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L’erede e successore di Ludovico è Amedeo, il primo dei suoi molti figli, nato nel 1435. Ha

questo ruolo perché è il primogenito, ma non ha certo la stoffa per governare. Fisicamente è un

giovane attraente, biondo e snello, ma la sua mente è dominata dalla religiosità: una religiosità

non fatta di intransigenza, ma di carità. Per di più soffre di crisi di epilessia, cosa che non

aumenta certo la fiducia in se stesso e lo spinge sempre più a rifugiarsi nella fede, tanto che

sarà proclamato Beato.

Da alcuni dei suoi biografi (di stampo cattolico-sabaudo, quelli che hanno scritto del "Baeato

Amedeo") questo attaccarsi alla religione trascurando il mondo è visto come segno di saggezza

suprema. Altri sono di parere diverso, e sembrano dare credito all'ambasciatore di Venezia

presso i Savoia che descrive Amedeo dicendo: "la memoria non gli serve ... non risponde ben a

proposito" . Volendo tagliare corto si possono usare le parole dello storico Cognasso che dice:

"beato sì, ma incapace di governare"..

Quando sale al potere nel 1465 (a 30 anni) questo principe ha però al sua fianco una donna

capace: la duchessa Jolanda.

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Jolanda, la sposa di Amedeo, è figlia del re di Francia Carlo VII ed è nata nel 1434.

Il suo nome in lingua francese è Yolande; in italiano è spesso scritto Jolanda, ma anche

Iolanda o Violante (il nome francese sembra infatti derivare dal fiore della viola). Lei si

firmava però Yolant, una variante tipicamente savoiarda del nome francese.

Il matrimonio è stato combinato da Amedo VIII nel 1436; a quel tempo Jolanda ha due anni e

Amedeo uno. La bambina è portata alla corte dei Savoia e cresce insieme con Amedeo; è

allevata da Anna di Cipro, persona di grandissima cultura che fornisce un’ottima educazione a

Jolanda (quest’ultima però non l’amerà mai molto).

Le nozze si celebrano nel 1452 (lui ha 17 anni e lei ha 18 anni). Dopo il matrimonio gli sposi

risiedono a Bourg, nella Bresse, dove Amedeo ha il titolo di governatore (anche se come erede

ha il titolo di Principe di Piemonte).

L’anno prima una sorella di Amedeo, Carlotta, ha sposato il Delfino, che nel 1461 diventerà

Luigi XI

Se della suocera Anna si diceva che fosse la più bella donna di Europa, non altrettanto si dice

di Jolanda, che è piuttosto esaltata come donna virtuosa. Di lei non abbiamo veri ritratti, ma

doveva essere abbastanza bruttina (come del resto lo erano i genitori e del fratello). Era certo

di corporatura minuta: sappiamo il suo peso, poiché è registrata un'offerta di cera a un

santuario in quantità pari al suo peso, che risulta di 44 chili.

Affabile nei modi, sapeva affascinare le persone. Irrequieta, aveva una grande mobilità di

intenti e un grande bisogno di agire, cosa che la porterà a fare anche degli errori. In politica

cerca di trattare con tutti per non essere dominata da nessuno, e se necessario gioca di astuzia.

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Quando Amedeo va al potere, lui e Jolanda hanno già sei figli; altri quattro arriveranno in

seguito.

I sette maschi, due dei quali saranno duchi di Savoia, non hanno fortuna: tre non superaro

l'anno, tre muoiono adolescenti, solo il secondo di nome Carlo arriva a 22 anni. Due delle tre

donne arrivano invece ai 40 anni.

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Il legame di Jolanda con Amedeo, nonostante le differenze (o forse proprio per questo) fu di

solido affetto sino alla morte del Duca. Qualcuno vuol vedere nell'atteggiamento protettivo di

Jolanda verso Amedeo l'attaccamento al potere che lui le dà, ma non così. A testimonianza di

questo amore Jolanda non volle avere una corte separata da quella del marito, come si usava

allora, e fece spesso inserire nelle decorazioni dei tessuti e dei monumenti le due iniziali unite.

Amedeo sarebbe disposto a lasciare il titolo a uno dei fratelli, ma Jolanda impedisce questa

abdicazione e lo assiste come reggente: prima di fatto e poi a pieno titolo. Non lo fa non per

ambizione, ma per non privare Amedeo di un suo diritto. Il compito di reggente è gravoso per

il disordine politico e ed economico che Ludovico ha lasciato. I fratelli di Amedeo vorrebbero

partecipare alla reggenza. Il più attivo in queste richieste è Filippo di Bresse, ma anche

Giacomo (signore del Vaud) e Giovanni Luigi (Vescovo di Ginevra) sono dello stesso parere.

Nel 1466 Jolanda e Amedeo vengono in Piemonte (forse per sfuggire a una epidemia di peste).

Vi restano due anni, soggiornando tra Torino, Carignano e Pinerolo; in questi due anni nasce

un'affezione tra Jolanda e il Piemonte: i sudditi vedono un governante più attivo che Ludovico,

mentre Jolanda sente i Piemontesi più fedeli che i baroni savoiardi. Jolanda penserà anche di

fare di Torino la capitale dello stato, anticipando la decisone che sarà di Emanuele Filiberto.

Nel 1467, d'accordo con Filippo e contro il parere di Luigi XI , il Ducato finisce in guerra con

Milano, dove Galeazzo Sforza ha preso il posto del padre Francesco. Jolanda rivendica

territori, cercando anche l'aiuto di Venezia; l’aiuto non arriva e la breve guerra va male per i

Savoia. Fatta la pace, Galeazzo sposa Bona di Savoia, sorella di Amedeo IX; I rapporti tra

Jolanda e la cognata Bona saranno sempre buoni, a questa favorirà il sostanziale buon accordo

tra Savoia e Sforza che si avrà negli anni successivi. Bona a Milano avrà comunque vita dura;

reggente per il figlio Gian Galeazzo, sarà spodestata nel 1480 dal cognato Ludovico il Moro.

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Prima di parlare delle vicende che avverranno dopo il ritorno dei duchi a Chambery , conviene

ricordare brevemente la figura di Carlo il Temerario, in quel momento Duca di Borgogna.

Come già detto, i duchi di Borgogna erano usciti notevolmente rafforzati dalla guerra dei 100

anni. Dopo aver conquistato l'indipendenza di fatto dal regno di Francia, si erano arricchiti,

avevano messo su una corte magnifica ed un esercito formidabile e avevano allargato

notevolmente i loro territori, includendovi in particolare i Paesi Bassi.

Dal 1467 è duca di Borgogna Carlo II, detto “il Temerario”, che provvede ad allargare ancora

di più i suoi territori, qui mostrati alla massima espansione. Sogna uno stato egemone in

Europa; se avesse realizzato il suo sogno avrebbe cambiato la storia.

Gli stati che, per raggiungere i suoi obiettivi, deve conquistare o sottomettere con accordi

sono: Francia, Impero, cantoni Svizzeri, Savoia.

Luigi XI sarà sempre il guerra con lui, ma giocherà di astuzia, evitando di impegnarsi in una

guerra decisiva e, quando in difficoltà, stabilendo con lui degli accordi, che poi regolarmente

non rispetta.

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Nel 1471 Jolanda, che nelle diatribe con il duca di Borgogna si professa alleata di Luigi XI,

deve subire un attacco da parte di Filippo di Bresse, appoggiato anche dal fratello Giacomo.

Filippo, accusandola di governare male e di essere mal consigliata, marcia con un esercito su

Chambery. Tra le varie accuse di Filippo verso Jolanda, vi è quella di tenere dei contatti con il

duca di Borgogna. Tale accusa è piuttosto strana: non che Jolanda non tenga sottobanco

qualche contatto con Carlo di Borgogna, ma ad accusarla è proprio Filippo, che è stato per più

di un anno stretto alleato di Carlo, appoggiando persino azioni borgognone contro Jolanda (e

in passato ha persino ricevuto dal Duca di Borgogna l’ordine del Toson d’Oro). È vero che

recentemente Filippo è passato dalla parte di Luigi, ottenendo da lui una principessa francese

come sposa, ma resta comunque sempre sospetto di doppio gioco.

Jolanda cerca di resistere all’attacco di Filippo rifugiandosi con il Duca nella fortezza di

Montmelian, ma deve cedere. Accetta di seguire Filippo a Chambery, ma poi riesce a fuggire:

solo Amedeo resta nelle mani di Filippo. Jolanda si rifugia in Francia, a Grenoble, da dove

ottiene appoggio e truppe dal fratello Luigi, da Galeazzo Sforza e dai Piemontesi. Si rischia

una brutta guerra civile, anche perché alcuni baroni savoiardi sono favorevoli a Filippo, il

quale, avendo tra le mani il Duca, si proclama titolare del governo legittimo.

In questa delicata fase Jolanda ha il dolore di apprendere che il figlio Carlo, 15 anni, allevato

alla corte di Luigi XI e da lui mandato in soccorso dei genitori con un esercito, è morto

improvvisamente di malattia. Fortunatamente, ad ostilità appena iniziate, si giunge a un

accomodamento, con la mediazione di Luigi XI e degli Svizzeri. La soluzione è praticamente

imposta da Luigi e non piace molto a Jolanda: salva il Ducato dalla guerra civile e lascia

Jolanda come reggente, ma dà troppo spazio a Filippo come suo consigliere (è evidente che

Luigi usa Jolanda contro Filippo e Filippo contro Jolanda).

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Alle fine del 1471 Jolanda preferisce tornare in Piemonte, con la scusa di cercare un clima

migliore, ma in realtà per sottrarsi all'ambiente savoiardo troppo favorevole a Filippo. Si

stabilisce con Amedeo a Vercelli, vicino a Galeazzo Sforza, in quel momento il suo miglior

protettore.

A Vercelli, all'inizio del 1472, la malattia del Duca si aggrava, e alla fine di marzo Amedeo IX

muore, a 37 anni.

Il nuovo duca, Filiberto I, ha 7 anni: Jolanda riesce a restare reggente perché i cognati sono in

quel momento impegnati in altre faccende e in disaccordo tra di loro, e anche perché Galeazzo

Sforza sostiene la sua causa.

Amedeo, che nella sua malattia si era indirizzato verso una profonda fede, e aveva sempre

aiutato i poveri del suo ducato con ingenti lasciti economici era molto amato dal suo popolo (si

dice abbia fatto a pezzi il suo Collare dell’Ordine per donarlo ai poveri).

Le sue ultime parole sono: “praticate il diritto e la giustizia, amate i poveri, e Dio vi darà la

pace”; Jolanda le vorrà scritte in ogni tribunale del Ducato (ancora oggi sono il motto della

Corte d‘Appello del tribunale di Torino).

I Vercellesi vogliono Amedeo sepolto a Vercelli (non a Pinerolo dove erano già le tombe di

altri Savoia)

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Subito dopo la morte di Amedeo si inizia a parlare di miracoli ottenuti grazie alla sua

intercessione.

Nel Seicento Francesco da Sales e il cardinale Maurizio di Savoia si prodigarono per la sua

causa di beatificazione; Papa Innocenzo XI ne concesse il culto nel 1677.

Qui vediamo una pagina di una storia agiografica delle vicende del duca Amedeo IX e dei suoi

miracoli, scritta ne 1830 e dedicata al re Carlo Felice.

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Nella famiglia di Amedeo IX troviamo anche un’altra Beata di casa Savoia: Ludovica di

Savoia, una delle sue figlie.

Nata nel 1462, Ludovica fu sposata a Ugo di Châlon, un nobile della Borgogna. Il

fidanzamento avviene nel momento di vicinanza tra Savoia e Borgogna; il matrimonio è poi

autorizzato da Luigi XI quando, dopo la sconfitta di Carlo il Temerario, Ugo do Châlon si

riconosce suddito francese.

Ugo condivideva la forte devozione della sposa; i due coniugi divennero presto famosi nella

popolazione per le loro opere di carità. Rimasta vedova, Ludovica si ritirò in un Monastero

dove morì a soli quarant'anni.

Nel 1838, l’anno in cui Papa Gregorio XVI dichiarò Ludovica beata, i suoi resti furono dal re

Carlo Alberto traslati a Torino nella cappella interna di Palazzo Reale.

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Prima di parlare degli ultimi anni di Jolanda, è utile dire qualcosa sulla sua opera come

amministratrice dello stato, cercando in particolare di vedere cosa fece per il Piemonte. Questa

donna, pur coinvolta in vicende burrascosa e portando avanti una ininterrotta serie di

gravidanze, trovò infatti il tempo di fare molte cose, spinta da suo impulso ad agire .

Opere di governo:

- cercò di risanare il bilancio dissestato da Ludovico, anche organizzando la vendita di feudi.

- complementò gli Statuti di Amedeo VIII.

- si occupò anche della riforma dello statuto dell’Università di Torino (anche se ciò può

sembrare strano che in un'epoca in cui le donne non erano ammesse all'Università)

Opere di carità e religione:

- fece numerose azioni a sostegno di monasteri e chiese (in particolare aiutò i Domenicani a

costruire una chiesetta sul colle di Superga).

- fa lavori di abbellimento alla Santa Capella di Chambery

- fonda ospedali (in particolare uno vicino a Conflans, che diventerà la cittadina chiamata

l'Hopital, che poi Carlo Albero unirà a Conflans per formare l’attuale città di Albertville).

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A favore della cultura e delle arti:

- appoggia la Stamperia di Torino (La stampa si diffonde verso il 1470, la Bibbia di

Gutemberg è del 1453; nella seconda metà del 1400 nel mondo si stampano 8 milioni di libri)

- Crea e mantiene un coro di voci bianche per la Cappella di corte.

- Commissiona lavori a diversi pittori. In particolare affida a Nicolas Robert la decorazione

del suo Oratorio nel castello d'Ivrea (opera perduta). Nicolas Robert non era solo un pittore e

decoratore, ma un regista "totale", nel senso che poteva dirigere i lavori per un banchetto.

Un altro pittore che lavorò per lei fu Antoine de Lonhy. Qui vediamo una miniatura di

Antoine de Lonhy in un codice della Bilioteca nazionale di Torino. Jolanda, vestita a lutto

come sempre dopo la morte di Amedeo, trasmette ammonimenti a Filiberto (in un fumetto):

“… per i sudditi sii come un pastore per il gregge... …ascolta pazientemente e credi poco.

Pensa alla qualità di chi parla.”

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A Casalvolone, presso Vercelli, in una chiesa romanica si osserva ancora oggi un affresco che

raffigura la Vergine che protegge con il suo manto Jolanda e i figli.

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Jolanda fa ristrutturare molti castelli del Ducato. La ristrutturazione riguarda sia le difese sia la

funzione abitativa. L'arrivo di nuove artiglierie metteva in crisi i castelli medioevali e

imponeva di rafforzare i muri, di fare nuovi terrapieni, di approntare depositi sotterranei di

polveri. (Sappiamo che la cosa finirà con la scomparsa del castello medioevale sostituito dalla

cittadella alla moderna come quella di Torino). Per quanto riguarda la funzione abitativa, si

ricercavano residenze più comode e spaziose.

1466 - Chambery

1467 - Carignano e Torino, durante il primo soggiorno in Piemonte

1468 - Thonon, sul lago di Ginevra

1469 - Nizza, sul mare, dove le difese del porto sono rinforzate anche allestendo una nuova

nave galera

1470 - Rumilly (nella zona tra Chambery e Annecy).

1473-1474 - Ivrea, Moncalieri e Moncrivello, durante il nuovo lungo soggiorno in Piemonte.

Le due torri che ora vediamo al centro della facciata del castello di Moncalieri sono quelle

fatte realizzare da Jolanda come torri angolari del castello, che era molto più piccolo. Nel

museo di palazzo Madama a Torino (nella Sala Acaia) troviamo sopra la porta di acceso una

lapide, proveniente quasi certamente dal castello di Moncalieri, con lo stemma di Jolanda, le

iniziali unite di Amedeo e Jolanda e una scritta che ricorda il restauro del castello da parte di

Yolant.

Il castello di Moncrivello, al quale Jolanda lavorò a più riprese, era la residenza preferita di

Jolanda. Oggi il castello è usato per cerimonie ed è visitabile durante manifestazioni civiche.

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Un’opera di Jolanda di cui restano tracce evidenti in Piemonte è il canale detto “Naviglio di

Ivrea”. Questo canale, che esiste ancora, anche se integrato nel complesso dei molti canali del

vercellese, congiunge Ivrea e Vercelli.

Pensato già da Amedeo VIII, la sua realizzazione era stata abbandonata, sino a quando, nel

1466, Jolanda vi pose mano, arrivando a completarlo nel 1474.

Fu un'opera di impegno notevole: da Ivrea a Vercelli, il canale compie un percorso di ben 70

km, su un dislivello di circa 160 metri.

Il suo scopo era molteplice: trasporto con barche, forza motrice per mulini, irrigazione. Lo

scopo principale era il primo, perché la Dora Baltea era una sorta di torrente poco navigabile,

mentre il Sesia si risaliva bene sino a Vercelli. Solo in seguito l'uso prevalente diventò il terzo.

L'esistenza di un arco di colline moreniche ha obbligato a far fare al canale un'ansa, per farlo

uscire dallo stesso varco per cui passa la Dora, ma in quel punto il canale scorre circa 20 metri

più in alto del fiume. (Per inciso, osserviamo che sulle colline presso questo varco c'è

Moncrivello).

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Il successore di Amedeo IX è Filiberto I, nato nel 1465 e che ha 7 anni (e non avrà vita lunga).

Come già detto, Jolanda riesce a rimanere reggente, nonostante le richieste di Filippo di

Bresse, perché i cognati sono impegnati in altre faccende e sono discordi tra loro, e anche

perché Galeazzo Sforza, con il quale Jolanda ha rinnovato l’alleanza, sostiene la sua causa

(Gaelazzo è il figlio di Francesco, che fu il primo degli Sforza ad essere duca di Milano).

Verso il 1474 Jolanda si avvicina sempre più al duca di Borgogna, pur senza dar segno di

volere passare decisamente dalla sua parte. I motivi di questo avvicinamento, che non è

condiviso da tutta la corte e che non si rivelerà una buona idea, sono molteplici:

- essere amica con tutti per non essere dominata da nessuno;

- il risentimento verso il fratello che favorisce troppo Filippo;

- il fascino del grande progetto di Carlo il Temerario, che le fa anche balenare la possibilità di

condividerlo, attraverso il possibile matrimonio tra la sua figlia Maria e Filiberto.

Questo avvicinamento fa percepire agli Svizzeri la Duchessa come loro nemica, anche se

tradizionalmente gli Svizzeri e i Savoia avevano sempre avuto buoni accordi. Ad esso si

aggiungono poi due altri fatti:

- provocazioni di Giacomo signore del Vaud contro mercanti svizzeri;

- adesione degli Sforza a una alleanza con Carlo il Temerario (firmata Moncalieri nel 1474).

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Gli Svizzeri passano all’azione: nel 1475 i Bernesi e gli uomini di Friburgo invadono e

devastano il Vaud. Anche gli uomini del Vallese, zona importante per il controllo del passo del

Gran. S. Bernardo si ribellano ai Savoia.

Nell'inverno del 1475-1476 Jolanda passa le montagne e accorre per aiutare Giacomo nella

riconquista del Vaud. Jolanda si muove anche perché Carlo il Temerario si appresta a scendere

nel Vaud, come alleato di Jolanda ma comunque avido di terre.

Il duca di Borgogna si sposta con il suo formidabile esercito. Ha quasi scrupolo ad andare a

schiacciare dei montanari. Luigi XI ha in quel momento stabilito con lui un trattato di non

aggressione: vuole astutamente spingerlo contro gli Svizzeri, che sa non così sprovveduti.

Le vicende della guerra si giocano intorno ai laghi di Neuchatel e di Morat.

Carlo riconquista la cittadina di Grandson, già savoiarda e occupata dagli Svizzeri, impiccando

400 difensori, ma poco dopo è sorpreso e sconfitto dagli Svizzeri nei pressi della stessa città.

Ha poche perdite umane, tanto la fuga delle sua truppe è stata precipitosa, ma perde molti

materiali e artiglierie.

Due mesi dopo Carlo assedia la cittadina di Morat, ma è sorpreso dagli Svizzeri e sonoramente

sconfitto. Si parla di un tumulo con migliaia di corpi Borgognoni, che i Francesi hanno

distrutto ai tempi della rivoluzione.

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I luoghi delle due battaglie.

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Le due battaglie di Grandson e Morat mostrano la superiorità delle fanterie svizzere armate di

lunghe picche sulla cavalleria di Carlo: l’epoca del dominio da parte della cavalleria pesante

medioevale è al tramonto.

Le due sconfitte, particolarmente quella di Morat, hanno l’effetto di abbattere la potenza di

Carlo il Temerario, che non riuscirà più a riprendersi e l’anno successivo sarà di nuovo

sconfitto e ucciso in battaglia: il sogno di dominio dei duchi di Borgogna è finito. La Borgogna

tornerà poco dopo alla Francia; all’erede di Carlo il Temerario, la figlia Maria, resteranno solo

i Paesi Bassi.

Si può dire che la battaglia di Morat sia stata una delle battaglie che hanno condizionato la

storia europea. (Tra le leggende della storia della Svizzera vi è quella del messaggero che corre

per 22 km da Morat a Friburgo per portare la notizia della vittoria, e cade morto appena

arrivato; dalla fronda che il messaggero portava con sé si dice abbia avuto origine il grande

tiglio ancor oggi presente sulla piazza del municipio di Friburgo).

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Subito dopo la sconfitta, Carlo il Temerario si incontra con Jolanda e le chiede di seguirlo in

Borgogna con il Duchino: Jolanda si sta spostando infatti con le tre figlie e due dei suoi figli (il

duca Filberto e Giacomo Luigi, mentre Carlo è presso Luigi XI). Jolanda rifiuta e Carlo,

avendo capito che lei vuole passare dalla parte del fratello, organizza un rapimento mentre lei

sta andando a Ginevra.

Il suo obiettivo è soprattutto Filiberto, ma il piccolo duca e il fratello sono salvati da cavalieri

piemontesi. Jolanda e le figlie sono fatte prigioniere e richiuse da Carlo nel castello di

Rouvres, presso Digione.

Carlo il Temerario furibondo non incontra nemmeno Jolanda. Continuerà la lotta con poche

speranze, ma un anno dopo sarà sconfitto e ucciso in battaglia.

Questa avventura della Duchessa è oggetto di un quadro del pittore ottocentesco Gonin cha ha

dipinto molte tela che hanno come soggetto la storia dei Savoia. Questa tela è a Superga, negli

appartamenti reali. Anche lo scrittore Luigi Gramegna,che allo inizio del '900 ha scritto una

seria di romanzi sulla storia sabauda centra attorno a questo episodio il suo romanzo "Il

castello di Rouvres“.

Luigi XI si pone come protettore del Ducato di Savoia e, in assenza di Jolanda, si fa dare la

reggenza (nomina Filippo governatore del Piemonte, cosa che non piace molto ai Piemontesi).

Convince gli Svizzeri, con il trattato di Friburgo, a restituire al Ducato le terre tolte (I Savoia

devono però pagare una grossa cifra agli Svizzeri, che tengono anche alcune fortezze nella

zona del Vaud e il basso Vallese: il predomino dei Savoia nella zona è finito).

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Luigi fa liberare Jolanda dalla sua prigione, dopo qualche mese si riconcilia con lei ("Signora

Borgognona siate la benvenuta"; lei risponde "sono vostra fedele suddita" come a dire: in

fondo mi sono solo difesa dagli Svizzeri)

Jolanda rientra in Piemonte; per farlo ha qualche problema nel far sgomberare Filippo, ma ci

riesce con l'aiuto di Galeazzo Sforza. Risiede prevalentemente nel suo castello di Moncrivello,

dove si fa portare nella sua ultima malattia e dove muore nel 1478. Viene sepolta nella

cattedrale di Vercelli, dove c’è già Amedeo IX.

Il piccolo Duca alla morte della madre ha solo 12 anni; Luigi XI impone al Ducato un

luogotenente francese (la Chambre) ma poi permette che Filippo di Bresse lo destituisca e lo

faccia arrestare (a Torino dove era venuto insieme con il Duchino): a governare di fatto il

Ducato restano Filippo e il fratello Giacomo (1481).

Filiberto sarebbe forse diventato un buon Duca, ma nel 1482 muore a Lione, a soli 17 anni: si

dice che fosse appassionato cacciatore e che siano stati gli strapazzi di questo sport a costargli

la vita; probabilmente lo furono gli strapazzi e le emozioni dei molti trasferimenti che dovette

fare durante i turbolento periodo del suo regno. Sposato con Bianca Maria Sforza, non ebbe

figli. (Lei sposò poi l’Imperatore Massimiliano, vedovo di Maria di Borgogna)

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Nato nel 1468 ed educato presso lo zio Luigi XI, Carlo I è molto legato al cugino, il futuro re

Carlo VIII.

Quando diventa Duca, Carlo I ha 14 anni e quindi può prendere il potere; Luigi XI conferma

Filippo di Bresse come consigliere del giovane duca, ma Carlo I lo spinge a lasciar la carica,

riuscendo persino, dopo un periodo di tensione, a fargli ben accettare questa decisione.

Filippo di Bresse si reca alla corte di Francia e stabilisce buoni rapporti con Carlo VIII, salito

al trono nel 1483.

Nel 1485, Carlo I sposa Bianca del Monferrato. Gli sposi (17 anni lui e 14 lei) si stabiliscono a

Torino, che comincia ad avere un ruolo quasi di capitale del Ducato. Nel 1487 hanno una

figlia, Jolanda Ludovica, e nel 1488 nasce un erede: Carlo Giovanni Amedeo: (Carlo dal

padrino Carlo VIII, Giovanni perché nato la vigilia di S. Giovanni e Amedeo come il nonno) .

Carlo I e Bianca conquistano subito la stima dei sudditi, i quali sperano molto nel nuovo Duca,

che ha in programma un affrancamento dal troppo stretto legame con la Francia.

In occasione della presa di potere del nuovo Re di Francia (Carlo VIII) e del nuovo Duca di

Savoia (Carlo I), il Marchesato di Saluzzo si trova in mezzo a una contesa: entrambi i nuovi

principi vogliono l’omaggio del Marchese. Ne nasce una serie di incidenti, e Carlo I nel 1487

occupa il Marchesato (di qui probabilmente il suo soprannome). Invitato presso Carlo VIII per

risolvere la questione, prima che si giunga a una conclusione Carlo I viene a morte nel 1490, a

22 anni. La sua morte improvvisa ha anche fatto sorgere il sospetto di un avvelenamento da

parte del marchese di Saluzzo.

La sposa, a 19 anni,si trova dover affrontare tutti i problemi del Ducato, perché l’erede ha solo

poco più di un anno.

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Come abbiamo già detto, Carlo I nel 1487 ha ricevuto dalla zia Carlotta il titolo di re di Cipro,

Gerusalemme e Armenia.

Negli anni seguenti, e sino all’inizio del ‘700, il proclamarsi re di Cipro creerà forti dissapori

tra la corte dei Savoia e Venezia. Lo stemma reale di Cipro compare nel “quarto di pretesa” (in

alto a sinistra) degli stemmi che i Savoia adotteranno da Amedeo I a Carlo Felice.

Alla corte di Carlo I e di Bianca del Monferrato, raffinata e governata con intelligenza dalla

Duchessa, servì come paggio il celebre Bayard (spesso italianizzato in Baiardo) che viene

sempre associato all’idea del “cavaliere senza macchia e senza paura”.

Vissuto dal 1476 al 1524, originario della zona del Delfinato, il suo nome completo era Pierre

Terrail signore di Bayard. Nel 1515, al termine della vittoriosa battaglia di Marignano, il re di

Francia Francesco I vorrà essere ordinato cavaliere dalle mani del Bayard, suo suddito, che si

era distinto in molte battaglie.

Nel 1524, non lontano da Rovasenda, mentre protegge la retroguardia dell’esercito francese

nel passaggio del Sesia, Bayard è ferito a morte da un colpo di moschetto, arma tutt’altro che

cavalleresca.

In diverse città francesi (ad esempio Grenoble) c’è un monumento che lo ricorda, e insieme a

lui celebra gli ideali della Cavalleria, che si dice sia morta con lui.

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Carlo Giovanni Amedeo (da qualcuno chiamato Carlo II, con la conseguenza che il successivo

Carlo a diventare Duca sarà dagli stessi chiamato Carlo III, invece che Carlo II) è figlio di

Carlo I e di Bianca del Monferrato; nato nel 1488 diventa Duca a poco più di un anno. Bianca,

riconosciuta tutrice, ha 19 anni, si appoggia a consiglieri da lei scelti e inizialmente respinge la

richiesta di Filippo di Bresse che vuole entrare tra i consiglieri. Sotto la pressione della Francia

e di Ludovico il Moro, Bianca è ben presto costretta a restituire il marchesato a Federico II di

Saluzzo e ad accettare Filippo come consigliere. Sorgono contrasti tra Savoiardi e Piemontesi,

in quanto tutti vogliono il bimbo tra di loro; Bianca chiede un arbitrato agli Stati Generali: la

sentenza le consente di stabilirsi a Torino con il figlio.

Il Ducato è scosso da diversi eventi: dissidi tra baroni savoiardi, rivolta popolare nel Fauciny

(soppressa duramente da Filippo) pestilenza a Torino (il Duchino viene portato prima a Ivrea e

poi a Vercelli). Grazie alla sua abilità, la reggente sa conservare buono rapporti con l’Impero.

Sotto la reggenza di Bianca, molto pia, ha iniziò nel 1490 la costruzione del Duomo di Torino.

Nel 1494 Carlo VIII, su invito di Ludovico il Moro, scende in Italia contro il Re aragonese del

regno di Napoli. Passa dal Piemonte, entrando dal Monginevro; Filippo di Bresse lo

accompagna sino a Napoli, con compiti importanti. La duchessa è costretta a consegnargli

gioielli e denari. Alla fine del 1494 Carlo VIII, pressato da una coalizione antifrancese (senza

il Ducato di Savoia) deve tornare in Francia, lasciando al sud un regno che sarà ben presto

ripreso dagli Aragonesi.

Nel 1496 Carlo Giovanni muore e Filippo di Bresse diventa finalmente il duca Filippo II.

Bianca lascia il potere a Filippo II (ma probabilmente partecipa ancora ai consigli) e si dedica

all’educazione della figlia Jolanda Ludovica, che a 9 anni è sposata a Filiberto, figlio ed erede

di Filippo.

Bianca muore a Carignano nel 1519, dove è ancora sepolta nella chiesa degli Agostiniani.

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Sale al potere nel 1496 a 53 anni (è nato nel 1443) e tiene il potere solo fino all’anno

successivo.

Filippo II governa in un modo più saggio di quanto le sue precedenti azioni non avrebbero

fatto sperare. Si rende conto che il ducato è troppo sbilanciato verso la Francia e riesce a

ricucire i rapporti con l’Impero. Si pone l’obiettivo di tenere il ducato al di fuori della lotta tra

Francia e Impero che stava per scatenarsi (all’Impero si era unito anche Ludovico il Moro, lo

Sforza confermato Duca con l'aiuto dell'Imperatore, avendo con capito che la Francia voleva il

Milanese )

Filippo II muore improvvisamente a Chambery nel 1497; è sepolto ad Altacomba.

Lo stesso anno muore in un banale incidente Carlo VIII, a 28 anni e senza figli; gli succede

Luigi XII del ramo di Orleans.

Filippo ebbe due consorti:

- la prima è Margherita di Borbone, che gli diede un figlio, Filiberto (che sarà duca Filiberto

II) e un figlia, Luisa (che sarà madre del re Francesco I);

- la seconda è Claudia di Bretagna; sposata nel 1485, che gli diede 4 maschi e due femmine.

Tra loro: Carlo (poi duca Carlo II), Filippo (che sarà capostipite dei Savoia Nemour) e

Filiberta (che sposerà Giuliano de Medici, fratello del papa Leone X).

Filippo ebbe anche diversi figli illegittimi, tra i quali (da una dama di Carignano, Libera

Portoneri) Renato, detto “il gran bastardo di Savoia” e del quale riparleremo in seguito.

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Nato nel 1480, Filiberto è figlio di Filippo II e della sua prima moglie Margherita di Borbone;

sposa Jolanda Ludovica, figlia di Carlo I, ancora bambina e che muore a soli 12 anni. Non

possiede l’energia e l’intraprendenza del padre, ma vicino a lui c’è il fratellastro Renato (figlio

illegittimo di Filippo) che ha già dato prova di abilità politica.

Il nuovo Re di Francia, Luigi XII, ha nelle sue mire il ducato di Milano. Alleatosi con Venezia,

nel 1499 chiede di attraversare il Piemonte per raggiungere il Milanese. Filiberto e Renato non

possono opporsi, ma riescono a strappare a Luigi XII promesse riguardanti in particolare terre

nel milanese e sono con lui quando entra in Milano. Luigi XII non mantiene però le promesse.

Nel 1501, per bilanciare il pericolo francese, Filiberto sposa Margherita d’Austria, figlia

dell’Imperatore Massimiliano. Questa decisione è anche suggerita da Renato e dal consiglio

della Savoia. Margherita arriva al matrimonio con Filiberto dopo essere stata dall’infanzia

promessa a Carlo VIII di Francia e dopo un breve matrimonio con Giovanni di Aragona, morto

prematuramente.

La sposa mostra una forte volontà, che ha il sopravvento su quella del Duca, e viene in

contrasto con Renato. Quest’ultimo è costretto a lasciare la corte di Savoia e andare a quella di

Francia, dove c’è Luisa di Savoia (figlia di Filippo II) moglie del duca di Angouleme; sposa

poi Anna Lascaris, erede della contea di Tenda; morirà poi nella battaglia di Pavia,

combattendo per i Francesi.

La politica di Filiberto, sotto l’influenza di Margherita, prende un andamento decisamente filo-

imperiale, ma nel 1504 Filiberto viene a morte, a soli 24 anni.

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Con le sue azioni che orientano il Ducato verso l’Impero, Margherita d’Austria ha influenzato

notevolmente la storia dei Savoia, anche se è restata a corte per poco tempo.

Dopo la morte di Filiberto torna nelle Fiandre (dove sarà anche governatrice) passando mano

al nuovo Duca, ma continuando a odiare Renato e a fare azioni contro di lui.

Addolorata per la perdita di Filiberto, fa erigere nella chiesa a Brou, presso Bourg en Bresse,

una grandiosa Certosa, nella quale colloca un gran monumento per seppellirvi il marito, e nella

quale sarà poi sepolta anche lei, 30 anni dopo.

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La situazione internazionale che si creerà negli anni successivi, caratterizzata dalla rivalità tra

due personaggi: Francesco I di Francia e Carlo V Imperatore.

Quando nel 1515 muore Luigi XII, sale al trono Francesco I (nato nel 1494) figlio del duca di

Angouleme (cugino primo di Luigi XII, che non ha eredi diretti) e di Luisa di Savoia, figlia di

Filippo II.

La madre Luisa, donna energica, aveva una forte influenza su Francesco I; questo fatto non è

favorevole per il Ducato, poiché Luisa non amava il fratellastro Carlo; diventata una vera

francese, Luisa fu sostanzialmente nemica dei Savoia.

Nel 1515 il re Francesco I vuole riconquistare il Milanese, che i Francesi hanno dovuto

abbandonare nel 1513, dopo la precedente conquista di Luigi XII. Appoggiato da Veneziani

scende in Italia e si scontra a Marignano contro gli Svizzeri delle truppe papali (il Papa è in

questo momento protettore degli Sforza). La battaglia è terribile (qualcuno parla di 20000

morti) ed è una grande vittoria dei Francesi.

Dalla vittoria Francesco I ottiene molto: il potere sul Milanese, un patto di pace con i temibili

(ma meno di prima) Svizzeri, un concordato con il Papa che gli dà in pratica il controllo della

Chiesa francese.

La gloria ottenuta lo rende sempre più ambizioso e (pensando forse a Carlomagno) si propone

come candidato al trono imperiale. (L’impero era all’epoca un agglomerato di Principati, i cui

signori eleggevano l’Imperatore, che riconoscevano come loro signore; l’imperatore aveva

inoltre una signoria, sostanzialmente formale e teorica, sui territori dell’antico Impero, Ducato

di Savoia incluso). Trova però a contrastarlo Carlo V di Asburgo.

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Carlo d’Asburgo (nato a Gand, ora nel Belgio, nel 1500) si era trovato capo di un enorme

territorio: si può dire che avesse ereditato un regno da ciascuno dei suoi nonni.

I nonni materni erano Isabella di Castiglia e Ferdinando; sposi nel 1469, Isabella era l’erede

del regno di Castiglia e Leon, uno dei due regni in cui era suddivisa l’attuale Spagna;

Ferdinando era erede della Corona di Aragona, comprendente l’Aragona vera e propria

(nell’interno) la Catalogna e la provincia di Valencia. I due regni si erano così uniti di fatto,

pur restando formalmente separati. In assenza di maschi, erede dei due era la figlia Giovanna.

I nonni paterni erano l’Imperatore Massimiliano, signore dei territori degli Asburgo, e Maria di

Borgogna, erede di quel che restava delle terre di Carlo il Temerario, cioè i Paesi Bassi.

Avevano avuto due figli, Filippo (detto il Bello) e Margherita (sposa di Filiberto II di Savoia).

Filippo il Bello aveva sposato Giovanna la Pazza, che gli aveva dato due figli: Carlo e

Ferdinando. Filippo il Bello era morto giovane e Giovanna era completamente impazzita (o

almeno era stata dichiarata tale) tanto che a prendersi cura di Carlo era stata la zia Margherita,

vedova del duca di Savoia.

Carlo riesce a essere eletto Imperatore (nel 1520) battendo nella gara Francesco I. Aveva così

tanto potere da cercare di prendersi anche l’Italia del nord, in particolare il Milanese. Con la

battaglia della Bicocca, vicino a Milano, nel 1522 caccia i Francesi dalla zona; Francesco I

vuole riconquistarla e scende in Italia nel 1525, ma Carlo V lo sconfigge rovinosamente a

Pavia, dove lo fa anche prigioniero. Il sogno di potenza di Francesco I è finito (in

quell’occasione scrive alla madre: ”tutto è perduto fuorché l’onore e la vita, che è salva”).

Carlo V lo tiene prigioniero per un anno a Madrid; poi lo libera, dopo avergli estorto una serie

rinunce e di impegni, ma poco dopo Francesco I rinnega quanto concordato e ricomincia la

lotta contro di lui.

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Carlo II è figlio di Filippo II e di Claudia di Bretagna ed è nato nel 1486. Nel 1504 succede (a

18 anni) al fratellastro Filiberto II, e regna a lungo (anche se alla fine il suo potere sarà assai

ridotto).

Il primo problema, Carlo II lo ha con la sorella Luisa, che sostiene di essere l’erede legittima

del Ducato, perché Carlo è figlio di secondo letto di Filippo II. La pretesa, assurda, è respinta

da Carlo.

Carlo non è preparato a fare il duca e non ha alcun senso della diplomazia; ha pure un fisico

infelice. Temendo la guerra persegue a tutti i costi una politica di pace, che condotta in modo

debole si rivela disastrosa.

In aggiunta, dispone di poco denaro; il fatto di dover dare un appannaggio alle tre vedove dei

suoi predecessori (Bianca del Monferrato, Claudia di Bretagna e Margherita d’Austria) e le

rendite dovute per la dote della sorella Luisa aggravavano le cose. Gli Stati Generali, che

mostrarono sempre poca fiducia in lui, gli negano a più riprese il denaro richiesto, e lo stato

resta in balia delle potenze straniere che si stanno battendo in Italia.

Come conseguenza di tutto ciò, il suo regno sarà il momento più brutto dello stato sabaudo. Di

conseguenza Carlo II è spesso presentato come un duca incapace e di poco valore;

recentemente però si inizia a riconoscere l’oggettiva difficoltà della sua posizione e a

considerare anche i suoi meriti, quale quello do avere sempre reclamato con ostinazione i suoi

diritti e di avere ben indirizzato il figlio Emanuele Filiberto.

Nel 1508 e poi nel 1510 i Cantoni Svizzeri, che dopo la sconfitta della Borgogna sono consci

della loro potenza militare, estorcono a Carlo II una gran quantità di denaro, con la scusa di

una pretesa donazione promessa da Carlo I: un falso clamoroso (fabbricato dal notaio Dufur),

ma che serve a giustificare una estorsione fatta con la minaccia dell’uso della forza.

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Carlo II si mantiene fedele alla Francia, docile alleato di Luigi XII.

Quando nel 1508 Luigi XII e il papa Giulio II organizzano una lega contro Venezia; Carlo II

vi aderisce, anche pensando di ottenerne Cipro, ma la cosa finisce in nulla.

Quando, nel 1513, i Francesi sono sconfitti presso Novara e cacciati dal Milanese, le truppe

svizzere del Papa, per vendicarsi dell’alleanza di Carlo II con la Francia saccheggiano terre

piemontesi.

Nel 1515 sale al trono Francesco I, che è suo nipote. Carlo II conta sul suo aiuto e sulla sua

amicizia e lo accoglie calorosamente a Torino, quando è diretto in Lombardia per la campagna

che lo porterà alla vittoria di Marignano (1515); ma Francesco I deluderà questa speranza,

anche per l’ostilità della madre Luisa nei confronti di Carlo II.

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Per appoggiarsi anche all’Impero, dove Carlo d’Asburgo è riuscito ad arrivare al trono

battendo Francesco I grazie all’appoggio dei banchieri, Carlo II sposa Beatrice del Portogallo,

sorella di Isabella futura sposa dell’Imperatore Carlo V.

Beatrice e ra figlia del re Manuele I del Portogallo e di Maria di Castiglia; sarà lei a portare in

casa Savoia il nome Emanuele.

La sposa giunge a Nizza nel 1521; lei ha 17 anni e lui ha 35 anni. Beatrice sarà per Carlo

un’ottima consorte e una preziosa consigliera; gli darà nove figli, dei quali però uno solo

sopravvive alla giovinezza (il futuro Duca, Emanuele Filiberto).

Beatrice muore di parto a Nizza nel 1538, a soli 34 anni.

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Dopo la battaglia di Pavia, del 1525, che vede Francesco I prigioniero e in difficoltà, Carlo II

cerca di mediare tra lui e Carlo V. Francesco I gli pare grato, ma in seguito non si mostra certo

generoso con lui.

Quando, nel 1526, Francesco, liberato, rinnega le promesse che gli sono state estorte e

riprende la lotta contro Carlo V, il Duca di Savoia cerca ancora di fare da paciere. Nel 1529 si

arriva alla pace di Cambrai (detta anche “delle due dame” alludendo a Luisa di Savoia e

Margherita d’Austria); con questa pace Francesco I rinuncia al Milanese. (Due anni prima c’è

stato il famoso “sacco di Roma” con il quale Carlo V ha voluto punire il Papa, che appoggiava

i Francesi).

Nel 1528, il fratello Filippo, duca del Genevese, abbandona la causa di Carlo II e passa

decisamente dalla parte dei Francesi. Francesco I lo ricompensa con il titolo di duca di Nemour

(sarà il capostipite della linea dei Savoia Nemour).

Nel 1530 Carlo II va a Bologna per l’incoronazione di Carlo V con la Corona Ferrea, e nel

corteo porta personalmente la corona. Carlo II fa la conoscenza diretta di Carlo V: gli chiede

Cipro. Carlo V non soddisfa questa richiesta (del resto poco sensata) ma dona alla Duchessa la

Contea di Asti, che la Francia ha dovuto cedere con la pace di Cambrai.

Carlo II cerca anche di ottenere da Carlo V il Monferrato, dove la dinastia dei Paleologo si è

estinta, ma Carlo V tergiversa, e nel 1536 lo darà ai Gonzaga di Mantova, che vuole alleati.

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Nella città di Ginevra, dal 1515 sorgono dei movimenti contrari ai Savoia, che, pur non

appartenendo la città al ducato di Savoia, detengono da tempo la carica di Visdonno e spesso

anche quella di Vescovo, così da esercitare il potere di fatto. Questi movimenti sono

appoggiati dai Cantoni Svizzeri.

I cittadini di Ginevra si dividono in due partiti “Mamelucchi”, fedeli al Savoia, e i

“Confederati”, partigiani dei Cantoni svizzeri. Questi ultimi sono soggetti anche a una dura

repressione (1519) come ribelli.

Nel 1526 i ribelli si alleano formalmente con Berna e Friburgo e cacciano il partito dei Savoia.

La città adotta la riforma religiosa. La scritta ancora oggi alla base dello stemma di Ginevra

allude a questo cambiamento.

Carlo II tenta di riprendere Ginevra con le armi, ma i Cantoni proteggono la città. In aggiunta,

per ritorsione contro le azioni dei Savoia verso Ginevra, nel 1536 i Bernesi occupano Vaud e

Chiablese.

Il Chiablese (non completamente) sarà riottenuto dopo diversi anni, grazie alla abilità militare

e diplomatica di Emanuele Filiberto.

Il Vaud sarà perduto per sempre dai Savoia. La popolazione del Vaud rimpiangerà i Savoia,

perché i Bernesi saranno dei padroni alquanto duri: il Vaud non diventa un cantone svizzero,

ma un “Baliaggio” (una sorta di colonia) di Berna. Un tentativo di rivoluzione sarà fatta da

patrioti del Vaud nel 1723 per ottenere la libertà, ma sarà duramente represso (e il suo

animatore, il maggiore Davel, giustiziato). Solo con il periodo napoleonico il Vaud riuscirà ad

essere un cantone, libero dai Bernesi e con pieni diritti.

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Nel 1535 muore l’ultimo degli Sforza (Francesco, secondo figlio di Ludovico il Moro) e Carlo

V occupa Milano. Francesco I vuole intervenire e chiede a Carlo II libero passaggio nel

Ducato e la consegna di fortezze; Carlo II rifiuta, sperando in un aiuto di Carlo V, ma questi

non interviene e i Francesi occupano la Savoia e parte del Piemonte. Entrano a Torino nel

1536 e Carlo II deve fuggire, prima a Vercelli e poi a Nizza. La Duchessa Beatrice tenta di

organizzare una resistenza in Tarantasia.

Il Piemonte diventa zona di guerra tra Francesi e Spagnoli. Nel 1538 si hanno nuove trattative

di pace, che portano a una tregua di 10 anni: il Ducato resta spartito tra Francesi e Spagnoli, e

Carlo II teme che questo possa preludere a una pace definitiva, con condizioni simili.

Nel 1540 Carlo II si reca dall’Imperatore, e lo accompagna poi sino a Genova: da lui non

ottiene nulla, ma ha l’occasione per presentargli il figlio Emanuele Filiberto, subito apprezzato

da Carlo V. Cinque anni dopo, nel 1545, Carlo II manda il figlio Emanuele Filiberto a

combattere presso l’Imperatore, dove farà molta strada.

Nel 1543 i Francesi e il Barbarossa, celebre corsaro mussulmano loro alleato, assediano Nizza.

La Francia, con l’appoggio del Papa, aveva già fatto due tentativi di farsi dare la città (nel

1528 e nel 1538) con la scusa che serviva come sede per trattative di pace. La città cade, ma il

castello resiste sino a quando non arrivano truppe di soccorso a cacciare gli assalitori.

Nel 1548 a Francesco I succede il figlio Enrico II, ma la situazione in Piemonte, occupato da

due diverse nazioni straniere, sostanzialmente non cambia. A Carlo II restano in pratica solo

più i territori di Nizza, Aosta e Vercelli.

Nel 1553 muore a Vercelli, dove è sepolto nella chiesa di S. Eusepio. (ora è nella stessa

cappella dove ci sono le spoglie di: Amedeo IX, Carlo I, Vittorio Amedeo I e di Jolanda).

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