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I grandi alberi del Parco Nazionale d’Aspromonte A cura di Alfonso Picone Chiodo e Giovanni Spampinato

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I grandi alberi delParco Nazionale d’Aspromonte

A cura di

Alfonso Picone Chiodo e Giovanni Spampinato

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Pubblicazione realizzata con il parziale contributo dell’Ente Parco Nazionale Aspromonte

Ringraziamenti Si ringraziano quanti si sono adoperati per la buona riuscita dell’indagine. In particolare il Corpoforestale dello Stato per aver facilitato le indagini catastali grazie alla consultazione del S.I.M.(Sistema Informativo della Montagna), le guide: Diego Festa, Antonio Barca, Vincenzo Repaci, ilprof. Mario Raso, l’operaio forestale Antonio Stranges, il dott. Roberto Lombi, l’arch. DomenicoNucera, l’agente Massimiliano Allaro e l’assistente Giuseppe Barillà del C.F.S. che ci hanno per-messo di raggiungere i luoghi più reconditi del territorio del Parco. Per le segnalazioni pervenute ilprof. Domenico Raso, il prof. Massimo Baldari, il prof. Franco Mosino, l’arch. Domenico Nucera, ilsig. Antonio Barca ed i Comuni di Gerace, Mammola, San Lorenzo e Santa Cristina d’Aspromonte.

Testi: Giuseppe Bombino, dottore di ricerca presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria;Piergiorgio Cameriere, dottore in Scienze Forestali; Alfonso Picone Chiodo, agronomo e presidente delCAI sez. di Reggio Calabria; Gerardo Pontecorvo, commissario superiore del Corpo Forestale delloStato; Rosario Previtera, membro Commissione Programmazione POR Calabria, ASSE I, Mis. 1.5-Sistemi Naturali; Giovanni Spampinato, professore di Botanica ambientale e applicata presso la Facoltàdi Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria

Foto: Alfonso Picone Chiodo

Cartine: Piergiorgio Cameriere

Progettazione editoriale: Giuseppe Pontari

Rilievi dendrometrici: Giuseppe Bombino, Piergiorgio Cameriere, Alessandro Crisafulli, AntoninoFalcomatà, Orazio Gugliotta, Michele Mafrici, Caterina Marino, Stefano Morabito, Alfonso PiconeChiodo

© di testi e immagini sono riservati dagli autori

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INDICE

Alberi monumentali: il recupero di una memoria ecologica

Il CAI e la ricerca scientifica

I Patriarchi verdi

Foreste e alberi in Aspromonte tra storia e leggenda

Il paesaggio vegetale del Parco

Metodologia dell’indagine

I GRANDI ALBERI DEL PARCO

I. Schede di riconoscimento

II. Gli alberi censiti

GLI ITINERARI

Gli alberi ornamentali di Gambarie

I dintorni di Gambarie

Nella vallata dell’Amendolea

I paesi fantasma di Casalinuovo e di Africo

Il crinale di monte Perre

I castagni di Pietra Cappa e Polsi

I pini giganti di Acatti

Lungo la dorsale

La foresta di Ferraina

Strumrnti legislativi

Considerazioni finali

Bibliografia

Appendice

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II presente volume promosso dal Club Alpino Italiano e dall'Ente Parco Aspromonte aggiunge unaltro, importante, tassello alla conoscenza del territorio del Parco. Ha un obiettivo ambizioso:

descrivere gli alberi monumentali, veri e propri monumenti naturali di questo Parco che proprio nellesue valenze naturalistiche, oltre che nei suoi straordinari paesaggi, presenta dei caratteri inconfon-dibili.

Ma ci domandiamo, cos'è un monumento naturale? In che senso un albero, con le sue peculiari-tà, può avere la valenza di un'opera d'arte o di un monumento che ricorda un fatto importante dellastoria umana. Negli oltre 8000 Comuni d’Italia abbiamo un monumento ai caduti delle due guer-re soprattutto della prima, sovente abbiamo monumenti dedicati ad un personaggio che ha avuto unpeso nella storia locale. II loro valore fondamentale è quello di lasciare un ricordo, un segno, nellamemoria di un popolo. Gli alberi secolari, che in questo volume sono stati descritti e censiti, costi-tuiscono la “memoria" di particolari luoghi, dove non ci sono strade, piazze, siti antropizzati. Questi

Alberi monumentali: il recupero di una memoria ecologica

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straordinari alberi sopravvissuti ad incendi, a tempeste di vento, a gelate e lunghe estati siccitose,hanno il valore dell'opera d'arte e allo stesso una straordinaria valenza ecologica.

Nell'accezione in cui l'ecologia è scienza della complessa interazione tra la diverse specie viventi, tracui l'uomo. La sopravvivenza di questi alberi, se talora è un fatto casuale, più spesso è frutto di unascelta dell'uomo, o meglio del contadino, pastore, e viandante che ha attraversato nei secoli questemontagne. Come ben spiega il prof. Spampinato molti di questi alberi secolari sono dei sopravvis-suti, la testimonianza di foreste scomparse. Attraverso il loro studio è possibile capire la nostra sto-ria, perché i pastori li hanno lasciati sopravvivere così a lungo. C’è un mistero in queste sopravvi-venze. Da una parte, è possibile ipotizzare che i pastori li abbiano lasciati in vita per via dei frutticopiosi che lasciavano, ogni anno, sul terreno e servivano da ottimo alimento per gli animali.L'albero solitario, colpito dal sole a 360 gradi, è decisamente più ricco di frutti di un albero in unaforesta. È una spiegazione plausibile, ma insufficiente. Si può ugualmente pensare che i pastori, itaglialegna e tutti coloro che si sono imbattuti in questi patriarchi hanno avuto il rispetto che unavolta si portava nei confronti degli anziani per la molteplicità di esperienze che hanno fatto. La sacra-lità di questi alberi secolari, dalle forme imprevedibili e che destano meraviglia, mi ricorda un famo-so racconto cinese su "un grande albero" che viveva, solitario, in cima al colle dove viveva una comu-nità. Un albero immenso, le cui fronde abbracciavano una grande superficie ed era diventato, neisecoli, il luogo sacro della comunità dei contadini che abitavano la zona. All'ombra di questa immen-sa creatura seppellivano i loro morti perché potessero ancora respirare il profumo delle sue gemme.

Quando, per ordine del governo, sprezzante delle tradizioni locali, venne reciso, la comunità fuinvestita da una serie di disgrazie e di lutti e tutti si ricordarono l’ammonimento degli anziani delpaese, che i giovani rivoluzionari avevano irriso in nome di una sedicente rivoluzione culturale .

Credo che anche noi occidentali, che abbiamo immaginato che il progresso e lo sfruttamento dellerisorse naturali ci avrebbe reso felici e benestanti, abbiamo bisogno di ritornare al “sacro”, a consi-derare alcune valenze naturalistiche come doni che ci sono stati tramandati perchè li custodissimocome pietre preziose. Questi alberi monumentali, ricchi di storia e di memoria naturali ed antropi-che, ci dicono a chiare lettere che il nostro cammino, la crescita infinita della nostra economia ha deilimiti, ed il "senso del limite" è il nuovo valore.

Concludendo queste brevi note non posso che complimentarmi per la passione dei soci del CAI chehanno reso possibile quest'opera. Compito dell’Ente Parco è di diffonderla affinché cresca, ed abbiale radici di questi alberi, la nostra coscienza ecologica.

Prof. Tonino Perna

PresidenteEnte Parco Nazionale Aspromonte

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Quando nel 1863 a Torino venne fondato il Club Alpino Italiano, la componente scientifica e cul-turale in senso lato era già ben presente, sia per le caratteristiche dei fondatori, in gran parte

naturalisti e geologi come Quintino Sella e Bartolomeo Gastaldi, sia per gli scopi dichiarati nello sta-tuto: “Il Club Alpino Italiano ha per iscopo di far conoscere le montagne, più precisamente le ita-liane, e di agevolarvi le escursioni, le salite e le esplorazioni scientifiche”.

Dopo oltre un secolo tale obiettivo è ancora perseguito con costanza non solo a livello centrale dalComitato scientifico ma anche in una piccola sezione come quella di Reggio Calabria dove sono pre-senti diverse competenze e, soprattutto, una grande passione per la montagna. E l’Aspromonte con-sente interessanti “esplorazioni scientifiche” come una ricerca sugli alberi monumentali cofinanziatadall’Ente Parco nazionale dell’Aspromonte e condotta grazie alla disponibilità dei soci del CAI.Grazie alla loro dedizione ed entusiasmo posso affermare che questa indagine è stata condotta con

Il CAI e la ricerca scientifica

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un impegno che va ben oltre l’obiettivo prefissato. Non si spiegano diversamente i migliaia di chilo-metri percorsi in auto o in fuoristrada, le centinaia di ore di cammino per raggiungere gli alberi, idiversi rilievi effettuati sotto la pioggia ed in ultimo un sopralluogo con le racchette da neve ostaco-lato da una tormenta con temperature di – 10° C. Nonostante ciò qualche albero notevole potràesserci sfuggito, tuttavia ci piace pensare che qualche patriarca rimanga sconosciuto a noi uominima indisturbato nel suo regno.

All’indagine ha fatto poi seguito la pubblicazione di questo libro realizzato con l’apporto di diver-si esperti, spesso del CAI o di prestigiose istituzioni quali l’Università Mediterranea di ReggioCalabria ed il C.F.S. Il volume, oltre a riferire i risultati della ricerca, si propone come strumento perla conoscenza scientifica e culturale di tale patrimonio arboreo. Ma per il CAI la comprensione dellanatura non può avvenire senza immergersi in essa e quindi diversi itinerari conducono l’escursioni-sta ad ammirare alcuni patriarchi arborei. Infine un capitolo indica gli strumenti legislativi perun’appropriata tutela e valorizzazione dei giganti dell’Aspromonte che ci auguriamo gli Enti prepo-sti adottino al più presto.

Dott. Alfonso Picone Chiodo

Presidente Club Alpino ItalianoSezione Aspromonte – Reggio Calabria

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Igrandi alberi costituiscono una parte notevole del patrimonio naturalistico e culturale che caratte-rizza un territorio. Essi sono testimoni delle vicende e dei mutamenti che hanno interessato l’am-

biente che li circonda e la loro salvaguardia assume una rilevante importanza innanzitutto per con-servare la memoria delle peculiarità di paesaggi e habitat spesso profondamente modificati dall’azio-ne antropica.

Notoria è l’importanza che assumono nel mantenimento della biodiversità. Un grande albero, iso-lato nei pascoli, nei coltivi, coltivato nei centri abitati o localizzato all’interno di formazioni forestali,è rifugio e fonte di nutrimento per numerosi organismi viventi e la ricchezza in specie che ospita ètanto maggiore quanto maggiori sono le sue dimensioni e articolato in una serie di nicchie ecologi-che diversificate il suo habitus. Un grande albero è pervaso da una attività formidabile, i suoi ramipermettono la nidificazione o la sosta di diverse specie di uccelli, nelle sue cavità sono ospitate nume-

I Patriarchi Verdi

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rosi piccoli mammiferi, licheni e briofite coprono la sua corteccia e uno stuolo considerevole di inver-tebrati e funghi vivono grazie alla sua presenza.

Di rilevante interesse scientifico e applicativo sono le informazioni che possono essere tratte dallasua presenza; è possibile ad esempio interpretare le caratteristiche dei paesaggi profondamente modi-ficati dall’uomo nei quali sia andata perduta la preesistente copertura forestale. La loro presenzacontribuisce a definire la vegetazione potenziale di un territorio che rappresenta il modello di riferi-mento negli interventi di restauro o ripristino ambientale. I grandi alberi forniscono materiale ripro-duttivo di notevole valore genetico e rappresentano delle fonti di germoplasma a cui attingere nellaattività di ricostituzione del manto forestale.

Il valore di un grande albero non è però solo naturalistico e scientifico, ma anche culturale e diidentità che nel corso del tempo si è venuto a creare tra il territorio e la gente che vi vive. Un gran-de albero, analogamente alle opere architettoniche create dalla mano dell’uomo, contribuisce a carat-terizzare il territorio, suscita ammirazione e rispetto, e può rappresentare un punto di attrazione peril turismo ecologico ed escursionistico.

La definizione di un grande albero non è così facile, può sembrare scontata: albero maestoso, cheper altezza, diametro del tronco e della chioma raggiunge notevoli dimensioni. In realtà i criteri perdefinire un grande albero non possono prescindere dalle caratteristiche biologiche della specie.Ciascuna specie infatti ha un proprio patrimonio genetico che si estrinseca in una serie di caratteri-stiche fenotipiche quali le sue proporzioni complessive. Così se è relativamente semplice per un abetebianco raggiungere e superare i 40 m di altezza, molte altre specie avranno dimensioni minori inconseguenza delle proprie caratteristiche biologiche, ma non per questo possono essere meno “mae-stose”. Anche il rapporto tra dimensioni (altezza e circonferenza) ed età è piuttosto complesso. Glialberi più maestosi non necessariamente sono i più longevi, anzi gli alberi di maggiore dimensioneviventi sul nostro pianeta come le sequoie californiane, sono piante a veloce crescita, mentre altre spe-cie a crescita più lenta che non assumono mai le dimensioni di una sequoia possono avere anchealcuni millenni di vita come è il caso degli ulivi di Getsemani o quello di Luras in Sardegna che sistima abbiano più di 2000 anni di età. Ma non sono questi gli alberi più longevi, per un individuodi Pinus longeva negli Stati Uniti Occidentali è stata stimata un età di 4844 anni. La definizionedell’età di un albero è però un operazione molto più complessa di quanto possa apparire da unavalutazione superficiale tanto che è oggetto di una specifica disciplina scientifica: la dendrocronolo-gia, che stima l’età degli alberi tramite il conteggio degli anelli di accrescimento.

In considerazione di quanto detto nel censire i grandi alberi del Parco Nazionale dell’Aspromontesi è tenuto in considerazione non solo la maestosità dell’individuo ma anche la specie di apparte-nenza, ricercando patriarchi verdi anche tra le specie di medie dimensioni come il mandorlo o l’a-grifoglio. L’Aspromonte, nonostante la natura selvaggia del suo territorio, è stato per secoli depre-dato delle sue ricchezze e del suo patrimonio naturalistico. La concezione produttivistica del bosconon ha favorito la conservazione degli alberi di maggiori dimensioni e più vetusti. I grandi alberipresenti nel Parco non possono di certo rivaleggiare con quelli presenti in altre aree a minore sfrut-tamento, ma sono in ogni caso testimoni di paesaggi perduti per mano dell’uomo ma anche di atten-te coltivazioni come nel caso degli individui rilevati nei centri abitati o nei giardini.

Prof. Giovanni Spampinato

Professore di Botanica ambientale e applicataUniversità Mediterranea di Reggio Calabria

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La foresta, per lungo tempo, ha fornitoall’uomo quanto necessario per vivere esopravvivere: è stata sempre riserva e risor-sa. Dapprima ricovero e luogo di raccoltadi legno, ma anche di frutti, di funghi, dimiele, poi riserva di caccia; infine pascolo.Tuttavia la foresta si configura come unmondo ancora sconosciuto, inespresso:nasconde enigmi chel’uomo cerca di svelaree comprendere. Sulconcetto di forestariserva o risorsa si sonoconcentrati gli sforzi difilosofi e studiosi dell’e-cologia e delle scienzenaturali, e chi abbiaproposto una nuovavisione della foresta,una visione olistica, èstato spesso definitodogmatico, se non addi-rittura integralista. Ne èpiena la vicenda umanadei mutamenti del pen-siero nei confronti dellanatura; ne è piena l’at-tuale storia dell’uomodella maggiore attenzio-ne da destinarsi al bosco.Tuttavia questa stessa vicenda umana haattraversato la storia e al contempo glieventi che essa vi ha presentato. La nostra stessa montagna, l’Aspromonte,affascinante e sconosciuta, ha partoritoboschi e foreste meravigliosi, senza mainegare la sua maternità, la sua fertilità. Mala presenza dell’uomo ha più volte sottrattoalla montagna i suoi alberi; la montagna ne

ha partoriti di altri come un animale cuivenga ucciso un cucciolo; ora l’uomo è ungreco, ora un romano, ora d’un’altra razza,tutti hanno attinto a questa madre prodi-giosa il cui ventre è stato sempre caldo egravido di natura. Cosa vi è oltre la foresta, o cosa vi è den-tro quell’agglomerato di alberi se non l’e-

spressione del pensieroumano che l’abbia unavolta concepito comevalore d’uso e correlatoai diritti dello Stato, deiproprietari; adessocome rifugio dal mondoumano, complicato edistruttivo, correlato aidiritti degli animali chein essi vivono e da essoinseparabili secondo undisegno divino che neregola la sovranità. Laforesta come habitat; ein più i diritti degli ani-mali. E perché nonincludere i diritti dellepiante? Un’intuizionequest’ultima di grande

importanza e significatoche si riscontra nel

romanzo Il Barone rampante di ItaloCalvino, ambientato nel XVIII secolo.Dalla lettura emerge una visione del mon-do diversa rispetto a quella più accredita-ta, almeno secondo il giudizio comune. Ipoeti, gli artisti, i letterati, come sempre,fanno da apripista: generano cultura eriflettono quella espressione trascendentedello sguardo umano che è destinato a

FORESTE E ALBERI IN ASPROMONTE TRA STORIA E LEGGENDA

(G. Bombino)

Pino calabro presso Polsi

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invertire gli schemi, le visioni parziali delmondo.Ma l’Aspromonte aveva già inventato la sualetteratura, ve l’avevano dipinta i monaci,l’avevano scritta i pellegrini e i viandanti.La simbiosi tra vita eremitica e bosco costi-tuirà il tratto distintivo della spiritualitàbasiliana in Aspromonte e dell’Aspromontestesso. I monaci primamente ci hannolasciato i principi elementari dell’ecologiae del rapporto paradigmatico tra uomo enatura; un rapporto complesso ma al con-tempo equilibrato perché primordiale esentimentale, fatto di assistenza reciproca,e ricco di contemplazione. Vi sono documenti, tuttavia, che racconta-no di incendi governati dai monaci per farespazio all’agricoltura; ma noi sappiamo cheanche il fuoco ha un suo ruolo ecologico ela natura stessa talvolta vi ricorre per rige-nerare le foreste. Dunque è con tale sag-gezza che i monaci bruciavano aree bosco-se per adibirle a coltivazioni agrarie: si ispi-ravano parsimoniosamente al principio rin-novatore degli elementi vegetali che,soprattutto in ambiente mediterraneo,garantisce la perpetuità di molte specieforestali. Gli incendi di oggi, purtroppo,sono tutt’altra cosa poiché non riflettonoun ordinamento naturale ma un accani-mento distruttivo che non è della natura edelle sue leggi. E quando l’uomo esce daquell’ordinamento, quando cioè non siriconosce elemento tra gli elementi, allorala vita svela i suoi tradimenti e le sue ingiu-stizie. Ecco come si perde la vita, eccocome ci si dimentica di noi stessi. I mona-ci, invece, conoscevano le fonti dei boschi,davano il nome a certi alberi altissimi cheparevano sorreggere il firmamento, ve nepiantavano altri e li vedevano crescerecome preghiere nutrite dalla terra e checol tempo avrebbero sfiorato il cielo.Percorrevano le foreste in silenzio come

figure venute da un regno lontano; insilenzio, poiché l’Aspromonte era divenutouna immensa chiesa. E così i pastori, e iviandanti, e i pellegrini, hanno amatol’Aspromonte come un gigante tenero emostruoso, lo hanno a volte temuto erispettato proprio come da queste parti siteme e si ama il proprio padre. Allora ipastori hanno stabilito un sentimento car-nale con gli alberi, con le pietre e le rocce,con la terra e con gli animali selvatici, contutti gli elementi che erano ancor primache fosse la parola poiché uomo, pietra,animale rispondono tutti alla stessa pauradel tuono e del temporale, tutti sotto lamedesima condizione, una povertà mae-stosa, che è quella che accomuna tutte lecreature sotto gli occhi rigidi e premurosidella natura, quando non serve a nulla par-lare. Immaginiamo così l’Aspromonte inquell’atto ancora caldo del primo istantedella creazione.“Si sentiva la pioggia risalire frettolosamentei fianchi della montagna, col suo rapido pas-so su per le foglie dei boschi. I viaggiatori,tirando e spingendo le cavalcature, guarda-vano la cima ancora sgombra e limpida. Maintorno gli alberi si agitavano, tremavano lefoglie, col fruscìo d’una folla aspettante.Scoccò un fulmine e frantumò il sole incertoin un pulviscolo luminoso. Dietro a questosplendettero le felci verdissime, i tronchi gri-gi e rossastri di certi alberi, e gli abeti diven-tarono chiari e gemmanti come alberi di pal-coscenico.” (Corrado Alvaro, Gente inAspromonte).Vogliamo allora inoltrarci in questo rappor-to speciale parlando degli alberi e di comeessi hanno accompagnato la vicenda dellegenti in Aspromonte; ogni albero è servitoa qualcosa, ma prima di servire ha avutoun nome attraverso cui è stato riconosciu-to da valle a valle, perché era buono per ilfuoco, o per il frutto, o ancora per quella

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leggenda che racchiudeva, avendo offertoriparo a una fata o a un brigante duranteuna notte di tempesta. Ogni vecchio grande albero è la manifesta-zione estrema di una vita che ha vinto ladimensione del tempo; è una architetturache riproduce la grandezza da una minia-tura, e lo si può osservare nella nervaturadella foglia quando nella trasparenza dellaluce si vede già il portamento della piantadivenuta grande. Su un vecchio alberoregna una attività straordinaria che percor-re tutti i livelli della vita: dalla produzionedi materia e di energia, al suo uso e alla suadegradazione. È un quadro della vita tra terra e cielo, e inquesta trama vitale ogni creatura vi stabili-sce un’altra vita a diverse altezze dal suolocome se il mondo avesse stabilito neglialberi un proprio ordine verticale. I ramipiù alti, spesso disseccati, sono usati dairapaci e dalla cornacchia come punti diosservazione e la ghiandaia li usa per nidi-ficare. Poco più in basso trovano riparo perla notte molti piccoli uccelli e, di giorno, lacinciallegra e il picchio percorrono rapida-mente i rami alla ricerca di insetti.Nell’atto in cui i grossi rami si dividono, loscoiattolo prepara il suo nido, mentre unpo’ più in alto vi ha ricavato, in una marce-scenza del legno, una dispensa per il cibo.Il ghiro e il moscardino trascorrono l’inver-no in quella cavità del tronco, dormendoavvolti nel tepore del letargo ed ai primicalori primaverili una lucertola curiosa vi siaffaccia dentro nell’atteggiamento di unacomare che frughi tra le stanze di unacasa. La volpe intanto ha occupato unagrossa tana tra le robuste radici e il suolo,dove prima la lupa allattava i suoi cuccioli.Così l’allocco cerca l’ombra tra le fittefoglie e financo i pipistrelli vi trovano rifu-gio. I funghi spesso lo impreziosisconocome gemme ed i licheni si allungano esili

come festoni alle estremità dei rami o netappezzano i tronchi. Poi il giorno sorpren-de la vita e allora dall’albero tutti gli esserisi animano ai primi vapori dell’alba, cia-scuna creatura saluterà a suo modo il soledivenuto grande sull’Aspromonte e il gran-de albero parrà una cattedrale o un monu-mento dell’arte risonante di canti e di sot-tofondi viventi. Arriverà un tempo in cuil’albero avrà ancora un altro ruolo, quandoormai affaticato dai secoli, si lascerà cade-re e nell’estremo istante della vita sarà una

Segni della religiosità popolare

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sola cosa con la terra; allora essa lo riceve-rà per nutrirsi ed altra vita, forse lo stessoseme del grande patriarca, si lancerà altaverso il cielo piena di quella essenza.Anche l’uomo ricorda di avervi trovatoriparo sotto il patriarca, sorpreso dal tem-porale invernale, vi ha trovato cibo e fuocoper la notte, oppure ombra tra le lamecocenti del sole. Ne è esempio formidabileil castagno, vero e proprio campione dibontà: ve ne è uno gigantesco presso ilSantuario della Madonna della Montagna,a Polsi d’Aspromonte, ospitale e prodigo difrutti nonostante abbia superato qualchesecolo di età. Pare cresciuto secondo l’anti-co sentimento della dimora; assumendol’aspetto di una caverna primordiale offreriparo agli animali o agli stessi uomini iquali possono entrarvi in gran numerocome in un marsupio materno. Chissàquanti altri servigi abbia svolto: ha ristora-to, saziato, riparato, riscaldato … ha rispet-tato una alleanza primitiva con l’uomo nelricordo, forse, di quei santi pellegrini che

lo hanno piantato e che ora accorrono adesso per entrarvi dentro come se andasserodentro un tempio della natura. Qualcunodice che il castagno per il popolo è sano edè buono come il pane; difatti la farina deisuoi frutti ha sollevato la vita delle genti intempi difficili ed oggi alimenta gli animali;è vero il Castagno è sano e buono perchéogni suo elemento è povero e prezioso,umile e dignitoso come lo è il maiale, delquale si dice che non si butta via nulla. Lastoria del castagno in Aspromonte è anti-chissima ed è giunta fino a noi attraverso ipassi dei monaci venuti da oriente. Essi viavevano raccolto i semi al momento dellapartenza e li avevano conservato sin qui, epoi piantati intorno ai luoghi di preghieraper ricostruire un paesaggio familiare lad-dove erano solo silenzio e le stagioni dellamontagna. Oggi molti di quei castagni sof-frono di un male che è tutto umano: i tes-suti del legno si lacerano, si consumano, sispaccano per il cancro, malattia provocatada un fungo patogeno. Forse il fungo è arri-

Un pino calabro che domina sulla vallata del torrente Ferraina

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vato al tempo della seconda guerra mon-diale, nascosto nel legno delle casse dentrocui gli americani trasportavano le armi. Mal’uomo ha anche ricostruito i boschi neldopoguerra ed una vasta opera di rimbo-schimento aiutò la montagna ormai fragilee cadente ad ogni temporale. Vi fu il pinolaricio ad assolvere a tale compito: è forte erapido a crescere, ed in breve tempo occu-perà i versanti più fragili dell’Aspromonte.Allora il gigante indosserà un nuovo man-tello verde e nulla potranno più le piogge.Le genti della montagna non fecero faticaad amare l’albero poiché già lo conosceva-no, e sapevano che anch’esso era buono. Liaveva infatti illuminati lungo i sentieri,quando il giorno abbassava le palpebre e lanotte avvolgeva la montagna, essi vi forma-vano la teda (dial.: “a dera”) con grosseschegge tirate via dal tronco. Lo avevanovisto incendiarsi come una torcia sui mon-ti, quando il fulmine lo aveva percorso dal-la cima segnando il tronco fino al terreno.Con la resina poi, che ricavavano conattente e particolari incisioni, si riforniva-no di combustibile proprio come avevanofatto i bruzi molti secoli prima quando conquesta sostanza ricavavano la pece. Così,come racconta Alvaro, i pellegrini si face-vano luce durante il cammino, così glialberi divenivano umani perché uniti allavicenda umana: “La luna si faceva più ros-sa, l’ombra cadeva come un mantello. Glialberi, quasi tutti col solco e lo squarcio delfulmine, si ingigantivano nell’ombra. … Ipellegrini avevano acceso le fiaccole. Uno sifermo ai piedi di una quercia spaccata indue dal fulmine, gialla e morta, le accostòuna fiaccola di resina ai rami: una fiammataavvolse la quercia che divampò tutta comeuna torcia gigantesca, crepitando veloce”(Corrado Alvaro, Gente in Aspromonte).Accade che molti rimboschimenti effet-tuati con il pino laricio siano infestati dalla

processionaria; questo lepidottero fuorie-sce allo stadio larvale dai nidi costruiti tra irami dell’albero defogliando la pianta, coneffetti che spesso sono mortali. Tuttavia ipopolamenti naturali conservano una resi-stenza maggiore nei confronti di tale agen-te patogeno ed è come se esso non riuscis-se a entrare nei boschi naturali laddove lamontagna sceglieva le sue foreste primache l’uomo scegliesse per essa. Ma l’uomoha da tempo formato paesaggi e prospetti-ve nuove in Aspromonte, piantandovi piop-pi in filari sui piani creando bordure rego-lari tra i campi con il pioppo tremolo, dallachioma tremante sotto i lievi soffi del ven-to. Ma i protagonisti delle foreste aspro-montane sono il faggio e l’abete bianco cheformano gran parte dei boschi in alta quo-ta. Il faggio (dial.: u fagu, dal latino fago =mangio con riferimento alla commestibili-tà dei suoi frutti, le faggiole, che, parimen-ti alle castagne, hanno per secoli sfamatole popolazioni di montagna) riesce ad adat-tarsi a diversi tipi di suolo, a tollerareescursioni termiche molto estese. Graziealla sua ampia valenza ecologica occupaun posto importantissimo nel variegatopanorama forestale della montagna aspro-montana.

Bosco di pino calabro nella valle Infernale

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L’abete bianco, dal fusto diritto, che parericordare le colonne di certe cattedrali, haorigini antiche risalenti fino all’era terziariacome dimostra lo studio del polline fossile;qui da noi, in Aspromonte, ha fornito persecoli legno ai locali e agli invasori, conesso i romani vi hanno costruito intere flot-te navali, monumenti e manufatti di ognitipo. Oggi l’abete costituisce una impor-tante riserva biogenetica per via della resi-stenza all’inquinamento atmosferico chenegli anni ‘70 del secolo scorso ha provoca-to la distruzione di interi popolamenti intutta l’Europa dovuta, probabilmente,all’effetto delle piogge acide. Pare, invece,che proprio l’abete di casa nostra abbiadimostrato una formidabile immunità atale fenomeno tanto che è oggetto di studivolti a definirne le proprietà genetiche. Tra i patriarchi più antichi d’Aspromontevi è un olmo, conosciuto come l’olmo di S.Lorenzo, che pare abbia memoria, secondola tradizione locale, della disfida diBarletta. Purtroppo questa pianta non for-ma dei popolamenti, ma la si trova general-mente isolata o in piccoli gruppi.

L’Aspromonte conserva sempre un’altrastoria, è una storia nuova che si ripete ognivolta che il sole tenta di inoltrarsi nelle val-li, allora pare di vedere ciò che mai si eravisto; una piega del sentiero, un rivo d’ac-qua sconosciuto, un albero che appaiad’improvviso come una figura umana etemibile. E tutto questo è ciò che si verifi-ca sulla montagna che volge verso lo Ionio;è qui che la terra è mutevole, si muove, siagita come se non sopportasse il peso deltempo, si trasforma come se seguisse lestagioni. In questo eterno terremoto visono ancora dei patriarchi, ben saldi allamontagna al modo dei vecchi che nonvogliano lasciare la propria terra dopo unasciagura. Sono le querce, giganteschecostruzioni viventi che si protendono sulcielo dell’Aspromonte come per lanciareuna preghiera. Tra esse vi è la rovere chepare un solenne edificio della natura. Leghiande sono ottimo alimento per i cin-ghiali ma anche risorsa insostituibile per imaiali allevati dalle popolazioni locali. Illegno è pregiato, usato per travature, mobi-lio, pannelli, traverse ferroviarie, doghe perbotti, ma è anche un ottimo combustibile.Certo, le gigantesche e superstiti querce diSamo sono sopravvissute al colpo dell’ac-cetta; tuttavia qualcuna ne conserva ilsegno, qualche altra ci ha rimesso un ramoe ora appare incerta sul precipizio come secercasse un equilibrio. Così il vecchiopastore le osserva, pensando al padre e airacconti del nonno che già bambino vi ave-va sostato sotto le fronde. È questa l’ora incui il pastore accompagna un visitatore algrande patriarca, si ferma di fronte ad essocome a mostrare il tempo chiuso in unatrappola vivente, e quella trappola è l’albe-ro. Poi dice che questo è l’Aspromonte equeste le sue creature innocenti. Intanto ilgiorno minaccia di chiudersi, mentre lamontagna prepara una nuova storia.

Vallata delle Grandi Pietre

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Il paesaggio che osserviamo percorrendoun territorio ci appare definito da unaparte dall’ambiente fisico con le monta-gne, i versanti, le colline, le vallate, i corsid’acqua, i manufatti prodotti dall’uomo, edall’altra da quello biologico con gli anima-li e le piante. Queste ultime non sono iso-late ma si aggregano a formare la copertu-ra vegetale o vegetazione. Ed è proprio lavegetazione, spontanea, modificata, ocreata dall’uomo, che ciconsente il più dellevolte di descrivere il pae-saggio e di apprezzarnele peculiarità. La vegeta-zione è stata definitacome il manto verde chericopre il nostro pianeta;essa è formata da unmosaico di comunitàvegetali o fitocenosi:pascoli, coltivi, incolti,boschi, cespuglieti, ecc.,ciascuna delle quali è ilrisultato di un comples-so equilibrio tra i varifattori ecologici (clima,altitudine, esposizione,inclinazione, natura deisuoli, disponibilità idri-ca, ecc.) e la flora presen-te sullo stesso territorio. Con quest’ultimotermine si intende l’insieme delle specievegetali che vivono su un territorio bendefinito. La flora di un area è il risultato diun lungo processo biologico che ha vistol’evoluzione, l’estinzione, e l’immigrazionedi specie. I vari fattori ecologici effettuanouna cernita sul popolamento floristico delterritorio e selezionano le piante meglio

adattate a vivere in uno specifico contesto,si vengono così a definire le fitocenosi checome le piastrelle di un mosaico compon-gono la vegetazione. La vegetazione ha una tendenza intrinsecaad evolvere verso forme strutturalmentepiù complesse e stabili contribuendo cosìa modificare le caratteristiche ecologichedelle aree su cui si insedia. Il culmine diquesto processo evolutivo è rappresentato

dalla vegetazione climaxche si pone in equilibriodinamico con i vari fat-tori ecologici, principal-mente con quelli clima-tici, che caratterizzano ilmezzo ambiente. Nelnostro territorio il climaxcorrisponde in generecon delle formazioniforestali, che risultanodifferenziate in relazionealle variazioni climaticheche si hanno con l’altitu-dine. Lungo i versanti diuna montagna si assistequindi al succedersi didiverse fasce altitudinalidella vegetazione, daquelle legate a climi piùcaldi e aridi a quelle che

esigono condizioni climatiche più fredde eumide.L’uomo, fin da tempi molto antichi ha inci-so sull’ambiente e sulla vegetazione modi-ficandola con attività quali il taglio, l’in-cendio ed il pascolo; ha così favorito deter-minate fitocenosi, distruggendone altre ecreandone di nuove. Accanto a ciò cheresta della vegetazione naturale osservia-

IL PAESAGGIO VEGETALE DEL PARCO

(G. Spampinato)

Vista da monte Fistocchio

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mo aspetti di vegetazione seminaturale(cespuglieti, pascoli, praterie steppiche,ecc.) e vegetazione a determinismo antro-pico (coltivi, impianti artificiali, ecc.). Nelcomplesso l’azione antropica può essereconsiderata alla stregua di un fattore eco-logico, spesso quello determinante neldefinire il tipo di vegetazione.In questa breve nota verranno descritti icaratteri più salienti del paesaggio vegetaledel Parco Nazionale dell’Aspromontefacendo riferimento alle principali fitoce-nosi che lo caratterizzano. Come accenna-to tra i fattori ecologici che giocano unruolo fondamentale nella distribuzionedella vegetazione vanno innanzitutto anno-verati quelli climatici. Mentre infatti i ter-ritori collinari e submontani del Parcosono interessati da un clima di tipo pretta-mente mediterraneo con lunghe estati sic-citose e inverni piovosi e miti, quelli mon-tani presentano un clima di tipo submedi-terraneo-temperato che favorisce l’insedia-mento di vegetazioni prettamente europee. Nel paesaggio aspromontano colpisce lanotevole varietà di ambienti che si susse-guono in uno spazio relativamente limita-to; particolarmente evidente è la diversitàdi paesaggi tra il versante tirrenico e quel-lo ionico. Il primo è infatti caratterizzatodall’alternanza di ripide scarpate, local-mente denominate "petti", con aree pia-neggianti, rappresentate da terrazzi quater-nari scaglionati a quattro livelli sovrappo-sti, chiamati comunemente "piani" o"campi". In prossimità del mare, fuori dalParco, sono presenti spettacolari falesie,strapiombanti nel Tirreno, che originano laCosta Viola. In questo versante le roccesedimentarie sono sporadiche e prevalgo-no i substrati di natura cristallina. Il climaè caratterizzato da una notevole abbondan-za di precipitazioni (cadono circa 1000mm nelle zone costiere e quasi 2000 alle

quote più elevate); ciò è dovuto all’effettodi sbarramento che il massicciodell’Aspromonte produce sulle correnti diaria umida provenienti dal Mar Tirreno.Il versante ionico dell’Aspromonte è assaidifferente da quello tirrenico. Esso, infatti,digrada più o meno dolcemente verso ilmare. Inoltre vi abbondano i substrati sedi-mentari la cui erosione ha prodotto unpaesaggio assai vario ed articolato. I nume-rosi corsi d’acqua che nei tratti montanihanno scavato profonde gole, in quellimedi e terminali si slargano in ampie fiu-mare depositando i materiali solidi traspor-tati. È questo uno dei paesaggi più pecu-liari dell’Aspromonte ionico che oltretuttorischia di scomparire in conseguenza delleopere di regolazione della portata (briglie eargini) che ne hanno comportato una pro-fonda alterazione. Il clima di questo ver-sante è nel complesso più arido e caldo diquello tirrenico, in particolare la partemeridionale del versante ionico rappresen-ta una delle aree più calde e aride dellaPenisola Italiana con un periodo di ariditàestiva che si protrae per più di 5 mesi.

La fascia montanaLa fascia montana del Parco Nazionaledell’Aspromonte è dominata dalle faggeteche, governate in genere a fustaia, sonomolto suggestive per la maestosità deglialberi e la vastità delle superfici occupate.Il faggio (Fagus sylvatica) forma boschi purio, talora, misti con abete bianco appenni-nico (Abies alba ssp. apennina), assumen-do però quasi sempre un ruolo dominante.Solo su limitate aree del versante ionicolocalizzate tra 1500 e 1700 m l’abete assu-me un ruolo da protagonista e forma delleabetine. Si tratta di formazioni forestalicon una struttura aperta, localizzate susuoli poco evoluti dove il faggio ha diffi-coltà a competere con l’abete. Le faggete

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ospitano una flora molto peculiare, anno-verando varie specie che, scendendo lungola catena appenninica, hanno inAspromonte il limite meridionale del loroareale come lo stesso abete bianco. Traqueste sono da ricordare la digitale appen-ninica (Digitalis micrantha), l’acetoselladei boschi (Oxalis acetosella) e la polmona-ria dell’Appennino (Pulmonaria apennina).Altre specie interessanti delle faggete sonoil rarissimo tasso (Taxus baccata) e le ancorpiù rare orchidee saprofite: l’orchidea fan-tasma (Epipogium aphyllum) così detta perla sua estrema rarità, il fior di legna cala-brese (Limodorum brulloi), endemico dellemontagne calabresi, il nido di uccello(Neottia nidus-avis), caratterizzato dal tipi-co aggrovigliarsi delle radici. Sotto l’aspetto ecologico e floristico le fag-

gete possono essere distinte in macroter-me e microterme; le prime occupano, asecondo dei versanti, la fascia compresatra 800 m e 1400 e si differenziano tra l’al-tro per la presenza di alcune specie sem-preverdi quali l’agrifoglio (Ilex aquifolium)e la dafne laurella (Daphne laureola) cheimpartiscono una peculiare fisionomia aquesti boschi. Al di sopra dei 1300-1400 msi estendono invece le faggete microtermeche ricoprono anche le cime più alte delterritorio, compresa quella di Montalto.Qui però il faggio si trova al suo limite alti-tudinale ed assume un portamento arbu-stivo, mentre la faggeta prende la fisiono-mia di un cespuglieto fitto e intricato. Lefaggete microterme sono caratterizzate daalcune specie molto particolari, esclusivedi questi ambienti, come la campanula

I campi di Reggio

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delle faggete (Campanula trichocalicina) ela mentuccia montana (Calamintha gran-diflora).Sul massiccio aspromontano, in conse-guenza del fatto che le vette non superanoi 2000 m d’altitudine, manca la fascia divegetazione asilvatica localizzata sopra illimite altitudinale degli alberi, questa inCalabria è osservabile solo sul Pollino; solosu piccole aree cacuminali particolarmen-te esposte o su alcuni costoni scoscesi eventilati che interrompono la continuitàdella faggeta si insedia una vegetazione acamefite pulvinate e bassi arbusti nellaquale si localizzano specie molto rare,spesso endemiche, tra cui sono da ricorda-re la piantaggine pulvinata (Plantago humi-lis), il ginepro emisferico (Juniperus hemi-sphaerica), la camomilla calabrese

(Anthemis calabrica), lo spillonedell’Aspromonte (Armeria aspromontana),la cinquefoglia calabrese (Potentilla cala-bra), ecc.La parte inferiore della fascia montana delversante ionico è dominata dalle pinete apino calabro (Pinus nigra ssp. calabrica = P.laricio). Su questo versante, sotto i 1400m, le faggete, soprattutto sui versanti piùacclivi e soleggiati, con suoli scarsamenteevoluti, hanno difficoltà ad insediarsi ecedono il posto alle pinete naturali a pinocalabro. Il pino calabro è una specie eliofi-la prettamente pioniera capace di adattar-si a condizioni ambientali molto difficili,grazie a queste sue caratteristiche è statomassicciamente utilizzato nei rimboschi-menti effettuati oltre che in aree che glisono consone anche in altre potenzialmen-

Montalto da serro Juncari

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te occupate da differenti tipologie foresta-li. Le pinete artificiali sono facilmenteindividuabili per la monotonia che le carat-terizza. Esse sono formate da alberi dellastessa età, impiantati con una notevoledensità così che poca luce filtra negli stra-ti sottostanti con il risultato che gli stratierbaceo e arbustivo sono assenti; vienecosì a mancare anche la rinnovazione delpino. Le pinete naturali hanno invece unnotevole valore paesaggistico, sono diseta-nee, diradate, con uno strato arbustivo piùo meno denso dove si osserva una natura-le rinnovazione del pino.Sul versante orientale del massiccio aspro-montano, si rinviene, talora frammista alfaggio più raramente in piccoli nuclei, altrevolte isolata, la rovere meridionale(Quercus petraea ssp. austrotyrrhenica). Iboschi di questa specie sono stati in mas-sima parte distrutti da tagli e incendi perfar posti a pascoli, come testimonianoalcuni individui isolati molto vetusti digrande spettacolarità per il maestoso por-tamento e la contorta ramificazione.All’interno delle faggete frequenti sono ipiccoli corsi d’acqua che, alimentati dasorgenti perenni, mantengono l’acquaanche nel periodo estivo. In questiambienti si rinviene una vegetazione igro-fila molto peculiare caratterizzata da rarespecie erbacee, tra cui le endemicheLereschia thomasii, Chaerophyllum calabri-cum, Alchemilla austroitalica e Soldanellacalabrella che per la sua bellezza potrebbeessere presa a emblema del Parco. I picco-li corsi d’acqua sono degli ambienti estre-mamente fragili, basta la captazione dellesorgenti per decretarne la definitiva scom-parsa con la conseguente estinzione delleparticolari specie che vi vivono. Sui vasti altopiani posti tra i 1000 e i 1300m che caratterizzano soprattutto il versan-te nord-occidentale dell’Aspromonte, le

faggete sono state eliminate da moltotempo per far posto alle colture di cerealio di orticole; l’abbandono di questi campidetermina l’immediato arrivo della felceaquilina (Pteridium aquilinum) e successi-vamente quello della ginestra dei carbonai(Cytisus scoparius) che forma fitti cespu-glieti splendidamente colorati di giallo all’i-nizio dell’estate. In questi ambienti, neitratti più depressi si rinviene sporadica-mente la ginestra calabrese (Genista bru-tia), specie tassonomicamente affine allaGenista anglica delle coste atlantichedell’Europa. Negli avvallamenti degli alto-piani si osservano talora esempi di vegeta-zione palustre di particolare rilevanzanaturalistica come la torbiera a sfagni pres-so Canolo Nuovo. Questi ambienti sonostati in massima parte eliminati tramite leopere di bonifica per la messa a coltura oper rimboschimenti realizzati spesso conspecie estranee al territorio come il pinocalabro, il pioppo tremulo (Populus tremu-la) o l’ontano napoletano (Alnus cordata).

La fascia submontanaLa fascia submontana presenta una diver-sa fisionomia a seconda dei versanti. Suquello tirrenico, scendendo dagli altopianiposti intorno a 1000 m, sono in generepresenti ripidi pendii, qui le faggete sonodirettamente sostituite dai boschi di leccio(Quercus ilex), con i quali entrano in con-tatto diretto. Le leccete sono in generegovernate a ceduo semplice per la produ-zione di carbone o palerie, l’intensa utiliz-zazione silvocolturale ne ha comportatouna notevole semplificazione strutturale,esse si presentano molto fitte e povere diflora nemorale, è inoltre molto raro rinve-nire individui vetusti di leccio risparmiatidai precedenti tagli.Nelle stazioni con suoli sabbiosi decisa-mente acidi originati da rocce granitiche,

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le leccete sono sostituite dai boschi disughera (Quercus suber) come presso SanGiorgio Morgeto, mentre nei tratti menoacclivi, su suoli profondi sono presenti iquerceti caducifogli a quercia congesta(Quercus congesta). In tutta la fascia sub-montana l’uomo ha frequentemente sosti-tuito i boschi naturali con i castagneti. Ilcastagno (Castanea sativa), il cui indigena-to è per diversi autori dubbio, inAspromonte è coltivato da tempi antichis-simi per la produzione di legno e frutti cheun tempo rappresentavano una fonte ali-

mentare di primaria importanza per uomi-ni e animali.Ambienti particolari della fascia submon-tana soprattutto del versante tirrenico sonoi valloni, in genere piuttosto incisi e pro-fondi, che ospitano particolari boschi diforra con acero napoletano (Acer neapoli-tanum), nocciolo (Corylus avellana) e car-pino nero (Ostrya carpinifolia). Lungo icorsi d’acqua che solcano questi valloni, inprossimità di cascate o pareti stillicidiose,si localizzano alcune stazioni della rarissi-ma felce bulbifera (Woodwardia radicans),specie appartenente alla flora tropicalepresente in Italia nel Terziario, che inseguito alle vicende climatiche del quater-nario si è quasi del tutto estinta e haassunto una tipica distribuzione relittuale. Ben diversa è la successione delle fasce divegetazione sul versante ionico, qui sotto i1100-1000 m si rinvengono i boschi di far-netto (Quercus frainetto), una querciacaducifoglia con areale sud-est europeoche in Aspromonte forma boschi, taloramolto vetusti, frequentemente avversatidal pascolo e per questo piuttosto fram-mentati. Più in basso i boschi di farnettocedono il posto a quelli misti fra farnetto eleccio. Si tratta di una singolare formazio-ne forestale caratterizzata da questa pecu-liare combinazione di querce sempreverdie caducifoglie: il farnetto organizza lo stra-to arboreo superiore mentre il leccio formaquello inferiore.

La fascia collinareLa fascia collinare si presenta fortementeutilizzata dall’uomo e le primigenie forma-zioni forestali sono state sostituite da colti-vi o più frequentemente da pascoli e arbu-steti. Dominano infatti la macchia ad erica(Erica arborea), sparzio infestante(Calicotome infesta), corbezzolo (Arbutusunedo), ecc. L’erica, presente anche neiLa vallata delle Grandi Pietre

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cespuglieti della fascia submontana, vieneancora oggi utilizzata, anche se in misuradecisamente minore rispetto al passato,per l’estrazione del ciocco che lavoratoproduce una delle radiche più pregiate incommercio. Frequenti nelle zone sistema-ticamente percorse dal fuoco sono i cespu-glieti a ginestra odorosa (Spartium jun-ceum), anticamente utilizzata per la produ-zione di una fibra tessile, piuttosto grezzacon cui preparare stuoie e tappeti. I feno-meni di erosione dei suoli favoriscono l’in-sediarsi delle garighe, formazioni di bassiarbusti dalle appariscenti e multicolori fio-riture dove dominano diverse specie dicisti (Cistus monspeliensis, C. creticus, C.salvifolius) e il salvione (Phlomis fruticosa).Nelle zone a maggiore disturbo antropico

percorse in modo ricorrente dagli incendisono diffuse le praterie steppiche caratte-rizzate da varie graminacee cespitose comeil tagliamani (Ampelodesmos mauritani-cus), il barboncino mediterraneo(Hyparrhenia hirta) o lo sparto (Lygeumspartum). Limitate superfici della fascia collinaremantengono ancora la copertura forestaleoriginale caratterizzata da boschi di quer-cia castagnara (Quercus virgiliana) con undenso strato arbustivo di erica, lentisco(Pistacia lentiscus), alaterno (Rhamnus ala-ternus). Presenti sono pure le leccete chesi localizzano sui versanti più freschi comequelli dei valloni o quelli esposti a setten-trione. Sui costoni rocciosi si osserva inve-ce la macchia a olivastro (Olea europea ssp.

Prateria steppica sul pianoro sommitale di monte Scifa

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sylvestris) e euphorbia arborea (Euphorbiadendroides), un arbusto emisferico che sidifende dalla aridità estiva perdendo lefoglie.

I corsi d’acquaL’ambiente dei corsi d’acqua e la vegeta-zione che vi si insedia sono fortementecondizionati dalle acque correnti.All’interno dell’alveo fluviale si possonoosservare varie fitocenosi in genere dispo-ste parallelamente al corso del fiume. Lalarghezza dell’alveo, la natura delle alluvio-ni, la portata ed il regime idrico sono iprincipali fattori ecologici che influenzanoil paesaggio vegetale dei corsi d’acqua. In Aspromonte i corsi d’acqua in generescorrono nel loro tratto iniziale sul fondo divalli incassate e sono fiancheggiati da ripi-silve a ontano nero (Alnus glutinosa), a cuipiù in basso si accompagna l’ontano napo-letano (A. cordata). L’ontano napoletano è

una specie pioniera particolarmente inte-ressante adattandosi anche alle zone sub-montane e montane con suoli freschi eprofondi. Per queste sue caratteristiche èstato ampiamente utilizzato nei rimboschi-menti della fascia montana. Si tratta di unalbero endemico dell’Italia meridionale edella Corsica che grazie all’uso che se ne èfatto nella forestazione ha ampliato note-volmente il proprio areale. Le ontaneteriparali sono dei boschi d’alto fusto neiquali si rinviene una ricca e diversificataflora igrofila e nemorale che utilizzando icorsi d’acqua scende dalle zone montaneper localizzarsi nel contesto mediterraneodelle zone collinari. Nei tratti più aperti le ripisilve a ontanilasciano il posto a quelle di pioppo nero(Populus nigra) ed ai cespuglieti a salicebianco (Salix alba), salice calabrese (Salixbrutia) e salice rosso (Salix purpurea). Come accennato sul versante ionico i corsi

Torrente Vasì sul versante tirrenico dell’Aspromonte

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Cascata Caccamelle nel territorio di Ciminà

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d’acqua si slargano a formare le fiumare,uno dei paesaggi più tipici della Calabriaionica. Si tratta di corsi d’acqua con regi-me prettamente torrentizio caratterizzatida ampi greti ciottolosi, in genere più omeno completamente asciutti in estate. Lapresenza di questi ambienti è da collegareinnanzitutto al particolare regime delleprecipitazioni che sono concentrate inpochi eventi temporaleschi e nella naturadei substrati geologici, in genere metamor-fiti particolarmente alterati e friabili, facil-mente erodibili per l’elevate pendenze e ildisboscamento del territorio. Le acquemeteoriche determinano così vistosi feno-meni di erosione, i torrenti trasportano

ingenti quantità di materiali solidi che rila-sciano nel tratto medio e terminale nonappena l’energia della corrente fluvialediminuisce, si formano così le enormi dis-tese di ghiaia che caratterizzano le fiuma-re. Sui terrazzi alluvionali più bassi ilcostante rimaneggiamento delle pieneconsente l’insediarsi solo di una vegetazio-ne erbacea effimera. Sui terrazzi alluviona-li più elevati, inondati solo dalle pieneeccezionali e asciutti per gran parte del-l’anno si rinviene invece la vegetazione aelicriso (Helichrysum italicum), fitocenositipica delle fiumare calabresi. L’elicriso èuna composita dal portamento pulvinatocon forte odore di fieno. Essa presentadelle vistose fioriture giallo-oro che nelmese di giugno costituiscono uno splendi-do ornamento per le aride fiumare calabre-si. Assieme all’elicriso si rinvengono nor-malmente l’assenzio meridionale(Artemisia variabilis), il ginestrino (Lotuscommutatus), l’enula (Dittrichia viscosa), lascrofularia bicolore (Scrophularia bicolor),tutte specie pioniere in grado di colonizza-re rapidamente le alluvioni ghiaiose o ciot-tolose rilasciate dal corso d’acqua. Sui ter-razzi alluvionali più elevati rispetto a quel-li occupati dalla vegetazione ad elicriso,che risentono perciò meno dell’azione per-turbatrice delle piene invernali, sono pre-senti delle boscaglie a oleandro (Neriumoleander) e tamerici. L’oleandro, specie dalnotevole valore ornamentale, ha propriolungo le fiumare le sue popolazioni spon-tanee. I cespuglieti a oleandro sono unaformazione in genere diradata formata davari arbusti più o meno distanziati fra diloro. All’oleandro normalmente si associa-no come la ginestra odorosa (Spartiumjunceum), la ginestra spinosa (Calicotomeinfesta), l’agnocasto (Vitex agnus-casti) latamerice maggiore (Tamarix gallica) e latamerice maggiore (Tamarix africana).Cascata Mundu presso Molochio

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L’indagine, avviata nel marzo del 2002 econclusa nel marzo del 2003, si è svilup-pata in diverse fasi che di seguito descri-viamo.

Ricerche bibliograficheSul territorio del Parco Nazionaled’Aspromonte si aveva una mancanza diinformazione circa la consistenza del patri-monio di grandi alberi. L’unica indagine diqualche interesse è stata quella effettuatanel 1982 dal Corpo Forestale dello Statosu tutto il territorio nazionale e disponibilesu internet. Tuttavia, per il territorio oggiricadente nel Parco, era stato selezionatosolo il pino calabro di Garibaldi. Un altrocontributo è quello di Motta e Nola (2002)ma relativo ad alcune limitate zone delParco.

Impostazione delle schede di rilievoPerché un albero sia definito monumentalei fattori possono essere molteplici (età,dimensioni, interesse scientifico, paesaggi-stico, storico, portamento particolare, ecc).Vagliate quindi le metodologie utilizzate inanaloghe ricerche svolte da altri Enti, è sta-ta impostata la scheda di indagine in mododa consentire di analizzare la consistenza elo stato di conservazione degli alberi monu-mentali. Essa è stata messa a punto dopouna attenta analisi della bibliografia ed ècomposta da oltre 40 voci che esaminanoanaliticamente l’albero e l’ambiente circo-stante. Successivamente è stata informatiz-zata, mediante la creazione di un database,con il software Access 2000. Ciascunapianta o gruppo di piante censite sono stateinserite tramite le coordinate in un GIS rea-

lizzato con il programma ArcView 3.1. Dallascheda di rilievo ne è stata tratta una che èstata inviata a tutti i Comuni, le ComunitàMontane del Parco, al C.F.S., alleAssociazioni ambientaliste ed escursionistechiedendo loro di segnalare gli alberi monu-mentali nel territorio di loro competenza.

METODOLOGIA DELL’INDAGINE

(A. Picone Chiodo, G. Spampinato)

Pino calabro a serro d’Acatti

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Indagini di campagnaLe indagini di campagna e i rilievi sui sin-goli alberi sono stati svolti da forestali,agronomi, naturalisti della sezione regginadel Club Alpino Italiano e da collaboratoridella Facoltà di Agraria dell’Ateneo reggi-no. Per raggiungere le località più impervieo poco conosciute ci si è avvalsi di guide,anch’esse in gran parte soci del CAI. Nel corso delle indagini non ci è stato pos-sibile definire l’età degli alberi in quantooccorrerebbe realizzare specifiche analisi,piuttosto complesse, che non erano previ-ste dal progetto svolto. L’età viene quindiindicata solo in pochissimi casi dove siaveva una ragionevole certezza della suaesattezza. D’altra parte non è correttoporre in relazione le dimensioni con l’etàdegli alberi perché, se può essere accetta-to il principio molto vago che un alberomolto grande è probabilmente anche vec-chio, si può anche avere che un albero pic-

colo (magari perché cresciuto in condizio-ni ecologiche molto difficili) sia più vec-chio di grossi esemplari che crescono inambienti favorevoli. Spesso inoltre, anchesvolgendo le opportune analisi, è impossi-bile determinare correttamente l’età del-l’albero perché cavo o con la parte internadanneggiata. Durante l’indagine per cia-scun grande albero è stata compilata unascheda cartacea precedentemente predi-sposta ed a tal fine è stata utilizzata laseguente strumentazione: G.P.S. GarminE-Trek Summit, Ipsometri Suunto PM 5 eVertex, bussola ed inclinometro Silva 15T,altimetro analogico Thommen, macchinefotografiche Nikon FE2 ed FG20.L’indagine complessiva è stata poi conse-gnata, su supporto informatico e cartaceo,all’Ente Parco.Nel capitolo “Gli alberi censiti” vieneriportata una sintesi delle schede relativeai singoli alberi censiti.

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N. rif. Nome Circ. Alt.(m) (m)

5 Abete del torrente Menta 5,5 *52 Abete dell’Abetazzo 4,9 3254 Abete di serro Juncari 1,57 2117 Abete di Tre Aie 3,87 3523 Abete di Valle Infernale 4,7 35,535 Abeti di Zervò 4,58 3124 Acero di monte di Valle Infernale 2,7 20,820 Acero napoletano di Valle Infernale 4,6 29,214 Agrifoglio di Zillastro 1,35 6,143 Agrifoglio di Zomaro 1,8 17

I grandi alberi del Parco

Il Parco Nazionale d’Aspromonte

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2 Bagolaro di Casalnuovo 2,6 19,53 Castagno di Fontanelle 8 23,57 Castagno di Polsi 7,5 16,754 Castagno di S. Giorgio di Pietra Cappa 6,2 13,346 Castagno di Scido 7,2 2448 Corbezzolo di Scido 1,28 8,550 Faggio del torrente Aposcipo 4,8 1853 Faggio di Gornelle 5,1 2842 Faggio di Palazzo 4,66 2722 Faggio di valle Infernale 3,57 2936 Fagu du sabatu 5,4 25,528 Farnetto di monte Cerasia 4,5 3519 Farnetto di monte Perre 2,6 33,59 Farnetto di Zillastro 4,85 22,544 Ilatro di San Luca 2,35 9,526 Leccio di Maita 3,7 2212 Leccio di monte Perre * 13,532 Leccio di piano di Picaru 4,95 3534 Leccio di Scido 6,5 3515 Mandorlo di Gerace 2,1 1716 Olmo di San Lorenzo 5,4 11,625 Ontano nero della Valle Infernale 3,2 24,141 Ontano nero di Piscopio 7 2551 Perastro di Canovai 1,37 1810 Perastro di monte Perre 2,3 9,2533 Pini d’Acatti 6,4 41,318 Pino di Garibaldi 4,54 33,529 Pini di serro d’Acatti 4,45 3347 Pioppi tremoli di Basilicò 2,1 31,539 Pioppi tremoli di Marrapà 2,4 3740 Pioppi del Canadà di rocca di Lupo 2,3 2545 Pioppo nero del lago Costantino 4,15 3638 Pioppo nero di Gallicianò 4,8 391 Quercia di Casalnuovo 3,8 27,349 Quercia di Croce di Dio sia lodato 3,18 138 Quercia di S. Leo di Africo Vecchio 3,55 29,131 Rovere del sedile 6,5 17,56 Rovere di Ferraina 6,4 2227 Rovere di Maita 4,8 2111 Rovere di monte Perre 5,8 16,213 Rovere di puntone Galera 2,9 1930 Rovere di Serro di Scifu 6 1821 Rovere di valle Infernale 6,6 2337 Tassi dello Zomaro 1,2 13

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I. – Schede di riconoscimento

P. Cameriere, G. Spampinato

Le ricerche di campagna, la raccolta di informazioni presso vari Enti, le informa-zioni di cui già disponevamo e le segnalazioni di numerose persone che singo-

larmente ringraziamo ci hanno consentito di individuare circa 100 alberi successi-vamente verificati sul campo. Abbiamo quindi accertato la presenza di 54 grandialberi distribuiti in 23 specie.

La specie con un maggior numero di grandi alberi è la rovere meridionale che, condiversi maestosi individui, caratterizza il paesaggio di monte Perre e dintorni. Ed èproprio una rovere, quella di Valle Infernale, che sebbene non sia la più alta, è sicu-ramente la più maestosa per la circonferenza del fusto, il diametro della chioma, eper i robusti rami in cui si ramifica. Ai pini calabri spetta il primato di altezza: nelgruppo dei Pini di Acatti un individuo supera i 40 m. Gli alberi più vetusti sono gliabeti bianchi, per quello di Serro Juncari è stata infatti stimata un’età di quasi 500anni. Poco inferiore è l’età dei Pini di Serro d’Acatti, gruppo di 20 pini tra cui si loca-lizza il pino più vecchio dell’Aspromonte con circa 400 anni. Tra i grandi alberi diver-si sono quelli impiantati dall’uomo sia per rimboschimenti come il famoso Pino diGaribaldi, sia per scopo ornamentale come i maestosi Pioppi di Basilicò o i singo-lari Tassi dello Zomaro.

Qui di seguito vengono descritte le 23 specie individuate. Successivamente sonoriportate le schede sintetiche dei 54 grandi alberi tratte dal data base generale. Inesse sono indicati il nome comune; il numero ed il nome che identifica la singolapianta; il comune nel cui territorio è ubicato; la latitudine e la longitudine secondoil sistema UTM Fuso 33; la circonferenza in metri misurata all’altezza di 1,30 m daterra; lo stato di conservazione dell’ambiente; la località in cui si trova; l’altitudinemisurata in metri sul livello del mare; l’altezza dell’albero espressa in metri; lo statogenerale della pianta ed infine un breve commento.

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Albero sempreverde che può superare i40 m di altezza, con fusto dritto e

cilindrico. La chioma, inizialmente diforma conica e slanciata, con l’età tendead arrotondarsi o ad appiattirsi a causadell’arresto dell’apice principale e dello svi-

luppo dei rami laterali. Il ritidoma, grigio eliscio nelle piante giovani, con l’avanzaredell’età diventa spesso, grigio scuro e siscrepola in placche. Le foglie sono a formadi ago appiattito, senza picciolo, inserite aspirale sul rametto, ma per torsione dellabase si dispongono a pettine nei rami inombra, a spazzola in quelli soleggiati. Gliaghi sono verdi lucenti sulla pagina supe-riore, argentei sulla pagina inferiore per lapresenza di due linee di stomi bianchi. Ifiori sono unisessuali, i maschili formanodegli strobili giallastri, i femminili formanostrobili eretti, cilindrico-ovoidali, di colorrosso-violetto; compaiono in primavera eda maturità lignificano e si ingrandiscono,assumendo una forma quasi cilindrica edun colore rosso-bruno. Alla disseminazio-ne (settembre-ottobre) le squame ovuliferesi disarticolano liberando i semi cosicchérimane solo il rachide dello strobilo.L’abete bianco si distribuisce sulle monta-gne dell’Europa meridionale, occupa unafascia che va dai 1000 m circa fino al limi-te della vegetazione arborea. Spesso la suapresenza non è da ritenersi del tutto spon-tanea ma legata all’attività antropica, spe-cialmente quella monastica. Le popolazio-ni calabresi, sicuramente autoctone, sidistinguono per la spiccata vitalità, lamaggiore eliofilia e xerofilia, la più elevataresistenza agli agenti inquinanti, oltre cheper una serie di caratteri morfologici che lihanno fatti distinguere come una partico-lare sottospecie.

Abete bianco appenninico

Abies alba Miller ssp. apennina Brullo, Scelsi & Spampinato

Abitu, bitu Pinaceae

Abeti di Zervò

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Albero deciduo che può raggiun-gere i 30-40 m di altezza dalla

chioma espansa e regolare. Il ritido-ma è liscio, grigiastro con sfumaturerossastre e, in età avanzata, si dis-tacca in grandi placche longitudina-li. Le foglie, ad inserzione opposta,sono palmate con 5 lobi più o menoacuti e margine leggermente denta-to, si presentano verde scuro, glabresulla pagina superiore e verde glau-co con nervature pubescenti suquella inferiore. I fiori sono riuniti ingrappoli penduli, presentano unacorolla formata da petali giallo-ver-dognoli. Essi appaiono assieme osubito dopo la comparsa delle foglieche avviene tra aprile e maggio. Ilfrutto è una disamara lunga 30-35mm, con ali disposte pressappocoad angolo retto.L’acero di monte ha un areale euro-peo che va dai Pirenei al Caucaso.È una specie adattata a climi sub-oceanici, esigente di umidità e terre-ni fertili. In Italia è presente neiboschi di latifoglie mesofile, soprat-tutto faggete, della fascia montanae submontana.

Acero di monte

Acer pseudoplatanus L.

Zichia russu Aceraceae

Acero di monte di Valle Infernale

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Acero napoletano

Acer neapolitanum Ten. (= A. obtusatum Willd. ssp. neapolitanum (Ten.) Pax)

Zichia ianca Aceraceae

Albero caducifoglio, alto normal-mente fino a 25 m, con chioma

espansa e regolare e ritidoma liscio,grigiastro, che tende a sfaldarsi tra-sversalmente con l’età. Le foglie, adisposizione opposta, hanno la lami-na di forma palmata piuttostoampia, larga 10-18 cm, con 5 lobiottusi e poco incisi, di cui i due basa-li sono spesso appena accennati. Lalamina è verde sulla pagina superio-re e biancastra su quella inferiore perun denso tomento. I fiori, giallo-ver-dastri, sono riuniti in infiorescenze acorimbo, appaiono in aprile-maggiocontemporaneamente o poco primadelle emissione delle foglie. Il frutto èuna disamara, con le ali slargatenella metà terminale, disposti a for-mare un semicerchio.L’acero napoletano è una specieendemica dell’Italia meridionale,presente nei boschi dalla fascia sub-montana (600-700 m), fino a quellamontana inferiore (1400-1500 m),assume in genere un ruolo subordi-nato all’interno di querceti caducifo-gli, faggete macroterme o leccete,risulta più abbondante negli ambien-ti di forra dove si associa ad altre spe-cie mesofile quali il carpino nero e ilnocciolo.

Acero napoletano di Valle Infernale

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Agrifoglio

Ilex aquifolium L.

Zillastru Aquifoliaceae

Piccolo albero sempreverde alto8-10 m, spesso arbusto, presen-

ta un tronco dritto e rami moltodivaricati a formare una chiomaovaleggiante. Il ritidoma appareliscio e di colore verde da giovane,poi grigio e finemente rugoso. Lefoglie, verde scuro e lucenti, hannoconsistenza coriacea e disposizionealterna, ovali o ellittiche. Il marginefogliare è variabile in rapporto del-l’esposizione alla luce, nei rami piùalti si presenta intero e ondulatomentre nei rami inferiori è tipica-mente dentato-spinoso. I fiori sonopiccoli unisessuali, solitari o riunitia 2-3 in cime ascellari. Il frutto èuna drupa globosa, rosso brillante,di 1 cm di diametro con una polpacontenente 4 semi.L’areale dell’agrifoglio comprendel’Europa centro-meridionale, dallaSpagna al Caucaso, a sud si spingefino al Nord Africa. In Italia è pre-sente in tutto il territorio nazionale,nei boschi sub-montani e montani,specie in quelli di faggio, mostrandouna spiccata preferenza per i climioceanici.Nel nostro territorio è tipico dellefaggete termofile legate ad un climacon spiccate caratteristiche di ocea-nicità localizzate sui versanti setten-trionali e sui piani della Limina tra900 e 1.400 m. Agrifoglio di Zillastro

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Bagolaro

Celtis australis L.

Milicuccu Ulmaceae

Albero caducifoglio che raggiunge i25-30 m di altezza, con chioma a

cupola, piuttosto densa e larga. Ha untronco diritto con ritidoma grigio-scuro e liscio, scanalato in età adulta.Il bagolaro presenta un imponente erobusto apparato radicale che riesce apenetrare nelle fessure delle rocce, dacui l’appellativo di “spaccasassi” concui è anche nota la specie. Le fogliesono ovato-lanceolate, alterne, lunghe5-15 cm ruvide sulla pagina superiore,finemente pubescenti su quella infe-riore, con margine dentato, base asim-metrica e apice acuminato; presenta-no tre marcate nervature. I fiori, checompaiono in aprile-maggio assiemealle foglie, sono molto piccoli, verda-stri, solitari o riuniti in fascetti di 2-5,possono essere unisessuali o bisessua-li. Il frutto è una piccola drupa diforma sferica o ovale, portato su unlungo peduncolo, prima verde, nero-violacea a maturità, è commestibileed è particolarmente gradita dagliuccelli. Dal suo endocarpo, legnoso emolto duro, si facevano rosari.Il bagolaro è un albero termofilo exerofilo distribuito in tutti i paesi chesi affacciano sul bacino delMediterraneo fino a quelli medio-rientali. In Aspromonte si rinvienefino a 800-900 m, nei boschi aperti onella macchia, soprattutto su suolipoco evoluti o fortemente erosi.Bagolaro di Casalnuovo

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Castagno

Castanea sativa Miller

Castagnara Fagaceae

Albero caducifoglio alto fino a 30 m,raramente oltre, molto longevo

(mediamente 400-500 anni). Il fusto èrobusto e presto si ramifica a formare unachioma ampia e rotondeggiante. Da giova-ne ha un ritidoma bruno-rossastro, checon l’età diventa grigiastro screpolandosilongitudinalmente in lunghi cordoni spes-so contorti in modo caratteristico. Lefoglie, lunghe 10-25 cm, sono a disposizio-ne alterna e presentano una lamina oblun-go-lanceolata dentata al margine, verdelucido sulla pagina superiore, più pallide eopache su quella inferiore. I fiori compaio-no in maggio-giugno, sono unisessuali evengono portati sulla stessa pianta, quellimaschili sono riuniti su amenti eretti,quelli femminili si trovano alla base delleinfiorescenze maschili, riuniti in gruppi di2-3, sono avvolti da un involucro che daràorigine al caratteristico riccio spinoso. Ilfrutto (castagna) è una noce bruno-scuro elucida. Il seme ricco in amido, zuccheri egrassi ed ha un elevato potere nutritivo.Il castagno ha rappresentato nei secoli, erappresenta tuttora, una risorsa provviden-ziale per le popolazioni della montagna,che lo coltivavano per utilizzarne i frutti,tanto che gli è valso anche il nome di“Albero del pane”. Anche il suo legno èampiamente utilizzato per costruzioni,mobili e paleria grazie alla sua lunga dura-ta. Il castagno si presta all’attività silvo-col-turale grazie alla elevata capacità polloni-fera. Per tutti questi motivi, il castagno è

stato ampiamente coltivato sin dall’epocaromana, risulta quindi molto difficile rico-struire il suo areale originario, che comun-que può essere ricondotto all’Europa sud-orientale. Nei nostri ambienti lo si trovadalla fascia collinare (300-400 m) a quellamontana (1400-1500 m) dove viene colti-vato come pianta da frutto o da legno.Predilige i suoli a tessitura sabbiosa o sab-bioso-limosa, a pH acido o subacido.

Castagno di San Giorgio di Pietra Cappa

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Corbezzolo

Arbustus unedo L.

Cacomuru, cucummara Ericaceae

Arbusto o piccolo albero sempre-verde, alto fino a 10-12 m, può

presentare un tronco eretto o sinuo-so, in genere ramificato spesso findalla base. Il ritidoma, bruno-rossic-cio, si screpola a squame longitudi-nali. Le foglie, di consistenza cori-acea, sono a disposizione alterna. Lalamina intera è di forma oblunga olanceolata, lunga 5-10 cm, con mar-gine crenato e lievemente seghettato,verde brillante e lucida sulla paginasuperiore, più pallida sotto. I fiorisono ermafroditi e riuniti in grappolipenduli all’estremità dei rami, pre-sentano una corolla tubulosa, urceo-lata, bianca, spesso sfumata di rosao di verde, con 5 denti reflessi. I fioriappaiono in ottobre quando matura-no i frutti derivanti dai fiori dell’an-no precedente, particolarità cherende questa pianta notevolmenteapprezzata dal punto di vista orna-mentale. Il frutto è una bacca carno-sa di 1-2 cm, dapprima gialla, rossointenso a maturità, quando diventaedule.Il corbezzolo si rinviene nei paesi chesi affacciano sul Mediterraneo maanche lungo la costa atlanticadell’Europa fino al sud dell’Irlanda; èun elemento tipico della macchiamediterranea e delle formazioni fore-stali mediterranee, soprattutto susuoli acidi.Corbezzolo di Scido

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Faggio

Fagus sylvatica L.

Fagu, fau, camusciu (faggio arbustivo) Fagaceae

Grande albero caducifoglio, alto 30-35m, talora oltre i 40 m. È piuttosto lon-

gevo, può vivere oltre i 300 anni. Il fusto, èdiritto e slanciato, la chioma presentagrossi rami ascendenti che formano unachioma ampia, densa, ovale e leggermenteappuntita all’apice. Il ritidoma è grigio eliscio, spesso ricoperto da licheni. Lefoglie, sono alterne, ovato-ellittiche, amargine intero o ondulato, con la paginasuperiore verde più scuro rispetto a quellainferiore, pelosa al margine e alle ascelledelle nervature. La pianta è monoica confiori unisessuali, quelli maschili sonoriuniti in amenti globosi e penduli, i fem-minili sono riuniti a coppie dentro un invo-lucro provvisto di spine erbacee non pun-genti. I frutti detti “faggiole” sono dellenoci di forma piramidale racchiuse a grup-pi di due all’interno di un involucro che amaturità lignifica e si apre in 4 valve. Il faggio è una pianta a distribuzione euro-pea, il suo areale si estende dai Pirenei aiBalcani sino alla Scandinavia. In Italia èpresente dall’arco alpino a tuttol’Appennino sino in Sicilia, occupandotutta la fascia montana dai 900-1000 mfino a circa 2000 m. In Aspromonte il fag-gio è la specie che domina nelle formazio-ni forestali della fascia montana, forman-do estesi boschi monospecifici o associatoall’abete bianco appenninico. Il faggio pre-dilige suoli bruni forestali, profondi e benevoluti e risulta indifferente alla natura delsubstrato geologico. Faggio del torrente Aposcipo

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Farnetto

Quercus frainetto Ten. (= Q. conferta Kit.)

Carrà, carria, carru Fagaceae

Albero caducifoglio, a rapido accresci-mento, è alto fino a 25-30 m con fusto

eretto. Se isolato, forma un chioma densa,ampia ed irregolare, di colore verde chiaro.Il ritidoma, liscio in gioventù, con l’etàcomincia a fessurarsi in piccole scaglie ret-tangolari grigio scure. Le foglie sono alter-ne, portate da un cortissimo picciolo sulquale si inseriscono formando due caratte-ristiche orecchiette, hanno forma oblungo-obovata, con 7-9 paia di lobi profonda-mente incisi a margini paralleli; sono dicolore verde intenso e glabre sulla paginasuperiore, verde più chiaro e tomentose suquella inferiore. Il farnetto è una pianta

monoica con fiori unisessuali. I fiorimaschili, di colore giallo-verdastro,appaiono in aprile-maggio e sono riuniti inamenti penduli; quelli femminili sonoriuniti a gruppi di 2-5 su un unico pedun-colo. I frutti sono delle noci (ghiande) diforma ovato-allungata, riuniti a gruppi di2-5 e ricoperti per metà circa da una cupo-la; maturano in ottobre.Il farnetto ha un areale sud-est europeoesteso dai Balcani all’Italia centro-meridio-nale. In Aspromonte si rinviene dai 300 ai1000 m, limitatamente ai versanti ioniciorientali. Predilige suoli a reazione acida,dove può formare boschi puri o misti.

Farnetto di monte Cerasia

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Ilatro

Phillyrea latifolia L.

Gròmattu Oleaceae

Alberello, più comunemente arbu-sto, sempreverde alto fino a 5-10

m, a portamento sinuoso, moltoramificato con rami ascendenti chetendono a formare una chioma piut-tosto fitta e globosa. Il ritidoma è gri-gio e liscio da giovane, screpolato conl’età. Le foglie, a consistenza cori-acea, sono a disposizione tipicamen-te opposta. Hanno la lamina ovato-lanceolata con margine intero o fine-mente dentellato, di colore verdescuro e lucido sulla pagina superioree più pallide su quella inferiore. Ifiori, che appaiono da marzo a mag-gio, sono piccoli, di colore verdastro,riuniti a 5-7 in racemi ascellari. Ilfrutto è una drupa nero-azzurrognolaa maturità. Il suo legno si presentabruno-chiaro, duro e con odore sgra-devole, fornisce un ottimo carbone.L’ilatro ha una distribuzione circu-mediterranea e si rinviene dalle costeatlantiche della Francia lungo tutto ilmediterraneo fino alle coste meridio-nali del Mar Nero. È una specie ter-mofila ed eliofila tipica della mac-chia e dei boschi termofili a sclerofil-le sempreverdi. In Aspromonte è dis-tribuita fino a 600-700 m di quota,rinvenendosi normalmente nellostrato arbustivo delle leccete o deiquerceti termofili di quercia casta-gnara.

Ilatro di San Luca

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Leccio

Quercus ilex L.

Ilicia Fagaceae

Albero sempreverde, alto fino a circa25-30 m, molto longevo, vive sino a

1000 anni. Se isolato presenta una chio-

ma ampia e densa, prima ovale, globosain età avanzata, di color verde cupo. Ilritidoma da giovane è grigio e liscio, conl’età tende invece a screpolarsi in piccoleplacche quadrangolari. Le foglie, cori-acee, persistono sulla pianta 2-3 anni edhanno lamina variabile nella forma e nel-le dimensioni: nella chioma si presentanoovali-lanceolate con margine ondulatoacuminate all’apice, liscie, verde scuro elucida di sopra, biancastre per la presenzadi una fitta peluria sulla pagina inferiore.Le foglie dei polloni e dei rami bassi inombra, sono invece ovali, meno coriacee,di maggiori dimensioni e meno pelose disotto, spesso presentano un margine spi-noso. Il leccio è una pianta monoica confiori unisessuali, i maschili riuniti inamenti cilindrici, penduli, di colore giallo;i fiori femminili sono riuniti in spighe agruppi di 6-7, compaiono entrambi inaprile maggio. Il frutto è una noce (ghian-da) di colore bruno-scuro a maturità èricoperto per metà, o quasi, della lunghez-za da una cupola sottile, grigio-chiara consquame appressate e vellutate, matura inottobre.Il leccio ha una tipica distribuzione cir-cummediterranea rinvenendosinell’Europa meridionale, nell’Asia Minoree in Africa settentrionale. In Aspromonteoccupa una fascia compresa fra i 300 e i1000 m e rappresenta la specie caratteriz-zante le formazioni forestali mediterraneesubmontane.Leccio di monte Perre

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Mandorlo

Prunus dulcis (Miller) D. A. Webb (=Amigdalus communis L.)

Mmendularu Rosaceae

Alberello a foglie caduche, altonormalmente fino a 10-12 m,

dalla chioma irregolarmente globosa.Il fusto si presenta spesso tortuosocon un ritidoma grigio-bruno scuro,fessurato in piccole scaglie longitudi-nali. L’apparato radicale, robusto eprofondo, permette al mandorlo diadattarsi alle aride estati del climamediterraneo. Le foglie, portate suun lungo picciolo provvisto di ghian-dole, sono di forma lanceolata, alter-ne, glabre, dentato-seghettate aimargini. I fiori, normalmente riunitia 2 con corolla di 5 petali bianchi obianco-rosa, compaiono da gennaioa marzo, foriere di primavera, primadella comparsa della foglie. Il frutto èuna drupa grigio-verde, vellutata, chea maturità si apre liberando l’endo-carpo legnoso dalla superfiche tipica-mente bucherellata che racchiude 1o, più raramente, 2 semi commestibi-li (mandorle) avvolti da un sottiletegumento color cannella.Il mandorlo, coltivato da epoche lon-tanissime per i frutti si è spontaneiz-zato in più luoghi del Mediterraneo,per cui è difficile definirne l’arealeoriginario, questo probabilmentecoincide con l’area che va dal medio-oriente al Caucaso e fino all’Iran.

Mandorlo di Gerace

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Olmo campestre

Ulmus minor Miller

Urmu Ulmaceae

Albero caducifoglio, alto fino a 35m, a rapido accrescimento, può

vivere fino a oltre 500 anni. Il fusto èdritto e molto ramificato, con un riti-doma liscio e grigio-bruno da giovane,che con l’età tende a screpolarsi infibre. I giovani rami presentano taloradelle evidenti creste suberose che per-mettono di riconoscere una particola-re varietà della specie. La chioma èampia, densa e irregolarmente ton-deggiante. Le foglie, verdi e scabre disopra, più chiare e pubescenti sotto, sidispongono in modo alterno e disticosul rametto; la lamina è ellittica oobovata con 7-12 paia di nervaturelaterali, apice lungamente acuminato,base tipicamente asimmetrica e mar-gine fogliare doppiamente dentato. Ifiori sono ermafroditi, poco evidenti,con perianzio ridottissimo e vistoseantere porpora; sono riuniti in fascettisubsessili ed appaiono in marzo primadelle foglie. Il frutto è una samara,con una ampia ala circolare smussataall’apice; viene maturato in maggio.L’olmo campestre estende il suo area-le dall’Europa centro-meridionaleall’Asia minore, al Nord Africa.Predilige i boschi ripali o comunquefreschi con falda superficiale. InAspromonte si rinviene sporadica-mente dalla fascia collinare a quellamontana, soprattutto in ambienti diforra o presso corsi d’acqua.Olmo di San Lorenzo

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Ontano nero

Alnus glutinosa (L.) Gaertner

Arsimu, Auzinu, Auzu Betulaceae

Albero caducifoglio alto fino a 25 m,in genere poco longevo, vive fino a

circa 100 anni. Ha un fusto eretto eslanciato con una chioma piramidale.Il ritidoma inizialmente liscio, di colo-re grigio chiaro con l’età si fessura inlarghe placche rettangolari. I giovanirami sono tipicamente viscosi e porta-no gemme peduncolate. Le foglie, dicolore verde scuro sulla pagina supe-riore, più chiare sotto, hanno laminaobovata, troncata o smarginata all’api-ce, cuneata alla base, con margineirregolarmente dentato; appaionovischiose in gioventù, sono glabre condei piccoli ciuffi di peli all’ascella dellenervature della pagina inferire. I fiori,che compaiono da febbraio ad aprile,sono unisessuali portati dallo stessoindividuo. I fiori maschili sono rag-gruppati in amenti cilindrici penduli ecompaiono prima delle foglie, quellifemminili sono riuniti in amenti eretti,ingrossati e lignificati a maturità,quando danno origine ai frutti costitui-ti da piccoli acheni alati. Le infrutte-scenze maturano nell’anno successivo,per cui in primavera si osservano siaquelle dell’anno appena formate chequelle mature dell’anno precedente.L’ontano nero ha un vasto areale este-so tra Europa, Asia e Nord Africa. InAspromonte si rinviene comunementelungo i corsi d’acqua dalla fascia colli-nare fino a quella montana inferiore. Ontano nero di Piscopio

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Perastro

Pyrus pyraster Burgsd.

Piraino, grappidara Rosaceae

Arbusto o piccolo albero deciduo,alto fino a 15-20 m d’altezza,

possiede una chioma espansa eallungata con l’estremità dei ramettispinescente. Ha un ritidoma grigio-bruno che si desquama in placchequadrangolari. Le foglie sono a dis-posizione alterna con il picciololungo quanto la lamina che è diforma ellittica con base da cuneata acordata, apice acuto e margine den-tellato; la foglia è di colore verdescuro e lucido sulla pagina superiore,verde glauco di sotto. I fiori sonoermafroditi, riuniti a gruppi di 3-9 incorimbi. Presentano numerosi stamidalle antere rosate e una corollabianco-rosata formata da 5 petali,appaiono in aprile-maggio. Il frutto èun piccolo pomo sferico, duro, arro-tondato e ombelicato alla base, por-tato su un lungo peduncolo, a matu-rità assume un colore giallo o bruno.Il perastro è originario dell’Europacentro-orientale fino all’Asia minore,oggi lo si rinviene in tutta Europaesclusa l’area scandinava. Lo si rin-viene sporadicamente nelle formazio-ni forestali termofile, mentre è piùfrequente negli arbusteti soprattuttoin ambienti con suoli poco evoluti edesposizioni meridionali, fino a 1400-1500 m.

Perastro di monte Perre

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Pino calabro

Pinus nigra Arnold ssp. calabrica (Land) E. Murray (=P. laricio Poiret)

Zappinu Pinaceae

Grande albero sempreverde, molto lon-gevo che può raggiungere i 45-50 m di

altezza; presenta un fusto dritto e slancia-to con rami che tendono a disporsi oriz-zontali in gioventù ed arcuarsi verso l’altocon l’età. La chioma, leggera e piramidale,tende ad appiattirsi in alto negli individuivetusti. Il ritidoma inizialmente è a scagliegrigio-cannella, a maturità invece si dividein caratteristiche grandi placche grigiastre.Le foglie, aghiformi, verde scuro, sonoriunite a gruppi di due su corti brachibla-sti, leggermente pungenti all’apice, restanosulla pianta per 3 anni circa. I fiori sonounisessuali portati dalla stessa pianta eriuniti in strobili, quelli maschili sono gial-lastri e presenti solo in primavera, quellifemminili normalmente a gruppi di 2 o 3,sono di forma ovoidale, a maturità lignifi-cano dando origine ad una piccola pignaconico-ovoidale, persistente sulla piantaper più anni, formata da squame ovuliferecon un breve mucrone.Il pino calabro è endemico della fasciamontana inferiore della Sila,dell’Aspromonte e dell’Etna, dove formapinete naturali, soprattutto sui versantimeridionali più acclivi su rocce di naturasilicea. Fa parte del complesso gruppo diP. nigra che ha segregato sulle montagnedel Mediterraneo una serie di specie affini.Tipico è il suo comportamento di piantaforestale pioniera che colonizza ambientiaperti con suoli poco evoluti, dimostrando-si una specie preziosa nella difesa antiero-

siva. Per queste sue caratteristiche è statomassicciamente utilizzato nei rimboschi-menti, non sempre però realizzati inambienti a lui congeniali.

Pino di Garibaldi

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Pioppo del Canadà

Populus x canadensis Moench

Chiuppu Salicaceae

Questo pioppo è un ibrido, otte-nuto incrociando il pioppo nero

(Populus nigra L.) con il pioppo neroamericano (Populus deltoidesMarchall). Viene utilizzato soprattut-to in arboricoltura da legno intensivaper la produzione di cellulosa, inquanto grazie al notevole vigore vege-tativo riesce a raggiungere rapida-mente dimensioni ragguardevoli. I caratteri distintivi rispetto al piopponero, anche se variabilissimi, sono ilfusto con ritidoma liscio, grigio chia-ro, le foglie ovato-triangolari a basepiatta, decisamente più grandi, cheda giovani assumono un caratteristi-co color rame. Analogamente allealtre specie del genere il pioppo delCanadà è una specie igrofila cheesige suoli profondi e con una buonadisponibilità idrica. In Aspromonte èstato utilizzato sporadicamente perimpianti sugli altopiani, dimostran-dosi una specie poco idonea a talfine.

Pioppi del Canadà di rocca di Lupo

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Pioppo nero

Populus nigra L.

Chiuppu Salicaceae

Grande albero caducifoglio, dalportamento maestoso che rag-

giunge i 30 m di altezza, presentauna chioma di forma ovata. Il ritido-ma è dapprima grigio, poi più nera-stro e solcato longitudinalmente. Lefoglie, alterne e leggermente cori-acee, sono di forma ovato-romboida-le, acuminate all’apice, dentate almargine, tranne che alla base, dicolore verde lucido sulla paginasuperiore, opache e con nervatureprominenti di sotto. I fiori sono uni-sessuali e vengono portati su piantediverse (specie dioica), sono privi diperianzio e riuniti in amenti pendulie allungati che appaiono in marzo-aprile. I frutti sono delle piccole cap-sule ovoidali contenenti numerosipiccoli semi avvolti da una caratteri-stica lanugine che favorisce la disse-minazione ad opera del vento.Il pioppo nero è distribuitonell’Europa centro-meridionale, finoall’Asia centrale e Nord Africa dallivello del mare fino alla fascia sub-montana (1000 m), la sua presenza ècomunque sempre legata agliambienti umidi, e costituisce unodegli elementi tipici dei boschi ripali.Lungo i corsi d’acqua dell’Aspromonteil pioppo nero è piuttosto frequente,soprattutto in quelli che scorrono inampie vallate.

Pioppo nero di Gallicianò

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Pioppo tremolo

Populus tremula L.

Candalisi Salicaceae

Albero caducifoglio, non molto lon-gevo, che può raggiungere 35-40

m di altezza. Ha il tronco dritto e slan-ciato, lungamente libero da rami inbasso, forma una chioma ovoidale-allungata con rami piuttosto brevi. Ilritidoma è grigio-verdastro, liscio, tar-divamente screpolato. I giovani ramisono bruni e viscosi. Le foglie, alternee glabre, sono portate da picciololungo quanto la lamina e fortementeappiattito così da permetterne il tipicotremolio al più lieve soffio di vento. Lalamina fogliare è sottile, più o menotondeggiante, con margine ondulatood ottusamente dentato, verde scurosopra, più chiara sotto. Le foglie inautunno assumono uno splendidocolore giallo dorato. I fiori sono uni-sessuali su piante diverse (specie dioi-ca), riuniti in amenti penduli, lunghifino a 10 cm che appaiono da marzoad aprile. Il frutto è una capsula chelibera in maggio, piccoli semi, munitidi vistosa lanugine che ne favorisce ladisseminazione ad opera del vento.Il pioppo tremolo ha una ampia dis-tribuzione eurosiberiana, è speciepioniera e tende a colonizzare suolinudi, poco evoluti, tendenzialmenteacidi in genere con buona disponibi-lità idrica. In Aspromonte si rinvieneraramente allo stato spontaneo dallafascia submontana a quella montanainferiore fino a 1500 m, soprattuttoin ambienti di forra, mentre è comu-nemente coltivato sugli altopiani.Pioppi tremoli di Marrapà

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Quercia castagnara

Quercus virgiliana (Ten.) Ten.

Cerza Fagaceae

Albero caducifoglio che raramen-te supera i 25 m di altezza e

molto longevo. Il fusto robusto siramifica dal basso con grossi ramisinuosi che formano una chiomaampia ed globosa. Il ritidoma è gri-gio-bruno fessurato in placche ret-tangolari rugose e poco salienti. Lefoglie, leggermente coriacee, sonoobovate, a margine lobato, verdi eglabre, o leggermente tomentosesulla pagina superiore, più chiare efinemente tomentose sulla paginainferiore; cadono tardivamente inpieno inverno. I fiori sono unisessua-li, quelli maschili sono riuniti inamenti penduli di colore giallastro,quelli femminili sono singoli o rag-gruppati a 2-5 in spighe e sonoavvolti da un involucro di brattee. Ilfrutto è una noce (ghianda) portatasu un breve peduncolo, di formaovoide o ellissoide, avvolto per metàda una cupola con bordo irregolareformata da squame appressate.La quercia castagnara è distribuitanell’Europa sud-orientale dallaTurchia alla Sicilia. In Aspromontesi rinviene dal livello del mare fino ai1000 m ed è abbastanza diffusa,anche perché veniva risparmiata aimargini dei coltivi per la produzionedelle ghiande particolarmente appe-tite agli animali per il basso conte-nuto in tannini. Quercia di San Leo di Africo Vecchio

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Quercia congesta

Quercus congesta C. Presl

Cerza Fagaceae

Albero caducifoglio che può arri-vare a 20 m di altezza, ha il fusto

eretto e chioma globosa ed espansa;il ritidoma è grigio-bruno fessurato inplacche quadrangolari rugose e pocorilevate. I rametti giovani si presenta-no grigi e pubescenti. Le foglie, diconsistenza leggermente coriacea,sono di forma obovata o ellittico-oblunga, lobate al margine con 5-8lobi poco incisi, subcordate alla base,verde lucido e leggermente pelose disopra, grigie e piuttosto tomentose disotto. I fiori sono unisessuali portatidalla stessa pianta ed appaiono inaprile-maggio; i maschili sono riunitiin amenti penduli, i femminili sonoinvece riuniti in piccole spighe. I frut-ti sono delle noci (ghiande) pedunco-late, riuniti a gruppi di 3-8, di formaellittica, avvolti da una cupola conbordo regolare formata da squameoblungo-lanceolate, finemente pube-scenti e piane sul dorso.La quercia congesta è endemica diSicilia, Sardegna e Calabria, dove sirinviene dalla fascia submontana aquella montana inferiore sino a1500 m.I boschi di questa specie inAspromonte sono stati spesso sostitui-ti da impianti artificiali di castagno.

Quercia di Croce di Dio sia lodato

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Rovere meridionale

Quercus petraea (Mattuschka) Liebl. ssp. austrotyrrhenica Brullo, Guarino & Siracusa

Esculu, escru Fagaceae

Albero caducifoglio, che arrivasino a 30 m di altezza, fusto

robusto ed eretto tende a diventarenodoso negli individui vetusti, formauna chioma obovata, ampia edaperta; il ritidoma è grigio-bruna-stro, fessurato longitudinalmente. Igiovani rami sono tipicamente ros-sicci e glabri. Le foglie, a disposizio-ne alterna, inizialmente pelose poisubito glabre tranne che sulle nerva-ture della pagina inferiore, sonoobovate, lobate al margine con 5-7paia di lobi arrotondati e poco pro-fondi, arrotondate all’apice e tronca-te o subcordate alla base, verde luci-de sopra, più chiare sotto. I fiorisono unisessuali portati sulla stessapianta, quelli maschili sono riunitiin amenti allungati, i femminili sonoriuniti a gruppi di 2-6. I frutti sonodelle noci (ghiande) riunite in grup-pi di 2-6, senza peduncolo, di formaellissoidale con apice acuminato,ricoperte per 1/3 da cupola a margi-ne regolare.La rovere meridionale è endemicadella Calabria e della Sicilia doveoccupa la fascia montana inferioredai 900 ai 1500 m arrivando rara-mente fino a 1700 m. Essa rappre-senta una vicariante della specietipo ampiamente distribuitadall’Europa centro-occidentale aquella sud-orientale. Rovere di serro di Scifu

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Tasso

Taxus baccata L.

Tassu Taxaceae

AAlbero sempreverde di media altez-za, raramente supera i 20 m, con

crescita inizialmente rapida poi lentissi-ma, molto longevo. Il fusto normalmenteramificato fin dal basso, forma una chio-

ma scura, piramidale, con l’apice chepuò essere arrotondato o appiattito. Ilritidoma è rosso-bruno, liscio e si des-quama in placche longitudinali che spes-so tendono ad arricciarsi. Le fogliehanno forma di ago appiattito, flessibili,con apice acuminato ma non pungente,verde scuro e lucenti di sopra, verdechiaro di sotto per la presenza di duebande bianche longitudinali divise dauna nervatura centrale. La disposizionesul rametto è spiralata ma appaiono dis-poste a pettine per la torsione del piccio-lo. La pianta è dioica, gli individuimaschili presentano i fiori riuniti in pic-coli amenti globosi giallastri; quelli fem-minili portano i fiori solitari avvolti daalcune squame che proteggono l’ovulo eche a maturazione formano un involucroa forma di coppa, carnoso, di un rossobrillante, detto arillo, che ricopre un soloseme di forma ovoidale.Il tasso, spesso utilizzato a scopo orna-mentale, è velenoso, se ingerito, in tuttele sue parti, tranne che per l’arillo, perquesto motivo viene chiamato alberodella morte. È distribuito in tutto il con-tinente europeo fino al Caucaso e inNord Africa. Tipicamente lo si rinvienenella fascia montana inferiore fino a1500 m, caratterizzata da un clima tem-perato suboceanico, è comunque unaspecie rara allo stato spontaneo tantoche diverse regioni lo considerano speciea rischio di estinzione.I tassi dello Zomaro

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P. Cameriere, A. Picone Chiodo, G. Spampinato

II. – Gli alberi censiti

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54 ABETE DI SERRO JUNCARI

Comune S. Luca Loc. Serro JuncariLat. e long. 4223798-582015 Altit. 1710 mCirc. 1,57 m Alt. 21 mAmbiente Bosco di abete e ginepro Stato Buono

Con 496 anni è probabilmente la massima età raggiunta dall’a-bete bianco nell’Appennino. L’età è stata determinata nell’ambi-to del Progetto FORMAT dell’Università di Torino e di Pavia.

52 ABETE DELL’ABETAZZO

Comune Scilla Loc. AbetazzoLat. e long. 4225680-575845 Altit. 1593 mCirc. 4,9 m Alt. 32 mAmbiente Bosco di faggio e abete Stato Buono

La pianta è contraddistinta da una enorme branca laterale(circonf. di 3,6 m) che si diparte a solo 50 cm da terra.

5 ABETE DEL TORRENTE MENTA

Comune Roccaforte del Greco Loc. Torrente MentaLat. e long. 4220358-576529 Altit. 1443 mCirc. 5,5 m Alt. v. commentiAmbiente Bosco chiuso di faggio e abete Stato Pessimo

Pianta probabilmente stroncata da avversità atmosferiche, con-serva circa 6 m di altezza di tronco dal quale si diparte una bran-ca con portamento arboreo alta circa 20 m. Era probabilmenteuno degli abeti più venerandi dell’Aspromonte ma la nostraindagine è arrivata tardi. È stata tuttavia segnalato per la tena-cia con la quale continua a vegetare nonostante la mutilazione.

Abete

Abete dell’Abetazzo

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35 ABETI DI ZERVÒ

Comune S.Cristina Loc. ZervòLat. e long. 4231011-587118 Altit. 1188 mCirc. 4,58 m Alt. 31 mAmbiente Probabilmente coltivati Stato Ottimo

Si tratta di un gruppo di circa 10 individui localizzati nelle per-tinenze dell’ex sanatorio Vittorio Emanuele III. È dubbio chesiano i superstiti degli abeti presenti nell’area prima della realiz-zazione del Sanatorio. I dati sono stati rilevati sull’individuo piùrappresentativo, gli altri del gruppo differiscono di poco.

17 ABETE DI TRE AIE

Comune Reggio Calabria Loc. Tre AieLat. e long. 4223532-573014 Altit. 1330 mCirc. 3,87 m Alt. 35 mAmbiente Probabilmente impiantata Stato Buono

Questo abete, dalle considerevoli dimensioni, rappresenta unsolenne ornamento per la Fontana di Tre Aie.

23 ABETE DI VALLE INFERNALE

Comune S. Luca Loc. Passo di MaitaLat. e long. 4220998-584849 Altit. 1200 mCirc. 4,7 m Alt. 35,5 mAmbiente Bosco chiuso di faggio Stato Integro

La notevole biodiversità dell’area e il difficile accesso (il toponi-mo di Valle Infernale è già significativo) fanno sì che in questoterritorio si rinvengano diversi grandi alberi.

Abete del torrente Menta

Abete di Tre Aie

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24 ACERO DI MONTE DELLA VALLE INFERNALE

Comune S. Luca Loc. Passo di MaitaLat. e long. 4220984-584852 Altit. 1200 mCirc. 2,7 m Alt. 20,8 mAmbiente Bosco chiuso di faggio Stato Buono

La notevole biodiversità dell’area e il difficile accesso (il toponi-mo di Valle Infernale è già indicativo) fanno sì che qui sianostati trovati molti degli esemplari monumentali.

20 ACERO NAPOLETANO DI VALLE INFERNALE

Comune S. Luca Loc. Passo di ValleInfernale

Lat. e long. 4221522-584853 Altit. 1250 mCirc. 4,6 m Alt. 29,2 mAmbiente Bosco chiuso di faggio Stato Ottimo

Vicino l’acero, accostata ad una roccia, si trova una croce diferro che ricorda la tragica morte di un giovane boscaiolo friula-no, Enrico Vuerich, travolto da una piena scatenatasi nella ValleInfernale nell’ottobre del 1951. Sembrerà strana tale presenzama diverse furono le imprese boschive del nord Italia che opera-rono in Aspromonte nel secondo dopoguerra.

43 AGRIFOGLI DI ZOMARO

Comune Cittanova Loc. Casinodel Granduca

Lat. e long. 4241331-596399 Altit. 924 mCirc. 1,8 m Alt. 17 mAmbiente Coltivati a scopo ornamentale Stato Ottimo

Si trovano in quello che era il parco, ormai abbandonato, delnobile inglese Acton. L’esemplare censito è quello più significa-tivo di un filare formato da circa 20 individui, gli altri differisco-no di poco. Vi si trovano altre piante ornamentali di un certointeresse.

Acero di monte

Acero napoletano

Agrifoglio

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Bagolaro

Castagno

14 AGRIFOGLIO DI ZILLASTRO

Comune Samo Loc. ZillastroLat. e long. 4217347-588288 Altit. 1144 mCirc. 1,35 m Alt. 6,1 mAmbiente Bosco aperto di farnetto Stato Mediocre

Già il nome della località indica, in dialetto, la presenza di agri-foglio. Nei dintorni piantagioni di pini e castagno hanno in partesostituito l’originario bosco di farnetto.

2 BAGOLARO DI CASALNUOVO

Comune Africo Loc. DorgadaLat. e long. 4212989-587623 Altit. 820 mCirc. 2,6 m Alt. 19,5 mAmbiente Pascolo con alberi sparsi Stato Buono

L’albero è addossato ad un costone roccioso dal quale si godeampio panorama sulla vallata dell’Aposcipo.

46 CASTAGNO DI SCIDO

Comune Scido Loc. PediaLat. e long. 4232072-582778 Altit. 822 mCirc. 7,2 m Alt. 24 mAmbiente Margini di un bosco di leccio Stato Mediocre

Individuo imponente ubicato al limitare della lecceta con un ter-razzamento in passato oggetto di coltivazione, intorno sono pre-senti corbezzoli e allori anch’essi notevoli. Gareggia in imponen-za con una villa del secolo scorso ormai abbandonata.

Agrifogli di Zomaro

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7 CASTAGNO DI POLSI

Comune S. Luca Loc. PolsiLatit. e long.4224892-584398 Altit. 862 mCirc. 7,5 m Alt. 16,75 mAmbiente Pascolo alberato Stato Mediocre

Si trova a lato della Fontana dei 3 canali. La cavità nel tronco ècosì ampia che nel passato offriva riparo a intere famiglie di pel-legrini durante la festa di Polsi. Altri esemplari si trovano lungoil costone che risale verso il Piano dei Riggitani.

3 CASTAGNO DI FONTANELLE

Comune S. Luca Loc. FontanelleLat. e long. 4225916-589583 Altit. 680 mCirc. 8 m Alt. 23,5 mAmbiente Bosco aperto di leccio e farnetto Stato Buono

La coltivazione del castagno in Aspromonte si pensa sia stataintrodotta dai monaci basiliani intorno all’anno mille. Enormiesemplari di castagno sono infatti presenti in particolare intor-no ai luoghi di culto di origine bizantina. Purtroppo le malattiee la scarsa attenzione dell’uomo hanno spesso ridotto le piantein cattivo stato di conservazione.

4 CASTAGNO DI S. GIORGIO DI PIETRA CAPPA

Comune S. Luca Loc. S. Giorgio diPietra Cappa

Lat. e long. 4226262-589960 Altit. 690 mCirc. 6,2 m Alt. 13,30 mAmbiente Castagneto da legno Stato Buono

Sotto la sua chioma, in sintonia con la probabile origine “basi-liana”, si trova un tavolo con piano in marmo ricavato dal pavi-mento della diruta chiesetta del X secolo esistente nei pressi.

Castagno di Polsi

Castagno di Fontanelle

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48 CORBEZZOLO DI SCIDO

Comune Scido Loc. PediaLat. e long. 4232065 582793 Altit. 800vCirc. 1,28 m Alt. 8,5 mAmbiente Bosco chiuso di leccio Stato Ottimo

Localizzato al margine del bosco e di un terrazzo anticamentecoltivato è singolare per parte di una ringhiera di ferro ingloba-ta nel tronco. Nei pressi vi sono dei castagni notevoli fra cuiquello censito con il numero 46.

Corbezzolo

Faggio

53 FAGGIO DI GORNELLE

Comune Reggio Calabria Loc. GornelleLat. e long. 4221677 573269 Altit. 1370 mCirc. 5,1 m Alt. 28 mAmbiente Bosco di faggio Stato Ottimo

Scampato all’ampliamento della S.S. 183 si è ritagliato uno pic-colo spazio tra questa strada, una pista che conduce ai Campidi Reggio ed un ruscello.

50 FAGGI DEL TORRENTE APOSCIPO

Comune Samo Loc. Torrente AposcipoLat. e long. 4219845-583031 Altit. 1308 mCirc. 4,8 m Alt. 18 mAmbiente Bosco chiuso di faggio Stato Mediocre

Si trova, insieme ad altri 10 individui anch’essi notevoli, in untratto suggestivo del torrente Aposcipo. Faggio di Gornelle

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42 FAGGIO DI PALAZZO

Comune Cittanova Loc. PalazzoLat. e long. 4241050-597715 Altit. 908 mCirc. 4,66 m Alt. 27 mAmbiente Bosco chiuso di faggio Stato Buono

Notare la corte di rispetto che il faggio, con la sua ombra, si ècreata. Quasi una soggezione che l’età dell’esemplare imponealle piante più giovani.

22 FAGGIO DI VALLE INFERNALE

Comune S. Luca Loc. Passo di MaitaLat. e long. 4220997-584786 Altit. 1230 mCirc. 3,57 m Alt. 29 mAmbiente Bosco chiuso di faggio Stato Buono

La notevole biodiversità dell’area e il difficile accesso, come bentestimonia il toponimo “Valle Infernale”, fanno sì che qui sianostati trovati molti dei grandi alberi presenti nel Parco Nazionaledell’Aspromonte.

36 FAGU DU SABATU

Comune Molochio Loc. Curcugli (Trepitò)Lat. e long. 4236638-592183 Altit. 1035 mCirc. 5,4 m Alt. 25,50 mAmbiente Bosco chiuso di faggio Stato Pessimo

Rimane in piedi solo metà del tronco ma la circonferenza che,originariamente, era di oltre 7 m fanno capire quanto imponen-te fosse l’esemplare.

Faggio di Palazzo

Faggio di Valle Infernale

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28 FARNETTO DI MONTE CERASIA

Comune Staiti Loc. Monte CerasiaLat. e long. 4206800-587740 Altit. 944 mCirc. 4,5 m Alt. 35 mAmbiente Bosco aperto di farnetto Stato Buono

L’albero si trova a poche centinaia di metri fuori dal perimetrodel Parco. Nei pressi si trova un altro esemplare gigantescoabbattuto dal vento.

19 FARNETTO DI MONTE PERRE

Comune Samo Loc. ZillastroLat. e long. 4217554-587732 Altit. 1177 mCirc. 2,6 m Alt. 33,5 mAmbiente Bosco aperto di farnetto Stato Ottimo

L’albero si rinviene isolato in un impervio canale roccioso.

9 FARNETTO DI ZILLASTRO

Comune Samo Loc. ZillastroLat. e long. 4217447-588025 Altit. 1150 mCirc. 4,85 m Alt. 22,5 mAmbiente Bosco di farnetto rimboschito Stato Ottimo

Nascosto tra i pini calabri e i castagni impiantati nei decenniscorsi, si erge questo poderoso farnetto, testimone della preesi-stente vegetazione.

Farnetto

Farnetto di Zillastro

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32 LECCIO DI PIANO DI PICARU

Comune S. Luca Loc. Piano di PicaruLat. e long. 4220665-585632 Altit. 1289 mCirc. 4,95 m Alt. 35 mAmbiente Bosco chiuso di leccio Stato Ottimo

L’albero si divide in 6 polloni e la ceppaia alla base misura 8 m.Nei pressi si rinvengono altri individui notevoli.

44 ILATRO DI SAN LUCA

Comune S. Luca Loc. BrancatoLat. e long. 4221250-591777 Altit. 460 mCirc. 2,35 m Alt. 9,5 mAmbiente Bosco di leccio e acero trilobo Stato Buono

Si localizza su una superficie molto acclive e dissestata dallefrane ma caratterizzata da elevata biodiversità e dalla presenzadi vari altri alberi vetusti.

34 LECCIO DI SCIDO

Comune Scido Loc. PediaLat. e long. 4231566-582766 Altit. 862 mCirc. 6,5 m Alt. 35 mAmbiente Bosco chiuso di leccio Stato Buono

L’albero, localizzato al bordo di una pista che serve una proprie-tà privata, è testimone dell’antica foresta di leccio sostituita dacastagneti.

Ilatro

Leccio

Leccio di Scido

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12 LECCIO DI MONTE PERRE

Comune Samo Loc. Monte PerreLat. e long. 4217975-587148 Altit. 1241 mCirc. Vedi commento Alt. 13,5 mAmbiente Pascolo alberato Stato Buono

Individuo testimone dell’antica foresta distrutta per far posto aipascoli, dal portamento molto particolare, caratterizzato da unfusto triforcato con circonferenza alla base della ceppaia di 4,25 m.

15 MANDORLO DI GERACE

Comune Gerace Loc. Piazza Tre ChieseLat. e long. 4236816-606600 Altit. 492 mCirc. 2,1 m Alt. 17 mAmbiente Coltivato in ambiente urbano Stato Mediocre

La pianta si trova a fianco della chiesa di San Francesco, pro-babile testimone delle colture praticate negli orti all’interno delborgo. Secondo gli anziani del luogo ha 120 anni.

26 LECCIO DI MAITA

Comune S. Luca Loc. MaitaLat. e long. 4221048-585049 Altit. 1234 mCirc. 3,7 m Alt. 22 mAmbiente Bosco aperto di leccio e farnetto Stato Ottimo

L’albero è localizzato in un’area di difficile accesso, dove è faci-le perdere l’orientamento. Questo territorio, per la sua integritàe naturalità, è meritevole della massima protezione.

Mandorlo

Leccio di piano di Picaru

Foglie di leccio

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25 ONTANO NERO DELLA VALLE INFERNALE

Comune S. Luca Loc. Passo di MaitaLat. e long. 4220983-584854 Altit. 1200 mCirc. 3,2 m Alt. 24,1 mAmbiente Margini di bosco di faggio Stato Buono

L’albero si localizza in un’area di difficile accesso che ha con-sentito la conservazione di diversi alberi monumentali.

41 ONTANO NERO DI PISCOPIO

Comune Roghudi Loc. PiscopioLat. e long. 4219746-579510 Altit. 1377 mCirc. 7 m Alt. 25 mAmbiente Bosco aperto di ontano Stato Buono

Pianta monumentale soprattutto per la circonferenza, la partesommitale si presenta stroncata probabilmente per eventimeteorici.

Ontano nero

Olmo

16 OLMO DI SAN LORENZO

Comune S. Lorenzo Loc. Piazza ReginaMargherita

Lat. e long. 4207550-573209 Altit. 730 mCirc. 5,4 m Alt. 11,6 mAmbiente Coltivato a scopo ornamentale Stato Buono

Famoso per una leggenda che lo vuole impiantato da un cava-liere reduce dalla disfida di Barletta, nel 1503.

Ontano nero

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51 PERASTRO DI CANOVAI

Comune Samo Loc. CanovaiLat. e long. 4220444-583321 Altit. 1367 mCirc. 1,37 m Alt. 18 mAmbiente Bosco aperto Stato Buono

La particolarità di questo albero è data dal fatto che raramenteil perastro raggiunge tali dimensioni in altezza.

33 PINI D’ACATTI

Comune S. Luca Loc. AcattiLat. e long. 4221210-585689 Altit. 1338 mCirc. 6,4 m Alt. 41,3 mAmbiente Pineta naturale Stato Buono

Gruppo di 5 individui, coetanei dei pluricentenari pini di Serrod’Acatti, si presentano con il fusto scavato dal fuoco e dal pre-lievo di teda.

10 PERASTRO DI MONTE PERRE

Comune Samo Loc. Monte PerreLat. e long. 4217929-587167 Altit. 1245 mCirc. 2,3 m Alt. 9,25 mAmbiente Pascolo alberato Comune Mediocre

L’esemplare si presenta in cattiva stato di conservazione per ilpascolo eccessivo e gli incendi ricorrenti che stanno trasforman-do il crinale di Monte Perre in una arida distesa rocciosa.

Perastro

Pino calabro

Perastro

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40 PIOPPI DEL CANADÀ DI ROCCA DI LUPO

Comune Condofuri Loc. Rocca di LupoLat. e long. 4204150-578300 Altit. 110 mCirc. 2,3 m Alt. 25 mAmbiente Ai margini di un coltivo Stato Buono

Queste due piante sono la sparuta testimonianza degli elegantifilari che limitavano i coltivi ai bordi delle fiumare.

18 PINO DI GARIBALDI

Comune S. Eufemia Loc. Serra PetrulliLat. e long. 4228759-575022 Altit. 1200 mCirc. 4,54 m Alt. 33,5 mAmbiente Rimboschimento Stato Buono

È l’albero più famoso dell’Aspromonte dato che la tradizionevuole che ad esso si sia poggiato Garibaldi ferito dall’esercito ita-liano. La pianta è recintata all’interno di un bosco di faggio dovein passato sono state effettuate piantagioni di pino calabro e sitrova a breve distanza dal mausoleo che ricorda l’avvenimento.

Pioppo del Canada

29 PINI DI SERRO D’ACATTI

Comune S. Luca Loc. Serro d’AcattiLat. e long. 4221127-585706 Altit. 1388 mCirc. 4,45 m Alt. 33 mAmbiente Pineta naturale Stato Ottimo

In questo gruppo di 20 individui è presente il pino che probabil-mente può essere considerato il più vecchio dell’Aspromonte. Èstata infatti stimata un’età di 392 anni (stima effettuata nel-l’ambito del Progetto FORMAT dell’Università di Torino e diPavia) ed è paragonabile ai famosi Giganti di Fallistro in Sila.

Pini di serro d’Acatti

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45 PIOPPO NERO DEL LAGO COSTANTINO

Comune S. Luca Loc. Lago CostantinoLat. e long. 4223465-588277 Altit. 420 mCirc. 4,15 m Alt. 36 mAmbiente Bosco ripale Stato Ottimo

In un impluvio presso la riva destra del lago offre ampia e fittaombra agli escursionisti che percorrono il frequentato sentiero.

47 PIOPPI TREMOLI DI BASILICÒ

Comune S. Stefano Loc. BasilicòLat. e long. 4224120-572722 Altit. 1300 mCirc. 2,1 m Alt. 31,5 mAmbiente Coltivati a scopo ornamentale Stato Ottimo

Disposti in due filari di circa 200 individui lungo la scarpatastradale, costituiscono il monumentale ingresso alla casermaforestale di Basilicò.

38 PIOPPO NERO DI GALLICIANÒ

Comune Condofuri Loc. Gallicianò(Caloso)

Lat. e long. 4208100-578096 Altit. 517 mCirc. 4,8 m Alt. 39 mAmbiente Coltivo alberato Stato Buono

Si localizza vicino al paesino in un impluvio all’interno di un’a-rea coltivata, ma probabilmente si tratta di una pianta sponta-nea residua della vegetazione ripale.

Pioppo tremolo

Pioppo nero

Pioppi tremoli di Basilicò

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1 QUERCIA DI CASALNUOVO

Comune Africo Loc. DorgadaLat. e long. 4212951-587654 Altit. 800 mCirc. 3,8 m Alt. 27,3 mAmbiente Pascolo Stato Ottimo

L’esemplare domina solitario una radura che offre ampio pano-rama sulla vallata dell’Aposcipo.

8 QUERCIA DI S. LEO DI AFRICO VECCHIO

Comune Africo Loc. S. LeoLat. e long. 4214514-586554 Altit. 740 mCirc. 3,55 m Alt. 29,1 mAmbiente Pascolo alberato Stato Buono

L’albero offre la sua ombra ad un ovile ubicato al termine dellapista che proviene dalla chiesetta di S. Leo di Africo Vecchio.Nei dintorni, sebbene degradati, si rinvengono lembi dell’anticaforesta di quercia castagnara.

Quercia castagnara

39 PIOPPI TREMOLI DI MARRAPÀ

Comune Reggio Calabria Loc. MarrapàLat. e long. 4222966-570774 Altit. 1196 mCirc. 2,4 m Alt. 37 mAmbiente Impiantate ai margini di coltivi Stato Ottimo

I pioppi di Marrapà, disposti in un filare di circa 100 alberi,sono, analogamente ad altre alberature, una componenteimportante del paesaggio dei piani e dei campi d’Aspromonte.Contribuiscono inoltre al miglioramento delle produzioni agrico-le offrendo rifugio agli insetti utili alle colture, proteggendo lestesse dal vento.

Quercia di San Leo

Pioppi di Marrapà

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31 ROVERE DEL SEDILE

Comune S. Luca Loc. Serro di ScifuLat. e long. 4220591-585992 Altit. 1389 mCirc. 6,5 m Alt. 17,5 mAmbiente Bosco chiuso di rovere e leccio Stato Mediocre

Presenta una curiosa protuberanza alla base simile ad un sedile.

30 ROVERE DI SERRO DI SCIFU

Comune S. Luca Loc. Serro di ScifuLat. e long. 4220620-585960 Altit. 1405 mCirc. 6 m Alt. 18 mAmbiente Bosco chiuso di rovere e leccio Stato Ottimo

L’albero colpisce per l’enorme circonferenza: provate ad abbrac-ciarlo, capirete quanto siamo minuscoli di fronte a questi giganti.

49 QUERCIA DI CROCE DI DIO SIA LODATO

Comune Samo Loc. Croce di Diosia lodato

Lat. e long. 4219373-584650 Altit. 1437 mCirc. 3,18 m Alt. 13 mAmbiente Bosco aperto Stato Buono

La circonferenza è stata misurata a 1,60 m da terra perché labase del tronco è circondata da una serie di vistose “ernie” cheportano la circonferenza a 5 m. Nei dintorni è presente un drap-pello di esemplari “eroici” che si ricollegano ad altri presenti aPuntone Galera. Lungo questo crinale il pascolo e l’incendiohanno frammentato quella che era l’originaria foresta. I rimbo-schimenti di pino calabro, d’altro canto, relegano le querce aidirupi più scoscesi.

Quercia congesta

Rovere meridionale

Rovere meridionale

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13 ROVERE DI PUNTONE GALERA

Comune Samo Loc. Puntone GaleraLat. e long. 4218273-586428 Altit. 1330 mCirc. 2,9 m Alt. 19 mAmbiente Pascolo alberato Stato Buono

L’intensa erosione, il pascolo eccessivo e gli incendi rendono pre-caria la sopravvivenza di questo albero, testimone dell’anticaforesta di rovere che ricopriva i versanti orientali della fasciamontana dell’ Aspromonte

21 ROVERE DI VALLE INFERNALE

Comune S. Luca Loc. Taglio di FerrainaLat. e long. 4220934-584722 Altit. 1250 mCirc. 6,6 m Alt. 23 mAmbiente Bosco faggio e abete Stato Mediocre

A detta dell’operaio forestale Antonio Stranges, profondo cono-scitore del territorio, è la rovere più imponente dell’Aspromonte.Ai piedi di questa regina del bosco fioriscono le peonie (Peoniamascula ssp. russoi).

27 ROVERE DI MAITA

Comune S. Luca Loc. MaitaLat. e long. 4221048-585049 Altit. 1234 mCirc. 4,8 m Alt. 21 mAmbiente Bosco aperto di rovere Stato Buono

L’albero si localizza in un’area dal difficile accesso, il cui topo-nimo, non riportato sulle carte, ci è stato indicato da persone delluogo.

Rovere del Sedile

Rovere di valle Infernale

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6 ROVERE DI FERRAINA

Comune Samo Loc. FerrainaLat. e long. 4219240-583651 Altit. 1365 mCirc. 6,4 m Alt. 22 mAmbiente Bosco aperto di faggio Stato Buono

L’esemplare, che si affaccia sul Torrente Ferraina, è di facileaccesso essendo localizzato lungo la pista sterrata che conducealle cascate di Forgiarelle.

37 TASSI DELLO ZOMARO

Comune Cittanova Loc. Casinodel Granduca

Lat. e long. 4241314-596344 Altit. 965 mCirc. 1,2 m Alt. 13 mAmbiente Coltivata a scopo ornamentale Stato Ottimo

Il tasso è piuttosto raro in Aspromonte, localizzandosi nelle fag-gete più umide. Qui ne troviamo ben 12 esemplari, disposti in 2filari, piantati dal nobile inglese Acton in quello che era il suoparco, da tempo abbandonato. Nel parco sono state impiantatediverse altre specie piante ornamentali, in parte esotiche.

11 ROVERE DI MONTE PERRE

Comune Samo Loc. Monte PerreLat. e long. 4217945-587190 Altit. 1225 mCirc. 5,8 m Alt. 16,2 mAmbiente Pascolo alberato Stato Mediocre

Il dissesto idrogeologico aggravato dal pascolo eccessivo e dagliincendi costituiscono una seria minaccia alla sopravvivenza diquesto come di altri individui monumentali che si rinvengononei dintorni.

Tasso

Rovere di Ferraina

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L’Aspromonte e l’Etna

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Condurre un’indagine sugli alberi monumentali senza poi fornire strumenti per la

loro conoscenza diretta sarebbe stato, per il CAI, in parte inutile. L’uso del GPS

è ormai abbastanza diffuso e consente di localizzare tutti gli alberi dell’indagine ma

per chi non volesse cimentarsi con l’uso di strumenti elettronici abbiamo individua-

to degli alberi accessibili da strade o sentieri e che descriviamo negli itinerari elen-

cati. Alcuni di essi sono corredati da una cartina schematica. I percorsi sono inoltre

rappresentativi delle aree più caratteristiche del Parco. Trattandosi di camminate che

si svolgono in montagna ed in un’area protetta è necessario attenersi ad alcune rego-

le. In sintesi è necessario avere attrezzatura ed abbigliamento idoneo, ma soprattut-

to prudenza e rispetto per l’ambiente. Chi poi volesse approfondire la conoscenza del

territorio può consultare le pubblicazioni elencate in bibliografia e dotarsi di carto-

grafia dei sentieri quale la Carta Escursionistica della Calabria – Aspromonte scala

1:50.000 ed una per le strade come l’Atlante del T.C.I. scala 1:200.000 Può infine farsi

accompagnare dalle guide ufficiali del Parco, figura professionale che racchiude in se

tutte le conoscenze finora descritte. Tutti gli itinerari a piedi sono alla portata di un

normale escursionista, i dislivelli non superano i 300 m. e la durata è di massimo 5

ore (escluso gli spostamenti in auto). Se la durata dell’escursione non è indicata ven-

gono riportati i km potendo calcolare una media di 4 km/ora. L’acqua potabile è sem-

pre presente. La descrizione degli itinerari offre le seguenti informazioni. Tempi: si

riferiscono solo all’andata e si intendono senza soste. Numero dell’albero: indica il

numero della scheda dove sono riportati i dati rilevati. Termini abbreviati: dev. =

deviazione, ds. = destra e sn. = sinistra nel senso di marcia. Nel caso di corsi d’acqua

s’intende in senso idrografico cioè con le spalle alla sorgente.

Avvicinamento in auto: indica l’accesso automobilistico dal centro più vicino o da

un’arteria stradale importante. Infatti a seconda da dove si proviene (nord, sud, ioni-

ca o tirrenica), il punto di partenza dell’itinerario è spesso accessibile con diversi per-

corsi che è bene scegliere consultando una carta stradale.

Gli itinerariA. Picone Chiodo

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Gambarie d’Aspromonte (1300 m.s.l.m.) è il principale centro turistico delmassiccio, facilmente raggiungibile conappena 30 km da Reggio Calabria, con24 km da Bagnara, con 50 km da Melitoe da molti altri centri della costa. È ser-vito tutto l’anno anche da autolinee pub-bliche. Il villaggio, sede dell’Ente Parco,è immerso tra estesi boschi di faggio,abete bianco, pino laricio e castagno. Iboschi sono lo sfondo ideale dell’arbore-

to nato per le strade, i viali, le piazze e igiardini del piccolo centro e del suo com-prensorio. Gli alberi sono stati messi adimora a scopo ornamentale dai villeg-gianti e dagli amministratori e, in qual-che caso, erano preesistenti all’edifica-zione dello stesso villaggio turistico;come abbiamo scritto in altre occasioni,li possiamo considerare dei padroni dicasa, un rassicurante e costante riferi-mento per i visitatori.

1. Abete bianco2. Robinia3. Cipresso della California4. Robinia5. Pino rigido 6. Acero montano7. Faggio8. Tiglio9. Abete di Douglas

10. Leccio11. Cipresso della California12. Abete bianco13. Pino laricio14. Pioppo tremolo15. Cipresso della California16. Abete rosso17. Cipresso della California18. Pero

19. Cipresso della California20. Criptomeria21. Pino laricio22. Catalpa23. Betulla24. Cedro25. Calocedro26. Pino laricio27. Acero montano

Gli alberi ornamentali di GambarieGerardo Pontecorvo

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Nell’arboreto è possibile ammirare speciee varietà di conifere e latifoglie originariedi terre lontane; dunque un’occasioneunica per scoprire alberi che altrimentirimarrebbero “materiale” soltanto per stu-diosi e appassionati di botanica.

Tra le conifere, oltre all’abete bianco edal pino laricio, incontriamo l’abete rossoche è una specie a grande diffusionespontanea in Europa ed in Italia finoall’Appennino settentrionale, e parecchiesemplari di abete di Douglas originariodelle montagne Nordamericane. Il primosi distingue per gli aghi romboidali e glistrobili pendenti, il secondo per gli aghiappiattiti che emanano un penetranteodore di resina.

Altre conifere esotiche rintracciabili,sono i cedri del Libano, dell’Hymalaya e

Veduta aerea di Gambarie

Alberi a Basilicò

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dell’Atlante (spesso ibridi ) nonché il lari-ce giapponese. Sia i cedri che il laricehanno gli aghi riuniti a fascetti ma quellidel larice ingialliscono in autunno primadi cadere.

Si incontrano, piantati a filari e isolati, ilcipresso della California e la tuia orienta-le (Asia) e, ancora, splendidi calocedrispontanei nell’America nord occidentale.È presente pure la criptomeria delGiappone di cui si può ammirare bellissi-

me piante a Gambarie e vicino alla caser-ma forestale di Basilicò. Una vera curiosi-tà è poi costituita dalla sequoia dellaCalifornia nei pressi della stessa caserma.

Le specie di latifoglie sono più nume-rose. Abbiamo già accennato al faggio edal castagno che sono quelle indigene piùimportanti da un punto di vista forestale.Gli esemplari di faggio isolati sono pur-troppo soggetti al “colpo di sole” e quindipossono deperire nel giro di qualche sta-gione.

L’acero montano dalle foglie palmate sidiffonde abbondante come l’ontanonapoletano che però predilige le zone piùumide. Altre specie spontanee o piantatesono il tiglio, il noce, il sorbo degli uccel-latori dai decorativi frutti rossi a grappolo,il nocciolo, l’agrifoglio e il pioppo tremo-lo, l’albero caratteristico dei viali d’acces-so a Gambarie e noto per le piccole fogliearrotondate che rispondono alla minimabrezza con un tipico fruscio. Ricordiamoinfine la robinia e la catalpa (America set-tentrionale) e la Betulla, diffusa in tuttaEuropa, dalla corteccia bianchissima chesi sfalda in foglietti.

Abbiamo scelto un semplice percorsodella durata di circa quindici minuti,descritto nella mappa, che può dare unospaccato significativo della bellezza evarietà degli alberi presenti nel villaggio.Precisiamo che di tali alberi, non avendocaratteri di monumentalita` non e`statacompilata la scheda.

Come tutti i percorsi è soggetto neltempo a probabili modifiche per “la per-dita” di qualche esemplare per causenaturali o umane, oppure per “l’arrivo” dialtre piante messe a dimora e nate spon-taneamente.Criptomeria

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Muovendoci in auto imbocchiamo la S.S.183 verso nord seguendo le indicazioniper S. Eufemia. Dopo circa 6 km un car-tello indica, a ds, la stradina che sale alMausoleo di Garibaldi. Vi invitiamo apercorrere a piedi questo breve tratto.Nel Risorgimento l’Aspromonte fu teatrodello storico scontro del 1862 tra i gari-baldini e l’esercito piemontese. Nellapineta che state attraversando venne feri-to l’eroe dei due mondi ed a ricordo del-l’avvenimento fu eretto un Mausoleo conun piccolo museo. Contraddistinto dauna recinzione esiste ancora il pino(scheda n. 18) al quale Garibaldi si pog-giò ferito o, almeno, così vuole la tradi-zione. Per la visita al Mausoleo rivolgersial Comune di S. Eufemia d’Aspromonte(tel. 0966 961003)

Tornati a Gambarie avrete già notato ilpioppo tremolo (Populus tremula), l’albe-

ro caratteristico dei viali d’accesso al vil-laggio. Localmente è chiamato “candeli-si” (a forma di candela), inconfondibileper l’elegante fusto dalla corteccia chiarae, soprattutto, per le piccole foglie arro-tondate che rispondono alla minima brez-za con un tipico fruscio. Molto belli sonoquelli di Tre Aie, Pirima, Marrapà,

I dintorni di Gambarie

Il Mausoleo di Garibaldi

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Basilicò. Questi ultimi (scheda n. 47)sono a breve distanza dal centro, semprelungo la S.S. 183 ma spostandosi versosud, indicati da un enorme portale chesegna l’ingresso alla caserma forestaleomonima. Tornati indietro e ripresa laS.S. 183 si raggiunge, dopo poche centi-naia di metri, la monumentale fontana diTre Aie ornata da uno splendido abetebianco (scheda n. 17). Continuandolungo la statale si supera il primo bivio (asn conduce a Montalto) e si giunge alsecondo contraddistinto da un crocifisso.Proseguite diritto (a ds si scende a Reggio

Calabria) e dopo poche curve trovate unastradina sulla ds. All’incrocio s’incontra ilfaggio di Gornelle (scheda n. 53). Per ipioppi di Marrapà (scheda n. 39) è neces-sario tornare indietro e seguire per circa 3km la strada per Reggio Cal.

Gli ultimi due alberi monumentali del-l’itinerario sono accessibili con un trattoin auto in parte dissestato, e poi a piedi. Sisegue per 4 km la strada per Montalto edal bivio si devia a ds per la diga del Menta.I successivi 7 km si percorrono su di unastrada larga e ben asfaltata che termina alcantiere. Lasciare l’auto ed individuare lapista sterrata che risale il torrente Mentatenendosi alta sul versante ds. Questotracciato è la strada che seguirà le rive del-l’invaso una volta terminato. Dopo 3,5 km(circa un’ora di passeggiata) la pista rag-giunge il torrente per portarsi sulla rivaopposta. Affacciatevi a monte della pista,proprio dove questa supera il torrente, evedrete l’abete del torrente Menta (sche-da n. 5). Ritorno per l’itinerario dell’anda-ta. Il sentiero per l’ontano nero diPiscopio (scheda n. 41) è ancora più sem-plice e breve (circa 15 minuti). S’incontrainfatti lungo il percorso che conduce allefamose cascate di Maesano (u schicciu daspana). Superare la diga e scendere lungola strada che porta alla confluenza del tor-rente Menta con l’Amendolea. Portarsisulla riva sn dove, in prossimità di unafontanella, riprende una pista. Seguirla insalita sino al bivio dove prendere a ds. Lapista inizia a scendere ma giunti ad unasorgente sulla sn guardare in alto verso ilcostone dove troneggia l’ontano nero.Volendo proseguire i segnali conducono,in circa 20 minuti, alle cascate. Ritornoper l’itinerario dell’andata.Nella vallata del Menta

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L’itinerario, eccetto una breve passeggia-ta, è interamente automobilistico. Risalela vallata della fiumara Amendolea, dovevivono ancora comunità di tradizione cul-turale e linguistica greca, conosciute oggicome Greci di Calabria o grecanici.L’accesso è lungo la S.S. 106 sino aCondofuri Marina per poi deviare versol’interno seguendo la strada che in circa10 km conduce a Condofuri. Prima digiungere al paese seguire la dev. sulla dsche indica Gallicianò. 7 km di strada insalita ma con panorami splendidi portanoa Gallicianò, il borgo che meglio ha con-servato le tradizioni grecaniche. Il piopponero (scheda n. 38) che vi invitiamo avisitare è a pochi passi dal paese ma in uncoltivo privato quindi consigliamo dirivolgervi all’Associazione CUMELCA(0965 641051). La visita si può degna-

mente concludere con un pranzo allaTaverna Greca (0965 727091). Ripresa ladiscesa tornate alla strada per Condofurie verso la costa sino al ponte sulla fiuma-ra Amendolea in corrispondenza di unafontana. Imboccatelo ed in pochi kmsiete al borgo di Amendolea. All’inizio delpaese si trova l’azienda agrituristica “IlBergamotto” (0965 727213) dove potretechiedere informazioni per raggiungere, apiedi, i pioppi del Canadà di rocca diLupo (scheda n. 40). La rocca, che siallunga come una penisola tra la fiumaraAmendolea ed un suo affluente, è benvisibile e basta attraversare la fiumara perraggiungere gli alberi. L’azienda offrealloggio in antichi casolari e potete quin-di terminare la visita dormendo in questoluogo magico, cullati dal suono della fiu-mara e inebriati dall’ottimo vino.

Nella vallata dell’Amendolea

La fiumara Amendolea e il paese abbandonato di Roghudi

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I paesi fantasma di Casalnuovo e di Africo

Casalnuovo ed Africo Vecchio sono duedei tanti paesi abbandonatidell’Aspromonte e sicuramente i più iso-lati. L’itinerario per raggiungerli è infatti

lungo e disagevole ma scoprirete unamontagna dai tratti forti e tragici.

Seguire la S.S. 106 sino a Bova Marinaper poi salire a Bova (14 km). Proseguireverso i Campi di Bova sino ad un bivio inuna pineta subito dopo un casello sulla sn(loc. S. Salvatore); prendere il bivio a snper Roghudi. Dopo un paio di km indiscesa, terminati i tornanti più ripidi(loc. Pedimpiso), imboccare l’ampia stra-da a fondo naturale a ds. Quest’ultimotratto, circa 6 km, è consigliabile sia per-corso a piedi. Ai bivi andare a ds. Dopoun paio di km s’incontra un casello esubito dopo il villaggio di Carrà ove verràrealizzato un Centro Visita del Parco. Albivio successivo andare a sn e dopo 2 kmsi giunge al cimitero di Africo Vecchio. SiSan Leo di Africo Vecchio

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prosegue e poco dopo si giunge alla chie-setta dedicata a San Leo. La pista prose-gue sulla sn e termina in una raduraoccupata da un ovile. Sulla ds, a lato dellarecinzione, v’è la quercia di San Leo(scheda n. 8). Per raggiungereCasalnuovo, dove si trovano gli altri duealberi, tornare alla strada asfaltata e salireai Campi di Bova. Giunti alla pineta albivio andare a sn. Anche ai bivi successi-vi tenersi a sn e la strada, sempre piùmalridotta, termina a Casalnuovo. Pocoprima dell’ingresso al paese, abitato per lopiù nella bella stagione da qualche fami-glia per accudire il bestiame, si stacca ads una pista sterrata che supera un tor-rente con un ponte in cemento e poi salead un pianoro molto panoramico domina-to al centro da una maestosa quercia

castagnara (scheda n. 1). Nei pressi,accostato ad una parete rocciosa, si trovail bagolaro (scheda n. 2). Al ritorno pote-te rinfrancarvi al ristorante della coop.San Leo di Bova (0965 762165 3473046799) che potete contattare ancheper avere guide o essere accompagnati inpulmino.

Chi poi volesse pernottare a Bova puòsperimentare la coinvolgente formula delBed & Breakfast.

A piedi scalzi per voto a San Leo

Casalnuovo

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Il crinale di monte Perre

Itinerario semplice sia per l’accesso auto-mobilistico che per i sentieri. Seguire laS.S. 106 e tra Africo Nuovo e Bianco siincontra la dev. per Samo dove si giungedopo 12 km. A ds della piazza del paeseseguire la strada, in parte asfaltata, chesale verso monte. Superato un caselloforestale s’incontra, sulla sn, una grandecroce e poco dopo termina l’asfalto.Lasciare l’auto. Siete sul crinale che deli-mita la fiumara Butramo dalla fiumaraAposcipo, vallate tra le più selvagge delmassiccio. L’escursione impegnerà percirca un’ora ma vale la pena dedicarvi piùtempo. Al bivio prendere a ds e, dove lapista inizia a scendere, sul costone di sn,noterete il verde scuro della chioma del-l’agrifoglio di Zillastro (scheda n. 14).

Poco avanti il tracciato conduce ad unpiccolo casello. Sempre nel costone di sn,con un po’ di attenzione, si trova il far-netto di Zillastro (scheda n. 9). Se l’avetetrovato vi sarete resi conto di essere pocosotto una pista: è quella che si staccava asn dell’ultimo bivio e conduce a montePerre ed a puntone Galera. A questolungo schienale di rocce frammentatesono eroicamente aggrappate alcuneroveri grandiose. Stupisce soprattutto latenacia con la quale le radici si ancoranoalla roccia. Abbiamo rilevato i dati di duealberi ma molti meritano attenzione.Seguire quindi la pista, al bivio successi-vo a ds, e, poco avanti, nel ripido pendioa ds, affacciata sulla valle della fiumaraButramo, si erge la rovere di monte Perre

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(scheda n. 11). La pista continua tra sali-scendi, supera una sbarra ed incontra larovere di puntone Galera (scheda n. 13)proprio sul bordo ds della pista.Tenendosi sulla pista, che oltre divieneun esile sentiero in alcuni tratti franato,potete proseguire sino alla sella che divi-de la contrada di Croce di Dio sia lodatoda puntone Galera o salire su questacima. In tal caso l’escursione divieneimpegnativa. Ritorno per l’itinerario del-l’andata.

Valle della fiumara La Verde

Puntone Galera

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Itinerario tra i più suggestividell’Aspromonte. Questa vallata, ricoper-ta da una fitta lecceta dalla quale emer-gono curiosi monoliti che fanno da coro-na alla imponente Pietra Cappa, è infattidivenuta una delle mete più frequentate

dai visitatori del Parco. Dalla S.S. 106deviare per San Luca (11 km). Superareil paese imboccando la strada che saleverso la montagna seguendola per circa 8km. Noterete a sn le rupi di Pietra diFebo e di Pietra Castello ed a ds la moletondeggiante di Pietra Cappa. SuperataPietra Lunga, sfiorata dalla strada, s’in-contra, a ds, un’ampia pista sterrata.Lasciate l’auto. Il percorso conduce incirca 3 km al casello di San Giorgio.Prima però di giungere all’abbeveratoio inlocalità Fontanelle ed alla fiumaraFerrullà non potrete fare a meno di nota-re lo splendido castagno sulla ds dellapista (scheda n. 3). Ripreso il cammino eguadato il torrente la pista inizia a salire econ l’ultimo tratto in piano giunge ad uncancello. Superatolo si prende a ds e sieteal casello forestale di S. Giorgio. Il piaz-

I castagni di Pietra Cappa e Polsi

Le rocce di San Pietro e Pietra Cappa

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zale antistante il casello è dominato da uncastagno monumentale (scheda n. 4).Altri castagni solenni si trovano nei pres-si. È consigliabile allungare l’escursionecon il giro della base di Pietra Cappa (1ora circa). Tornati all’auto si può prose-guire per il Santuario della Madonnadella Montagna a Polsi (a sn al bivio ches’incontra dopo un km) ma solo se sieteinformati sulla condizione della pista(alcune volte interrotta da frane) ed aveteun’auto robusta o un fuoristrada. Doveteinfatti percorrere oltre 10 km di stradadissestata. Il castagno monumentale(scheda n. 7) con il suo singolare riparo èproprio all’ingresso del piccolo villaggio.

Polsi

Fedeli a Polsi

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Sono sicuramente i pini calabri più grandid’Aspromonte, rifugiati nell’area più inac-cessibile del massiccio. Da Gambarie sali-re lungo la pessima strada per Montalto.Dopo oltre 16 km si passa sotto la cima esi inizia a scendere verso lo Ionio. Altri 8km e giungete al casello forestale di Cano,in un grande piazzale a 1500 m di quota.Qui lavora Antonio Stranges, massimo

esperto delle montagne nei dintorni econoscitore di ogni albero. Lasciate l’autoe tornare indietro di poche centinaia dimetri. Sulla sn si stacca una pista in leg-gera discesa che transita sotto la gropparocciosa di pietra Mazzulisà. Si entra nelbosco e ci si tiene sul versante oppostoalla valle della fiumara Butramo. I piùesperti possono invece seguire la linea delcrinale, affacciandosi sui dirupi della ValleInfernale ed incontrando roveri monu-mentali. Chi invece seguirà la pista con ivari tornanti la troverà sempre più ingom-bra di piante sino a giungere ai primi pinicalabri (scheda n. 33). Ammirateli insilenzio: hanno superato tempeste edincendi per ben 400 anni. Per raggiunge-re il secondo gruppo di pini (scheda n. 29)bisogna lasciare la pista e salire libera-mente sul crinale, scavalcando alcunigiganti ormai caduti. Ritorno per l’itinera-rio dell’andata.

I pini giganti di Acatti

Pietra Mazzulisà

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L’itinerario segue, tenendosi a 1.000 m. diquota, parte della dorsale tabulare checollega l’Aspromonte alle Serre. Se voleteuna guida rivolgetevi pure al Comune diCittanova (0966 656111), amministrazio-ne particolarmente impegnata nella valo-rizzazione del patrimonio ambientale. Lavisita potrebbe iniziare da questo graziosocentro che ha un forte legame con lamontagna sia per gli splendidi boschi rac-chiusi entro il suo territorio, sia per la suaposizione. Infatti l’attuale S.S. 111 daLocri a Gioia Tauro era la via più transita-ta, sin dall’antichità, per il collegamento

Ionio-Tirreno. Cittanova, posta propriolungo il percorso, costituiva un nodoimportante e toponimi come il Passo delMercante ne conservano il ricordo.Custodisce monumenti interessanti esegnaliamo, per l’attinenza con la nostrameta, la Villa Comunale ed il MuseoNaturalistico. Circa 10 km di comodastrada consentono di giungere al Passo delMercante. Seguire ora a ds le indicazioniper lo Zomaro che si trova dopo 3 km direttilineo. È questo un villaggio residen-ziale frequentato solitamente nella bellastagione dove potete trovare alloggio sia

Lungo la dorsale

Acquitrino ai piani di Marco

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nell’Ostello della Gioventù che in alcunedelle graziose casette tra i faggi.Nonostante tali insediamenti umani l’am-biente consente la presenza del raro gattoselvatico. Posteggiare l’auto presso ilCentro Visita del Parco. Da qui inizia lasegnaletica, realizzata dal Comune, checonduce, in circa mezz’ora, al Casino delGranduca grazie ad una comoda stradellache scende dolcemente nel bosco. Unarecinzione malridotta ed un viale con unduplice filare di abeti segna l’ingressodella villa, che fu proprietà del nobileinglese Acton. Il giardino era splendidocome confermano le molte piante esoti-che. Alle spalle dell’edificio si trova il fila-re di agrifoglio (scheda n. 43) e dietroquesto il cupo filare di tassi (scheda n.37). Tornati al Centro Visita del Parcoseguire ora le indicazioni per il Faggio diPalazzo (scheda n. 42), altro splendidoalbero monumentale raggiungibile La Villa comunale di Cittanova

Faggeta presso il Cippo di Garibaldi

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anch’esso in 30 minuti di passeggiata.Ripresa l’auto si torna alla strada delladorsale percorrendola per circa 12 kmsino al bivio che conduce al villaggio diTrepitò. Deviare pertanto a ds per km 1,7ma porre attenzione sulla sn dove si trovail Fagu du sabatu (scheda n. 36). Anchese malridotto merita una visita. Proseguirepoi sino a Trepitò per godere, dal belvede-re di monte Caturella, lo splendido pano-rama sulla piana di Gioia Tauro. Tornatialla strada principale riprendiamo a per-correrla. Circa 8 km ci separano da Zervò.Prima incontreremo il bivio per Platì conla S.S. 112 ma proseguiamo a ds e siamoal Crocefisso dello Zillastro. A sn la stradacorre rettilinea tra monotoni rimboschi-menti di pino sino ai piani di Zillastro.Qui però un’apertura consente di ammira-re l’innalzarsi di monte Misafumera chesegna il termine dei pianori sommitaliattraversati sinora e l’inizio della dorsalemontuosa culminante al Montalto. Pochikm e si giunge ai piani di Zervò ove è ubi-cato l’ex sanatorio Vittorio Emanuele IIIcostruito all’inizio del secolo scorso maabbandonato dopo pochi anni. Da qual-che tempo è stato affidato alla Comunità

Incontro di don Pierino Gelmini che lo harecuperato per le proprie lodevoli finalità.Unico neo uno zoo con la presenza di ani-mali esotici che nulla ha a che fare conl’Aspromonte. Intorno agli edifici, traaiuole ben curate, svettano alcuni abetimonumentali (scheda n. 35). Consigliamodi fermarsi alla trattoria della signoraColella (tel. 0966964256) per l’ottimacucina e la cordiale ospitalità. Il rientropuò avvenire tornando al Crocefisso delloZillastro e proseguendo a sn verso OppidoMamertina.

L’ex sanatorio a Zervò

Ruscello nel territorio di Oppido

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Percorso molto semplice che si svolge lungopiste forestali. Si attraversa una tra le fore-ste più integre dell’Aspromonte e si rag-giunge un belvedere che spazia su un caoti-co labirinto di valloni incisi dalle fiumare. Èinvece disagevole e lungo l’avvicinamentoin auto. Da Gambarie seguire la strada perMontalto per circa 15 km. fino ad un caso-lare abbandonato sulla ds in un piccolo pia-

La foresta di Ferraina

Particolare della cascata ForgiarelleCroce di Dio sia lodato

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noro in località Materazzelli. Qui si staccauna strada chiusa da una sbarra il cui acces-so è consentito previa autorizzazione dell’exParco Nazionale della Calabria (0965369022). Dopo circa 10 km di discesa sigiunge al casello forestale di Canovai.Lasciare l’auto. Superare il torrenteFerraina che scorre di fronte alla costruzio-ne. Qui inizia una pista sterrata che saledolcemente tra splendidi ed integri boschidi abeti, faggi, querce e pini. Incontrereteun solo bivio: proseguire a ds. Poco avantisembra che la pista termini su di un dirupoma curva a ds ed entra in una pineta direcente impianto. Si guadagna quindi il pia-noro di Croce di Dio sia lodato che si affac-cia su di un paesaggio selvaggio e grandioso:un dedalo di fiumare che scorre incassatoin brulli e ripidi costoni. È proprio qui ches’appigliano contorti esemplari di querce.La quercia congesta (scheda n. 49) è pocoavanti, facilmente riconoscibile per le visto-se ernie alla base del tronco. Tornati alcasello individuate la pista che procedequasi parallela alla strada che scende daMaterazzelli. Appena imboccata, in unacurva, s’incontra sulla ds, un perastro note-vole (scheda n. 51). Dopo 1 km la si lasciaper un’altra pista a sn che continua a segui-re dall’alto il corso del torrente Ferraina.Meno di un km e, all’incrocio con una pistaabbandonata che scende al torrente, incon-trerete sulla sn il rovere di Ferraina (schedan. 6). Potete concludere l’escursione con lavisita delle cascate di Forgiarelle (circaun’ora) che si trovano più avanti. La pistaprincipale termina ad una piazzola ed iniziail sentiero tra i terrazzamenti e poi lungo unesposto costone roccioso. Giunti alle casca-te rivedrete il rilievo di Croce di Dio sialodato. Ritorno per l’itinerario dell’andata.

Cascata Forgiarelle

Piani di Materazzelli

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Il faggio di Palazzo

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1. – PremessaGli alberi monumentali, per le loro intrinseche caratteristiche, presentano valenze di tipo ambien-tale, paesaggistico, culturale. Per la maestosità che li contraddistingue, essi possono essere assimi-lati a veri e propri “monumenti naturali” e pertanto sono bisognevoli di protezione attiva oltre che diadeguata valorizzazione integrata, anche e soprattutto a fini ecoturistici. Infatti, tenuto conto dellapropria “multifunzionalità” territoriale, gli alberi monumentali presentano un grande potenziale intermini di capacità di attrazione, tale da renderli (unitamente al territorio circostante opportuna-mente valorizzato) dei “punti di forza” per qualunque piano di sviluppo razionale e sostenibile del-l’area in cui ricadono. Tali monumenti arborei, una volta individuati, dovrebbero dunque essere tute-lati al pari dei monumenti storici ed artistici.

2. – Strumenti legislativi per la tutela degli alberi monumentaliIn quasi tutto il mondo gli alberi di dimensioni colossali, di età plurisecolare e di portamento maestosorientrano addirittura tra i monumenti nazionali. In alcune regioni italiane (Emilia Romagna, Piemonte,Toscana, Lombardia, Umbria, Lazio, Marche, Basilicata, Liguria, Val d’Aosta), la legislazione protezio-nistica nei confronti dei grandi alberi è già consolidata, grazie anche ad una specifica indagine condot-ta nel 1982 su tutto il territorio nazionale dal Corpo Forestale dello Stato e finalizzata alla ricerca deglielementi arborei più ragguardevoli per quanto concerne gli aspetti biologici, fisionomici e culturali.La tutela degli alberi o dei boschi monumentali, al di là del loro insistere o meno su aree protette,necessita di precise definizioni nonché di regolamenti di attuazione per quelle azioni atte alla pro-tezione e valorizzazione degli stessi. Nel rispetto della definizione di bosco e di superficie boscata (intesi come “bellezza naturale” ai sensidella L. 431/’85) è proponibile, ad esempio, la seguente articolazione legislativa a livello di Comune,di Comunità Montana, di Consorzio di Bonifica, di Consorzio forestale, di Area Protetta, diProvincia o di Regione: “Tutela degli Alberi monumentali.Sono sottoposti a tutela dell’ente tutti gli alberi monumentali presenti sul territorio (…).Vengonoconsiderati monumentali gli alberi ed i gruppi di alberi che per ragguardevole dimensione, rarità,specie o altre peculiarità (naturalistiche, paesaggistiche, storico-culturali) siano appositamente cen-siti e catalogati dall’ente. L’ente istituisce apposita commissione scientifica col compito di indivi-duare gli alberi monumentali e successivamente aggiornarne la catalogazione prevista e pianificaregli idonei interventi di salvaguardia e valorizzazione. Al fine di conservare gli alberi ed i boschi monu-mentali, se ne vieta tassativamente l’abbattimento, pena l’applicazione delle sanzioni previste (…),salvo in caso di specifica necessità e previa specifica autorizzazione dell’ente.”Nel vasto contesto programmatorio della provincia di Reggio Calabria, potrebbe essere inserito unapposito e specifico strumento legislativo, nell’ambito del Piano Territoriale di CoordinamentoProvinciale (PTCP). Quest’ultimo, strumento di governo a tutti gli effetti, di per sé determinerà lapianificazione dello sviluppo complessivo del territorio, dal punto di vista ambientale, urbanistico,rurale, produttivo, culturale, ecc. orientando necessariamente ed obbligatoriamente la pianificazio-ne territoriale dei livelli sub-provinciali (Comunità Montane, Comuni, Enti vari) a partire dagli indi-rizzi regionali. Ciò, anche alla luce della recente Legge Urbanistica della Calabria (L. R. 19/02), laquale prevede finalmente, sia a livello provinciale che a livello dei piani urbanistici comunali, spe-cifiche modalità di pianificazione, limitazioni e vincoli finalizzati alla salvaguardia e alla valorizzazio-ne delle aree a vocazione agroforestale (Artt. nn. 20, 50, 51).Recentemente, a livello regionale, la Quarta Commissione ha approvato la Proposta di Legge“Norme per l’istituzione e la gestione delle aree protette nella Regione Calabria” (P.L. n. 283/5^

STRUMENTI LEGISLATIVI E DI VALORIZZAZIONE INTEGRATA

PER GLI ALBERI MONUMENTALI

(R. Privitera)

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Legislatura) nell’ambito del disegno di legge “Legge quadro sulle aree protette della RegioneCalabria” (D. L. n. 380/6^ Legislatura). In particolare, al Titolo IV (Parchi pubblici urbani, giardinibotanici e monumenti naturali) l’Art. 28 – Monumenti naturali regionali, prevede che “Elementi dilimitata estensione aventi interesse naturalistico e paesaggistico, esemplari di particolare pregio dipiante, formazioni geologiche e simili, possono essere sottoposti a vincolo teso alla conservazione etutela e classificati come Monumenti naturali (…)”, ed inoltre che “La Regione Calabria protegge lealberature ed i singoli alberi di particolare interesse naturalistico, paesaggistico e biogenetico (…)”.Tali definizioni, contribuiscono notevolmente alla tutela ed al riconoscimento degli alberi monu-mentali quali veri e propri monumenti da salvaguardare.

3. – Politiche comunitarie e strumenti finanziariI finanziamenti comunitari utilizzabili per garantire la tutela e quindi il pieno riconoscimento deglialberi monumentali, quali vera e propria risorsa ambientale da valorizzare, possono essere attinti siadirettamente da specifiche Iniziative Comunitarie (Interreg, Life, Leader) sia dal POR Calabria(Piano Operativo Regionale), da parte degli enti pubblici oppure da parte di soggetti privati, secon-do quote di cofinanziamento e tipologie di spesa differenti, a seconda delle caratteristiche dell’in-tervento o dell’iniziativa (di tipo materiale o immateriale) da realizzare. Le politiche comunitarie ambientali e di sviluppo rurale in genere (nell’ambito di “Agenda 2000”),tendono oggi a prediligere i cosiddetti Piani Integrati. L’approccio “integrato” alla programmazionedegli interventi sul territorio, dovrebbe garantire, sulla base della concertazione territoriale tra entipubblici e soggetti privati, il raggiungimento degli obiettivi prefissati, senza spreco di risorse e soprat-tutto senza duplicazione di interventi. Da ciò è scaturita la creazione di strumenti di gestione e pia-nificazione quali i Piani Integrati Territoriali (PIT), i Piani Integrati Strategici (PIS) ed in campo agri-colo e rurale in genere dei Piani Integrati di filiera (PIF) e dei Piani Integrati per le Aree Rurali(PIAR). I contributi finanziari vengono cioè elargiti solo se le singole proposte progettuali (degli entio dei privati) si collocano all’interno di più ampi programmi integrati e di filiera. A ciò si aggiunga lavalenza strategica e molto spesso prioritaria attribuita dall’UE, e quindi dalle Regioni, agli interven-ti tesi alla tutela o alla valorizzazione del bene ambiente, inteso quale sistema trasversale a tutte lecomponenti produttive e sociali (turismo, agricoltura, cultura, ecc.).La multivalenza dell’albero monumentale, consente di poter utilizzare le risorse finanziarie previstenell’ambito del POR dal punto di vista ambientale, culturale, turistico anche prevedendo l’otteni-mento di finanziamenti nell’ambito dei vari PIT attivati (e/o dei relativi PIAR), del PIS regionale“Rete Ecologica” o magari nell’ambito di un ipotetico (e proponibile) specifico PIS “Alberi monu-mentali” a regìa provinciale o regionale. Differenti sono dunque gli Assi e le Misure del POR dapoter utilizzare per la “valorizzazione integrata” degli alberi monumentali. Per valorizzazione, s’inten-de l’insieme di azioni necessarie a conoscere un bene e a renderlo fruibile o funzionale a determi-nati scopi. Nel nostro caso, la valorizzazione di un albero monumentale, potrebbe ad esempio con-cretizzarsi in interventi consistenti nella costituzione di appositi itinerari, o nel ripristino di specifi-ci sentieri, che conducano presso piccoli centri visita o aree attrezzate con valenza didattica in cuitrovasi l’albero, da ammirare e soprattutto da conoscere, magari tramite apposita tabellonistica illu-strativa a carattere divulgativo o scientifico.L’ASSE I – Risorse naturali , finanziato con fondi FEOGA (Fondo Europeo di Orientamento eGaranzia in Agricoltura) e FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), presenta due misure dapoter utilizzare direttamente o tramite programmi integrati.La Misura 1.5 – Sistemi naturali (FEOGA), gestita dall’Assessorato Foreste, Forestazione eProtezione Civile, prevede interventi a favore dei “boschi monumentali e da seme”. Si legge nel“Bando 2” inerente la forestazione (BURC del 25 /01/03): “Boschi monumentali e da seme”. I boschi devono essere considerati come un bene comune, indispensabile, superiore, patrimoniocollettivo di tutti, utilizzabile da tutti, ma allo stesso tempo, devono essere visti come una risorsalimitata, distruttibile ed esauribile, se maldestramente utilizzata. Per boschi monumentali si devo-no intendere i boschi costituiti da grandi alberi. I boschi monumentali dovranno essere censiti allo

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scopo di conservarli a fini ambientali, paesaggistici, turistici, didattici e riproduttivi-conservativi. Ilfine ambientale si baserà sulla conservazione di boschi (misti o puri) anche all’interno di aziendeagrarie o forestali, pubbliche e/o private. Lo scopo paesaggistico sarà dato dal mantenimento digruppi di grandi alberi all’interno di zone ben definite all’interno di aziende agrarie o forestali, pub-bliche e/o private. La finalità didattica consisterà nel far conoscere alle popolazioni, alle persone ditutte le fasce d’età, in generale e specificatamente agli studenti delle varie scuole, la botanica e lanatura.L’aspetto riproduttivo-conservativo sarà incentrato nella raccolta e conservazione del seme deimigliori fenotipi e dalla funzione antierosiva del bosco stesso. Il censimento dei boschi monumen-tali assolverà, in altri termini, ad una funzione protettiva, paesaggistica, estetica, ricreativa, conser-vativa, riproduttiva e produttiva, in quanto gli alberi che costituiscono i boschi, che compongono ilpaesaggio devono essere intesi come patrimonio universale di tutte le persone.”La valorizzazione degli alberi monumentali, si può concretizzare attraverso diversi tipi di interventiprevisti dalla Misura 1.5. quali ad esempio: opere di sentieristica e fruizione dell’ambiente, realiz-zazione, manutenzione e promozione dei percorsi e degli itinerari naturalistici (anche rivolti ai dis-abili: Rainbow ways), la valorizzazione con tecniche rinaturalizzanti a fini ricreativi ed educativi, ilrestauro conservativo di aree e siti di particolare interesse ambientale e paesaggistico, il manteni-mento e ripristino del paesaggio rurale tradizionale, il mantenimento e miglioramento della diversi-tà e della variabilità ecologica e tradizionale.La Misura 1.10 – Rete Ecologica (FESR), gestita dall’Assessorato Ambiente e Beni ambientali,Tutela delle coste, Parchi ed Aree Protette, contempla, tra l’altro, anche la tutela degli alberi monu-mentali. Questi, vengono citati tra gli obiettivi previsti (BURC del 10/12/02) nell’ambito degli indi-rizzi delle attività da avviare tramite la Rete Ecologica Regionale (RER): “la tutela della biodiversitàdella flora mediterranea, dei filari, delle alberature, degli arbusti e degli alberi monumentali. (…)“LaMisura 1.10 (che consente ad esempio la realizzazione di centri visita, piccole strutture museali,sentieristica, aree attrezzate a fini ricreativi) può essere utilizzata oltre che all’interno del PIS “ReteEcologica” a regìa regionale (ovvero prioritariamente per le aree appartenenti alla RER, ovvero all’in-terno di aree SIC e ZPS), anche all’interno dei PIT.La valenza culturale degli alberi monumentali, ci permette di ipotizzare, al fine della loro piena econcreta valorizzazione, anche l’utilizzo dell’ASSE II – Risorse culturali (FESR) gestitodall’Assessorato Pubblica Istruzione, Cultura e Beni Culturali. Considerare l’albero monumentalequale bene paesaggistico e culturale, in quanto singola entità o perchè collocato in un contesto loca-le da valorizzare e da sviluppare dal punto di vista paesaggistico-culturale, potrebbe consentire di uti-lizzare due delle tre misure dell’ASSE II (BURC del 27/12/02), in quanto orientate alla tutela deibeni paesaggistici ed ambientali indicati dal D. Lgs. N. 490 del 29/10/1999.Ulteriori interventi a favore della valorizzazione integrata degli alberi monumentali potranno essererealizzati tramite l’iniziativa comunitaria LEADER PLUS, presso le aree rurali in cui i Gruppi diAzione Locale (G.A.L.) selezionati dall’Assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca svilupperanno spe-cifici Piani di Azione Locale (P.A.L.). Questi, mirano allo sviluppo rurale in genere, secondo diversifiloni tematici di base, tra i quali quelli inerenti il turismo rurale e l’ambiente. Tra le varie strategiedell’iniziativa comunitaria, la quale punta sostanzialmente a sostenere la formazione di sistemi loca-li di sviluppo, vengono anche contemplate quelle riferite alla valorizzazione delle risorse naturaliendogene, alla conservazione e tutela delle risorse ambientali e paesaggistiche. Col medesimo intento, e sulla scorta del nuovo concetto di agricoltura multifunzionale (agricolturaed ambiente, servizi, turismo), potrebbero essere considerate le misure dell’ASSE IV – Sistemi loca-li di sviluppo, parte FEOGA, destinate all’agriturismo ed al turismo rurale in genere, gestitedall’Assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca. Le specifiche misure, presentano tra i vari obiettivi pre-fissati, l’aumento dell’attrazione turistica delle aree rurali, proprio tramite la valorizzazione del patri-monio naturale, archeologico, culturale (BURC del 17 maggio 2001). Si riporta di seguito la tabella riassuntiva degli strumenti finanziari precedentemente descritti per lavalorizzazione integrata degli alberi monumentali.

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4. – ConclusioniTale excursus, certamente parziale, sulle ipotesi di tutela e sulle possibilità di finanziamento per lavalorizzazione degli alberi monumentali, mette in risalto la moderna tendenza da parte del legisla-tore, nel considerare l’attività turistica complementare alla ruralità e soprattutto nel voler tutelaree proteggere in maniera attiva i beni ambientali in genere. Ciò tramite interventi integrati che neconsentano la loro piena utilizzazione, con risvolti positivi sia dal punto di vista della salvaguardiae conservazione del territorio sia per i ritorni economici (profit ambientale) a favore delle popola-zioni rurali. Agli Enti pubblici (ma anche ai soggetti privati) spetta ora il compito di attivarsi per usufruire delleopportunità esistenti.

1.5.a – Rimboschimenti e recupero dei boschi e dei siti degradati1.5.c – Tutela ambientale nel-contesto della conservazione-delle risorse naturali1.10.a - Risorse naturali edam-bientali1.10.b - Valorizzazione e svi-luppo delle attività economi-che non agricole

1.5 – Sistemi Naturali

1.10 – Rete Ecologica

2.3 – Sviluppo delle ini-ziative imprenditorialinel settore dei beni cul-turali

4.10-Diversificazionedelle attività agricole

4.11-Rinnovamento emiglioramento dei villag-gi a protezione e tuteladel patrimonio rurale

4.12-Incentivazione diattività turistiche artigia-nali

1.3 - Valorizzazione dellerisorse locali

Tutela e riqualificazione delterritorio

Gestione e valorizzazione delpatrimonio locale

I – Risorse naturaliPOR Calabria

POR Calabria

POR Calabria

LEADER Plus

II– Risorse culturali

IV – Sistemi locali disviluppo

I-Strategie territoria-li di sviluppo ruraledi carattere integratoe pilota

2.3.a-Recupero, valorizzazionee gestione del patrimonioarchitettonico e paesaggisticoprivato di interesse pubblico2.3.b–Sostegno alle iniziativeimprenditoriali per la valorizza-zione e la gestione del patrimo-nio culturale pubblico e privatoregionale

STRUMENTO ASSE MISURA AZIONE

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La nostra indagine non può essere di certo esaustiva. Alcuni patriarchi, in considerazio-ne della vastità del territorio e la sua natura impervia, saranno sicuramente sfuggiti alcensimento, ma ciò non modifica la sostanzialità dei dati. All’inizio del nostro studio ciaspettavamo infatti un maggior numero di grandi alberi, lo svolgimento della ricerca haperò confermato come le foreste aspromontane, analogamente a quelle appenniniche,siano state intensamente utilizzate nel passato; anche nei luoghi più reconditi è possibi-le osservare i danni di tagli devastanti. I grandi alberi superstiti sono soprattutto indivi-dui rilasciati dagli interventi passati ed anche per questo assumono maggior rilievo nellaconservazione della biodiversità.Le fonti confermano ciò ma ci dobbiamo limitare a citarne alcune. «Da Regium proviene un’attestazione riguardo la presenza del collegio dei dendrofori: ungruppo di donne, non è da escludere liberte, che viene onorato per aver beneficiato talecollegio nel 79 d. C.» (AA.VV., Storia della Calabria Antica Età Italica e Romana,Gangemi Ed., Roma RC, 1994, pag 659). Il dendrophòros (greco) = portatore di piantein cerimonie religiose ed i dendrofori (latino) = membri di una associazione del culto diCibele e di Attis sono gli antenati di quelle che, nel medioevo, furono le corporazioni. Dionigi d’Alicarnasso nel I sec. d. C. descrive i boschi della Calabria come «pieni dipiante servibili alla costruzione di case, vani ed ogni altro uso. Crescono ivi in gran copia,altissimi abeti e pioppi, ampi faggi, frassini ed ogni sorta di alberi. Sono essi fecondatidalle acque che vi scorrono e fanno sulle montagne con i rami continua ombra. Gli albe-ri prossimi ai fiumi ed al mare, tagliati interi dai ceppi e recati ai vicini porti, materialiforniscono a tutta l’Italia per navi e case: quelli che ne sono lontani, ridotti in pezzi e por-tati sulle spalle degli uomini, somministrano remi, pertiche, domestici utensili e mezzid’ogni arme; ed infine la più gran parte che è la più folta, vien destinata a dar la resinachiamata bruzia che è la più odorosa di quante io conosca». (Frammenti, libro XX, par.V e VI). Bisogna accennare anche ad uno dei santi più venerati dell’Aspromonte, SanLeo, che la tradizione raffigura con in mano un’accetta e nell’altra una palla di pece. L’incidenza di tale utilizzazione, nei secoli successivi, fu tuttavia relativa grazie ad unapopolazione esigua, ma con l’intenso sviluppo demografico avviato nel Cinquecento eripreso nel Settecento, aumentò considerevolmente. Si scatenò quindi la tragica lottadell’uomo con la natura alla ricerca di terre da utilizzare per le colture ed il pascolo. Unacorona d’insediamenti cinse i fianchi dell’Aspromonte ed intorno ad essi le popolazionieliminarono drasticamente i boschi innescando un dissesto idrogeologico che fu poiacuito dai tagli industriali condotti nel secondo dopoguerra. Ed anche nei luoghi piùinaccessibili come la Valle Infernale abbiamo trovato resti di teleferiche per il trasportodel legname e croci in ricordo di giovani taglialegna periti in tragici incidenti. Ma inassenza di tracce materiali è la toponomastica delle vecchie carte I.G.M. a serbarememoria dell’attività d’esbosco con le numerose segherie (di Pantanizza, di Cùfalo, ecc.);con i villaggi di boscaioli (Canovai, De Leo); con i tagli (di Pollia, di Ferraina); con oro-

CONSIDERAZIONI FINALI

(A Picone Chiodo)

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nimi di origine greca come Scilavendrà (tagliatore di alberi) o, peggio, dei ricorrentiincendi (Piano Abbruschiato). Solo negli anni ‘60 iniziò un’intensa attività di rimboschi-mento per opera dell’autorità forestale che rallentò i gravi fenomeni franosi ma non poseattenzione alla ricostituzione dell’ambiente naturale originario. Infine, e siamo ai giorninostri, la creazione del Parco Nazionale d’Aspromonte è il tentativo di tutelare una partedi tale massiccio e quindi le emergenze floristiche che esso racchiude. Gli alberi indivi-duati sono quindi degli eroici superstiti alla scure nei quali la natura ha scritto la sua sto-ria e che meritano ogni nostra attenzione e rispetto. È da segnalare infine che l’attualeperimetrazione del Parco esclude alcune aree con grandi alberi (per esempio il farnettodi monte Cerasia è fuori dai confini del Parco per poche centinaia di metri) e di ciò sidovrà tenere conto nel dibattito relativo alla riperimetrazione. Auspichiamo pertanto chel’Ente Parco intervenga con appropriate azioni di tutela come già avvenuto in diverseregioni. A tal proposito rimandiamo al capitolo ove vengono indicati gli opportuni stru-menti legislativi.

San Leo di Bova. Disegno di Loredana La Capria, tratto da Profili di santi nellaCalabria bizantina, a cura di D. Minuto, Giuseppe Pontari editore, ReggioCalabria 2002

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– Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria, Monumenti naturali, ReggioCalabria, 2000.

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BIBLIOGRAFIA

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Il Club Alpino Italiano nasce sul Monviso nel 1863,dall’idea di Quintino Sella, scienziato e statista, che volle

riunire gli alpinisti italiani in un club. Ma gli anni non cipesano perché sono serviti a costituire il nostro ricchissimo

bagaglio d’esperienza. Un patrimonio fatto di puro volontariato.Oggi il CAI conta quasi 800 tra sezioni e sottosezioni presenti in tutte le regionid’Italia con oltre 300.000 soci. Realizza iniziative in molti campi con attenzioneagli aspetti tecnici, naturalistici e culturali delle montagne. Alcuni praticano l’ar-rampicata, i più preferiscono l’escursionismo, ma tutti con il comune intento dientrare a contatto con la natura, apprezzandone gli aspetti più significativi.Per far parte del CAI non sono quindi necessarie doti particolari ma spirito digruppo, voglia di camminare e un pizzico di sana curiosità.Vieni con noi: ti aiuteremo a conoscere e ad apprezzare la natura e la montagna.

La Sezione Aspromonte

Fondata nel 1932 a Reggio Calabria, la Sezione Aspromonte gode oggi di ottimasalute e vanta un alto numero di giovani tra i propri iscritti. Possiede una strut-tura a Gambarie (1310 m s.l.m.).Ogni anno organizza circa 30 escursioni con la partecipazione di oltre mille trasoci e simpatizzanti. Anche l’impegno culturale e formativo è intenso con cicli diconferenze su temi vicini alla civiltà montana ed orientati alla conoscenza del ter-ritorio.L’attività principale è l’escursionismo, favorito da una montagna comel’Aspromonte che consente itinerari in ogni stagione. Ma anche l’Etna, il Pollino,la Sila e le Isole Eolie per i fine settimana, e poi le Alpi, per trekking di più gior-ni. E dovunque tanti amici che ci guidano sulle loro montagne.Il CAI non è solo escursionismo: i soci possono praticare lo sci, la speleologia,l’arrampicata, la mountain bike, il torrentismo e tante altre attività. I motivi percamminare insieme sono davvero tanti!

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40.000 ettari di rigogliosa superficie boschiva ed una grande e rara varietà di spe-cie animali e vegetali (l’aquila del Bonelli e la gigantesca felce tropicaleWoodwardia radicans, tanto per citarne alcune) costituiscono il patrimonio naturali-stico del Parco Nazionale d’Aspromonte.

Non solo i monumenti naturali (pietre, fiumare e cascate) ed i boschi ma anchele numerose testimonianze storiche, artistiche e culturali caratterizzano questoestremo lembo della penisola italiana, che si estende per 76.178 ettari ed abbrac-cia 37 Comuni della Provincia di Reggio Calabria: Africo, Antonimina, Bagaladi,Bova, Bruzzano Zeffirio, Canolo, Cardeto, Careri, Ciminà, Cinquefrondi, Cittanova,Condofuri, Cosoleto, Delianuova, Gerace, Mammola, Molochio, OppidoMamertina, Palizzi, Platì, Reggio Calabria, Roccaforte del Greco, Roghudi, Samo,San Giorgio Morgeto, San Lorenzo, San Luca, San Roberto, Santa Cristinad’Aspromonte, Sant’Agata del Bianco, Sant’Eufemia d’Aspromonte, SantoStefano in Aspromonte, Scido, Scilla, Sinopoli, Staiti, Varapodio.

L’ istituzione del Parco Nazionale dell’Aspromonte – prevista da una legge del1989 con la quale si intendeva creare una grande area protetta autonoma dalParco Nazionale della Calabria (istituito nel 1968) e formalizzata dalla LeggeQuadro sulle aree protette (n. 394 del 1991) – si realizzò concretamente nel 1994quando, con D.P.R. datato 14 gennaio, fu istituito l’Ente Parco Nazionaled’Aspromonte.

L’Ente è quindi responsabile della salvaguardia di un patrimonio ambientaleche è straordinario sotto l’aspetto biologico, naturalistico e scientifico, nonchédella sua valorizzazione attraverso azioni di educazione e di promozione cultura-le nei confronti della collettività affinché il rispetto e la difesa della natura diven-tino elemento costante della vita di tutti. L’Ente Parco Nazionale d’Aspromonte èinoltre attivamente impegnato sul terreno della promozione di uno sviluppo loca-le sostenibile, in grado di assicurare alle popolazioni locali condizioni di vitabasate su forme d’economia moderne ma rispettose delle tradizioni più sane egenuine.

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ENTE PARCO NAZIONALE D’ASPROMONTE

Via Aurora89050 S. Stefano in Aspromonte - Gambarie RC

Tel 0965 743060 fax 0965 [email protected] www.parcoaspromonte.it

CLUB ALPINO ITALIANO

sezione Aspromontewww.caireggio.it [email protected]

sede sociale: via S. Francesco da Paola, 106apertura giovedì ore 21(eccetto i mesi estivi)

recapito postale: c. p. 60 - 89100 Reggio Calabria RCtel. fax e segreteria 0965 898295

CORPO FORESTALE DELLO STATO

Tel. 0965591800Guide Ufficiali del Parco tel. 3483368079

Soccorso alpino tel. 3474872105

DIP. STAFA FACOLTÀ DI AGRARIA

UNIVERSITÀ MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA

Feo di Vito89060 Reggio Calabria RC