Anno 11, numero 11(113) - Nov. 2014 uria e pastorale per ... · è conclusa alla vigilia della...

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Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della C Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della C uria e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni uria e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 11, numero 11(113) - Nov. 2014 Anno 11, numero 11(113) - Nov. 2014

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Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degliartefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propriainsindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubbli-cati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizza-zione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Tipolitografia Graphicplate Sr.l.

RedazioneCorso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaborato inoltre:

S.E. mons. Vincenzo Apicella, mons. Franco Risi,don Alessandro Tordeschi, don Gaetano Zaralli, donAntonio Galati, Suore Apostoline Velletri, p.Vincenzo Molinaro, sr. Francesca Langella, donMarco Nemesi, don Daniele Valenzi, p. VincenzoMolinaro, Marta Pietroni, Laura Dalfollo, MassimoIntrovigne, Giovanni Zicarelli, Tiziana Pagliara, RobertoCaramanica, Gabriella Fioramonti, Antonio Venditti,Sara Gilotta, Mara Della Vecchia.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:

Nozze di Cana, Von Schnorr C.J., 1819, Amburgo.

- Sinodo: l’Evangelo della famiglia va annunciato come via e orizzonte di vita,

+ Vincenzo Apicella p. 3

- Sinodo: opportunità e responsabilità in

una chiesa senza veli,

Laura Dalfollo p. 5

- Sinodo, si comincia. Da alcuni punti fermi,

Massimo Introvigne p. 6

- Conferenza stampa di Papa Francesco

durante il volo di ritorno dalla Corea,

Stanislao Fioramonti p. 7

- Gli ammonimenti di Papa Francesco,

Sara Gilotta p.10

- Il disorientamento morale, inganno educativo della nostra società,

Marta Pietroni p. 11

- Convocati per ascoltare la Sua parola,don Alessandro Tordeschi p. 12

- Mamma e figlio, mirabile unità,

don Gaetano Zaralli p. 14

- Fiducia, comunione e vita: la parrocchia

educa alla preghiera,

mons. Franco Risi p. 15

- Il volontariato internazionale di Gabriellain Perù / 2, Gabriella Fioramonti p. 16

- Anno dei religiosi / 1: la santità dei religiosi

esempio e testimonianza della santità di tutti,

don Antonio Galati p. 19

- Vita Consecrata in Ecclesia Hodie Evangelium,

Prophetia, Spes p. 20

- 2015. Un Anno dedicato alla Vita Consacrata,

Stanislao Fioramonti p. 20

- “Bene comune della famiglia umana” : messaggio per la 64

a Giornata nazionale

del Ringraziamento, Commissione Ep. per i Problemi sociali , lavoro, giustizia e pace p. 23

- La Chiesa intercetta il cammino della famiglia,p. Vincenzo Molinaro p. 25

- “I pomeriggi dell’Ufficio catechistico”: Riscoprire la narrazione, sr. Francesca Langella p. 26

- C.E.I., SALERNO, 24.10.2014 - Convegno

Nazionale: “Nella precarietà, la Speranza” p. 27

- Colleferro, parrocchia S. Bruno: rinnovata

l’Esultanza per il suo patrono,

Giovanni Zicarelli p. 29

- La Diocesi ad Assisi per la Festa di

San Francesco e l’offerta dell’olio,

Roberto Caramanica p. 30

- Lariano: seconda esperienza Camminata

sui passi della fede,

Tiziana Pagliara p. 32

- Il sacro intorno a noi / 7: l’eremo di San Leonardo e la rava S. Maria a Sgurgola,

Stanislao Fioramonti p. 33- Educare oggi : Madri e figlie,

Antonio Venditti p. 35- “Actus Tragicus” , Johann Sebastian Bach,

Mara Della Vecchia p. 36- La Cappella di san Brizio nel Duomo di Orvieto / 1,

don Marco Nemesi p. 38

- Nomine e decreti vescovili p. 37

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� Vincenzo Apicella, vescovo

PPer una combinazione, che può apparire casuale solo a chi nonè abituato a tenere in conto i progetti della Provvidenza, la IIIAssemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi si

è conclusa alla vigilia della Beatificazione di Papa Paolo VI, colui cheseppe tradurre in forma concreta e stabile l’ispirata intenzione delsuo predecessore, San Giovanni XXIII, di ristabilire in modo permanentelo stile sinodale nella vita della Chiesa Cattolica Romana.Di questa preziosa consegna Papa Francesco ne ha fatto uno deipunti qualificanti del suo Pontificato, tanto da indire contemporaneamentedue Sinodi dei Vescovi, a distanza di un anno l’uno dall’altro e sul-lo stesso tema della famiglia.Qualcuno ha fatto notare che anche il primo Sinodo convocato daSan Giovanni Paolo II, all’indomani della sua elezione a Vescovo diRoma, trattava dello stesso argomento ed ha attribuito la somiglianzaalla provenienza di ambedue dalla conduzione diretta di una gran-de Diocesi, il che aiuta a percepire le priorità dei problemi e dellesfide, che la Chiesa è chiamata ad affrontare.Certamente, la famiglia non è un problema, ma una risorsa, che però,come tutte le risorse, oggi corre il rischio dell’inquinamento, se nondell’esaurimento. E’ necessario, allora, che la gioia dell’evangeliz-zazione si estenda anche a questo ambito, che è quello originarioe permanente di ogni esistenza umana ed anche quello in cui piùmassicciamente si fanno sentire le mutazioni culturali e sociali in cuisiamo tutti coinvolti. Papa Francesco ha dettato all’inizio lo stile ed il metodo dei lavorisinodali, presenziando poi a tutte le Congregazioni, senza interve-nire nel dibattito, salvo concluderli con un applauditissimo discorsofinale. Lo stile doveva essere quello di “parlare chiaro”, con libertàe senza giri di parole, con la piena consapevolezza della propria respon-sabilità episcopale, ma, prima ancora, di “ascoltare con umiltà” quan-to gli altri vescovi ave-vano da comunicare,nella ricerca della via sucui il Signore stessointende condurre il Suogregge. Se questo è stato lo sti-le dei lavori, non sivede perché debba aversuscitato tanta meravi-glia la diversità delle opi-nioni su tanti argomen-ti scottanti e la vivacitàdella discussione, chericorda quella delleSessioni conciliari dicinquant’anni fa, segnodi vitalità e di passioneapostolica. Anche ilmetodo ha ricalcato lastesso percorso, arti-colandosi su tre momen-ti dello stesso impegno:“ascoltare”; ascoltareanzitutto “la gente”, i suoiproblemi concreti, lesue ansie, le sue gioie

e le sue fatiche nel contesto sociale e culturale di oggi e questo, perla prima volta, è avvenuto anche nella fase preparatoria del Sinodo,con un questionario a cui sono state chiamate a rispondere tutte leDiocesi del mondo.Quindi l’ascolto di Cristo, della sua Parola, dell’Evangelo, che illu-mina la nostra storia e che per la Chiesa è l’unico e insostituibile pun-to di riferimento, di cui siamo costituiti servi e non padroni, interpretied annunciatori, senza cedimenti o accomodamenti, pertanto chia-mati ad una fedeltà che non può tollerare alcuna alterazione dei con-tenuti fondamentali della fede. Infine l’ascolto reciproco, che nel Sinodoha trovato ampio spazio, soprattutto nel tornante tra le due settimane,quando si è trattato di discutere il documento che sintetizzava la pri-ma fase dei lavori, quella delle Congregazioni generali, per esserepoi esaminato e rielaborato nei 10 Gruppi minori, divisi per aree lin-guistiche, in modo da pervenire ad una Relazione finale.A questo punto i 183 Padri sinodali hanno espresso ben 470 modi-fiche o aggiunte e anche delle 62 proposizioni della Relazione fina-le tre non hanno raggiunto l’approvazione dei due terzi dell’Assemblea,essendo così rinviate ad un ulteriore approfondimento. Le tre proposizioni riguardano i temi più spinosi e controversi: sullapossibilità che i divorziati e risposati possano accedere ai sacramentidella Penitenza e dell’Eucarestia, sul rapporto tra Comunione sacra-mentale e quella spirituale, sull’attenzione pastorale verso le personecon orientamento omosessuale.Su questi argomenti occorrerà pervenire a formulazioni più chiare econdivise e a questo si potrà lavorare nel prossimo anno, in vistadell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, previstaper l’ottobre 2015.Sì, perché, insieme alla chiarezza ed alla trasparenza (sono statepubblicate tutte le relazioni dei Gruppi minori, oltre a quella della sin-

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tesi di metà percorso, insieme a tutti i voti ottenuti dalle proposizio-ni della Relazione finale), un’altra delle caratteristiche che rendonoquesto Sinodo veramente “straordinario” è di essere, come è statodetto, un work in progress, cioè un lavoro che non ha voluto esse-re definitivo, ma servire soprattutto ad aprire delle piste su cui si dovràulteriormente procedere. Detto tutto questo, ci si può chiedere qual è il lascito di queste dueintense settimane di fatica a cui si sono sottoposti i Padri sinodali?Quali dati, quali indicazioni e prospettive sono emersi?Da osservatore esterno, vescovo, ma non partecipante direttamen-te ai lavori, mi sembra di doverne sottolineare almeno tre: l’atteg-giamento di fondo che la Chiesa intende assumere, la valorizzazio-ne di quanto appartiene alla realtà umana del matrimonio, l’Evangelodella famiglia cristiana proposto come via e non semplicemente comenorma giuridica.Le parole che tornano più spesso negli interventi e nei documentiprodotti sono: attenzione, accoglienza, cura, accompagnamento, mise-ricordia. Un clima positivo di accoglienza e di gioia si sta ormai dif-fondendo gradualmente nell’aria che si respira nella Chiesa, a par-tire da quel formidabile documento programmatico di papa Francescoche è l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, credo il documentopiù citato dai Padri in questi giorni, insieme alla Familiaris Consortioe ai Documenti conciliari. Non possiamo innanzitutto tradire la paro-la stessa Ev-angelo, che ha proprio come contenuto originario la gioia,la speranza, il valore sacro di ogni persona, per la quale si apre lapromessa concreta e realizzata in Gesù di Nazareth della riconci-liazione con il Padre, del perdono nello Spirito e, in definitiva, dellaResurrezione in Cristo. Tutto questo non è soltanto “forma”, è il contenuto principale del mes-saggio cristiano e deve avere il primato su tutto il resto e deve esse-re proposto e percepito prima di tutto il resto e tutto il resto è ordi-nato ad esso. Ciò non vuol dire cedere alla tentazione di un “buo-nismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fasciale ferite senza prima curarle e medicarle, che tratta i sintomi e nonle cause e le radici”, come ha detto il Papa nel discorso conclusivo,dopo aver parlato dell’altra tentazione, quella “dell’irrigidimento osti-le, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsisorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la leg-ge, la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamoancora imparare e raggiungere”. Questo atteggiamento di fondo, ormai,non può più essere eluso e, provvidenzialmente, sembra essere unpunto di non ritorno nello slancio missionario dell’evangelizzazione,che Papa Francesco col suo ministero e la sua testimonianza vuo-le trasmettere a tutte le realtà ecclesiali. In secondo luogo, il Sinodo ha evidenziato una importante sottoli-neatura conciliare: “facendo nostro l’insegnamento dell’Apostolo secon-do cui tutta la creazione è stata pensata in Cristo e in vista di Lui(Cf. Col.1,16), il Concilio Vaticano II ha voluto esprimere apprezza-mento per il matrimonio naturale e per gli elementi validi presenti nel-le altre religioni (Cf. Nostra Aetate, 2) e nelle culture nonostante ilimiti e le insufficienze (Cf. Redemptoris Missio, 55). La presenza deisemina Verbi nelle culture (Cf. Ad Gentes, 11) potrebbe essere appli-cata, per alcuni versi, anche alla realtà matrimoniale e familiare ditante culture e di persone non cristiane. Ci sono quindi elementi vali-di anche in alcune forme fuori del matrimonio cristiano – comunquefondato sulla relazione stabile e vera di un uomo e di una donna –che in ogni caso riteniamo che siano ad esso orientate.” (Relazionefinale, 22). Questi principi, espressi nella seconda parte, “Lo sguar-do su Cristo”, vengono ripresi negli orientamenti pastorali della ter-za parte, in cui si afferma: “Mentre continua ad annunciare e pro-muovere il matrimonio cristiano, il Sinodo incoraggia anche il discer-nimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più que-sta realtà… Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consistenel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fattele debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella propostaecclesiale, pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indi-

chiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corri-spondono ancora o non più ad esso.” (Relazione finale, 41). Il matri-monio e la famiglia sono realtà, che, prima di essere illustrate nelLiber Scripturae, sono già contenute nel Liber naturae, anche se que-sta rimane una natura lapsa, cioè ferita dal peccato.Da questo peccato siamo liberati in virtù della grazia, che sgorga inces-santemente dal costato aperto del Signore Nostro Gesù Cristo, Crocefissoe Risorto: è Lui il Nymphios, lo Sposo, il Nuovo Adamo da cui traela sua esistenza la Nuova Eva, la Chiesa, la Sposa.E’ in virtù di questa grazia, alla quale va riservato sempre il prima-to (EG,112), che possiamo vivere ed annunciare L’Evangelo del Matrimoniocristiano, che proprio per questo è stato riconosciuto dalla Chiesacome Sacramento. Ma la grazia suppone la natura, sanandola, nonin modo automatico e magico, bensì accompagnando la natura nelsuo faticoso cammino di guarigione, che inevitabilmente passa anch’es-so attraverso la croce. Ne fanno esperienza quotidiana tutti i battezzati,che, santificati dallo Spirito nell’acqua battesimale, sono chiamati avivere concretamente ogni giorno di più questa santità, che non vie-ne dalle nostre opere, ma dalla fede in Cristo Gesù.Sappiamo tutti quanta fatica occorre per portare accesa fino alla finela lampada che ci è stata consegnata il giorno del nostro Battesimoe quante volte diventiamo anche noi “lucignoli fumiganti”.Non per nulla nella storia della Chiesa la prassi del sacramento del-la Penitenza o Riconciliazione è andata soggetta a tanto grandi eprofonde trasformazioni , a partire dai tempi apostolici, con buonapace dei “montanisti” o “donatisti” di ogni epoca. Nel Sinodo si è par-lato di “legge della gradualità”, concetto già sotteso in molti passidell’Evangelii Gaudium, in tutto il primo capitolo, soprattutto dal n.34 al 49, ma anche nei paragrafi 169-173 e nel primo dei quattro gran-di principi enunciati nel capitolo quarto: “Il tempo è superiore allo spa-zio” (EG,222-225). Per tutto questo l’Evangelo della famiglia va annunciato come via eorizzonte di vita e non trasformato in pura norma giuridica, ripor-tando alla mente che nella frase di Gesù: “all’inizio non fu così” (Mt.19,8)la parola “inizio” (archè) va tradotta con “principio”, principio costi-tutivo permanente che va sempre più esplicitato e vissuto e non sem-plice status quo ante, inizio cronologico a cui dovremmo tornare.D’altra parte la sofferenza di tante famiglie “irregolari” nasce propriodalla maturazione di una sensibilità umana e cristiana assente al momen-to del primo Matrimonio, per cui, secondo alcuni Padri, “andrebbeconsiderata la possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nuben-di in ordine alla validità del sacramento del Matrimonio, tenendo fer-mo che tra battezzati tutti i matrimoni validi sono sacramento” (Relazionefinale, 48).Nei Gruppi minori si è detto, comunque, che “legge della graduali-tà” non significa “gradualità della legge” ed il Papa, nel discorso con-clusivo, ha ringraziato i Padri perché essi hanno avuto sempre “davan-ti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la supremalex, la salus animarum (Cf. Can.1752). E questo sempre senza met-tere mai in discussione le verità fondamentali del sacramento del Matrimonio:l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’aperturaalla vita (Cf. Cann.1055, 1056 e Gaudium et Spes, 48). “Molte altre annotazioni andrebbero fatte a partire da quanto è emer-so nel Sinodo: il ruolo delle legislazioni nazionali ed internazionali,le enormi disparità culturali nell’ambito stesso della Chiesa, le situa-zioni drammatiche dovute ai conflitti, alle persecuzioni, all’emigra-zione forzata, alla povertà, alle violenze, la necessità per la famigliastessa dell’apertura al servizio, senza dimenticare che, anzitutto, ilSinodo ha sentito “il dovere di ringraziare il Signore per la genero-sa fedeltà con cui tante famiglie cristiane rispondono alla loro voca-zione e missione” (Relazione finale, 1).Il lavoro ora continua e non solo più per i Padri sinodali, ma per tut-ta la Chiesa, per tutti noi, che, cum Petro et sub Petro, siamo tenu-ti a farci carico di quella realtà sacra ed insostituibile che si chiama“Famiglia”.

segue da pag. 3

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Laura Dalfollo

«Già il convenire inunum attorno al Vescovodi Roma è evento di gra-zia, nel quale la collegialitàepiscopale si manifesta inun cammino di discerni-mento spirituale e pasto-rale. Per ricercare ciòche oggi il Signore chie-de alla Sua Chiesa, dob-biamo prestare orecchioai battiti di questo tempoe percepire l’«odore»degli uomini d’oggi, finoa restare impregnati del-le loro gioie e speranze,delle loro tristezze eangosce (cfr Gaudium et Spes,1). A quelpunto sapremo proporre con credibilità labuona notizia sulla famiglia».

IIn queste parole di Papa Francesco, pro-nunciate durante la veglia di preghiera inpreparazione al Sinodo dei Vescovi, è pos-

sibile individuare l’itinerario proposto e auspi-cato per il lavoro sinodale, che ha interessatoil mondo intero dal 5 al 19 ottobre scorso. Lamia intenzione è offrire una indicativa riflessione,a partire da questa breve citazione, al fine dipoterci disporre in atteggiamento attento e frut-tuoso rispetto gli accadimenti di questo tempo.Siamo parte di una storia dalla quale non pos-siamo farci trascinare al modo di un tronco gal-leggiante. Questa è la nostra storia e ne sia-mo protagonisti, responsabili di un divenire ilcui appello richiede il nostro impegno per esse-re compreso nella sua verità.Nell’evento di questo sinodo su Le sfidepastorali sulla famiglia nel contestodell’Evangelizzazione cosa ci è dato di legge-re? Emerge la dinamica di novità, ma nella con-tinuità. Non a caso viene richiamato il ConcilioVaticano II. Le sfide pastorali chiamano all’a-scolto del tempo in cui siamo immersi. Non visono stravolgimenti, cesure, cambiamenti irre-versibili. La dinamica è di svi-luppo della comprensione del-l’unica dottrina di fronte allenuove domande, alle nuovesfide che la famiglia pone ea cui, essa stessa, è posta.La dimensione pastorale èespressa nella figura del“buon pastore”, non idealiz-zato, ma concretamente pre-sentato in quella vicinanza sen-sibile alle proprie pecore, taleda percepirne l’odore, esser-ne impregnato, essere egli stes-so parte del gregge.La Chiesa si offre in questomomento Madre, senzadimenticare di essere Maestra.

Misericordia e giustizia procedono assieme inuna tensione indissolubile, insuperabile, nel suoequilibrio prova a cui il lavoro sinodale è chia-mato. La Chiesa si riconosce chiamata non agiudicare, bensì ad accompagnare in un cam-mino reale, che possa aiutare ciascun uomo aprocedere verso quella pienezza di fede a cuiè da sempre chiamato. La Chiesa come Madre e Maestra, si ricono-sce chiamata alla giustizia e alla misericordia,chiamata alla giustizia di Dio che è misericor-dia, non cieco buonismo, bensì insegnamen-to mansueto, accoglienza e accompagnamento.Quale domanda ai credenti? Come si accogliee vive la proposta pastorale? Essa certamen-te impegna i pastori nella loro cura per una frut-tuosa e sincera ricerca della Verità, tuttavia ilfedele non è passivo spettatore. La nostra atten-zione si pone sulla responsabilità del creden-te, nel suo essere parte viva della Chiesa: nonsilenzioso ed immobile appartenente, maattento ed informato figlio. In questo tempo digrazia il credente deve riconoscere il suo ruo-lo attivo come membro della Chiesa di Cristo,non passivo uditore di una moltitudine di vocied interpretazioni. Si articola in questo modola responsabilità morale come duplice. Un pri-mo aspetto riguarda la cura per la propria infor-

mazione; essa non può esse-re superficiale, non può accon-tentarsi della rassegna stam-pa mattutina. La Chiesa stessa ha offerto unsinodo aperto. Attraverso il sitovaticano una finestra semprespalancata sui lavori sinoda-li ha permesso di seguire con-ferenze stampa, interviste aipadri sinodali, progressivamenterelazioni e comunicati nelle diver-se lingue. La questione vie-ne così diretta alla nostra volon-tà di capire, conoscere, affi-darci nel senso più profondodel termine, ovvero consegnarenoi stessi a queste parole. Nonvi sono alibi: è responsabili-tà personale del singolo fede-

le informarsi nella misura della sua possibilitàe capacità. La facile reperibilità di informazionialla fonte, rende quasi impossibile nascondersidietro l’idea di un’ignoranza invincibile. Ciascunodi noi può, e quindi deve, conoscere le reali everitiere risposte che la Chiesa offre a quellesfide che si propone di affrontare, nella convinzioneche nel dubbio o nell’incertezza è la parola del-la Chiesa da considerarsi parola sicura. Questo significa che la formazione della pro-pria coscienza si affida alla Chiesa e non allesuperficiali interpretazioni dei giornali di divul-gazione o quotidiani in cerca del titolone da pri-ma pagina. E qui l’altra dimensione della respon-sabilità, la dimensione testimoniale. Senza cono-scere non si può vivere, testimoniare signifi-cativamente. La famiglia è chiamata ad uno slan-cio missionario nella Chiesa come presenza vivae vera dell’amore di Cristo, possibile anche inquesto tempo. Di fronte alle sfide pastorali sul-la famiglia la Chiesa con coraggio realista si pro-pone come riferimento, non solo ad intra, ben-sì per il mondo intero. Nuovamente l’immagine di questo spazio datodalla tensione che si riconosce al binomio mise-ricordia - giustizia, concetti non separabili chenel concreto si attuano, concreto che laChiesa stessa sta riconoscendo come doman-

da alla sua presenza nel mon-do reale, fatto di uomini e don-ne non solo da evangelizzare,ma già essi stessi evangeliz-zatori in quanto testimoni pri-mi della grazia di Dio.A conclusione il richiamo allaméta indicata da papa Francesco:giungere a proporre con cre-dibilità la buona notizia sulla fami-glia. Questo il dovere e desi-derio della Chiesa famiglia del-le famiglie, l’auspicio e l’impegnodella pastorale famigliare, il donoe la chiamata di ogni fedele,nel cui cuore risuona l’amoredi Dio da far vivere nel mon-do di oggi.

66 NovembreNovembre20142014

Massimo Introvigne*

CComincia oggi il Sinodo Straordinario dedicato alla famiglia, pre-ceduto ieri sera da una veglia di preghiera in Piazza San Pietroa cui hanno partecipato 80mila persone. Papa Francesco ha det-

to che il Sinodo è chiamato a «prestare orecchio ai battiti di questo tem-po e percepire l’odore degli uomini di oggi», ma per discernere e «pro-porre con credibilità la buona notizia sulla famiglia» che viene dal Vangelo.E ha chiesto di pregare perché si sappia «mantenere fisso lo sguardosu Gesù Cristo». Proprio per questo continuiamo a proporre l’insegna-mento del Magistero in tema di comunione ai divorziati risposati, temacaldissimo di questo Sinodo. Oggi affrontiamo il tema della pastorale perchi si trova in questa situazione.

«Amare la famiglia con lo sguardo di Cristo»Veglia per il Sinodo

Ottantamila persone hanno partecipato in Piazza San Pietro, sabato 4ottobre 2014, alla veglia di preghiera con Papa Francesco per il Sinodostraordinario sulla famiglia. Tra le testimonianze che sono state propo-ste, ha commosso quella di due sposi di Tivoli che, dopo essere statiseparati per sei anni, hanno trovato nella fede il coraggio per tornare avivere insieme.Nel suo intervento, a conclusione della veglia, Papa Francesco si è rivol-to alle «care famiglie», rilevando che su Piazza San Pietro si era ormaifatta sera, e «la sera è l’ora in cui si fa volentieri ritorno a casa per ritro-varsi alla stessa mensa nello spessore degli affetti», magari – e qui il

Pontefice ha alluso al Vangelo appena letto delle Nozzedi Cana – per consumare quel «vino buono che anti-cipa nei giorni dell’uomo la festa senza tramonto».Ma la sera, ha aggiunto, è anche «l’ora più pesan-te per chi si ritrova a tu per tu con la propria solitu-dine, nel crepuscolo amato di sogni e di progetti infran-ti». Troppo spesso per costoro la sera è l’ora in cuis’imbocca il «vicolo cieco della rassegnazione e del-l’abbandono se non del rancore».Offrendo con Gesù il «vino della gioia», che contie-ne «il sapore e la sapienza stessa della vita», la Chiesavuole farsi «voce degli uni e degli altri», di chi vivela famiglia nella gioia come di chi è disperato.Il Papa non ha ovviamente anticipato le conclusio-ni del Sinodo, ma ha ricordato come «anche nellacultura individualista che snatura e rende effimeri ilegami, in ogni nato di donna rimanga vicino un biso-gno essenziale di stabilità». Con la sua cura dei bam-bini e degli anziani, con il suo «accompagnamentoeducativo», «la famiglia continua a essere scuola sen-

za pari di umanità e offre un contributo indispensabile a una società giu-sta e solidale». «Più le sue radici sono profonde, più nella vita è possi-bile andare lontano».Non sappiamo che cosa ci dirà il Sinodo, ha detto il Pontefice, ma sap-piamo che il Sinodo è importante, che già il «convenire in unum» di tan-ti vescovi intorno al Papa è un «evento di grazia», dove «la collegialitàsi manifesta in un cammino di discernimento».Il Sinodo è chiamato a «prestare orecchio ai battiti di questo tempo epercepire l’odore degli uomini di oggi», ma per discernere e «proporrecon credibilità la buona notizia sulla famiglia» che viene dal Vangelo. Sappiamoche solo il Vangelo contiene l’indicazione per la vera felicità, che solonel Vangelo «c’è la salvezza che compie i bisogni più profondi dell’uo-mo». Se annunciassimo opinioni di uomini e non il Vangelo, ha ammo-nito il Papa, «il nostro edificio resterebbe solo un castello di carte e ipastori si ridurrebbe a chierici di Stato sulle cui labbra il popolo cerche-rebbe invano la freschezza e il profumo del Vangelo». Ci sarà il momen-to per entrare nei contenuti del Sinodo, ma la veglia è stato il momen-to della preghiera, di cui il Pontefice ha indicato tre contenuti.Primo: chiedere allo Spirito Santo «il dono dell’ascolto», prima di Dio epoi del popolo di Dio, in questo ordine. Secondo, chiedere che i padrisinodali siano disponibili «a un confronto sincero aperto e fraterno checi porti a farci carico con responsabilità pastorale degli interrogativi chequesti cambiamenti d’epoca porta con sé». La famiglia ha molti proble-mi: «Lasciamo che si riversino nel nostro cuore, senza perdere la pacema con la serena fiducia che a suo tempo non mancherà l’interventodel Signore per ricondurre tutto all’unità». Qui Papa Francesco ha fat-

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77NovembreNovembre20142014

sintesi a cura di Stanislao Fioramonti

Sung Jin Park, della Yonhap News, l’agenzia coreana.Santo Padre, a nome dei giornalisti corea-ni e del nostro popolo, desidero ringraziarLaper la Sua visita. Lei ha portato la felicità amolta gente, in Corea. E grazie anche perl’incoraggiamento all’unificazione del nostroPaese. Lei si è rivolto in primo luogo alle fami-glie delle vittime del disastro del traghetto Sewole le ha consolate. Che cosa ha provato quan-do le ha incontrate? Non si è preoccupatoche il Suo gesto potesse essere frainteso poli-ticamente?Quando ti trovi davanti al dolore umano, devifare quello che il tuo cuore ti porta a fare.Poi diranno: “Ha fatto questo perché ha que-sta intenzione politica o quell’altra…”. Si può dire tutto. Ma quando tu pensi a que-sti uomini, a queste donne, papà e mamme,che hanno perso i figli, i fratelli e le sorelle,al dolore tanto grande di una catastrofe, nonso, il mio cuore… io sono un sacerdote, esento che devo avvicinarmi! Lo sento così;è prima di tutto questo. Io so che la consolazione che potrebbe dareuna parola mia non è un rimedio, non resti-tuisce la vita a quelli che sono morti; ma la vici-nanza umana in questi momenti ci dà forza, c’èla solidarietà… Ricordo che come arcivescovo aBuenos Aires ho vissuto due catastrofi di questotipo: una, l’incendio di una sala da ballo, dove siteneva un concerto di musica pop: sono morte 193persone! E poi, un’altra volta, una catastrofe coni treni, credo che sono deceduti in 120. E io, inquei momenti, ho sentito lo stesso: di avvicinar-mi. Il dolore umano è forte, e se noi in questi momen-ti tristi ci avviciniamo, ci aiutiamo tanto. E su quel-la domanda, alla fine, io vorrei aggiungere una cosa.Io ho preso questo. Dopo averlo portato per mez-za giornata - l’ho preso per solidarietà con loro -, qualcuno si è avvicinato e mi ha detto: “E’ megliotoglierlo… Lei dev’essere neutrale…” - “Ma, sen-ti, con il dolore umano non si può essere neutra-li”. Così ho risposto. E’ quello che io sento. Graziedella tua domanda, grazie.Alan Holdren di EWTN e Catholic News Agency, ACI Prensa a Lima, Perù.Le forze militari degli Stati Uniti da poco hanno inco-minciato a bombardare dei terroristi in Iraq per pre-venire un genocidio, per proteggere il futuro del-le minoranze - penso anche ai cattolici sotto la Suaguida. Lei approva questo bombardamento ame-ricano?

Grazie della domanda così chiara. In questi casi,dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltantodire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineoil verbo: fermare. Non dico bombardare, fare laguerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si possonofermare, dovranno essere valutati. Fermare l’ag-gressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo anche ave-re memoria! Quante volte, con questa scusa di fer-mare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impa-dronite dei popoli e hanno fatto una vera guerradi conquista! Una sola nazione non può giudica-re come si ferma un aggressore ingiusto. Dopola Seconda Guerra Mondiale, è stata l’idea delleNazioni Unite: là si deve discutere, dire: “E’ un aggres-sore ingiusto? Sembra di sì. Come lo fermiamo?”.Soltanto questo, niente di più.Secondo, le minoranze. Perché a me dicono: “Icristiani, poveri cristiani…” Ed è vero, soffrono. Sì,ci sono tanti martiri. Ma qui ci sono uomini e don-ne, minoranze religiose, non tutte cristiane, e tut-ti sono uguali davanti di Dio. Fermare l’aggressoreingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche undiritto dell’aggressore, di essere fermato per nonfare del male.Jean-Louis de la Vaissière, di France Presse. Tornando ancora sulla vicenda irachena, Lei sareb-be pronto a sostenere un intervento militare sulterreno in Iraq per fermare i jihadisti? Lei pensa

di potere andare un giorno in Iraq, forse in Kurdistan,per sostenere i profughi cristiani che La aspetta-no, e pregare con loro in questa terra dove vivo-no da duemila anni?Io sono stato poco tempo fa con il Presidente delKurdistan, e lui aveva un pensiero molto chiarosulla situazione, come trovare soluzioni… Ma eraprima di questa aggressione ultima. Alla prima doman-da ho risposto: io sono d’accordo sul fatto che, quan-do c’è un aggressore ingiusto, venga fermato…Sì, io sono disponibile, ma credo che posso direquesto: quando abbiamo sentito con i miei colla-boratori di questa situazione delle minoranze reli-giose, e anche il problema, in quel momento, delKurdistan che non poteva ricevere tanta gente, cisiamo detti: che cosa si può fare? Abbiamo pen-sato tante cose. Abbiamo scritto prima di tutto uncomunicato che ha fatto padre Lombardi a nomemio. Questo comunicato è stato inviato a tutte leNunziature perché fosse comunicato ai governi.Poi abbiamo scritto una lettera al Segretario Generaledelle Nazioni Unite… E alla fine abbiamo decisodi inviare un Inviato Personale, il Cardinale Filoni.E infine abbiamo detto: se fosse necessario, quan-do torniamo dalla Corea, possiamo andare lì. Erauna delle possibilità. Questa è la risposta: sonodisponibile. In questo momento non è la cosa miglio-re da fare, ma sono disposto a questo.

to cenno a momenti di dibattito anche aspro che però, ha detto, non devo-no scandalizzare. Troviamo «nella storia della Chiesa tante situazionianaloghe che i nostri padri hanno saputo superare con ostinata pazien-za e creatività».La soluzione è il terzo contenuto della preghiera per ilSinodo, il più importante: chiedere la grazia di «mantenere fisso lo sguar-do su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nell’adorazione delsuo volto», «assumerne il suo modo di pensare», se necessario facen-dolo prevalere sul nostro. «Ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienzacristiana» troviamo la forza per «rinnovare la Chiesa e la società con lagioia del Vangelo». La Chiesa oggi vive «afflizioni e difficoltà che le ven-

gono sia da dentro sia da fuori». La soluzione è sempre la stessa: fedeintrepida, speranza che ritrovi «la vivacità e il dinamismo dei primi mis-sionari del Vangelo», carità «creativa che consenta di amare come Gesùama». Per dire davvero alla famiglia che è «amata con lo sguardo diCristo», i padri di una Chiesa «riconciliata e misericordiosa» pregheranno,discuteranno, studieranno ma dovranno anzitutto ascoltare Maria a Cana,in quello che resta il suo «testamento spirituale»: «Qualsiasi cosa Gesùvi dica, fatela».

*da lanuovabq.it 05.10.2014

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88 NovembreNovembre20142014

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Fabio Zavattaro, della Rai. Lei è il primo Papa che ha potuto sorvolare la Cina.Il telegramma che ha mandato al presidente cine-se è stato accolto senza commenti negativi. Pensache questi siano passi in avanti di un dialogo pos-sibile? E avrebbe desiderio di andare in Cina?Quando stavamo per entrare nello spazio aereocinese, io ero nel cockpit con i piloti, e uno di loromi ha fatto vedere lì un registro e ha detto: “Mancanodieci minuti per entrare nello spazio aereo cine-se, dobbiamo chiedere l’autorizzazione. Si chie-de sempre, è una cosa normale, ad ogni Paesesi chiede”. E ho sentito come chiedevano l’auto-rizzazione, come si rispondeva… Sono stato testi-mone di questo. E il pilota ha detto: “Adesso vail telegramma”, ma non so come abbiano fatto. Poimi sono congedato da loro, sono tornato al mioposto e ho pregato tanto per quel grande e nobi-le popolo cinese, un popolo saggio… Penso ai gran-di saggi cinesi, una storia di scienza, di saggez-za… Anche i gesuiti: abbiamo storia lì, con padreRicci… E tutte queste cose venivano da me. Seio ho voglia di andare in Cina? Ma sicuro: doma-ni! Eh, sì. Noi rispettiamo il popolo cinese; soltanto,la Chiesa chiede libertà per la sua missione, peril suo lavoro; nessun’altra condizione. Poi, non biso-gna dimenticare quel documento fondamentale peril problema cinese che è stata la Lettera inviataai Cinesi da Papa Benedetto XVI. Quella Letteraoggi è attuale. Rileggerla fa bene. Sempre la SantaSede è aperta ai contatti, perché ha una vera sti-ma per il popolo cinese. Paloma García Ovejero della Cope, la Radio cattolica spagnola. Il prossimo viaggio sarà in Albania. Forse l’Iraq.Dopo, Filippine e Sri Lanka… Ma dove andrà nel2015? Lei sa che in Avila e in Alba de Tormes c’ètanta attesa: possono ancora sperare?Sì, sì… La Signora Presidente della Repubblicadi Corea, in perfetto spagnolo, mi ha detto: “La esperanza es lo ultimo que se pierde”. Cosìm’ha detto, riferendosi all’unificazione della Corea.Mi viene da dire questo: si può sperare, ma nonè deciso.Quest’anno è prevista l’Albania, è vero. Alcuni dico-no che il Papa ha uno stile di incominciare tuttele cose dalla periferia. Ma no, vado in Albania perdue motivi importanti. Primo, perché sono riusci-ti a fare un governo - pensiamo ai Balcani! -, ungoverno di unità nazionale tra islamici, ortodossie cattolici, con un consiglio interreligioso che aiu-ta tanto ed è equilibrato. E questo va bene, è armo-nizzato. La presenza del Papa è per dire a tutti ipopoli: “Si può lavorare insieme!”. Io l’ho sentito come se fosse un vero aiuto a quelnobile popolo. E l’altra cosa: se pensiamo alla sto-ria dell’Albania, è stata religiosamente l’unico deiPaesi comunisti che nella sua Costituzione ave-va l’ateismo pratico. Se tu andavi a Messa era anti-costituzionale. E poi, mi diceva uno dei ministri,che sono state distrutte - voglio essere preciso nel-la cifra - 1.820 chiese. Distrutte! Ortodosse, cat-toliche… in quel tempo. E poi, altre chiese sonostate trasformate in cinema, teatro, sale da bal-lo… Io ho sentito che dovevo andare: è vicino, inun giorno si fa… Poi, l’anno prossimo vorrei anda-re a Philadelphia, all’incontro delle famiglie; e sonostato anche invitato dal Presidente degli Stati Unitial Parlamento americano, e anche dal Segretario

delle Nazioni Unite, a New York: forse le tre cittàinsieme... Il Messico: i messicani vogliono che iovada alla Madonna di Guadalupe, e si potrà appro-fittare di quel viaggio, ma non è sicuro. E infine, la Spagna. I Reali mi hanno invitato e l’e-piscopato mi ha invitato… c’è una pioggia di invi-ti per andare in Spagna: Santiago de Compostela… for-se è possibile, ma non dico di più perché non èdeciso; andare al mattino ad Avila e ad Alba deTormes, e tornare il pomeriggio… Sarebbe possibile…Johannes Schidelko dell’Agenzia cattolica tedesca. Quale tipo di rapporto c’è tra Lei e Benedetto XVI?esiste un abituale scambio di opinioni, di idee, esi-ste un progetto comune dopo questa Enciclica?Ci vediamo… Prima di partire sono andato a tro-varlo. Lui, due settimane prima, mi ha inviato unoscritto interessante: mi chiedeva l’opinione… E abbia-mo un rapporto normale, perché torno a questaidea, che forse non piace a qualche teologo – ionon sono teologo –: penso che il Papa emerito nonsia un’eccezione, ma dopo tanti secoli, questo èil primo emerito. Pensiamo, sì, come lui ha det-to: “Sono invecchiato, non ho le forze”. E’ stato un bel gesto di nobiltà e anche di umiltàe di coraggio. Io penso: 70 anni fa anche i vesco-vi emeriti erano un’eccezione, non esistevano. Oggi i vescovi emeriti sono una istituzione. Io pen-so che “Papa emerito” sia già un’istituzione. Perché?Perché la nostra vita si allunga e a una certa etànon c’è la capacità di governare bene, perché ilcorpo si stanca, la salute forse è buona ma nonc’è la capacità di portare avanti tutti i problemi diun governo come quello della Chiesa. E io credoche Papa Benedetto XVI abbia fatto questo gestoche di fatto istituisce i Papi emeriti. Ripeto: forsequalche teologo mi dirà che questo non è giusto,ma io la penso così. I secoli diranno se è così ono, vedremo. Lei potrà dirmi: “E se Lei non se lasentirà, un giorno, di andare avanti?”. Farei lo stes-so, farei lo stesso! Pregherò molto, ma farei lo stes-so. Ha aperto una porta che è istituzionale, non ecce-zionale. Il nostro rapporto è di fratelli, davvero. Ioho detto anche che lo sento come se avessi il non-no a casa per la saggezza: è un uomo con unasaggezza, con le nuances, che mi fa bene ascol-tarlo. E anche mi incoraggia molto. Questo è il rap-porto che abbiamo con lui.Yoshimori Fukushima del Mainichi Shimbun.In questo viaggio Lei ha incontrato delle personeche hanno sofferto. Che cosa ha provato quan-do lei ha salutato le sette “donne comfort” alla Messadi questa mattina? Per quanto riguarda la sofferenza delle persone,come in Corea, c’erano i cristiani nascosti anchein Giappone, e l’anno prossimo sarà il 150° anni-versario della loro “riemersione”. Sarà possibile pre-gare per loro insieme con Lei a Nagasaki? Sarebbe bellissimo! Sono stato invitato: sia dal gover-no, sia dall’episcopato. Le sofferenze… Lei tornasu una delle prime domande. Il popolo coreanoè un popolo che non ha perso la dignità. E’ statoun popolo invaso, umiliato, ha subito guerre, ades-so è diviso, con tanta sofferenza. Ieri, quando sonoandato all’incontro con i giovani, ho visitato il Museodei martiri. E’ terribile la sofferenza di questa gen-te, semplicemente per non calpestare la Croce!E’ un dolore o una sofferenza storica. Ha capa-

cità di soffrire, questo popolo, e anche questo faparte della sua dignità. Anche oggi, quando c’e-rano queste donne anziane, davanti, a Messa: pen-sare che in quell’invasione sono state, da ragaz-ze, portate via, nelle caserme, per sfruttarle… eloro non hanno perso la dignità. Oggi mostrava-no il volto, anziane, le ultime che rimangono… E’un popolo forte nella sua dignità. Ma tornando aqueste realtà di martirio, di sofferenze, anche diqueste donne: questi sono i frutti della guerra! Eoggi noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto!Qualcuno mi diceva: “Lei sa, Padre, che siamo nel-la Terza Guerra Mondiale, ma ‘a pezzi’?”. Ha capi-to? E’ un mondo in guerra, dove si compiono que-ste crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole. La pri-ma è crudeltà. Oggi i bambini non contano! Unavolta si parlava di una guerra convenzionale; oggiquesto non conta. Non dico che le guerre convenzionalisiano una cosa buona, no. Ma oggi arriva la bom-ba e ti ammazza l’innocente con il colpevole, il bam-bino, con la donna, con la mamma… ammazza-no tutti. Ma noi dobbiamo fermarci e pensare unpo’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati. Questo ci deve spaventare! Non lo dico per farepaura: si può fare uno studio empirico. Il livello dicrudeltà dell’umanità, in questo momento, fa piut-tosto spaventare. E l’altra parola sulla quale vor-rei dire qualcosa, e che è in rapporto con questa,è la tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi qua-si - direi - ordinari dei comportamenti dei servizidi intelligence, dei processi giudiziari… E la tortura è un peccato contro l’umanità, è undelitto contro l’umanità; e ai cattolici io dico: tor-turare una persona è peccato mortale, è pecca-to grave! Ma di più: è un peccato contro l’umani-tà. Crudeltà e tortura. Mi piacerebbe tanto che voi nei vostri media face-ste delle riflessioni: come vedete queste cose, oggi?Com’è il livello di crudeltà dell’umanità? E cosapensate della tortura? Credo che farà bene a tut-ti noi, riflettere su questo.Deborah Ball di Wall Street Journal. Lei tiene un ritmo molto, molto impegnativo, mol-to serrato e si concede poco riposo e nessuna vacan-za; fa questi viaggi massacranti. Poi, negli ultimimesi, abbiamo visto che Lei ha dovuto cancella-re qualche appuntamento, anche all’ultimomomento. C’è da preoccuparsi per il ritmo che Leitiene?Eh sì, qualcuno me l’ha detto! Io ho fatto le vacan-ze, adesso, a casa, come faccio di solito, perché…una volta, ho letto un libro, interessante, il titoloera: “Rallegrati di essere nevrotico”! Anch’io ho alcu-ne nevrosi, ma bisogna trattarle bene, le nevro-si! Dare loro il mate ogni giorno… Una di questenevrosi è che sono un po’ troppo attaccato all’-habitat. L’ultima volta che ho fatto vacanze fuoriBuenos Aires, con la comunità gesuita, è stato nel1975. Poi, sempre faccio vacanze – davvero! –,ma nell’habitat: cambio ritmo. Dormo di più, leg-go le cose che mi piacciono, sento la musica, pre-go di più… E questo mi riposa. A luglio e parte diagosto ho fatto questo, e va bene. L’altra doman-da: il fatto che ho dovuto cancellare [degli impe-gni]: questo è vero. Il giorno che dovevo andareal “Gemelli”, fino a 10 minuti prima, ero lì ma nonce la facevo, davvero… Erano stati giorni moltoimpegnativi. E adesso devo essere un po’ più pru-dente. Tu hai ragione!

99NovembreNovembre20142014

Anaïs Feuga della Radio Francese. A Rio, quando la folla gridava: “Francesco, Francesco”, Lei rispondeva: “Cristo,Cristo”. Oggi Lei come gestisce questa immensapopolarità? Come la vive?Ma, non so come dire… Io la vivo ringraziando ilSignore che il suo popolo sia felice – questo lofaccio davvero – e augurando al popolo di Dio ilmeglio. La vivo come generosità del popolo, que-sto è vero. Interiormente, cerco di pensare ai mieipeccati e ai miei sbagli, per non illudermi, perchéio so che questo durerà poco tempo, due o tre anni,e poi… alla casa del Padre… E poi, non è sag-gio chiedersi questo, ma la vivo come la presen-za del Signore nel suo popolo che usa il vesco-vo che è il pastore del popolo, per manifestare tan-te cose. La vivo più naturalmente di prima: primami spaventava un po’… Faccio queste cose… Midico anche nella mente: non sbagliare, perché tunon devi fare torto a questo popolo; e tutte que-ste cose… Un po’ così…Jürgen Erbacher, della televisione tedesca.Si parla da tempo del progetto di un’Enciclica sul-l’ecologia. Si può dire quando uscirà e quali sonoi punti centrali?Questa Enciclica… Ho parlato tanto con ilCardinale Turkson e con altri, e ho chiesto al CardinaleTurkson di raccogliere tutti i contributi che sonoarrivati. E prima del viaggio, quattro giorni prima,il Cardinale Turkson mi ha consegnato la primabozza. La prima bozza è grossa così... Direi cheè un terzo di più della Evangelii gaudium! E’ la pri-ma bozza. Ma adesso è un problema non facile,perché sulla custodia del creato, l’ecologia,anche l’ecologia umana, si può parlare con unacerta sicurezza fino ad un certo punto. Poi ven-gono le ipotesi scientifiche, alcune abbastanza sicu-re, altre no. E un’Enciclica così, che dev’esseremagisteriale, deve andare avanti soltanto sulle sicu-rezze, sulle cose che sono sicure. Perché, se ilPapa dice che il centro dell’universo è la Terra enon il Sole, sbaglia, perché dice una cosa che dev’es-sere scientifica, e così non va. Così succede ades-so. Dobbiamo fare adesso lo studio, numero pernumero, e credo che diventerà più piccola. Ma,andare all’essenziale e a quello che si può affer-mare con sicurezza. Si può dire in nota, a piè dipagina, “su questo c’è questa ipotesi, questa, que-sta…”, dirlo come informazione, ma non nel cor-po di un’Enciclica, che è dottrinale e deve esse-re sicura.Jung Hae Ko, di un giornale coreano.Appena prima della Messa finale alla Cattedraledi Myeong-dong, Lei ha consolato alcune “donnedi conforto”: quali pensieri l’hanno attraversata?Pyongyang afferma che il Cristianesimo rappre-senta una minaccia diretta al suo regime e alla sualeadership. Noi sappiamo che qualcosa di terri-bile è successo ai cristiani nordcoreani. Non sap-piamo però cosa sia accaduto. C’è un impegnoparticolare nel Suo animo per tentare di cambia-re l’approccio di Pyongyang ai cristiani nordcoreani?La prima domanda, ripeto questo: oggi, queste don-ne erano lì perché, malgrado tutto quello che han-no sofferto, hanno dignità: ci hanno messo la fac-cia. Io ho pensato quello che ho detto anche pocofa, alle sofferenze della guerra, alle crudeltà cheporta una guerra… Queste donne sono state sfrut-tate, sono state schiavizzate, queste sono crudeltà…

Ho pensato tutto questo: la dignità che loro han-no e anche quanto hanno sofferto. E la sofferen-za è un’eredità. Noi diciamo, i primi Padri della Chiesadicevano che il sangue dei martiri è seme di cri-stiani. Voi coreani avete seminato tanto, tanto. Percoerenza. E si vede adesso il frutto di quella semi-na dei martiri. Sulla Corea del Nord, io non so…So che è una sofferenza… Una la so di sicuro:che ci sono alcuni parenti, tanti parenti che nonpossono ritrovarsi, e questo fa soffrire, questo èvero. E’ la sofferenza di questa divisione del Paese.Oggi, in cattedrale, dove ho indossato i paramentiper la Messa, c’era un regalo che mi hanno fat-to, che era una corona di spine di Cristo, fatta conil filo di ferro che divide le due parti dell’unica Corea.E questo regalo io lo porto sull’aereo… La soffe-renza della divisione, di una famiglia divisa. Comeho detto, abbiamo una speranza: le due Coree sonofratelli, parlano la stessa lingua. Quando si parlala stessa lingua è perché si ha la stessa madree questo ci dà speranza. La sofferenza della divi-sione è grande, io capisco questo e prego perchéfinisca.Pulella, del gruppo di lingua inglese.Lei ha parlato del martirio: a che punto siamo conil processo per il vescovo Romero? Lei cosa vor-rebbe vedere uscire da questo processo?Il processo era alla Congregazione per la Dottrinadella fede, bloccato “per prudenza”, si diceva. Adessoè sbloccato. E’ passato alla Congregazione per iSanti. E segue la strada normale di un processo.Dipende da come si muovono i postulatori.Questo è molto importante, di farlo in fretta. Io, quel-lo che vorrei, è che si chiarisca: quando c’è il mar-tirio in odium fidei, sia per aver confessato il Credo,sia per aver fatto le opere che Gesù ci comanda,con il prossimo. E questo è un lavoro dei teologi,che lo stanno studiando. Perché dietro di lui [Romero],c’è Rutilio Grande e ci sono altri; ci sono altri chesono stati uccisi, ma che non sono alla stessa altez-za di Romero. Si deve distinguere teologicamen-te, questo. Per me Romero è un uomo di Dio, masi deve fare il processo, e anche il Signore devedare il suo segno… Se Lui vuole, lo farà. Ma ades-so i postulatori devono muoversi perché non ci sonoimpedimenti.Céline Hoyeau, di La Croix, giornale cattolico francese.Vista la guerra a Gaza, è stata un fallimento, secon-do Lei, la preghiera per la pace organizzata in Vaticanol’8 giugno scorso?Grazie, grazie per la domanda. Quella Preghieraper la pace, assolutamente non è stata un falli-mento. Primo, l’iniziativa non è venuta da me: l’i-niziativa di pregare insieme è venuta dai due Presidenti,dal Presidente dello Stato di Israele e dalPresidente dello Stato di Palestina. Loro mi ave-vano fatto arrivare questo desiderio. Poi, voleva-mo farla là [in Terra Santa], ma non si trovava ilposto giusto, perché il costo politico di ognuno eramolto forte se andava dall’altra parte. La Nunziaturasarebbe stata un posto neutrale, ma per arrivarein Nunziatura il Presidente dello Stato di Palestinasarebbe dovuto entrare in Israele e la cosa nonera facile. E loro mi hanno detto: “Lo facciamo inVaticano, e noi veniamo!”. Questi due uomini sonouomini di pace, sono uomini che credono in Dio,e hanno vissuto tante cose brutte che sono con-vinti che l’unica strada per risolvere quella storia

è il negoziato, il dialogo e la pace. Ma la sua doman-da, adesso: è stato un fallimento? No, io credo chela porta è aperta. Tutti e quattro, come rappresentanti,e Bartolomeo ho voluto che fosse lì come capodell’Ortodossia, Patriarca ecumenico dell’Ortodossia– non voglio usare termini che forse non piaccio-no a tutti gli ortodossi – come Patriarca ecume-nico era bene che fosse con noi. E’ stata apertala porta della preghiera. E si dice: “Si deve pre-gare”. E’ un dono, la pace è un dono, un dono chesi merita con il nostro lavoro, ma è un dono. E direall’umanità che insieme con la strada del nego-ziato - che è importante -, del dialogo - che è impor-tante - c’è anche quella della preghiera. Dopo èarrivato quello che è arrivato. Ma questo è con-giunturale. Quell’incontro invece non era congiunturale:è un passo fondamentale di atteggiamento uma-no: la preghiera. Adesso il fumo delle bombe, del-le guerre non lascia vedere la porta, ma la portaè rimasta aperta da quel momento. E siccome iocredo in Dio, io credo che il Signore guarda quel-la porta, e guarda quanti pregano e quanti gli chie-dono che Lui ci aiuti. Sì, mi piace questa doman-da. Grazie, grazie per averla fatta. Grazie.

1010 NovembreNovembre20142014

Sara Gilotta

“Si può confutare l’errore di chi parlando bene ed operando

male crede di educare gli altrinella vita e nei costumi,

dimenticando che le mani diGiacobbe hanno

persuaso più delle sue parole,benché le mani

persuadessero il falso e le parole il vero”.

QQueste parole, in verità piutto-sto semplici da capire sono sta-te scritte da Dante nella sua ope-

ra intitolata “De Monarchia”, ma a mesembrano ben riguardare anche la nostrarealtà tutta, compresa quella del clero,cui il Papa si è specificamente rivolto,in apertura del Sinodo sulla famiglia, usan-do un termine assai forte: cupidigia. Lacupidigia è desiderio di beni terreni, maanche di potere in qualunque forma pen-sato ed attuato. Un vizio assai grave,dunque, perché inevitabilmente produ-ce forme di sottomissione e spesso disopruso soprattutto sui più deboli. Se poi un tale “peccato” è commes-so da chi, appartenendo al clero, ha scelto di essere al servizio deglialtri, allora davvero il Papa ha voluto toccare una realtà dolorosa e gra-ve. D’altra parte e non dimenticando assolutamente che la storia dellaChiesa è ricca di sacerdoti santi, che hanno speso la loro vita al ser-vizio degli altri, bisogna aggiungere che la cupidigia è un male antico ,che ha accompagnato la Chiesa, sin dai primi secoli dalla sua fonda-zione, soprattutto a causa di quel potere temporale che faceva dei Papidei re e del clero tutto soggetto di potere e quindi soggetto ed ogget-to di corruzione e, appunto, di cupidigia.Per tutto questo Machiavelli potè affermareche “ …abbiamo adunque che la Chiesae con i preti noi italiani questo primo “obbli-go” , di essere diventati senza religione…”esuccessivamente Foscolo dirà “ or di pre-ti e di frati facciamo sacerdoti” a confer-ma che soprattutto dagli intellettuali si alza-va un vero e proprio grido di dolore nei con-fronti di chi nella Chiesa aveva dimenticatoil suo dovere e la sua missione di pasto-re di anime. Ma è soprattutto Dante, chenella “Commedia” alzò la sua voce , perpiangere sul destino della Chiesa cadutain mano ad usurpatori spinti solo dalla cupi-digia . E senza dubbio il canto in cui il poeta espri-me con più sdegno il problema che inte-ressa non solo la chiesa, ma l’intera uma-nità è il diciannovesimo, quello in cui eglicolloca e condanna i simoniaci. E, se i simoniaci sono coloro che vendet-

tero i doni di Dio peracquistare denaroe potere, capovol-gendo completa-mente gli insegna-menti di Cristo, sicu-ramente Dante con-dannando i prelatie i papi ad una penadavvero infamantee terribile si rivela nonsolo teologo, maforse ancor di piùuomo esacerbatodalle sofferenze, vit-tima di ingiustizie esoprusi. Soprusi che,peraltro, non hannocolpito solo lui, mahanno indebolito siail potere spirituale del-la Chiesa, sia quel-lo temporale dell’impero. Necessari ambedue,per dare alla socie-

tà equilibrio, di pace e di equità. La pena riservata ai simoniaci è, comedicevo terribile, ma soprattutto molto particolare e consiste nell’aver sov-vertito il peccatore nella sua persona: i dannati sono, infatti, precipita-ti in una buca a testa in giù ed esprimono i loro sentimenti agitando legambe, mentre le piante dei loro piedi vengono lambite da fiamme. E se si pensa che Dante colloca nella terza bolgia ben tre papi e cioèNiccolò III, Clemente V E Bonifacio VIII, allora si comprende anche megliotutto lo sdegno del poeta per chi ha snaturato la purezza evangelica pertramare con i re, come la bestia con le sette teste e le dieci corna dell’Apocalisse.

Con l’aggiunta poetica molto efficace edastuta per la quale solo il primo pontefi-ce si trova già all’inferno, degli altri dueviene annunciato l’arrivo in una condan-na preventiva, ma consapevolmente e pole-micamente violenta. Né certamente a casoDante colloca Bonifacio VIII nell’inferno,prima ancora che muoia a conferma chemolto soffrì come credente offeso ecome uomo perseguitato ingiustamenteed ingiustamente reso esule da un pote-re corrotto che aveva danneggiato la veramissione della Chiesa. Un rimprovero, dunque, davvero forte quel-lo del Papa, che, sin dalla sua elezionesta indicando a tutti ed innanzitutto ai com-ponenti del clero la necessità di una rin-novata umiltà capace di essere di esem-pio per i fedeli, che, a loro volta, schiac-ciati dalla negatività del reale avvertonol’esigenza di incontrare veri pastori.

1111NovembreNovembre20142014

Marta Pietroni

IIl 9 ottobre scorso, il Tar del Lazio ha respin-to l’istanza cautelare presentata da alcuneassociazioni contro il decreto emanato il 12

maggio 2012 dal presidente della Regione LazioNicola Zingaretti, decreto attraverso il quale siobbligano i medici dei consultori a prescriverela cosiddetta contraccezione d’emergenza e lacertificazione per l’aborto. Tali indicazioni, scrit-te nelle <<Linee di Indirizzo regionali per le atti-vità dei Consultori familiari>> sono state moti-vate, a detta di Zingaretti, da un ragionevole bilan-ciamento dei diritti coinvolti. Bisogna però ricordare che il giudizio del Tar,essendo cautelare, è sempre sommario; que-sto significa che la partita è ancora aperta. Hainvece rassegnato le sue dimissioni l’infermie-ra di Voghera che settimane fa aveva tentato

di convincere due ragazze a non assumere lapillola del giorno dopo. Le due ragazze, si erano recate di notte pres-so il pronto soccorso di Voghera per richiede-re la cosiddetta pillola del giorno dopo, il farmacoche, preso entro 72 ore dal rapporto sessuale,permette di evitare una gravidanza. L’infermieraha dichiarato di aver agito spinta dalla sua coscien-za, con l’intento di non salvare, eventualmen-te, delle vite umane. Episodio simile in un ospe-dale del basso vicentino dove l’11 ottobre scor-so una coppia di fidanzati si è vista rifiutare larichiesta di prescrizione del Norlevo (pillola delgiorno dopo).

Da qui, la discutibile volontà del direttore medi-co di redigere un codice di comportamento gene-rale per il personale sanitario da adottare in casodi richiesta del suddetto farmaco. Lo scorso febbraio, l’Aifa – l’Agenzia Italiana delfarmaco – aveva tolto dal foglietto illustrativo del-la pillola del giorno dopo il riferimento al possi-bile effetto abortivo, dichiarando la sua azionelimitata alla capacità di ritardare l’ovulazione. Ora, questo intervento di cambiamento è sottoil giudizio del Consiglio di Stato proprio perchéil nuovo “bugiardino” (non a caso detto tale), nonchiarisce in realtà quale sia l’azione del farma-co a fecondazione avvenuta; quest’ultima puòinfatti avvenire già da mezz’ora dopo il rappor-to sessuale. In questo caso, provocando delle modificazio-ni a carico dell’endometrio, impedirebbe l’anni-damento dell’embrione nell’utero materno,andando così ad avere un effetto chiaramente

abortivo. E’ di qualche settimana fa invece la noti-zia che è di circa 6.000 il numero delle coppiein attesa della fecondazione eterologa; criteri ope-rativi ancora non chiari, tariffe non definite matanta impazienza di agire. A Firenze intanto era in programma per il 14 otto-bre la prima fecondazione eterologa presso l’o-spedale Carreggi.Di fronte a tutte queste disorientanti notizie nonsi può e non si deve davvero restare indifferenti.Continuiamo ad assistere ad una trasformazionedella nostra idea di nascita, di genitorialità, diprocreazione. L’uomo ha nelle mani un potere tecnologico smi-

surato, che non è seguito pari passo da una con-solidata riflessione etica.I danni di una cultura che ha deresponsabiliz-zato l’atto sessuale, diseducando le nuove gene-razioni, alimentandole con una cultura della super-ficialità, si riscontra oramai su tanti fronti. Le conseguenze si riflettono in un’antropologiache non riesce a far proprio il concetto di respon-sabilità e che vede in ogni desiderio un dirittoche qualcuno deve sempre essere pronto a sod-disfare. Tralasciando l’aspetto meramente eco-nomico, che vede anche da parte delle case far-maceutiche vere e proprie operazioni commerciali,l’aspetto estremamente preoccupante è rappresentatodalla giustificazione sociale che oramai seguecerte vicende. Le innumerevoli polemiche contro il comporta-mento dell’infermiera di Voghera sono emble-matiche, il voler “risolvere” il problema dell’obiezionedi coscienza è di una gravità non trascurabile.

In passato alcune azio-ni e scelte trovavano unagenerale disapprova-zione morale, oggi a dover-si vergognare sembradover essere chi si ritro-va a perdere il lavoro peraver tentato di difende-re la vita umana. Su que-ste basi socio-culturali,come possono i nuovi futu-ri adulti sviluppare un sen-so di rispetto verso se stes-si, verso il proprio cor-po e verso l’altro? La grande libertà di cuil’individuo gode nellaciviltà occidentale haannebbiato la capacitàcritica di riflessione. Il senso del giusto è limi-tato al senso del giustoprivato. Concetti comedovere, rispetto e respon-sabilità fanno fatica a tro-vare giustificazione all’in-terno del confronto socia-le. I due ragazzi diVoghera avevano più diventi anni, non erano deiragazzini. Le coppie in attesa difecondazione artificiale

eterologa pensano mai seriamente al senso pro-fondo del loro progetto? All’interno di questo smi-surato desiderio di gravidanza, qual è il postoconcesso al rispetto verso il figlio? Questa nuova persona nasce già con un ingan-no programmato alle spalle. L’intera società neè complice. Tutti ci stiamo ingannando su que-ste vicende così complesse. Non basta esaudire i desideri perché ne abbia-mo i mezzi per stare dalla parte del giusto. Speriamosoltanto di accorgercene presto, tanti danni sonogià stati fatti.

Nell’immagine del titolo un’opera pittorica di Darly Zang.

1212 NovembreNovembre20142014

don AlessandroTordeschi

Visibilità della Parola

“Il sacerdote Esdra por-tò la legge davanti all’as-semblea degli uomini,delle donne e di quanti erano capaci di inten-dere. Esdra lo scriba stava sopra una tribunadi legno, che avevano costruito per l’occor-renza... Esdra aprì il libro in presenza di tuttoil popolo, poiché stava più in alto di tutto il popo-lo; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo sialzò in piedi. Esdra benedisse il Signore Diogrande e tutto il popolo rispose: «Amen, amen»,alzando le mani; si inginocchiarono e si prostraronocon la faccia a terra dinanzi al Signore.”1

Siamo di fronte a parole e gesti liturgici: il librodella Legge deve essere visto prima di esse-re ascoltato, perché il libro ha una visibilità neces-saria. Il libro è elevato agli occhi del popolo chesi alza in segno di rispetto. Lo scriba Esdra formula una benedizione e ilpopolo risponde “Amen, Amen”, parola che èconfessione di fede e adesione, accompagnateda gesti che esprimono timore, adorazione erispetto: alzando le mani; si inginocchiarono esi prostrarono con la faccia a terra dinanzi alSignore. Con questi segni il popolo esprime lasua fede: stare dinanzi al libro della Legge signi-fica stare “alla presenza del Signore”. Elevare alla vista di tutti il rotolo della Torà èdunque un atteggiamento rituale che rappre-senta la presenza santa di Dio in mezzo al suopopolo. Anche oggi nella liturgia sinagogale, sisvolge il rito dell’innalzamento detto “ hagha-hà”: prima della lettura, il rotolo della Legge vie-ne prelevato dall’arca e l’officiante lo tiene aper-to sulle braccia rivolto verso la comunità conun gesto al tempo stesso di elevazione e osten-sione in modo che passando attraverso la sina-goga tutta l’assemblea veda la Scrittura e la testi-monianza, la veneri anche baciandola mentresi canta: “Questa è la legge che Mosè espo-se ai figli di Israele”2, e “secondo la parola datadal Signore per mezzo di Mosè”3.

Il rito sinagogale dell’haghahà da cui ha avu-to origine l’analogo gesto di ostensione dell’e-vangelario nella liturgia cristiana, attesta chenella liturgia la parola di Dio è una realtà chedeve essere vista come libro presentato all’as-semblea e successivamente udita come testoletto all’assemblea. L’ostensione delle Scritture è dunque già in seun’ermeneutica (arte di interpretare antichi testie documenti)4, ricordando così che non solo leparole omiletiche hanno funzione ermeneuticama anche i gesti compiuti nella liturgia sono giàermeneutica delle Scritture. Prima di essere letto e ascoltato il libro è visto.Nella liturgia la chiesa presenta ai fedeli riunitiin assemblea il loro segno di identità e diriconoscimento, e in questo modo l’evangelariosvolge la triplice funzione simbolica. Elevandoe ostendendo l’evangelario, la chiesa richiamaanzitutto la superiorità e l’autorità della paroladi Dio su ogni parola umana. Poi la chiesa dichiarache il libro è mostrato a tutti perché è destinatoa tutti e dunque tutti possono accedereliberamente alla Parola di salvezza. Infine, la chiesa attesta che quest’unica paroladi salvezza nella quale tutti possono riconoscersicrea una relazione tra le persone che non sisono scelte, ma si riconoscono come debitricidell’unica alleanza. Parafrasando una celebrefrase di Henri de Lubac, secondo cui “la chiesafa l’eucarestia e l’eucarestia fa la chiesa”5, èpossibile affermare “ la chiesa fa le Scritture ele Scritture fanno la chiesa.Anche Nella liturgia cristiana, nella sua formapiù solenne, prevede due ostensioni dell’evangelario.La prima avviene nel corso della processioneiniziale, quando il diacono porta l’evangelarioelevato attraverso l’assemblea, collocandolo poisull’altare dove resta fino alla proclamazionedel vangelo. Prima ancora dell’ambone, l’altare

è il luogo primariopoi vedremo ilperché. La secondao s t e n s i o n edell’evangelarioavviene durantela processione conla quale il diaconoporta i l l ibrodall’altare all’ambone

per la lettura della pagina evangelica.Gran parte degli elementi rituali comuni a tuttele liturgie cristiane corrispondono ai gesti divenerazione del libro della Legge narrati da Neemiae presenti in diverse tradizioni rituali sinagogali. Tuttavia uno degli elementi imprescindibilidella lettura liturgica delle Scritture. È che nelculto sinagogale il rotolo della Legge èprelevato dall’aron dove è custodito, nella liturgiadelle chiese l’evangelario è preso dall’altare dovesi trova dall’inizio della celebrazione.

Evangelario e altare, “parola della croce”,ed eucarestia

Mettendo all’inizio della liturgia l’evangelario alcentro dell’altare, in quel momento libero da ognialtro oggetto, la chiesa riconosce al libro dei vangelila stessa dignità dei doni eucaristici. Sull’altarel’evangelario tiene lo stesso posto dell’eucarestia,così il libro dei vangeli non è solo oggetto delculto ma anche di culto. La collocazionedell’evangelario sull’altare realizza una figuradi intenso significato teologico che il ConcilioVaticano II ha richiamato: il cristiano si nutre“del pane della mensa sia della parola di Dioche del corpo di Cristo”6.Come il pane e il vino eucaristici sono presi dall’altareperché i fedeli si nutrano del corpo e del sanguedi Gesù, così anche il vangelo è presodall’altare affinché i fedeli si nutrano della paroladi Cristo: “Chi mangia la mia carne e beve ilmio sangue ha la vita eterna e io lo risuscite-rò nell’ultimo giorno”7, e anche “chi ascolta lamia parola e crede a colui che mi ha manda-to, ha la vita eterna”8. L’evangelari è preso dall’altare per attestare l’a-scolto e la manducazione eucaristica della paro-la di Dio. L’evangelario è posto sull’altare, luo-

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go del memoriale del sacrificio della croce, poidi qui prelevato per la proclamazione del van-gelo dall’ambone al fine di significare che il van-gelo di Cristo deve essere ascoltato partendodal mistero della croce, perché ogni volta chesi predica il vangelo di Cristo è la parola dellacroce che è predicata: “ La parola della croceinfatti è stoltezza per quelli che vanno in per-dizione, ma per quelli che si salvano, per noi,è potenza di Dio… è piaciuto a Dio di salvarei credenti con la stoltezza della predicazione. Ementre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cer-cano la sapienza, noi predichiamo Cristo cro-cifisso” 9.Così, l’innalzamento e l’ostensione dell’evan-gelario davanti all’assemblea è già proclama-zione del verbum crucis. È come se si dicessesilenziosamente “Ecce verbum crucis”, eco dell’anticocanto “Ecce lignum crucis” nella liturgia solennedel venerdì santo. Elevando la croce edelevando l’evangelario si compie lo stesso atto,si proclama l’unica Parola, la parola della croce.Questo è significato dal piccolo segno di croceche chi proclama il brano del vangelo tracciasulla pagina dell’evangelario, gesto con ilquale poi, insieme ai fedeli si segna la fronte,le labbra e il petto a significare l’accesso dellaparola del vangelo nelle facoltà fondamentali dellapersona: intelletto, il linguaggio e la volontà. Memoria dello sphraghis battesimale, questo gestoè incisione cruciforme del verbum crucis sullafronte, luogo della mente e dell’intelligenza; sullelabbra, spazio della voce e della parola; sul cuore,sede della volontà e degli affetti. Una sintesi del legame tra l’evangelario e l’altare,e dunque tra parola della croce e l’eucarestiaè espresso mirabilmente da Agostino in una dellesue espressioni: “Ci nutriamo della croce del Signore,quando mangiamo il suo corpo”.10

La voce del lettore

Gesù “aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:‘ Lo spirito del Signore è sopra di me’”11. L’attodi aprire il rotolo o il libro delle scritture è attoche è esso stesso una liturgia: “non si può negarela portata iconica del libro e la forza mistagogicadella sua apertura e della sua chiusura”12.È per questa ragione che la liturgia dell’aperturadel libro delle Scritture è solennizzata nel librostesso delle Scritture: lo compie Esdra, il quale“aprì il libro in presenza di tutto il popolo…e, appe-na aperto il libro, tutto il popolo si alzò in pie-di”13; lo compie Gesù nella sinagoga diNazareth e lo compie infine l’Agnello nella litur-gia del cielo: “Chi è degno di aprire il libro e scio-glierne i sigilli?” (Ap 5,2) proclama l’angelo avoce forte, e quando l’Agnello prende il libro “dal-la mano di colui che sedeva sul trono” (Ap 5,8)si innalza il canto: «Tu sei degno di prendereil libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immo-lato e hai riscattato per Dio con il tuo sangueuomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazionee li hai costituiti per il nostro Dio un regno disacerdoti e regneranno sopra la terra».14

“Scena affascinante, istante unico nel quale

l’Annunciato afferra l’annuncio, il Significato “mani-pola” il significante, il Santo tiene il testo nellesue stesse mani, l’Esegeta fa l’esegesi della suastessa parola”15.Nella sinagoga di Nazareth l’esegeta Gesù “aprìil rotolo… riavvolse il rotolo”. Uno dei padri cister-censi, Gilberto di Holyland, commenta: “Trattieniciò che tieni; tieni e tocca con insistenza e amo-re il verbo della vita; riavvolgi il volume della vita,il volume che Gesù riavvolse, anzi che è Gesùstesso. Avvolgiti in esso rivestiti del tuo ama-to, il Signore nostro Gesù Cristo… la sua Parolaè di fuoco” “Gesù aprì il rotolo” è il primo gesto del suo mini-stro, come prendere e “aprire” il pane nell’ulti-ma cena fu l’ultimo gesto del suo ministero. Gesùprende il rotolo come il proprio corpo e, presonelle proprie mani, il rotolo diventa il suo cor-po di Scrittura, il suo corpo dato, consegnato,offerto.Prendere il libro e aprirlo: solo l’Agnello è degnodi compiere questo atto perché è stato immo-lato. L’agnello immolato compie lo stessogesto compiuto da Gesù nella sinagoga di Nazareth:riceve il libro e lo apre per rivelare il suo miste-ro. Ecco il lettore Gesù, il lettore che è sempre essen-ziale al libro. La lettura fa parte della scrittura,perché la scrittura è fatta per essere letta. Maqui Gesù è in piedi e legge ad alta voce. La vocedel lettore!! Affinchè si realizzi il processo concui il libro, che contiene la parola di Dio, con-segna la Parola alla comunità, è necessaria lavoce del lettore. La Scrittura in cui la comuni-tà si riconosce necessita di qualcuno che la pro-clami, abbisogna di una voce. In ebraico Scritturasi dice miqrà deriva dalla radice q r’ e dal ver-bo qara’ che significa leggere a voce alta, chia-mare, gridare, nominare: tutti verbi che evoca-no eventi legati all’ascolto. Scrittura significa dire“Proclamata”, cioè fatta per essere letta a vocealta e ascoltata.La voce del lettore cosa fa? La voce si appoggiasullo “sta scritto”, sta allo “sta scritto” il qualeimpedisce al lettore di prendere il posto dellascrittura stessa. La voce si sottomette allo stascritto , così come la voce di Gesù si è sottomessaai versetti del profeta Isaia. La voce del lettore che risuona nella comunitàche ascolta dice dunque la necessità del processodi lettura, di ascolto, di interpretazione e diattualizzazione, senza la quale la Bibbiasarebbe lettera morta.Ecco, cosa produce la celebrazione dellaParola: la voce sottomettendosi allo scritto farivivere la parola scritta, fa risuscitare la letteraaltrimenti morta della Bibbia, la fa vivere. Perquesto proclamare la Scrittura davanti alla comunitàè rivolgere la Parola di vita ad essa in nome delSignore. Dalla Scrittura si deve passare alla parolarivolta, proclamata, creatrice di comunità. Ecco perché nella liturgia della Parola, Dio parlae quindi forma, plasma, crea la comunità e questoè un evento che solo la Parola del Signore puòrealizzare.In questo senso “nella liturgia della Parola Dio

parla al suo popolo”16; ciò spiga ragione per cuil’assemblea al termine della proclamazione delvangelo acclama: “ Lode a te o Cristo”. La liturgia pone sulla bocca un’alta professionedi fede in quanto Cristo in persona parla allasua comunità per far ascoltare alla chiesa eattualizzare in essa la sua Parola.“ Os Christi, evangelium est” (Bocca di Cristo

è il Vangelo)17.“Si alzò a leggere” ci racconta Luca, Gesù adempìquel sabato il servizio liturgico del lettore. Apprendiamodagli insegnamenti dei rabbini, la necessità checolui che legge adempia il servizio di lettore condignità e serietà, in virtù del rispetto dovuto allaParola di Dio. Nei testi rabbinici il lettore è esortato a stare ritto,a parlare con voce alta e chiara, a scandire inmodo distinto le parole, a indossare un vestitodignitoso, e a preparare con cura la lettura rileggendolapiù volte. Sulla scia dell’insegnamento rabbinico, anchela tradizione cristiana riserva grande cura allaqualità della lettura liturgica. Nella regola di San Benedetto è scritto: “ nessuno pretenda di cantare o di leggere senon chi è in grado di adempiere a questo ufficioin modo tale che ne siano edificati quelli cheascoltano; e questo avvenga con umiltà,serietà e tremore, e soltanto da parte di coluial quale l’avrà comandato l’abate”.18

Il commento di Origene alla pagina Lucana cheabbiamo meditato, rappresenta la più adeguataconclusione della nostra riflessione, perché inesso Origene indica il significato ultimo della letturadelle Scritture nella liturgia:“Gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi sudi lui. Anche ora, se lo volete, in questa sinagoga,in questa nostra assemblea, i vostri occhi possonofissare il Salvatore. Quando voi riuscirete a rivolgerelo sguardo più profondo del vostro cuore versola contemplazione della Sapienza, della Veritàe del Figlio unico di Dio, allora i vostri occhi vedrannoGesù. Beata assemblea quella in cui laScrittura testimonia che “gli occhi di tutti eranofissi su di lui””19

1 Cfr Ne 8,2.4-62 Dt 4,443 Nm 9,234 Dizionario italiano5 H. de Lubac Meditazioni sulla chiesa, Milano 19656 Concilio Vaticano II Dei verbum 217 Gv 6,548 Gv 5,249 Cfr 1 Cor 1,18-2310 Agostino di Ippona, Esposizione sui Salmi, 100,911 Lc 4,17-1812 Gregorio Magno, Omelie sui vangeli13 Ne 8,514 Ap 5,9-1015 Francois Cassingena-Trevedy16 Sacrosactum Concilium 33 17 Agostino di Ippona, Discorsi 85,118 Regola di Benedetto, 47,3-419 Origene, Commento al Vangelo di Luca

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don Gaetano Zaralli

Donatella raccontava:

“Sono la mamma didue bambini meravi-gliosi Federico e Ludovico.Federico è il primogenito,un bambino non veden-te. Dopo la sua nasci-ta c’è stato diagnosticatoil suo handicap, si puòimmaginare la nostraangoscia… Io mamma,pensando di avvicinar-mi alla FEDE e di fareil suo bene, ho iniziatoad andare per santua-ri, santoni, preti esorci-sti, guaritori, ecc.. Era per me una soffe-renza dover constatareogni volta che i cam-biamenti da noi desideratie soprattutto da loro promessi non c’erano ecosì, associando tutto questo alla FEDE, perme è stato il buio totale, chiusa nel mio dolo-re mi ponevo mille domande:“Perché proprio a me? Che cosa ho fatto di cosìgrave per meritarmi questo?”Poi è successo qualcosa dentro di me. Ci sia-mo chiesti, perché non fargli fare la prima comu-nione? E’ un bambino come tutti gli altri! Perun anno e mezzo, insieme con altri suoi coeta-nei, ha frequentato il catechismo nella chiesadi... . Tornava a casa sempre agitato, si tappavacontinuamente le orecchie, gli altri bambini loinnervosivano, troppa confusione. Non lo mandai più. Poi conobbi Don Gaetano:la sua catechesi comprendeva soprattutto la pre-senza di noi genitori. FANTASTICO!… Era quel-lo che cercavamo per Federico. Lui ascoltavatutto quello che si diceva; coccolato dai suoi geni-tori, partecipava rispondendo alle domande chegli faceva il parroco. E’ stata un’esperienza bellissima di comunità,di socializzazione, di scambi di pareri diversi.Soprattutto è servito a me per riavvicinarmi aGesù! Grazie a questa catechesi ho imparatoche il vero miracolo lo facciamo noi con l’amoreper nostro figlio.” Donatella C.

Il 4 gennaio del 2009 lo ricorderò per un fattotriste. C’era il sole quella mattina ed era dome-nica. Il vestito scuro e il volto segnato dal dolo-re erano l’immagine straziante di una donna che

piangeva la morte di una persona cara. - Donatella, cosa ti succede?- Federico!…La pochezza delle parole si rivelò immediata-mente incapace di colmare il vuoto causato dal-la perdita di un figlio. Tutto ciò che avrei potu-to dire morì sulle labbra, lasciando al silenzioil compito gravoso di consolare una mamma.Le mamme dei bambini portatori di handicapsoffrono già abbastanza nella loro vita e il buonDio non dovrebbe continuare a martoriarle conaltro dolore. Questo fu il primo pensiero che ebbi,ma che non manifestai, frenato dal ruolo chefa di me il mercante di idee non sempre con-divise, nonostante la mia fede sia proclamataa piena voce. Quanto è difficile affidarsi alla bontà di Dio, quan-do si ha dinanzi lo morte di un ragazzo che gode-va, nonostante il suo essere cieco, della gioiaformidabile di vivere. - Adesso che faccio? Lo smarrimento diDonatella era totale. Aveva dedicato tutto il pro-prio essere alla sua creatura, colmando pas-so dopo passo le lacune di quella natura appa-rentemente malvagia. Ora, la scomparsa improvvisa del motivo fon-damentale della sua esistenza, provocava inlei il vuoto più assoluto, quel vuoto che fa desi-derare la morte, anzi, che è la morte. Se poidai cocci di una vita distrutta si riuscirà a met-tere insieme qualcosa che somigli ad un esi-stere comunque, ciò che ne verrà fuori appa-rirà diverso, perché da lì inizierà una nuova sto-ria.

Quella mamma rina-scerà senz’altro daldolore che l’attana-glia, e ciò accadrànon per il figlio chenon c’è più, ma peri figli degli altri chel’opinione pubblicacontinua a condan-nare chiamandoli“disabili”. Continuano, pur-troppo, ad esisterepersone malvagieche dell’handicappatofanno motivo di gua-dagno … e allora lamamma, rinata daldolore, scaglieràcontro di loro larabbia di una giustiziaferita. Le istituzioni, che cari-namente chiamano

“non vedente” il cieco, offrono tutt’ora struttu-re con gravi limiti per incuria o per egoismo…e allora la mamma, di nuovo padrona del tem-po, a gran voce indicherà, proprio là dove il tre-more un tempo l’aveva bloccata, le soluzionimigliori per una giusta assistenza alle famiglieche la pietà cristiana continua a chiamare “bene-dette dal Signore”. E stiano in guardia coloro che degli handicap-pati fanno una merce da mostrare nei santua-ri o da porre in prima fila sulle piazze, magarisotto un sole cocente, magari senza il confor-to di un gesto che li faccia sentire realmenteimportanti. Stiano in guardia coloro che elar-giscono benedizioni sui fruitori di carrozzelle,senza affondare le mani, sporcandosele, nel-le tragedie delle famiglie che con amore li sosten-gono… Tutti costoro stiano in guardia, perchéDonatella, già da questo momento, scansan-do gli abbracci consolatori, potrebbe denunciarela strumentalizzazione sciocca e malevola chedei portatori di handicap si fa sfacciatamen-te. La mamma di un bambino portatore di han-dicap, mentre lo trastulla nelle carezze, avver-te che il suo amore cresce per lui in dismisu-ra… e quell’amore fonde i due cuori, le due ani-me, le due volontà, le due vite in una mirabileunità inscindibile. Per cui chi nega la comunioneal cerebroleso condanna la stessa mamma all’a-stinenza eucaristica; chi scarica il bambino “supe-rattivo”, ritenendolo incapace di guadagnare iltraguardo dell’amore di Dio, stupidamente sbar-ra alla stessa mamma la strada che porta allaGrazia.

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mons. Franco Risi

NNell’articolodel mesedi ottobre

ho parlato del valo-re della recita delsanto rosario inonore della VergineMaria, che ci fac-cia incontrare ilFiglio Gesù e ciconduca a rivolgerela nostra preghie-ra al Padre chemandi operai nella sua vigna. In questo mese di novembre credo opportu-no invitare a riflettere che non dobbiamo esse-re cristiani capaci solo di ammirare gli idea-li, ma far sì che ciò che è ideale diventi con-creto. La recita del rosario può essere un ottimo stru-mento per chiedere al Signore, tramite l’in-tercessione di Maria, il dono di sante voca-zioni sacerdotali e religiose e sante famiglieche vivono secondo il Vangelo.La vocazione di una persona scaturisce, si nutree vive all’interno di un cammino di fede in unarealtà parrocchiale. Il Concilio Vaticano II ciinsegna che la chiamata di Dio si percepiscenell’interpretare e rivelare i segni e così sco-prire il progetto che Lui ha su ogni persona.Tale progetto va riconosciuto, esaminato e custo-dito attraverso quei segni di cui si serve ognigiorno il Signore per far capire la sua volon-tà agli uomini e alle donne credenti: ai sacer-doti spetta quindi di cogliere attentamente que-sti segni. Il cammino di fede che ogni cristianoè chiamato a percorrere deve aiutare a capi-re la volontà di Dio nella propria vita. Il punto di partenza è la sequela di Cristo. Questoesige che nella crescita umana e spirituale ven-ga coltivato un clima di preghiera personalee comunitario, di ascolto dello Spirito Santoe di ricerca della volontà del Padre. Certamente occorre fare ciò in modo graduale,innanzitutto bisogna accendere l’interesse, rispet-tando i vari stati di crescita della persona: cia-scuno deve sentirsi stimolato a incontrare Gesùnella propria quotidianità, mettere a disposi-zione degli altri i propri doni e così operareun apostolato di carità verso il prossimo.Nell’analisi dell’attuale contesto sociale in cuici troviamo a vivere è sempre più urgente daparte delle comunità parrocchiali la realizza-

zione di cammini di fede che aiutino le inte-re realtà e i singoli cristiani a crescere nellafede e a trovare un posto all’interno della socie-tà. Tante e diverse sono le situazioni che siincontrano: tutte dimostrano che l’uomo ha biso-gno dell’incontro con Dio per dare senso allapropria vita. Ecco perché papa Francesco non si stancamai di ricordarci di non perdere la speranzae continuamente ci invita ad avere coraggioe fiducia nel coltivare i doni e le capacità checiascuno porta dentro di sé. E ancora, in una delle omelie a santa Marta,il Pontefice ha rimarcato che:«Pregare è fare memoria davanti a Dio del-la nostra storia…la storia dell’amore Suoverso di noi». Scriveva papa Benedetto: «Dobbiamoritrovare il gusto di nutrirci della Parola diDio, trasmessa dalla Chiesa in modofedele, e del Pane della vita, offerti a soste-gno di quanti sono suoi discepoli». Dove ritrovare questo aspetto se non in unaParrocchia? La Parrocchia è il luogo dove siprende esatta coscienza della propria fede,dove la si ravviva, dove la si purifica, dove lasi conferma e dove si trova la forza per usci-re nelle periferie esistenziali e lì dare la pro-pria testimonianza di credenti conquistati daCristo. A questo riguardo, durante la GiornataMondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, ilPapa ha esortato i cristiani, ed in particolarei giovani, a non rimanere a guardare il mon-do dal balcone, ma inserirsi nella società, comeveri testimoni del Vangelo.In questa prospettiva, nella Parrocchia non devemai venir meno lo stile di preghiera che carat-terizzò la prima comunità di credenti: essi era-no assidui nella preghiera diventando un cuorsolo e un’anima sola (cfr. At 4, 32).

La preghiera, quindi, sull’esempio della pri-ma comunità cristiana, è fiducia, comunionee vita. Viviamo in un tempo caratterizzato dauna forte esigenza di fiducia in Dio: non si puòfare più autentica esperienza di preghiera per-sonale senza fidarsi di Dio Padre, affidarsi aLui, alla sua passione per la salvezza dell’uomo.La preghiera non può essere esclusivamen-te un fatto privato; essa ha per volere di Cristouna natura ecclesiale:«Perché dove sono due o tre riuniti nel mionome, lì sono io in mezzo a loro»(Mt 18, 20). La preghiera come comunione nasce all’in-terno della storia del popolo dei credenti e vie-ne trasmessa di generazione in generazione.La preghiera infine è vita se è espressione econcretizzazione di una fede adulta. Essa nonè fine a se stessa, deve risplendere nelle mol-teplici forme dell’esperienza umana: in fami-glia, nell’ambito scolastico, nel mondo del lavo-ro, nelle situazioni di fragilità e di sofferenza. La preghiera come vita diventa qualificata edadulta nel momento in cui essa rappresentala sintesi tra il Vangelo e la vita quotidiana.Alla luce di quanto detto allora ne risulta chela parrocchia è il luogo privilegiato entro il qua-le il cristiano viene educato ad una preghie-ra basata sulla fiducia, sulla comunione e sul-la vita: pertanto tutte le attività che vengonoin essa proposte debbono avere un taglio voca-zionale, per consentire ai credenti, specialmenteai giovani, di far luce e chiarezza con fede nel-la loro vita. Tutto ciò diventa possibile nel momento in cuiogni battezzato sente la chiamata di Dio e virisponde con amore e responsabilità.

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Gabriella Fioramonti

“Quando si e’ in isolamento ci si stanca di se stessi e il sonno diventa l’unica via di fuga”.

Èla frase che più mi ha colpito di un libro che ho letto parecchianni fa; raccontava di un uomo ingiustamente incarcerato cheper sopravvivere leggeva e sognava, e per evadere dalla sua

realtà cruda e dolorosa di un cella di isolamento esplorava nuove real-tà e nuove dimensioni. La frase è rimbalzata tra i miei pensieri duran-te tutto il viaggio nella selva peruviana, anche se all’inizio non ne coglie-vo il significato, la connessione.Ad accogliermi il primo giorno ad Iquitos, capoluogo della regione amaz-zonica, è stato uno scenario completamente diverso da quello strettoe angusto di una cella: la vegetazione verde intenso della giungla, chesi tuffava rigogliosa nei fiumi imponenti e serpeggianti in mezzo ad essa,protagonisti dello spettacolo davanti a noi, anche se un po’ ritiratisi pervia della stagione secca. Uno spazio immenso, selvaggio, dove la cit-tà e l’uomo facevano da cornice alla natura e non viceversa, a cui gliabitanti cercavano in tutti i modi di adattarsi, di strappare a fatica unpo’ di spazio per sopravvivere, come funamboli in equilibrio su pala-fitte sottili e gracili. Tutto sembrava leggero, più ci si avvicinava al fiume più la presenzaumana si faceva silenziosa e quasi sottomessa all’incombere della for-za della foresta. Eppure in quei nove giorni di viaggio avrei scopertoche quella natura sconfinata e immensa avrebbe finito comunque perimprigionare l’uomo. Lo ha imprigionato nella miseria, nella dimenti-canza. Relegandolo ai margini della società lo ha imprigionato in sé

stesso, nella sua stessa immaginazione, uno strumento che da sem-pre e’ servito all’uomo per evadere, per spiegare ciò che l’evidenza ela ragione non riescono a spiegare, per sopravvivere alla realtà.Tutto ciò può sembrare la conclusione affrettata di un turista distrattoma in realtà per arrivare ad essa mi sono domandata miliardi di voltequale fosse la chiave di quel mondo, così diverso e lontano da tuttiquelli finora conosciuti, così pieno di magia e di racconti, di esseri sopran-naturali e presenze ultraterrene. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che tutti credessero fermamentenegli spiriti della foresta, nello Chullachaqui per esempio, il folletto conun piede storto, re della giungla, che si lascia seguire dai malcapitatiper farli perdere dietro le sue impronte fuorvianti. Tutti, nessuno esclu-so, avevano una storia da raccontare, un’esperienza di contatto conabitanti di mondi paralleli, oltre il cielo o sotto l’acqua del fiume, momen-ti di vita vissuta, non racconti, non leggende, ma fatti accaduti real-mente, veri al cento per cento perché condivisi da molti altri e soprat-tutto, cosa fondamentale e ricorrente, certificati da un sogno! Ho passato nove giorni ad ascoltare racconti, e tutti si somigliavanonella struttura: avvicinamento con l’essere/spirito di turno, stupore ini-ziale ma mai paura dell’incontro, spiegazione spesso anche molto ragio-nevole, testimoni a favore e sogno rivelatore che dava la conferma ilgiorno dopo. Inizialmente ascoltavo tutte queste storie con divertimento, quasi consuperiorità mi dicevo: “Ma come si fa a credere a tutte queste cose?”Dopo qualche giorno, la sicurezza che leggevo negli occhi dei narra-tori e il moltiplicarsi incessante di episodi mi stavano quasi convincendodi tutto; sono passata per una fase in cui ero arrivata a credere a tut-to senza nemmeno fare più domande finché sono giunta alla conclu-sione con cui ho aperto quest’articolo.Perché si comprenda davvero il mio discorso è però necessario rac-contare le storie incriminate. E allora ne copio qualcuna trascritta duran-

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te una notte in cui il sonno era poco, come la luce a disposizione, e lacarta per scrivere ancora meno.L’originale infatti l’ho scritto su un pezzo di scottex a lume di una lam-pada a gas, la seconda notte nel lodge di Carmencita, nella riserva diAllpahuayo Mishana, quando ormai confusa e intorpidita dai mille rac-conti decisi di trascrivere esattamente quello che la nostra guida sta-va raccontando proprio in quel momento:Comunidad Nueva Esperanza – Distrito San Juan Bautista – Km 22de la carretera Iquitos – Nauta – región de Loreto – 27-29 de Julio de2014 – Jhonny nuestra guìa, guardiano notturno della fabbrica di cemen-to del km 1 della stessa “carretera” - una casa di travi di legno, 4 mate-rassini al suolo con i suoi 4 mosquiteros, senza elettricità, coperturadi rete telefonica né acqua potabile. Come sempre mi disconnetto facilmente da tutto ciò che è materialema non riesco mai a disconnettere il cervello. Ho deciso di venire aprovare quest’avventura seguendo i miei desideri, considerando manon facendomi bloccare da chi me lo sconsigliava come pericoloso,seguendo il mio istinto, ma nonostante ciò senza riuscire a disconnettermidalle ansie e paure di sempre. Vado girando completamente coperta dalla testa ai piedi per paura diletali punture di insetti malarici, in un posto dove si suda restando fer-mi!!Le mie ansie non mi fanno rilassare neanche in vacanza, in più lanostra guida non fa altro che riempirci la testa di mille storie, assurde,di piante che curano tutti i mali, di insetti che tolgono la fame, di pian-te da mangiare.Ho la testa pesante e Jhonny continua a raccontare: “Io e i miei duefratelli siamo cresciuti qui, in una capanna in mezzo a questo terrenodove ora c’è il lodge e dove mia madre ha dovuto reinventarsi una vitasenza mio padre, che ci ha abbandonato quando eravamo piccoli, me,Carmencita e mio fratello più grande.

Si chiama Freddy mio fratello ed e’ l’unico che non riesce proprio atornarci qui; dice che gli tornano in mente brutti ricordi, quelli legati allamadre, agli anni difficili vissuti qui, alla notte in cui gli alieni hanno illu-minato a giorno tutto il nostro terreno - Anche Jhonny dovette lascia-re la scuola per aiutare la madre a coltivare la terra, poi passò 6 anninella Marina, ma poi dovette abbandonare la carriera perché un com-pagno con più soldi gli rubò il posto - Freddy vedeva sempre appari-re vicino alla casa un uomo altissimo, di 2 metri, che lo proteggevaperché lui stava lì solo, non riuscì mai a vederlo in viso, non glielo mostra-va, però lo proteggeva, con lui la paura, che sentiva fortissima soprat-tutto di notte, si affievoliva un po’. E chissà, dico io, che non fosse pro-prio la trasposizione che un ragazzino impaurito nel buio intenso del-la giungla faceva del papà che li aveva abbandonati. Dall’unica stanza del lodge ci spostiamo all’aperto, sotto un manto mera-viglioso di stelle, protagoniste indiscusse delle notti nella giungla, dovenessuna luce artificiale può interferire con la potenza di un cielo stel-lato come quello. Ecco che ricominciano le storie, di navi fantasma, dibimbi trasformati in uccelli una volta abbandonati dai genitori nella giun-gla, il cui canto malinconico recita il lamento: “Ayaymama”. Il racconto che più mi colpì ce lo raccontò Carmencita e riguardava gliYacuruna, uomini bellissimi che si innamorano delle donne della comu-nità, le seducono e le conducono con una sorta di ipnosi sonnambu-la nel loro mondo subacqueo, nella profondità del fiume, dove final-mente possono rivestire le loro vere vesti di uomini orribili, pieni di pelilunghi davanti al volto e lungo tutto il corpo. Ovviamente non si tratta di una leggenda! Carmencita lo sa che è tut-to vero, ne è certa, perché proprio uno Yacuruna fu ripescato da unacoppia di pescatori, padre e figlio che se lo sono malauguratamenteritrovato nelle loro reti. In questo stesso mondo subacqueo vanno a

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finire i bimbi “speciali”, o per lo meno questa è la giustificazione per levarie sparizioni di bimbi che una madre mortificata per la sua distrazio-ne può darsi; o meglio che l’abitudine e il senso comune si danno daanni in queste zone. Sì perché quello dell’infanzia e’ un discorso bencomplicato, nella giungla così come nelle montagne, nelle zone più pove-re del Perù insomma.Siamo capitati ad Iquitos nella stagione secca e non so dire se è statoun bene o un male. Durante il giro che Carmencita ci ha fatto fare perla città abbiamo avuto la fortuna di poter visitare il quartiere in cui ha

lavorato per otto anni, di cui sei mesi in compagnia del nostro amico volon-tario Marco. Il quartiere si chiama Pueblo Libre e forma la favela conti-gua al mercato del Belén. Una favela costruita sul fiume Itaya, divisa dal mercato da una monta-gna di spazzatura alla quale siamo arrivati appena riusciti a catapultar-ci fuori dal mercato: un gorgoglìo e una confusione di banchi con coc-codrilli, polli, iguane squartati e ammucchiati l’uno sull’altro, tartarughesgusciate in mostra mentre sul fuoco il loro stesso guscio fungeva dapentola per la zuppa di tartaruga - appunto - frutta, spiedini di vermi, punchfatto montare a ripetizione dalle venditrici, ragazzini che correvano trala folla e il fango, cani pulciosi che uscivano da sotto le bancarelle, bot-tiglie di tutti i tipi di rimedi contro ogni male e odori cosi intensi e nuoviche mi riempivano le narici fino a farmi perdere per un attimo l’orienta-mento.In questa sensazione di smarrimento in cui mi trovavo ai piedi della mon-tagna di spazzatura ho dovuto affrontare uno smarrimento ancora piùgrande suscitato dalla favela stessa. Un susseguirsi di case, quattro muradi toghe di legno sorrette dagli steli sottili delle palafitte; simili a graciligambe di anziane, tremule, stanche, appesantite dagli anni e dalla fati-ca. Tutto ciò non era solo una mia sensazione, le case tremavano sulserio. Siamo saliti a far visita a una conoscente di Carmencita e la casadondolava; oscillava dolcemente, richiamando il dondolio delle amache,unico arredo dell’intera stanza, divisa da quella dei vicini solo da duetravi orizzontali.Il peggio però non era rialzato, stava giù, nella strada che avevamo per-corso schivando i pantani, la spazzatura e il fango, nella strada che nul-la aveva per poterla chiamare cosi, era melma, escrementi di animali edi abitanti, che scendevano a cascata all’improvviso dalla palafitta sovra-stante, una delle poche con bagno interno, era il campo da gioco dei

bambini, il cortile dove razzolavano i cani, lo scarico dei servizi igienicie la via d’accesso alle case, era tutto questo insieme ma non una stra-da. Durante la piena del fiume tutto viene ricoperto dalla sua acqua, incui comunque i bambini si tuffano e giocano nonostante quello che nascon-de e dove, ci racconta la stessa signora che ci ha aperto le porte dellasua casa, durante le piene più brutte perdono la vita molti neonati, anne-gando intrappolati nelle loro stesse case. Cosi si parla della morte deibambini, così si vive la morte in generale, come una fatalità, spiegatamagari come un passaggio nel mondo subacqueo dove sicuramente ibambini si troveranno bene, perché così lo ha sognato la mamma del

bimbo “speciale” del racconto diCarmencita, finalmente felice in unmondo che può dargli tutto quelloche un bambino può avere: atten-zioni, cibo, affetto, educazione,una casa; insomma tutto quello chenella realtà non ha mai avuto. Il Belènè forse stato il posto che più mi haimpattato finora in Perù, ma anchequi gli sforzi per migliorare non sisono fatti attendere. Carmen ci racconta orgogliosa del-la scuola dove lei e Marco lavora-vano e che ormai purtroppo èchiusa, dell’orto che ancora riescea dare qualche frutto alle signore checi lavorano e che lei ha seguito pertutti questi anni, un orto piccolissi-mo, insignificante si potrebbe direma che in mezzo a tutta quella deso-lazione emana una forza e un desi-derio di cambiamento fortissimi.Il resto dei giorni nella selva li abbia-mo passati a Nauta, un villaggio dipescatori ancora più povero di

Iquitos, caratteristico per i lunghissimi ponti di legno su cui sfreccianoimpazziti i mototaxi, come se fossero costretti a correre per paura cheil ponte cedesse da un momento all’altro.Ancora più immersi nella natura abbiamo navigato i fiumi Ucayali e Marañon,fin dove si uniscono per formare il Rio delle Amazzoni. Abbiamo avvis-tato scimmie, serpenti boa, delfini rosa, iguane, bradipi e uccelli colo-rati, ascoltato racconti di sirene e rituali purificatori e anche lì dove lanatura era l’unica religione che si potesse accettare ho visitato il san-tuario della “Virgen María Rosa Mística” nel CENCCA, casa di ritiro eformazione campesina di catechesi, dove tre anni fa (26 ottobre 2011)è apparsa la Madonna. La laica spagnola che mi accoglie è una signora anziana e anche in leiritrovo la stessa voglia di raccontare degli altri molteplici “cantastorie”già incontrati. Con questo termine non voglio sminuirli ma anzi trasmetterequella sensazione di magia e spiritualità che essi trasmettevano a me,stessero parlando di Yacuruna o della Madonna. La signora infatti ne parlava come se l’avesse ancora davanti agli occhi,diceva che da li a qualche minuto sarebbe arrivata per parlarle comeogni giorno da tre anni. Anche con lei, malgrado sia credente e quindi niente affatto scettica perprincipio riguardo a questi temi, non ho potuto non riavere lo stesso pen-siero: quando si e’ in isolamento ci si stanca di sé stessi – della solitu-dine (una volontaria ormai anziana, rimasta solo con altre due collabo-ratrici in un centro immenso e pieno di aule e laboratori ormai vuoti), delfatto che la propria comunità sperduta nella giungla non interessi a nes-sun sindaco della zona, delle proprie difficoltà ad andare avanti – e ilsonno, i sogni, le chimere, diventano l’unica via di fuga.

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don Antonio Galati

IIl 29 e 30 novembre 2014 ini-zia l’anno dedicato alla vita con-sacrata, indetto nell’occasio-

ne del 50esimo anniversario del-lo svolgimento del concilio VaticanoII. Nelle intenzioni doveva con-cludersi il 21 novembre dell’an-no successivo, 50 anni dopo lapromulgazione del documentoPerfectae caritatis, il decretoconciliare per il rinnovamento del-la vita religiosa, ma si chiuderàil 30 gennaio e 2 febbraio 2016.Questa iniziativa permette diriaccostare gli insegnamenti chelo stesso concilio ha prodotto peri consacrati e per il loro posto ela loro funzione all’interno dellaChiesa. Questi insegnamentipossono individuarsi nel decre-to già citato e nel capitolo VI del-la Lumen gentium dedicato pro-prio ai religiosi, il quale è la baseper lo stesso Perfectae caritatise che, a sua volta, si poggia sulcapitolo V della costituzione sul-la Chiesa, dedicato alla vocazioneuniversale alla santità.L’intento di questo e dei prossimi articoli,quindi, è quello di commentare, per quan-to possibile, tutti questi testi che illumina-no la vita dei religiosi e il loro ruolo all’in-terno della Chiesa.Però, prima di procedere al commento del-le varie parti di questo insegnamento, è neces-sario indicare l’orizzonte descritto dalmagistero conciliare circa la vita religiosa,che si intuisce subito nel momento in cuisi prende come riferimento di questo inse-gnamento, non solo il capitolo specifico suireligiosi della Lumen gentium e il decre-to, altrettanto specifico, sul rinnovamentodella vita religiosa, ma anche il capitolo dedi-cato alla vocazione universale alla santi-tà della costituzione sulla Chiesa. Questoulteriore riferimento non può dirsi del tut-to arbitrario, ma diviene necessario in for-za di quanto affermato dalla stessa Lumengentium: «questa santità della Chiesa [�]in un modo tutto suo proprio si manifestanella pratica dei consigli che si sogliono chia-mare evangelici. Questa pratica dei con-sigli, abbracciata da molti cristiani per impul-so dello Spirito Santo, sia a titolo privato,sia in una condizione o stato sanciti nellaChiesa, porta e deve portare nel mondouna luminosa testimonianza e un esempiodi questa santità» (LG 39). In altre paro-le, ciò che è caratteristico dell’universali-tà dei cristiani, e cioè il loro tendere allasantità, non solo deve considerarsi carat-teristico anche per i religiosi in quanto appar-tenenti al Popolo di Dio, e ai quali si fa rife-rimento nel momento in cui si introduce ildiscorso sui consigli evangelici, ma per que-sti la vocazione alla santità è una peculiaritàspecifica, che caratterizza il loro essere mem-bra del Corpo di Cristo che è la Chiesa.Ecco allora chiarito l’orizzonte in cui si deveiscrivere sia l’insegnamento conciliare

che la sua interpretazione. In sintesi, solocomprendendo questa tensione dellaChiesa verso la santità si comprendono lavita e il ruolo dei religiosi, i quali devonotestimoniare ed essere esempio della Chiesasanta.Chiarito questo, è allora possibile estrapolarequello che il concilio afferma circa la san-tità della Chiesa e dei suoi membri, per poiapplicarlo in maniera specifica alla vita reli-giosa.La prima cosa degna di nota è che «la Chiesa[�] è agli occhi della fede indefettibilmentesanta. Infatti Cristo, Figlio di Dio, il qualecol Padre e lo Spirito è proclamato “il soloSanto”, amò la Chiesa come sua sposa ediede se stesso per essa, al fine di santi-ficarla (cfr. Ef 5,25-26), l’ha unita a sé comesuo corpo e l’ha riempita col dono dello SpiritoSanto» (LG 39). In altre parole, principiodella santità della Chiesa è il Cristo e, inol-tre, la santità, si può dire per spiegarsi, appar-tiene in primo luogo alla Chiesa più che aisuoi singoli membri. Non sono i fedeli a ren-dere santa la Chiesa, ma Cristo con il donodello Spirito Santo, ed è la Chiesa che ren-de santi i suoi membri, in forza del suo esse-re santa. In altre parole quella che è san-ta è la comunità ecclesiale piuttosto cheil singolo fedele e il singolo è santo pro-prio per la virtù della santità della Chiesa.Nel passaggio conclusivo di questo capi-tolo della Lumen gentium sulla vocazioneuniversale alla santità, il concilio si soffer-ma sulle vie e i mezzi attraverso cui, le variemembra della Chiesa, possono far frutti-ficare i doni di grazia dello Spirito e quin-di partecipare alla santità della Chiesa.In linea con l’insegnamento di san Paolo(cfr. 1Cor 12,31), il Vaticano II indica nel-la carità il dono primo e necessario per l’e-sercizio di tutti gli altri mezzi e vie di san-

tificazione (cfr. LG 42). In questo modo il fedele può «ascoltare volen-tieri la parola di Dio e con l’aiuto della suagrazia compiere con le opere la sua volon-tà, partecipare frequentemente ai sacramenti,soprattutto all’eucaristia, e alle azioni litur-giche; applicarsi costantemente alla pre-ghiera, all’abnegazione di se stesso, all’at-tivo servizio dei fratelli e all’esercizio di tut-te le virtù» (LG 42). Questi sono quindi imezzi ordinari per l’esercizio della santitàdella Chiesa.Insieme a questi, inoltre, esistono nella Chiesavie che il Signore permette ad alcuni di per-correre per un esercizio ulteriore della san-tità e che discendono, anch’esse, dal donodella carità.La prima di queste vie –che potremmo defi-nire straordinarie per il fatto che, anche setutti i cristiani devono essere disposti a seguir-le, non sono di fatto percorse da tutti nel-l’ordinarietà– è quella del martirio (cfr. LG42). Insieme a questa i cristiani possonoesercitare la santità nella carità mettendoin pratica quei «molteplici consigli che il Signorenel Vangelo propone all’osservanza dei suoidiscepoli» (LG 42) e, tra tutti, eccellono «ilprezioso dono della grazia divina, dato dalPadre ad alcuni (cfr. Mt 19,11; 1Cor 7,32-34), di consacrarsi, più facilmente e sen-za divisione del cuore (cfr. 1Cor 7,7), a Diosolo nella verginità o nel celibato. [�] Uominie donne che seguono più da vicino que-sto annientamento del Salvatore e più chia-ramente lo mostrano, abbracciando, nel-la libertà dei figli di Dio, la povertà e rinun-ziando alla propria volontà» (LG 42). Eccoche qui il concilio presenta i consigli evan-gelici di povertà, castità e obbedienza comemezzi di santificazione che, tradizionalmente,sono distintivi della vita dei religiosi.Per concludere, si può affermare: come i

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2020 NovembreNovembre20142014

Stanislao Fioramonti

LLo aveva annunciato Papa Francesco, religioso gesuita, incontrandoil 29 novembre 2013 i Superiori generali degli Istituti maschili. Il 30gennaio 2014 c’è stata la presentazione degli obiettivi e di alcuni even-

ti da parte del cardinale João Braz de Aviz e di mons. José Rodríguez Carballo,rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione vaticana per gliIstituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Pensato nel contesto delle celebrazioni per i 50 anni del Concilio VaticanoII, definito “soffio dello Spirito”, e più in particolare nella ricorrenza dei 50anni dalla pubblicazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rin-novamento della vita consacrata, l’appuntamento - ha sottolineato il cardi-nale - vuole “fare memoria” del “fecondo cammino di rinnovamento” dellavita consacrata in questo periodo, riconoscendo “anche le debolezze e leinfedeltà come esperienza della misericordia e dell’amore di Dio”. Questo è il primo obiettivo dell’Anno della vita consacrata. Il secondo è quel-lo di “abbracciare il futuro con speranza”; il momento presente è «delicatoe faticoso» e la crisi che attraversa la società e la stessa Chiesa tocca pie-namente la vita consacrata. Ma vogliamo assumere questa crisi non come l’anticamera della morte, macome un’occasione favorevole per la crescita in profondità e, quindi, di spe-ranza, motivata dalla certezza che la vita consacrata non potrà mai spari-re nella Chiesa, poiché «è stata voluta dallo stesso Gesù come parte irre-movibile della sua Chiesa» (Benedetto XVI). Terzo obiettivo di questo Anno è vivere il presente con passione. La pas-sione parla di innamoramento, di vera amicizia, di profonda comunione�Di tutto questo si tratta quando parliamo di vita consacrata, ed è questo chedà bellezza alla vita di tanti uomini e donne che professano i consigli evan-gelici e seguono “più da vicino” Cristo in questo stato di vita. L’Anno della vita consacrata sarà un momento importante per “evangeliz-zare” la propria vocazione e testimoniare la bellezza della sequela Christinelle molteplici forme in cui si esprime la nostra vita. I consacrati raccolgono il testimone lasciato loro dai rispettivi fondatori efondatrici. Vogliono «svegliare il mondo» con la loro testimonianza profeti-ca, particolarmente con la loro presenza nelle periferie esistenziali della pover-

martiri concretizzano perfettamentela vocazione di tutta la Chiesa allatestimonianza della fede fino all’ef-fusione del sangue, i religiosi devo-no concretizzare in maniera totale,all’interno della Chiesa, la vocazio-ne universale della comunità eccle-siale alla santità, per mezzo dell’e-sercizio completo dei consigli evan-gelici. Questi ultimi, però, devono con-siderarsi nella loro giusta prospetti-va, che è quella di essere i mezzi ele vie per la manifestazione della san-tità della Chiesa. In altre parole, il fine della vita reli-giosa non è quello di esercitare i con-sigli evangelici, ma quello di parte-cipare in maniera particolare, e di espri-mere in maniera il più possibile pie-na, la santità della Chiesa, attraversoquesta sequela della povertà, del-l’obbedienza e della castità che sonodi Cristo Gesù, che è il principio ela fonte della santità della Chiesa.Inoltre, tenendo conto di quanto appe-

na detto, e cioè che la vocazione spe-cifica dei religiosi è quella di testimoniareed essere esempio della santità del-la Chiesa e, in aggiunta, che questasantità si manifesta praticamente nel-la ricchezza e nella varietà dei donidello Spirito Santo (cfr. LG 39), si puòcomprendere il motivo per cui, nelcorso del tempo e in varie parti delmondo, esistono diversità di ordinie di istituti religiosi. Secondo ilduplice principio, per cui i doni del-lo Spirito Santo dipendono sia dal-le peculiarità della “natura” di chi liriceve che dalla loro necessità di esse-re condivisi con il resto della comu-nità dei credenti, la varietà degli ordi-ni religiosi e dei carismi propri, siadei singoli come delle famiglie di con-sacrati, diventano l’espressione del-la varietà dei doni dello SpiritoSanto che, condivisi e spesi nell’ot-tica della carità, manifestano lamultiforme grazia di Dio (cfr. 1Pt 4,10)che è la santità della Chiesa.

VITA CONSECRATA IN ECCLESIA HODIE VITA CONSECRATA IN ECCLESIA HODIE

EVANGELIUM, PROPHETIA, SPESEVANGELIUM, PROPHETIA, SPES

UUna colomba sostiene sulla sua ala un globo polie-drico, mentre si adagia sulle acque da cui si leva-no tre stelle, custodite dall’altra ala. Il Logo per

l’anno della vita consacrata, opera della pittrice CarmelaBoccasile, esprime per simboli i valori fondamentali dellavita consacrata. In essa si riconosce l’ «opera incessan-te dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli dispiega lericchezze della pratica dei consigli evangelici attraverso imolteplici carismi, e anche per questa via rende perenne-mente presente nella Chiesa e nel mondo, nel tempo e nel-lo spazio, il mistero di Cristo» (VC 5). Nel segno grafico che profila la colomba s’intuisce l’araboPace: un richiamo alla vocazione della vita consacrata adessere esempio di riconciliazione universale in Cristo.

I SIMBOLI NEL LOGOI SIMBOLI NEL LOGOLa colomba sulle acque La colomba sulle acque

La colomba appartiene alla simbologia classica per raffi-gurare l’azione dello Spirito Santo fonte di vita e ispirato-re di creatività. È il richiamo agli inizi della storia: in prin-cipio lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (cf Gen 1,2).La colomba, planando su un mare gonfio di vita inespres-sa, richiama la fecondità paziente e fiduciosa, mentre i segniche la circondano rivelano l’azione creatrice e rinnovatri-ce dello Spirito. La colomba evoca altresì la consacrazio-ne dell’umanità di Cristo nel battesimo.Le acque formate da tessere di mosaico, indicano la com-plessità e l’armonia degli elementi umani e cosmici che loSpirito fa “gemere” secondo i misteriosi disegni di Dio (cfRom 8, 26-27) perché convergano nell’incontro ospitale efecondo che porta a nuova creazione. Tra i flutti della storia la colomba vola sulle acque del dilu-vio (cf Gn 8, 8-14). I consacrati e le consacrate nel segnodel Vangelo da sempre pellegrini tra i popoli vivono la lorovarietà carismatica e diaconale come “buoni amministra-tori della multiforme grazia di Dio” (1Pt 4,10); segnati dal-la Croce di Cristo fino al martirio, abitano la storia con lasapienza del Vangelo, Chiesa che abbraccia e risana tut-to l’umano in Cristo.

Le tre stelleLe tre stelle

Ricordano l’identità della vita consacrata nel mondo comeconfessio Trinitatis, signum fraternitatis e servitium carita-tis. Esprimono la circolarità e la relazionalità dell’amore tri-nitario che la vita consacrata cerca di vivere quotidiana-mente nel mondo. Le stelle richiamano anche il trino sigil-lo aureo con cui l’iconografia bizantina onora Maria, la tut-ta Santa, Madre di Dio, prima Discepola di Cristo, model-lo e patrona di ogni vita consacrata.

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tà e del pensiero, come Papa Francesco ha chiesto ai Superiori gene-rali. Tutto questo porterà i religiosi e i consacrati a continuare il rin-novamento proposto dal Concilio, potenziando la loro relazione conil Signore, la vita fraterna in comunità, la missione, e curando una for-mazione adeguate alle sfide del nostro tempo, in modo da «riproporrecon coraggio» e con «fedeltà dinamica» e creativa (cf. VC 37) l’esperienzadei loro fondatori e fondatrici.

L’anno inizia il 29 / 30 novembre 2014, I dom. di Avvento, e termina il 2 febbraio 2016.Iniziative certe sono: la solenne concelebrazione d’inizio in San Pietro,presieduta dal Santo Padre. A novembre, l’Assemblea plenaria del-la Congregazione, che avrà come tema: Il novum nella vita consa-crata a partire dal Vaticano II. Il 2 febbraio 2015: Giornata Mondialedella Vita Consacrata. Per le suore contemplative, “Catena mondiale di preghiera fra i mona-steri”.Diversi incontri internazionali a Roma, tra i quali:- Incontro per giovani religiosi e religiose: novizi, professi tempora-nei e professi perpetui con meno di 10 anni di professione;- Incontro dei formatori e formatrici;- Congresso internazionale di teologia della vita consacrata, sul tema:“Rinnovamento della vita consacrata alla luce del Concilio e prospettivedi futuro”.- Mostra internazionale su “La vita consacrata Vangelo nella storiaumana”.Prevista la pubblicazione di lettere circolari: la prima conterrà una

serie di domande poste dal Papa sul tema, in cui si invita ad andarealle “periferie esistenziali della povertà e del pensiero”. - Infine durante l’Anno della Vita Consacrata si attende dal Santo Padreuna nuova Costituzione Apostolica sulla vita contemplativa al postodell’attuale “Sponsa Christi” promulgata dal Papa Pio XII nel 1950.La Congregazione vaticana per gli Istituti di vita consacrata e lesocietà di vita apostolica si occupa di tutto ciò che riguarda gli Istitutidi Vita consacrata (Ordini e Congregazioni religiose, sia maschili chefemminili, Istituti secolari), e le Società di Vita apostolica quanto a regi-me, disciplina, studi, beni, diritti, privilegi. E’ anche competente perquanto riguarda la vita eremitica, le vergini consacrate e relative asso-ciazioni, le nuove forme di vita consacrata.Gli Istituti religiosi e gli Istituti secolari sono le due categorie checompongono principalmente lo stato della vita consacrata. Degli Istitutireligiosi si chiamano Ordini (Ordini regolari) quegli Istituti nei qualisecondo la loro storia e indole o natura, si emettono voti solenni almeno da una parte dei loro membri. I membri tutti degli Ordini si dico-no Regolari, e se di sesso femminile, Monache. Gli altri Istituti religiosi sono chiamati Congregazioni o Congregazionireligiose e i loro membri Religiosi di voti semplici. Dal Codice di DirittoCanonico sono detti Istituti clericali quelli che, secondo il progettodel fondatore, oppure in forza di una legittima tradizione, sono gover-nati da chierici, assumono l’esercizio dell’ordine sacro e come tali ven-gono riconosciuti dalla Chiesa. Se invece il patrimonio proprio dell’Istitutonon comporta l’esercizio dell’ordine sacro e viene riconosciuto cometale dalla Chiesa, si chiama Istituto laicale. Istituti religiosi: Canonici Regolari; Monaci (tipi: occidentale:Benedettini e Certosini; orientale: paolino, antoniano e basiliano); OrdiniMendicanti (Francescano, Domenicano, Agostiniano ecc); Chierici Regolari(Teatini, Barnabiti ecc.); Congregazioni religiose clericali e laicali.Istituti secolari: clericali o laicali, maschili o femminili.Società di vita apostolica: sono formate da associazioni maschili ofemminili che fanno vita in comune ma senza essere legati da votireligiosi.Nella diocesi di Velletri-Segni sono presenti queste famiglie religiose(in neretto quelle maschili):Artena: OFM - Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli. Colleferro:OFMConv. - Ist. Pie Operaie – Figlie di Maria Ausiliatrice (Salesiane).

Il globo poliedricoIl globo poliedrico

Il piccolo globo poliedrico significa il mondo con la varietà dei popo-li e delle culture, come afferma Papa Francesco (cf EG 236). Il sof-fio dello Spirito lo sostiene e lo conduce verso il futuro: invito ai con-sacrati e alle consacrate «a diventare portatori dello Spirito (pneu-matophóroi), uomini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecon-dare segretamente la storia» (VC 6).

IL LEMMA IL LEMMA Vita consecrata in Ecclesia hodie Vita consecrata in Ecclesia hodie Evangelium, Prophetia, SpesEvangelium, Prophetia, Spes

Il lemma dona ulteriore risalto a identità e orizzonti, esperienza eideali, grazia e cammino che la vita consacrata ha vissuto e conti-nua a vivere nella Chiesa come popolo di Dio, nel pellegrinare del-le genti e delle culture, verso il futuro.

Evangelium: indica la norma fondamentale della vita consacrata cheè la «sequela Christi come viene insegnata dal Vangelo» (PC 2a).Prima come «memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù»(VC 22), poi come sapienza di vita nella luce dei molteplici consigliproposti dal Maestro ai discepoli (cf LG 42). Il Vangelo dona sapien-za orientatrice e gioia (cf EG 1).

Prophetia: richiama il carattere profetico della vita consacrata che«si configura come una speciale forma di partecipazione alla fun-zione profetica di Cristo, comunicata dallo Spirito a tutto il Popolodi Dio» (VC 84). Si può parlare di un autentico ministero profetico,che nasce dalla Parola e si nutre della Parola di Dio, accolta e vis-suta nelle varie circostanze della vita. La funzione si esplicita nelladenuncia coraggiosa, nell’annuncio di nuove «visite» di Dio e «conl’esplorazione di vie nuove per attuare il Vangelo nella storia, in vistadel Regno di Dio» (ib.).

Spes: ricorda il compimento ultimo del mistero cristiano. Viviamo intempi di incertezze diffuse e di scarsità di progetti ad ampio oriz-zonte: la speranza mostra la sua fragilità culturale e sociale, l’oriz-zonte è oscuro perché «sembrano spesso smarrite le tracce di Dio»(VC 85). La vita consacrata ha una permanente proiezione escato-logica: testimonia nella storia che ogni speranza avrà l’accoglienzadefinitiva e converte l’attesa «in missione, affinché il Regno si affer-mi in modo crescente qui e ora» (VC 27). Segno di speranza la vitaconsacrata si fa vicinanza e misericordia, parabola di futuro e liber-tà da ogni idolatria.«Animati dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei cuori» (Rm 5,5)i consacrati e le consacrate abbracciano perciò l’universo e diven-tano memoria dell’amore trinitario, mediatori di comunione e di uni-tà, sentinelle oranti sul crinale della storia, solidali con l’umanità neisuoi affanni e nella ricerca silenziosa dello Spirito.

L’artista del LogoL’artista del Logo

La creazione del Logo per l’Anno della Vita consacrata è stata affi-data alla pittrice CARMELA BOCCASILE dello Studio d’Arte Dellinofondato nel 1970 (Bari – Roma, ITALIA) da Lillo Dellino e CarmelaBoccasile.Per questi artisti la visione pittorica è “icona” sia nel senso forma-

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Lariano: Chierici Regolari della Madre di Dio – Suoredell’Unione Mysterium Christi. Segni: Ist. del Verbo Incarnato; OFM Cappuccini - Suore del-la Carità di S. Giovanna Antida Thouret; Suore Angeliche di S.Paolo; Ist. Serve del Signore e della Vergine di Matarà.Valmontone: OFM - Figlie della Carità di S. Vincenzo de Paoli;Ist. Figlie dell’Immacolata. Velletri: OFM Cappuccini; Chierici Regolari Somaschi; Pia Op.Divina Provvidenza (Don Orione); Suore dell’Apostolato Cattolico(Pallottine); Suore Maestre Pie Venerini; Suore Orsolinedell’Unione Romana; Suore Adoratrici del Sangue di Cristo; Suoredegli Abbandonati di Aluvà; Suore N.S. Monte Calvario Ist. StellaMaris; Suore Serve di Maria Riparatrici; Suore di S. Marta CasaBetania; Suore della Misericordia di Verona; Suore Apostoline (Acero);Ist. Serve del Signore e della Vergine di Matarà (clausura); SuoreAncelle della BMV Immacolata; Missionarie di S. Paola Frassinetti.OFM (Artena, Valmontone)OFMConv (Colleferro, parr. Immacolata)S. Francesco d’Assisi (1181-1224)OFMCap (Segni, Velletri)Suore Angeliche di S. Paolo (Segni)S. Antonio M. Zaccaria (1502 – 1539) e Luigia Torelli, 1536Figlie della Carità (Artena, Valmontone)S. Vincenzo de’ Paoli (1581 – 1660) e S. Luisa de Marillac (1591– 1660), 1636Suore della Carità di S. Giovanna Antida Thouret (1765 – 1826),1799, (Segni)Figlie di Maria Ausiliatrice (Salesiane) (Colleferro)S. Giovanni Bosco (1815 – 1888), 1865Istituto Pie Operaie (Colleferro)Suor Maria Lilia Mastacchini (1892 – 1926), 1920Istituto Figlie dell’Immacolata (Valmontone)Chierici Regolari della Madre di Dio, (Lariano, parr. S. Eurosia)S. Giovanni Leonardi (1543 – 1609), 1574Suore dell’unione Mysterium Christi (Lariano)Più fondatrici, Parigi, 1976Istituto del Verbo Incarnato (Segni)Ist. Serve del Signore e della Vergine di Matarà (clausura aVelletri, Segni?) Argentina, 1984Chierici Regolari Somaschi, 1534 (Velletri, parr. S. Martino)S. Gerolamo Emiliani (1486 – 1537), 1534Pia Opera della Divina Provvidenza (Orionini) (Velletri)B. Luigi Orione (1872 – 1940)Suore dell’Apostolato Cattolico, Pallottine (Velletri)S. Vincenzo Pallotti (1795 – 1850), 1838

Suore Maestre Pie Venerini (Velletri)S. Rosa Venerini (1656 – 1728), 1685Suore Orsoline dell’Unione Romana(Velletri) S. Angela Merici (1474 – 1540), Suore Adoratrici del Sangue di Cristo(Velletri)S. Maria de Matthias (1805 – 1866), 1834.Suore degli Abbandonati di Aluvà(Velletri)Suore di N.S. del Monte Calvario – Ist.Stella Maris (Velletri) B. Virginia Centurione Bracelli (1587 –1651)Suore Serve di Maria Riparatrici(Velletri)M.E. Andreoli – M. Ferraretto, 1892, 1900.Suore di Santa Marta – Casa Betania(Velletri) Mons. Tommaso Reggio (1818– 1901), 1878Suore Apostoline (Acero, Velletri)B. Giacomo Alberione, 1959.

le che in quello originario, ovvero invito, incontro e dialogo. Ogni segnoartistico, così inteso, viene vissuto come finestra sul visibile che intui-sce e introduce all’invisibile: icona come segno che trascende l’idolo esi apre al divino. Una concezione vicina alla visione segnata per l’arte sacra dai Padridella Chiesa durante il II Concilio di Nicea (787). Carmela Boccasile, pittrice ed esperta iconologa, è attenta interprete deilinguaggi tradizionali in chiave nuova e moderna. Si distingue per la ricercatezza del dettaglio e per quello che potrem-mo chiamare uno scrupolo cromatico: scrupolo che sembra risponde-re all’invito dell’icona, ed è fatto di ascolto e attenzione, di ricerca delsuono interno dei colori. Affiancando il lavoro dello Studio, Carmela Boccasile condivide l’ideaartistica e l’itinerario culturale, differenziandosi e distaccando la sua pro-duzione per una propria particolare vocazione nell’elaborazione di ico-ne sacre ispirate alla tradizione cattolica e greco-ortodossa e con unaparticolare dedizione a quelle mariane e nicolaiane. Il tratto pittorico del-la Boccasile, anche eccellente ritrattista, si definisce come espressio-ne di “materia pneumatofora” e di “contrappunto tonale”.Lillo Dellino, pittore, grafico, fotografo, scenografo e progettista (Bari,1943 – Parigi, 2013) – (discepolo del maestro Maestro Nicola La Fortezza,vincitore di numerosi premi artistici, direttore artistico di mostre e gal-lerie d’arte, collaboratore di progetti scientifici con Silvio Ceccato, PinoParini e Maurizio Calvesi) - sposa la Boccasile, diventando con la suaintelligente e forte potenza creativa compagno di vita e d’arte nella comu-ne continua ricerca dello Spirito. Lavorano insieme per decenni come consulenti del Centro Studi Internazionaledella Pontificia Basilica di San Nicola di Bari, del Teatro Lirico Petruzzelli,di altri Enti di cultura musicale e religiosa, invitati dalla CEI per un pro-getto pilota di nuove chiese italiane. Si forma un sodalizio artistico digrande spessore a cui oggi si aggiunge il figlio Dario che unisce allasua esperienza di scrittore e di studioso di semiotica quella visiva e figu-rativa che gli è stata trasmessa dai genitori. Questa coppia di sposi e di artisti, con il loro lavoro nutrito da una raraunità di vita, ha contribuito alla rivisitazione della pittura e della graficaitaliana contemporanea, anche nella ricerca del Trascendente nel segnodella tradizione cristiana.

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La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro,

la giustizia e la pace

«Tu fai crescere l’erba per il bestiame e lepiante che l’uomo coltiva, per trarre cibo dallaterra, vino che allieta il cuore dell’uomo, olio

che fa brillare il suo volto e pane che sostieneil suo cuore» (Sal 104, 14-15).

LLa Giornata del Ringraziamento 2014 pre-cede di alcuni mesi l’apertura di ExpoMilano 2015 dedicato a “Nutrire il pia-

neta. Energia per la vita”, un tema di partico-lare rilevanza per il nostro Paese e non solo.

Esso invita a dedicare un’attenzione specialeal tema del cibo, quale dono di Dio per la vitadella famiglia umana. Così, nel ringraziare il Padreper i frutti della terra, ci rendiamo consapevo-li di coloro che patiscono la fame. Papa Francesco richiama spesso “la tragica con-dizione nella quale vivono ancora milioni di affa-mati e malnutriti, tra i quali moltissimi bambi-ni”1. La fame è minaccia per molti dei poveri

della terra, ma anche tremendo interrogativoper l’indifferenza delle nazioni più ricche.Infatti, alla sottonutrizione di alcuni, si affiancaun dannoso eccesso di consumo di cibo da par-te di altri. È uno scandalo che contraddice dram-maticamente quella destinazione universale deibeni della terra richiamata – quasi cinquantaanni or sono – dal Concilio Vaticano II nellaCostituzione pastorale Gaudium et spes (cf. n.69). È una questione di giustizia, che pone gra-vi interrogativi in merito al nostro rapporto conla terra e con il cibo.In questa Giornata delRingraziamento guardiamo dunque all’agricoltura,che – attraverso i suoi frutti – è fonte della vita.

La terra, il lavoro, i frutti. Potremmo muovere da un’immagine biblica mol-to bella e dolce: quella della felicità dell’uomoche coltiva la terra, per poi mangiarne i fruttinella pace, benedicendo il Creatore per i suoidoni.Già il racconto della creazione in Gen 2 dise-gna, in effetti, quest’alleanza dell’uomo con laterra. Nel versetto 2,15, Adam è chiamato a col-

tivarla e a custodirla. Il testo ebraico rimanda ad una sorta di servi-zio verso la terra, tramite la dignità del lavoro,che si fa subito anche custodia, affinché essaa sua volta serva l’uomo, donandogli il cibo perla vita. Ma il peccato spezza tale alleanza, asso-ciando il lavoro della terra al peso di una fati-ca che appare insostenibile. Il sogno del Diocreatore resta invece quello di una sorta di reci-procità: ad un lavoro umano rispettoso della ter-ra che si fa giardino, essa corrisponde con lagenerosa e vivificante produzione di frutti. Il sistema agricolo contemporaneo appare peròspesso distante da tale immagine: la sua com-

plessità esige considerazioni ben più articola-te. Infatti, nelle zone agricole di grande vasti-tà, l’attività tende spesso a coinvolgere sem-pre più reti di imprese e comporta l’uso di tec-niche anche complesse (si parla di “agricoltu-ra industriale”). La finanza poi, purtroppo, si com-porta con il cibo come una pura merce, su cuiscommettere per trarne profitto, a prescinde-

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2424 NovembreNovembre20142014

re dal destino di chi di esso vive. E sulla terra si specula! La sua stessa dispo-nibilità è a rischio: spesso essa è destinata adaltri scopi o diviene oggetto di una lotta com-merciale tra le economie più forti. E non man-cano le pressioni crescenti sul piano della lega-lità: la salubrità dei prodotti è minacciata da abu-si e forme di inquinamento che talvolta neppurepercepiamo. Una situazione complessa, dunque, che met-te a rischio la capacità dell’agricoltura di garan-tire sicurezza alimentare, per avere un cibo chepossa nutrire gli abitanti del pianeta e che siaaffidabileper chi lo consuma. Come uscire da tale situa-zione? Come far sì che anche nella comples-sità rimanere fisso, è fare un dialogo, un dia-logo fecondo, un dialogo creativo. È il dialogodell’uomo con la sua terra che la fa fiorire, lafa diventare per tutti noi feconda. Questo è impor-tante”2. Consumatori corresponsabili La custo-dia della terra per nutrire il pianeta è impresache richiama anche la responsabilità delle sin-gole persone e delle famiglie: siamo consumatori,ma anche cittadini attivi e responsabili. Educarci alla custodia della terra significa altre-sì adottare comportamenti e stili di vita in cuil’uso del cibo e dei prodotti alimentari sia piùattento e lungimirante. Con le nostre scelte diacquisto del cibo possiamo offrire sostegno alleproduzioni locali. Spesso è il modo di acquistaredi ognuno di noi che decide il futuro di una pic-cola cooperativa locale, come a decidere del

futuro dei nostri territori è anche – in prospet-tiva nazionale – il dato in aumento degli stu-denti che frequentano le scuole agrarie e il cre-scente dato di occupazione in agricoltura. Sonosegnali positivi che spingono a privilegiare lecoltivazioni biologiche e sostenibili, dedicandoanche più attenzione a cosa mangiamo. È saggezza privilegiare la qualità rispetto allaquantità, sapendo che – nei prodotti a forte impat-to ambientale e sociale – la qualità aiuta la soste-nibilità. Altrettanto importante è agire nelle nostrefamiglie, per ridurre ed eliminare lo spreco ali-mentare, che nelle società agiate raggiunge livel-li inaccettabili. Papa Francesco ha più volte denunciato la “cul-tura dello scarto”, cultura che “tende a diven-tare mentalità comune che contagia tutti”, ren-dendoci “insensibili anche agli sprechi e agli scar-ti alimentari, che sono ancora più deprecabiliquando in ogni parte del mondo, purtroppo, mol-te persone e famiglie soffrono fame e malnu-trizione. [… ] Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al super-fluo e allo spreco quotidiano dicibo, al quale talvolta non siamo più in gradodi dare il giusto valore, che va ben al di là deimeri parametri economici. Ricordiamo bene peròche il cibo che si butta via è come se venisserubato dalla mensa di chi è povero, di chi hafame!”3. Ecco dunque alcune scelte che indi-chiamo alle nostre comunità, frutto della bene-dizione del cibo:- coltivare la terra in forme sostenibili, per nutri-re il pianeta con cuore solidale;

- adottare comportamenti quotidiani basati sul-la sobrietà e la salubrità nel consumo del cibo;- soprattutto, rendere grazie a Dio e ai fratelliumilmente (da humus) per il dono che ogni gior-no riceviamo dalla terra e dal lavoro dell’uomo,in modo tale da tutelarli anche per le prossi-me generazioni. Ci sarà prezioso, nel compiere questo percor-so di speranza, rileggere il piccolo Libro di Rut.Così è scritto: “il tuo popolo sarà il mio popo-lo e il tuo Dio sarà il mio Dio” (Rt 1,16). È una storia di persone fragili che – operandoin solidarietà e condivisione – giungono a costrui-re vita buona, basata sull’istituto della spigo-latura, al fine di coniugare l’attenzione per il pove-ro e il contrasto allo spreco. Così, quella vicen-da di dolore diventa una storia di speranza, cheriesce a trovare vie d’uscita anche dalle situa-zioni difficili e disperate: “È nato un figlio a Noemi!”(Rt 4, 17).

Roma, 7 ottobre 2014Memoria della Beata Vergine Maria del Rosario

1 FRANCESCO, Messaggio per la Giornata Mondialedell’Alimentazione, 16 ottobre 2013, n. 1.2 FRANCESCO, Discorso all’incontro con il mondo dellavoro e dell’industria, 5 luglio 2014.3 ID., Udienza generale, 5 giugno 2013.

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2525NovembreNovembre20142014

p. Vincenzo Molinaro

ÈÈpassato un mese dalla conclusione del Convegno diocesano. Perquanto riguarda la pastorale della famiglia si è trattato di unperiodo segnato dalla celebrazione del Sinodo straordinario che

per forza di cose influenza la rifles-sione di tutta la chiesa. Aveva det-to il Papa, in piazza San Pietro, gui-dando la Veglia di preghiera indet-ta per l’apertura del Sinodo stes-so: “Scende ormai la sera sullanostra assemblea. È l’ora in cui sifa volentieri ritorno a casa per ritro-varsi alla stessa mensa, nello spes-sore degli affetti, del bene compiutoe ricevuto, degli incontri che scal-dano il cuore e lo fanno crescere,vino buono che anticipa nei gior-ni dell’uomo la festa senza tramonto. È anche l’ora più pesante per chisi ritrova a tu per tu con la propriasolitudine, nel crepuscolo amarodi sogni e di progetti infranti: quan-te persone trascinano le giornatenel vicolo cieco della rassegnazione,dell’abbandono, se non del rancore;in quante case è venuto meno ilvino della gioia e, quindi, il sapo-re - la sapienza stessa - della vita[...]Degli uni e degli altri questa seraci facciamo voce con la nostra pre-ghiera, una preghiera per tutti”.Si può dire che in queste sempli-ci parole è racchiuso non solo l’in-tento del Sinodo, ma la volontà ditutta la chiesa di farsi le doman-de giuste e di cercare le risposteadeguate a tali domande. Se da un lato, è sempre attiva, costrut-tiva ed efficace, la vita di tante fami-

glie dove la sera si attende il ritorno delpadre per sedersi attorno alla mensa eraccontare i fatti della giornata illuminandolicon il calore degli affetti, dall’altro latoc’è anche la solitudine di chi torna a casasapendo di non trovare nessuno, oppu-re di chi torna a mani vuote. Vino buo-no e vino annacquato, presenti sulle nostretavole, ma non secondo i gusti. Spessoimposti dalla violenza, dalla inettitudine,dalla incapacità di salvaguardare gli affet-ti. Anche la nostra diocesi nel corso delConvegno diocesano, si è posta le doman-de sul cammino della pastorale familiare. Sulla rivista Ecclesia in cammino(Ottobre 2014, pag. 23) è stato riporta-to il testo che il gruppo di lavoro “Vitaaffettiva e famiglia” ha elaborato duran-te il convegno. Certo la riflessione continua e si sviluppa,però si cerca come mettere in atto quan-to è stato proposto. A questo scopo vengono proposti cosìalcuni momenti di incontro e di comu-nione a livello diocesano, altri a livelloparrocchiale. Sono rivolti a tutte le per-

sone che erano presenti nel Gruppo ma anche alle coppie sposate direcente e che vogliono proseguire il loro cammino. Chi è interessato?A chi sono rivolti questi incontri? Ai diretti interessati, giovani, fidanzati,giovani coppie di sposi, a tutte le persone che hanno manifestato inte-resse alla creazione di un movimento diocesano di sensibilizzazione fami-liare. Sarebbero queste le prime risposte alla esigenza di un cammino

fatto insieme, come un orientamentobase che poi viene completato nel-le singole parrocchie con il tradizionalepercorso.

Centro di ascoltoAltra proposta fatta al convegno eraquella di aprire un centro di ascol-to ove le coppie con qualche diffi-coltà potessero trovare ascolto, aiu-to e accompagnamento per supe-rare i momenti di crisi. Parlandone, ci siamo accorti che sitratterebbe di dar vita a una strut-tura certo impegnativa. La parroc-chia di Lariano sta studiando e cer-cando una soluzione adeguata. Seentro due mesi avremo risolto la que-stione ne daremo notizia. L’intenzione è di cominciare offren-do il servizio a tutta la diocesi. Accantoa questo semplice calendario con-tinua la riflessione che fa capo aldibattito apertosi nella chiesa conla convocazione dei due sinodi sultema della famiglia. Aspetteremo soltanto che il prossimosinodo decida come muovercioppure possiamo incominciareadesso la ricerca di nuove piste?A giorni avremo il documento fina-le di questo sinodo straordinario. A leggerlo avremo certamente lacognizione dell’orientamento dellachiesa. Sappiamo già che non si è

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2626 NovembreNovembre20142014

sr. Francesca Langella

DD omenica 19 Ottobre nel salone del-la Parrocchia di Santo Stefano ad Artenasi sono ritrovati una sessantina di per-

sone, tra catechisti e animatori della nostra dio-cesi, per il primo appuntamento de “I pomerig-gi dell’Ufficio catechistico”, una serie di incon-tri proposti e pensati per una formazione attivae concreta nel servizio dell’annuncio e della cate-chesi.

A tenere questo interessante incontro è stato ilprof. Marco Tibaldi, membro della Consulta dell’UfficioCatechistico Nazionale che, in un crescendo disimpatia e convivialità, è riuscito a trasportarei presenti e a coinvolgerli nella narrazione, risco-prendo come proprio il raccontare una storia cipermette di entrare nei personaggi e negli even-ti narrati.

Quindi attraversoun gioco “di ruoli” alquale la platea harisposto con curiositàe trasporto, ci siamoimmersi in un rac-conto attuale perpoi trasportarci nelfamoso episodiobiblico del peccatodel re Davide conBetsabea.Quando ascoltiamoun racconto che giàconosciamo spessodiamo per scontato

le risposte, pensiamo di avere già le risposte,andiamo in automatico; invece immedesimarsinei personaggi ci permette di metterci nei pan-ni dell’altro e di chiedersi: “io cosa avrei fatto?Come mi sarei comportato?” La Bibbia è ricchissima di racconti, perciò il gene-re letterario narrativo si coniuga bene con la pro-posta e l’annuncio che siamo chiamati a fare nel-

la catechesi, occorre però soprattutto una buo-na conoscenza del testo biblico e un po’ di fan-tasia.La finalità è quella di poter portare la Bella Notiziache è Gesù a chi ancora non la conosce o l’hadimenticata o sente noioso e lontano tutto ciòche ruota attorno alla Chiesa. Perciò è necessario conoscere il mondo attua-le e trovare la via più giusta per attrarre e susci-tare l’interesse di tante persone. La gente vie-ne e si avvicina se attratta da qualcosa di bel-lo! La narrazione ha regole proprie di funzionamentoche ne fondano il fascino e l’efficacia. Come il prof. Tibaldi, più volte ci ha ripetuto, ildestinatario è il vero protagonista di ogni sto-ria, senza la sua collaborazione il testo non espri-me tutta la sua ricchezza. La narrazione è unvero metodo che, mettendo in atto strategie pia-nificate, coinvolge l’ascoltatore nella trama stes-sa, lasciando che si immedesimi anzi, lascian-do che egli stesso diventi protagonista, vaglian-do tante possibilità di sviluppo quanti sono i gio-catori. Ci è stato infine proposto un video suiDieci comandamenti, nel quale a parlare era-no simboli, musiche e colori. Sia che avvengaattraverso le immagini, come nell’arte sacra, siache avvenga attraverso le parole come nelle Bibbia,in un film, in un reality o in una fiction, il rac-conto, infatti, mette in scena dei simboli primordiali,antropologici.Dobbiamo imparare a riconoscere e tenere sem-pre ben presenti quei quesiti naturali sul qualel’uomo si interroga.La narrazione è un potente strumento di comu-nicazione perché risponde ai bisogni fondamentalidi ogni essere umano, è necessario dunque, perchiunque sia impegnato in un’attività di tipo edu-cativo, sia il catechista, l’insegnante, il nonnoo il genitore, a conoscerne i meccanismi e ledimensioni che coinvolge.Questo primo incontro ci ha introdotto e fatto risco-prire il fascino sempre nuovo della narrazione.Auspichiamo che nella nostra diocesi questo dis-corso possa concretizzarsi e si possa formareun gruppo di catechisti e educatori proprio impe-gnati in questo tipo di annuncio. L’invito e l’augurio per tutti noi è quello di nonperdere la possibilità di entrare nelle storie perviverle come protagonisti, per lasciarci interro-gare e affascinare. Di entrare nella nostra sto-ria e nella Storia che ha preso e cambiato tut-ta la nostra vita: la Storia di Gesù!

trattato di un dialogo tra sordi, tradizionalisti da una parte e progressi-sti dall’altra. Tutti gli intervenuti hanno avuto la consapevolezza della gra-vità e dell’urgenza del problema senza contrapposizioni di schieramen-ti. Qual è dunque il problema? Cosa c’è dietro questa grande crisi? Dadove comincia? Qui possiamo limitarci a dare degli indicatori. Crisi antropologica, individualismo, irruzione del consumismo, movimentofemminista, distacco della vita personale dalla morale cristiana: questee altre le cause dell’attuale situazione in cui vediamo soffrire le famiglie,le coppie sono alla ricerca di quella felicità personale che è diventata labandiera di ogni battaglia. L’effetto è distruttivo, le unioni sono effime-re, di breve durata e di respiro corto. La paura spesso isola le persone

persino all’interno del focolare della famiglia, luogo per antonomasia dicomunione. In questo la fede è stata spazzata via, è rimasta una sovrac-coperta, un involucro esterno di riti e di tradizioni purtroppo senz’animae senza incidenza nella vita. Lo vediamo anche nei matrimoni celebra-ti in chiesa. Spesso affiora l’intento di farne una esibizione, una dimostrazione delpotere della famiglia, più difficilmente si entra “nel santuario” con umil-tà e delicatezza consapevoli della delicatezza e gravità dell’impegno. Inevitabilmente,dopo pochi anni, i coniugi vivranno da singoli. E le conseguenze nontarderanno. Da dove cominciare? Credo che il punto giusto sia l’annuncio.Dire il vangelo della famiglia, dire il progetto di Dio, dire il senso dellaesistenza cominciando “da principio”.

segue da pag. 25

L’intervento del prof. Marco Tibaldi.

Don Daniele Valenzi ringrazia il prof. M. Tibaldi.

2727NovembreNovembre20142014

n.d.r.

“Nella precarietà la speranza”è il titolo del convegno nazio-nale - promosso da treCommissioni episcopali Cei(Laicato, famiglia e lavoro) -programma a Salerno dal 24al 26 ottobre. Scopo dell’ini-ziativa, spiegano gli organizzatori,“far conoscere le molteplici azio-ni che le diocesi italianeoffrono come segni di speranzaall’interno Paese, in rispostaalla sfida che la precarietà por-ta con sé”. Ad inaugurare i lavo-ri venerdì (ore 15.30) mon-signor Giancarlo Bregantini,presidente Commissione epi-scopale per i problemi socia-li e il lavoro, la giustizia e la pace; quindi le rela-zioni di padre Francesco Occhetta, “I giovani ita-liani, il dramma del lavoro e il progetto familia-re” e di Giuseppe Savagnone, “Progettare fami-glia e creare lavoro: compito tipico di laici perla vita e la speranza”. Sabato, dopo la celebrazione eucaristica pre-sieduta alle 7.30 da monsi-gnor Nunzio Galantino, segre-tario generale della Cei, larelazione di Cinzia Masina euna tavola rotonda conGiuliano Poletti, ministro delLavoro; Raffaele Bonanni,segretario generale Cisl;Stefano Franchi, direttore generale Federmeccanica. Modera Paolo Ruffini, diret-tore di rete di Tv2000.Nel pomeriggio di sabato 25ottobre, è intervenuto mon-signor Enrico Solmi su“Giovani, lavoro e famiglia:nella precarietà non lascia-moci rubare la speranza!”.Domenica 26, alle 7.30,mons. Luigi Moretti, arcive-scovo di Salerno, ha presiedutola celebrazione eucaristica.Alle 9 la tavola rotonda “Chiesaitaliana e precarietà, una spe-ranza fondata” con, fra gli altri,monsignor Giancarlo Bregantini,Gianni Bottalico (Acli), Roberto Moncalvo(Coldiretti). Alle 12 le conclusioni di monsignor DomenicoSigalini, presidente Commissione episcopale peril laicato.

Al convegno ha partecipato anche una delegazionesella nostra Diocesi guidata dal vescovo diocesanoMons. Vincenzo Apicella.Oggi siamo nomadi perché precari”. È lo slo-gan scelto dal segretario generale della Cei, mon-

signor Nunzio Galantino, che ha aperto la tavo-la rotonda “Perché e per cosa sperare nella pre-carietà”, organizzata nell’ambito del convegno“Nella precarietà la speranza”. “Siamo nomadi quando non abbiamo più cer-

tezze in ambito religioso, politico e sociale - haproseguito il vescovo -. Abbiamo perso moltedi queste certezze non solo perché soggettivamenteinstabili o indecisi, ma perché si sono dissoltein larghi strati e non sono più riconosciute come

valori stabili e universali”. “La condizione odiernapotrebbe essere rappre-sentata come un Pantheonche ha tanti altari, ma tut-ti equidistanti dal centro. Cimanca un punto centraledi riferimento e questo èil simbolo della nostracondizione”. Il segretario della Cei haparlato di “mancanza di gerar-chia dei riferimenti su cuiorientare le nostre decisionie la nostra vita”. “Viviamola precarietà e provvisorietàa vari livelli: nelle coppie,nella società, nel lavoro.Dobbiamo prendere coscien-za e realisticamente impa-rare ad affrontare e orien-tare le nostre scelte con-tando su una ‘speranza ragio-nevole’”.“Molte volte si seminauna speranza che è paren-

te dell’illusione - ha proseguito Galantino.L’Unione europea ha tentato di orientare posi-tivamente con la ‘flexsecurity’, nel tentativo difar sì che la flessibilità generi nuovi posti di lavo-

continua a pag. 28

L’intervento di S.E. mons. G. Bregantini.

L’intervento di S.E. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei;

a destra, Giuliano Poletti, ministro del Lavoro.

2828 NovembreNovembre20142014

ro. Qualcuno si è lasciato un po’ troppo abba-gliare da questa formula che è diventata una spe-cie di mantra. Ma non dobbiamo lasciarci abba-gliare da questi tentativi”. “Il sistema europeo si è dimostrato incapace, adifferenza di quello statunitense, di garantire achi esce dal sistema di trovare nuove opportu-nità per rientrare - ha proseguito. Questo non avviene in Europa e tantomeno nelnostro Paese. Da noi flessibilità è l’altro nomedi precarietà, e entrambe sono antica-mera della disoccupazione”.Secondo Galantino, “la buona occupa-zione non si misura sulla durata del lavo-ro ma sul fatto che il maggior numeroabbia sempre un rapporto col lavoro”. Daqui il suo appello “per cui la sussidiarietàemerga come via per promuovere lavo-ro, concependo la disoccupazione comeserbatoio di risorse e qualità da impie-gare e mettere a frutto”. Da ultimo ha richiamato la “speranza cri-stiana che pone la persona come ‘fine’della società. Ognuno ha una dignità sacrain quanto immagine divina. Se mancail lavoro la persona non riesce a realiz-zarsi e abbiamo a che fare con lo ‘scar-to’, che provochiamo noi con i nostri com-portamenti”. C’è stato anche spazio per una riflessionesulla cronaca politico-sindacale. “Quelloche sta succedendo tristemente e malinconicamenteoggi a Roma, io non lo so capire. Ma credeteche questo ci porti da qualche parte?”. Lo ha chiesto, sempre durante al tavola roton-da il segretario generale della Cei, riflettendo sul-la manifestazione sindacale indetta dalla Cgilcontro il governo e le sue politiche sul lavoro,il Jobs Act.“Oggi a Roma sta succedendo qualcosa di ori-ginale - ha proseguito Galantino -: ci sono per-sone che hanno dato il 40,8% a Renzi e oggivogliono gridare contro di lui. Come leggere que-

sto fatto?”. Nella tavola rotonda su lavoro e precarietà il segre-tario confederale Cisl, Luigi Sbarra, ha auspi-cato che “gli imprenditori in questo momento dicrisi ricomincino ad investire e non si limitino adelocalizzare le loro imprese”.Il direttore generale di Federmeccanica, StefanoFranchi, ha risposto che “è giusto l’appello a coin-volgere di più tutte le realtà, comprese le impre-se, per il rilancio del Paese, ma io, girando perl’Italia, ho visto moltissimi imprenditori che sono

loro per primi dei grossi lavoratori e si impegnanodirettamente in azienda accanto ai loro collaboratori”.

Bregantini: Lettera ai precari

“La precarietà non è aridità, ma attesa. Arido èstato semmai quel sistema che ha sciupato inu-tilmente tante risorse, rubando la speranza chein voi va soltanto ridestata e rilanciata”. E’ quanto ha scritto in una lettera indirizzata aiprecari monsignor Giancarlo Bregantini, presi-dente della Commissione Episcopale per i pro-

blemi sociali e il lavoro, nell’ultima giornata delconvegno nazionale “Nella precarietà, la spe-ranza” di Salerno nel corso della quale Bregantiniha letto la lettera indirizzata ai precari. Un appello “alle parrocchie, al sindacato, al mon-do educativo, alle banche e soprattutto alle isti-tuzioni per ripulire l’orizzonte futuro, in modo daguardare avanti senza più rabbie, nè senso disconfitta, nè ostacoli, che fino ad oggi hanno resoil nostro Paese incapace di sviluppo, di scioglierequesto terribile nodo” è stato rivolto da m Bregantini.

“Chiediamo al mondo industriale di restare for-temente innamorato di questa nostra terra ita-liana, superando la facile tentazione di deloca-lizzare” dice.‘’E’ fondamentale la modernizzazione di un pia-no industriale più organico da parte di una poli-tica responsabile, capace di difendere i nostristabilimenti, garantendo posti di lavoro per tut-ti. La precarietà si vince insieme’’ creando ‘’unpatto di fiducia tra le parti, superando ogni logi-ca di scarto ed esclusione”.

segue da pag. 27

Il ministro G. Poletti firma il Progetto Policoro.

2929NovembreNovembre20142014

Giovanni Zicarelli

NNumerose sono state le attività in ono-re di san Bruno di Segni nel corso del-la “Festa dell’Esultanza” che si è tenu-

ta, dal 4 al 12 ottobre, presso la parrocchia diSan Bruno di Colleferro, in ricordo del giubilocon cui il popolo di Segni accolse, il 13 ottobredel 1111, il ritorno dell’amato vescovo dopo illungo periodo trascorso all’abbazia di Montecassino,di cui fu abate. Se ne ricordano alcune tra lepiù significative.Il mattino del 9 ottobre, un manipolo di parroc-chiani di San Bruno, con in testa il parroco donAugusto Fagnani, ha percorso, come ormai datradizione, l’antica via della Mola a piedi.Più che altro un sentiero di montagna lungo cir-ca 5 chilometri che dai pochi metri sul livello delmare di via Carpinetana porta fino al centro sto-rico di Segni, 668 m di altitudine, per poi giun-gere, attraverso il centro abitato, fino alla con-cattedrale di Santa Maria Assunta.Un cammino sulle orme dei fedeli che oltre novesecoli prima si recarono, percorrendo questa via,ad omaggiare san Bruno, vescovo di Segni. Adaccogliere i pellegrini mons. Franco Fagiolo, par-roco della concattedrale. All’interno della chie-sa, ostentato per l’occasione, l’argenteo busto-reliquiario di san Bruno contenente il teschio delsanto davanti al quale, alle ore 11, don Augustoha celebrato, alla presenza di fedeli di Colleferroe Segni, la Santa Messa per poi, con ifedeli con cui era giunto, intraprende-re la via del ritorno.La sera, alle 18,30, nella “sala Bachelet”della parrocchia di San Bruno, si è tenu-ta la conferenza “San Bruno, poeta edesegeta”, con introduzione di donAugusto e relatori don Daniele Valenzie don Claudio Sammartino, che già siera tenuta in Segni, nella navata cen-trale della concattedrale, il 23 luglio, duran-te le celebrazioni per la ricorrenza del-la morte di san Bruno (18 luglio 1123),

patrono di Segni. Don Claudio, con mirabile sciol-tezza, ha fornito elementi sulla vita del santo men-tre don Daniele, con altrettanta efficacia, si è sof-fermato, anche con inedite rivelazioni, sulla suadotta attività di esegeta finendo la conferenzacon la lettura di alcuni passi del commento diBruno all’episodio delle “Nozze di Cana” con-tenuto nel Vangelo di San Giovanni (2, 1-11). Illuminante la conclusione di questa esegesi di

san Bruno: in essa egli afferma che l’acqua rap-presenta la semplice comprensione letterale del-le Scritture mentre, il miracoloso vino, ne sim-boleggia l’alta comprensione spirituale.La sera del 10 ottobre si è svolta, nell’ampia salaricreativa della parrocchia, la “cena di fraterni-tà” a cui, oltre ad alcuni parrocchiani, hanno par-tecipato anche il sindaco di Colleferro, Mario Cacciotti,ed altre autorità comunali.

A conclusione dei festeggiamenti, sabato 11 otto-bre si è svolta la solenne processione che havisto la partecipazione di S.E. mons. VincenzoApicella, coadiuvato da don Augusto, del sin-daco e di numerosi fedeli. La statua lignea disan Bruno è stata portata a spalla per alcunevie del quartiere (itinerario che varia ogni annocosì da interessare, di anno in anno, tutte le zone)per poi far ritorno in parrocchia dove, dopo unbreve saluto del vescovo dal sagrato della chie-sa, sono stati esplosi alcuni fuochi d’artificio insegno, appunto, di esultanza. La festa è proseguita, nel segno della piacevoleconvivialità, con le gradevoli consumazioni pres-so gli stand gastronomici, gestiti dai volontaridella parrocchia per il salato e dai ragazzi dell’AzioneCattolica Giovani (A.C.G.) per il dolce.

Pellegrini da Colleferro accolti a

Segni da mons. Franco Fagiolo.

Don Augusto celebra a Segni

la Santa Messa .

3030 NovembreNovembre20142014

Roberto Caramanica

IIl 4 ottobre scorso un folto gruppointerparrocchiale di valmontonesi,accompagnato da don Giorgio

Cappucci e dall’Associazione GenitoriValmontone (A.Ge.), è stato in pellegrinaggioad Assisi per partecipare - in una splen-dida cornice paesaggistica e meteoro-logica - alla celebrazione del 75° anni-versario della proclamazione di SanFrancesco patrono d’Italia.La Diocesi ha molto incoraggiato l’ini-ziativa tramite don Paolo Picca, che haanche guidato il gruppo di Velletri e al

quale si è fatto riferimento.Credo che l’esperienza sia stata posi-tiva, nonostante la ressa (pare che fos-sero presenti quasi 5.000 pellegrini) el’inaccessibilità della Basilica di SanFrancesco. E’ stato bello edoveroso esserciproprio il 4 ottobredi quest’anno, cheè toccato ai fedelidel Lazio offrire l’o-lio per la Lampadavotiva che rischiaraperennemente lacripta dove riposanole spoglie mortalidel Poverello di Dio.Mi è sembratoquasi che SanFrancesco, maga-ri aiutato da fratellosole, sia riuscitosenza sforzo alcu-no in un intento incui la pastoralefamiliare classicaè talvolta in diffi-coltà: attrarre tan-ti nonni, genitori efigli, almeno trediverse genera-zioni che non sem-pre oggi riesconoa dialogare confacilità; nel grup-po valmontoneseerano presentiquasi tutti i ragaz-zi del dopo-cresi-ma della ParrocchiaS. Anna, accom-pagnati dai loro

educatori.La nostra giornataè iniziata con lapartenza daValmontone allesei circa; lungo iltragitto don Giorgioha ripercorso einvitato a rifletteresu alcuni passi del-l’intervento di PapaFrancesco dell’ot-tobre del 2013,che proprio daAssisi ha messo tut-ti in guardia dal peri-colo della mon-danità, “che ci por-ta alla vanità, allaprepotenza, all’or-

goglio”; giunti ad Assisi, alle 10.00 abbi-amo assistito alla Santa Messa solen-ne presieduta dal Cardinale Agostino Vallini. Alla celebrazione, cui hanno partecipatopiù di 20 vescovi e circa 100 sacerdo-

Don G. Cappucci con il gruppo di Valmontone.

Foto del gruppo di Velletri guidata da mons. Paolo Picca.

3131NovembreNovembre20142014

ti, sono seguiti interventi delleprincipali Autorità politiche delPaese. I Comuni del Lazio presenti han-no fatto sfilare il proprio gonfa-lone; tra questi anche il Comunedi Velletri rappresentato dalSindaco Fausto Servadio egentile consorte, dall’assesso-re Luca Masi e dal gonfalone del-la città scortato da tre vigili; ilComune di Lariano rappresen-tato dal sindaco MaurizioCaliciotti, e il Comune diValmontone, la cui rappresen-tanza era guidata dal ViceSindaco Eleonora Mattia. Al termine, dopo una passeg-giata nel centro di Assisi e unospuntino veloce, ci siamo diret-ti verso la Basilica di Santa Mariadegli Angeli dove, alla Porziuncola, sisvolge la cerimonia del Transito, la bea-ta morte diFrancesco avve-nuta all’ora deltramonto del 3ottobre 1226. Lungo la via delritorno, non primadi una riflessionesul significato cri-stiano della giornata,abbiamo colto l’oc-casione per una rin-francante sostanel bellissimo bor-go di Todi.In definitiva, pen-so che la positivarisposta intergenerazionale al pellegri-

naggio ad Assisi sia il segno che iniziativedi questo tipo possono rappresentare

un valido strumento di pastorale fami-liare. Resta secondo me essenziale -

per il coinvolgimento dei gio-vani e degli adulti meno vici-ni o che rischiano di allon-tanarsi dalla comunità par-rocchiale - saper dosare l’in-tensità della componente spi-rituale, in particolare preve-dendo spazi ricreativi appro-priati, che possano favori-re ciò che in un preceden-te numero di questo giornaleho identificato con tre “C” maiu-scole: Comunicazione,Condivisione, Conoscenza(cfr Ecclesia; luglio-agosto 2014).

Il sindaco di Velletri, Fausto Servadio (a dx)firma il Registro degli ospiti illustri

del Comune di Assisi.

Al centro della foto il Gonfalone della Città di Velletri.

Nelle foto: a sinistra, S.E. mons. V. Apicella con il sindaco di Lariano, Maurizio Caliciotti;

a destra, il Presid. della Regione Lazio, Nicola Zingaretti con Eleonora Motta,

Vice-sindaco di Valmontone.

Alcuni partecipanti veliterni con il sindaco Fausto Servadio.

3232 NovembreNovembre20142014

Tiziana Pagliara

IIl giorno 12 ottobre 2014 in Lariano si è svolta la seconda CAMMI-NATA DELLA FEDE. Questa iniziativa, anche quest’anno ha datouna risposta positiva e partecipata da parte delle famiglie, delle asso-

ciazioni e gruppi parrocchiali, nonché dalla presenza di giovani e laiciimpegnati. Il senso di questi “passi della fede” che, non a caso proprioquest’anno ben si inseriscono nei lavori del Sinodo straordinario sullefamiglie, ha come finalità quella di unire e accompagnare i fedeli a per-correre una strada comune che porti ad una maggiore consapevolez-za che il nostro esistere è intimamente legato a Dio e che da Lui nonpuò prescindere.La nostra camminata, iniziata dalla Chiesa S. Maria Intemerata e ani-mata dalla preghiera e dal canto, ha avuto tre tappe significative. La pri-ma tappa è stata la visita alla cappella delle Suore di Cristo, una con-gregazione religiosa presente a Lariano da tanti anni, che con il suo apo-stolato in vari campi, viene incontro a varie esigenze spirituali (in par-ticolare riguardo all’Eucaristia: le suore ogni mattina fanno l’adorazio-ne fino alle 12) della nostra comunità. Ad accoglierci è stata la nuova Madre Superiora: Suor Mirelle di nazio-nalità francese, che ci ha brevemente illustrato le origini del loro istitu-to religioso e i luoghi che le vedono impegnate in diverse parti d’Europae del mondo. Dopo aver condiviso un momento di preghiera insieme,abbiamo proseguito verso il Cimitero, seconda tappa del nostro cam-mino. Questo è stato un momento di forte e profonda vicinanza dellacomunità ai nostri cari defunti. La consapevolezza che la morte sia strettamente legata alla vita di ognu-no e che tutto faccia parte di un progetto di Dio che non dobbiamo fug-

gire ma accogliere, in vista di un ben più grande dono: quello della sal-vezza, è stata per tutti una realtà condivisa. Il nostro pregare insieme ai nostri defunti, ha rafforzato ancora di piùquesta consapevolezza. I nostri passi sono proseguiti alla volta dell’ul-tima tappa, la fonte “Ontanese”. Questo luogo oltre ad essere una mèta per tante famiglie dove trascorrereuna giornata all’aria aperta e godere dei benefici della natura, si prestamolto bene anche per incontri di raccoglimento e attività oratoriali e ludi-che per i giovani . Inoltre da diversi anni è stato dedicato un angolo, aipiedi di una collinetta, alla Vergine Maria, posizionando una statua del-la Madonna come segno di devozione della nostra comunità. E’ proprio in questo angolo che ci siamo stretti in un lungo e fervido momen-to di preghiera, recitando il S. Rosario e affidando alla Sua protezionematerna tutta la nostra comunità e tutti i suoi figli. La nostra CAMMINATA DELLA FEDE si è conclusa facendo ritorno inChiesa, ringraziando il Signore per averci fatto vivere un momento cosìspeciale e denso di emozioni; anche il tempo si è mostrato generosoregalandoci una calda giornata di ottobre che ha reso più piacevole ilnostro cammino. Crediamo che ogni comunità abbia bisogno di momenti di preghiera econdivisione per crescere nella fede e nell’unità, e che non debbanomai mancare i segni che testimonino il nostro essere cristiani, la “cam-minata della fede” è uno di questi. Il nostro proposito è quello di man-tenere vivo e costante questo impegno, con la certezza che porterà frut-ti abbondanti e duraturi.

3333NovembreNovembre20142014

Stanislao Fioramonti

EEntrando a Sgurgola da ovest(m 386) si giunge in piazzaArringo, aperta sulla valle del

Sacco, nei cui pressi sono i resti del-la chiesa dell’Arringo con un affrescodi San Sebastiano. Nel luogo si con-centrarono i congiurati della zona segua-ci dei Colonna e dunque filofrancesicontro i Caetani, prima del tentativodi catturare papa Bonifacio VIII(schiaffo di Anagni, 3 settembre1303). Procedendo per il corso del-la Repubblica si arriva in piazza PietroSterbini, con la chiesa parrocchialedi Santa Maria Assunta, il suo cam-panile e di fronte l’ottocentesca tor-re dell’orologio. Attraverso questa siaccede alla parte più antica del bor-go: per i vicoli si sale verso la Roccae riscendendo si giunge alla piazzae chiesa di San Giovanni.Prima che il corso giunga in piazzaSterbini, da destra parte una stradasinuosa in salita (via 2 Giugno) chedopo 6-700 metri sbocca poco soprail paese sulla strada pedemontana (Via MontiLepini). Di fronte inizia la sterrata per l’eremodi san Leonardo, indicato da una bacheca deisentieri della zona (m 414) posta dall’AssociazioneFonte dell’Acero – Insieme per la Montagna. Se si segue la pedemontana verso Morolo, siincontrano subito i ruderi della chiesa di SanNicola (sec. XIII), con la sua fonte; ne restanosolo i due piani di mura in pietra calcarea bian-ca, una volta a crociera, una porta laterale e unalunetta sul portale principale. Alla fine di luglio 1301 il medico e alchimista cata-lano Arnaldo da Villanova (1240-1313) vi avreb-be realizzato il sigillo astrologico d’oro, racchiusoin un cinto di cuoio, con cui curò papa BonifacioVIII dal mal della pietra (calcoli renali). Cura effi-cace, forse per un semplice effetto meccanicosui reni, che procurò all’alchimista una lauta ricom-pensa papale e molte invidie e risentimenti nel-la corte pontificia. Arnaldo, medico del re GiacomoII d’Aragona e docente all’Università di Montpelliere alla Scuola Medica Salernitana, qui avrebbeanche composto il De mysterio cymbalorum Ecclesiae,opera apocalittica in cui traeva le conseguen-ze ascetiche della imminente venuta dell’anti-cristo e della fine del mondo; egli vi si presen-tava come il profeta che suonava le campanedella verità evangelica e preconizzava la pover-tà assoluta (Wikipedia).Da San Nicola si può proseguire verso il cimi-tero di Sgurgola, dove di fronte alla veduta del paese ciociaro è la chiesa della Badìa cister-cense della Madonna de Viano; al suo inter-no è affrescato un Cristo Salvatore bizantino del1100. Partendo invece dal bivio per san Leonardo, sipuò iniziare una splendida escursione su un set-tore dei monti Lepini ricco di boschi, sorgentie grotte. Con una mulattiera tutta in salita, sco-

moda e sassosa, e poi con un sentiero che salea tornantini sulla roccia, in 1 ora circa si rag-giunge a mezza costa prima una fonte d’acquafresca e perenne poi, appena più su, l’eremodi S. Leonardo, m 725 (chiesetta e panora-ma), sui resti di un monastero occupato fino alSettecento dai monaci della congregazione delSanto Spirito di Maiella, detta dei Celestini dopoche il suo fondatore, Pietro da Morrone, fu elet-to papa nel 1284 con il nome di Celestino V. Alla stessa congregazione appartennero nei din-torni gli insediamenti di S. Antonio Abate a Ferentino,di S. Antonino ad Anagni, di S. Pietro Celestinoa Supino (sorto però nel ‘500) e di S. Leonardoa Valmontone (seconda metà del ‘300). La datadi fondazione dell’eremo sgurgolano è incerta,

probabilmente molto antica. Nella cappelletta povera e spoglia, la statua delsanto titolare in veste rossa e catene in mano,e una piccola lapide: “Angelo Moscarelli/ con l’aiu-to del popolo/ restaurò. Anno 1952”. All’esternoun’altra lapide ricorda il gesuita padre Mario Rosin,indimenticabile padre spirituale del Collegio diAnagni e di tanti giovani della zona:“Dare la vita/ goccia a goccia/ senza che nes-suno/ se ne accorga./Non c’è amore/ più gran-de di questo./ P. Mario Rosin S. J./ I giovani diSgurgola/ nel 2° anniversario grati/ 29 aprile 1993”.San Leonardo abate di Noblac, originario delLimosino (castello di Vendôme, Corroi, circa 496– Noblac, 6 novembre 545 o 559), fu un ere-mita del VI secolo e uno dei santi più venerati

continua a pag. 34

3434 NovembreNovembre20142014

in Europa nel medioevo; per le vicende che lovidero restituire la libertà a molti prigionieri, èconsiderato il patrono dei carcerati e anche deifabbricanti di catene, fibbie, fermagli ecc. Nella zona di Liegi in Belgio è patrono dei mina-tori. La sua intercessione viene anche invoca-ta per i parti difficili, i mal di testa, le malattiedei bambini e del bestiame, la grandine, con-tro i banditi e contro l’obesità. E’ il patrono di Sgurgola dal 1200. La terza dome-nica di ottobre, in prossimità della festa patro-nale, un corteo cittadino parte alle 19 dal pae-se, sale all’eremo a prelevare la sua statua econ una fiaccolata e fuochi d’artificio la porta pro-cessionalmente nella parrocchiale di S. MariaAssunta. Alcuni giorni dopo la festa patronaledel 6 novembre, che oltre alla processione del-la vigilia prevede anche una tradizionale fiera,la statua è riportata all’eremo in forma più som-messa e privata. Se non si vuole fare l’erto percorso diretto perl’eremo, 15-20 minuti dopo la partenza si puòdeviare a destra della mulattiera (cartello) e rag-giungere la Fonte dell’Acero, m 745 seguen-do un sentiero che in molti tratti sembra una cen-gia, correndo attaccato alla roccia della mon-tagna. Il luogo è bello, la fonte freschissima eattrezzata con massi e recinzioni e tavoli di legnoe con una grossa griglia per arrostire la carne.Da lì parte un altro sentiero che torna indietroa un livello più alto e in 15’ giunge a un bivio:a sinistra si scende in 10’ all’eremo di San Leonardoe alla sua fonte; a destra si sale per la Cimadel Monte (m 976) raggiungibile in 45’. Se sisceglie questa, arrivati in cima si giunge a unaltro bivio: scendendo a destra (ovest) si incon-tra subito un casotto di cacciatori e più avantiun volubro e si arriva in 1 ora a Gorga; se inve-ce si continua dritti lungo la Valle Forana si arri-va in 15 minuti al rifugio Santa Maria (m 942),una costruzione in legno recente e comoda, posta

in una radura in mezzoal bosco. Da qui con altri 15-20minuti di salita si raggiungela Rava Santa Maria (m1051), una cimetta roc-ciosa presso la quale nel2011 è stata posta unastatua dell’Immacolata,sovrastante l’abitato diSgurgola e l’intera val-le del Sacco con un pano-rama eccezionale. Sulbasamento della statuadue targhe; la prima: “Comune di Sgurgola,Progetto Popolare,Settore “Vivere laMontagna”. L’Ammin is t raz ioneComunale con il Settore“Vivere la Montagna” ei volontari dell’Associazione “Fontedell’Acero” hanno volu-to la collocazione su que-sta Rava Santa Maria del-la statua dell’Immacolata Concezione, donatadall’AmministrazioneComunale. Si ringrazia mons. LorenzoLoppa, Vescovo della dio-cesi di Anagni-Alatri edon Agostino Santucci parroco di S. MariaAssunta in Sgurgola perla celebrazione della Santa Messa. Il Presidentedel Settore Tiziano Camilli; il Sindaco prof. AntonioCorsi. Sgurgola 10 settembre 2011”. Sulla seconda targa è una “profetica” poesia in

dialetto scritta nel 1933 da Tito Govi e intitola-ta “La Rava di Santa Maria”. Credo che valgala pena riportarla per intero.

Quando te guardo, rava relucente,/ je non mepozzo più rentrattené./ Mille pinsiere me revevo a mente/ i me rebbatteiu coro comecché./ Po m’addimanno: ma chi sa perché/ così a tichiamà l’antica gente?/Forse perch’eri la passione sé,/ forse perchétu sì così ‘mponente?/ O forse ca me pari tu ‘n artaro/ fatto pe stacci‘ncima ‘na Madonna/ pe proteggià ste case i cheste terre/ da terra-moti, grandine i da guerre/ da quant’atro jo diavolo se sonna/ pe’ fà de chi-sto munno ‘no ‘nfangaro?”.Il percorso - che sale ancora fino alla vetta dim. Filaro (m 1230) - fino al rifugio è evidente,con paline di segnalazione e segni rossi; il pro-seguimento fino a m. Filaro è fuori sentiero mala zona non è scoscesa e non si segnalano par-ticolari difficoltà. Zona molto verde, la maggiorparte del percorso è nel bosco, il periodo con-sigliato è la media stagione in considerazionedella scarsa elevazione del percorso. Dislivello815 m; ore di cammino 5; difficoltà media.

segue da pag. 33

3535NovembreNovembre20142014

Antonio Venditti

DDue madri sono salite, con le loro figlie,alla ribalta della cronaca, per una vicen-da di squallida attualità: la prostituzione

minorile. Entrambe sono accomunate dal fatto chele loro figlie, di quattordici e quindici anni, inve-ce di frequentare regolarmente la scuola, si pro-stituivano con uomini maturi, che potevanoessere i loro padri ed i loro nonni. Tutto è statoscoperto, perché una delle madri, sorpresa dal-le disponibilità finanziarie della figlia, ha intuito pri-ma ed ha accertato poi la terribile devianza e, perstroncarla, non ha trovato altro modo che la denun-cia. Denuncia “doverosa” per tutti i cittadini chevengono a conoscenza di un reato. Ma parliamodi una madre, “buona”, che, però, non riusciva piùa controllare una figlia all’inizio della fase adole-scenziale, non aveva più alcuna forma di “pote-re” su di lei e non era in grado, quindi, di svol-gere la sua funzione educativa.L’altra madre, alla quale spetta l’epiteto di “catti-va”, era, invece, a conoscenza dell’immonda atti-vità della figlia, che si prostituiva per avere ampiadisponibilità di soldi, guadagnati facilmente, chele permettessero di vivere da ricca, soddisfacendo,nell’acquisto di abiti e nei divertimenti, tutti i desi-deri più smodati. La madre sapeva ed anzi spingeva la figlia a “pro-durre di più” in quella nefasta professione,richiedendo anche una parte dei guadagni. Si “giu-stificherà”, poi, negando di sapere che la figlia siprostituiva, ma credeva che la notevole disponi-bilità finanziaria dipendesse dallo “spaccio” di stu-pefacenti: come se, quand’anche fosse stata que-sta la ragione, non si trattasse di niente di anor-male e di immorale! Speriamo che, in carcere, la donna possa capi-re, finalmente, l’estrema gravità delle sue colpe,e possa ravvedersi! A tale degrado, dunque, è sce-so il ruolo della “madre”?! Sappiamo di tanti padridegeneri, i cui comportamenti, ovviamente, sonosconvolgenti, ma sapere che una “madre” arrivaal punto di avviare una figlia alla prostituzione edun’altra non si accorge che la figlia è in pericolotale, da seguire l’esempio di una compagna qua-si coetanea, ci riempie di desolazione e di sco-raggiamento senza fine. E’ questa la famiglia, idealizzata come riparo daipericoli e dalle paure, nella fragilità della cresci-ta di figli/e? E’ questa la società del progresso uma-no e civile? E’ questa la scuola che deve forma-re cittadini/e di un mondo migliore? Non ci sonoparole, per rispondere, ma c’è il pianto della sof-ferenza interiore, nell’inevitabile silenzio.Superato il disorientamento totale, riprendiamo pazien-temente i fili della riflessione. Partiamo dalle due“ragazzine”, che hanno rinunciato alla purezza edalla bellezza del loro corpo, nel momento dellosviluppo verso la fioritura giovanile, connotata dal-l’assunzione progressiva della personalità di “don-na”, come per l’altro sesso, si raggiunge quelladi “uomo”, nella pari dignità, pur nella diversa assun-zione dei ruoli, naturali e sociali. Come si possonoautodistruggere i propri corpi e le proprie perso-nalità? Negli interrogatori, le due ragazze hannotentato confuse e quanto meno superficiali spie-

gazioni: oltre ai desideri smodati di ricchezza, appa-re quello che per i bempensanti è uno spaurac-chio, ma per tanti diventa un alibi: la droga.“Che sarà mai?! E’ un’esperienza! Non si pensapiù niente e diventa facile fare di tutto… prosti-tuzione compresa!” Dovremmo di nuovo fermarci,per il disgusto, ma continuiamo a riflettere: entra-no in scena i “burattinai”, perfidi individui che san-no solo imbrogliare, manovrare e trarre guada-gni dall’asservimento degli altri, scelti con ocula-tezza, sfruttando le situazioni più a rischio. Attenzione, però, a farne i maggiori responsabi-li, “riabilitando” tutti gli altri che stanno nella vicen-da! Le stesse ragazze restano colpevoli, perché,all’inizio, hanno ricercato loro, in internet, gli approc-ci, evitando accuratamente i giovani: non solo per“timore” di essere riconosciute, ma, soprattutto perle loro scarse disponibilità finanziarie.Ed i clienti che colpa hanno? Hanno creduto chesi trattasse di “maggiorenni”, come del resto essesi dichiaravano! Questa è la loro linea di difesa,non certo originale, perché è assunta da tutti gliinquisiti per reati del genere.Intanto, cerchiamo di non dimenticare che uomi-ni maturi, se non addirittura anziani, hanno scel-to prostitute “giovani”, ritenute diciottenni e su dilì, per l’appagamento di desideri “immondi”, per-ché soddisfatti con “donne” aventi spesso la stes-sa età di figlie o nipoti. E poi non si distingue ilcorpo di un’adolescente, anche truccata e con tac-chi alti, da quello di una donna? Sappiamo che, invece, esiste ed è nutrito il grup-po di uomini che vanno alla ricerca delle prosti-tute “ragazzine”, in patria, come all’estero, doveprogrammano vacanze a tale turpe scopo. Come

andrà a finire? Si chiedono tutti, stimolati da gior-nali e televisioni che hanno materia ampia per tan-te trasmissioni e aggiornano sulle indagini dellaMagistratura, che coinvolgerebbero già molte deci-ne di “clienti”, persone “perbene”, ben collocatenella scala sociale ed insospettabili.Tra dinieghi e piccole ammissioni, nonostante alcu-ne evidenze appurate con le intercettazioni, si fastrada, nei “salotti televisivi”, per i personaggi piùnoti, la lamentela di essere vittime della “gognamediatica”, facendo intendere che della vicendanon si dovrebbe parlare, per non “turbare” lo svol-gimento delle indagini (che in Italia durano tantotempo e, in questo caso, la lunghezza fa como-do) e, soprattutto, per la difesa di coniugi e figliincolpevoli. Strana tesi questa, perché, con tutto rispetto deimembri della famiglia, la notorietà è sempre ricer-cata con ogni mezzo e come un giusto tributo ai“meriti”, più o meno presunti, mentre, in caso diguai, tutti i mezzi mediatici dovrebbero spegner-si, magari fino alla “rivincita”, cioè alla dimostra-zione che il fatto non è dimostrabile, almeno nel-la “presunta” gravità. Il che significa che tutto, conil tempo, deve essere accettato, anche l’uso del-la droga e la prostituzione minorile, che, semmai,è colpa delle “ragazzine sfacciate” e non degli uomi-ni, che la ricercano e l’alimentano! In siffatte situazioni, dove tutto si vuole coprire,con l’omertà e l’ipocrisia dilagante, l’educazionedavvero viene resa inoperante e si addensano nubioscure per l’avvenire.

Nell’immagine del titolo:un’opera pittorica di Edgar Mendoza Mancillas

3636 NovembreNovembre20142014

Mara Della Vecchia

NNella Riforma luterana, avviata, come è noto, nel XVI secolo inGermania, un ruolo importante era stato riservato anche al rin-novamento della musica liturgica, quale elemento imprescin-

dibile per una preghiera dei fedeli veramente collettiva,sincera e con-sapevole, che non fosse ridotta a una ripetizione di formule in latino ormaipoco comprensibili da parte del popolo più ignorante. Durante la messa, l’assemblea doveva poter cantare e dunque parte-cipare attivamente a tutta la celebrazione liturgica, senza incontrare osta-coli dovuti alla lingua sconosciuta o alla difficoltà di apprendere una melo-dia troppo complessa o addirittura districarsi tra i vari registri vocali deicanti polifonici. Nasceva così il Corale luterano che prevedeva il testoin tedesco e pur essendo polifonico,presentava una voce superiore mol-to riconoscibile, rispetto alle altre, confrasi melodiche non troppo lunghe otroppo articolate che terminavano conuna nota lunga e accompagnamen-to dell’organo, permettendo a tutti dicantare, anche a quelli meno abili,tuttavia successivamente,anche il Coralenella sua semplicità ed essenzialità,cominciò a mutare, ad evolversi e fatal-mente, a complicarsi. Tra la seconda metà del XVIII seco-lo e tutto il XIX, non più il Corale, mala Cantata è la forma che caratterizzala musica della liturgia luterana; si trat-ta di una composizione piuttosto lun-ga formata da arie, duetti, cori reci-tativi con accompagnamento strumentale;si eseguiva durante la messa tra ladeclamazione del vangelo e il sermone.Il testo riguardava il vangelo del gior-no, e includeva brani delle Sacre Scritture,poesia composte appositamente e testidei corali, ovviamente in linguatedesca.Johan Sebastian Bach, il grande com-positore del tedesco, dedicò molta del-la sua musica sacra alla cantata; frale prime che compose troviamoquella conosciuta come Actus Tragicus

del 1707-08 la quale conserva ancora una struttura che ricor-da il Corale, in quanto non presenta né poesie né recitativi.Actus Tragicus, il cui titolo originale è Gottes Zeit ist die AllesbesteZeit, viene così soprannominato perché destinato ad una ceri-monia funebre. Inizia con un bano strumentale per due flau-ti, due viole da gamba e basso continuo, detto “Sonatina”,molto bello dove, sull’accompagnamento delle viole e del bas-so continuo, i flauti disegnano una malinconica melodia; laSonatina è seguita da un coro a quattro voci con il medesi-mo accompagnamento orchestrale della sezione preceden-te. In questa parte si distinguono tre parti: la prima sulle paro-le del titolo della cantata :”Il tempo del Signore e il miglioredel tempo”, la seconda parte è costituito da un Allegro fuga-to sulle parole di un versetto tratto dagli Atti degli Apostoli: “In Lui abbiamo la vita, il movimento e l’essere”; chiude laterza parte con un Adagio assai con il seguente testo : “InLui la morte al tempo fissato”.Il coro è seguito da un’aria per tenore con andamento lentosul testo del Salmo: “Facci conoscere il numero dei giorn chepossiamo dedicare i nostri cuori alla saggezza”. Termina l’a-ria del tenore e inizia, senza alcuno stacco, un’aria del bas-

so, Vivace e con diversi vocalizzi ripresi da un solo flauto, questo il testo:“Così dice il Signore. Dai le disposizioni per la tua casa, perché morraie non guarirai più”. Interviene di seguito un terzetto (contralto, tenore,basso) con il solo accompagnamento del basso continuo e le parole sonotratte dall’Ecclesiastica: “è legge antica, l’uomo deve morire”, ma il ter-zetto è interrotto dal soprano che interviene con un arioso accompa-gnato dalle viole e dai flauti, nel quale si ascoltano le parole: “Sì, sì, ven-go Signore Gesù”, mentre gli strumenti dell’orchestra seguono la melo-dia a quattro voci del Corale: “Io ho affidato tutto quanto a Dio, egli fadi me ciò che vuole. Se devo vivere qui a lungo, senza opporre resi-stenza devo sottomettermi alla sua volontà”. Il basso solista si inseri-sce, dopo la conclusione del terzetto, con le parole: “Nelle tue mani rac-comando il mio spirito, tu mi libererai, o Signore, Dio dei verità”, è il bas-so continuo che accompagna questa parte, come più oltre, con le paro-

le: “Oggi sarai con me in paradiso”.Di nuovo l’inserimento di un Corale ese-guito sai contralti e dalle viole: “Conpace e gioia, ivi mi conduco nella volon-tà di Dio, il mio cuore e il mio intellettosono consolati, miti r tranquilli. ComeDio mi ha promesso, la morte è dive-nuto il mio riposo”.Il finale è su parole di gloria e di fede,dunque è tutto il coro che canta contutta l’orchestra con andamento viva-ce e grande sonorità. Recita il testo:”In Te ho sperato, o Signore, aiutamiperché io non cada nell’ignominia e neldisprezzo in eterno. Di questo io ti pre-go: conservami fedele a Te, mioDio:” Actus tragicus, nonostante la stes-sa destinazione della Messa daRequiem, ne differisce molto: nell’o-pera bachiana è assente la terrificanteimmagine e la plateale drammaticitàdel giorno del giudizio, qui si affrontail tema della morte come ogni cristia-no dovrebbe affrontare ogni giorno del-la propria vita cioè nella fede in Dio,nell’abbandono alla sua volontà e fidu-cia nella sua misericordia e non solociò riguarda il testo utilizzato, ma conla stessa valenza anche la musica espri-me con potenza espressiva il mede-simo messaggio.

3737NovembreNovembre20142014

Bollettino diocesano:

Prot. VSCA 44/2014Al Reverendo Don Fabrizio MARCHETTIdel Clero diocesano di Velletri-SegniSalute nel SignoreLe parrocchie di Santa Maria in Trivio, del SS.mo Salvatore, di Santa Lucia e di San Michele Arcangelo in Velletri sono state affidate, a partiredal 5 ottobre p.v., a don Roberto Mariani, in qualità di Parroco, egli sarà anche Amministratore della parrocchia della Madonna del Rosario eresponsabile di tutta l’Unità Pastorale, pertanto si richiede la presenza di un sacerdote disponibile a tempo pieno capace di collaborare alla curadelle necessità spirituali dei fedeli e alla crescita della comunione ecclesiale.Pertanto, con gratitudine per la tua disponibilità e fiducioso nel tuo zelo apostolico,TI NOMINOIn virtù delle mie facoltà ordinarie Vicario parrocchialedella suddetta Unità Pastorale, a norma dei canoni 545-552 del Codice di Diritto Canonico.Il presente decreto entrerà in vigore a partire da Domenica 12 ottobre 2014.Ti assista nella tua opera apostolica la protezione e l’intercessione di Santa Maria delle Grazie, dei Santi Clemente e Bruno, Patroni della Diocesie ti benedica il Signore.

Velletri, 06.10.2014 + Vincenzo Apicella, vescovo———————————————————————————————————Prot. VSCA 45/2014Al Reverendo Don Andrea PACCHIAROTTIdel Clero diocesano di Velletri-SegniSalute nel Signore

La parrocchia di San Giovanni Battista in Velletri, affidata a partire dal 5 ottobre p.v. a Mons. Cesare Chialastri, in qualità di Amministratoreparrocchiale, richiede la presenza di un sacerdote disponibile a tempo pieno capace di favorire la crescita di una comunità viva e ben articolata.Pertanto, con gratitudine per la tua disponibilità e fiducioso nel tuo zelo apostolico,TI NOMINOIn virtù delle mie facoltà ordinarie Vicario parrocchialedella suddetta parrocchia di San Giovanni Battista in Velletri, a norma dei canoni 545-552 del Codice di Diritto Canonico.Il presente decreto entrerà in vigore a partire da Domenica 12 ottobre 2014.Ti assista nelle fatiche pastorali la protezione e l’intercessione di Santa Maria delle Grazie, di San Giovanni Battista e di San Clemente e ti bene-dica il Signore.

Velletri, 06.10.2014 + Vincenzo Apicella, vescovo

——————————————————————————————————-Prot. VSCA 46/2014Al Reverendo Don Rinaldo BRUSCAdel Clero diocesano di Velletri-SegniSalute nel Signore

Nella nostra diocesi opera da molti anni con grande utilità pastorale l’Aggregazione ecclesiale U.N.I.T.A.L.S.I., il cui Assistente spirituale, donMarco FIORE, parroco di San Pietro in Montelanico, è stato chiamato a svolgere anche l’incarico di Vicerettore presso il Pontificio Collegio Leonianodi Anagni.Pertanto, volendo provvedere alla cura di questa importante realtà diocesana, con gratitudine per la tua disponibilità e fiducioso nella tua espe-rienza e nel tuo zelo apostolico,TI NOMINOIn virtù delle mie facoltà ordinarie Assistente spirituale della suddetta Aggregazione ecclesiale.Il presente decreto entrerà in vigore a partire da Domenica 12 ottobre 2014.Ti assista nella tua opera la protezione e l’intercessione dei santi Clemente e Bruno, Patroni della diocesi e ti benedica il Signore.

Velletri, 06.10.2014 + Vincenzo Apicella, vescovo

Mons. Angelo ManciniCancelliere Vescovile

3838 NovembreNovembre20142014

La Cappella di san Brizio

nel Duomo di Orvieto / 1

don Marco Nemesi*

TTanto è celebre nel mondo, il Duomo diOrvieto che non poche persone giungononella città della Rupe unicamente attrat-

te dal suo grandioso monumento simbolo. Il Duomosorprende per le sue slanciate proporzioni – unindiscusso inno al desiderio d’infinito e di asce-sa verso il cielo – e la sua mirabile e affasci-nante unicità, che sfugge a ogni semplicisticaclassificazione di stile. Dedicato alla Vergine Assunta, il Duomo è ovun-que riconosciuto come una delle massime rea-lizzazioni artistiche del tardo Medioevo italiano,in cui si fondono, a superare la tradizione basi-licale romana e creare un insieme del tutto uni-co e originale, il sentimento che animò le gran-di cattedrali europee del Due-Trecento, le solu-zioni architettoniche degli ordini mendicanti e imotivi del gotico francese.

L’interno sviluppa pienamente il motivo dell’u-nità spaziale, architettonica e visiva tipica del-le grandi chiese dell’Italia centrale e settentrio-nale dei secoli XIII e XIV. Scandito in tre nava-te suddivise da dieci colonne cilindriche e da duepilastri ottagoni, lo spazio interno è unificato dasei grandi campate e, attraverso ampie e slan-ciate arcate a tutto sesto, si dilata lateralmen-te nelle navate esterne; queste, strette, poco slan-ciate e completamente visibile, sono assorbitedal vano centrale, cui fanno da sfondo.Nelle pareti perimetrali il motivo delle cappellesemicilindriche e delle bifore crea un effetto diapprofondimento spaziale, allontanando il muroe rompendone la rigidità. Il tetto a capriate dipin-te, con la sua leggerezza e la sua penombraindefinita solcata dalla luce, rappresenta la coper-tura ideale del corpo anteriore della chiesa. Originaleè la soluzione del transetto continuo con tre vol-te a crociera della stessa altezza; vera e pro-pria nave trasversa, autonoma rispetto al cor-po longitudinale (da cui è separato tramite un

arco trionfale), il transetto, non avendo bracciasporgenti, è contenuto nel rettangolo delle nava-te a costituire un fondale ombroso che prece-de la tribuna quadrata.Precisamente nel transetto destro si trova la cap-pella di San Brizio, o cappella Nova, celebre peril ciclo di affreschi con Storie degli ultimi gior-ni, avviato nelle vele da Beato Angelico e BenozzoGozzoli nel 1447 e completato da LucaSignorelli nel 1499-1502.Per l’originalità spaziale e iconografica e per lasingolarità del tema, la cappella costituisce ununicum nell’arte. L’edificazione della cappella ini-ziò nel 1396 grazie al lascito testamentario diTommaso di Micheluccio, che desiderava fos-se creata una cappella intitolata alla Vergine Incoronata.Dal 1408 è documentato il primo maestro costrut-tore, Cristoforo di Francesco da Siena. Si trat-tò di ampliare il corpo di fabbrica duecentescodi Lorenzo Maitani, studiando modi per integraregli archi rampanti che sostenevano la struttu-ra. Si finì per mantenere quasi tutto, con lo stes-so forte spessore delle murature e con il masche-ramento dell’arco rampante all’interno con un

contrarco a tutto sestodall’imposta molto bassa,che fu utilizzato per delimitaredue cappelline: quella deiCorpi Santi di Faustino eParenzo a destra e quelladella Maddalena (poi det-ta di Gualterio) a sinistra.Il lavoro fu completato nel1444. Nel 1447 l’Opera delDuomo assegnò la deco-razione ad affresco della cap-pella al Beato Angelico, chein quel momento era a Roma,al servizio di Niccolò V. L’artista fiorentino, che eragià stato messo in contat-to l’anno prima dal maestrovetraio del Duomo di OrvietoFrancesco Baroni, era,infatti, interessato ad allon-

tanarsi dalla calura estiva romana. Con lui viag-giò la sua comitiva di aiuti attivianche nella Cappella Niccolina,come documentano i documen-ti di pagamento, in cui erano pre-senti Benozzo Gozzoli, GiovanniAntonio da Firenze e Giacomo dePoli; in città si aggiunse poi il pit-tore locale Pietro di Nicola Baroni.Pare che il tema degli affreschi,in Giudizio Universale, fu decisocon la consulenza dell’Angelico,che era dopotutto frate domeni-cano ben preparato in teologia.A Orvieto l’Angelico restò quin-dici settimane, riempiendo due del-le enormi vele della campata sopral’altare (Cristo Giudice tra ange-li e Profeti): il fatto che due spa-zi così vasti fossero completati intre mesi e mezzo dimostra la rapi-dità esecutiva della bottega

dell’Angelico, con una limitata autografia del mae-stro, al quale sono assegnate solo alcune par-ti. Nel settembre 1447 Angelico e il suo entou-rage ripartivano per Roma, forse intenzionati aritornarvi l’anno successivo. Ciò non avvennee nel 1449 il contratto doveva essere già annul-lato, poiché Gozzoli, in città dal luglio al dicem-bre di quell’anno, ormai affrancato dall’appren-distato, tentò senza successo di farsi riassegnarel’incarico. Nel 1455, per proteggere meglio le volte dalleinfiltrazioni, fu rialzato il tetto. Il programma deco-rativo della Cappella, restò fermo per almenoquarant’anni, quando si provò ad accordarsi Antonioda Viterbo detto il Pastura e soprattutto, per qua-si dieci anni, col Perugino le cui richieste ven-nero però ritenute troppo onerose. Solo il 5 apri-le del 1499 l’incarico di proseguire i lavori fu affi-dato a Luca Signorelli, pittore cortonese alloraattivo nella provincia tra Toscana, Umbria e Marche.Da un esame della ricca documentazione per-venuta appare chiaro che la scelta cadde su dilui per ragioni di convenienza economica (il prez-zo proposto era più discreto di quello del Perugino)

Cappella di San Brizio.

continua nella pag. accanto

3939NovembreNovembre20142014

e per la fama di artista efficientee rapido.Il contratto venne, infatti, man-tenuto con solerzia: un annodopo, il 23 aprile 1500, le vol-te erano già concluse e l’arti-sta aveva già preparato idisegni per il resto della deco-razione “dalle volte in giù”, chegli furono allogate pochi gior-ni dopo per un costo di 575 duca-ti. Fu confermato il tema delGiudizio, sulla spinta dei tur-bamenti causati dal precipita-re della situazione politica e socia-le italiana negli anni novantadel Quattrocento e dei presa-gi catastrofici sull’avvicinarsi del-la metà del secondo millennio.Per le scelte iconografiche furono espressamenteinterpellati dei maestri in teologia, tra cuidovette avere un ruolo di primo piano l’arcidia-cono del Duomo Antonio Alberi, che si fece costrui-re una libreria accanto alla cappella dotandoladi ben 300 volumi sulla teologia, la filosofia, lastoria e la giurisprudenza.Tra le fonti letterarie usate ci sono sicuramen-te i Vangeli, l’Apocalisse di Giovanni, laLeggenda Aurea e anche le Rivelazioni di san-ta Brigida, che erano state stampate a Lubeccanel 1492. Inoltre l’artista, nell’elaborazione le sce-ne, dovette trarre spunto dalle stampe tedesche,se non l’Apocalisse di Dürer, pubblicata nel 1498,almeno le illustrazioni del Liber Chronicarum diH. Schedel edito a Norimberga nel 1493.Già nel 1502 il ciclo era concluso in tutte le sueparti, anche se i pagamenti si protrassero alme-no fino al 1504. La cappella fu chiamata “Nova”,essendo l’ultima eseguita dopo quella delCorporale, fino al 1622, quando vi fu traslata lavenerata immagine della Maestà della Tavola,un dipinto miracoloso che si riteneva eseguitoda san Luca, in realtà opera della fine del XIIIo dell’inizio del XIV secolo. Questa reliquia veni-va anche detta “Madonna di San Brizio”, poi-ché nel 1464 era stata aggiunta accanto allaVergine l’immagine del santo, poi rimossa;essa finì per dare il nome all’intera cappella,detta anche semplicemente di San Brizio.L’altare detto “della Gloria“, sulla parete difondo, è opera di Bernardino Cametti del 1715,in marmo, commesso e alabastro. Il paliot-to in velluto cremisi e argento risale al 1704ed è opera del romano Angelo Cervosi. I seicandelieri in argento sulla mensa sono ope-ra di Michele Borgianni (1711-1712), cui nefurono aggiunti altri quattro nel 1716. A sini-stra dell’altare, su un plinto ligneo, una lam-pada votiva in argento e smalti del 1947 (ope-ra del cesellatore Maurizio Ravelli), fu con-sacrato per lo scampato pericolo dei bom-bardamenti durante la guerra.La cappella è organizzata in due grandi cam-pate, coperte da volte a crociera, generantisei lunettoni dei quali uno è in parte occu-pato dal portale d’ingresso e, un altro, oppo-sto, è diviso in due semilunette dalla fine-

stra gotica che sormonta l’altare. L’arco d’ingressoè sormontato da un grande rosone gotico dop-pio e da un lunettone con coppie di angeli attri-buiti a Antonio da Viterbo, con ai fianchi le sta-tue di Adamo e di Eva di Fabrio Toti sotto nic-chie in marmi bianchi e rossi di Simone Mosca.La cappella è chiusa da una cancellata di fer-ro battuto di Gismondo di Graziano (1516), ese-guita a imitazione di quella della Cappella delCorporale. Le volte sono organizzate in vele sufondo oro, divise da costoloni con motivi vege-tali e da cornici in stile gotico, con fasce a sfon-do rosso decorate da motivi tratti dalla minia-tura, intervallati da esagoni con testine. Le pareti sono dipinte con lunettoni nella partesuperiore, inquadrati da arconi dipinti con cas-settoni con rosette sporgenti; essi sono ideal-mente arretrati di circa due metri, lasciando unampio palcoscenico alla base degli affreschi incui le figure si muovono come se stessero uscen-do dai dipinti. Si tratta di un’originale soluzionecompositiva che, sebbene non sia calibrata peril punto di vista ribassato dello spettatore, ha ilmerito di trasformare l’architettura gotica dellacappella in uno spazio rinascimentale, quadrandonele misure come se fosse tanto largo quanto alto.

Signorelli concepì la cappella “noncome una scatola, ma come unasfera in cui tutti i punti hanno lo stes-so valore attorno al fulcro rappre-sentato dall’uomo-spettatore“. Tuttele ombre sono generate da una mede-sima fonte di luce, situata in cor-rispondenza delle finestre della pare-te di fondo. Le scene sono: Predicae fatti dell’Anticristo, Finimondo,Resurrezione della carne, Dannati,Beati, Paradiso, Inferno. La fasciainferiore è scandita da un finto colon-nato di paraste reggenti una tra-beazione dipinta con un ricchissi-mo fregio a grottesche su fondo oro.La zoccolatura è dipinta a lastre cheimitano i rilievi di sarcofagi roma-ni, intervallate dalle basi delle para-

ste. I riquadri sono decorati da partiture a grot-tesche in cui sono inserite, al centro, finestre conritratti di uomini illustri, poeti e scrittori. Molti diessi sono ritratti in maniera da confondere l’oc-chio dello spettatore, sfogliando libri che pareescano dal davanzale in scorcio. Alcuni di lorohanno vicini anche dei medaglioni in grisaille checommentano la loro opera o illustrazioni dellaDivina Commedia. Completano la figurazione,negli sguanci delle finestre, gli arcangeliRaffaele con Tobiolo e Gabriele (a destra), Michelein atto di pesare le anime e in atto di respingereun demonio (a sinistra) e i santi vescovi Brizioe Costanzo, protettori di Orvieto (al centro), men-tre nella cappellina ricavata nello spessore del-la parete laterale si trova un Compianto sul Cristomorto tra i santi Parenzo e Faustino. L’effetto generale è di altissimo coinvolgimen-to dello spettatore, che ha la sensazione di entra-re nella scena dipinta come parte di essa. Daun punto di vista pittorico, il ciclo mostra una qua-lità altalenante e una certa macchinosità teatrale,che però è bilanciata da idee figurative d’indi-menticabile efficacia, spesso novità assolute perl’arte italiana. Se la vista d’insieme può appa-rire tumultuosa e confusa, nel dettaglio si può

comprendere appieno la genialità diSignorelli quale “inventore” e “illustratore”,come lo definì Berenson.La volta è divisa in otto vele, delimitate dafasce decorative con motivi vegetali. Èdell’Angelico quella sopra l’altare conCristo giudice tra angeli e quella immediatamentea destra con Sedici profeti. Sono ritenutiautografi del mastro la figura, piuttosto dan-neggiata, del Cristo, un gruppo di angelia sinistra e alcuni profeti seduti. Al Gozzolisono invece assegnate le bordure deco-rative con testine, tra cui una somigliantea un pregevole disegno con Testa di gio-vane chierico nella Royal Library delCastello di Windsor (n. 12812); tra questetestine spiccano anche quelle di un giovanebiondo, di un ragazzo col turbante, di ungiovane affacciato al di fuori dell’esagono,di una bambina con cuffietta e infine di unautoritratto dell’autore. L’assegnazione dialtre parti al Gozzoli, come molti degli ange-

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li vicini al Cristo e di tre profeti, è oggetto di con-troversie nella critica. L’Angelico e il suo grup-po sono responsabili anche delle fasce deco-rative sui costoloni e nelle vele anche dell’altracampata. Tutte le altre vele sono del Signorelli,che vi ritrasse: Apostoli, prima campata a sini-stra; Simboli della Passione e preannuncio delGiudizio con angeli, prima campata verso l’in-gresso; Martiri, seconda campata verso l’alta-re; Patriarchi, seconda campata a sinistra; Dottoridella Chiesa, seconda campata a destra;Vergini, seconda campata verso l’ingresso. La resa pittorica tra le scene dell’Angelico e quel-le di Signorelli è molto diversa: il primo ripone-va nella decorazione della parete la stessa curaal dettaglio e la stessa finitezza che impiegavanelle opere su tavola, trascurando che essa dove-va essere vista da quindici metri di distanza, poi-ché all’epoca, secondo un’impo-stazione ideologica tipicamente medie-vale, la pittura era ancora soprat-tutto un’offerta a Dio, che era quin-di il fruitore ideale delle scene; perSignorelli invece tutto è ormai lega-to allo spettatore, con una quali-tà più sbrigativa, che permettes-se anche di venire incontro alle richie-ste dei committenti.Il ciclo inizia con la lunetta dellaPredica e fatti dell’Anticristo, la pri-ma a sinistra dell’ingresso. Si trat-ta di un caso unico nell’arte italianadi rappresentazione in chiavemonumentale della leggendadell’Anticristo e dalla Leggenda Aurea.La venuta di falsi Messia inoltre sitrova nelle parole profetiche sugliUltimi Giorni del Vangelo di Matteo(24, 5-10).L’Anticristo si trova su un piedistalloin primo piano, mentre predica allafolla. Egli assomiglia nelle fattez-ze a Gesù, ma è mosso dal Diavoloche gli suggerisce le parole all’o-recchio e guida i suoi gesti comeun pupazzo: felice è l’invenzionedel braccio di Satana che “entra“in quello dell’Anticristo come se fos-se un guanto. Lo circonda una fol-la varia, che ha accumulato ai suoipiedi ricchi doni e appare già cor-rotta dalle sue parole: a sinistra unuomo sta compiendo un crudelemassacro, una giovane donna staricevendo il prezzo della prostitu-zione da un anziano mercante e altri uomini sonocaratterizzati in atteggiamenti spavaldi.I personaggi hanno vesti contemporanee e Vasarivi riconobbe vari ritratti: Cesare Borgia (all’estremasinistra, col cappello rosso, barba e capelli bion-di), Pinturicchio, Nicolò Paolo Vitelli e VitellozzoVitelli, Giovanni Paolo e Orazio Baglioni, l’ere-de dei Monaldeschi (a destra del piedistallo conle mani sui fianchi), Enea Silvio Piccolomini (l’uo-mo calvo e corpulento). Molti vi hanno letto unriferimento diretto allevicende contempo-ranee di GirolamoSavonarola, predi-catore che infuocòdi ardore religioso la

città di Firenze prima di essere condannato comeeretico da papa Alessandro VI e mandato al rogoil 23 maggio 1498: dopotutto, nonostante la con-troversa accusa, Orvieto restava una città fedel-mente papista, quindi disposta ad accogliere untale messaggio, e lo stesso Signorelli, già pro-tetto dai Medici, non vedeva sicuramente di buonocchio il rovesciamento democratico a Firenzestimolato dal frate. Lo sfondo mostra uno sce-nario molto ampio e profondo, dominato da unenorme edificio classico, dalla prospettiva dis-torta. Probabilmente è una rappresentazione deltempio di Salomone di Gerusalemme e quindidella Chiesa stessa. Si tratta di un edificio a pianta centrale con quat-tro pronai, che in pianta assumono la forma dicroce greca, con al centro un doppio tiburio e,verosimilmente, una cupola che va oltre lo spa-

zio pittorico. Tutta la base del tempio è anima-ta da soldati neri, piccole figure aggiunte a sec-co dopo la stesura ad affresco. Anche in secon-do piano avvengono orrori e prodigi che chia-riscono il messaggio della scena principale, conuna vivace correlazione narrativa. A destra l’Anticristoordina le esecuzioni capitali di Enoch ed Elia,mentre al centro fa un miracolo risorgendo unmorto per avvalorare la sua falsa identità. Glifanno resistenza, poco sotto, un gruppo di reli-

giosi che, consultando le Scritture, riconosco-no la sua falsa figura e si stringono con la pre-ghiera e la fede come in una compatta cittadella.Forse, rendendosi conto dell’avverarsi delle pro-fezie, stanno facendo il conto degli ultimi gior-ni, i 1290 giorni di dominio anticristiano profe-tizzati da Daniele. A sinistra infine avviene l’epilogo della vicendadell’Anticristo, con l’Arcangelo Michele che locolpisce in cielo con la spada, facendolo pre-cipitare, ed inviando una serie di raggi infuocatiche uccidono i suoi sostenitori.Si tratta della scena migliore dell’intero ciclo, alme-no in termini di originalità narrativa e di evoca-zione fantastica: ciò è suggellato dalla presen-za, all’estrema sinistra, di due personaggi in abi-to nero che rappresentano, secondo tradizionel’autoritratto di Signorelli e, dietro di lui, un ritrat-

to di Beato Angelico con l’abito dome-nicano. Signorelli indossa una ber-retta e un mantello nero, abiti di ran-go, ed è sui cinquant’anni, vitale edi bella presenza come lo descris-se Vasari che l’aveva conosciuto per-sonalmente in tenera età. Scarpellini scrisse che la sua pre-senza a margine della scena asso-miglia a quella di un regista com-piaciuto per la riuscita del suo spet-tacolo e si presenta alla platea perricevere l’applauso.Sulla parete d’ingresso, resa angu-sta dall’arco di accesso, si trova lascena del Finimondo, dominata alcentro da un putto che sorregge lostemma dell’Opera del Duomo(O.P.S.M.) e divisa in due gruppi nar-rativi. Nell’angolo inferiore a destra,in primo piano, la Sibilla Eritrea sfo-glia il proprio libro profetico assie-me al profeta Davide, costatandola verità delle predizioni all’avven-to del Dies irae. Dietro di loro un ter-remoto fa crollare un tempio e i bri-ganti trionfano nell’anarchia, spo-gliando tre giovinetti. Più in lonta-nanza, un biblico maremoto arrivaa sollevare le navi sulle onde, chestanno per abbattersi mina+cciosesulla città; nel cielo il sole e la lunasono sinistramente oscurati.A sini-stra iniziano gli eventi sovrannatu-rali, mentre in lontananza guerre eomicidi si moltiplicano. Si tratta dell’arrivo di demoni alati

mostruosi, dalle cui mani e bocche si sprigio-na una pioggia infuocata che investe una mol-titudine di persone terrorizzate, che si sta river-sando sulla platea fuori dal confine dell’arco dipin-to. Particolarmente efficace e ben conservatoè il groviglio di sette giovani in primo piano, dagliabiti sgargianti, morti o nell’atto di soccombe-re, seguiti da due madri con i figli e un gruppodi giovani e anziani. Essi mostrano l’epilogo diuna catastrofe annunciata.

*Dir. Ufficio dioce-sano Beni culturali,

Chiese e Arte sacra

(continua)