Anno 2 Lez 11 1 - UNITRE Torino

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1 Anno 2 Lez 11

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22 giugno 1672, il generale Catalano Alfieri si è appena accasciato per un improvviso malore.

Alfieri è il capo militare delle truppe ducali sabaude in procinto di attaccare la repubblica di

Genova, con l'obiettivo di conquistare Altare e Savona, per poi dirigersi verso Genova.

I reggimenti si trovano ancora in Piemonte e sono stati fermati in attesa che il generale si

rimetta. Questo improvviso malore sta mandando in fumo un'accurata e meticolosa

preparazione, in corso da mesi, per l'invasione della Repubblica di Genova.

Questi sono tempi in cui il malore di un capo militare può pregiudicare anche l’andamento di

un piano operativo di attacco!

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Ecco però che, mentre tra le truppe ferme regna l’incertezza, entra nell’accampamento

piemontese un frate del luogo, proveniente dai territori della Repubblica Genovese eludendo

le pattuglie di guardia del confine. Porta una notizia importantissima: la congiura ordita in

Genova per appoggiare l'invasione sabauda della Repubblica è stata scoperta! L’intera

operazione è compromessa, anzi, capovolta.

E’ stata la buona sorte che ha fatto interrompere un’operazione che avrebbe potuto portare ad

un grave insuccesso militare?

Ma andiamo per gradi, e vedismo cosa è successo prima di questo fatto?

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Che tra la Repubblica di Genova, detta la Superba, ed i non meno permalosi duchi di Savoia,

quali Carlo Emanuele I ed ora Carlo Emanuele II, non corra buon sangue è un fatto scontato.

Già mezzo secolo prima, nel 1625, si era visto un tentativo di invasione della Repubblica di

Genova da parte dei Sabaudi, sotto la guida di Carlo Emanuele I e con l'aiuto dei Francesi alla

cui guida c’era il Lesdiguières. Allora si era preso come pretesto l'incerta sovranità sul paese di

Zuccarello, regolata da antiche sentenze di origine medievale.

Quel tentativo, fallito, aveva lasciato una situazione politico-geografica irrisolta, a complicare

la quale contribuiva la presenza in Liguria di tre feudi imperiali.

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I motivi di attrito tra Liguri e Piemontesi hanno però ragioni politiche ed economiche, in

particolare quella della "strada del sale": una difficoltà secolare per l’accesso al mare dal

Ducato come si può vedere dalla mappa.

Il Ducato Sabaudo ha due possedimenti sul mare: la contea di Nizza e il principato di Oneglia

e non nasconde il desiderio di ampliare la fascia costiera sul mare di Genova.

Il passaggio da Cuneo verso Nizza attraverso la val Roja e il colle di Tenda, nonostante i

miglioramenti stradali fatti fare da Carlo Emanuele II, richiede 6 giorni. Periodo che si allunga

notevolmente nella stagione invernale, nonostante la presenza di centinaia di uomini addetti

alla spalatura della neve.

La strada da Mondovì verso Oneglia (enclave savoiarda nel territorio della repubblica di

Genova) è decisamente più conveniente, passa però in parte attraverso il territorio di Genova,

che rifiuta di cedere un corridoio. Questo passaggio, attraverso la val Tanaro e il col di Nava,

avrebbe richiesto solo 3 giorni, con riduzione notevole anche dei costi di manutenzione

stradale, oltre che di trasporto.

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Le controversie sono favorite e complicate sia dalla tortuosità ed incertezza del confine tra

Ducato e Repubblica sia dalla animosità dei confinanti. Questi contrasti tra gli abitanti del

confine sono acuiti da antiche leggi feudali che stabiliscono l’uso dei pascoli o delle acque dei

torrenti, ma che ormai sono in contrasto con l'andamento dei confini tra i due stati.

Sovente, tra i montanari dei villaggi, si è cercato di risolvere la situazione a colpi di archibugio.

Per ricomporre la situazione sono intervenuti anche i governi di Madrid e Parigi … ma con

accomodamenti provvisori.

Una controversia nasce nel 1664 tra Pigna (sabauda) e Castelfranco (genovese).

La contesa tra i paesi di Briga e Triora, del 1670, è ancora più grave: diversi Trioraschi armati

sconfinano nel comune di Briga, alcuni sono catturati e uno di essi è giustiziato; poco dopo

anche un abitante di Briga armato è catturato in territorio genovese e ne segue uno scontro a

fuoco. La situazione si acutizza al punto che il re di Francia decide di intervenire inviando

l’abate Servient, figlio dell’ambasciatore francese a Torino, per comporre la controversia.

Carlo Emanuele II esce insoddisfatto da questa mediazione, e probabilmente comincia a

meditare una soluzione affidata alle armi.

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Una contesa in particolare è la goccia che fa traboccare il vaso: quella tra il villaggio di

Cenova (sabaudo) ed il comune di Rezzo (genovese), con furti di bestiame e la cattura di una

ventina di abitanti di Cenova.

La questione viene risolta in modo sfacciatamente a favore di Genova dal governatore di

Pieve di Teco, con il bestiame rubato messo in vendita al mercato di Pieve. Carlo Emanuele II,

di animo orgoglioso ed irascibile, considera questo episodio come un affronto alla sua persona

e alla sua autorità di sovrano, ed è ragionevole ritenere che egli pensi di risolvere i problemi

con i liguri mediante le armi.

Invia pertanto a Cenova un gruppo di irregolari (banditi) con il compito di proteggere Cenova

stessa: è la prima misura di carattere militare.

Va sottolineato che la guerra contro la Repubblica di Genova è l’unico episodio di guerra che

si ha sotto Carlo Emanuele II.

Va detto inoltre che a Savona, come pure a Noli, formalmente indipendenti ma in pratica

assoggettate a Genova, cova un malcontento verso Genova. Su questo punto Carlo Emanuele

II conta non poco per il successo di un eventuale attacco alla Repubblica di Genova.

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Nel gennaio del 1672 Carlo Emanuele II si rivolge al re di Francia Luigi XIV per ottenere un

corridoio di passaggio verso Oneglia; Luigi XIV non fa però nessuna opera di mediazione per

conciliare le due parti: suo interesse è il mantenere lo status quo e non favorire lo sviluppo di

nessuno stato al di qua delle Alpi, ciò gli permette una ampia possibilità di manovra.

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All’inizio del 1672 giunge a Torino un certo Raffaele della Torre, nipote di un insigne giurista

genovese, che era stato condannato a morte a Genova per aver assalito e depredato una feluca.

Viene presentato alla corte di Torino dal Marchese di Livorno, figlio del Marchese di Pianezza.

Il della Torre, anche per odio personale verso Genova, propone ai Savoia un piano audace: far

nascere un'insurrezione a Genova per favorire l’attacco dei Piemontesi via Savona.

L’insurrezione sarebbe stata opera del Della Torre che, con i denari dei Savoia, avrebbe

assoldato una banda di mercenari; questi avrebbero attaccato Genova nel giorno di S. Giovanni

Battista, il 24 giugno 1672, patrono della città.

Carlo Emanuele II, assistito da quasi tutti i suoi consiglieri, con la sola opposizione del

marchese di Pianezza, aderisce alla proposta. L’idea non è tanto quella di conquistare Genova,

ma quella di sostituire il suo Senato con uomini più favorevoli ai Savoia. Questi sarebbero stati

installati al Senato di Genova da Carlo Emanuele II stesso, che avrebbe così fatto il bel gesto di

restituire la città ai Genovesi; in cambio avrebbe potuto ottenere i territori per giungere ad

Oneglia.

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I preparativi militari durano qualche mese, durante i quali sono ammassate a piccoli scaglioni,

per non dare nell’occhio, truppe a Mondovì, Ceva e Murazzano.

A metà giugno 1672 lo schieramento di truppe è pronto, iniziano i movimenti di truppe vicino

a Carcare e nella zona di Altare.

Il 22 giugno un traditore di Mallare (terra monferrina sotto il ducato di Mantova, retto dai

Gonzaga) un certo Angelo Maria Vico, facente parte della stessa banda armata che avrebbe

dovuto assalire Genova, riferisce al governatore di Mallare, Gianbattista Cattaneo, della

sommossa che si sta preparando, probabilmente conscio del rischio del piano e sperando in una

lauta ricompensa. Il governatore, che già si era insospettito dei movimenti di truppe ducali

nella zona di alcuni giorni prima, avvisa il Senato genovese.

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Il senato di Genova non perde tempo: mobilita le scarse milizie, arma 4 vascelli e tutte le

galere, invia rinforzi a Savona.

Il governatore di Savona, Girolamo Spinola, uomo energico e di iniziativa, pone subito in stato

di difesa Altare e Cadibona. Sono chiamate a Savona truppe dalla Corsica, all’epoca sotto

Genova (anche se pur sempre in lotta contro i Genovesi): sono truppe mercenarie agli ordini di

Pier Paolo Restori.

I Corsi erano combattenti audaci e feroci, agilissimi nel muoversi nei terreni aspri e scoscesi,

tipici degli Appennini.

Si inizia a pattugliare le valli del Bisagno e del Polcevera a nord di Genova, per prevenire

eventuali discese dei nemici sabaudi verso Genova.

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24 giugno: L’Alfieri, come abbiamo già visto, è indisposto; in sua vece prende il comando il

Simiane, Marchese di Livorno, che purtroppo è in aperto contrasto sulla tattica di guerra

dell’Alfieri.

25 giugno: Carlo di Simiane, Marchese di Livorno, pur nell’incertezza generale, ha assunto il

comando e sta per dirigersi verso Savona muovendo per il Cadibona. Qui trova delle truppe

genovesi già schierate. Ne segue una grande incertezza, risolta dallo stesso Carlo Emanuele II

che, avvisato anche da valletto del della Torre della scoperta della congiura, ordina di desistere

dall’azione contro Savona.

Il della Torre, quasi accerchiato nella zona di Chiavari, riesce frattanto a mettersi in salvo nella

zona di Parma.

Lo stesso episodio, visto dal lato genovese, ci viene così narrato dallo storico Alberto della

Marmora: Stavano le soldatesche piemontesi per avanzarsi su Savona quando addì 25 giugno

il Simiane (marchese di Livorno) che le capitanava in assenza dell’Alfieri, fu avvertito (da un

messo di Carlo Emanuele II) che la congiura di della Torre era stata scoperta. Egli proseguì

egualmente la sua marcia e giunse in vista di Cà di Bona e della Ferriera, ordinando la sua

truppa in battaglia; ma non tardò ad avvedersi che i soldati della repubblica stavano schierati

a contendergli il passo, occupando specialmente la torre di Bona, primo posto dei Genovesi,

presidiato da 100 Corsi. Vedendo sventato il suo progetto di sorpresa, …………. non giudicò il

marchese di proseguire più oltre il suo cammino e fece rivolgere di bel nuovo il passo alla sua

gente verso Saliceto ...

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Il 26 giugno si ha un nuovo ordine di Carlo Emanuele II: mentre impone di non attaccare

Savona, richiede di conquistare Pieve di Teco “perché sarebbe vergognoso ritirarsi senza

niente”.

Questa mossa di ripiego, intrapresa forse per intimorire gli abitanti di Rezzo e forse con l’idea

di soccorrere i cittadini sabaudi di Cenova e Roccaforte, o semplicemente per evitare di ritirarsi

senza “prendere nulla”, si rivela ben presto avventata. Infatti occorre far ripiegare dalla zona

di Altare a quella di Garessio-Ormea 5000 fanti e 1000 cavalieri attraverso percorsi impervi e

difficili.

Il marchese di Livorno, anziché preferire la strada del Montezemolo, più lunga ma sicura,

sceglie l’itinerario più breve ma difficile, che passa per Calizzano, terra all’epoca sotto il

dominio spagnolo.

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27 giugno: lo sconfinamento di Calizzano non causa, per fortuna, incidenti. Le truppe arrivano

a Garessio assai provate, con il morale a terra per l’incertezza della situazione e per il ripiego

su obiettivi minori. L’impressione che i comandanti danno alle proprie truppe non è delle

migliori, il che contribuisce probabilmente alle disobbedienze agli ordini che si riveleranno

uno dei problemi più grossi di questa campagna militare.

A Garessio nel frattanto è arrivato (per la strada di Ceva) anche l’Alfieri, che si è ristabilito e

che riprende il comando dell’intero corpo.

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28 giugno: L’Alfieri risale la valle del Tanaro fino ad Ormea, passa il ponte di Nava (punto di

confine) e di qui scende nella valle Arroscia verso Pieve di Teco.

E’ l’inizio della guerra.

A questa operazione partecipano anche 600 uomini provenienti da Oneglia. Pieve di Teco,

dotata di una piccola guarnigione, si arrende senza porre resistenza: le case sono abbandonate

e gli abitanti fuggono sui monti. Qualche tempo dopo, forse un giorno, un centinaio di abitanti

affamati fa ritorno al paese: essi stessi si fanno guida a diversi soldati alle rapine, indicando

loro le case dei più facoltosi ed aiutandoli a depredarle.

Il paese viene così saccheggiato, nonostante i divieti dell’Alfieri, che fa erigere delle forche e

giustiziare qualcuno dei colpevoli. Questo è l’inizio di atti di indisciplina che corromperanno

tutte le successive operazioni dell’esercito sabaudo.

L’Alfieri chiede ai governatori locali di far sapere a Genova che l’occupazione di Pieve di

Teco ha la sola funzione di proteggere i cittadini di Cenova dalle scorribande dei Rezzaschi, e

che avrebbe fatto ritirare le truppe se Genova avesse acconsentito di sottoporre al giudizio

dell’università di Bologna la questione tra Rezzo e Cenova; per tale motivo dà 8 giorni di

tempo a Genova per rispondere. Grave errore, poiché dà tempo a Genova di organizzarsi!

Bologna riscuoteva una notevole fiducia e stima dal punto di vista giuridico, da molti stati sia

italiani sia stranieri.

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1 luglio: La presenza di un corpo armato di grandi dimensioni e la sventata trama del della

Torre convincono però ancora di più i Genovesi che le mire dei Sabaudi sono ben più

ambiziose, e decidono di opporre forza alla forza.

Ma con astuzia Genova cerca anche di prendere tempo per organizzare le proprie difese. Invia

così due commissari genovesi che presentano una dura protesta. Per la questione Cenova-

Rezzo, Genova dichiara che sarebbe stata pronta a frenare il proprio vassallo, il conte di

Clavesana, e a sottoporre a un tribunale neutro la questione. Alfieri non ritiene concludente la

risposta e da ancora tempo ai Genovesi per decidere se accettare l’arbitrato di Bologna,

commettendo così un grave errore strategico poiché dà tempo ai Genovesi di organizzarsi a

resistere.

16Anno 2 Lez 11

2 luglio: Giunge a Pieve di Teco Don Gabriele di Savoia, figlio naturale di Carlo Emanuele I

(quindi zio del Duca); egli porta uomini, munizioni, denari e un dispaccio di Carlo Emanuele

II, che l’Alfieri invia a Genova pretendendo una risposta chiara (ma dando così altro tempo per

rispondere….)

Genova proclama la mobilitazione ed i Genovesi vi aderiscono con entusiasmo, ben 6000

uomini sono armati, tra cui numerose compagnie di Corsi residenti nel territorio continentale.

Genova sceglie così di opporsi con la forza, anche se contemporanemente insiste ancora per

una soluzione di mediazione ricorrendo all’abate Servient, il negoziatore del precedente

incidente tra Briga e Triora del 1670.

17Anno 2 Lez 11

Mentre i negoziati sono a un punto morto, gli abitanti di Pieve di Teco, costretti a stare sulle

montagne, iniziano a disturbare con azioni di guerriglia i Piemontesi. In questo sono aiutati da

un feroce bandito, Antonio Folco detto il Turco. Costui, condannato in precedenza a morte dai

Genovesi, è di fatto amnistiato in cambio di azioni contro i Piemontesi.

Il Turco prende a molestare ed a combattere i Piemontesi nella zone di Pieve e di Ponte di

Nava, mentre l’esercito regolare piemontese può fare ben poco con gente che adotta la tattica

della guerriglia.

Per risposta l’Alfieri arruola un bandito di pari forza, Sebastiano Contrario, detto anche

"Bastian Contrari", che inizia ad operare nella valle Arroscia contro le forze Genovesi.

Il fatto curioso è che i due banditi evitano accuratamente di scontrarsi tra loro, cosa che

vanifica il tentativo di Alfieri di fermare il Turco.

18Anno 2 Lez 11

6 luglio: Le truppe piemontesi ricevono l’ordine di occupare Rezzo e le alture di Pornassio.

Rezzo è conquistata, il castello e le mura rase al suolo dal reggimento Savoia aiutato da 150

volontari e da tre compagnie Svizzere.

14 luglio: i commissari di Genova rispondono ancora in modo interlocutorio, sostanzialmente

negativo: i negoziati si sarebbero potuti riprendere solo dopo lo sgombero totale delle truppe

sabaude.

Genova mira a prendere tempo, sono passati ben 19 giorni dall’inizio della guerra, tempo che

Genova utilizza per mobilitare energie e risorse a difesa dello Stato e che l’Alfieri perde

rimanendo in attesa!

19Anno 2 Lez 11

I piemontesi conquistano le alture di Pornassio, sempre aiutati da un reggimento di volontari e

da 3 compagnie svizzere.

Le truppe regolari genovesi, 1500 Corsi, sotto la guida di Restori muovono verso Pieve

partendo da Albenga. Restori fa occupare una cartiera (Paperera) a nord ovest di Muzio presso

un ponte sull’Arroscia.

20Anno 2 Lez 11

18 Luglio: Primo vero scontro tra Piemontesi e Genovesi alla Paperera. I Corsi sono cacciati e

si ritirano con poche perdite a nord-ovest della Paperera, mentre i Piemontesi subiscono un

numero elevato di perdite.

Anziché essere imbaldanziti dalla vittoria ed inseguire il nemico, i soldati sabaudi mostrano

uno stato di debolezza. Le truppe sabaude dimostrano uno scarso spirto di lealtà tra loro, e non

giova affatto anche la rivalità tra l’anziano e prudente Alfieri ed il rampante Marchese di

Livorno.

21Anno 2 Lez 11

I soldati sabaudi lamentano la povertà del luogo che non permette certo di ottenere ricchi

bottini di guerra mediante il saccheggio! Insofferenti della disciplina instaurata dall’Alfieri,

ritengono di essere pagati male e non regolarmente. Si hanno diserzioni di quasi 400 uomini,

alcuni dei quali scelgono il campo genovese!

Pessimi sintomi per l’inizio di una campagna di guerra, forse spiegabili con la costituzione

recente dei nuovi reggimenti voluti da Carlo Emanuele II. Ma anche i recenti periodi di guerra

civile e la più recente inconcludente guerra contro la Spagna avevano in parte indebolito lo

spirito di lealtà verso il proprio Duca.

22Anno 2 Lez 11

Il duca Carlo Emanuele II, messo al corrente della situazione e del disaccordo tra i due

generali, invia lo zio, l’anziano don Gabriele, che giunge al campo della paperera la sera stessa

della fine della battaglia. Ciò ha il solo effetto di rimettere d’accordo l’Alfieri ed il Simiane

contro l’anziano Generale.

Disgraziatamente don Gabriele segue alla lettera le disposizioni ricevute dal Duca e dai suoi

ministri, che non conoscono affatto la natura del terreno di guerra: divide in due l’esercito

inviando un corpo ad Oneglia e l’altro, sotto il comando dell’Alfieri, a Zuccarello. Il piano

prevede che, raggiunti tali obiettivi, i due corpi si sarebbero riuniti a Testico (già sabaudo).

Resta il fatto che il piano di don Gabriele prevede l’occupazione di località, e non la

distruzione dell’esercito nemico!

23Anno 2 Lez 11

21 luglio: inizio dei movimenti delle colonne. Alfieri giunge a Garessio attraverso il Nava e a

lui si uniscono altre unità piemontesi ed un gruppo di volontari del barone di Bianzè.

Il Piano operativo prevede per l’Alfieri un percorso a ritroso, quasi una ritirata dalla Pieve al

ponte di Nava, poi a Garessio, la salita al passo di San Bernardo e Rocca Berbena, di là

sarebbe sceso a Zuccarello. Sarebbe stato ben più agevole passare nei territori genovesi, forse

si vogliono così evitare scontri con i Corsi di Restori?

Don Gabriele muove verso Oneglia senza difficoltà.

Il ricongiungimento tra i due gruppi è previsto a Testico.

24Anno 2 Lez 11

22 luglio: Le truppe del don Gabriele giungono a Oneglia senza difficoltà. Alfieri ha invece un

vivo scontro a Castelvecchio di Rocca Berbena, i cui difensori sono anche i disertori

piemontesi!

Alfieri conquista Castelvecchio di Rocca Berbena dopo un duro scontro con i difensori

trincerati dentro ed attorno al paese. Catalano Alfieri, constatato che quasi tutti i difensori sono

disertori piemontesi dà ordine di passarli per le armi (per questo si erano difesi accanitamente;

come disertoti sapevano infatti che fine avrebbero fatto se fossero stati catturati).

L’esercito piemontese, diviso in due corpi, è in stato di grave debolezza. I Genovesi ne

approfittano!

25Anno 2 Lez 11

23 luglio: le truppe di don Gabriele investono e saccheggiano Diano e Cervo e si affacciano

dall’alto su Andora. Alla sera Alfieri arriva a Zuccarello, con le truppe provate dalla fatica per

la calura estiva e per il duro scontro.

Qui si uniscono una formazione di volontari (tra cui molti nobili) guidata al marchese Carlo

Emilio San Martino di Parella (che avrà modo di coprirsi di gloria) e la banda di Bastian

Contrario.

A Zuccarello l’Alfieri perde due giorni per attendere le forniture di piombo e di armi.

26Anno 2 Lez 11

I Genovesi, sotto il comando del Durazzo, concepiscono invece un piano corretto: colpire le

due colonne, impedendo che si ricongiungano, per distruggerle singolarmente.

Restori, fa ripiegare le sue truppe dalla zone della Pieve di Teco verso Albenga, dove si è

costituito il comando generale delle forze della Repubblica.

Qui il generale Durazzo prepara un piano operativo razionale per scongiurare la minaccia

sabauda: battere separatamente le due colonne sabaude prima del ricongiungimento, per farle

allontanare l’una dall’altra; poi concentrare tutte le forze sulla colonna più pericolosa e più

esposta, cercando di annientarla.

In un primo tempo i Genovesi agiscono contro le truppe comandate da Don Gabriele. Condotte

le truppe sulle alture della Madonna della Guardia sopra Andora il 23 luglio i Genovesi

attaccano le forze di don Gabriele, che è costretto a ripiegare verso ovest, prima su san

Bernardo poi su Stellanello (feudo imperiale). I Genovesi stimano troppo imprudente un

attacco contro un feudo imperiale.

Si deve notare, come abbiamo appena visto, che Alfieri con le sue truppe era a Zuccarello a

non più di 12 miglia da don Gabriele, e sarebbe potuto intervenire agevolmente nella battaglia,

qui il territorio infatti è collinoso e può essere percorso abbastanza agevolmente.

27Anno 2 Lez 11

25 luglio: Alfieri occupa Cisano sul Neva, lasciando indietro reparti per coprirsi una eventuale

ritirata. Avute notizie su don Gabriele, si muove verso Bastia e punta su Villanova (d’Albenga)

nella direzione di Garlenda e Testico, con lo scopo di ricongiungersi con Don Gabriele.

Ma ormai sono passati ben due giorni, e i Genovesi ….

28Anno 2 Lez 11

28 luglio: le due colonne sabaude stanno per ricongiungersi! Ancora una volta con molta

tempestività interviene il Restori che scongiura il pericolo. I Genovesi attaccano di nuovo don

Gabriele che sta uscendo da Stellanello per andare incontro all’Alfieri e lo ricacciano in

Stellanello, la cui neutralità non viene violata dai Genovesi.

Poi attaccano la colonna dell’Alfieri a Garlenda respingendola! Il doppio scacco in un solo

giorno fa tramontare definitivamente le speranze di ricongiungimento delle due colonne

sabaude. Ci sono molti morti e feriti da entrambe le parti, ma il morale delle truppe sabaude è a

terra.

29Anno 2 Lez 11

29 luglio: Alfieri rientra a Cisano durante la notte, incalzato dai Genovesi che però sono

trattenuti dalla cavalleria piemontese.

I Genovesi, con buon senso tattico, occupano Ranzo in valle Arroscia, precludendo la ritirata

dei piemontesi verso Pieve di Teco evNava, e quindi verso il Piemonte.

Don Gabriele, vista la ritirata della colonna dell’Alfieri, più numerosa della sua, si ritira a sua

volta a Oneglia passando per le creste dei monti per evitare i Genovesi!

Di qui, lasciata una consistente difesa della piazza, con notevole leggerezza e biasimevole

senso egoistico, si accinge a rientrare in Piemonte con una colonna di un migliaio di uomini!

La sua ritirata è contrastata ed incalzata dai Genovesi. Temendo di essere catturato, don

Gabriele non esita a far marciare in un’altra direzione una batteria di tamburi in piena notte,

disorientando i Genovesi sul vero movimento delle truppe. Con una marcia a perdifiato

raggiunge Briga, abbandonando munizioni, viveri e bagagli ai Genovesi. Triste esito di una

operazione militare che era iniziata, a detta dello stesso don Gabriele, sotto le più rosee

prospettive!

A quel punto i Genovesi si concentrano su Oneglia.

30Anno 2 Lez 11

31 luglio: A questo punto inizia la infelice vicenda del conte Catalano Alfieri, ancora in

territorio della Repubblica. Le sue truppe sono ancora in buone condizioni. I Genovesi, sotto il

comando del Durazzo, occupano i principali punti tra la Pieve di Teco e Zuccarello, per

bloccare eventuali soccorsi da Garessio; poi, riunite tutte le forze (Corsi, il Turco e la milizia)

si gettano sulle orme dell’Alfieri per dargli battaglia; il loro scopo è quello di annientare le

forze ducali prima che possano arrivare degli eventuali soccorsi o via mare (attraverso

Oneglia) o via terra.

Alfieri a questo punto non conosce la posizione di don Gabriele, che si è ritirato a Briga;

decide tuttavia di abbandonare Cisano dopo averlo incendiato e rientra in Zuccarello, sostando

qui ancora due giorni, in attesa di eventuali notizie da parte di don Gabriele. Meglio avrebbe

fatto a ritirarsi subito in valle Tanaro: la sosta a Zuccarello gli sarà fatale!

31Anno 2 Lez 11

3 agosto: Alfieri, non ricevendo notizie dell’altra colonna, decide alla fine il ritiro verso

Garessio, ma ormai è troppo tardi: Restori ha stretto un cerchio di fuoco sui Piemontesi in

ritirata!

Mentre Alfieri si muove verso Castelvecchio-Erli-Cerisola, ostacolato da un improvviso

uragano, viene attaccato dai Genovesi e la sua colonna si trova spezzata in due: l’avanguardia

sabauda prosegue indisturbata verso il colle del San Bernardo per Garessio, mentre il grosso è

attaccato presso Castelvecchio. In questo frangente il marchese di Parella con i suoi volontari,

con una mossa felice, riesce a raggiungere un’altura favorevole e blocca i Genovesi, almeno in

quella zona, per alcune ore.

Il resto dei Savoiardi, colti di sorpresa e con lo sfavore del terreno, è in condizioni davvero

critiche: alcuni reggimenti sono quasi annientati in poche ore. Il nemico ha il vantaggio della

sorpresa, del terreno e del numero di forze!

La situazione diviene così tragica che, fallito il tentativo di richiamare l’avanguardia che si era

diretta verso il colle del San Bernardo, l’Alfieri ordina alle proprie truppe di rifugiarsi e di

asserragliarsi in Castelvecchio. Per ultimo si ritira il marchese di Parella con i suoi uomini,

incalzato con molto coraggio dal Restori, così da vicino che i due vengono a trovarsi faccia a

faccia ad un tiro di pistola.

In quel villaggio inospitale e povero, così ci descrivono Castelvecchio gli storici dell’epoca,

fornito di una sola fonte per l’acqua, l’Alfieri fa costruire delle opere di fortificazione a giro di

orizzonte, mentre i Genovesi fanno altrettanto circondando il minuscolo abitato.

32Anno 2 Lez 11

5 agosto: Il generale Durazzo fa affluire mezzi, truppe e anche cannoni da Albenga per

rinforzare l’assedio. Sono collocate anche delle artiglierie con le quali il villaggio di

Castelvecchio è tenuto sotto un fuoco incessante.

Il Restori, convinto che i Piemontesi si siano resi conto che non hanno più scampo, fa intimare

la resa, ma Alfieri la rifiuta: spera ancora di poter richiamare le truppe che erano salite verso il

san Bernardo ed erano passate in Piemonte! Un suo inviato ha infatti raggiunto il conte

Piossasco di Scalenghe, comandante dell’avanguardia in quel momento giunta a Garessio.

Il Piossasco raccolti tutti gli uomini che può, torna indietro e giunge sulle pendici di Rocca

Berbena in vista dell’Alfieri. C’è uno scambio di segnali, ma la speranza dura poco: i Genovesi

molto attenti e vigili attaccano con forze superiori i soccorritori che sono ricacciati. Anche gli

assediati sono nel frattempo usciti nel tentativo di rompere l’accerchiamento, ma la posizione

svantaggiata non li favorisce: subiscono forti perdite e sono di nuovo costretti a ripiegare nel

villaggio. Ci sono problemi per l’acqua, nel paese assediato c’è una sola fontana: ed è sotto il

tiro dei Genovesi!

33Anno 2 Lez 11

Nella serata del 5 agosto l’Alfieri riunisce un consiglio di guerra; è presente anche l’architetto

ducale Amedeo di Castellamonte. In quella sede si decide all’unanimità che è necessario

rompere il cerchio dei Genovesi approfittando dell’oscurità. Verso le quattro del mattino del 6

agosto i Piemontesi danno il via ad una sortita, iniziata da 50 "enfant perdus" (cioè i granatieri)

che riescono a travolgere le prime due linee d’assedio Genovesi.

Con ingenti perdite da ambo le parti, Alfieri riesce ad aprirsi un varco tra le maglie nemiche ed

a raggiungere Garessio. Moltissimi sono i caduti tra i Sabaudi: circa 600 soldati, e inclusi

anche moltissimi giovani della nobiltà. (Sullo scalone del palazzo Bicherasio, a Torino, un

affresco celebra l'eroica morte del cavalier Giorgio Cacherano di Brichierasio a Castelvecchio).

Solo 114 uomini del reggimento Piemonte e 120 del reggimento Monferrato riescono ad

arrivare a Garessio! Il Marchese di Livorno ed il conte di Magliano, con l’aiuto di un

contadino, riescono anch’essi a salvarsi.

Il Parrella, che è riuscito a superare 2 delle tre linee di assedio dei Genovesi, rendendosi conto

dell’impossibilità di proseguire, ed anche per non abbandonare i molti uomini della colonna

dell’Alfieri che sono stati ricacciati, rientra in paese.

Alcuni soldati sabaudi che sono riusciti a dileguarsi nei boschi sono rintracciati dai paesani e

crudelmente passati per le armi.

34Anno 2 Lez 11

Il mattino del 6 agosto i Genovesi rinforzano l’assedio.

Comprendendo che non è possibile altra soluzione se non la resa, dopo aver bruciato la

bandiera, il Parrella fa alzare bandiera bianca per la resa di Castelvecchio!

I 50 prigionieri della nobiltà sono trattati con cavalleria ed umanità e portati a Genova,; i 1500

soldati invece sono spogliati di tutto, legati a due a due e trascinati ad Albenga. Solo

l’intervento del Durazzo permette di salvare non pochi prigionieri!

Il Parella è rinchiuso nella gran Torre del palazzo ducale a Genova assieme a due subalterni; è

visitato più volte dal Principe di Monaco Grimaldi, che si trova in quel periodo a Genova.

35Anno 2 Lez 11

Le truppe piemontesi sono disorientate e depresse, potevano i Genovesi cogliere una vittoria

più ampia?

Va detto che l’esercito genovese, mancando anche di una cavalleria efficiente, non sarebbe

stato in grado di condurre una guerra di lunga durata in nella pianura del Piemonte dove la

popolazione non era favorevole ai Genovesi! Tuttavia nel territorio montuoso della Liguria i

Genovesi erano stati in grado di condurre rapidamente una guerra di attacco molto efficiente!

Purtroppo nel trambusto il Parrella non riesce a far bruciare tutto l’incartamento dell’Alfieri,

documentante la congiura del della Torre! Queste carte, riprodotte, sono poi fatte circolare

nelle corti europee dai Genovesi…. con notevole discredito per il ducato.

36Anno 2 Lez 11

7 agosto: Nelle prime ore del suo rientro a Garessio, l'Alfieri riceve uno scritto del duca Carlo

Emanuele II, che gli manifesta il dolore per quanto accaduto e la riconoscenza, da estendere a

“tutti codesti valorosi”.

8 agosto : Agli inizi del giorno Carlo Emanuele II vuole conferire all’Alfieri il comando di una

compagnia di Corazze; tuttavia dopo poche ore, sotto la spinta di forti polemiche di corte, il

Duca toglie all’Alfieri ogni comando e lo fa mettere agli arresti nel suo feudo di Magliano (ora

Magliano Alfieri) in attesa di chiedergli il conto del suo comportamento in guerra. La morte e

la prigionia di tanti giovani della nobiltà hanno scatenato quest’ultima verso la ricerca di un

capro espiatorio.

Purtroppo il Duca si lascia travolgere dall’ondata di risentimento: giudizi dell’epoca lo danno

buono ma debole e troppo sensibile ai consigli altrui, vanitoso ed influenzabile. Forse molti

“principisti” vedono ancora in Alfieri il generale "madamista" che aveva appoggiato Cristina

quando era in vita: un'occasione per vendicarsi…

37Anno 2 Lez 11

Catalano Alfieri nasce probabilmente nel 1602; figlio del conte Urbano di Magliano,

colonnello della cavalleria del duca di Savoia, governatore di Alba e di Villanova d'Asti e

valoroso combattente nelle ultime guerre di Carlo Emanuele I

Alfieri diviene alla morte del padre uno dei più grandi feudatari del Piemonte. Educato alla

carriera militare, inizia diciassettenne la vita di soldato e occupa numerose e importanti

cariche, sia militari sia politiche, dimostrando notevoli doti di coraggio e di fedeltà al Sovrano,

ma forse non altrettante capacità di uomo politico e di cortigiano.

Nel 1635, partecipando alla presa di Ceva, è ferito a una spalla e ne resta storpio per tutta la

vita. Durante la crisi che si ha nal Ducato alla morte di Vittorio Amedeo I, con la reggenza di

Cristina, l'Alfieri si schiera tra i fautori della reggente, i "madamisti", e partecipa alla difesa di

Torino assediata dalle truppe "principiste" del principe Tommaso di Carignano.

Nel 1652 l'Alfieri è governatore di Trino ed in tale qualità deve, dopo una fortunosa ed eroica

difesa, arrendersi con il suo presidio agli Spagnoli assedianti. Nel 1658, però, lo stesso Alfieri

è tra i comandanti delle truppe che rioccupano Trino a viva forza.

Per gli ottimi rapporti con la corte di Torino, l'Alfieri è scelto a far parte di quel gruppo di

nobili piemontesi che il Duca invia nel 1664 in difesa di Candia assediata dalla flotta turca.

Carlo Emanuele II lo investe del titolo di cavaliere dell'Ordine della S.S. Annunziata e nel

1665 l'Alfieri è nominato governatore di Vercelli e successivamente, nel 1668, di Montmélian.

Nel 1672 è nominato luogotenente generale e comandante della fanteria. E qui arriviamo al

nostro racconto.

38Anno 2 Lez 11

10 agosto: Carlo Emanuele II chiede l’intervento della Francia; il Duca, addolorato per gli

infelici risultati della guerra e preoccupato per la sorte delle sue armi, si rivolge al re di Francia

per chiedere soccorso e protezione, forse anche un po` troppo precipitosamente, vedendo cosa

sarebbe successo in seguito. La Francia promette subito aiuto e protezione alle piazze

marittime del ducato. Una flotta di undici galere salpa da Marsiglia diretta verso oriente.

Frattanto i Genovesi, che contano su 5000 regolari oltre 2-3mila soldati delle milizie e la banda

del Turco, iniziano una feroce rappresaglia e conquista nel principato di Oneglia. Cenova è

saccheggiata dal Turco; Gazzelli, S. Bartolomeo, Caravonica e altri villaggi sono conquistati,

saccheggiati e dati alle fiamme. Nel resto del principato di Oneglia si sparge il terrore, e non

pochi paesi fanno atto di sottomissione ai Genovesi.

39Anno 2 Lez 11

A Oneglia, don Gabriele ha lasciato un presidio di 1000 uomini, di cui 800 del suo

contingente, e una gran quantità di viveri e munizioni; le fortificazioni sono obsolete ma

ancora valide; si può pensare a una resistenza in grado di sostenere un assedio per il tempo

necessario affinché possano intervenire di nuovo in soccorso i Ducali dal Piemonte.

15 agosto: alle 7 del mattino, Il conte Antonio di Castelgentile, governatore della piazza e di

origine ligure (come osservano le male lingue dell’epoca!) spaventato dalle forze nemiche che

si stanno preparando a un attacco massiccio, senza combattere concede la resa di Oneglia.

La guarnigione di oltre 1000 uomini è considerata prigioniera di guerra, ma ai mercenari

svizzeri presenti è concesso di ritornare, disarmati, al paese di origine.

Questa perdita è un grave affronto per i Savoia che detengono Oneglia fin dal 1576.

Qualche giorno dopo giungono di fronte a Oneglia le navi di Francesi, che avrebbero dovuto

proteggerla, e non possono fare altro che accettare la situazione di fatto.

40Anno 2 Lez 11

30 agosto: I Genovesi si inoltrano nelle valli del Roja, si impadroniscono di Perinaldo e

conquistano Briga, saccheggiandola. Ulteriori tentativi di attacchi ai paesi savoiardi sono

bloccati dall’intervento dal mare di alcune galere del re di Francia, che inizia così a intervenire

a favore del “fratello e cugino” Carlo Emanuele II.

Da questo momento Luigi XIV interviene pesantemente nella guerra con la sua flotta, inoltre

invia a Genova il signor de Gaumont e manda di fronte a Genova una seconda flotta di galere

con lo scopo di impedire che le navi genovesi possano intervenire nella lotta.

41Anno 2 Lez 11

15 settembre: Il Duca riprende l’organizzazione dell’esercito: si ricolmano i reggimenti anche

con l’arruolamento di numerosi francesi e la nobiltà si mobilita. Carlo Emanuele formula un

nuovo piano di attacco secondo due direzioni: Novi-Ovada (che è la direzione dello sforzo

principale verso di Genova) e Ventimiglia; pianifica inoltre alcuni attacchi di disturbo su altre

zone di frontiera, gestiti dalle milizie locali, senza così indebolire le truppe regolari.

Don Gabriele, forse uno dei principali colpevoli del disastro di Castelvecchio, che facendo leva

sui suoi legami dinastici era riuscito a svincolarsi dall’inchiesta contro Alfieri, si muove da

Asti con 6000 uomini.

A Canelli si incontra con 1000 uomini del Simiane Marchese di Livorno, in quel momento non

ancora coinvolto nel caso Alfieri.

Nelle Valli di Nervia e Roja si riaccendono aspri scontri: assedi e saccheggi nei villaggi di

Camporosso, Dolceacqua, Perinaldo, Apricale, Isola, Brecco, Penna. Quest'ultima località (che

ora ha il nome di Piena) è assediata per ben tre volte prima di cedere ai Sabaudi del Marchese

di San Damiano.

Da parte genovese c’è il desiderio di mantenere quanto conquistato, mentre da parte

piemontese ci sono la volontà di riscatto dell'onore militare e la volontà di riprendersi quanto

perso.

Carlo Emanuele II dichiara che non avrebbe accettato nessuna pace se non avesse prima

riconquistato con le armi Oneglia.

42Anno 2 Lez 11

9 ottobre: A oriente la battaglia di Ovada è uno degli scontri principali della campagna di

guerra autunnale. A prima vista questa piazza pare non debba costituire eccessive difficoltà

per gli attaccanti. Le difese sono un vecchio castello ed un debole muro di cinta, ma la tenacia

ed il prestigio dei due eserciti in lotta rendono la battaglia molto cruenta. Qui i Genovesi

assediati fanno uso delle contromine di difesa in gallerie scavate nei sobborghi. Queste,

esplodendo sotto i piedi dei Piemontesi, provocano oltre 400 morti nell’esercito sabaudo. Il 9

ottobre Ovada cade dopo una ventina di giorni di battaglia. I caduti da parte sabauda sono circa

700 mentre da parte genovese sono sul centinaio, con altrettanti prigionieri; ciò rende chiaro

che, anche in condizioni apparentemente favorevoli, gli attaccanti subiscono perdite molto

superiori ai difensori in questo tipo di battaglie. Poco dopo la capitolazione esplodono alcuni

barili di polvere nel castello di Ovada, uccidendo non meno di un centinaio di uomini del

Duca. Come ritorsione sono trucidati parecchi prigionieri genovesi.

15 Ottobre: viene conquistata Rossiglione e si profila una seria minaccia sabauda verso

Genova. Il Gaumont, inviato da Luigi XIV per trattare la pace, cerca di far cessare gli scontri,

ma il Duca, prima di far cessare la guerra, vuole riconquistare Oneglia con le armi.

43Anno 2 Lez 11

Da Briga parte alla volta di Oneglia un esercito al comando del Marchese di San Giorgio (4000

uomini), nel quale c’è una forte presenza di Francesi, per la necessità di riempire i vuoti causati

dalle precedenti battaglie, cui si unisce anche una colonna del Marchese di san Damiano.

21 ottobre: Dopo violenti scontri, risolti in favore dei sabaudi data la preponderanza di forze,

Oneglia viene ripresa. Le forze genovesi, circa 1800 uomini quasi tutti di milizia cittadina, si

ritirano in Porto Maurizio e a Diano per tentare di bloccare ulteriori avanzate dei ducali.

25 Ottobre: Un tentativo di riprendere Oneglia da parte dei Genovesi fallisce anche per il

deciso intervento delle Galere Francesi, che intimano ai Genovesi di non recare alcun danno ai

porti del Duca di Savoia. Queste galere scortano due grossi bastimenti carichi di viveri e

munizioni per la città

29 Ottobre: cessazione delle ostilità.

44Anno 2 Lez 11

La trattative per la pace, piuttosto laboriose, si concludono il 18 gennaio 1673. Il Duca le

ratifica il 21 dello stesso mese, mentre Genova, scontenta per la mancata acquisizione di

Oneglia, le ratifica solo l’8 marzo.

Tutte le località occupate durante la guerra sono restituite ai rispettivi governanti secondo la

situazione di prima della guerra.

Conclusioni: Nessuno ci ha guadagnato nulla, morti e lutti e devastazioni non sono serviti al

Duca che ha iniziata la guerra. Il vero vincitore è Luigi XIV, che imponendo lo status quo ai

confini della Francia mostra chiaramente il suo strapotere.

La cessazione della guerra con un nulla di fatto diffonde un’ombra di mestizia in tutto il

Ducato, molti giovani sono morti senza aver conseguito nessun reale beneficio! Va tuttavia

ricordato che al duca Carlo Emanuele II non si addebitano errori politici ed i suoi sudditi gli

tributano sempre il massimo di affetto e fiducia, come ha testimoniato il rapido riformarsi

dell’esercito e la partecipazione alla rivincita nella seconda parte della guerra.

Tuttavia queste condizioni giocano pesantemente contro il conte Catalano Alfieri.

45Anno 2 Lez 11

Nel periodo di fermo nel suo castello di Magliano il conte viene a conoscenza di una serie di

accuse nei suoi confronti, mosse addirittura da don Gabriele, che lo accusa chiaramente di ogni

responsabilità per la sconfitta di Castelvecchio.

Anche il marchese di Livorno è sospettato della sconfitta.

All’Alfieri vengono confiscati tutti i beni ed è trasferito prima a Moncalieri e poi, nel febbraio

del 1673, a Torino, dove viene rinchiuso in una cameretta nella torre nord di palazzo Madama.

Il delitto di cui è accusato è quello di Lesa Maestà. Nel contempo al figlio dell’Alfieri viene

ordinato di partire per l’Olanda con 4 reggimenti di rinforzo all’armata imperiale, così che non

gli sia più possibile assistere il vecchio padre in prigionia.

Il processo è affidato al presidente della camera dei conti Carlo Antonio Biancardi, auditore

generale della guerra. Costui è un acerrimo nemico dell’Alfieri, a causa di vecchie querele mai

risolte. Alfieri lo rifiuta, ma la sua richiesta non viene accolta.

Nel processo è coinvolto anche il Marchese di Livorno che fugge in Francia, cade in disgrazia,

è confinato in un convento e poi si arruola volontario nell’esercito Francese in Olanda.

46Anno 2 Lez 11

Si è alla ricerca di capri espiatori del mancato successo! I capi di accusa contro l'Alfieri sono

ben 23, tutti di caratteri militare Sono però affidati a un giudice civile, il Biancardi, che ha

vecchi motivi di liti e risentimenti personali con l’Alfieri. Questo desta gran stupore nei

contemporanei: sarebbe stata infatti necessaria una commissione giudicante mista!

Nel processo si vorrebbe dimostrare la viltà dei Genovesi nell’aver comperato la vittoria di

Castelvecchio, quindi il tradimento dell’Alfieri (che vrebbe venduta la vittoria ai Genovesi) e

infine la magnanimità di Carlo Emanuele II che avrebbe probabilmente concesso la grazia

della vita all’Alfieri.

Malgrado il poderoso apparato di accuse non si riesce a provare il tradimento dell’Alfieri, che

nel frattempo viene anche privato del collare dell’Annunziata.

47Anno 2 Lez 11

Pochi giorni prima della sentenza, per una malattia di cuore, aggravata anche dall’ambiente

malsano della cella e per essere stato sottoposto a tortura dal Biancardi, il 24 settembre 1674 il

conte Catalano Alfieri muore probabilmente di infarto.

Carlo Emanuele II se la prende allora con il figlio dell’Alfieri, cui è tolto il comando del

reggimento.

La morte dell’Alfieri accelera il processo contro il Marchese di Livorno, che è condannato in

contumacia alla confisca dei beni ed a morte. Gran dispiacere del Biancardi, che avrebbe

voluto calpestare la memoria del defunto e sequestrarne i beni, cosa che trova però

l’opposizione del Duca.

48Anno 2 Lez 11

Ironia della sorte, poco dopo il castello di accuse del Biancardi dà segni di instabilità e

rapidamente crolla. Carlo Emanuele, come abbiamo visto in precedenza, di animo sensibile e

anche influenzabile, questa volta è commosso dai sostenitori del defunto.

Carlo Emanuele II se la prende allora con il Biancardi, che è arrestato nel gennaio del 1675,

incarcerato nella stessa cella dell’Alfieri. Qui vede alcune frasi scritte a mano dal vecchio

generale sulle pareti della cella, le macchie di sangue della sua autopsia, è colto da grande

sgomento e terrore nell’aver perseguitato un innocente. Implora di essere spostato di cella ma

non viene ascoltato.

Il senato del Piemonte lo condanna a morte previa degradazione e tortura, sentenza che è

eseguita nel marzo del 1676 nella cittadella di Torino, dove viene messo a tortura e quindi

decapitato.

Questa sentenza non può certo soddisfare il duca Carlo Emanuele II, che è morto ormai da

alcuni mesi ….

Carlo Emanuele II era morto infatti il 12 giugno del 1675 a soli 41 anni.

Il 17 genn. 1679: Carlo Emanuele di Magliano è reintegrato nei suoi titoli e riottiee, con atto

che riabilita la memoria dell'Alfieri, i beni del padre, confiscati al tempo del processo.

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