Anne Markham Schulz. Due scultori fiorentini a Venezia

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35 do” 9 . Sebbene Cicognara abbia pensato di poter riconoscere la mano di Andrea fra la miriade di statue delle tre facciate della basilica di San Mar- co 10 , l’attribuzione di tali figure inaccessibili non si poteva prendere sul serio. Allo stesso modo, Wol- ters non ha respinto tout court l’informazione for- nita da Vasari, ma non essendo a conoscenza di opere veneziane di Andrea, l’ha trascurata per prudenza 11 . A questo punto si sono fermate le ri- cerche sul problema 12 . Eppure la prova del soggiorno veneziano di Andrea non solo esiste, ma è visibile da vari decenni nella galleria delle sculture al piano nobile della Galle- ria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro (figg. 1-5). La figura seduta senza testa nel portego (inv. sc. 14) è identificata in maniera dubitativa quale Evangeli- sta nell’ultimo catalogo del museo per via del- l’estremità di un nastro terminante in una nappa sulla sua coscia sinistra, che Augusti ipotizza po- tesse far parte della rilegatura di un libro 13 . La sta- tua in marmo di Carrara misura 68 centimetri di altezza, 49 di larghezza e 36 di profondità e pre- senta vaste rotture sui piani principali, tra cui la perdita delle porzioni inferiori di entrambi gli avambracci 14 , come se fosse caduta in avanti, forse durante uno dei molti terremoti che si sono verifi- cati a Venezia. Tracce di policromia sono rimaste sul bordo inferiore del mantello, dove si può di- stinguere un motivo a caratteri cufici. Questo aspetto, come pure la superficie così rifinita da sembrare traslucida e il suo eccellente stato di con- servazione, indicano che la figura seduta fu realiz- zata per un ambiente chiuso e non fu mai esposta all’esterno: di fatto, la sua fine lavorazione e l’as- senza di distorsioni prospettiche lasciano pensare che fosse installata a breve distanza dall’osservato- re 15 . L’opera è presente alla Ca’ d’Oro fin dall’aper- tura della galleria al pubblico, avvenuta nel 1927, e quando fu acquisita dal museo venne attribuita a uno “scultore veneziano (?) gotico” 16 . La statua, assieme a svariate altre sculture, era giunta alla Galleria Franchetti dal Museo Archeologico di Ve- ndrea di Ugolino Pisano, l’autore delle porte della facciata sud del Battistero di Firenze su cui sono iscritti il suo nome e l’anno 1330, lavorò mai a Venezia come fece a Fi- renze, a Pisa e infine a Orvieto? Castelnuovo 1 , Wolters 2 , Trachtenberg 3 e Moskowitz 4 hanno rite- nuto che un documento relativo alle porte del Bat- tistero avvalori in certa misura l’ipotesi di un suo soggiorno veneziano. Il 6 novembre 1329 l’Arte di Calimala stabilì che le porte dovessero essere fatte di bronzo e che l’orefice Piero di Jacopo, futuro collaboratore di Andrea Pisano, dovesse andare a Pisa a disegnarvi le porte – presumibilmente la porta in bronzo di San Ranieri al duomo, realizza- ta da Bonanno da Pisa – per poi proseguire fino a Venezia “a cercare di maestro a lauorare la forma di detta porta di metallo” 5 . Alcuni hanno ipotizza- to che il maestro individuato da Piero a Venezia fosse Andrea Pisano, il quale dopo poco più di due mesi iniziò a lavorare alle porte, terminando entro il 2 aprile 1330 il bozzetto in cera 6 . D’altra parte, Falk e Lànyi avevano già osservato, assieme ad al- tri, che Piero di Jacopo fu inviato a Venezia non per cercare uno scultore, bensì un fonditore di bronzo, che un documento successivo dimostra essere stato il fonditore di campane veneziano Leonardo di Avanzo 7 . Sembrerebbe dunque che i documenti non attestino di fatto la presenza di Pi- sano a Venezia prima dell’inizio del lavoro alle porte bronzee del Battistero a Firenze. Altra evidenza verbale del soggiorno veneziano di Andrea deriva dalla seconda edizione delle Vite, in cui Vasari scrive, con una certa esitazione: “Dico- no alcuni (non l’affermarei già per vero) che An- drea stette a Vinezia un anno e vi lavorò di scultu- ra alcune figurette di marmo che sono nella faccia- ta di San Marco, e che al tempo di messer Piero Gradenigo [25 novembre 1289 - 13 agosto 1311 8 ], doge di quella rep[ublica] fece il disegno dell’Ar- senale; ma perché io non ne so se non quello che truovo essere stato scritto da alcuni semplicemen- te, lascerò credere intorno a ciò ognuno a suo mo- Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti Anne Markham Schulz A 1. Andrea Pisano, Evangelista (?). Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro. 34

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do”9. Sebbene Cicognara abbia pensato di poterriconoscere la mano di Andrea fra la miriade distatue delle tre facciate della basilica di San Mar-co10, l’attribuzione di tali figure inaccessibili non sipoteva prendere sul serio. Allo stesso modo, Wol-ters non ha respinto tout court l’informazione for-nita da Vasari, ma non essendo a conoscenza diopere veneziane di Andrea, l’ha trascurata perprudenza11. A questo punto si sono fermate le ri-cerche sul problema12.Eppure la prova del soggiorno veneziano di Andreanon solo esiste, ma è visibile da vari decenni nellagalleria delle sculture al piano nobile della Galle-ria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro (figg. 1-5).La figura seduta senza testa nel portego (inv. sc. 14)è identificata in maniera dubitativa quale Evangeli-sta nell’ultimo catalogo del museo per via del-l’estremità di un nastro terminante in una nappasulla sua coscia sinistra, che Augusti ipotizza po-tesse far parte della rilegatura di un libro13. La sta-tua in marmo di Carrara misura 68 centimetri dialtezza, 49 di larghezza e 36 di profondità e pre-senta vaste rotture sui piani principali, tra cui laperdita delle porzioni inferiori di entrambi gliavambracci14, come se fosse caduta in avanti, forsedurante uno dei molti terremoti che si sono verifi-cati a Venezia. Tracce di policromia sono rimastesul bordo inferiore del mantello, dove si può di-stinguere un motivo a caratteri cufici. Questoaspetto, come pure la superficie così rifinita dasembrare traslucida e il suo eccellente stato di con-servazione, indicano che la figura seduta fu realiz-zata per un ambiente chiuso e non fu mai espostaall’esterno: di fatto, la sua fine lavorazione e l’as-senza di distorsioni prospettiche lasciano pensareche fosse installata a breve distanza dall’osservato-re15. L’opera è presente alla Ca’ d’Oro fin dall’aper-tura della galleria al pubblico, avvenuta nel 1927, equando fu acquisita dal museo venne attribuita auno “scultore veneziano (?) gotico”16. La statua,assieme a svariate altre sculture, era giunta allaGalleria Franchetti dal Museo Archeologico di Ve-

ndrea di Ugolino Pisano, l’autore delleporte della facciata sud del Battistero diFirenze su cui sono iscritti il suo nome e

l’anno 1330, lavorò mai a Venezia come fece a Fi-renze, a Pisa e infine a Orvieto? Castelnuovo1,Wolters2, Trachtenberg3 e Moskowitz4 hanno rite-nuto che un documento relativo alle porte del Bat-tistero avvalori in certa misura l’ipotesi di un suosoggiorno veneziano. Il 6 novembre 1329 l’Arte diCalimala stabilì che le porte dovessero essere fattedi bronzo e che l’orefice Piero di Jacopo, futurocollaboratore di Andrea Pisano, dovesse andare aPisa a disegnarvi le porte – presumibilmente laporta in bronzo di San Ranieri al duomo, realizza-ta da Bonanno da Pisa – per poi proseguire fino aVenezia “a cercare di maestro a lauorare la formadi detta porta di metallo”5. Alcuni hanno ipotizza-to che il maestro individuato da Piero a Veneziafosse Andrea Pisano, il quale dopo poco più di duemesi iniziò a lavorare alle porte, terminando entroil 2 aprile 1330 il bozzetto in cera6. D’altra parte,Falk e Lànyi avevano già osservato, assieme ad al-tri, che Piero di Jacopo fu inviato a Venezia nonper cercare uno scultore, bensì un fonditore dibronzo, che un documento successivo dimostraessere stato il fonditore di campane venezianoLeonardo di Avanzo7. Sembrerebbe dunque che idocumenti non attestino di fatto la presenza di Pi-sano a Venezia prima dell’inizio del lavoro alleporte bronzee del Battistero a Firenze.Altra evidenza verbale del soggiorno veneziano diAndrea deriva dalla seconda edizione delle Vite, incui Vasari scrive, con una certa esitazione: “Dico-no alcuni (non l’affermarei già per vero) che An-drea stette a Vinezia un anno e vi lavorò di scultu-ra alcune figurette di marmo che sono nella faccia-ta di San Marco, e che al tempo di messer PieroGradenigo [25 novembre 1289 - 13 agosto 13118],doge di quella rep[ublica] fece il disegno dell’Ar-senale; ma perché io non ne so se non quello chetruovo essere stato scritto da alcuni semplicemen-te, lascerò credere intorno a ciò ognuno a suo mo-

Due scultori fiorentini a Venezia:Andrea Pisano e Niccolò Lamberti

Anne Markham Schulz

A 1. Andrea Pisano,Evangelista (?). Venezia,Galleria Giorgio Franchettialla Ca’ d’Oro.

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Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti36 Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 37

2. Andrea Pisano,Evangelista (?). Venezia,Galleria Giorgio Franchettialla Ca’ d’Oro.

3. Andrea Pisano,Evangelista (?). Venezia,Galleria Giorgio Franchettialla Ca’ d’Oro.

4. Andrea Pisano,Evangelista (?). Venezia,Galleria Giorgio Franchettialla Ca’ d’Oro.

5. Andrea Pisano,Evangelista (?). Venezia,Galleria Giorgio Franchettialla Ca’ d’Oro.

6. Andrea Pisano,Temperanza. Firenze,Battistero, porta meridionale.

7. Andrea Pisano, Fortezza.Firenze, Battistero, portameridionale.

8. Andrea Pisano, CristoSalvatore. Firenze, Museodell’Opera del Duomo.

nezia17, che l’aveva a sua volta acquistata, nell’ago-sto del 1849, dal “deposito della fabbriceria di S.Marco”18. Le guide successive della Ca’ d’Oro han-no dato l’opera con più o meno esitazione a un ar-tista toscano della prima metà del XV secolo19; direcente Adriana Augusti ha identificato l’autorenel fiorentino Niccolò Lamberti20, che si ritieneabbia svolto il ruolo di protomagister della basilicadi San Marco almeno a partire dall’ottobre del1416.Ma basta un confronto con il San Marco sedutodocumentato quale opera di Niccolò Lamberti alMuseo dell’Opera del Duomo di Firenze (figg. 11-12) per confutare l’ipotesi della paternità della fi-gura acefala alla Ca’ d’Oro. In realtà quest’ultimascultura non è affatto quattrocentesca bensì dellametà del Trecento. La qualità eccellente indica lamano di un artista di primo piano e il suo stile ri-manda ad Andrea Pisano. Tipiche di Andrea, co-me dimostra il confronto con il suo Salvatore inmarmo presso il Museo dell’Opera del Duomo diFirenze (fig. 8) o con diverse delle sue Virtù sulleporte del Battistero (figg. 6-7), sono le proporzionirobuste della figura e la brevità delle gambe e del-la porzione superiore delle braccia. Non solo iltorso è piuttosto massiccio, ma la rotondità dellafigura non subisce alcuna riduzione. In effetti, iltorso recede in maniera così uniforme da creare uncilindro, mentre le cosce si proiettano avanti comefarebbero in natura. In entrambe le figure maschi-li, i piedi sono di grandezza eccezionale. Il mantel-lo aderisce strettamente al corpo rivelandone icontorni; la sequenza regolare degli archi prodottidal sottile panneggio – perfetti segmenti di cerchio

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Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 39Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti38

– assomigliano alla rappresentazione di scorciodelle linee orizzontali che circoscrivono un cilin-dro. In realtà, le curve si accrescono e diventanopiù profonde a mano a mano che scendono lungoil torso, proprio come accadrebbe se fossero dise-gnate in prospettiva da un punto di vista elevato.Le pieghe non terminano ai lati della figura a me-no che non vengano sormontate da altre pieghe:per il resto, proseguono intorno alla silhouette percreare efficaci visioni laterali. In cima al petto, iltessuto si ripiega come nel Salvatore; il suo finebordo fa pensare a un sottile panno di lana, il cheviene confermato dalla moderata plasticità dellepieghe. Come nel Salvatore, la parte superiore delcorpo è eretta e orientata in posizione frontale, male gambe sono differenziate dal grado di pressionemaggiore o minore che sembrano esercitare sulterreno. Come nelle Virtù delle porte del Battiste-ro, le gambe sono ampiamente divaricate e l’inter-stizio fra l’una e l’altra è profondamente scavato; il

disegno delle pieghe varia da una gamba all’altra,ma in entrambe rivela chiaramente il contorno del-le cosce. La stoffa in eccesso del lunghissimo abito,rigirato ai lati del corpo, viene tenuto fermo dallafigura seduta su di esso, proprio come nelle Virtù.Intorno al piede, che non partecipa a supportare ilpeso del corpo, le pieghe disegnano le tipiche lun-ghe curve a forcina, mentre in corrispondenza delpiede esposto il disegno si interrompe per creareuna linea orizzontale fortemente frastagliata subitosopra l’arco. Le dita dei piedi oltremodo lunghe eossute sono molto diverse da quelle più elegantidelle statue quattrocentesche, che in genere indi-cano l’influsso della scultura classica.Resta da chiedersi se Andrea abbia intagliato que-sta figura prima o dopo l’esecuzione delle portedel Battistero. A mio parere, la qualità eccelsa del-la statua rivela una raffinatezza che mancava neiprimi rilievi delle porte bronzee, cioè l’Annunciodell’angelo a Zaccaria e la Nascita del Battista21. In-

vece la sottile variazione di peso, la profusione deipanneggi, la ricchezza, la varietà e l’eleganza calli-grafica dei motivi da essi creati e l’audace scavatu-ra del blocco che, assieme al livello straordinariodi levigatura, producono una vastissima gamma dichiaroscuri, sono più affini ai rilievi successivi, co-me la Visita dei discepoli al Battista imprigionato,Salomè porta la testa del Battista a Erodiade, la Se-poltura del Battista e tutte le Virtù. La cesellatura ela doratura delle porte bronzee furono terminatenel giugno del 1336. Secondo il Centiloquio di An-tonio Puccio, Andrea succedette nel ruolo di capo-maestro del duomo a Giotto, il quale l’8 gennaiodel 1337, giorno della sua morte, si stava occupan-do della costruzione del campanile22. Alla fine de-gli anni trenta del XIV secolo risalgono chiara-mente i rilievi realizzati da Andrea per il campani-le. È opinione comune che sia stato Pisano, chia-mato “magistro Andrea maiore magistro dicteopere”, a essere consultato in merito all’edificazio-ne della canonica a Firenze, come riferito in data26 aprile 134023. Tra quel giorno e il 14 maggio

1347, quando Andrea ricompare in veste di capo-maestro della cattedrale di Orvieto (luogo doveevidentemente infine morì)24, il nome del Pisanonon si trova nei documenti d’archivio giunti sino anoi. D’altro canto, Vasari attribuì ad Andrea nu-merose opere architettoniche e ingegneristicheeseguite al servizio di Gualtieri di Brienne, ducad’Atene e signore di Firenze dall’8 settembre 1342al 6 agosto 134325, mentre la Becherucci ha argo-mentato in modo convincente che al soggiorno fio-rentino di Andrea fece seguito un periodo di atti-vità a Pisa26. A Pisa, un’opera attribuita in manierapersuasiva ad Andrea, la Madonna con il Bambinoun tempo situata all’apice della facciata ovest delduomo, è posteriore al 27 luglio 1345, quando fueffettuato il pagamento per l’acquisto e il traspor-to del blocco in cui fu a quanto pare scolpita27;mentre il 3 marzo 1348 un carrettiere fu compen-sato per aver trasportato da Pisa a Orvieto unaMaestà completata, identificata con la statua inmarmo di una Madonna con il Bambino in piedi alMuseo dell’Opera del Duomo di Orvieto, accre-ditata in maniera apodittica ad Andrea Pisano28.Se i riferimenti di Vasari al doge Gradenigo a Ve-nezia e al duca d’Atene a Firenze sono corretti, èpiù probabile che Andrea abbia visitato Veneziatra l’aprile del 1340 e il dicembre del 1342. Se ildoge in questione non era dopotutto un Gradeni-go, allora Pisano potrebbe essersi recato a Veneziadopo che il suo supposto mecenate fiorentino fuespulso, nell’agosto del 1343. A ogni buon conto,dunque, l’Evangelista risalirebbe agli anni qua-ranta del XIV secolo – agli inizi o alla metà del de-cennio – e costituirebbe una delle opere più eccel-se di Pisano.

Tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo lo stiletardogotico condizionò in modo così uniformel’aspetto della scultura veneziana che oggi la manodei singoli artisti risulta assai difficile da distingue-re. A ciò si aggiunga che quasi nessun nome è asso-ciato in maniera indiscutibile a una particolareopera, per non parlare di un intero corpus; di con-seguenza, la schiera degli artisti è composta in va-sta misura da scultori anonimi che rendono la di-stinzione di mani ancora più problematica. Inol-tre, le opere principali, molte delle quali situate sulcoronamento della basilica di San Marco, risultanogravemente danneggiate dagli agenti atmosferici esono collocate in luoghi inaccessibili. Di fatto, so-lo poche o, forse, nessuna delle sculture di cui trat-terò di seguito sono state osservate da vicino daglistudiosi che in molti casi si sono basati, per l’attri-buzione, su fotografie scattate con il teleobiettivo.Nell’intento di ottenere risultati più attendibili, milimiterò, fatto salvo per un’unica eccezione, a esa-

9. San Marco. Venezia,basilica di San Marco,coronamento della facciataoccidentale.

10. Niccolò Lamberti, San Luca. Firenze, MuseoNazionale del Bargello.

11. Niccolò Lamberti, San Marco. Firenze, Museodell’Opera del Duomo.

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nosciamo il momento preciso in cui giunse a Vene-zia, ma dev’essere accaduto prima del 23 ottobre1416, data in cui Pietro da Campione aveva già re-gistrato il debito di 120 ducati contratto da Nicco-lò presso di lui per otto pezzi di fogliame. Il 27 lu-glio del 1419 Lamberti era a Carrara per cavare ilmarmo per la decorazione della basilica di SanMarco; a quanto pare, la quantità necessaria fu ot-tenuta solo nel febbraio del 1420, quando Lam-berti fece ritorno a Carrara, presumibilmente persovrintendere al trasporto del marmo a Venezia.Un’ondata di scalpellini immigrati da Firenze se-guì le orme di Lamberti. I nomi di suo figlio Pietroe di Giovanni di Martino da Fiesole sono incisi as-sieme all’anno 1423 nel bordo inferiore dell’epitaf-fio sulla tomba del doge Tomaso Mocenigo nellabasilica dei Santi Giovanni e Paolo, ed è possibileche gli scultori fossero giunti a Venezia alcuni anniprima30. Nanni di Bartolo compare per la primavolta nei documenti veneziani il 14 maggio 142431

e restò attivo a Venezia fino alla morte. Tra l’otto-

bre e il novembre del 1424 Lorenzo Ghiberti tra-scorse cinquanta giorni nella città nell’ambito diuna missione diplomatica e la sua presenza a Vene-zia produsse dimostrabili effetti artistici32. Anchese la sua carriera giovanile si svolse a Padova, loscultore fiorentino Niccolò Baroncelli potrebbeavere in realtà debuttato a Venezia, come lasciaipotizzare il riferimento a un “Ser Nicolaus Johan-nis lapizida de Florentia” contenuto in un docu-mento inedito dell’11 agosto 143233. Di molti altriscultori fiorentini attivi a Venezia non resta altroche il nome. Paoletti ha trovato negli archivi cita-zioni di “Ser Petrus de Florentia lapicida de confi-nio S. Gervaxij” nel 1416, “Ser Nicolaus de floren-tia” a San Salvador nel 1424, Tommaso di Cristo-foro da Firenze nel 1431, Tommaso di Jacopo daFirenze a San Pantalon nel 1435, Giovanni di Do-menico da Firenze a San Stin nel 1436 e Antoniodi Cristoforo da Firenze nel 145034. Rigoni ha pub-blicato un documento del 1427 relativo a Giovan-ni di Cristoforo da Firenze a San Geminiano35. Al-tri documenti veneziani, mai resi pubblici in pre-cedenza, attestano la presenza di lapicidi fiorenti-

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minare opere che ho avuto modo di studiare e fo-tografare in prima persona su impalcature ravvici-nate.Tra gli scultori veneziani della fine del Trecento edel primo quarto del Quattrocento, Niccolò diPietro Lamberti detto Pela spicca per la vastitàdella sua biografia e per il numero di opere docu-mentate. Pertanto Lamberti è diventato uno scul-tore cui si fa riferimento in prima e in ultima istan-za e non vi è quasi statua di rilievo sul coronamen-to della basilica di San Marco che non gli sia stataattribuita. Il corpus delle sue opere, quindi, oggiconsiste in un’olla podrida composta da pochi pez-zi autografi e da un gran numero di sculture, prin-cipalmente veneziane, di altri autori. È tale situa-zione che cercherò di rettificare escludendo leopere estranee al suo catalogo sulla base di un con-fronto con sculture a lui correttamente assegnate eattribuendo all’artista una scultura inedita rivela-tasi strategicamente rilevante.Il luogo e la data di nascita di Niccolò di Pietro

Lamberti sono ignoti29. Alcuni documenti deglianni ottanta e novanta del XIV secolo in cui simenziona un Niccolò di Piero, in associazione conuna matricola della corporazione degli scalpellinidi Firenze effettuata nel 1391, potrebbero riferirsia lui oppure no. Fra il 1391 e il 1395 Lamberti la-vorò assieme a Giovanni d’Ambrogio, a Piero diGiovanni Tedesco e a Jacopo di Piero Guidi allaparte inferiore della Porta della Mandorla del duo-mo fiorentino. Tra il 1404 e il 1409 Niccolò scolpìtre Angeli e una figura di Ercole nella porzione de-stra dell’archivolto che incornicia la lunetta dellaporta. Le statue dei Santi Agostino e Gregorio perle nicchie che fiancheggiano la porta principale delduomo di Firenze, eseguite secondo i disegni diAgnolo Gaddi, furono consegnate da Niccolò frail 1395 e il 1401. La Madonna con il Bambino neltimpano della Porta dei Canonici del duomo di Fi-renze si può ricollegare in maniera plausibile ai pa-gamenti ricevuti da Lamberti nel 1395 e nel 1396,mentre l’Angelo a sinistra nella lunetta è senzadubbio l’opera per cui ricevette un compenso nel1402. Quello stesso anno Lamberti ottenne un pa-gamento probabilmente associabile alla Vergineannunciata della Porta dei Cornacchini del duo-mo. Nel 1401 Lamberti partecipò insieme conGhiberti, Brunelleschi e altri alla gara per la secon-da coppia di porte bronzee del Battistero di Firen-ze con un rilievo, oggi perduto, del Sacrificio diIsacco.Lamberti era stato chiamato a dirigere i lavori diedificazione di una sala nel Palazzo Ducale di Ve-nezia, come apprendiamo da una lettera dell’8 giu-gno 1403 inviata dalla Signoria fiorentina al dogeMichele Steno, ma non potè accettare l’incarico acausa di precedenti impegni con l’Opera del Duo-mo e con l’Arte dei Giudici e Notai. Quest’ultimocontratto vincolava Lamberti a eseguire la statuadi San Luca per la facciata principale della chiesadi Orsanmichele. La scultura, datata tra il 1403 eil 1406, è oggi conservata presso il Museo Nazio-nale del Bargello (fig. 10). Tra il 1408 e il 1415 Nic-colò scolpì il San Marco (figg. 11-12), uno dei quat-tro Evangelisti seduti allogati anche a Donatello,Bernardo Ciuffagni e Nanni di Banco e realizzatiper fiancheggiare il portone centrale di Santa Ma-ria del Fiore: tutte e quattro le statue sono conser-vate presso il Museo dell’Opera del Duomo. La la-pide del mercante Francesco Datini nella chiesa diSan Francesco a Prato risale al 1411. Nel febbraiodel 1415 Lamberti venne pagato per un doccioneeseguito per il duomo e il 21 marzo 1415 ricevetteil saldo per il San Marco; i documenti fiorentininon lo menzionano più fino al 15 aprile 1419,quando acquistò un blocco di marmo per unatomba dall’Opera del Duomo di Firenze. Non co-

12. Niccolò Lamberti, San Marco, particolare.Firenze, Museo dell’Operadel Duomo.

13. Niccolò Lamberti, Carità.Venezia, basilica di SanMarco, facciata settentrionale.

14. Niccolò Lamberti, Carità,particolare. Venezia, basilicadi San Marco, facciatasettentrionale.

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ni: Antonio di Bastiano, Bastiano q. Jacopo e Lo-renzo q. Antonio, tutti residenti nella parrocchiadi San Samuele nel 143136, Simone q. Bernardonella vicina parrocchia di San Moisé nel 143237 eAntonio q. Pietro, che viveva nella stessa parroc-chia nel 143938. Nel 1449 un “Ser Benedeto taia-piera da Fiorenza” era morto e la sua vedova era inprocinto di risposarsi39. Sul capitello all’angolonordoccidentale del portico al pianterreno di Pa-lazzo Ducale sono iscritte le parole: DUE SOTII FLO-RENTIN INCSE40. Nelle sue condizioni di intenso re-stauro, il capitello non è più suscettibile di attribu-zione, ma la presenza del campanile di Firenze nel-la scena con Numa Pompilio conferisce plausibilitàall’ipotesi di una paternità fiorentina.Nel 1420 l’Opera del Duomo di Firenze decise direstituire a Niccolò tutto il materiale che aveva la-sciato nelle officine dell’Opera: sembrerebbe, per-tanto, che non si contasse più sul suo ritorno. Tut-tavia, per motivi che verranno delineati in seguito,io ritengo che Lamberti si trovasse a Firenze intor-no al 1430. Il 7 giugno 1428 un documento bolo-gnese registrò che Lamberti era stato scelto quale

arbitro dall’Opera di San Petronio per la valuta-zione di un capitello; altri documenti bolognesiche citano un Niccolò di Pietro, scalpellino, forsenon si riferiscono a lui. Un documento del 10 ago-sto 1435 in cui si cita Pietro Lamberti come figliodel defunto Niccolò da Firenze costituisce un ter-minus ante quem per la morte dello scultore.Sebbene Lamberti non sia mai nominato nei docu-menti quale protomaestro responsabile della co-struzione di San Marco, il fatto che sovrintendesseall’acquisto di marmo a Carrara per la decorazionedella basilica dimostra che in effetti rivestì taleruolo. È tra l’altro da notare la notizia anonima del1415 in cui si afferma che i tabernacoli della faccia-ta nord di San Marco e le figure in essi contenute,così come quelle dei piedistalli floreali, erano giàstati realizzati (“fo fatti”) e che aveva avuto iniziol’installazione del fogliame sugli archi41, i quali,non a caso, erano tutti in marmo bianco di Carra-ra. Si tratta dunque probabilmente delle foglied’acanto per gli archi della facciata nord che Lam-berti aveva subappaltato a Pietro da Campione enon aveva ancora pagato in data 23 ottobre 1416.

Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti42 Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 43

15. San GiovanniEvangelista. Venezia, basilicadi San Marco, facciataoccidentale.

16. San Marco. Venezia,basilica di San Marco, facciataoccidentale.

17. San GiovanniEvangelista, particolare.Venezia, basilica di SanMarco, facciata occidentale.

18. San Marco, particolare.Venezia, basilica di SanMarco, facciata occidentale.

19. San Luca, particolare.Venezia, basilica di SanMarco, facciata occidentale.

20. San Matteo, particolare.Venezia, basilica di SanMarco, facciata occidentale.

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Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti44 Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 45

Nel 1986 ho attribuito a Niccolò Lamberti la sta-tua in marmo della Carità al culmine dell’arcatapiù a occidente della facciata nord della basilica(figg. 13-14)42, attribuzione che è stata quindi ac-cettata dalla Cavazzini e altri43. Come il tardo SanJacopo realizzato da Lamberti per la chiesa di Or-sanmichele a Firenze (fig. 37), il contrappostomolto moderato della Carità non incide sulla posi-zione eretta, frontale e simmetrica delle sue brac-cia, del collo e del torso, ma governa di fatto la di-sposizione delle sue vesti fittamente drappeggia-te: raccolta sul fianco che regge il peso, la stoffaricade in lunghe pieghe semitubolari e legger-mente oblique fino a terra, dove il tessuto in ec-cesso costringe il panneggio a cambiare direzio-ne. Il motivo del linenfold disegnato dall’orlo cheserpeggia fra i piedi ricorre in maniera pressochéidentica nella statua di Lamberti del San Marcoseduto (fig. 11).L’attribuzione a Niccolò Lamberti dei quattroEvangelisti in pietra d’Istria sulla facciata ovest del-la basilica (figg. 15-20) è stata sostenuta da GeorgeGoldner44 e riproposta da Laura Cavazzini45, ma amio avviso è assai lontana dal vero. In primo luo-go, a un paragone tra le teste dei quattro Evangeli-sti si osserva la mano di autori diversi, tre dei qua-li imitano, con maggiore o minor successo, la fisio-

improvvisa delle pieghe ad angolo raggruppate in-torno ai piedi, contrastano con la serie regolare dipieghe più fini e con l’orlo sinuoso, come si nota inparticolar modo nel Gabriele.D’altro canto, sono convinta che lo scultore re-sponsabile dell’Annunciazione di San Marco abbiaeseguito anche la Madonna degli Alberetti nellachiesa dei Santi Apostoli di Venezia (figg. 26, 28),come sostenuto dalla Cavazzini48, nonché la Ma-donna con il Bambino alla Casa Romei di Ferrara(figg. 27, 29), la cui attribuzione al maestro dellaMadonna degli Alberetti è stata proposta dalla Ca-vazzini e da Richard Stemp49 indipendentementel’uno dall’altra. Ma la possibilità che il loro autore,o lo scultore dell’Annunciazione, sia Niccolò Lam-berti è a mio avviso inesistente. Mentre la testa delSan Marco al museo del duomo fiorentino (fig. 12)spicca per la sagoma notevolmente allungata sullasommità e per la posizione degli occhi al livello delcentro del viso, le teste della Vergine annunciata edell’Angelo, così come quelle delle due Madonne(figg. 23, 24, 28, 29), risultano altrettanto notevoliper la loro forma quadrata, per la fronte bassa eper l’ampiezza delle mandibole gonfie. Gli occhi ele sopracciglia hanno forme differenti e né le lab-bra sottili della Madonna degli Alberetti, né quellerovesciate in maniera disorganica dell’Angelo pre-sentano analogie di qualunque tipo con la bocca

delle pieghe non corrisponde in nessun caso aidrappeggi concepiti da Lamberti. Inoltre, non siriscontra alcun elemento in cui la fisionomia delSan Giovanni o dei suoi compagni combaci conquello del San Marco fiorentino di Lamberti (figg.11 e 12).Alla stessa mano che si suppone responsabile de-gli Evangelisti – vale a dire a Niccolò Lamberti –Goldner e Cavazzini hanno attribuito la Vergineannunciata e l’Arcangelo Gabriele sul coronamentodi San Marco (figg. 21-25)46. Malgrado l’enfasi po-sta sulla somiglianza tra il gruppo e l’Annunciazio-ne di Marco Romano oggi alla Tesoreria di SanMarco, Valenzano ha approvato decisamente laproposta della Cavazzini per l’Annunciazione e hadatato l’opera a un periodo immediatamente suc-cessivo al 142047. La studiosa ha senz’altro ragionenel notare un’analogia tra i fitti riccioli dei due An-geli di San Marco, ma questo trattamento dellechiome caratteristico di Marco Romano e che ri-corre nella statua appena esaminata di San Giovan-ni Evangelista, era evidentemente piuttosto diffu-so. Il motivo delle pieghe che la Cavazzini ha rite-nuto collegasse le figure dell’Annunciazione agliEvangelisti mi colpisce invece per la sua poca so-miglianza. Il disegno più audace negli Evangelisti,la plasticità del panneggio profondamente scavatoe dei bordi lavorati a sottosquadro, e l’interruzione

nomia del San Giovanni Evangelista, presumibil-mente eseguita dal maestro della bottega. Che talebottega non fosse quella di Niccolò Lamberti è di-mostrato da un confronto tra il San Giovanni e laCarità. A differenza del corretto allineamento fral’incavo del collo e il tallone del piede che sostieneil peso, riscontrabile in molte figure in piedi diLamberti, il peso dell’Evangelista cade tra i duepiedi, compromettendo la stabilità della statua. Ildrappeggio pesante e abbondante, che avvolge lafigura in maniera assai sciolta, è del tutto indipen-dente dall’anatomia e dalla postura della statua,contrastando così con la stoffa molto più sottile eattillata del panneggio della Carità, così come delSan Luca e del San Jacopo (fig. 37) di Niccolò, lecui pieghe illustrano in modo canonico il contrap-posto delle sculture. Di fatto, la profonda scavatu-ra del blocco, il lavoro a sottosquadro dei bordi, ei contorni discontinui creano nell’Evangelista, cosìcome nei suoi compagni, una superficie eccessiva-mente irregolare; nell’abbondanza e nella pesan-tezza del loro panneggio, che nasconde del tutto ilcorpo e aggiunge una massa considerevole alle fi-gure, gli Evangelisti sembrano indebitati con lascultura borgognona di Claus Sluter. Il panneggiovaria nettamente di statua in statua per disegno,ma non per qualità; nondimeno, la disposizione

21. Angelo annunciante.Venezia, basilica di SanMarco, facciata occidentale.

22. Angelo annunciante.Venezia, basilica di SanMarco, facciata occidentale.

23. Angelo annunciante,particolare. Venezia, basilicadi San Marco, facciataoccidentale.

24. Vergine annunciata,particolare. Venezia, basilicadi San Marco, facciataoccidentale.

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Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti46 Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 47

del San Marco. Le pieghe sono di gran lunga piùuniformi per disposizione, densità, grado ridottodi sporgenza e rientranza e per percorsi paralleli ecurvilinei. Le serpentine ripetute dell’orlo piano,particolarmente notevoli nella Madonna degli Al-beretti, ma evidenti anche nell’Angelo dell’Annun-ciazione (figg. 26, 22), non ricorrono mai nelleopere assegnate con certezza a Niccolò Lamberti.Mentre l’influsso della scultura borgognona ri-manda a una data situata fra il 1405 e il 1415 circaper gli Evangelisti, per il gruppo dell’Annunciazio-ne e per i due rilievi delle Madonne è a mio parerepiù plausibile una datazione al tardo XIV secolo.Nella cronaca di Donato Contarini si riferisce chei tabernacoli della facciata nord di San Marco fu-rono iniziati nel 1384, mentre la campana chepende dal tabernacolo direttamente sopra la testadell’Angelo dell’Annunciazione reca l’iscrizioneMCCCLXXXIIII50. Né l’Annunciazione, né le al-tre opere di questo artista rivelano l’influenza del-lo stile gotico internazionale da un lato o, dall’al-tro, di Ghiberti, Donatello o altri contemporaneifiorentini. Infatti non vedo motivo per non datarequesto gruppo di opere a un periodo molto vicinoa quello della fabbricazione della campana. In talcaso, l’uso di pietra d’Istria anziché di marmo, ma-teriale in cui fu scolpita la Carità, avvalora l’ipotesiche l’esecuzione del gruppo dell’Annunciazione eanche degli Evangelisti abbia preceduto l’arrivo diNiccolò Lamberti e l’acquisto che fece del marmoa Carrara51.Come ho rilevato nel 1986, una testa molto similea quella del San Marco si trova invece nell’Evange-lista più in basso a destra dell’intradosso che in-cornicia la finestra centrale della facciata ovest diSan Marco (fig. 32)52. Sebbene l’incendio del 1419(che danneggiò le cupole della basilica ma a quan-to pare lasciò intatta la facciata) non costituisca,come si riteneva in passato, un terminus post queminconfutabile per la scultura dei quattro Evangeli-sti dell’intradosso e dei quattro Patriarchi che li ac-compagnano, la realizzazione delle otto figure nelterzo decennio del XV secolo concorda con i datistilistici a nostra disposizione. Tutte le sculture so-no in marmo bianco di Carrara e parzialmente po-licrome e dorate53. Procedendo dal basso all’altodell’arco, le figure alla destra dell’osservatore raffi-gurano: San Luca (fig. 32); San Matteo (fig. 30); SanGiovanni Evangelista (fig. 33) e San Marco (fig.31)54. La pulitura dell’arcone della basilica di SanMarco effettuata tra il luglio del 1987 e il 21 aprile1994 e l’esposizione delle figure dell’intradossonell’ex chiesa di San Basso tra il 23 dicembre 1992e il 24 gennaio 199355 hanno permesso non solo dicorroborare l’attribuzione del primo Evangelista adestra, San Luca, al Lamberti, ma di identificare

quali sue opere anche il San Matteo e il San Mar-co56. Dei tre, il San Matteo (fig. 30) sembra, comeosservato da Zucchetta, il più incerto e il più affineal San Luca di Lamberti al Bargello (fig. 10). Lepieghe e i riccioli più ampi, voluminosi e dinamicie la rientranza e la sporgenza esagerate dei trattidel San Marco e del San Luca implicano l’eventua-le realizzazione da parte dello scultore che la posi-zione elevata delle figure e la loro distanza dall’os-servatore rendevano necessarie forme più enfati-che e contrasti di luce e ombra più netti. Nel SanMatteo il drappeggio è raccolto sul fianco non por-tante come nel San Luca al Bargello, mentre nelSan Marco (fig. 31) e nel San Luca (fig. 32) questoerrore viene corretto. Ipotizzerei dunque che tra ilSan Matteo e i Santi Marco e Luca sia trascorso unnotevole intervallo di tempo. La posa e il panneg-gio dei Santi Marco e Luca si rispecchiano in ampiamisura e le loro fisionomie sono intercambiabili. IlSan Giovanni (fig. 33), invece, è diverso dagli altriper proporzioni, posa e drappeggio; la sua barba,che si apre a ventaglio, non si riscontra in nessunadelle opere certe di Niccolò. Il panneggio, compo-sto da un numero assai esiguo di pieghe ampie edestremamente plastiche, è il più audace di questefigure. Concordo insomma con Zucchetta nel con-siderare il San Giovanni stilisticamente distinto da-gli altri tre Evangelisti 57.Sul lato opposto dell’intradosso, le figure rappre-sentano i Patriarchi del Vecchio Testamento. Dallabase al culmine si osservano, rispettivamente: 1.Abramo, 2. Isacco e 3. Giacobbe (fig. 34), per finirecon 4. Noè, che dovrebbe essere il primo. Anche sele statue non sono molto dissimili, la fattura diver-sa delle chiome e delle barbe lascia supporre chesiano state tutte intagliate da diversi collaboratoridi Niccolò Lamberti. Nel 1986 ho posto in rilievo la corretta pondera-zione del Giacobbe, in cui il tallone che sostiene ilpeso è allineato con l’incavo del collo, e l’uso delvestimento per evidenziare la posa della figura:come nel San Matteo di Ghiberti a Orsanmichele,il mantello si stende sopra la coscia protesa inavanti, rivelandone il contorno, ed è sospeso inpieghe verticali sopra la gamba che sorregge il pe-so, mentre l’orlo è sollevato lasciando visibile ilpiede che sostiene il corpo58. Per contro, nei suoiSanti Marco e Luca (figg. 10, 11) Niccolò sembraessersi fermato allo stadio del San Giovanni Evan-gelista di Ghiberti. Le gambe piuttosto lunghe e leteste piccole danno l’impressione che i Patriarchimisurino quasi due metri d’altezza, in contrappo-sizione con le figure accorciate di Niccolò. Va aogni modo osservato che negare la responsabilitàdi Niccolò per il San Giovanni e per i Patriarchinon ci autorizza ad accreditarli a suo figlio Pie-

25. Vergine annunciata.Venezia, basilica di SanMarco, facciata occidentale.

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tro59, alla cui opera non sono affatto paragonabili.Un’altra attribuzione errata a Niccolò Lambertiche si è fatta strada nella letteratura è quella delSan Marco in marmo di Carrara al culmine dellafacciata ovest della basilica (figg. 9, 35)60. HansRamisch ha formulato di recente alcune conside-razioni iconografiche per dimostrare che la figurarappresenta il Cristo Salvatore61. Quel che Ra-misch ha tuttavia trascurato sono le antiche con-venzioni nel raffigurare i principali attori dellastoria sacra, che assegnavano capelli corti ricciutie barba ugualmente ricciuta a san Marco non alCristo62. Questa è l’unica opera che non ho potu-to studiare de visu. La fotografia disponibile è dibuona qualità, ma sospetto che sia stata scattatacon un obiettivo grandangolare che falsa le pro-porzioni allungandole. Diversamente che per le fi-gure di Lamberti, per questa non è stato compiu-to alcun tentativo di razionalizzare l’inclinazionein termini di postura ponderata, secondo la qualegli assi delle anche e delle spalle divergono e loschema delle pieghe distingue la gamba non por-tante da quella che sostiene il peso. Al posto dellelunghe pieghe raddrizzate di Lamberti, che, par-tendo dal fianco reggente il peso, corrono senzainterruzione di continuità fino alla base dove si in-terrompono di colpo cambiando direzione, qui siosserva una serie regolare di pieghe che pendonocome catene e si fermano solo all’altezza del gi-nocchio; le curve dell’orlo sono molto più sinuosedella sobria estremità dei bordi delle vesti di Lam-berti. Il trattamento della chioma e della barbanon trova paralleli nelle opere certe di Niccolò e ilvolto tirato ed emaciato, gli zigomi nodosi e pro-tuberanti, le orbite bulbose, le palpebre scavatesulla superficie inferiore e le labbra larghe e rove-sciate sono antitetici rispetto alle fattezze della te-sta del San Marco fiorentino di Lamberti (fig. 12).Vi è tuttavia una statua che, trascurata quasi deltutto in letteratura, non è mai stata attribuita: unSanto vescovo all’esterno del muro laterale setten-

Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti48 Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 49

trionale della chiesa di Sant’Eufemia alla Giudecca(fig. 36) che io assegnerei a Niccolò Lamberti e da-terei alla fine della sua attività a Venezia. L’operamanca nel monumentale compendio di WolfgangWolters sulla scultura gotica e primo-rinascimen-tale veneziana e non riceve che un fugace accennonelle guide, con l’unica eccezione del libro di Al-berto Rizzi sulla scultura erratica veneziana63. Lafigura proviene dalla chiesa demolita del conventofemminile benedettino dei Santi Biagio e Cataldo,sulla punta occidentale della Giudecca; nel 1899 lascultura fu installata in una nicchia posta sotto ilportico della chiesa che corre lungo le Fondamen-ta di Sant’Eufemia64. Scolpita in pietra d’Istria, lastatua misura 94,5 cm d’altezza e potrebbe rappre-sentare san Biagio o san Cataldo, che furono en-trambi vescovi, o qualche altro santo vescovo. Lafigura ha subito la perdita degli avambracci e dellemani, la sostituzione della testa (quella attuale furicavata, probabilmente qualche secolo dopo, daun blocco di pietra estraneo) e la scheggiatura del-la piega principale posta sopra la gamba destra e illato anteriore della base: solo una porzione minu-scola della superficie originaria, ora annerita, ègiunta sino a noi.Nel suo canone, il Santo vescovo risulta alto e ma-gro e presenta piedi piccoli. La figura è inclinatamolto leggermente all’indietro ed è girata, solo ap-pena, verso la sinistra dell’osservatore. Il peso del-la statua posa sulla sua gamba destra, cui corri-sponde l’asse marcatamente obliquo delle anche.

Anche se il piede che sostiene il peso non è visibi-le, la piega principale che scende dal fianco si in-terrompe precisamente nel luogo in cui dovrebbeesistere il piede; questo punto, non a caso, si trovaproprio al di sotto della convergenza del collettosull’incavo del collo. Le pieghe ripercorrono conperfetta lucidità la distribuzione del peso del cor-po e forniscono il movimento che di fatto mancaalla figura. La pianeta e la tunica aderiscono l’unaall’altra così perfettamente che, fatto salvo per ilembi del mantello avvolti attorno alle braccia del-la statua, il gioco di pieghe dell’una non si distin-gue da quello dell’altra. La stoffa sottile della pia-neta e della tunica produce bordi poco profondi incorrispondenza degli orli e delle pieghe fini, la cuisporgenza e rientranza non alterano quasi l’unifor-mità della superficie. Nondimeno, le creste dellepieghe sono arrotondate. I loro decorsi curvilineisono più lunghi su un lato che sull’altro e disegna-no talvolta un’ansa. Ai piedi, le pieghe si compri-mono nel punto in cui si rigirano su se stesse.Il Santo vescovo contribuisce a gettar luce sulla da-tazione della statua di San Jacopo eseguito da Lam-berti per la nicchia della corporazione dei vaiai epellicciai all’esterno della chiesa di Orsanmichele(fig. 37). Con l’eccezione di Volker Herzner, la cuiattribuzione della figura a Michelozzo che avrebbelavorato in base a un disegno di Ghiberti65, trovofrancamente incomprensibile, l’assegnazione delSan Jacopo a Niccolò Lamberti è ormai general-mente condivisa66. D’altro canto, non è stato anco-

ra raggiunto alcun consenso riguardo alla sua data-zione, forse poiché nel datarlo non è stato mai fat-to alcun riferimento all’opera veneziana del Lam-berti. Avendo osservato l’influsso esercitato dalSan Matteo di Ghiberti sul San Jacopo, ManfredWundram ha ipotizzato per quest’ultimo un termi-nus post quem al 142267. Ma Wundram non ha no-tato che il San Jacopo è stato anche influenzato dalSanto Stefano di Ghiberti, eseguito per la chiesa diOrsanmichele tra l’aprile del 1425 e il 1° febbraiodel 1429, quando fu installato nella sua sede. In ef-fetti, sembrerebbe che il Santo Stefano abbia deter-minato le proporzioni insolitamente allungate delSan Jacopo e l’abbondanza di stoffa che produce,nel mantello, una cascata di pieghe discendenti dalfianco portante68. Di conseguenza, propongo didatare la realizzazione della statua di San Jacopo al1430 circa, quando è presumibile che NiccolòLamberti sia tornato a Firenze dopo il suo lungosoggiorno veneziano.Di fatto, il Santo vescovo si colloca a metà stradafra quella che a quanto pare fu l’ultima statua ese-guita da Lamberti per la basilica di San Marco, va-le a dire la Carità (fig. 13), e la sua ultima sculturain assoluto, il San Jacopo di Orsanmichele, e giusti-fica perciò una datazione alla fine degli anni ventidel XV secolo. Pur non presentando proporzionitanto allungate quali quelle del San Jacopo, il cano-ne del Santo vescovo produce una figura slanciata.La sua inclinazione gotica è razionalizzata dalla ti-mida allusione a un contrapposto classico nell’asse

26. Madonna degli Alberetti.Venezia, chiesa dei SantissimiApostoli.

27. Madonna con il Bambino.Ferrara, Casa Romei.

28. Madonna degli Alberetti,particolare. Venezia, chiesadei Santissimi Apostoli.

29. Madonna con il Bambino,particolare. Ferrara, CasaRomei.

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Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 51Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti50

nettamente diagonale dei fianchi, nel lieve avanza-mento della coscia della gamba libera e in quelloche sembrerebbe essere stato un rapporto inversotra gli arti liberi e quelli portanti; l’asse verticalecentrale determinato dall’incavo del collo risultaterminare sul tallone del piede che sostiene il peso.Nondimeno, in conformità con tutte le altre figurein piedi di Lamberti, il Santo vescovo non devia inmisura significativa dalla frontalità perfetta e l’assedelle sue spalle resta orizzontale. Il panneggio ècomposto da una stoffa leggera e malleabile, comeun tessuto di lana sottile, e avvolge piuttosto stret-tamente la figura, ma a differenza del mantello delSan Jacopo, il cui gioco di pieghe si differenzia inprossimità dell’orlo da quello della tunica sotto-stante, nel Santo vescovo le pieghe dei diversi stra-ti non divergono l’una dall’altra. Il drappeggio chericade a cascata dalle braccia del vescovo si ritrovanei festoni dagli orli serpeggianti prodotti dallepieghe che scendono dalle braccia del precedenteSan Luca (fig. 10). Sotto ogni aspetto, lo schemadel drappeggio è tanto affine a quello della Caritàe del San Jacopo quanto la resa di una pianeta epi-scopale può esserlo rispetto a mantelli disposti inmaniera asimmetrica. Le pieghe sottili, la cui curvaascende più da un lato che dall’altro e non corri-sponde a una sezione di cerchio, articolano il tor-so. La stoffa in eccesso è raccolta sul fianco por-tante, a partire dal quale lunghe pieghe leggermen-te oblique, che curvano solo nell’avvicinarsi al suo-lo, definiscono la traiettoria del movimento. Allabase, le lunghe pieghe si interrompono e cambianodirezione una volta per terminare in una serie mo-desta di anse69.Il Santo vescovo costituisce il punto massimo rag-giunto da Niccolò Lamberti nella sua adesione aifondamenti della scultura rinascimentale definitida Ghiberti, Donatello e Nanni di Banco. Nellasua reazione, per quanto caratterizzata dalla for-mazione tardo-trecentesca, alle invenzioni del pri-mo Rinascimento, Lamberti si distinse dagli autoridell’Annunciazione (figg. 21, 25) e del San Marcodel coronamento sulla facciata ovest della basilicadi San Marco (figg. 9, 35), che non diedero segnodi avere familiarità con la scultura quattrocente-sca. Invece, l’esempio di Donatello indusse Lam-berti a contenere la stravaganza calligrafica del suoSan Marco seduto (fig. 11); da Donatello e Ghiber-ti, l’artista imparò a conferire all’inclinazione goti-ca delle sue figure una plausibile spiegazione mec-canica e a concedere all’anatomia un’esistenza,seppur discreta, indipendente dal panneggio chela copriva. Ciò nonostante, bisogna riconoscereche l’avvicinamento di Lamberti allo stile rinasci-mentale fu molto limitato. In effetti, il Santo vesco-vo è immediatamente riconoscibile quale opera

dell’autore della Madonna del 1395-1396 nellaPorta dei Canonici del duomo di Firenze, a dimo-strare che lo stile di Niccolò fu di una coerenzastraordinaria. In ampia misura, l’evoluzione diLamberti consistette in un affinamento della suatecnica e del suo gusto, tanto che in un’altra epocail suo San Jacopo (fig. 37) si sarebbe definito ma-nierista. Per contro, la sua Carità e il suo Santo ve-scovo (figg. 13, 36), che si fermarono ben prima ditale eccesso, costituiscono una dichiarazione este-tica tardogotica tanto elegante quanto le più fiori-te produzioni di Ghiberti.

Providence, Brown University

1 E. Castelnuovo, Andrea di Ugolino, in Dizionario Biografico degliItaliani, III, Roma 1981, p. 118.2 W. Wolters, La scultura veneziana gotica 1300/1460, Venezia1976, I, p. 243, cat. 175.3 M. Trachtenberg, The Campanile of Florence Cathedral: “Giotto’sTower”, New York 1971, p. 55.4 A. Fiderer Moskowitz, The Sculpture of Andrea and Nino Pisano,Cambridge 1986, p. 8, nota 3. Si veda anche Ead., The Frameworkof Andrea Pisano’s Bronze Doors: Some Possible non-Tuscan Sour-ces, “Source”, II, Winter 1983, 2, pp. 1-4.5 G. Kreytenberg, Andrea Pisano und die toskanische Skulpture des14. Jahrhunderts, München 1984, p. 179, doc. 4.6 Ivi, p. 179, doc. 5, datato 13 gennaio 1330 (m.s.), e doc. 7. L’av-vio del lavoro alle porte è datato a un momento leggermente poste-riore, al 22 gennaio 1330, in un altro documento: ivi, doc. 6.7 I. Falk, J. Lányi, The Genesis of Andrea Pisano’s Bronze Doors,“Art Bulletin”, XXV, 1943, pp. 134-135. Il documento che citaLeonardo di Avanzo è stato pubblicato in G. Kreytenberg, AndreaPisano..., cit., p. 179, doc. 11.8 Presumibilmente questa informazione deriva da un errore pre-sente nella fonte di Vasari, per cui Pietro Gradenigo fu confusocon Bartolomeo Gradenigo, doge dal 7 novembre 1339 al 28 di-cembre 1342.9 G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori, acura di R. Bettarini e P. Barocchi, I, parte 1, Verona 1967, pp. 153-154. Questa informazione fu ripresa da P.A. Orlandi, Abecedariopittorico dei professori più illustri in pittura, scultura, e architettura,Firenze 1788 [II ed.], p. 66. D’altra parte, l’Orlandi attinse a un’al-tra fonte, da lui definita “manoscritto antico”, che traspare dallasua datazione esplicita del dogato di Pietro Gradenigo al 1300.10 L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fi-no al secolo di Canova, Prato 1823 [II ed.], II, p. 75; III, pp. 404-405. Ma cfr. il testo di Francesco Saccardo, che compare nel capi-tolo a cura di F. Saccardo, G. Saccardo, Sculture simboliche, in LaBasilica di San Marco in Venezia illustrata nei riguardi dell’arte edella storia da scrittori veneziani, a cura di C. Boito, Venezia 1888,pp. 251-252, e F. Saccardo, Sculture diverse, ivi, p. 273.11 Vedi sopra nota 2.12 In effetti G. Tigler, L’apporto toscano alla scultura veneziana delTrecento, in Il secolo di Giotto nel Veneto, a cura di G. Valenzano eF. Toniolo, Venezia 2007, p. 266, ha scritto di recente: “non dimo-strabile è invece la vecchia leggenda di un soggiorno veneziano diAndrea”.13 A. Augusti, in A. Augusti, F. Saccardo, Ca d’Oro. La GalleriaGiorgio Franchetti, Milano 2002, p. 20.14 Un pezzo del pollice destro originario aderisce tuttavia ancora alpetto.15 Dal momento che la superficie posteriore dell’Evangelista è pia-na ma solo sbozzata, la figura non poteva essere autonoma. Anchei lati del trono sono piani ma solo sbozzati; alla destra dell’osserva-tore il trono è meno rifinito che a sinistra. D’altra parte, un bordoalquanto levigato e uniforme di circa 1,5 centimetri di larghezzacorre lungo il margine superiore e anteriore del trono.16 Fatto salvo per le rotture, la figura è in condizioni eccellenti.Nel 1979 è stata sottoposta a un’opera di conservazione che peròha richiesto poco lavoro oltre alla rimozione delle incrostazioninella parte inferiore e alla base della statua. Queste informazionimi sono state cortesemente fornite da Claudia Cremonini, diret-trice della Ca’ d’Oro, l’11 gennaio 2011.17 La statua acefala di scultore ignoto è stata catalogata al numero343 in tre inventari inediti del Museo Archeologico stilati a partire

dal 1887, con un’annotazione secondo cui l’opera fu trasferita allaCa d’Oro e ufficialmente ceduta in data 14 maggio 1979. È presu-mibile che nelle tre voci la provenienza sia stata sempre classifica-ta come “ignota” per motivi di incuria.18 [G. Valentinelli], Museo archeologico della R. Biblioteca Marcia-na di Venezia, Venezia 1872, pp. 16-17, n. 9. Nell’archivio dellaProcuratoria di San Marco non si trovano informazioni relative al-la statua. Ringrazio la dott.ssa Maria Da Villa Urbani per la ricercatra i documenti di San Marco.19 F. Valcanover, Ca d’Oro. La Galleria Giorgio Franchetti, Venezia1986, pp. 17, 20; S. Moschini Marconi, Galleria G. Franchetti allaCa’ d’Oro Venezia, Roma 1992, p. 19.20 Vedi sopra, nota 13.21 Mi baso qui sulla convincente cronologia dei rilievi ipotizzata daA. Fiderer Moskowitz, The Sculpture of Andrea..., cit., pp. 12-18.G. Kreytenberg, Zu Andrea Pisanos Türe am Florentiner Baptiste-rium, “Das Münster”, XXVIII, 1975, pp. 222, 230, nota 45, se-guendo I. Falk, Studien zu Andrea Pisano, Hamburg 1940, p. 55,

ha dimostrato che il pannello di destra è posteriore.22 G. Kreytenberg, Andrea Pisano..., cit., p. 181, doc. 36.23 Ivi, p. 181, doc. 35.24 Ivi, p. 181, doc. 37.25 G. Vasari, Le vite..., cit., II, parte 1, pp. 156-157.26 L. Becherucci, La bottega pisana di Andrea da Pontedera, “Mit-teilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, XI, 1965,pp. 227-262.27 Ivi, pp. 246-248; R.P. Novello, in Il Duomo di Pisa, a cura di A.Peroni (“Mirabilia Italiae”, 3), Modena 1993, pp. 359-360 [testo],cat. 235. Felicemente restaurata, l’opera è oggi visibile nella loggiaal pianterreno del Museo dell’Opera del Duomo.28 J. Lànyi, L’ultima opera di Andrea Pisano, “L’arte”, XXXVI,1933, pp. 204-227; P. Cellini, Appunti orvietani per Andrea e NinoPisano, “Rivista d’arte”, XV, 1933, pp. 13-18.29 Sintetizzo qui, con l’omissione di alcuni dettagli secondari, labiografia di Lamberti esposta nel mio articolo Revising the Histo-ry of Venetian Renaissance Sculpture: Niccolò and Pietro Lamberti,

30. Niccolò Lamberti, San Matteo. Venezia, basilica di San Marco, archivolto della facciata occidentale.

31. Niccolò Lamberti, San Marco. Venezia, basilica di San Marco, archivolto della facciata occidentale.

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“Saggi e Memorie di storia dell’arte”, 15, 1986, pp. 13-16. In taleresoconto, ho trascurato di citare un pagamento del 21 febbraio1415 per una testa di mastino da utilizzare come doccione per ilduomo di Firenze, rispetto al quale si veda G. Poggi, Il Duomo diFirenze. Documenti sulla decorazione della chiesa e del campaniletratti dall’Archivio dell’Opera, a cura di M. Haines, Firenze 1988,I, p. 77, n. 422. Si veda anche M. Picciau, Lamberti, Niccolò di Pie-tro, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXIII, Roma 2004, pp.180-183.30 A. Markham Schulz, Revising the History..., cit., pp. 37-45 e 50-52, cat. 7. Riguardo a Giovanni di Martino “in confinio sancti Jemi-niano” nel 1427, si veda anche E. Rigoni, Notizie di scultori toscania Padova nella prima metà del Quattrocento, “Archivio veneto”, se-rie 5, VI, 1929, p. 120, nota 2 , ristampato in Ead., L’arte rinasci-mentale in Padova: studi e documenti, Padova 1970, p. 105, nota 2.31 A. Markham Schulz, Nanni di Bartolo e il portale della Basilica diSan Nicola a Tolentino, con contributi di L. Bellosi, B. Teodori, G.Semmoloni, Firenze 1997, p. 34.

Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti52 Due scultori fiorentini a Venezia: Andrea Pisano e Niccolò Lamberti 53

32 M. Haines, Ghiberti’s Trip to Venice, in Coming About... A Fe-stschrift for John Shearman, a cura di L.R. Jones e L.C. Matthew,Cambridge (Mass.) 2001, pp. 57-63.33 Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi ASVe), Cancelleria in-feriore, Notai, B. 104, fasc. 30 (not. Tomaso Luciano), 4° quader-no, fol. 36r. Questo sarebbe dunque il primo documento noto ri-guardante Baroncelli. Per una sintesi concisa della vita e delle ope-re dello scultore, si veda S. Partsch, Baroncelli, in Saur allgemeinesKünstlerlexikon, VII, München-Leipzig 1993, pp. 127-128. Ri-guardo alla carriera padovana di Baroncelli, si veda E. Rigoni, Unaterracotta di Nicolò Baroncelli a Padova, “Archivio veneto”, serie 4,X, 1926, pp. 180-185, ristampato in Ead., L’arte rinascimentale...,cit., pp. 97-102; Ead., Il soggiorno in Padova di Nicolò Baroncelli,“Atti e Memorie dell’Accademia di Scienze, Lettere ed Arti in Pa-dova”, n.s., XLIII, 1926-1927, pp. 215-238, ristampato in Ead.,L’arte rinascimentale..., cit., pp. 75-96; Ead., Notizie di scultori to-scani…, pp. 124, 132, doc. VII, ristampato in Ead., L’arte rinasci-mentale..., cit., pp. 108-109, 116-117, doc. VII.

34 P. Paoletti, L’architettura e la scultura del rinascimento in Venezia,II, Venezia 1897, p. 117, doc. 111, e I, 1893, p. 14 nota 2, p. 25, p.38 nota 3 e p. 12, rispettivamente.35 E. Rigoni, Notizie di scultori toscani…, cit., p. 120, nota 2, ristam-pato in Ead., L’arte rinascimentale..., cit., p. 105, nota 2.36 ASVe, Cancelleria inferiore, Notai, B. 122, fasc. 9 (not. AndreaMorevido), [c. 4r].37 ASVe, Cancelleria inferiore, Notai, B. 205 (not. Bartolomeo To-masi), protocollo 1427-1433, c. 97v.38 ASVe, Cancelleria inferiore, Notai, B. 212 (not. Marco Placenti-no, tra le carte di Tomaso Tomei), sub die 1° giugno 1439.39 ASVe, Quattro Ministeriali, Stride e chiamori, B. 29, c. 87r.40 W. Wolters, La scultura veneziana gotica…, cit., I, pp. 250-251,cat. 182. Wolters ha sollevato dubbi, probabilmente ingiustificati,in merito alla sua autenticità.41 Ivi, I, p. 243, cat. 175.42 A. Markham Schulz, Revising the History..., cit., pp. 16-17, 20.43 L. Cavazzini, Niccolò di Pietro Lamberti a Venezia, “Prospettiva”,66, aprile 1992, p. 14; G. Tigler, Le formelle quattrocentesche re-staurate dell’arcone centrale di San Marco, “Venezia arti”, IX, 1995,p. 123; L. Cavazzini, Il crepuscolo della scultura medievale in Lom-bardia, Firenze 2004, p. 108, nota 12; L. Giacomelli, Per il primotempo veneziano di Niccolò Lamberti, in L’officina dell’arte. Espe-rienze della Soprintendenza per i beni storico-artistici, Atti dellagiornata di studio (Trento, 27 maggio 2004), a cura di L. Giaco-melli ed E. Mich, Pergine Valsugana 2007, pp. 41-43; G. Valenza-no, Le sculture del coronamento della facciata settentrionale: artistiveneziani e fiorentini all’opera, in Arte, storia restauri della Basilicadi San Marco a Venezia, Venezia 2009, p. 46. L’attribuzione è statarespinta da A. Augusti, Ipotesi sulle presenze toscane nella decora-zione quattrocentesca della basilica, in Storia dell’arte marciana:sculture, tesoro, arazzi, Atti del Convegno internazionale di studi(Venezia, 11-14 ottobre 1994), a cura di R. Polacco,Venezia 1997,p. 215.44 G. Goldner, Niccolò and Pietro Lamberti, tesi di dottorato,Princeton 1972, pp. 149-154; Id., Two Statuettes from the Doorwayof the Campanile of Florence, “Mitteilungen des KunsthistorischenInstitutes in Florenz”, XVIII, 1974, pp. 225-226; Id., Niccolò Lam-berti and the Gothic Sculpture of San Marco in Venice, “Gazette desBeaux-Arts”, serie 6, LXXXIX, febbraio 1974, pp. 47-48. Diecianni dopo ho respinto definitivamente l’attribuzione degli Evange-listi proposta da Goldner (A. Markham Schulz, Revising the Hi-story..., cit., p. 20).45 L. Cavazzini, Niccolò di Pietro Lamberti a Venezia, cit., pp. 14-16;Ead., Il crepuscolo della scultura medievale…, cit., p. 108. Per leprecedenti attribuzioni degli Evangelisti, si veda W. Wolters, Lascultura veneziana gotica, cit., p. 244, cat. 175/I. L’attribuzione del-la Cavazzini è stata sostenuta da L. Giacomelli, Per il primo tempoveneziano di Niccolò Lamberti, cit., p. 42, ma non da Augusti inStoria dell’arte marciana, cit., p. 216, con un’identificazione erratadel San Marco.46 G. Goldner, Niccolò Lamberti and the Gothic…, cit., pp. 47-48,con un drastico cambiamento rispetto alla posizione sostenuta nel-la sua tesi del 1972, pp. 154-155; L. Cavazzini, Niccolò di PietroLamberti a Venezia, cit., p. 16; Ead., Il crepuscolo della scultura me-dievale…, cit., p. 108; S. Sponza, in Pisanello. I luoghi del gotico in-ternazionale nel Veneto, a cura di F.M. Aliberti Gaudioso, Milano1996, pp. 336-337; L. Cavazzini, in I tesori della fede. Oreficeria eSculture dalle Chiese di Venezia, catalogo della mostra (Venezia,chiesa di San Barnaba), Venezia 2000, pp. 58, 60-61, cat. 11. Al so-lo scopo di completezza, includo l’attribuzione insostenibile dellaVergine e dell’Angelo annunciante a uno scultore franco-fiammin-go attivo intorno al 1420, proposto da R. Salvadori, La sculturaborgognona e il primo Rinascimento italiano. Jacopo della Quercia,Bartolomeo Bon e Francesco Laurana, “Arte Documento”, 25,2009, p. 59.47 G. Valenzano, Le sculture del coronamento…, cit., pp. 40-41. Ètuttavia da osservare che i denti dell’Angelo sul coronamento diSan Marco non sono di fatto presenti nel Gabriele di Marco Roma-no.48 L. Cavazzini, Niccolò di Pietro Lamberti a Venezia, cit., pp. 23-24;S. Sponza, in Pisanello, cit., pp. 336-337; L. Cavazzini, in I tesoridella fede, cit., pp. 58, 60-61, cat. 11; Ead., Il crepuscolo della scul-tura medievale…, cit., p. 108. Vedi anche W. Wolters, La sculturagotica..., cit., I, p. 233, cat. 186, che ha proposto una datazione alprimo quarto del XV secolo. Indipendentemente dalla Cavazzini,anche R.J. Stemp, Sculpture in Ferrara in the Fifteenth Century:Problems and Studies, tesi di dottorato, University of Cambridge,1992, p. 8, ha collegato la Madonna degli Alberetti alla Vergine e al-l’Angelo dell’Annunciazione sulla facciata ovest di San Marco,quali opere di una bottega comune caratterizzate da un forte in-flusso fiorentino.49 L. Cavazzini, Niccolò di Pietro Lamberti a Venezia, cit., p. 24; R.J.Stemp, Sculpture in Ferrara…, cit., p. 8. Vedi anche il testo di Lau-ra Cavazzini (L. Cavazzini, A. Galli, Scultori a Ferrara al tempo di

Nicolò III, in Crocevia estense. Contributi per la storia della scultu-ra a Ferrara nel XV secolo, a cura di G. Gentilini e L. Scardino,Ferrara 2007, pp. 16-18).50 W. Wolters, La scultura gotica..., cit., I, p. 243, cat. 175.51 Giulia Rossi Scarpa, in R. Polacco, San Marco: la basilica d’oro,Milano 1991, pp. 177-178, ha trovato improbabile che la campanacon l’iscrizione dell’anno 1384 sull’angolo nord-occidentale dellafacciata sia stata realizzata prima dell’Angelo dell’Annunciazionesopra il quale è sospesa e che pertanto la decorazione del corona-mento di San Marco dovette essere iniziata sulla facciata ovest del-la basilica. Basandosi su S. Connell, The Employment of Sculptorsand Stonemasons in Venice in the Fifteenth Century (“Outstandingtheses in the fine arts from British universities”, Dissertation, War-burg Institute, University of London 1976), New York-London1988, p. 126, Rossi Scarpa ha ritenuto che il materiale usato perl’Annunciazione e per gli Evangelisti, la pietra d’Istria invece delmarmo di quasi tutte le altre statue del coronamento, attesti unacampagna iniziale di decorazione. Per il materiale impiegato nelle

32. Niccolò Lamberti, San Luca. Venezia, basilica di San Marco, archivolto della facciata occidentale.

33. San GiovanniEvangelista. Venezia, basilicadi San Marco, archivolto della facciata occidentale.

34. Giacobbe. Venezia,basilica di San Marco,archivolto della facciataoccidentale.

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comelli, Per il primo tempo veneziano di Niccolò Lamberti, cit., pp.34-35) – non lo sono. Né trovo convincente l’attribuzione a Nicco-lò Lamberti di due statue del campanile di Firenze, oggi al Museodell’Opera del Duomo, proposta da G. Goldner, Two Statuettesfrom the Doorway…, cit., pp. 219-226; della statuetta della Madon-na con Bambino al Bargello: L. Becherucci, Una statuetta del Bar-gello, “Antichità viva”, XV, 1976, 2, pp. 9-13; di un putto su unadelle vetrate della tribuna nord del duomo fiorentino: M. Bergstein,Two Early Renaissance Putti, “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, LII,1989, pp. 82-88; delle figure superiori dell’arca di papa AlessandroV nella chiesa di San Francesco a Bologna: M. Danieli, L’Arca di

Papa Alessandro V nella chiesa di San Francesco in Bologna, “IlSanto”, XLVIII, 2008, pp. 283-286, e P. Cantelli, Il restauro del-l’Arca di Alessandro V, ivi, pp. 287-292; o della statua lignea di SanNiccolò seduto a San Nicolò dei Mendicoli a Venezia: L. Cavazzi-ni, in L. Cavazzini, A. Galli, Scultori a Ferrara..., cit., p. 33, nota 53.Molto più convincente è l’attribuzione di una giovanile Madonnacon il Bambino in legno policromo oggi nella collezione fiorentinadi Gianfranco Luzzetti: G. Kreytenberg, Una “Madonna” lignea diNiccolò di Pietro Lamberti, “Prospettiva”, 53-56, 1988-1989(“Scritti in ricordo di Giovanni Previtali”, I), pp. 184-189.(traduzione di Floriana Pagano)

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diverse statue, si veda S. Connell, The Employment…, cit., p. 126,tav. 6.52 A. Markham Schulz, Revising the History..., cit., pp. 17-18, edesplicitamente approvato da G. Tigler, Le formelle quattrocente-sche…, cit., p. 124.53 G. Tigler, Le formelle quattrocentesche…, cit., pp. 122-123.54 Due Evangelisti – San Marco (n. 4) e San Matteo (n. 2) – sono col-locati su una base recante un’iscrizione con il loro nome. San Gio-vanni è identificabile dalla fisionomia e dalla barba. Le figure del-l’intradosso, reinserite nella loro posizione originaria in seguito al-la pulitura, sono illustrate in A. Niero, M. Da Villa Urbani, Le figu-re del coronamento gotico: un programma iconografico, in Arte, sto-ria restauri…, cit., pp. 20-23. Ringrazio l’architetto Ettore Vio,protomaestro di San Marco, per avermi messo a disposizione lesue fotografie delle figure dell’archivolto.55 E. Vio, Un’utopia di pietra, in Marmi della Basilica di San Marco:capitelli, plutei, rivestimenti, arredi, a cura di I. Favaretto et al.,Borgaro Torinese 2000, p. 27.56 Concordo con l’attribuzione del San Matteo e del San Luca aNiccolò Lamberti proposta da E. Zucchetta, L’intradosso del quar-to arcone marciano, in Storia dell’arte marciana: sculture, tesoro,arazzi, cit., pp. 199-202, ma non vedo il motivo di mettere in di-scussione l’autografia della figura che l’autrice definisce San Marcoe che ora io identifico con San Luca (n. 1). Né posso accettare lasua attribuzione del mio San Giovanni Evangelista (il suo San Lu-ca) al maestro del Giacobbe e del Noè (p. 205). Senza operare di-stinzioni fra le otto sculture, L. Cavazzini, Niccolò di Pietro Lam-berti a Venezia, cit., pp. 22-23, ha proposto di attribuirle a un gio-vane assistente fiorentino di Lamberti, ma in Ead., Il crepuscolodella scultura medievale…, cit., p. 108, nota 12, l’autrice ha attri-buito esplicitamente i Santi Marco, Matteo e Giovanni a NiccolòLamberti.57 Ivi, p. 205. D’altro canto, la fisionomia, la barba e la chioma so-no troppo diverse da quelle del Giacobbe per giustificare un’attri-buzione allo stesso autore.58 A. Markham Schulz, Revising the History..., cit., pp. 20-21, ripre-sa senza citazione da E. Zucchetta, in Storia dell’arte marciana, cit.,p. 203.59 Per la posizione contraria, si veda ivi, pp. 203-209.60 G. Goldner, Niccolò and Pietro Lamberti, cit., pp. 144-147, conriferimenti bibliografici; Id., Two Statuettes from the Doorway…,cit., pp. 224-225; Id., Niccolò Lamberti and the Gothic Sculp-ture…, cit., pp. 45-47; G. Rossi Scarpa, in R. Polacco, San Marco...,cit., p. 178; L. Cavazzini, Niccolò di Pietro Lamberti a Venezia, cit.,pp. 16-17; A. Niero, Simbologia dotta e popolare nelle scultureesterne, in La Basilica di San Marco: arte e simbologia, a cura di B.Bertoli, Venezia 1993, p. 145; L. Cavazzini, Il crepuscolo della scul-tura medievale…, cit., p. 108 nota 12. A. Augusti, in Storia del’artemarciana, cit., p. 216, ha invece respinto l’attribuzione a Lambertidi questa figura “mediocre”, che ha tuttavia citato paradossalmen-

te un decennio dopo come opera di Niccolò Lamberti: Ead., Scul-tori toscani a Venezia nei primi decenni del Quattrocento. Presenze,assenze, riflessi, in Andrea Bregno. Il senso della forma nella culturaartistica del Rinascimento, a cura di C. Crescentini e C. Strinati, Fi-renze 2008, p. 32.61 H. Ramisch, Das heilsgeschichtliche Bildprogramm der Fassadenvon San Marco in Venedig, in Iconographia christiana. Festschrift fürP. Gregor Martin Lechner OSB zum 65. Geburtstag, a cura di W. Te-lesko e L. Andergassen, Regensburg 2005, pp. 79-87, in particola-re pp. 79-82, seguito da A. Niero e M. Da Villa Urbani, Arte, sto-ria restauri…, cit., pp. 26-27, in cui si respinge l’identificazionedella figura con un San Marco ipotizzata in precedenza da Niero:A. Niero, in Simbologia dotta e popolare…, cit., pp. 141, 145.62 Mentre la chioma di san Marco è per tradizione corta e lascia leorecchie scoperte in gran parte se non del tutto, i capelli del Cristosono lunghi fino alle spalle e nascondono le orecchie per intero oquasi; inoltre la barba corta di san Marco gli copre tutto il mento,mentre quella del Cristo ne lascia esposta buona parte. Per le dif-ferenze tra la resa del san Marco e del Cristo, si vedano il mosaiconella cupola centrale della basilica di San Marco illustrato in O.Demus, The Mosaics of San Marco in Venice, I. The Eleventh andTwelfth Centuries - Vol. II: Plates, Chicago-London 1984, figg. 236e 326, come pure le molte altre riproduzioni delle due figure illu-strate nel libro di Demus. Per le immagini veneziane di san Marco,si veda A. Manno, San Marco Evangelista. Opere d’arte dalle chiesedi Venezia, catalogo della mostra (Venezia, chiesa di San Bartolo-meo), Venezia 1995. Francesco Saccardo esaminò la questione del-l’identità della figura già nel 1881 e optò per san Marco sulla basedelle cronache e del diario di Sanuto (F. Saccardo, Sculture diver-se, in La Basilica di San Marco…, cit., p. 273). In effetti, riferendo-si ai danni riportati dalle statue della basilica di San Marco a causadi un grave terremoto, il 26 marzo 1511 Sanuto scrisse: “ma SanMarco di marmo stete saldo e non caschoe” (M. Sanuto, I diarii,XII, Venezia 1886, col. 80). Il San Marco sul timpano rappresentala seconda comparsa del santo nella facciata ovest della chiesa e in-dica quindi che la coerenza iconografica non era una condicio sinequa non del programma decorativo del coronamento della basilicadi San Marco.63 A. Rizzi, Scultura esterna a Venezia, Venezia 1987, p. 518, n. 390.L. Salerni, Repertorio delle opere d’arte e dell’arredo delle chiese edelle scuole di Venezia, Vicenza 1994, p. 220, aggiunge poco altro.Per un resoconto del trasferimento di opere d’arte dalla chiesa deiSanti Biagio e Cataldo a Sant’Eufemia, si veda F. Basaldella, SantaEufemia. Chiesa delle Sante Eufemia Dorotea Tecla ed Erasma(“Quaderno di cultura giudecchina”, 13), Venezia 2000, pp. 32,115-117.64 Il Vescovo santo è stato menzionato nella sua sede odierna in[Comune di Venezia], Elenco degli edifici monumentali e dei fram-menti storici ed artistici della città di Venezia, Venezia 1905, p. 175,n. 36, e Venezia, Museo Civico Correr, mss. P.D. 2d, Antonio Vu-cetich, Pietre e frammenti storici e artistici della città di Venezia,primo XX secolo, III, “Isola della Giudecca, Parrocchia di S. Eu-femia”, n. 17.65 V. Herzner, Eine Hypothese zum “Hl. Jacobus” an Orsanmichelein Florenz, “Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte”, XLI, 1988,pp. 65-76, 188-192.66 Per la storia della critica di questa scultura, si veda M.P. Manni-ni, in Lorenzo Ghiberti: “materia e ragionamenti”, catalogo dellamostra (Firenze, Museo dell’Accademia e Museo di San Marco),Firenze 1978, pp. 178-179, cui la voce di F. Nannelli, in Capolavo-ri & Restauri, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Vecchio), Fi-renze 1986, pp. 87-88, cat. 10 (ripetuta alla lettera in Ead., San Ja-copo, “OPD Restauro”, I, 1989, pp. 180-181), aggiunge molto po-co; vedi anche D. Finiello Zervas, in Orsanmicheli a Firenze (“Mi-rabilia Italiæ”), a cura di D. Finiello Zervas, Modena 1996, I, pp.625-626, e M. Bergstein, The Sculpture of Nanni di Banco, Prince-ton 2000, pp. 175-176, cat. II.8.67 M. Wundram, Der Heilige Jacobus an Or San Michele in Flo-renz, in Festschrift Karl Oettinger zum 60. Geburtstag am 4. März1966 gewidmet, Erlangen 1967, pp. 198-207.68 Anche V. Herzner, Wiener Jahrbuch, cit., p. 68, ha colto l’influs-so esercitato dal Santo Stefano sul San Jacopo, ma traendo la bizzar-ra conclusione che, poiché il San Jacopo risaliva a una data compre-sa tra il 1422 e il 1425 – ovverosia era antecedente rispetto al San-to Stefano – la sua somiglianza con quest’ultima opera si poteva so-lo spiegare attribuendo la paternità del disegno della figura al Ghi-berti, che l’avrebbe concepita in anticipazione del proprio SantoStefano.69 Sono del parere che, se il Vescovo santo di Sant’Eufemia è di Nic-colò, allora due opere a me note solo dalle loro riproduzioni – lastatua in legno policromo di San Petronio nell’omonima chiesa bo-lognese (L. Cavazzini, Il crepuscolo della scultura medievale…, cit.,pp. 19-20, nota 7) e la statua in marmo della Madonna con il Bam-bino di Santa Maria dei Servi a Venezia, oggi collocata sulla faccia-ta della chiesa della Natività di Maria a Borgo Valsugana (L. Gia-

36. Niccolò Lamberti, Santovescovo. Venezia, chiesa di Sant’Eufemia.

37. Niccolò Lamberti, San Jacopo. Firenze,Orsanmichele.

35. San Marco, particolare.Venezia, basilica di SanMarco, coronamento della facciata occidentale.