’uo-mo, e lo fa con amore tale da cambiargli la vita. Un particolare, inoltre, non

può sfuggire: il Buon Pastore con estrema misericordia carica su di sé l’umanità, ma i suoi occhi si confondono con quelli dell’uomo. Cristo vede

con l’occhio di Adamo e questi con l’occhio di Cristo. Ogni uomo scopre così in Cristo, nuovo Adamo, la propria umanità e il futuro che lo attende,

contemplando nel Suo sguardo l’amore del Padre.La scena si colloca all’interno della mandorla, anch’essa figura cara all’i-

conografia antica e medioevale che richiama la compresenza delle due nature, divina e umana, in Cristo. I tre ovali concentrici, di colore progres-sivamente più chiaro verso l’esterno, suggeriscono il movimento di Cristo che porta l’uomo fuori dalla notte del peccato e della morte. D’altra parte,

la profondità del colore più scuro suggerisce anche l’imperscrutabilità dell’amore del Padre che tutto perdona.

IL LOGO DEL GIUBILEODELLA MISERICORDIA

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Prima della Passione Gesu ha pregato con questo Salmo della misericordia. Lo attesta l’evangelista Matteo quando dice che « dopo aver cantato l’inno » (26,30), Gesu con i discepoli uscirono verso il monte degli ulivi. Mentre Egli istituiva l’Eucaristia, quale me-moriale perenne di Lui e della sua Pasqua, poneva simbolicamente questo atto supremo della Rivelazione alla luce della misericordia. Nello stesso orizzonte della misericordia, Gesu viveva la sua passione e morte, cosciente del grande mistero di amore che si sarebbe compiuto sulla croce. Sapere che Gesu stesso ha pregato con questo Salmo, lo rende per noi cristiani ancora piu importante e ci impegna ad assumerne il ritornello nella nostra quotidiana preghiera di lode: “Eterna e la sua misericordia”.

8. Con lo sguardo fisso su Gesu e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinita. La missione che Gesu ha ricevuto dal Padre e stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. « Dio e amore » (1 Gv 4,8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore e ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesu. La sua persona non e altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano ma-nifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui e privo di compassione.

Gesu, dinanzi alla moltitudine di persone che lo seguivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smarrite e senza guida, sentì fin dal profondo del cuore una forte compassione per loro (cfr Mt 9,36). In forza di questo amore compassionevole guari i malati che gli ve-nivano presentati (cfr Mt 14,14), e con pochi pani e pesci sfamo grandi folle (cfr Mt 15,37). Cio che muoveva Gesu in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno piu vero. Quan-do incontro la vedova di Naim che portava il suo unico figlio al sepolcro, provo grande compassione per quel dolore immenso della madre in pianto, e le riconsegno il figlio risu-scitandolo dalla morte (cfr Lc 7,15). Dopo aver liberato l’indemoniato di Gerasa, gli affida questa missione: « Annuncia cio che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te » (Mc 5,19). Anche la vocazione di Matteo e inserita nell’orizzonte della misericor-dia. Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesu fissarono quelli di Matteo. Era uno sguardo carico di misericordia che perdonava i peccati di quell’uomo e, vincendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diventare uno dei Dodici. San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesu guardo Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo.[7] Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diventare il mio motto.

9. Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesu rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si da mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia. Conosciamo queste parabole, tre in partico-lare: quelle della pecora smarrita e della moneta perduta, e quella del padre e i due figli (cfr Lc 15,1-32). In queste parabole, Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona. In esse troviamo il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perche la misericordia e presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono.

moderno. Riprovati gli errori, si; perche cio esige la carita, non meno che la verita; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette … Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale e rivolta in un’unica direzio-ne: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermita, in ogni sua necessita ».[3]

Con questi sentimenti di gratitudine per quanto la Chiesa ha ricevuto e di respon-sabilita per il compito che ci attende, attraverseremo la Porta Santa con piena fiducia di essere accompagnati dalla forza del Signore Risorto che continua a sostenere il nostro pellegrinaggio. Lo Spirito Santo che conduce i passi dei credenti per cooperare all’opera di salvezza operata da Cristo, sia guida e sostegno del Popolo di Dio per aiu-tarlo a contemplare il volto della misericordia.[4]

5. L’Anno giubilare si concludera nella solennita liturgica di Gesu Cristo Signore dell’universo, il 20 novembre 2016. In quel giorno, chiudendo la Porta Santa avremo anzitutto sentimenti di gratitudine e di ringraziamento verso la SS. Trinita per averci concesso questo tempo straordinario di grazia. Affideremo la vita della Chiesa, l’uma-nita intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo, perche effonda la sua misericor-dia come la rugiada del mattino per una feconda storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro. Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di miseri-cordia per andare incontro ad ogni persona portando la bonta e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio gia presente in mezzo a noi.

6. « È proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza ».[5] Le parole di san Tommaso d’Aquino mostrano quanto la miseri-cordia divina non sia affatto un segno di debolezza, ma piuttosto la qualita dell’onni-potenza di Dio. È per questo che la liturgia, in una delle collette piu antiche, fa pregare dicendo: « O Dio che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il per-dono ».[6] Dio sara per sempre nella storia dell’umanita come Colui che e presente, vicino, provvidente, santo e misericordioso.

“Paziente e misericordioso” e il binomio che ricorre spesso nell’Antico Testamento per descrivere la natura di Dio. Il suo essere misericordioso trova riscontro concreto in tante azioni della storia della salvezza dove la sua bonta prevale sulla punizione e la distruzione. I Salmi, in modo particolare, fanno emergere questa grandezza dell’agire divino: « Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermita, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bonta e misericordia » (103,3-4). In modo ancora piu esplicito, un altro Salmo attesta i segni concreti della misericordia: « Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi e caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la vedova, ma scon-volge le vie dei malvagi » (146,7-9). E da ultimo, ecco altre espressioni del Salmista: « [Il Signore] risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. … Il Signore sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi » (147,3.6). Insomma, la misericordia di Dio non e un’idea astratta, ma una realta concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che e un amore “viscerale”. Proviene dall’in-timo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono.

7. “Eterna e la sua misericordia”: e il ritornello che viene riportato ad ogni ver-setto del Salmo 136 mentre si narra la storia della rivelazione di Dio. In forza della misericordia, tutte le vicende dell’antico testamento sono cariche di un profondo va-lore salvifico. La misericordia rende la storia di Dio con Israele una storia di salvezza. Ripetere continuamente: “Eterna e la sua misericordia”, come fa il Salmo, sembra voler spezzare il cerchio dello spazio e del tempo per inserire tutto nel mistero eter-no dell’amore. È come se si volesse dire che non solo nella storia, ma per l’eternita l’uomo sara sempre sotto lo sguardo misericordioso del Padre. Non e un caso che il popolo di Israele abbia voluto inserire questo Salmo, il “Grande hallel” come viene chiamato, nelle feste liturgiche piu importanti.

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Da un’altra parabola, inoltre, ricaviamo un insegnamento per il nostro stile di vita cri-stiano. Provocato dalla domanda di Pietro su quante volte fosse necessario perdonare, Gesu rispose: « Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette » (Mt 18,22), e racconto la parabola del “servo spietato”. Costui, chiamato dal padrone a restituire una grande somma, lo supplica in ginocchio e il padrone gli condona il debito. Ma subito dopo incontra un altro servo come lui che gli era debitore di pochi centesimi, il quale lo supplica in ginocchio di avere pieta, ma lui si rifiuta e lo fa imprigionare. Allora il padrone, venuto a conoscenza del fatto, si adira molto e richiamato quel servo gli dice: « Non dovevi anche tu aver pieta del tuo compagno, cosi come io ho avuto pieta di te? »

(Mt 18,33). E Gesu concluse: « Cosi anche il Padre mio celeste fara con voi se non per-donerete di cuore, ciascuno al proprio fratello » (Mt 18,35).

La parabola contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi. Gesu afferma che la misericordia non e solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perche a noi per primi e stata usata misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione piu evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani e un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono e lo strumento posto nelle no-stre fragili mani per raggiungere la serenita del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: « Non tramonti il sole sopra la vostra ira » (Ef 4,26). E soprat-tutto ascoltiamo la parola di Gesu che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilita per la nostra fede: « Beati i misericordiosi, perche troveranno misericordia » (Mt 5,7) e la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo.

Come si nota, la misericordia nella Sacra Scrittura e la parola-chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tan-gibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa na-tura e vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio e la sua responsabilita per noi. Lui si sente responsabile, cioe desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lun-ghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre cosi amano i figli. Come e misericordioso Lui, cosi siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri.

10. L’architrave che sorregge la vita della Chiesa e la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo puo essere privo di misericordia. La credibilita della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compas-sionevole. La Chiesa « vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia ».[8] Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tenta-zione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che que-

sta e il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta piu alta e piu significativa. Dall’altra parte, e triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre piu diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tut-tavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficolta dei nostri fratelli. Il perdono e una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.

11. Non possiamo dimenticare il grande insegnamento che san Giovanni Paolo II ha offerto con la sua seconda Enciclica Dives in misericordia, che all’epoca giunse inaspettata e colse molti di sorpresa per il tema che veniva affrontato. Due espressioni in particolare desidero ricordare. Anzitutto, il santo Papa rilevava la dimenticanza del tema della mise-ricordia nella cultura dei nostri giorni: « La mentalita contemporanea, forse piu di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresi ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il con-cetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, e diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (cfr Gen 1,28). Tale dominio sulla terra, inteso talvol-ta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia … Ed e per questo che, nell’odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio ».[9]

Inoltre, san Giovanni Paolo II cosi motivava l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo: « Essa e dettata dall’amore verso l’uomo, verso tutto cio che e umano e che, secondo l’intuizione di gran parte dei contemporanei, e mi-nacciato da un pericolo immenso. Il mistero di Cristo … mi obbliga a proclamare la mise-ricordia quale amore misericordioso di Dio, rivelato nello stesso mistero di Cristo. Esso mi obbliga anche a richiamarmi a tale misericordia e ad implorarla in questa difficile, critica fase della storia della Chiesa e del mondo ».[10] Tale suo insegnamento e piu che mai at-tuale e merita di essere ripreso in questo Anno Santo. Accogliamo nuovamente le sue pa-role: « La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia – il piu stupendo attributo del Creatore e del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa e depositaria e dispensatrice ».[11]

12. La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel nostro tempo, in cui la Chiesa e impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinno-vata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilita del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ri-trovare la strada per ritornare al Padre.

La prima verita della Chiesa e l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al per-dono e al dono di se, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa e presente, la deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parroc-chie, nelle comunita, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia.

13. Vogliamo vivere questo Anno Giubilare alla luce della parola del Signore: Misericor-diosi come il Padre. L’evangelista riporta l’insegnamento di Gesu che dice: « Siate miseri-cordiosi, come il Padre vostro e misericordioso » (Lc 6,36). È un programma di vita tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace. L’imperativo di Gesu e rivolto a quanti ascol-tano la sua voce (cfr Lc 6,27). Per essere capaci di misericordia, quindi, dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio. Cio significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta. In questo modo e possibile contemplare la miseri-cordia di Dio e assumerlo come proprio stile di vita.

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(cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sara chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso e fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessa-rio per essere riscattati dalla poverta; se saremo stati vicini a chi e solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violen-za; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che e tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi “piu piccoli” e presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: « Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore ».[12]

16. Nel Vangelo di Luca troviamo un altro aspetto importante per vivere con fede il Giubileo. Racconta l’evangelista che Gesu, un sabato, ritorno a Nazaret e, come era solito fare, entro nella Sinagoga. Lo chiamarono a leggere la Scrittura e commentarla. Il passo era quello del profeta Isaia dove sta scritto: « Lo Spirito del Signore e sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a pro-clamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in liberta gli oppressi, a proclamare l’anno di misericordia del Signore » (61,1-2). “Un anno di misericordia”: e que-sto quanto viene annunciato dal Signore e che noi desideriamo vivere. Questo Anno Santo porta con se la ricchezza della missione di Gesu che risuona nelle parole del Profeta: porta-re una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitu della societa moderna, restituire la vista a chi non riesce piu a vedere perche curvo su se stesso, e restituire dignita a quanti ne sono stati privati. La predicazione di Gesu si rende di nuovo visibile nelle risposte di fede che la testimonianza dei cristiani e chiamata ad offrire. Ci accompagnino le parole dell’Apostolo: « Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia » (Rm 12,8).

17. La Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta piu intensamente come momen-to forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio. Quante pagine della Sacra Scrittura possono essere meditate nelle settimane della Quaresima per riscoprire il volto misericordioso del Padre! Con le parole del profeta Michea possiamo anche noi ripetere: Tu, o Signore, sei un Dio che toglie l’iniquita e perdona il peccato, che non serbi per sempre la tua ira, ma ti compiaci di usare misericordia. Tu, Signore, ritornerai a noi e avrai pieta del tuo popolo. Calpesterai le nostre colpe e getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati (cfr 7,18-19).

Le pagine del profeta Isaia potranno essere meditate piu concretamente in questo tem-po di preghiera, digiuno e carita: « Non e piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere

14. Il pellegrinaggio e un segno peculiare nell’Anno Santo, perche e icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita e un pellegrinaggio e l’essere umano e viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata. Anche per raggiunge-re la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovra compiere, secondo le proprie forze, un pellegrinaggio. Esso sara un segno del fatto che anche la misericordia e una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo e con noi.

Il Signore Gesu indica le tappe del pellegrinaggio attraverso cui e possibile raggiungere questa meta: « Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condan-nati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sara dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sara versata nel grembo, perche con la misura con la quale misurate, sara misurato a voi in cambio » (Lc 6,37-38). Dice anzitutto di non giudicare e di non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno puo diventare giudice del proprio fra-tello. Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell’intimo. Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invi-dia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromette-re la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere cio che di buono c’e in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto. Ma questo non e ancora sufficiente per esprimere la misericordia. Gesu chiede anche di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perche noi per primi lo abbiamo ot-tenuto da Dio. Essere generosi nei confronti di tutti, sapendo che anche Dio elargisce la sua benevolenza su di noi con grande magnanimita.

Misericordiosi come il Padre, dunque, e il “motto” dell’Anno Santo. Nella misericordia abbiamo la prova di come Dio ama. Egli da tutto se stesso, per sempre, gratuitamente, e senza nulla chiedere in cambio. Viene in nostro aiuto quando lo invochiamo. È bello che la preghiera quotidiana della Chiesa inizi con queste parole: « O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto » (Sal 70,2). L’aiuto che invochiamo e gia il primo passo della mise-ricordia di Dio verso di noi. Egli viene a salvarci dalla condizione di debolezza in cui viviamo. E il suo aiuto consiste nel farci cogliere la sua presenza e la sua vicinanza. Giorno per giorno, toccati dalla sua compassione, possiamo anche noi diventare compassionevoli verso tutti.

15. In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivo-no nelle piu disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarieta e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno piu voce perche il loro grido si e affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di piu la Chiesa sara chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarieta e l’attenzione dovuta. Non cadia-mo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarieta che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novita, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignita, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi per-che sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternita. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo.

È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di mi-sericordia corporale e spirituale. Sara un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della poverta e per entrare sempre di piu nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesu ci presenta queste opere di misericordia perche possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carce-rati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.

Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo accolto il fore-stiero e vestito chi e nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi e malato e prigioniero

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di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun pec-catore. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignita. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di la. Il denaro non ci da la vera felicita. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti ne immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potra sfuggire.

Lo stesso invito giunga anche alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della societa e un grave peccato che grida verso il cielo, perche mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perche con la sua prepotenza e avidita distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i piu poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione e un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illu-sione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo. Corruptio optimi pessima, diceva con ragione san Gregorio Magno, per indicare che nessuno puo sentirsi immune da questa tentazione. Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealta, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza.

Questo e il momento favorevole per cambiare vita! Questo e il tempo di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, e il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignita, degli affetti, della stessa vita. Ri-manere sulla via del male e solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita e ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l’invito alla conversione e sot-toporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia.

20. Non sara inutile in questo contesto richiamare al rapporto tra giustizia e misericor-dia. Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realta che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore. La giustizia e un concetto fondamentale per la societa civile quando, normalmente, si fa rife-rimento a un ordine giuridico attraverso il quale si applica la legge. Per giustizia si intende anche che a ciascuno deve essere dato cio che gli e dovuto. Nella Bibbia, molte volte si fa ri-ferimento alla giustizia divina e a Dio come giudice. La si intende di solito come l’osservanza integrale della Legge e il comportamento di ogni buon israelita conforme ai comandamenti dati da Dio. Questa visione, tuttavia, ha portato non poche volte a cadere nel legalismo, mistificando il senso originario e oscurando il valore profondo che la giustizia possiede. Per superare la prospettiva legalista, bisognerebbe ricordare che nella Sacra Scrittura la giustizia e concepita essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volonta di Dio.

Da parte sua, Gesu parla piu volte dell’importanza della fede, piuttosto che dell’osser-vanza della legge. È in questo senso che dobbiamo comprendere le sue parole quando, trovandosi a tavola con Matteo e altri pubblicani e peccatori, dice ai farisei che lo contesta-vano: « Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Mt 9,13). Davanti alla visione di una giustizia come mera osservanza della legge, che giudica dividendo le persone in giusti e peccatori, Gesu punta a mostrare il grande dono della misericordia che ricerca i peccatori per offrire loro il perdono e la salvezza. Si comprende perche, a causa di questa sua visione cosi liberatrice e fonte di rinnovamento, Gesu sia stato rifiutato dai farisei e dai dottori del-la legge. Questi per essere fedeli alla legge ponevano solo pesi sulle spalle delle persone, vanificando pero la misericordia del Padre. Il richiamo all’osservanza della legge non puo ostacolare l’attenzione per le necessita che toccano la dignita delle persone.

Il richiamo che Gesu fa al testo del profeta Osea – « voglio l’amore e non il sacrificio » (6,6) – e molto significativo in proposito. Gesu afferma che d’ora in avanti la regola di vita dei suoi discepoli dovra essere quella che prevede il primato della misericordia, come Lui stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori. La misericordia, ancora una volta, viene ri-velata come dimensione fondamentale della missione di Gesu. Essa e una vera sfida dinanzi ai suoi interlocutori che si fermavano al rispetto formale della legge. Gesu, invece, va oltre la legge; la sua condivisione con quelli che la legge considerava peccatori fa comprendere fin dove arriva la sua misericordia.

le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgera come l’aurora, la tua ferita si rimarginera presto. Davanti a te camminera la tua giusti-zia, la gloria del Signore ti seguira. Allora invocherai e il Signore ti rispondera, implorerai aiuto ed egli dira: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillera fra le te-nebre la tua luce, la tua tenebra sara come il meriggio. Ti guidera sempre il Signore, ti saziera in terreni aridi, rinvigorira le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono » (58,6-11).

L’iniziativa “24 ore per il Signore”, da celebrarsi nel venerdi e sabato che precedono la IV domenica di Quaresima, e da incrementare nelle Diocesi. Tante persone si stanno riavvici-nando al sacramento della Riconciliazione e tra questi molti giovani, che in tale esperienza ritrovano spesso il cammino per ritornare al Signore, per vivere un momento di intensa pre-ghiera e riscoprire il senso della propria vita. Poniamo di nuovo al centro con convinzione il sacramento della Riconciliazione, perche permette di toccare con mano la grandezza della misericordia. Sara per ogni penitente fonte di vera pace interiore.

Non mi stanchero mai di insistere perche i confessori siano un vero segno della misericor-dia del Padre. Non ci si improvvisa confessori. Lo si diventa quando, anzitutto, ci facciamo noi per primi penitenti in cerca di perdono. Non dimentichiamo mai che essere confessori significa partecipare della stessa missione di Gesu ed essere segno concreto della continuita di un amore divino che perdona e che salva. Ognuno di noi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo per il perdono dei peccati, di questo siamo responsabili. Nessuno di noi e padrone del Sacramento, ma un fedele servitore del perdono di Dio. Ogni confessore dovra accogliere i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio nonostante avesse dissipato i suoi beni. I confessori sono chiamati a stringere a se quel figlio pentito che ritorna a casa e ad esprimere la gioia per averlo ritrovato. Non si stancheranno di andare anche verso l’altro figlio rimasto fuori e incapace di gioire, per spiegargli che il suo giudizio severo e ingiusto, e non ha senso dinanzi alla misericordia del Padre che non ha con-fini. Non porranno domande impertinenti, ma come il padre della parabola interromperanno il discorso preparato dal figlio prodigo, perche sapranno cogliere nel cuore di ogni peniten-te l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono. Insomma, i confessori sono chiamati ad essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia.

18. Nella Quaresima di questo Anno Santo ho l’intenzione di inviare i Missionari della Misericordia. Saranno un segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perche entri in profondita nella ricchezza di questo mistero cosi fondamentale per la fede. Saranno sacerdoti a cui daro l’autorita di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perche sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. Saranno, soprattut-to, segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono. Saranno dei missionari della misericordia perche si faranno artefici presso tutti di un incontro carico di umanita, sorgente di liberazione, ricco di responsabilita per superare gli ostacoli e riprendere la vita nuova del Battesimo. Si lasceranno condurre nella loro missione dalle parole dell’A-postolo: « Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti » (Rm 11,32). Tutti infatti, nessuno escluso, sono chiamati a cogliere l’appello alla misericordia. I missionari vivano questa chiamata sapendo di poter fissare lo sguardo su Gesu, « sommo sacerdote misericordioso e degno di fede » (Eb 2,17).

Chiedo ai confratelli Vescovi di invitare e di accogliere questi Missionari, perche siano anzi-tutto predicatori convincenti della misericordia. Si organizzino nelle Diocesi delle “missioni al popolo”, in modo che questi Missionari siano annunciatori della gioia del perdono. Si chieda loro di celebrare il sacramento della Riconciliazione per il popolo, perche il tempo di grazia donato nell’Anno Giubilare permetta a tanti figli lontani di ritrovare il cammino verso la casa paterna. I Pastori, specialmente durante il tempo forte della Quaresima, siano solleciti nel richiamare i fedeli ad accostarsi « al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia » (Eb 4,16).

19. La parola del perdono possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la miseri-cordia non lasci nessuno indifferente. Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora piu insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta

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22. Il Giubileo porta con se anche il riferimento all’indulgenza. Nell’Anno Santo della Mise-ricordia essa acquista un rilievo particolare. Il perdono di Dio per i nostri peccati non conosce confini. Nella morte e risurrezione di Gesu Cristo, Dio rende evidente questo suo amore che giunge fino a distruggere il peccato degli uomini. Lasciarsi riconciliare con Dio e possibile attraverso il mistero pasquale e la mediazione della Chiesa. Dio quindi e sempre disponibile al perdono e non si stanca mai di offrirlo in maniera sempre nuova e inaspettata. Noi tutti, tuttavia, facciamo esperienza del peccato. Sappiamo di essere chiamati alla perfezione (cfr Mt 5,48), ma sentiamo forte il peso del peccato. Mentre percepiamo la potenza della grazia che ci trasforma, sperimentiamo anche la forza del peccato che ci condiziona. Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri pec-cati. Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio pero e piu forte anche di questo. Essa diventa indul-genza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carita, a crescere nell’amore piuttosto che ricadere nel peccato.

La Chiesa vive la comunione dei Santi. Nell’Eucaristia questa comunione, che e dono di Dio, si attua come unione spirituale che lega noi credenti con i Santi e i Beati il cui numero e incal-colabile (cfr Ap 7,4). La loro santita viene in aiuto alla nostra fragilita, e cosi la Madre Chiesa e capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con la santi-ta di altri. Vivere dunque l’indulgenza nell’Anno Santo significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente. Indulgenza e sperimentare la santita della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo, perche il perdono sia esteso fino alle estreme conseguenze a cui giunge l’amore di Dio. Vivia-mo intensamente il Giubileo chiedendo al Padre il perdono dei peccati e l’estensione della sua indulgenza misericordiosa.

23. La misericordia possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa. Essa ci relazio-na all’Ebraismo e all’Islam, che la considerano uno degli attributi piu qualificanti di Dio. Israele per primo ha ricevuto questa rivelazione, che permane nella storia come inizio di una ricchez-za incommensurabile da offrire all’intera umanita. Come abbiamo visto, le pagine dell’Antico Testamento sono intrise di misericordia, perche narrano le opere che il Signore ha compiuto a favore del suo popolo nei momenti piu difficili della sua storia. L’Islam, da parte sua, tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione e spesso sulle labbra dei fedeli musulmani, che si sentono accompagnati e sostenuti dalla misericordia nella loro quotidiana debolezza. Anch’essi credono che nessuno puo limitare la misericordia divina perche le sue porte sono sempre aperte.

Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste re-ligioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda piu aperti al dialogo per meglio cono-scerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione.

24. Il pensiero ora si volge alla Madre della Misericordia. La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perche tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondita del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita e stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto e entrata nel santuario della misericordia divina perche ha partecipato inti-mamente al mistero del suo amore.

Scelta per essere la Madre del Figlio di Dio, Maria e stata da sempre preparata dall’amore del Padre per essere Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini. Ha custodito nel suo cuore la divi-na misericordia in perfetta sintonia con il suo Figlio Gesu. Il suo canto di lode, sulla soglia della casa di Elisabetta, fu dedicato alla misericordia che si estende « di generazione in generazio-ne » (Lc 1,50). Anche noi eravamo presenti in quelle parole profetiche della Vergine Maria. Questo ci sara di conforto e di sostegno mentre attraverseremo la Porta Santa per sperimen-tare i frutti della misericordia divina.

Presso la croce, Maria insieme a Giovanni, il discepolo dell’amore, e testimone delle parole di perdono che escono dalle labbra di Gesu. Il perdono supremo offerto a chi lo ha crocifisso ci mostra fin dove puo arrivare la misericordia di Dio. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno. Rivolgiamo a lei

Anche l’apostolo Paolo ha fatto un percorso simile. Prima di incontrare Cristo sulla via di Damasco, la sua vita era dedicata a perseguire in maniera irreprensibile la giustizia della legge (cfr Fil 3,6). La conversione a Cristo lo porto a ribaltare la sua visione, a tal punto che nella Lettera ai Galati afferma: « Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesu per essere giu-stificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge » (2,16). La sua comprensione della giustizia cambia radicalmente. Paolo ora pone al primo posto la fede e non piu la legge. Non e l’osservanza della legge che salva, ma la fede in Gesu Cristo, che con la sua morte e resurrezione porta la salvezza con la misericordia che giustifica. La giustizia di Dio diventa adesso la liberazione per quanti sono oppressi dalla schiavitu del peccato e di tutte le sue conseguenze. La giustizia di Dio e il suo perdono (cfr Sal 51,11-16).

21. La misericordia non e contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilita per ravvedersi, convertirsi e credere. L’esperienza del profeta Osea ci viene in aiuto per mostrarci il superamento della giustizia nella direzione della misericordia. L’epoca di questo profeta e tra le piu drammatiche della storia del popolo ebraico. Il Regno e vicino alla distruzione; il popolo non e rimasto fedele all’alleanza, si e allontanato da Dio e ha perso la fede dei Padri. Secondo una logica umana, e giusto che Dio pensi di rifiutare il popolo infedele: non ha osservato il patto stipulato e quindi merita la dovuta pena, cioe l’esilio. Le parole del profeta lo attestano: « Non ritornera al paese d’Egitto, ma Assur sara il suo re, perche non hanno voluto convertirsi » (Os 11,5). Eppure, dopo questa reazione che si richiama alla giustizia, il profeta modifica radicalmen-te il suo linguaggio e rivela il vero volto di Dio: « Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non daro sfogo all’ardore della mia ira, non tornero a distruggere Èfraim, perche sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verro da te nella mia ira » (11,8-9). Sant’Agostino, quasi a commentare le parole del profeta dice: « È piu facile che Dio trattenga l’ira piu che la misericordia ».[13] È proprio cosi. L’ira di Dio dura un istante, mentre la sua misericordia dura in eterno.

Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo ad essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono. Cio non significa svalutare la giustizia o renderla superflua, al contrario. Chi sbaglia dovra scontare la pena. Solo che questo non e il fine, ma l’inizio del-la conversione, perche si sperimenta la tenerezza del perdono. Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che e a fonda-mento di una vera giustizia. Dobbiamo prestare molta attenzione a quanto scrive Paolo per non cadere nello stesso errore che l’Apostolo rimproverava ai Giudei suoi contemporanei: « Ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge e Cristo, perche la giustizia sia data a chiunque crede » (Rm 10,3-4). Questa giustizia di Dio e la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesu Cristo. La Croce di Cristo, dunque, e il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perche ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova.

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Curiamo, difendiamo la famiglia perche lì si gioca il nostro futuro. Così il Papa alla grande festa delle fami-glie nel Meeting Mondiale di Philadelphia e nella Ve-glia di preghiera. Per Francesco la famiglia e fabbrica di speranza, di vita e di resurrezione perche voluta da Dio. “Senza la cura di bambini e nonni” – dice – non c’e forza e memoria. Migliaia le persone presenti che hanno acclamato il Pontefice lungo tutto il tragitto che lo ha portato dal Seminario San Carlo Borromeo fino al grande palco del Benjamin Franklin Parkway.

Una festa dello spirito immersa nella musica, co-lori, balli e testimonianze. Il calore, l’amore, la gioia delle famiglie di tutto il mondo si sono riflessi nella commozione e nei sorrisi del Papa che ha ascoltato e pregato anche attraverso la vita di uomini e donne guidati dalla fede.

Cari fratelli e sorelle, care famiglie!

Grazie a coloro che hanno dato testimonianza. Gra-zie a coloro che ci hanno rallegrato con l’arte, con la bellezza, che la via per arrivare a Dio. La bellezza ci porta a Dio. E una testimonianza vera ci porta a Dio perche Dio e anche la verita. E’ la bellezza ed e la veri-ta. E una testimonianza data come servizio e buona, ci rende buoni, perche Dio e bonta. Ci porta a Dio. Tutto cio che e buono, vero e bello ci porta a Dio. Perche Dio e buono, Dio e bello, Dio e verita.

Grazie a tutti. A quelli che ci hanno dato un mes-saggio qui e alla vostra presenza, che pure e una te-stimonianza. Una vera testimonianza che vale la pena la vita in famiglia. Che una societa cresce forte, cre-sce buona, cresce bella e cresce vera se si edifica sulla base della famiglia.

Difendiamo la famiglia, lì si gioca il nostro futuro

la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perche non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesu.

La nostra preghiera si estenda anche ai tanti Santi e Beati che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita. In particolare il pensiero e rivolto alla grande apostola della miseri-cordia, santa Faustina Kowalska. Lei, che fu chiamata ad entrare nelle profondita della divina misericordia, interceda per noi e ci ottenga di vivere e camminare sempre nel perdono di Dio e nell’incrollabile fiducia nel suo amore.

25. Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericor-dia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita. La Chiesa sente in maniera forte l’urgenza di annunciare la mi-sericordia di Dio. La sua vita e autentica e credibile quando fa della misericordia il suo annuncio convinto. Essa sa che il suo primo compito, soprattutto in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti contraddizioni, e quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il volto di Cristo. La Chiesa e chiamata per prima ad essere testimone veritiera della misericordia professandola e vivendola come il centro della Rivelazio-ne di Gesu Cristo. Dal cuore della Trinita, dall’intimo piu profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia. Questa fonte non potra mai esaurirsi, per quanti siano quelli che vi si accostano. Ogni volta che ognuno ne avra bisogno, potra accedere ad essa, perche la misericordia di Dio e senza fine. Tanto e imperscrutabile la profondita del mistero che racchiude, tanto e inesauribile la ricchezza che da essa proviene.

In questo Anno Giubilare la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e con-vincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: « Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che e da sempre » (Sal 25,6).

Dato a Roma, presso San Pietro, l’11 aprile, Vigilia della II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, dell’Anno del Signore 2015, terzo di pontificato.

Franciscus [1] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 4.[2] Discorso di apertura del Conc. Ecum. Vat. II, Gaudet Mater Ecclesia, 11 ottobre 1962, 2-3.[3] Allocuzione nell’ultima sessione pubblica, 7 dicembre 1965.[4] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 16; Cost. past. Gaudium et spes, 15.[5] Tommaso D’aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 30, a. 4.[6] XXVI Domenica del Tempo Ordinario. Questa colletta appare gia, nell’VIII secolo, tra i testi eucologici del Sacramentario

Gelasiano (1198).[7] Cfr Om. 21: CCL 122, 149-151.[8] Esort. ap. Evangelii gaudium, 24.[9] N. 2.[10] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Dives in misericordia,15.[11] Ibid., 13.[12] Parole di luce e di amore, 57.[13] Enarr. in Ps. 76, 11.

FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERAPhiladelphia, Sabato, 26 settembre 2015

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Siamo alla festa delle famiglie. La famiglia ha la carta di cittadinanza divina. E’ chiaro? La carta di cit-tadinanza che ha la famiglia l’ha data Dio perche nel suo seno crescessero sempre piu la verita, l’amore e la bellezza. Certo, qualcuno di voi mi puo dire: “Padre, Lei parla cosi perche non e sposato. In famiglia ci sono difficolta. Nelle famiglie discutiamo. Nelle famiglie a volte volano i piatti. Nelle famiglie i figli fanno veni-re il mal di testa. Non parliamo delle suocere…”. Nelle famiglie sempre, sempre c’e la croce. Sempre. Perche l’amore di Dio, il Figlio di Dio ci ha aperto anche que-sta via. Ma nelle famiglie, dopo la croce, c’e anche la risurrezione, perche il Figlio di Dio ci ha aperto questa via. Per questo la famiglia e – scusate il termine – una fabbrica di speranza, di speranza di vita e di risurrezio-ne, perche e Dio che ha aperto questa via.

E i figli, i figli fanno da fare. Noi come figli abbia-mo dato da fare. A volte, a casa, vedo alcuni dei miei collaboratori che vengono a lavorare con le occhiaie. Hanno un bimbo di un mese, due mesi. E gli domando: “Non hai dormito?” - “No, ha pianto tutta notte”. In fa-miglia ci sono le difficolta. Ma queste difficolta si supe-rano con l’amore. L’odio non supera nessuna difficolta. La divisione dei cuori non supera nessuna difficolta. Solo l’amore e capace di superare la difficolta. L’amore e festa, l’amore e gioia, l’amore e andare avanti.

E non voglio continuare a parlare perche si fa trop-po tardi, ma vorrei sottolineare due piccoli punti sulla famiglia, sui quali vorrei che si avesse una cura spe-ciale; non solo vorrei, dobbiamo avere una cura spe-ciale: i bambini e i nonni. I bambini e i giovani sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponia-mo la speranza. I nonni sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno dato la fede, ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini e la prova di amore, non so se piu grande, ma direi piu promettente della fa-miglia, perche promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e un popolo che

non sa prendersi cura dei nonni e un popolo senza fu-turo, perche non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti.

Dunque, la famiglia e bella, ma costa, da problemi. Nella famiglia a volte ci sono ostilita. Il marito litiga con la moglie, o si guardano male, o i figli con il padre… Vi do un consiglio: non finite mai la giornata senza fare pace in famiglia. In una famiglia non si puo finire la giornata in guerra.

Dio vi benedica. Dio vi dia le forze, Dio vi dia il co-raggio per andare avanti. Prendiamoci cura della fami-glia. Difendiamo la famiglia perche li si gioca il nostro futuro. Grazie! Dio vi benedica e pregate per me. Per favore.

Una volta, un bambino mi ha chiesto – voi sapete che i bambini chiedono cose difficili – mi ha chiesto: “Padre, che cosa faceva Dio prima di creare il mon-do?”. Vi assicuro che ho fatto fatica a rispondere. E gli ho detto quello che dico adesso a voi: prima di creare il mondo Dio amava, perché Dio è amore; ma era tale l’amore che aveva in sé stesso, l’amore tra il Padre e il Figlio, nello Spirito Santo, era così grande, così traboccante – questo non so se è molto teologico, ma potete capirlo – era così grande che non poteva essere egoista; doveva uscire da sé stesso per avere qualcuno da amare fuori di sé. E allora Dio ha creato il mondo. Allora Dio ha creato questa meraviglia in cui viviamo; e che, dato che siamo un po’ stupidi, stiamo distruggendo. Ma la cosa più bella che ha fatto Dio – dice la Bibbia – è la famiglia. Ha creato l’uomo e la donna. E ha affidato loro tutto. Ha consegnato loro il mondo: “Crescete, moltiplicatevi, coltivate la terra, fatela produrre, fatela crescere”. Tutto l’amore che ha realizzato in questa creazione meravigliosa l’ha affida-to a una famiglia.

Torniamo un po’ indietro. Tutto l’amore che Dio ha in sé, tutta la bellezza che Dio ha in sé, tutta la verità che Dio ha in sé, la consegna alla famiglia. E una fami-glia è veramente famiglia quando è capace di aprire le braccia e accogliere tutto questo amore. Certamente il paradiso terrestre non sta più qui, la vita ha i suoi problemi, gli uomini, per l’astuzia del demonio, han-no imparato a dividersi. E tutto quell’amore che Dio ci ha dato, quasi si perde. E in poco tempo, al primo crimine, al primo fratricidio. Un fratello uccide l’altro

fratello: la guerra. L’amore, la bellezza e la verità di Dio, e la distruzione della guerra. E tra queste due po-sizioni camminiamo noi oggi. Sta a noi scegliere, sta a noi decidere la strada da seguire.

Ma torniamo indietro. Quando l’uomo e sua mo-glie hanno sbagliato e si sono allontanati da Dio, Dio non li ha lasciati soli. Tanto era l’amore. Tanto era l’a-more che ha incominciato a camminare con l’umani-tà, ha incominciato a camminare con il suo popolo, finché giunse il momento maturo e diede il segno più grande del suo amore: il suo Figlio. E suo Figlio dove lo ha mandato? In un palazzo? In una città? A fare un’impresa? L’ha mandato in una famiglia. Dio è entrato nel mondo in una famiglia. E ha potuto farlo perché quella famiglia era una famiglia che aveva il cuore aperto all’amore, aveva le porta aperte. Pensia-mo a Maria ragazza. Non poteva crederci: “Come può accadere questo?”. E quando le spiegarono, obbedì. Pensiamo a Giuseppe, pieno di aspettative di formare una famiglia, e si trova con questa sorpresa che non capisce. Accetta, obbedisce. E nell’obbedienza d’amo-re di questa donna, Maria, e di quest’uomo, Giusep-pe, si forma una famiglia in cui viene Dio. Dio bussa sempre alle porte dei cuori. Gli piace farlo. Gli viene da dentro. Ma sapete quello che gli piace di più? Bus-sare alle porte delle famiglie. E trovare le famiglie uni-te, trovare le famiglie che si vogliono bene, trovare le famiglie che fanno crescere i figli e li educano, e che li portano avanti, e che creano una società di bontà, di verità e di bellezza.

FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERAPhiladelphia, Sabato, 26 settembre 2015

FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERAPhiladelphia, Sabato, 26 settembre 2015

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Cari fratelli e sorelle,Care famiglie!

Voglio ringraziare prima di tutto le famiglie che han-no avuto il coraggio di condividere con noi la loro vita. Grazie per la vostra testimonianza! E’ sempre un rega-lo poter ascoltare le famiglie condividere le loro espe-rienze di vita; tocca il cuore. Sentiamo che ci parlano di cose veramente personali e uniche, ma che in una certa misura ci riguardano tutti. Ascoltando le loro esperien-ze possiamo sentirci coinvolti, interpretati come coniu-gi, come genitori, come figli, fratelli, nonni. Mentre le ascoltavo pensavo a quanto e importante condividere la vita delle nostre case e aiutarci a crescere in questo compito bello e impegnativo di “essere famiglia”.

Essere con voi mi fa pensare ad uno dei misteri piu belli del cristianesimo. Dio non ha voluto venire al mondo se non mediante una famiglia. Dio non ha voluto avvicinarsi all’umanita se non per mezzo di una casa. Dio non ha voluto per se un altro nome che “Em-manuel” (cfr Mt 1,23), e il Dio con noi. E questo e stato fin dall’inizio il suo sogno, la sua ricerca, la sua lotta instancabile per dirci: “Io sono il Dio con voi, il Dio per voi”. E’ il Dio che fin dal principio della creazione disse: «Non e bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18) e noi pos-siamo proseguire dicendo: non e bene che la donna sia sola, non e bene che il bambino, l’anziano, il giovane, siano soli; non e bene. Per questo, l’uomo lascera suo padre e sua madre, si unira a sua moglie e i due saran-no una sola carne (cfr Gen 2,24). I due saranno una sola dimora, una famiglia.

E cosi da tempi immemorabili, nel profondo del cuore, ascoltiamo quelle parole che toccano fortemen-te la nostra interiorita: non e bene che tu sia solo. La famiglia e il grande dono, il gran regalo di questo “Dio con noi” che non ha voluto abbandonarci alla solitudi-ne di vivere senza nessuno, senza sfide, senza dimora.

Dio non sogna solamente, ma cerca di fare tutto “con noi”. Il sogno di Dio continua a realizzarsi nei sogni di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia.

Per questo la famiglia e il simbolo vivo del progetto d’amore che un giorno il Padre ha sognato. Voler for-mare una famiglia e avere il coraggio di far parte del sogno di Dio, il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui que-sta storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, che nessuno si senta superfluo o senza un posto.

Noi cristiani ammiriamo la bellezza e ogni momen-to familiare come il luogo dove, in modo graduale, impariamo il significato e il valore delle relazioni uma-ne. Impariamo che amare qualcuno non e soltanto un sentimento potente, e una decisione, un giudizio, una promessa (cfr E. Fromm, L’arte di amare). Impariamo a spenderci per qualcuno e che ne vale la pena.

Gesu non e stato uno “scapolone”, tutto il contra-rio. Egli ha sposato la Chiesa, l’ha fatta suo popolo. Si e speso per quelli che ama dando tutto se stesso perche la sua sposa, la Chiesa, potesse sempre sperimentare che Lui e il Dio con noi, con il suo popolo, con la sua famiglia. Non possiamo comprendere Cristo senza la

sua Chiesa, come non possiamo comprendere la Chiesa senza il suo sposo, Cristo Gesu, che si e donato per amore e ci ha mostrato che vale la pena farlo.

Spendersi per amore, non e di per se una cosa facile. Come e stato per il Maestro, ci sono mo-menti in cui questo “spendersi” passa attraverso situazioni di croce. Momenti in cui sembra che tutto diventi difficile. Penso a tanti genitori, tante famiglia a cui manca il lavoro, o hanno un lavoro senza diritti che diventa un vero calvario. Quan-to sacrificio per procurarsi il pane quotidiano. Ovviamente, questi genitori, quando tornano a casa non possono dare il meglio di se ai loro figli per la stanchezza che si portano addosso.

Penso a tante famiglie che non hanno un tetto sot-to cui ripararsi, o vivono in situazioni di affollamento; che non possiedono il minimo per poter stabilire le-gami di intimita, di sicurezza, di protezione di fronte a tanti tipi di avversita.

Penso a tante famiglie che non possono accedere ai servizi sanitari di base. Che davanti a problemi di salute, specialmente dei bambini o degli anziani, di-pendono da un sistema che non li tratta con serieta trascurando il dolore e sottoponendo queste famiglie a grandi sacrifici per poter rispondere ai propri pro-blemi sanitari.

Non possiamo pensare a una societa sana che non dia spazio concreto alla vita familiare. Non possiamo pensare al futuro di una societa che non trovi una legi-slazione capace di difendere e assicurare le condizioni minime e necessarie perche le famiglie, specialmente quelle che stanno incominciando, possano sviluppar-si. Quanti problemi si risolveranno se le nostre societa proteggeranno il nucleo familiare e assicureranno che esso, in particolare quello dei giovani sposi, abbia la possibilita di un lavoro dignitoso, un’abitazione sicura, un servizio sanitario che accompagni la crescita della famiglia in tutte le fasi della vita.

Il sogno di Dio continua irrevocabile, continua in-tatto e ci invita a lavorare, ad impegnarci in favore di una societa pro familia. Una societa dove “il pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo” continui ad esse-re offerto in ogni casa alimentando la speranza dei suoi figli.

Aiutiamoci affinche questo “spendersi per amore” continui ad essere possibile. Aiutiamoci gli uni gli altri, nei momenti di difficolta, ad alleviare il peso. Facciamo in modo di essere gli uni sostegno degli altri, le famiglie sostegno di altre famiglie.

Non esistono famiglie perfette e questo non ci deve scoraggiare. Al contrario, l’amore si impara, l’amore si vive, l’amore cresce “lavorandolo” secondo le circostanze della vita che ogni famiglia concreta attraversa. L’amore nasce e si sviluppa sempre tra luci e ombre. L’amore e possibile in uomini e donne concreti che cer-

cano di non fare dei conflitti l’ultima parola, ma un’op-portunita. Opportunita per chiedere aiuto, opportu-nita per chiedersi in che cosa dobbiamo migliorare, opportunita per scoprire il Dio-con-noi che mai ci abbandona. Questo e un grande lascito che possiamo dare ai nostri figli, un ottimo insegnamento: noi sba-gliamo, si; abbiamo problemi, si; pero sappiamo che queste cose non sono la realta definitiva. Sappiamo che gli errori, i problemi, i conflitti sono un’opportuni-ta per avvicinarsi agli altri, a Dio.

Questa sera siamo radunatI per pregare, per farlo in famiglia, per fare delle nostre famiglie il volto sorri-dente della Chiesa. Per incontrarci con il Dio che non ha voluto altra forma per venire al mondo che non fosse per mezzo di una famiglia. Per incontrarci con il Dio con noi, il Dio che sta sempre in mezzo a noi.

FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERAPhiladelphia, Sabato, 26 settembre 2015

FESTA DELLE FAMIGLIE E VEGLIA DI PREGHIERAPhiladelphia, Sabato, 26 settembre 2015

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QUATTRO EVENTI E UN UNICO ATTORE:

L’AMORE DI DIO ABITA E TRASFORMA L’AMORE UMANO

Incontro mondiale delle famiglie – Sinodo ordinario – Firenze 2015 – Anno della Misericordia

Ci troviamo costantemente immersi in un flusso di Gra-zia sovrabbondante, che però nei mesi compresi tra set-tembre e dicembre 2015 si esprimerà in eventi eccezionali per la vita della Chiesa, nonché per ogni persona attenta alla ricerca del vero bene nella giustizia e nella pace. Per accenno li voglio presentare, così da offrire quasi una bus-sola per orientarsi tra le molte proposte, un faro per non perdersi nella complessità quotidiana, un calendario così da sapersi preparare al meglio.

Il tema generale che lega tutti gli eventi è l’annuncio rinnovato e la testimonianza fedele dell’amore di Dio, espresso in sovrabbondanza in Gesù, capace di trasforma-re e dare pienezza all’amore umano, il quale trova la sua cifra più significativa nell’incontro tra un uomo e una don-na nel matrimonio.

L’amore è la nostra missione

L’Incontro Mondiale delle famiglie a Philadelphia (dal 22 al 27 settembre) è un evento di carattere universa-le, ospitato dalla Chiesa locale nord americana e promos-so dalla Santa Sede attraverso il Pontificio Consiglio per la Famiglia. Come si capisce dal titolo, il tema scelto è di carattere fondativo e si staglia in tre ambiti complemen-

tari: la persona, la famiglia e la Chiesa. Ancora una volta il mirabile piano di Dio su ogni essere umano e la sua esi-stenza per noi hanno bisogno di annuncio rinnovato, testi-monianza viva e forza educativa. Nel segno sacramentale del corpo di ogni persona, creato come maschio e come femmina, si trovano le tracce dell’immagine di Dio, come chiamata alla comunione piena e alla fecondità generosa. Le confusioni dei nostri giorni e il modo dispersivo di vive-re rendono necessario riascoltare l’annuncio evangelico sul matrimonio, sulla famiglia e sull’accoglienza delle molte-plici fragilità umane.

Come non ascoltare ancora una volta le sapienti parole di San Giovanni Paolo II nella sua prima Lettera Encicli-ca, progamma del suo pontificato e vero patrimonio per l’umanità: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli ri-mane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente”(RH, 10).

La vocazione e la missione della famiglia

Dal 4 al 25 ottobre, a Roma, verrà celebrato il tanto atteso Sinodo Ordina-rio per la famiglia, che, facendo tesoro di tutto il lavoro della precedente Assise dell’ottobre 2014, cercherà di ridire e rinvi-gorire nella Chiesa la vita coniugale, familiare e co-munitaria. Il titolo anche qui è già molto evocativo e vuole immergersi alle sorgenti dell’umanità così come l’ha voluta il

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Creatore e come l’ha redenta Gesù Salvatore. E’ chiaro che trattare della vocazione e missione della famiglia oggi, significa anche guardare all’identità e allo scopo di vita di ciascuno, ma soprattutto dell’intera Chiesa. Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato con autorevolezza che la famiglia fondata sul sacramento del matrimonio ha un rapporto strettissimo con l’intero corpo ecclesia-le, tanto da qualificarla come “chiesa domestica”. Il te-nore del Sinodo voluto da Papa Francesco sarà rilevan-te nelle decisioni pastorali, attento all’ascolto di ogni situazione di fragilità e soprattutto desideroso di far incontrare l’amore coniugale, familiare, con il Vangelo di Gesù. In quest’ultimo anno ci sono state molte rifles-sioni, provacazioni e stimoli di testimonianza: ora è il momento della preghiera di sostegno ai Padri sinodali e poi della paziente messa in opera delle sapienti indica-zioni che verranno fornite a tutta la Chiesa universale.

In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo

Il Convegno ecclesiale di Firenze 2015, posto come di consueto a metà del decennio del cammino della Chie-sa italiana, intende affrontare direttamente il cuore del-le sfide odierne all’umanità: il significato e il valore della vita umana, nella sua radicale impronta relazionale e nella imprescindibile differenza (uomo – donna). Nella cultura contemporanea, in cui la Chiesa è chiamata a vivere e a diffondere il Vangelo del Risorto, sono apparsi numerosi modi di intendere la persona umana, sia nella compren-sione del significato del suo essere più profondo, che nel modo di interpretare l’esistenza per se stessi e con gli altri. Firenze 2015 non sarà l’ennesimo Convegno per gli ad-detti ai lavori, come antropologi o teologi, ma verrà vis-suto partendo dalle situazioni concrete di testimonianza, per approfondire poi come si possa rinnovare l’annuncio dell’uomo nuovo in Cristo. La traccia preparatoria ha sintetizzato in cinque verbi (cinque azioni evangeliche) il cammino da compiere da parte di ogni fedele e dell’inte-ra Chiesa italiana: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. L’auspicio è che si riesca a raccogliere la ric-chezza che sicuramente uscirà da questo Convegno e ad immetterla nel circuito della pastorale locale, ordinaria, nonché nella vita della singole famiglie.

Il Giubileo della misericordia

Papa Francesco col suo stile semplice e rivoluzionario ha indetto un anno giubilare per far sperimentare di più e me-glio a tutti la grandezza del cuore di Dio, per noi espressa in maniera sovrabbondante nel dono d’amore del Figlio Gesù Cristo. Dall’ 8 dicembre 2015 al 27 novembre 2016 scor-rerà l’anno della misericordia, del perdono sanante di

Dio Buon pa-store che ha cura di ogni p e c o r e l l a , rincorrendo con passione soprattutto quelle più sole, lontane e ferite. In Gesù la mi-sericordia e la tenerezza di Dio si sono stabilite per sempre sulla terra, dentro ogni essere umano, per confortare le tante fragi-lità e donare la gioia della vita eterna. Tutti abbia-mo bisogno del perdono amante e appassionato, dell’abbraccio incon-dizionato e non giudicante, di lasciarci andare ad un pianto ristoratore per gustare il sorriso di Dio nella vita di santità. In famiglia, però, sembra sia oggi ancor più urgente lasciare spazio alla misericordia divina, capace di convertire i cuori più duri, di fasciare quelli feriti e di indirizzare quelli smar-riti. C’è tanto bisogno di perdono in famiglia...

Vi lascio un augurio: che la porta di ogni casa, per la Grazia di Dio e la nostra umile disponibilità, possa diventa-re la porta giubilare casalinga, per uscire in pace e rientrare gioiosi.

don Giorgio Cominisegretariato diocesano pastorale familiare

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tari per proseguire con le Medie nello stes-so istituto privato che avevo scelto dopo la 1° elementare statale .Ogni essere umano è un individuo a se stante, con le sue caratteristiche e le sue peculiarità. Nella scuola trovavo una forte tendenza a standardizzare, omologare, mas-sificare ...per dirla in altre parole: una to-tale mancanza di rispetto dell’individuo in quanto tale, e mio figlio tutto era tranne che facile da inserire in uno standard.Al termine della 2° media eravamo esausti, demoralizzati e tanto, ma tanto arrabbiati per dover impiegare le nostre energie nel vano tentativo di far rispettare le sue carat-teristiche, invece di investirle in metodi di studio appropriati che potessero dare i frut-ti sperati.Io non sapevo come, ma sapevo che volevo che le cose cambiassero. Volevo che venisse-ro rispettati i suoi diritti e non potevo ras-segnarmi che dopo 7 anni di scuola nessuno fosse stato in grado se non di comprender-lo, almeno di aiutarlo nonostante la tanto agognata legge 170/2010 sulla Dislessia.Volevo competenza e giustizia, ma cercavo sensibilità, umiltà, correttezza, rispetto. E nella speranza di trovarle avevo un’unica strada : quella di cambiargli scuola un’altra volta ancora. Così è stato : abbiamo cam-biato scuola in 3° media, con gli esami alle porte e la seconda lingua straniera diversa da quella che aveva studiato per due anni...In molti mi hanno detto che era una pazzia, ma io sono rimasta ancorata al fatto che se si vuole che sia diverso è necessario cambiare.Il primo colloquio con la Preside prof.sa Busi della Scuola Don Orione mi ha fatto venire in mente questa frase di Louis Lavell e: ““Il maggior bene che possiamo fare agli altri non è comunicare loro la nostra ric-chezza, ma rivelare la loro.” Era evidente la sua passione per la scuola, traspariva forte il suo piacere di stare con il ragazzi, il suo aver a cuore il benessere dei suoi studenti... La sua non è una professione fine a se stessa, ma una vocazione. Ha saputo infondermi una tranquillità tale che mi ha immediata-mente convinta a iscrivere mio figlio alla Don Orione per la 3° media. Lui era en-tusiasta, nulla poteva sembragli peggio di come era stato fino a quel momento, e così è arrivato settembre e lui si è subito inserito nel nuovo contesto scolastico nel migliore dei modi, accolto benevolmente dai nuovi insegnanti e dai nuovi compagni.Oggi ho solo un grande rammarico: quello di non aver conosciuto la Don Orione fin dalle elementari, perchè sono assolutamen-te certa che il percorso scolastico di mio fi-

glio sarebbe stato non solo più produttivo ma decisamente più sereno.La preside Busi coordina con competenza e umanità un gruppo di insegnati attente e disponibili che hanno avuto la capacità di mettersi in discus-sione e di affrontare le difficol-tà di mio figlio non solo con professionalità ma anche con cuore. Attenti al Piano Didatti-co Personalizzato (PDP) previ-sto per legge, si sono prodigati per capire come aiutarlo a tira-re fuori le sue abilità e gestire al meglio le sue difficoltà.Non posso non sottolineare che durante tutto l’anno scola-stico non è MAI stato necessario un incon-tro con la professoressa Sanzeni di Italiano e la professoressa Testa di tecnologia che han-no sempre applicato i mezzi dispensativi e compensativi al meglio. Allo stesso modo la Prof. Bertoletti di matematica, una materia scoglio per mio figlio, che ha saputo gestire verifiche e interrogazioni in modo superbo, avendo cura di fornirci prestampati con re-gole e riassunti che ci hanno permesso di ottimizzare anche lo studio a casa oltre che la comprensione dei concetti.La mia gratitudine va anche alla professo-ressa Duina di Inglese e Tedesco (altre mate-rie scoglio per mio figlio e per tutti i DSA), che sin da subito mi ha chiesto di “aiutarla a capire come poter aiutare S.” ...quanta umiltà, dedizione e impegno ci ha messo per far si che S. ottenesse i migliori risultati possibili nelle sue materie.Doveroso da parte mia spendere due pa-role ancora sulla Preside Busi, che tiene le classi di Storia, Geografia e Cittadinanza: ha il dono dell’insegnamento... può inse-gnare qualsiasi cosa, anche ad insegnare.La Don Orione non è una scuola, è LA Scuola. E’ ciò che ho sempre creduto che dovesse essere una scuola : al servizio degli studenti, con cura per il singolo, per ogni singolo con le sue peculiarità.I miei 8 anni di esperienza come mamma di un dsa grave mi consentono di poter affer-mare senza limiti di errore che una scuola che sa come gestire i dsa è una scuola dove i ragazzi normodotati imparano e studiano con metodi ottimali, perchè semplificando la didattica si risparmia tempo e fatica a vantaggio del rendimento. Ma non è vero il contrario... e ci sono ancora troppe scuole che mirano a standardizzare e che , se sono tollerabili per i normodotati, sono delete-

rie per i dsa.A mio parere lo scopo degli insegnanti é semplicemente affiancare la famiglia per aiutare a crescere un futuro cittadino nel ri-spetto di quel bambino e di quella famiglia .Gli insegnanti non hanno nessuna giustifica-zione a non aiutare chi è in difficoltà, non è una gara a chi sa più cose ... la vita NON È UNA GARA!La Don Orione non ha mai tentato di farsi scudo di simili giustificazioni, ma al contra-rio si è prodigata per far emergere le pecu-liarità di mio figlio.Io non so se e quanto questo mio figlio re-sterà nel cuore dei suoi insegnanti, ma so per certo quanto questi insegnanti staranno nel cuore a noi.Grazie Preside Busi e professori tutti... ave-te fatto la differenza.

Gabriella Stroppa

Scuola don OrioneSCUOLA PRIMARIA

E SECONDARIA DI PRIMO GRADO

paritarie via Don Orione 1 Botticino Sera

Parrocchie di Botticino

“ Le sempre nuove realtà

che ci interpellano hanno portato la scuola Don Orione ad aprirsi sempre più alle esigenze del territorio e soprattutto alla sfida più importante che è quella della formazione e dell’educazione rivolta ai ragazzi e non solo.

La trentennale esperienza nell’ambito educativo si

è sempre ispirata alla linea pedagogica dell’accoglienza e della

famigliarità che ci rende attenti a tutti e a ciascuno, con particolare attenzione al

rispetto delle regole.La scuola attiva progetti curricolari e extra curricolari di ampliamento dell’offerta formativa curando in particolare l’aspetto linguistico con il potenziamento della lingua inglese, utilizzo del metodo CLIL, intervento di docenti madrelingua. Offre inoltre corsi di lingua spagnola/tedesca e di storia della lingua italiana con riferimento alle origini latine. La scuola promuove lo sviluppo delle competenze sociali e civiche attraverso progetti di cittadinanza attiva, di educazione all’affettività a partire dalle emozioni e di musicoterapia. A disposizione di genitori, alunni e docenti uno sportello d’ascolto; incontri di formazione per le famiglie e aggiornamento sistematico per gli insegnanti su disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e bisogni educativi speciali (BES).La scuola garantisce i servizi di assistenza prescuola, mensa e doposcuola con insegnanti e personale educativo specializzato, l’apertura estiva fino al 30 giugno e il comodato gratuito dei libri di testo. Nel corso dell’anno momenti di spiritualità, mostre, spettacoli e a gennaio le giornate sulla neve. Sono attivi corsi pomeridiani di pianoforte, chitarra e danza e attività motorie serali per adulti. Quanto costa? Meno di quanto pensiate!LE FAMIGLIE POSSONO ACCEDERE A : - DOTE SCUOLA REGIONE LOMBARDIA( quota variabile in base alla dichiarazione ISEE)- CONTRIBUTO DIOCESI DI BRESCIA- DETRAZIONE FISCALE DALLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI PARI A 400,00 €- CONTRIBUTO FONDAZIONE FOLONARIUna scelta di principio dunque, non tanto di disponibilità economica!!!!!!

LA SCUOLA, LE PARROCCHIE E L’ACLI ORGANIZZANO UNA SERIE DI INCONTRI DI FORMAZIONE PER I GENITORI,DOPO L’INCONTRO CON PROF. EUSEBI SULLA FAMIGLIA.

SEGUIRANNO INCONTRI CON LA POLIZIA DI STATO, SUI SOCIAL NETWORK, CYBER BULLISMO.

UNA SCUOLA “ATTENTA” AI DSA VA BENE PER TUTTI …

Quando hanno diagnosticato la disles-sia a mio figlio non posso dire che sia stato un fulmine a ciel sereno, perchè dopo tre anni di inferno avere una dia-gnosi era, per assurdo, una boccata di ossigeno. Finalmente tutte le difficoltà che mio figlio aveva nel leggere, scri-vere e contare avevano un senso.Ricordo di aver pensato a come curar-lo, per poi ben presto comprendere che non era una malattia, ma una ca-ratteristica come gli occhi azzurri o la pelle scura... e perciò nulla da curare.Da ottimista quale sono ho subito pen-sato che ora la sua vita scolastica sareb-be cambiata, in meglio ovviamente. Mio figlio è sempre stato un bambino dolcissimo, fin da molto piccolo in-teressato a tutto, vivace ma educato, ubbidiente, un bimbo che ovunque andavamo riceveva complimenti, e io con lui, per come lo educavo. Prima della diagnosi il riscontro scolastico era sempre stato disastroso: S. non presta attenzione, non è collaborativo, non partecipa alle attività se non sol-lecitato, si distrae e disturba, esegue i compiti solo se aiutato da un adulto o dai compagni.Insomma mi veniva descritto un bam-bino completamente diverso dal S. che era a casa in famiglia e in tutte le altre situazioni non scolastiche.Come dicevo, dopo la diagnosi avve-nuta alla fine della 3° elementare, mi sono sentita fiduciosa che a partire dall’anno successivo le cose sarebbero cambiate: le maestre ora sapevano e lo avrebbero sicuramente aiutato a stare bene, a raggiungere gli obiettivi e, cosa importantissima, ad essere felice an-che sul suo banco di scuola.Non fu così... nulla cambiò.Se i primi anni di scuola di mio figlio mi erano sembrati allucinanti, niente erano in confronto a ciò che venne dopo la diagnosi.Si continuava a essere valutato come lo svogliato, disattento, troppo vivace e, quel che peggio, con grandi difficoltà a raggiungere gli obiettivi.E così, in questo stato di cose pratico ed emotivo, abbiamo finito le elemen-

Giovani: sole o tempesta del

domani” don Orione

Via Don Orione, 1, 25082 Botticino Sera (BS)PER INFO E ISCRIZIONI SEGRETERIA SCUOLA

Via Don Orione, 1 25082 Botticino Sera (BS) 0302691141 Fax: 030.269.23.32

(lun-ven 7,45-13,00email: [email protected]

sito web:scuoladonorionebotticino.blogspot.com scuoladonorionebotticino.

blogspot.com

RISULTATI INSERIMENTO SCOLASTICO SCUOLA SUPERIORE A.S. 2014/15

Attenzione al singolo alunno ai suoi bisogni formati-vi, sempre però con un occhio a garantire la qualità dell’apprendimento: ecco l’impegno della nostra scuola.Il ministero dell’Istruzione ci chiede di monitorare i risul-tati dei nostri alunni per capire in quale realtà scolastica si inseriscono dopo la scuola media e con quali risultati. Ecco il resoconto dello scorso anno.Alunni licenziati 17; ammessi alla classe successiva 14; non ammessi 3.Quali indirizzi di studio sono stati scelti :

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Benedetto sei tu, o Padre, perché ci hai benignamente assistiti nelle vicende liete e tristi della vita; aiutaci con la tua grazia a rimanere sempre fedeli nel reciproco

amore, per essere buoni testimoni del patto di alleanza in Cristo Signore. Così sia.

Il Signore che ha ispirato i vostri propositi e vi ha con-dotto fino a questo giorno, vi confermi nella sua grazia, e aiuti la vostra debolezza con la forza del suo amore, vi

custodisca in tutti i giorni della vostra vita: sia vostro aiuto nella prosperità, conforto nel dolore e colmi la vostra casa delle sue benedizioni. Per Cristo nostro Signore. Così sia. domenica 13 settembre 2015

domenica 20 settembre 2015

Il Matrimonio

Voi siete sbocciati insieme e insieme starete per sempre.Insieme,quando le bianche ali della mortedisperderanno i vostri giorni.Insieme nella silenziosa memoria di Dio.Vi sia spazio nella vostra unità e tra voi danzino i venti dei cieli.Amatevi l’un l’altra, ma non fatene una prigione d’amore.Riempitevi a vicenda le coppema non bevete da una coppa sola.Cantate e danzate insieme e siate gioiosima ognuno di voi sia solo come son sole le corde del liutosebbene vibrino di una musica uguale.Datevi il cuore ma l’uno non sia rifugio all’altraperchè soltanto la mano della Vita può contenere i vostri cuori.E state insieme, ma non troppo vicinipoichè le colonne del tempio sono distanziate e la quercia e il cipresso non cresconol’una all’ombra dell’altro.

ANNIVERSARI DI MATRIMONIO 2015

Anniversari di matrimonio, croce e delizia: c’è chi li eviterebbe, chi invece non sa farne a meno.

E in effetti, sono la celebrazione dell’amore,.Perché non ricordarli degnamente?

PREGHIERA DI BENEDIZIONE

Noi ti lodiamo e ti benediciamo, o Dio, creatore e Signore dell’universo,che in principio hai formato l’uomo e la donnae li hai uniti in comunione di vita e di amore;ti rendiamo grazie,perché hai unito questi sposi nel vincolo santo a immagine dell’unione di Cristo con la Chiesa.

Guardali, o Signore, con occhio di predilezionee come li guidasti tra le gioie e le prove della vita,ravviva in loro la grazia del patto nuziale,accresci l’amore e l’armonia dello spirito,perché, con la corona dei figli, amici e conoscenti, che oggi li festeggia,godano sempre della tua benedizione.Per Cristo nostro Signore.Così sia.

Nelle domeniche 13 e 20 settembre, 92 coppie, delle tre par-rocchie di Botticino, hanno celebrato presso la Basilica-Santuario S.Arcangelo Tadini la S.Messa ricordando l’anniversario di Matri-monio. Una bella e sentita celebrazione piena di emozioni, con foto finale e aperitivo per tutti presso l’oratorio. La festa è continuata con il pranzo condiviso comunitario o a livello familiare.

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Il costo dell’intervento del campanile di Sera è di € 70.850,00. Come fare per coprire questa spesa?

Da dopo Pasqua è partita l’iniziativa: “UNA PIETRA PER IL CAMPANILE”. E’ esposto in chiesa il disegno del campanile, suddiviso in pietre (1417),

del valore ciascuna di € 50,00. La somma del valore di tutte le pietre è di € 70.850,00, cifra necessaria che permetterà il far fronte alla spesa complessiva.

Ogni persona, famiglia o gruppo potrà dare il corrispettivo di una o più pietre. Il contributo si può versare in sacrestia, in segreteria o al parroco, in modo anonimo o nominale.

Verrà redatta una targa con segnato, per chi lo desidera, il nome di chi aderisce, anche ricordando un defunto, un anniversario, una nascita…

In ogni caso saranno colorate una o più pietre sul modello a seconda dell’importo donato. Per le Ditte è possibile scegliere la forma “offerte deducibili”.

Al 30 settembre 2015 sono state offerte 148 pietre (€ 7.430,00)... ne mancano ancora 1269!

Botticino Mattina- Come era stato annunciato nel notiziario di Pasqua, si e provveduto all’in-tervento urgente alla parte del tetto (in cemento) della cononica a confi-ne con il teatro che versava in cattive condizioni causa forti infiltrazioni di acqua, dovute a sconnessione del manto di copertura, rottura di tegole e marciscenza dei canali di raccolta, e predisposizione per eventuali alloggi. Purtroppo non sono mancate le sorprese. Dopo una verifica sul posto da parte dei tecnici il parroco ha ritenuto giusto, considerato il cantiere gia in opera, intervenire anche sul lato nord del tetto del teatro (ex chiesa) che anch’esso versava in pessime condizioni, oltre a una sistemazione generare di tutta la copertura e la messa in sicurezza di tutta la struttura. I costi cosi sono lievitati.

- E’ stato necessario sostituire la caldaia dell’oratorio (detto nuovo ). Le Acli che usano parte di questo hanno contribuito all’acquisto.- Ogni anno si spendeva tanto, nonostante il contributo di generosi, per il noleggio del tendone per le feste. Si e presentata l’occasione di acqui-stare la struttura portante a prezzo di favore e si e provveduto al rifaci-mento del telo. Il costo verra ammortizzato nel corso di qualche anno. - Per quanto riguarda l’intervento di sistemazione messa a norma del-la parte ricreativa dell’oratorio (campo calcio, campi da gioco, spazio bambini, recinzioni, spogliatoi...) nonostante la richiesta sempre piu pressante di parecchie famiglie e della Dumper, siamo ancora in una fase di stallo. Attendiamo consigli e disponibilita!

Botticino SeraAlla fine dell’agosto 2013, durante un for-te temporale, dalle pareti del campanile si staccavano alcune parti di intonaco ca-dendo sulla strada (via Valverde), sul tetto del teatro Tadini e sulla piazzetta adiacen-te. Per fortuna in quel momento nessuno si trovava in prossimita dei luoghi interes-sati dai distacchi. Nei giorni seguenti, visto che il fatto si ripeteva, veniva tempestiva-mente informata la Sovrintendenza dei Beni storici, artistici e paesaggistici di Bre-scia, comunicando la necessita di interve-nire urgentemente. Mediante l’utilizzo di una piattaforma si saliva per verificare le pareti e per rimuovere l’intonaco in fase di distacco. Dopo ulteriori verifiche, indagini par-ticolari, approfondimenti e valutazioni fatte da tecnici, Curia e Sovrintendenza si e giunti alla conclusione che l’interven-to deve essere fatto su tutto il campanile perche tutte le pareti necessitano di inter-vento urgente. Ci si chiede: con tutti i problemi eco-nomici della parrocchia perché questo intervento? Consapevoli della grave situazione di crisi economica in cui versa il paese, il Consiglio per gli affari economici della Par-rocchia, nell’ultimo incontro di lunedi 16 marzo ha ritenuto l’intervento sul cam-panile indilazionabile e necessario per la sicurezza di persone e cose e pertanto ha deciso di attivare questo intervento nono-stante i problemi economici in cui versa la parrocchia. Si confida nella generosa adesio-ne dell’iniziativa e nella comprensione della situazione.

LAVORI IN CORSO

RELAZIONE TECNICA CAMPANILE SERACENNI STORICILa costruzione della torre campanaria di Botticino Sera risale alla fine del XV secolo, con un innalzamento successivo avvenuto nel corso del XIX secolo.Tra gli interventi in epoca recente, si registra la reintonacatura delle superfici esterne, eseguita alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso.

CARATTERI ARCHITETTONICI, MATERIALI, STRATIFICAZIONIL’architettura del campanile è semplice , caratterizzata da fronti lineari into-nacati e cordelline marcapiano in pietra. Esiste una netta differenza di caratte-re fra la parte superiore (ottocentesca) maggiormente configurata e articolata da marcapiani e la parte inferiore (corrispondente all’antico campanile), priva di articolazioni e connotata da semplici e piccole feritoie. Buona parte della superficie è rivestita da un intonaco relativamente recente, finito con tinteg-giatura gialla, che ne riduce la leggibilità stratigrafica e nasconde la qualità della muratura medioevale in pietra.

FORME DI DEGRADO Lo stato di conservazione dell’intonaco recente tinteggiato di colore giallo è precario, con estese lacune e disgregazioni. Nella parte basamentale, l’intona-co, di natura cementizia, presenta anche fenomeni di degrado da umidità di risalita. Il fronte nord è coperto da depositi e formazioni di licheni.

FINALITÀ E DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Le tracce stratigrafiche emerse rivelano che il campanile medioevale era co-stituito da muratura di pietrame a vista mentre l’innalzamento ottocentesco è in muratura di pietra con mattoni, per la quale era già previsto in origine un intonaco. L’intervento è orientato al restauro conservativo delle superfici. Tuttavia, la presenza di componenti cementizie e materiali incompatibili nell’intonaco più recente fa propendere per una rimozione accurata e controllata di questo strato superficiale, peraltro in stato di degrado avanzato per distacco e disgregazione, che possa riportare alla luce l’intonaco antico. Di questo strato, anche i tratti erosi, benché de-gradati, sono adesi al supporto, pure necessitando di puntuali azioni di restauro e consolidamento. L’esito finale di questo intervento mira a conservare la percezione del carattere stratificato del campanile e del legame temporale che la parte inferiore più antica ha con la ex chiesa, che rappresenta il nucleo originario di questo luogo. Contemporaneamente si intende restituire alla parte superiore degradata un sufficiente grado di integrità e dignità formale, rispettando il diverso carattere delle due parti della torre ma senza operare cesure nette tra esse con trattamenti troppo differenziati. L’intervento sarà eseguito con rimozione e senza integrazio-ne di intonaco nella parte bassa del campanile e con integrazione graduale nell’innalzamento ottocentesco, in modo da restituire decoro anche alla zona sommitale della cella ed al cornicione.

San Gallo-Ancora deve essere sistemata la chiesa parrocchiale per il danno avuto con il terremoto del novembre 2004. Si e in possesso del Decreto che obbliga a intervenire per le opere di consolidamento statico. Si e concluso lo studio, il progetto e superate alcune difficolta di ordine tecnico/burocratico. Quindi pri-ma o poi, meglio il prima possibile, bisogna che la comunita di S.Gallo prenda in considerazione la necessita di realizzare l’intervento soprattutto per mettere in sicurezza la chiesa. E’ stato affidato al tecnico il preparare ogni cosa perche, a breve, la comunita di S.Gallo verra convocata a un’assemblea dove verra il-lustrato il progetto e cercate insieme le modalita - portando a conoscenza di quanto gia si sta facendo - per far fronte all’impegno economico.

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PARROCCHIALE BOTTICINO MATTINAOrgano a trasmissione meccanica costruito da Angelo Ghidinelli, Vittorio Facchetti e Giovanni Battista Bianchetti nel 1891-1895, con riutiliz-zo parziale di materiale fonico appartenente al precedente strumento Gaetano Antonio Callido (forse del 1796).Restaurato dalla CasaOrganaria Romain Legros nel 2013. Disposizione fonicaCampanelliTerzamanoFagotto B.Trombe 8 S.Corno inglese S.Violoncello B.Corno da caccia S.Viola ad arco B.Violino ad arco S.Flutta S.Ottavino S.Dulciana B.Flauto caminéCornetta tre vociFlauto in ottava B.Tastiera di 58 tasti con prima ottava cromatica.Pedaliera parallela concava di 19 pedali.Divisione B./S.: Si-Do.Accessori:Unione tasto-pedale; Fagotto; Tromba;Ripieno;Terzamano; Combinazione libera alla lombarda.

STEFANO RATTINI, organista titolare della Cattedrale di Trento, ha posto al centro dei propri interessi l’im-provvisazione e la divulgazione della musica. Diplomato con il massimo dei voti e lode in Organo e Composizione Organistica nella classe di G. Parodi, si è successivamente laureato cum laude in “Organo Antico” sotto la guida di F. M. Recchia. Si è perfezionato poi con S. Innocenti, C. Stembridge, A. Zanon, F. Caporali, G. Kaunzinger, W. Porter, J. Essl e L. Mallié. Docente di Improvvisazione organistica ai Conservatori di Bergamo, Mantova e Trento, all’Istituto di Musica Sacra di Trento e presso i corsi annuali dell’AIOC, ha insegnato la materia al PIAMS di Milano. È titolare per concorso della cattedra di Musica presso l’Istituto “Aldeno-Mattarello” di Trento. Ha tenuto molti concerti in Italia e all’estero, suonando anche in festival internazionali e collaborando con direttori e solisti di chiara fama.Ha registrato per RAI e inciso per diverse case discografiche. Ha costituito l’Ensemble En Chamade di ottoni e organo; suona inoltre in duo con il figlio Bruno, anch’egli organista. Si è occupato della critica musicale per il quotidiano “L’Adige”e ha fatto parte della giuria al Concorso Organistico Nazionale “San Guido d’Aquesana”. Ha ideato a Trento la “Scuola d’Ascolto della Musica Organistica”, volta alla formazione critica del pubblico attraverso nuove modalità. È presidente dell’Associazione Organistica Renato Lunelli, membro della Commissione Organi della Diocesi di Trento e della Commissione Artistica del Festival di Musica Sacra di Trento e Bolzano.

A CHE PUNTO SIAMO RIGUARDO AL DEBITO “RESTAURO DELL’ORGANO” E ALL’INIZIATIVA “ADOTTIAMO LE CANNE DELL’ORGANO”? Il costo dell’intervento di restauro radicale dell’organo della parrocchiale di Mattina è stato di € 95.146,00. Grazie al contributo della CEI (fondi 8X1000) di € 26.430,00, della Fondazione Comunità Bre-sciana di € 15.000,00 e di un privato di € 1.000,00, per un totale di € 42.430,00, in totale alla Parrocchia di Botticino Mattina e venuto a costare € 52.716,00. Il Consiglio per gli Affari Economici della Parrocchia ha proposto l’iniziativa “Adottiamo le canne dell’organo”. Le canne dell’organo sono 1146. Dividendo la spesa rimanente per il numero di canne, ogni canna puo essere adottata con € 46,00 con l’impegno di redigereuna pergamena con segnato il nome di quanti hanno contribuito, anche ricordando un defunto, un anniversario, una nascita...A CHE PUNTO SIAMO? Al 30 settembre 2015 sono state adottate 753 canne ... ne rimangono ancora 393!

In occasione del concerto del 25 ottobre, a due anni dall’inaugurazione, viene rilanciata l’iniziativa per l’adozione, confidando nella generosita, gia dimostrata, dei parrocchiani di Botticino Mattina.

A due anni dalla inaugurazione

CONCERTOd’organo

con il maestro STEFANO RATTINI

DOMENICA 25 OTTOBRE 2015

ore 21,00

CHIESA PARROCCHIALE

DI BOTTICINO MATTINA

Principale 16 B.Principale 16 S.Principale 8 B.Principale 8 S.Ottava B.Ottava S.DecimaquintaDecimanonaVigesimasecondaVigesimasesta e nonaTrigesimaterza e sestaContrabbassi con ottavaTimballi a’ pedaliTromboni 8 a pedaliVoce umana

Vogliamo rendere nota l’attivita che svolgiamo all’interno della comunita di Botticino.Siamo un gruppo di volontariato a favore dei

disabili che opera all’interno dell’oratorio di Bottici-no.I nostri scopi sono la sensibilizzazione al problema della disabilita attraverso una presenza attiva sul ter-ritorio, azione di sostegno alle famiglie dei disabili, e attivita con i disabili stessi.Abbiamo per questo incontri di preparazione dell’at-tivita, incontri con persone qualificate che ci aiutano a migliorare, scambi costanti con le famiglie che coin-volgiamo attraverso feste che sono diventate ormai una tradizione sentita e, a scadenza bisettimanale, ci incontriamo con i disabili e ce ne prendiamo cura, con laboratori, attivita ludiche, uscite sul territorio, ma soprattutto cercando di creare con loro un am-biente sereno e accogliente.Abbiamo lavorato per portare in paese un lavoro te-atrale sul tema della disabilita, che vuole essere oltre ad una serata di divertimento un momento di sensi-bilizzazione verso le persone diversamente abili.

VI ASPETTIAMO Il gruppo “Mai senza l’altro”

Auguri per i 101 anni di Domenica Facchini

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RICOMINCIAMO ...Venerdi 2 Ottobre e iniziata la stagione della Dumper Botticino, impegnata anche per questo anno nel campionato di calcio Anspi amatori a 7 . Si ricomincia dopo l’intensa finale provinciale della scorsa annata, combattuta fino all’ultimo secondo dei tempi supplementari ma purtroppo persa ai calci di rigore contro l’Idro ! Si ricomincia dopo aver organizzato il quarto torneo estivo, cercando per quanto nelle nostre possibilita di dare

una mano sia all’Oratorio di Botticino Mattina sia al Gruppo Alpini Botticino Mattina .Si ricomincia accettando ben volentieri la richie-sta di aiuto di un nostro vecchio tesserato, cer-cando di supportarlo per permettere a ragazzi meno fortunati di svolgere attivita sportiva .Si ricomincia con qualcuno che va (e che ringra-ziamo per quanto dato) e con qualcuno che ar-riva, ricordando a tutti che le porte del nostro caro e vecchio polveroso campo sono e rimar-ranno sempre aperte per chi ha voglia di passa-re anche solo qualche ora in compagnia.Buona stagione cara vecchia Dumper, ricomin-ciamo !

Progetto: “Giovani Insieme”Dopo la partecipazione di 48 parrocchie

della diocesi di Brescia al progetto per l’an-no 2014/15, tra le quali anche le Parrocchie di Botticino, continua anche per il 2015/16 il progetto Giovani Insieme.

Le Parrocchie di Botticino hanno due ani-matori Pietro e Marco che svolgeranno 625 ore annuali (settembre 2015-settembre 2016) con il compito di accogliere e animare attivi-tà educative e ricreative all’interno dei nostri oratori.

Il contributo loro assegnato viene corri-sposto in parte dalle parrocchie e in parte dalla Regione Lombardia.

Con la gita organizzata sabato 19 settembre dal gruppo genitori facenti parte il progetto “Oratorio Aperto”, che ha visto come meta la chiesetta di San

Faustino, e che ha chiamato a partecipare un gruppo di circa 40 persone tra genitori e bambini, si puo definire aperto il secondo anno del progetto.

Questa iniziativa, organizzata da alcuni genitori di Botti-cino Mattina con l’aiuto del parroco don Raffaele e dell’a-nimatore Pietro Fostini, e un vero e proprio servizio per la comunita intera, con la finalita di rendere l’oratorio del paese di Botticino Mattina piu vivo, conosciuto, amato e “aperto”, non solo come porte, a conoscere gli altri e ac-coglierli.

La calendarizzazione dei giorni e degli orari dedicati a tale progetto non e stata ancora definita e concordata, per la mancanza di persone adulte che con la loro disponibilita si mettono in gioco per il bene della comunita e dell’orato-rio stesso. Il progetto si occupa di animazione, laboratori creativi e gioco per i piccoli, oltre a garantire il servizio al bar interno.

Per tutti coloro che vogliono avere maggiori informa-zioni, che vogliono dare la loro disponibilita o che inten-dono dare delle idee nuove per animare di piu l’oratorio, sono disponibili i seguenti contatti:

Simona: 328 0186940Monica: 339 3979956

Per partecipare al progetto non c’e bisogno di alcuna iscrizione e nemmeno di un pagamento; il servizio e gra-tuito, fatto per amore della parrocchia e della comunita!

Ritorna l’Oratorio Aperto

Eccoci! Siamo all’inizio di una nuova stagione calcistica.Prima di tutto un ringraziamento a mister Fabio per l’impegno che ha profuso nel far crescere i bambini in questi anni che è stato con noi; salutiamo i bambini del 2005 (e ringraziamo i genitori) che continueranno la loro crescita calcistica altrove.Anche quest’anno i nostri bambini parteciperanno al campionato ANSPI nelle categorie Miniscaraboc-chio per i bambini del 2007 allenati da Luca e Marco e Scarabocchio per i bambini del 2006 allenati da Stefano, Massimiliano e Guido.Ci sono sempre le due squadre di adulti, una all’O-ratorio di Sera che partecipa al campionato C.S.I. e i Dumper a quello di Mattina che partecipano al campionato ANSPI, ed infine i bambini dell’asilo che seguiti dalla prof. Vincenza sono attesi numerosi in Oratorio per svolgere la loro attività di minicalcio.Ricordiamo che se ci fossero bambini del 2006-2007 interessati a giocare a calcio possono sempre rivol-gersi in Oratorio per qualsiasi informazione. U.S.O. BOTTICINO

USO BOTTICINO

Dumper Oratorio Botticino

PARROCCHIE DI BOTTICINO

ORATORIO BOTTICINO MATTINA

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GREST

«Tutti a tavola, non di solo pane vivrò», è stato un invito gioioso a riflettere sulle vere necessità del nostro essere. Il messaggio princi-pale che si è cercato di far arrivare ai ragazzi è stato quello di consi-derare nutrimento dell’uomo non solo le cose materiali, ma le rela-zioni, la condivisione, la Parola di Dio, che sono il vero nutrimento della nostra esistenza: «il miglior cibo che dia la giusta spinta per vivere, sei tu Signore e chi mi hai posto accanto per crescere». Allo stesso tempo si è posto l’accento sul fatto che questo cam-biamento di prospettiva circa i beni e il bene di cui disponiamo ci porta a farci a nostra volta nutrimento per l’altro attraverso una vita di comunità ricca e sincera: «ogni fetta della vita ha un gusto speciale, condividila con l’altro e saprai che vale». È neces-sario cioè farsi prossimo di chi incontriamo al fine di gustare e far gustare pienamente i doni che Dio ci ha dato. La vita stessa è dono e, in quanto tale, l’inno è stato un energetico incitamento a gustarla a pieno, vivendo fino in fondo ogni suo momento: «par-lami ancora perché viva ogni istante, parlami ancora dell’amore più grande, io so che di non solo pane vivrò». Ehi, Che cosa fai. Dai vieni qua non puoi più aspettare.

Ehi, dai resta qui, aiutami bisogna preparare!Ehi, guarda chi c’e chi e accanto a te non perderlo di vistamaiLui crede in te ti insegnera la cosa piu importante.Ogni fetta della vita ha un gusto speciale,condividila con l’altro e saprai che valeApri le tue porte che la fuori c’e il mondoche ormai e quasi pronto …(Tuttiatavola)

il miglior cibo che dia la giusta spinta per vivere(Tuttiatavola)Sei tu Signore e chi mi hai posto accan-to per crescere(Tutti atavola)Parlami ancoraperche io viva ogni istante;Parlami ancoradell’Amore piu grande Io soche di non solo pane vivroSaiquanta energia per affrontarla strada che hai davanti

Ma coraggio avrai imparerai da Lui a donare tuttoDi ogni tua parola e di ogni singolo sguardoNe ho gia fame e voglio farne il pieno ogni giornoil sale della terra siamo e diamo saporemigliore sapore percioVivro, Non di solo pane ma di ogni parola d’amoreOgni gesto fraterno di gioia dara alla tua vita un nuovo saporeGusta la vita, accetta la sfida, spenditi in ogni suo istanteÈ questo il messaggio di Dio, il piu importanteSalta in alto, con le braccia in cielo con lo sguardo sempre verso il suo VangeloIl ritmo del cuore e il tempo migliore per vivere il suo VangeloSara la tua voce potente strumento, che ridona al mondo colorePer questo gridiamo a chiunque l’invito piu bello a nutrirsi d’amore(Tuttiatavola) il miglior cibo .........Lo gridero con gli occhi e il cuore e la mente per-cio… TUTTIATAVOLA

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Nella settimana dal 20 luglio al 26 luglio sono stati protago-nisti dell’avventura del campeggio i ragazzi che avevano appe-na concluso le classi di 1° e 2° media. Accompagnati dall’edu-catore Michele e dagli animatori Pietro, Simone, Sara, Laura e Francesca i ragazzi hanno vissuto una settimana indimentica-bile fin dal primo giorno. Infatti durante la prima gita fuori por-ta della settimana, effettuata lunedi 21, i ragazzi e gli animatori sono stati sorpresi da un forte temporale che ha dato loro il “battesimo del fuoco”, inzuppandoli di acqua.

Nonostante cio, i partecipanti a questo percorso di vita co-munitaria non si sono persi d’animo e hanno continuato a vive-re la settimana al massimo dell’entusiasmo.

I vari momenti si sono susseguiti e intersecati in una armo-nia quasi famigliare, dove i ragazzi hanno vissuto momenti di gioia e di tristezza, di malinconia e di gratitudine, di spensiera-tezza e di ascolto, incorniciati nella bellissima valle di Daone, e con questa cornice e stato sviluppato il tema della bellezza non

intesa come attrazione fisica, ma bellezza di vivere con Gesu (e bello con te), sviluppando i temi di: Gesu uomo nuovo (novita), amico (amicizia), Gesu uomo libero (liberta che ci rende felici), Gesu il figlio (fratellanza in Dio), Gesu uomo della gioia (gioia e felicita), Gesu e pane (condivisione).

Le giornate che comprendevano momenti di svago e di gio-co libero lasciavano naturalmente spazio a momenti di rifles-sione e di lavoro di gruppo, che i ragazzi hanno saputo vivere con intensita e attenzione.

Oltre a questo, aiutati dagli animatori che li accompagnavano hanno creato dei gruppi che a rotazione avevano il compito di tenere pulita e in ordine la casa e l’ambiente esterno, oltre al gruppo che si occupava del servizio mensa e della preparazio-ne della sala pranzo.

È stata sicuramente una settimana positiva e da rivivere anche l’anno prossimo, carichi di voglia di avventura e entusia-smo!

“E’ BELLO STARE CON TE: TUTTA LA VITA A RITMO DI EMOZIONI”

...33 ragazzi/e del 2001 hanno deciso di vivere l’esperienza for-mativa, avventurosa ed entusiasmante del campo estivo delle tre parrocchie, in val Daone dal 12 al 19 luglio.

A partire dalla Parola di Dio, incarnata nella persona di Gesù, si sono confrontati con le emozioni ed i sentimenti che fanno bat-tere a 1000 il cuore: MERAVIGLIA, TRISTEZZA, PAURA, RABBIA, GIOIA e GRATITUDINE.

Divisi in 5 gruppi, hanno inventato dei nomi suggestivi e motti originali (Emoction, Allegri lassativi, Astuti, Impuri e PopoFieri) ed hanno dormito tutti al piano superiore nelle 6 camere (Meravi-gliosi, Tristi, Paurosi per i maschi – Rabbiose, Gioiose, Grate per le femmine).

Il gruppo si è mostrato allegro e disponibile, coeso ed unito, accogliente e curioso di vivere una proposta privilegiata per la propria crescita di fede e maturazione personale.

Fin dal mattino, insieme in cerchio, svolgevamo il risveglio mu-scolare, ascoltavamo il vangelo collegato all’emozione del giorno, e poi via...

Quest’anno il tempo ci ha sorriso ed abbiamo svolto numerose e varie attività: tornei di pallavolo e roverino, percorsi di coraggio e fiducia con ostacoli, giochi di abilità con la palla, tiro alla fune, lo scivolo d’acqua sotto alla cascata e la veglia serale attorno al fuoco.

La gita in Val di Fumo ha regalato l’emozione di spettacolari e creativi tuffi carpiati dal ponte in legno verso le acque gelide del torrente.

La gita alla Malga Gelo è stata molto impegnativa per il note-vole dislivello altimetrico, ma oltre alla fatica ha regalato la visione

di incredibili panorami moazzafiato.Abbiamo cantato con molto trasporto l’allegro e coinvolgente

inno “Jesus Christ Val Daon” e la struggente malinconica e rifles-siva “Non è la fine”.

Le serate sono state allietate da piacevoli proposte e dalla vi-sione di 2 film collegati alle emozioni: “Basta guardare il cielo” sull’amicizia e “Sognando Beckam” sul progetto di vita personale.

Anche durante il temporale (durato un solo pomeriggio) il mo-rale si è mantenuto alto grazie agli intarttenimenti divertenti e spensierati: togli la seggiolina, mordi la mela di Adamo ed Eva, chi ride per primo perde (con la variante dell’acqua in bocca).

I cuochi Mara, Mirella, Elisabetta e Gigi hanno deliziato la vi-vace brigata con pranzi, merende e cene ricche e golose, lasciando a bocca aperta non solo i ragazzi ma anche gli animatori.

Beppe, Alessandro ed Elisa hanno avuto modo di capire e cono-scere meglio questo gruppo affiatato ed hanno invitato i ragazzi a proseguire quasta fantastica avventura anche con le varie attivi-tà formative che verranno proposte durante l’anno all’oratorio di Sera, Mattina e San Gallo.

L’ultima sera abbiamo riso e pianto tirando fuori tutto quello che abbiamo vissuto in questi 3 anni, non è stato un funerale ma la condivisione sincera e spontanea di cio che sentivamo dentro.

Poi...abbiamo spento le luci della casa, ci siamo avviati a piedi lungo il ponte e contemplando le stelle e con gioia abbiamo into-nato...

“...VORREI CHE FOSSE OGGI, IL CAMPO GIA’ DOMA-NI PER INIZIARE PER STRAVOLGERE TUTTI I MIEI PIANI, IL CAMPO SARA’ IL M IGLIORE E IO SARO’ IL MI-GLIORE, COME IN UN BEL FILM CHE LASCIA TUTTI SENZA PAROLE...”

Grazie ragazzi. 1 abbraccio Il CapoCampo - Andrea Quarenghi

sulle tracce della BELLEZZA rubata

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Prospettive per la partenza non promettenti, pochi iscritti, si ri-schia di non partire, difficolta varie, poi la svolta, i ragazzi accettano l’idea, si iscrivono, all’ultimo momento si programma la settimana, si parte!Primo appuntamento la piazza della chiesa per partire tutti insie-me alle 8.00 di una delle tante domeniche afose che questa estate ci ha regalato.Prossima meta Val Daone… Al nostro arrivo incontriamo i ragazzi di 1^ e 2^ media che stanno concludendo la loro settimana, con loro condividiamo il momento della messa e del pranzo. Nel pomeriggio si iniziano i giochi, qual-che regola, sistemazione nelle camere, conoscenza del gruppo e di chi li accompagna, divisione nei gruppi e definizione di quei piccoli compiti per la convivenza in gruppo.Ogni gruppo a turno aveva incarichi piu o meno importanti, ma fon-damentali per vivere in un gruppo dove ognuno ha abitudini diverse.Il tema della settimana “È bello con te!” un’ esperienza basata sul per-cepire la novita, affrontare le paure, la rabbia, imparare a dialogare ed ascoltare e condividere con gli altri le nostre emozioni, i nostri sogni.Ogni giorno dopo la colazione e le pulizie, la preghiera ci introdu-ceva nel tema specifico del giorno, l’attivita ad esso abbinata, il piu possibile diversificata, per aiutare i ragazzi a riflettere e sperimen-tare le varie cose proposte. Un tema affrontato con loro e stata la notizia: abbiamo chiesto loro di ricercare alcune notizie del posto e di narrare come meglio ritenevano, si sono impegnati e messi in gioco.Le belle giornate, la voglia di stare insieme, il desiderio di poter fare qualcosa di diverso, sono stati lo stimolo per vivere la settimana.La gita in val di Fumo ha dato la possibilita di incontrare alcuni ragazzi con difficolta che hanno poi saputo farsi aiutare. Qui alcu-

ne ragazze hanno potuto sperimentare la mungitura delle mucche.Un’altra gita al lago di Campo, ha permesso ai ragazzi piu coraggio-si di fare un bagnetto nelle fredde acque dei laghi montani.L’allegria, lo stare insieme, gli scherzi, il provare cose “noiose”, il dia-logo, l’amicizia, l’avventura sono alcune delle cose sperimentate.Durante la settimana i ragazzi hanno potuto incontrare don Raffa-ele e parlare delle loro aspettative e di cosa vorrebbero fare in e per l’oratorio.Il tempo passa, la settimana giunge al termine, si deve tornare a Botticino.Un augurio piu volte ripetuto ai ragazzi durante la settimana ed e giusto condividerlo con tutti:Ognuno di noi deve imparare a ragionare con la propria testa, valutare i consigli che riceviamo, distinguersi dalla massa, e fare del proprio “bello” una ricchezza da condividere, per poter dire “e bello con Te”. gli animatori

CAMPO ADOLESCENTI-GIOVANI

AFFASCINATI, CHIAMATI, LIBERI!

L’affettività e sessua-lità vengono affron-tati dal punto di vista biologico, emoziona-le, fisico, sociale e spi-rituale. Evidenzierei l'antropologia perso-nalista che fa da sfondo al percorso e l'utilizzo del metodo induttivo, che permette ai ragaz-zi di partire da ciò che vivono per avere le risposte di cui neces-sitano in quel preciso momento del loro per-corso evolutivo. Infine sottolineerei l'importanza dell'ac-compagnamento dei genitori come possibi-lità di instaurare un'al-leanza educativa tra genitori, parrocchia e educatori, in modo da non sentirsi soli di fronte alla sfida educa-tiva che dobbiamo alle nuove generazioni.

Il Teen STAR è un programma di educazione affettiva e sessua-le diffuso in 40 nazioni. Un metodo educativo che considera la sessualità come un fattore che incide su tutta la persona nei suoi aspetti fisici, intellettuali, emozionali, sociali e spirituali.

Il Teen STAR forma tutors che lavorando con gli adolescenti inte-grano nel processo formativo anche i genitori.OBIETTIVI:• Rinforzare l’identità e l’autostima attraverso il riconoscimento di sé.• Dare ai giovani un’educazione sessuale che li renda consapevoli della capacità biologica di essere padri e madri.• Promuovere la sessualità come una delle caratteristiche proprie dell’essere umano sviluppando il rispetto per il dono della vita.• Approfondire la capacità di prendere delle decisioni libere e responsabili.• Aiutare i giovani a comprendere che l’uomo è desiderio infinito di amare ed essere amato, la sessualità manifesta il suo profondo significato conducendo la persona al dono di sé nell’amore.

w

ww.te

enstar.it

- [email protected]

Le parrocchie di Botticino propongono il programa di educazione affettiva e sessuale ai ragazzi e ra-gazze di 2 e 3 media,1 superiore e adolescenti, creando gruppi diversi a seconda dell’età. I genitori saranno chiamati per l’iscrizione, la presentazione dell’itinerario e le occasioni di incontro specifico per loro stessi.Gli incontri verranno effettuati presso l’oratorio di Botticino Sera in orari diversi per favorire una mag-gior partecipazione. Ai genitori dei ragazzi coinvolti verrà comunicata la data dell’incontro per la preparazione.

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Quest’anno abbiamo scelto come titolo dell’itinerario oratoriano un passo del Signore degli anelli, un testo di letteratura fantastica ma ricco di riferimenti esplici-tamente teologici.Nel libro di Tolkien (1955) la compagnia dell’anello, formata per difendere l’anello del potere dagli assalti di Sauron (il signore del Male) e composta da alcuni membri di tutti i popoli liberi della Terra di mezzo (uo-mini, elfi, nani, hobbit e uno stregone), si e incammi-nata in un lungo e pericoloso viaggio per distruggere il terribile anello nel fuoco dove e stato forgiato.Per giungere a Mordor da Granburrone, dove la com-pagnia si trova, e necessario superare un alto monte, il cui passo si rivela inaccessibile, oppure attraversarlo

da sottoterra, attraverso le miniere di Moria, scavate anticamente dai nani nel loro insazia-bile desiderio di ricchezza.Le miniere, che nel racconto del Signore de-gli anelli, sono circondate da timore e nefasti presagi, diventano cosi l’unico possibile pas-saggio per la compagnia.Una volta giunta di fronte alle miniere, la Compagnia trova una scritta enigmatica sulla porta d’ingresso: “Ennyn Durin Aran Moria / Pedo mellon a minno” cioe “Le porte di Durin Signore di Moria / Dite amici ed entrate”. La scritta risulta enigmatica: cosa devono dire gli amici per entrare a Moria? La risposta e sem-plicissima: una volta detto “amici”, riusciran-no ad entrare.Il racconto dicevamo ci riporta in modo sim-bolico a tre dimensioni che scopriremo du-rante l’itinerario dell’anno e sono profonda-mente cristiane.In primo luogo: per giungere alla meta, per crescere davvero nella fede, per diventare cri-stiani e certamente entusiasmante scegliere la strada delle alte Montagne, ma non pos-siamo fingere di non incontrare i pozzi oscuri del peccato. Nella lingua elfica della terra di mezzo “Moria” significa esattamente “Abis-so nero” e in qualche modo ci ricorda questa dimensione spirituale: un peccato che e sen-za dubbio da vincere, da superare, ma con il quale dovremo fare i conti. In secondo luogo ci ricorda che la condizione necessaria per poterlo affrontare efficacemente e quello di trovarci in una compagnia di uomini liberi,

cosi come vuole essere la chiesa, compagna e maestra.Infine il senso della scritta: “Dite amici ed entrate”.È facile credere che per

superare gli ostacoli, per trovarsi di fronte ad una vita buona e felice siano necessarie particolari ritualita, training psicologici e spirituali, abilita straordinarie, potere, ricchezze. Il requisito che ci suggerisce questo portone d’ingresso e decisamente piu evangelico e ci porta diritti alla tradizione dei nostri oratori: perche tu possa entrare basta che tu voglia essere mio amico. Perche tu possa vivere le avventure che abbiamo pen-sato per te, perche tu possa far parte della compagnia, accetta di essere amico. “Vi ho chiamato amici, perche tutto cio che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conosce-re a voi”. (Gv 15,15)

Dite amici ed entrateCOME ENTRARE NELLA MISERICORDIA DEL SIGNORE?

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“Gesù Cristo è il volto della misericor-dia del Padre. […] Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la mi-sericordia di Dio”. Così inizia la bolla di indizione del Giubileo promosso da Papa Francesco e che vivremo dall’8 dicembre 2015 (con l’apertura della Porta Santa) al 20 novembre 2016.

L’amicizia con Gesù, la scoperta e la conoscenza del Figlio di Dio, sono quindi la porta che ci per-metterà di scoprire la misericor-dia, tema del percorso oratoriano dell’anno.

Misericordia: la parola onestamente non suona bene nel 2015. Sa di vecchiotto e di zuccheroso. Ma se proviamo a conoscere la misericordia attraverso Gesù (“Io sono la porta: se uno entra attra-verso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” - Gv 10,9) scopriremo tutta la forza di questo sostantivo che si rivela nelmodo di agire di Gesù nel mondo.Misericordia: avere il cuore (cor) per gli ultimi (miseri): questa parola si accompagna all’atteggiamento con cui Gesù guarda alla debolezza e al peccato dell’uomo. Gesù prova compassione. Sono le parole che troviamo nel brano del Vangelo che farà da riferimen-to per l’anno, ma le ritroviamo in moltissimi brani (cfr. ad esempio:la vedova di Nain - Lc 7,13; il buon samaritano – Lc 10, 33; il PadreMisericordioso – Lc 15, 20; moltiplicazione dei pani – Mt 15,32).“La misericordia nella Sacra Scrittura è la parola-chiave per indi-care l’agire di Dio verso di noi. Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile. L’amore, d’altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta. Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si veri-ficano nell’agire quotidiano. La misericordia di Dio è la sua respon-sabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni. È sulla stessa lunghezza d’onda che si deve orientare l’amore misericordioso dei cristiani. Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericor-dioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri”. [Misericordiae Vultus, 9]Dite “Amici” ed entrate, quindi. Per prepararci e vivere l’anno della misericordia proveremo a percorrere 6 strade, che sono altrettanti approcci per l’incontro con Cristo. Se attraverso di esse imparere-mo la formula “magica” dell’amicizia con Gesù scopriremo il voltomisericordioso del Padre.

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Capita tutte le volte: quando un ragazzo diventa animatore, la prima cosa che usa è la forza.Sembrerebbe che gli venga quasi naturale: poco prima, magari, si lamentava di essere “costretto”a fare cose che non voleva, ma appena lui è nel ruolo di educatore non accetta tante mediazioni e si impone con l’obbligo e la forza. Un bambino non vuole giocare? Bene… allora lo costringo!È un esempio piccolo e semplice, ma che esprime un problema più serio: si può educare con la misericordia? Non è più educativo il rigore, le regole, la chiarezza? Non è forse vero che pensiamo all’imposizione come ad una panacea che riesce a mettere un po’ di ordine e a dare obiettivi raggiungibili, visibili e chiari?La misericordia appare un po’ debole nella relazione educativa e pastorale: ha bisogno di tempi lunghi, di pazienza, non appare tanto funzionale e nemmeno applicabile in termini egualitari (di solito i più distanti dai nostri ambienti hanno bisogno di più misericordia, ma come si fa a spiegarlo a quelli che sono più vicini?...).

LA PORTA DELLA MISERICORDIAIl brano di Marco che utilizziamo per l’anno orato-riano porta con sé un’immagine significativa, che è il primo motivo di legame con quest’Anno Santo: Gesù guarisce gli ammalati davanti alla porta di Simone e tutta la città sta attorno a lui. Pietro presta la sua por-ta perché Gesù possa guarire: sembra come la porta del Giubileo che il Papa desidera prestare all’opera di misericordia del Padre e del suo Figlio. La porta di Pietro deve assumere questo stile, la porta della Chie-sa è vera quando mostra questa cura di Gesù. La por-ta della Chiesa diventa attraente se usa misericordia come Gesù. Si entra in essa solo se si ci sente accolti, amici, fratelli.LA GIORNATA TIPO DI GESÙMa la bellezza di questo brano non sta soltanto in questa immagine potente. A ben guardare, l’episodio della porta è come un centro intorno al quale si svolge tutta la giornata “tipica” di Gesù, che contiene tutte le azioni da lui compiute nella sua giornata terrena. Marco, evangelista attento all’umanità di Cristo e descrittore senza tanti fronzoli del modo di agire di Gesù, sembra darci una regola pastorale: la Chiesa è porta della misericordia se fa tutto quello che Gesùcompie in questa giornata. La misericordia è declina-bile in tante situazioni e in tanti modi.La giornata di Gesù è coperta tutta dalla misericor-dia, ma lo stile della misericordia cambia di ora in ora. Forse è proprio questo l’atteggiamento e lo stile da contemplare e imparare.LA MISERICORDIA È IL DNA DI DIOLa misericordia è, quindi, la decisione costante nella vita di Gesù, il “basso continuo”, il motivo di fondo, la base su cui costruire, le fondamenta che tengono in piedi tutto. Può sembrare esagerata questa pro-spettiva, ma ha un’unica ragione: la misericordia ha la

sorgente in Dio. È la manifestazione voluta e continua della sua vita. “È proprio di Dio usare misericordia e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza” (Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 30, a.4, citato in Misericordiae Vultus, n. 6). Dio non deci-de di manifestare l’onnipotenza con la forza, ma con la dolcezza. Non è un sentimento semplicemente umano, ma divino, soprannaturale, e serve a Dio per rivelare se stesso custodendo la vita. È il suo DNA: la “formula” che più manifesta la sua presenza.MISERICORDIA: QUANTA E QUALE?Dio punta sulla misericordia, si potrebbe dire che spreca sull’amore, sulla vita, al contrario della nostra logica di spreco, che si basa, invece, su una logica di schiacciamen-to, di morte, di opposizione fra ricchezza e povertà, di di-suguaglianza.Dio usa la misericordia perché dà a tutti con abbondanza e in forma differente. Ma solo quando gli uomini ricono-scono questa logica e si scambiano i doni ricevuti dalla misericordia di Dio, allora la vita circola, la comunità cre-sce… Si riconosce la misericordia solo vivendola. Il brano di Marco ci aiuta a concretizzare la misericordia nella vita di Gesù e a capire che, sì, essa è costante e ab-bondante, ma non è a caso. Cioè la misericordia è donata da Gesù in forma differente e puntuale, perché l’amore per essere educativo sta attento alle situazioni, calibra la sua presenza, tiene inconsiderazione le diversità. Non è mai uguale. Quali sono, allora, le differenti azioni educa-tive della misericordia?INSIEMEGesù sta con gli apostoli: la misericordia non è un’azione di un supereroe isolato e tragicamente solo, ma necessita di compagnia e di condivisione. Gesù guarisce la suocera di Simone: la misericordia rimette in piedi perché chi la riceva la possa riutilizzare per servire. Chi riceva mise-ricordia può riuscire a vivere di misericordia. Così essa diventa l’ortoprassi della vita, un modo concreto con cui ci è data la possibilità di entrare nella vita, accoglierla, comprenderla e farla nostra. Gesù si mette alla porta di Simone per incontrare chiunque arriva: la misericordia si vede, si sente, si tocca. Qui tutti vengono, cercano, pre-gano…

LA PREGHIERA E L’AZIONEGesù cerca il Padre: la misericordia si alimenta nel-la preghiera. È un raccordo perfetto tra il pregare e il fare, il contemplare e l’agire, perché l’amore ha bisogno sia di vedere (e di avere sempre visioni nuo-ve) che di fare (e di rinnovarsi in azioni sempre nuo-ve). Il significato biblico di misericordia indica due aspetti: la misericordia è un atteggiamento interiore, profondo (le “viscere di misericordia” di Dio, ma an-che quelle della madre che sente dentro di sé la vita del proprio figlio), di legame stretto fra le persone, di orientamento decisivo, di intenzionalità scritta nel cuore; ma nello stesso tempo è anche il fare, l’appari-re, l’agire. La misericordia è la profondità e l’esterio-rità unite e non divise; è un atteggiamento unificante e, per questo, molto utile alla complessità del nostro vivere, perché non appoggia la logica della contrap-posizione, ma dell’inclusione.OLTREGesù non si ferma a quello che ha raggiunto ma va ol-tre: la misericordia non restringe il cuore, ma lo allar-ga all’oltre: è motore per muoversi, non per arrendersi o abituarsi. Gesù dice con chiarezza la sua missione: la misericordia è fatta anche di parole chiare, educative, definite. Ma questa chiarezza è dentro il rapporto di amore e di accoglienza, non è una semplice premessa didascalica oppure una puntualizzazione fredda senza una relazione vitale.Gesù tocca il lebbroso: la misericordia sa di essere for-te, non ha paura e dimostra che è la base di ogni mi-racolo, di ogni passaggio, di ogni guarigione, di ogni cambiamento.Perché non è nient’latro che lo specchio di Dio nella nostra giornata e nel nostro mondo: riempie la gior-nata non solo di Gesù, ma anche la nostra. Non ci as-sicura una vita facile, ma sicuramente piena e felice: “La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni”. (Miseri-cordiae Vultus, n. 9).

Il brano evangelicoE subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella

casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giaco-mo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammo-nendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Mc 1,29-45

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"DOPO IL TRAMONTO DEL SOLE"Iniziamo il percorso dell'anno, alla scoperta della mi-sericordia di Dio. La prima strada che percorriamo è quella che parte dal creato. Il brano del Vangelo che ci accompagna quest'anno inizia con un dato di tipo temporale, descritto attraverso un'immagine na-turalistica: è sera, il sole è tramontato. Con l'appros-simarsi della notte, invece che concludersi il lavoro di Gesù (quel giorno aveva già guarito la suocera di Pietro), aumenta: "Guari molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni". Alla fine della storia così come all'inizio della vita è al lavoro la misericordia di Dio: anzi possiamo dire che già dalla creazione del mondo la misericordia di Dio è all'opera e tangibile. Più volte, durante i sette giorni della creazione, al termine del lavoro e dopo il pec-cato dell'uomo Dio continua a prendersi cura di noi. Dio continua a benedire l'uomo -nonostante il suo operato. Gesù sta all'inizio e a compimento di tutto la creazione: "Egli è immagine dei Dio invisibile, pri-mogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visi-bili e quelle invisibili". (Col 1,15-16)

...NELL'IMMAGINEGesù appare all'interno del Cenacolo. La stanza è in muratura, la porta chiusa e sprangata. Il cuore degli apostoli è triste e orientato verso di sé. Sembra che tutte le paure e le angosce del mondo siano chiuse in guella stanza. Eppure Gesù è entrato. Misteriosamente è entrato. Gesù entra anche dove tutto è chiuso.La creazione è più forte dei muri costruiti dagli uomini,il creatore si fa creatura ed è presente tra le altre creature.Le fortezze che l'uomo crea per difendersi non possono fermare la misericordia, del Signore.

APPROFONDISCIPer la tradizione giudeo-cristiana, dire "creazione" è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell'amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato. (...] L'universo non è sorto come risultato di un'onnipotenza arbitraria, di una dimostrazione di forza o di un desiderio di au-toaffermazione. La creazione appartiene all'ordine dell'amore. L'amore di Dio è la ragione fondamen-tale di tutto il creato: “Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato gualcosa, non l'avresti neppure formata" (Sap 11,24). Così, ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo. Perfino l'effimera vita dell'essere più insignificante è oggetto del suo amore, e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto. [...] Perciò, dalle opere create si ascende “fino alla sua amorosa misericor-dia". (Papa Francesco, Laudato si', n. 76-77)

Se non ci fossero gli occhi a guardarla non ci sarebbe la luce.

Immaginiamo una luce senza occhi o degli occhi senza luce?

Ci sarebbe luce dovunque nell’universo senza che nessuno la guardasse?

Ma, come si sa, gli occhi li creò la luce affinchè ci fosse qualcuno che la vedesse.

La terra uscì dal sole( e la sua acqua).Dal sole è quest’acqua, con la sua vita e i suoi

colori e la sua luce.(E. Cardenal, Canto Cosmico)

UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI” - PARROCCHIE DI BOTTICINO

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UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI “Parrocchie di Botticino

DOMENICA 11 OTTOBRE inizio anno pastorale e di catechesi 2015/2016

La Porta della Misericordia

ore 12,30 PRANZO COMUNITARIO presso il salone dell’oratorio di Botticino Sera LASAGNE per tutti, preparate dai volontari il secondo piatto e dolci ogni famiglia porta qualcosa da condividere. Prestano servizio gli adolescenti delle tre parrocchie. (E’ bene comunicare alla segreteria - 030 2692094 - il numero di quanti mangiano le lasagne)

ore 14,00 GIOCHI, FESTA ore 17,00 CELEBRAZIONE S.MESSA in Basilica-Santuario all’inizio del nuovo anno di catechesi

con le PROMESSE e gli IMPEGNI, dei catechisti, dei genitori e dei ragazzi . Segue CASTAGNATA .

CELEBRAZIONI DOMENICA 1 NOVEMBRE

SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTIS.GALLO ore 10,00 S.MESSA in chiesa parr.

segue processione al cimitero BOTT.SERA in Basilica ore 8,00 - 18,45

al cimitero ore 16,15BOTT.MATTINA in chiesa parr. ore 9,30

al cimitero ore 15,00LUNEDI’ 2 NOVEMBRE

COMMEMORAZIONE DEFUNTIS.GALLO al cimitero ore 10,00 - 19,00

BOTT.SERA al cimitero ore 10,15 - 15,00 - 20,00BOTT. MATTINA al cimitero ore 9,30 - 16,00

PENITENZIALI CON CONFESSIONI

a S.Gallo lunedi 27 ottobreore 20,00

a Botticino Mattina martedi 28 ottobre ore 20,00

a Botticino Sera giovedi 30 ottobre ore 20,00

DOMENICA 11 OTTOBREINIZIO ANNO

PASTORALE 2015/2016SS.Messe come da orario festivoPranzo comunitario in oratorio;

alle 17,00 presso la Basilica-Santuario

di Botticino Sera S.Messa con promesse e impegni dei bambini,

genitori e catechistidelle tre parrocchie di Botticino

per inizio anno di catechesi segue castagnata

DOMENICA 18 OTTOBREGIORNATA MISSIONARIA

MONDIALE DOMENICA 22 NOVEMBRE

S.CECILIA PATRONA DELLA MUSICA

DOMENICA 29 NOVEMBREINIZIO AVVENTO

utile feste d’estatenelle parrocchie

TORNEO STREET SOCCER € 6.800,00

FESTA ORAT. BOTT. MATTINA € 8.000,00

FESTA ASSUNTA BOTT.SERA € 2.030,00

FESTA PATRONALE SAN GALLO € 14,970,00

FESTA SAN FAUSTINO AL MONTE € 3.500,00

PESCA SAN NICOLA PER ORGANO € 680,00

CODORME’ SAN NICOLA € 2.500,00