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Serene ll a Castri ANTONIO BONVICINO E IL CROCIFISSO LIGNEO DEL DUOMO DI MUGGIA Il piccolo Crocifisso che ho avuto la gioia di incontrare sul mio cammino si era rivelato subito come opera collegata ai modi del Bonvicino (figg. 1, 4b, 5b) 1 . Si tratta di un torso di un Cristo crocifisso, di 39 cm di altezza, che il tempo e le vicissitudini patite dal legno di latifoglia nel quale è stato intagliato hanno privato delle braccia, sino alloro incastro sulle spalle, e delle gambe, che ora terminano in monconi irregolari poco sotto il ginocchio. Di recente il crocifisso è stato tto oggetto di un attento restauro 2 e sono state chiaramente evidenziate le stesure policrome sottili o sottilissime che sono una delle caratteristiche precipue dei Crocifissi di Bonvicino di cui si è potuto, nel corso degli ultimi anni, indagare tecnicamente l'esecuzione 3 . Benché le dimensioni di questo torso di Crocifisso siano piccole e lo stato della sua policromia non sia certo intatto, nulla di fatto impedisce di riconoscervi a prima vista la mano dell'intagliatore veneziano Antonio Bonvicino, il più importante scul- tore di Crocifissi d'ambito veneziano a cavallo tra fine Trecento e primo terzo del Quattrocento. Si deve alle tenaci ricerche di Anne Markham Schulz 4 la ricostruzione della personalità di questo importante artista, su cui era caduto e continuava a permanere un * Il presente testo risulta estratto da CASTRI 2013. 1 L'intaglio è conservato tuttora presso la Galleria di Fiorenzo e Alessandro Cesati, Milano. Ringrazio entrambi per la loro squisita cortesia nell'avermi reso partecipe della loro scoperta. 2 Per una conoscenza dettagliata del processo restaurativo e delle sue problematiche si rimanda alla relazione tecnica di restauro, redatta da Giovanna Menegazzi. La medesima restauratrice ha condotto precedentemente e sotto curatela soprintendenziale gli importanti restauri del Cristo passo della chiesa di San Carlo Borromeo a Mestre (fig. 3) e del Crocisso conservato in Sant'Alvise a Venezia. In entrambi i casi accurate relazioni di restauro sono state depositate presso la Soprintendenza. 3 In questo senso dovremmo fare forse un'eccezione per il Crocifisso di.Casteldimezzo, dipinto da Jacobello del Fiore e conservatosi in uno stato eccellente rispetto ai molti altri. Qui la finissima sensibilità gotico inteazionale di Jacobello interviene in modo autonomo, benché con rispetto assoluto del dato scultoreo, ad accompagnare e interpretare il dolore «eroico» del Cristo sulla croce. Codesta interpretazione del dettato scultoreo di superficie non è quella tipica degli altri Crocifissi indagati tecnicamente nel corso dei restauri, che si mantiene invece più ligia a tale dettato, seppur con grande intelligenza e capacità tec- nica, e che dimostra la sua «sudditanza» alle indicazioni plastiche, senza tentae nessuno scavalcamento formale. 4 MARKHAM ScHULZ 2004. Il saggio contiene una disamina completa delle (poche) questioni rile- vate dalla critica sui Crocifissi un tempo senza precise attribuzioni e qui raccolti dalla studiosa nel corpus di Bonvicino; una ragguardevole raccolta di documenti d'archivio ancora inesplorati e la bibliografia esaustiva su tutte le quest ioni collaterali riguardanti l'attività di Bonvicino quale intagliatore di Crocifissi 183

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Serenella Castri

ANTONIO BONVICINO E IL CROCIFISSO LIGNEO

DEL DUOMO DI MUGGIA

Il piccolo Crocifisso che ho avuto la gioia di incontrare sul mio cammino si era rivelato subito come opera collegata ai modi del Bonvicino (figg. 1, 4b, 5b) 1.

Si tratta di un torso di un Cristo crocifisso, di 39 cm di altezza, che il tempo e le vicissitudini patite dal legno di latifoglia nel quale è stato intagliato hanno privato delle braccia, sino alloro incastro sulle spalle, e delle gambe, che ora terminano in monconi irregolari poco sotto il ginocchio. Di recente il crocifisso è stato fatto oggetto di un attento restauro 2 e sono state chiaramente evidenziate le stesure policrome sottili osottilissime che sono una delle caratteristiche precipue dei Crocifissi di Bonvicino di cui si è potuto, nel corso degli ultimi anni, indagare tecnicamente l'esecuzione 3.

Benché le dimensioni di questo torso di Crocifisso siano piccole e lo stato della sua policromia non sia certo intatto, nulla di fatto impedisce di riconoscervi a prima vista la mano dell'intagliatore veneziano Antonio Bonvicino, il più importante scul­tore di Crocifissi d'ambito veneziano a cavallo tra fine Trecento e primo terzo del Quattrocento.

Si deve alle tenaci ricerche di Anne Markham Schulz 4 la ricostruzione della personalità di questo importante artista, su cui era caduto e continuava a permanere un

* Il presente testo risulta estratto da CASTRI 2013.

1 L'intaglio è conservato tuttora presso la Galleria di Fiorenzo e Alessandro Cesati, Milano.Ringrazio entrambi per la loro squisita cortesia nel l'avermi reso partecipe della loro scoperta.

2 Per una conoscenza dettagliata del processo restaurativo e delle sue problematiche si rimandaalla relazione tecnica di restauro, redatta da Giovanna Menegazzi. La medesima restauratrice ha condotto precedentemente e sotto curatela soprintendenziale gli importanti restauri del Cristo passo della chiesa di San Carlo Borromeo a Mestre (fig. 3) e del Crocifisso conservato in Sant' Alvise a Venezia. In entrambi i casi accurate relazioni di restauro sono state depositate presso la Soprintendenza.

3 In questo senso dovremmo fare forse un'eccezione per il Crocifisso di.Casteldimezzo, dipinto daJacobello del Fiore e conservatosi in uno stato eccellente rispetto ai molti altri. Qui la finissima sensibilità gotico internazionale di Jacobello interviene in modo autonomo, benché con rispetto assoluto del dato scultoreo, ad accompagnare e interpretare il dolore «eroico» del Cristo sulla croce. Codesta interpretazione del dettato scultoreo di superficie non è quella tipica degli altri Crocifissi indagati tecnicamente nel corso dei restauri, che si mantiene invece più ligia a tale dettato, seppur con grande intelligenza e capacità tec­nica, e che dimostra la sua «sudditanza» alle indicazioni plastiche, senza tentarne nessuno scavalcamento formale.

4 MARKHAM ScHULZ 2004. Il saggio contiene una disamina completa delle (poche) questioni rile­vate dalla critica sui Crocifissi un tempo senza precise attribuzioni e qui raccolti dalla studiosa nel corpus di Bonvicino; una ragguardevole raccolta di documenti d'archivio ancora inesplorati e la bibliografia esaustiva su tutte le questioni collaterali riguardanti l'attività di Bonvicino quale intagliatore di Crocifissi

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Fig. 1. Milano. Galleria Cesati. Antonio Bonvicino, Crocefisso.

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comodo, o distratto, oblio storico, dovuto, come in moltissimi altri casi del genere, alla scala di valori in cui la maggior parte della critica e della storia dell'arte italiana aveva compulsato, fino a due decenni fa, la scultura in legno. Tutto l'interesse e le attenzioni degli storici dell'arte veneta erano infatti concentrati, per ciò che riguarda uno dei suoi intagli più prestigiosi, sul pittore tardo gotico Jacobello del Fiore, che collaborò con Bonvicino almeno una volta, nei primi anni della sua carriera, dando eccellente veste policroma al monumentale Crocifisso scolpito da quest'ultimo nella propria bottega di Venezia (fig. 2). La commissione della croce proveniva dalla chiesa parrocchiale dei Santi Apollinare e Cristoforo di Casteldimezzo (una località poco distante da Pesaro) 5.Appoggiandosi a una lettura attenta dei documenti riguardanti Jacobello del Fiore, la studiosa ritiene con ottime ragioni di poter datare il Crocifisso attorno al 1406 e non al 1401 né al 1407-09, come ipotizzato da Chiappini e altri al seguito 6. Come è noto,l'icona, ancor oggi assai venerata a Casteldimezzo, è straordinaria non solo per le sue impressionanti qualità artistiche, ma anche per la presenza, rarissima, di una tavoletta apposta sotto i piedi del Cristo, che reca la firma dipinta dei due artisti, in maiuscola gotica con accenti dialettali veneziani. L'iscrizione dice: ANTVONIO DE BON V/ EXIN. INTAIATOREST/OLAVORIO (DE)L VENIEX/IA. 'IACOMELO DE FIOR. P(inxit), e in questo senso attesta con certezza documentaria l'autografia di entram­bi gli artisti sull'opera. Su questo saldo punto di partenza Markham Schulz crea un intero corpus di Crocifissi attribuibili ali' operato del Bonvicino e della sua bottega, ricostruendone man mano la possente personalità. Questo intagliatore si mostra, da un lato, e comprensibilmente, ancorato alla tradizione veneziana del Trecento: le motivazioni di tale fedeltà iconografica e formale - non è il caso forse di ricordarlo tanto è scontato - sono in gran parte, per chi come Bonvicino si era specializzato in

e la sua collaborazione con Jacobello. Il recentissimo volume MARKHAM Sc1-1uLZ 2011, pur ripubblicando l'unico documento archivistico ad oggi noto sull'artista (pp. 79-80), ottimo materiale fotografico e una nuova, convincente, attribuzione - il Crocifisso nella libreria del convento di San Francesco della Vigna (fig. 81, la testa è una sostituzione moderna) - non apporta alcun ulteriore dato critico al profilo già trac­ciato dalla studiosa nel 2004.

5 Le sue misure sono 194 x 176 cm. La policromia originale si è conservata in buona parte.6 Cfr. CHIAPPINI D1 SORIO 1973, p. 26, 11. 10. Come giustamente osserva MARKHAM SCHULZ 2004,

nota l , pp. 293,298, infatti, Jacobello è attestato a Venezia negli anni 1400, 1403, 1408, mentre nel 1401 e nel 1409 si trovava a Pesaro, impegnato nella realizzazione di alcuni polittici. La data 1401, troppo precoce, non può, per ragioni stilistiche, applicarsi al Crocifisso in questione, né si deve presumere per forza che il Crocifisso fosse dipinto da Jacobello negli anni in cui era operoso a Venezia. Poiché la com­missione ciel Crocifisso giunse a Bonvicino di certo per tramite di Jacobello, negli anni in cui questi era in rapporti diretti con differenti committenti a Pesaro, è più ragionevole pensare che il Crocifisso intagliato a Venezia dallo stimato collega Bonvicino (ne fa fede persino la scritta che sottolinea, per la posizione che ha nell'iscrizione, come il suo «lavorio» fosse eseguito a Venezia) fosse stato poi trasportato a Pesaro e lì con ogni cura e sotto gli occhi dei committenti, per così dire, rifinito pittoricamente da Jacobello, secondo una prassi corrente in casi consimili. La policromia e le dorature infatti, più delicate, venivano preferibilmente applicate o almeno sempre rifinite quando il manufatto scultoreo era già giunto nel luogo della sua instal­lazione definitiva. Per queste, e altre, ragioni, la datazione va spostata o attorno al 1406, oppure intorno al 1409. Anni in cui Jacobello non è a Venezia.

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Fig. 2. Casteldimezzo (PU). Chiesa dei santi Apollinare e Cristoforo. Antonio Bonvicino, il Crocifisso e particolare del volto.

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Fig. 3. Mestre (VE). Chiesa di san Carlo Borromeo. Antonio Bonvicino, Cristo passo.

un genere esclusivo, ovvero il Crocifisso monumentale, soprattutto di tipo cultuale e non andrebbero sottovalutate. Tuttavia egli si dimostra capace di articolare tale tradizione e vivificarla tramite l'innesto di un naturalismo e un'eleganza aggiornati sugli esiti che il Gotico Internazionale era riuscito a produrre in laguna nei primi decenni del Quattrocento, non da ultimo proprio attraverso lo stile e la raffinatezza del pennello di Jacobello del Fiore.

Piuttosto stimolante mi pare porre l'ac­cento sul fatto che, seguendo la breve serie di documenti pubblicata da Markham Schulz nel 2011 7, la sorella dell'intagliatore, Andriolla, lasciò nel suo testamento del 1388 qualco­sina anche alla zia paterna, di nome Colota, che si definisce «pictoressa de confinio S. Antolini» nella propria ricevuta di accetta­zione del giorno dopo, 17 giugno 1388, e a Victor «intaiator de confinio S. Justine», fratello di Antonio. Da questi esili dati emer-ge dunque una famiglia in cui vi sono almeno due intagliatori (benché il termine sia, va ammesso, assai sfuggente, ambiguo e attinente a svariate tecniche e applicazioni) e nientemeno che una «pictoressa». Mi sembra legittimo poter pertanto almeno supporre che entrambi i parenti, fratello e zia Colota, potessero far parte del team di bottega di Antonio e che Colota fosse la pictoressa a cui venivano affidate almeno una buona parte

7 MARKHAM ScHULZ 2004, nota 3, pp. 79-80. A livello di documentazione storica, di Bonvicino si è potuto purtroppo rintracciare soltanto un unico documento, ovvero il testamento della sorella, del 25 aprile 1388: «Andriolla Bonvixin de confinio S. Antonini», lo menziona come esecutore testamentario insieme alla madre. A questo testamento fa seguito una ricevuta di reciproca accettazione dei termini del testamento stesso da parte di Antonio e della madre, datata 16 giugno 1388.

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Fig. 4. a. Lugano. Museo del Canton Ticino. Antonio Bonvicino, Crocifisso, particolare. b. Milano. Galleria Cesati. Antonio Bonvicino, Crocifisso, parti­colare.

Fig. 5. a. Venezia. chiesa di sant' Alvise. Antonio Bonvicino, Crocifisso, parti­colare. b. Milano. Galleria Cesati. Antonio Bonvicino, Crocifisso, particolare (dopo il restauro).

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delle stesure policrome dei Crocifissi bonviciniani, confermando così l'osservazione tecnica sulla peculiare tenuta formale e sulla qualità e matericità apparentemente assai omogenea delle policromie delle sue Croci. Colota sarebbe così una delle poche «pit­trici» (o meglio dovrebbe dirsi Fassmalerin) donne documentate della storia dell'arte medievale italiana.

Esistono poi due versioni del testamento della moglie di Antonio «intaiator de S. Antonino» (2 aprile 1393 e 26 ottobre 1400), che nomina il marito suo solo esecutore ed erede. Anche qui trovo assai interessante che come testimoni siano citati due pittori, di certo facenti parte della cerchia di amicizie e collaborazioni del marito: Giovanni di Vito dalla parrocchia di San Salvador e Simone di Benedetto. Due nomi sconosciuti, per ciò che mi è dato sapere, alla critica d'arte, come gli innumerevoli altri nomi di intagliatori segnalati nei documenti veneziani e non più rintracciabili per opere lignee ancor oggi esistenti.

I Crocifissi attribuibili a Bonvicino si trovano tutti in area di diretto influsso veneziano, a eccezione del già citato Crocifisso di Casteldimezzo, per la cui commis­sione al maestro veneziano è probabile che sia intervenuto persuasivamente, presso i committenti, lo stesso Jacobello, che in quel torno di tempo (forse nel 1406 e di sicuro nel 1409) si trovava appunto nelle Marche e che di certo fece il nome di colui che a Venezia sembra aver avuto non tanto il completo monopolio di tale tipologia, poiché Bonvicino trovava, almeno all'inizio della propria carriera, una certa qual concor­renza nella bottega dei Moranzon che era ad usa produrre anch'essa grandi Crocifissi lignei, quanto invece la fama di miglior e più espressivo maestro, oltreché fortemente specializzato in tale genere iconografico. La sequenza cronologica del suo operato, scandita da opere che vanno da dimensioni monumentali a medio-grandi, non può, in mancanza di ancoraggi documentali certi, che affidarsi all'indagine stilistica e mi pare si possa, in linea di massima, concordare con Markham Schulz nel ritenere più tardi i Crocifissi dove il corpo del Cristo si allunga fino a diventare quasi esile controcanto ai corpi allungati, emaciati (fino a incorporei) della pittura del gotico internazionale che cominciava, specie dal secondo decennio del XIV secolo, a trovare risonanza anche in laguna.

Certo, dovremmo tener conto che Antonio, nel secondo decennio del Quattrocento, era già maestro da lunga pezza. Così come attestano i testamenti della sorella e della moglie. E che, di conseguenza, pare sfuggirci per intanto, la produzione «giovanile» dell'intagliatore, che per esser chiamato - sebbene tramite le buone veci di Jacobello del Fiore - fuori da Venezia a realizzare un Crocifisso di grandi dimensioni, di certo doveva avere assai prima del 1406 dimostrato non soltanto le sue doti drammatiche e la maestria tecnica che ancor oggi possiamo ammirare, ma altresì la capacità impren­ditoriale della sua bottega di imporsi in città quale migliore indirizzo per chi volesse acquisire una Croce del genere. La scansione cronologica del corpus delle opere rico­struito da Anne Markham Schulz è dunque ancora assolutamente aperta a correzioni e revisioni, ma soprattutto a possibili arricchimenti per le cronologie più alte.

Della prima definibile «serie» di Crocifissi dovrebbero comunque far parte, a partire da quello di Casteldimezzo, unico punto fermo cronologico in nostro possesso (1406 o 1409 circa), il molto simile Crocifisso (192 x 168 cm) proveniente dai Frari di

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Venezia (chiesa nella quale era molto probabilmente appeso al centro dell'arco santo, all'entrata della nuova cappella maggiore) e oggi conservato agli Staatliche Museen di Berlino (Bode Museum, fig. 6a); il Cristo passo (178 cm, legno di tiglio?) già citato, della chiesa dei frati Cappuccini, dedicata a San Carlo Borromeo di Mestre (ma di certo proveniente da altra chiesa, forse veneziana), dalle straordinarie somiglianze con quello di Casteldimezzo 8; il Crocifisso di San Marco a Mestre (136 x 116 cm, fig. 6b); quelliin San Nicolò di Treviso (in sagrestia, 102 x 88,5 cm, fig. 6c) e nel duomo di Vicenza dedicato alla Santissima Annunziata (122 cm) 9. Mi pare che un Crocifisso come quello«riscoperto» recentissimamente da Markham Schulz nella libreria di San Francesco della Vigna a Venezia (testa moderna) sia da porre a cerniera tra questo primo gruppo e quello che ipoteticamente lo segue, oltre la soglia, all'incirca, del 1420 IO_

Alla terza decade del Quattrocento dovrebbero invece appartenere i Crocifissi della chiesa di San Giuseppe del convento delle Clarisse Cappuccine (sic) di Mestre (102 x 96 cm), di Santa Croce di Treviso (ex ospedale di Santa Maria dei Battuti, 94,5 x 83 cm, appeso in alto sull' altar maggiore) e delle chiese di San Francesco della Vigna ( l 05 ,5 x 99 ,4 cm), Sant' Alvise (118 x 114,2 cm) a Venezia (fig. Sa) 11• In questaproduzione più matura Bonvicino appare infatti recepire, come detto, le problematiche formali più tese, nervose e insieme tendenti alla stilizzazione elegante, raffinata e a un naturalismo fresco e sensuale propri della corrente internazionale che stava penetran­do con forza, di contro alle tendenze conservative - e gelose delle proprie tradizioni «orientali» - da sempre imperanti a Venezia, nel linguaggio espressivo degli artisti attivi in Laguna nel primo terzo del XV secolo.

8 Lo stato di finitezza e di perfezione dell'intaglio ne fanno un secondo capolavoro dell'artista, al pari di quello di Casteldimezzo.

9 Il Crocifisso del Pensionato alle Muneghette, I.R.E. di Venezia (108 x 104,7 cm), mi pare appar­tenga alla più corposa tipologia del Cristo di Casteldimezzo. La sua maggiore corsività, la semplificazio­ne notevole del panneggio del perizoma, le fattezze meno finemente trattate hanno tuttavia convinto la Markham Schulz che si tratti di un prodotto della cerchia di Bonvicino e non della sua stessa bottega.

IO In MARKHAM SCHULZ 2004, nota 3, fig. 81, e p. 59. 11 Alcuni di tutti questi Crocifissi hanno beneficiato negli ultimi anni di più o meno accurati e docu­

mentati restauri, mentre altri ancora li attendono (come quelli in San Carlo Borromeo a Mestre o quello in San Francesco della Vigna a Venezia). È ovvio che tale impari situazione rende più arduo giudicare in modo accurato e completo l'intero corpus dello scultore veneziano. Sembrerebbe tuttavia che a volte la cura dell'intaglio, della modellazione anatomica, dell'interpretazione di volta in volta diversamente protesa, nella sua gamma espressiva comunque sempre rattenuta e nobilitante, a interpretare la sofferenza del Gesù crocifisso renda quasi «superfluo» l'intervento del pittore, come è nel caso dei Crocifissi cli Castelclimezzo (tanto più stimolante appare così, in questo senso, l'interpretazione delicata e preziosa di Jacobello su superfici già straordinariamente definite dallo scultore) o Berlino o San Giu eppe delle Clarisse di Mestre. Forse anche per questa ragione, intrinseca alle volontà estetiche e stilistiche distintive ciel Bonvicino, egli volle accanto a sé, come collaboratori, pittori in grado di intervenire con lieve mano e contenutissima misura sui suoi Cristi crocifissi, «semplicemente» accompagnando nel trascolorare degli incarnati e nelle semplici ed eleganti bordature del panno la raffigurazione patetica e vibrante del corpo santo ed esemplare cli Gesù che egli seppe creare per la tipologia particolare e importantissima della Croce monumentale a Venezia, superando cli gran lunga le versioni offerte dalla bottega potenzialmente concor­rente dei Moranzon.

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Fig. 6. a. Berlino. Staatliche Museen (dalla basilica di santa Maria dei Frari di Venezia). Antonio Bonvicino, Crocifisso. b. Mestre (VE). Chiesa di san Marco. Antonio Bonvicino, Crocifisso. c. Treviso. Chiesa di san Nicolò. Antonio Bonvicino, Crocifisso.

Il Torso di Crocifisso Cesati ha l'interessantissima particolarità di essere un Crocifisso di dimensioni non monumentali, e di esser dunque stato realizzato da Bonvicino e dalla sua bottega per un committente privato, a scopo più strettamente devozionale. Tale evidenza lo pone come fondamentale spiraglio di una parte della produzione dell'artista finora pressoché sconosciuta e invero ignorata, ma che invece non doveva essergli affatto estranea. Il Crocifisso in cattive condizioni di conservazione e ricoperto da un pesante strato di ridipintura scura (assai simile a quella che offusca quasi totalmente il Crocifisso di medie dimensioni della chiesa di San Carlo Borromeo

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Fig. 8. Muggia (TS). Duomo. Antonio Bonvicino, Crocifisso (foto A. Comoretto).

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Fig. 9. Mestre (VE). Chiesa di san Carlo Borromeo. Borromeo. Antonio Bonvicino, Cristo passo, particolare.

Fig. IO. Muggia (TS). Duomo. Antonio Bonvicino, Crocifisso, particolare (foto A. Comoretto).

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È di certo doveroso compito della scrivente indagarne a fondo la storia recente, per tentare di rintracciarne, almeno in via di ragionevole ipotesi, la collocazione originaria, che non è detto debba necessariamente essere pensata diversa da quella attuale, benché molti indizi tendono a farcelo credere. Ma ciò che qui mi preme di più additare è lo stato di grande abbandono in cui versa la scultura, 1' urgente neces­sità di fermare il degrado delle policromie sottostanti, sottoposte a perdite per le forti crepe e cadute che si sono prodotte nel corso del tempo sul corpo del Cristo e che interessano gli strati policromi più superficiali ma trascinano con sé anche quelli sottostanti.

Ciò che è certo è che solo un attento restauro potrebbe ridare a questo Crocifisso quello splendore e leggibilità che oggi rimangono ottuse, se non completamente pre­cluse, a chi vi si voglia avvicinare in contemplazione, preghiera e fruizione estetica. Ciò che mi pare inequivocabile è l'accordo formale e stilistico che accomuna questo prezioso cimelio ligneo al ragguardevole catalogo di Antonio Bonvicino: solido e tenace intagliatore, Bonvicino seppe dotare la sua città, dopo un buon lustro di Croci piuttosto sgraziate e prive di vita, di un nuovo modello iconografico e cultuale cele­brativo del più alto simbolo della cristianità, recuperandone la forza, la presenza e il messaggio teologico e offrendolo ai propri concittadini con 1 'assertività e sicurezza di un grande maestro d'arte.

BIBLIOGRAFIA

CASTRI 2013 = S. CASTRI, Infaticabile Bonvicino, in Crocifissi lignei a Vene;:ia e nei territori della Serenis­sima, I 350-1500, modelli dif.jitsione restauro, a cura di E. FRANCEscun1, Padova, pp. 81-91.

CH!APPINI DI SORIO 1973 = I. CHIAPPINI DI SORIO, Note e appunti su Jacobe/lo del Fiore, "Notizie da Palazzo Albani", 2, pp. 23-28.

MARKHAM SCHULZ 2004 = A. MARKHAM SCHULZ, Antonio Bonvicino and the Venetian Crucifìxes of

the ear!y Quattrocento, "Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz", 48, pp. 293-332.

MARKHAM SCHULZ 2011 = A. MARKHAM ScHULZ, Woodcarving and Woodcarvers in Venice, /350-1550, Firenze.

RIASSUNTO

La scoperta sul sempre stimolante mercato antiquariale di un Torso di Crocifisso di piccole dimen­sioni, dagli inequivocabili tratti stilistici collegati all'autografia di Antonio Bonvicino, e il suo restauro, danno lo spunto a una riconsiderazione del catalogo e dei documenti correlati a questo scultore in legno a cavallo tra fine Tre e primo Quattrocento veneziano, specializzato nella realizzazione cli Crocifissi non solo monumentali. La sua produzione si snoda con lievi, ma significative tappe evolutive, a partire dall'unico punto fisso della sua cronologia, il Crac/fisso, firmato, per la parrocchiale di Castelclimezzo (Pesaro), dipinto dal conterraneo Jacobello ciel Fiore, e databile o intorno al 1406 o 1409. Fedele alla tradizione formale ciel Trecento veneziano, Bonvicino si dimostra tuttavia capace cli vivificarla con un naturalismo e un'eleganza aggiornati sugli esiti ciel Gotico Internazionale lagunare. Dal testamento della sorella del «Bonvixin», aprile 1388, si potrebbe evincere una partecipazione alla vita della sua bottega del fratello Vietar e della zia paterna, Colata, che risulta essere una «pictoressa» forse, dunque, responsabile

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della veste policroma di (almeno alcuni tra i) Crocifissi bonviciniani. Si segnala poi un nuovo importante e monumentale Crocifisso di mano del grande intagliatore, bisognoso di restauro e valorizzazione, oggi (ma non ab origine) issato al centro dell'abside del duomo di Muggia.

Parole chiave: Bonvicino; Galleria Cesati; Muggia.

SUMMARY: ANTONIO BONVICINO AND THE WOODEN CRUCIFIX OF THE DUOMO OF MUGGIA

The discovery of the ever-stimulating antiques market of a small-format Crucifix, with unquestion­able stylistic features of Antonio Bonvicino, along with its restoration, are food for thought in reconsider­ing both the catalogue and the documents on this Venetian sculptor (late 13005 - early 14005), specialized in Crucifixes of alt dimensions. His output unfolded in small, though significant, stages beginning with the only fixed point in his career, the Crucijix executed for the parish church of Casteldimezzo (Pesaro) and painted by his "fellow" Venetian artist Jacobello del Fiore. The work is dated to around 1406 or 1409. Loyal to the forma! tradition of Venetian 14th century art, Bonvicino demonstrates nonetheless he is able to enliven it with naturalism and elegance in view of Venice's intemational gothic style. From the will of the sister of «Bonvixin» (Aprii 1388), we could assume that in his workshop were also present his brother Vietar and paterna! aunt Colata, who seems to be a «paintress» and perhaps the artist of the polychrome colouring of (at least some) Crucifixes by Bonvicino. A new and important monumental Crucifix by the great sculptor is also rediscovered and presented: it necessitates restoration and enhancement, and is today (though not originally) found at the centre of the apse in the duomo of Muggia.

Keyworcls: Bonvicino; Cesati Gallery; Muggia.

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