Anno 29 2010 Volume 28, n. 2 OTIZIARIO ALLERGOLOGIC · Eleonora Nucera, Valentina Pecora,...

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Anno 29 - 2010 Volume 28, n. 2 Immunodeviazione ed immunoregolazione nelle malattie allergiche Allergie ed intolleranze alimentari Falsi allergici, malati immaginari? CASE REPORT Sensibilizzazione al nichel ed artroprotesi: efficacia del TIO Nichel ALLERGOLOGIC N OTIZIARIO ISSN 2038-2553

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Anno 29 - 2010 • Volume 28, n. 2

Immunodeviazioneed immunoregolazione nelle malattie allergiche

Allergie ed intolleranze alimentari

Falsi allergici, malati immaginari?

case report

Sensibilizzazione al nichel ed artroprotesi: efficacia del TIO Nichel

ALLERGOLOGICNOTIZIARIO

ISSN 2038-2553

Anno 29, 2010 - Volume 28, n. 2

direttore responsabilePaolo Falagiani

redazioneFabrizio Ottoboni

progetto graficoMaura Fattorini

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Pubblicazione Quadrimestrale

Il Notiziario Allergologico è on-line su

www.lofarma.it

Le piante del genere Hydrangea, conosciute come ortensie, sono ori-

ginarie dell’Asia e delle Americhe. Sono state introdotte in Europa nel

1700 e devono il nome al naturalista francese Filibert Commerç’ on , il

quale dopo aver partecipato al viaggio di circumnavigazione del glo-

bo con Louis Antoine de Bougainville, le chiamò ortensie in onore di

Hortense de Nassau. Il nome scientifico Hydrangea invece lo si deve

al naturalista olandese Jan Frederik Gronovius, che studiò i campioni

inviategli dall’americano John Clayton, nella sua Flora Virginica del

1739. Fotografia di Daniela Ottoboni

In copertina:

Hydrangea

paniculata

“pink diamond “

sommarioNotiziario Allergologico, Anno 29 - 2010 - Volume 28, n. 2

editoriale Paolo FalagianiInvito alla lettura 50

recensioni Fabrizio Ottoboni

Induzione breve nella SLIT con allergoide agli acari domestici 84D’Anneo RW, Bruno ME, Falagiani P

Diagnostica molecolare nella sensibilizzazione 85alle arachidi in bambini Nicolaou N, Poorafshar M, Murray C, Simpson A, Winell H, Kerry G, Härlin A, Woodcock A, Ahlstedt S, Custovic A

Immunoterapia transcutanea: una nuova via 86Agostinis F, Forti S, Di Berardino F

Aderenza alla SLIT: l’importanza delle visite di controllo 86Vita D, Caminiti L, Ruggeri P, Pajno GB

Un buon motivo per non uccidere il polpo Paul 87Damiani E, Aloia AM, Priore MG, Nardulli S, Nettis E, Ferrannini A

Bentornati “acari minori” 88Charpin D, Parola P, Arezki I, Charpin-Kadouch C, Palot A, Dumon H

Bambini e merendine: attenti ai semi! 89Caubet J-C, Hofer MF, Eigenmann PA, Wassenberg J

Immunodeviazione ed immunoregolazione nelle malattie allergiche 51 Francesco Liotta

Allergie ed intolleranze alimentari 59Eleonora Nucera, Valentina Pecora, Alessandro Buonomo, Tiziana De Pasquale, Vito Sabato, Amira Colagiovanni, Angela Rizzi, Arianna Aruanno, Lucilla Pascolini, Anna Giulia Ricci, Domenico Schiavino

Pensieri “sotto il sasso“ 72Mauro Minelli Falsi allergici, malati immaginari? 73Salvatore Colazzo

aggiornamenti

Sensibilizzazione al nichel ed artroprotesi: efficacia del TIO Nichel 81Mario Zanforlin, Valentino Querzoli

case report

Registrazione uguale qualità? 92Parassitosi allucinatoria 93

quesiti Paolo Falagiani, Ivo E. Rigamonti

calendario congressi Redazione

ottobre - dicembre 2010 96

Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2

editoriale

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Invito alla lettura

Paolo Falagiani

er noi cultori dell’allergologia, e delle sue radici immunologiche, Firenze è sempre stata come la Piramide di Giza per gli Egittologi. Fucina di co-noscenze e anche di misteri. Intendo dire che i ricercatori fiorentini (sto parlando naturalmente

dell’Istituto di Allergologia ed Immunologia Clinica, diret-to in successione da Umberto Serafini, Mario Ricci, Sergio Romagnani, Enrico Maggi) hanno ottenuto tanti, tantissimi risultati conoscitivi sulla genesi delle malattie allergiche (ulti-mamente anche sul loro controllo in prospettiva terapeutica), ma su questi risultati non si sono mai adagiati. Non si sono mai fermati a guardare la punta delle loro scarpe pensando “ma come siamo bravi!”. Guardano avanti, verso le conoscen-ze non ancora chiarite. Ma veniamo agli studi immunologici brillantemente revisio-nati da Francesco Liotta nel suo articolo che segue, cioè il ruolo di nuove cellule e citochine. Non voglio incautamente anticipare al lettore i contenuti dell’articolo, bensì soltanto av-visarlo, per stimolare il suo interesse, che egli ne riceverà una nuova visione della reazione allergica. Essa è stata finora se-gregata nella “immunodeviazione” tra Th1 e Th2, paradigma

peraltro assolutamente indiscutibile, come sempre sostenuto da Sergio Romagnani che ne è stato il Pigmalione (ed i Th2 la sua Afrodite). Oggi tuttavia, grazie alla scoperta di una nuova generazione di cellule regolatorie, i Treg, lo scenario si apre a nuove visioni, che non complicano le cose, come di solito accade con le nuove scoperte, ma in un certo senso le semplifi-cano. Infatti questi linfociti hanno un ruolo regolatorio sia sui Th1 che sui Th2, ma è su questi ultimi che il tipo cellulare Tr1 (quello che produce la IL-10) ha gli effetti “moderatori” più pronunciati. Questo nuovo scenario ci fa comprendere, final-mente, perché i sani sono sani e gli allergici allergici: i primi, dopo contatto ripetuto dell’allergene, attivano Treg allergene-specifici, che noi possiamo facilmente monitorare con i livelli di IL-10 da essi prodotta. Questo scenario introduce dunque il concetto di “immunoregolazione” che meglio si adatta, ri-spetto alla secca dicotomia della “immunodeviazione” Th1/Th2, ad una visione più duttile ed adattiva della risposta immunitaria all’ambiente. In conclusione, è una visione più Darwiniana rispetto al recente passato, e quindi, almeno per me ma penso non solo, più rasserenante. Buona lettura.

P

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Immunodeviazioneed immunoregolazione nelle malattie allergiche

Francesco Liotta

Dipartimento di Medicina InternaS.O.D. Immunologia e Terapie CellulariUniversità degli Studi di FirenzeViale Morgagni 85-50134 Firenze

Immune deviation and immune regulation in allergic diseases

introduzione

Il sistema immunitario è caratterizzato dalla capacità di organizzare risposte pro-tettive contro una grande varietà di pato-geni, mantenendo la capacità di tollerare antigeni autologhi e antigeni ambientali innocui o comunque di generare risposte non dannose verso questi ultimi.L’allergia è una condizione patologica in cui antigeni ambientali inoffensivi ge-nerano, in individui geneticamente pre-disposti, una risposta immunitaria aber-rante, caratterizzata dalla produzione di particolari citochine da parte dei linfociti T helper (Th), che vengono definiti Th2 e dalla conseguente produzione da parte dei linfociti B di IgE specifiche per l’aller-gene in questione. La scoperta dei linfociti Th2 risale al pe-riodo a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90, grazie a Mosmann (nel modello murino) (1) e Romagnani (nell’uomo) (2). Questi linfo-citi sono caratterizzati dalla produzione di un particolare profilo di citochine, quali l’interleuchina(IL)-4, IL-5, IL-9, IL-13; in particolare IL-4 e IL-13 agiscono sul linfocita B inducendo lo scambio di classe verso IgE, IL-5 ha un effetto proliferativo sui precursori dei granulociti eosinofili a

Not Allergol 2010; vol. 28: n.2: 51-58.

riassunto

Parole chiave e sigle:• Allergia • Immunodeviazione • Immunoregolazione • Treg • Th1 • Th2

L’allergia è una malattia determinata da una risposta immunologica aberrante verso antigeni ambientali innocui caratteristica di soggetti geneticamente predisposti, definiti atopici. Tale risposta immunitaria è orchestrata da linfociti T helper (Th) di tipo 2 (Th2) ed è caratterizzata dalla produzione di immunoglobuline (Ig) di classe E nei confronti di detti antigeni ambientali, che si definiscono allergeni. Le malattie allergiche sono: la rinocongiuntivite allergica, l’asma bronchiale estrinseco, la dermatite atopica e alcune forme di orticaria/angioedema e di ana-filassi sistemica. Talune delle suddette patologie possono essere gravate da manifestazioni cliniche rilevanti, che talora mettono a rischio la vita del paziente, tuttavia il maggior impatto delle malattie atopiche sul sistema socio-sanitario è dato dalla loro elevata prevalenza che ap-pare in continuo aumento ed è stimata al momento attuale intorno al 30% della popolazione nei paesi industrializzati. Riguardo alla terapia delle malattie allergiche gli approcci possibili sono quello farmacologico, mirato principalmente a controllare i meccanismi effettori coinvol-ti nelle manifestazioni allergiche e quello iposensibilizzante, (immunoterapia specifica –ITS-) attuato somministrando cronicamente dosi crescenti di allergene/allergoide. Quest’ultimo ap-proccio terapeutico è quello che permette di regolare/modificare la risposta Th2 all’allergene che, come detto, sta a monte della risposta allergica, e pertanto permette di curare l’allergia.La letteratura scientifica al momento è di fronte ad uno spartiacque riguardo alla definizione dei meccanismi fisiologici e indotti dalla ITS in grado di controllare la risposta Th2: da un lato esistono dati ampiamente consolidati nel tempo a favore di una immunodeviazione della risposta Th2, cioè l’induzione di una risposta T helper meno polarizzata in senso Th2, dall’altro esistono dati più recenti e sempre più numerosi, che vedono l’intervento di linfociti T regolatori (Treg) in grado di sopprimere la risposta patologica.La comprensione dei meccanismi che controllano la risposta Th2 è di fondamentale impor-tanza per l’aspetto terapeutico dell’allergia, permettendo di indirizzare in modo appropriato la ricerca per la formulazione di nuovi e più efficaci trattamenti iposensibilizzanti.

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livello midollare e aumenta la sopravvi-venza degli eosinofili maturi a livello tes-sutale, mentre la IL-9 induce la produzio-ne di muco da parte delle cellule mucipa-re. Inoltre IL-4 ed IL-9 sono coinvolte nei fenomeni di rimodellamento delle vie ae-ree nell’asma bronchiale. I linfociti Th2 si contrappongono ai linfociti Th1 che vice-versa sono caratterizzati dalla produzione di IFN-g e non delle citochine Th2 sopra indicate. I linfociti Th2 hanno un ruolo protettivo nella risposta contro i parassiti pluricellulari ma, come già detto, sono re-sponsabili dell’orchestrazione della rispo-sta allergica, mentre i linfociti Th1 sono coinvolti nella risposta contro virus e bat-teri, particolarmente intracellulari, e sono implicati nella patogenesi di varie malat-tie autoimmuni, particolarmente quelle organo-specifiche; per questi ultimi linfo-citi T helper inoltre è stato prospettato un ruolo protettivo nella patologia allergica. Sono stati identificati anche linfociti T helper con fenotipo intermedio, capaci cioè di produrre contemporaneamente ci-tochine Th2 e IFN-g, tali cellule sono de-finite Th0; non è ancora chiaro tuttavia il loro ruolo in fisiologia e in fisopatologia. Più recentemente è stata individuata una terza popolazione T helper, caratterizzata dalla produzione di IL-17 e per questo definita Th17 (3), tali linfociti risultano protettivi verso patogeni quali funghi e batteri extracellulari, ma sembrano coin-volti nella patogenesi di varie patologie autoimmuni; inoltre è stato proposto un loro ruolo patogenetico in alcune forme di asma bronchiale. Riguardo alla fisiopa-tologia dell’allergia la comunità scientifica è divisa su due posizioni: da un lato sono state prodotte evidenze a favore del fatto che la risposta allergica è dovuta ad una

summary

Key words and Acronyms • Allergy • Immune deviation • Immune regulation • Treg • Th1 • Th2

The immune system is able to generate protective immune responses against a large variety of pathogens, but it is also able to tolerate autologous antigens and innocuous environmental antigens.Allergy is a pathologic condition that can occur in genetically predisposed individuals, who generate an aberrant immune response against environmental antigens, defined allergens. This immune response is characterized by the differentiation of T helper (Th) cells in the Th type 2 (Th2) cells and by the production of allergen-specific IgE. Th2 cells are defined on the basis of the secretion of specific cytokines, namely interleukin(IL)-4, IL-5, IL-9 and IL-13. IL-4 and IL-13 are responsible for the immunoglobulin class switch towards IgE; IL-5 is a growth factor for the bone marrow precursors of eosinophil granulocytes and it prolongs the survival of these cells in the tissues; IL-9 induces mucus production. Th2 lymphocytes are protective against infestation by pluri-cellular parasites, but they are able also to orchestrate the allergic flogosis and are responsible for the airway remodelling in bronchial asthma. Th2 cells are some how the counter part of the so called Th1 cells, able to produce IFN-g but not Th2 cytokines, these cells are involved in the protection against intracellular pathogens and are also responsible for some autoimmune disorder in humans. Between Th2 and Th1 cells a counter-regulatory activity exists. More recently a new Th subset has been described, it is characterized by the production of IL-17 and thus named Th17; these lymphocytes are involved in the immune response against extracellular bacteria and fungi, but are also involved in the pathogenesis of some autoimmune and chronic inflammatory disease. Moreover it has recently been shown that Th17 cells can participate to the pathogenesis of some form of allergic bronchial asthma. Allergic diseases comprehend allergic rhinoconjunctivitis, extrinsic bronchial asthma, atopic dermatitis, and some forms of urticaria/angioedema syndrome and of systemic anaphylaxis.Some of these disorders can present severe and life threatening manifestations, but the major impact of allergic diseases on the socio-sanitary system is due to their large and progressively increasing prevalence: epidemiologic studies show that allergic diseases affect up to 30% of the total population, in industrialized countries. It is generally accepted that this phenomenon is consequent to a reduced exposure of children to bacterial products in the first years of life (hygiene hypothesis) as it happens in occidentalized countries.The therapy of allergic disease is based on two different strategies: a) the control of symptoms and of clinical manifestations b) the modulation of the allergen specific immune response. The first approach is founded on the usage of drugs such as glucocorticoids, anti-histaminic and beta-agonists; the second kind of treatment is represented by the specific immunotherapy (SIT). SIT classically consists of the chronic administration of increasing doses of a specific allergen/allergoid. It is the only causative treatment and it is able to ameliorate, and in some case to curate, respiratory and venom allergies.With regard to the definition of the cellular/molecular mechanisms devoted to the control of allergy in physiology, and during SIT treatment, there are two distinct positions: the “im-mune deviation theory” and, more recently, the “immune regulation theory”. These differ-

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eccessiva polarizzazione in senso Th2 con una deficitaria risposta di tipo Th1, l’im-munoterapia specifica avrebbe lo scopo di ricondurre tale risposta estremamente polarizzata verso un fenotipo meno pola-rizzato, in cui si riduca la produzione di citochine Th2 e venga acquisita la capa-cità di sintetizzare IFN-g. Dall’altro lato emerge invece il concetto che la risposta allergica è dovuta ad un difetto di immu-noregolazione da parte di linfociti T rego-latori, ruolo dell’immunoterapia sarebbe quindi quello di indurre ed espandere tali linfociti T regolatori allergene-specifici.Scopo del presente articolo è quello di esaminare le due differenti posizioni e cercare di fornire una visione il più pos-sibile unitaria del problema.

meccanismi fisiologici deputati al controllo

della risposta allergica

Tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ‘90 sono stati condotti vari studi di ordi-ne epidemiologico che hanno evidenziato una maggiore prevalenza ed un progres-sivo incremento delle malattie allergiche nei paesi industrializzati. L’ipotesi formu-lata a sostegno di tale dato epidemiolo-gico è la cosiddetta “hygiene hypothesis” (ipotesi igienica). Secondo tale ipotesi lo stile di vita “asettico”, particolarmente nei primi anni di vita, tipico delle aree urbane nei paesi maggiormente occidentalizzati, sarebbe responsabile di una inadeguata stimolazione del sistema immunitario da parte di molecole associate ai patogeni (PAMPs, -pathogen associated molecular patterns-), a ciò conseguirebbe una mag-giore suscettibilità alle malattie allergiche

(4-6). La teoria che per prima fu formu-lata per spiegare le basi biologiche di tale evento, fu quella della cosiddetta “man-cata immunodeviazione”, ossia un difetto della capacità di deviare una risposta di tipo Th2 verso una maggiormente orien-tata in senso Th1. Tale immunodeviazio-ne sarebbe dovuta ad un effetto diretto dei PAMPs sui recettori espressi da cellu-le dell’immunità innata (in particolare i Toll-like receptors –TLR-), quali cellule dendritiche, macrofagi e linfociti NK, che in risposta producono citochine come la IL-12, IFN-g e IFN-α che non solo sono in grado di indurre risposte di tipo Th1, ma antagonizzano le risposte di tipo Th2 (7, 8). A conferma di ciò il gruppo di ri-cerca della immunoallergologia di Firenze ha recentemente dimostrato come il feno-tipo linfocitario T acquisito in vitro dopo stimolo offerto da cellule dendritiche au-tologhe, sia spontanemante polarizzato in senso Th2, se assenti in coltura ligandi dei TLRs (9). Sempre in tal senso è impor-tante sottolineare che soggetti non allergi-ci posseggono una risposta naturale con-tro i maggiori allergeni inalanti, come ad

esempio Der p1, polarizzata in senso Th1 (10). Questo dato è stato osservato anche per allergeni alimentari: in particolare è stato dimostrato di recente che bambini non allergici alle arachidi posseggono ri-sposte di tipo Th1 verso gli allergeni di tali frutti, contrariamente ai bambini sen-sibilizzati alle arachidi che, come noto, posseggono risposte di tipo Th2 verso tali allergeni. Da notare in fine che i bambi-ni allergici alle arachidi, che durante la crescita perdono spontaneamente questa sensibilizzazione, concordemente svi-luppano una risposta arachide-specifica orientata in senso Th1 (11). Tuttavia successivamente all’ipotesi del-la mancata immunodeviazione si è fatta strada un’altra teoria per spiegare il con-tinuo aumento della prevalenza delle ma-lattie allergiche nei paesi sviluppati, basa-ta su un difetto di linfociti T regolatori. A sostegno di tale ipotesi vi sarebbe anche un dato epidemiologico, ossia nei paesi occidentalizzati si osserva, oltre all’au-mento di malattie allergiche, una maggio-re prevalenza, ed incidenza di malattie au-toimmuni ed infiammatorie (condizioni

summary

ent theories have been proposed as the biologic basis to explain the hygiene hypothesis. The immune deviation theory assess that the pathologic Th2 response is the result of a defective differentiation of Th naïve lymphocytes toward the Th1 phenotype (missing immune devia-tion). On the contrary the immune regulation theory affirms that the development of the Th2 response in atopic subjects is due to a deficient function/number of T regulatory cells (missing immune regulation). In both cases the exposure to pathogen associated molecules, in the first years of life, is considered a crucial step to prevent the allergic response.The role of both immune deviation and immune regulation in the control of allergy is sup-ported by a consistent number of scientific evidences, and it is opinion of the author that one position does not exclude the other. The present article analyses the scientific data on the field, and aims to propose an unitary vision of the problem.

Possibili risposte T helper agli allergeniFigura 1

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caratterizzate da prevalente polarizzazio-ne linfocitaria in senso Th1/Th17), qua-li il diabete mellito di tipo I, la sclerosi multipla e le malattie infiammatorie cro-niche dell’intestino (12). A questa osser-vazione inoltre si accompagna il dato che nei paesi sottosviluppati la prevalenza di allergia è relativamente bassa, nonostante l’alta prevalenza di infestazioni da elminti che, orientando la risposta linfocitaria in senso Th2, dovrebbero favorire il manife-starsi di malattie allergiche. Per spiegare tale incongruenza viene riportata la pro-duzione di citochine immunosoppressive (IL-10 e TGF-b in particolare) causata dal cronicizzare dell’infestazione (13). In conclusione l’associazione epidemio-logica tra allergia e ridotta esposizione a prodotti microbici durante la gravidanza

e/o il primo anno di vita (ipotesi igieni-ca) non viene spiegata con una mancata “immunodeviazione”, ma con una man-cata “immunoregolazione”, ossia con una ridotta funzione dei linfociti T regolatori, che risulterebbero scarsamente attivati in condizioni ambientali di tipo urbano. Tornando ai dati epidemiologici a favore dell’ipotesi della mancata immunorego-lazione, notiamo che Bach (12) riporta che nei paesi occidentalizzati oltre al net-to incremento delle malattie allergiche è presente anche un aumento delle malattie autoimmuni nel periodo compreso tra gli anni ’50 ed il 2000. Ciò viene ricondotto ad un difetto a carico dei linfociti T rego-latori, a cui conseguirebbe sia l’aumento delle malattie allergiche (Th2 mediate) che di quelle autoimmuni o infiamma-

torie croniche (Th1/Th17 mediate). Tuttavia il dato epidemiologico riportato in questo studio è materia di dibattito, in quanto l’entità della prevalenza delle allergie e del loro progressivo incremen-to negli anni non appaiono quantitati-vamente confrontabili con la prevalenza e l’incidenza delle malattie autoimmuni o delle malattie infiammatorie croniche riportate: sclerosi multipla, malattia di Crohn, diabete mellito di tipo I. Inoltre l’incremento della prevalenza dei casi di sclerosi multipla e di malattia di Crohn appare correlabile anche ai migliori mezzi diagnostici disponibili e sempre più dif-fusi nelle ultime decadi: in particolare risonanza magnetica nucleare ed endo-scopia del tratto digerente. Riguardo ai dati di Yazdanbakhah (13) viene riporta-to che la popolazione delle aree geografi-che maggiormente colpite da infestazioni parassitarie ha una minore prevalenza di prick tests positivi per i più comuni al-lergeni ambientali; tuttavia emerge anche che le relative IgE specifiche a livello sie-rico sono presenti con prevalenza analoga a quella delle aree industrializzate, sugge-rendo che in realtà la risposta allergica ha avuto luogo anche in soggetti affetti da parassitosi. In ogni caso esistono abbon-danti dati sperimentali che sottolineano il ruolo dei linfociti T regolatori (Treg) nel controllo delle malattie allergiche.Linfociti T regolatori: I Treg si dividono in due categorie: i Treg nativi e i Treg adattivi. I primi sono linfociti T che ac-quisiscono il loro fenotipo regolatorio già a livello timico, mentre i secondi vengono dismessi dal timo come lin-fociti T helper naive e, una volta giunti negli organi linfoidi secondari, acquisi-scono il fenotipo regolatorio in seguito

In assenza di PAMPs (patogen associated molecular patterns) la cellula dendritica (DC)non pro-duce stimoli in grado di polarizzare il linfocita T naive verso il fenotipo Th1 quali IL-12, IL-23, IL-27 (oltre a fattori di membrana). In assenza di PAMPs risulta inoltre inibita l’induzione del tipo regolatorio Tr1. In tale condizione la DC favorisce, in soggetti geneticamente predisposti, la generazione di linfociti T helper allergene specifici orientati in senso Th2.

Th 2T CD4naiveDC

Allergene

IL-4IL-5IL-9IL-13

IL-10...

Th1

Tr1

T CD4naiveDC

AllergeneIFN-g

IL-12...PAMPs

IL-10

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al riconoscimento dell’antigene in con-dizioni micro ambientali particolari. I Treg nativi hanno un immunofenotipo caratteristico, essendo linfociti T CD4+ caratterizzati dall’intensa espressione di membrana della molecola CD25 (catena alfa del recettore della IL-2) e del fattore di trascrizione Foxp3 (forkhead winged-helix transcriptional factor box p3). Tali linfociti sembrano svolgere la loro azio-ne regolatoria essenzialmente attraverso molecole di membrana, quali il TGF-b ed il CTLA-4 (14, 15), anche se recen-temente, almeno nel modello murino, è stato proposto un ruolo da parte di una citochina: IL-35 (16, 17). I Tregs adat-tivi invece si distinguono essenzialmente in linfociti Th3, produttori di TGF-b e linfociti Tr1, produttori di IL-10 (ma an-che di basse quantità di TGF-b, IFN-g e IL-5) (18). I Treg CD25+FOXP3+ sono rivolti essenzialmente al controllo delle risposte verso auto antigeni, sebbene re-centemente siano stati evidenziati Treg nativi provvisti di specificità per antigeni esogeni ed allergeni (19.). Uno studio di tipo genetico (20) evidenzia come poli-morfismi dovuti a variazioni a livello di un singolo nucleotide del gene foxp3 sia-no associati ad una maggiore incidenza di allergie. Tuttavia al momento sono neces-sari ulteriori studi per definire con certez-za il ruolo delle Treg native nel controllo della risposta allergica. Maggiori sono i dati di letteratura ri-guardo al ruolo dei Treg di tipo adattivo nel controllo delle malattie allergiche, in particolare tali studi vertono sui Tr1, che come detto sono caratterizzati dalla pro-duzione di IL-10. In particolare Meiler e colleghi (21) hanno dimostrato che negli apicoltori, durante la stagione della rac-

colta del miele, e quindi nel periodo di maggiore esposizione alle punture di ape, aumentano progressivamente i linfociti Tr1 allergene specifici circolanti. A tale fenomeno si accompagna una progres-siva riduzione dell’attività proliferativa e della produzione di citochine da parte dei linfociti Th2-, e anche Th1-allergene specifici, dopo stimolo allergenico in vi-tro. Queste modificazioni biologiche si accompagnano ad una maggiore laten-za e ad una ridotta intensità delle rea-zioni a punture di api. In ogni caso va sottolineato che tali variazioni cliniche fanno riferimento a reazioni locali e in particolare a quelle ritardate quindi T-dipendenti e non IgE mediate. Dopo la fine della stagione di raccolta del miele la tolleranza indotta viene gradualmente persa, raggiungendo la situazione iniziale in 2-3 mesi. Riguardo alle allergie respiratorie, è sta-to evidenziato che nel liquido di lavag-gio broncoalvolare di pazienti asmatici è presente una minore quantità di IL-10 rispetto ai controlli sani, e i linfociti T circolanti ottenuti da bambini allergici producono, dopo stimolo allergenico in vitro, minori quantità di IL-10 e mag-giori quantità di citochine Th2 rispetto a bambini sani di controllo (22) Analogamente Bullens e collaboratori hanno evidenziato che i linfociti T helper allergene-specifici ottenuti dal sangue pe-riferico di soggetti allergici, in risposta a stimolo allergenico, producono citochine Th2, mentre i linfociti di soggetti sani, in risposta allo stesso stimolo, producono IFN-g ed IL-10 (23) In fine è stato ripor-tato che i Treg di tipo Tr1 sono in grado di inibire l’innesco della risposta immu-nitaria da parte delle cellule dendritiche

(DC) sia quando questa è orientata in senso Th1 che Th17 che Th2, (24) e che hanno un ruolo diretto nell’inibizione della sintesi di citochine Th2 (25). Inol-tre è stato dimostrato che i Tr1 possono controllare la flogosi allergica anche in-teragendo direttamente con i mastociti, con i granulociti eosinofili e basofili (25, 26) e possono anche interagire diretta-mente con cellule tessutali residenti, in-tervenendo sui processi di rimodellamen-to delle vie aeree (27).

immunoterapiaspecifica e meccanismi di immunoregolazione/

immunodeviazione

L’immunoterapia specifica è ad oggi l’unico trattamento in grado di influire sul decorso naturale delle allergie respira-torie (28), come dimostrato da vari studi randomizzati, controllati e condotti in doppio cieco (29-33). In particolare la ITS è in grado di migliorare, in alcuni casi di far regredire, i sintomi dell’allergia (34), previene la sensibilizzazione verso nuovi allergeni (35) e riduce la frequenza di comparsa di asma bronchiale in pa-zienti affetti da rinocongiuntivite allergi-ca (36, 37). Sebbene l’efficacia clinica della ITS sia ormai ampiamente dimostrata, gli effet-ti biologici attraverso i quali tale trat-tamento agisce sono ancora materia di dibattito. In particolare negli anni ‘90 si riteneva che l’effetto terapeutico della ITS risiedesse essenzialmente nell’immu-nodeviazione indotta da tale trattamento nei confronti dei linfociti Th2 specifici per l’allergene/allergoide somministrato (28, 38).

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Più recentemente, nuovi studi hanno prodotto vari dati a favore di un coinvol-gimento diretto dei linfociti Treg nell’ef-fetto terapeutico della ITS. Nell’ambito dei Treg il tipo cellulare maggiormente coinvolto risulta essere nuovamente il linfocita Tr1 (39-41). Nella prima fase di questo dibattito scientifico, che ha visto contrapposta ancora una volta l’immu-nodeviazione all’immunoregolazione, le due posizioni apparivano nettamente separate e non conciliabili. Negli ultimi anni tuttavia sta emergendo il concetto che i due fenomeni non si escludono vi-cendevolmente e, anzi, è probabile che coesistano, tanto nel controllo fisiologico delle allergie, che nei meccanismi di fun-zionamento della ITS. In particolare una ricerca condotta dalla Scuola di Immunoallergologia di Firen-ze (42) effettuata su pazienti affetti da oculorinite perenne, con sensibilizzazio-ne all’acaro della polvere, ha evidenzia-to come i pazienti sottoposti a terapia

iposensibilizzante per via sublinguale, abbiano manifestato, oltre ad un miglio-ramento clinico, associato a riduzione dell’utilizzo di farmaci sintomatici, una progressiva riduzione delle IgE allerge-ne specifiche, una ridotta proliferazione linfocitaria in vitro in risposta all’aller-gene, con un aumento significativo della produzione di IL-10 e di IFN-g. Analo-gamente Christian Mobs e colleghi (43) hanno evidenziato di recente che soggetti affetti da oculorinite allergica, sensibili al polline di betulla e sottoposti ad immu-noterapia specifica per via sottocutanea, dopo i primi tre mesi di trattamento ma-nifestavano una riduzione significativa della rapporto tra linfociti Th2 e linfo-citi Tr1; dopo un anno di trattamento si verificava un decremento significativo anche del rapporto Th2/Th1. Consen-sualmente a questo secondo evento gli autori hanno registrato una significativa riduzione dei sintomi indotti dal test di provocazione nasale.

conclusione

Le evidenze scientifiche indicano ormai in modo chiaro che sia i soggetti sani che quelli allergici possiedono linfociti T circolanti specifici per i vari allergeni ambientali, pertanto in entrambi ha luo-go una risposta immunitaria verso tali molecole, la differenza tra soggetti sani ed allergici risiede quindi nella qualità della risposta linfocitaria. In una prima fase storica, negli anni ’90, la comunità scientifica aveva messo in evidenza come la risposta allergica dipendesse da uno sbilanciamento del rapporto tra linfociti effettori Th1 e Th2 a favore di questi ulti-mi; negli anni 2000 invece si è affermato con più forza il concetto che l’alterazione biologica alla base della risposta allergica fosse una insufficiente regolazione da par-te di linfociti regolatori adattivi di tipo Tr1 su linfociti effettori di tipo Th2. Tuttavia al momento attuale, grazie anche alla presenza di molti lavori di base che fo-calizzano la propria ricerca sia sulla com-ponente T effettrice che T regolatoria, appare possibile affermare che entrambe le visioni, se prese in modo isolato, sono incomplete e che la risposta allergica sca-turisce sia da un alterato bilanciamento nell’ambito della risposta effettrice (Th1 v.s. Th2), sia ad una ridotta risposta re-golatoria (Tr1). La base biologica di ciò risiede verosimilmente nel fatto che lo stimolo ambientale in grado di indur-re linfociti Th1 e linfociti Tr1 è in ogni caso costituito da molecole di derivazione batterica in grado di legare i TLR delle cellule presentanti l’antigene in particola-re. E’ infatti noto che la stimolazione dei TLR in una prima fase induce citochine proinfiammatorie Th1 inducenti, tra cui

Bilanciamento tra fenotipi T helper e T regolatori allergene specifici nei soggetti atopici e negli individui sani

Figura 2

Th2Th2Th2Th2

Tr1

Th1 Th1Th1

Th1

Th1

Th1

Th1

Th1

Th2

Soggetto atopico • Soggetto non atopico• Soggetto atopico dopo TIS

T naiveDC

Allergene Th2 Th2

Tr1Tr1

Tr1 Tr1

Tr1Tr1

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ricordiamo IL-12, ma successivamente la produzione di tali citochine si riduce, a favore della sintesi di IL-10, implicata nell’induzione del fenotipo Tr1 (figura 1). In conclusione nei soggetti sani vie-ne evidenziata una risposta maggiormen-

te sbilanciata verso il fenotipo Th1, con una componente regolatoria di tipo Tr1 ben rappresentata, mentre nei soggetti allergici prevale la risposta Th2 con la componente regolatoria Tr1 scarsamente rappresentata.

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La terapia iposensibilizzante specifica, sembra amplificare entrambi i meccani-smi fisiologici di controllo della risposta allergica, inducendo sia una immunode-viazione, che una immunoregolazione al-lergene specifica (figura 2).

9. Liotta F, Frosali F, Querci V, Mantei A, Filì L, Maggi L, Mazzinghi B, Angeli R, Ronconi E, Santarlasci V, Biagioli T, Lasagni L, Ballerini C, Parronchi P, Scheffold A, Cosmi L, Maggi E, Romagnani S, Annunziato F. Human immature myeloid dendritic cells trigger a TH2-polarizing program via Jagged-1/Notch interactionJ Allergy Clin Immunol 2008;121(4):1000-1005.10. Romagnani S. Immunologic influences on allergy and the TH1/TH2 balance.J Allergy Clin Immunol 2004;113:395-400.11. Turcanu V, Maleki SJ, Lack G. Characteriza-tion of lymphocyte responses to peanuts in nor-mal children, peanut-allergic children, and aller-gic children who acquired tolerance to peanuts. J Clin Invest 2003;111:950-952.12. Bach JF. The effect of infections on suscepti-bility to autoimmune and allergic diseases. New Engl J Med 2002; 347:911–920.13. Yazdanbakhah M, Kremsner PG, van Ree R. Allergy, parasites, and the hygiene hypothesis.Science 2002; 296:490–494.14. Annunziato F, Cosmi L, Liotta F, Lazzeri E, Manetti R, Vanini V, Romagnani P, Maggi E, Ro-magnani S.Phenotype, localization, and mechanism of sup-pression of CD4(+)CD25(+) human thymocytes.J Exp Med 2002;196(3):379-387.15. Liotta F, Cosmi L, Romagnani P, Maggi E, Ro-magnani S, Annunziato F.Functional features of human CD25+ regulatory

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Allergie ed intolleranze alimentari

Eleonora Nucera, Valentina Pecora, Alessandro Buonomo, Tiziana De Pasquale, Vito Sabato, Amira Colagiovanni, Angela Rizzi, Arianna Aruanno, Lucilla Pascolini, Anna Giulia Ricci, Domenico Schiavino

Servizio di AllergologiaPoliclinico A. Gemelli RomaDirettore Prof. D. Schiavino

Food allergy and intolerance

introduzione

Si definisce reazione avversa ad un alimen-to ogni reazione indesiderata ed imprevista che fa seguito all’ingestione dell’alimento. Tali reazioni possono essere suddivise in reazioni di tipo tossico e in reazioni da ipersensibilità (figura 1) (1). Le reazioni di tipo tossico sono causate da sostanze che possono contaminare gli alimenti e si con-traddistinguono per essere dose-dipenden-ti, coinvolgendo così tutti quei soggetti che ne assumono dosi sufficientemente elevate. In tale ambito possiamo distinguere vari tipi di contaminazione:

Contaminazione da pesticidi i quali ri-mangono all’interno degli alimenti duran-te i processi di produzione;

Contaminazione da sostanze tossiche naturali (spore di fitomiceti contaminanti i cibi mal conservati, tossine responsabili dell’avvelenamento da funghi come la mu-scarina, l’acido ibotenico, la giromitrina e l’orellanina);

Contaminazione batterica (ad esempio tossine batteriche in cibi avariati o istami-

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riassunto

Parole chiave e sigle:• Allergia alimentare • Intolleranza alimentare • Test in vivo e in vitro• Diete di eliminazione • Test di provocazione orale • Trattamento desensibilizzante specifico

Le reazioni avverse agli alimenti possono essere suddivise in reazioni di tipo tossico e in reazioni da ipersensibilità. Le reazioni da ipersensibilità agli alimenti possono essere inserite nell’ambito delle allergie alimentari nel caso in cui sia possibile dimostrare un meccanismo immunolo-gico. Tutte le altre tipologie di reazioni, che in passato venivano inquadrate nell’ambito delle intolleranze alimentari, sono ora denominate reazioni da ipersensibilità ad alimenti di tipo non allergico, distinte in farmacologiche, enzimatiche ed indefinite.Circa il 20% della popolazione riferisce una reazione avversa ad alimenti, ma è possibile dimo-strare un’allergia alimentare IgE-mediata solo nello 0,5-3,8% nell’ambito dell’età pediatrica e nello 0,1-1% degli adulti, con reazioni anche mortali. L’iter diagnostico prevede come procedure principali: l’esecuzione di test cutanei con gli estratti del commercio e con gli alimenti freschi, il dosaggio delle IgE alimento-specifiche, le diete di eliminazione ed, infine, il test di provocazione orale in doppio cieco controllato con placebo; sono disponibili anche altre procedure non validate che però creano confusione nei pazienti e nei medici. Il trattamento dell’allergia alimentare dell’allergia alimentare è ancora molto di-battuto. I farmaci impiegati nel trattamento sintomatico dell’allergia alimentare comprendono gli antistaminici, i corticosteroidi e se necessario, nel caso di anafilassi, l’adrenalina. Il sodio cromoglicato può essere impiegato in via profilattica anche se non vi sono studi controllati che ne attestino l’efficacia. L’unico trattamento eziologico dell’allergia alimentare è rappresentato dalla desensibilizzazione. Il trattamento desensibilizzante specifico per via sublinguale-orale è impiegato correntemente dal nostro gruppo per trattare pazienti con allergia alimentare con una notevole percentuale di successi.

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summary

Key words and acronyms• Adverse food reactions • in vivo and in vitro tests • Elimination diets• Oral food challenge • Specific desensitization

Adverse food reactions (AFRs) can be divided into toxic and hypersensitivity reactions (HRs). When an immunologic mechanism has been demonstrated, hypersensitivity food reactions should be referred to as food allergy. All other reactions, previously referred to as food intoler-ance, should be called non allergic food hypersensitivity (pharmacologic, enzymatic, undefined).About 20% of people report an AFR, but food allergy affects about 0.5–3.8% of the paediatric population and 0.1–1% of adults, and as well may cause life-threatening reactions. Skin prick testing with food extracts and with fresh foods, the measurement of food-specific IgE, elimi-nation diets and a double-blind, placebo-controlled food challenge are the main diagnostic procedures; many nonvalidated procedures are available, creating confusion among patients and physicians. The treatment of food allergy is still a matter of debate. Antihistamines, cor-ticosteroids and, if necessary (in case of anaphylaxis), epinephrine, are the drugs of choice for the treatment of symptoms of food allergy. Sodium cromolyn may be used prophylactically even though there are no controlled studies certifying its efficacy. The only etiologic treat-ment of food allergy is specific desensitization. Sublingual-oral specific desensitization has been used by our group for the treatment of food-allergic patients with a high percentage of success.

La frazione allergenica degli alimenti è generalmente costituita da glicoproteine termostabili ed idrosolubili, aventi peso molecolare compreso fra 10 e 70 kD.Fra le principali proteine responsabili di una sensibilizzazione allergica ad alimen-ti, vanno ricordate: l’a-lattoalbumina, la b-lattoglobulina e le caseine per il latte; l’ovomucoide, l’ovotransferrina e l’oval-bumina per l’uovo; la parvalbumina per il pesce; la tropomiosina per i crostacei; la vicillina, la glicinina e la conglutina per l’arachide; la vicillina e la conglicinina per la soia. Per quanto riguarda l’allergia ad alimenti di origine vegetale è frequente il riscontro di fenomeni di cross-reattività tra più alimenti appartenenti a famiglie botaniche differenti, come conseguenza della sensibilizzazione ad allergeni ubi-quitari (panallergeni) quali ad esempio le profiline, l’albumina 2S e le “Lipid Tran-sfer Proteins” (LTP). Queste ultime, in particolare, sono una famiglia di proteine monomeriche che si concentrano preva-lentemente nella buccia della frutta fre-sca, ma si riscontrano anche nei vegetali e nella frutta secca, resistenti alla digestione peptica e al calore. La stabilità delle LTP le rende potenzialmente capaci di indurre gravi reazioni sistemiche. Non vanno inoltre trascurate le proteine del lattice, quali Hev b 2, Hev b 6 (hevei-na), Hev b 7 (patatina) e le chitinasi di classe I che, a causa della nota cross-re-attività con le proteine di alcuni alimenti vegetali, possono determinare l’insorgenza della Sindrome Latex-fruit; e i fenomeni di cross-reattività tra pollini (soprattutto della betulla e delle composite) e le protei-ne di alcuni alimenti vegetali responsabili della Sindrome Allergica Orale.Il nichel (e in minore misura anche il cro-

na prodotta da batteri inquinanti il pesce avariato per difetto di conservazione, re-sponsabile per esempio dell’avvelenamen-to da sgombroidi).Le reazioni da ipersensibilità sono reazioni generalmente imprevedibili che colpisco-no soggetti predisposti: vengono divise in reazioni di natura allergica quando è pos-sibile evidenziare un meccanismo immu-nologico, sia esso IgE- o non IgE-mediato, e in reazioni di natura non allergica.Le reazioni da ipersensibilità di natura non allergica comprendono quelle defini-te anche come intolleranze alimentari, che possono essere da deficit enzimatici (fra cui l’intolleranza al lattosio e il deficit di G6PD), farmacologiche (presenza di ista-mina o di sostanze istamino-liberatrici) o

indefinite (cioè senza un meccanismo pa-togenetico conosciuto o dimostrabile).La prevalenza dell’allergia alimentare IgE-mediata in Europa può essere stimata in-torno allo 0,5-3,8% nell’età pediatrica e all’1% negli adulti (2) (figura 1).

eziologia

Il latte, le uova, le arachidi (soprattutto negli Stati Uniti, a causa del largo consu-mo di burro di arachidi), il pesce, la soia e il frumento sono responsabili di circa il 90% delle reazioni allergiche ad alimen-ti in età pediatrica. Le arachidi, il pesce, i molluschi e le nocciole sono invece re-sponsabili di circa l’85% delle reazioni al-lergiche ad alimenti negli adulti.

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mo e il cobalto) è un metallo ubiquitario che può essere ritrovato naturalmente, soprattutto in alimenti vegetali e come contaminante, soprattutto negli alimenti inscatolati. Esso è frequentemente respon-sabile di dermatiti allergiche da contatto, ma in una piccola parte di questi soggetti può essere responsabile di sintomi sistemi-ci (gastrointestinali e/o cutanei) quando ingerito con gli alimenti, determinando quel quadro clinico identificato con il ter-mine SNAS (Systemic Nickel Allergy Syn-drome) (12, 34).Gli zuccheri sono i principali responsabili delle intolleranze alimentari di tipo enzi-matico; tra i quali i più frequentemente coinvolti sono lattosio, fruttosio, trealo-sio, sucrosio e sorbitolo. Gli additivi alimentari, sostanze impiegate nell’industria alimentare durante la pre-parazione, lo stoccaggio e la commercia-lizzazione di prodotti destinati all’alimen-tazione, possono provocare l’insorgenza di sintomi sistemici, asma bronchiale, orticaria come nel caso del glutammato monosodico (correlato alla sindrome del ristorante cinese), del metabisolfito e della tartrazina. Tali reazioni non sono mediate da anticorpi di classe IgE e possono essere riprodotte in corso di challenge orali con l’additivo incriminato.Le intolleranze di tipo farmacologico sono invece causate dalla presenza di amine vasoattive (soprattutto l’istamina) negli alimenti.

patogenesi

Le reazioni allergiche ad alimenti avven-gono nella maggior parte dei casi con un meccanismo IgE-mediato (di I tipo secon-do la classificazione di Coombs e Gell).

Il ruolo degli altri meccanismi è tuttora scarsamente dimostrato. Fa eccezione l’al-lergia sistemica al nichel che riconosce un meccanismo patogenetico cellulo-mediato (di IV tipo).La patogenesi dell’allergia alimentare con-siste in una risposta anomala del sistema immunitario mucosale ad antigeni intro-dotti nell’organismo per via orale.Il sistema immunitario mucosale viene abitualmente a contatto con una grande varietà di antigeni e normalmente è in grado di sopprimere la risposta immune nei confronti di quelli non patogeni (quali le proteine degli alimenti e i batteri com-mensali), attraverso l’azione di un sistema complesso di elementi che limitano il pas-saggio di antigeni estranei, costituito dalla barriera mucosale gastrointestinale (a sua volta costituita dagli enterociti uniti dalle “tight junction”, dallo strato di muco che

li ricopre, dai sali biliari e dagli enzimi de-putati alla scissione delle macromolecole) che agisce da barriera fisica, e dalle cellule che appartengono sia all’immunità innata (cellule natural killers, leucociti polimor-fonucleati, cellule epiteliali, macrofagi) che all’immunità adattativa (linfociti intraepi-teliali e della lamina propria, placche del Peyer, IgA secretorie, citochine) che agisco-no quale barriera dinamica.Nonostante questa complessa barriera mu-cosale, è stato dimostrato che anche nel soggetto normale il 2% circa degli antigeni alimentari è in grado di superarla e di dif-fondere pertanto nell’organismo. Inoltre, l’immaturità o alterazioni di uno o più dei costituenti di tale barriera (come accade ad esempio nei bambini, nei quali l’attivi-tà enzimatica non è ottimale e il sistema delle IgA secretorie non è completamente sviluppato fino ai 4 anni) possono predi-

Non IgE-mediate(allergia sistemica al nichel, morbo celiaco)

Tossiche

IgE- mediateEnzimatiche

Farmacologiche

Indefinite

Immuno-mediate(allergia alimentare)

Non immuno-mediate(intolleranza alimentare)

Da ipersensibilità

reazioni avverse agli alimenti

Figura 1 Classificazione delle reazioni avverse ad alimenti

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sporre al passaggio in circolo di molecole antigeniche. Nei confronti degli antigeni alimentari che riescono a superare intatti il tratto gastrointestinale, normalmente intervengono dei “sistemi di tolleranza im-munologica” quali la soppressione mediata da cellule T regolatorie (che impediscono l’insorgenza di manifestazioni cliniche nel-la maggior parte degli individui mediante la produzione di citochine solubili o di su-perficie, come l’IL-10, l’IL-4 e il TGF-b), l’anergia clonale o la delezione clonale.

intolleranze

Le intolleranze di natura enzimatica sono causate invece dall’incapacità di metabo-lizzare alcune sostanze contenute negli alimenti. Le alterazioni del metabolismo dei carboidrati da deficit enzimatico (come l’intolleranza al lattosio, al fruttosio, al tre-alosio, etc) possono essere primitive, cioè geneticamente determinate, o secondarie a malattie del tratto digerente (morbo celia-co, morbo di Crohn, infezioni gastrointe-stinali, ecc.). In seguito al malassorbimen-to, gli zuccheri non digeriti raggiungono il colon ove vengono fermentati dalla flora batterica con produzione di gas (idrogeno, anidride carbonica e talvolta metano) e di acidi grassi a catena corta con richiamo di liquidi nel lume intestinale tramite un meccanismo di tipo osmotico.Le intolleranze alimentari farmacologiche sono generalmente causate dalla presenza in alcuni alimenti di sostanze quali amine vasoattive (istamina, tiramina, serotonina, dopamina, feniletilamina, ecc.) e metil-xantine (caffeina, teofillina, teobromina). L’istamina viene metabolizzata da una dia-minossidasi prodotta nel tratto gastrointe-stinale e una diminuzione dell’attività di

questo enzima può causare l’insorgenza dei sintomi. La patogenesi delle reazioni av-verse agli additivi alimentari è attualmente sconosciuta.

sintomi

L’allergia alimentare può essere responsa-bile di segni e sintomi a carico di diversi organi ed apparati: può causare manife-stazioni a carico della cute, dell’apparato respiratorio, dell’apparato gastrointestinale e sistemiche ( 3).

1. L’orticaria acuta (caratterizzata dalla comparsa di lesioni pomfo/eritematose pruriginose), associata o meno ad an-gioedema, è la manifestazione cutanea più frequente. Al contrario l’orticaria cronica (sintomi che durano per più di 6 settimane) è raramente causata da un’allergia alimentare (ad eccezione dell’allergia sistemica al nichel solfato).

2. A carico dell’apparato gastrointestina-le, soprattutto nei bambini, si possono verificare nausea, meteorismo, dolori addominali crampiformi, vomito e diarrea. Generalmente tali manifesta-zioni cliniche non si presentano isola-tamente, ma insieme al coinvolgimento di altri apparati (tabella 1).

3. L’allergia alimentare può essere respon-sabile anche di manifestazioni respira-torie: rinocongiuntivite (prurito ocu-lare, lacrimazione, iperemia congiunti-vale, ostruzione nasale, rinorrea, star-nuti) e/o asma (tosse, respiro sibilante, dispnea), più o meno associati ad altre manifestazioni allergiche.

4. Va sottolineato che l’allergia alimen-tare è responsabile di circa il 30-50% dei casi di anafilassi visti nei reparti di pronto soccorso. In questi casi, oltre alle manifestazioni sopra menzionate, il paziente presenta anche un coinvol-gimento del sistema cardiovascolare

Organi ed apparati Sintomi

apparato respiratorio • oculorinite • asma bronchiale • edema della glottide

cute e sottocute • rash eritematoso • prurito senza eritema • orticaria-angioedema • dermatite atopica • eczema

apparato gastro-enterico • dolori addominali • vomito • diarrea

apparato cardio-circolatorio • ipotensione • sincope • arresto cardiaco

Tabella 1 Principali sintomi dell’allergia alimentare

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(ipotensione, aritmie cardiache, shock); nella donna occorre tener presente an-che la possibilità che si verifichino delle contrazioni uterine, a causa dell’azione dell’istamina sul miometrio.

5. L’anafilassi da esercizio fisico indotta da alimenti (da differenziare dall’anafilassi da esercizio fisico sensu stricto, che pre-scinde dai processi digestivi e può per-tanto verificarsi a digiuno) è caratteriz-zata da sintomi sistemici (generalmente orticaria/angioedema, ma anche sinto-mi a carico dell’apparato respiratorio e gastrointestinale, fino al coinvolgimen-to dell’apparato cardiocircolatorio) che si verificano durante uno sforzo fisico compiuto nelle 3 ore successive all’inge-stione di alimenti. Esistono due forme di anafilassi da esercizio fisico indotta da alimenti: in una, l’anafilassi si verifica indipendentemente dal tipo di alimento ingerito mentre nell’altra vi è una con-comitante sensibilizzazione IgE-media-ta ad uno o più alimenti. In entrambi i casi, lo sforzo fisico fatto a stomaco vuoto, non provoca alcuna reazione. Nella forma associata a sensibilizzazio-ne IgE-mediata ad alimenti, l’ingestione dell’alimento responsabile non provoca sintomi se non associata allo sforzo.

6. La sindrome allergica orale, causata da proteine vegetali cross-reagenti con allergeni pollinici, è caratterizzata dal-la comparsa di prurito orale, vellichio faringeo e/o edema delle labbra, del pa-lato e della lingua; i sintomi sistemici sono meno comuni.

La sindrome latex-fruit si presenta con sin-tomi a carico del cavo orale o sintomi siste-mici come l’orticaria-angioedema, l’asma bronchiale fino all’anafilassi (tabella 1).

diagnosi

L’approccio diagnostico a un paziente con una reazione avversa ad un alimento inizia con un’accurata storia clinica e con l’esame obiettivo, durante i quali è fondamentale identificare il o gli alimenti sospetti, l’even-tuale concomitanza di fattori scatenanti (esercizio fisico, assunzione di farmaci come l’acido acetil-salicilico, l’ingestione di alcool), la gravità dei sintomi sviluppati, la concomitante presenza di altre patologie di natura allergica (allergia al lattice o der-matite allergica da contatto) (4).Durante l’esame obiettivo, oltre a valutare le condizioni cliniche generali del pazien-te, vanno esaminati in modo particolare la cute e gli apparati gastrointestinale e respiratorio in quanto più frequentemente coinvolti dall’allergia alimentare.

test cutanei

I prick test (PT) sono il primo esame dia-gnostico che si effettua su un paziente con anamnesi positiva per reazioni avverse ad alimenti. I PT vengono eseguiti ponendo una goccia dell’estratto allergenico sulla superficie volare dell’avambraccio e facen-dolo poi penetrare negli strati superficiali del derma con una lancetta dotata di una punta sottile di un mm di lunghezza. La lettura viene effettuata dopo 15-20 minu-ti. Una reazione pomfoide avente un dia-metro di almeno 3 mm superiore a quello indotto dal controllo negativo è da consi-derarsi positiva.I PT vanno prima eseguiti con estratti al-lergenici del commercio (quando disponi-bili) e poi con l’alimento fresco (metodo prick by prick). I PT con alimento fresco si effettuano pungendo con la lancetta prima

l’alimento e poi la cute oppure la cute ove è stato deposto l’alimento.In caso di manifestazioni cliniche apparen-temente non correlate ad un alimento par-ticolare, come l’orticaria cronica o disturbi gastrointestinali non giustificati da altera-zioni enzimatiche o dismicrobismi intesti-nali, è importante escludere un’eventuale allergia di tipo ritardato a nichel, cromo o cobalto, mediante l’esecuzione dei patch test con tali metalli (ponendoli a contatto con la cute per 48-72 ore); il test si con-sidera positivo se si verifica una reazione infiltrativa cutanea di 1 cm di diametro.Gli Atopy Patch Test (APT) sono una nuova metodica diagnostica introdotta per mi-gliorare la diagnosi dell’allergia alimentare e della dermatite atopica. Si eseguono nello stesso modo descritto per i patch test, con la sola differenza che vengono utilizzati allergeni noti come in grado di provocare reazioni di tipo IgE-mediato e non cellulo-mediato. Gli APT con allergeni alimentari (soprat-tutto uovo, latte, frumento e arachide) possono essere utili per diagnosticare un’al-lergia alimentare nei pazienti con derma-tite atopica, ma sono necessari studi mul-ticentrici su grosse casistiche per stabilire modalità di esecuzione e validità.

ige specifiche

Il dosaggio delle IgE specifiche rappre-senta il passo successivo e complementa-re ai prick test, per effettuare la diagnosi di allergia alimentare. È da considerarsi invece il test di primo livello nei pazienti con spiccato dermografismo, nei pazienti con malattie cutanee estese (ad esempio la dermatite atopica) e nei pazienti che non possono interrompere la terapia an-

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tistaminica. Questa tipologia di test non è caratterizzata da un’elevata specificità in quanto non è così infrequente trovare in-dividui con IgE specifiche per un alimento che tollerano correntemente, ma è dotata di un’elevata sensibilità. Uno dei test at-tualmente più usati è l’UniCAP (Phadia – Uppsala - Sweden) che prevede l’impiego di una fase solida di piccolo volume ma con ampia superficie cui gli allergeni sono stati legati in maniera covalente (Immuno CAP). La fase solida viene fatta reagire per circa 30’ a 37°C con le IgE presenti nei campioni della curva di calibrazione (2, 10, 50, 200, 1000 e 5000 kU/l) o nel sie-ro/plasma dei campioni in esame (40 μl). Dopo adeguato lavaggio, si aggiungono anticorpi monoclonali anti-IgE coniugati con enzima (b-galattosidasi) per formare un complesso. Dopo l’incubazione di circa 1 ora, gli anticorpi anti-IgE-enzima non legati vengono eliminati tramite lavaggio e il complesso viene incubato per circa 10’ con il substrato di sviluppo (un derivato b-D-galattoside). Dopo l’arresto della rea-zione con sodio carbonato, viene misurata la fluorescenza del campione. Per la valuta-zione dei risultati, le risposte dei campioni sono trasformate in concentrazioni con l’uso della curva di calibrazione.In merito a tale metodica, Sampson e coll. osservarono che determinate concentrazio-ni sieriche di IgE specifiche erano in grado di predire una reattività clinica nei con-fronti di diversi allergeni di origine alimen-tare con una probabilità >95% ( 5, 6). Il raffronto tra dosaggio delle IgE specifiche, storia clinica e test di provocazione orale in doppio cieco ha permesso di identifi-care dei valori cut-off di IgE specifiche in modo da consentire la diagnosi di allergia alimentare con un valore predittivo positi-

vo pari al 95% senza dover ricorrere al test di provocazione, che comporta rischi per il paziente e lunghi tempi di esecuzione. Sono stati così identificati valori di cut-off pari a 6 kU/l per l’uovo, 32 kU/l per il latte, 15 kU/l per l’arachide e 20 kU/l per il pesce. Celik-Bilgili e coll. hanno cercato di stabi-lire per uovo, latte vaccino, soia e frumen-to degli analoghi valori di cut-off (7). Tali autori sono riusciti a confermare solo par-zialmente i dati di Sampson individuando valori di cut-off predittivi di un’allergia ali-mentare nel 95% dei casi pari a 12,6 kU/l per l’uovo e predittivi nel 100% dei casi per livelli di IgE specifiche per il latte vac-cino >50 kU/l.Nella nostra esperienza valori di cut-off pari a 1,07 kU/l per il latte vaccino, 0,65 kU/l per l’uovo sono predittivi di allergia alimentare nel 95% dei casi.

microarray e test dei basofili

Altre metodiche laboratoristiche, non im-piegate però routinariamente nella pratica clinica, includono il microarray proteomi-co e il test di attivazione dei basofili.Il microarray proteomico permette di svi-luppare multitest allergologici al fine di determinare e monitorare il complesso profilo di sensibilizzazione di un paziente attraverso un singolo esame e con un’esi-gua quantità di siero e di reagente. Rappre-senta uno degli approcci attualmente più innovativi per potenzialità di applicazioni e quantità di informazioni accessibili. Un peptide microarray è costituito da un sup-porto solido (slide) sul quale possono essere “spottati”, oltre ad allergeni, diversi rea-genti (proteine purificate, anticorpi, etc.)

in maniera ordinata e ad una specifica e de-finita densità. La possibilità di individuare il riconoscimento di epitopi antigenici da parte delle IgE di pazienti allergici, impie-gando come reagenti anticorpi monoclo-nali marcati, rappresenta sicuramente un valido strumento nell’ambito della diagno-stica allergologica. In riferimento all’aller-gia all’arachide, il gruppo di Sampson ha dimostrato che i pazienti con anamnesi positiva per reazione severa riconoscono un numero significativamente più alto di epitopi rispetto ai pazienti con anamnesi positiva per sole reazioni cutanee (p<0.01) e che la diversità degli epitopi riconosciuti correla in maniera diretta con la severità

• albicocche

• arachidi

• aragosta

• asparagi

• avena

• avocado

• broccoli

• cacao

• carote

• cavoli

• cipolle

• fichi

• fagioli

• farina

di grano intero

• funghi

• grano saraceno

• lattuga

• lenticchie

• lievito in polvere

• liquirizia

• mais

• mandorla

• margarina

• mitili

• nocciole

• noci

• ostrica

• patate

• pere cotte e crude

• piselli

• pomodori

• spinaci

• thè

Tabella 2 Dieta nichel-free (alimenti da evitare)

• Alimenti cotti e conservati in recipienti di metallo

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delle reazioni (8). Quindi lo sviluppo di questa tecnologia nel prossimo futuro de-terminerà un sostanziale aumento della co-noscenza dei meccanismi patogenetici alla base delle patologie immuno-allergiche, permettendo di effettuare diagnosi precoci ed approcci terapeutici mirati. Il test di attivazione dei basofili può ave-re importanti implicazioni nella diagnosi di allergia alimentare in quanto l’impiego della tecnica citofluorimetrica permette lo studio del fenotipo di attivazione dei basofili in vitro. Il CD63 viene impiegato come marker di attivazione dei basofili e tale tipologia di test si è rilevata essere un utile complemento ai test cutanei in quei soggetti ad esempio con cross-reattività tra pollini e alimenti. Ebo e coll. hanno stimato dell’88% e del 75% la sensibilità e la specificità del test di attivazione nella diagnosi di allergia crociata betulla-mela [9]. Risultati analoghi sono stati ottenuti da Erdmann e coll. in pazienti con segni di sensibilizzazione al polline di betulla e mela, carota o sedano, con una sensibili-tà del test che si attestava al 75% per la diagnosi di cross-reattività con la mela e la carota e al 65% con il sedano (10). Una corretta diagnosi di allergia IgE-me-diata o di intolleranza alimentare si basa, oltre che sui test cutanei ed in vitro, sulle diete di eliminazione che sono mirate ad abolire i sintomi presentati dal paziente in seguito all’ingestione dell’alimento incri-minato.Una dieta di eliminazione deve essere il più possibile mirata, vagliando attentamente i dati anamnestici del paziente e l’esito dei test cutanei e/o in vitro.Le diete di eliminazione vengono orientate dall’esito dell’esame allergologico.In caso di allergia ad un solo o a pochi ali-

menti la dieta sarà mirata alla loro esclu-sione e all’esclusione di tutti i cibi che li contengono, come nel caso dell’allergia al latte, al pesce, alle arachidi, all’uovo ecc., con risoluzione completa dei sintomi entro pochi giorni. In caso di manifestazioni cliniche apparen-temente non correlate ad un alimento par-ticolare, come l’orticaria cronica o disturbi gastrointestinali non giustificati da altera-zioni enzimatiche o dismicrobismi intesti-nali, è importante escludere un’eventuale allergia di tipo ritardato a nichel, cromo o cobalto, o una sindrome latex-fruit (11). Se il patch test è positivo per tali metal-li, il paziente, evitando l’ingestione degli alimenti che li contengono in quantità elevate (tabella 2) per almeno 4 settimane, dovrebbe avere una regressione completa dei sintomi (12). Anche in caso di sindrome latex-fruit, in cui gli alimenti cross-reagenti con il lattice sono responsabili della sintomatologia cu-tanea o gastrointestinale, la dieta priva di tali alimenti determina un beneficio totale.

Quando con l’esame allergologico non è possibile individuare la causa scatenante, la scelta della dieta cadrà su quelle oligoaller-geniche, costituite da alimenti che molto raramente danno luogo a sensibilizzazio-ne (tabella 3). Attualmente si adottano le diete di Mc Ewen, modificate in base alle abitudini alimentari italiane (13). Tali diete devono essere seguite per almeno 4 settimane e, se si assiste ad una completa remissione delle manifestazioni cliniche, il paziente reintrodurrà un alimento sempli-ce ogni 4 giorni fino ad individuare quello responsabile.A volte queste diete, in pazienti con sin-dromi orticarioidi essenziali, hanno effetto terapeutico (probabilmente disintossican-te) in quanto la reintroduzione di tutti gli alimenti non induce la comparsa della sin-tomatologia.In caso di intolleranza alimentare di tipo farmacologico, in cui la sostanza chimica che provoca la reazione è normalmente contenuta nell’alimento (es. tiramina, ista-mina, feniletilamina, sodio nitrito) o in cui

Dieta n. 1 Dieta n. 2

• pane, pasta comune, riso organico • riso

• avena, farina purissima di granturco • farina d’avena

• manzo, agnello, bresaola • tacchino, cavallo

• olio di mais o di oliva • insalata verde, patate

• spinaci, carote, carciofi, finocchi • olio extravergine d’oliva

• insalata verde, patate • margarina

• mele, pere, banane, ananas • pera sbucciata

• camomilla, caffè d’orzo • sale, zucchero di canna

• Sale, zucchero di canna • tè non in bustina

• acqua minerale o naturale • acqua minerale o naturale

Tabella 3 Diete oligoallergeniche

(Da Mc Ewen 1970 modificate).

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l’alimento è in grado di indurre il rilascio di mediatori (istamina) dalle cellule, è op-portuno proibire l’ingestione di alimenti con queste caratteristiche. Tali diete (tabel-la 4) migliorano notevolmente quadri cli-nici non attribuibili ad allergia alimentare, ma strettamente correlate ai cibi e devono essere protratte per diverse settimane.In caso di intolleranza agli additivi è op-portuno far seguire a tali pazienti una dieta rigorosamente priva di tali sostanze, anche se può rivelarsi particolarmente difficile. Gli additivi più frequentemente coinvolti sono i metabisolfiti, i benzoati ed i paraos-sibenzoati, il glutammato.Il test di provocazione orale è importante per stabilire od escludere la responsabili-tà di un dato alimento nel provocare una reazione avversa. Tale test permette però una diagnosi di tipo eziologico, ma non dà alcuna indicazione sul meccanismo pa-togenetico della reazione (14). Si è tentato di fare diagnosi di allergia alimentare certa senza effettuare il test di provocazione ora-le utilizzando valori soglia dei test cutanei positivi. Hill e coll. hanno osservato che un diametro del pomfo di almeno 8 mm per il latte e le arachidi e di almeno 7 mm

per l’uovo dopo l’esecuzione dei skin prick test permette di fare diagnosi di allergia ali-mentare nel 100% dei casi (15). Verstege e coll. hanno stabilito un valore predittivo di allergia alimentare pari al 99% per il latte nel caso di un pomfo di almeno 17,3 mm, mentre per l’uovo pari o superiore a 17,8 mm di diametro o per entrambi uno skin index (rapporto tra pomfo indotto dall’al-lergene e quello indotto dall’istamina) di almeno 3,7 ( 16). Dopo aver eliminato dalla dieta l’alimen-to sospetto ed aver verificato la regressione della sintomatologia, si procede al test di provocazione orale con l’alimento in causa. Tale test rappresenta a tutt’oggi il gold stan-dard nella diagnosi di allergia alimentare e consiste nella somministrazione di dosi progressivamente crescenti dell’alimen-to opportunamente diluito fino alla dose minima scatenante i sintomi e può essere effettuato a) in aperto (l’alimento non vie-ne mascherato e assunto dal paziente in maniera consapevole), b) in singolo cieco (l’alimento viene mascherato e in questo caso solo il paziente non è consapevole di ciò che viene assunto) o c) doppio cieco (l’alimento viene mascherato e reso simile

ad un placebo comportando così l’incon-sapevolezza sia da parte del paziente che dall’esaminatore) anche detto double blind placebo food challenge (DBPFC) (17, 18). Nelle ultime due modalità descritte l’ali-mento da dover testare durante il challenge non deve poter essere individuato e per tale motivo lo si maschera con un altro alimen-to ben tollerato.Molti sono i fattori che pesano sulla de-cisione in merito al tipo di challenge da realizzare e non è detto che il challenge in doppio cieco, controllato con placebo, rappresenti in ogni caso la prima scelta. Infatti anche se alcuni studi effettuati con test orali in doppio cieco su soggetti pe-diatrici affetti da dermatite atopica hanno calcolato la frequenza di falsi-positivi e falsi-negativi rispettivamente pari a 0,7% e 3,2% (19, 20) e il challenge in aperto non si caratterizza per una estrema oggettività, quest’ultimo presenta però una facile mo-dalità di esecuzione. Solo in caso di diffi-cile interpretazione del challenge in aperto per comparsa di soli disturbi soggettivi sarà necessario eseguire un challenge in singolo o doppio cieco. Bisogna valutare attentamente l’oppor-tunità di eseguire un test di provocazione orale quando via sia un’anamnesi positiva per una reazione di tipo anafilattico ad uno o più alimenti bene definiti, quando il livello di IgE specifiche supera il livello per cui si ha un’elevata probabilità che esso risulti positivo, nel caso in cui si abbiano reazioni sindromiche durante l’esecuzione degli skin prick test, quando il paziente presenta una patologia sistemica acuta in atto o quando è in terapia con farmaci che possono attenuare (antistaminici, corti-costeroidi) o amplificare la reazione (b-bloccanti, ACE-inibitori, ecc.). Esistono

Alimenti istamino-liberatori Alimenti ricchi di istamina

• albume • formaggi fermentati

• ananas • insaccati

• cioccolato • pesci (tonno, sardine, aringhe, acciughe)

• fragole • spinaci

• frutti esotici (papaia, mango, ananas) • pomodoro

• noci, nocciole, arachidi, mandorle • bevande fermentate (vino)

• pomodoro • cibi in scatola (carni, verdure, pomodoro)

• molluschi • crostacei

Tabella 4 Elenco degli alimenti istamino-liberatori e ricchi di istamina

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circostanze in cui il challenge si dimostra essere utile come ad esempio nel caso in cui l’ultimo episodio avverso non sia avve-nuto di recente e gli esami laboratoristici evidenzino una possibile acquisizione di una tolleranza spontanea all’alimento in questione.Il test va eseguito in ambiente ospedaliero, da personale in grado di eseguire le mano-vre rianimatorie di base e di usare l’adre-nalina. È inoltre opportuno che all’interno della struttura via sia un’unità di terapia intensiva con personale in grado di mette-re in atto manovre rianimatorie avanzate.

terapia

Una volta fatta la diagnosi, la prima strate-gia terapeutica da porre in atto è la dieta di eliminazione.

1. L’eliminazione di un alimento dalla dieta non è sempre facile in quanto esso può ritrovarsi come allergene nascosto (hidden food) in altri alimen-ti. Ad esempio, le proteine del latte possono essere indicate in numerosi modi (caseina, caseinati, lattoalbu-mina, siero, aromi naturali, proteine idrolizzate, ecc.) rendendo così estre-mamente difficoltosa la loro identi-ficazione all’interno di un alimento. Inoltre vanno evitate situazioni ad alto rischio quali pasti consumati al di fuori dell’ambiente domestico o di cui non è nota l’esatta composizione.

L’anafilassi da esercizio fisico indotta da alimenti può essere prevenuta fa-cendo fare al paziente attività fisica a stomaco vuoto, cioè dopo 3-4 ore dal pasto. Nelle forme associate a sensibi-lizzazione IgE-mediata ad un alimen-

Alimento Casi Successi Tolleranza Fallimenti Interruzioni Parziale

• latte vaccino 50 32 - 12 6

•latte di pecora 2 2 - - -

• latte di capra 1 1 - - -

• latte misto 8 4 - 4 -

• uovo intero 43 29 1 8 5

• tuorlo 1 1 - - -

• albume 5 4 1 - -

• merluzzo 15 12 - 1 2

• sogliola 1 1 - - -

• pesce misto 6 5 - - 1

• arachide 5 3 - 1 1

• nocciola 3 2 1 - -

• mais 3 2 - 1 -

• frumento 4 2 - 2 -

• mela 1 1 - - -

• mele miste 3 3 - - -

• pesca 1 1 - - -

• fagioli 1 - - - 1

• lattuga 1 - - - 1

• soia 1 1 - - -

• pomodoro 2 2 - - -

• lievito di birra 1 - - - 1

• arancia 2 2 - - -

Totale 160 110 3 29 18 (68.7%) (1.9%) (18.1%) (11,2%)

Tabella 5 Desensibilizzazione per via sublinguale-orale nel trattamento dell’allergia alimentare: successo intorno

all’70%

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to, è sufficiente evitare solo l’ingestio-ne degli alimenti verso cui il paziente è allergico prima dello sforzo, mentre gli altri sono ben tollerati.

2. I farmaci antistaminici anti-H1 sono

utili prevalentemente nella terapia della sindrome allergica orale, dei sintomi a carico della cute, quali l’orticaria e a carico delle alte vie re-spiratorie quali la rinite, ma hanno minore efficacia sui disturbi a cari-co delle basse vie respiratorie, quali l’asma, dell’apparato gastrointestina-

le e sull’anafilassi.3. I cortisonici per via orale sono utili per

il trattamento di disturbi IgE-mediati cronici, quali la dermatite atopica o l’asma e dei disturbi gastrointestinali non IgE-mediati, ma con importanti effetti collaterali.

4. Per quel che riguarda il sodio cro-moglicato, anche se mancano studi controllati che ne abbiano conferma-to l’efficacia, può essere d’aiuto nella terapia delle allergie alimentari IgE-mediate e riduce, secondo la nostra

esperienza, le reazioni avverse durante il trattamento iposensibilizzante spe-cifico per via orale.

5. L’adrenalina, alla dose di 0,3-1 mg per via intramuscolare negli adulti e 0,1-0,5 mg nei bambini, resta il farmaco d’elezione per la terapia delle reazio-ni di tipo anafilattico, mentre sono farmaci di seconda scelta gli antista-minici anti-H

1 e gli steroidi per via

parenterale. Sono disponibili in com-mercio degli autoiniettori di adrenali-na pre-dosati (0,330 mg per gli adulti

Figura 2 Kit di primo soccorso

Policlinico universitario “Agostino Gemelli” Servizio di allergologia Direttore: Prof. D. Schiavino

+

+

+

ZONA CONDIZIONE COSA FARE

VERDE FARMACO POSOLOGIA

In caso di esposizione accidentale: nessun sintomo • betametasone cp 0.5 mg •1-2 cp da sciogliere• alimenti proibiti o sotto la lingua• puntura di insetto presenza di sintomi • contatto con lattice

GIALLA: attenzione!

In caso di: nessun sintomo • ebastina o rupatadina •1 cp• prurito e/o rossore o • levocetirizina gtte •...gtte• formicolio alla bocca presenza di sintomi • grossa reazione locale (5-10 cm)

ROSSA: allarme!!!

I precedenti sintomi più uno dei seguenti: peggioramento • autoiniettore di adrenalina •1 fl im• SOA, angioedema volto, labbra, lingua dei sintomi adulti (0.330 μg)• vomito e/o dolori addominali della zona gialla • autoiniettore di adrenalina •1 fl im• voce roca e/o sensazione di soffocamento o pediatrico (0.165 μg)• pallore, sudorazione e/o cianosi presenza • betametasone fl 4 mg •1-2 fl im• ipotensione collasso di sintomi gravi • clorfenamina fl 10 mg •... fl im• sensazione di morte imminente • salbutamolo spray •1-2 puff• perdita di coscienza

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e 0,165 mg per i bambini).6. Ai pazienti con anamnesi positiva per

pregressi eventi anafilattici ed in gene-rale a tutti i pazienti affetti da allergia alimentare è buona norma prescrive-re dei farmaci di pronto soccorso ed istruirli all’uso degli stessi, ad esempio fornendo uno schema esemplificato (Kit di Pronto Soccorso) con la de-scrizione dei sintomi d’allarme e dei farmaci, con relativa posologia, da somministrare in caso di comparsa della sintomatologia (figura 2).

7. Recentemente è stato utilizzato un anticorpo monoclonale anti-IgE, l’omalizumab, per la terapia dell’aller-gia alimentare. L’omalizumab, legan-dosi alle IgE, impedisce il loro legame al recettore ad alta affinità FCeRI, riducendo il livello di IgE circolanti, la sintesi di IgE, la risposta infiamma-toria Th2-mediata e down-regolando l’espressione di FCeRI su basofili, eo-sinofili e mastociti.

8. Una desensibilizzazione può verificar-si spontaneamente nei pazienti con al-lergia alimentare, dopo almeno 3 anni di rigorosa astensione. In Letteratura i dati non sono, comunque, univoci: secondo Bock il 44% dei pazienti con età inferiore a 3 anni e solo il 19% dei pazienti con età superiore ai 3 anni si desensibilizzano spontaneamente (21). Host e Hallen nel ’90 hanno riscontrato una desensibilizzazione nell’87% dei pazienti con età infe-riore ai 3 anni mentre in un lavoro del 2002 hanno evidenziato una % di desensibilizzazione spontanea, in pazienti affetti da allergia al latte vac-cino, crescente con l’età (dal 56% a 3 anni fino al 97% a 15 anni) (22, 23).

Secondo Boyano una desensibilizza-zione spontanea per l’uovo si verifica più tardivamente e persiste nel 34% dei bambini entro i 5 anni d’età (24).

Infine secondo Sampson solo 20% dei bambini con allergia all’arachide si desensibilizza spontaneamente (25).

9. Quando non si verifica una desensibi-lizzazione spontanea, la terapia desen-sibilizzante specifica rappresenta allo stato attuale l’unica terapia eziologica e risolutiva per l’allergia alimentare (26-30).

Questo trattamento dovrebbe essere preso in considerazione quando:

• è impossibile evitare l’esposizione all’alimento nell’ambiente (ad esem-pio per un cuoco);

• è impossibile mantenere un adeguato regime alimentare in pazienti con al-lergia a più alimenti;

• è impossibile mantenere un determi-nato regime dietetico che sia costoso o socialmente discriminante;

• le manifestazioni cliniche conseguenti al contatto o all’ingestione accidentale dell’alimento incriminato siano tali da mettere a repentaglio la vita del pa-ziente;

• l’ipersensibilità all’alimento permane nonostante una rigida dieta di elimi-nazione.

La terapia desensibilizzante specifica è stata effettuata sia per via sottocuta-nea che per via orale.

La via sottocutanea è stata utilizzata per quel che riguarda l’allergia alle arachidi, ma con notevoli effetti col-laterali (è stato molto frequente l’uso dell’adrenalina sia durante la fase di

induzione che di mantenimento) e con pressoché nessuna modificazione dei parametri immunologici dei pa-zienti (IgE e IgG

4) (31).

Invece la desensibilizzazione per via sublinguale-orale è stata utilizzata per trattare pazienti con allergia alimen-tare con una notevole percentuale di successi.

Tali protocolli prevedono che il tratta-mento venga eseguito domiciliarmen-te e seguito periodicamente dal per-sonale medico. Si distingue una fase di induzione caratterizzata dalla som-ministrazione giornaliera di dosi cre-scenti dell’alimento incriminato (pri-ma in una forma diluita in acqua per via sublinguale, successivamente nella forma non diluita per via orale) fino al raggiungimento della dose massima ed una fase di mantenimento in cui il paziente deve assumere l’alimento almeno due volte alla settimana per mantenere lo stato di tolleranza.

Si può ipotizzare che la desensibilizza-zione per via orale con alimenti pos-sa essere mediata da un meccanismo simile a quello dell’immunoterapia specifica con allergeni respiratori o con veleno di imenotteri. Infatti, nel-la nostra casistica abbiamo osservato una diminuzione statisticamente si-gnificativa delle IgE specifiche ed un aumento statisticamente significativo delle IgG

4 specifiche (aventi valore

protettivo) in tutti i pazienti. Inoltre abbiamo osservato anche altre modi-ficazioni di parametri immunologici; infatti in un paziente (affetto da aller-gia al latte vaccino e sottoposto con successo a desensibilizzazione orale) abbiamo visto una diminuzione della

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Allo stato attuale delle conoscenze si può concludere che l’unica terapia eziologica in grado di risolvere alla radice il problema dell’allergia ali-mentare è la desensibilizzazione orale con l’alimento (33). Tale trattamento è in genere ben tollerato dalla mag-gior parte dei pazienti e permette di reintrodurre nella dieta alimenti al-trimenti vietati, la cui eliminazione è

di difficile accettazione e di mancato reinserimento sociale, e la cui acci-dentale ingestione può provocare ma-nifestazioni cliniche gravi.

10. Il trattamento delle intolleranze ali-mentari è diverso a seconda l’eziolo-gia. In caso di intolleranze enzimati-che la terapia consiste nella dieta di eliminazione o nella terapia con enzi-mi (es. lattasi); le intolleranze farma-cologiche si risolvono con le diete di eliminazione.

11. Nell’ambito dell’allergia sistemica al nichel, il nostro gruppo già da mol-ti anni effettua un trattamento ipo-sensibilizzante specifico con granuli contenenti 0,1 ng di nichel solfato che ha finora consentito all’70% dei pazienti trattati di reintrodurre nel re-gime dietetico gli alimenti ad elevato contenuto di nichel senza presentare più alcuna reazione avversa (12). Sul-la scia di questi incoraggianti risultati di recente il nostro gruppo ha iniziato

ad impiegare un nuovo trattamento desensibilizzante per via orale (TIO Nichel - Lofarma), che consente di raggiungere quantitativi di nichel pari a 500 μg e che si è dimostrato altrettanto sicuro ed efficace (34).

12. Infine, per quanto riguarda le intolle-ranze con meccanismo patogenetico indefinito, quando si è in grado di identificare con esattezza l’alimento incriminato (inizialmente mediante una dieta di esclusione e poi in un secondo momento con l’esecuzione di un test di provocazione orale), è possibile intraprendere un tratta-mento desensibilizzante specifico per via orale analogo a quello utilizzato nell’ambito delle allergie alimentari. Nella nostra esperienza tale tipologia di desensibilizzazione si è dimostrata altrettanto valida ed efficace nel ripri-stino della tolleranza orale anche nel caso di reazioni pseudo allergiche, extra-immunologiche (35).

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editoriale di Mauro Minelli

Pensieri “sotto il sasso“L’ambito aperto dalla prolusione del Direttore Paolo Falagiani su “Noti-ziario Allergologico (n. 1/2010), in realtà, sarebbe vasto assai e, seguendo il fluire positivamente inquieto della nostra curiosità, porterebbe lontano, ben oltre il limite temporale concesso, in cautelativa misura domiciliare (“dalle ore 18 alle ore 8”), alla mai sopita attitudine di travalicare le statiche geometrie dei sassi.Necessariamente, dunque, va dimensionato!Era il 2006. In un ospedale dell’hinterland di Lecce, più precisamente a Campi Salentina, si prova a lanciare, partendo dall’ambito gestionale delle malattie infiammatorie croniche immunomediate (IMID), un nuovo assetto organizzativo che, presupponendo un cambiamento di conoscen-ze, atteggiamenti e comportamenti negli operatori (e nei pazienti, e nella popolazione generale, e nell’associazionismo civile e politico, e nelle istitu-zioni), individua nella comunicazione profonda in tutte le sue declinazioni (dal rapporto medico-paziente alle relazioni interne tra operatori, dalla formazione alla creazione del consenso esterno) la chiave di volta di un processo innovativo.Il progetto si genera dalla avvertita percezione di un graduale ma veloce cambiamento dell’idea collettiva di salute e dell’influenza, su di essa, di fattori sociologici e culturali generali (medicalizzazione, salutismo, culto del corpo, fobia del dolore e della sofferenza...) e delle dinamiche di mer-cato: elementi potentissimi e specifici della modernità e della post-mo-dernità. Su tali dinamiche concettuali il “progetto IMID” progressivamente si carica di senso e di valore consolidandosi nella concretezza di risultati oggettivamente apprezzabili.Sostanzialmente esso si richiama, nel pieno rispetto della dottrina im-munologica che lo anima, ad un modello organizzativo esemplato sulle istanze intrinseche all’oggetto che studia e al soggetto che cura: il disturbo sistemico.Quest’ultimo, per essere compreso e trattato, ha bisogno di una mente si-stemica. Ma una mente sistemica avverte l’esigenza di una organizzazione immaginata secondo una logica sistemica!Il modello IMID prevede un ripensamento epistemologico della disciplina medica, ne ridisegna la mappa e cioè le relazioni fra gli elementi che la compongono (le branche), assegna alle discipline sistemiche (qual è l’im-munologia, ma non solo) un ruolo strategico!E’ tutta qui la logica del succitato “dimensionamento”.L’assunto, maturato con sofferta tensione dentro al sistema che “sempli-cemente accosta e forzatamente appiccica” senza integrare, è quello di

non poter più continuare a sostenere una semplice “giustapposizione” di interventi separati. L’impegno è quello di porsi all’interno di un di-scorso sulla salute che non vorremmo più chiamare nè solo medico nè solo biologico, per contribuire alla costruzione di un nuovo, generale paradigma scientifico orientato alla ricomposizione dell’attuale fram-mentazione multidisciplinare e multispecialistica. Ben oltre l’allergolo-gia, tanto più se collocata - per alcuni suoi aspetti - tra le virgolette di percorsi clinici forse un po’ troppo frettolosamente liquidati come parapsichiatrici.Scaturisce da queste premesse la collaborazione densa di contributi e di soluzioni, offerta da chi - come nel caso di Salvatore Colazzo, insigne pedagogista “non medico” - ha con noi dell’IMID avviato un protocollo operativo integrato e finalizzato a sviluppare percorsi credibili di ricerca e di intervento sulla relazione medico-paziente, sul clima organizzati-vo, sui bisogni di salute, sui gruppi eventuali di mutuo e auto-aiuto. Ma, alla stessa maniera, vanno interpretate le incursioni salutari, nei diuturni opifici decentrati dell’assistenza pubblica, di valenti genetisti in grado di chiarire, con il realistico supporto della farmacogenetica, le penalizzanti vicissitudini, rese ancora più gravose dall’imprinting laten-te ed impietoso della psicopatologia, di pazienti per altri versi già eti-chettati come soggetti “allergici a tutto”; o le incursioni dei proteomici impegnati a fornire indicazioni sulla individuazione ed utilizzazione di nuovi marcatori molecolari nelle malattie infiammatorie immunome-diate da interferenti ambientali magari diversi dai pollini, dal latice o dagli acari.E’ davvero come sollevare il sasso ed accorgersi che sotto si muove, inatteso, un mondo di solerti formichine che provano convintamente ad organizzarsi. E dentro a quel sistema virtuoso, in cerca di logiche e di senso più che di procedure, ci piace pensare che l’immunologo clini-co possa portarvi il contributo prezioso del proprio orgoglio di medico internista affatto intenzionato a delegare e, dunque, a rinunciare alla consapevolezza del suo ruolo strategico in nome del solo routinario tecnicismo o del mercato.

Mauro Minelli Direttore U.O. “Centro IMID” – P.O. Campi Salentina (ASL-Lecce)

Professore a C. “Medicina del Lavoro” - Università del Salento

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Falsi allergici, malati immaginari?

Salvatore Colazzo

Coordinatore del Gruppo di ricerca in Pedagogiadella Salute del Dipartimento di Scienze Pedagogiche, Psicologiche e Didattiche dell’Università del Salento

False allergic sufferers or hypochondriacs?

1. L’articolo di Guido Sacerdoti et alii, apparso su “Not Allergol”, dal tito-lo “Allergici tra virgolette: che fare?” (1), appare, per chi si occupi dei temi che interconnettono scienze umane e me-dicina, piuttosto interessante. In questa nota cercherò di chiarire le ragioni per cui la sua lettura a me è risultata ricca di spunti. Cercherò pure di interconnet-termi con Paolo Falagiani e la sua nota introduttiva all’articolo. Falagiani coglie l’importanza del lavoro di Sacerdoti e compagni nell’invito che esso contiene all’allergologia di allargare il proprio sguardo, cercando di pervenire ad una sorta di nuovo olismo, più adeguato a rendere gestibile la complessità, a cui le malattie allergiche e, più in generale, le patologie immunomediate, rinviano.E su questo mi trovo senz’altro ad essere d’accordo, ciò invece su cui sono un po’ meno d’accordo è la proposta di Sacer-doti et alii della derubricazione del caso dei “falsi allergici” a somatizzazione, riconducendo quindi sostanzialmente la problematica alla pertinenza psicologica o psichiatrica; da ciò deriva l’idea che quando se ne occupi l’allergologo, egli deve assumere in qualche modo il punto

Not Allergol 2010; vol. 28: n.2: 72-80.

riassunto

Parole chiave e sigle:• Complessità • Nuovo olismo • PNEI • Neurofenomenologia • Apprendimento

Vi sono dei malati che verrebbe voglia di definire “falsi allergici”. Le loro patologie sembrano più dovute a forme di somatizzazione che a vere e proprie problematiche di stretto interesse del l’allergologo. Tuttavia, è opportuno guardare a questi malati con maggiore attenzione: pro-babilmente le loro sofferenze sono spiegabili e affrontabili adottando una prospettiva teorica ed operativa che va oltre il costrutto di “somatizzazione”, adottando lo schema esplicativo de-rivante dalla psiconeuroimmunologia (PNEI) oppure dalla neurofenomenologia. Secondo tale modello, la mente è fenomeno emergente del corpo. È il risultato della complessità,: l’identità è l’”emergenza” di un processo che interessa il network di sistemi che costituiscono l’organi-smo: ogni sistema si struttura ed organizza a partire dalle relazioni che stabilisce tra i suoi componenti nel mentre è in relazione con gli eventi e i processi che caratterizzano tutti gli altri sistemi. La medicina sistemica e regolatoria è in grado di offrire delle risposte al bisogno di salute dei “falsi allergici”. Se il problema dei “falsi allergici” è riconducibile all’intrinseca com-plessità dell’organismo umano, non è pertanto risolvibile producendo riduzionismi, semplifica-zioni, creando illusioni di soluzioni facili. Esso richiede alla medicina di tornare a pensarsi come “scienza dell’individuale”. Solo così essa riuscirà a superare la visione del sintomo isolato, della malattia separata dal corpo sofferente, dell’organo decontestualizzato dall’organismo, ritro-vando l’interezza del corpo-mente. Una medicina veramente attenta alla complessità dell’or-ganismo umano diviene disponibile a ripensare la relazione medico-paziente come relazione di cura (latamente intesa), a ritrovare la dimensione umanistica della medicina, a riabilitare un ascolto attivo e profondo del malato.

di vista e l’approccio proprio del counse-lor o dello psicoterapeuta.La domanda che gli autori si pongono, a fronte di queste tipologie di pazienti è:

“Ci troviamo dunque di fronte alle manifestazioni di una patologia orga-nica, con ricadute secondarie sul piano psicologico e comportamentale? O, al

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contrario, siamo di fronte a somatizza-zioni?” (2). La domanda, così come è posta, sottende ad una dicotomia tra il mentale ed il corporeo, che non aiuta ad inquadrare - a parer mio - correttamente il problema.Il paradigma psicosomatico evoluto, quale ad esempio si ha nella psico-neuroendocrinoimmunologia (PNEI) (3), oppure nella neurofenomenolo-gia di stampo vareliano (4), è propen-so a concepire la mente come fenome-no emergente del corpo, il quale, nella sua complessità, vede l’identità come il risultato di un processo che interessa il network di sistemi che lo costituisco-no: ogni sistema si struttura ed orga-nizza a partire dalle relazioni che stabi-lisce tra i suoi componenti nel mentre è in relazione con gli eventi e i processi

pandemie, portò al maturare in ambito medico, allorché verranno scoperti gli antibiotici atti a contrastare efficacemen-te le cause di tali problematiche, di una prospettiva culturale (che ancora oggi in gran parte sopravvive) della medicina come pratica riparativa, atta cioè a ripri-stinare per quanto possibile condizioni di salute messe in crisi da un evento trauma-tico o da agenti patogeni che dall’esterno minacciano l’organismo. La metafora bellica si impossessò della medicina. Sulla base di essa il medico è colui che intre-pidamente combatte le malattie facendo ricorso a un ventaglio di armi (i medici-nali o il bisturi) messe a disposizione da un’industria farmaceutica in grado di as-sicurare approvvigionamenti crescenti in quantità ed efficacia. Quando nei paesi occidentale, dagli anni Sessanta del se-colo scorso, comincia a manifestarsi una espansione dello stato sociale e la salute è assunta a bene pubblicamente tutelabile, si verifica un incremento abnorme della spesa farmaceutica quasi che potesse vale-re l’equazione: più medicine per tutti, più salute per ognuno.Salvo poi scoprire che lo straordinario, progressivo allungamento della vita me-dia, cominciato già a partire dal secondo decennio del XIX secolo, generalmente associato ai progressi della medicina, in realtà è in buona parte dovuto al mi-glioramento quantitativo e qualitativo dell’alimentazione. Lo attestano i pio-nieristici studi dello storico Joel Mokyr e quelli successivi di Robert Fogel (6), che, col supporto di puntuali dati statistici, hanno potuto dimostrare la correlazione esistente fra l’allungamento delle aspet-tative di vita e il miglioramento delle condizioni nutrizionali umane.

summary

Key words and acronyms: • complexity • new holism • Psychoneuroendocrineimmunology • Neurophenomenology • learning

Some patients can be defined “false allergic sufferers”. Actually, they suffer from somatization disorder rather than an allergy. So, a theoretical perspective and an operational criteria are needed to be considered for a better understanding of this problem. Psychoneuroendocrineim-munology (PNEI) processes and a neurophenomenological approach should be used to explain the real meaning of “somatization”. According to this model, mind is intertwined with the body. Identity is the result of a continuous interaction between different organism’s systems. Every body system has internal elements which work together and the system itself interacts with other systems in the human body. The systemic and regulatory medicine is able to help and cure “false allergic sufferers”. Even if the problem of “false allergic sufferers” was connected only to the intrinsic complexity of the human body, it could not be solved just by reductionisms, simplifications or easy solutions. This requires the medicine to turn into “individual science”. So, medicine will treat not only an isolated symptom, the illness or the organ, but it will take into account the “mind-body” connection. A medicine, which looks at the complexity of the human organism, considers the doctor-patient relationship as a care relation. It finds out the human dimension of medicine and the ability not only to listen, but to hear (deep listening).

che caratterizzano tutti gli altri sistemi. L’adesione a un tale modello esplicati-vo porta l’allergologia ad assumere uno sguardo ben più ampio, quello proprio della medicina sistemica e regolatoria, la quale rifiuta la per troppo tempo domi-nante metafora bellica (5). Questa si è costituita nell’infettivologia, da dove, impropriamente viene trasferita ad altri ambiti, compresi quelli che si misura-no con i disturbi cronici. Tali ambiti si gioverebbero ben più, invece, di un mo-dello ecologico-sistemico di medicina, assai più prossimo alla vocazione iniziale del metodo clinico, in qualche modo distorto dalla piega “scientista” imposta alla medicina in epoca positivistica. La incidenza negativa sulla vita delle popolazioni sostenuta, in passato, dal-le infezioni spesso causa di gravissime

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Chiunque si è posto il proposito di su-perare la metafora bellica, è tornato ad Ippocrate e a riflettere il senso profon-do del metodo clinico. Uno sforzo assai apprezzabile in questo senso è il recente libro di Bottaccioli Filosofia per la medi-cina. Medicina per la filosofia (7).A me piace qui riprendere la ricostruzio-ne operata da Carlo Ginzburg (8), che si è occupato della specificità dell’ap-proccio medico allorché si è chiesto se vi possa essere scienza dell’individuale. La medicina finché si è attenuta al me-todo clinico ha potuto rispondere posi-tivamente a questa domanda, quando si è lasciata suggestionare dal metodo galileiano non ha saputo più realmen-te “reclinarsi sul paziente” e ha visto il sintomo isolato, la malattia separata dal corpo sofferente, l’organo decontestua-lizzato dall’organismo, perdendo con ciò di vista l’interezza del corpo-mente.Ginzburg esamina, nel suo ottimo sag-gio, le radici remote e prossime del metodo clinico, delineandone con pre-cisione i caratteri. Sorprende la straordi-naria lucidità epistemologica, grazie alla quale è possibile delineare con certezza la distinzione tra un’idea di medicina, malattia e salute proveniente dalla tradi-zione ippocratica e un’idea di medicina, malattia e salute che è tributaria dell’ap-proccio meccanicistico derivato dalla fisica galileiana, approccio divenuto, ad un certo punto dello sviluppo storico, egemone.Quando l’anatomopatologo non ave-va ancora sostituito il clinico e quando erano ancora molto primitive le attrezza-ture diagnostiche atte a “visualizzare” la malattia, lo stato patologico del soggetto era arguito “sulla base di sintomi super-

ficiali, talvolta irrilevanti agli occhi del profano” (9). La medicina non fondava il suo giudizio sulla certezza dell’osser-vazione diretta, ma sull’arguzia e la sa-gacia del clinico, facoltà proprie del pa-radigma indiziario, sì da far accostare la medicina all’arte, se non addirittura (per metafora) alla pratica divinatoria.D’altro canto, remotamente divinazio-ne e medicina si trovarono sovrapposte. Ginzburg cita il caso del trattato di di-vinazione mesopotamico che contiene acutissime osservazioni in merito ad una diagnosi di trauma cranico formulabile a partire da uno strabismo bilaterale.Successivamente, presso i greci, la me-dicina si svincolò dall’abbraccio con la divinazione, pretendendo di applicare l’abduzione sulla base del presupposto che dalle faccende umane debba essere, per principio, escluso l’intervento divino.Nacque così la “medicina ippocratica, che definì i propri metodi riflettendo sulla nozione decisiva di sintomo (se-meion). Solo osservando attentamente e registrando con estrema minuzia tutti i sintomi, affermavano gli ippocratici, è possibile elaborare ‘storie’ precise delle singole malattie; la malattia è, di per sé, inattingibile. Quest’insistenza sulla na-tura indiziaria della medicina era ispirata con ogni probabilità dalla contrapposi-zione, enunciata dal medico pitagorico Alcmeone, tra l’immediatezza della co-noscenza divina e la congetturalità di quella umana” (10).Questa negazione di trasparenza del corpo porta a collocare la medicina fra le discipline eminentemente qualitati-ve. In quanto tale essa ha “per oggetto casi, situazioni e documenti individua-li, “in quanto individuali” (11), è scien-

za dell’individuale e pertanto modula i suoi strumenti di intervento sulla singola situazione indagata e ricostruita nella sua singolarità. Ne deriva che i risultati a cui essa perviene sono inevitabilmente ale-atori o quantomeno fortemente conte-stualizzati e difficilmente generalizzabili.Il modello di scienza suggerito da Ga-lilei è del tutto differente. Si perviene a risultati scientifici in quanto si trascura l’individuale, si può dare scienza solo dell’universale. Di per sé stesso l’indivi-duale è “ineffabile”. Il ricorso alla mate-matica conduceva ad occuparsi della rei-terabilità dei fenomeni, escludendo del tutto la prospettiva individualizzante.Si crea, nel XVII secolo, una forte con-trapposizione tra due modelli di scienza, che considerano rilevanti per l’indagine realtà differenti. Ginzburg acutamente osserva come tale distanza è ben illu-strata dall’immagine che vede “il fisico galileiano professionalmente sordo ai suoni e insensibile ai sapori e agli odori” contrapporsi al “medico suo contempo-raneo, che arrischiava diagnosi tenden-do l’orecchio a petti rantolanti, fiutando feci e assaggiando orine” (12).Quando la medicina deciderà di ab-bandonare la conoscenza dell’elemento individuale sacrificandolo alla generaliz-zazione, acquisterà in rigore, ma perderà alcune caratteristiche sue più proprie, che solo molto tempo dopo saranno riconquistate, quando si avvertiranno i limiti di approcci che, oggettivando la malattia, finiscono per alienare il mala-to, fatto oggetto di uno sguardo analiti-co, astratto e indifferente.Bisognerà attendere la nascita di disci-pline quali l’ecologia, l’avvento di teorie come quella della complessità e quella si-

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stemica affinché si affermi un significato nuovo di malattia, salute, corpo, liberan-do la medicina dalla metafora bellica che ha caratterizzato una stagione di succes-si, che però oggi mostrano la loro parzia-lità e spingono verso un “nuovo olismo”, quale è quello che presiede all’affermarsi dei paradigmi, sopra nominati, neurofe-nomenologico e PNEI.

2. I “falsi allergici”, che in realtà sono soprattutto delle “false allergiche” (vi è una netta prevalenza femminile in que-sta tipologia di malati: ciò potrebbe in-dicare più che la propensione femminile all’isteria, convinzione questa ottocente-sca, la maggiore complessità del sistema neuro-endocrino-immunologico delle donne, e quindi la sua maggiore po-tenziale vulnerabilità), a fronte del loro inevaso bisogno di salute (la medicina tradizionale, che ha necessità di isolare i problemi, di circoscrivere all’organo ma-lato il suo intervento secondo l’approc-cio evidence based medicine, è piuttosto incapace di trattare queste tipologie di malati), spesso si rivolgono a professio-nisti (non sempre medici), che, serven-dosi di test dalla presunta inoppugna-bilità scientifica, danno una spiegazione che attribuisce ad una polintolleranza uno stato di malessere. Sono d’accordo con gli autori dell’articolo che si tratta di “risposte cialtronesche, ma dotate di apparente chiarezza” (13), cioè di quel-la idea dominante di scientificità come correlazione certa, evidente, oggettiva ed indubitabile tra un effetto ed una cau-sa. L’ansia di non sapere a cosa questi misteriosi disturbi possano ricondursi appare placata. Il rimedio ne consegue: scoperti gli elementi scatenanti le rea-

zioni simil-allergiche, è sufficiente che la paziente eviti di entrare in contatto con essi. Spesso si tratta di alimenti, e allora è invitata a sottoporsi ad una dieta che è quanto mai restrittiva nel numero de-gli alimenti concessi. Tutti gli altri sono tabù. Ogni tabù comporta sensi di colpa ogni qualvolta sia violato, così per molte è un’altalena penosa di eroici tentativi di attenersi con rigore alle prescrizioni, violazioni, che generano frustrazioni tremende, espiazioni, confessioni e pro-messe. Ma c’è pure chi con questi tabù convive bene. Un soggetto che abbia problemi di relazione con l’alterità, nel momento in cui riceve la conferma che la sua guarigione dipende da una strategia di esclusione, uscendo confermato nella struttura psico-corporea che sorregge il suo disturbo, assume ben volentieri una postura di chiusura all’estraneo. Viene istituito un nesso lineare di causa-effetto tra supposti agenti eziologici e sinto-matologia, secondo “il paradigma delle infezioni acute” (14), e questo non può funzionare. È troppo comodo, sia per il medico che per le pazienti, “illudersi di trovare il colpevole negli alimenti” (15).Tuttavia quest’acquisita certezza che escludendo si guarisce presto comincia a vacillare, riappare “prurito, orticaria, diarrea” (16), nonostante la dieta sia sta-ta seguita nel modo più rigoroso, nono-stante abbiano rinunciato ai ristoranti, alle cene con gli amici, a condividere coi familiari il piacere del cibo consumato assieme.È il dispositivo di spiegazione del distur-bo che non funziona. Il problema dei “falsi allergici” è riconducibile all’intrin-seca complessità dell’organismo umano, non è pertanto risolvibile producendo

riduzionismi, semplificazioni, creando illusioni di soluzioni facili. Parimenti semplificatorio è, a mio avviso, ricon-durre una rinite o un’orticaria aspecifi-che, a mere somatizzazioni.Va, per onestà intellettuale, riconosciuto che Sacerdoti e gli altri autori dell’artico-lo, intuiscono la complessità del proble-ma dei “falsi allergici” e sono ad un passo dall’assumere il paradigma della psico-somatica evoluta, che è tale in quanto rifiuta ogni dualismo e riduzionismo, e ritiene locale e globale come strettamen-te interconnessi, secondo una logica che è quella dell’emergenza. Scrivono infatti: nel caso di queste pazienti, intervengono “circolarmente una serie di fattori di va-ria natura che sono nello stesso tempo ciascuno causa e effetto dell’altro” (17).Lo straordinario incremento di queste al-lergie e intolleranze difficilmente inqua-drabili dovrebbe condurre probabilmen-te ad una riflessione di medicina sociale: la grandissima quantità di inquinanti, o comunque di sostanze prima ignote alla specie umana con cui siamo quotidiana-mente costretti ad entrare in contatto, che la pressione da noi esercitata sull’am-biente, con le attività produttive, genera, costituisce un fattore costante di stress dell’organismo, con un interessamento del sistema immunitario, particolarmen-te deleterio per quei soggetti con carat-teristiche inferiori di resilienza, i quali soffrono per lo scompenso temporale tra capacità specifiche di adattamento e modificazioni ambientali. Le malat-tie croniche infiammatorie, che vanno interessando sempre più ampie fasce di popolazione, sono una delle tante ma-nifestazione del fatto che la società che abbiamo concorso a creare con le nostre

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innovazioni, con la logica dello svilup-po a tutti i costi, è conclamatamente una “società del rischio”, per riprende-re la definizione di U. Beck, ovvero una “società della velocità”, come ama dire P. Virilio, che richiede, allo scopo di evitare catastrofi, una nuova politica del rischio e della velocità, una nuova con-siderazione dei processi di crescita, che dovrebbero - a parere di Latouche - esse-re raffreddati, se non addirittura invertiti (cfr. il costrutto di decrescita).E dovrebbe forse pure implicare qualche considerazione di politica economico-sanitaria. Nei paesi occidentali i sistemi sanitari assorbono quantità veramente esorbitanti di risorse, gran parte del PIL è impegnato nel tentativo di soddisfare il bisogno di salute dei cittadini, ma i successi ottenuti sono piuttosto insod-disfacenti, se confrontati con le risorse impegnate. Probabilmente c’è un errore strategico di fondo ed è nei modelli orga-nizzativi e nei paradigmi epistemologici adottati dalla medicina. A fronte di un incremento dell’incidenza delle malat-tie croniche e sistemiche, si continua ad adottare, con sguardo miope, una logica maturata in stagioni storiche precedenti, quando vigeva la parcellizzazione specia-listica quale strategia di attacco alla ma-lattia. Oggi appare a molti chiaro che la crisi del sistema sanitario è superabile a due condizioni:a) miglioramento dei servizi con accesso ad un nuovo concetto di welfare, più par-tecipativo, che veda il coinvolgimento at-tivo dell’utenza, il che implica una ridefi-nizione della relazione medico/paziente;b) riorganizzazione epistemologica della medicina, sì da promuovere nuove al-leanze e nuove sintesi, incrementando

l’efficacia sociale degli interventi, ispirati alla “promozione della salute “ in quan-to benessere.Si tratta quindi di una ristrutturazione culturale, che non può non prevedere un ripensamento dei modelli formativi, educazionali e comunicazionali fino-ra utilizzati per il perseguimento degli obiettivi propri dell’assistenza pubblica.

3. I “falsi” allergici indubbiamente han-no strutture di personalità ansiose, in cui prevalgono dei meccanismi difensivi persecutori, ma ciò è insieme risultato e causa di una certa configurazione cor-porea, è il sistema della comunicazione intracorporea e del corpo nel suo com-plesso con l’ambiente che ha portato ad una certa configurazione dell’io, che ha selezionato modelli di lettura della realtà d’un certo tipo piuttosto che di un certo altro. Siamo molto prossimi ad un’idea che vede coincidere l’io con “il continuo lavoro che un corpo determinato (non c’è individuazione mentale senza indivi-duazione corporea) […] compie per rac-contare agli altri, e quindi a sé, ciò che è stato quello stesso io, e pertanto ciò che sarà” (18). E tuttavia essi recano una sofferenza che è corporea e che denuncia una modifica-zione degli assetti sistemici, i quali (attra-verso interventi opportuni, che debbono intelligentemente, e cioè con-cordemen-te, riguardare l’intero network delle reti comunicative che sono il nostro corpo) hanno necessità di apprendere equilibri nuovi, meno disfunzionali.Questo presuppone che un intervento realmente efficace su un “falso” aller-gico deve seguire le vie dell’approccio multifattoriale al problema: del suo

corpo devono interessarsi contempora-menamente più specialisti, i quali de-vono concordare tra loro, interdiscipli-narmente, un intervento, che, dosando opportunamente i possibili apporti di ognuno, abbia di mira lo stabilirsi di un nuovo equilibrio che porti l’unità corpo-mente che il “falso” allergico esprime, a conseguire sistemi di definizione dell’io, dell’alterità, della relazione dell’io con se stesso e dell’io col contesto, più flessibi-li, meno esclusivi e selettivamente meno efficienti.Una teoria unitaria dell’apprendimen-to, che spieghi come avviene che si mo-difichino le risposte di ogni sotto-siste-ma dell’organismo agli stimoli esterni, può aiutare a impostare degli interventi realmente efficaci, in quanto sinergici. Nell’ordine della complessità non vige, si sa, la logica dell’apprendimento come effetto di un’azione di insegnamento, in realtà vige la logica del feedback, cioè di aggiustamenti progressivi, che si otten-gono attraverso delle azioni perturbative del sistema, che stressato, si autoristrut-tura e diviene in grado di gestire il fatto-re stressogeno.Molto probabilmente i problemi del “falso” allergico si strutturano già nell’utero materno, quand’egli si tro-va nel bagno ormonale del grembo che l’accoglie, e va formandosi il suo siste-ma nervoso. Venuto al mondo il siste-ma di relazioni all’interno della famiglia condizioneranno tanto il formarsi della sua identità quanto il costituirsi del si-stema di relazioni che sono il suo cor-po. Il tutto secondo schemi coerenti, nel senso che vi è una struttura che connette l’ecologia della mente con l’ecologia del sistema nervoso, con l’ecologia del siste-

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ma endocrinologico, ecc. Le successive esperienze della vita avverranno a partire dall’identità mentale e corporea costitui-ta per la mediazione esercitata dal nucleo familiare. L’identità dobbiamo pensarla come un sistema di vincoli, cioè di modi preferenziali, di routine, attraverso cui il soggetto risolve il suo rapporto col mon-do e con se stesso. Se il rapporto si rivela disfunzionale, bisogna aiutare il soggetto a “cambiare gioco”, cioè a rompere gli schemi, sostenendolo opportunamente nell’apprendimento di nuovi modelli di risposte (e mentali ed organiche), con azioni che vanno a svolgere una sorta di scaffolding.Falagiani, nella presentazione dell’artico-lo di Sacerdoti et alii, propone un rac-conto in prima persona che aiuta molto bene ad inquadrare le problematiche poste dal caso “falsi allergici”, risolubile soltanto attraverso l’assunzione di uno sguardo, capace di ricondurre quelle problematiche alla dimensione sistemica da cui derivano (19).Inizia con il ricordo di sé bambino che accompagna il padre. Per un pedago-gista, quest’immagine è ricca di sugge-stioni: parla di una relazione privilegia-ta, che consente, nella ricorsività delle interazioni che si stabiliscono tra due soggetti, il costituirsi (l’emergere, se si vuole) dell’identità infantile, su cui si edificherà, nel bene come nel male, la vita adulta.Nel caso dei falsi allergici, ci viene da pensare, le relazioni primarie risultano alterate. Sarebbe molto interessante stu-diare le relazioni all’interno del nucleo familiare. Non ci meraviglieremmo di trovarci in presenza di fenomeni di fami-lismo, di eccessiva chiusura del nucleo

familiare su se stesso, di dialettica oppo-sizione di esso ad un esterno, avvertito come pericoloso, in grado di attentare all’unità della famiglia, in cui solo consi-ste la possibilità di sopravvivenza dei sin-goli in un mondo categorizzato sempre come ostile.Il padre addestra dei cavalli: intuendo le loro inclinazioni, verificando i loro difetti, istituisce delle azioni correttive: mediante una sapiente interazione riesce a modificare i loro naturali comporta-menti. Il vivente ha una naturale atti-tudine ad apprendere, cioè a rispondere alle sollecitazioni ambientali riconfigu-randosi, sicché l’identità è un processo continuamente in atto, derivante dal “dialogo” che il soggetto istituisce col proprio contesto.Cosa ricavare da questa immagine per il caso dei “falsi allergici”? Che il miglio-ramento delle loro condizioni di salute può verificarsi in un tempo piuttosto lungo, mediante un’attività di regola-zione dei sistemi psichico, endocrino, neuro e immunologico, che comporterà l’apprendimento di nuovi schemi re-lazionali, di nuovi stili di vita, grazie al monitoraggio del funzionamento siste-mico e al sostegno offerto da una équipe multidisciplinare, in grado di istituire processi di “ri-educazione” dei sistemi disfunzionali.Altra immagine evocata è quella del for-micaio. Il bambino, esplorando l’am-biente che gli è intorno, incuriosito da un grosso sasso, che si presenta liscio e tondeggiante, lo rovescia e scopre un mondo. Quello organizzatissimo delle formiche, le cui comunità, con la loro straordinaria complessità, mostrano di quale inventività la natura sia capace per

assicurare la continuità delle specie, e pongono il problema di comprendere in qual modo la comunità si autosostenga, quali comunicazioni, e in quali forme, intervengano per consentire ad ognuno dei membri di modulare il proprio com-portamento sulla base di quello altrui. Questa unità nella complessità, questo divenire che nel mentre diviene definisce il confine del soggetto, della comunità, questa chiusura che è insieme apertura (e quindi relazione), questo convivere di singolarità e pluralità, questa possibilità che il molteplice sia organizzato, questa possibilità che esista un confine che ha una sua propria permeabilità, costituisce - ci suggerisce Falagiani - un che di sacro. Sacro è termine usato da Bateson ed è le-gato alla sua concezione ecologica dell’es-sere. Un termine prezioso poiché defini-sce l’intimo legame che unisce gli esseri: nulla succede nel cosmo che non abbia ripercussioni nel complesso sistema di re-lazioni che lega tutti i suoi componenti. Nulla accade nel cosmo che non procuri effetti di apprendimento a catena, di ri-disegnamento della/e identità. Spiega il sistema di analogie, di corrispondenze, che deriva dal complesso flusso di rela-zioni funzionali che si stabiliscono tra la preda e il predatore, tra l’individuo e il suo ambiente. Corrispondenza è analo-gia, e analogia è metafora, ci ha insegnato Bateson. Secondo il principio ologram-matico ogni sistema vivente, comples-sità in atto, è un cosmo. Un cosmo che echeggia altri universi...E a conclusione di “Mente e natura”, in una delle sue innumerevoli conversazioni con la figlia, il buon Gregory chiarisce quale sia la sua idea di complessità con-nessa all’ecologia: “noi viviamo, come ho

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detto, in una tautologia che guarisce da sola, la quale più o meno sovente viene lacerata in modo più o meno grave. Così sembra che vadano le cose nella nostra zona di spazio-tempo. Direi anche che qualche lacerazione del sistema ecologico tautologico sia addirittura - in un certo modo - positiva. Può darsi che la sua ca-pacità di guarire da solo abbia bisogno di esercitarsi, come dice Tennyson, “af-finché una sola buona consuetudine non abbia a corrompere il mondo” (20). Bateson, col suo pensiero, indica la via di un olismo praticabile, è la via che sposta lo studio sulla relazione, che vede la con-nessione profonda tra i processi di diffe-renziazione e quelli di integrazione. È la via di un nuovo dialogo fra Occidente ed Oriente, fra una scienza medica che nel mentre divide ed analizza per meglio ap-procciare i fenomeni, deve però non per-dere mai di vista la struttura che connet-te e che consente al corpo di non essere una macchina ma un organismo vivente, o come dice von Foerster una “macchina non banale”. Salvaguardare quindi la vita significa ri-uscire a comprendere, nel caso specifico dei “falsi allergici”, come funzioni presso di loro l’interazione organismo-ambien-te, per individuare come sia possibile suggerir loro nuove strategie di dialogo individuo-contesto, facendo leva su tut-te le risorse a cui essi possano attingere.Non vi è alcuna ragione di essere dif-fidenti rispetto a spiegazioni di alcu-ni disturbi sistemici col ricorso anche all’attività psichica dei soggetti, purché si assuma un atteggiamento che veda la stretta connessione dello psichico con il neurologico, del neurologico con l’en-docrinologico, dell’endocrinologico con

l’immunologico. Seguendo Bateson, il pericolo di operare dentro la cornice di un dualismo improduttivo si rivela infondato, poiché il mondo delle cose che in natura vivono, e cioè crescono, apprendono, si evolvono è il mondo cre-aturale dei processi mentali. Questi pro-cessi mentali non sono affatto separati dalle cose che in natura vivono, sono lo specifico modo attraverso cui le cose che vivono esplicano il loro esser vive. Que-sto significa che ogni atto di conoscenza inevitabilmente modifica il modo in cui le cose son vive, modifica il loro stato, le rende più o meno resilienti al poten-ziale destrutturante che è negli agenti ambientali. In un regime di complessità le vie che possono produrre degli effetti sono molte, non sempre misuratamente prevedibili, la conoscenza non esaurisce mai l’oggetto, anche perché il soggetto che conosce è implicato nell’atto della conoscenza, cioè modifica se stesso nel mentre conosce, rendendo il conosce-re un compito infinito. Non esistendo la linearità dei rapporti causa-effetto, bisogna agire per ottenere un qualche apprezzabile risultato su molte dimen-sioni. Nel caso del soggetto immunopa-tico (perché tale gratta gratta è il “falso allergico”), ad esempio, bisogna, a vario livello, indurre un atto di apprendimen-to: il corpo deve imparare a trovare un equilibrio più elastico con l’ambiente, ivi compresa l’assunzione di nuovi stili di vita (e qui l’educativo entra prepoten-temente in gioco), che hanno tante mag-giori possibilità di successo in quanto il contesto sociale più immediato in cui il soggetto vive è pronto ad accogliere e sostenere lo sforzo che l’individuo deve fare (questo è un problema di modifica-

zione della cultura) e il contesto sociale più ampio si dispone in modo tale da mettere a disposizione del soggetto im-munopatico quanto gli occorre per aiu-tare il suo corpo a trovare la definizione di nuovi equilibri sistemici (mettendogli a disposizione ad esempio certe tipologie di alimenti, coltivati in terreni predispo-sti in un certo modo, ecc., riducendo l’impatto ambientale degli inquinanti, riducendo i fattori di stress, ecc.); ma anche una organizzazione del sistema sanitario funzionalizzato a riconoscere il bisogno del corpo d’essere considerato come totalità.

4. L’articolo di Sacerdoti et alii ha an-cora un ulteriore motivo di interesse. È nel riconoscere che l’allergologo, di fron-te alla provocazione costituita dal “falso allergico”, chiamato a doversi misurare con i limiti della medicina fondata sul-le evidenze, è sollecitato ad affacciarsi alla narrative based medicine, a riflettere sulla relazione medico-paziente come relazione di cura (latamente intesa), a ritrovare la dimensione umanistica del-la medicina, chiamata a porre al centro della sua attenzione non il disturbo, ma la persona coi suoi bisogni di salute, a riabilitare un ascolto attivo e profondo del malato. Appare del tutto condivisibi-le la richiesta contenuta nell’articolo che nelle scuole di specializzazione di aller-gologia si studino anche discipline quali la psicologia. Personalmente aggiungo che è indispensabile aprire l’allergologia realmente ad uno sviluppo iuxta propria principia, affinché pervenga alla consi-derazione delle istanze poste dal model-lo ecologico-sistemico. In tal modo essa potrà incontrare “dall’interno”, per così

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dire, le altre discipline, chiamate a offri-re il loro contributo nel quadro di una strategia ispirata alla logica della com-plessità.Quando dico iuxta propria principia in-tendo dire che l’allergologia, trovando nell’immunologia i suoi schemi espli-cativi, può, assumendo fino in fondo le conseguenze dell’approccio sistemico-regolatorio, scoprire gli elementi di un rinnovamento che dev’essere epistemo-logico, metodologico e operativo.Il problema dei “falsi allergici” diventa allora paradigmatico. Il bisogno di cui essi sono portatori sta metonimicamente per tutti quei nuovi bisogni che attual-mente sono emersi nel campo della sa-lute. Molti di questi bisogni stentano a verificare il proprio riconoscimento da parte della società. A fronte dell’emer-gere di un nuovo bisogno necessitano

dei cambiamenti sociali e culturali per potergli consentire le condizioni di eser-cizio, ciò vuol dire che esso deve essere riconosciuto e reputato connesso con lo sviluppo della società civile.Succede che laddove il mercato è l’unico arbitro, i bisogni debbono trasformarsi in domanda solvibile, cioè debbono di-mostrare la loro giustificazione anche (se non soprattutto) sul piano economico.I nuovi bisogni di salute emersi coi cambiamenti epocali in cui ci troviamo, oggi sono imbrigliati nelle logiche eco-nomiche di un’industria farmaceutica divenuta elefantiaca, e vedono minata la possibilità di estrinsecarsi pienamente: si trovano, infatti, ad essere soddisfatti solo in forma parziale o distorta. Una visione economicistica del bisogno di salute impedisce di demistificare le for-me reificate che la medicina ha assunto

e induce una reiterazione di vieti schemi concettuali ed operativi. Anche nell’am-bito sanitario necessita una “umanizza-zione”, che si attua con la partecipazione effettiva e non soltanto manipolata dei portatori di bisogno, allargando gli spazi di democrazia e di dialogo, la correspon-sabilizzazione di tutti gli attori, la lotta contro ogni forma di visione gerarchi-ca, autoritaria ed élitaria della relazione terapeutica. Sulla necessità di aprire in senso partecipativo la democrazia, han-no ampiamente ragionato la sociologia, la pedagogia sociale, la psicologia di co-munità, la pedagogia di comunità. Quei contributi diventano preziosi per quanti ritengano che i contesti sanitari necessi-tino di essere ripensati per essere orien-tati ad un servizio veramente a misura di “cliente” e non invece autoreferenzial-mente piegato su se stesso (21).

Bibliografia

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6. Cfr. Mokyr J. Irish History with the Potato. Irish Economic and Social History, 1980; VIII. Cfr. pure Fogel R. The Escape from Hunger and Premature Death, 1700–2100. Europe, America, and the Third World.Cambridge Studies in Popu-lation, Economy and Society in Past Time. Cam-bridge University Press 2004; 38.7. Bottaccioli F. Filosofia per la medicina. Me-dicina per la filosofia. Grecia e Cina a confronto. Tecniche Nuove, Milano, 2010.8. Ginzburg C. Spie. Radici di un paradigma indiziario. In Gargani AG (a cura di), Crisi della ragione. Einaudi, Torino, 1979; 57-106.9. Ginzburg C, cit; 66.10. Ginzburg C, cit; 70.11. Ginzburg C, cit; 71.12. Ginzburg C, cit; 73.13. Sacerdoti G, Cassaglia B, Gravina MT. art. cit.; 7.

14. Sacerdoti G, Cassaglia B, Gravina MT. art. cit.; 7.15. Sacerdoti G, Cassaglia B, Gravina MT. art. cit.; 7.16. Sacerdoti G, Cassaglia B, Gravina MT. art. cit.; 7.17. Sacerdoti G, Cassaglia B, Gravina MT. art. cit.; 7.18. Cimatti F. L’io e la coscienza: mente, lingua e identità personale. In Gensini S, Rainone A, (a cura di) La mente. Tradizioni filosofiche, prospet-tive scientifiche, paradigmi contemporanei. Ca-rocci, Roma, 2008; 421.19. Falagiani P. Invito alla lettura, Not Allergol 2010; 28 (1): 2.20. Bateson G. Mente e natura. Trad. it. Adelphi, Milano 1984: 274.21. Manfreda A. Valutazione ex-ante e mappa-tura dei bisogni formativi. In Colazzo S. (a cura di) Attori, contesti e metodologie della valuta-zione dei processi formativi in età adulta. Amal-tea Edizioni, Melpignano (Le) 2009.

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Sensibilizzazioneal nichel ed artroprotesi:efficacia del TIO Nichel

Mario Zanforlin (a), Valentino Querzoli (b)

a) U.O.S. di AllergologiaOspedale di Este-Monselice (PD)ULSS 17 Regione Venetob) Ambulatorio di AllergologiaPoliambulatorio ESSEPIMED – Adria (RO)

Nickel allergy and arthroprosthesis: efficacy of TIO Nichel

introduzione

Il nichel solfato costituisce la causa più comune di allergia da contatto, sia occu-pazionale che nella popolazione generale, poiché si tratta di un metallo ubiquitario presente in molti oggetti ma anche negli alimenti. Infatti, una rilevante percentuale della popolazione, una volta sensibilizzata, a seguito del contatto con materiali o as-sunzione di alimenti contenenti l’aptene può sviluppare manifestazioni allergiche quali la Dermatite Allergica da Contatto e la Sindrome Sistemica da Allergia al Nichel (chiamata anche Systemic Contact Dermati-tis – SCD) (1).L’importanza del nichel come sostanza pe-ricolosa è stata ribadita già nel 1994 a livel-lo europeo e da quel momento si è cercato di evitare sempre di più la sua presenza ne-gli oggetti destinati ad entrare in contatto diretto e duraturo con cute, mucose e con l’organismo in generale.In campo protesico, la scelta dei materiali dovrebbe essere indirizzata verso la mas-sima “biocompatibilità” (2): il materiale protesico impiantato, oltre ad offrire pre-stazioni meccaniche soddisfacenti (“bio-funzionalità”), deve essere in grado di ar-monizzare con il tessuto circostante senza

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riassunto

Parole chiave e sigle:• DAC Dermatite Allergica da Contatto • Nichel solfato • Artroprotesi • TIO Nichel

La sensibilizzazione al nichel solfato costituisce la causa più comune di Dermatite Allergica da Contatto (DAC), sia occupazionale che nella popolazione generale, ma può anche essere responsabile della Systemic Contact Dermatitis – SCD) . In campo protesico, non sono rari i quadri clinici espressione di reazioni allergiche ai vari componenti delle protesi; tra questi il nichel risulta responsabile di circa un terzo delle reazioni allergiche totali nei soggetti sottopo-sti ad artroprotesi. Si descrive il caso di una paziente sottoposta a protesi totale cementata al ginocchio sinistro con impianto di artroprotesi in lega metallica di cromo-cobalto-molibdeno. A seguito dell’intervento residuavano importante reazione infiammatoria al ginocchio sede dell’impianto e marcata limitazione funzionale alla deambulazione. Tra le vari indagini, che escludevano una flogosi settica, si evidenziava una marcata sensibilizzazione verso il nichel contenuto peraltro nella artroprotesi impiantata. Nel tentativo di evitare la rimozione della protesi, la paziente è stata sottoposta a trattamento con TIO Nichel. Già a distanza di pochi mesi dall’inizio del trattamento si osserva un significativo e continuo miglioramento sintoma-tologico e funzionale confermata da una obiettività clinica pressoché negativa.

determinare reazioni avverse e i prodotti di un’eventuale corrosione, così come il particolato da usura, devono essere ben tollerati dall’organismo. Per queste ragioni le protesi sono in genere ben tollerate e le complicanze più frequenti sono costituite dalla comparsa di infezioni, da problema-tiche connesse con un cattivo funziona-mento meccanico o con il loro deterio-ramento. Tuttavia non sono rari i quadri

clinici espressione di reazioni allergiche ai componenti protesici. Tali manifestazioni comprendono l’eczema, il ritardo di cica-trizzazione e di ricrescita ossea, i ricorrenti versamenti, la mobilizzazione dell’impian-to, fino alla eventuale osteolisi (3). I dati epidemiologici relativi alla incidenza e prevalenza delle reazioni di tipo allergi-co conseguenti all’impianto di artroprotesi sono esigui. Recentemente è stata riportata,

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per sensibilizzazione verso il nichel solfato e, in minor misura, verso il metilacrilato”.Considerato che l’artroprotesi impian-tata contiene tra l’altro anche nichel, nel tentativo di scongiurare o quantomeno procrastinare la rimozione della stessa con indispensabile quanto indesiderato nuo-vo intervento chirurgico, si concerta di procedere – previa dieta adeguata – con trattamento iposensibilizzante immunolo-gico verso il nichel, utilizzando il prodotto TIO Nichel. Il trattamento viene iniziato nell’aprile 2009.A distanza di soli nove mesi, con tratta-mento iposensibilizzante ancora in corso, la paziente mostra un cospicuo miglioramen-to sintomatologico e funzionale. Infatti, al recente controllo effettuato nel gennaio 2010 la paziente dichiara un miglioramen-to clinico, misurato mediante Scala Analo-

summary

Key words and acronyms: • ADC Allergic Contact Dermatitis • Nickel sulphate • Arthroprosthesis • TIO Nichel

Sensitization to nickel sulphate is one of the most common causes for Allergic Contact Der-matitis (ACD), both work-related and in general population, but can also be responsible for Systemic Contact Dermatitis (SCD).In the prosthetic field, clinical situations featuring allergic reactions to the various compo-nents of prostheses are not uncommon; among these, nickel turns out to be responsible for approximately a third of all the allergic reactions in subjects undergoing arthroprosthesis.The case of a female patient who underwent a total cemented left knee replacement with implantation of an arthroprosthesis in a cobalt-chromium-molybdenum alloy is described. Further to the surgery, a significant inflammatory reaction at the site of the knee with implan-tation and a marked functional limitation in deambulation were left. Among the various investigations, which excluded a septic phlogosis, a marked sensitization to nickel, which was also contained in the implanted arthroprosthesis, was pointed out. In the attempt to avoid the prosthesis removal, the patient underwent a treatment with TIO Nichel. At a few months from the beginning of the treatment, a significant and continuous symptomatological and functional improvement has already been observed, confirmed by a practically negative clinical objectivity.

per pazienti sottoposti a protesi d’anca o to-tale del ginocchio, una prevalenza comples-siva del 13%, con una netta predominanza di reazioni al nichel che risulta responsabile di circa un terzo delle reazioni totali (4).

case report

Nel marzo 2009 giunge alla nostra osserva-zione la paziente T.A. di anni 69. Il sogget-to lamenta cospicua dolenzia al ginocchio sinistro e marcata limitazione funzionale con rilevante impedimento alla deambu-lazione. All’obiettività clinica si evidenzia andatura claudicante ed i caratteristici segni di flo-gosi: rossore, gonfiore, calore e dolore alla pressione. Dopo accurata ed approfondita anamnesi si evince che la paziente, affetta da grave gonartrosi degenerativa, era stata sottoposta nel giugno 2008 ad intervento chirurgico ortopedico di protesi totale ce-mentata al ginocchio sinistro con impianto di artroprotesi in lega metallica di cromo-cobalto-molibdeno.La radiografia effettuata nel postoperatorio evidenziava un perfetto esito dell’impianto così descritto: “Esiti di artroprotesi bicom-partimentale di ginocchio sinistro con seg-menti protesici in asse e ben tollerati”. Dopo l’intervento la paziente eseguiva il previsto protocollo riabilitativo.Nonostante ciò residuava – in modo per-sistente – dolore, edema e marcata limi-tazione funzionale dell’articolazione. Si prescriveva trattamento continuativo con paracetamolo, peraltro, senza significativi benefici. Perdurando la problematica, la paziente ve-niva sottoposta, nel febbraio 2009, a scin-tigrafia segmentaria con anticorpi anti-leu-cociti con il seguente esito: “... lieve, diffusa

iperconcentrazione del radiofarmaco nella regione periprotesica del ginocchio sinistro. L’attuale quadro scintigrafico non sembra significativo per flogosi settica...”. In so-stanza la scintigrafia confermava la flogosi, escludendone al tempo stesso un’eventuale natura settica. Nel sospetto di una reazione allergica, la paziente veniva inviata alla no-stra osservazione. In base a questi rilievi e considerati i pre-cedenti allergologici, che peraltro indiriz-zavano verso una pregressa allergopatia da metalli, viene eseguito il patch test con gli apteni specifici delle protesi ortopediche. Il test, eseguito ed interpretato secondo i criteri raccomandati dalla SIDAPA, risulta positivo per Nichel solfato 5% (+++) e Me-tilacrilato 1% (++-). Da un punto di vista diagnostico si conclude per “Quadro in-fiammatorio di verosimile natura allergica

summary

Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2 83

case report

gica Visiva (VAS), del 60% circa rispetto all’inizio del trattamento iposensibilizzan-te. Inoltre, l’obiettività clinica non eviden-zia significativi segni di flogosi.

discussione e conclusioni

Sempre più numerose risultano le osser-vazioni che confermano l’efficacia – mi-surata mediante valutazione di sintomi/parametri soggettivi e obiettivi – della te-rapia iposensibilizzante orale al nichel nel determinare la scomparsa o quantomeno la notevole attenuazione della sintomato-logia cutanea o gastroenterica nelle varie espressioni cliniche, o di entrambe le si-tuazioni, anche a fronte di una graduale reintroduzione della dieta fino a quel mo-mento esclusa (5,6,7). Ciò sembra essere correlato a modificazioni immunologiche indotte dalla terapia che coinvolgono la risposta T linfocitaria verso il nichel ri-pristinando, nei soggetti allergici, l’equi-

librio intrinseco del sistema immunitario attraverso la stimolazione del braccio re-golatorio (linfociti Treg CD4+ CD25+ a funzione regolatoria/soppressiva) a disca-pito di quello effettore (linfociti T CD8+ con attività citotossica) (8,9).La terapia iposensibilizzante orale sembre-rebbe risultare efficace, determinando mi-glioramenti clinici significativi, anche nei soggetti che presentano reazioni allergiche da nichel nella sede di impianto endopro-tesico. Pertanto, nell’eventualità di com-parsa di manifestazioni cliniche postin-tervento espressione di reazione allergica

ArtroprotesiFigura 1

Bibliografia

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a componenti protesici, sia per pregressa carenza diagnostica che per sensibilizza-zione successiva all’impianto, può risultare indicato il trattamento iposensibilizzante immunologico con TIO Nichel. Va comunque ribadito che prima di pro-cedere ad impianto protesico, specie quan-do questo sia programmabile, è necessario condurre una attenta anamnesi allergolo-gica e, nel sospetto di una possibile sen-sibilizzazione, risulta indispensabile effet-tuare un patch test con i componenti della stessa protesi, così come raccomandato dalla più recente letteratura (3,10,11).

recens ion ia cura di Fabrizio Ottoboni

Induzione breve nella SLIT con allergoide agli acari domestici

Sublingual allergoid immunotherapy: a new 4-day induction phase in patients allergic

to house dust mites

D’Anneo RW, Bruno ME, Falagiani P

International Journal of Immunopathology and Pharmacology 2010; 23 (2): in press

Molti trial clinici hanno ripetutamente dimostrato l’effi-cacia e la sicurezza della terapia sublinguale con aller-goide monomerico (Lofarma, Milano) sottolineando

altresì la laboriosità della fase incrementale standard che richiede un periodo di tempo abbastanza lungo da 16 giorni fino a 14 settimane. D’Anneo e Colleghi hanno voluto sperimentare se una fase di induzione di soli 4 giorni permetteva di ottenere gli stessi effetti del trattamento standard in soggetti allergici agli acari della polvere di casa. Nello studio prospettico, in aperto, randomizzato e controllato verso farmaco, sono stati inclusi 30 pazienti (16 maschi e 14 femmine, età media di 36 ± 8,2 anni) con rinite e/o asma lieve allergici ai Dermatophagoides e suddivisi in due gruppi. L’endpoint primario era valutare la riduzione dei sintomi nei due gruppi, mentre gli endpoint secondari erano la riduzione del consumo di farmaci, le differenza tra la VAS (sca-la visuale analogica) misurata all’inizio della sperimentazione e

dopo 12 mesi, i cambiamenti della reattività cutanea prima e dopo ed infine la sicurezza della terapia.All’inizio dello studio tutti i soggetti sono stati valutati per registrare lo score dei sin-tomi, il benessere mediante VAS e la sensibilità agli acari mediante test cutanei. Dopo 12 mesi di SLIT sono stati ri-petuti gli SPT e valutati i risultati con la scala visuale analogica.La fase di induzione nel gruppo dei trattati è stata di soli 4 giorni e nella tabella seguente sono indicati i dosaggi.Il trattamento è proseguito per 12 mesi con un dosaggio setti-manale di 2000 UA fino ad ottenere una quantità di allergene di 104000 UA/anno. Sintomi e consumo di farmaci sono stati registrati da novembre a febbraio.I risultati dello studio mostra-no innanzittutto un significativo incremento della VAS del 45% in entrambi i gruppi (p=0,001). Il gruppo dei trattati con SLIT hanno una riduzione significativa della sintomatologia (± 52%), ma non del consumo di farmaci, rispetto il gruppo controllo. La reattività cutanea nel gruppo SLIT è diminuita del 39%, mentre in quello di controllo è rimasta inalterata. Non si sono registrati eventi avversi nei 30 soggetti. La sicurezza della terapia sublinguale con allergoide monometrico è confermata anche in caso di up-dosing in soli 4 giorni e questo fatto può migliorare ulteriormente l’aderenza alla terapia. Gli Autori concludono che la terapia con allergoide è efficace già dopo 12 mesi nei soggetti rinitici o con asma lieve agli acari della polvere di casa.

Giorno UA

• 1 300

• 2 600

• 3 900

• 4 1200

Totale UA 3000

TabellaUp- dosing in quattro giorni

TIO NIchel lofarmaPIeTre mILIArI

2005 Minelli M et al. Atti XXIV Congresso Nazionale SIAIC. Roma2006 Schiavino D et al. Int J Immunopathol Pharmacol 19:593-600.2008 Turi MC et al. It J Allergy Clin Immunol 18:98-102.2008 Falagiani P et al. Rev Port Imunoalergologia 16:135-147.2010 Minelli M et al. Int J Immunopathol Pharmacol 23:193-201.

2010 Coordinatore Prof. Mario Di Gioacchino Studio multicentrico in doppio cieco controllato con placebo sulla efficacia e tollerabilità della terapia desensibilizzante con nichel in pazienti affetti da Sindrome Sistemica da Allergia al Nichel (SNAS)

trattamento iposensibilizzante orale

85Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2

recensioni

sensibilizzante (allergia clinica). Per gli autori l’esistenza di una sensibilizzazione asintomatica è da attribuire all’impie-go di estratti grezzi di arachide, i quali contenendo moleco-le che possono cross-reagire con pollini o altri allergeni, non garantiscono una diagnosi sufficientemente precisa. Parten-do da questa osservazione, gli autori del lavoro si propon-gono di dimostrare che l’applicazione del test noto come component-resolved diagnostics (CRD) che si basa sull’uso di singole molecole allergeniche ricombinanti consentirebbe di identificare in maniera più precisa i soggetti con allergia clinica all’arachide.A tale scopo una popolazione selezionata di bambini (n=108) con una storia clinica suggestiva di allergia all’ara-chide è stata rivalutata sulla base di questionari validati, ese-cuzione di skin test (SPT) e dosaggio IgE specifiche (sIgE). Dodici di questi soggetti sono stati classificati come clinica-mente allergici, come confermato da una reazione cutanea SPT > 8mm e un livello di sIgE > 15 kU/L e quindi non sono stati sottoposti ad alcun challenge; i rimanenti, ad ec-cezione di quelli che non hanno dato il consenso (n=17) sono stati sottoposti a test di provocazione orale. Sette di essi hanno dato esito positivo e si sono aggiunti ai 12 prece-denti, mentre 66 sono risultati negativi e sono stati quindi classificati come tolleranti. Il siero di una buona parte dei soggetti, allergici clinicamen-te e tolleranti, è stato quindi analizzato in CRD. Il pattern di riconoscimento delle varie componenti si è dimostrato differente tra le due popolazioni prese in considerazione. I soggetti con allergia clinica hanno mostrato un livello di sIgE verso Ara h1 e Ara h3 (due allergeni maggiori dell’ara-chide) più elevato rispetto alla popolazione di soggetti tolle-ranti i quali, a loro volta, hanno mostrato livelli più elevati di IgE verso CCD (cross carbohydrate determinants) e aller-geni delle Graminacee (Phl p1, Phl p4 e Phl p5b).L’elemento che sembra però meglio differenziare le due popolazioni è rappresentato dai livelli di sIgE verso l’Ara h2 (un altro allergene maggiore dell’arachide) che risulta-no statisticamente più significativi nella popolazione con allergia clinica.Gli autori, pur concludendo che in base ai loro dati la de-terminazione mediante CRD dei livelli di sIgE per allergene Ara h2 (identificato come marker di predittività) sembra

Diagnostica molecolare nella sensibilizzazione

alle arachidi in bambini

Allergy or tolerance in children sensitized to peanut: prevalence and differentiation using

component-resolved diagnostics

Nicolaou N, Poorafshar M, Murray C, Simpson A,

Winell H, Kerry G, Härlin A, Woodcock A, Ahlstedt S,

Custovic A

J Allergy Clin Immunol 2010; 125 (1): 191-197.

L’arachide è una delle più comuni cause di allergie alimentari. L’eliminazione dalla dieta della stessa rimane ovviamente l’approccio più scontato per

evitare lo scatenamento del sintomo ma può essere di dif-ficile applicazione dato l‘impiego diffuso dell’arachide in molte preparazioni alimentari. Non è quindi così improba-bile che il soggetto allergico possa avere inconsapevolmente un’esposizione accidentale al suddetto alimento con conse-guenze a volte letali.La disponibilità di strumenti diagnostici in grado di identi-ficare con accuratezza il soggetto allergico è fondamentale. In questo senso il “double blind placebo controlled food chal-lenge” (DBPCFC) rappresenta il test gold standard nella diagnosi di allergia all’arachide.Tuttavia l’attuazione del suddetto test richiede tempi lun-ghi e non è privo di rischi per il soggetto che vi si sottopone; nella pratica comune quindi la diagnosi di allergia specifica si basa sulla storia clinica del paziente ovvero sui test cuta-nei (skin prick test, SPT) e serologici (IgE specifiche, sIgE ). Questi ultimi test rilevano comunque la presenza di una sensibilizzazione del soggetto ad un determinato allergene ma ciò non costituisce una prova certa che il suddetto sog-getto manifesti il sintomo dopo esposizione all’allergene

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86 Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2

Immunoterapia transcutanea:una nuova via

Grass transcutaneous immunotherapy in children with seasonal rhinoconjunctivitis

Agostinis F, Forti S, Di Berardino F

Allergy 2010; 65: 410-411.

Gli Autori partendo dall’idea che la via di sommini-strazione transcutanea è comunemente impiegata per la somministrazione di farmaci, si sono chiesti se

era possibile usare questa via per l’immunoterapia specifica in bambini allergici alle graminacee con rino-congiuntivite. L’esame della letteratura ha mostrato che questa via immu-noterapeutica non era mai stata provata fino ad ora.Lo studio prospettico in doppio cieco randomizzato, con-dotto in Italia, con 30 soggetti, ha confrontato il punteggio dei sintomi della rino-congiuntivite allergica, l’uso di far-maci antiallergici durante il periodo di impollinazione ed il prick-test iniziale e finale in un gruppo di 15 bambini in età scolare trattati con immunoterapia specifica transcuta-nea (gTCIT) per graminacee rispetto a quelli ottenuti in 15 bambini (gruppo di controllo), omogenei per età e durata/entità della malattia allergica trattati con placebo. Un cerot-to adesivo contenente 25-30 mg di vaccino (11,5 µg degli allergeni maggiori di graminacee) è stato posto sulla schiena del paziente e rimosso dopo 24 ore. L’estratto di polline di graminacee (SARM, Roma) con atti-vità dichiarata di circa 90 µg /ml per ciascuno degli allergeni

maggiori delle graminacee miscelato al 50% con vaselina. Il gTCIT è stato ripetuto settimanalmente per dodici settima-ne dal 5 febbraio al 19 aprile 2008.I risultati possono essere così riassunti. Nei due gruppi non si sono verificate reazioni sistemiche o locali ed i prick test non variavano significativamente nei due gruppi. I punteggi dei sintomi, in particolare la rinorrea, l’ostruzio-ne nasale, la dispnea ed i sintomi oculari erano ridotti in modo statisticamente significativo nel gruppo dei trattati con gTCIT.Infine anche l’uso dei farmaci sintomatologici (antistamini-ci) è risultato sensibilmente minore nel gruppo dei trattati con gTCIT. Gli Autori concludono che questa nuova via di sommini-strazione dell’immunoterapia specifica, riducendo i sintomi e l’uso di farmaci sintomatologici, potrebbe essere una vali-da alternativa alla via tradizionale in pazienti pediatrici con rino-congiuntivite da pollini di graminacee.

Aderenza alla SLIT: l’importanza delle visite di controllo

Sublingual immunotherapy: adherence based on timing

and monitoring control visits

Vita D, Caminiti L, Ruggeri P, Pajno GB

Allergy 2010; 65: 668-669.

Il noto Doc Gregory House dice che il paziente mente, non segue le terapie e… ha ragione. Cosa fare nel caso della terapia sublinguale (SLIT)?

Il paziente prende il prodotto, va a casa e spesso si dimentica di seguire la terapia. Partendo da questa constatazione di vita pratica Vita e Coll. hanno voluto verificare l’aderenza alla te-rapia da parte di pazienti, tra i 6 e 16 anni, affetti da rinite, asma o entrambi da almeno 12 mesi, sottoposti a tre distinti

rappresentare un utile strumento per discriminare tra sog-getti con allergia clinica e soggetti tolleranti all’arachide, sottolineano al contempo la necessità di ampliare la casisti-ca per avere una conferma ulteriore delle loro osservazioni.

Gianni Mistrello

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regimi di monitoraggio per due anni. I 300 soggetti sono sta-ti, mediante randomizzazione, assegnati a tre gruppi ognuno di 100 soggetti: gruppo A, soggetto a 4 visite di controllo du-rante l’anno, gruppo B, con 2 visite annuali ed un gruppo C con 1 sola visita all’anno.Gli estratti per l’immunoterapia sono stati utilizzati seguendo le istruzioni dei produttori: Lofarma, Stallergenes, Alk-Abello e Allergopharma.La prescrizione che si è rivelata fondamentale per gli Autori di questo studio è stata quella di riportare al medico la confezio-ne del vaccino utilizzato ad ogni visita. Gli Autori concludono che una buona aderenza alla SLIT è ottenuta solo nei pazienti sottoposti a 4 visite annuali e che il punto critico è la frequenza delle visite di controllo oltre il rapporto fiduciario con il medico, la spiegazione chiara del metodo terapeutico e la responsabilizzazione. Solo in questo modo si riesce ad ottenere una vera cooperazio-ne del paziente. Le istruzioni chiare su come utilizzare il vac-cino e una visita ogni tre mesi sono le indicazioni degli Autori del lavoro per ottenere migliori risultati con questa originale ed efficace terapia. Il lavoro di Vita e coll. contrasta in modo evidente con la recensione di Passalacqua et al. del n° scorso del Not Allergol in cui si rilevava mediante questionario ad un ampio gruppo di Allergologi che “ sorprendentemente, l’educazione/istruzione del paziente , la facilità d’uso della te-rapia e le visite di follow-up non erano considerati importanti da parte dei medici”. Cosa dire? La Redazione non si esprime ed aspetta le Vostre opinioni.

Un buon motivo per non uccidere il polpo Paul

Adverse reaction after ingestion of raw and boiled Octopus vulgaris

Damiani E, Aloia AM, Priore MG, Nardulli S, Nettis E, Ferrannini A

Allergy 2010; 65: 275-276.

Il 2010 è stato caratterizzato dai Mondiali di calcio in Suda-frica e da un protagonista inatteso: il polpo Paul der Krake (ospitato nell’acquario di Oberhausen) capace di indovi-

nare tutti i risultati delle partite della Germania. I tedeschi, dopo la semifinale persa, come previsto da Paul, hanno mani-festato l’intenzione di mangiarselo per ritorsione.Il lavoro di Damiani e Coll. fornisce una buona giustificazio-ne per graziare il polpo Paul: è pericoloso sia crudo che cotto.Gli Autori descrivono accuratamente il caso di una donna 43enne che si è presentata alla loro osservazione la prima volta con angioedema alle labbra ed alle gengive dopo aver mangia-to un polpo crudo ed una seconda, due mesi dopo, con una orticaria generalizzata e perdita di coscienza 30 minuti dopo aver mangiato polpo crudo e cotto, che ha richiesto un pron-to intervento con antistaminici e corticosteroidi intramusco-

Gruppo N° N° visite/ % dei non % dei non Totale pazienti anno aderenti aderenti in % il primo il secondo dei non anno anno aderenti

A 100 4 8,1 10,4 18,5

B 100 2 14,7 17,7 32,3

C 100 1 29,3 41,1 70,4

TabellaPercentuale di pazienti che si ritirano dalla SLIT

Figura tratta da Wikipedia

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88 Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2

lo. Due estratti di Octopus vulgaris sono stati preparati: uno con l’animale crudo ed uno dopo 15’ di bollitura. Il profilo della SDS-PAGE ha mostrato per entrambi due ban-de, una a 22 e una a 38 kDa. Il trasferimento elettroforetico per l’immunoblotting e la successiva reazione con il siero della paziente ha rivelato una reazione solo con la banda di 22 kDa.L’indagine è proseguita con prick-by-prick utilizzando cozze, ostriche, vongole, crostacei cotti e crudi, seppia, calamari e ovviamente il cefalopodo sospettato crudo e cotto. Tutti sono risultati negativi eccetto il mollusco incri-minato. Nei prick test e nella ricerca delle IgE specifiche mediante RAST sono stati testati anche i Dermatophagoides oltre tutti gli abitanti del mare in commercio come estratti allergenici senza ottenere alcuna positività.

Bentornati “acari minori”

House-dust mites on wall surfaces of damp dwellingsbelong to storage mite genus

Charpin D, Parola P, Arezki I, Charpin-Kadouch C, Palot A, Dumon H

Allergy 2010;65:274-275.

Il lavoro di Charpin et al. ha il merito di riportare sotto i riflettori i cosiddetti “acari minori” , termine coniato da Arsenio C. Negrini nel lontano 1978, dei quali si erano

perse le tracce negli ultimi anni, e di indicare che nei trat-tamenti profilattici contro gli acari delle abitazioni è impor-tante trattare anche le pareti soprattutto se ammuffite.Sono state esaminate 50 abitazioni con la caratteristica di presentare segni evidenti di muffe sulle pareti, di almeno 50 cm².I campionamenti, in ogni abitazione, di acari e micofiti sono stati eseguiti sia sulle pareti ammuffite che a 20 cm dal limite della zona precedente.Per le muffe è stato utilizzata la tecnica del nastro adesivo applicato sulla superficie ammuffita e non, successivamen-te trasferito su vetrino e colorato con “lacto phenol cotton blue” per permetterne l’identificazione.Le muffe identificate appartenevano ai generi Cladosporium (26,2 %), Aspergillus (13,2 %), Ulocladium (5,9 %), Alter-naria (3,7 %), Penicillium (2,4 %) e Acremonium (1,2 % )Gli acari sono stati catturati, in maniera poco ortodossa da un punto di vista acarologico, mediante un tampone, sepa-

aclOTesT ®rilevatore di acari

aclObed ®fodere antiacaro

aclOcId ®schiuma acaricida

Il controllo eseguito su volontari sani dei due estratti di polpo è risultato negativo. Damiani e Coll. concludono coerente-mente che in questo caso la reazione potrebbe essere IgE me-diata e mirata ad una banda di 22 kDa. Secondo la Redazione del Not Allergol Paul der Krake è sicu-ramente salvo.

LofarmalINea preveNzIONe acarI

89Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2

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rati mediante flottazione e montati su vetrino per l’identifi-cazione. I risultati sono riassunti nella tabella 1.Nel 54% delle case con presenza di muffa sulle pareti sono stati trovati acari e solo su due pareti non ammuffite (4%), spiegabile con la mobilità di questi acari e la vicinanza della zona campionata, 20 cm, a quella ammuffita. I generi individuati dagli Autori sulle superfici ammuffite sono risultati essere principalmente Glycyphagus e Tyropha-gus noti per essere micofagi e che necessitano di un’alta umi-dità ambientale per sopravvivere. In effetti il feltro fungino crea un microambiente che trattiene l’umidità e favorisce lo

Coltura di Tyrophagus spp.

Presenza - + ++ +++ ++++acari Parete 23 10 8 7 2ammuffita

Parete 48 2 - - -non ammuffita Legenda: (-) assenza di acari, (+) pochi acari, (++) pochi acari e feci, (+++) molti acari in tutti gli stadi di sviluppo, (++++) moltissimi acari in tutti gli stadi di sviluppo

Tabella 1 Distribuzione dell’infestazione acarina nelle 50 abitazioni esaminate.

Gruppo Famiglia proteica Peso molecolare (kDa) G. domesticus T. putrescentiae

2 NPC2 family 15-16 Gly d 2 Tyr p 2

3 Trypsin-like - - Tyr p 3

10 Tropomyosin - - Tyr p 10

13 Fatty acid 15 - Tyr p 13 binding protein

24 Troponin C 18 - Tyr p 24

Ulteriori componenti allergenici sono dimostrati mediante SDS-PAGE ed immunoblotting ma non ancora perfettamente caratterizzati.

Tabella 2 Allergeni ad oggi riconosciuti dal World Health Organization e International Union of Immunological Societies (WHO/IUIS) Allergen Nomenclature Sub-committee.

sviluppo di questi acari e li rifornisce di spore che possono sostentarli.Ricordiamo che molti degli allergeni degli “acari delle der-rate” (Tabella 2) sono differenti da quelli dei Dermatopha-goides e questi insieme alle muffe contribuiscono in modo sostanziale alla composizione degli aereo-contaminanti do-mestici e possono giocare un ruolo importante nello scate-nare i sintomi infiammatori negli allergici specialmente in quelli che vivono in case malsane. Gli Autori concludono che nei programmi di bonifica della casa dagli acari occorre includere anche le pareti.

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90 Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2

Bambini e merendine: attenti ai semi!

Snack seeds allergy in children

Caubet J-C, Hofer MF, Eigenmann PA, Wassenberg J

Allergy 2010; 65: 136-137.

I semi di zucca (Cucurbita pepo) e di girasole (Helianthus annuus) dopo la tostatura, sono utilizzati non solo come snacks ma possono essere aggiunti al muesli ed anche

utilizzati come ingredienti per certi tipi di pane. In pratica questi due semi possono essere presenti in moltissime ricet-te come hidden allergen. Nonostante l’abbondante consumo di questi semi, però, i casi di reazioni anafilattiche segnalate in letteratura sono state molto poche e prevalentemente in adulti. Gli Autori svizzeri hanno il merito di segnalare casi di severe reazioni allergiche a questi semi in 3 bambini. Paziente 1una bimba di 6 anni, con storia clinica di allergia al pesce e dermatite atopica (DA), dopo aver mangiato una manciata di semi di girasole ha avuto un episodio di prurito orale, angio-edema alle labbra e in faccia, vomito e dispnea, richiedendo

un adeguato trattamento farmacologico. Il test cutaneo con i semi è risultato negativo, mentre la ricerca delle IgE speci-fiche è risultata positiva (vedi tabella). La diagnosi di allergia ai semi di girasole è stata confermata mediate il test di provo-cazione orale risultato positivo dopo una dose piuttosto bassa di allergene (2 g).

Paziente 2un bimbo di 7 anni, senza allergie conosciute e una lieve DA, ha avuto due episodi di orticaria generalizzata e angioedema al viso, respiro affannoso e dispnea dopo ingestione di semi di girasole. L’allergia è stata confermata sia in vivo tramite prick test che in vitro mediante la ricerca delle IgE specifiche. Dopo l’ingestione di 14 g di semi ha sviluppato una severa reazione sistemica con angioedema, orticaria e tosse che ha richiesto un deciso intervento farmacologico.

Paziente 3un bambino di 11 anni con storia clinica di allergia al pesce e dermatite atopica, ha presentato una reazione anafilattica po-chi minuti dopo aver mangiato dei semi di zucca. La diagnosi di allergia, in questo caso, è stata confermata con il test di provocazione orale. L’ingestione di 10 g di semi ha provocato una risposta severa con orticaria, angioedema e asma. Curio-samente il bambino tollerava bene i frutti delle Cucurbitacee (cocomero, melone, cetriolo, anguria etc.). Gli Autori concludono suggerendo di prendere in considera-zione anche questi semi quando si presentano pazienti con storia di anafilassi non chiara, anche in presenza di test cu-tanei negativi.

Paziente Storia clinica Prick Ige Test di to prick specifiche provocazione orale

1 allergia al pesce, DA neg 0,51 kU/I + 2 g

2 nessuna allergia, DA pos 3,48 kU/I + 14 g

3 allergia al pesce, DA neg - + 10 g

Tabella Storia clinica e risultati dei test in vivo ed in vitro

Semi di girasole (in alto)e semi di zucca (in basso)

recensioniPATCH TEST ALIMENTILOFARMA

PATCH TEST ALIMENTILOFARMA

PATCH TEST ALIMENTI

L’introduzione, soprattutto in età pediatrica, di alcuni alimenti

può dare luogo sia a risposte allergiche immediate attraverso un

meccanismo IgE-mediato che a risposte allergiche ritardate con

coinvolgimento dell’immunità cellulo-mediata. Mentre le prime sono

facilmente riconoscibili tramite l’esecuzione dei test cutanei specifici

(SPT- Skin prick test). Le seconde richiedono test più invasivi come

il test di provocazione orale specifico. Il patch test con alimenti noto

come Atopy Patch Test (APT) si è dimostrato un utile strumento per

la diagnosi di allergia alimentare negli atopici.

SerIe ALImeNTI INTeGrATIvA

6045X Caseina di mucca6048X Avena6039X Frumento6049X Mais6050X Orzo6051X Riso6052X Uovo albume6053X Uovo tuorlo1600X Vaselina

SerIe ALImeNTI BASe

6036X Uovo Mix 60371 Latte intero60401 Cereali mix 56041X Arachide6042X Merluzzo6043X Pomodoro6038X Soia1600X Vaselina

mATerIe PrIme

• controllate, costituite da alimenti in polvere e disidratati sottoposti ad analisi per una valutazione del contenuto proteico.

• sottoposte ad analisi SDS-PAGE per garantire l’omogeneità delle preparazioni e fornire un profilo antigenico dei componenti.

• disperse in vaselina e la omogeneità della dispersione, realizzata tramite miscelatore a turbina, controllata mediante misurazione delle dimensioni delle particelle.

rubr iche

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92 Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 2

Registrazione uguale qualità?

Prof. DR. M. T. Ente e qualifica -Indirizzo Milano

Da qualche tempo si parla molto, almeno da parte di alcune aziende produttrici di allergeni, di vac-

cini che sono stati registrati “come farmaci”. La cosa viene presentata come un plus di questi prodot-ti rispetto agli altri che non sono registrati. Conosco a grandi linee le procedure di registrazione per i farmaci, ma nel caso specifico degli allergeni non so che peso attribuire a queste affermazioni di “superiorità”. Chiedo il supporto chiarificatore di un esperto.

Risponde: Paolo Falagiani

Quella che viene comunemente chiamata “registra-zione” dei farmaci, in realtà è una “Autorizzazione

all’Immissione in Commercio”, il cui acronimo italiano è AIC (quello inglese è MA, Marketing Authorization). La AIC viene concessa dagli enti regolatori, ad esempio l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) in Italia, e così via nei diversi Stati Membri della EU dove l’ente regolatore è solitamente un Istituto/Agenzia riconosciuto/a dal Miste-ro della Salute. Chi volesse approfondire gli aspetti stret-tamente legali può consultare (disponibile su Internet) il Decreto Legislativo n* 219, 24 aprile 2006, recepimento di normative europee e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 142 del 21 giugno 2006, Supplemento Ordinario n. 153.In realtà, sul piano strettamente legale/regolatorio, non esiste alcuna differenza tra allergeni e farmaci, in quanto sia i primi che i secondi ricadono pienamente nella defini-zione di “medicinali” (sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche nelle malattie umane; ogni sostanza o associazione di so-stanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata

all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una dia-gnosi medica). Gli allergeni ricadono nella categoria dei medicinali immunologici, e vengono così definiti: “Gli al-lergeni sono medicinali che hanno lo scopo di individuare o indurre una modificazione acquisita specifica della rispo-sta immunitaria verso un agente allergizzante”. In realtà gli allergeni hanno avuto, ed hanno tuttora in molti Stati Membri della EU, una posizione legale/rego-latoria particolare. Ad esempio in Germania, che è il più grande mercato europeo con circa 1 milione di vaccini/anno, esiste il doppio canale dei vaccini registrati e di quelli non registrati e preparati secondo la procedura detta NPP (named-patient product, cioè preparati su specifica ricetta del medico specialista per un determinato paziente, il cui nominativo è riportato sulla confezione). In alcuni Stati Membri del Nord Europa (es. Svezia, Danimarca, Norve-gia) sono ammessi soltanto i vaccini registrati. In altri Sta-ti membri del Sud Europa (es. Italia, Spagna) quasi tutti i vaccini sono preparati e distribuiti secondo la succitata procedura NPP, ed è stata emessa una specifica legislazione che li autorizza (in Italia il DL del 13.12.1991). In Francia vige una legislazione particolare, che prevede per tutti i vaccini la proceduta NPP (in Francia denominata APSI), che le soluzioni-madre (bulk) siano soggette ad autorizza-zione da parte di una Agenzia statale dedicata, e da esse si preparano tutti i vaccini. Quanti e quali sono i vaccini registrati in Europa? Per quanto riguarda i vaccini per SCIT (Sub Cutaneous Immu-noTherapy), numerosi vaccini sono stati registrati in Nord Europa ed in Germania. Per quanto riguarda invece i vacci-ni per SLIT (SubLingual ImmunoTherapy), i prodotti re-gistrati sono molti di meno e recenti (3 di esse riguardano i vaccini Lais Grass, HDM e Ragweed). Esaminiamo adesso il punto forse più importante della do-manda: la registrazione rappresenta un “plus” qualitativo? A questo proposito è bene far presente che le registrazioni vengono concesse dagli enti regolatori degli Stati Membri della EU sulla base di una specifica domanda (application) corredata da un cospicuo dossier redatto secondo un for-mat obbligatorio per legge, detto CTD (Common Technical

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Quesiti

Document). Questo Dossier contiene diverse parti, dette Moduli, le più importanti delle quali sono quelle inerenti la Qualità (procedure produttive, di analisi, i relativi con-trolli di stabilità), la Pre-Clinica (prove tossicologiche negli animali di laboratorio e di mutagenesi in vitro), la Clinica (efficacia e sicurezza nei pazienti allergici).Gli enti regolatori verificano, prima di concedere l’auto-rizzazione, la correttezza di tutte queste parti, e quando necessario chiedono chiarimenti o dati aggiuntivi alla azienda richiedente. Quindi possiamo dire che la conces-sione dell’autorizzazione alla immissione in commercio (comunemente detta registrazione) rappresenta una ga-ranzia che le tecniche di produzione soddisfano le norme vigenti (GMP, good manufacturing practice) e che la sicu-rezza ed efficacia del prodotto sono dimostrate anch’esse secondo le Linee Guida Europee (EMA, European Medi-cines Agency). Tuttavia non è ammissibile ritenere che i prodotti non-registrati, ad esempio tutti quelli allestiti secondo le pro-cedure NPP, non siano prodotti secondo le norme vigenti e quindi si collochino ad un livello qualitativo inferiore. Infatti in tutta Europa le aziende produttrici di vaccini sono periodicamente ispezionate (almeno ogni 2 anni, in molti casi anche più frequentemente) dagli enti regolatori (in Italia AIFA) con ispezioni della durata di 3-5 giorni, al termine delle quali vengono rilasciate specifiche autorizza-zioni alla produzione.Possiamo quindi concludere che il livello qualitativo di tutti i prodotti allergologici oggi disponibili in Europa, diagnostici e vaccini, è molto elevato e sostanzialmente omogeneo tra i vari produttori, che seguono le stesse Linee Guida e le indicazioni dello “stato dell’arte”. In sostanza, la decisione di registrare o meno un vaccino scaturisce da considerazioni commerciali e non di qualità. Un vaccino registrato segue gli stessi canali distributivi degli altri far-maci con prescrizione specialistica (farmacie ospedaliere) e quindi può raggiungere una diffusione maggiore, anche se ciò può avere come contropartita una gestione da parte di medici non allergologi, quindi con scarsa preparazione sia sul piano diagnostico che terapeutico.

Parassitosi allucinatoria

Prof. DR. G. T. Ente e qualifica -Indirizzo Roma

Una mia paziente si è presentata in studio dichiarando di essere soggetta ad aggressioni da

parte di animaletti che riteneva fossero acari o insetti.Secondo la signora tali acari oltre a camminarle addosso si insinuavano nella cute quando era sola in casa. Mi ha portato numerosi campioni di tali “acari” che ho fatto esaminare da uno specialista. L’esperto ha trovato solamente fibre di vetro, qualche frammento di formica, croste. L’esame clinico ha rilevato la presenza di eritemi e numerose lesioni da grattamento. Non è stato osservato da me nessun sintomo chiaramente associato a parassitosi da animaletti né tantomeno la loro presenza nei campioni. In assenza di riscontri alle sue affermazioni ho suggerito alla paziente un consulto psichiatrico. Da allora non si è più presentata nel mio studio e successivamente ho saputo che mi aveva sostituito scegliendo un altro medico del SSN. Cosa ne pensa?

Risponde: Prof. Ivo E. Rigamonti Dipartimento di Protezione

dei Sistemi Agroalimentare e Urbano e Valorizzazione delle Biodiversità

Università degli Studi di Milano

Il caso da Lei esposto è estremamente interessante perché si riferisce a situazioni molto più frequenti

di quanto si ritenga e che spesso pongono seri problemi diagnostici.Nella mia esperienza personale l’evenienza che si presentino pazienti lamentando di essere oggetto di aggressioni da parte di artropodi vari si presenta più volte durante l’anno. In molti

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casi è possibile accertare l’agente scatenante nei campioni portati dal paziente stesso, siamo, in questi casi, in presenza di una vera parassitosi. Talvolta però non è possibile reperire alcun organismo né riferire la sintomatologia ad un preciso parassita.Il quadro da Lei esposto non sembra corrispondere ad una vera parassitosi ma rientra nella seconda tipologia sopra esposta, ovvero nel quadro della sindrome di Ekbom, nota anche come “delusory parasitosis” conosciuta in Italia come “parassitosi allucinatoria, delirio di infestazione o delirio dermatozoico”.Per evidenziare le differenze tra i due casi, inizierò ad esporre i criteri caratteristici delle vere parassitosi e successivamente tratteggerò le caratteristiche della sindrome di Ekbom. Le vere parassitosi per definizione sono causate da un organismo animale, nel nostro caso da artropodi, che aggrediscono un ospite provocandogli danni e/o molestie. In questo quadro vengono comprese anche punture di ragni, vespe o altri animali che in realtà non sono parassiti in senso stretto.Esse sono caratterizzate da un quadro sintomatologico tipico, preciso e costante. I segni clinici nelle vere parassitosi consistono normalmente in manifestazioni cutanee pruriginose quali pomfi eritematosi, papule, bolle, che in seguito a ripetuto grattamento degenerano in lesioni con croste e sanguinolente. Spesso il paziente è in grado di fornire informazioni e/o reperti, sottoporli al medico, consentendogli di identificare l’agente scatenante, es. pidocchio o pulce, acaro della scabbia.Il medico, tramite un’accurata anamnesi, può accertare se il paziente è venuto in contatto con un vero parassita, per esempio frequentando usualmente od occasionalmente ambienti infestati o adottando comportamenti che favoriscano il contatto con lo stesso.Considerando questi due ultimi punti è possibile arrivare ad una corretta diagnosi anche in assenza dell’evidenza fisica del parassita stesso.Possiamo citare alcuni casi piuttosto frequenti. L’antiquario che lamenta punture dolorose ricevute in casa, mostra i pomfi sulle braccia e sui piedi e porta un campione di polvere di legno contenente alcuni insetti. Il medico indirizza il paziente ad un entomologo per l’identificazione degli insetti. Vengono così individuati Anobium punctatum e Sclerodermus domesticus. Il primo, conosciuto come tarlo del legno, non è

mai stato segnalato come pungitore dell’uomo, mentre per il secondo esiste un’ampia casistica di aggressioni con punture a danno dell’uomo compatibili con il quadro clinico del paziente. Il medico a questo punto ha un’anamnesi e quadro sintomatologico compatibile con punture di S. domesticus. La verifica definitiva della correttezza diagnostica viene fornita dalla scomparsa dei sintomi dopo accurata disinfestazione.Un secondo esempio classico ci è fornito dalla medicina del lavoro. Un falegname presenta un quadro clinico consistente in piccoli elementi eritemato-edemato-papulo-vescicolari insorti eruttivamente su tronco, all’altezza della vita, sulle parti scoperte (braccia, collo) intensamente pruriginose e dolorose. Il paziente afferma che il fenomeno si è manifestato per la prima volta e dopo il ricevimento di una partita di legname francese. La dislocazione delle aree interessate, il fatto che i sintomi più evidenti si riscontrino dove si può avere deposito di polvere dell’ambiente, in particolare cintura, colletto e calze, aiuta ad identificare il locus originario dell’infestazione nella segatura prodotta dalle operazioni di segagione e di conseguenza nel legname. A questo punto non resta che far esaminare campioni di segatura e di legname. Nel campione viene accertata la presenza di insetti xilofagi e di un loro parassita, l’acaro Pyemotes ventricosus, ben noto in medicina del lavoro. Quando il legname viene segato in falegnameria, con la segatura vengono anche diffusi nell’ambiente i Pyemotes che possono aggredire i lavoratori. Anche in questo caso il medico ha un’anamnesi e un quadro sintomatologico compatibile con punture di P. ventricosus. L’eliminazione delle porzioni legnose infestate determina la scomparsa della sintomatologia.Altri soggetti invece si presentano con sintomi generici (prurito, sensazione di animaletti che gli camminano sul corpo e talvolta s’infilano sottopelle, lesioni cutanee, etc. ) e tipicamente con una nutrita serie di campioni prelevati dal proprio corpo e dall’abitazione. Il paziente afferma di vedere gli animali aggressori, ne descrive il comportamento e afferma di aver inutilmente adottato tutte le possibili misure di igiene personale e ambientale, di aver fatto eseguire trattamenti antiparassitari, ovviamente senza risultato.Seguendo la procedura descritta in precedenza non è però possibile individuare alcun parassita e, spesso, alcun organismo animale, bensì detriti vari, frustoli di pelle, polvere, fibre.Questo quadro indirizza la diagnosi non verso una vera

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parassitosi, ma bensì alla sindrome di Ekbom, un noto disordine psichiatrico.Sebbene le prime segnalazioni si debbano a Thibierge (1894) e Perrin (1896), che introdussero nella nosologia psichiatrica i termini “acarofobia” e “neurodermia parasitofobica” per descrivere la convinzione delirante in certi pazienti di avere una infestazione cutanea parassitaria, la sindrome è oggi nota col nome di Ekbom. Questo psichiatra svedese nel 1938 descrisse 22 casi che chiamò di “delirio dermatozoico” presenile che riguardavano soprattutto femmine anziane.Miller e Wilson infine nel 1946 coniarono il termine di “parassitosi allucinatoria”.La letteratura è concorde nell’affermare che i soggetti sono di norma in età presenile o senile, generalmente di sesso femminile e non presentano segni di deterioramento cognitivo o della personalità. L’esordio coincide con la comparsa di allucinazioni tattili (prurito, solletico, formicolio), successivamente compare un delirio monotematico lucido, centrato sulla convinzione di avere piccoli animali o parassiti sulla pelle e/o sotto di essa. Tale convincimento è accompagnato dal tentativo pervicace di provare al medico la veridicità dei sintomi riportati con prove materiali che ad un esame obiettivo si rivelano essere, come detto in precedenza, detriti vari, frustoli di pelle, fibre, etc., mentre il paziente descrive i “parassiti” dettagliatamente sia nell’aspetto che nel comportamento. Il soggetto nel tentativo di liberarsi dai “parassiti”, mette ossessivamente in atto una serie di comportamenti che includono lavaggi frequenti e ripetuti del corpo, applicazione di prodotti antiparassitari e rimedi estemporanei (kerosene, candeggina, aceto, etc.), arrivando ad infliggersi mutilazioni con pinze o lamette pur di estirpare gli animaletti. L’abitazione viene anch’essa disinfestata ripetutamente, qualcuno usa anche il fuoco, i vestiti e la biancheria sono cambiati ripetutamente e sostituiti più volte o distrutti. L’inefficacia di queste misure estreme viene spiegata dal paziente con l’estrema resistenza dei parassiti, inoltre il soggetto rifiuta di accettare la dimostrazione che i “parassiti” non esistono.Una delle conseguenze della sindrome di Ekbom è che il paziente soffre di pesanti disagi, personali, interpersonali, lavorativi, condizionando pesantemente anche la vita dei

famigliari che in alcuni casi, segnalati in letteratura, vengono “contagiati” anch’essi.Tali comportamenti autodistruttivi portano in casi estremi all’abbandono del lavoro, della abitazione e della famiglia.L’esame della letteratura medica dimostra che questo quadro clinico complesso può essere originato da molteplici cause di diversa natura: psicologiche, fisiologiche e/o fisiche.Le principali cause psicologiche sono ansietà, stress, tensione, depressione e stanchezza generale, mentre tra le cause fisiologiche ricordiamo le allergie, le deficienze nutrizionali, i cambiamenti neurodegenerativi correlati all’invecchiamento, le reazioni a farmaci, etc. Molto interessanti sono le cause fisiche, molto spesso misconosciute: elettricità statica, agenti chimici volatili e non, irritanti meccanici quali fibre di vetro e frammenti di carta, colle, solventi, ecc.Secondo alcuni Autori è possibile ottenere una remissione dei sintomi rimuovendo le cause fisiche o curando quelle fisiologiche, altri pensano che sia praticamente impossibile arrivare alla guarigione, indipendentemente dalla causa, in assenza di una terapia psichiatrica e farmacologica. L’approccio psichiatrico si rivela però quasi sempre impraticabile perché uno dei segni patognomonici della sindrome di Ekbom è l’assoluto rifiuto del paziente di accettare una origine psichica della propria malattia.Ad aggiungere un’ulteriore livello di difficoltà diagnostica ricordiamo un caso di Pseudodelusory Syndrome, riportato pochi anni fa in Italia, riguardante una paziente con sintomatologia simile a quella riportata da Ekbom. Dopo un’accurata indagine si è appurato che la causa era data da accidentale contatto con un tripide del frumento (Limothrips cerealium) che normalmente alla fine del suo ciclo vitale compie voli per raggiungere i siti di svernamento, durante i quali può invadere le abitazioni e, come in questo caso, recare molestie agli inquilini. Non è una vera parassitosi, tanto meno un caso di sindrome di Ekbom. L’accidentalità dell’interazione e la difficoltà d’accertamento della reale causa rendono estremamente difficoltoso giungere ad una corretta diagnosi col rischio di sottoporre il paziente a terapie antipsicotiche.

calendario congressi

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■ 13° DAM23-26 novembre Milano, Italia

Segreteria organizzativa:iDea congress

Dicembre 2010

■ 1st WAO International Scientific Conference5-8 dicembre Dubai, United Arab Emirates

Segreteria organizzativa:MCI Middle East

Segreterie organizzative

• MDB Enterprise srlVia Lucania 66, 74121 TarantoTel. 099 7354333 - Fax 099 9871161E-mail: [email protected]

• iDea congressVia della Farnesina, 224, 00194 RomaTel. 06 36381573 - Fax 06 36307682E-mail: [email protected]

• SA.MA. Service & Congress Via Comunale Villaggio Mili S. Marco 98132 MessinaTel. Fax 090 6811318E-mail: [email protected]

• FREI s.a. Travel-Congress3 Paparigopoulou Str., Athens 105 61Tel. +30 210 3215600 - Fax +30 210 3219296E-mail: [email protected] or [email protected]

• SGC CongressiVia S. d’Acquisto, 7381031 Aversa (CE)Tel. 081 8154619 - Fax 081 5044177E-mail: [email protected]

• ACAAI Meeting Registration Department85 W. Algonquin Road, Suite 550Arlington Heights, IL 60005-4460E-mail: [email protected]

• Paradigma EventosTel. 55.11.3813.8896E-mail: [email protected]

• MCI Middle EastP.O. Box 124752, Dubai, UASTel. +971 4 3415663 - Fax +971 4 3415664E-mail: [email protected]

■ XVI Latinamerican Congress of Allergy, Asthma & Immunology13-16 novembre Rio de Janeiro, Brazil

Segreteria organizzativa: Paradigma Eventos

■ Highlights in allergy and respiratory diseases18-20 novembre Genova, Italia

Segreteria organizzativa:iDea congress

Ottobre 2010

■ Congresso AAITO-AIPO Emilia Romagna15-16 ottobre Rimini, Italia

Segreteria organizzativa:MDB Enterprise srl

■ International Conference on specific immunotherapy24-26 ottobre Taormina, Italia

Segreteria organizzativa:SA.MA. Service & Congress

Novembre 2010

■ XX World Congress of Asthma (WCA 2010)3-6 novembre Athens, Greece

Segreteria organizzativa:FREI s.a. Travel-Congress

■ 10° Congresso Nazionale SIDAPA4-6 novembre Perugia, Italia

Segreteria organizzativa:SGC Congressi

■ American College of Allergy, Asthma & Immunology. Annual meeting 11-16 novembre Phoenix, AZ, United States

Segreteria organizzativa:ACAAI Meeting Registration Department

■ Le malattie allergiche e respiratorie12-13 novembre Trapani, Italia

Segreteria organizzativa:SA. MA. Service & Congress

Istruzioni per gli autori

Unità di misura Unit

conte per minuto counts per minute cpmcurie curie Cimillicurie millicurie mCimicrocurie microcurie μCchilogrammo kilogram Kggrammo gram gmilligrammo milligram mgmicrogrammo microgram μgnanogrammo nanogram ngpicogrammo picogram pgfemtogrammo femtogram fglitro litre L millilitro millilitre mLmicrolitro microlitre μLnanolitro nanolitre nLpicolitro picolitre pLchilometro kilometre Kmmetro metre mcentimetro centimetre cmmillimetro millimetre mmmicrometro micrometre μmnanometro nanometre nmpicometro picometre pmAngstrom Angstrom Åkilo Daltons kilo Daltons kDaora hour hminuto primo minute min minuto secondo second sec

I l Notiziario Allergologico è una pubblicazione quadrimestrale di ag-giornamento nel campo della Allergologia e delle discipline ad essa correlate, rivolta ai Medici ed ai Ricercatori. Il Notiziario Allergologico

non pubblica articoli sperimentali, ma aggiornamenti e rassegne concordati tra la Redazione e gli Autori, sia per quanto riguarda i contenuti che la lun-ghezza. Il Comitato Scientifico partecipa al reperimento delle informazioni e controlla la correttezza scientifica della rivista; comunque le affermazioni e le opinioni espresse negli articoli sono quelle degli Autori e non esprimono necessariamente il parere del Comitato Scientifico o della Redazione.

• I manoscritti per la pubblicazione devono venire inviati tramite posta elettronica a: [email protected] manoscritti, oltre al nome completo degli Autori, dovrà essere indicata l’affiliazione degli stessi e l’indirizzo postale dell’Autore al quale verranno inviate le bozze.

• Il testo dovrà essere in formato Word o analogo senza usare pro-grammi di impaginazione specifici.

• Le illustrazioni, le fotografie e le tabelle dovranno essere salvate e inviate in files separati (JPG, TIFF, PDF).

RiAssuNto e summARyOgni articolo sarà preceduto da un riassunto breve (250 parole, 1700 carat-teri spazi inclusi) e da un summary in inglese più ampio (450 parole, 3000 caratteri spazi inclusi).• Parole chiave: la lista di 4-8 parole chiave deve mettere in evidenza gli argomenti più significativi trattati nel lavoro.

BiBLiogRAfiALa bibliografia verrà scritta in base alle indicazioni riportate di seguito:

• Lavori comparsi in periodici: cognome e iniziale del nome degli Autori, titolo del lavoro, titolo abbreviato del periodico, anno, numero del volume, pagina iniziale e finale.es: Holt PG - Mucosal immunity in relation to the development of oral tolerance/sensitization. Allergy 1998;4:16-19.

• monografie e i trattati: cognome e iniziale del nome degli Autori, tito-lo, editore, luogo e anno di pubblicazione.es: Errigo E - Malattie allergiche. Etiopatogenesi, diagnostica e terapia. Lombardo Editore, Roma, 1994.

• Lavori pubblicati come capitoli di volumi: indicare cognome e ini-ziale dei nomi degli Autori, titolo del capitolo, titolo del volume in cui il lavoro è pubblicato, preceduto dall’indicazione del Curatore, e seguita da quella dell’Editore, luogo e anno di pubblicazione, pagina iniziale e finale del capitolo citato.es: Philips SP, Whisnant JP - Hypertension and stroke. In: Laragh JH, Brenner BM (Eds.) Hypertension: pathophysiology, diagnosis and ma-nagement. 2nd ed., New York, Raven Press, 1995, p. 465-478.

La bibliografia verrà ordinata in ordine di citazione nel corso del testo e ogni citazione verrà contrassegnata da un numero progressivo di identifi-cazione. In casi particolare, quando la bibliografia sia composta da riviste sintetiche, trattati, monografie e sia limitata a poche voci, non verrà citata nel testo ma raggruppata alla fine del lavoro sotto il titolo “Letture consi-gliate”. I titoli delle riviste dovranno essere abbreviati secondo le indicazioni del Cumulated Index Medicus.

CitAzioNi Di sPeCiALitàOgni composto farmaceutico deve essere citato in base al suo nome chimi-co e/o alla sua denominazione comune internazionale, evitando di citare il nome del marchio. Quest’ultimo potrà essere indicato solo se inevitabile e con la lettera iniziale in maiuscolo.

ABBReviAzioNiAbbreviazioni e simboli usati, secondo gli standard indicati in Science 1954; 120: 1078.Una volta definiti, essi possono venire usati come tali nel corso del testo.

BozzeLe prime bozze verranno inviate al primo Autore, a meno che non venga altrimenti indicato. Le seconde bozze verranno corrette in Redazione. Le bozze dovranno venire restituite nello spazio di sette giorni dalla data di arrivo, con l’approvazione dell’Autore.

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