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QUADERNI DELLA SEgREtERIA gENERALE cEI NUOVA SERIE N. 8 febbraio 2014 ANNALE DELl’ufficio catechistico nazionale

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QUADERNIDELLA SEgREtERIA

gENERALE cEI

N U O V A S E R I E

N. 8

febbraio

2014

ANNALEDELl’ufficio catechistico nazionale

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Ufficio Catechistico Nazionale

ANNALE2012

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Indice

5indice

Capitolo 1 Giornata di studio del settore per l’apostolato bibliCo

Roma, 28-29 gennaio 2012«...parla agli uomini come ad amici» (dv, 2)parola di dio e ComuniCazione della fede

saluto la parola che apre il cuore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 13Don Guido Benzi, Direttore UCNintroduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 15Don Dionisio Candido, Responsabile del Settore Apostolato Biblico dell’UCNtre esperienze di apostolato biblico . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 17Don Patrizio Rota Scalabrini, Biblista (Bergamo-Milano)Prof.ssa Rosanna Virgili, Biblista (Fermo-Roma) (sChema)Don Rosario Gisana, Biblista e patrologo (Noto-Catania)Comunicare la parola tra annuncio, attualizzazione e catechesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 31Don Ugo Lorenzi, Catecheta (Milano)insegnare bibbia e formazione pastorale . . . . . . . . . . . . . . » 35Don Sebastiano Pinto, Biblista (Brindisi-Molfetta) (sChema)

Capitolo 2 inContri nazionali direttori uCdRoma, 6-7 febbraio 2012“Come pietre vive” (1 pt 2,5)rinnovare l’iniziazione Cristiana nelle nostre Chiese

(avvio dei Convegni Catechistici regionali 2012)introduzione al Convegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 39Don Guido Benzi, Direttore UCNil rinnovamento dell’iniziazione cristiana nell’orizzonte della nuova evangelizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 42Dott. Stijn Van Den Bossche, Segretario della Commissione interdiocesana di Catechesi al servizio delle diocesi neerlandofone del Belgio.i Convegni regionali 2012: rinnovare l’iC nelle nostre Chiese in un contesto educativol’iniziazione cristiana delle nuove generazioni in italia . . » 58Suor Cettina Cacciato, Catecheta, Membro della Commissione per l’Iniziazione Cristiana dell’UCNla catechesi degli “anni magici”. alcune riflessioni sulla pastorale battesimale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 66Dott.ssa Franca Feliziani Kannheiser, Pedagogista, Membro della Commissione per l’Iniziazione Cristiana dell’UCN

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itinerari mistagogici per ragazzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 70Suor Anna Maria D’Angelo, Catecheta, Membro della Commissione per l’Iniziazione Cristiana dell’UCNl’iniziazione cristiana delle nuove generazioni in italia . . » 81Don Carmelo Sciuto, Aiutante di studio dell’UCNuna rilettura di sintesi alla luce del vademecum . . . . . . . » 84Mons.Valentino Bulgarelli, Direttore UCD Bologna, Direttore regionale per la catechesi dell’Emilia Romagna

Abano Terme, 4-5 ottobre 2012“Come pietre vive” (1 pt 2,5)rinnovare l’iniziazione Cristiana nelle nostre Chiese

(incontro di chiusura dei Convegni Catechistici regionali 2012)introduzione al Convegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 86Dal Comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente (Roma, 24-27 settembre 2012)Don Guido Benzi, Direttore UCNnuova evangelizzazione e rinnovamento della catechesi . » 88Prof. Don Andrea Toniolo, Responsabile Servizio Nazionale ISSR della CEIil rinnovamento della catechesi in italia in una prospettiva di nuova evangelizzazione. Considerazioni teologico-pastorali e catechetiche . . . . . . . » 94Prof. Don Giuseppe Ruta, Catecheta

Capitolo 3 ConveGni CateChistiCi reGionali

i luoGhi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 105Arcidiocesi di Genova, 24 aprile 2012intervento del Cardinale angelo bagnasco . . . . . . . . . . . . » 106Arcivescovo di Genovai convegni catechistici un bel respiro di Chiesa . . . . . . . . . » 116Intervista a Don Guido Benzi, Direttore UCNun quadro della catechesi in italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 121Don Carmelo Sciuto, Aiutante di studio dell’UCNDon Salvatore Soreca, Direttore Ufficio catechistico diocesano di Benevento

Capitolo 4 Consulte dell’uffiCio CateChistiCo nazionale

roma, Consulta 6 febbraio 2012Comunicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 157Don Guido Benzi, Direttore UCN

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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il lavoro delle Commissioni nazionali iniziazione cristiana e adulti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 163Don Carmelo Sciuto, Aiutante di studio dell’UCN

roma, Consulta 12-13 marzo 2012l’anno della fede: caratterizzazione, idee, riflessioni. . . . » 165Mons. Paolo Sartor, Responsabile del Settore per il Catecumenato dell’UCNarte e fede: una scommessa attuale.Catechesi, percorsi culturali e animazione del territorio . . » 168Don Pietro Baggiil cammino dei Convegni regionali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 170Don Carmelo Sciuto, Aiutante di studio dell’UCNCatechesi e famiglia. modelli di catechesi famigliare . . . . » 172Suor Giancarla Barbon, Esperto Consulta UCN.narrare la fede in famiglia secondo il modello biblico . . . » 177Don Candido Dionisio, Responsabile del Settore Apostolato Biblico dell’UCNCatechesi famigliare e nuova evangelizzazione . . . . . . . . . » 185Prof. Marco Tibaldi, Membro del Gruppo Nazionale per il Catecumenato dell’UCN

Capitolo 5 Giornata di studio su CateChesi e disabilità

C.I.A.M. - Città del Vaticano, 24 marzo 2012“Comunicare la fede. l’iniziazione Cristiana con le persone disabili nelle comunità”saluto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 191Don Guido Benzi, Direttore UCNintroduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 193Suor Veronica Donatello, Responsabile del Settore Catechesi delle persone disabili dell’UCN“l’iC alle persone disabili. orientamenti e proposte. ricezione e attualizzazione in una pastorale inclusiva” . . » 199Don Salvatore Soreca, Direttore UCD Benevento, Membro Commissione IC dell’UCN.“linee pedagogiche per l’inclusione nella comunità parrocchiale della persona disabile” . . . . . . . . . . . . . . . . . » 209Dott. Anne Herbinet, Pedagogista, Responsabile Settore Disabili della Conferenza Episcopale Francesel’iniziazione Cristiana per le persone disabili: quale integrazione (atteggiamenti e strategia per una correttaaccoglienza) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 217Dott. Ezio Aceti, Psicologo infantile e della disabilità (sChema)

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Capitolo 6 ConGresso europeo per la CateChesi

european ConGress for CateChesis

Roma, 7-10 maggio 2012l’iniziazione cristiana nella prospettiva della nuova evangelizzazione con attenzione specifica ai fanciulli e ai giovani da 7 a 16 anniChristian initiation in the perspective of new evangelization, with a special focus on 7 through 16 years old children and teen agers . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 221

saluto ai partecipanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 223S.E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

presentazione del Congresso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 225Mons.Walter Ruspi, Segretario della Sezione catechesi della Commissione CCEE “Catechesi, Scuola e Università”

relazione d’apertura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 228S.E. Mons. Vincent Nichols, Arcivescovo di Westminster, Presidente della Commissione Catechesi-Scuola-Università del CCEE

presentazione dei risultati dell’inchiesta europea sull’iniziazione cristiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 231P. Luca Mellet, Responsabile del SNCC, Servizio Nazionale per la catechesi e il catecumennato - Francia (sChema)

“la pluralità dell’iniziazione cristiana come proposta pastorale per i giovani di oggi”. l’importanza dei giovani per la Chiesa, popolo di dio.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 243S.E. Mons Aloïs SCHWARZ, Vescovo di Gurk-Klagenfurt, Delegato Episcopale per la Catechesi dell’Austriaomelia dell’8 maggio 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 253Omelia del Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero della Santa Sede.

“iniziazione cristiana nella dinamica della nuova evangelizzazione” a partire dal n° 18 dei lineamenta o dell’instrumentum laboris del sinodo. . . . . . . . . . . . . . . . » 256S.E. Mons. Pierre-Marie Carré, Arcivescovo di Montpellier, Segretario speciale per il sinodo sulla nuova evangelizzazione. Catechesi e celebrazione della messa di prima Comunione . » 265Prof. Albert Biesinger, Istituto di Pedagogia religiosa presso la Facoltà di teologia cattolica, Università di Tubinga (sChema)

Catechesi e celebrazione della messa della Confermazione » 275

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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Prof. Stijn van den Bossche, Direttore Ufficio Catechistico Nazionale - Belgiopossibilità e opportunità della catechesi catecumenale nell’orizzonte dell’anno liturgico della Chiesa bizantina . . » 282Prof. László Obbágy, Professore di catechetica presso l’Istituto teologico San Attanasio, Nyíregyháza, Ungheria.l’iniziazione Cristiana in ungheria e nell’europa Centro-orientale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 292S.E. Mons. György Udvardy, Vescovo di Pécs, DelegatoEpiscopale per la Catechesi dell’Ungheria

“iniziazione cristiana nella dinamica della fede”. (pedagogia dell’iniziazione tnoC) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 306S.E. Mons. Javier Salinas Viñals, Vescovo di Tortosa

appendice riunioni, Corsi e attività varie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 317

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Roma28-29 gennaio 2012

CAPITOLO 1

GIORNATA DI STUDIO

DEL SETTORE

PER L’APOSTOLATO BIBLICO

«...PARLA AGLI UOMINI COME AD AMICI»(DV, 2)

PAROLA DI DIO E COMUNICAZIONE

DELLA FEDE

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Una delle immagini più interessanti dellapredicazione missionaria di Paolo è l’episo-dio che troviamo in At 16,11-15.

11Salpati da Tròade, facemmo vela diretta-mente verso Samotràcia e, il giorno dopo,verso Neàpoli 12e di qui a Filippi, coloniaromana e città del primo distretto dellaMacedonia. Restammo in questa città al-cuni giorni. 13Il sabato uscimmo fuori dellaporta lungo il fiume, dove ritenevamo chesi facesse la preghiera e, dopo aver presoposto, rivolgevamo la parola alle donne làriunite. 14Ad ascoltare c’era anche unadonna di nome Lidia, commerciante di por-pora, della città di Tiàtira, una credente inDio, e il Signore le aprì il cuore per aderirealle parole di Paolo. 15Dopo essere statabattezzata insieme alla sua famiglia, ci in-vitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedeleal Signore, venite e rimanete nella mia ca-sa». E ci costrinse ad accettare.

L’episodio presenta due caratteristiche sa-lienti che vorrei sottolineare proprio per illavoro che ci accingiamo a svolgere in que-sta Giornata di studio:1. Ci troviamo di fronte al primo episodio dievangelizzazione in Europa tramandato da-gli Atti. Paolo è appena transitato – solleci-tato da un sogno – in Grecia.2. Lo stile di questo atto missionario pre-senta alcuni passaggi:a. Si colloca nell’ambito del calendario e dellageografia della comunità religiosa (ebraica)locale. I missionari si recano al “luogo” dellapreghiera, in un giorno consacrato ad essa.b. In questo ambito i missionari svolgonoun annuncio all’intera comunità (in partico-lare sono sottolineate le donne) composta dipersone provenienti dall’Ebraismo e di “cre-

denti in Dio” (pagani convertiti all’ebraismo).c. Tra costoro c’è Lidia: «il Signore le aprì ilcuore per aderire alle parole di Paolo». Vanotato come ci sia un sottolineatura del-l’azione di grazia da parte di Dio, ma anchedella “mediazione” della predicazione del-l’Apostolo.d. Tale rapporto tra salvezza e azione sa-cramentale prosegue con il battesimo e conla costruzione di quella che sarà senz’altropotuta essere la prima cellula di comunitàecclesiale: venite e rimanete… casa (v. 15).Neppure va trascurata l’importanza e la de-terminazione del soggetto che si fa promo-tore di questo processo… E ci costrinse adaccettare (v. 15).

L’episodio di Lidia è riportato nella LetteraApostolica Porta Fidei con cui Papa Bene-detto XVI indice l’anno della Fede. Mi sem-bra importante riascoltare come il Santo Pa-dre ci aiuta ad entrare nella dinamica di que-sto episodio: nell’ambito del commento alversetto di Rom 10,10 «Con il cuore infattisi crede per ottenere la giustizia, e con labocca si fa la professione di fede per averela salvezza», considerando da vicinol’espressione “con il cuore”, il Papa dice:

«Il cuore indica che il primo atto con cuisi viene alla fede è dono di Dio e azionedella grazia che agisce e trasforma la per-sona fin nel suo intimo. L’esempio di Lidiaè quanto mai eloquente in proposito. Rac-conta san Luca che Paolo, mentre si tro-vava a Filippi, andò di sabato per annun-ciare il Vangelo ad alcune donne; tra essevi era Lidia e il “Signore le aprì il cuoreper aderire alle parole di Paolo” (At

SALUTOLA PAROLA CHE APRE IL CUORE

Don Guido Benzi, Direttore UCN

giornata di studio del settore per l’apostolato biblico 13

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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giornata di studio del settore per l’apostolato biblico14

16,14). Il senso racchiuso nell’espressioneè importante. San Luca insegna che la co-noscenza dei contenuti da credere non èsufficiente se poi il cuore, autentico sacra-rio della persona, non è aperto dalla graziache consente di avere occhi per guardarein profondità e comprendere che quantoè stato annunciato è la Parola di Dio»(Porta Fidei, 10).

Mi sembra che questa citazione ci aiuti adentrare nel tema di questa Giornata di stu-dio a partire dal contesto dell’attuale mo-mento ecclesiale nel quale siamo fortementerichiamati ad un “nuova evangelizzazione”.Ci chiediamo oggi qual è il significato del-l’Apostolato Biblico per le nostre comunità?Non sta a me fornire risposte, che verrannodalle riflessioni e dal dibattito di una assem-blea così preparata e competente. Mi paretuttavia che il posto riservato dal Papa almessaggio biblico nel processo di evange-lizzazione sia proprio quello del fondamento.La stessa Lettera incomincia con un’imma-gine importante: «La “porta della fede” (cfrAt 14,27) che introduce alla vita di comu-nione con Dio e permette l’ingresso nellasua Chiesa è sempre aperta per noi. è pos-sibile oltrepassare quella soglia quando laParola di Dio viene annunciata e il cuore silascia plasmare dalla grazia che trasforma»(Porta Fidei, 1). E prosegue poco dopo al n.3 affermando: «Non possiamo accettare cheil sale diventi insipido e la luce sia tenutanascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo dioggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsicome la samaritana al pozzo per ascoltareGesù, che invita a credere in Lui e ad attin-gere alla sua sorgente, zampillante di acquaviva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gu-sto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa

dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane dellavita, offerti a sostegno di quanti sono suoidiscepoli (cfr Gv 6,51)». Il concetto è poiampliato al n. 7, dove si descrive il processodi evangelizzazione: «La fede, infatti, crescequando è vissuta come esperienza di unamore ricevuto e quando viene comunicatacome esperienza di grazia e di gioia. Essarende fecondi, perché allarga il cuore nellasperanza e consente di offrire una testimo-nianza capace di generare: apre, infatti, ilcuore e la mente di quanti ascoltano ad ac-cogliere l’invito del Signore di aderire allasua Parola per diventare suoi discepoli».Da questo breve insieme di passaggi possia-mo dedurre, per il nostro tema, tre livelli diazione. Sono tutti e tre da tenere presenti peril servizio proprio dell’Apostolato Bibiblico:1. La Parola di Dio come fondamento del-l’azione di evangelizzazione. Non si trattasolo di porre la Bibbia come inizio: si trattadi interrogarci se e in che modo la Bibbia èpresente come mentalità, immaginario epensiero, nel contesto dell’annuncio evan-gelizzante.2. La Parola di Dio come oggetto dell’annun-cio. Va qui tenuto presente il grande valoredell’espressione “Parola di Dio”: esperienzaattestata, atto e parola, presenza salvifica diDio nella carne per la vita del mondo.3. La Bibbia presenta anche un aspetto fon-dante del metodo della nuova evangelizza-zione: essa non solo presenta l’oggetto del-l’atto di fede, ma inscindibilmente insegnal’atto stesso della fede1. Nella sua narrazionecontinuamente viene ripetuto l’appello ad unarelazione significativa con Dio, fondata sullafede, che richiede la libera adesione dell’uomo. Grazie, dunque, per la vostra presenza e au-guro a don Nisi e a voi un buon lavoro!

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 1 Si possono ritrovare alcuni esempi nel recente testo di J.-P. SONNET, L’alleanza della lettura, GBP-San Paolo,Roma 2011; e nel più recente articolo di M. TIBALDI, «L’evangelizzazione ai tempi del Grande Fratello. Narrazionebiblica e nuovo annuncio», in La rivista del Clero italiano, 12/2011, 842-856.

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Oggi il Settore dell’Apostolato Biblico del-l’Ufficio Catechistico Nazionale avvia unanuova stagione. Per questo desidero renderesubito esplicita l’idea che ci ha condotti aconcepire questa Giornata di studio e il con-tributo che si auspica possa fornire per il no-stro futuro lavoro come SAB.Prima di entrare in medias res, sento peròdi dover nuovamente ringraziare don CesareBissoli sdb, mio predecessore come Respon-sabile del SAB ma anche vero ispiratore eanimatore dell’Apostolato biblico in Italia.Lo ringrazio anche perché, nella sua nuovaveste di “fratello maggiore”, ha garantitoanzitutto, a me personalmente, il supportodella sua più che ventennale e qualificataesperienza. Così come, è mio piacere – oltreche dovere – ringraziare in anticipo i relatori,che hanno accettato di offrirci le relazioni ole comunicazioni che andiamo ad ascoltare.Tutta l’attività del SAB si ispira al dettatodella Costituzione dogmatica Dei Verbum(18 novembre 1965), che al cap. VI dice:«è necessario che i fedeli abbiano grandeaccesso alla Sacra Scrittura» (n. 22). Se ilSAB è stato uno dei frutti del Concilio in ge-nere e della Dei Verbum in particolare, ab-biamo adesso la possibilità e la necessità dirilanciarne l’azione alla luce soprattuttodell’Esortazione apostolica post-sinodaleVerbum Domini (30 settembre 2010) di Be-nedetto XVI. Mi permetto di richiamarne soloun passaggio, breve ma significativo per noi:

INTRODUZIONEDon Dionisio Candido, Responsabile del Settore Apostolato Biblico dell’UCN

giornata di studio del settore per l’apostolato biblico 15

«Il Sinodo ha invitato ad un particolare im-pegno pastorale per far emergere il postocentrale della Parola di Dio nella vita eccle-siale, raccomandando di “incrementare la‘pastorale biblica’ non in giustapposizionecon altre forme della pastorale, ma comeanimazione biblica dell’intera pastorale”»1.Possiamo quindi chiederci: a che punto èl’animazione biblica della pastorale oggi inItalia? Quale il suo rilancio dopo la VerbumDomini? Attraverso la relazione di don Mau-rizio Marcheselli, biblista e delegato dell’ABIper il SAB, potremo affrontare domande co-me queste cercando risposte operative.La prospettiva specifica attraverso cui inquesta sede consideriamo la Parola di Dio èquella della sua relazione feconda con la ca-techesi. La Chiesa, custode della Parola(Gaudium et Spes n. 33), ha come suo com-pito primario di comunicare la Parola ad ognipersona di ogni tempo. Proprio in questi me-si è in via di maturazione la XIII Assembleagenerale ordinaria del Sinodo dei Vescovisulla “nuova evangelizzazione”, che si ce-lebrerà dal 7 al 28 ottobre 2012. Tra l’altro,nei Lineamenta si legge: «Dal Sinodo sullacatechesi2 in poi la catechesi ormai non èaltro che il processo di trasmissione del Van-gelo, così come la comunità cristiana lo haricevuto, lo comprende, lo celebra, lo vivee lo comunica»3.Quali sono i rapporti tra la comunicazionedella Parola e l’annuncio? Cosa significa at-

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

1 Propositio n. 30; cfr. anche CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum(18 novembre 1965), n. 24.2 SINODO DEI VESCOVI (IV Assemblea generale ordinaria), 30 settembre-29 ottobre 1977; cfr. GIOVANNI PAOLO II,Esort. Apost. Post-sinodale Catechesi Tradendae (16 ottobre 1969).3 Cfr. SINODO DEI VESCOVI (XIII Assemblea generale ordinaria), La Nuova Evangelizzazione per la trasmissionedella fede cristiana. Lineamenta, LEV, Città del Vaticano 2011, 58-59.

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tualizzare la Parola? Quali sono i rapportitra Parola di Dio e catechesi? Infine, comeintendere la Parola di Dio nei catechismi?Abbiamo chiesto a don Ugo Lorenzi, cate-cheta, di fornirci strumenti per il discerni-mento su queste delicate problematiche.La Giornata di studio, con queste due rela-zioni input, non ha solo l’intento di offrirestrumenti per fare il punto della situazionee di indicare percorsi futuri, ma intende darevoce a chi opera da tempo e con competenzanell’ambito dell’Apostolato biblico. Così van-no intese le tre comunicazioni di stamattinadi don Patrizio Rota Scalabrini, della prof.ssaRosanna Virgili e di don Rosario Gisanasull’Apostolato biblico nelle rispettive dioce-si; la comunicazione pomeridiana di don Se-bastiano Pinto sull’insegnamento della SacraScrittura negli ISSR; e le comunicazioni finalidi don Marco Mani e don Pasquale Giordanosui corsi estivi rispettivamente a La Verna ea Matera.Se il SAB ha al suo interno biblisti, catecheti,pastoralisti, presbiteri, religiosi e laici, questodato non è casuale: nella convergenza dellesingole competenze e del patrimonio propriodi ogni stato di vita si realizza una provvi-denziale opportunità. La nostra comune re-sponsabilità consiste nel favorire la cono-scenza e la diffusione della Bibbia, mettendola Sacra Scrittura in mano ad ogni compo-nente del popolo di Dio e ad ogni personadi buona volontà, offrendo al contempo stru-menti per la sua fedele interpretazione. Anoi è chiesto dunque di mantenere unosguardo bifocale: alla Parola di Dio antica esempre nuova, e alle persone concrete conla loro singolare biografia religiosa4.

Inoltre, il nostro servizio in quanto SABconsiste anche nel favorire la nascita o ilrafforzamento di organismi regionali e dio-cesani stabili, che siano dedicati all’Apo-stolato Biblico. Un’attenzione particolaremeritano i Gruppi di ascolto, che nel tempohanno curato con dedizione la conoscenzae la pratica della lectio divina: si tratta diesperienze positive che vanno sostenute eulteriormente sviluppate. Ma all’internodella vita della Chiesa italiana, siamo chia-mati più in profondità a sollecitare e soste-nere la dimensione biblica della catechesie della pastorale tout court. In particolare,nell’ambito della catechesi dell’Iniziazionecristiana, rivolta alle nuove generazioni,abbiamo il compito di fornire un supportoqualificato di ispirazione e di contenuto;nell’ambito della catechesi degli adulti, poi,possiamo lavorare perché nella formazionecristiana si coltivi una spiritualità veramen-te biblica.

A questo proposito, non possiamo perderel’occasione di offrire il nostro contributo nellafase in cui la Commissione Episcopale perla Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Ca-techesi sta facendo muovere i primi passi alcosiddetto “Documento condiviso”, con cuisi intende aggiornare il Documento di base(2 febbraio 1970)5.

A partire dalla Giornata di studio che stiamovivendo, abbiamo dunque bisogno di sentiretra di noi uno spirito organico di collabora-zione. Il mio personale auspicio è che dai la-vori odierni emergano riflessioni nuove e pro-spettive coraggiose per il SAB di domani.

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4 Cfr. F. GARELLI, Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo, il Mulino, Bologna 2011, 16-17.5 Cfr. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Primo Seminario per la verificae il rinnovamento della catechesi, Roma 28-30 novembre 2011 (www.chiesacattolica.it/ucn/siti_di_uffici_e_ser-vizi/ufficio_catechistico_nazionale/00024075_Seminari_per_la_verifica_e_il_Rinnovamento_della_Catechesi.html).

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

Il presente contributo non intende raccontarele attività che vengono svolte nella Diocesidi Bergamo, sulle quali peraltro era statopubblicato alcuni anni fa un volumetto acura del mio predecessore nell’Ufficio perl’Apostolato Biblico: P. PEZZOLI, Centro stra-de, una meta. Il cammino di una diocesicon la Bibbia, LDC, Torino Leumann, 2000. In ogni caso accluderemo una breve sintesidi tali attività sotto forma di appendice ri-portante un’intervista di don Valentino Bul-garelli al responsabile dell’Apostolato Biblicodella Diocesi di Bergamo.

1. l’emerGere di alCuneCritiCità nella propostabibliCa

1.1. incontro scarso o addirittura inesi-stente con il patrimonio della scritturaProprio l’esperienza di questi anni ha evi-denziato alcune criticità che verosimilmentesi profilano anche per molti analoghi Ufficiper l’Apostolato biblico.Per molte persone, che pure frequentano leassemblee liturgiche della comunità eccle-siale, resta il problema di un’abbondanza diletture davanti alle quali si ritrovano piut-tosto smarrite. Questo avviene in particolareper la prima e la seconda lettura. Esse sem-brano rimanere piuttosto estranee, ancheperché solitamente la predicazione si con-centra sul vangelo. Come fare apprezzaretanta ricchezza?Altre persone manifestano una sorta di sco-raggiamento per la Bibbia come libro difficile,lontano. Non sempre aiutano ad avvicinarsiad essa conferenze o contributi specifici, che

TRE ESPERIENZE DI APOSTOLATO BIBLICODon Patrizio Rota Scalabrini, Biblista (Bergamo-Milano)

sembrano riguardare il ‘plotoncino’ o ‘plo-tone’ biblico che solitamente accompagna leiniziative promosse. Forse in questa direzio-ne sembrerebbe muoversi meglio la propostabiblica attraverso le mediazioni curate daigrandi mezzi di informazione. Resta però il problema stesso del libro: noiproponiamo la lettura di un “libro” in unasocietà che non legge ancora molto o cheper altro verso ritiene in buona parte supe-rata la forma stessa del libro.Permane un senso di frammentarietà: in par-rocchia, nei gruppi di associazioni e di mo-vimenti si leggono alcuni testi, ma si ha l’im-pressione di perdersi in una selva di “impres-sioni”, magari molto belle, senza un disegno.Ma c’è una criticità che è particolarmentedolorosa, ed è la difficoltà di intercettare l’in-teresse dei giovani, a partire già dagli ado-lescenti. Il problema interseca quello più va-sto e delicato della pastorale giovanile, maun apostolato biblico non può rassegnarsi adaccettare questa distanza come un semplicedato di fatto, senza interrogarsi su possibilirimedi, anzi su strategie che davvero portinola Bibbia vicina alle nuove generazioni.

1.2. modalità inadeguate di approccioal testo biblicoAnche quando l’incontro con il testo biblicosi dà in un modo più assiduo e significativo,emergono delle problematiche che chiedonoall’apostolato biblico una precisa consape-volezza e delle scelte corrispondenti. Chiaritoche ogni incontro con la Scrittura trascinacon sé una certa inadeguatezza da parte dellettore, inadeguatezza che non sarà mai com-pletamente superata, perché il mistero dellaScrittura ci trascende, resta vero nondimeno

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che si danno modalità effettive di incontrocon il testo biblico, che ne diminuiscono oaddirittura occultano la bellezza e l’efficaciain ordine ad un cambiamento di vita.1.2.1. Appare in alcuni ambiti, come adesempio certe letture ‘carismatiche’ della Pa-rola, una forma di biblicismo che guardacon sospetto ogni forma di mediazione cul-turale. Il rischio di una deriva fondamenta-lista non è affatto remoto neppure in certinostri contesti cattolici.1.2.2. Non mancano atteggiamenti di attesamagica nei confronti della lettura della Bib-bia. Si ritiene che un approccio ad essa bastiper sistemare tutto nella pastorale e per ri-spondere ad ogni questione. Questo tipo diapproccio diventa alla fine dannoso per lastessa conoscenza della Scrittura. Vorrei quiricordare il detto di Chajîm di Volosin: “Il li-bro in sé è come cenere, sotto la quale covasì la brace, ma per trovarla occorre soffiarea lungo”. Ed occorre soprattutto, aggiungia-mo noi, il soffio dello Spirito, il quale si dànella vita concreta della chiesa: liturgia, ca-techesi, preghiera, carità, sequela insomma.1.2.3. Un altro rischio connesso ai prece-denti è quello che potremmo definire comeélitarismo: una lettura della Bibbia come co-sa di pochi, che ne hanno i mezzi, soprat-tutto di tipo culturale. Si intuisce una certaderiva estetizzante, per la Scrittura è ap-prezzata per il suo aspetto letterario, per lasua pregnanza culturale, ma non diventauna provocazione per un ripensamento deipropri modi di vedere, di sentire, di vivere.Questo atteggiamento riguarda però gruppidi persone molto ristretti; forse è maggioreladdove il tessuto culturale è di elevato li-vello.1.2.4. Sul versante opposto, specie in certigruppi di ascolto, che si attivano in deter-minati tempi liturgici, si assiste al rischioopposto, quello cioè che la Bibbia diventi un

pretesto per parlare di sé, dei propri problemi,ma senza capacità o volontà di insistere, didimorare nel testo.1.2.5. Infine vi è una criticità che in certecondizioni sembra legata alla stessa idea diun ufficio per l’apostolato biblico, quello percui questo opera isolatamente (magari anchein modo eccellente), quasi che la Bibbia ela sua conoscenza fosse un elemento im-portante, ma a latere, rispetto al vissuto co-munitario. Sarebbe interessante raccontarcile modalità con cui si cerca invece una si-nergia tra la proposta dell’apostolato biblicoe le altre proposte attuate dalla comunità ec-clesiale, specie quella diocesana.

2. situazioni favorevoliper la proposta bibliCa

Dopo una disamina di alcune criticità in cuila proposta biblica sembra imbattersi (il di-scorso resta vero, in particolare per la spe-cifica realtà in cui opera il sottoscritto), ap-pare necessario anche evidenziare opportu-nità vecchie e nuove che si profilano nel la-voro dell’apostolato biblico.2.1. Una prima opportunità è costituita dallostesso fatto che un apostolato biblico esigela formazione di collaboratori, i quali sonoi primi beneficiari di un incontro accurato,attento, amoroso, con le Scritture. Propriocosì emerge l’idea di una chiesa meno cle-ricale, e perciò più credibile. L’opportunitàche la formazione di animatori biblici – pergruppi, parrocchie, ecc. – sembra offrire èquella di mostrare ad ambiti abbastanza lon-tani dal normale vissuto ecclesiale, che sipuò essere cristiani, inseriti normalmente nelmondo, ed insieme appassionati della paroladi Dio, e istruiti sui contenuti della fede.2.2. In secondo luogo la situazione culturale,sociale e, diremmo, ‘spirituale’ del contesto

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attuale è particolarmente attraversata da al-cune domande, che possono aiutare un in-contro con la Scrittura e portare ad un affettoverso di essa, che si tradurrà in una fre-quentazione assidua ed orante. 2.2.1. Sinteticamente possiamo riconoscereun’attesa di conoscenza, con la volontà diessere credenti capaci di rendere ragione ase stessi e agli altri della propria fede e spe-ranza. La Bibbia non delude certo questo bi-sogno. Ecco perché una proposta biblica de-ve in qualche modo coinvolgere anche lacatechesi per adulti.2.2.2. Si riconosce anche un’attesa di con-solazione e incoraggia mento (paraclesis).Si può allora mostrare come la Scrittura siaun’àncora, u na roccia solida sulla quale ir-robustire la propria fede che è provata e mi-nacciata dal mondo, dalla sua sapienza edallo stile e ritmo della vita odierna, a voltespietati. Soprattutto appare prezioso il di-scorso biblico quando aiuta a trovare luce eforza anche nel dolore. Questo significa cheun apostolato biblico non deve mirare soload attività e ad incontri comunitari, ma amettere stabilmente e quotidianamente nellemani delle persone la risorsa della parola diDio attestata nelle Scritture.2.2.3. Ricerca di un orientamento di vita, diritrovare attraver so la Scrittura i fini dellapropria vita, ancora prima che le regole mo-rali. Si cerca attraverso la Scrittura un qual-cosa che faccia unità nelle esperienze dellavita, che dia un centro che sia il cuore del-l’esistenza. Del resto è questo il primo requi-sito per una vita spirituale autentica: avereun centro vitale che in formi tutte le esperienzedell’esistenza. Di fatto, per molti, il fermarsisulla Scrittura coincide con uno dei pochi mo-menti di so sta vera, di riposo interiore, in unaparola di raccoglimento e di ascolto. L’apo-stolato biblico può puntare ad un incontrocon la Scrittura che non sia solo comunica-

zione di parole, ma costruzione di uno spaziointeriore, per il silenzio, per il raccoglimento.2.2.4. Si cerca nella Scrittura una correzionee una disciplina per la vita. Capita spessoche chi si avvicina alle proposte dell’aposto-lato biblico chieda alla Scrittura quelle in -dicazioni pratiche che il magistero e la ca-techesi, a suo giudizio, sembrano non saperdare con il loro linguaggio. Al di là di que-st’attesa eccessiva, che in realtà e lude la fa-tica della mediazione, c’è l’intuizione cheogni incontro autentico con Dio che ci parlanella Scrittura è un mo mento di conversione,di cambiamento spirituale.2.2.5. Infine molte persone chiedono allaBibbia quello che i Dodici chiedevano a Ge-sù: «Insegnaci a pregare!». Questa richiestaè un’opportunità speciale per l’apostolato bi-blico, perché può davvero aiutare ad incon-trare la Scrittura (e non solo nei salmi e neicantici) come il libro della preghiera, deldialogo con Dio. Di fronte alla crisi indubbiadella preghiera tradizionale, con i suoi for-mulari un po’ obsoleti, si cerca nella Scritturauna forma di preghiera più viva e con -vincente. Non a caso, la Liturgia delle Oresta incontrando un favore cre scente proprioperché offre la possibilità di un linguaggioanche per la preghiera personale. Anche lameditazione e non solo la lode, sono semprepiù rivolte al testo biblico proprio per il suolinguaggio più poetico, ricco di esempi e fi-gure, per la sua teo logia più narrativa edesperienziale. 2.2.6. Infine la Scrittura, letta e meditatacomunitariamente è sentita come un forteluogo di fraternità e di comunione; l’in -contrarsi attorno alla Parola è sentito comeun modo fondamentale e insostituibile dicostruire e fare comunità attorno alla Paro -la stessa. Tutte queste attese offrono un contesto par-ticolarmente favorevole alla proposta biblica,

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e vanno prese in seria considerazione, anchese resta il problema, particolarmente critico,di aiutare i giovani a riconoscere la qualitàdel loro desiderio più profondo e come que-sto possa trovare una risposta, un aiuto,nell’incontro con la Scrittura.

3. nuove opportunitàper un apostolato bibliCo

3.1. Si è precedentemente rilevato il bisognodi conoscenza, che spinge le persone ad av-vicinarsi alla Bibbia. In questo caso pensa-vamo ad un bisogno di istruzione circa lapropria fede. Si sta intanto, però, affacciandocon forza anche un’istanza culturale di av-vicinarsi alla Bibbia come al grande codicesimbolico dell’Occidente. Si offre qui unanuova e ampia possibilità di avvicinamentoalla Scrittura (che, siamo convinti, non re-sterà per molti soltanto un fatto intellettuale)e di dialogo con la cultura attuale.3.2. è importante intessere relazioni con am-bienti e realtà non coincidenti necessaria-mente con organismi e comunità ecclesiali.Il vantaggio è di avvicinare la Scrittura adambienti che altrimenti rimarrebbero lontanie continuerebbero a guardarla come un ‘af-fare di sacrestia’, come qualcosa di obsoleto.3.3. In questo contesto si devono iscriveretutte le mediazioni della Scrittura (e dei suoimessaggi) che permettono di incontrarla co-me una vera ‘scuola di umanità’, una pale-stra per la formazione della persona e dellastessa comunità civile. Teatro, produzionifilmiche, allestimenti artistici, musica, poe-sia, visite guidate, percorsi spirituali e arti-stici, sono ormai opportunità irrinunciabili. 3.4. In tale direzione vanno colte e createoccasioni, negli ambiti scolastici, per far in-contrare agli studenti la Bibbia (sia nel corsodi religione, sia in attività interdisciplinari,

ecc.) quale fattore culturale assolutamenteimprescindibile. Succede così che riusciamoad incontrare quella fascia giovanile chespesso è invece maggiormente assente allenostre proposte bibliche ma in un contestopiù marcatamente ecclesiale.3.5. Un altro ambito in cui la proposta bi-blica mostra tutta la sua rilevanza, e ched’altra parte sollecita ad una più profondaconoscenza di essa, è quello del dialogo ecu-menico e interreligioso. Quando si dannoqueste occasioni, appare chiaro il cresceredell’interesse da parte dei partecipanti cri-stiani ad una maggiore conoscenza delleproprie radici bibliche.

4. finalità plurime nelservizio dell’apostolatobibliCo

L’apostolato biblico può/deve promuoverel’incontro con la Bibbia su molti fronti. èpossibile però individuare alcune specificheattenzioni e finalità: quella di conoscenza,quella di valorizzazione nei suoi risvolticulturali, quella di strumento per la crescitanella fede e nella preghiera. è chiaro che letre finalità non sono tra loro separate e noncomunicanti, ma si impongono metodologiediverse. 4.1. Per favorire un’effettiva conoscenzadella Bibbia, la modalità ‘scuola’ resta quellaprivilegiata. Si può qui discutere sui modicon cui si pensa di attuare queste scuole bi-bliche: lezioni frontali, lavori di gruppi, con-tributi personali. Si pone poi la scelta tra unprocedere secondo una lettura continua o,piuttosto, secondo altri criteri. Nella nostraDiocesi vi sono tutte e due le procedure. Al-cune decine di gruppi biblici, ispirati alla me-todologia proposta da Padre Rossi de Ga-speris, attuano una lettura continua di tutta

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la Scrittura, mentre la Scuola diocesana del-la Parola e quelle zonali preferiscono inveceprocedere per libri e talora per temi.4.2. Sempre in ordine a questo servizio diconoscenza, l’apostolato biblico cerca di ap-profittare delle varie occasioni in cui si puòmostrare e approfondire la presenza dellaBibbia nei nostri vissuti culturali. è per que-sto che nel caso specifico di Bergamo si ècostituito il Comitato per la Cultura biblica,che ha un profilo insieme laico e pluricon-fessionale, il cui prodotto più importante èeffettobibbia (vedi sotto). Sarebbe qui inte-ressante ascoltare il contributo di altre realtàitaliane, come ad esempio il caso di Vicenza,con il festival biblico...4.3. La valorizzazione della Scrittura come‘scuola di sapienza’ guida invece le propostebibliche che prendono la forma di conferenzesu determinati temi biblici (talora anche informa di contributo interdisciplinare, quandoavviene in ambiti accademici), oppure dielaborazione di sussidi su determinati temi.In questa direzione si è promossa la formuladei Weekend biblici, in cui si affrontano temiper la vita (cristiana), con contributi speci-ficamente biblici e con altri offerti da diversediscipline (teologia spirituale, psicologia, so-ciologia, ecc.).4.4. Uno dei compiti in cui l’apostolato bi-blico è chiamato a dare attualmente un fortecontributo è quello di promuovere o di af-fiancarsi ai Gruppi di ascolto, che spessoprendono forma di gruppi di lectio divina. 4.5. è qui, però, che si avvertono anche si-gnificativi problemi, in quanto, se in alcunerealtà parrocchiali si sta assistendo ancoraad una primavera biblica, in altri ambientisi avverte una certa stanchezza. Le motiva-zioni di quest’ultimo atteggiamento sonoplurime, a volte legate ad uno scarso ricam-bio di generazione, a volte a motivazionistrettamente personali, ma a volte appare

anche una certa insoddisfazione per approccialla Scrittura che non soddisfano le attesepiù profonde. è allora necessario ripensarealle metodologie utilizzate per la lettura dellaBibbia, soprattutto quando questa avvienein comunità. 4.6. Si è assistito, nelle nostre Diocesi, speciedietro la spinta data dalla pastorale del Card.Martini, ad un fiorire di gruppi di lectio di-vina. è nostra opinione che per un versoquesto approccio sia per certuni troppo com-plesso e per altri troppo elusivo del primomomento, quello della lectio, risolto troppospesso con una piccola e noiosa conferenzaesegetica.

5. tentativi di innovazionenelle proposte di LECTIODIVINA

Ci muoviamo qui su un terreno sperimentaledove la nostra preoccupazione è quella dellaformazione di animatori di gruppi biblici. Bi-sogna dire che varie realtà parrocchiali e dimovimenti/associazioni si muovono in modoindipendente, cercando di provvedere in pro-prio alla formazione di animatori. Gli esitisono molto variegati e non sempre ci sembraessere assicurata l’adeguata preparazione de-gli animatori, che non necessariamente de-vono provenire dalle nostre scuole teologicheo dagli istituti di scienze religiose. Resta peròvero che si può migliorare nella valorizza-zione delle competenze bibliche/teologichepresenti sul territorio.5.1. Per il momento in cui si avvia un grup-po di ascolto o di lectio, suggeriamo di nonadottare un approccio troppo complesso, chescoraggia i partecipanti e non sempre fa ap-prezzare loro il tesoro delle Scritture. In ognicaso l’animatore deve essere comunque pre-parato, forse più che negli stessi gruppi che

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vantano già anni di esperienza e di cammi-no. Concretamente, si suggerisce di adottareun metodo la cui procedura è molto sempli-ce: lettura del testo; prima reazione di tuttii partecipanti senza doverla motivare; do-mande all’animatore; rilettura del testo ebreve meditatio (che cosa dice a me questapagina biblica?). Infine preghiera persona-le/comunitaria.5.2. Nel caso di gruppi già da tempo costi-tuiti, il problema che si è evidenziato è pro-prio quello del primo momento della lectiodivina, detto appunto lectio. Come già di-cevamo, la riflessione ha sviluppato mag-giormente le questioni legate ai momentisuccessivi (meditatio, oratio, contempla-tio), ma non insegna a fare la lectio, a starecioè davvero sul testo. Con il gruppo di la-voro che affianca l’Ufficio per l’ApostolatoBiblico si è approdati al metodo del pardes,passando prima attraverso le esperienze del-la catechesi biblica simbolica (cfr. coniugiLagarde). Dopo le prime difficoltà iniziali, il metododel pardes si è rivelato appassionante e con-vincente. Ci si permetta di suggerirne i pas-saggi essenziali e i guadagni corrispondenti.Non è questo un voler a tutti i costi fare untributo al rabbinismo e alla sua tecnica di in-terpretazione dei testi biblici – con tutte leproblematiche ermeneutiche connesse –, maè un cercare l’approdo ad una lettura proficuae attualizzante delle Scritture senza sorvo-lare troppo velocemente il testo stesso.5.3. pardés, cioè entrare nel Paradiso delleScritture. Seguiamo le singole lettere conso-nantiche. 5.3.1. P è l’iniziale di Peshat, cioè una let-tura piana, letterale. Si tratta di leggere leScritture con attenzione al testo così come è,superando gli effetti di proiezione in cui, piùche leggere il testo, vediamo proiettate le no-stre idee ed immagini. A latere annotiamo

che la catechesi simbolica, che propone lalettura nei colori, segue in realtà la medesimascansione (leggere nel blu). Per questo primomomento suggeriamo anche l’uso di più tra-duzioni ed eventualmente di testi lievementealterati, che obbligano a riconoscere partico-lari che sfuggono in un testo troppo frequen-tato (consiglio di R. Barthes).5.3.2. R come Remez, cioè una lettura inrete, ossia collegando tra loro vari testi.è il metodo antichissimo, assai attestato an-che nel Nuovo Testamento, di leggere un te-sto collegandolo ad un altro e ad un altroancora, fino a formare quasi una ‘collana’di perle, cioè di riferimenti biblici che si il-luminano reciprocamente. Nell’esercizio con-creto è il momento più impegnativo, ma pro-gressivamente porta ad avvicinarsi alla Bib-bia come ad un ‘tutto’ e ad apprezzarne an-che la forma canonica. Nella catechesi bi-blico-simbolica è il leggere nel verde.5.3.3. D, come Darash, ossia porre domandeal testo perché dischiuda il suo significatoprofondo. Si tratta di andare oltre la super-ficie, di ricercare il significato di un branocome indica appunto il termine ebraico da-rash, cioè ricerca del messaggio veicolatoda un testo. Per la catechesi simbolica è illeggere nel rosso. Questo livello non com-porta ovviamente che si assumano le me-todologie del midrash rabbinico, ma che sidischiuda il senso della Scrittura e, in par-ticolare, anche il livello della lettura cristo-logica.5.3.4. S, come Sôd, ossia stare nel piano diDio, colloquiare stabilmente con Lui, fino avivere e morire nella verità di una paroladella Scrittura. Si tratta di far diventare pre-ghiera la lettura della Parola, giungendo adun colloquio con Dio, che è un riconoscere ilsuo piano d’amore su di noi, e concretizzarlonella nostra vita. Nella catechesi simbolica èleggere nel giallo. Faccio notare qui che è

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questo il momento su cui si è concentratamaggiormente la metodologia tradizionaledella lectio, articolandolo nei tre livelli: me-ditatio, oratio, contemplatio. Essi non ven-gono eliminati, ma deve evidenziarsi comeognuno di loro porti ad un fine preciso: ac-cogliere nella propria vita la volontà di Dio.

6. appendiCe: una dioCesi e leproposte della pastoralebibliCa

Offriamo qui, come appendice, l’intervistafattami da Valentino Bulgarelli circa la pa-storale biblica nella Diocesi orobica. L’intentonon è certo quello di ostendere quello chesi fa, ma solo di presentare alcune possibilitàconcrete, praticabili da molte Diocesi. D’altraparte molte altre Diocesi possono offrire illoro contributo specifico, anche nell’indivi-duare ambiti di lavoro e iniziative concrete.Di passaggio segnaliamo come sarebbe in-teressante ricevere dalla Diocesi di Milanola documentazione e il materiale della loroproposta biblica per i bambini, dal titolo Ilmondo della Bibbia.

intervista

Quando è stato costituito l’Ufficio perl’Apostolato Biblico?Precisiamo subito che l’Ufficio per l’Aposto-lato Biblico nella Diocesi di Bergamo è statoufficialmente costituito solo nel 1995, mache la sua attività a livello informale era giàiniziata da tempo. Le attività dell’Ufficio so-no organizzate a livello centrale e hanno se-de in città e nelle parrocchie limitrofe. Lacittà di Bergamo ha una posizione centralerispetto al suo territorio, sia per quanto ri-guarda la pianura a sud, sia per quanto ri-guarda le vallate orobiche, tutte orientate

sulla città. Questo favorisce non poco le ini-ziative cittadine.

Quali sono le proposte dell’ApostolatoBiblico?L’Apostolato Biblico si muove su un doppiobinario: organizza direttamente le proposte‘centrali’, e sostiene, in vario modo, le ini-ziative bibliche delle varie zone pastoralinon cittadine. In queste zone, molto spesso,vengono attivati corsi biblici di formazioneper catechisti e per operatori pastorali, corsidi catechesi biblica per adulti, e altre propo-ste bibliche per associazioni ecclesiali, gruppiparrocchiali e centri culturali (biblioteche,scuole, ecc.).

Che tipo di sostegno è offerto alla “pe-riferia”?Duplice: sia a livello di progettazione, maanche di aiuto per la realizzazione delle di-verse iniziative, fornendo persone preparateallo scopo. In molte parrocchie sono attividiversi gruppi di interesse biblico, in cui silegge, si prega e si condivide la vita allaluce delle Scritture. La tipologia di tali gruppiè varia, ma emerge la richiesta di prepara-zione delle persone per la conduzione deimedesimi, metodologicamente corretta e bi-blicamente formata. A tale necessità vuolerispondere la Scuola per Animatori deiGruppi biblici. Essa è comunque aperta an-che a tutti coloro che, pur non operandonella pastorale biblica, desiderano appro-fondire la lettura della Bibbia. La Scuola perAnimatori dei Gruppi biblici prevede sialezioni frontali, sia gruppi di lavoro conesercizi metodologici su brani prescelti, cherichiedono anche l’impegno di uno studiopersonale.

Per quanto riguarda le proposte offerteal ‘centro’, e in modo particolare la

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scuola diocesana della parola, qualepercorso segue?Il percorso degli ultimi anni si è riferito aitemi che progressivamente si affacciavanonella vita ecclesiale, anche se non si è mairinunciato a procedere attraverso una letturadei singoli libri. Inoltre da sempre il Comitatoche organizza la Scuola della Parola vuoleuna precisa caratteristica: tenere saldamenteuniti il Primo e il Nuovo Testamento; perciòogni volta si offre una proposta di studio peralmeno un libro del Primo Testamento. Un altro aspetto è quello di cercare un ap-proccio al testo biblico che, pur non igno-rando il momento filologico, evidenzi le pos-sibile prospettive ermeneutiche, perché solocosì si può incontrare il bisogno che spingemolti partecipanti: fare chiarezza sul propriopercorso di fede e saper rispondere alle pro-blematiche poste dalla cultura moderna.

Quali altre iniziative e proposte?Segnalo quattro situazioni. In primo luogo,in direzione di uno sviluppo della pastoralebiblica, tra le varie iniziative che fioriscononella Diocesi di Bergamo a livello parroc-chiale e vicariale, si iscrive la proposta deiWeekend biblici diocesani, che ha il suoscopo primario nella promozione di un in-contro con la Sacra Scrittura attraversol’ascolto, la preghiera, e la condivisione dellaluce e della forza di vita che sprigionanodalla parola di Dio fatta Libro. L’ultimo Wee-kend biblico residenziale, per esempio, hariguardato il tema dei rapporti con i benimondani che il credente è chiamato ad ave-re; il tema coinvolge questioni come il lavo-ro, il riposo, la festa, la condivisione, la so-brietà. Si tratta di un corso residenziale,aperto però anche a partecipanti ‘pendolari’.Un agile volume a carattere divulgativo rac-coglie ogni anno gli Atti del corso. è notevolecomunque la risposta che la Diocesi ha dato

alla proposta, e si sta pensando come poterladuplicare in altre località sul territorio.In secondo luogo, l’Apostolato Biblico con-corre all’ideazione e realizzazione del Sus-sidio Biblico-catechistico per la Diocesi, lar-gamente utilizzato nelle parrocchie e nei varigruppi biblici. Il sussidio biblico-catechisticocerca di incrociare i temi o del programmapastorale, o quelli legati ad un particolareanno … In terzo luogo l’Ufficio per l’Apostolato bi-blico prepara uno stand apposito, con il sus-sidio di materiale pensato allo scopo, in oc-casione del Convegno annuale diocesanoper la Catechesi.Infine, l’altra importante iniziativa a cuil’Apostolato Biblico partecipa è quella di ef-fettobibbia, che intende promuovere la co-noscenza della Bibbia sul piano culturale. Per la conoscenza di questa proposta puòessere utile accedere al sito www.effettobib-bia.it.

Bibbia e cultura è una prospettiva ri-chiamata con una certa enfasi anchenell’esortazione apostolica post-sino-dale verbum domini. È un rapporto cheoggi pare suscitare un certo interesse.Come vi state muovendo?è proprio questo rapporto che ha portatol’Ufficio per l’Apostolato biblico ad entrarenel Comitato per la Cultura biblica, promo-tore ed organizzatore di effettobibbia. Infatti si assiste oggi ad un rinnovato inte-resse per la Bibbia, quale Libro costituenteil grande Codice, perché è il più ricco e pro-fondo repertorio di simboli della civiltà del-l’Occidente. Per chi si accosta alla Bibbia,mosso fondamentalmente dal desiderio diconoscenza, da curiosità intellettuale, da vo-lontà di crescita culturale, le attese non ven-gono certo deluse da questa raccolta di libri,che rimane un capolavoro assoluto della let-

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teratura di ogni tempo. D’altra parte la Bib-bia non è soltanto un documento delle co-munità di fede, che riconoscono nel Libro lanorma del loro cammino, ma è un ‘monu-mento’ storico di importanza ineguagliabilenon solo per conoscere Israele, la figura diGesù, i primi passi del cristianesimo, ma tut-to uno sviluppo del pensiero, dell’arte figu-rativa e musicale, del teatro, della letteratura,della riflessione politica, dell’impegno socialee lavorativo. La Bibbia è come la fonte all’origine di unfiume che si fa sempre più ampio per i variapporti, ma la sua acqua resta per così direil cuore, il flusso costante di tale fiume. èquanto è successo nella storia degli effettiche la Bibbia ha generato, dalla realtà piùimmediatamente percepibile dell’esistenzadel Libro, dell’editoria ad essa collegata,nonché a tutte le produzioni culturali che adessa, più o meno direttamente, si richiama-no. La Bibbia, tuttavia, non è solo il Librodel passato e del presente ma, come ha af-fermato efficacemente il Card. Carlo MariaMartini, è il Libro per il futuro dell’Europa,in grado di orientare scelte e stili di vita pro-positivi entro società sempre più multicultu-rali e multireligiose. è a partire da questodato fondamentale, che si è costituito a Ber-gamo un Comitato per la Cultura biblica.

Quali sono le finalità e l’opera di que-sto Comitato?All’inizio esso ha lavorato per oltre due anniin vista della realizzazione di un progetto ri-volto alla valorizzazione della Bibbia e delleradici culturali bibliche della nostra civiltà,e specificamente delle produzioni culturalied artistiche presenti anche sul territorio ber-gamasco. Ciò che ha caratterizzato tale Co-mitato è stato il fatto che non rappresentasoltanto ambienti ecclesiali diocesani, maanche centri culturali di ispirazione laica, già

attivamente interessati alla promozione dellaconoscenza della Bibbia. Inoltre, il Comitatoha avuto un significativo volto ecumenico,grazie alla partecipazione della stessa Co-munità cristiana evangelica, la Chiesa pro-testante presente a Bergamo da due secoli.Da ultimo, va segnalato, che nel Comitatosono rappresentati organismi di istituzioniciviche, come il Comune di Bergamo e ilCERCO dell’Università di Bergamo. Il Comi-tato ha dunque dato impulso ideativo e at-tuativo ad un progetto posto sotto il titolodi “effettobibbia”, che è giunto ormai allaquinta edizione.

Prof.ssa Rosanna VirgiliBiblista (Fermo-Roma)

Il “lavoro” più bello del mondo!

1. L’esperienza di una biblista laica che parladi Bibbia:a. la Bibbia: “questa sconosciuta”;b. la particolarità, la complessità, la bel-

lezza della Scrittura: l’aspetto storicoe letterario della Bibbia;

c. l’incidenza della Scrittura come Paroladi Dio;

d. l’autorevolezza dell’oratore; e. le vie di comunicazione più efficaci, la

persuasività della “fede”, quando vie-ne riconosciuta.

2. Il “target” dell’Apostolato biblico: laici,religiose/i, sacerdoti:a. la curiositas verso la Bibbia e il forte

desiderio di conoscerla; b. la diversità delle realtà e la necessità

di diversi tipi di comunicazione, diversilinguaggi, diverse “traduzioni”;

c. regola d’oro (aristotelica): ethos, pa-thos, logos.

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3. I veloci cambiamenti socio-culturali fuorie dentro la Chiesa e il diverso modo di fareApostolato biblico negli ultimi 15 anni.

4. Cosa rafforzare? a. l’impegno per la conoscenza della Bib-

bia presso il mondo cattolico;b. la relazione tra Parola e vita, attualità,

storia e cultura contemporanea;c. la diffusione presso i non credenti e il

dialogo interculturale.

Don Rosario GisanaBiblista e patrologo (Noto-Catania)

1. le origini

La diffusione della Sacra Scrittura è semprestata, per la Diocesi di Noto, una peculiaritàcatechetica che ha caratterizzato la vita pa-storale di alcune comunità parrocchiali.Un’esperienza legata a precise istanze dellaDei Verbum. La loro assimilazione, in specielà dove la Costituzione Dogmatica insistesulla diffusione del testo biblico anche tra ifedeli laici (cf. DV 25), ha portato ad unaproliferazione di esperienze di lettura dellasacra Scrittura. Oltre alla lectio divina cheha formato la vita spirituale di qualche co-munità parrocchiale, si sono propagati, neglianni settanta, momenti di riflessione sul te-sto biblico da trasformarsi in veri e propriconvegni, coinvolgendo però uno o al mas-simo due degli otto vicariati presenti in Dio-cesi. Un contributo importante limitato peròa qualche comunità. Sul finire degli anni ot-tanta, il Centro Diocesano Vocazioni compieuna virata davvero stupefacente, stabilendodi formare i giovani in discernimento voca-zionale, con la lettura della sacra Scrittura.Nell’ottobre del 1988 nasce così la Scuoladi preghiera nello stile della lectio divina. I

giovani della Diocesi, e non soltanto quellidi una comunità parrocchiale, verranno aiu-tati a leggere il testo biblico, ad interpretarloe ad attualizzarlo per le loro scelte di vita. Questa prassi d’annuncio continuerà inin-terrottamente fino al giugno del 2008, men-tre si innesterà in quest’alveo di iniziazione,legato al Centro Diocesano Vocazioni, la fon-dazione del Centro di Spiritualità Biblica“Antonio Frasca”. è l’anno 1996. Nel mesedi luglio viene istituita ufficialmente la fon-dazione ecclesiastica con una precisa sede,nei locali del Seminario Vescovile, e con fi-nalità che riguardano la diffusione della sa-cra Scrittura tra i fedeli laici, affinché questiultimi possano accrescere la loro sensibilitàcristiana lasciandosi guidare dai moniti dellabibbia. Il Centro di Spiritualità Biblica, se ini-zialmente utilizzerà il percorso avviato dalCentro Diocesano Vocazioni, proseguirà laformazione con proposte parallele e del tuttooriginali, legate soprattutto alle sollecitazionidel Secondo Sinodo Diocesano, celebratosiproprio in quell’anno. Il Centro di SpiritualitàBiblica sarebbe di fatto il frutto più signifi-cativo del cammino sinodale della Diocesi diNoto. L’attenzione alla Parola di Dio, che ilSinodo espresse sia con puntuali ammoni-zioni sulla diffusione della bibbia tra i fedelilaici, sia con racconti di esperienze che rile-vavano il ruolo che l’annuncio biblico avevaavuto negli anni settanta, diventò prassi pa-storale grazie all’impegno del Centro di Spi-ritualità Biblica. Fu questa la ragione che in-dusse il Vescovo del tempo, mons. SalvatoreNicolosi, ad approvare con decreto del 14luglio del 1997 la fondazione, riconoscen-done la personalità giuridica. Il Centro di Spiritualità Biblica è, per la Dio-cesi di Noto, segno di un cammino ecclesialeche sa affidare alla Parola di Dio il propriocompito di riconoscere il Regno di Dio: unostrumento essenziale di apostolato biblico

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non più per qualche parrocchia, bensì perl’intera comunità diocesana. La presenza delCentro nella Diocesi rappresenta effettiva-mente una pro-vocazione in un duplice ver-so: da una parte, nel sollecitare i fedeli laicia riscoprire la bibbia e a far sì che quest’ul-tima possa davvero diventare il “luogo dellachiamata” per un itinerario di conversionepermanente; dall’altra, nel rimarcare il donodella sacra Scrittura nei diversi ambiti pa-storali della Chiesa locale: un dono di sa-pienza e lungimiranza, per pianificare per-corsi d’annuncio che sottolineano il valoredella sinodalità nella vita pastorale. Il nutri-mento della Parola di Dio, accolto nell’azioneliturgica e assimilato nella meditazione quo-tidiana, non può che suscitare forme nuovedi alleanze pastorali tra presbiteri e fedelilaici. Il Centro di Spiritualità Biblica, oltrealle finalità previste dallo Statuto, mira pro-priamente a concretizzare quest’aspetto dellavita ecclesiale. La dimensione sinodale nonè una proposta aggiuntiva alla pastorale del-la Chiesa; essa costituisce il ganglio vitaledi un’ecclesialità sensibile al gusto del cam-minare assieme verso il Regno di Dio. Equesto può esprimerlo l’ascolto umile e si-lente della sacra Scrittura, che si fa carnenella ricezione di una parola divina nell’am-bito privilegiato del rendimento di grazie cheè l’Eucaristia.

2. i risultati di una verifica

Il Consiglio di Amministrazione, compostoda cinque membri, nell’anno 2004 decise dicompiere una verifica. L’intenzione era dicapire il grado di ricezione della sacra Scrit-tura nel contesto delle comunità ecclesialidella Diocesi. Il Sinodo Diocesano, peraltro,aveva stabilito tra le proposizioni la diffu-sione della lectio divina. Il Centro di Spiri-tualità Biblica fece propria quest’istanza del

Sinodo e pensò, dopo circa un decennio diapostolato biblico, di avviare un sondaggio.Il rilevamento fu fatto sulla base di un que-stionario che comprendeva domande di tipochiuso: sei di esse riguardavano la lectio di-vina e tre l’esistenza di gruppi biblici. Il cam-pione della ricerca interessò non soltanto leparrocchie, ma anche le comunità religiose,maschili e femminili, presenti in Diocesi. Sitrattò precisamente di un campione di 137soggetti di cui 93 parrocchie su 95 e 44 co-munità religiose su 46. Il grado di rappre-sentatività, come si può notare, corrisposealla quasi totalità delle parrocchie e delle co-munità religiose della Diocesi. La percentualefu pertanto del 97,16%. Per quanto concerne la prima parte del que-stionario, il risultato fu sostanzialmente po-sitivo. Alla domanda se si praticasse la lectiodivina nella parrocchia o in una comunitàreligiosa la risposta affermativa riguardò il65,69%. Un dato significativo, presente inquasi tutti gli otto vicariati della Diocesi:esso permise di constatare come la sacraScrittura stesse progressivamente entrandonella vita delle comunità cristiane. Anche lapercentuale sulla scadenza fu confortante. Il66,67% rispose che la lectio divina si pra-ticava settimanalmente, mentre soltanto il15,55% in maniera quindicinale e il 17,78%mensilmente. Sulla modalità della lectio il71,11% rispose che veniva letto e meditatoun libro biblico, mentre il 33,33% le letturedella domenica. Da un ulteriore sondaggiosulle comunità che leggevano un libro bibli-co, risultò che il 64,06% lo faceva in ma-niera continuativa, mentre il 37,05% conbrani scelti. A questo si aggiunse un parti-colare che si rivelò utile per l’apostolato bi-blico del Centro. La verifica interessò il raf-fronto tra parrocchie e comunità religiosesul modo come esse praticassero la lectiodivina. Ne conseguì che il 76% delle par-

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rocchie preferiva la lettura continuativa,mentre il 78,57% delle comunità religiose laprassi dei brani scelti. Tale sensibilità, legataappunto alla lettura continuativa del testobiblico, fu attribuita dal Centro ai numerosiconvegni biblici, proposti annualmente nelperiodo estivo e invernale, su un determi-nato libro biblico. Le parrocchie sentivanoormai il bisogno di meditare un libro biblicoche le accompagnasse nella formazione dellaloro fede, sempre più ispirata alle mozionidella sacra Scrittura. Da qui si comprese laragione perché il 90% preferì il confronto esu questa base il 62,22% verificava il propriocammino di fede sul testo, mentre appenail 47,78% si limitava a raccontare le espe-rienze di vita. Il dato invece meno significativo riguardòl’esistenza del gruppo biblico nelle parroc-chie. Soltanto il 12,41% rispose affermati-vamente. Un elemento importante che con-sentì al Centro di rimarcare due possibili mo-tivazioni:

a. La prima riguardante coloro che avrebberodovuto assolvere il compito di guidare ilgruppo biblico. La mancata preparazioneo la poca sensibilità per la sacra Scritturasaranno forse state le cause che hannoindotto gli operatori pastorali (presbiteri,diaconi, catechisti) a ripiegare su altro,preferendo sovente tematiche di tipo spi-rituale, etico o sociale oppure affidando aimovimenti la formazione cristiana dei fe-deli laici.

b. La seconda concernente più specificamen-te il Centro. Esso, con le sue numeroseiniziative, ha probabilmente supplito allanascita di nuovi gruppi biblici. Il Centrodi fatto non è riuscito, nonostante il lungopercorso di formazione, a curare que-st’aspetto dell’apostolato biblico. I gruppi

parrocchiali, dediti allo studio della sacraScrittura, sarebbero infatti uno strumentodi formazione utile per raggiungere i variambiti della pastorale parrocchiale, per la-sciarsi questi ultimi “strutturare” dalla sa-pienza biblica.

3. le finalità del Centro di spiritualitàbiblica

Dall’art. 2 dello Statuto si legge: «La fon-dazione ha lo scopo di promuovere una spi-ritualità fondata sulla conoscenza della Bib-bia, di favorire esperienze di preghiera e dipratica della lectio divina, di sostenere leattività della diocesi di Noto volte a rendereconcreto l’annuncio biblico del vangelo aipoveri». Quest’ultimo aspetto, che mette inevidenza l’orientamento pastorale di Gesù(cf. Mt 11,5; Lc 4,18; 7,22), sembra di-sporre la ragione ultima di ogni pastoralediocesana e la peculiarità della fondazionedel Centro. Essa, stando allo Statuto, pre-senta il Centro non tanto come mero stru-mento di divulgazione biblica, quanto comeambito pastorale che tende a rammentare,attraverso le iniziative dell’apostolato bibli-co, il progetto di Gesù secondo cui l’annun-cio ai poveri deve realmente costituire labase di ogni evangelizzazione. Il Centro, inquesto senso, ha sempre sostenuto taleorientamento, lasciandosi persino implicarenel processo educativo delle comunità par-rocchiali. L’attenzione alla sacra Scritturapermette infatti che la comunità cristianapossa diventare – come riferiscono i Vescovinel recente documento Educare alla vitabuona del Vangelo n. 41 – «accogliente edialogante […] per instaurare rapporti diamicizia e offrire risposte alla sete di Dioche è presente nel cuore di ogni uomo». Leiniziative di apostolato biblico, che il Centroha sempre proposto, toccano infatti questi

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due aspetti della pastorale diocesana. Lapersuasione, che la pastorale della Chiesanon possa prescindere dall’annuncio ai po-veri e dall’educare le comunità a relazioniaperte e accoglienti, costituisce l’interesseprimario del Centro.è da segnalare, in primo luogo, la reiterataesperienza dei convegni biblici. La proposta,nella duplice versione, estiva e invernale, èespressa annualmente da sedici anni a que-sta parte. Essa ha lo scopo di presentare«un’introduzione rigorosa alla conoscenzadella Bibbia, avvalendosi della collaborazio-ne di studiosi esterni» (dallo Statuto, art. 2,sez. a). è chiaro che l’intento è quello diaiutare i fedeli laici a “sentire” il testo biblicopartecipe della loro vita quotidiana. La co-noscenza più o meno erudita della sacraScrittura può essere certamente utile alla cre-scita personale, ma soprattutto sollecita acogliere il valore ecclesiale della lectio divi-na, la quale – afferma il Papa nell’Esorta-zione apostolica post-sinodale Verbum Do-mini al n. 86 – serve ad «evitare il rischiodi un approccio individualistico, tenendopresente che la Parola di Dio ci è data percostruire comunione, per unirci nella Veritànel nostro cammino verso Dio». Il Centro ri-vela qui uno degli aspetti fondamentali delsuo apostolato biblico condotto in Diocesi.è convinzione ormai assodata che i conve-gni stiano progressivamente maturando neifedeli laici non soltanto il desiderio del nu-trimento della Parola di Dio, ma anche lavoglia di ricercare, mediante lo studio dellasacra Scrittura, modalità nuove di comunio-ne con i presbiteri. L’esperienza delle comu-nità di parrocchie, benché sia da attribuirealla novità pastorale dell’attuale Vescovo,mons. Antonio Staglianò, affonda le sue ra-dici spirituali nella silente formazione che inquesti anni il Centro ha assicurato mediantel’ascolto continuativo della bibbia.

L’apertura ecumenica è un’altra dimensioneche il Centro ha particolarmente curato, fa-vorendo il confronto soprattutto con la tra-dizione ebraica. L’esperienza della condivi-sione sull’ascolto del Primo Testamento, se-gnata da due significativi incontri con il Rab-bino di Ferrara, costituì per la Diocesi, neglianni 2003 e 2004, un momento di crescitaecclesiale, nel segno di quell’«opportunitàprovvidenziale – ribadisce il Papa nella Ver-bum Domini al n. 117 – per manifestare co-me l’autentico senso religioso possa pro-muovere tra gli uomini relazioni di univer-sale fraternità». è proprio del Centro pro-muovere esperienze che possano formarepresbiteri e fedeli laici al dialogo interreligio-so. In virtù della Parola di Dio, condivisa epregata, è evidente che si possa giungere alrispetto della persona nella sua diversità,senza per questo desistere dall’essere fedelial Vangelo di Gesù. Il discepolato cristiano,quello che il Centro tenta di sollecitare conl’ascolto della Parola di Dio, non può con-trastare la libertà religiosa, manifestandopiuttosto la bellezza del cristianesimo vissutonella diversità delle culture.Tra le attività del Centro rientrano pure espe-rienze che aiutano «alla sensibilizzazionecristiana degli emarginati» (Dallo Statuto,art. 2, sez. c). Un’istanza questa che rendeconcreto l’annuncio cristiano e che il Centrointende esprimere in un duplice modo:

a.a partire anzitutto dal supporto che è of-ferto all’esperienze di carità che esistonoin Diocesi. è infatti nell’intenzione delCentro sostenere concretamente gli ope-ratori pastorali che esercitano un ministerodi carità, d’accoglienza e recupero.

b. con la programmazione di settimane distudio in favore della Diocesi gemella diButembo-Beni in Congo. Si intende, in al-

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tri termini, organizzare per essa momentidi approfondimento biblico mettendo a di-sposizione i risultati degli studi biblici.

La fondazione del Centro tende però ad altrafinalità che forse potrebe apparire pretenzio-sa: accompagnare i fedeli laici nella risco-perta della sapienza della bibbia, offrendoloro modalità di approfondimento che pos-sano aiutarli a leggere autonomamente iltesto biblico, persino nelle lingue originali.Si legge infatti nell’art. 2, sez. d, dello Sta-tuto: «Istituisce borse di studio per laici chevolessero partecipare a iniziative per la co-noscenza della Bibbia fuori dall’Italia». Laclausola lascia intendere che i fedeli laici po-tranno attingere a studi di livello specialisti-co, presenti in Istituti adeguati, affinché essi

con la loro preparazione collaborino il Centronella diffusione della bibbia in Diocesi. Il fat-to che due giovani abbiano già studiatol’ebraico rappresenta un primo obiettivo im-portante, in vista soprattutto della costitu-zione di un gruppo di coordinamento, a sup-porto del Consiglio di Amministrazione.Un’idea questa che il Centro, dopo anni diformazione, sta tentando di realizzare, in ri-sposta a quello che il Papa nella VerbumDomini n. 84 suggerisce con particolare in-citamento: «[i fedeli laici] possano attingerequesta formazione alle scuole delle grandispiritualità ecclesiali alla cui radice sta sem-pre la sacra Scrittura. Secondo le possibilità,le diocesi stesse offrano opportunità forma-tive in tal senso per laici con particolari re-sponsabilità ecclesiali».

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1. introduzione 2. un movimento respiratorio3. entrare in un mondo 4. piattaforme di immedesimazione 5. Carattere unico di Gesù e della bibbia 6. la catechesi come processo ‘cultura-

le’ originale 7. un percorso possibile e i suoi stru-

menti

1. introduzione

• Scegliamo la catechesi come punto di os-servazione da cui considerare il primoannuncio e l’attualizzazione.

• Il primo annuncio, che si riferisce di persé ad altri luoghi, stili e contenuti rispettoalla catechesi, la interseca però a causadella necessità, di oggi e di sempre, di ri-visitare i passi di base della fede.

• L’attualizzazione è una tra le dinamicheche favoriscono l’incontro tra la propostadi fede e la vita delle persone. La catechesisi pone al servizio di questo incontro.

• Incontrare la Parola di Dio, Gesù Cristo,è la posta in gioco profonda di tutta lamissione della Chiesa, di cui la catechesie l’uso della Bibbia in catechesi fa parte.

2. Come una respirazione

• L’ipotesi di base di questa riflessione è laseguente: la Bibbia, e la catechesi, con-dividono una parziale identità di processicon i luoghi di mediazione della culturavissuta delle persone.

• Intendiamo ‘cultura’ non come accumulostratificato di saperi, ma come matricedell’esperienza umana. ‘Cultura’ sono lerappresentazioni mentali, i sistemi di va-lori e l’insieme di regole che, insieme allalibertà dei soggetti, producono esperien-za, cioè vissuto dotato di senso.

• La cultura così intesa riguarda tre dimen-sioni antropologiche di base: la questionedell’identità (chi sono io?), la questionedella relazione (chi sei tu? Chi possiamoessere insieme?) e la questione del rico-noscimento e della produzione dei signi-ficati, compresi quelli ultimi (che sensoha questo?).

• Essa non è quindi alla periferia del rap-porto dell’uomo con se stesso, ma all’ori-gine: noi passiamo dalla cultura e dallesue mediazioni per sapere chi siamo.

• Essendo il risultato di un processo, lacultura va anzitutto osservata a partiredai suoi luoghi di mediazione. Sono luo-ghi di mediazione della cultura la fami-glia, la scuola, i gruppi sociali, e – lo diceanche la parola – i media.

• I media – vecchi e nuovi, di massa, per-sonali e sociali – funzionano come me-diazioni della cultura vissuta secondo unprocesso rappresentabile come una respi-razione, in tre momenti: – Inspirazione: gli autori di un trasmis-

sione TV, lo sceneggiatore di un film,l’autore di un romanzo, si guardano ingiro per cogliere ciò che si muove dentroe sotto il vissuto delle persone.

– Ossigenazione: questi elementi vengo-no riplasmati e diventano un racconto,

COMUNICARE LA PAROLA TRA ANNUNCIO,ATTUALIZZAZIONE E CATECHESI

Don Ugo Lorenzi, Catecheta (Milano)

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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dotato di caratteristiche originali e divalori aggiunti specifici.

– Espirazione: il prodotto viene confezio-nato e proposto ai suoi interlocutori diriferimento.

3. entrare in un mondo

• Ponendoci, invece che dal punto di vistadei media, da quello dei soggetti, le fasisono: il vissuto umano delle persone, l’in-gresso/ immersione in un luogo di me-diazione di cultura (il testo come para-digma – Eco, Ricoeur, Illich – ma vale perqualsiasi medium), e l’uscita in un’espe-rienza umana arricchita dal passaggio nel-la mediazione culturale.

• La Bibbia è nata come mediazione cre-dente di un vissuto, quello del popolo diIsraele e dei discepoli di Gesù. Essa lo faproprio, lo elabora e lo rilancia comeesperienza di fede in Dio e in Gesù. L’usoche viene fatto della Bibbia nella comu-nità cristiana attuale, dentro la pastoralee l’evangelizzazione, fa propria questadinamica: raccogliere il vissuto delle per-sone, esporlo alla Parola di Dio, e rice-verlo approfondito e rilanciato.

• La Bibbia è la matrice fondamentale, in-sieme alla liturgia che è il suo contestonaturale, del passaggio dal vissuto uma-no all’esperienza di fede.

• Se prendiamo questi quattro elementi(vissuto umano; Parola di Dio nella me-diazione della Scrittura; liturgia; esperien-za di fede) e li mettiamo in fila, troviamola dinamica di base del progetto catechi-stico italiano. Più ampiamente, la cate-chesi cristiana ha sempre funzionato co-me raccolta di un vissuto dentro il rac-conto della storia della salvezza, dottrinadi fede, e nuova esperienza. I suoi duegeneri di base sono infatti il racconto (sto-ria della salvezza) e il discorso (dottrina).

4. piattaforme diimmedesimazione

• Per molto tempo la catechesi si è potutaaccontentare di assicurare la ‘secondametà’ del percorso. La famiglia, la scuolae la società nel suo insieme trasmetteva-no un capitale di base di rappresentazionisu Dio, educazione alla preghiera e for-mazione morale, e soprattutto una moti-vazione di fondo, che permettevano allacatechesi di limitarsi alla sintesi dottrina-le, e al genere discorso.

• Oggi la catechesi è chiamata a riscoprirela prima metà del percorso: introdurrealla proposta di fede facendone scoprirel’interesse. Su questo terreno, i prodottidi cultura popolare e i media che li dif-fondono si muovono in modi interessanti.Vale perciò la pena di andare a vederecosa succede dalle loro parti.

• Questi prodotti incrociano il vissuto dellepersone, provocando un coinvolgimentograduale che approda a delle ‘piattaformedi immedesimazione’. Esse puntano a farsentire i lettori/spettatori raggiunti in unluogo significativo della loro vita; li in-terpellano, passando a loro la parola, esuscitando la loro interpretazione e presadi posizione. Consideriamo rapidamentetre esempi: – Dinamiche di immedesimazione sca-

denti: il Grande Fratello. – Dinamiche di immedesimazione neu-

tre: le serie TV italiane. – Piattaforme di immedesimazione inte-

ressanti: Dylan Dog, I Simpsons, Lost.

5. uniCità di Gesù e della bibbia

• Esiste una parziale omologia di processitra la Bibbia e la cultura popolare (Lc 19,1-10).

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giornata di studio del settore per l’apostolato biblico 33

– Allestire uno scenario, caratterizzare ipersonaggi, innescare un racconto.

– Un capovolgimento al cuore del rac-conto.

• All’interno di queste corrispondenzeemerge lo specifico della mediazione bi-blica e catechistica della Parola. – Il bianco del testo, e l’attivazione del

lettore/gruppo – Gesù nelle mie rappresentazioni – Gesù nella mia/nostra vita

• Il modo singolare che ha Gesù di abitarela comunicazione – In generale, la persona in relazione è il

‘metamedium’ di tutti gli altri media: èil loro luogo di autenticazione o dismentita.

– L’incontro con Gesù è stato un’espe-rienza di prossimità mai vista prima, einsieme di una differenza mai neancheimmaginata. Le due cose, incrociate.

– In quell’incontro, le persone si sentiva-no raggiunte nel loro luogo di verità(Redemptor Hominis 14, l’uomo è viadella Chiesa), e trovavano una Veritàpiù grande e definitiva (Gudium et Spes22, Cristo rivela l’uomo a se stesso).

6. la CateChesi Come proCesso‘Culturale’ oriGinale

• Invece che pensarsi come una pratica ca-talogata a parte rispetto alle dinamichedella cultura popolare, la catechesi trar-rebbe grande giovamento nel ripensarsia partire da esse.

• Ciò non significa delegare il pensiero dellacatechesi ad ambiti a lei esteriori, ma ri-trovare gli elementi basilari della suaidentità, attraverso la storia e nel pensierodella Chiesa. La catechesi ha sempre fun-zionato come la respirazione di cui ab-biamo parlato.

• Dentro quella parziale omologia di pro-cessi con la cultura, la Bibbia porta il suovalore aggiunto, che chiamiamo Parola,ed è la persona di Gesù Cristo. Egli è larealtà non trasmissibile, al centro del no-stro trasmettere. è Colui che ci viene in-contro per sua iniziativa. è anzitutto Luia compiere l’attualizzazione della Parola,che noi prepariamo attraverso l’attualiz-zazione delle dinamiche della Scrittura.

• Si tratta di ripensare i raccordi tra letturaresponsabile della Bibbia, pedagogia ef-ficace della proposta e sintesi del conte-nuto di fede.

7. un perCorso possibile e i suoistrumenti

• Una proposta di catechesi collegata alleriflessioni precedenti potrebbe svolgersisecondo queste fasi: – Favorire un contatto significativo con

i testi: – avvicinare ciò che è lontano (la Bib-

bia è per molti aspetti distante);– offrire elementi per comprendere la

situazione a cui un testo si riferisce; – far giocare l’intertestualità biblica

nella cultura popolare; – allontanare ciò che è troppo vicino

(alcuni testi sono fin troppo noti); – variare i linguaggi: arte, cinema, fu-

metti; – variare i punti di vista interni al testo; – variare la prospettiva (spostamento

laterale); – cogliere e mettere in gioco lo humour

dei testi biblici, che ribaltano le pro-spettive risapute;

– raccontare (richiede passione e alle-namento personali);

– drammatizzare (più delicato e com-plesso, richiede una formazione spe-cifica).

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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giornata di studio del settore per l’apostolato biblico34

• Già gli approcci segnalati sopra permet-tono di entrare nelle ambivalenze dei per-sonaggi, e nelle trasformazioni di sguardoche un testo propone. Il lavoro sul testoconverge verso la piattaforma di imme-desimazione principale, che è chiaramen-te indicata dal testo (Lc19), oppure sceltatra quelle autorizzate dal testo: – Frequentare i prodotti della cultura po-

polare per vedere come vengono pre-parate e costruite le piattaforme di im-medesimazione;

– Esse sono il luogo di attualizzazionedel testo (anche fermando il raccontoin quel punto e rilanciando sull’oggi);

– L’attualizzazione riguarda una proble-matica, una questione aperta che pro-voca una presa di posizione (interpre-tazione, racconto di sé, venire a galladelle rappresentazioni, decisione);

– Dentro qui si innestano delle pedagogieche attivano la parola dei partecipantialla catechesi; le pedagogie vengonoregolate dalla logica del testo, perchéè anzitutto il testo che ci insegna comedobbiamo leggerlo;

– Lavoro in piccoli gruppi, e ritorno nelgrande gruppo.

• Il catechista facilita il ritorno di ciò che igruppi hanno prodotto, e fa convergerela riflessione verso l’uno o l’altro dei puntifondamentali della fede (Credo, Sacra-menti, comandamenti, Padre Nostro). Daqualunque posizione nella storia della sal-vezza e nella vita della Chiesa ci si puòcollegare con l’impianto della dottrina difede, per riappropriarsene nella riflessione,e aprirlo alla preghiera e a nuovi vissuti.

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introduzione

Interpretare la Sacra Scrittura: un’operazionepossibile?

1) istruzioni per l’uso: consegnare glistrumenti per la lettura della bibbia (‘La Bibbia ci dice come si va in cielo enon come va il cielo’)

a) Non fare sconti sulle difficoltà del te-sto.

b) Coniugare metodo storico-critico conla teologia e la spiritualità.

c) Umiltà ermeneutica: il testo va rispet-tato e non esautorato.

2) un esempio di lettura: il Cantico deiCantici

a) non fare sconti sulle difficoltà del testoricco e composito: un insieme di poesied’amore originariamente indipendenti.

b) coniugare metodo storico-critico con lateologia e la spiritualità: l’amore uma-no che diventa cifra di quello divino.

c) ricchezza ermeneutica: le risonanzemistiche e le aperture pastorali.

ConClusione

Intercettare le domande.

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

INSEGNARE BIBBIA E FORMAZIONE PASTORALEDon Sebastiano Pinto, Biblista (Brindisi-Molfetta)

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Roma6-7 febbraio 2012

CAPITOLO 2

Avvio dei ConvegniCatechistichi Regionali 2012

INCONTRI NAZIONALIDIRETTORI UCD

«COME PIETRE VIVE»(1 PT, 2,5)

RINNOVARE L’INIZIAZIONE CRISTIANANELLE NOSTRE CHIESE

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Con questo Incontro Nazionale dei Direttorientriamo nella fase operativa dei ConvegniCatechistici regionali 2012. Si tratta diun evento importante, che vede tutta la co-munità catechistica italiana impegnata arealizzare quella “verifica” richiesta dagliOrientamenti Pastorali al numero 54a. Nonsto qui con voi a ripercorrere gli obiettivispecifici di questo lavoro: li conosciamo per-ché insieme li abbiamo proposti e valutatinel Vademecum. Mi sembra invece impor-tante dare una lettura del cammino intra-preso, senza enfatizzazioni, ma anche senzareticenze. Il lavoro nelle commissioni regionali per lapreparazione dei Convegni Catechisticiregionali è stato egregio, il merito va aidirettori uCr che ringrazio vivamente peril loro generoso impegno. In quasi tutte leregioni c’è stata una vivace risposta, ovvia-mente commisurata alla situazione concretadi ciascun territorio. Lo staff dell’UCN haincominciato nelle scorse settimane gli in-contri specifici con le regioni, altri seguiran-no in febbraio e marzo. Molte sono le lineedi “novità” che vengono da questa creativainterpretazione dei CCR:

a) In molte regioni si è verificato un buoncoinvolgimento dei vescovi, che in al-cuni casi è maturato in un incontro traUCR e Conferenza episcopale regionale;

b) In alcune regioni si è pensato ad un in-contro con rappresentanti dei Presbìteridelle diocesi (soprattutto i parroci);

c) Il lavoro di stesura delle relazioni re-gionali è in stato di buon avanzamento;i Convegni, daranno poi un ulteriore con-tributo di riflessione;

d) Mi sembra che nei Convegni si è predi-letto uno stile di coinvolgimento di per-sone qualificate e rappresentative:piuttosto che ai numeri ampi si è guardatoalla convocazione di persone rilevanti dalpunto di vista decisionale ed operativo –in tutto più di 5.000 persone (con unastima in difetto), molte più di qualsiasiconvegno di studio possa promuoverel’UCN;

e) Le Case editrici si sono coinvolte congrande attenzione; da esse ci aspettiamoanche contributi di riflessione e pensiero;nonché una qualificata presenza ai Con-vegni che ogni UCR concorderà. Anchel’aiCa ed alcuni ISSR e Facoltà Teologi-che sono stati localmente interpellati ecoinvolti;

f) Un discorso a parte meritano alcuni or-gani di pubblicistica; avvenire, per vocedel direttore Marco Tarquinio, ha assicu-rato attenzione e “copertura” verso i Con-vegni Regionali; settimana ha già pub-blicato alcune riflessioni; anche dalle altreriviste di settore ci aspettiamo attenzioni,nei modi che autonomamente riterrannoopportuni.

g) Il Ciis ha inserito una riflessione nell’am-bito della propria programmazione, e cosìci aspettiamo anche da parte dell’USMI edel CISM. L’AC (soprattutto l’ACR),l’AGESCI (ed il MASCI) hanno manifesta-to il proprio interesse e la propria dispo-nibilità. Anche altri Movimenti ecclesialisi sono avvicinati alla tematica.

h) I referenti territoriali dei tre settori sonostati allertati: essi si aspettano il loro coin-volgimento.

INTRODUZIONEDon Guido Benzi

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Si tratta di segnali incoraggianti che mostra-no come un cammino progettato e condottoinsieme porti i suoi frutti. L’osservatoriodell’UCN ci permette di vedere che la “ba-se” – o meglio – il “territorio” è stato coin-volto con una animazione capillare. Questo è, per la catechesi, un tempo impor-tante. Il rischio di non cogliere questo kairos,presi da argomenti teorici anche legittimi, èaltrettanto reale. Come comunità catechisticasiamo custodi di un cammino ricco di pen-siero e di strumenti. Valorizziamo le sfide efacciamo sentire l’affidabilità competente delnostro servizio. è questo il “respiro” che danoi ci si attende. Possiamo così pensare ecredere che l’effetto dei CCR non sarà soloquello specifico programmato, ma anchequello di una effettiva rivitalizzazione del-l’interesse catechistico. In data 11 ottobre 2011 con la Lettera apo-stolica in forma di Motu proprio dal titoloPorta Fidei (PF) il Santo Padre BenedettoXVI ha indetto l’Anno della Fede che verràcelebrato dall’11 ottobre 2012 (50° del-l’apertura del Concilio Vaticano II) al 24 no-vembre 2013. Il testo papale esprime le mo-tivazioni per le quali viene indetto l’Annodella Fede. L’evento del Sinodo sulla NuovaEvangelizzazione, che si colloca proprio al-l’inizio di questo Anno, mi pare stia ad in-dicare un chiaro orizzonte di lavoro. Nel se-condo paragrafo di PF papa Benedetto espri-me come nell’attuale cultura secolarizzatanon sia possibile più pensare alla fede come«un presupposto ovvio del vivere comune.In effetti, questo presupposto non solo nonè più tale, ma spesso viene perfino negato.Mentre nel passato era possibile riconoscereun tessuto culturale unitario, largamente ac-colto nel suo richiamo ai contenuti della fedee ai valori da essa ispirati, oggi non sembrapiù essere così in grandi settori della società,a motivo di una profonda crisi di fede che

ha toccato molte persone». Da questa con-statazione emergono le ragioni per cui il pa-pa ha indetto l’Anno della Fede: «Non pos-siamo accettare che il sale diventi insipidoe la luce sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire dinuovo il bisogno di recarsi come la samari-tana al pozzo per ascoltare Gesù, che invitaa credere in Lui e ad attingere alla sua sor-gente, zampillante di acqua viva (cfr Gv4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrircidella Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesain modo fedele, e del Pane della vita, offertia sostegno di quanti sono suoi discepoli (cfrGv 6,51)» (PF 3). L’orizzonte, come emergeda queste parole di Benedetto XVI, è quellodi una riscoperta del dono della Fede, sca-turito e corroborato dai sacramenti dell’Ini-ziazione cristiana, in vista dell’annunciomissionario. Il mondo della catechesi italianonon è impreparato a queste sollecitazioni,sia per il lungo cammino intrapreso da piùdi un decennio per rinnovare l’Iniziazionecristiana, sia per la riflessione sul Primo an-nuncio della fede. L’intervento di S.E. Mons.Semeraro sull’Avvenire di ieri è stato moltorilevante proprio in tal senso. Ed è proprio per approfondire questa dina-mica connessione tra rinnovamento dellaIniziazione cristiana e Nuova Evangelizza-zione che abbiamo invitato a questo nostroincontro S.E. Mons. Nikola Eterovich, Se-gretario Generale del Sinodo dei Vescovi, edil carissimo collega il Prof. Stijn Van denBossche, docente di teologia pastorale a Lo-vanio e Direttore UCN della Conferenza Epi-scopale Belga. Domani, dopo aver celebrato la S. Messapresieduta da S.E. Mons. Crociata segretarioGenerale della CEI, avremo la possibilità diriflettere, insieme ai membri della Commis-sione nazionale per l’Iniziazione cristianasulla dimensione di verifica e riflessione che

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dovremo affrontare nei sedici Convegni Re-gionali. Don Carmelo Sciuto, a cui va tuttala mia personale gratitudine per il lavoroche sta svolgendo all’UCN, presenterà i datidella ricognizione fatta sulle sperimentazio-ni. Si tratta di dati aggiornati e curati, mache speriamo fin da questo nostro incontrodi poter ulteriormente aggiustare proprio perpoter presentare una “fotografia” reale di

quanta vivacità, generosità e creatività simuove all’interno delle Diocesi.La visita speciale di stasera, alla CappellaSistina coronerà di un senso di stupore e dicontemplazione questo nostro incontro. Gra-zie per la vostra presenza, eroica, date anchele avversità climatiche.

Buon lavoro a tutti.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Permettetemi di cominciare da un’osserva-zione preliminare. Alcuni eccellenti docu-menti sulla nuova evangelizzazione e sul-l’iniziazione cristiana sono stati pubblicati aRoma. Mons. Eterovic, con tutte le sue com-petenze in materia, è presente tra noi. I do-cumenti della Conferenza Episcopale Italianavi fanno già riferimento e sono di per sémolto solidi. Nelle università romane avetei migliori specialisti che parlano un italianoperfetto. In quanto invitato di ‘Bruxelles’non mi sento dunque né capace né chiamatoa venire ad istruire ‘Roma’ su questi temisui quali abbiamo tanto da imparare da voi- non sono, dopo tutto, un commissario dellaCommissione dell’Unione Europea! Proveròad essere me stesso, dunque, e vi presenteròalcune riflessioni a partire dal mio contestoe dalla mia missione, che è più pastoraleche accademica. Queste riflessioni si inqua-drano nell’orizzonte della nuova evangeliz-zazione più che dell’evangelizzazione toutcourt, trattano il rinnovamento dell’inizia-zione cristiana piuttosto che l’iniziazionestessa.

a. nell’orizzonte della nuovaevanGelizzazione

Comincio da un’interpretazione della nuovaevangelizzazione. Nei Lineamenta per il

prossimo Sinodo viene tracciata brevementela storia di questo termine, lanciato da PapaGiovanni Paolo II. Questo testo dice chiara-mente che si tratta dell’evangelizzazione disempre ma che, allo stesso tempo, oggi ri-sulta nuova a causa del nuovo contesto incui deve realizzarsi1. Proverò allora a foca-lizzarmi su questo nuovo orizzonte e ad in-terpretare l’evangelizzazione in questo con-testo.

1. l’orizzonte

Religione - fede cristiana - secolarizzazionemoderna

Voglio ricordare alcuni grandi punti che nonposso sviluppare qui, ma che occorre nonperdere di vista quando parliamo della si-tuazione pastorale. Comincio partendo unpo’ da lontano, ma penso che si tratta deglielementi fondamentali di cui bisogna tenereconto, altrimenti il nostro cammino rima-nente potrebbe soffrire del famoso ‘Bene cur-ris, sed extra viam.’ Concordo per grandi linee con l’analisi delfilosofo francese Marcel Gauchet nel suo fa-moso libro “Il disincanto del mondo - unastoria politica della religione”, che considerail cristianesimo come la religione della finedella religione2. La nostra religione è unareligione della fede, e di un Dio che si rivela

IL RINNOVAMENTO DELL’INIZIAZIONE CRISTIANANELL’ORIZZONTE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Stijn Van den Bossche - [email protected] della Commissione Interdiocesana di Catechesi al servizio delle diocesi

neerlandofone del Belgio

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 Cf. in particolare Lineamenta n° 5, ma anche, al n° 6, il primo scenario «culturale di base».2 M. GAUCHET, Le désenchantement du monde. Une histoire politique de la religion, Paris, 1985. Gauchet ètalvolta meno prudente e sfumato in altri suoi scritti, come La religion dans la démocratie.

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con la mediazione della creazione, che nonè presente a questo mondo in senso ontico –come gli idoli religiosi, dunque – ma sacra-mentalmente. La legge ebraica può essereletta, in questa prospettiva, come una forteinterdizione di ogni idolatria, perché ‘sola-mente Dio è Dio’ (mono-teismo). I primi cri-stiani, infatti, erano chiamati dai paganiathéoi, poiché non volevano adorare nessundio salvo il Dio trascendente. Tutta la cristo-logia consiste nel coniugare l’umano e il di-vino, senza trasformare Cristo in un idolo(cf. lo skandalon di 1 Cor 1, 23) dell’incar-nazione kenotica del Dio trascendente. Lareligione cristiana è allora la religione dellapurificazione dell’etero-nomia religiosa, doveidoli di ogni genere impongono la loro legge,verso una vera teo-nomia dell’unico Dio tra-scendente, che si rivela attraverso il creatoe, nella dimensione ultima, nell’uomo-DioGesù Cristo. Improvvisamente, bisogna cre-dere in questo Dio, bisogna credere in questouomo crocifisso ma risorto tramite il Padre!‘Fiunt, non nascuntur christiani’; questaespressione di Tertulliano rievoca già questoprincipio della nostra fede: si diventa cristia-ni entrando liberamente nella fede, che èuna relazione tra persona e Persona (to be-lieve = to love, credere=amare). Il cristianonon ha Dio a sua disposizione, ma lo ama:ama l’invisibile attraverso la sua autorive-lazione nel visibile.Questa ‘religione della fede’, però, è diven-tata ‘religione culturale’ nella cultura euro-pea, chiamata da allora ‘la cristianità’ (dif-ferente da ‘cristianesimo’). Il Dio al quale,da un punto di vista strutturale (della strut-tura della fede), bisogna credere, è ridiven-tato, da un punto di vista culturale, un Dioevidente: se non onticamente, almeno cul-turalmente molto presente. La fede cristianaè dunque diventata un’evidenza culturale:le cinque strade verso Dio, dette ‘prove di

Dio’, di S. Tommaso d’Aquino lo mostranobene; cinque strade che finiscono tutte nonin Dio, ma nel ‘quod omnes dicunt Deumesse’. Le ‘prove di Dio’ sono fondate sulconsenso culturale evidente di ‘omnes.’La secolarizzazione moderna, quindi, è pro-babilmente un modo di congedarsi da quellareligione culturale che era diventata il cri-stianesimo in Europa. La secolarizzazioneha voluto evacuare, dal nostro ambiente ter-restre, l’eteronomia della religione culturale.Ha forse gettato via il bambino della fedeinsieme all’acqua della religione culturale,scommettendo oramai sull’autonomia dellastoria e sull’emancipazione dell’uomo. Pernoi cristiani, la fede in Dio sfugge, in un cer-to senso, all’antinomia tra religione e seco-larizzazione: lo stesso Gauchet non cessa diripetere che la fede resta completamente pos-sibile anche in una società secolarizzata eradicalmente autonoma. In ogni caso, stia-mo uscendo dall’era religiosa. Resta, tutta-via, la possibilità di una fede personale perlibera adesione. In questo senso, scopriamooggi, dopo 15 secoli di cristianità in cui sinasce cristiani, l’iniziazione alla fede. La‘nuova evangelizzazione’ è, a mio avviso,sostanzialmente l’evangelizzazione di sem-pre, ma che non può oramai più appoggiarsisu quella religiosità culturale specificamentecristiana che ci rendeva cristiani per nascita.La nuova evangelizzazione è quindiun’evangelizzazione in questa nuova con-dizione; siamo nell’era della proposta dellafede e non più della sua supposizione.

La cosiddetta postmodernità – il ritorno delreligioso - ritorno della fede?

Nel frattempo, siamo passati dalla modernitàalla cosiddetta post-modernità. Qui, concor-do con Johan Baptist Metz, che dice a pro-posito della postmodernità: “Religion ja,

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Gott nein - la religione sì, Dio no…“. Comesi può intendere questo slogan enigmatico?Con Metz, non credo alla fine della secola-rizzazione moderna che è talvolta annun-ciata oggi. La postmodernità continua l’au-tonomia. Così, il “No a Dio” rimane, ma conuna differenza importante: “Sì alla religio-ne!“. Il cosiddetto ritorno del religioso è esat-tamente questo: un ritorno della religione,ma senza ritorno alla fede.Perché questo ritorno del religioso? SecondoGauchet, precisamente perché abbiamo per-so fiducia nell’autonomia umana. Alla finedella modernità, sappiamo che la storia nonraggiunge mai l’assoluto e non è, in sé, as-soluta. è ciò che ci ha insegnato ‘la finedelle grandi narrazioni’ (Jean-François Lyo-tard e altri), o delle metanarrazioni moderneche ci promettevano ‘il cielo in terra.’Allora la vita sembra difficile; tutto sembrarelativo.... Abbiamo bisogno di un assoluto,che non sappiamo come procurarci da soli.All’inizio della modernità, Hugo Grotius so-steneva che dobbiamo vivere ‘Etsi Deus nondaretur’, come se Dio non esistesse3. Oggivediamo che le persone cominciano a vivereEtsi Deus daretur: come se Dio esistesse.Una poesia del 1999 di una ragazza fiam-minga, che aveva allora 17 anni, cominciaesprimendo esattamente questo: “Conoscola verità, ma talvolta faccio come se Dio esi-stesse, come se si alzasse e scuotesse la pol-vere dai suoi vestiti”. La mia traduzione nonè poetica, ma spero che ciò che vuole dire

questa ragazza risulti chiaro: “Conosco laverità, ma talvolta faccio come se Dio esi-stesse “..., e allora la vita riprende! Precisa-mente, si assiste qui al ritorno della religione,ma senza la fede: “Religion ja, Gott nein“,faccio come se Dio fosse lì, ma conosco laverità, dice... Qual è allora la differenza con la vera fede?Il criterio sembra sia questo: se Dio è al ser-vizio del soggetto, il religioso non ha nientea che vedere con la fede. Il soggetto allorastrumentalizza l’idea di ‘Dio’ per la sua com-pletezza autonoma; come nella poesia dellaragazza che fa come se Dio venisse a com-pletare la sua vita, benché lei ‘conosca laverità’. Per il cristiano, si può parlare di fedesoltanto se il soggetto è al servizio di Dio,il che rinvia necessariamente ad una chia-mata4.Concludo questa presa di posizione, proba-bilmente troppo concisa, confessandovi cheho poca fiducia in quella che viene chiamatala ‘nuova religiosità’5. Mi sembra più del-l’ordine della religione, talvolta addiritturain senso idolatrico (gestione e padronanzadella sorte, Kontingenzbewältigung, permezzo di ciò che è extra-storico, poiché lacronostoria non riesce mai a gestire il reale),piuttosto che dell’ordine della fede. Questareligiosità potrebbe preparare forse indiret-tamente al vangelo, ma occorre ancora unavera conversione, ovvero un’inversione[che mette Dio al centro e decentra il Sog-getto.]

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3 Espressione ripresa in Ubicumque et semper, decreto di Papa Benedetto XVI che istituisce il Pontificio Consiglioper la NE.4 Cf. Lineamenta n° 6: « La “morte di Dio” annunciata nei decenni passati da tanti intellettuali cede il posto aduno sterile culto dell’individuo. Il rischio di perdere anche gli elementi fondamentali della grammatica di fede èreale, con la conseguenza di cadere in un’atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, o al contrario in formesurrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo5 Per contro, sono affascinato dagli sforzi, in particolare della fenomenologia francese, con il principale prota-gonista Jean-Luc Marion, nel ripensare la possibilità di una trascendenza vera. Mi sembra che qui si annunciuna ‘nuova religiosità‘ nel senso della fede in un Dio trascendente di cui Cristo vuole essere la Via, la Verità ela Vita.

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2. al Cuore dellaevanGelizzazione:la Chiamata

La parola più importante nelle Scritture

La proposta centrale della fede e che è alcuore dell’evangelizzazione, dunque, è lachiamata. Vi racconto una storiella ebraica:alcuni rabbini cercano la parola più impor-tante di tutta la rivelazione dell’Altissimo.Alcune regole rabbiniche aiutano a determi-nare quale sia questa parola: si deve trovarenella Torah (la Legge), nel libro che si col-loca in mezzo (Levitico), e deve essere laprima parola. Aprono la loro Bibbia su Lev1,1 e leggono: “E Dio chiamò Mosè” – mala prima parola nel testo ebraico è wajiqqra,‘chiamò’. Ancor oggi, la declamazione bi-blica nella liturgia ebraica è chiamata miqra,dallo stesso verbo, qara, da cui viene wa-jiqqra: quando la parola del Signore è de-clamata, è Dio che ci chiama! La parola piùimportante di tutta la tradizione giudaico-cristiana è dunque che Dio ci chiama. Lanostra vita consiste quindi nel sentire lachiamata e nel rispondere ad essa. Il cristia-no si sforza di orientare la sua libertà in ri-sposta a ciò a cui Dio lo chiama, dunque se-condo un’ubbidienza, Gehorsamkeit, (ubbi-dienza = agire secondo ciò che ci è datosentire), al servizio di Dio.Notiamo bene: non si tratta, in prima istan-za, di ciò a cui Dio ci chiama, ma del sem-plice fatto che ci chiama. Possiamo distin-guere qui la chiamata in sé dal contenutodella chiamata (la vocazione). La cosa piùimportante non è dunque ciò che Dio dicequando ci chiama, ma in primo luogo il fattoche ci chiama e, in questo senso, entra inrelazione con l’umano. La chiamata deveessere compresa, come prima cosa, quasicome una chiamata telefonica: “C’è una

chiamata per lei, signore“. Teologicamenteparlando: un Dio trascendente ci viene in-contro parlandoci, con la parola che si ma-nifesta nella creazione e con la rivelazionepositiva. Allo stesso tempo, però, dicono irabbini, tutta la parola di Dio è già presentenel nome di Dio: il cuore della rivelazione èche Dio è presente, ed è presente per noi.‘Dio è qui per voi’, ecco la chiamata.

La parola più difficile nella nostra cultu-ra?

Ma se la chiamata è la parola più importantedella Scrittura, è forse la parola più difficilenella cultura europea… La chiamata ‘fa ladifferenza’ culturale. Si può avere la tenta-zione di sfumare immediatamente questopunto. Una chiamata sentita come una vo-cazione concreta, un impegno che prendoed al quale sento che voglio dedicarmi, unasfida sulla mia strada, una vocazione cheincontro, per così dire, ‘a valle’ di me stessocome argomento che dà senso, questa chia-mata è più o meno riconosciuta dai nostricontemporanei. Un filosofo ateo della miacittà, Gand, dice: “Devo trovare ciò che tro-vo”. Questa affermazione fa già uscire daun soggettivismo piatto. è una chiamata nelsenso forte di essere chiamato da qualcunaltro, una chiamata anteriore a me, ‘a mon-te’ di me stesso e, dunque, dove non sonopiù il soggetto cartesiano che è sé stesso al-l’origine di ogni senso: questo è estrema-mente difficile da comprendere per noi sog-getti moderni, e anche tra i cristiani moder-ni… Può essere veramente così, che Dio ciparla e ci invita per primo? Non sarà, alcontrario, che tutto prende avvio con la miapersonale ricerca di senso, alla quale trovoforse alcune risposte interessanti anche nellareligione – e vi trovo allora ciò che trovo…?Se, invece, Dio mi chiama, l’‘io’ (ego) è al-

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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lora radicalmente decentrato, come se fossedeclinato grammaticalmente. Io ‘mi’ ricevonello stesso momento in cui ricevo la miavocazione, con la chiamata di Dio. ‘Io‘ di-vento piuttosto un ‘sè’, un ‘a me’, un ‘permezzo di me stesso’, e da quel momento ionon posso più collocarmi come anteriore allamia vocazione, come un ‘io’ al nominativodel soggetto6.

Rigenerazione della Chiesa che riprende co-scienza della chiamata e della vocazione

Ora, se la chiamata dell’Altro che mi decen-tra è la parola chiave di tutta la tradizionegiudaico-cristiana, allora questa tradizionenon va completamente d’accordo (che nonsignifica ‘non va affatto d’accordo’) con lanostra cultura. Il dialogo tra cristianesimo emodernità consisterà allora, in parte, anchein quello che il cristianesimo offre, in un ge-sto contro-culturale, un’alternativa per certiaspetti della vita moderna, dunque correg-gendo questa cultura. Una conferenza in Vaticano nel 1997 sulproblema delle vocazioni in Europa parlavacon una certa severità, in questo senso,dell’Europa come di un cultura ‘antivoca-zionale’ e dell’ ‘l’uomo senza vocazione’7.Una delle conclusioni di quella conferenzaera che ha poco senso lavorare per le voca-zioni ecclesiastiche se la coscienza non è ri-guadagnata nella Chiesa, che è una comu-nità di uomini e di donne che sono statichiamati, di persone che trovano la vita nellachiamata di Dio che viene rivolta loro. Nonabbiamo dimenticato un poco la chiamataanche nella nostra Chiesa…?

Volentieri inserisco una citazione più lungadel vescovo belga Mons. De Kesel, in un’al-locuzione in occasione di una giornata di ri-flessione sulla crisi delle vocazioni:

«Voglio richiamare l’attenzione su questofenomeno - o su questa mentalità – pre-sente nella Chiesa: il crepuscolo della ‘vo-cazione/chiamata’ nell’esperienza religio-sa. In un contesto multireligioso, il cristia-nesimo è visto quasi spontaneamente co-me una delle concezioni di vita o convin-zioni religiose possibili. In sé, non c’èniente di male: visto dall’esterno, il cri-stianesimo è questo. Ma la cosa diventadifferente quando i cristiani guardano evivono il cristianesimo in questo modo.Abbiamo interiorizzato questo approccioesterno. Allora, la fede perde la sua uni-cità: diventa una concezione di vita tra lealtre. (…) Più concretamente: le nozionidi rivelazione e di elezione perdono il pro-prio senso. La Chiesa non è più la comu-nità che ha ricevuto una vocazione deltutto particolare da Dio. Dunque, non èneanche una ‘realtà della fede’ [mia nota:non resta che l’ermeneutica di una tra-dizione sapienziale]; è un’istituzione re-ligiosa, e la questione delle ‘vocazioni’ èuna questione funzionale di distribuzionedei compiti. Questa mi sembra la crisi dellaChiesa e delle vocazioni: che la coscienzabiblica dell’’’elezione” (nel vero senso bi-blico) sia andata perduta. (…) Penso chein questo risieda la nostra impotenzaodierna (…): nel vedere che Dio mi chia-ma, personalmente, perché si interessa ame, e vuole condividere con me vita epremio, e che, attraverso di me, cerca unsegno per annunciare la sua presenza e ilsuo amore alle persone. Parimenti, cheassistiamo ad un’eclissi e ad un’attenua-zione di Dio, ad un’eclissi ed un’attenua-

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

6 Mi baso qui sulla fenomenologia di JEAN-LUC MARION: il tomo 5 del suo libro Etant donné. Essai d’une phé-noménologie de la donation, Paris, 1997.7 In Verbo Tuo. Nuove vocazioni per una nuova Europa. Testo disponibile su http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccatheduc/documents/rc_con_ccatheduc_doc_13021998_new-vocations_it.html

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zione di vocazioni. La crisi delle vocazioniè la crisi della Chiesa stessa: non sapersipiù ‘chiamata ed eletta’»8.

Finisco questo punto. Man mano che la cri-stianità culturale si fa da parte, riscopriamoil cristianesimo della chiamata: ‘cristiani nonsi nasce, si diventa’, scoprendo la chiamata.Ad una società individualizzata risponde unafede personalizzata. Cito i vescovi del Belgionella loro dichiarazione ‘Diventare adulti nel-la fede’: «Poiché la socializzazione religiosache va avanti da sola si è ristretta, occorremettere l’accento su una fede che sia il fruttodi una scelta personale e fondata. L’avveniredella Chiesa dipende dalle persone che hannoscoperto Dio presente nella loro vita, chehanno incontrato Cristo e per le quali il Van-gelo è diventato Parola di Vita»9.

3. Geografia della fede, da roma a bru-xelles

Concludo questa prima parte sull’orizzontedella nuova evangelizzazione con un’osser-vazione geografica. Avete già compreso daciò che precede che parto da un contestomolto secolarizzato, e vi potreste domandarese da voi la situazione è tanto grave quantoda me… Devo dunque ancora convincerviche i miei discorsi sull’iniziazione che se-guono rispondono anche alla vostra situa-zione - almeno parzialmente… Io mi riferiròper questo ad un’autorità presente tra noi:il professore Fratel Enzo Biemmi, presidente

dell’Equipe Européenne de Catéchèse10. Eglidistingue in Europa quattro aree geografiche,con una tipologia della fede specifica perogni area.Prendiamo per iniziare l’area che includeFrancia, Belgio e Paesi Bassi, dove percepi-sce, con la sociologa Danielle Hervieu-Léger,‘una vera e propria exculturazione’ della fe-de. In applicazione alla mia prima parte: “Ilcattolicesimo sembra non fare più partedell’universo culturale” in questa “societàuscita dalla religione“. Si tratta di una vera“rottura” tra fede e cultura, “tra amnesia eresistenza“. In queste condizioni, il compitoprimordiale della catechesi consiste, perBiemmi, nel far sperimentare Dio, nel ritro-vare una sana apologetica della fede. Haperfettamente ragione, e ritornerò soprattut-to su questa scoperta della fede attraversol’esperienza!Prendiamo allora la vostra area. In Europameridionale, Biemmi percepisce piuttosto“una permanenza della tradizione cristiana“.Qui la società “conserva ancora larghe traccedi tradizione cristiana e, dentro di esse, ditrasmissione autentica della fede, anche seè già segnata da un processo di secolariz-zazione importante”. Una “permanenza del-la memoria cristiana e delle sue manifesta-zioni sembra resistere ad ogni tentativo dieliminazione”. La sfida consiste nel “passareda una fede tradizionale a una scelta piùpersonale“. è dunque “ancora” (questa pa-rola indica la minaccia di questa fede tradi-zionale) presente un po’ di religione cristiana

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

8 La mia traduzione del syllabus non pubblicata. Questo testo suona come un’eco di Lineamenta n° 6 : « Questosuo modo ha consentito alla secolarizzazione di entrare nella vita dei cristiani e delle comunità ecclesiali,divenendo ormai non più soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma un terreno di confronto quotidiano».9 Devenir adulte dans la foi. La catéchèse dans la vie de l’Eglise, Dichiarazioni dei vescovi del Belgio. Nouvellesérie n° 34, Licap, 2006, n° 36. Il testo completo è disponibile su http://www.catho-bruxelles.be/IMG/pdf/De-venir_adulte_dans_la_foi.pdf10 Uso qui la versione francese che uscirà fra breve negli Atti di una conferenza tenutasi a Parigi. Il testo è giàstato pubblicato in italiano: La catechesi in Europa. Una nuova “geografia della fede” per un nuovo primo an-nuncio del Vangelo, «Catechesi» 1/2009-2010, 3-15.

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culturale, ma la sfida è la stessa: una fedepiù personale. Faccio notare che José MariaPerez Navarro, un collega di Biemmi, nellaSpagna che fa parte della stessa zona del-l’Italia, osserva, in risposta al testo di Biem-mi, che “la situazione della penisola ibericanon è in fin dei conti così lontana da quellache vive la Francia da un punto di vista re-ligioso”11.Biemmi conclude la sua panoramica sotto-lineando “un denominatore comune: la svol-ta missionaria della catechesi“. Osiamo dun-que guardare le similitudini da Bruxelles aRoma, perché concentrarci sulle differenzenasconde talvolta la resistenza al cambia-mento, la resistenza ad una svolta che si staimponendo nelle circostanze presenti. Inquesto senso, abbiamo ogni bisogno di unavera conversione nella catechesi12.

b. dalla soCializzazionenella Cristianitàall’iniziazione alla fedeCristiana

Rivolgiamo adesso la nostra attenzione alrinnovamento dell’iniziazione cristiana inquesto ambiente della nuova evangelizza-zione. La trasformazione profonda versouna Chiesa missionaria in una cultura chenon è più cristiana in quanto tale va di paripasso con una crisi legata a questa transi-zione, che si mostra soprattutto nella faglia

dei processi di iniziazione. Come ho fattoper la parte sulla nuova evangelizzazione,non descriverò tanto l’argomento dell’ini-ziazione vista come proposta della fede, chegià conoscete dai documenti vaticani ed ita-liani, parlerò piuttosto delle difficoltà che siincontrano nel passaggio ad una nuova lo-gica iniziatica. Mi sembra, infatti, che quelloche chiamiamo ‘rinnovamento’ sia, piutto-sto, una scoperta e un apprendistato del-l’iniziazione.

1. diventare cristiani: un cambiamentodi logica che non è facile

I vescovi belgi avevano già utilizzato, nellaloro citata dichiarazione del 2006, l’espres-sione di Tertulliano “cristiani non si nasce,si diventa“. Questa frase, da allora, risuonaun po’ dovunque nella Chiesa belga. Io pen-so che abbiamo già accettato la prima partedella frase: osserviamo, infatti, che non sia-mo più nati cristiani; ma non abbiamo an-cora accettato la seconda parte della frase:riorganizzare la nostra vita ecclesiale per po-ter diventare cristiani.

Per mostrarvi in breve di cosa sto parlando,vi propongo uno schema che possiede cer-tamente i vantaggi e gli inconvenienti dellaschematicità: è molto chiaro, ma talvoltatroppo chiaro, il reale è più sfumato.

Eccolo, comunque:

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11 J. M. PEREZ NAVARRO, L’initiation chrétienne. Réflexions à partir de la situation espagnole, in Lumen Vitae2011/2 (Initiation et post-modernité), 189-202, p. 190.12 Cf. E. BIEMMI et A. FOSSION (ed.), La conversion missionnaire de la catéchèse: Proposition de la foi et premièreannonce, Lumen Vitae, Bruxelles, 2008. Si tratta degli atti del simposio dell’Equipe Européenne de Catéchèseche si è svolto nel 2007. Nella pubblicazione in italiano il titolo è un po’ cambiato: La dimensione missionariadella catechesi. Il Convegno EEC nel cuore della problematica del primo annuncio, «Catechesi» 78 (2008-2009)3-4.

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della tabella). Soprattutto, non aspettate ilmomento in cui il ‘non dobbiamo ancoracambiare’ si ribalterà in un ‘non possiamopiù cambiare perché siamo diventati troppodeboli e non abbiamo più le energie neces-sarie per farlo‘… In Belgio, ahimè, siamoarrivati al punto che talvolta non possiamopiù effettuare cambiamenti, perché ci man-cano le forze e le strutture.

Un solo commento: la logica dell’eredità èancora presente, ci fa paura abbandonaredelle tradizioni che ‘ancora’ sopravvivono.Ma questa logica, benché presente, sta ap-pena iniziando oggigiorno! Approfittate diciò che avete ‘ancora’ in termini di forze vi-tali, di strutture operative, ecc., per condurreadesso la transizione verso la logica dellaproposta (tutti i punti della colonna destra

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

13 Cf. CCC 1231.

da nuova evanGelizzazione Cristiana a diventare Cristiani

loGiCa dell’eredità loGiCa della proposta

riguardo alla fedePresupporre la fede Proporre la fedeSocializzazione nella cristianità Iniziazione alla fede cristianaFede tramite trasmissione evidente Fede tramite scelta personale

riguardo alla catechesiCatechesi = imparare la ‘lingua materna’ Catechesi come apprendimento di una

lingua stranieraCatechesi per bambini Catechesi per tutte le etàCatechesi come catechismo Catechesi senza barriere, iniziazione alla

fede nella ChiesaProcesso d’apprendimento a bassissimo livello ‘allievo/a’ di Cristo per tutta la vitadi consapevolezzaSimbiosi culturale la difficile ‘seconda socializzazione’

(P. Zulehner)

riguardo ai sacramenti d’iniziazioneBattesimo di neonati Catecumenato prima o dopo (!)

il battesimo13

Sacramenti secondo l’età Sacramenti come ingresso progressivonella fede

Sacramenti come riti di passaggio Sacramenti come tappe dell’iniziazione

riguardo al modello di ChiesaAccento sulla gerarchia (= gli iniziati) Comunità di iniziati (Chiesa-comunione)Comunità ecclesiale (il villaggio) Comunità ecclesiale (assemblea

domenicale)

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2. ‘diventare cristiani‘: con la catechesie i sacramenti

Nel seguito della mia esposizione, vorreimettere in luce il fatto che l’iniziazione siopera grazie a una catechesi che favoriscela crescita personale nella fede e, al tempostesso, grazie ai sacramenti. Nel percorsodel catecumenato per adulti (l’OICA), ciò ri-sulta molto chiaro, ma pone più problemiper quanto concerne i bambini e i giovani,nei sistemi educativi (tema del dibattito cheseguirà). è questo gruppo dei bambini e deigiovani, dunque, che attirerà qui la mia at-tenzione.Da un lato, l’età e l’ordine dei sacramentid’iniziazione non sono il primo problema.L’attenzione non deve restare fissa su questoproblema. Nessun cambiamento d’età aiu-terà, di per sé, ad una migliore iniziazionedei bambini e dei giovani. Dei cambiamentinella gestione dei sacramenti, senza un rin-novamento della catechesi come iniziazione,avrebbe poco senso.D’altro lato, ed è soprattutto questo su cuivoglio mettere l’accento, l’amministrazionedei sacramenti deve essere presa in consi-derazione quando, nella catechesi, si passagradatamente da una logica dell’eredità aduna logica della proposta. Ora, mi sembrache abbiamo fatto più progressi nella cate-chesi che nei sacramenti, per così dire. InBelgio abbiamo compiuto un passo impor-tante verso la logica della proposta con laDichiarazione dei nostri vescovi: “Diventareadulti nella fede. La catechesi nella vita dellaChiesa”. Osservate, però, il sottotitolo: ben-ché questo testo parli anche dei sacramenti,parla soprattutto della catechesi. Questa èun’ottima cosa, anzi occorreva cominciare

da là, ed io spero che questa lettera dei ve-scovi determinerà ancora per molto tempol’agenda pastorale belga, perché ci aiuta aeffettuare la transizione verso una Chiesamissionaria, verso la logica della proposta.Allo stesso tempo, questa graduale transi-zione verso una vera e propria catechesid’iniziazione necessita di una riflessione ul-teriore sulle misure da prendere nella ge-stione dei sacramenti d’iniziazione. Occorrecompiere, infatti, un passo supplementareper evitare di trovarci su un terreno di con-flitto tra le due logiche: quella della propostanell’ambito della catechesi, e quella dell’ere-dità nell’ambito dei sacramenti.La nostra Chiesa belga non è la sola a doveraffrontare l’esigenza di questa duplicità.Succede in molti altri paesi. Le conferenzeepiscopali di numerosi paesi in Europa eanche nel resto del mondo14 hanno pubbli-cato, negli anni passati, delle belle letteresulla catechesi e la pastorale dell’iniziazione.Il Direttorio Generale per la Catechesi(1997), un documento veramente profetico,fa la stessa cosa al livello della Chiesa uni-versale e ispira, del resto, queste letteremenzionate.Tuttavia, anche la Chiesa universale si rendeprobabilmente conto, da allora, che anchela gestione dei sacramenti deve seguire latransizione verso una catechesi missionaria.Il numero 18 dei Lineamenta del prossimoSinodo sulla nuova evangelizzazione è, aquesto riguardo, altamente rivelatore. Vi sidice anche che un approccio iniziatico dellacatechesi esige allo stesso tempo un “orien-tamento iniziatico dei sacramenti di inizia-zione” (che sembrerebbe una tautologia!).Inoltre, i vescovi europei responsabili della

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

14 Il quadro completo in E. ALBERICH, Une nouvelle impulsion à la catéchèse évangélisatrice. Le «Texte national»à la lumière du magistère catéchétique du nouveau siècle, in Lumen Vitae 2007/2 (Nouvelles orientations pourla catéchèse en France), 177-190, p. 178-179.

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catechesi si incontreranno nel mese di mag-gio a Roma con i loro principali collaboratoriper parlare dell’iniziazione (anche sacramen-tale) dei bambini e dei giovani. è così cheinterpreto Papa Benedetto XVI quando scrivequanto segue sull’ordine dei sacramentid’iniziazione:

«A questo riguardo, è necessario porre at-tenzione al tema dell’ordine dei Sacramen-ti dell’iniziazione. Nella Chiesa vi sonotradizioni differenti. Tale diversità si ma-nifesta con evidenza nelle consuetudiniecclesiali dell’Oriente, e nella stessa prassioccidentale per quanto concerne l’inizia-zione degli adulti, rispetto a quella deibambini. Tuttavia, tali differenziazioni nonsono propriamente di ordine dogmatico,ma di carattere pastorale. Concretamente,è necessario verificare quale prassi possain effetti aiutare meglio i fedeli a mettereal centro il sacramento dell’Eucaristia, co-me realtà cui tutta l’iniziazione tende. Instretta collaborazione con i competenti Di-casteri della Curia Romana le ConferenzeEpiscopali verifichino l’efficacia degli at-tuali percorsi di iniziazione, affinché il cris-tiano dall’azione educativa delle nostrecomunità sia aiutato a maturare sempredi più, giungendo ad assumere nella suavita un’impostazione autenticamente eu-caristica, così da essere in grado di dareragione della propria speranza in modoadeguato per il nostro tempo (cfr 1Pt 3,15)»15.

Ero rimasto per un momento sorpreso dileggere che il nostro papa attuale qualifichicerte pratiche nella Chiesa come “non pro-priamente di ordine dogmatico“… Ma è evi-dentemente vero che, da un punto di vistadogmatico, i tre sacramenti d’iniziazione so-no molto legati, e che l’iniziazione raggiungela sua pienezza quando si riceve il Corpo di

Cristo nell’Eucarestia. Distribuire i sacramen-ti nel tempo, si fa solamente per ragioni pa-storali: per favorire l’iniziazione personale.Inoltre, per questa ragione, è importante chela loro gestione, oggi, sia conforme alla lo-gica della proposta, come avviene per la ca-techesi.Con questa osservazione arrivo alla terzaparte, che ho dedicato ai sacramenti dell’ini-ziazione.

C. per dei saCramentid’iniziazione iniziatiCi

In quest’ultima parte sarò abbastanza ge-nerico, poiché mi rendo conto che i costumiconcernenti il battesimo dei neonati, la pri-ma comunione e la cresima dei bambini dif-feriscono da regione a regione. Non conoscola vostra situazione culturale e pastorale.Inoltre, non credo di potervi proporre unmodello molto concreto. Ciò che farò, dun-que, è questo: farò riferimento di nuovo allasituazione belga, partendo dalla constata-zione della coesistenza delle due logichedell’eredità e della proposta all’opera nellanostra gestione dei tre sacramenti dell’ini-ziazione. Proverò a dimostrare che dobbia-mo avanzare risolutamente verso la logicadella proposta, senza tuttavia rotture vio-lente con il passato.

1. l‘unità dei tre sacramenti di inizia-zione

Comincio da un’osservazione generale suitre sacramenti. Per entrare nella logica dellaproposta iniziatica, occorre riscoprire la lorostretta unità. Il papa sottolinea a più ripresequesta unità, ma penso che non mi rimpro-

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15 Sacramentum caritatis n° 18.

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vererebbe per preferire di citare brevemente,su questo punto, S. Agostino, il quale, inun’omelia mistagogica per i neofiti, prendelo spunto da ciò che hanno vissuto duranteil catecumenato. Indicando i doni già con-sacrati che sono davanti a lui sull’altare, ri-corda loro: «Quando si facevano gli esorci-smi su di voi venivate, per così dire, maci-nati [il cuore affranto dalla vita di prima];quando siete stati battezzati, siete stati, percosì dire, impastati [aggiungendo acqua allafarina]; quando avete ricevuto il fuoco delloSpirito Santo siete stati, per così dire, cotti.Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete»(sermo 272).Non è meraviglioso? Attraverso il grandesacramentum dell’iniziazione diventiamo ilpane eucaristico! Spero dunque vivamenteche diventi realtà il delicato wishful thinkingdei Lineamenta quando parlano della

« (…) consapevolezza, ormai maturatadappertutto, del legame intrinseco che uni-sce i sacramenti della iniziazione cristiana.Battesimo, Cresima ed Eucaristia vengonovisti non più come tre sacramenti separati,ma come le tappe di un cammino di ge-nerazione alla vita cristiana adulta, all’in-terno di un percorso organico di iniziazio-ne alla fede. L’iniziazione cristiana è ormaiun concetto e uno strumento pastorale co-nosciuto e ben radicato nelle Chiese locali»(n° 18).

Il liturgista belga Paul De Clerck esprime be-ne, in un suo articolo sulla confermazione,la sfida pastorale che emerge dall’unità deitre sacramenti dell’iniziazione che viene acompletare l’Eucarestia:«Conviene cercare una soluzione teologicaai problemi posti dalla pastorale della con-fermazione collocandola al suo posto, fra i

sacramenti dell’iniziazione cristiana. Infattiquest’ultima comprende tre sacramenti: duesono non reiterabili, il terzo viene celebratonormalmente almeno ogni domenica. Nonè stupefacente voler assicurare la perseve-ranza dei giovani cristiani che concentranoi loro sforzi su un sacramento che non siripete, e dunque su una festa di un sologiorno? Non sarebbe più efficiente fondarela continuità della vita cristiana sull’Euca-restia? Non solo l’Eucarestia è il terzo sa-cramento dell’iniziazione cristiana, quellosul quale l’iniziazione sbocca, ma soprat-tutto si ripete ed è dunque suscettibile di ac-compagnare meglio i giovani nel corso deltempo, di garantire loro un posto nella co-munità cristiana, di assicurare una conti-nuità e una loro progressione, essendo de-stinata a fornire ai cristiani il nutrimento dicui hanno bisogno per vivere e crescere.Chi lancia tutte le domeniche ai cristianil’invito a radunarsi per ricaricare le loro for-ze, comunitarie e spirituali? Questa consi-derazione di teologia sacramentale sarebbeprobabilmente comodamente corroboratadalla pedagogia»16.Aggiungo un’osservazione all’ultima fraseconcernente la corroborazione dell’argomen-to da parte della pedagogia. Contro ognicambiamento alla gestione dei sacramentidi iniziazione, si invoca spesso il loro per-sistente radicamento socio-culturale, inquanto riti di passaggio nella crescita deibambini e dei giovani. Abbiamo paura, al-lora, che quei cambiamenti entrino in con-flitto con la pedagogia dell’umanizzazioneculturale dei nostri bambini e dei nostri gio-vani. Questo timore, probabilmente, non ècompletamente ingiustificato in un periododi transizione. Ma qui De Clerck indica che

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16 P. DE CLERCK, La Confirmation unique et l’eucharistie fréquente. En quel panier mettre ses oeufs?, in LumenVitae 65 (2010/1), 27-34, pp. 32-33.

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esiste anche una pedagogia propria dell’ini-ziazione a cui occorre rendere onore. Pensoche l’iscrizione dei sacramenti di iniziazionein una pedagogia iniziatica (logica dellaproposta) offra migliori probabilità alla cre-scita della fede rispetto al loro inquadramen-to in una pedagogia dell’umanizzazione cul-turale (logica dell’eredità). Questa ultimaè probabilmente ancora un po’ presente, manon compie quasi più la funzione iniziatica,almeno in Belgio17.

2. sul battesimo

- Il battesimo dei neonati non è messo indiscussione in Belgio, anche se i problemimaggiori si pongono riguardo alla mancanzadi fede dei genitori, al punto che “il sacra-mento legittimo della cristianizzazione inun’epoca può diventare il sacramento dellascristianizzazione in un’altra epoca”18 … Inlinea di principio, però, il battesimo dei neo-nati continua ad esprimere la convinzionedella Chiesa che il battesimo dia anche lafede19. Per quanto concerne il battesimo,non viene dunque chiamata in questione,in linea di principio, la sua stessa gestione,bensì la pastorale che lo coinvolge. Ancheil n. 18 dei Lineamenta, peraltro, rifiuta sen-za appello queste due piste opposte: finirla

con il battesimo dei neonati, e non cambiareassolutamente nulla nella gestione dei sa-cramenti di iniziazione!- Una prima sfida pastorale rispetto al bat-tesimo consiste allora nel renderlo più ec-clesiale. Il battesimo ha lasciato gli ospedaliper essere celebrato in parrocchia, ma noncostituisce, per questo stesso fatto, un even-to ecclesiale. Ecco nuovamente le due lo-giche che coesistono sul terreno: un eventofamiliare-privato che dà il benvenuto al neo-nato, incluso “il benvenuto nella Chiesa“,oppure un battesimo che vuole significare(accanto, certamente, al benvenuto al neo-nato) la prima risurrezione del battezzato(Rm 6) nonché l’entrata nella Chiesa.- Una seconda sfida è quella del percorsocatecumenale insieme ai genitori prima edopo il battesimo. Al momento della do-manda del battesimo da parte dei genitori,si può effettuare un discernimento per capirese è opportuno conferire il sacramento o po-sticiparlo (mai rifiutarlo)20. Se il contestooffre una vera ospitalità, e allo stesso temposi fa una proposta pastorale catecumenale,questo discernimento verrà già effettuato daigenitori in base a come reagiscono a questaproposta. Già piccoli passi come, per esem-pio, evitare i battesimi consecutivi di neonatiuno ogni mezz’ora la stessa domenica nella

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

17 Mi rendo conto della grande importanza della pedagogia dell’iniziazione anche nel Texte national pour l’orien-tation de la catéchèse dell’episcopato della Francia. Nel primo capitolo, sulle comunità missionarie, si legge,’ Lavocazione missionaria chiama alla scelta di una pedagogia d’iniziazione ‘(NT 1.3, pp.27-28). Il terzo capitolo trat-ta ‘i punti d’appoggio di una pedagogia della catechesi d’iniziazione’ (TN pp. 45-60). Sulla pastorale dei sacramentidell’iniziazione si legge: ‘La pedagogia d’iniziazione richiede percorsi di tipo catecumenale’. (NT 3.5, p. 53-55. Un’elaborazione ulteriore nel quarto ‘principio organizzativo’ e in ‘L’organizzazione dell’azione catechetica inrisposta alle richieste sacramentali“ (pp. 91-95).)18 Cfr. W. KASPER, Die Liturgie der Kirche (Gesammelte Schriften, 10), Freiburg: Herder, 2010, pp. 173-174.19 Il Cardinal Kasper indica, nello stesso contributo, tre modelli di battesimo nella Bibbia: la fede che è presenteprima del battesimo (At 8,12); la fede a partire dalla memoria del battesimo (Rm 6), la fede come offerta dal bat-tesimo (il battesimo come footismos o illuminazione, Eb 6,4). Soprattutto in quest’ultimo modello, che è diventatouna punta di diamante nella tradizione (gratia infusa), il battesimo dei neonati trova la sua legittimazione.20 Cfr. C.I.C., c. 868 § 1: «La Chiesa è cattolica: essa annunzia la totalità della fede; porta in sé e amministra lapienezza dei mezzi di salvezza; è mandata a tutti i popoli; si rivolge a tutti gli uomini; abbraccia tutti i tempi;per sua natura è missionaria.

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stessa chiesa (cosa che il rito non permette,in effetti…) e, invece, battezzare insiemeparecchi bambini e con una rappresentanzadella comunità parrocchiale, sarebbe già unbuon modo di fare un cammino con i geni-tori. Si può prevedere anche una prepara-zione comune delle famiglie alla liturgia bat-tesimale, ecc. Esiste anche un forte bisognodi formazione dei catechisti, per arrivare adun vero dialogo pastorale sul battesimo coni genitori che risulti accogliente e porti aparlare della fede. Per l’area germanofona,i dicasteri romani di competenza hanno ap-provato ad experimentum un rito in due fa-si. Questo rito prevede, dopo i riti di aperturadel battesimo, un approfondimento cateche-tico di alcuni mesi con i genitori. In una se-conda celebrazione, segue allora il battesimovero e proprio21. Questo rito tedesco potrebbeispirare anche gli italiani e i belgi.- Importante è anche ciò che si fa dopo ilbattesimo, tanto per i genitori quanto per ilbambino (risveglio alla fede): “Per sua stes-sa natura il battesimo dei bambini esige uncatecumenato post-battesimale”22.- In occasione del battesimo, si può avere lapreoccupazione di aprire ai conviventi la pos-sibilità di un matrimonio ecclesiale. Talvoltail battesimo funziona nell’offrire l’opportunitàdi ‘nozze ritardate’. In questo caso, sembraopportuna una celebrazione sacramentale delmatrimonio più sobria, al fine di sottolinearel’impegno matrimoniale in seno alla Chiesae che una grande festa, con tutte le sue com-plicazioni, non finisca per creare un ostacoloal desiderio dei genitori di regolarizzare la lo-ro situazione matrimoniale.

3. la prima comunione

- Forse la sfida più difficile si manifesta in-torno alla prima comunione, a 7 anni. Perentrare subito nel nocciolo della questione:sembra quasi impossibile trasformare questomodello della logica dell’eredità, che si è in-stallato all’inizio del XX secolo, nella logicadella proposta. Mi spiego. Questo modello èstato utilizzato da Papa Pio X per andare in-contro alla situazione dei bambini che sisuppone siano credenti, e per aiutarli a cu-stodire la loro fede durante la loro crescitaverso la vita adolescente e adulta. La misuradell’abbassamento dell’età della prima co-munione mirava infatti ai bambini che rice-vevano un’educazione pienamente credente,perché non si astenessero dalla comunioneeucaristica, dal momento che frequentavanoregolarmente la S. Messa, talvolta ogni gior-no, ed erano spiritualmente pronti a ricever-la. Quando si rilegge il documento Quamsingulari un secolo più tardi, ci si rende con-to della distanza tra il contesto di quell’epocae il nostro… Ad esempio, il testo non parlasolamente della prima comunione fin dall’etàdi 7 anni o anche meno. Aggiunge che nonbisogna far aspettare questi bambini perchéricevano il sacramento della riconciliazione.Sul piano catechetico, il testo chiarisce chenon c’è bisogno di molto catechismo a que-sta età: basta che il bambino sia in grado didistinguere tra il pane ordinario e il pane eu-caristico. Sarà compito dei genitori e del pa-dre spirituale decidere insieme se il bambinoè pronto! Il testo presuppone dunque unafamiliarità con l’Eucarestia – proprio quelloche fa difetto oggi. La domanda contempo-ranea più ‘dura’ è questa: un bambino di 7-

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21 Die Feier der Kindertaufe. In den Bistümern des Deutschen Sprachgebietes. Zweite authentische Ausgabeauf der Grundlage der Editio typica altera 1973, Herder, 2007; Die Feier der Kindertaufe. Pastorale Einführung(Arbeitshilfen 220), Sekretariat der Deutschen Bischofskonferenz, Bonn, 2008.22 CCC n° 1231.

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8 anni può essere pronto a ricevere l’Euca-restia, se il modo in cui la vive spiritual-mente non è sostenuto da una situazionefamiliare di fede sufficientemente viva e dauna pratica eucaristica abbastanza regola-re…? Un ragazzino molto simpatico macompletamente estraneo alla fede, sarà beneindirizzarlo in primo annuncio al sacramentodell’Eucarestia…?- Guardando dunque all’oggi, si notano unavolta di più le due logiche in competizio-ne. C’è, da un lato, la logica secondo cuiviene organizzata una festa per tutti i bam-bini di 7-8 anni. I bambini ‘portano avanti‘in gran parte la celebrazione, che è forte-mente ‘adattata’. L’iniziazione all’Eucarestiaoccupa un posto meno centrale. La chiesaè gremita di genitori, anch’essi con scarsafamiliarità, nell’assenza della comunità par-rocchiale - talvolta il parroco avverte in an-ticipo che è meglio non venire in quella do-menica a quella messa, perché ci sarannotroppo pochi posti. La scuola è spessol’agente che organizza, più della parrocchia,dove i sacramenti dovrebbero essere di casa.In Belgio, stanno arrivando già le prime do-mande di professori che chiedono se glialunni musulmani nelle scuole cattolichenon possono anche loro partecipare a questafesta dei bambini ‘cattolici‘. Nella logicadell’eredità (non iniziatica) comprendo beneda dove viene questa domanda, che presaisolatamente evidentemente non ha senso.Questo, perché occorre assolutamente effet-tuare la transizione verso una logica dellaproposta per ‘la prima delle comunioni’. Inquesta logica, la famiglia è ricevuta, in que-sta opportunità, con il loro bambino, nellacomunità parrocchiale, in una ‘normale’ ce-lebrazione domenicale con un’attenzionespeciale per i bambini. In questo caso, è me-glio distribuire le comunioni su parecchiedomeniche, per es. nel periodo di Pasqua,

affinché la bilancia tra comunità ‘normale’e visitatori occasionali sia più in equilibrio.- Due modelli per la combinazione primacomunione e confermazione sono alloragrossomodo pensabili in questa logica dellaproposta.Il modello A considera come situazione ‘nor-male’, che i genitori presentino il loro bam-bino ci circa 7 anni in parrocchia per laprima delle comunioni, che è l’inizio di unapartecipazione piena alla vita ecclesiale. Evi-dentemente, però, molti genitori non prati-canti non faranno così: se non si tratta piùdi una festa dei bambini, lasceranno perde-re… Allora, non c’è nessun problema, in ef-fetti. Il diritto canonico concede loro il dirittoe la responsabilità di presentare il loro bam-bino a partire dall’età di 7 anni. Se vannoa messa a Natale o a Pasqua, a un funeraleo a un matrimonio, sarà là che avrà luogola prima delle comunioni di quel bambino.E se non faranno niente di tutto ciò, il bam-bino riceverà la sua prima comunione nellacelebrazione della confermazione, secondol’ordine originario dei sacramenti.Il modello B rovescia l’impostazione e con-sidera piuttosto normale l’ordine originario,che prevede confermazione e prima comu-nione nella stessa celebrazione. Spesso, e dipreferenza, si farà allora abbassare l’età dellaconfermazione (per es. verso i 10 anni) everranno svolte una preparazione edun’ininterrotta iniziatica di questo doppiosacramento dell’iniziazione. Ma allora, comeandare incontro al desiderio di Pio X che ibambini credenti di 7 anni possano già co-municarsi? Ebbene, si potranno informaresempre regolarmente, in questo modello, igenitori presenti all’assemblea domenicale,che possono presentare il loro bambino co-me nel modello A, affinché riceva la primadelle sue comunioni in modo incoativo eanticipando la comunione cosiddetta solenne

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al momento della confermazione. Questospirito d’anticipazione appartiene ad una pri-ma delle comunioni che precede la confer-mazione, perché c’è sempre l’Eucarestia alvertice dell’iniziazione, dunque dopo la con-fermazione.- E la ‘festa dei bambini’ quando hanno 7-8 anni, all’inizio della scuola elementare,con il suo radicamento culturale? Non biso-gna lasciare sole le persone per i riti di pas-saggio, perché se non ci mettiamo al loroservizio, altri lo faranno e questo spessonon sarà migliore! Forse una nuova creati-vità della Chiesa è richiesta qui. Ci si puòimmaginare una benedizione dei bambini edun rito di passaggio in senso positivo ed an-che missionario, ma senza che l’Eucarestiavenga strumentalizzata a questo fine, conle conseguenze descritte sopra.

4. la confermazione

Manca il tempo per fermarci più a lungosulla confermazione; ho scelto di trattarlagià un poco con la citazione di Paul DeClerck sull’unità dei sacramenti, e in rela-zione alla prima delle comunioni. Voglioancora sottolineare solamente come entra-no in gioco di nuovo le due logiche men-zionate.La confermazione è un dono particolare delloSpirito Santo che ci rende forti, un dono chesi riceve dopo il battesimo, come prosegui-mento dell’iniziazione, e che allo stesso tem-po prepara a ricevere l’Eucarestia.- Questo sacramento ha largamente perdutoil suo significato di sacramento di iniziazionenella logica dell’eredità. Una volta sepa-rata dal battesimo, che era il sacramento diun’iniziazione puntuale dei bambini ‘naticristiani’, è diventato il sacramento di unacorroborazione della fede e, in seguito, diuna fede adulta e dell’impegno personale.

Per questa ragione era il sacramento del ca-techismo, dove si approfondisce, in mododel resto assolutamente apprezzabile, unafede che si suppone debba essere vissuta inparrocchia.In questa stessa logica dell’eredità si collo-cano, ancora, alcuni progetti che mirano aritardare l’età della confermazione, anche sesono stati lanciati in uno sforzo di rinnova-mento che rispetto completamente. In Bel-gio, questi progetti, in questo momento, so-no in una fase di ritorno. L’esagerazionespiega perché. Il mio collega portoghese rac-contava un giorno che, in Portogallo, alcunisuggerivano di amministrare questo sacra-mento all’età di 35 anni, perché forse allorai confermandi riuscirebbero a diventare adul-ti nella fede… Ma neanche l’età permette di‘scoprirsi nati cristiani‘ per eredità… Diven-tare adulti nella fede può avvenire solamentein una pedagogia di iniziazione la cui leggefondamentale è la libertà della persona. Sedei giovani partecipano ad un progetto diformazione della fede avente per scopo nonla fede stessa, ma di ottenere questo sacra-mento, la libertà del loro percorso va persa.Terzo, si rischia qui di confondere la confer-mazione come dono sacramentale (cresima),con “la mia confermazione personale dellamia fede, alla quale il vescovo assisterà“,come scriveva una ragazza belga in tutto ilsuo entusiasmo.Last but not least, anche il rigorismo chevediamo aumentare in Belgio intorno a que-sto sacramento partecipa a questa stessa lo-gica dell’eredità: alcuni catechisti voglionoallora poter supporre la fede, prima di per-mettere questo sacramento, e diventanoquindi più esigenti, per un sacramento chenon richiede né significa, tuttavia, l’essereadulti nella fede, ma che si colloca all’iniziodi questa, e che bisognerebbe amministrare,in modo abbastanza evidente, a tutti coloro

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per i quali si è giudicato che le circostanzefossero opportune per battezzarli.- In una logica della proposta, la sfidaconsiste allora nel restituire questo sacra-mento all’iniziazione, dunque nel lasciareche svolga il suo ruolo nel processo di ini-ziazione, nella proposta della fede in occa-sione della domanda di un sacramento, an-che nel primo annuncio in occasione di que-sta domanda. E questo per i bambini, cheall’età di 10-12 anni sono già più personal-mente e direttamente coinvolti nell’inizia-zione, e per i genitori.Per le diocesi fiamminghe, abbiamo svilup-pato, a questo fine, un nuovo metodo di pa-storale della confermazione con questa regoladi base: il primo manuale catechetico daadoperare è la stessa comunità ecclesiale!L’idea è questa: a quelli che imparano il ten-nis, non si fa leggere un libro sul tennis percominciare (dopo, sarà interessante leggereanche lo Youcat del tennis, certamente!). Ilnuovo arrivato entra in un club e, aiutatodai membri con più anzianità, comincia agiocare poco a poco a tennis. Allo stessomodo, un’iniziazione alla fede significa dun-que fare conoscenza con la vita concreta del-la Chiesa, in tutte le sue dimensioni: kerig-matica, liturgica (con al centro l’assembleadomenicale), diaconale, comunitaria. Io sonocompletamente a favore di una dimensionesistematica ed apologetica per ri-flettere,‘nach-denken’, sull’esperienza vissuta.- Resta un altro elemento. Io dico (1) resti-tuire questo sacramento all’iniziazione, e (2)l’iniziazione si compie per partecipazione

alla vita della comunità. La conseguenza diquesto è che (3) il soggetto dell’iniziazione,così come di ogni catechesi, è la comunità.è lei che inizia, e i catechisti sostengono lacomunità, e non viceversa. Questo mi con-duce ad un argomento che richiederebbeun’esposizione in sé stesso: la questione ve-ramente centrale di tutte, nel mio lavoro, èil bisogno di comunità cristiane vive, chesono in grado di iniziare perché vivono lafede e possono dunque presentarla e pro-porla ai nuovi arrivati.

a mo’ di conclusione

Ho cominciato questa esposizione con unapresa di posizione sulla relazione tra fede ecultura, per poter arrivare a come comprendola nuova evangelizzazione: è l’evangelizza-zione in un contesto in cui la fede non puòpiù essere presupposta, ma può benissimoessere proposta. Di colpo, la fede diventapiù personale, come risposta ad una chia-mata. Poi, in quelle due colonne, abbiamoesplorato in sintesi le due logiche dell’ereditàe della proposta. Ho quindi suggerito cheabbiamo già fatto molta strada nella cate-chesi, ma meno, per ora, nella gestione deisacramenti. Nella terza parte, ho cercato dimostrare come nella gestione e nell’ambien-te pastorale dei tre sacramenti di iniziazione,le due logiche coesistano. Mi auguro di es-sere riuscito a mostrare alcune piste con cuiin Belgio cerchiamo di operare la transizioneverso la logica della proposta anche nellapastorale dei sacramenti.

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introduzione

I mutamenti sociali, culturali e religiosi inatto tengono desta l’urgenza di una NuovaEvangelizzazione, la ricerca di sentieri nuovid’irradiazione del Vangelo, di nuovi percorsiformativi e di Iniziazione Cristiana (IC). In-terrogare la storia sull’efficacia della missio-ne evangelizzatrice è assillo di sempre dellaChiesa1.In Italia la riflessione sull’IC dei ragazzi tornaalla ribalta anche negli Orientamenti Pasto-rali Educare alla vita buona del Vangelo,che definiscono l’IC «esperienza fondamen-tale dell’educazione alla vita di fede»2.La ricerca di una prassi evangelizzatrice inchiave educativa impegna la Chiesa a diversilivelli e nei suoi vari organismi. è impegnatol’UCN nel cercare di dare giusto significatoai termini catechistici e a svilupparne le im-plicanze teologiche, antropologiche, pastoralie pedagogiche3; nel sollecitare la ri-qualifi-cazione dell’IC dei ragazzi e della catechesi4;nel monitorare le sperimentazioni e nell’in-coraggiare le realtà locali a valorizzare e ot-timizzare le proprie risorse5.L’attuale Convegno si presenta così come

una preziosa opportunità da svariati puntidi vista, tra i quali quello che attesta un pro-cesso di rinnovamento dell’IC iniziato più diun decennio fa a seguito della pubblicazionedella seconda nota sull’IC dei ragazzi6. Il processo coinvolge tutte le nostre Diocesied è ancora in corso. Una sua prima rico-gnizione offre un quadro ricco di “buonepratiche” (cf C. Sciuto). Sono nate formenuove di primo annuncio, di coinvolgimentoe accompagnamento delle famiglie lungo l’ICdei figli (cf F. Feliziani-Khanneiser); di ri-lancio degli itinerari mistagogici per adole-scenti (cf A.M. D’Angelo), di maggiore curaper la formazione degli adulti: tutte espres-sioni di comunità impegnate a generare cri-stiani nella fede e a nutrire la vita di fedenel contesto della Nuova Evangelizzazione(cf V. Bulgarelli).Vorrei anche richiamare, in questa introdu-zione, il paragrafo n. 18 dei Lineamenta delprossimo Sinodo dei Vescovi sulla NuovaEvangelizzazione. Il testo suggerisce l’atteg-giamento con cui ciascuno di noi è chiamatoa vivere un tempo di verifica. La revisionedegli itinerari di IC dei ragazzi, afferma il pa-ragrafo, va vissuta non nella logica della

L’INIZIAZIONE CRISTIANADELLE NUOVE GENERAZIONI IN ITALIA

Sr. Cettina Cacciato, Catecheta,Membro della Commissione per l’Iniziazione Cristiana dell’UCN

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 Al tema specifico dell’annuncio e della trasmissione della fede la Chiesa ha dedicato due Assemblee Sinodalile cui riflessioni sono contenute nelle esortazioni apostoliche Evangelii nuntiandi (1975) e Catechesi tradendae(1979).2 CEI, Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020. Educare ala vita buona del Vangelo, 2010, n. 403 Cf Seminario per la verifica ed il rinnovamento della catechesi. L’ascolto per il discernimento, PalazzoCarpegna – Domus Mariae, Roma 28-30 novembre 2011.4 Cf CEI-UCN, Convegno catechistici regionali 2012. “Come pietre vive”. Rinnovare l’iniziazione cristiana nellenostre Chiesa. Vademecum per la preparazione ai convegni.5 Cf ID., “Come pietre vive”. Convegni catechistici regionali 2012.6 Cf CEP-CEI, Nota pastorale. L’Iniziazione Cristiana 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzidai 7 ai 14 anni, 1999.

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immediata rottura col passato, né in «com-portamenti inerziali mantenuti da alcune co-munità cristiane, nella convinzione che lasemplice ripetizione di azioni stereotipate siagaranzia di bontà e di successo per l’azioneecclesiale»; la revisione va vissuta nella pro-fonda consapevolezza che «dal modo concui la Chiesa in Occidente saprà gestire que-sta revisione delle sue pratiche battesimalidipenderà il volto futuro del cristianesimonel suo mondo e la capacità della fede cri-stiana di parlare alla sua cultura». La mattinata di lavoro che ci sta davanti cioffre l’opportunità di dialogare e confrontarci;sarà anche occasione di un reciproco incorag-giamento a «individuare quelle strade che Dioattraverso il suo Spirito sta costruendo permanifestarsi e farsi trovare dagli uomini…»7.Lo scopo del mio intervento è quello di ri-prendere alcuni testi del Magistero per indi-viduare quegli elementi chiave riproponibiliper il rilancio dell’IC delle nuove generazio-ni8. Ciò comporta rivedere, sinteticamente,anche le motivazioni che hanno guidato laproposta di un rinnovamento finalizzato an-che ad attenuare l’infantilismo della fede ne-gli adulti battezzati e il loro debole senso diappartenenza ecclesiale9. Il processo di rinnovamento certamente vaesaminato su più versanti poiché le questionia esso inerenti richiedono approfondimenti

– sul piano catechistico (la formazione deicatechisti: le loro qualità relazionali ededucative; l’organizzazione dei camminicatechistici: il coinvolgimento della comu-

nità/ adulti, il raccordo/alleanza tra pasto-rale d’IC dei fanciulli e pastorale degli ado-lescenti e dei giovani…);

– sul piano catechetico (la riflessione sul-l’agire catechistico e sui processi che aiu-tano ad accogliere e vivere l’evento cri-stiano annunciato, celebrato, vissuto; laquestione semantica).

– sul piano pastorale e teologico, antropolo-gico e pedagogico.

Iniziare alla vita cristiana è soprattutto unaquestione ecclesiale e riguarda tutti i lin-guaggi della fede, sempre aperti alla creati-vità dello Spirito per una nuova evangeliz-zazione.

1. dalle istanzedi rinnovamento versoun nuovo proGettod’iniziazione

Nel decennio scorso, l’episcopato italiano haindicato la necessità di una conversione fi-nalizzata alla ricerca di percorsi di educazio-ne alla fede e d’IC più rispondenti al cam-biamento culturale: «un ripensamento s’im-pone, se si vuole che le nostre parrocchiemantengano la capacità di offrire a tutti lapossibilità di accedere alla fede, di crescerein essa e di testimoniarla nelle normali con-dizioni di vita. Per questo abbiamo pubbli-cato tre note pastorali sull’Iniziazione Cri-stiana… […] »10.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

7 SINODO DEI VESCOVI, XIII Assemblea generale ordinaria, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione dellafede cristiana. Lineamenta, Libreria Editrice Vaticana, 2001, n. 4 (Lineamenta).8 Intendiamo con l’espressione nuove generazioni l’età compresa tra gli 0 e i 14 anni, anche se farò più direttoriferimento ai 7-14 anni, che è l’età presa in considerazione dalla seconda Nota del 1999.9 Cf COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Annuncio e catechesi per lavita cristiana. Lettera alle comunità, ai presbiteri e ai catechisti nel quarantesimo del Documento di base ‘Ilrinnovamento della catechesi’, 2010, n 8.10 CEI, Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia, 2004, n. 7

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Il dialogo e la collaborazione tra la Commis-sione Episcopale per la dottrina della fede,l’annuncio e la catechesi e la Commissioneper la Liturgia hanno incoraggiato uno stu-dio che indichi nuove prospettive per uncammino di IC rispondente alla sua naturateologica e pastoralmente rilevante. Senza sottovalutare le difficoltà reali a darecontinuità formativa alla vita nuova ricevutacon i sacramenti dell’IC, è però imprescin-dibile andare oltre questo dato e individuarenuove prospettive d’azione pastorale a par-tire da una rinnovata riflessione teologica. Dal punto di vista teologico, più volte èemersa la necessità di riconsiderare i tre sa-cramenti dell’IC in modo unitario, cioè comeun unico evento in tre tappe sacramentali enell’ordine tradizionale: Battesimo, Cresima,Eucaristia; dal punto di vista pastorale si è sottolineatal’esigenza di una attenta riconsiderazionedella concreta situazione socio-culturale ereligiosa. Sappiamo che la celebrazione unitaria deitre sacramenti dell’IC non rappresenta unanovità nella prassi pastorale della Chiesa.Nei primi secoli della cristianità l’unità teo-logica, ma anche celebrativa, era praticatanel catecumenato: un cammino di forma-zione iniziale (iniziazione) per adulti che

sceglievano di seguire Gesù, il Cristo. Laconclusione di tale cammino formativo,scandito da rituali liturgici, esercizi di ascesi,servizio di carità, momenti di preghiera e dicatechesi, verifiche personali, avveniva conil conferimento dei tre sacramenti che soloinsieme realizzavano l’immersione nel mi-stero pasquale e la rinascita a una vita nuo-va. A questa fase seguiva la mistagogia: do-po l’azione sacramentale, la formazione con-tinuava con le catechesi mistagogiche fina-lizzate a far meglio comprendere il misteroche si era compiuto in ciascuno. La storia documenta che la teologia dell’ini-ziazione cristiana, vincolata da motivi pa-storali, è stata indotta a trovare, lungo i se-coli, altra realizzazione nella prassi.Attualmente sono in cantiere ipotesi per dareun nuovo assetto agli elementi dell’impiantoglobale dell’IC e per la ridefinizione della suafinalità11.

Le tre Note sull’IC12 sono una risposta alleistanze di cambiamento e sono espressionedell’esigenza di un nuovo Progetto d’inizia-zione cristiana attraverso cui la Chiesa espri-me la sua maternità in un contesto missio-nario. Il nuovo Progetto si pone in continuità, perquanto riguarda i principi catechistici fon-

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

11 Le Note «hanno dato vita a sperimentazioni di cammini di iniziazione con proposte diverse, comprendenti siaun percorso ordinario, sia l’itinerario catecumenale, sia la catechesi familiare o i percorsi sostenuti da movimentie associazioni. Queste sperimentazioni hanno evidenziato come l’iniziazione cristiana comincia quando i genitorichiedono il Battesimo per il loro bambino a poche settimane o mesi di vita, così del resto già indicato daicatechismi della CEI. Anche per i fanciulli che incominciano la catechesi a 6/7 anni, è oggi quanto mai necessarioun adeguato primo annuncio del Vangelo, che possa condurli insieme ai genitori a un inserimento globale nellavita cristiana anche attraverso la celebrazione dei sacramenti della Confermazione e dell’Eucaristia, insieme aitinerari penitenziali, che culminano nel sacramento della Riconciliazione. Non bisogna dimenticare che “veniamobattezzati e cresimati in ordine all’Eucaristia. Tale dato implica l’impegno di favorire nella prassi pastorale unacomprensione più unitaria del percorso di iniziazione cristiana”» (COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA

FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Annuncio e catechesi per la vita cristiana, n. 14).12 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA - CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE, Nota pastorale: L’Iniziazione Cristiana 1.Orientamenti per il catecumenato degli adulti, 1997; ID, Nota pastorale: L’Iniziazione Cristiana 2. Orientamentiper l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, 1999; ID, L’Iniziazione Cristiana 3. Orientamentiper il risveglio della fede e il completamento dell’Iniziazione Cristiana in età adulta, 2003.

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damentali, con il Documento Base ma espri-me una più matura consapevolezza dellamissione evangelizzatrice della Chiesa. Offreorientamenti per iniziare alla vita di fede adiverse età13 e in modo nuovo, ed esorta asuperare la prassi che riduce la catechesid’IC alla spiegazione del significato del sin-golo sacramento e all’enunciazione delladottrina. Una prassi d’iniziazione, questa,fondata su itinerari a matrice prevalente-mente cognitiva e non lontana dal rischiodi mediare una visione gnostica della fede.

2. le motivazioni delladirezione intrapresa

è risaputo che i cosiddetti luoghi tradizionalidi trasmissione e di maturazione della fede(famiglia, scuola, gruppi sociali) oggi noniniziano alla vita cristiana né accompagnanola sua maturazione: l’humus cristiano è ve-nuto meno cedendo il passo alla secolariz-zazione che ha sviluppato «una mentalitàin cui Dio è di fatto assente dall’esistenza edalla coscienza umana»14. Eppure, siamo chiamati a vivere nel nuovoe complesso scenario sociale con speranza,quella speranza che – sottolinea BenedettoXVI – il cristianesimo porta in sé come do-no15, e che induce il cristiano a non cederea giudizi difensivi e di paura ma a cercaredi leggere in modo oggettivo e sereno i segnidi novità insieme con le sfide e le fragilità16.«La nuova evangelizzazione – affermano iLineamenta - ci chiede di confrontarci con

questi scenari non restando chiusi nei recintidelle nostre comunità e delle nostre istitu-zioni, ma accettando la sfida di entrare den-tro questi fenomeni, per prendere la parolae portare la nostra testimonianza dal di den-tro. Questa è la forma che la martyria cri-stiana assume nel mondo d’oggi, accettandoil confronto»17.Per quanto riguarda la situazione dell’ini-ziazione cristiana delle nuove generazioni(bambini, fanciulli, ragazzi, preadolescenti),a nessuno sfugge la considerazione che al-cune sue forme organizzative e alcuni modidi realizzare la catechesi d’IC non hanno da-to i frutti sperati. Questa debolezza pastoralediventa una nuova sfida educativa: qual èla nostra nuova proposta? Come ripensarela generazione alla e nella fede? Come ac-compagnare la crescita curando, in parti-colare, la vita di fede?In questa fase di verifica ci chiediamo an-cora: come i nostri ragazzi ‘imparano’ lafede? Ma anche: quando e dove imparanoquelle attitudini umane su cui si fonda e sisviluppa la vita cristiana? Sono sfide checi interpellano in profondità e che non ciconsentono di sottrarci alla constatazioneche iniziare le nuove generazioni alla vitadi fede è, per molti catechisti, ma anche permolti di noi, un’arte nuova tutta da imparareottimizzando uno dei punti di non ritornodel rinnovamento catechistico, secondo ilquale la prassi di IC dei ragazzi non puòprocedere in maniera isolata dal quadro pa-storale più ampio nel quale è inserita18. Fan-ciulli e ragazzi sono formati anche da altre

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13 Il diventare cristiano (IC) oltre ad evolversi dall’infanzia all’età adulta può prendere avvio o ricominciare aqualsiasi età. 14 Lineamenta, 615 BENEDETTO XVI, Lettera Enciclica Spe Salvi, n. 22.16 Cf Lineamenta n. 717 L.cit18 Cf CEI, Il Rinnovamento della catechesi, cap. VIII “La catechesi nella pastorale della Chiesa locale”.

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agenzie socializzanti e non cristiane, perciòdiviene sempre più necessaria l’esistenza diun ambiente educativo che proponga unamodalità bella, vera, più umana di viverenell’oggi della storia. In questa prospettival’esperienza dell’IC potrebbe costituire il luo-go pastorale ed educativo privilegiato perl’età evolutiva, certamente, a determinatecondizioni.

Siamo anche sollecitati da Benedetto XVI averificare quale prassi iniziatica «possa ineffetti aiutare meglio i fedeli a mettere alcentro il sacramento dell’Eucaristia, comerealtà cui tutta l’iniziazione tende»19, e a vi-vere la domenica in tutta la sua ricchezza,quale giorno del Signore, giorno della Chie-sa, giorno dell’uomo20.

Iniziazione Cristiana non è sinonimo d’in-troduzione ad una religione generica, è in-nanzitutto dono di una vita nuova, è unanuova creazione posta in essere dal misteropasquale di Cristo. Essere inseriti nella rela-zione del Figlio col Padre suo, nella forzadello Spirito è, ricordano i Lineamenta, «ilfine della trasmissione della fede, il fine del-l’evangelizzazione». D’altra parte, l’IC è an-che partecipazione attiva e responsabile allanuova creazione. Per grazia, ogni iniziato è‘abilitato’ a costruire la Comunità cristiana:il Corpo di Cristo, il popolo di Dio, ognunosecondo la propria misura di santità, secon-do la propria crescita nella storia. Ed è sul

piano storico-evolutivo che è chiamato incausa il nostro compito educativo attento aidinamismi di crescita dei ragazzi, in ascoltodelle loro condizioni sociali e della loro sen-sibilità culturale, aperto alla realtà storico-dinamica della Chiesa. Un compito impe-gnato anche a coinvolgere le famiglie (me-todologicamente più come alleate che comedestinatarie21, anche se bisognose di evan-gelizzazione), in particolare ad iniziare a vi-vere la vita cristiana nel quotidiano. L’IC,infatti, è il momento fondativo di un cam-mino che continua lungo l’esistenza comecredenti nella presenza di Cristo nella storia. La proposta formativa iniziatica della Chiesava oltre l’insegnare a vivere una forma re-ligiosa: è accompagnare a scoprire il misterodel Figlio di Dio presente nel quotidiano, acamminare con Lui nella vita ordinaria, unavita sempre nuova perché Dio parla ancoraal suo popolo, alla sua Chiesa, la sostiene ela alimenta, la perdona… la guarisce...

2.1. l’ispirazione catecumenale

In quest’orizzonte di significati, l’impiantod’iniziazione che rivaluta le caratteristicheportanti del catecumenato antico appare co-me il più confacente.

2.1.1. …dell’azione pastorale

Gli Orientamenti Pastorali del decennio scor-so Comunicare il vangelo in un mondo checambia al n. 59 enunciavano:

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19 BENEDETTO XVI, Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis, n. 18.20 Cf CEI, Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia, n. 8; GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia deEucaristia, 2003, n. 21. Il Concilio Vaticano II ci ricorda che la celebrazione eucaristica è al centro del processodi crescita della Chiesa: l’eucaristia genera appartenenza (cf LG 3). Questo concetto (e realtà) teologico ha ancheuna forte valenza educativa: l’eucaristia educa all’appartenenza. Il perno del processo di crescita del cristiano è,dunque, la celebrazione eucaristica, poiché crescita cristiana significa continua con-formazione ed assimilazionea Cristo, essere sempre più suoi testimoni: «l’eucaristia è la consacrazione dei testimoni» (F.- X. DURWELL, L’eu-caristia sacramento del mistero pasquale, 1982, p. 169).21 «L’iniziazione cristiana dei fanciulli interpella la responsabilità originaria della famiglia nella trasmissionedella fede. Il coinvolgimento della famiglia comincia prima dell’età scolare, e la parrocchia deve offrire ai genitorigli elementi essenziali che li aiutino a fornire ai figli l’“alfabeto” cristiano. Si dovrà perciò chiedere ai genitori di

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«Introdurre lo stile catecumenale, propriodella Iniziazione Cristiana, è la strada nuovada percorrere nella nostra pastorale: ed è unproblema di mentalità. Cambia il modo concui si gestiscono le parrocchie. Lo spaziodato ai laici e le responsabilità condivise, lepriorità di alcune scelte nella pastorale quo-tidiana, l’attenzione all’accoglienza e al dia-logo con l’uomo contemporaneo, lo spiritodel saper ricominciare da capo con l’annun-cio e il cambiamento di vita, il divenire cri-stiano come forma spesso in concorrenzacon gli stili proposti dalla società in cui vi-viamo, il posto dato alla Parola di Dio,l’obiettivo primario di “fare i cristiani”… so-no tutti fattori di mentalità che vanno final-mente modificati nei pastori innanzitutto,poi in tutta la Chiesa». Nell’attuale crisi dei processi d’iniziazione ingenere, l’individuazione di queste categoriepastorali offre non solamente un’esortazionema una direzione per realizzare la conver-sione dell’agire pastorale e catechistico. Larivalutazione, dunque, della «struttura delcatecumenato antico come esempio per or-ganizzare dei dispositivi pastorali»22 com-porta una mentalità nuova con cui lavorare,più immersa nel realismo della fede, cui ciinvita Benedetto XVI23.L’ispirazione catecumenale dell’IC, infatti,non è un metodo o una tecnica risolutiva

dei problemi pastorali o educativi. è soprat-tutto un appello a rivedere e a rivederci comecomunità di fede che continuano a celebraree annunciare il dono della salvezza alle nuo-ve generazioni con una modalità svincolatadal modello formativo di tipo nozionistico.L’iniziare alla fede e l’educare alla fede nonpossono identificarsi con la trasmissione diinformazioni, ma significano accompagnareed aiutare a percepire il senso integrale del-l’esistenza in dialogo con la cultura, per lacontinua elaborazione dell’identità cristiana.

2.1.2. …dell’iniziazione cristiana delle nuo-ve generazioni

L’attenzione rinnovata all’IC d’ispirazionecatecumenale24, è richiesta da motivi sia dinatura antropologica (è la nuova realtà so-cioculturale a matrice scristianizzata a esi-gerla); sia di natura ecclesiale (è rispondentealle esigenze della nuova evangelizzazioneed alla sua finalità).L’esperienza del catecumenato è oggi rivisi-tata e riproposta nella sua logica e punti forza,per «dare forma ai processi di trasmissionedella fede»25. Per quanto riguarda bambini eragazzi, siano catecumeni oppure no, si trat-terebbe dell’adattamento del quadro formati-vo dell’IC degli adulti presente nel RICA (Ritoper l’iniziazione cristiana degli adulti)26.

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partecipare a un appropriato cammino di formazione, parallelo a quello dei figli. Inoltre li si aiuterà nel compitoeducativo coinvolgendo tutta la comunità, specialmente i catechisti, e con il contributo di altri soggetti ecclesiali,come associazioni e movimenti. Le parrocchie oggi dedicano per lo più attenzione ai fanciulli: devono passarea una cura più diretta delle famiglie, per sostenerne la missione» (CEI, Il volto missionario della parrocchia inun mondo che cambia, n. 7).22 Lineamenta, n. 1823 Cf. BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 21dicembre 2009.24 L’ispirazione catecumenale dell’IC, era stata sollecitata dal Documento di Base nei nn. 25-35 che (con il lin-guaggio e la consapevolezza del tempo) presentano l’itinerario d’IC come un graduale introdurre al mistero diCristo con la pre-evangelizzazione, l’evangelizzazione, il catecumenato e l’evento sacramentale a cui seguonola mistagogia e la catechesi permanente 25 Lineamenta, n. 14.26 Cf Premessa, in CEP-CEI, Nota pastorale. L’Iniziazione Cristiana 2.

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Siamo sollecitati a fare dell’IC dei ragazzi unluogo e un tempo generativo dell’esperienzadi fede, a renderla un’esperienza che aiutaa entrare nella dimensione misterica e mi-stica della vita cristiana. Una forma di ap-prendistato alla vita in Cristo che valorizzala pluralità dei linguaggi della fede e non inprevalenza quello noetico27.Tutto questo… è fatica educativa, senz’altro!Ma è, più ancora, una forma di martyria…sia riuscire nella riorganizzazione gli itinerariiniziatici in maniera tale da significare i sa-cramenti dell’IC come fondamento di ognivita cristiana (cf CCC 1212); sia attuareuna catechesi al servizio dell’iniziazione inchiave educativa, attenta alla persona e nellaprospettiva della formazione permanente. è noto che il Direttorio Generale per la Ca-techesi (DGC) del ’97 attua una distinzioneterminologica e concettuale in riferimento ainiziazione cristiana e catechesi al serviziodell’iniziazione28. La definizione: catechesial servizio dell’iniziazione ridimensiona ilcarico formativo della catechesi perché vienedistinta dal primo annuncio e considerataun elemento costitutivo dell’IC insieme allaliturgia, alla diaconia, alla testimonianza.Nell’IC sono in azione e in inter-azione isuoi diversi elementi costitutivi. Così il n. 19 della 2a Nota chiarisce: «Periniziazione cristiana si può intendere il pro-cesso globale attraverso il quale si diventacristiani. Si tratta di un cammino diffuso neltempo e scandito dall’ascolto della Parola,dalla celebrazione e dalla testimonianza deidiscepoli del Signore attraverso il quale ilcredente compie un apprendistato globaledella vita cristiana e si impegna a una scelta

di fede e a vivere come figli di Dio, ed è as-similato, con il Battesimo, la Confermazionee l’Eucaristia, al mistero pasquale di Cristonella Chiesa». In ultima analisi, una IC d’ispirazione cate-cumenale non fa altro che aiutare a ri-com-prendere la verità stessa dell’IC e a favorirela riqualifica della nostra azione educativanei confronti delle nuove generazioni poichépone sempre in rapporto iniziazione ai sa-cramenti (azione educativa e pastorale) esacramenti dell’iniziazione (azione divinache, in modo simbolico, introduce nella vitain Cristo).A titolo di semplice rinvio esemplificativo diIC con un impianto formativo che valorizzai punti forza della logica catecumenale e ar-ticola con equilibrio gli elementi liturgici, ca-techistici ed esperienziali, mi piace citare laGuida per l’itinerario catecumenale dei ra-gazzi, pubblicata dal Servizio Nazionale peril catecumenato nel 200129.La Guida presenta l’itinerario globale d’ICarticolato nei quattro tempi classici del ca-tecumenato con le relative tappe liturgichee sacramentali e con proposte di coinvolgi-mento degli adulti30. Ogni itinerario annuale(tempi) è organizzato valorizzando l’ascoltodella Parola di Dio, le celebrazioni sacra-mentali e i riti di passaggio, nella consape-volezza che senza il dono di Dio non si puòvivere da cristiani; la pratica della vita cri-stiana, l’apprendistato di atteggiamenti ecomportamenti propri di uno stile di vita al-ternativo; riferimenti e rimandi ai testi di ca-techismo nazionali. Ovviamente la Guidanon è un sussidio pronto per l’uso – delresto non ne possono esistere; la considero,

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27 Cf MANELLO Maria Piera - OHOLEGUy María Inés, “Ricominciare” la formazione catechistica a partire dalla di-mensione misterica della vita cristiana, in Rivista di Scienze dell’Educazione 40(2002)2, p. 257-270.28 Cf CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi, nn. 63-68.29 Cf. SERVIZIO NAZIONALE PER IL CATECUMENATO, Guida per l’itinerario catecumenale dei ragazzi, Elledici, Leumann(TO) 2001. La Guida nasce da quanto indicato al n. 57 della 2^ Nota.

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però, un valido strumento-guida in grado diaiutare i catechisti a realizzare un cambio dimentalità, a comprendere il significato di ICd’ispirazione catecumenale31 e a studiare ingruppo l’adattamento al proprio contesto. Certamente la Guida non è garante dellariuscita di un rinnovamento. è già verificatoche le sperimentazioni più riuscite sono quel-le che si sono avvalse di una logica proget-tuale, contro forme di improvvisazione, chehanno coinvolto più soggetti, sia a livellodiocesano (o interdiocesano) con l’indica-zione autorevole del Vescovo e in dialogocon l’Ufficio Catechistico Diocesano (con Vi-carie o parrocchie vicine, con i Consigli Pa-storali Parrocchiali); sia a livello di nucleolocale (parrocchia) con la formazione e l’ac-compagnamento dei catechisti verso unanuova consapevolezza del loro mandato32.L’IC va, dunque, pensata all’interno della

«pastorale dell’educazione» della Comuni-tà33, come già auspicato dal Direttorio ge-nerale per la catechesi (1997):

Il coordinamento educativo si pone fon-damentalmente in relazione ai bambini,ai fanciulli, agli adolescenti e ai giovani.Conviene che la Chiesa particolare integriin un unico progetto di Pastorale educa-tiva i diversi settori e ambienti che sonoal servizio dell’educazione cristiana dellagioventù. Tutti questi luoghi si comple-tano reciprocamente, mentre nessuno diessi, assunto separatamente, può realiz-zare la totalità dell’educazione cristiana.

Alla luce di queste semplici note da me ap-pena abbozzate, l’IC delle nuove generazio-ni, nella dinamica educativa della Chiesa, sipone veramente come la “pietra angolare”della Nuova Evangelizzazione.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

30 L’itinerario predisposto dalla Guida offre varie opportunità di risveglio della fede per i genitori e dalla ricognizionedelle pratiche in atto si constata una loro significativa presenza. Anche se non tutti gli adulti sono motivati daconvinzioni di fede, la semplice presenza dei/del genitore alle celebrazioni rituali (accoglienza, signatio crucis,consegna del Vangelo, del Pater…), diventa significativa ed educativa per i figli, oltre che occasione per gliadulti di riscoperta della fede. 31 Molti sussidi di IC d’ispirazione catecumenale, di diverse case editrici, sviluppano ed integrano quanto strutturatoe organizzato dalla Guida.32 Cf C. CACCIATO, L’Iniziazione Cristiana in Italia. Dal Concilio Vaticano II ad oggi. Prospettiva pedagogico-ca-techetica, Roma, LAS 2009, 257-262.33 Cf XLIV CONVEGNO NAZIONALE DEI DIRETTORI UCD, La questione educativa nell’iniziazione cristiana per le nuovegenerazioni, Bologna 14-17 giugno 2010.

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Un libro1 standard per psicologi dell’età evo-lutiva nonché per genitori ed educatori portail titolo “Gli Anni Magici”, intendendo conessi quelli che vanno dalla nascita del bam-bino al suo ingresso nella scuola primaria.Anni magici perché sono quelli in cui av-vengono i maggiori cambiamenti, le piùgrandi conquiste, gli anni in cui si forma ilfuturo della persona. è ineludibile la riflessione sulle modalità concui la comunità cristiana si prende cura delbambino e della sua famiglia in questo pre-zioso, irrepetibile tempo di vita e in che mo-do accompagna i processi di crescita che visi realizzano, perché diventino anche pro-cessi di crescita nella fede cristiana.Tradizionalmente abituati a pensare la cate-chesi come istruzione e a metterla in paral-lelo con il ciclo d’istruzione scolastica, po-trebbe sembrare che l’educazione religiosadallo 0 ai 6 anni non competa alla comunitàcristiana ma debba essere totalmente affi-data alla famiglia, in realtà la famiglia ne èla maggiore protagonista, ma non la sola enon da sola.

nodi e snodi della pastoralebattesimale

Il Vademecum (cf. II, 7), facendo riferimentoalla costante riflessione della Chiesa sulla

La catechesi degli “anni magici” alcune riflessioni

sulla pastorale battesimaleDott.ssa Franca Feliziani Kannheiser, Pedagogista

Membro della Commissione per l’Iniziazione Cristiana dell’UCN

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

famiglia e sul diritto-dovere dei genitori al-l’educazione cristiana dei figli, invita a fareil punto sulla pastorale battesimale messain atto dalle parrocchie e dalle diocesi.

L’affermazione della lettera per il 40° delDB per cui l’IC comincia quando i genitorichiedono il Battesimo per il loro bambinoa poche settimane o mesi di vita, e siapre agli ulteriori sviluppi nelle età suc-cessive, spinge a tenere presente l’interoarco della crescita del bambino da 0 a12 anni. La così detta pastorale battesi-male, rimane un’opportunità che consen-te di mettere in atto un’azione missiona-ria nei confronti dei genitori, perché an-che i bambini siano educati nella fede.Pastoralmente, questo impegno nella ca-techesi pre e post-battesimale ai genitorie agli altri componenti della famiglia,compresi i padrini, diventa uno straordi-nario snodo per mettere in campo siner-gie educative tra catechesi, pastorale fa-miliare e le agenzie educative per l’in-fanzia. I bambini possiedono, infatti, unostraordinario potenziale religioso che variconosciuto, rispettato ed educato.

La domanda n. 7, attentamente articolata2,intende, dunque, richiamare l’attenzione sul-le modalità con cui le chiese locali si pren-dono cura delle radici della vita e della fedenei bambini dallo 0 ai 6 anni, attuando iti-nerari pre e post battesimali, sostenendo le

1 FRAIBERG S. H., Gli anni magici, ed. Armando, Roma.2 Ritieni che la Diocesi stia attuando una adeguata riflessione sulla pastorale battesimale?

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famiglie nell’educazione religiosa dei figli inetà prescolare e stringendo alleanze con altreagenzie educative che si occupano di questafascia d’età (scuole dell’infanzia, spazi gioco,ecc).

La prospettiva che si apre è di grande re-spiro:La pastorale battesimale – che trova il suocentro generativo e irradiante nella cele-brazione del Battesimo – va collegata sia alprogetto parrocchiale di rinnovamento del-l’IC, sia a quello della formazione perma-nente degli adulti e contempla perciò:

a. l’ accompagnamento dell’adulto in unosnodo fondamentale della sua esperienzadi vita: diventare genitore;

b. l’ accompagnamento del bambino e dellafamiglia alla celebrazione del sacramentodel battesimo (pastorale pre-battesimale);

C. il supporto ai primi passi del bambinonella vita nuova nella comunità dei bat-tezzati (catechesi postbattesimale).

uno sGuardo sulla situazioneattuale: tentativi ed aperture

a) sostegno alla genitorialitàI corsi prematrimoniali si presentano oggicome occasione (spesso unica) per intercet-tare l’adulto nel suo cammino di fede, in unmomento cruciale di scelta di vita. Per lamaggior parte delle coppie questa esperienzad’incontro con la comunità cristiana terminail giorno del matrimonio, per riprendere, poi,al momento della richiesta del battesimo per

il proprio figlio. Esistono tuttavia progetti epercorsi, sperimentati a livello parrocchialee diocesano, di accompagnamento delle gio-vani coppie. Intensificare gli sforzi per creareun tessuto connettivo di sostegno alle gio-vani famiglie che rischiano altrimenti di es-sere lasciate sole, proprio agli inizi del lorocammino comune, sembra particolarmenteurgente per evitare il rischio di autoreferen-zialità e di isolamento, fattori non marginalinella crisi di molte giovani coppie.

Il sostegno alla genitorialità fin dal suo na-scere. Resta quasi del tutto scoperto queltempo in cui il progetto di un figlio inizia aformarsi nella coppia, il tempo della gravi-danza, dove il bambino comincia ad abitarenella mente dei genitori. Questo tempo che precede il parto è – cosìcome quello immediatamente successivo allanascita –, fragile e prezioso e interroga lacomunità cristiana sulla sua disponibilità afarsi compagna di cammino della giovanecoppia che si prepara a diventare famiglia,a offrire un valido supporto alla nascentegenitorialità.

b) la preparazione al battesimoOggi sempre più parrocchie preparano per-corsi prebattesimali che si esauriscono, però,il più delle volte in pochi incontri. Essi, sepossono diventare un’occasione importanteper riallacciare un legame con la comunitàcristiana, sono quasi sempre insufficienti perun vero e proprio discernimento delle ragionidella richiesta del sacramento, per una rin-novata scoperta del suo significato, per unapreparazione adeguata a vivere la sua cele-

• Sono presenti nelle parrocchie/diocesi itinerari che accompagnano le famiglie nell’attesa del figlio, ne educa-no la domanda del battesimo e ne seguano la crescita dei figli fino a 6 anni?

• Questi itinerari sono inseriti nel più ampio contesto di un progetto parrocchiale di rinnovamento di IC? • Quali sinergie con la Pastorale Famigliare, con le Scuole Materne paritarie, con Associazioni e Movimenti

ecclesiali?

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brazione come momento fondante dell’iden-tità del bambino e come avvio o riavvio diun cammino di fede per l’intera famiglia. Rifuggendo dall’illusione di soluzioni radicalie, dunque, irrealistiche, ma restando fedeli,al contrario, alla logica evangelica della spe-ranza paziente, è doveroso chiedersi comela parrocchia può far si che il tempo pre bat-tesimale venga percepito dalla famiglia cometempo di semina e la celebrazione del bat-tesimo come evento di grazia che s’iscrivenella storia della famiglia. è necessario chel’accompagnamento al sacramento del bat-tesimo acquisti un posto sempre più centralenel progetto pastorale parrocchiale e dioce-sano con la formazione di equipe, costituiteda sacerdoti, religiosi e laici che studino lemodalità con cui accompagnare le famiglie,confortate in questo anche dalle buone pra-tiche già presenti nella chiesa italiana e nellechiese europee.Di particolare importanza è la formazionedei catechisti accompagnatori, adulti nellafede, dotati di competenza, sensibilità e di-screzione, ricchi di proprie esperienze per-sonali come coniugi e come genitori.

C) a piccoli passi nella vita - a piccolipassi nella fedeItinerari post battesimaliUna famiglia rinnovata dalla nascita di unbambino inizia una storia nuova. Se questanascita è stata celebrata nel Battesimo, ilbambino e la sua famiglia iniziano una storianuova alla sequela di Gesù.Iniziazione alla vita e iniziazione alla fedes’intrecciano, s’intersecano, coincidono,perché per il bambino battezzato essere ini-ziato alla vita significa essere iniziato allavita buona del Vangelo.Dopo la celebrazione del Battesimo, spessola famiglia si trova sola nell’educazione re-

ligiosa del figlio. Molti genitori si sentonoincompetenti e credono che educare alla fedeesuli dalle loro possibilità. Pensano di dovercercare Dio per altri sentieri che non sianoquelli battuti nella vita familiare di ogni gior-no. Forse non vengono accompagnati o nonsi fanno accompagnare a cogliere che “infondo Dio non è affatto lontano” dai vissutie dagli affetti che intessono la famiglia e cheproprio le esperienze umane profonde che ilbambino sta facendo per crescere sono quel-le che lo aprono all’incontro con il Dio diGesù Cristo, e pongono i presupposti antro-pologici per un suo cammino di fede.Così l’esperienza del sentirsi contenuto e ri-conosciuto dalla madre diventa la prima ra-dice della fede in Dio; la scoperta del mondoper mano a mamma e papà lo pone sulletracce di Colui che lo ha creato; la stupefa-cente esperienza di poter comunicare con losguardo, i sensi, la parola, pone i presuppostiper l’educazione alla preghiera; l’eserciziodella reciprocità, elemento costitutivo dellaconsapevolezza di sé come persona, è pale-stra dell’amore cristiano per il prossimo.La vita della famiglia – con i suoi riti e i suoiritmi che ne rivelano l’identità relazionale-offre al bambino il primo alfabeto dei sa-cramenti: svegliarsi e addormentarsi, man-giare insieme, dare e ricevere perdono tes-sono la trama su cui fiorirà la realtà sacra-mentale offerta dalla Chiesa. E infine l’esperienza della famiglia come spa-zio di storie che s’intrecciano e che in questointrecciarsi ne costituiscono l’identità dina-mica permette di aprirsi all’ascolto di altrestorie, storie di chiamate, di affidamenti, dicadute, di nuovi inizi, quelle che vedono Diocome iniziatore e protagonista e che trovanonella Bibbia coaugulo e condensazione.In questo processo di alfabetizzazione dellafede cristiana figure significative sono anchei nonni, custodi non soltanto della memoria

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della famiglia, ma anche della sua memoriadi fede. è evidente che la famiglia deve essere ac-compagnata a riconoscere il suo compito dieducatrice dei figli nella fede. La program-mazione di occasioni d’incontro, l’offerta distrumenti e sussidi (primo tra tutti l’ancorvalido CdB che parla di Dio con voce dimamma, senza sovraccaricare la compren-sione e la sensibilità dei piccoli), la testimo-nianza discreta di altri genitori cristiani per-mettono di sentirsi appoggiati e confortatiin questo compito non facile.

sfide e opportunità per laComunità Cristiana: impararead essere madre dalle madri

La famiglia come modello di comunitàiniziaticaNei documenti ecclesiali si parla spesso delgrembo materno della chiesa, cioè si attri-buiscono alla chiesa funzioni generative pro-prie della donna e dell’uomo. Ci si riferiscealla chiesa come madre. Apparirebbe quindicoerente imparare ad essere madre dallemadri e riconoscere nella famiglia un mo-dello d’iniziazione.Alcuni spunti di riflessione:1. L’arrivo di un bambino trasforma la ma-

dre nel suo corpo, nella sua psiche, nelsuo pensiero, trasforma la coppia nellasua vita quotidiana e nei suoi progetti.La nuova vita esige ascolto, attenzione,dedizione, sforzo di decentramento, im-pegno nella cura.

– Come vive la parrocchia l’arrivo dinuovi figli? Come concretizza il suoatteggiamento di ascolto e di acco-glienza nei loro riguardi?

2. La famiglia inizia il bambino alla vita ac-cogliendolo in un ambiente relazionaledove può fare esperienze significative eimparare a dar loro senso. – Quale ambiente relazionale si apre al

bambino e alla sua famiglia con il Bat-tesimo? Come viene accompagnato conparole e segni a conoscere e celebrarela sua nuova identità di figlio di Dioe di discepoli di Gesù?

in sintesi

I convegni regionali possono diventare l’oc-casione per ripensare la pastorale battesi-male in una chiave più genuinamente ini-ziatica, costituita da percorsi che operinosulle relazioni e le trasformino; che permet-tano alle famiglie di riscoprire il linguaggiovigoroso dei segni e delle celebrazioni, chele rendano più sicure nello sforzo di leggerele proprie esperienze di vita in prospettivacristiana e quindi di operare scelte più coe-renti e credibili, improntate alla speranza.Il battesimo di un figlio può segnare l'inizio(o una tappa fondamentale) del camminodi fede dell’intera famiglia, cammino sem-pre dinamico perché dinamica è la vita,forse accidentato, ma, come ricorda unadelle ultime pubblicazioni per la famigliadella commissione episcopale francese perla catechesi e il catecumenato, mai lontanodal cuore di Dio3.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

3 CECC, En Famille avec Dieu, Paris

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Il tema che mi è stato affidato richiama lanostra attenzione su uno dei “nodi” dell’at-tuale situazione dell’Iniziazione Cristiana: lamistagogia e i rispettivi itinerari nell’ambitodella Iniziazione Cristiana dei Ragazzi (ICR).Questo comporta considerare inevitabil-mente:– Identità ed obiettivi del tempo della mista-

gogia nell’itinerario dell’iniziazione cristia-na, in particolare dei ragazzi (ICR)

– La collocazione e l’esperienza della mista-gogia negli attuali itinerari di ICR

– Le esigenze dell’educazione della fede deiragazzi

– Gli itinerari mistagogici per ragazzi e il rap-porto con la pastorale dei preadolescenti eadolescenti.

1. mistaGoGia: “nodo” dell’iCr e “sfida” per il nostro tempo

Il tema dei convegni regionali “Come pietrevive (Pt 2,5). Rinnovare l’Iniziazione Cri-stiana nelle nostre Chiese” e la verifica inatto nelle diocesi consegnano alle nostreChiese locali il problema della mistagogiacome uno dei “nodi” da sciogliere per rin-novare la ICR e come una vera e propria“sfida” che pone le comunità cristiane difronte all’obbligo di discernere e poi adottarenuovi stili di azione pastorale1. è certamente

una sfida per le nostre comunità ridare con-tenuto ed energia a quella dimensione mi-stagogica dei percorsi di ICR, senza la qualequegli stessi itinerari sarebbero privi di uningrediente essenziale del processo di gene-razione alla fede.

Il termine mistagogia, tutti sappiamo, haorigine dal verbo greco myèo=iniziare aimisteri e indica la particolare relazione cheesiste tra il cristiano e il mistero creduto, ce-lebrato e vissuto nella comunità.Il Progetto della Chiesa italiana per l’Inizia-zione Cristiana dei Ragazzi parla della “mi-stagogia” come una delle fasi che compon-gono il cammino di IC che «conduce a uninserimento sempre più pieno nella vita dellacomunità assumendone gli impegni conse-guenti di vita e di missione» e presenta ilcatechismo Vi ho chiamato amici come «iltesto di sintesi del cammino di iniziazione,che si colloca alla fine della preadolescenzae apre alla successiva fase adolescenziale egiovanile»2. Già ES (1973) dichiarava: «Non ci si puòaccontentare, dopo il sacramento, della ce-lebrazione ormai avvenuta. C’è una formadi evangelizzazione o di catechesi, che pro-lungando nel tempo l’interesse psicologicosul sacramento ricevuto, non solo ne facilital’approfondimento biblico liturgico, ma con-corre a ravvivarne la grazia e a richiamarne

Itinerari mistagogici per ragazziSr. Anna Maria D’Angelo

Catecheta, Membro della Commissione per l’Iniziazione Cristiana dell’UCN

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 Cfr. CEI-UCN, “Come pietre vive” (1 Pt 2, 4-8). Rinnovare l’Iniziazione cristiana nelle nostre Chiese.Vademecumper la preparazione ai convegni regionali 2012.SINODO DEI VESCOVI - XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione dellafede cristiana-Lineamenta (febbraio 2011), LEV, Città del Vaticano 2011, n. 18.2 Cfr. UCN, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei ragazzi. Nota per l’accoglienza del catechismo dellaCEI, 1991. n. 21.

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l’impegno di vita. Era la prassi illuminatadei Padri della Chiesa, e potrebbe e dovrebberidiventare anche la nostra prassi, in vistasoprattutto della progressiva formazione“apostolica e missionaria” di una comunitàcristiana veramente consapevole e viva»(ES 65).E il Rito per l’Iniziazione Cristiana degliAdulti (RICA), che ha ispirato nella ChiesaItaliana la ristrutturazione dell’itinerario deifanciulli e ragazzi 7-14 anni3, richiamandosialla strada seguita dai Padri della Chiesa, di-chiara che la mistagogia tende a una vivaesperienza dei sacramenti ricevuti e si rea-lizza in un contesto di vita comunitaria in-tensa e coinvolgente (nn. 38-39). Dunque

la mistagogia è il tempo di esperienzadei sacramenti ricevuti

ed è il tempo dell’esperienzadella comunità4.

Nel caso dell’ICR ci troviamo in una situa-zione diversa rispetto a quella degli adulti:i ragazzi non hanno chiesto di essere iniziati,non sono nella condizione di esprimere inuna qualche maniera la loro soggettività elibertà. Non possiamo far finta che le situa-zioni siano uguali per cui ne può derivareuna medesima pedagogia! mistagogia con i ragazzi pone dunque ilproblema se questa deve essere posta dopola IC sacramentale oppure essere pensatacome vera strada catecumenale e quindipensarla come momento precedente la ICsacramentale.Essa si colloca all’interno dell’esperienza ec-clesiale, sacramentale e vitale dell’iniziazio-ne e non può essere ridotta a catechesi di

post-cresima. Occorre pertanto superare laprassi, anche linguistica, che parla di dopo-cresima5.

2. la mistaGoGia neGli attuali itinerari di iCr

La mistagogia in senso stretto, quella cheproponiamo ai ragazzi e alle loro famiglie,è il raccordo tra il cammino di iniziazioneche volge al termine e il cammino di forma-zione che continua nelle parrocchie, neigruppi, nei servizi resi nella comunione allamissione della comunità cristiana.Nella pratica pastorale di molte nostre co-munità, rivolte ancora alla sacramentalizza-zione, non si fa fare esperienza (mistagogia)di ciò che viene proposto, spesso si trascuratotalmente il tempo della mistagogia, e neltempo della proposta formativa si rimandasempre a “dopo”. Il post-cresima come mi-stagogia! Qualche timido tentativo, infatti,è chiamato “dopo-cresima” nell’ambito dellapastorale degli adolescenti, proprio perché èevidente che la cresima rappresenta la finedi tutto, non l’inizio di una nuova vita ec-clesiale. Ma il Catechismo Vi ho chiamatoamici «non sviluppa una catechesi di post-cresima, essa è parte integrante del camminodi iniziazione cristiana».

Con la pubblicazione della Nota 2 CEI Orien-tamenti per l’ICR dai 7 ai 14 anni (1997)e della Guida per l’itinerario catecumenaledei ragazzi (7-14 anni), diverse diocesi (osingole parrocchie) hanno dato vita ad iti-nerari catecumenali o di tipo catecumenale.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

3 Cfr. CEI, L’iniziazione cristiana 2. Orientamenti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e ragazzi dai 7 ai 14anni. Nota pastorale, (23 maggio 1999).4 Cfr. DGC 88; C. Rocchetta, «Fare» i cristiani oggi, EDB, Bologna 1996, p. 93.5 UCN, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei ragazzi. Nota per l’accoglienza del catechismo della CEI,1991, n. 21.

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Dando uno sguardo alle “sperimentazioni”in atto6 possiamo notare come tutti questiitinerari prevedono un tempo per la mista-gogia dopo la celebrazione dei sacramentidella IC. Alcune sperimentazioni richiedonoespressamente che il tempo della mistagogia«sia seguito da un percorso di pastorale deipreadolescenti». Altre prevedono, già in que-sto tempo, il coinvolgimento dell’Oratorio,della famiglia, degli altri gruppi di adolescentie di adulti. L’Azione cattolica, nella proposta educativaper i ragazzi 12-14 anni, offre una “PistaA” (con l’utilizzo del CIC/FR3 Sarete mieitestimoni) per accompagnare il camminodei ragazzi che devono ancora celebrare ilsacramento della Confermazione, e una “Pi-sta B” prettamente mistagogica (con l’uti-lizzo del CIC/FR4 Vi ho chiamato amici) peri gruppi di ragazzi che hanno già celebratola Confermazione.Si fa strada, dunque, la convinzione che ilpercorso di iniziazione cristiana non si ar-resta alla soglia della celebrazione dei sa-cramenti, ma continua la sua azione forma-trice anche dopo, per ricordare in modo espli-cito che l’obiettivo è quello di educare aduna fede cristiana adulta.

3. eduCare i raGazzi alla fede

Educare significa «tirare fuori», far emergerel’identità di ciascuno, ma educare è anchesostenere il cammino di ciascuno perché rag-giunga la capacità di dirigere se stesso inmodo adeguato. In ultima analisi coincidecon la elaborazione del proprio progetto divita che si compone di una visione di sé,

del mondo, dei valori che si vogliono rea-lizzare. Ma un progetto di vita si realizza sela persona è capace di decisioni coerenti conla visione che si porta dentro. Ciò significa che la iCr va collocata al-l’interno di tutto il processo di forma-zione e di crescita dei ragazzi stessi per-ché possa essere vissuta come il dono dellaforza di Dio per la loro crescita e perché ladecisione di accogliere il Vangelo sia sentitacome un personale progetto di vita.La vita di fede non è separabile dalla qualitàdella vita umana. L’una è a servizio dell’al-tra; l’una si nutre dell’altra. Ciò richiede chesiamo attenti alle caratteristiche dei ragazzidi questa età: agli aspetti del loro sviluppoumano e religioso, al compito di vita che so-no chiamati ad assumere (passaggio dallafanciullezza all’età adulta e la crisi adole-scenziale), il loro modo di apprendere inquesto contesto culturale. Senza entrare nel-la globalità della vita dei ragazzi sarà difficileche la proposta cristiana possa assumere perloro un valore ed essere oggetto di scelta.

Questo compito educativo comincia con ilcomprendere quali siano le qualità umaneda aiutare a far crescere nei ragazzi. Ciò si-gnifica che per educare alla fede bisogna col-legare la IC al ritmo della crescita globaledella persona; e che l’insieme della offertapedagogica rivolta alle NG – le tre grandi di-mensioni-compiti della responsabilità versole NG, socializzazione-trasmissione, edu-cazione-personalizzazione e formazio-ne-abilitazione – si inserisce nell’insiemedella crescita delle persone. Più esattamentesi inseriscono sempre nel compito di vitache ogni età è chiamata ad assolvere7.

6 Cfr. C. SCIUTO, Uno sguardo alle “sperimentazioni” (6 dicembre 2010).7 Cfr. MEDDI L.-D’ANGELO A. M., I nostri ragazzi e la fede. L’iniziazione cristiana in prospettiva educativa, Cit-tadella Editrice, Assisi 2010, c. 4.

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4. itinerari mistaGoGiCi per raGazzi e pastorale dei preadolesCenti- adolesCenti

Il Vademecum che ci accompagna in questotempo di preparazione ai Convegni Regionalidice che «La mistagogia, quale tempo di ac-compagnamento all’interiorizzazione dei sa-cramenti e all’assunzione di una vita con-creta e attiva dentro la comunità cristiana,aiuta la persona a sviluppare una dimensio-ne di carità educativa e di servizio/ministeroall’interno della comunità (catechesi, ani-mazione liturgica, impegni sociali o politi-ci...) fino a giungere ad una consapevole ri-sposta vocazionale» e suggerisce di «ipotiz-zare itinerari per adolescenti e giovani, chepur nella continuità con il percorso già fatto,siano segnati da una discontinuità con imodi della catechesi dell’infanzia, attraversol’incontro con dei testimoni di fede che mo-strino come sia “possibile” e sia “significa-tivo” vivere da cristiani nell’età giovanile»8.

La prassi diversa delle nostre Chiese localiriguardo alla celebrazione del sacramentodella Confermazione ci fa incontrare ragazzi“neofiti” preadolescenti e adolescenti a se-conda dell’età in cui celebrano il sacramentodella Confermazione.E presenta quattro situazioni diverse: – La partecipazione liturgica solitaria.– L’oratorio in cui si mira a sostenere “la

crescita integrale” del ragazzo.– Il “post-cresima” che spesso si limita a

essere gruppo di vita e socializzazione, oè incentrato solo sulle attività, oppure èrealizzato solo in funzione di una sola di-mensione della vita cristiana (preghiera eservizio).

– Movimenti e associazioni: esperienze fi-nalizzate a vere e proprie iniziazioni ec-clesiali

Prima di ipotizzare degli itinerari per i nostriragazzi domandiamoci: quando possiamoritenere concluso un itinerario di IC?Provo a definire gli indicatori da utilizzarenella formulazione dei criteri per la conclu-sione della iniziazione cristiana. Esprimouna possibile criteriologia in termini di ca-pacità acquisite attraverso il percorsoformativo. La IC è conclusa quando vienematurato:

• Lo sviluppo dell’atteggiamento di ascol-to della parola. Questo comporta losviluppo di alcuni atteggiamenti umani:la consapevolezza del proprio orienta-mento di vita, il superamento dell’ego-centrismo percettivo della persona, lacapacità di dialogo e ricerca.

• La decisione della appartenenza allafraternità ecclesiale. Questo comportalo sviluppo delle qualità umane di rife-rimento: riconoscimento della relazione,la scoperta del proprio ruolo, la capacitàdi cooperative working.

• La scoperta della propria ministerialitàall’interno della comunità.

• Lo sviluppo delle capacità di collabo-razione alla trasformazione del mon-do. Sia nei termini di capacità profeticae di giudizio e quindi di conoscenza dellarealtà in termini biblici; sia nei terminidi utilizzare le proprie capacità (o svi-lupparne altre) secondo il bisogno di sal-vezza.

• Lo sviluppo della interiorità e spiri-tualità attraverso cui l’esperienza cri-stiana diventa soprattutto relazione per-sonale con la Trinità. Questo comportalo sviluppo della capacità di interioriz-zazione, di consapevolezza e di abban-dono fiducioso.

8 CEI-UCN, “Come pietre vive” (1 Pt 2, 4-8). Rinnovare l’Iniziazione cristiana nelle nostre Chiese.Vademecumper la preparazione ai convegni regionali 2012., n. 8.

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Tra gli indicatori segnalati si deve sottoli-neare l’importanza del tema appartenenza.Si condivide che sia oggi il problema mag-giore e quindi va posto come obiettivo for-male e prioritario dell’intero processo for-mativo. L’appartenenza alla comunità rap-presenta la condizione di ogni possibile ul-teriore sviluppo nel cammino di fede. Tutto questo significa che abbiamo bisognodi un itinerario finalizzato a sviluppare ilperseguimento degli obiettivi che permet-tono l’interiorizzazione degli atteggiamentinecessari alla vita cristiana. Soprattuttoche permettano lo sviluppo dell’appartenen-za. Un itinerario quindi organizzato e mo-dulato secondo questa priorità formativa. Nederiverebbe un itinerario ripensato secondole logiche della dinamica sociale e una rifor-mulazione della formazione dei catechisti (odell’animatore di iniziazione) in ordine aquesta competenza.

mistagogia è allora anche questione diqualità del processo formativo (in questocaso dei ragazzi), cosa che richiede di fartornare le riflessioni e le pratiche alla meto-dologia della integrazione fede e vita.

A partire da tutto questo provo ad offriredelle proposte concrete9.

itinerari con i preadolescenti

Terminata la fase della socializzazione pri-maria (nella famiglia) e di quella secondaria(scuola e gruppo dei pari), l’età della prea-dolescenza è il tempo della

EVANGELIZZAZIONE DELLA VITA

E SPERIMENTAZIONE DELL’ESPERIENZA CRISTIANA

I ragazzi nell’età del passaggio pre-adole-scenziale (11-14 anni) affrontano il difficilecompito vitale di passare dalla fanciullezzaall’età adulta.Questo momento di vita è centrato (fisica-mente, psichicamente e culturalmente) sulcambio del corpo e l’inizio dello sviluppodella identità. Nel cammino ecclesiale questotempo si configura come il momento del-l’evangelizzazione specifica per tale età inmodo che il messaggio, la figura e il misterodi Cristo appaiano come via e risposta alproprio bisogno vitale e l’esperienza cristia-na come proposta “buona” per la vita. Inconsciamente molti educatori e animatoripastorali sono tentati di considerare questaetà come un problema, invece sappiamo cheè una risorsa fondamentale per la cre-scita della persona umana. è l’unico mo-do per passare dall’età infantile alla perso-nalizzazione dei valori e alla nascita di unapropria identità capace di sviluppare un per-sonale progetto di vita.Il DB non aveva dato nessuna indicazionespecifica per questa età tanto che si era par-lato di una “età negata”. Tuttavia l’IVC davauna descrizione adeguata delle finalità pro-prie della pastorale per i ragazzi:

La meta globale del CdR/1 (=CIC/FR 4n.d.r.), racchiusa emblematicamente neltitolo Vi ho chiamato amici e quella di«educare i ragazzi a scoprire e a frequen-tare come amico quel Gesù che si fa in-contro loro da amico». II CdR/1 vuole aiu-tarli a scoprire che il Signore li chiamaoggi e li invita a gustare il dono dell’ami-cizia, per camminare verso la maturità del-la vita. II testo stesso descrive in terminipiù articolati la meta di questo camminodi crescita umana e cristiana: «Favorirenei ragazzi una presa di coscienza della

9 Per la descrizione degli itinerari faccio riferimento alla proposta di MEDDI L.-D’ANGELO A. M., I nostri ragazzie la fede.

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propria identità umana e cristiana e unapersonale assunzione dei fondamentalivalori morali; rinsaldare i vincoli della co-munione battesimale con la Chiesa e ren-dere convinta e motivata la partecipazionealla vita liturgica, particolarmente allaMessa del giorno del Signore e alla Peni-tenza; alimentare nei ragazzi il sensodell’apostolato e del servizio e sostenerlinell’impegno missionario; imparare ad as-sumere da protagonisti il proprio postonella Chiesa, sviluppando i doni dello Spi-rito per l’utilità comune»10.

Occorre dunque dare molta attenzione e in-vestire molte energie pastorali per questaetà negata in modo tale che possa diventareun’età psicologicamente favorevole. Ancheper questo è davvero importante conoscerei compiti evolutivi di questa età per accom-pagnarne lo sviluppo.Dal punto di vista religioso non possiamoignorare l’attrazione-rifiuto dei PA versol’esperienza religiosa e la difficoltà dellecomunità ad entrare in comunicazione conessi. Disagio che a volte si trasforma in “au-toseparazione” (non ho nulla da dire loro)oppure in formalismo educativo (essi devo-no accettare la religione). Per questo il com-pito principale in questa prospettiva è l’ini-ziale rielaborazione dei contenuti religiosiappresi nell’età infantile attraverso un di-scernimento del valore del linguaggio reli-gioso come “senso” della nuova e insospet-tata situazione di crescita di identità e sog-gettività.

Quali scelte pastorali si richiedono allacomunità?La prima e decisiva scelta consiste nel pre-parare un progetto di pastorale per ipreadolescenti entro cui collocare ogni at-tività iniziatica. Anche i catechismi ricono-

scono che riferirsi al cambio di vita è il “lin-guaggio” più adatto in questa fase. Un’offerta formativa completa che includaattività finalizzate alla crescita globale delragazzo, all’uso del suo tempo libero, al so-stegno scolastico, alla progressiva scopertadi un ruolo nella comunità attraverso l’ap-partenenza al suo gruppo, un itinerario diautentica evangelizzazione.Un percorso formativo “unitario” che coin-volge la famiglia, la scuola, associazioni emovimenti, Oratori e Gruppi parrocchiali fa-cilita l’inserimento della proposta formativain un ambiente giovanile che prende spuntodalla pedagogia dell’Oratorio, si organizzasulla metodologia dei gruppi (o meglio co-munità di pratica) e si sostanzia della in-tegrazione tra attività, relazione, formazione,esperienza umana e religiosa. Il successo di tale proposta dipenderà dallapossibilità di aprire la parrocchia al lavorodi rete con altre comunità parrocchiali econ le agenzie del tempo libero presenti nelterritorio: una ministerialità educativa (una“consulta educativa” fatta da adulti) potràcostruire questa rete con lo scopo di soste-nere e coordinare le azioni che compongonola vita quotidiana dei ragazzi soprattutto conquelle più vicine al senso dello sport (scuoledi calcio...). Invitare proprietari o responsa-bili di palestre, allenatori o altro potrebbe ri-servare sorprese notevoli.L’azione formativa della comunità cristiana(seconda scelta) deve essere finalizzata arealizzare il primo e vero momento dievangelizzazione inteso come “compren-sione della situazione di vita nella prospet-tiva evangelica”. è un annuncio propostoattraverso la categoria teologica progetto diDio e la sperimentazione di alcuni aspettidella vita cristiana come: la capacità di fare

10 UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, Itinerario per la vita cristiana, 1984, 90

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silenzio in modo che la lettura personale delVangelo produca frutto, alcune capacità diintervento di protagonismo nella liturgia, ela collaborazione ad alcune iniziative di ser-vizio comunitario e promozione umana. La proposta formativa, inoltre, si configuracome pastorale di accompagnamento e illuogo di riferimento è il gruppo-gruppo ca-tecumenale. Per i ragazzi di questa età è im-portante avere un gruppo cui appartenere ein cui vivere serenamente. Gli educatori allora sono innanzitutto ani-matori di gruppo e costruttori di reti co-municative “libere” attraverso cui i ragazzipossano costruire progressivamente le nuo-ve esperienze di vita.Naturalmente un Progetto di pastorale coni PA metterà al centro la qualità degli ani-matori e la loro formazione (terza scelta).Una coppia di giovani adulti che permettaai ragazzi di identificarsi in tutti passaggidella loro crescita, ma anche animatori ado-lescenti con cui stabilire relazioni più vicinee provvisorie, ma ugualmente importanti.Animatori che dovranno passare dal pro-gramma alla programmazione educativain modo tale che il protagonismo e idealeeducativo viaggino parallelamente.Anche se nella teologia liturgica non esisteun segno liturgico-sacramentale specifico, latradizione pastorale ha introdotto (già primadell’eucaristia) il sacramento della ricon-ciliazione. Se proposto e vissuto con den-sità antropologica, potrà essere la dimensio-ne sacramentale di riferimento, insieme conla direzione spirituale (quarta scelta). è spe-rimentata infatti l’utilità e importanza per lavita di gruppo dei ragazzi l’esperienza cele-brativa della riconciliazione vissuta innan-zitutto (quindi non necessariamente a livellosacramentale) come tempo per ricompattareil gruppo, renderlo solido e, in esso, renderesolide le relazioni tra i ragazzi stessi.

Ci rendiamo conto del rischio di questa quar-ta scelta, che riguarda il sacramento dellariconciliazione, ma siamo sostenuti dal co-raggio mostrato dalla II Nota per la ICR chedice: “Nel tempo degli scrutini i fanciulli giàbattezzati che frequentano la catechesi pos-sono celebrare il sacramento della Peniten-za” (n. 44 cfr. RICA, 332). E “Nel tempodella mistagogia i neofiti continuano la for-mazione penitenziale e si preparano a cele-brare comunitariamente il sacramento dellaPenitenza, seconda tavola di salvezza dopoil Battesimo, ripresa e affinamento della cor-rispondenza alla grazia battesimale” (n. 49).

itinerari con gli adolescenti

L’età dell’adolescenza (14-19 anni) si ca-ratterizza per il pieno inserimento nella co-munità cristiana e l’avvio della

INTERIORIZZAZIONE DELL’ESPERIENZA CRISTIANA,SVILUPPO DELLA PERSONALITà CRISTIANA NEL

TEMPO

è questo il tempo che possiamo ritenere pro-priamente iniziatico in quanto i ragazzi sonostati condotti a prendere coscienza delle di-verse possibilità di vita e possono decideredi seguire la proposta evangelica. (Se si sce-glie, e lo auspichiamo, di completare in que-sta età l’iniziazione sacramentale, l’interomomento formativo potrà assumere il carat-tere di vero e proprio catecumenato crismalea partire e in vista della celebrazione dellaConfermazione).Questo è il tempo della IC pedagogicamenteintesa come esperienza attraverso la quale,guidato dallo Spirito, l’adolescente può co-minciare a scegliere e a lasciarsi trasformaredalla parola del Vangelo.

Scrive il Documento Base:

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Durante l’adolescenza e la giovinezza, vadelineandosi in maniera sempre più deter-minante la personalità dell’uomo e del cre-dente.L’adolescente avverte assai nitidamentel’esigenza di giustificazione e di sistema-zione delle proprie conoscenze. Egli passada uno stato di dipendenza dall’adulto, ein particolare dalla famiglia, a uno statoautonomo, avviando così il suo confrontocon la società e cercando in essa il suoposto. Si sviluppa in lui la vita affettiva esessuale. Egli soffre l’insicurezza e l’in-quietudine che accompagnano la sua età.In definitiva, l’adolescente cerca il sensodella propria esistenza. Ha bisogno di cer-tezza, anche se è portato a rimettere tuttoin discussione; ama dimostrare la sua ca-pacità critica; scopre e realizza se stessonell’azione e nella vita di relazione. Si ac-costa a chi sa mettersi, senza pregiudizioe con vera amicizia, al suo livello.L’educazione sessuale in questa età poneproblemi particolarmente seri e specifici edetermina, in larga parte, l’armonia dellacrescita umana e cristiana (DB 137).

Come in ogni momento della IC, anche la fi-nalità di questa tappa (dare avvio ad unapersonalità forte) va “inserita” (integrata)con la situazione vitale e i compiti evolutividi questa età. Dal punto di vista religiosol’obiettivo a cui pervenire viene descritto co-me “fase della fede individuativo-riflessiva”ed è caratterizzata dalla necessità di interio-rizzazione e appartenenza ecclesiale. Taleformula può essere più facilmente compresacome decisione per il vangelo e integra-zione fede-vita.Da ciò la necessità di cogliere la priorità diobiettivi che permettono il raggiungimentodell’accoglienza fruttuosa della propostaevangelica. Ciò significa che all’interno delletipiche esperienze dell’itinerario di fede(ascolto, comunità, preghiera, servizio) oc-corre tenere presente che l’obiettivo prio-

ritario dovrà essere il sostegno alla crescitadella personalità capace di aderire alla fede.Il carattere iniziatico-mistagogico di questafase chiede di accentuare la sperimentazio-ne delle competenze della vita cristiana (si-lenzio-spiritualità, lettura-ascolto del Van-gelo, partecipazione-interiorizzazione dellaliturgia, conoscenza-scelta del ruolo comu-nitario, conoscenza-partecipazione al servi-zio caritativo) e di personalizzare le espe-rienze formative proposte (accanto alleesperienze di gruppo proporre e/o far vivereprogressivamente quelle individuali e per-sonali). A tale scopo sarà utile potenziare la “praticaeducativa” della direzione spirituale (pre-valentemente del ministero ordinato) anchein riferimento alla celebrazione del sacra-mento della penitenza-riconciliazione.L’itinerario centrale in questo tempo forma-tivo è l’itinerario del discepolo: il discorsodella montagna. Anche la Guida lo ponenella fase della mistagogia ma in riferimentoalla tarda età della fanciullezza (10-11).Un’età dove la conoscenza può essere ade-guata ma la comprensione e l’assimilazionenon è ancora possibile. è un testo che siapre facilmente alla dinamica pedagogica. èfacile oggetto di riflessione attualizzante(funzione profetica) ma anche delle decisionie sperimentazioni di vita cristiana propriadel gruppo catecumenale. è base per l’inte-riorizzazione, la preghiera e la rilettura vo-cazionale del ragazzo come veri e propri“Esercizi Spirituali”.

Il Catechismo dei Giovani Io ho scelto voi(CdG1) è il libro della fede per questa fase.

Il progetto di Cristo, secondo CdG1, puòessere colto non solo nella sua persona enel suo messaggio, ma anche nella vitadella comunità ecclesiale, e può essereriassunto nei quatto valori di fondo: vita,

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pace, giustizia, libertà. La comunità cri-stiana attualizza e propone agli adolescentiil progetto del Regno di Dio mediante letestimonianze concrete delle comunitàparticolari, delle singole persone credentie del Magistero. Non solo propone, machiama gli adolescenti ad accoglierlo e apromuoverlo nel loro ambiente. Essa li so-stiene in questo impegno missionario me-diante i sacramenti, riscoperti come segnirivelatori del Regno e come strumenti dellasua realizzazione.Io ho scelto voi non si limita ad annun-ciare il progetto del Regno, ma suggerisceanche le strade o modalità secondo cuirealizzarlo (cfr. la VI fascia dei primi quat-tro capitoli). Esso invita i ragazzi a leggerecon occhi di fede i problemi attuali che litoccano più da vicino, come il lavoro, lasessualità, l’emarginazione, la violenza,utilizzando a questo scopo i documentidel magistero e soprattutto del ConcilioVaticano II. Li stimola a ricercare non solole testimonianze degli uomini che si sonoimpegnati nella promozione del Regno diDio, ma anche le motivazioni che hannosostenuto questi testimoni nel loro impe-gno. Li conduce verso concrete esperienzeoperative per sperimentare direttamente ivalori che sono stati proposti per scoprireche il loro servizio e il loro modo di agirepuò cambiare sia la loro vita, sia la vitadegli altri. Lo fa proponendo degli impegnirealizzabili dai ragazzi, convinto che la fe-de cristiana cresce quanto più viene spe-rimentata, vissuta, testimoniata11.

anche l’itinerario per gli adolescenti sicaratterizza per alcune scelte fonda-mentali. Se la méta del percorso è aiutare i giovania condividere e aderire alla missione dellacomunità (esito della IC), il momento for-mativo richiede la scelta (la prima) di unpercorso formativo per obiettivi (e non

per acquisizione di informazioni). Occorreun deciso superamento della logica del corso,non solo in ordine alla qualità del percorso-itinerario formativo, ma, soprattutto, in or-dine ai tempi che il percorso prevede. Si trat-ta di passare decisamente dalla logica dellaistruzione alla logica della formazione. Que-sto comporta che la “durata” del percorsoformativo è stabilita inequivocabilmente dalraggiungimento degli obiettivi formativi.Seconda scelta fondamentale sarà quella del-l’ambiente educativo-formativo entro cuila proposta avviene. Intendiamo questi ter-mini in senso proprio e forte. Li intendiamo,quindi, nella prospettiva di un accompa-gnamento al cambio e al sorgere dell’iden-tità in un contesto culturale “debole”.Ne deriva una scelta (la terza) capace diorientare l’itinerario catechistico in modo chesia centrato sulla interiorizzazione e inte-grazione fede-vita. Tale obiettivo avrà co-me via privilegiata la dinamica di gruppo ela reinterpretazione delle altre appartenenzegiovanili.Dal punto di vista pedagogico, porre la sceltamissionaria come meta formale dell’itinerariocomporta la scelta (la quarta) di metterel’accento sul processo di scelta, appro-priazione e abilitazione dei giovani. Poi-ché la scelta riguarda la vita, è necessarioche essi la possano sperimentare. L’itinerariodovrà essere fatto per sperimentare e con-frontarsi con l’esperienza che si viene a rea-lizzare. L’appropriazione avviene facendoesperienza, ma soprattutto attraverso l’og-gettivazione e la verbalizzazione delle stesse.Occorre un pedagogia che non solo faccia“ascoltare” ma soprattutto faccia parlare enon solo di esperienze raccontate e fatte daaltri, ma fatte da loro stessi. Occorre dunqueuna pedagogia di comunità di pratica e

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

11 UCN, Itinerario per la vita cristiana. Linee e contenuti del progetto catechistico italiano, 1984, 112.

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di ricerca-azione attraverso la quale la per-sona e il gruppo si appropriano delle metedel cammino.

Quali scelte pastorali da parte delle co-munità? Il piano pastorale parrocchiale dovrà preve-dere momenti e tempi attraverso i quali ren-dere visibile il rapporto gruppo catecume-nale-comunità e il suo cammino formativoed avrà sviluppato in precedenza una pro-gettualità missionaria adeguata in modotale che gli adolescenti possano conoscereadeguatamente ed essere progressivamenteinseriti in quelle attività della “comunitàadulta” (a volte definita anche comunità eu-caristica) a cui la IC è naturalmente destinata. I ragazzi, da parte loro, hanno necessità dipercepire che appartengono alla comunitàcristiana e che il mondo degli adulti è inte-ressato al loro futuro. Questo avviene ancheattraverso (cfr. consulta educativa) rapportistabili con le scuole superiori presenti nelterritorio e, progressivamente, con una sag-gia introduzione alle scelte sociali e politicheche questa età progressivamente richiede.Le comunità parrocchiali sono chiamate adiventare punto di riferimento per gli ado-lescenti! Ciò significa anche superare defi-nitivamente l’impostazione scolastica dellaproposta formativa e introdurre i ragazzi inuna realtà di vita concreta (come fannole associazioni e i movimenti), dove essipossono esprimere le loro dimensioni di vitae rileggere nella fede quelle che si realizzanonella quotidianità più immediata.A tale scopo è importante far nascere il nuo-vo ministero di animatori di comunità(giovanili) con la caratteristica di sapersifare mediatori del vangelo attraverso la vi-

cinanza e la partecipazione a molta partedell’esistenza quotidiana dei ragazzi. Per laloro formazione sarebbe utile avviare veriprogetti diocesani in collaborazione conla pastorale giovanile, quindi unitari enon più settoriali12.Ancora più evidente appare la necessità dipervenire, soprattutto in questo settore, aduna pastorale degli adolescenti globalee integrata in interazione con tutti i soggettisignificativi. In questo modo all’interno dellediocesi e delle parrocchie si permette di ri-condurre ad unità l’insieme delle forze peruna nuova qualità formativa e per superarel’impressione che le diverse agenzie pastoralilavorino per un proprio e isolato scopo. Laqualità della testimonianza delle parrocchiene avrebbe un grande sviluppo.

mi sono stati utili

CEI-UCN “Come pietre vive” (1 Pt 2, 4-8).Rinnovare l’Iniziazione cristiana nellenostre Chiese.Vademecum per la prepa-razione ai convegni regionali 2012.

SINODO DEI VESCOVI - XIII ASSEMBLEA GENERALE

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, L’iniziazionecristiana 2. Orientamenti per l’inizia-zione cristiana dei fanciulli e ragazzi

12 Cfr. CEI-UCN, “Come pietre vive” (1 Pt 2, 4-8). Rinnovare l’Iniziazione cristiana nelle nostre Chiese.Vademecumper la preparazione ai convegni regionali 2012, n. 8.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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L’Incontro nazionale dei direttori degli Ufficicatechistici diocesani (UCD), tenutosi a Ro-ma il 6-7 febbraio, ha visto l’apertura uffi-ciale del Convegni catechistici regionali pro-mossi dall’Ufficio catechistico nazionale(UCN) nelle singole Regioni da aprile a set-tembre prossimi. In tale contesto si è voluto“fare il punto” sul rinnovamento dell’Inizia-zione Cristiana (IC) in atto nelle diocesi ita-liane, attraverso la presentazione dei datisulle sperimentazioni. Questi dati, prove-nienti dalla prima ricognizione del 2004(presentata alla 53a Assemblea Generale del-la CEI), dalla seconda ricognizione del 2007(presentata da mons. Ruspi, al Convegnodei direttori UCD di Genova 2008) e dall’ag-giornamento fino al 2012, sono il frutto dellavoro dell’Attenzione permanente sulla ca-techesi dell’IC costituita dal Segretario Ge-nerale della CEI mons. Crociata, all’internodell’UCN nel settembre 2009, ed affidatamicon lo scopo di seguire le diocesi nell’ascoltodelle problematiche e nella recezione dellerisorse, ma anche per conoscere e monito-rare la situazione delle Chiese locali. Più cheun’indagine di carattere statistico, si trattadunque di una “fotografia ragionata” il piùpossibile vicina alla situazione reale dell’ICdi fanciulli e ragazzi nelle nostre Chiese. La necessità di sperimentare non è una no-vità nella prassi pastorale italiana, basti pen-

sare alla redazione del Documento di Base(1970) che ha coinvolto globalmente le co-munità ecclesiali. Ma anche agli stessi ca-techismi che furono redatti “per la consul-tazione e la sperimentazione” nelle varie co-munità, prima di una loro stesura definitiva.Questo modo di procedere, allora come oggi,si fonda sull’ecclesiologia di comunione delVaticano II che vede insieme Pastori, ope-ratori e vita delle comunità impegnati nelladoppia fedeltà al Vangelo e al tempo pre-sente. Le sperimentazioni, su indicazionedella 51a Assemblea Generale della CEI(2003) e della Nota Il volto missionario del-le parrocchie in un mondo che cambia(2004), furono promosse dai vescovi, limi-tatamente ad alcune parrocchie e con la pos-sibilità di proporre anche una diversa scan-sione della celebrazione della Confermazionee della Messa di Prima Comunione, con loscopo di raccogliere degli indicatori utili peruna futura riflessione comune su questo te-ma (n. 7). L’attenzione all’IC, avviata dallariscoperta del catecumenato, ha portato allaprogressiva stesura di tre Note pastorali1.Nella Seconda Nota, in particolare, furonoofferti i criteri per un’efficace azione di an-nuncio e catechesi, per una pertinente edu-cazione alla testimonianza, e per una cor-retta celebrazione dei sacramenti dell’inizia-zione, chiedendo il coinvolgimento delle fa-

L’iniziazione cristianadelle nuove generazioni in Italia

Don Carmelo Sciuto, Aiutante di studio dell’UCN

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

1 Cfr. CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CEI, L’Iniziazione Cristiana 1. Orientamenti per il catecumenatodegli adulti. Nota pastorale, 30 marzo 1997; ID., L’Iniziazione Cristiana 2. Orientamenti per l’iniziazione deifanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni. Nota pastorale, 23 maggio 1999; ID., L’Iniziazione Cristiana 3. Orien-tamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’Iniziazione Cristiana in età adulta. Nota pastorale,8 giugno 2003.

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miglie e delle comunità parrocchiali. In pra-tica la Nota proponeva una organizzazionedegli itinerari secondo i quattro momentipropri del Rito dell’Iniziazione Cristiana de-gli Adulti: evangelizzazione, catecumenato,celebrazione pasquale dei sacramenti dell’ICe mistagogia. Alla luce di queste indicazioni, nelle sediciRegioni ecclesiastiche si è riflettuto, nell’ul-timo decennio, in vario modo e in diversecircostanze, sui temi dell’IC, del Catecume-nato, del Primo Annuncio (PA) e della For-mazione dei catechisti, e in cinque regioni(Piemonte-Val d’Aosta, Triveneto, Lazio,Lombardia e Campania) sono maturati an-che degli orientamenti comuni promossi dal-le rispettive Conferenze episcopali regionalio dall’Ufficio catechistico regionale (UCR).Inoltre, in molte parrocchie e diocesi italiane,a seguito anche della pubblicazione dellaGuida per l’itinerario catecumenale dei ra-gazzi (2001), si è dato vita a sperimenta-zioni di cammini iniziatici con proposte di-verse, comprendenti sia un percorso ordina-rio, sia l’itinerario catecumenale, sia la ca-techesi familiare o gli itinerari proposti damovimenti e associazioni. Questo “fermento catechistico” ha prodottouna vasta edizione di sussidi e proposte.L’interessante ricognizione dei dati mostrauna mappa variegata, “a macchia di leo-pardo”. Vicino alle diocesi sparse per tuttoil territorio nazionale in cui si è mantenutol’impianto tradizionale (35%), si è dato vitain molte Chiese a interessanti percorsi di ri-flessione. I dati sono stati composti consi-derando come percorso completo quello che,partendo da una riflessione diocesana (Si-nodi, convegni ecclesiali, convegni catechi-stici), è giunto a degli orientamenti del Ve-scovo (lettera pastorale, progetto diocesano,Direttorio), resi poi operativi dalle indica-zioni dell’UCD (linee e sussidi operativi),

dando così inizio effettivo alla sperimenta-zione nelle parrocchie. Va tuttavia osservatoche questa sequenza, per quanto logica, nonsempre è avvenuta con questo ordine. La maggiore prevalenza di parrocchie chehanno avviato un qualche passo di rinno-vamento sono concentrate al nord e al sud;meno presenti nel centro Italia. Nel Triveneto,ad es., dove nel 2002 i vescovi hanno pub-blicato il documento Iniziazione Cristiana:un invito alla speranza, in otto diocesi cisono parrocchie che hanno iniziato le speri-mentazioni, tra queste ricordiamo (perchéhanno avuto una eco nazionale), la parroc-chia di Mattarello (TN), la “catechesi fami-liare” della diocesi di Trento, la “catechesi in4 tempi” della diocesi di Verona. In Lombar-dia (dove tutte le dieci diocesi hanno avviatola riflessione, e i vescovi nel 2009 hannopubblicato La sfida della fede: il primo an-nuncio) in otto diocesi vi sono parrocchie insperimentazione. Due diocesi (Brescia e Mi-lano) hanno già concluso questa fase, ren-dendo operativo il cammino sperimentato.Anche nella Liguria abbiamo alcune diocesi(Genova, Chiavari...) che hanno dato vitaad itinerari attenti al PA della Fede.La lettera Annuncio e catechesi per la vitacristiana, pubblicata dalla CommissioneEpiscopale per la dottrina della Fede, l’an-nuncio e la catechesi nel 2010, ha affermatoche le «sperimentazioni hanno evidenziatocome l’IC cominci quando i genitori chiedo-no il Battesimo per il loro bambino a pochesettimane o mesi di vita, così del resto giàindicato dai catechismi della CEI. Anche peri fanciulli che incominciano la catechesi a6/7 anni, è oggi quanto mai necessario unadeguato primo annuncio del Vangelo, chepossa condurli insieme ai genitori a un in-serimento globale nella vita cristiana ancheattraverso la celebrazione dei sacramentidella Confermazione e dell’Eucaristia, insie-

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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me a itinerari penitenziali, che culminanonel sacramento della Riconciliazione» (n.14). Proprio in questa prospettiva l’EmiliaRomagna e il Piemonte-Val d’Aosta in que-sti ultimi anni si sono impegnate nella pro-mozione della pastorale battesimale in tuttele chiese locali. Al centro Italia, sembra significativo ricor-dare che nel Lazio già nel 2002 l’UCR avevapubblicato il documento Linee per un pro-getto di Primo Annuncio, mentre attual-mente nella diocesi di Roma è in corso un’ar-ticolata verifica e la stesura di un itinerariodiocesano. Nell’Abruzzo-Molise, nelle Mar-che e nella Toscana, alcune diocesi hannoiniziato delle sperimentazioni. La situazione del sud è anch’essa “a mac-chia di leopardo”: in Campania (in cui i ve-scovi nel 2005 hanno pubblicato Iniziazionealla vita cristiana nelle nostre Comunità)e in Calabria (dove in alcune diocesi – S.Marco Argentano, Locri-Gerace e Oppido-Palmi – è in atto una sperimentazione inquasi tutte le parrocchie), mentre in Siciliail 50% delle diocesi ha parrocchie che hannoiniziato nuovi percorsi di IC. La Puglia negliultimi due anni ha avviato un confronto re-gionale (promosso dall’UCR e dall’Istitutopastorale pugliese) attraverso laboratori re-sidenziali per i direttori UCD ai fini di unprogetto di sperimentazione regionale. Globalmente emergono alcuni “punti di for-za” che, almeno teoricamente, si possonoritenere acquisiti: la sempre più piena con-sapevolezza dell’importanza del dato e delcontenuto di fede all’interno di un processocomunicativo; la responsabilità condivisa alivello organizzativo (pastorale integrata elavoro in équipe) con una dimensione co-munitaria dell’IC; la sensibilità missionaria;le forme del PA ai piccoli e gli itinerari pree postbattesimali; il coinvolgimento attivo eresponsabile della famiglia dei ragazzi; la

consapevolezza che i fanciulli e ragazzi han-no una personalità evolutiva autonoma esono interlocutori attivi del rapporto educa-tivo; la formazione alla globalità della vitacristiana; la dimensione formatrice dei sa-cramenti per la vita cristiana; una pluralitàdi esperienze, coinvolgenti e attive, collegateorganicamente tra loro attraverso una seriaprogrammazione; una articolazione unitariaa tappe successive e graduali; la valorizza-zione dell’anno liturgico e, la centralità delGiorno del Signore e dell’Eucaristia; il ruoloinsostituibile di accompagnamento deglieducatori: sacerdoti, genitori, catechisti, pa-drini...; l’attenzione alla disabilità (e allamarginalità) e la catechesi degli adulti. Rimangono, certamente anche alcuni “nodiproblematici”, riassumibili in cinque binomi:obbligatorietà/proposta libera delle nuoveesperienze; ripristino/mantenimento del-l’ordine teologico dei Sacramenti; fami-glia/comunità (la famiglia riferimento cen-trale ma non esclusivo, in quanto la comu-nità è più e oltre la famiglia); ragazzi/adulti,soggetti che vanno entrambi salvaguardati;mistagogia/pastorale giovanile (quale rap-porto?). Educare alla vita buona del Van-gelo chiede di chiarire questi interrogativi,perché attraverso il discernimento e la va-lutazione, si possano «promuovere una seriedi criteri che dalle sperimentazioni in attopossano delineare il processo di rinnova-mento della catechesi, soprattutto nell’am-bito dell’iniziazione cristiana» in vista, an-che, di un «aggiornamento degli strumenticatechistici, tenendo conto del mutato con-testo culturale e dei nuovi linguaggi dellacomunicazione» (n. 54/a). I prossimi Con-vegni catechistici regionali, saranno in talsenso una ulteriore opportunità per “foto-grafare” realmente la vivacità, la generositàe la creatività delle diocesi in vista di uncammino di rinnovamento dell’IC.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Per introdursi:

Michelangelo rompe gli automatismi di lettura del giudizio... Anche noi stiamotentando di rompere alcuni automatismi che hanno portato alla faticosa com-prensione identitaria e di appartenenza.

Mi pare di poter dire che anche noi stiamo cercando di proporre un luogo chevalorizzi, purificandole, facendole conoscere, nuove vie per proporre un identitàe un rinnovato senso di appartenenza.

È il tempo per passare dal frammento all’unità...

ecclesiale e delle famiglie cristiane deve por-tare in questa direzione” (EVBV, n. 23).

l’iniziazione cristiana e’ “non una delletante attività della comunità cristiana, mal’attività che meglio qualifica l’esprimersiproprio della chiesa nel suo essere inviata agenerare alla fede e realizzare se stessa comemadre”. Nel n. 40 emerge un’attenzioneparticolare ai passaggi di vita delle personeche trova il suo riferimento più rilevante nelriferimento agli “itinerari differenziati di ca-techesi e di esperienza cristiana”.

Per questo motivo una delle scelte prioritariedel prossimo decennio, come si legge nel n.54a, sarà “discernere, valutare e promuo-vere una serie di criteri che alle sperimen-tazioni in atto possano delineare il processodi rinnovamento della catechesi, soprattuttonell’ambito dell’iniziazione cristiana”.

punti di sintesi per l’individuazione dei cri-teri:

Una rilettura di sintesialla luce del Vademecum

Mons. Valentino Bulgarelli, Direttore UCD BolognaDirettore regionale per la catechesi dell’Emilia Romagna

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

una mappa ConCettuale

“Diventare cristiano richiede, fin dal tempodegli Apostoli, un cammino e una iniziazio-ne con diverse tappe. Questo itinerario puòessere percorso rapidamente o lentamente.Dovrà in ogni caso comportare alcuni ele-menti essenziali: l’annunzio della Parola,l’accoglienza del Vangelo che provoca unaconversione, la professione di fede, il Bat-tesimo, l’effusione dello Spirito Santo, l’ac-cesso alla Comunione eucaristica”. CCC,1229.

il fine

La Misura alta della proposta cristia-na, già evocata nella Novo millennio in-tuente di Giovanni Paolo II. “La nostra azio-ne educativa deve riproporre a tutti con con-vinzione questa misura alta della vita cri-stiana ordinaria: tutta la vita della comunità

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ASSIOMA FONDAMENTALE: la persona alcentro dei nostri itinerari e luoghi

Comprensione dell’atto di fede: i Pedagogia dell’evangelizzazione:pastorale della proposta...

ii Spostamento di baricentro (Cur-rò): la libertà di scelta...1. non percorsi che abbiano come

obiettivo ultimo la conoscenza/espe-rienza della fede, ma percorsi in cre-scita di umanità che permettono disperimentare la fede come risorsa divera umanità.

2. Non percorsi per incontrare Dio maper camminare con Lui

iii Rileggere lo sviluppo del ciclo divita attraverso la categoria dellasfida (Triani).

iv Esperienza religiosa e maturazio-ne religiosa (D’Angelo):

v Dalla narrazione etica ad unanarrazione simbolica

vi Valore dell’accompagnamento:cam minare con... (Cacciato) progettua-lità

vii Valore della diversificazione e ri-cerca di luoghi per l’unità...

viii Intergenerazionalità “l’educazionee’strutturalmente legata ai rapporti tale generazioni” (n. 12). “solo l’incontrocon tu e con il noi apre l’io a se stesso”(n. 9).

iX Adulti, genitorialità Famiglia, (Feli-ziani Kannheiser)

Alcune criticità che il vademecum sollecitase non a risolvere, almeno ad affrontare.

assioma: il volto della comunità cristiana– Dal coordinare al responsabilizzare: la que-

stione della regia educativa.

– Dall’ascoltare al realizzare: proposte attua-bili.

– Dall’informare al trasformare: diminuire ledistanze tra i vari agenti in campo nell’IC.

Ap 3,18-19La professione di fede: «CredereDeum/credere Deo/credere in Deum»

Partiamo, seguendo le analisi di S. Piè-Ninot,dall’espressione «credere Deum/credereDeo/credere in Deum» che segnano tradi-zionalmente il linguaggio teologico relativoalla fede. Si tratta di un’espressione che hala sua origine in Sant’Agostino, poi varia-mente ripresa da diversi commentatori, tracui Pietro Abelardo, Alessandro di Hales,Sant’Alberto Magno, fino a Tommasod’Aquino che le attribuisce un’importanzadecisiva nel suo trattato sulla fede (STh II-II, q2, a.2c). Il credere Deum indica l’aspetto contenu-tistico della fede, la fides quae. Si tratta delfatto che credere implica conoscere in CristoDio e i misteri che questi ha deciso di rive-lare, sinteticamente riportati nelle professionidi fede. Il credere Deo designa invecel’aspetto formale del credere, il perché sicrede. A Dio che in Gesù ha mostrato tuttala sua affidabilità l’uomo è invitato a rispon-dere con un’adesione personale, con un attofondamentale che è designato da questaespressione resa anche con la terminologiadella fides qua. La terza espressione, credere in Deum chesi è un po’ persa, indica il cammino escato-logico che la fede innesca. Credere infattiimplica il coinvolgimento di tutta la personain un dinamismo di crescita che si perfe-ziona attraverso le altre virtù teologali, inparticolare, la carità e che non avrà mai ter-mine.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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dal Comunicato finale del Consiglio epi-scopale permanente(Roma, 24 - 27 settembre 2012)

CateChesi, assunzione delpensiero di Cristo

Alla luce dei 16 Convegni regionali promossidall’Ufficio Catechistico Nazionale – una sor-ta di Convegno diffuso che, da aprile a set-tembre 2012, ha animato in maniera capil-lare il territorio nazionale – il Consiglio Per-manente si è soffermato sulla catechesi, qua-le forma decisiva nell’educazione alla fede.La responsabilità di comunicare e testimo-niare la fede alle nuove generazioni ha ilsuo soggetto nell’intera comunità cristiana:questa consapevolezza richiede un forte in-vestimento sulla formazione e l’accompa-gnamento degli adulti, a partire da quantigià partecipano alla vita ecclesiale. Compitoprioritario della Chiesa, del resto, rimane lariscrittura della proposta cristiana nelle co-scienze delle persone e nel loro vissuto.

Una comunità che sia ambiente educanteper la fede, inoltre, non può che essere ani-mata da una catechesi adulta anche quantoai contenuti, nell’attenzione a plasmare in

ogni età credenti capaci di rendere ragionedella speranza che li anima: può dirsi adultosoltanto chi è capace di restituire quanto haricevuto, assicurando la continuità tra le ge-nerazioni e la vitalità della stessa comunità.

Per questo i Vescovi hanno sottolineato l’im-portanza di concludere la fase delle speri-mentazioni degli itinerari di iniziazione cri-stiana e di fare comunione e unità attornoal progetto catechistico e agli stessi catechi-smi della CEI. L’obiettivo di tale investimentoè la formazione e l’assunzione del pensierodi Cristo – «Pensare secondo Cristo e pensareCristo attraverso tutte le cose» (S. Massimoil Confessore) –; necessita di legami inte-granti con l’esperienza celebrativa e conquella caritativa, nonché della valorizzazionedi particolari momenti – quali la richiesta delbattesimo e della prima Comunione – per uncammino di relazione e di incontro con lafamiglia, in una prospettiva pastorale attentaa mantenere il carattere popolare dell’espe-rienza ecclesiale. è stato, infine, chiesto daiVescovi di mantenere prioritario l’impegnodi formazione dei catechisti.La Commissione Episcopale per la dottrinadella fede, l’annuncio e la catechesi ha,quindi, aggiornato il Consiglio Permanentecirca il lavoro di stesura di nuovi orienta-

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

incontro di chiusuradei Convegni Catechistici regionali

2012

Abano Terme, 4-5 ottobre 2012

IntroduzioneDon Guido Benzi, Direttore UCN

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menti che, riaffermando il valore del docu-mento di base, Il rinnovamento della cate-chesi (1970), indichino le scelte pastoralidelle Chiese in Italia per svolgere la loro mis-sione evangelizzatrice.Dai Convegni Regionali agli Orientamenti1. conclusione della «fase delle sperimenta-

zioni», ma non della creatività;2. comunione e unità: il Progetto Catechi-

stico Italiano al centro.

L’impegno della CEDAC: gli Orientamentiper la catechesi.

Ancora un “ritorno” alle Regioni ed alle Dio-cesi con la scheda preparatoria.

Già in cammino per una nuova fase: il rap-porto catechesi-famiglia ed il Convegno diGiugno 2013.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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1. “nuova evanGelizzazione”: ambi valenza dell’espressione

L’espressione “nuova evangelizzazione” ca-talizza molte attese e sfide, richiamate daalcuni anniversari (Vaticano II, Catechismodella Chiesa Cattolica) e soprattutto dai nuo-vi scenari che contraddistinguono l’Occiden-te. Tuttavia si presenta molto ampia e am-bivalente.– Nuova evangelizzazione a motivo dei nuo-

vi scenari? – Nuova evangelizzazione rispetto al Vati-

cano II o alla catechesi/pastorale esistente?L’Instrumentum laboris (scandito in quat-

tro parti: Vangelo; tempo; fede; pastorale)propone una chiarificazione terminologica,presa da una nota della Congregazione perla Dottrina della fede: «In senso proprioc’è la missio ad gentes verso coloro chenon conoscono Cristo. In senso lato, siparla di “evangelizzazione” per l’aspettoordinario della pastorale, e di “nuovaevangelizzazione” verso coloro che nonseguono più la prassi cristiana» (InL 85)1.Il campo, perciò, si restringe primariamenteall’Occidente, per il quale si prospetta ilcompito di «immaginare situazioni, luoghidi vita, azioni pastorali che permettano aqueste persone [dell’Occidente] di usciredal “deserto interiore”» (InL n. 86).

Nuova evangelizzazionee rinnovamento della catechesi

Prof. Don Andrea Toniolo, Responsabile Servizio Nazionale per gli studi superioridi teologia e di scienze religiose della CEI

La fede cristiana non è soltanto una dottrina, una sapienza, un insieme di regole morali,una tradizione. La fede cristiana è un incontro reale, una relazione con Gesù Cristo.

Trasmettere la fede significa creare in ogni luogo e in ogni tempo le condizioniperché questo incontro tra gli uomini e Gesù Cristo avvenga.

(«La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana»,Instrumentum laboris del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, n. 18)

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 Sono apparse numerose pubblicazioni intorno alla nuova evangelizzazione. Ne menziono solo alcune: R. FI-SICHELLA, La nuova evangelizzazione. Una sfida per uscire dall’indifferenza, Mondadori, Milano 2011; W.KASPER, G. AUGUSTIN (a cura di), La sfida della nuova evangelizzazione. Impulsi per la rivitalizzazione dellafede, Queriniana, Brescia 2012; F. MOOG, J. MOLINARO (a cura di), La catechesi e il contenuto della fede. Attidel quinto colloquio internazionale dell’Institut Supérieur de Pastorale Catéchetique (ISPC) Parigi, 15 18febbraio 2011, Elledici, Leumann (TO), 2012; G. FERRETTI, Essere cristiani oggi. Il “nostro” cristianesimo nelmoderno mondo secolare, Elledici, Leumman (TO), 2011; J.‐A. BARREDA, Europa e nuova evangelizzazione, Ur-baniana University Press, Roma 2012; S. DIANICH, Le attese della Chiesa. Rileggendo l’Instrumentum laboris,in Il Regno Attualità, 14/2012, pp. 435‐440; G. ROUTHIER, Il Concilio Vaticano II. Ricezione ed ermeneutica,Vita e Pensiero, Milano, 2007; C. THEOBALD, La ricezione del Vaticano II. 1. Tornare alla sorgente, EDB, Bologna2011; ID., Il concilio Vaticano II di fronte all’ignoto. L’avventura di un discernimento collegiale dei “segni deitempi”, in Concilium 3/12, p. 72‐81. Un contributo alla riflessione sul tema viene da alcuni contributi pubblicatinel volume 3/2012 di Studia Patavina, in particolare H. LEGRAND, Verso un nuovo volto di Chiesa. Servire il

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«Nuova evangelizzazione non significa un“nuovo Vangelo”... [ma] vuol dire rispostaadeguata ai segni dei tempi, ai bisogni degliuomini e dei popoli di oggi»2: con questaespressione l’Instrumentum laboris delprossimo Sinodo riassume il concetto di nuo-va evangelizzazione.

2. la perenne novitàdel vanGelo

Più precisamente in cosa potrà consistere lanovità? Non certo in un nuovo Vangelo ocontenuto di fede ma in un modo nuovo diannunciarlo. Ma anche questa posizione puòessere fuorviante: sembra che la novità siaqualcosa di esterno al Vangelo stesso. In re-altà non è possibile “immaginare qualcosadi nuovo” se non si percepisce il novum delVangelo, non inteso come insieme di veritào concetti ma come l’evento della personalecomunicazione di Dio in Gesù di Nazaret,che si compie sempre e dovunque. L’ele-mento strutturale di ogni evangelizzazioneè la percezione della contemporaneità delVangelo con la storia, del sua legame strettocon il tempo. S. Kierkegaard: «In rapportoall’assoluto non c’è infatti che un solo tem-po: il presente; per colui che non è contem-poraneo con l’assoluto, l’assoluto non esisteaffatto»3.Dei Verbum mette in guardia da ogni formadi riduzione storico‐dottrinale dell’evange-lizzazione: «Dei Verbum religiose audiens»,già nel Prologo della Costituzione conciliaresi invita al religioso ascolto della Parola di

Dio, che non è un testo scritto, ma il Verboincarnato, la viva voce del Vangelo che ri-suona in ogni tempo. L’ascolto della Paroladi Dio diventa possibilità leggendo la S. Scrit-tura (cfr. s. Girolamo). Nel mondo cattoliconon siamo ancora riusciti a trasmettere unacerta familiarità con la S. Scrittura.

3. il “primato” della fede: «vino nuovo in otri nuovi» (mc 2,22)

Che cosa permette di percepire anche nel-l’Occidente del XXI secolo la contempora-neità/novità del Vangelo e del Regno deicieli? L’apertura della fede.Il Motu proprio di Benedetto XVI, Porta fi-dei, ribadisce il primato della fede nel com-pito dell’evangelizzazione. Cosa si intendeper primato della fede? Il riferimento è adAtti 14,47 dove Barnaba e Paolo, ritornatidalle varie missioni nelle città dell’Asia mi-nore «riunirono la comunità e riferirono tuttoquello che Dio aveva compiuto per mezzoloro e come aveva aperto ai pagani la portadella fede». Il contesto richiamato è missio-nario.Il documento pone al centro la fede per di-versi motivi (soprattutto i numeri 10 e 13):1. Nel contesto attuale non può più essere

considerato un atto scontato, acquisito,diffuso, come in passato; è necessaria lariscoperta del cammino della fede.

2. è necessario riscoprire l’atto credente, checoinvolge la persona dal profondo del

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Vangelo, cinquant’anni dopo il Vaticano II, come Chiesa inserita nelle società occidentali attuali in via di se-colarizzazione, e T. SöDING, Osare un nuovo inizio. Prospettive neo testamentarie sulla nuova evangelizzazione. 2 SINODO DEI VESCOVI, XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, La nuova evangelizzazione per la trasmissione dellafede cristiana. Instrumentum laboris, LEV, Città del Vaticano 2012, n. 164 (d’ora in p).3 S. KIERKEGAARD, Esercizio del cristianesimo, in ID., Opere (a cura di C. FABBRO), Sansoni Editore, Firenze, 1988,p. 724.

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cuore. Viene citato il passaggio di Romani10,10: con il cuore si crede e con la boccasi fa la professione di fede. L’atto del cuo-re è la vera sorgente del credere.

3. Il nesso tra dimensione personale e co-munitaria, personale e pubblica, controogni forma individualistica del credere.

In sintesi “primato della fede” vuol dire im-portanza delle condizioni personali e sog-gettive del credere, al cuore della persona,e importanza della testimonianza personale,della comunicazione inter‐soggettiva. «Mi si conceda di proporre una tesi scanditain tre passaggi che definisco il triangolo del-le tre “d”, e che intende sottolineare unaconvergenza tra fede, in quanto disposizio-ne, fede, in quanto decisione e fede in quan-to differenza» (M. GALLAGHER, Una freschez-za che sorprende: il Vangelo nella culturadi oggi, EDB, Bologna 2010, p. 40).

4. disCernimento dei “seGni deitempi”: intreCCio di vanGelo e Cultura

«La nuova evangelizzazione si è fatta cosìdiscernimento, ovvero capacità di leggere edecifrare i nuovi scenari che in questi ultimidecenni sono venuti creandosi nella storiadegli uomini per trasformarli in luoghi diannuncio del Vangelo e di esperienza eccle-siale» (InL n. 51). «Sapete dunque interpre-tare l’aspetto del cielo e non siete capaci diinterpretare i segni dei tempi?», Mt 16, 3; eaggiunge che non sarà dato alcun segno senon il segno di Giona, cfr. Mt 16, 4. L’Evangelii nuntiandi – magna chartadell’evangelizzazione – ribadisce la necessitàdell’intreccio profondo tra fede annunciatae culture dei popoli, pur affermando che ilVangelo non si identifica con una cultura.Tale intreccio profondo è possibile attraverso

il discernimento della storia, della situazionereligiosa. Si constata un indebolimento della Chiesain Europa: il calo della pratica religiosa or-dinaria, la percezione della distanza dalla edella Chiesa in quanto istituzione (“apostasiasilenziosa” o “scisma sommerso”), la perditadella memoria cristiana, la diffusa convin-zione che la forma cattolica della fede siaestranea allo standard attuale della vita (C.Taylor nell’Età secolare: la fede cristiana di-venta sempre più un’opzione tra le altre, eanche la più difficile). Parimenti si sviluppala convinzione che una vita dignitosa, buo-na, onesta, felice è possibile senza riferi-mento a Dio: tramonto della trascendenza o“umanesimo esclusivo”. Ci sono oggi gli elementi per affermarel’“esodo dalla cristianità” (Ferretti), ossia lafuoriuscita da una forma inculturata di cri-stianesimo, e le premesse per un cristiane-simo testimoniale, di “diaspora”, senza perquesto venir meno all’ impegno a incarnarsinella cultura.

5. rinnovamento della Chiesa: una domanda della Chiesa su di sé

La nuova evangelizzazione «deve diventareuna domanda della Chiesa su di sé» (InL n.39), chiede «un processo di rilancio dellamissione fondamentale della Chiesa» (InL77), la correzione, basta a volte di pochigradi, della rotta e della direzione, «menoripiegata verso l’interno delle comunità cri-stiane, e più impegnata nell’annuncio di fedea tutti» (InL. 81). Non può essere portato avanti un efficaceimpegno di nuova evangelizzazione senzaun progetto di riforma pastorale che vadaoltre a un semplice restyling del passato.

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Quale modello di Chiesa siamo in grado diconfigurare? «Chiesa, che cosa ci è concesso sperare?»4. Siamo come presi tra “due fuochi”, senzasapere ancora quale direzione prendere: «Dauna parte, per la nostra educazione, conser-viamo, nonostante tutto, nella nostra me-moria un volto glorioso di Chiesa. Le istitu-zioni nelle quali siamo stati educati e che,per un verso, sono ancora vive ed efficaci,dipendono da una coscienza di Chiesa unicae inglobante. Dall’altra parte, percepiamoche questo volto e queste istituzioni noncorrispondono più allo stato reale della Chie-sa e alla domanda spirituale della gente. Lanostra volontà di adattamento, che è certa,manca del “saper‐fare”, ed è questa forse lanostra più grande prova: non sappiamo, onon abbastanza, che cosa e come fare»5. Il rinnovamento dovrebbe far maturare lestrut ture pastorali classiche verso comunitàinterpersonali e di testimonianza, con il pri-mato dato alle relazioni e alla carità, all’espres-sione varia e diversificata dell’esperienza cre-dente, alla fede come scelta motivata.

6. forme di nuova evanGelizzazione

Sarebbe un errore e forse un’illusione caderein una sorta di attivismo di evangelizzazione,moltiplicando iniziative, attività, impegni. La nuova evangelizzazione è primariamenteuno stato d’animo, uno stile, un modo diessere cristiani nei luoghi della vita, unostile contagioso, la comunicazione diun’esperienza viva. Tra le forme da riscoprire va segnalata senzadubbio quella del primo annuncio, inteso

non tanto come una forma straordinaria maordinaria della pastorale. In molte realtà ecclesiali è in atto una ri-strutturazione dell’iniziazione cristiana e lariscoperta del catecumenato degli adulti, cherappresenta, secondo l’OICA, il modello or-dinario, esemplare di iniziazione alla fede.La catechesi sacramentale tradizionale puòdiventare occasione di nuova evangelizza-zione, se condotta non secondo una “logicadi mercato” (le persone non sono clienti del-la pastorale sacramentale) ma secondo unostile di accoglienza e di incontro spirituale. Un altro ambito di attenzione particolare perla nuova evangelizzazione è quello dell’edu-cazione, processo delicato e paziente in cui,intercettando gli ambiti esistenziali (la vitaaffettiva, il lavoro e la festa, la fragilitàumana, la tradizione, la cittadinanza), sipuò intessere il legame profondo tra mondodella fede e mondo della vita. In fondo, la finalità dell’evangelizzazione èsostanzialmente questa: favorire l’intrecciotra i momenti ordinari o straordinari dellavita e la fede, permettere la relazione kerig-matica tra vangelo ed esistenza, aiutare ilcredente a leggere la propria storia nella fe-de, traendo forza, speranza e consolazione.

7. in Continuità Con il vatiCanoii, “il Grande CateChismodei tempi moderni” (paolo vi)

Dal Concilio possiamo apprendere alcuni at-teggiamenti e modalità straordinarie di co-municazione della fede, con cui valutare inostri percorsi catechistici. Li sintetizzo conalcune parole forti.

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4 G. LAFONT, L’Église en travail de réforme. Imaginer l’Église catholique. II, Cerf, Paris, 2011. 5 Ivi, p. 233.

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1. stile. Il Vaticano II ha inaugurato, ri-spetto ai venti Concili precedenti, un modonuovo di porsi della Chiesa nel mondo, nonimperativo, legale, normativo, ma propositi-vo, testimoniale, dialogico; ha scelto un mododi comunicare, uno stile, che non è solo unmezzo ma dice una realtà profonda, l’identitàdi una Chiesa che è disposta a rinnovarsi, at-tingendo alle fonti della propria fede (cfr. J.W. O’MALLEy, Che cosa è successo nel Vati-cano II, Vita e Pensiero, Milano, 2010). DalConcilio i cristiani possono imparare a “svi-luppare uno stile di parola pubblica in con-sonanza con il Vangelo” (H. Legrand) senzaidentificare tout court Vangelo – che è semprela buona notizia di Dio, la viva voce del Si-gnore per ogni uomo, in qualsiasi situazionesi trovi – e legge morale o civile.2. dialoGo. Nel Concilio si ha avuto il co-raggio di affrontare tantissimi temi, alcunifacili altri difficili, in particolare tre grandiquestioni: Nostra aetate, Dignitatis huma-nae e Gaudium et spes, rispettivamente suldialogo con l’ebraismo e le altre religioni,sulla libertà religiosa e sul rapporto con ilmondo. Dai documenti non traspaiono legrandi tensioni e discussioni sorte attorno aquesti temi e il cambiamento di prospettivarispetto a prima. Il dopo Concilio – ma già le discussioni in-terne lo evidenziavano – ha mostrato la fa-tica del dialogo, e nel rapporto teso tra lereligioni ha fatto emergere la questione del-l’identità: è possibile instaurare un vero dia-logo, rispettoso dell’altro, senza perdere lapropria identità? 3. vanGelo. Il dono da offrire al mondoè il Vangelo (non una teoria, ma il Verbo),che instaura una cultura della vita non dellamorte, della misericordia non della condan-na. Giovanni XXIII nel discorso di aperturaal Concilio ha guardato l’umanità dalla pro-spettiva della carità universale:

7.2. Non c’è nessun tempo in cui la Chiesanon si sia opposta a questi errori; spessoli ha anche condannati, e talvolta con lamassima severità. Quanto al tempo pre-sente, la Sposa di Cristo preferisce usarela medicina della misericordia invece diimbracciare le armi del rigore; pensa chesi debba andare incontro alle necessitàodierne, esponendo più chiaramente il va-lore del suo insegnamento piuttosto checondannando [....] 7.3. Così stando le cose, la Chiesa Catto-lica, mentre con questo Concilio Ecume-nico innalza la fiaccola della verità catto-lica, vuole mostrarsi madre amorevolissi-ma di tutti, benigna, paziente, mossa damisericoria e da bontà verso i figli da leiseparati.

4. “umano”. L’umano “è il punto naturaledi inserzione della fede”, luogo privilegiato dievangelizzazione (Instrumentum laboris n.54). La GS ci ha mostrato il modo, la via percomunicare il Vangelo: l’umano, ossia l’intrec-cio tra prospettiva antropologica e cristologica. 5. dio. “DISAMBIGUARE”, togliere le am-biguità diffuse sull’immagine di Dio e sullareligione aiuta le coscienze a trovare serenitàe a porsi in libertà di fronte alla verità delVangelo. Alcuni esempi: Dio‐Verità e libertà religiosa,Dio e il male, Vangelo e morale, Dio e storia,fede e scienza, fede e laicità (Cfr. G. FERRETTI,Essere cristiani oggi. Il “nostro” cristiane-simo nel moderno mondo secolare).6. bellezza. Intercettare la sensibilità spi-rituale e artistica dell’uomo contemporaneo,educare a una comunicazione affettiva e nonsolo logico‐astratta della fede. Attraverso lavia pulchritudinis l’uomo può essere con-dotto alla verità e all’amore. 7. profezia. Il cristianesimo – come dicel’incipit di GS – è intimamente solidale conil mondo, con le sue gioie e sofferenze, ga-rantisce la presenza vicina, senza rinunciarealla sua testimonianza a livello pubblico. Ri-

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spetto dell’altro e dialogo non significanofare silenzio di fronte all’ingiustizia o falsità.L’aiuto da offrire anche alle generazioni gio-vani è quello del discernimento critico dellaverità, educando la capacità del dialogo pro-fetico. Profezia del cristianesimo vuol diresapere leggere i segni dei tempi, anche po-sitivi (domanda di spiritualità, il cammino difede di molti cristiani, il valore della libertà).

y. Congar: «Si richiede che l’aggiornamentoconciliare non s’arresti all’adattamento delleforme di vita ecclesiale ma si spinga fino aun totale radicalismo evangelico e all’inven-zione, ad opera della Chiesa, di un modod’essere, di parlare, di impegnarsi, che ri-sponde alle esigenze di un totale servizioevangelico del mondo» (Vera e falsa riformadella Chiesa).

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Il prossimo Sinodo sulla Nuova Evangeliz-zazione (NE)1 è un ulteriore frutto del «cam-mino di comunione» (sØn-odoj) della Chiesapost‐conciliare, che implica non solo il suoruolo nel mondo e la sua funzione per lasalvezza dell’umanità, bensì la sua identitàpiù profonda (cfr. n. 2). è una riflessionecorale che ha coinvolto (e continua a coin-volgere) tutte le compagini ecclesiali, perraccogliersi dal 7 al 28 ottobre nell’eventosinodale, e unificarsi, infine, nel messag-gio‐documento che, come di consuetudine,sarà redatto dal Santo Padre, Benedetto XVI,prendendo in considerazione le Propositio-nes dei Padri sinodali. Il testo indicherà ladirezione di marcia per ogni comunità ec-clesiale per quanto riguarda questo ambitocosì importante e prioritario della NE (cfr.Presentazione, nn. 1‐2). Al momento attuale, ogni riflessione appareprematura e addirittura acerba, ma non perquesto impossibile e impraticabile, con quellasana soddisfazione di registrare eventualiconferme, ma anche con quell’umiltà rico-

noscente di accogliere ricalibrature e, forse,smentite alle nostre attese e previsioni, adopera dei Padri sinodali ed esperti, uominie donne così uguali in dignità e così diversiper sensibilità e ministero, tutti mossi dal-l’unico Spirito che non si lascia circoscriverein schemi preconcetti e paradigmi prefabbri-cati, che «soffia dove vuole» (cfr. Gv 3, 8)e che continua a stupirci e sorprenderci dalgiorno di Pentecoste fino ad oggi, lungo letante e variegate stagioni della storia dellaChiesa (cfr. n. 23). Solo una «nuova Pen-tecoste», infatti, potrà originare una «nuovaevangelizzazione» e dare vita ad una «nuo-va catechesi»: è questa la convinzione difondo presente nel testo e che non può es-sere elusa. Guardando principalmente ai Lineamenta,non mancando di far riferimento alla biblio-grafia sull’argomento2, il mio intervento in-tende provocare la riflessione focalizzandotre nodi da sciogliere per il rinnovamentodella catechesi in Italia in una prospettivadi Nuova Evangelizzazione, possibilmente

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IL RINNOVAMENTO DELLA CATECHESIIN ITALIA

IN UNA PROSPETTIVA DI NUOVAEVANGELIZZAZIONE

Considerazioni teologico-pastorali e catechetiche

Prof. Don Giuseppe Ruta, Sdb, Catecheta

1 SINODO DEI VESCOVI – XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione dellafede cristiana. Lineamenta, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2011. Se non specificato diversamente, i numeridi riferimento riportati nel testo si riferiscono a questo documento preparatorio.2 La bibliografia è ingente sull’argomento. Ci si limita a richiamare il recente: PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE

DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE, Enchiridion della Nuova Evangelizzazione. Testi del Magistero pontificio e con-ciliare 1939‐2012, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2012. Inoltre: C. DOTOLO – L. MEDDI, Evangelizzarela vita cristiana. Teologia e pastorale di Nuova Evangelizzazione, Cittadella Editrice, Assisi 2012. Riferimentibibliografici alle pp. 151‐156.

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senza impugnare la spada di Gordio, ma col-laborando insieme a “districare paziente-mente la matassa”, qualora ci si imbatta inquestioni non solo complesse, ma anchecomplicate. Non sono questi i soli nodi dasciogliere, ma secondo la mia visione (par-ziale e discutibile) si stagliano come impor-tanti, nevralgici, ineludibili. Il testo dei Li-neamenta (cfr. n. 18), infatti, raccoglie al-cune questioni che toccano la realtà pasto-rale e catechistica, in particolare l’iniziazionecristiana e il catecumenato, la scansione cro-nologica e la successione dei tre sacramentidell’iniziazione, e quant’altro; si potrà at-tendere il risultato del testo post‐sinodaleper discernere quanto sarà dichiarato comeuniversalmente valido e quanto verrà de-mandato alle scelte delle Chiese locali, nelrispetto della pluralità delle situazioni. Ci sidovrà preparare a ricevere “l’onda di ritorno”e proseguire il cammino di riflessione e azio-ne, ciascuno secondo la grazia e la missionericevute. Il sostantivo “rinnovamento” che specificala catechesi e l’aggettivo “nuova” che qua-lifica l’evangelizzazione meriterebbero unariflessione a parte3. Ciò che più importa èche non si risolvano «in maniera decorativa,a somiglianza di vernice superficiale», masiano declinate «in modo vitale, in profon-dità e fino alle radici» (EN 20) e non si dis-solvano in “pannicelli caldi” o palliativi cheassumono in modo apparente la realtà, inparticolare quella Parola che intende illumi-

nare la vita e la cultura dell’uomo e infor-mare (“dare forma a”) tutta quella gammadi condizioni e risorse che rendono perti-nente ogni pastorale ed efficace e vitale ognicatechesi. Ad una rapida lettura del testo, sono evi-denti e ricorrenti termini come «verifica»4 e«discernimento»5, nell’auspicio che «la Chie-sa chiami le proprie comunità cristiane aduna conversione pastorale in senso missio-nario della loro azione e delle loro strutture»(n. 10).

1. in prinCipio il verbo, in prinCipio la Comunità

Dopo aver tratteggiato, nel primo capitolo,le coordinate spazio‐temporali in cui si im-pianta e si esige la NE, scandendo i principali«scenari»6 in cui la NE è chiamata ad inci-dere e a trovare la sua eco profonda e si-gnificativa, e di fronte a cui i cristiani, comesingoli e comunità, sono interpellati con at-teggiamenti e comportamenti adeguati, il se-condo e il terzo capitolo richiamano l’identitàpiù profonda della NE, segnata dalla «per-formatività» (proclamare il vangelo di GesùCristo, che si rende presente, udibile, visibile,palpabile) e dall’unica e molteplice condi-zione interpretativa (il “vissuto”), di naturaintersoggettiva ed ecclesiale, che avvia allavita cristiana tout court (iniziare all’espe-rienza cristiana).

3 Cfr. R. FISICHELLA, Introduzione, a PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE, Enchiridiondella Nuova Evangelizzazione, pp. VI‐VII [pp. V‐IX]. 4 Cfr. nn. 2, 5, 10, 13, 16, 19 (sei volte). In apice è indicato il numero di volte cui ricorre il termine nello stessonumero del documento. Sono state escluse dalla ricerca terminologica le domande riportate alla fine di ognicapitolo e le note. 5 Cfr. nn. 33, 45, 53, 6, 7, 8, 9, 182, 19, 20, 21, 24 (ventuno volte). 6 Cfr. il primo capitolo dei Lineamenta. Gli scenari (culturale, sociale, mediatico, economico, scientifico e politico:Cfr. n. 6) rimandano ad atteggiamenti nuovi (Cfr. n.7), ad una spiritualità rinnovata (Cfr. n. 8), a nuovi modidi essere Chiesa (n. 9), ad una prima evangelizzazione, alla cura pastorale e alla «nuova evangelizzazione» (Cfr.n. 10).

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In principio era il Verbo (Gv 1,1). Dire«evangelizzazione» e «nuova evangelizza-zione» non significa creare dal nulla, mapartire dal principio (Ansatz)7, dalla fonte,dalla scaturigine della Rivelazione, per tro-varne in essa la forza e l’adempimento. Vuoldire fare spazio e dare tempo alla Parola diDio per gli uomini di oggi. Il messaggio diletizia, di bene, di verità e di bellezza nonconsiste in una formula astratta, seppuresatta e ineccepibile, in una norma o regoladi vita, per quanto buona, degna e lodevole,ma nella persona di Gesù Cristo «Parola de-finitiva di Dio fatta uomo» (n. 11; cfr. DV4)8. L’approccio non può essere di carattereinformativo e puramente cognitivo, ammes-so che questo sia isolabile a livello di prag-matica comunicativa. Nello stesso tempo,dato che si tratta di una persona e di un mi-stero personale che comprende e trascendel’umano, allora è ovvio che occorre prepa-rare se stessi e predisporre l’animo degli altriad accogliere un evento per nulla scontatoe risaputo, scevro da effetti tranquillanti diconferma. «Non si tratta di annunciare unaparola consolatoria, ma dirompente, chechiama a conversione, che rende accessibilel’incontro con Lui, attraverso il quale fiorisceun’umanità nuova»9. La categoria dell’«in-contro»10 e della «relazione»11 specifica que-

st’ottica evangelizzatrice e la rende «nuova»,superando ogni forma intellettualistica e pu-ramente informativa, inaugurando un nuo-vo «stile» (cfr. n. 16)12. Colui che è fin da principio, lo annunciamoa voi, perché siate in comunione con noi(cfr. 1Gv 1,1‐4). Come affermano i Linea-menta «la Chiesa trasmette la fede che essastessa vive, celebra, professa, testimonia»(n. 13). «Non si può trasmettere ciò chenon si crede e non si vive. Segno di unafede radicata e matura è proprio la natura-lezza con cui la comunichiamo agli altri.“Chiamò a sé quelli che voleva [...] perchéstessero con lui e per mandarli a predicare”(Mc 3,13‐14). Non si può trasmettere il Van-gelo senza avere alla base uno “stare” conGesù, un vivere nello Spirito con Gesùl’esperienza del Padre; e, in modo corrispet-tivo, l’esperienza dello “stare” sospinge al-l’annuncio, alla proclamazione, alla condi-visione di ciò che si è vissuto, avendolo spe-rimentato come buono, positivo e bello» (n.12). Riportando l’espressione del DirettorioGenerale per la Catechesi, al n. 48, che rac-coglie il magistero precedente a partire dalConcilio, i Lineamenta intendono sottolinea-re il “noi” ecclesiale, entro cui l’“io” di ognifedele, discepolo e apostolo di Gesù Cristo,trova il suo senso, il suo movimento di pen-

7 Nell’accezione teologica in particolare balthasariana (Cfr. Gloria. Un’estetica teologica. I. La percezione dellaforma, Jaca Book, Milano 1975, 8), illuminata dalla terminologia biblica e in parte greca (¢rc»), Ansatz nonsta ad indicare un inizio ormai superato da quanto capita successivamente, bensì quel punto unico e singolarefondante e generatore che, pur stando all’origine, non perde la sua forza nel presente e continua ad esercitareil suo vigore e il suo influsso sugli eventi successivi fino al termine, fino al compimento. 8 Cfr. BENEDETTO XVI, Verbum Domini. Esortazione apostolica post‐sinodale sulla Parola di Dio nella vita enella missione della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010, che è, insieme a Evangelii nun-tiandi e Catechesi tradendae, uno dei principali testi ispiratori dei Lineamenta. 9 Ibidem, n. 93. 10 Il termine ricorre 20 volte: Cfr. nn. 54, 62, 82, 116, 132, 14, 16, 22, 25. 11 Ricorre 7 volte ed è meno frequente del precedente; nelle sue molteplici specificazioni è riferito a: Dio (Cfr. n.5), a Cristo (Cfr. n. 11), a Cristo nei confronti del Padre (Cfr. n. 11), tra uomo e donna (Cfr. n. 6); designa,inoltre, i rapporti sociali (Cfr. nn. 6, 212). Nell’accezione generica (sta per “rapporto”): Cfr. n. 19. 12 Cfr. C. THEOBALD, Il cristianesimo come stile. Un modo di fare teologia nella postmodernità, Dehoniane,Bologna 2009.

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siero e di espressione, e la sua legittimazio-ne. La performatività originaria del Vangelo13

ingloba, in seconda istanza ma in modoforte e indissolubile, il contesto in cui risuonae si rende presente il Verbum Domini, di-chiarando impossibile ogni forma di evan-gelizzazione e catechesi al di fuori di questotessuto relazionale ecclesiale. Se «la trasmis-sione della fede struttura il volto e le azionidelle comunità cristiane» (n.12), un primonodo da sciogliere è identificare meglio lecaratteristiche e la consistenza quantitativae specialmente qualitativa della comunitàcristiana, evitando estremismi di sorta. Le tre Note sull’iniziazione cristiana, adesempio, riportano una fluttuazione di indi-

cazioni che vanno dalla tendenza a rintrac-ciare nella parrocchia la connotazione di “co-munità cristiana” in modo privilegiato senon proprio univoco14 alla considerazionepiù pluralista che vede anche in altri luoghicomunitari15 le caratteristiche per l’iniziazio-ne cristiana e l’educazione della fede. I Li-neamenta ricorrono obliquamente al termine«parrocchia»16, mentre preferiscono altri vo-caboli più ampi come «comunità cristiana»o «chiesa locale» per indicare il «luogo» del-l’iniziazione e dell’evangelizzazione17. Sia dal punto di vista teologico‐pastorale18,sia dal punto di vista canonico19 e non ul-timo per motivi socio‐culturali di pluralismod’appartenenza (non celandone i rischi),

13 Così si esprime il Papa nel suo magistero, non disdegnando di ricorrere al linguaggio tecnico filosofico: «ilmessaggio cristiano non [è] solo “informativo”, ma “performativo”. Ciò significa: il Vangelo non è soltanto unacomunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. Laporta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donatauna vita nuova» (BENEDETTO XVI, Spe salvi. Lettera enciclica sulla speranza cristiana, Libreria Editrice Vaticana,Città del Vaticano 2007, 2). Non sfugga il legame, non solo metaforico, con l’Anno della fede: IDEM, La portadella fede. Motu proprio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011. 14 Cfr. CEI, Orientamenti per il catecumenato degli adulti, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1997, n. 45; IDEM,Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1999,n. 28; CEI, Rito dell’Iniziazione cristiana degli Adulti, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1978,Premessa, nn. 12‐14; CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi, Libreria Editrice Vaticana,Città del Vaticano 1997, nn. 257‐258. In questi riferimenti figurano osservazioni che indulgono ad un ripensa-mento e ad un’integrazione (Cfr. ad es. DGC, n. 257; CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondoche cambia. Nota pastorale, Paoline, Milano 2004). 15 Cfr. CEI, Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, nn. 26‐27; IDEM, Orien-tamenti per il risveglio e il completamento dell’iniziazione cristiana in età adulta, Elle Di Ci, Leumann - Torino2003, nn. 32‐33. 16 Il termine ricorre solo sei volte nella Presentazione (una volta) e nelle domande alla fine di ogni capitolo (cap.II: domanda 13; cap. III: domande 7, 16, 19, 27). Il fatto è dovuto all’universalità del documento che compendiauna prassi pastorale diversificata, ma è possibile scorgere dai riferimenti e dai quesiti posti un cambio di mentalitàche pur salvando l’importanza e l’utilità della struttura parrocchiale, spinge a guardare oltre e a creare legamicon altre entità più tradizionali e altre più recenti emergenti nel tessuto ecclesiale. 17 Il termine «comunità» senza aggettivo ricorre 24 volte (cfr. nn. 2, 6, 7, 13, 14, 152, 163, 176, 183, 202, 22,24); con l’aggettivo «cristiana», 33 volte (cfr. nn. 95, 102, 123, 132, 142, 155, 162, 17, 184, 193, 20, 22, 23,25); «ecclesiale», due volte (cfr. nn. 5, 6), «di fede» una volta (cfr. n. 9). 18 Cfr. le riflessioni stimolanti contenute nel volume di S. DIANICH ‐ C. TORCIVIA, Forme del Popolo di Dio tracomunità e fraternità, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012. 19 Oltre a dichiarare valido il criterio territoriale, il Codice di Diritto canonico (cfr. cann. 776, 778, 793, 843,914) lascia ampio respiro sui “luoghi”; nello stesso tempo invita alla cura e alla vigilanza da parte dei responsabiliai vari livelli, dal Vescovo ai genitori. Indice di flessibilità a servizio della suprema lex, salus animarum, è laparrocchia “personale” (cfr. can. 518); il Codice fa spazio, così, a «precise motivazioni» che possono indicarenuove soluzioni, a livello diocesano, vicariale, interparrocchiale, a situazioni di mobilità o di emergenza evan-gelizzatrice ed educativa (ad es. pastorale giovanile, pastorale dei migrantes).

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una azione evangelizzatrice innovativa me-glio integrata che incida sugli “interstizi” trastrutture già esistenti (cfr. Presentazione)che rimangono aperti e sguarniti di ogni in-tervento ecclesiale, dovrebbe consistere nelripensare e riesprimere le strutture (primapersonali che architettoniche: cfr. nn. 10,15, 18)20 di cui già si dispone e di preve-derne altre, per raggiungere tutti e ciascuno,o più realisticamente parlando il maggiornumero (cfr. 1Cor 1,19). L’importante è ga-rantire ai soggetti una comunità di apparte-nenza o, almeno, di riferimento.

2. Generare e/o trasmettere la fede

Le parole che usiamo non lo sono in modocasuale o indifferenziato. Se non si riflettesu di esse e se si continua a usarle senzaaumentare la consapevolezza del significato,si corrono rischi che vanno dalla superficia-lità al logoramento, dal pressappochismo al-la perdita di profondità e lucidità linguistica.Il secondo nodo è individuabile nell’oscilla-zione tra i due verbi «generare» e «trasmet-tere» che si richiamano vicendevolmente eche potrebbero in qualche modo equivalersi,ma nello stesso tempo indicare due tendenzediverse se non proprio opposte di intenderela pastorale e la catechesi. Saranno sfuma-ture, ma da non trascurare, nella speranzache non si tramutino in questione “di lanacaprina”.

Il verbo «generare» (nel senso di “dare lavita”, “far crescere”, “far sviluppare”... ) èusato nei Lineamenta in modo appropriatodal punto di vista teologico‐pastorale e ca-techetico nove volte21, indicando un proces-so globale che mette in atto una originalerelazione e “dipendenza”, trasmettendo in-formazioni di carattere genetico, esperien-ziale e informativo. Nel documento prepa-ratorio non si dà alcuna descrizione o defi-nizione ma sono riferiti alcuni elementi es-senziali dell’azione generativa (cfr. nn. 2,14 e passim). Il detto paolino «sono io chevi ho generato in Cristo Gesù» (1Cor 4,15),anche se non citato esplicitamente, coagulain sé il significato del termine. Più ricorrentee maggiormente esplicitato è il verbo «tra-smettere»22. Se ne offre anche una defini-zione:

«Trasmettere la fede significa creare inogni luogo e in ogni tempo le condizioniperché questo incontro tra gli uomini eGesù Cristo avvenga [...] trasmettere lafede in Cristo significa creare le condizioniper una fede pensata, celebrata, vissuta epregata [...]. La trasmissione della fede èdunque una dinamica molto complessache coinvolge in modo totale la fede deicristiani e la vita della Chiesa. Non si puòtrasmettere ciò che non si crede e non sivive» (nn. 11, 12).

Da notare che, in genere, l’oggetto della for-ma verbale è quasi sempre la fede. Se nellalingua comune il verbo indica qualcosa diesistenziale, qual è appunto la trasmissione

20 Cfr. nn. 10, 15, 18. 21 In forma di verbo ai nn. 22, 4, 172 (cinque volte) e in forma di sostantivo ai nn. 14, 183 (quattro volte).Altri dati con un uso meno appropriato (17 volte) secondo l’ottica del nostro argomento: «generare» (nn. 3, 5,6, 20, 21, 25); «generazioni» (nn. 3, 8, 132, 203, 21); «generazione» (nn. 6, 20). Una sola volta ricorre ilverbo «rigenerare» (n. 13). 22 Nella forma sostantivata, oltre ad apparire nel tema generale del Sinodo, è usato 47 volte (cfr. Presentazione,nn. 1, 33, 117, 123, 135, 144, 1510,16, 173, 184, 20, 223); come verbo ricorre 27 volte (cfr. Presentazione, 25,4, 102, 112, 123, 13, 147, 17, 18, 203).

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della vita (cfr. n. 2), sovente assume il tenorepiù oggettivante («trasmettere qualcosa»: leverità di fede, i valori educativi) e menoquello relazionale («trasmettere – permettereil contatto con – Qualcuno a qualcuno» –che esige l’autoimplicazione della testimo-nianza e, nello stesso tempo, discrezione ecapacità di decentrarsi), invitando alla disa-mina e alla cautela, altro non fosse per quelretaggio illuministico che ancora pesa sullapercezione e visione occidentale delle cose:«Quidquid recipitur ad modum recipientis re-cipitur». Il rischio che si corre è che «trasmis-sione» assuma la connotazione oggettivanteed esclusivamente cognitiva. Accanto a questa considerazione di caratterelinguistico‐culturale, occorre considerarel’uso che ne fa la tradizione cristiana più an-tica, riconducibile al pathos evangelizzatorepaolino: «vi ho trasmesso quello che a miavolta ho ricevuto» (cfr. 1Cor 15,3; 11,23);e ancora: «Così, affezionati a voi, avremmodesiderato trasmettervi non solo il vangelodi Dio, ma la nostra stessa vita, perché cisiete diventati cari» (1Ts 2,8). In quest’ottica,«trasmissione» mantiene tutta la sua pre-gnanza ed emana tutta la sua fraganza.

3. dilatazione non dispersivadella CateChesi

I Lineamenta danno in nuce una riflessionesull’identità della catechesi nel circuito dellaNE. Occorre verificare se i tratti di identifi-cazione ivi espressi siano equidistanti da

una genericità dispersiva e da una peculiaritàasfittica. In particolare, è il n. 14 che, trat-tando della «pedagogia della fede», riassumequanto espresso dai documenti magisterialiprecedenti (cfr. CT 58; DGC 143 144), ten-tando di cogliere la peculiarità della catechesie del catecumenato:

«A questo termine [pedagogia della fede] èaffidato il compito di dilatare il concetto dicatechesi, coestendendolo a quello di trasmis-sione della fede. Dal Sinodo sulla catechesiin poi la catechesi ormai non è altro che ilprocesso di trasmissione del Vangelo, così co-me la comunità cristiana lo ha ricevuto, locomprende, lo celebra, lo vive e lo comunica».

Riportando, subito dopo, quanto affermatodal Direttorio Generale per la Catechesi aln. 68, non sembra che ci sia chiarezza. Lacatechesi risulta identica («coestesa») allatrasmissione della fede; se quest’ultima equi-valesse ad evangelizzazione (cfr. nn. 10‐12ss.), per la proprietà transitiva, la coesten-sione sussisterebbe anche tra catechesi edevangelizzazione. Ora, come risulta sia dalla produzione ma-gisteriale23, sia dalla letteratura catechetica,la catechesi si ritaglia un posto specificonell’orizzonte dell’evangelizzazione e tra ivari processi di trasmissione della fede (cfr.n. 15), garantendosi una sua specificità, evi-tando confusioni con altre espressioni eccle-siali e mostrando la propria congruenza einterazione con esse. Essa si distingue dal«primo» (cfr. n. 19) e dal «secondo» annun-cio24, dall’omelia e da altre forme di comu-

23 Basti confrontare il Documento Base (cfr. nn. 19‐35) ed Evangelii nuntiandi (cfr. nn. 41‐48). A commentoG. RUTA, La Chiesa «“predica sui tetti” il messaggio di cui è depositaria» (EN 45). Le vie dell’evangelizzazione,in “Guttadauro” 1(2001) 1, pp. 151‐173; IDEM, La catechesi «insegnamento che diviene educazione» (RdC188). Appunti per una riconsiderazione «evolutiva» della catechesi, in G. ALCAMO (ed.), Il compito educativodella catechesi. Il contributo del Documento di base, Paoline, Milano 2011, pp. 79‐100.24 Cfr. E. BIEMMI, Il secondo annuncio. La grazia di ricominciare, Dehoniane, Bologna 2011. A commento: S.CURRò - E. BIEMMI, Il secondo annuncio e... oltre. Dialogo su questioni catechetiche, in “Catechesi” 81(2011/2012) 5, pp. 33‐44.

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nicazione della Parola di Dio, si differenziadai momenti liturgici e dalle varie attivitàministeriali e di servizio, dalla riflessioneteologica, per manifestarsi come un atto lin-guistico singolare (di iniziazione, educazionee istruzione), che il DGC così esprime:

«La catechesi di iniziazione, essendo orga-nica e sistematica, non si riduce al mera-mente circostanziale o occasionale; essendoformazione per la vita cristiana, supera – in-cludendolo – il mero insegnamento; ed es-sendo essenziale, mira a ciò che è “comune”per il cristiano, senza entrare in questioni di-scusse, né trasformarsi in indagine teologica.Infine, essendo iniziazione, incorpora nellacomunità che vive, celebra e testimonia lafede. Realizza, pertanto, allo stesso tempo,compiti d’iniziazione, di educazione e d’istru-zione» (DGC n. 68).

Al Sinodo spetta chiarire la posizione dellacatechesi, distinguendola e correlandola nelcircuito complessivo dell’agire ecclesiale, del-la NE, recuperando eventuali perdite di con-tenuto e cali di stile registrati nella prassi re-cente, dilatandone pure la concezione, manello stesso tempo, evitando sbiadimenti edispersioni. In questo senso, una triplice indicazione tut-ta italiana (in base alle mie conoscenze chepossono essere smentite) può provenire, co-me contributo originale al Sinodo, dagli at-tuali Orientamenti pastorali.

La prima indicazione passa attraversol’emergenza educativa (cfr. n. 22), attraver-so una nuova visione della realtà. L’educa-zione è impresa ardua e difficile25, «arte de-licata e sublime»26 che esige un atteggia-mento di fondo che sappia declinarsi in ca-pacità, competenze, abilità, che sappia co-niugare mente e cuore, interiorità ed este-riorità, intimità e sensorialità, fedeltà e crea-tività, soggettività e socialità, immanenza etrascendenza, in una benefica ed equilibrata«ecologia della persona» (n. 21)27. Si trattadi affinare lo sguardo e di raggiungere unblick a 360 gradi sulla realtà (cfr. nn. 4,24). Una tensione benefica di base che edu-chi i soggetti ad essere in profondità, chemiri in alto, che educhi unitamente alla ve-rità, alla bellezza e alla bontà28. La bellezza,senza bontà e verità, è bruttezza e menzo-gna; la verità, senza bontà e bellezza, è fred-dezza e distacco; la bontà, senza verità ebellezza, è finzione e contraffazione. Tuttociò vale per qualsiasi tipo di educazione, afortiori per lo sviluppo della fede e per lacatechesi. La vita cristiana non consiste solonell’adesione alla verità, ma è apertura allarealtà a tutto tondo che oltre ad essere vera,è buona e amabile, armonica e bella, attra-ente e piacevole. Dalla prima scaturisce una seconda indica-zione. L’esperienza di fede è, alla radice,esperienza «di Dio» e «secondo Dio», «dello

25 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio2010‐2020, Elle Di Ci, Leumann - Torino 2010, n. 36. 26 Ibidem, Presentazione. 27 «Una vera relazione educativa richiede l’armonia e la reciproca fecondazione tra sfera razionale e mondo af-fettivo, intelligenza e sensibilità, mente, cuore e spirito. La persona viene così orientata verso il senso globaledi se stessa e della realtà, nonché verso l’esperienza liberante della continua ricerca della verità, dell’adesioneal bene e della contemplazione della bellezza»: CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 13.28 A più riprese vengono richiamati i “trascendentali” dagli attuali Orientamenti pastorali come orizzonte dellatensione educativa: cfr. CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, nn. 8, 13, 29, 30 [manca il riferimento allasfera del “bello”], 49, 54. I Lineamenta registrano una netta prevalenza della sfera della verità (cfr. Presentazione,nn. 5, 62, 19, 206, 22) e del «vero» (cfr. 5, 12, 142, 15, 172, 19, 20) su quelle della bellezza (cfr. 13) e dellabontà (18, 20), del «bello» e del «buono» (cfr. n. 12). Cfr. la riflessione corale dell’Associazione Italiana Catecheti

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Spirito» e «secondo lo Spirito» (cfr. 2, 5, 6,8, 22), ma non per questo avulsa dalla sen-sibilità della persona umana29. Una cosa èla spiritualità, altra cosa lo spiritualismo. Percui la vita di fede è esperienza profonda-mente umana che tende a coinvolgere l’uo-mo in tutte le sue dimensioni e potenzialità,nello spazio e nel tempo, registrando acce-lerazioni e rallentamenti, momenti e condi-zioni di stasi e di sviluppo. Per dirla con Origene, è promozione in noistessi e negli altri del «senso generale per ildivino», scandito in «visione, ascolto, gusto,odorato, tatto»30. è apertura al mondo perchéapertura a quel Dio che lo ha creato, orien-tamento vitale verso quel Verbo, per mezzodi cui tutto è stato fatto (Gv 1,3), che si èreso visibile, udibile, tangibile perché la vitadel mondo potesse raggiungere la sua pie-nezza (cfr. 1Gv 1, 1‐4). Siamo consapevoli,oggi più di ieri, che l’intellectus fidei com-porta ed esige anche l’affectus fidei. AncheCristo, venendo nel mondo, ha detto «Ecco-mi, io vengo!» e ha vissuto la sua esistenzanel mondo e la missione affidatagli dal Padrein modo pienamente umano: «un corpo miha dato» (cfr. Eb 10,5‐7). Questa piena edefinitiva manifestazione, epifania di Dio,chiama in causa tutto l’uomo nella sua ca-pacità di adesione intellettiva, ma anche nellasua emotività e percezione sensitiva.

Infine, una terza indicazione sull’opportunitàdel tempo:

«Essendo il tempo, il bene più preziosoche ci sia dato, perché il meno recupera-bile, l’idea del tempo eventualmente per-duto provoca in noi una costante inquie-tudine. Perduto sarebbe il tempo in cuinon avessimo vissuto da uomini, nonavessimo fatto delle esperienze, non aves-simo imparato, operato, goduto, sofferto.Tempo perduto è tempo non pieno, il tem-po vuoto»31.

Oggi la mentalità corrente e lo stile di vitasembrano improntate al mero consumo delpresente, addensando tutt’al più in esso in-gredienti facoltativi di passato e futuro chepossono renderlo maggiormente appetibile.Il passato e il futuro assolvono ad una fun-zione contornuale e decorativa atta ad esal-tare ed enfatizzare l’occasione che man ma-no e in modo fuggevole si presenta e si con-suma. L’iniziazione cristiana e la mistagogia(cfr. n. 18), in particolare, anche dal sem-plice punto di vista educativo‐culturale, pos-sono dilatare il cuore e la mente del uomo,che si configura oggi come soggetto presen-tista, incompiuto, monco, mutilo, senza ledue ali del tempo, del passato e del futuro. Ogni cristiano e ogni comunità dei credentisono interpellati a testimoniare l’eredità della

presentata da: S. CURRò, Dalla comunità di pratica alla pratica del bello, in “Catechesi” 81 (2011/2012) 6,pp. 57‐65. 29 Cfr. H. U. von BALTHASAR, I sensi spirituali, in IDEM, Gloria. Una estetica teologica. Vol. 1. La percezionedella forma (1961), Jaca Book, Milano 1971. 1975, pp. 337‐392; I. BIFFI, I sensi dell’uomo spirituale, in “Teo-logia” 10 (1985) 3, pp. 251‐258; R. GUARDINI, La funzione della sensibilità nella conoscenza umana (1950;19582), in IDEM, Scritti filosofici,a cura di G. SOMMAVILLA, Fabbri, Milano 1964, vol. 2, pp. 141‐190; P. Sequeri,Sensibili allo Spirito. Umanesimo religioso e ordine degli affetti, Glossa, Milano 2001; inoltre lo studio di G.ZURRA, “I nostri sensi illumina”. Coscienza, affetti e intelligenza spirituale, Città Nuova, Roma 2009 e bibliografiariportata alle pp. 539‐558. 30 Cfr. le riflessioni di Romano GUARDINI, La prédication mistagogique, in “La Maison‐Dieu” (1984) 158, pp.138‐139 [pp. 137‐147] e il mio: «Lo sguardo nello sguardo». Particolari angolazioni filosofiche e pedagogichenella visione di Romano Guardini, in C. SIRNA (ed.), Tempo formativo e creatività. Scritti in onore di LeoneAgnello, Pensa Multimedia, Lecce 2007, tomo I, pp. 185‐203. 31 D. BONHOEFFER, Resistenza e resa, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1988, p. 59.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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incontri nazionali direttori ucd102

memoria e del “memoriale” e la prospettivadella speranza escatologica. Provocati dallacultura corrente, si è chiamati in questo tem-po a vivere la propria fede in Gesù Cristoche è lo stesso «ieri, oggi e sempre» (Eb13,8) e che in quanto “Signore del tempo”fa risuonare continuamente nel cuore delcredente e della Chiesa come il tempo siafatto per l’uomo e non l’uomo per il tempo(cfr. Mc 2,27).

ConClusione

Se la tematica assegnata è limitata ai Linea-menta e consegnata allo sviluppo successivodell’evento sinodale, con tutta onestà, a noiè bastato aver tratteggiato alcune questionie aver suscitato interrogativi, senza la mi-nima pretesa di fornire soluzioni. Se qualchespiraglio è stato intravisto e qualche varcosi è aperto, tutto di guadagnato. Deo gratias.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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CAPITOLO 3

CONVEGNI CATECHISTICIREGIONALI

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abruzzo-molise: Hotel Giardino - Fossacesia (CH), 13-14 aprile 2012

basiliCata: Casa di Spiritualità “S. Anna” - Matera, 21-22 aprile 2012

Calabria: Gambarie (RC), 15-17 giugno 2012

Campania: Centro “La Pace” - Benevento, 23-24 aprile 2012

emilia-romaGna: Bologna, 15-16 giugno 2012

lazio: Frascati (RM), 22-23 giugno 2012

liGuria: Seminario di Genova, 20-21 aprile 2012

lombardia: Santuario di Caravaggio (BG), 21 aprile 2012

marChe: Centro “Giovani Paolo II” - Loreto (AN), 22-24 giugno 2012

piemonte: Val d’Aosta: Centro “Maria Candida” - Armeno (NO), 29-31 agosto 2012

puGlia: Ostuni (BR), 22-24 giugno 2012

sardeGna: Cagliari, 22 aprile 2012

siCilia: Hotel S. Michele - Caltanissetta, 20-22 aprile 2012

tosCana: Centro comunitario - Casalguidi (PT), 27-28 aprile 2012

triveneto: Padova, 9 giugno 2012

umbria: Casa “Le Stuoie” - S. Maria degli Angeli, Assisi (PG), 29-30 settembre 2012

I luoghi

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

Carissimi Direttori e collaboratori degli UfficiCatechistici Diocesani della Liguria, è congioia che mi accingo a riflettere con voi al-l’inizio di questo Convegno Regionale chesi colloca nel quadro di una iniziativa pro-mossa, attraverso l’Ufficio Catechistico Na-zionale, dalla Segreteria Generale della Con-ferenza Episcopale Italiana. Lo faccio in lietospirito di servizio come Pastore e Padre delladiletta Chiesa genovese, mia famiglia spiri-tuale, dando anche voce ai vostri Eccellen-tissimi Vescovi delle Chiese che sono inLiguria.Questa iniziativa, che risponde al desiderioespresso dai Vescovi italiani negli Orienta-menti Pastorali del decennio in corso (n.54a) di compiere un’attenta verifica sullaqualità educativa della catechesi, si collocaprovvidenzialmente alla vigilia di un rinno-vato dono fatto dal Santo Padre BenedettoXVI all’intera Chiesa, quello dell’indizionedell’Anno della fede, che comincerà nel pros-simo ottobre, con il Sinodo dei Vescovi sullaNuova Evangelizzazione per la trasmissio-ne della fede cristiana, e si prolungherà finoa novembre 2013. Il Santo Padre stesso sipremura nella Lettera motu proprio “PortaFidei” di farci conoscere le ispirazioni chel’hanno guidato a questa scelta, mostrandocicome nell’attuale cultura secolarizzata nonsia più possibile pensare alla fede come «unpresupposto ovvio del vivere comune. In ef-

fetti, questo presupposto non solo non è piùtale, ma spesso viene perfino negato. Mentrenel passato era possibile riconoscere un tes-suto culturale unitario, largamente accoltonel suo richiamo ai contenuti della fede e aivalori da essa ispirati, oggi non sembra piùessere così in grandi settori della società, amotivo di una profonda crisi di fede che hatoccato molte persone». «Non possiamo ac-cettare – prosegue con slancio il Santo Pa-dre – che il sale diventi insipido e la luce siatenuta nascosta (cfr. Mt 5,13-16). Anchel’uomo di oggi può sentire di nuovo il biso-gno di recarsi come la samaritana al pozzoper ascoltare Gesù, che invita a credere inLui e ad attingere alla sua sorgente, zam-pillante di acqua viva (cfr. Gv 4,14). Dob-biamo ritrovare il gusto di nutrirci della Pa-rola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modofedele, e del Pane della vita, offerti a soste-gno di quanti sono suoi discepoli (cfr. Gv6,51)»1. Queste parole indicano un tripliceriferimento, quello della riscoperta del donodella fede, scaturito e corroborato dai sacra-menti dell’Iniziazione Cristiana, in vistadell’annuncio missionario. Nell’Anno dellafede, come sapete, si vorrà ricordare il gran-de evento del Concilio Vaticano II, nel suocinquantesimo anniversario, ed insieme ilventesimo anniversario della pubblicazionedel Catechismo della Chiesa cattolica. Siamoimmensamente grati al Papa per il fatto che

Arcidiocesi di Genova24 aprile 2012

Intervento del CardinaleAngelo Bagnasco

Arcivescovo di Genova

1 BENEDETTO XVI, Motu proprio Porta Fidei, 11 ottobre 2011, n. 2-3.

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ci chiama a riflettere sulla fede come donoe impegno. Abbiamo bisogno della fede! Inquesto tempo di Pasqua, risuona ancoral’eco del grido gioioso dei discepoli “SurrexitDominus vere – Il Signore è davvero risor-to!”: «Si tratta di compiere lo stesso itinerarioche Gesù fece fare ai due discepoli di Em-maus – ha detto il Santo Padre nella cate-chesi del mercoledì dopo Pasqua – cioè an-dare col Signore e lasciarci aprire gli occhial vero senso della Scrittura e alla sua pre-senza nello spezzare il pane. Il culmine diquesto cammino, allora come oggi, è la Co-munione eucaristica: nella Comunione Gesùci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue,per essere presente nella nostra vita, perrenderci nuovi, animati dalla potenza delloSpirito Santo»2.è nel contesto di questa fede nel Risorto,dunque, che desidero offrire alcune rifles-sioni per il vostro convegno ed ancor piùper il vostro impegno di animatori della ca-techesi. Lo farò proprio a partire da tre mo-menti della liturgia della Veglia Pasquale.

LUMEN CHRISTI – Cristo, luCe del mondoevanGelizzazione, attese dell’uomo Contemporaneo, bibbia-tradizione-maGistero

Abbiamo ancora tutti nel cuore il momentosolenne, carico di significato, nel quale ilCero pasquale fa il suo ingresso nella chiesabuia, spandendo la luce ed il calore di Cristo,mentre l’incensiere ne diffonde il profumo.La Chiesa mostra e proclama la sua fedenella vittoria di Cristo sul male e sulla morte,

ed i fedeli accorrono ad accendere le candelealla fiamma del Cero. Questa immagine ri-manda a ciò che la Chiesa è, segno e stru-mento della presenza di Cristo nel tempo:essa brilla della luce di Lui, la comunica ecustodisce, andando incontro ad ogni popoloe cultura, e affidando loro il suo tesoro piùgrande. La chiesa «esiste per evangelizzare»3 hascritto Papa Paolo VI nella Evangelii Nun-tiandi. In tante persone, in tanti incontriche ciascuno di noi vive, vediamo quantosia oggi diffusa, come e forse più che in altritempi, la ricerca di una parola vera, di sensoe di significato alle proprie giornate costellatedi fatiche e dolori, ma anche di gioie e dislanci. Il Santo Padre Benedetto XVI, descri-vendo la situazione odierna, ha osservatoche al di là di tanti slogan superficiali, «siricomincia anche a vedere nella Chiesa unapossibile interlocutrice, dalla quale, a questoriguardo, è possibile ricevere qualcosa (...)Cresce nuovamente la consapevolezza: laChiesa è una grande portatrice di esperienzaspirituale; è come un albero, nel quale pos-sono porre il loro nido gli uccelli, anche sepoi vogliono di nuovo volar via – ma è, ap-punto, il luogo dove ci si può posare per uncerto tempo»4. Queste esigenze richiedonoai Pastori, alle comunità cristiane, ai cate-chisti, ai fedeli tutti, un supplemento di com-prensione e di vicinanza: dove è possibile,un dialogo profondo. Si tratta certamente diistanze antropologiche che non solo vannoassunte e purificate alla luce del Vangelo,ma che vanno anche apprezzate come undono che ci interroga nella nostra più intimavicenda di credenti. Esse però ci richiamano,e con forza, ad una carità integrale, quella

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

2 BENEDETTO XVI, Udienza generale, 11.04.2012.3 PAOLO VI, Esort. ap. Evangelii Nuntiandi, n. 14.4 BENEDETTO XVI, Discorso ai Vescovi della Svizzera, 9 novembre 2006.

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carità capace di far brillare, alla luce del Van-gelo, la verità e il bene della persona: veritàe bene che vengono dalla rivelazione delPadre Creatore che nel suo Figlio Gesù Cristo,morto e risorto, ha vinto il peccato e ha ef-fuso lo Spirito per donarci il suo amore. La più elementare pedagogia, quella che sca-turisce dagli affetti più teneri, ci mostra comeil papà e la mamma non comunicano maial figlio i beni per la sua crescita senza undono di parola che li accompagna, e chepermette al bambino di riconoscerli – queibeni –, di chiederli, di conquistarli, non comeimpulso di natura, ma come espressione didignità e di maturazione. Capiamo bene, da quanto detto, che l’anal-fabetismo religioso che non di rado consta-tiamo accanto ad una ricerca autentica di vitae di interiorità, rischia di fiaccare ogni gene-roso slancio esponendolo alle intemperie dellasuperficialità, dell’istintualità per un verso, edel fanatismo e della superstizione dall’altro:le une e le altre vere minacce alla libertà dellapersona. Una visione integrale dell’educazio-ne, che considera l’uomo come portatore diuna domanda profonda di spiritualità e di in-finito, svela le insidie di un agire egocentrico,ripiegato su se stesso. Come ho scritto nellamia Lettera pastorale Camminare nelle viedello Spirito, di qualche anno fa, «In una cul-tura che esalta ed assolutizza l’aspetto fisico,la forma e l’immagine, l’uomo non riesce acostruire se stesso e a trovare la felicità, nonpuò formare una società veramente umana,né portare serenamente – insieme alle gioie– i pesi dell’ esistenza. La ricerca della di-mensione spirituale dice che l’uomo non puòfondarsi sulla sabbia, ma deve edificare se

stesso sulla solida roccia. E la roccia è l’ani-ma: educare l’anima non significa deprezzareo escludere nulla della persona, ma renderevero e duraturo tutto ciò che la riguarda. Eccola “vita spirituale”»5.Noi cristiani non siamo senza Parola e nonpossiamo essere senza parole. Anzituttodobbiamo avere coscienza che Gesù stessoè “la Parola”, fatta carne per opera delloSpirito Santo nel grembo di Maria Santissi-ma. Il Volto di Gesù, per la testimonianza dicoloro che Lui ha chiamato ed associato, gliApostoli ed i discepoli, ci viene narrato in-defettibilmente dai Vangeli. La sua vicendaumana, la sua missione, le promesse che haportato a compimento ci vengono senza er-rore comunicate dalle pagine dell’Antico edel Nuovo Testamento, letti, con una imma-gine cara a S. Agostino, sulle ginocchia dellamadre Chiesa. E vale qui ricordare che leScritture sono per tutti i fedeli, anche perchéesse li raggiungono tutti, soprattutto nellaLiturgia: «La Chiesa ha sempre venerato leDivine Scritture come ha fatto per il Corpostesso di Cristo, non mancando mai, soprat-tutto nella sacra Liturgia, di nutrirsi del Panedella vita dalla mensa sia della Parola di Dioche del Corpo di Cristo»6. è questo il motivoper il quale il Documento di Base Il rinno-vamento della Catechesi, parla della S. Scrit-tura come «anima e “libro” della catechesi»7.Ma perché possiamo accostare con verità efrutto le Sacre Scritture è necessario credereche esse «contengono la Parola di Dio e,perché ispirate, sono veramente Parola diDio»8. Gesù Risorto è presente nella sua Chiesa econtinua, proprio come ha fatto con i disce-

5 Card. A. BAGNASCO, Arcivescovo di Genova, Camminare nelle vie dello Spirito. Alle sorgenti della vita spirituale,Lettera pastorale 2009-2010, 2.6 CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, n. 21.7 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, 2 febbraio 1970, n. 105.8 CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, n. 24.

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poli di Emmaus, ad introdurci attraverso loSpirito nella sua Parola. Ecco perché la Bib-bia va sempre letta nella Chiesa e con laChiesa, in una ininterrotta Tradizione chetrova nel Magistero autentico un imprescin-dibile punto di riferimento: «L’ufficio di in-terpretare la Parola di Dio scritta o trasmessaè affidato al solo Magistero vivo della Chie-sa, la cui autorità è esercitata nel nome diGesù Cristo»9. La fede cristiana, che si lasciaveramente interrogare dalla vita, trova quila sfida a non accontentarsi di un vago sen-timento, ma desidera appropriarsi di una co-noscenza progressiva di tutte le verità dellafede cattolica, là dove conoscenza non si-gnifica solo un atto intellettuale, ma capacitàdi proferire con la mente e il cuore paroleche rendano ragione della propria fede, dellapropria speranza, della propria scelta di vi-vere secondo la carità di Gesù. Va qui ricor-dato l’utilizzo provvidenziale, specie da partedi chi anima la catechesi, del Catechismodella Chiesa Cattolica, autorevole e completasintesi dottrinale, insieme al Catechismo de-gli adulti La Verità vi farà liberi, definitodai competenti organismi della Santa Sede«strumento efficace per la nuova evangeliz-zazione»10, e degli altri strumenti catechisticidella CEI. Il Documento Base al n. 15 affer-ma che la Chiesa, nell’esercizio della suamissione profetica, deve lasciarsi guidaredalla pedagogia di Dio; pertanto i catechisti,oltre a presentare e spiegare il messaggiocristiano (traditio), devono preoccuparsiperché ciascuno possa riesprimere con lavita e la parola ciò che ha ricevuto (reddi-tio). Il cristiano, infatti, non può limitarsi acompiere le opere dell’amore, ma è chiamato

a dare ragione della fede, della sua verità edella sua plausibilità.

VIDI AQUAM EGREDIÉNTEM DE TEMPLO – eCCo l’aCQua Che sGorGa dal tempio dono e Compito di Corrispondenza Consapevole. fiduCia, CoraGGioe pazienza del seminatore

Questa antifona, suggerita dal Messale Ro-mano, si canta durante il secondo momentodella Veglia Pasquale che desidero con voiricordare. Il celebrante dopo la rinnovazionedelle promesse battesimali ed il conferimentodel Battesimo ai catecumeni, asperge l’as-semblea con l’acqua benedetta, a ricordo deldono della rinascita «dall’acqua e dallo Spi-rito Santo». Possiamo così richiamare due aspetti del-l’Iniziazione Cristiana tra loro strettamenteconnessi: c’è un dono di Dio che sgorgadalla vita della Chiesa e che feconda tuttala realtà, e c’è il cammino di crescita cheprepara a questo dono di grazia e gli corri-sponde.Siamo di fronte ad un passaggio importanteche richiede attenzione. Sappiamo che inpassato la catechesi parrocchiale si presen-tava come catechesi per la dottrina cri-stiana. In un tempo in cui il sentire comuneera ritmato e imbevuto di una mentalità cri-stiana, l’iniziazione alla vita di fede avve-niva quasi spontaneamente nel grembo ge-neratore della famiglia, del paese e della par-rocchia. In tale contesto, la catechesi si pre-sentava come una sistemazione ordinata di

9 CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, n. 10.10 Lettera al card. Camillo Ruini di approvazione del catechismo degli Adulti “La Verità vi farà liberi” del card.Josè Sanchez, Prefetto della Congregazione per il Clero, Vaticano 13 febbraio 1995 (n° 95000450). La Letterarimanda in allegato alla Lettera di approvazione del card. Josef Ratzinger, Prefetto della Congregazione per laDottrina della Fede, del 7 febbraio 1995.

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conoscenze atte a rendere sempre più co-scienti del dono di fede e di salvezza ricevutonel Battesimo e nella Confermazione e con-tinuamente rinnovato nell’Eucaristia.Il Concilio Vaticano II ha preso atto dellemutazioni derivanti da una secolarizzazionecrescente che stava cambiando la visionedella vita e il quadro valoriale di riferimento.Fu il 1968, con la rivoluzione culturale, chefece deflagrare quanto era in incubazione eche i Padri Conciliari avevano visto in an-ticipo. Nella coscienza ecclesiale emerse così,in modo più urgente e organico, il caratterekerigmatico della catechesi e della pastorale,con la sfida di una rinnovata capacità disintesi tra la fede e la vita: fede che era con-testata nei suoi fondamenti e vita che si sta-va sempre più frantumando in istanze an-tiche e nuove. La catechesi ha assunto intal modo la dimensione di catechesi per lavita cristiana, sottolineando l’acquisizionee la maturazione di una mentalità di fedeche sia capace di giudizio sulla vita concreta,sia personale che sociale. Una fede, infatti,che non rendesse il credente in grado di darevalutazioni coerenti circa le molteplici que-stioni della storia, rimarrebbe astratta, emo-tiva, sostanzialmente vuota e, alla fine, ir-rilevante. “In che cosa cambierebbe la miavita se non credessi in Cristo?”: dovrebbeessere questa una “domanda-faro” nel fareoggi catechesi. Mi sembra che oggi siamoad un nuovo passaggio di maturazione: dob-biamo pensare ad una catechesi per l’ini-ziazione Cristiana, una catechesi che aiuta(dovremmo più propriamente dire inizia) avivere e a comprendere l’esperienza cristianaattraverso la dimensione sacramentale (chenon è solo una “tappa” o un “passaggio”

durante il cammino), in un processo di cre-scita conoscitiva ed esistenziale del dono ri-cevuto. Non c’è contrapposizione tra Parolae Sacramento, tra dono di Dio e atto peda-gogico della comunità che progressivamenteintroduce al dono e alla sua sempre più pro-fonda comprensione. Il catecumenato (cosìcome suggerisce il Direttorio Generale dellaCatechesi al n. 90), con i suoi passaggi ele sue celebrazioni, ispira questo processo,soprattutto per la felice integrazione tra vita,insegnamento e celebrazione11. Gli Orienta-menti pastorali della CEI, Educare alla vitabuona del Vangelo, esprimono al n. 40 esat-tamente questa istanza: «Esperienza fonda-mentale dell’educazione alla vita di fede èl’iniziazione cristiana, che non è quindiuna delle tante attività della comunità cri-stiana, ma l’attività che qualifica l’esprimer-si proprio della Chiesa nel suo essere inviataa generare alla fede e realizzare se stessacome madre. Essa ha gradualmente assuntoun’ispirazione catecumenale, che conducele persone a una progressiva consapevolez-za della fede, mediante itinerari differenziatidi catechesi e di esperienza di vita cristiana.La celebrazione dei sacramenti dell’inizia-zione cristiana, seguita da un’adeguata mi-stagogia, rappresenta il compimento di que-sto cammino verso la piena maturità cri-stiana».La parabola del Seminatore ci aiuta e ci in-coraggia non poco a delineare questa di-mensione di catechesi rinnovata. Si tratta,come è risaputo, della parabola che i Van-geli hanno messo a fondamento della pre-dicazione di Gesù. Vorrei fermarmi su al-cune espressioni del Vangelo di Marco (4,1-20). Anzitutto leggiamo «il seminatore uscì

11 Una catechesi, quindi, non finalizzata ai sacramenti, ma alla vita cristiana che da essi scaturisce, conun’articolazione unitaria e a tappe successive e graduali, ciascuna con la propria originalità, fisionomia spiritualee con le proprie accentuazioni e segni. Cfr. UCN, Il catechismo per l’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e deiragazzi. Nota per l’accoglienza e l’utilizzazione del catechismo della CEI, 15 giugno 1991, n. 8/e.

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a seminare». Gesù qualifica la sua missio-ne, il suo «uscire» dal seno del Padre, edanche la nostra missione, come una con-tinua semina fatta con perizia e fiducia.Questa parabola non racconta una seminaandata a male, né presenta un seminatoredisattento. Essa propone l’immagine di unbuon raccolto, in un terreno buono che pro-duce fino al cento per uno. C’è uno sfondopositivo, entusiasmante, ricco di pienezza.Si tratta, come era ovvio per il tempo diGesù, di una semina a mano, fatta al mat-tino molto presto, quando la rugiada rendeancora molle il terreno. Per questo il con-tadino non vede dove il seme cade. Si se-minava ancor prima di arare. Ecco perchévi sono ancora nel campo le erbacce e qual-che sasso. Il seme veniva sparso con ungesto ampio del braccio e poi si passavacon l’aratro per ribaltare le zolle e far af-fondare il seme. Al centro del campo c’eraun sentiero in terra battuta, dove si cam-minava per la semina. Il seminatore cono-sce la sua terra, sa che è terra buona. Buo-no è anche il seme. Nondimeno l’atto dellasemina è sempre un atto di fiducia ed in-sieme di stupore. Fiducia perché, malgradoil buon seme e la buona terra, la stagionepotrebbe essere difficile; fiducia perché,malgrado ogni attenzione, lui sa che alcunisemi non attecchiranno. E c’è anche stu-pore nel veder rinnovarsi il germogliare del-la vita e la maturazione del frutto. Il testodella parabola sottolinea questi sentimenti.Il contadino va avanti, non si cura dei semiche cadono tra i rovi o tra i sassi. C’è neltesto una sfumatura che desidero eviden-ziare: parlando dei semi che cadono in ter-reni diversi si dice «una parte... una parte...una parte... altri...». I semi che cadono sulbuon terreno sono dunque molti di più diquelli che vanno persi. Gesù loda il semi-natore che semina con generosità senza

andare a scegliere i terreni, anche a costodi perdere un poco della semente. Ogni ter-reno ha bisogno di incontrare il seme buonodel Vangelo, incontrarlo con la sua libertà.Possiamo così passare a tre notazioni che ciaiutano a considerare con fede e speranzail nostro impegno nella catechesi. La primariguarda il fatto che il seme è buono. La pa-rola sostenuta dalla grazia sacramentale hain sé una forza, una potenza che salva.Nondimeno il Signore richiede il nostro brac-cio perché questa parola raggiunga il grandecampo del mondo. In secondo luogo è evi-dente che il seminatore non sceglie e forseneppure si accorge dei terreni inospitali. Luisa che il terreno è buono e con fiducia se-mina a piene mani già pensando al raccolto.C’è un atto di fede fondamentale che ci vienerichiesto in catechesi: guardare coloro cheincontriamo, bambini, giovani o adulti, comeli vede il Signore, degni del suo amore e ca-paci a loro volta di seminare. Infine dobbia-mo notare che la parabola, volutamente, ac-corcia i tempi fino al raccolto, in quanto itempi della fede sono più rapidi e già ci fan-no scorgere il dono futuro. Ma bisogna con-siderare anche la pazienza che dalla seminaporta, attraverso l’inverno, alla mietitura.Ogni vero atto educativo richiede questa pa-zienza, non si tratta di produrre qualcosa,si tratta di attendere che il seme caduto muo-ia e dia frutto.

IPSE ENIM VERUS EST AGNUS – È lui il vero aGnello

Il terzo momento della liturgia della VegliaPasquale che desidero richiamare è questastraordinaria espressione tratta dal Prefazio:all’inizio della grande preghiera eucaristicail Celebrante, a nome di tutto il popolo santo,glorifica Dio Padre e gli rende grazie per

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tutta l’opera della salvezza realizzatasi nellaPasqua del Cristo:

È lui il vero Agnello che ha tolto i peccatidal mondo,

è lui che morendo ha distrutto la mortee risorgendo ha ridato a noi la vita.

Questo embolismo ha la chiara forma di unannuncio kerigmatico, cioè di una formula-zione essenziale della fede pasquale. LaChiesa fa suo il grido di Giovanni Battistache all’inizio della vita pubblica di Gesù loaveva indicato ai discepoli: «Ecco l’agnellodi Dio, colui che toglie il peccato del mondo!»(Gv 1,29). Così la Liturgia ci mostra chia-ramente come la formulazione di fede siapiena e matura quando si presenta comeuna professione di fede, cioè una confessio-ne resa al mondo. Il Santo Padre BenedettoXVI così scrive in Porta Fidei «Desideriamoche questo Anno susciti in ogni credentel’aspirazione a confessare la fede in pienezzae con rinnovata convinzione, con fiducia esperanza. Sarà un’occasione propizia ancheper intensificare la celebrazione della fedenella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia,che è “il culmine verso cui tende l’azionedella Chiesa e insieme la fonte da cui pro-mana tutta la sua energia”. Nel contempo,auspichiamo che la testimonianza di vita deicredenti cresca nella sua credibilità. Risco-prire i contenuti della fede professata, cele-brata, vissuta e pregata, e riflettere sullostesso atto con cui si crede, è un impegnoche ogni credente deve fare proprio, soprat-tutto in questo Anno»12, consapevole che“La stessa professione della fede è un attopersonale ed insieme comunitario. è la Chie-sa, infatti, il primo soggetto della fede”. Ed

è chiaro che una fede professata (fides quae)non può mai essere disgiunta dall’atto di fe-de (fides qua), in una circolarità virtuosa.è “nel grembo vivo della Chiesa, che il cam-mino spirituale del credente – anche di coluiche si trova agli inizi – trova luce, sostegno,accompagnamento rispettoso ed efficace: laChiesa è madre e maestra. A lei il Signoreha affidato i Sacramenti della generazione edella vita; a lei ha affidato il tesoro delleScritture perché il mondo avesse la luce dellaverità: in lei due millenni di Cristianesimohanno costruito un tesoro incomparabile disantità e di martirio, di esperienza umana edi fede. Da questo tesoro ecclesiale ognunodeve attingere per il proprio cammino inte-riore e deve, come figlio, portare il suo con-tributo per il bene di tutti”.Indicare Gesù – vero Agnello, significa anchepreservare nell’autenticità la professione difede. è questa una delle principali incom-benze del Vescovo, Maestro della fede au-tentica. Se la catechesi è una responsabilitàche ricade sull’intera comunità cristiana, ilVescovo diocesano svolge tuttavia il ruoloessenziale di custodirla integra, di organiz-zarla e promuoverla in seno alla diocesi,tanto da essere qualificato dal Direttorio Ge-nerale della Catechesi il primo responsabiledella catechesi nella Chiesa particolare. è instrettissima unione con il Vescovo che ope-rano i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i dia-coni e i fedeli laici. In particolare mi soffer-merei sui Parroci ed i loro collaboratori sa-cerdoti. Mi sembra importante che il sacer-dote, che esercita un ministero di paternitànella comunità cristiana, sia sempre attentoad accompagnare i catechisti sia sotto il pro-filo più strettamente spirituale sia sotto quel-lo dottrinale e metodologico. Non si può de-legare la catechesi, semplicemente perché

12 BENEDETTO XVI, Motu proprio Porta Fidei, 11 ottobre 2011, n. 9.

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un servizio di paternità non si delega. Lapassione per la catechesi è passione per Cri-sto e nella iniziazione cristiana dei piccoli,ciò significa anche mettersi accanto alle fa-miglie, ai genitori, perché si sentano inter-pellati e animati nel loro dovere di educarecristianamente i figli, anche qui in una logicadi aiuto e di sostegno, mai di sostituzione.Questa vicinanza ai genitori non di radomette essi stessi nella felice situazione di ri-considerare il loro impegno di vita cristianaed anche il loro impegno di partecipazioneecclesiale.Non bisogna mai scoraggiarsi ed arrendersinel tentare di coinvolgere la famiglia nelpercorso superando così la “delega in bian-co” da parte di quei genitori assenti dal-l’educazione alla fede dei figli, e sostenendolinel caso prendano coscienza delle loro dif-ficoltà educative. L’obiettivo è far sì che lafamiglia abbia un ruolo attivo nel processodi trasmissione della fede, magari attraversomodalità differenti e consone alle possibilitàdi ognuno. Pur consapevoli della necessitàdi un coinvolgimento attivo e responsabiledella famiglia dei ragazzi, e che questo nondi rado li aiuta a riscoprire o a scoprire lapropria fede, non si può nascondere oggi lafragilità educativa della famiglia che non rie-sce ad impartire un’educazione cristiana econtinua a delegarla alla comunità. La passione per la catechesi ci obbliga an-che a ripensare insieme, nelle nostre comu-nità cristiane, alcuni «nodi» fondamentalidell’azione catechistica, secondo quel regi-stro inclusivo caro alla ispirata dinamica pe-dagogica che sottende al Documento di Basee agli strumenti catechistici italiani.In primo luogo dobbiamo pensare a tuttauna serie di mediazioni che permettano unareale comunicazione ai giovanissimi ed aigiovani del tesoro della fede. Essi devonopoter conoscerlo per poterlo amare e per po-

terlo fare brillare nei loro desideri, nei loropensieri e nelle loro vite. è proprio un’at-tenzione pedagogica verso i più piccoli, edanche verso le varie forme di disabilità, checi convince di una loro capacità di intuire,attraverso insondabili registri interiori, coseche noi adulti riteniamo difficili e che a volteaddirittura rinunciamo a spiegare convintiche non potranno comprenderle. In tal sensonon si deve vedere contrapposizione, adesempio, tra Vangelo e formulazioni dottri-nali, in quanto l’uno illumina ciò che le altrerendono percorribili con la mente, con il cuo-re e con la propria vita. Neppure si deve contrapporre conoscenzaed esperienza. Il vero problema sembra es-sere piuttosto la banalizzazione, spesso tuttaorizzontale, dei sentimenti, della sapienzadel vivere, della capacità di amare e donarsi.Il vero tarlo di una buona catechesi è quandoessa non comunica, non introduce e dunquenon inizia, pensando che sia sufficiente lospontaneo evolversi delle cose per incontrareil mistero di Dio e la sua verità. Dio, nellasua eterna sapienza, si è rivelato ed inter-pella la nostra libertà, cioè la nostra capacitàdi conoscere e rispondere al suo amore. Intal senso, mi sembra non vera la contrap-posizione tra catechesi come scuola e cate-chesi come situazione di vita. Non c’è verocammino, vero processo iniziatico, se nonmatura anche un pensiero che diventa vita.Nessuno nasce imparato. Il Beato papa Gio-vanni Paolo II, nella grande veglia con i gio-vani a Tor Vergata nel Giubileo del 2000,aveva espresso proprio questo concetto conuna immagine veramente ispirata, quella del«laboratorio della fede» che evoca l’espe-rienza insieme al domandare, riflettere, com-prendere e ricordare. Necessita favorire la formazione alla globa-lità della vita cristiana, tramite una seriaprogrammazione sistematica e organica che

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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progressivamente coinvolga fanciulli e ra-gazzi, famiglie e intera comunità, permet-tendo di appropriarsi attivamente del mes-saggio cristiano tutto intero. Si innesta un’altra questione che mi sta ve-ramente a cuore. Se è vero – ed è vero – cheil catechista deve coltivare nel ragazzo la fi-ducia, l’abbandono gioioso a Gesù che è connoi sempre, questa fiducia ha una fonte cheè la liturgia, ed in primis la Liturgia Eucari-stica. A questa il catechista deve educare iragazzi conducendoli al cuore delle cose, ri-fuggendo da ogni superflua esteriorità e lun-gaggine, per celebrare in modo sobrio, masentito, il mistero santo di Cristo che si offreal Padre per noi. Partecipare attivamente al-l’Eucaristia non consiste nel fare o inventaregesti o dire parole, ma nel tenere lo sguardofisso su Gesù e su ciò che ha fatto e continuaa fare per noi: il dono della vita, della suaParola e della sua Grazia. è Lui il grandeProtagonista che compie l’offerta di sé al Pa-dre per le mani del sacerdote. è dunque que-sta la vera “actuosa participatio”: affidarsi alPadre con Cristo, per Cristo e in Cristo. Ognu-no è invitato a prendere la sua vita e farladiventare quelle poche gocce d’acqua che simettono nel calice ed in esso si perdono perassimilarsi al sangue di Gesù. La domenicaè il giorno in cui tutta la comunità si ponein stato di iniziazione e assolve il suo compitodi iniziare le nuove generazioni. Sorge alloraspontanea una domanda: perché non pen-sare alla domenica, giorno dell’assemblea li-turgica, del riposo, dell’accoglienza nella ca-rità e dell’anticipazione festosa del Regno13,come giorno in cui incrociare la dimensionecatechistica e la partecipazione fruttuosa allaliturgia? Ed insieme valorizzare l’anno litur-gico come grande itinerario di catechesi?

è proprio tale dimensione domenicale dellavita comunitaria che potrebbe permettere disuperare un’altra aporia, quella che vedecontrapposti, e quasi concorrenziali nellaproposta pastorale, l’impegno catechisticoverso i piccoli e quello verso gli adulti. Ilproblema probabilmente non è quello di spo-stare l’obiettivo, ma di cogliere come, a cer-chi concentrici, bambini ed adulti sono cor-relati, e gli uni e gli altri vanni accompagnatispesso gli uni con gli altri. Non si tratta dispostare il baricentro, ma di allargarlo. Lascelta strategica sarebbe allora quella di con-centrarsi sulla pastorale degli adulti, per gliadulti e con gli adulti, evangelizzando i pic-coli e i grandi, facendo perno sui piccoli invista dei grandi e sui grandi coinvolgendolinell’edificazione di una comunità adulta ca-pace di essere al servizio dei piccoli.Dobbiamo far sentire ai catechisti quanto ègrande il servizio che essi svolgono verso iragazzi, anche quando questo fosse solo ri-chiesto in una prospettiva di tradizione so-ciale e religiosa. Dio è libero di rivelarsi achiunque e quando voglia. E qualunque cosaaccadrà in seguito nella storia dei ragazzi ecomunque saranno i loro percorsi di vita,anche nelle situazioni più difficili, porterannoin sé il gusto del pane della casa del Padre,sarà più facile discernere ciò che è da gioiavera da ciò che la nega.

ConClusione: “Collaboratori della Gioia”

Mi piace riferirmi, in conclusione, ad unversetto della seconda Lettera ai Corinzi:«Noi non intendiamo fare da padroni sullavostra fede; siamo invece i collaboratori del-

13 Cfr. UCN, Il catechismo per l’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Nota per l’accoglienza e l’uti-lizzazione del catechismo della CEI, 15 giugno 1991, n. 20.

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la vostra gioia, perché nella fede voi sietesaldi» (1,24). L’Apostolo, in un contestoabbastanza turbolento, richiama questoprincipio fondamentale del suo servizio allaverità. Credo che questo principio sia ancheuna bella definizione dei catechisti e dellacatechesi.La nostra gioia è Gesù. La salvezza che ciha donato, il suo amore, la sua presenza, ilsuo dono di grazia che si prolunga nel tempoattraverso la chiesa. Egli, nel momento su-premo del suo dono di vita, interrogato dagliApostoli sulla via per arrivare al Padre, hadetto «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv14,6). Questa triplice immagine che defini-sce l’essere (l’«io sono» di Dio!) del Figliodavanti al Padre ci aiuta a compendiare lanostra riflessione sulla catechesi dell’Inizia-zione Cristiana.Gesù è «la via», cioè il ponte tra Dio e l’uo-mo. La catechesi deve iniziare a questa espe-rienza cioè al riconoscimento, con l’atto difede (la «fides qua»), che solo in Lui noi tro-viamo la salvezza, cioè la piena realizzazio-ne della nostra umanità voluta e creata daDio per amore e chiamata alla pienezza dellavita divina. Gesù, fedele a Dio e all’uomo,per sempre.

Gesù è «la verità», cioè l’eterna parola diDio, che per sua grazia si rifrange nelle pa-role degli uomini che hanno accolto la suachiamata di amore, e che svela all’uomo ilvolto autentico dell’uomo, la sua dignità, ilsuo valore. Questa «verità» richiama l’as-senso della libera volontà dell’uomo che ac-coglie, comprende ed ama il Vangelo an-nunciato dagli Apostoli e dai loro successorifino ai confini del mondo. Vangelo come vi-ta, ma anche come sapienza che si riverberanel Simbolo della fede, ciò che crediamo (la«fides quae»).Gesù è «la vita», cioè vita di Grazia, cheprofessiamo nella fede e riceviamo nei sa-cramenti: il cristianesimo non è centrato suun atto volontaristico, ma si lascia ispiraredal Vangelo, di cui si sperimenta la logicanella propria vita. Cristo diventa così allostesso tempo il modello (exemplum) ed l’au-tore (sacramentum) di questa vita. Egli pre-cede qualsiasi nostra coerente traduzione delVangelo sul piano dell’esperienza storica edè la condizione per poter vivere all’altezzadi questa vocazione. La grazia dunque rin-nova l’uomo, ne fa una creatura nuova e larende capace di un modo nuovo di pensare,di agire, di vivere.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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L’iniziativa ha mostrato la vitalità dellacomunità catechistica italiana e la creati-vità di ciascun territorio nel ripensare e nelriproporre ciò che deve stare a cuore adogni cristiano: annunciare il Vangelo e ini-ziare alla fede le nuove generazioni. Cate-chesi degli adulti e pastorale battesimale.

Sono stati celebrati nel corso del 2012 i 16convegni catechistici regionali sollecitati, pro-grammati e sostenuti dall’Ufficio catechisticonazionale (cfr. Sett. 43/2011, p. 11) per unaverifica di questo decennio di sperimentazio-ne. è possibile tracciare un primo bilancio.Abbiamo perciò inoltrato alcune domande aldirettore dell’Ufficio, don Guido Benzi.

• don benzi, quali sono i risultati emersidai convegni regionali di catechesi chesi sono celebrati durante quest’anno?

Il primo risultato conseguito è stato quellodi un “bel respiro” di Chiesa. I convegni re-gionali, la cui preparazione è stata accura-tamente condivisa con i vescovi delegati ei direttori catechistici delle sedici regioni ec-clesiastiche, con la consulta nazionale del-l’UCN e la commissione nazionale dell’ini-ziazione cristiana, hanno mostrato la vitalitàdella comunità catechistica italiana e anchela creatività di ciascun territorio nel ripensaree nel riproporre ciò che deve stare a cuoread ogni cristiano: annunciare il Vangelo,educare, iniziare alla fede le nuove genera-zioni.

Un secondo risultato è stato verificare, at-traverso una riflessione diffusa e qualificata,il rinnovamento della catechesi dopo il lungodecennio delle sperimentazioni promosse daivescovi nell’assemblea CEI del 2003 e pre-disposte in molte diocesi. Tale verifica hadato risultati molteplici e vari in ogni terri-torio, ma ha mostrato come questa stagionedi creatività abbia permesso di ripensare al-cuni percorsi attraverso l’ispirazione catecu-menale, abbia messo in evidenza il prota-gonismo delle famiglie e degli stessi ragazzi,abbia posto al centro la celebrazione dome-nicale e maggiore attenzione all’anno litur-gico e, soprattutto, come si sia posto l’ac-cento sulla formazione cristiana degli adulti,vero “volano” della catechesi tutta intera.è stato infine riproposto con forza il temadella formazione di catechisti qualificati etestimoni della fede, accanto ai loro sacerdotie al loro vescovo, “primo” responsabile dellacatechesi in ogni chiesa locale. A tal propo-sito, è interessante come in molte regioni,con varie forme, sia nata l’esigenza di undialogo diretto tra i direttori degli UCD el’episcopato regionale. Per esempio, la Ca-labria ha svolto una verifica sul proprio cam-mino a quasi 10 anni dal convegno regio-nale “Come si diventa cristiani oggi in Ca-labria”; la Campania ha posto a tema la re-cezione della lettera dei vescovi campani del2005; il Triveneto (che ha suddiviso il con-vegno in tre sessioni, coinvolgendo in unadi esse molti parroci), ha approfondito ilcammino dal 2002, anno del documento dei

I convegni catechisticiun bel respiro di chiesaIntervista a Don Guido Benzi

Direttore UCN

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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vescovi locali sul rinnovamento dell’inizia-zione cristiana. Ancora, in Piemonte e Valled’Aosta la riflessione, condotta unitamenteall’ufficio regionale di pastorale familiare, hariguardato in particolare le proposte emerseda un convegno sulla catechesi da 0 a 6 an-ni. Campania, Toscana e Basilicata hannoavviato progetti regionali di catechesi. Il La-zio ha intrapreso una propria agenda pasto-rale regionale. La Liguria ha stabilito un per-corso con una griglia progettuale condivisatra tutte le diocesi. Nelle Marche è stato re-datto un contributo concreto in vista delprossimo convegno ecclesiale del 2013. LaSicilia sta ragionando su particolari itinerariformativi per i propri educatori-catechisti. Idirettori dell’Emilia-Romagna hanno incon-trato la Conferenza episcopale regionale.L’Umbria si è interrogata sul rapporto tracatechesi e pastorale giovanile1.

• Quali sono state le novità significativeapportate da questa proposta?

Più che di idee nuove parlerei di un rinno-vato desiderio progettuale al di là delle pro-blematiche, dei ritardi e delle stanchezze,che tutti conosciamo. Agli occhi di uno spe-cialista quanto è emerso dai convegni po-trebbe non apparire innovativo, nel sensoche molto è già scritto nei documenti pasto-rali di quest’ultimo decennio. Tuttavia, laverifica condotta dai convegni ha mostratocome quelle intuizioni sono entrate nellaprassi.Per il resto, credo che l’acquisizione più in-teressante, sia stata la diffusa sensibilità ver-so la formazione (catechesi) degli adulti,nonché la maturazione piena nella coscienza

catechistica della pastorale pre e post-batte-simale, cioè di come gli itinerari con le fa-miglie che attendono un bimbo, desideranoper lui il battesimo e lo accompagnano nellafede nei primi anni di vita, siano parte in-tegrante di un progetto di iniziazione cristia-na. Un conto è dirlo, un conto è verificarecome questa intuizione stia diventando pras-si diffusa nelle comunità parrocchiali, verapromessa di freschezza pastorale e di capa-cità di annuncio missionario.

• Quali sono stati i limiti di questo per-corso?

Più volte ci siamo interrogati, come équipedell’UCN e con i direttori regionali, se nonfosse necessario dare a questa verifica il va-lore di un’inchiesta statistica. In realtà, cisono varie rilevazioni, anche recenti, per cuici è parso che fosse più interessante non“costringere” in uno schema preformato letante diversità di prassi e anche di sensibilitàdei territori. Abbiamo curato un Vademecumcon una griglia di domande che ogni regioneha adattato alla sua peculiarità. Ne è uscitauna fotografia reale, ma certamente non uni-forme per simultaneità di dati e di campio-natura. Questo può apparire certamente an-che un limite.Altro fattore è la diversità e la possibilità dianimazione che si riscontra nelle differentiregioni. Già il fatto che siano stati possibilitutti e sedici i convegni regionali è stato unrisultato importante. Per alcune regioni èstato sancire il risultato di un cammino, peraltre l’inizio di un percorso.Un altro limite è insito nella capacità o menodei singoli uffici diocesani di coinvolgersi in

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

1 Settimana ha dato conto dei convegni regionali di Triveneto (n. 9, p. 9), Abruzzo e Molise (n. 18, p. 13),Lombardia (n. 19, p. 13), Emilia-Romagna (n. 25, p. 3), Piemonte-Valle d’Aosta (n. 33, p. 6), Umbria (n.37, p. 4).

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un cammino comune. Il valore del confrontodi esperienze e di dialogo non deve esseredato per scontato. L’unità e la condivisionedei cammini va sempre chiesta come donodello Spirito, per questo ci si deve impegnarea fondo. I direttori regionali – quasi tuttisono anche direttori nelle loro rispettive dio-cesi e magari hanno chissà quanti altri im-pegni pastorali (alcuni sono, ad esempio,parroci) – si sono impegnati con una gene-rosità straordinaria. Come UCN abbiamo vi-sitato nei mesi dello scorso inverno tutte lesedici delegazioni regionali in loco, incon-trando i singoli direttori diocesani. L’ACRnazionale ha promosso capillarmente l’ini-ziativa dei convegni e anche l’Agesci e altrimovimenti ecclesiali sono stati molto attentie presenti. Le case editrici cattoliche hannoofferto non solo la loro riflessione ma anchela loro presenza ai convegni regionali.

• da questi 16 convegni è possibile trar-re una sintesi articolata?

Posto che il materiale ricevuto dai sediciconvegni è molto ponderoso, credo che al-cune linee di sintesi si siano già evidenziate.Anzitutto l’idea che la catechesi non è que-stione solo di gruppi ispirati e di punte avan-zate. Pur essendo necessari sempre lo sti-molo e l’idealità, segnata dallo Spirito, di chiincomincia, la realtà della catechesi è cam-mino ecclesiale di popolo, si nutre di condi-visione paziente, di una trama sottile, deli-cata: pastori, laici impegnati, soprattuttodonne, famiglie, bambini, ragazzi, giovani,religiosi e religiose che tessono una rete fattadi relazioni educative continue e quotidiane,apparentemente ordinarie. La catechesi è uncammino, un processo di continua incarna-zione della verità di Dio, della sua salvezzain Gesù Cristo, nelle pieghe educative del-l’agire ecclesiale.

In secondo luogo, l’importanza del rapportotra catechesi, liturgia e carità, che non con-traddice, ma anzi rafforza una pastorale at-tenta agli ambiti di vita delle persone, cosìcome ci è stato suggerito dal convegno diVerona. In tal senso, è stata molto bella,nell’incontro dei direttori degli uffici cate-chistici ad Abano Terme (4-5 ottobre), latestimonianza della responsabile nazionaledel settore della catechesi alle persone di-sabili, sr. Veronica Donatello, che ha postoin evidenza come la presenza dei disabilinei percorsi di catechesi non sia solo un do-veroso dono della comunità a queste per-sone, ma anche una testimonianza di fedeche i disabili stessi e le loro famiglie, proprioper ciò che sono e che vivono, donano allacomunità.In terzo luogo, una uguale attenzione percoloro che desiderano e chiedono camminiper un risveglio della propria adesione di fe-de e per quegli adulti già “implicati” nellacomunità cristiana, cioè quelle persone chesono in qualche modo “dentro” le nostrerealtà pastorali e che desiderano trovareoccasioni di crescita e di approfondimento.Infine, la possibilità di rivisitare con un’at-tenzione qualificante, quel carattere popolareche contraddistingue ancora la catechesi intante parrocchie del nostro paese.

• l’ufficio catechistico nazionale comeintende procedere, con quale metodolo-gia di lavoro?

Abbiamo di fronte due impegni assai gravosima molto belli. è intenzione della Commis-sione episcopale per la dottrina della fede,l’annuncio e la catechesi (CEDAC) di redi-gere un testo di Orientamenti per la cate-chesi che, sempre a partire dal DocumentoBase, possano suggerire alcuni criteri comu-ni di rinnovamento. L’Ufficio si è proposto,

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anche sull’onda della felice esperienza deiconvegni regionali, di indire una consulta-zione nelle regioni, tramite una “griglia” diargomenti, discussa in consulta e approvatadai vescovi. L’idea è quella di ripetere quantofu fatto a suo tempo per il Documento Base.Ovviamente oggi i mezzi di comunicazionepiù celeri, e la stessa riflessione svolta neiconvegni regionali, abbreviano di molto itempi. Tale consultazione dovrebbe conclu-dersi a metà gennaio 2013 con un seminarionazionale indetto dalla CEDAC, per poi av-viare la fase di stesura di questi Orienta-menti. Insomma, si riparte dalle regioni edalle diocesi!Contemporaneamente a questo lavoro, sti-molati anche da una richiesta dell’Ufficionazionale per la pastorale familiare, abbiamoavviato un cammino che ci porterà il 19-23giugno 2013 ad un convegno nazionalecongiunto dei due uffici sulla pastorale delle“prime età” (attesa del figlio, nascita o ado-zione, battesimo, accompagnamento e cre-scita). Si tratta di un fronte di lavoro pasto-rale prepotentemente emerso in molte re-gioni sul quale si registrano già molte espe-rienze diocesane. Sarà un convegno di ri-flessione ma anche di orientamenti pratici.

• alla luce di questi convegni, quali so-no le sfide che attendono la catechesioggi in italia?

Tenendo ferma la priorità della formazionecristiana degli adulti, credo che si possanodelineare quattro sfide.La prima ci è autorevolmente indicata dalpapa nella lettera di indizione dell’anno dellafede: «Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrircidella Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesain modo fedele, e del Pane della vita, offertia sostegno di quanti sono suoi discepoli»(Porta fidei, n. 3).

La seconda sfida è quella di mostrare nelleiniziative catechistiche come la fedeltà aicontenuti della fede e la loro bellezza si in-tersecano con l’esperienza e la testimonian-za concreta. Si legge in Porta Fidei: «Solocredendo, la fede cresce e si rafforza; nonc’è altra possibilità per possedere certezzasulla propria vita se non abbandonarsi, inun crescendo continuo, nelle mani di unamore che si sperimenta sempre più grandeperché ha la sua origine in Dio» (n. 7).La terza sfida riguarda la dimensione eccle-siale della fede, cioè far avvertire nelle attivitàordinarie come in quelle straordinarie – adesempio, un pellegrinaggio, un’occasione dipreghiera più intensa, una celebrazione litur-gica in occasione di una festa o di un lutto,un’espressione di devozione popolare – chela fede non è qualcosa da vivere in modo so-litario e intimista. Ancora una volta possiamoriferirci al testo del papa: «Il cristiano nonpuò mai pensare che credere sia un fatto pri-vato... La fede, proprio perché è atto della li-bertà, esige anche la responsabilità sociale diciò che si crede» (Porta fidei, n. 10).Infine, sentire che il bene più prezioso cheogni comunità possiede è la fede dei proprifigli, una fede che va continuamente nutritae che va trasmessa alle nuove generazioni,perché la vita cristiana è una vita totalmentee pienamente umana.A queste quattro sfide aggiungerei una notasquisitamente pedagogica che, con gli orien-tamenti pastorali dei vescovi Educare allavita buona del Vangelo, prendo dal pensierodi Don Bosco: educare è «cosa del cuore».Siamo continuamente sfidati a cercare di co-noscere il cuore di coloro che incontriamo,e questo ci impone una proposta ampia, for-te, saggia, esperta e generosa, come il brac-cio di quel seminatore che in ogni tempoesce per spargere il seme del Vangelo.

a cura di Mauro Pizzighini

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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convegni catechistici regionali120

piCCole patrie

Barcellona, capitale della Catalogna (Spagna), è stata attraversata l’11 settembre dauna marea di un milione e mezzo di persone che hanno reclamato l’indipendenza dellaregione dallo stato spagnolo. Fremiti nazionalisti attraversano alcune aree dell’Europain una paradossale compresenza di tensioni contrapposte. Mentre procede, seppure afatica, la logica di un comune riconoscimento europeo, emergono anche le «piccolepatrie» che sembravano appartenere al passato. I vescovi spagnoli, in una dichiarazionedel 3 ottobre, hanno messo in guardia da spinte separazioniste emotivamente forti enon sufficientemente motivate: quali sono le ragioni per affossare le molteplici relazionifra territori e culture? Perché rinunciare a cittadinanza e diritti in nome di particolarisminon adeguatamente motivati? Le tendenze corporative e separatiste si alimentanodalla solidarietà o dall’egoismo? Convivenza, bene comune, diritti propri, possono in-tegrarsi «in una unità storica e culturale che chiamiamo Spagna».

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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Vi sono ancora molte altre cose compiute daGesù che, se fossero scritte una per una,penso che il mondo stesso non basterebbea contenere i libri che si dovrebbero scrivere» (Gv 21,25). Prendiamo in prestito questepa role dell’evangelista Giovanni con il do-vuto rispetto, sia ri guardo al contenuto siaall’autore, per motivare questa re lazione che,pur nel tentativo di completezza, non potràessere un resoconto esaustivo su quanto èstato vissuto in questi mesi nelle sedi regio-nali. I convegni, infatti, sono stati un eventodi grazia che ha superato di molto le attesedell’Ufficio catechistico nazionale (UCN) edella sua Con sulta, per contenuti trattati,

La Chiesa italiana è oggi consapevole del suo «stato di evangelizzazione», e la ca-techesi cerca di essere «al passo con i tempi»; occorre che i catechisti e i par rociaccettino il cambio di prospettiva, ma anche che i pastori rispondano alla domandadiffusa di convergenze e orien tamenti. è questo, in estrema sintesi, lo «stato di salute»della catechesi italia na, così come si è delineato durante i Convegni catechistici regionalicele brati nel corso del 2012 (cfr. Regno-att. 6,2012,161ss) e come risulta da un’am-pia ed esaustiva relazione di sintesi presentata da don Carmelo Sciuto (Uf ficio cate-chistico nazionale) e da don Sal vatore Soreca (Ufficio catechistico dio cesano di Bene-vento) al recente Incon tro nazionale dei direttori degli uffici ca techistici diocesani(Abano Terme, 4 5.10.2012; Regno-att. 18,2012,590ss). Dalle regioni è emersa anchel’indica zione alla catechesi italiana di quattro principali «piste percorribili» per at tuarequesto secondo rinnovamento: l’accompagnamento delle famiglie nell’educazione cri-stiana dei figli; la ri scoperta della pastorale battesimale e delle prime età; la riscopertadella do menica come «giorno dell’iniziazione»; la necessità di formazione.

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persone coinvolte, risultati rag giunti e pro-spettive aperte. Uno studio più approfondito potrà di sicuroessere compiuto nei prossimi mesi. Intanto,attraverso questo in tervento intendiamo:raccontare il percorso compiuto in questoanno; rendere conto di quanto siamo venutia co noscenza, tramite i direttori regionali,rispetto alla verifica compiuta; delinearequello che, a nostro avviso, è lo «stato disalute» della catechesi italiana così comeemerge dalla prassi. Lo faremo da due os-servatori privilegiati: quello dell’UCN, cheha promosso e coordinato i convegni; e quel-lo di un direttore diocesano, che ha vissuto

Un quadro della catechesiin Italia

Don Carmelo Sciuto, Aiutante di studio dell’UCNDon Salvatore Soreca, Direttore Ufficio catechistico diocesano di Benevento

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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la prepa razione, la celebrazione e la verificadi uno dei sedici con vegni regionali.

1. le motivazioni

1.1 educare alla vita buona del vange-lo: la catechesi, l’iniziazione cristia-na e la richiesta di una verifica delsuo «stato di salute»

Gli Orientamenti pastorali per il decennio,Educare alla vita buona del Vangelo, al n.39 affermano che la ca techesi è il «primoatto educativo della Chiesa nell’am bito dellasua missione evangelizzatrice»1, riprenden-do, così, tutta la riflessione sull’evangeliz-zazione e, in parti colare, l’autorevole indi-cazione del Direttorio generale per la cate-chesi, il quale ricolloca la catechesi nell’am-pia cor nice dell’evangelizzazione, distin-guendo tre tipi di cate chesi: il primo annun-cio, che mira alla conversione e alla fede, eil catecumenato; la catechesi dell’iniziazionecri stiana dei battezzati, che mira a una fedeviva e a una de cisa scelta del Vangelo; lacatechesi permanente delle per sone e dellecomunità, che approfondisce la fede ricevutae abilita a vivere cristianamente2.L’iniziazione cristiana è poi definita dagliOrienta menti pastorali: «L’esperienza fon-damentale dell’edu cazione alla vita di fede»,non una delle attività della co munità cristia-na, ma quella che meglio qualifica l’espri-mersi proprio della Chiesa nel suo essere in-viata a generare alla fede e realizzare sestessa come madre. Al n. 54a, recuperandoil percorso di riflessione e di speri mentazione

sull’iniziazione cristiana dell’ultimo decen -nio, si afferma che è necessario «confrontarele espe rienze di iniziazione cristiana di bam-bini e adulti nelle Chiese locali, al fine dipromuovere: la responsabilità pri maria dellacomunità cristiana, le forme del primo an -nuncio, gli itinerari di preparazione al bat-tesimo e la conseguente mistagogia per ifanciulli, i ragazzi e i gio vani, il coinvolgi-mento della famiglia, la centralità del giornodel Signore e dell’eucaristia, l’attenzione alleper sone disabili, la catechesi degli adultiquale impegno di formazione permanente». Questi dati sembrano almeno teoricamenteacquisiti dalla prassi pastorale, ma – conti-nuano i vescovi – oc corre «discernere, va-lutare e promuovere una serie di cri teri chedalle sperimentazioni in atto possano deli-neare il processo di rinnovamento della ca-techesi, soprattutto nell’ambito dell’inizia-zione cristiana».

2.1 discernere, valutare e promuovere:i Convegni catechistici regionali,uno strumento utile

Dagli Orientamenti pastorali emerge unachiara do manda di verifica e di confrontosulla dimensione dell’impegno educativodelle nostre Chiese e in particolare sul rin-novamento dell’iniziazione cristiana, attra-verso tre parole chiave: discernere,valutaree promuovere. La ri flessione in Consulta siè mossa proprio in questo senso, avvertendola responsabilità della verifica, cosciente chela direzione di un cammino è data anche dalvaglio serio del percorso già vissuto in vistadi un nuovo orienta mento.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 EPISCOPATO ITALIANO, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020,4.10.2010, n. 39; ECEI 8/3837; cfr. U. MONTISCI, «La catechesi negli orientamenti pa storali Educare alla vitabuona del Vangelo», in Itinerarium 19(2011) 48, 43-60. 2 Cfr. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio generale per la ca techesi, 15.8.1997, n. 49; EV 16/796; J. GEVAERT,Studiare catechetica, ed. interamente rinnovata a cura di U. MONTISCI, LAS, Roma 2009, 11-12.

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Lo sforzo di rinnovamento dell’iniziazionecristiana – recepito e promosso dalle tre Notedel Consiglio episco pale permanente e testi-moniato dal diffondersi delle spe -rimentazioni a livello regionale, diocesanoe parrocchiale che ha caratterizzato l’ultimodecennio – ha posto l’ac cento in modo espli-cito sulla comunità cristiana che vive in unterritorio, in quanto il «primo» responsabiledella catechesi è il vescovo all’interno dellacomunità di cui è pastore. La dimensioneregionale ha offerto il contesto – al tempostesso omogeneo e diversificato – in cui levarie esperienze di iniziazione cristiana sisono potute con frontare in modo arricchentee operativo a beneficio di tutte le Chiese chesono in Italia. Per questo i convegni re-gionali sono sembrati uno strumento utileper operare questa reale verifica e questo-confronto tra gli operatori pastorali «del» e«sul» territorio. L’ideazione dei convegni è poi coincisa conla rifles sione sugli attuali «nodi» della cate-chesi già messa a tema dalla Commissioneepiscopale per la dottrina della fede, l’an-nuncio e la catechesi, in vista della «stesuradi nuovi orientamenti che, riaffermando ilvalore del documento di base, Il rinnova-mento della catechesi (1970), indichino lescelte pastorali delle Chiese in Italia per svol-gere la loro missione evangelizzatrice»3.Infine, anche la felice e provvidenziale con-vergenza con l’Anno della fede, indetto dapapa Benedetto XVI, e la riflessione del Si-nodo dei vescovi sulla nuova evange -lizzazione, hanno reso l’iniziativa un’attivitàpreparatoria di monitoraggio per giungere a

questi eventi «consape voli di quanto, graziea Dio, già si opera nelle nostre co munità, edi quanto dobbiamo ancora progredire»4.In particolare, ci preme sottolineare che larilettura di quanto è pervenuto dalle regioniin larga parte sembra coincidere con quantoè riportato nell’Instrumentum la boris del Si-nodo, rielaborazione sintetica delle risposteai Lineamenta inviate dai sinodi dei vescovidelle Chiese orientali cattoliche sui iuris, dal-le conferenze episcopali, dai dicasteri dellacuria romana e dall’Unione dei supe riori ge-nerali, da altre istituzioni, da comunità e dafedeli che hanno voluto partecipare alla ri-flessione sull’argo mento5.

3.1 un convegno «diffuso» in 16 regioni

L’idea iniziale dei convegni è sorta al direttoredon Guido Benzi nel corso della riunionedell’équipe dell’UCN a seguito del Convegnonazionale di Bologna (giugno 2010). Condi -visa con la Consulta, la proposta è stata ap-provata dal se gretario generale della CEImons. Crociata e valutata positivamente dal-la Commissione episcopale per la dot trinadella fede, l’annuncio e la catechesi. Sin dal-l’inizio i convegni sono stati concepiti comeun unico convegno «diffuso» nelle 16 regioniecclesiastiche: dunque unitario negli obiettivi,ma modulato secondo le esigenze di cia scunterritorio. Lo stesso motto: «“Come pietre vi-ve”. Rinnovare l’iniziazione cristiana nellenostre Chiese» ha ben espresso questa realtà.Il richiamo alla citazione di 1Pt 2,4-5 indicacome le Chiese siano state invitate e in viatea verificare il proprio servizio catechistico

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

3 Cfr. CEI-CONSIGLIO PERMANENTE (Roma, 24-27.9.2012), Co municato finale, in www.chiesacattolica.it; Regno-doc. 17,2012,552. 4 G. BENZI, «La stagione dell’annuncio. Il cammino dei Convegni catechistici regionali nel 2012», in Regno-att.6,2012,162. 5 Cfr. XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI (2012), Instrumentum laboris, n. 108 (d’orain poi: Instrumen tum laboris); Regno-doc. 13,2012,407.

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nella fe deltà a Cristo, per poter favorire l’in-contro tra Dio e gli uomini nel nostro tempo6. In questo senso in otto regioni il tema èstato rifor mulato con l’aggiunta di un sot-totitolo che manifesta la sua declinazionelocale. In Abruzzo-Molise, ad esempio, ci siè interrogati «...alla luce della nuova evan-gelizza zione»7, mentre in altre due regionisi è prestato atten zione al rapporto tra ini-ziazione cristiana e formazione degli adulti8

e in Umbria al servizio dei catechisti allaluce del testo giovanneo,«vi ho detto questecose perché la mia gioia sia in voi e la vostragioia sia piena». Molte re gioni, infine, hannoavvertito il bisogno di evidenziare la sotto-lineatura delle Chiese regionali per incarnareil tema nel territorio9.

4.1 Gli obiettivi nazionali dei convegni Gli obiettivi nazionali dei convegni eranosei: verifi care lo status della catechesi nellesingole regioni; pro muovere la formazionecristiana degli adulti; monitorare il rinnova-mento dell’iniziazione cristiana e la presenzadelle sperimentazioni in atto nelle singole

realtà dioce sane; individuare e promuoverecriteri condivisi di rinnovamento; promuo-vere i tre settori dell’UCN (catecume nato,apostolato biblico e disabilità); fare «il pun-to», in ordine alla catechesi, sulla formazionedei catechisti (a li vello parrocchiale, dioce-sano, regionale, nazionale) e sulle forme dicoinvolgimento degli altri ambiti pastorali(pa storale integrata).

5.1 alcuni obiettivi regionali Nella fase della progettazione regionale sonoemerse anche esigenze locali che si sonogradualmente trasfor mate in obiettivi con-creti, alcuni riassunti nel sottotitolo aggiun-to a quello nazionale. Così tre regioni hannoveri ficato il percorso iniziato all’inizio delmillennio: la Cala bria, che ha rivisto il suopercorso regionale a quasi dieci anni dalconvegno «Come si diventa cristiani oggi inCa labria. Primo annuncio e iniziazione cri-stiana» (2003)10; la Campania che si è chie-sta: «Quale futuro in Campa nia?», verifi-cando la recezione nelle singole diocesi dellaLettera dei vescovi campani alle comunità.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

6 Il logo, che simboleggia insieme lo slancio missionario e l’impe gno catechistico, è «una delle primissime raf-figurazioni scultoree ita liane: il Mese di giugno di Benedetto Antelami (ca. 1150-1230), tratta dal Battistero diParma. Un giovane contadino afferra con la destra un fascio di spighe che si appresta a tagliare con un falcetto.La colloca zione di questa “pietra” in un battistero e la presenza delle spighe ri mandano al catecumenato e aisacramenti dell’iniziazione cristiana. Il movimento della mietitura rimanda con un senso di speranza alla fa ticadella semina e alla paziente attesa dei frutti che ogni opera di evan gelizzazione richiede» (BENZI, «La stagionedell’annuncio»; Regno-att. 6,2012,161). 7 Cfr. L. RUGOLOTTO, «Rinnovare l’iniziazione nelle nostre Chie se», in Settimana n. 18, 6.5.2012, 13. 8 In Calabria si è riflettuto sul «Rapporto tra iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi e gli adulti. Famigliae comunità»; mentre in Lombardia su: «Iniziazione cristiana dei ragazzi e rievangelizzazione degli adulti». Cfr.B. PADOVANI, S. POZZOLI, «Per l’IC i genitori vanno sempre coinvolti», in Settimana n. 19, 13.5.2012, 13. 9 è il caso, ad esempio, della Puglia con «Rinnovare l’iniziazione cristiana nelle Chiese di Puglia». 10 Il convegno «Come si diventa cristiani oggi in Calabria. Primo annuncio e iniziazione cristiana» si era svoltodall’1 al 4 luglio 2003 a Campora San Giovanni e aveva coinvolto, oltre all’Ufficio catechistico, anche quelloliturgico e la Caritas regionale. Gli atti sono pubblicati in UFFICIO CATECHISTICO REGIONALE CALABRIA (in collaborazionecon l’Ufficio liturgico regionale e la Caritas), Come si diventa cristiani, oggi, in Calabria. Primo annunzio – Ini-ziazione cristiana. Atti del Conve gno regionale, Campora S. Giovanni 1-4.7.2003, Ufficio catechistico regionale,Reggio Calabria 2004. 11 La lettera dell’Episcopato è stata preceduta da un Convegno ecclesiale regionale sull’iniziazione cristiana aPompei (2003): CONFE RENZA EPISCOPALE CAMPANA, L’iniziazione cristiana in Campania. Si tuazioni e prospettive.

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Iniziare alla vita cristiana nelle nostre co-munità del 2005 e cercando di aprire oriz-zonti per il futuro11; il Triveneto, che ha ti-tolato il proprio convenire «Rinnovare l’ini-ziazione cristiana nelle chiese del Nord-est.Passi compiuti, prospettive in tuite», ricor-dando e verificando il proprio percorso pro -fetico culminato con la pubblicazione deldocumento della Conferenza episcopale persostenere il rinnova mento nelle diocesi, Ini-ziazione cristiana: un invito alla speranza(2002)12 e le varie sperimentazioni avviateso prattutto nel campo della catechesi fami-liare,in quello dell’ispirazione catecumenaleo, come a Verona, del me todo a quattrotempi. In Piemonte-Val d’Aosta, a fine agosto2012, invece si è inteso sensibilizzare tuttele Chiese locali alla pastorale dell’arco di vita0-6 anni, titolando il proprio convegno «Ini-ziazione cristiana dei bambini 0-6 anni, ruo-lo della famiglia e responsabilità della co-munità cristiana». Più sinteticamente: Cam-pania, Toscana e Basilicata hanno avviatoun progetto regionale di catechesi; il Lazio,un’agenda pastorale regionale; la Liguria haintrapreso il percorso per preparare una gri-glia operativa condivisa; nelle Marche è sta-to redatto un contributo concreto al loroprossimo Convegno ecclesiale (2013) e laSicilia ha auspicato la realizzazione di itine-rari formativi per gli educatori-catechistidell’isola.

2. il Cammino Compiuto

2.1 la preparazione: il Vademecum, lagriglia di verifica, l’inchiesta dioce-sana/regionale, l’incontro nazionale

La preparazione ai convegni è iniziata nel-l’estate 2011, con un incontro dei direttoriregionali, durante il quale è stato discussoil Vademecum in preparazione ai con vegni,diviso in tre sezioni: «Verso i convegni re-gionali 2012»; «La celebrazione dei conve-gni regionali 2012»; «La sintesi e le pro-spettive»13.Nella prima sezione era riportata un’utile gri-glia di la voro per la verifica regionale divisain tre parti. Nella prima, riguardante il quadrogenerale, erano comprese la riflessione e ledomande su: una catechesi evangelizzante;una catechesi che educa la «mentalità di fe-de»; la forma zione permanente dei cristiani;l’iniziazione cristiana come processo. Nellaseconda parte, la riflessione e le do mandesualcuni aspetti specifici del rinnovamentodell’iniziazione cristiana: l’ispi razione cate-cumenale; il primo annuncio; gli itinerari pree post battesimali; la mi stagogia. Infine, nellaterza parte la riflessione e le do mande sullaprogettazione pastorale: la pastorale inte-grata e le alleanze educative; la partecipa-zione alla vita della comunità. In tutte le regioni si è subito attivato un in-tenso la voro di riflessione e di conoscenza

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

Atti del Convegno ecclesiale regionale di Pompei, 21-22.2.2003, Tip. D’Alessandro, Napoli 2003; ID., Letteradei Vescovi campani alle comunità. Iniziare alla vita cristiana nelle nostre comu nità, Tip. D’Alessandro, Napoli2005. 12 Il documento è frutto della «due giorni» di riflessione che si è svolta a Cavallino il 7-8 gennaio 2002. Cfr.VESCOVI DEL TRIVENETO, Iniziazione cristiana: un invito alla speranza, in UFFICI CATECHISTICI DEL NORD-EST, Iniziazionecristiana: un invito alla speranza, Centro grafico della diocesi di Padova, Padova 2002, 5-15. 13 Nella prima parte erano descritte le ragioni della scelta, la fi sionomia e gli obiettivi dei convegni, ed era riportatauna Griglia di la voro per la verifica regionale redatta secondo gli Orientamenti pastorali 2010-2020; nellaseconda parte era descritta la scansione del percorso ed erano forniti dei consigli operativi; nella terza, infine,si delineava la scansione successiva ai convegni. Cfr. M. PIZZIGHINI, «Uffici catechi stici. Road-map 2012», in Set-timana n. 43, 27.11.2011, 11.

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delle realtà diocesane che ha interessato invario modo le conferenze episco pali regio-nali, i vescovi delegati della regione per laca techesi, i direttori degli uffici catechisticidiocesani (UCD) e le loro équipe, i semplicicatechisti parrocchiali. In Liguria, ad esem-pio, la riflessione ha coinvolto tutti i vescovisu quattro quesiti riguardanti l’iniziazionecri stiana e la formazione dei catechisti, men-tre in Calabria nella primavera del 2012 èstato realizzato un vero e proprio sondaggioche ha coinvolto 2.352 catechisti di tutte le-diocesi14. Di norma, invece, le équipe regio-nali hanno scelto di riflettere nelle singolediocesi con mo dalità e tempi loro consoni, apiù livelli (sacerdoti, équipe diocesane del-l’UCD, parrocchie, semplici catechisti...) e difar convergere il materiale in regione per es-sere rie laborato e ripresentato durante la ce-lebrazione del con vegno. Ogni regione hascelto i quesiti della griglia più aderenti allapropria situazione, ma tutti hanno riflet tutosul terzo riguardante la formazione perma-nente dei cristiani e sul quarto che riguardaval’iniziazione cri stiana come processo. L’UCN, oltre a coordinare tutta la «macchinaorga nizzativa», ha inteso sostenere i conve-gni con il contatto diretto con i direttori re-gionali, attraverso degli incontri specifici perloro e la visita in loco alle commissioni re -gionali15.Una tappa fondamentale è statol’Incontro na zionale dei direttori UCD du-

rante il quale, nonostante le avverse condi-zioni atmosferiche, un nutrito numero di di -rettori provenienti da tutta Italia ha riflettutosul «Rin novamento dell’iniziazione cristiananell’orizzonte della nuova evangelizzazionee nel contesto educativo»16, at tingendo allasituazione italiana grazie alla «fotografia ra -gionata» presentata attraverso una mappa-tura delle sperimentazioni, con lo scopomanifesto di suscitare, negli ascoltatori, ildesiderio di renderla quanto più completapossibile, integrandola con le loro indicazionie correzioni specialmente dopo i convegniregionali17.

2.1 le persone coinvolte: conferenzeepiscopali regionali, uCr, uCd, ca-techisti, sacerdoti

Dalla verifica con i direttori regionali e laCommis sione nazionale iniziazione cristianatenuta il 10-11 set tembre 2012 a Stigliano(Roma) è emerso, tra gli altri, il dato positivodel largo coinvolgimento ai convegni di per -sone impegnate nel mondo della catechesi. In particolare è da rilevare l’interesse chetutte le con ferenze episcopali regionali han-no dimostrato all’iniziativa riservando nelleloro assemblee plenarie comunicazioni sultema da parte del vescovo delegato e/o deldirettore regionale, a cui si è aggiunto, inalcuni casi, anche l’in contro dell’intera Con-

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

14 I risultati del sondaggio sono stati presentati durante il Conve gno regionale di Falerna da un sociologo del-l’Università della Cala bria e dal direttore regionale, che ha tenuto un’interessante rilettura pastorale. 15 Gli incontri con i direttori regionali si sono svolti a Roma il 4.7.2011e il 7.11.2011; la visita alle commissioniregionali nei mesi di dicembre 2011 – marzo 2012. 16 L’incontro si è svolto a Roma il 6-7.2.2012 ed ha visto gli inter venti di mons. Nikola Eterovic, segretariogenerale del Sinodo dei ve scovi, del dott. Stijn Van den Bossche, responsabile nazionale della catechesi in Belgio,di sr. C. Cacciato, della dott.sa F. Feliziani Kan nheiser e di sr. A. M. D’Angelo. Una sintesi dell’evento si trovain: D. PIRRI, «IC: alla vigilia dei convegni regionali», in Settimana n. 8, 26.2.2012, 11. 17 Cfr. C. SCIUTO, «IC: qualcosa si muove. Così in Italia», in Setti mana n. 9, 4.3.2012, 8-9. Di fatto ciò è avvenuto:la mappa delle dio cesi italiane presentata al Consiglio episcopale permanente nel settembre 2012 risulta «piùcolorata» rispetto a quella dello scorso feb braio, segno che in quasi tutte le Chiese locali vi è in atto un vero eproprio ripensamento dell’IC.

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ferenza con tutti i direttori dioce sani per di-scutere insieme sulla catechesi e sull’inizia-zione cristiana (ad es. in Emilia Romagna),con interessanti ri svolti nella riflessione enella prassi per le varie Chiese lo cali. Anchel’Assemblea generale della CEI dello scorsomaggio ha manifestato il suo interesse e ap-prezzamento all’iniziativa attraverso la cita-zione nella Prolusione del cardinale presi-dente18. E il Consiglio episcopale permanen-te nel settembre 2012 ha inserito nell’ordinedel giorno un intervento di mons. Semeraroe del direttore UCN sul tema della catechesiquale forma decisiva nell’educazione alla fe-de, alla luce dei sedici convegni regionali. Il desiderio di vivere una vera pastorale in-tegrata ha indotto molte regioni, già in sedeorganizzativa, a «tessere alleanze» con lefacoltà teologiche (ad es. Puglia e Sicilia),con la pastorale familiare e quella giovanileregionale (ad es. Piemonte e Umbria) e conl’ACR e l’AGESCI (ad es. Lombardia, EmiliaRomagna). Rispetto alla collocazione temporale i con-vegni sono stati celebrati: otto nel mese diaprile; cinque a giugno; uno ad agosto; unoa settembre19. Il Triveneto ha pen sato tremomenti rispettivamente per: le équipe UCD(29 gennaio); i sacerdoti (28 febbraio); i ca-techisti delegati delle diocesi (9 giugno). Rispetto ai soggetti coinvolti nello svolgi-mento dei convegni, vale la pena eviden-ziare che in tutti è stato dato un congruospazio ai sacerdoti, primi catechisti e re -sponsabili dell’iniziazione cristiana nelle lorocomunità, e in due regioni (Lazio e Trive-neto) si sono tenuti due mo menti specifici

per loro coinvolgendoli e motivandoli al rinnovamento dell’iniziazione cristiana. Per icatechisti, in quattro convegni è stato or-ganizzato un raduno regionale (Basilicata,Triveneto, Marche e Umbria) con riflessioni,celebrazioni e momenti di festa. In sintesi,sono stati re almente coinvolti: tutti i 16 pre-sidenti delle conferenze epi scopali regionali;84 vescovi; 600 sacerdoti; 186 direttoriUCD; 1.652 membri delle loro équipe dio-cesane; 2.863 ca techisti; 213 appartenentia facoltà teologiche, altri uffici regio nali/diocesani, associazioni e movimenti..., perun to tale di circa 5.600 persone. Riteniamoquesto dato si gnificativo perché, pur nonessendo state adunanze di massa, né auto-celebrazioni, i convegni regionali hanno ra-dunato un numero elevato di persone che,sotto l’afflato dello Spirito e nel sentiero trac-ciato dal Concilio, si sono sperimentate Chie-sa-comunione, confrontandosi e ri flettendoinsieme (vescovi, sacerdoti, religiosi e laici)sui nuovi scenari che conducono le nostrediocesi/parrocchie a rinnovarsi per ri-annun-ciare con nuovo slancio il Van gelo della vitabuona.

3. dalle verifiChe e dai ConveGni alCuni Criteriper il rinnovamento

In questi mesi è stato raccolto tutto il ma-teriale per venuto dalle regioni: sintesi delleriflessioni diocesane, re lazioni ai convegnidegli esperti, esperienze diocesane e parroc-chiali, sintesi dei lavori di gruppo, introdu-

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

18 «Proprio a questo riguardo, il nostro Ufficio catechistico sta sviluppando, attraverso i convegni regionali, un’im-portante riflessione»: A. card. BAGNASCO, Prolusione alla 64ª Assemblea generale della CEI, Roma, 21-25.5.2012, n. 2. 19 Aprile: Abruzzo-Molise (13-14); Liguria (20-21); Sicilia (20-22); Lombardia (21); Sardegna (22); Basilicata(21-22); Campania (23-24); Toscana (27-28). Giugno: Calabria (15-17); Emilia-Romagna (16); Lazio (22-23);Marche (21-22); Puglia (22-24). Agosto: Piemonte-Val d’Aosta (29-31). Settembre: Umbria (29-30).

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zioni e conclusioni varie, omelie, sintesi deidirettori regionali, articoli di stampa nazio-nale e locale. Abbiamo scelto di riassumerequanto è stato evidenziato dalle verifiche edalla celebrazione dei convegni in alcunipunti che pos sono raccogliere i dati emersie allo stesso tempo aprono a scelte da ope-rare, così che la teoria si traduca in prassiformando un circolo virtuoso ed evitando difar divenire quanto vissuto e scritto cartaingiallita non più utilizza bile. Inoltre, tuttoil materiale raccolto è diventato un dossiera uso della Commissione episcopale per ladottrina della fede, l’annuncio e la catechesi,per la redazione degli Orientamenti per lacatechesi.

3.1 in un tempo di nuova evangelizza-zione bisogna operare una «con-versione pastorale»

Tutti i convegni evidenziano la «presa di co-scienza del cambio culturale e di situazioneecclesiale che necessita stile e proposte dinuova evangelizzazione nonostante molterealtà siano ancora caratterizzate da feno-meni di antica cristianità»20. Da Nord a Sudè ormai chiaro il pas saggio da una societàcon una cultura omogenea e in larga parteimpregnata di cristianesimo, dove tutti con -dividevano sostanzialmente gli stessi valorie la stessa vi sione della vita, ad una dove«è in atto un processo di crescente secola-rizzazione, che è divenuto un fenomeno dimassa, favorendo così la diffusa indifferenzareligiosa e la scarsa pratica religiosa, conconseguenze negative sul processo di tra-smissione della fede»21. In questo contestosi sono inceppati i meccanismi della trasmis-sione della fede da una generazione all’altra.

Le Chiese locali sono ben convinte che,nell’attuale contesto di pluralismo sociocul-turale, l’educazione in ge nere, e quella allafede in particolare, sia diventata sem pre piùcomplessa e problematica; per questo allaluce del magistero universale e di quello ita-liano si conferma l’esi genza di operare unasvolta nella pastorale: da una «pa storaledella cura e conservazione della fede», auna «pa storale missionaria». Questa esigen-za di «conversione pa storale», tuttavia, sten-ta a realizzarsi: si fa molta fatica, infatti, atradurre le indicazioni del magistero inauten tica prassi ecclesiale. Secondo alcuneregioni vi è un gran de divario tra la Chiesadei documenti e la Chiesa del la pratica pa-storale! Una sintesi afferma: «Emerge in re -gione la tensione a un rinnovamento del-l’iniziazione cri stiana: in alcuni casi, ciò siesprime in tentativi concre ti, che seguonoperò linee non omogenee (ogni diocesi cer-ca di rispondere in modo proprio alle mede-sime pro blematiche); in altri casi, invece,questa tensione a una “nuova catechesi”trova difficoltà a esprimersi nella pras si pa-storale»22. E un’altra aggiunge: «è ancorabassa (...) la percentuale di sacerdoti e ope-ratori della pastorale – e tra questi, i cate-chisti – che hanno preso consapevolezzadella necessità della “conversione pastora-le”con le sue conseguenze operative»23. Ciòè dimostrato anche dal fat to che in alcunediocesi si continua a «fare catechesi» conun’impostazione scolastico-dottrinale, rivol-gendosi qua si esclusivamente ai fanciulli eragazzi per la preparazione alla prima co-munione e alla cresima, senza sintonia nonsolo con le Note sull’iniziazione cristiana,ma anche con i criteri ancora validi del Pro-

20 B. PADOVANI, Sintesi del Convegno catechistico regionale della Lombardia. 21 C. GARRAFA, Sintesi del Convegno catechistico regionale della Calabria. 22 G. NATALE, Sintesi del Convegno catechistico regionale della Campania. 23 GARRAFA, Sintesi Calabria.

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getto catechistico italiano. Di contro, però,ritroviamo alcuni tentativi «missionari» ver-so gli adulti per favorire un loro «ricomin-ciamento» nel cammino di fede. Le parroc-chie, quindi, se da un lato mantengono leattività tradizionali, dall’altro intrapren dono–se pur timidamente – percorsi di primo/se-con do annuncio della fede e ciò fa ben spe-rare per il pros simo avvenire24.

3.2 la priorità della catechesi degliadulti, l’annuncio alle giovani cop-pie e l’accompagnamento/coinvol-gimento dei genitori nel completa-mento dell’iniziazione cristiana deifigli

Secondo le riflessioni delle regioni, l’auten-ticità e l’ef ficacia dell’iniziazione cristianadei piccoli esige una reale priorità all’evan-gelizzazione e alla catechesi degli adulti, ein particolare dei genitori. Nonostante daquarant’anni il magistero insista su tale prio-rità e sulla necessità di una catechesi per-manente, nonostante si facciano timidi ten -tativi, ancora l’attenzione delle comunità èrivolta preva lentemente ai fanciulli e ragazzied è finalizzata ai sacramenti. Diverse re-gioni, infatti, auspicano una mag giore at-tenzione da parte delle comunità parrocchialialla formazione «adulta» degli adulti (ad es.Emilia Roma gna, Calabria e Triveneto)25.Le nuove esperienze di iniziazione cristiana,in questo senso, attraverso il coinvolgimentodei genitori e della fa miglia in genere nel-l’iniziazione cristiana dei figli, diven tanoun’opportunità per far riscoprire loro la fede

ma anche il desiderio di trasmetterla allenuove generazioni. Una regione afferma:«Da parte delle parrocchie il ten tativo dicoinvolgimento dei genitori nel cammino diini ziazione cristiana dei figli d’altronde è an-cora sporadico o quasi inesistente, ma anchequando alcune parrocchie tentano di coin-volgere i genitori anche con una certa or -ganicità, la maggior parte di essi o non par-tecipa o par tecipa con poco entusiasmo»26.Per questo da nove regioni (Basilicata, Ca-labria, Campania, Lazio, Liguria, Lom bardia,Piemonte-Val d’Aosta, Umbria e Sicilia) siau spica che si dia più attenzione al coinvol-gimento reale, attivo e consapevole delle fa-miglie nel completamento dell’iniziazionecristiana dei figli, convinti che la catechesidei fanciulli e dei ragazzi, anche se dovesseessere realiz zata in maniera ottimale da ca-techisti autentici e compe tenti, è destinata arestare sterile se non supporta la responsa-bilità educativa dei genitori, i quali sono ipiù importanti educatori delle nuove gene-razioni con il loro stile di vita prima che conle parole27.Alcune regioni hanno espresso una parolaspeciale verso le giovani famiglie: occorreevangelizzare i giovani già in occasione dellapreparazione al matrimonio e par tico lar men -te attraverso la pastorale pre e post-battesi -male, anche per una più efficace educazionecristiana dei figli. Va attivata, allora, unapastorale di accompa gnamento dei giovanigenitori perché possano incon trare o risco-prire il Vangelo, ed essere aiutati a divenirerealmente i primi educatori nella fede deiloro figli: «Te nendo conto, tra l’altro, che è

24 Cfr. E. BIEMMI, Il Secondo annuncio. La grazia di ricominciare, EDB, Bologna 2011. Cfr. S. CURRò, E. BIEMMI,«Il secondo annuncio e... oltre. Dialogo su questioni catechetiche attuali», in Catechesi 81(2011-2012) 5, 33-44. 25 Cfr. M. TIBALDI, «Un “cantiere comune” per l’iniziazione cri stiana», in Settimana n. 25, 24.6.2012, 3. 26 GARRAFA, Sintesi Calabria. 27 PADOVANI, POZZOLI, «Per l’IC i genitori vanno sempre coin volti», in Settimana n. 19, 13.

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proprio l’infanzia che segna più profonda-mente la personalità di un individuo, è ne-cessario da parte delle comunità parrocchialiallar gare il tempo dell’iniziazione cristiana,non aspettando che i fanciulli vengano alcatechismo per la prima co munione, ma apartire dall’infanzia, soprattutto inter pel -lando e interessando i genitori dei bambini,magari proponendo loro il cammino del post-battesimo, avendo come autorevole puntodi riferimento il Catechismo dei bambini»28.

3.3 l’iniziazione cristiana e la sua ispi-razione catecumenale: primo an-nuncio; pastorale 0-6 anni; comple-tamento dell’iniziazione cristiana;pastorale mistagogica

Le relazioni evidenziano come sia ormai dif-fusa tra gli operatori della catechesi, almenoin linea di principio, l’idea che l’iniziazionecristiana deve lasciarsi ispirare dalla logicacatecumenale così come richiesto dalDiretto rio generale per la catechesi ai nn.68 e 90. «Il Direttorio ge nerale per la ca-techesi parla di “ispirazione al catecume -nato”e chiede non tanto di riprodurre mi-meticamente la configurazione al catecume-nato battesimale, ma di la sciarsi fecondaredai suoi principi elementari caratteriz zanti.Ciò che proponiamo è piuttosto una “logicacate cumenale” capace di ripensare strumentie percorsi di introduzione alla fede, sia pergli adulti che per i ragazzi; capace di coin-volgere la comunità; che sappia abbracciaretutte le dimensioni dell’esperienza cristiana,e utilizzare tutti i linguaggi dell’esperienzaumana»29.L’ispirazione al modello catecumenale per-mette di fa vorire meglio nei catechizzandi la

progressiva consape volezza della fede, me-diante itinerari differenziati che conduconoa mettersi in relazione con Cristo, formanoalla globalità della vita cristiana e apronoalla conoscenza di Cristo nella vita dellaChiesa. Dai convegni emerge che «l’impostazionedell’inizia zione cristiana secondo il modellodel catecumenato offre segni di speranza,ma da sola non garantisce l’autenticità el’efficacia del cammino per diventare cri-stiani. Il più delle volte – secondo il son-daggio della Chiesa calabra –anche la mag-gior parte dei fanciulli e ragazzi che hannofatto (ma l’hanno fatto realmente?) un per-corso secondo il mo dello del catecumenato,sparisce dalle parrocchie e dalla pratica re-ligiosa!»30. Questo può essere imputabile avari motivi: forse nel concreto sono cambiatialcuni nomi, ma non sempre è cambiata lasostanza; non sempre i cate chisti hanno ri-cevuto un’adeguata formazione (sotto altronome continuano a fare la catechesi con lavecchia men talità); è ancora carente l’ap-porto della famiglia e della comunità cristia-na. Pur di fronte a queste costatazioni, dalleChiese locali emerge l’invito a proseguire suquesta strada intensificandola, nonostante irisultati quantitativi (oltre che qualitativi)spesso non siano esaltanti. Una Chiesa in stato di evangelizzazione ri-chiede che il primo annuncio sia alla basedi tutto il cammino di inizia zione cristianae, più in generale, della formazione del cre -dente. Ricordiamo quanto su questo argo-mento diceva nel 2002 il documento del La-zio: «La nostra attuale situazione pastoralesomiglia talvolta all’opera di un agricoltoreinna morato della propria terra: egli zappa,concima, innaffia, spesso con grande di-

28 GARRAFA, Sintesi Calabria. 29 NATALE, Sintesi Campania. 30 GARRAFA, Sintesi Calabria.

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spendio di energie... ma nessuno si è pre-occupato di seminare in quel campo e glisforzi risultano sterili! Se la catechesi corri-sponde alla coltivazione, il primo annunciocorrisponde alla semina, ed è tale semina aman care in gran parte della nostra pastoraleordinaria»31.Oggi infatti non ci è permesso di dare perscontata la fede: il primo annuncio deve di-ventare sempre più la di mensione trasver-sale a tutto il percorso: dalla richiesta deigenitori del battesimo per i bambini, all’inizio«tradizio nale» del tempo del completamentodell’iniziazione cri stiana, dal momento delpassaggio alla pastorale dei prea dolescential momento dell’ingresso nella vita giova-nile... A ogni «passaggio di vita» corrispondeun «passaggio di fede» che richiede un nuo-vo annuncio e una nuova ade sione a Cristo.Come afferma la lettera Annuncio e cate -chesi per la vita cristiana (2010): «Le spe-rimentazioni hanno evidenziato come l’ini-ziazione cristiana cominci quando i genitorichiedono il battesimo per il loro bam bino apoche settimane o mesi di vita (...). Ancheper i fanciulli che incominciano la catechesia 6/7 anni, è oggi quanto mai necessarioun adeguato primo annuncio del Vangelo,che possa condurli insieme ai genitori a unin serimento globale nella vita cristiana an-che attraverso la celebrazione dei sacramentidella confermazione e dell’eucaristia, insie-me a itinerari penitenziali, che culminanonel sacramento della riconciliazione»32.Il processo d’iniziazione cristiana vede nellapastorale pre e post battesimale un’altratappa importante che ne cessita di mettere in

atto «alcune attenzioni pastorali per la for-mazione e l’accompagnamento delle famiglienella missione educativa verso i bambini; inparticolare, la cen tralità delle relazioni tra isoggetti coinvolti, la possibilità di un primoannuncio rivolto ai genitori, i legami con lavita della comunità»33. La «pastorale delleprime età» è quella che in questo ultimo pe-riodo sta facendo breccia nelle nostre comu-nità parrocchiali e diocesane, in quanto rap-presenta un’opportunità per mettere in attol’azione missionaria nei confronti dei geni-tori, affinché anche i bambini siano educatinella fede. In regioni ecclesiastiche comel’Emilia Romagna e il Piemonte-Val d’Aostasi stanno progettando delle linee guida peruna pastorale comune del pre e post batte-simo, capaci di tessere delle si nergie tra lacatechesi e la pastorale familiare, in vista diun primo annuncio ai bambini, un secondoannuncio ai genitori e un accompagnamentodi questi ultimi nel loro compito generativodella fede. Altre regioni, come il Triveneto e la Lom-bardia, hanno inserito la pastorale delle pri-me età nel precedente percorso ideato per ilcompletamento dell’iniziazione cri stiana deiragazzi, così da rendere più organico anche«il prima» del percorso tradizionale. In tuttele regioni, co munque, emerge il desiderio diapprofondimento di que sta tematica. Per il completamento dell’iniziazione cri-stiana in età scolare, si sottolineano i giàcitati «criteri» riportati negli Orientamentipastorali al n. 54a. Si afferma, però, chesono stati acquisiti più nella riflessione chenella prassi, ma in ogni caso è in atto una

31 UFFICIO CATECHISTICO REGIONALE LAZIO, Linee per un progetto di primo annuncio, Elledici, Torino-Leumann 2002,3. 32 CEI-COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, lettera Annuncio e catechesiper la vita cristiana alle comunità, ai presbiteri e ai catechisti nel quarantesimo del documento di base Il rin-novamento della catechesi, 4.4.2010, n. 14; ECEI 8/3580.33 V. GATTI, «Massima cura del pre e post battesimo», in Setti mana n. 33, 16.9.2012, 6.

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mentalizzazione dei cate chisti e della comu-nità in genere. Regioni come l’Emilia Romagna, la Cam-pania e la Toscana auspicano che il proces-so iniziatico giunga a una vera iniziazionedel ragazzo: all’ascolto della Parola, allavita liturgica specie della domenica, aven-do attenzione a che ci sia la conoscenzadel dato di fede e la personalizza zionedell’atto di fede. Riguardo alle sperimen-tazioni in atto si sottolinea una caratteri-stica comune a tutti questi tentativi: «lavolontà di “abitare la casa dell’iniziazionecristiana”mentre la si ristruttura. Tutti que-sti tentativi, infatti, non operano “strappi”con la prassi consolidata di iniziazione cri-stiana, ma ne prendono sul serio le nuovesfide tentando di riarticolare la propostacon accenti pa storalmente nuovi e teologi-camente motivati»34.Globalmente riscontriamo alcuni limiti pro-venienti da queste esperienze in atto: itentativi di rinnovamento sono ancora mol-to parziali, non investono tutte le diocesi etoc cano solo un numero ristretto di parroc-chie le quali, in certi casi, a causa della«solitudine pastorale» e a volte «istitu -zionale», fanno fa tica a continuare. Questamancata ac co glienza dell’autorevole pro-posta da parte della diocesi spesso è dovutaai parroci che, non avendo a riguardoun’informazione e formazione adeguate,non riescono a cogliere il significato e l’im-portanza della proposta stessa. Di controsegnaliamo anche i frutti positivi, laddoveil pro getto viene realizzato autenticamente,grazie soprattutto all’impegno dei parroci ea una congrua formazione dei catechisti edegli altri operatori riuniti in équipe. Le par -

rocchie coinvolte, infatti, riscoprono la lorovocazione mis sionaria e s’interrogano sucosa significhi trasmettere la fede oggi nelmutato contesto culturale. Una presa di co -scienza di questo genere, attorno al cate-chismo dei ragazzi, è diffusiva e contaminatutta la comunità che «ricomincia» anchein altri ambiti pastorali (giovani, adulti, fa-miglie...). L’accompagnamento dei genitorie la nuova presenza degli adulti sorprendeper la sua vitalità, realizzando finalmentequell’orientamento tante volte auspicato daivescovi che la catechesi degli adulti sia alcentro della vita parrocchiale. Gli itineraridivengono meno scolastici e più iniziatici:la catechesi dell’iniziazione cristiana in talmodo diviene ve ramente «insegnamento,educazione, iniziazione», ritro vando i treelementi necessari alla sua identità; questinuovi modelli, infatti, aiutano a superarela semplice «divisione di compiti» tra cate-chesi, liturgia e carità.

La verifica delle regioni, infine, è concordeche anche il «dopo» iniziazione sia essen-ziale per la riuscita di tutto il processo, percui si auspica la redazione di veri itinerarimistagogici per una pastorale dei ragazzi/preadolescenti. In tal senso si fa notareche, «data la particolare condi zione di vitadei preadolescenti con tutto ciò che concernela “svolta” nel loro processo di crescita, nonè opportuno partire dai sacramenti celebratiper arrivare alla vita (la mistagogia in sensoclassico), ma partire dalla vita per ar rivareai sacramenti; più in generale si è fatto no-tare l’inopportunità di applicare pedissequa-mente ai fanciulli-ragazzi il modello del ca-tecumenato degli adulti»35.

34 I. SEGHEDONI, «Rinnovare l’iniziazione cristiana in Emilia Ro magna», intervento di apertura della presentazionedelle tre speri mentazioni regionali tenuto durante il Convegno catechistico regionale dell’Emilia Romagna. 35 GARRAFA, Sintesi Calabria.

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3.4 la responsabilità della comunitàcristiana

Un ultimo criterio generale che rileviamo daiconve gni è la consapevolezza della respon-sabilità primaria dell’iniziazione cristianadi tutta la comunità cristiana nella quale ifanciulli e ragazzi vengono progressivamen-te in seriti, in particolare attraverso la tappadella mistagogia. La comunità si scopre tuttaresponsabile dei figli generati e da accom-pagnare nella fede. L’iniziazione è espres-sione di una comunità che educa con tuttala sua vita, e mani festa la sua azione dentrouna concreta esperienza di ec clesialità. Oc-corre «ripensare il modello di iniziazione cri-stiana, recuperando pienamente il compitodella co munità nel suo insieme, quale grem-bo generatore della fede»36. Il ruolo educa-tivo della comunità ecclesiale sem bra essereil Leitmotiv di questi nostri convegni cate-chistici regionali: accanto all’accompagna-mento costante delle famiglie, la riflessionesull’iniziazione cristiana rispolvera il coin-volgimento dell’intera comunità cristiana,«perché non si tratta di un fatto privato»37.La Chiesa recupera così la sua funzione ma-terna della generazione alla fede e la sua di-mensione sponsale dell’accompagnamentonella fede. Questa responsabilità della ma-ternità spirituale trova concreta attuazionenella parrocchia, chiamata a entrare concre-tamente nel vissuto umano. La comunitàparrocchiale dovrà, allora, ispi rarsi al cate-cumenato ed essere: aperta alla missione,te stimoniante il Vangelo in modo credibileed eloquente, strutturata da una ricca mini-sterialità (parroco, padrini, catechisti, diaco-

ni, gruppi ecclesiali, famiglie, religiosi), ca-pace di una significativa osmosi tra le tredimensioni ec clesiali (annuncio, liturgia ecarità), attenta al territorio, accogliente nelfavorire l’inserimento dei neofiti, capace diascolto della parola di Dio, convinta dellanecessità di una formazione permanente.Ciò permette anche di su perare l’annosaquestione dell’assenza di comunità adultenella fede fin quando tutti i parrocchiani nonsono adulti nella fede: occorre piuttosto par-tire dall’interno, da que gli «adulti implicati»di cui si è parlato nel Convegno dei direttoriUCD di Pesaro (giugno 2011)38, da quei cri-stiani impegnati che ritornano a scoprire lafede mentre la propongono.

4. dalle verifiChe e dai ConveGni alCune idee per la formazione

4.1 formazione dei formatori

Dai convegni, per quanto concerne la for-mazione dei formatori nei suoi aspetti piùgenerali, sono sorte le se guenti attenzioni. a) Stimolare l’apprendimento come ricercaattiva. Il mo dello di apprendimento nellaformazione dei catechisti non deve privile-giare una didattica «trasmissiva», quantopiuttosto il coinvolgimento attivo in un pro-cesso di ricerca e di costruzione del sapere,nel quale il catechista non è soltanto il de-stinatario di un insegnamento ma anchel’ar tefice del processo di conoscenza. Il ruolodel formatore e d’impegnarsi con loro in un

36 NATALE, Sintesi Campania. 37 E. LENZI, «Sacramenti, ripartire dai catechisti. Continua a li vello regionale la riflessione sull’iniziazione cristiana»,in Avvenire 20.4.2012, 20. 38 Il XLV Convegno UCN dei direttori degli UCD era intitolato: «Adulti testimoni della fede desiderosi di trasmetteresperanza» e si è svolto a Pesaro il 20-23 giugno 2011. Gli atti in www.chiesacattolica.it/ucn.

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processo comune di ricerca, piuttosto chetrasmettere le proprie conoscenze39.

b) Investire su un apprendimento centratosui bisogni dei catechisti. In contrasto conla formazione scolastica tra dizionale centratasui contenuti, la formazione dei cate chistimuove dai bisogni formativi che emergonodall’esperienza. I catechisti sono motivati ainvestire energie e risorse nei processi for-mativi e sono disponibili al cam biamento sequesto viene percepito come un aiuto con -creto nella gestione delle problematiche edu-cative. L’ap proccio alla formazione degliadulti avverrà attraverso le situazioni e nonle discipline.

c) Riaffermare il ruolo dell’esperienza.L’esperienza co stituisce la risorsa principaleper l’apprendimento degli adulti. L’analisi deicontenuti esperienziali è il nucleo cen traledella formazione dei catechisti. La riflessionecritica sulla propria esperienza permette diriconoscere il senso di quanto accade.

d) Intendere il formatore come facilitatoredell’appren dimento. Il vero protagonista del-l’esperienza formativa non è il formatore,ma il catechista. L’artefice del processo tra-sformativo è l’adulto che apprende. Il for-matore avrà il compito di facilitare il processocreando le condizioni perché il cambiamentopossa avvenire. Suo compito è quello di aiu-tare i discenti a prendere consapevolezzadel bisogno educativo40.

4.2 formazione iniziale e permanentedei catechisti

I catechisti sono «collaboratori di Dio stes-so», corre sponsabili a motivo del loro bat-tesimo nell’annunzio della fede. Decisivaè, quindi, la loro formazione: oggi deb bono,infatti, svolgere un ministero di vera e pro-pria «nuova evangelizzazione», non poten-dosi limitare sem plicemente a costruire subasi già date, ma dovendo porre essi stessile fondamenta della vita cristiana. L’atten-zione alla formazione di chi è già catechistanon deve far di menticare, poi, che la Chiesaha il compito di chiamare sempre nuovi ca-techisti a servizio del Vangelo. Proprio l’ini-ziazione cristiana chiede, come si è visto,che anche i giovani e le giovani famiglie sicoinvolgano nella cate chesi, poiché le nuo-ve generazioni hanno bisogno della lorotestimonianza41.Si afferma nel Triveneto: «Le esperienze inatto hanno già iniziato a interpellare la for-mazione dei cate chisti ricomprendendolain termini “iniziatici”. Vi è la necessità diconoscere il modello, di scoprire la forzaini ziatica delle varie esperienze cristiane,di situarsi tra altri soggetti iniziatori. Unaricchezza che fa bene innanzitutto alla fededei catechisti, nuovamente provocata dal-l’osser vazione di Gesù: “Se tu conoscessiil dono di Dio!”(Gv 4,10). Forse abbiamocorso il rischio di identificare il suo donocon una catechesi di matrice scolastica conla pre tesa di ridurre a essa la formazionecristiana»42.

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39 Cfr. M. KNOWLES, Quando l’adulto impara. Pedagogia e andra gogia, Franco Angeli, Milano 1997, 50. 40 Cfr. D. SIMEONE, «Prospettiva pedagogica: “Crescere insieme nella fede”», relazione tenuta durante il Convegnocatechistico regio nale della Sicilia. 41 Cfr. A. LONARDO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nelle nostre Chiese. Punti focali per un’agenda»,relazione tenuta al Convegno catechistico regionale del Lazio. 42 G. GIACOMETTI, «Compagni di quale cammino? Le prospet tive di cambiamento emerse nelle prime due giornate»,relazione te nuta al Convegno catechistico regionale del Triveneto.

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La formazione iniziale e permanente dei for-matori è stata definita come uno dei principipastorali per il rinnovamento della catechesi.Viene rilanciata la for mazione a 360 gradi,ma in particolare si chiede di stu diare la pos-sibilità di avviare scuole di formazione re-gionali. Si avverte ancora uno scarto tra laforma zione metodologica dei catechisti e lavasta produzione di documenti del magisterodi questi ultimi anni, che in modo innovativohanno ripetutamente indicato una correzio-ne di rotta. In ogni caso si tratta di espe-rienze che vanno collocate nell’ambito delleiniziative di edu cazione degli adulti e quindiprogettate e realizzate fa cendo tesoro di al-cuni criteri elaborati nell’ambito di tale di-sciplina.è maturata la consapevolezza «che la for-mazione dei catechisti e, in genere, degliadulti che una comunità svolge è in rap-porto prima di tutto all’esperienza di Chiesae alla qualità della spiritualità che si vive.Si tratta, quindi, di fare le scelte necessarieper realizzare una correspon sabilità pasto-rale che porti alla conversione e al rinnova -mento nella autenticità e credibilità dellapropria imma gine di Chiesa»43. Da sottoli-neare l’importanza di realizzare percorsi for-mativi specifici per catechisti della catechesibattesimale. Le regioni suggeriscono alcuni elementi cen-trali per una prassi formativa rinnovata:la capacità proposi tiva, cioè la capacità disaper fare proposte, saper pro porre il Vangelonella sua forza, nella sua bellezza; la capa-cità missionaria per uscire dagli schemi pre-stabiliti e andare là dove meno ci aspettiamodi trovare l’azione di Dio che continua aoperare prodigi; la capacità au to impli ca -

tiva, cioè un annuncio che coinvolge, perque sto è invito a dire ciò che viviamo nellafede, a rendere ragione non in modo teoricoo astratto, ma sentendoci dentro il movi-mento di accoglienza e di riespressione delVangelo; la capacità di utilizzare tutti i lin-guaggi per «dire» la fede in un contesto dirinnovamento dell’ini ziazione cristiana. Le condizioni per realizzare una formazioneche aiuti ad acquisire tali competenze sono:lavorare in équipe, in quanto solo una for-mazione gestita da più persone che offronoricchezza di proposte e di doni sarà capacedi av viare un modo nuovo di essere annun-ciatori; il gruppo for mativo, dove e con ilquale si fa formazione, è esso stesso luogoformativo perché avvia quel processo di con-fronto, relazione e dialogo che è proprio diogni trasformazione; infine è importante dif-ferenziare la formazione prevedendo mo-menti formativi per chi inizia la propria azio-ne di evangelizzazione e momenti formativiper chi è in atti vità, senza dimenticare i tem-pi di verifica. Vanno previ sti anche momentidi aggiornamento e di sostegno - aiuto neiperiodi difficili o problematici44.

4.3 formazione specifica per i catechi-sti battesimali

In vista di una pastorale delle prime età piùefficace ed efficiente, i convegni propongonouna formazione speci fica dei catechisti/ac-compagnatori a questo dedicati. Si invita auna formazione che oltre a essere relazio-nale, sappia riprendere i contenuti della fedeattingendo al pre zioso strumento della Chie-sa italiana,il catechismo La sciate che i bam-bini vengano a me.

43 P. LAMILIA, «Sintesi della verifica della prassi di iniziazione cri stiana», relazione tenuta al Convegno catechisticoregionale della Si cilia. 44 Cfr. G. BARBON, «Una formazione che trasformi», relazione te nuta al Convegno catechistico regionale del Tri-veneto.

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4.4 formazione catechetica dei semi-naristi, dei diaconi permanenti eformazione permanente del clero

Per quanto concerne la formazione catechi-stica dei seminaristi e dei presbiteri si auspicauna riconversione. La formazione pastoraledi base e permanente del clero va ripensatanella linea della missionarietà45. Si tratta dimettersi in cammino, sotto il registro dellaformazione permanente, verso un nuovomodo di porsi rispetto al l’esercizio del mini-stero presbiterale, veicolato sotto la sigladella corresponsabilità per il Vangelo. Siamoin un cammino che chiede pazienza comeperseveranza, nella direzione e nell’orienta-mento (la pazienza della semina e della col-tivazione), pena la sofferenza improduttivadell’incoerenza dell’agire pastorale. In tal senso è da enfatizzare la centralitàdella corre sponsabilità, intesa come chiama-ta a declinarsi nella du plice pratica del di-scernimento e della progettazione pastorale.Il primo è finalizzato a individuare le vie ele modalità dell’annuncio oggi nel quadrodelle culture e delle sensibilità in atto; la se-conda a delineare la mappa della ministe-rialità che lo Spirito suscita46.In sintesi, i presbiteri per primi sono chiamatia essere testimoni della centralità di unanuova formazione al ser vizio dell’iniziazionecristiana, coinvolgendosi con pas sione e

competenza in essa, superando ogni tenta-zione a delegare, quasi non fosse una delleloro principali re sponsabilità. L’appassionatoimpegno dei parroci – e dei preti in genere– nella catechesi non è in conflitto con lacorresponsabilità di tutti nell’annunzio delVangelo, bensì è un servizio decisivo per so-stenere i laici nella riscoperta della loro in-sostituibile vocazione di catechisti.

5. dalle verifiChe e dai ConveGni alCuni temi da approfondire in sede nazionale

5.1 il ruolo della comunità cristiananell’iniziazione cristiana e in specieda 0 a 6 anni

Una prima attenzione suggerita dai convegniè sul ruolo della comunità cristiana nel-l’iniziazione cristiana e specialmente nel-l’arco di vita 0-6 anni. La comunità cri -stiana è l’esperienza portante e il contestodell’inizia zione. Essa assume un ruolo rile-vante come luogo in cui la fede può essereconsegnata in modo progressivo ai ra gazziperché la possano fare propria. Si tratta dicondurre alla partecipazione-assimilazioneal mistero pasquale che si compie nei sacra-

45 Il tema del ridisegno della figura del presbitero nella Chiesa ita liana ha già una sua storia nel recente passato.La CEI, nell’ambito del progetto culturale, ha promosso un seminario dal titolo: «Ridisegnare la figura del prete»(Roma, 17-18.6.2005). Sono state recensite quattro diverse figure di prete: a) l’uomo della presenza, colui chenei momenti salienti dell’esistenza (nascita, matrimonio, morte) c’è, come custode di una riserva di significato;b) il prete leader, protagonista, grande or ganizzatore (a rischio di una pastorale di accumulo); c) il prete uomodella comunità, tessitore delle relazioni e della comunicazione (con la fatica di trovare le parole adatte per direil messaggio); d) il prete uomo di Dio, uomo dello spirito e della preghiera. Cfr. SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO

CULTURALE, Il prete e la sua immagine, EDB, Bolo gna 2005. L’Assemblea generale della CEI del maggio 2006ha dedi cato ampio spazio alla riflessione su: «La vita e il ministero del presbitero per una comunità missionariain un mondo che cambia: nodi problematici e prospettive». La rivista Presbyteri titola il n. 5 del 2006: «Urgeridisegnare la figura del prete», mentre La Rivista del clero italiano ha riservato al tema uno spazio notevole. 46 Cfr. G. LAITI, «Ministero presbiterale e rinnovamento dell’ini ziazione cristiana», relazione tenuta al Convegnocatechistico regio nale del Triveneto.

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menti dell’iniziazione cristiana. La co munitàdi giovani e adulti insieme che condividemo menti di vita e aiuta ad aprirsi alla veritàè una «comunità educativa». è altresì una«comunità credente» che sa ela borare unprogetto educativo-pastorale volto alla pro-mo zione umana, secondo uno stile di pre-senza e testimo nianza attiva nell’annunciodel Vangelo47. In tale senso va evidenziatoil valore della responsabilità ecclesiale. Oc -corre ripensare il modello di iniziazione cri-stiana, recu perando pienamente il compitodella comunità nel suo in sieme, quale grem-bo generatore della fede. Se la parrocchia è luogo dell’iniziazione cri-stiana, il ca tecumeno sperimenta la Chiesanel piccolo gruppo, aperto al gruppo piùgrande che è l’intera comunità parroc chialee diocesana. «Nelle piccole comunità si fal’espe rienza delle relazioni umane faccia afaccia, della solida rietà veramente fraterna:la condivisione è il segno visibile della co-munione che le caratterizza. Il gruppo divie-ne spa zio di conversione, sia personale checomunitaria; in esso la parola di Dio è con-frontata con la realtà personale e so ciale: èaccolta, condivisa, annunziata, diffusa e pro-cla mata come buona notizia, soprattutto aipoveri»48.Gli Orientamenti pastorali ricordano chel’iniziazione cristiana non è «una delle tanteattività della comunità cri stiana, ma l’attivitàche qualifica l’esprimersi proprio della Chiesanel suo essere inviata a generare alla fedee rea lizzare se stessa come madre» (n. 40;ECEI 8/3840). Que sto comporta un lavoraresulle obiezioni, un motivare adeguatamentele scelte, per aiutare la comunità a riflet teresull’intero cammino di iniziazione cristiana

a partire dal battesimo, attraverso un pro-getto da condividere con il Consiglio pasto-rale parrocchiale e con i vari gruppi. In conclusione occorre puntualizzare il ruolodella co munità cristiana e la sua dimensioneeducativa. Dalla scelta della logica catecu-menale deve scaturire la consa pevolezzache il frutto più importante di tale ispirazio-ne al catecumenato è la comunità: per ri-costruire il tessuto cristiano di essa, occorrepartire dal suo interno, da al cuni cristianiche ritornano a scoprire la fede mentre lapropongono49.

5.2 il senso del coinvolgimento/accom-pagnamento della famiglia nell’ini-ziazione cristiana

La seconda attenzione concerne il senso delcoinvolgi mento/accompagnamento dellafamiglia nell’iniziazione cri stiana da collo-care nel contesto della catechesi di comuni -tà. Nella nota pastorale Il volto missionariodelle parrocchie in un mondo che cambia(2004) si enuncia un principio chia ve: «Laparrocchia missionaria fa della famiglia unluogo pri vilegiato della sua azione, scopren-dosi essa stessa famiglia di famiglie, e con-sidera la famiglia non solo come destinatariadella sua attenzione, ma come vera e propriarisorsa dei cam mini e delle proposte pasto-rali» (n. 9; ECEI 7/1465). Que sto tema me-rita di essere approfondito adeguatamenteso prattutto in chiave teologico-catechetica.Le ricadute delle affermazioni contenute nel-la nota sulla parrocchia sono con sistenti eriguardano i rapporti tra comunità e famiglieo, me glio, la comunità come famiglia di fa-miglie. La famiglia è sog getto di educazione

47 Cfr. SIMEONE, «Prospettiva pedagogica: “Crescere insieme nella fede”». 48 A. ROMANO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana secondo il modello del catecumenato e il coinvolgimentodei genitori nella catechesi di comunità», relazione tenuta al Convegno catechistico regionale della Calabria. 49 Cfr. LONARDO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nelle no stre Chiese».

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e di testimonianza umana e cristiana, e co-me tale va valorizzata all’interno della ca-pacità di ge nerare alla fede propria dellaChiesa50.«Coinvolgimento dei genitori significanient’altro che affermare una comunità cri-stiana reale che progetta e rea lizza insiemele proposte formative, gli itinerari comuni-tari e differenziati per famiglie»51. Per questodal conve gno del Lazio emerge l’invito asostenere le famiglie accompagnandolenell’educazione cristiana dei loro figli a par-tire dal battesimo: «Non possiamo restareindifferenti dinanzi al fatto che, una voltaconferito il battesimo, di fatto cessa in moltefamiglie un’esplicita educazione cri stianadei bambini fino al momento in cui questivengono accompagnati in parrocchia per la“preparazione”al sa cramento dell’eucaristia.Gli anni che vanno dalla nascita ai 7 annisono anni decisivi nella crescita dei bambini,così come sono decisivi per la vita dell’interafamiglia e dei co niugi in particolare (...).Per questo appartiene al compito della co-munità cristiana trovare le vie per farsi vi-cina alle giovani famiglie e riscoprire insie-me a loro la grande re sponsabilità che comeadulti è loro affidata. Contempo raneamente,la comunità non deve semplicemente re -sponsabilizzare le famiglie, ma anche svol-gere il compito che le è proprio nei confrontidei bambini che sono veri figli della Chiesae, quindi, affidati alle sue cure di madre, dalmomento del battesimo»52.Risulta allora prioritario rievangelizzare lafamiglia: «In questa tappa famiglia, società

e Chiesa sono impe gnate a realizzare la “tra-smissione dell’alfabeto della vita”. è un com-pito che la pedagogia chiama di “prima socia -lizzazione” e che include anche una primasocializzazione religiosa (...). In tale pro-spettiva mi sembra si possa deli neare ancheil compito e il contributo della famiglia in ri -ferimento alla missione ecclesiale. La basedel suo servi zio è il ruolo educativo dei ge-nitori»53.Lo scopo non può essere quello di spostaresu di loro l’incapacità delle comunità par-rocchiali, quanto di colla borare con loro per-ché venga superato il mondo magico sacraletipico della religiosità infantile. Dalla rela-zione del card. Bagnasco al convegno dellaLiguria emerge l’inco raggiamento a non ar-rendersi nel tentare di coinvolgere la famiglianel percorso superando così la «delega inbianco» da parte di quei genitori assentidall’educazione alla fede dei figli, e soste-nendoli nel caso prendano co scienza delleloro difficoltà educative. «L’obiettivo è far sìche la famiglia abbia un ruolo attivo nelprocesso di tra smissione della fede, magariattraverso modalità diffe renti e consone allepossibilità di ognuno. Pur consapevoli dellanecessità di un coinvolgimento attivo e re-sponsabile della famiglia dei ragazzi, e chequesto non di rado li aiuta a riscoprire o ascoprire la propria fede, non si può na -scondere oggi la fragilità educativa della fa-miglia,che non riesce a impartire un’educa-zione cristiana e continua a de legarla allacomunità»54.In concreto si auspica che venga spostata

50 Cfr. V. ORLANDO, M. PACUCCI, La Chiesa come comunità educante. La qualità educativa della comunitàcristiana, EDB, Bologna 2008, 54. 51 ROMANO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana». 52 LONARDO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nelle nostre Chiese». 53 S. GIUSTI, «L’iniziazione cristiana in Toscana», relazione tenuta al Convegno catechistico regionale dellaToscana. 54 Intervento al Convegno catechistico regionale della Liguria.

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l’attenzione primaria dal ragazzo alla fami-glia, anzi «alle famiglie», tenuto conto delladiversità di situazioni familiari oggi esi stenti.La prima sfida è quella di interessare, coin-volgere e accompagnare la famiglia.

5.3 la necessità di indicazioni sugli iti-nerari di iniziazione cristiana: pa-storale battesimale; ordine dei sa-cramenti ed età della cresima; mi-nisterialità del catechista; strumen-ti per la catechesi

La terza attenzione concerne la necessità diindicazioni sugli itinerari di iniziazione cri-stiana: pastorale battesi male, ordine dei sa-cramenti ed età della cresima, ministerialitàdel catechista, strumenti per la catechesi.Ri flettere sul ruolo della comunità cristiananell’iniziazione cristiana vuol dire conside-rarne la responsabilità nei cam mini di cate-chesi pre e post battesimale. Possiamo consi -derare la pastorale pre e post battesimalecome ambito privilegiato per il rinnovamentodella comunità cristianae per la nuova evan-gelizzazione. è la stessa immagine di Chiesaa essere implicata nelle modalità di acco-glienza e di inserimento comunitario deinuovi membri; nella pro posta di accompa-gnamento rivolta alle famiglie si apre unavia privilegiata di annuncio cristiano. è ne-cessario che la comunità nel suo insieme sifaccia carico di questo compito, privilegiando

spazi di incontro e di relazione con i genitoriche chiedono il battesimo per i figli. Alcune esperienze di pastorale battesimalesi sono ri velate «occasioni privilegiate» perla comunità cristiana di curare l’evangeliz-zazione della famiglia. Si suggerisce che lacatechesi pre-battesimale proponga il Van-gelo dell’amore di Dio in relazione alle espe-rienze della maternità e paternità. La cate-chesi post-battesimale poi coinvolga e rendaprogressivamente protagonisti degli incontrila fa miglia e i bambini e valorizzi la vita fa-miliare come luogo di educazione alla fede55.La celebrazione del battesimo può diventareper una comunità l’occasione per passare dauna pastorale di conservazione a una mis-sionaria. è questa oggi la «nuova frontiera»della pastorale per la Chiesa in Italia. C’è bi-sogno di una vera e propria «con versione»che riguarda l’insieme della pastorale, e ri -guarda anche, e per certi aspetti soprattutto,il volto della parrocchia, forma storica e con-creta della visibilità della Chiesa come co-munità di credenti in un territorio, «ultimalocalizzazione della Chiesa». La parrocchia missionaria fa della famigliaun luogo privilegiato della sua azione e laconsidera non solo come destinataria dellasua attenzione, ma come vera e propria ri-sorsa dei cammini e delle proposte pastorali.I convegni sottolineano i passaggi di unapastorale pre e post batte simale: la prepara-zione al matrimonio cristiano56, l’attesa e la

55 Cfr. S. NICOLLI, L. MATASSONI, M. MATASSONI, «Formazione e accompagnamento delle famiglie nella loro missioneeducativa dei bam bini», relazione tenuta al Convegno catechistico regionale del Piemonte-Val d’Aosta. 56 Secondo la nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 30.5.2004, chel’Episcopato italiano ha dedicato alla par rocchia, «la preparazione al matrimonio e alla famiglia» è «per moltiocca sione di contatto con la comunità cristiana dopo anni di lontananza. Deve diventare un percorso di ripresadella fede, per far conoscere Dio, sorgente e garanzia dell’amore umano, la rivelazione del suo Figlio, misurad’ogni vero amore, la comunità dei suoi discepoli, in cui Parola e sacramenti so stengono il cammino spessoprecario dell’amore. Grande attenzione va de dicata ai contenuti e al metodo, per favorire accoglienza, relazioni,confronto, accompagnamento. Il cammino di preparazione deve trovare continuità, con forme diverse, almenonei primi anni di matrimonio» (n. 9; ECEI 7/1466).

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nascita dei figli57, la richiesta dei sacramentie di ca techesi dei figli58.Per quanto concerne l’ordine dei sacramen-ti, indivi duiamo due modi diversi di approc-ciare la questione, ma non per questo in-conciliabili nei punti fondamentali. Il primo è a favore della revisione dell’ordinedei sa cramenti come attenzione coerente alrinnovamento pa storale in atto. Dal puntodi vista teologico e liturgico, è chiaro che itre sacramenti dell’iniziazione cristiana nelmodello catecumenale dei primi secoli fos-sero celebrati insieme nella notte di Pasqua,e nel loro ordine corretto: il battesimo, l’un-zione crismale e l’eucaristia. Di fatto essinon sono tre sacramenti, ma uno solo: essisono l’im mersione nella Pasqua di morte erisurrezione del Signore e segnano il pienoingresso nella fede e nella comunità cristia-na. Il ritorno alla loro unità celebrativa nel-l’ordine corretto è quindi quanto mai auspi-cabile. Dal punto di vista pastorale, l’ordineattuale si è instaurato in una so cietà di cri-stianità e per situazioni contingenti: il batte -

simo ai neonati, la prima comunione perbambini che andavano a messa già da pic-coli con i loro genitori, la cre sima posticipataper la difficoltà del vescovo di raggiun gereogni anno tutte le parrocchie e per averlacaricata del significato pedagogico di con-ferma della fede, di sa cramento della matu-rità cristiana. Situati in una società nellaquale la fede non è più da presupporre(nénei ra gazzi, né nei genitori) non si può ren-dere missionaria la catechesi e lasciare in-vece i sacramenti nella logica della trasmis-sione per tradizione, perché la trasmissionenon avviene più59.La seconda posizione rilegge la centralitàeucaristica, non in relazione all’ordine deisacramenti ma al signifi cato teologico e pa-storale di tale centralità. Cosa vuol dire esserecresimati in ordine all’eucaristia? Quale postodeve avere la celebrazione domenicale nelcammino dei bambini e dei ragazzi? Sembraa molti che una questione nodale per rinno-vare l’iniziazione cristiana sia quella di tor-nare all’ordine antico dei sacramenti antici-

57 Lo stesso paragrafo in questo senso afferma: «Un secondo momento da curare è l’attesa e la nascita dei figli,soprattutto del primo. Sono ancora molti i genitori che chiedono il battesimo per i loro bambini: vanno orien-tati, con l’aiuto di catechisti, non solo a preparare il rito, ma a riscoprire il senso della vita cristiana e il compitoeducativo» (n. 9; ECEI 7/1467). 58 «Non è possibile accettare un’assenza dei genitori nel cammino dei figli (...). Le parrocchie oggi dedicano perlo più attenzione ai fanciulli: de vono passare a una cura diretta delle famiglie per sostenerne la missione» (n.9; ECEI 7/1468). 59 Per Biemmi è pienamente condivisibile l’affermazione di Stijn Van den Bossche contenuta nella relazionetenuta ai direttori UCD a Roma nel febbraio del 2012. «Egli afferma: “Da un lato, l’età e l’ordine dei sacramentid’iniziazione non sono il primo problema. L’attenzione non deve restare fissa su questo problema. Nessun cam-biamento d’età aiuterà, di per sé, a una migliore iniziazione dei bambini e dei giovani. Dei cambiamenti nellage stione dei sacramenti, senza un rinnovamento della catechesi come inizia zione, avrebbero poco senso. D’altrolato, l’amministrazione dei sacramenti deve essere presa in considerazione quando, nella catechesi, si passagrada tamente da una logica dell’eredità a una logica della proposta”. La logica dell’eredità è quella di una tra-smissione sociologica della fede; la logica della “proposta” è quella nell’orizzonte della nuova evangelizzazionee dell’ini ziazione alla fede. Ora, in questa logica, mettere la cresima come ultimo sa cramento, dal momento cheessa si riceve una volta sola, significa inviare il messaggio che il percorso di fede è finito. Collocare invece l’eu-caristia come culmine del processo iniziatico significa introdurre le persone nella vita cri stiana intesa comepercorso mai concluso, percorso che trova nell’appun tamento settimanale eucaristico il suo riferimento dinamico.La questione è chiara. Non possiamo portare avanti una catechesi di primo e secondo annuncio (che sono nellalogica della proposta) e lasciare il punto nevralgico dell’iniziazione nella logica dell’eredità. Sarebbe introdurreuna contraddi zione pastorale» (E. BIEMMI, «Iniziazione cristiana e vita della comunità», relazione tenuta al Con-vegno catechistico regionale del Triveneto).

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pando la cresima rispetto all’eucaristia. Mala questione più im portante è di ordine teo-logico e pastorale. L’esortazione apostolicapostsinodale Sacramentum caritatis (2007),ha ricordato «che veniamo battezzati e cre-simati in ordine all’eucaristia» (n. 17; EV24/123). Come interpretare cor rettamentequesto? La stessa questione può essereespres sa da un punto di vista complementare,sottolineando l’unità dell’iniziazione cristiana.Sacramentum caritatis af ferma in proposito:«Dobbiamo chiederci se nelle nostre comunitàcristiane sia sufficientemente percepito lostretto legame tra battesimo, confermazioneed eucari stia»(ivi). Ora alcuni ritengono chela posticipazione dell’eucaristia alla cresimasia decisiva proprio per questa dop pia que-stione: solo l’eucaristia ricevuta dopo la con-fer mazione potrebbe garantire la continuitàdel cammino mistagogico e poi formativo,poiché si verrebbe confer mati per accederepoi permanentemente alla comunio ne euca-ristica. Proprio l’esperienza pastorale – oltreche la riflessione teologica e pastorale – stainsegnando alla Chiesa che esiste un’altravia per tornare a conferire cen tralità all’eu-caristia nel processo d’iniziazione cristiana.Questa via consiste semplicemente nel porrela celebra zione domenicale non al terminedel processo ma al suo centro, per riscoprirlacome pilastro centrale e settima nale di ognivera iniziazione cristiana. Si ipotizza cioè laricezione del sacramento al termine del cam-mino, ma non la celebrazione stessa e la par-tecipazione al giorno del Si gnore60.

«Affermare che siamo battezzati e cresimatiin ordine all’eucaristia vuol dire mostrare cheè la celebrazione do menicale che ci rende cri-stiani, prima ancora che ne par tecipiamo to-talmente. Ovviamente ciò vale a maggior ra-gione nel caso dei battezzati che hanno giàricevuto la prima comunione: non ha alcunsenso ipotizzare un cam mino di preparazionealla cresima che non veda la par tecipazioneall’eucaristia domenicale come pilastro»61.Terzo punto su cui riflettere è la questionedella mi nisterialità del catechista. Il cam-biamento da una logica di tradizione a unainiziatica richiede non solo la conver sionedel modello pastorale, ma degli operatori pa-storali, nel senso della promozione di nuovefigure di laici, se condo quanto suggerito dal-la terza nota sull’iniziazione cristiana al n.52. Bisogna promuovere una nuova mini -sterialità, quella di adulti, coppie, comunquedonne e uo mini laici che accettino di ac-compagnare le persone che si presentanoalla comunità cristiana partendo da quelloche sono, dal punto in cui si trovano, senzamoralismi e asprezze. Si tratta di una mini-sterialità che non sostitui sce, ma affiancaquelle tradizionali; una ministerialità piùflessibile, organizzata sul percorso persona-lizzato delle molteplici situazioni delle per-sone rispetto alla fede62.Il catechista deve essere icona del volto diCristo e rag giungere alcune competenze dibase: il suo ruolo educa tivo, cioè di accom-pagnatore dei discepoli nel cammino versola maturità di fede (sorregge, incoraggia,

60 In questo senso Paolo Tomatis aiuta a porre in maniera corretta la questione: «Per iniziare alla fede eucaristica,occorre un’effettiva co munità eucaristica: la cosa non appare affatto scontata. (...) L’invito a una proposta piùcoraggiosa relativa all’ordine dei sacramenti deve pertanto accompagnarsi a una progressiva riscoperta dell’identitàeu caristica della comunità cristiana, senza la quale il perfezionamento iniziatico domenicale scade a buona abi-tudine, la prima comunione rimane irrimediabilmente l’ultima, e la confessione una questione pri vata» (P.TOMATIS, «Alla ricerca dell’iniziazione perduta», in Notizia rio UCN Nuova Serie 1(2011) 2). 61 LONARDO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nelle no stre Chiese». 62 Cfr. BIEMMI, «Iniziazione cristiana e vita della comunità».

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guida), nu trendosi di passione educativa, dicreatività ingegnosa e nel massimo rispettoper la libertà e la maturazione di ciascunapersona; la sua formazione per essere capacedi comunicazione e di facilitarla all’internodel gruppo e del gruppo con altri gruppi ec-clesiali63.

5.4 una pastorale dei preadolescenti(11-14 anni)

L’ultimo tema da approfondire in sede na-zionale con cerne la pastorale dei preadole-scenti (11-14 anni). La cura degli adole-scenti e dei giovani non deve essere dimenti -cata per un vero rinnovamento dell’inizia-zione cristiana. Non si tratta di un temaesterno, quasi una sua appen dice, ma diuno dei punti più trascurati quando si discutedell’iniziazione e della sua continuità nellamistagogia. Spesso si ritiene che l’abbando-no dei ragazzi dopo la cre sima sia provaevidente che l’impianto dell’iniziazione cri -stiana è errato. Ciò non risponde a verità,perché si dimentica di riflettere sulla pasto-rale giovanile e sulle ca ratteristiche peculiaridella preadolescenza e dell’adole scenza. Pergrazia di Dio, infatti, quando un bambinocresce e cessa di essere tale comincia a met-tere in discus sione tutto ciò che ha ricevutocon gioia quando era più piccolo. Anchebambini che sono stati felicissimi dei primianni di catechesi abbandonano il camminonell’adole scenza perché, divenuti più grandi,non trovano più una proposta adeguata allaloro nuova età. L’itinerario di un adolescente ha esigenzemolto di verse da quello di un bambino; ilcammino non potrà che essere in continuitàcon il percorso già fatto, ma l’adolescenza

ha bisogno di una discontinuità rispetto allacatechesi dell’infanzia. In particolare, i ra-gazzi sen tono forte la necessità di incontrarecome testimoni di fede non solo degli adulti,ma anche dei giovani più grandi di loro, chemostrino loro come sia possibile e si -gnificativo vivere da cristiani l’età giovanile.Dove manca una cura per la pastorale gio-vanile, gli adole scenti non possono venirein contatto con ragazzi più grandi che li ac-compagnano e, quindi, spesso interrom ponoil loro cammino di fede. L’esperienza mostrache nelle parrocchie e nelle comunità cri-stiane dove è ma turata una presenza vivacedi gruppi giovanili che vi vono seriamente illoro cammino cristiano – e che i ragazzi piùpiccoli incontrano nella vita parrocchiale,nell’animazione liturgica, nel servizio, nel-l’animazione dell’oratorio ecc. – la continuitàdel cammino dopo l’ini ziazione cristiana èpossibile ed estremamente feconda. All’op-posto, dove l’iniziazione cristiana non è in-serita in un contesto di una realtà giovanilecristiana viva, anche l’accompagnamentodelle famiglie si rivela debole per la conti-nuazione del cammino. I ragazzi si allon-tanano dalla Chiesa dopo la cresima ancheperché non trovano un ambiente che sappiaaccompagnarli nella fede ora che hanno del-le esigenze peculiari, che sono quelle del-l’adolescenza64. Gli adolescenti e i giovaniapprezzano una catechesi che si dimostriall’altezza delle esigenze culturali che stan-no maturando nel confronto con l’esperien-za scolastica e desiderano fare esperienzadi vita ecclesiale con i loro pari, accompa-gnati da sacer doti, da adulti e da giovanipiù grandi in cui si ricono scono. «Per tuttequeste ragioni sembra allora di poter affer-mare che un vero rinnovamento dell’inizia-

63 Cfr. ROMANO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana». 64 Cfr. LONARDO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nelle nostre Chiese».

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zione cri stiana non può limitarsi a guardaresolamente alle pro blematiche delle famigliee dei bambini, dimenticando la pastoralegiovanile. Piuttosto si deve unum facere etaliud non omittere: guardare con amore econ intelli genza a ciascuna delle fasce dietà – bambini, giovani e adulti – pena l’in-completezza del rinnovamento dell’inizia-zione cristiana»65.

6. dalle verifiChe e dai ConveGni alCuni temi da approfondire in sede reGionale

6.1 linee «regionali» sull’iniziazionecristiana, ripensando la pastoralebattesimale nel processo iniziatico

Un aspetto ripreso in molte regioni è la ri-chiesta di linee uniche per l’iniziazione cri-stiana. Si tratta di pen sare a una catechesiche inizia a vivere e a comprendere l’espe-rienza cristiana attraverso la dimensione sa-cramen tale (che non è solo una «tappa» oun «passaggio» du rante il cammino), in unprocesso di crescita conoscitiva ed esisten-ziale del dono ricevuto. Non c’è contrapposi -zione tra Parola e sacramento, tra dono diDio e atto pe dagogico della comunità cheprogressivamente introduce al dono e allasua sempre più profonda comprensione. Ilcatecumenato, così come suggerisce il Di-rettorio generale per la catechesi al n. 90,con i suoi passaggi e le sue cele brazioni,ispira questo processo, soprattutto per la fe-lice integrazione tra vita, insegnamento ecelebrazione66. La prospettiva iniziatica sta

ridisegnando il tradizionale per corso cate-chistico in tre direzioni. Itinerari iniziatici rinnovati. Sono tentatividi trovare strade in grado di variare il mo-dello tradizionale. La più conosciuta è quelladella catechesi in quattro tempi (origi natadalla diocesi di Verona ed esportata in altre)che, pur mantenendo un impianto tradizio-nale,ha inaugurato una nuova articolazionedella proposta, mettendo maggior mente ingioco la famiglia e la comunità. Vi è poi inal cune parrocchie una catechesi con la fa-miglia/della famiglia. Itinerari iniziatici con impronta catecume-nale. L’itine rario rimane quello tradizionale,ma viene riorganizzato con forti accenti chelo scostano dal piano della cono scenza versoun più deciso approccio all’esperienza dellafede. Sono percorsi che valorizzano le di-mensioni fonda mentali della vita cristiana(ascolto, celebrazione/pre ghiera, carità) e ilcontributo di altri soggetti, oltre il catechista. Itinerari iniziatici di tipo catecumenale. Sitratta di una proposta che riorganizza l’ac-compagnamento nella fede come esperienzaglobale di vita cristiana, in un percorso atappe, orientato alla celebrazione unitariadei sacra menti. L’itinerario si svolge nor-malmente tra i 6/7 e i 13/14 anni ed è scan-dito da quattro tempi: prima evan geliz za -zione, catecumenato, ultima quaresima emista gogia. Tale proposta comprende il coin-volgimento sia della famiglia sia della co-munità cristiana. Il rinnovamento, pur generato dall’entusia-smo che sempre accompagna chi si pone aservizio della «bella no tizia» e pur ricono-scibile in sperimentazioni già in atto, deve

65 LONARDO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nelle no stre Chiese». 66 Cfr. A. card. BAGNASCO, Intervento al Convegno catechistico re gionale della Liguria. Una catechesi, quindi, nonfinalizzata ai sacra menti, ma alla vita cristiana che da essi scaturisce, con un’articolazione unitaria e a tappesuccessive e graduali, ciascuna con la propria origi nalità, fisionomia spirituale e con le proprie accentuazioni esegni.

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poter disporre di una legittimità sul pianoecclesiale. è un orientamento autorevolesenza il quale le energie buone a serviziodell’evangelizzazione rischiano di tra -sformarsi in forze incontrollate, che genera-no distanze e risentimento con inevitabiliconseguenze sul piano della comunione ec-clesiale. In tal senso, alcune regioni indicano dei cri-teri condi visi per il rinnovamento: – «Dirsi la fede. Dobbiamo imparare a rac-

contarci la fede, il nostro modo di credere,creando occasioni di in contro per la pre-ghiera comune e per l’ascolto dai qualiusciremo reciprocamente arricchiti, mani-festando, con umiltà e sincerità, difficoltàe dubbi e condividendo i pic coli passi inavanti.

– Dire la fede significa comunicare la gioiadel Van gelo e della grazia di Dio, comepersone e come catechi sti e, poi, come co-munità parrocchiale e diocesana»67.

– Logica catecumenale, «capace di ripensarestru menti e percorsi di introduzione allafede, sia per gli adulti che per i ragazzi;capace di coinvolgere la comu nità; chesappia abbracciare tutte le dimensionidell’esperienza cristiana, e utilizzare tuttii linguaggi dell’esperienza umana»68.

– Attenzione alla pastorale pre e post bat-tesimale come elemento essenziale al rin-novamento.

– Più «primo annuncio» nella catechesi, euna mag giore centralità della Parola inessa. Maggior coinvolgi mento delle fami-glie.

– Una maggiore personalizzazione nelle mo-dalità prin cipali, in modo che si consolidinoquegli atteggiamenti della persona che lapredispongano stabilmente all’azione den-tro un preciso progetto di vita.

– Più ecclesialità nelle responsabilità, talecioè da re cuperare pienamente il compitodella comunità nel suo insieme, qualegrembo generatore della fede69.

6.2 studiare il rapporto tra iniziazionecristiana ed educazione alla citta-dinanza e tra iniziazione cristianae religiosità popolare

Tenendo in conto le analisi e le riflessioni,è possibile offrire indicazioni generali per lariformulazione di un iti nerario complessivodi iniziazione cristiana dei ragazzi con allabase l’opzione di fondo del ripensare in pro-spet tiva educativa l’iniziazione cristiana70.Il processo inizia tico in almeno tre regioni(Campania, Lazio e Calabria) è stato lettoanche alla luce del rapporto tra iniziazionecristiana e cittadinanza e tra iniziazionecristiana e pietà popolare. In particolare lapietà popolare è stata riletta come espres-sione del tempo di festa della comunità. Essaè, nella misura in cui è evangelizzata ededucata, luogo di primo annuncio e di ini-ziazione cristiana. Per quanto ri guarda lacittadinanza, in Campania si è riflettuto sul-l’importanza che il processo di iniziazionecristiana aiuti a comprendere che essereadulti nella fede implica ne cessariamente es-sere cittadini onesti che ripudiano in modo

67 L. RUGOLOTTO, Sintesi del Convegno catechistico regionale dell’Abruzzo-Molise. 68 A. SERRA, «L’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi in Campania: quali possibili prospettive?», relazionetenuta al Convegno catechistico regionale della Campania.69 Cfr. NATALE, Sintesi Campania. 70 Cfr. L. MEDDI, A.M. D’ANGELO, I nostri ragazzi e la fede. L’ini ziazione cristiana in prospettiva educativa, Cit-tadella, Assisi 2010, 131 156; L. MEDDI, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana dei ragazzi: i punti discussi»,in Orientamenti pastorali 53(2005) 5-6, 92-123.

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chiaro ogni compromesso con le mafie e ipoteri oscuri che minano la democrazia71.

6.3 istituire scuole regionali di forma-zione dei catechisti

Le regioni auspicano il superamento del mo-dello di una formazione centrata sugli esper-ti, per dare vita a la boratori catechistici «per-manenti» e «itineranti», animati da équipestabili di formatori che dovrebbero dar vitaa una comunità di «catechisti di catechi-sti» che s’inseri scono nella realtà locale(parrocchia, zona pastorale), di cui analiz-zano i bisogni e per cui elaborano un pro-getto di formazione localizzato ritirandosiappena possibile, quando cioè si sarannoindividuate e formate figure di ca techisti«forti» e avviata una dinamica di formazioneper manente. In questo modo, si darebbe vitaa un «servizio» che non si sostituisce allacomunità parrocchiale, prima re sponsabiledella formazione dei catechisti, ma la sostie-ne per quanto necessita utilizzando le risorseivi presenti72.

6.4 Creare sinergia tra uffici regionaliper una pastorale condivisa

Per una corretta pastorale integrata, le re-gioni invi tano a vivere una vera sinergia trauffici regionali al fine di un’azione comunee condivisa attorno alla persona nei suoiambiti di vita quotidiana.

7. dalle verifiChe e dai ConveGni alCuni temi da approfondire in sede dioCesana

7.1 Coordinare le varie esperienze diiniziazione cristiana presenti in dio-cesi (parrocchia, oratorio, aCr,aGesCi, altro...)

Coordinare non è solo un’indicazione fun-zionale alla gestione del servizio della cate-chesi, ma è espressione pa storale del discer-nimento comunitario che ha il suo fon -damento nel valore della corresponsabilità. «I principi di corresponsabilità nella comu-nione, il rapido cambiamento sociale e cul-turale e la nuova evangelizzazione obbliga-no a una revisione urgente delle struttureorganizzative della prassi ecclesiale di evan-gelizzazione. Sono indispensabili nuovi stru-menti per l’azione che deve essere qualifi-cata e competente. Nella società attuale, re-golata da flussi e processi estre mamente or-ganizzati, non è possibile tergiversare a su -perficialità o a retoriche da sacrestie: i tempidi don Camillo sono ormai oggetto da museodelle tradizioni parrocchialiste di un tempo»73.Intendiamo il discernimento come ascoltodella Pa rola e delle situazioni, della indivi-duazione di obiettivi, tappe, risorse disponi-bili, impegno di formazione per le compe-tenze necessarie. è il percorso che consentela decisione condivisa e l’articolazione deicompiti, sem pre in progress, fino alla verificae alla riprogettazione. Sul «discernimentocomunitario» come metodo pasto rale si eragià ben espresso il Convegno ecclesiale na -zionale di Palermo (1995), ma perché sia

71 Cfr. NATALE, Sintesi Campania. 72 Cfr. NATALE, Sintesi Campania. 73 Cfr. ROMANO, «Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana».

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autentico, deve comprendere i seguenti ele-menti: docilità allo Spirito e umile ricercadella volontà di Dio; ascolto fe dele della Pa-rola; interpretazione dei segni dei tempi allaluce del Vangelo; valorizzazione dei carisminel dia logo fraterno; creatività spirituale,missionaria, culturale e sociale; obbedienzaai pastori, cui spetta disciplinare la ricerca edare l’approvazione definitiva. Così inteso, il discernimento comunitario di-venta una scuola di vita cristiana, una viaper sviluppare l’amore reciproco, la corre-sponsabilità, l’inserimento nel mondo a co-minciare dal proprio territorio. Edi fica laChiesa come comunità di fratelli e di sorelle,di pari dignità, ma con doni e compiti diversi,pla smandone una figura, che senza deviarein impropri democraticismi e sociologismi,risulta credibile nella odierna società demo-cratica. Il discernimento è pas saggio obbli-gato e metodo permanente in vista dell’an-nuncio e del servizio alla vita nella fedeoggi. In tal senso il progetto pastorale, cheè il luogo del coordi namento anche delleesperienze di iniziazione, è stru mento di cor-responsabilità, così come affermato damons. Monari nella sua relazione alla LVIAssemblea generale della CEI (2006), dedi-cata alla vita e al mi nistero dei presbiteri:«Perché il presbiterio sia effetti vamente taleè necessario che tutti i suoi membri s’impe-gnino in modo solidale nello stesso progettopa storale (...). Ma questo richiede che i preticondivi dano un’ampia serie di giudizi sullarealtà (...); questo a sua volta richiede che

le idee delle persone si con frontino, si com-prendano, si arricchiscano a vicenda (...).Tutto questo richiede che i membri del pre-sbite rio condividano la visione del camponel quale ope rano (la società, la chiesa) (...).Insomma: solo attraverso un cammino lun-go, paziente, costante, di studio, di confron-to, di attenzione potremo raggiun gere l’ar-monia sufficiente a trasformare il presbiterioin una vera comunità di intenti»74.Discernere, progettare, mettere a punto mo-dalità comunicative sono le attitudini richie-ste alla comunità cristiana per attuare la cor-responsabilità del Vangelo75.

7.2 Costituire e formare una équipe dipastorale delle prime età

L’evidente importanza data ai cammini dipastorale pre e post battesimale rende ne-cessario pensare a li vello diocesano unaéquipe della pastorale delle prima età chedovrebbe curare la coppia dal momento incui scopre di attendere un figlio fino all’ac-compagnamento nei primi sei anni di vitadel bimbo per sostenerli nella vocazione edu-cativa. Ecco i passaggi individuati dai con-vegni per una pastorale della prima età. Accogliere e accompagnare la domanda delbatte simo attraverso una «catechesi delle si-tuazioni fami liari» che:

– riconosce il valore e il significato del-l’esperienza umana (entrare in relazionecon i genitori e i padrini attraverso l’in-

74 L. MONARI, «La vita e il ministero del presbitero oggi. Nodi e prospettive», relazione alla LVI Assemblea generaledella CEI (Roma, 15-19.5.2006), parte IV, n. 9, II; Regno-doc. 11,2006,367. Il progetto pastorale non è riducibilea pragmatica ripartizione di compiti, né, ancor meno, alla pretesa di prestabilire i percorsi della grazia nella vitadelle persone. Esso è piuttosto esercizio della «carità pastorale», dell’amore adulto che intende servire l’edificazionedella Chiesa, elabo rando l’azione in risposta al molteplice ascolto proprio del ministero (ascolto della Parola, dellavita delle persone, dei carismi e ministeri che lo Spirito suscita). Cfr. CEI-COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL CLERO,lettera ai sacerdoti La formazione permanente dei presbiteri nelle nostre Chiese particolari, 18.5.2000, nn. 16-19, part. 19; ECEI 6/2781ss.75 Cfr. LAITI, «Ministero presbiterale e rinnovamento dell’inizia zione cristiana».

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7.4 Curare la formazione diocesana eparrocchiale dei catechisti

Agli UCD è chiesto di promuovere una for-mazione diocesana di sostegno a quella par-rocchiale, specie rivolta ai formatori dei for-matori. Inoltre di sovrintendere a che nelleparrocchie si curi la formazione iniziale eperma nente dei catechisti: solo investendosulla formazione si potranno rendere opera-tivi e realizzabili i progetti par rocchiali dirinnovamento dell’iniziazione cristiana.

8. permanGono alCuni «nodi problematiCi»

Nell’incontro nazionale dei direttori UCD difebbraio 2012, durante la presentazione del-la mappatura delle sperimentazioni, eranoemersi alcuni «nodi problema tici» che eranostati riassunti in cinque binomi77. A con -clusione dei convegni regionali sembra chia-ro che questi nodi permangano.

8.1 obbligatorietà/libertà della propo-sta

Ci si continua, infatti, a chiedere: in sedeparrocchiale, se sia corretto rendere obbli-gatoria la proposta alle fami glie di intra-prendere questo nuovo percorso, oppure la -sciarle libere di poter far seguire ai figli ilpercorso tradizionale o quello sperimentale,nella prospettiva di una catechesi «differen-ziata»78 all’interno di un para digma missio-

76 Cfr. NICOLLI, MATASSONI, MATASSONI, «Formazione e accom pagnamento delle famiglie nella loro missione edu-cativa». 77 «Rimangono, certamente, anche alcuni “nodi problematici”, riassumibili in cinque binomi: obbligatorietà/propostalibera delle nuove esperienze; ripristino/mantenimento dell’ordine teologico dei sacramenti; famiglia/comunità(la famiglia riferimento centrale ma non esclusivo, in quanto la comunità è più e oltre la famiglia); ra gazzi/adulti,soggetti che vanno entrambi salvaguardati; mistago gia/pastorale giovanile (quale rapporto?)» (SCIUTO, «IC:qualcosa si muove. Così in Italia», in Settimana n. 9, 9. 78 Cfr. G. VENTURI, «Itinerari differenziati per l’iniziazione cri stiana dei ragazzi», in Via Verità e Vita 50(2001) 182,34-38; V. BUL GARELLI, «Itinerari differenziati. Una sfida per la catechesi», in Settimana n. 30, 26.8.2007, 8-9.

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contro personale; porre attenzione alle si-tuazioni concrete di vita e di fede dei ge-nitori; par tire dal mistero della nascita chesuscita stupore; ascol tare e condividere legioie e le speranze, i dubbi e le preoccu-pazioni che vivono i genitori);

– propone alla famiglia il messaggio cri-stiano in ter mini di prima evangelizza-zione (riconoscere che il figlio è un donodi Dio; prendere coscienza che essa è lapro tagonista dell’educazione umana e cri-stiana dei figli; comprendere il valore sa-cramentale del battesimo; per cepire il bat-tesimo come parte di un percorso più am-pio di formazione e di vita cristiana);

– sensibilizza la comunità cristiana; educaalla fede in famiglia e nella comunità. Leproposte vanno collo cate nel cammino diiniziazione cristiana: valorizzare il prota-gonismo della coppia e del bambino; pen-sare la famiglia come spazio educativocentrale; articolare una proposta relativaalla religione cristiana ma anche alla reli-giosità del bambino all’interno di processoedu cativo globale, attento allo sviluppopsicologico del bambino76.

7.3 dare maggiore attenzione ai tre set-tori dell’uCd

Tutte le regioni sono concordi nel promuo-vere l’at tenzione degli UCD ai settori del-l’apostolato biblico, del catecumenato e dellacatechesi alle persone disabili per una mag-giore cura di questi ambiti fondamentali dellapastorale.

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nario che «propone la fede»79; in sede dioce -sana, la perplessità si presenta con l’inter-rogativo se sia opportuno rendere obbliga-toria per tutte le parrocchie la nuova formaoppure lasciarla solo a quelle capaci di pro -gettarla, attuarla e verificarla.

8.2 ripristino dell’ordine dei sacramenti

Legata alla logica del percorso di iniziazionecristiana è la questione dell’ordine dei sa-cramenti. Pur salvaguar dando la riflessionesul senso unitario dei sacramenti del-l’ini-ziazione cristiana (che, in ogni caso, nellamaggioranza dei ragazzi della catechesi ègià compromesso dalla cele brazione del bat-tesimo in tenera età), ci si chiede se la causadegli «abbandoni» della comunità, succes-sivi al processo iniziatico, può essere ricon-dotta solo alla que stione dell’ordine teolo-gico dei sacramenti. E ancora, se la Chiesa,per ragioni pastorali ha ritenuto opportuna -mente e legittimamente di cambiare questoordine origi nario, è proprio opportuno ripri-stinarlo? Se si sceglie, in fine, di celebrare idue sacramenti insieme, a quale età dellosviluppo psico-sociale è più opportuno far-lo? E dove collocare il sacramento della ri-conciliazione?80

8.3 famiglia/comunità

Un terzo nodo da sciogliere è quello dellaresponsabi lità catechistica della famiglia edella comunità cristiana. Infatti, pur con-

sapevoli della necessità di un coinvolgi -mento attivo e responsabile della famigliadei ragazzi in quanto i genitori sono i primie i principali educatori della fede dei figli81,e che questo li aiuta a riscoprire-scoprire lapropria fede82, non si può nascondere oggila fragilità educativa della famiglia, la qualenon riesce a impartire un’educazione cristia-na e continua a delegarla alla co munità, chea sua volta, la delega ai catechisti. Per que-sto ci chiediamo come mettere insieme ledue polarità, con siderato che la famiglia è ilriferimento centrale per l’ini ziazione cristianama non esclusivo in quanto la comunità ec-clesiale, che accompagna nel cammino difede, è più e oltre la famiglia, in particolarequando questa è assente o non è in gradodi educare.

8.4 ragazzi/adulti

Riguardo i soggetti, ci si chiede: quale at-tenzione pri maria dare agli adulti, destina-tari primi della catechesi, salvaguardando,però, l’importanza pastorale dell’attuale ri -chiesta da parte dei genitori dei sacramentiper i piccoli, an cora presente nella maggio-ranza delle comunità parrocchiali italiane,per evitare una frattura intergenerazionale?83

8.5 mistagogia/pastorale giovanile

L’ultimo nodo ci riporta a «dopo» il percorsoinizia tico. L’attenzione ai genitori e ai «pic-coli», infatti, non deve adombrare la cura

79 Cfr. E. BIEMMI, «La dimensione missionaria della catechesi. Il Convegno EEC nel cuore della problematica delprimo annuncio», in Catechesi 78(2008-2009) 3, 2-8; A. FOSSION, «Proposta della fede e primo annuncio», inCatechesi 78 (2008-2009) 4, 29-34. 80 Cfr. MEDDI, D’ANGELO, I nostri ragazzi e la fede, 58-64. 81 Cfr. EPISCOPATO ITALIANO, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 37; ECEI 8/3830s.82 Cfr. U. MONTISCI, «La famiglia nell’iniziazione cristiana: pro blema o risorsa?», in Catechesi 73 (2004) 1, 55-64. 83 Cfr. MEDDI, D’ANGELO, I nostri ragazzi e la fede, 135.

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degli adolescenti e dei giovani.è questo unodegli snodi più dimenticati quando si di scutedell’iniziazione cristiana e in particolare dellasua continuità nella mistagogia. In sensosemplicistico, si ad debita l’abbandono deiragazzi dopo la cresima all’errato impiantodell’iniziazione cristiana (e questo potrebbeanche essere!), ma si dimentica forse di ri-flettere adegua tamente sulla pastorale gio-vanile e sulle caratteristiche specifiche del-l’età pre-adolescenziale e adolescenziale. Ec-co, allora, l’ultimo nodo da sciogliere per ilrinnova mento dell’iniziazione cristiana: ipo-tizzare degli itinerari per adolescenti e gio-vani che, pur nella continuità con il percorsogià fatto, siano segnati da una discontinuitàcon i modi della catechesi dell’infanzia. Perquesto ci si chiede: mistagogia/pastorale gio-vanile, quali competenze? Come progettareinsieme gli itinerari?84

9. lo «stato di salute» della CateChesi italiana

Concludiamo riassumendo quanto detto inotto punti che possono restituirci una foto-grafia quanto più vicina al volto della cate-chesi italiana così com’è emerso dai con -vegni regionali 2012.

9.1 una Chiesa italiana in «stato dievangelizzazione»

Riteniamo innanzitutto che le Chiese che so-no in Italia abbiano compreso di trovarsi difronte a trasfor mazioni sociali e religiose talida richiedere un impe gno corale per una

nuova evangelizzazione che si concretizzain «una rinnovata modalità di annuncio, so -prattutto per coloro che vivono in un con-testo, come quello attuale, in cui gli sviluppidella secolarizzazione hanno lasciato pesantitracce anche in paesi di tradi zione cristia-na»85. Le diocesi italiane stanno mettendoin atto azioni pastorali tali da vivere in modorinnovato la propria esperienza comunitariadi fede e di annuncio dentro le nuove situa-zioni culturali che si sono create. Molte parrocchie, luoghi capillari per l’in-gresso alla fede cristiana e all’esperienza ec-clesiale, hanno già ini ziato a lavorare allarevisione dei propri programmi per non es-sere considerate «stazioni di servizi», e nep -pure solo luoghi di pastorale ordinaria, dicelebrazioni liturgiche, di amministrazionedi sacramenti, di cate chesi e catecumenato86.Queste parrocchie, da Nord a Sud, alla lucedella nota su Il volto missionario delle par-rocchie in un mondo che cambia, desidera-no diven tare centri di irradiazione e di testi-monianza dell’esperienza cristiana e tentanonuove vie per essere luoghi dove l’ascoltodelle persone e dei loro bisogni apre allarealizzazione del regno di Dio, in quantostrada perché la ricerca della verità introducaall’in contro con Cristo, nutra e rinforzi l’ade-sione a lui. Le esperienze di rinnovamentodell’iniziazione cristiana con il coinvolgi-mento della famiglia, quelle di primo an-nuncio del pre e post battesimo, la promo-zione dei gruppi di ascolto della Parola, l’at-tenzione alle nuove povertà, rendono le co-munità parrocchiali più aderenti allo statopermanente di missione in cui anche la Chie-sa italiana si trova.

84 Cfr. C. SCIUTO, «Catechesi: la frontiera della fede. Nell’attesa degli orientamenti del decennio»; Regno-att.14,2010,494s. 85 Instrumentum laboris, n. 44; Regno-doc. 13, 2012, 396. 86 Cfr. Instrumentum laboris, nn. 80-84; Regno-doc. 13, 2012, 402s.

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9.2 una catechesi che cerca di essere«al passo con i tempi»

All’interno di questo positivo movimento dirinno vamento delle comunità ecclesiali, an-che il volto della catechesi che ci viene con-segnato dai convegni è vivace: desiderosodi rinnovarsi pur nelle difficoltà qua e là in -contrate. è una catechesi che, a vari livellie in diverse circostanze, dimostra il propriodesiderio di vivere «al passo con i tempi»,anche se non mancano in certe zone «desi-deri nostalgici» e tentativi di ritorno a formede suete e «archeologiche» di una catechesiche, se allora rispondeva ai bisogni del tem-po, oggi sarebbe inefficace e anacronistica.La promozione dei nuovi percorsi a volte fa-tica a causa dell’assenza di una mentaliz-zazione degli operatori (parroci, catechisti,operatori pastorali, famiglie), della necessitàdi un nuovo investimento di forze difficilida reperire o del mancato ricambio gene -razionale dei catechisti. In ogni caso, però,questo mo vimento di rinnovamento secondoalcune regioni fa uscire da quella posizionerassegnata e stanca in cui si rischia di ca-dere, soprattutto laddove si «smonta» l’ini -ziazione cristiana riportando la conferma-zione indie tro di uno/due anni per il solomotivo che «non si trovano più i catechisti».

9.3 la fatica dei catechisti/parroci alcambio di prospettiva

A partire dal n. 200 del documento di baseIl rinno vamento della catechesi, ci sembrache la vera ricchezza della catechesi sianole centinaia di migliaia di catechisti che, inmodo gratuito e a partire dalla loro fede, of-frono alle comunità parrocchiali un contri-buto unico e insosti tuibile all’annuncio delVangelo della vita buona, alla ge nerazioneed educazione della fede. Troppo spesso cisi la menta di loro, forse prima si dovrebbe

ringraziare il Signore per il dono che sonoper le nostre comunità cri stiane: senza di lo-ro, forze basilari di una Chiesa evange -lizzante, le nostre comunità rimarrebberoprive di testi moni credibili del Vangelo. Losforzo di rinnovamento della catechesi passada loro, che sono i testimoni diretti del cam-bio culturale, sociale e religioso delle nuovege nerazioni. Fuori da una visione irenica,però, le verifiche regionali evidenziano unafatica nel cambio di prospettiva sia dei ca-techisti sia degli stessi parroci. è una faticache nasce da una mancata riflessione, maanche dal direzio narsi verso un «nuovo» cheimplica l’abbandono delle proprie sicurezzee certezze per ricercare nuove vie. Dalle dio-cesi emerge quindi la necessità di aiutare icatechisti e i sacerdoti in questo percorso dipresa di coscienza della realtà in vista di unrinnovamento del pensiero e della prassi del-l’iniziazione cristiana in chiave missionaria.

9.4 la domanda diffusa di convergenzae orientamenti

Dalle verifiche emerge con forza, dopo undecennio vivace di «sperimentazioni», il de-siderio di convergenza verso dei criteri diorientamento comuni sia a livello dio cesano,sia a livello regionale e quindi nazionale.Queste linee guida dei percorsi non devonorispondere al criterio dell’uniformità, madell’unità e della coralità a cui il Pro getto ca-techistico italiano ha notevolmente contri-buito nel post Concilio. Non si tratta dunquedi spegnere la creatività e l’originalità di ognicomunità, ma di orientare un cammino co-mune di Chiesa verso l’unico obiettivo cheè il regno di Dio. Il Comunicato finale delConsiglio permanente del settembre 2012 atal proposito così si esprime: «I vescovi han-no sottolineato l’importanza di concluderela fase delle sperimentazioni degli itinerari

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di iniziazione cristiana e di fare comunionee unità attorno al Progetto catechistico e aglistessi catechismi della CEI. L’obiettivo di taleinvestimento è la formazione e l’assun zionedel pensiero di Cristo»87.Ci si aspettano dei pronunciamenti autore-voli a livello universale dal prossimo Sinodosulla nuova evangelizza zione come ipotiz-zato dall’Instrumentum laboris, e a li vellonazionale dagli Orientamenti per la cate-chesi della Commissione episcopale per ladottrina della fede, l’an nuncio e la catechesi.In questi luoghi di riflessione emer gerannoindicazioni: «sulla possibilità di configurareper il catechista un ministero stabile e isti-tuito dentro la Chiesa»88; sul compito deipresbiteri nella catechesi; sulla importanzae la modalità del coinvolgimento della fami -glia; sulla pastorale delle prime età; sull’or-dine teologico dei sacramenti. Attendiamofiduciosi quanto emergerà nel prossimo fu-turo.

9.5 l’accompagnamento delle famiglienell’educazione cristiana dei figli

Le regioni indicano una delle piste percorri-bili, che ha già portato buoni frutti, nell’ac-compagnamento della famiglia nell’educa-zione dei figli. Per natura, infatti, la fa migliaè l’agenzia educativa che incide maggior-mente sulla struttura di personalità di un in-dividuo e ha una no tevole influenza nellatrasmissione dei valori e della fede da unagenerazione all’altra. Per un’efficace trasmis-sione della fede alle nuove generazioni è al-lora di vitale impor tanza che la famiglia siriappropri del proprio naturale compito edu-

cativo, superando la tentazione della delega.Lo stesso Instrumentum laboris ricorda che«per la Chiesa la famiglia ha il compito dieducare e trasmettere la fede cristiana findall’inizio della vita umana. Da qui nasce illegame profondo tra Chiesa e famiglia conl’aiuto che la Chiesa intende dare alla fami-glia e l’aiuto che si attende dalla famiglia»89.Dalle esperienze regionali emerge chiara-mente che, se da un lato i catechisti dei fan-ciulli e dei ragazzi la mentano la scarsa col-laborazione dei genitori nell’edu cazione allafede dei loro figli, mentre trovano nell’in -differenza religiosa delle famiglie una dellecause principali della scarsa efficacia dellacatechesi, dall’altro lato le famiglie stesse,man mano che sono coinvolte, prendonocoscienza delle loro difficoltà e sentono il bi -sogno del sostegno della comunità, dell’ac-coglienza, dell’ascolto e dell’annuncio delVangelo, dell’accompagna mento nel lorocompito educativo. «L’obiettivo comune èche la famiglia abbia un ruolo sempre piùattivo nel processo di trasmissione della fe-de»90. Bisogna proseguire in tal senso perriaccendere nei genitori il desiderio di ri -partire nella fede, di trasmetterla ai figli, evi-tando così di rendere sterile il servizio deicatechisti.

9.6 la riscoperta della pastorale batte-simale e delle prime età

Un dato significativo emerso dai convegniè la risco perta della preparazione al sacra-mento del battesimo ini tium fidei per i bam-bini e ripresa del cammino di fede per i ge-nitori. La cura della pastorale battesimale e

87 CEI-CONSIGLIO PERMANENTE (Roma, 24-27.9.2012), Comuni cato finale, in www.chiesacattolica.it; Regno-doc.17, 2012, 551. 88 Instrumentum laboris, n. 108; Regno-doc. 13, 2012, 407. 89 Instrumentum laboris, n. 111; Regno-doc. 13, 2012, 408. 90 Ivi.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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delle prime età sembra perciò uno dei luoghiprioritari per la nuova evangelizzazione euna pista da percorrere91. Le regioni chehanno intrapreso una riflessione comune ele diocesi che stanno attuando già dei per-corsi per i geni tori in occasione dell’attesa,della nascita e del battesimo di un figlio, epoi dell’accompagnamento nell’età presco -lare, sono di stimolo alle altre per i notevolirisultati rag giunti in questo processo diosmosi educativa attuato tra comunità par-rocchiale e famiglia. In questo senso il prossimo Convegno na-zionale dei direttori degli UCD del giugno2013, che vedrà gli ope ratori e gli studiosidella catechesi riuniti ad Assisi in una ri-flessione comune con la pastorale familiare,potrà ap portare quel contributo necessarioal pensiero e alla prassi per un’organica pa-storale integrata da 0 a 6 anni inserita nelprocesso di rinnovamento dell’iniziazionecristiana.

9.7 la riscoperta della domenica: gior-no del signore, giorno della comu-nità, giorno dell’iniziazione

Una particolare attenzione è stata data allariscoperta della domenica come «giorno delSignore», «giorno della comunità», ma anche«giorno dell’iniziazione». A fronte di coloroche vorrebbero evitare di centrare il processoiniziatico nella domenica, le esperienze dio-cesane richia mano a un ritorno a questogiorno festivo. Così si esprimeva in tal senso al convegnodella Ligu ria il card. Bagnasco: «La domenicaè il giorno in cui tutta la comunità si ponein stato di iniziazione e assolve il suo compitodi iniziare le nuove generazioni. Sorge allora

spontanea una domanda: perché non pen-sare alla do menica, giorno dell’assemblea li-turgica, del riposo, dell’accoglienza nella ca-rità e dell’anticipazione festosa del Regno,come giorno in cui incrociare la dimensioneca techistica e la partecipazione fruttuosa allaliturgia? E in sieme valorizzare l’anno litur-gico come grande itinerario di catechesi? èproprio tale dimensione domenicale della vitacomunitaria che potrebbe permettere di su-perare un’altra aporia, quella che vede con-trapposti, e quasi con correnziali nella propo-sta pastorale, l’impegno catechi stico verso ipiccoli e quello verso gli adulti. Il problemaprobabilmente non è quello di spostarel’obiettivo, ma di cogliere come, a cerchi con-centrici, bambini e adulti sono correlati, e gliuni e gli altri vanni accompagnati spesso gliuni con gli altri. Non si tratta di spostare ilbaricentro, ma di allargarlo. La scelta stra-tegica sarebbe allora quella di concentrarsisulla pastorale degli adulti, per gli adulti econ gli adulti, evangelizzando i piccoli e igrandi, facendo perno sui piccoli in vista deigrandi e sui grandi coinvol gendoli nell’edi-ficazione di una comunità adulta capace diessere al servizio dei piccoli»92.La riflessione in questo senso è aperta.

9.8 la necessità di formazione

Una parola chiave risuonata nei convegni è«forma zione» degli operatori pastorali e deicatechisti in parti colare. Alla «quantità» deicatechisti, per lo più im pegnati quasi esclu-sivamente nella catechesi dei fanciulli e deiragazzi, non sempre corrisponde la «quali-tà»: spesso hanno una preparazione inade-guata, non solo in ciò che gli è proprio, maanche nei contenuti della fede, e non sempre

91 Cfr. Instrumentum laboris, n. 135; Regno-doc. 13, 2012, 412. 92 Intervento al Convegno catechistico regionale della Liguria.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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ne hanno consapevolezza. Per questo è ur-gente ribadire la necessità di dare più postoe più importanza alla formazione dei cate-chisti nelle nostre comunità ec clesiali, troppospesso trascurata o sottovalutata. Deve cre-scere la convinzione che «investire» nellaformazione è un’impresa di sicuro rendi-mento. In questo senso il Consiglio perma-nente ha di recente ribadito che bisogna«mantenere prioritario l’impegno di forma-zione dei ca techisti»93.Occorre una formazione diversificata dei ca-techisti in ordine: alla propria crescita per-manente; ai destinatari del loro ministero(iniziazione cristiana, adulti, batte simo...);ai contenuti e metodi. è da proseguire (lad-dove è già iniziata) o promuovere, la for-mazione dei formatori dei catechisti, in par-ticolare gli animatori-coordinatori del grup-po-catechisti. Questo livello formativo im-plica un impegno diretto degli UCD sia nellapromozione di for mazione diocesana sia nelgarantire che le parrocchie cu rino quella ini-ziale e permanente dei loro catechisti. La parola formazione è risuonata più voltenei con vegni anche per i diaconi perma-nenti, i seminaristi e il clero affinché sianoabilitati a operare il passaggio «dalla pasto-rale della cura della fede» alla «pastoralemissiona ria», e si riapproprino del loro ruolospecifico e insosti tuibile nell’iniziazione cri-stiana in chiave catecumenale.

Concludiamo, richiamando il n. 169 del-l’Instrumen tum laboris. Nel tempo dellanuova evangelizzazione ab biamo bisognodi recuperare l’entusiasmo del messaggerodi lieti annunzi. Per cui «impariamo la dol-ce e confor tante gioia di evangelizzare, an-che quando sembra che l’annuncio sia unasemina nelle lacrime» (cfr. Sal 126,6). Almondo che cerca risposte alle grandi do-mande circa il senso della vita e la verità,possa accadere di vivere con rinnovata sor-presa la gioia di incontrare testimoni delVangelo che con la semplicità e la credibilitàdella loro vita sanno mostrare la potenzatrasfiguratrice della fede cristiana. Come af-fermava Paolo VI: “Sia questa la grandegioia delle nostre vite impegnate. Possa ilmondo del nostro tempo, che cerca oranell’angoscia, ora nella speranza, riceverela buona novella non da evangelizza toritristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, mada mini stri del Vangelo, la cui vita irradifervore, che abbiano per primi ricevuto inloro la gioia del Cristo, e accettino di metterein gioco la propria vita affinché il Regnosia annunziato e la Chiesa sia impiantatanel cuore del mondo”». Questo il nostro compito di operatori dellacatechesi in un tempo di «novità» che loSpirito ci fa scorgere all’orizzonte come unsole che sorge per illuminare le «te nebre»delle nostre umane perplessità.

93 CEI-CONSIGLIO PERMANENTE (Roma, 24-27.9.2012), Comuni cato finale, in www.chiesacattolica.it; Regno-doc.17, 2012, 552.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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CAPITOLO 4

CONSULTEDELL’UFFICIO CATECHISTICO

NAZIONALE

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Con l’Incontro Nazionale dei Direttori cheincomincerà questo pomeriggio entriamonella fase operativa dei Convegni CatechisticiRegionali 2012. Si tratta di un evento im-portante, che, come ho anticipato nell’inter-vista su Avvenire di sabato 4 scorso, vedetutta la comunità catechistica italiana impe-gnata a realizzare quella “verifica” che ri-chiedono gli Orientamenti Pastorali al nu-mero 54a. Non sto qui con voi a ripetere gliobiettivi specifici di questo lavoro: li cono-sciamo perché insieme li abbiamo valutati eproposti nel Vademecum. Mi sembra inveceimportante dare una lettura del cammino in-trapreso, senza enfatizzazioni, ma anchesenza reticenze.

1. i ConveGni CateChistiCi reGionali

Il lavoro nelle commissioni regionali è statoegregio; il merito va ai Direttori UCR, cheringrazio vivamente per il loro generoso im-pegno. In quasi tutte le regioni c’è statauna vivace risposta, ovviamente commisu-rata alla situazione concreta di ciascun ter-ritorio. Abbiamo (don Carmelo, don Paoloed io) incominciato gli incontri specifici conalcune regioni, altri seguiranno in febbraioe marzo. Molte sono le linee di “novità” chevengono da questa creativa interpretazionedei CCR; le elenco solo in modo generale;ciascun direttore regionale potrà, se vorrà,approfondire:a) In molte regioni si è verificato un buon

coinvolgimento dei vescovi, che, in al-

cuni casi, è maturato in un incontro traUCR e Conferenza episcopale regionale;

b) In alcune regioni si è pensato ad un in-contro con rappresentanti dei Presbìteridelle diocesi (soprattutto parroci);

c) Il lavoro di stesura delle relazioni re-gionali è in stato di buon avanzamento;i Convegni daranno poi un ulteriore con-tributo di riflessione;

d) Mi sembra che nei Convegni si è predilettouno stile di coinvolgimento di personequalificate e rappresentative; piuttostoche ai numeri ampi si è guardato alla con-vocazione di persone (Direttori, equipesdiocesane, animatori di catechisti, cate-cheti, operatori diocesani,...) rilevanti dalpunto di vista decisionale ed operativo,in tutto più di 5mila persone (con una sti-ma in difetto), molte più di qualsiasi con-vegno di studio possa promuovere l’UCN;

e) Le Case editrici si sono coinvolte congrande attenzione; da esse ci aspettiamoanche contributi di riflessione e pensiero,nonché una qualificata presenza ai Con-vegni che ogni UCR concorderà;

f) Anche l’aiCa ed i professori interessatidi ISSR e Facoltà Teologiche sono statilocalmente interpellati e coinvolti;

g) Un discorso a parte meritano alcuni or-gani di pubblicistica; avvenire, per vocedel direttore Marco Tarquinio, ha assicu-rato attenzione e “copertura” verso i Con-vegni Regionali; settimana ha già pub-blicato alcune riflessioni; anche dalle altreriviste di settore ci aspettiamo attenzioni,

Roma, Consulta 6 febbraio 2012

ComunicazioniDon Guido Benzi, Direttore UCN

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nei modi che autonomamente riterrannoopportuni.

h) Il Ciis ha inserito una riflessione nel-l’ambito della propria programmazione,e così ci aspettiamo anche da parte del-l’USMI e del CISM. L’AC, l’AGESCI (ed ilMASCI) hanno manifestato il proprio in-teresse e la propria disponibilità. Anchealtri Movimenti ecclesiali si sono avvici-nati alla tematica.

i) I referenti territoriali dei tre settori sonostati allertati: essi si aspettano il loro coin-volgimento.

Si tratta di segnali incoraggianti che mostra-no come un cammino progettato e condottoinsieme porti i suoi frutti. L’osservatoriodell’UCN ci permette di vedere che la “base”,o meglio il “territorio”, è stata coinvolta conuna animazione capillare. Ad essa, come di-remo tra breve, corrisponderanno ancheesplicite richieste da parte dei nostri Vescovi. Vi sono naturalmente anche dei nodi pro-blematici; ne vedo essenzialmente quattro,che, pur influenzando l’organizzazione deiCCR, sono però più generali:

– Anzitutto la fragilità della “maglia” regio-nale della nostra rete. Una fragilità istitu-zionale ed una fragilità motivazionale chenasce da un certo individualismo; accadeper gli UCD come per tante Parrocchie dellenostre Diocesi che ritengono non impor-tante il confronto e la messa in comunedi problemi e soluzioni.

– C’è poi una certa fiacchezza nel cogliereed orientare i cambiamenti con un discer-nimento realistico ma non per questo sen-za speranza. Specialmente per noi mi paresia importante saper accogliere stimoli eproposte sia dalla vita delle diocesi chedelle comunità, per essere in grado di for-mulare proposte fedeli alle straordinarie

intuizioni del Concilio, alla vita delle per-sone alle quali va rivolto l’annuncio di fe-de, alla storia della catechesi in Italia, aglistimoli provenienti dal Papa e dai Vescoviin definitiva allo Spirito che guida la Chie-sa. Non è un compito facile ed il Signore– non a caso – ci chiama a svolgerlo in-sieme. Ma è un compito straordinariamen-te bello che tutti noi desideriamo servire.

– Vanno proprio per questo rafforzate le pos-sibilità di comunicazione e di relazione.Non solo dall’UCN verso le varie realtà.Ma anche in senso inverso. La riduzionedi alcune voci importanti (riviste, ambitidi studio, attenzione delicata verso istanzepastorali) non deve trovarci rassegnati.

– E, tanto per non restare sul vago, credoche dobbiamo essere, come Consulta, con-sapevoli di alcuni rischi e prefiggerci alcu-ne strategie:

• Il rischio di non abitare con responsabi-lità il confronto ed il dibattito serio, ser-rato, autentico senza far mai mancare lavoce di ciascuno. Anche i Vescovi – nefa fede il Seminario di novembre – desi-derano ascoltare il nostro contributo pro-positivo e competente;

• Il rischio che manchi il confronto tra levarie importanti “scuole di pensiero”, conl’inevitabile possibilità che alcuni Diret-tori diocesani si sentano più confortatida intuizioni episodiche che da un cam-mino comune. Uno spirito di continuaapertura va pazientemente curato. Leprime “buone pratiche” sono il nostrosereno confronto, nella continua ricercadi una comunione e di una fraternità cri-stiana che deve essere coltivata, curatae amata. I Direttori e con loro i tanti ope-ratori ci guardano.

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• Questo è, per la catechesi, un tempo im-portante. Il rischio di non cogliere questokairos, presi da argomenti teorici anchelegittimi, è altrettanto reale. Come co-munità catechistica siamo custodi di uncammino ricco di pensiero e di strumenti.Valorizziamo le sfide e facciamo sentirel’affidabilità competente del nostro ser-vizio. è questo il “respiro” che da noi cisi attende.

Possiamo così pensare e credere che l’effettodei CCR non sarà solo quello specifico pro-grammato, ma anche quello di una effettivarivitalizzazione dell’interesse catechistico.Sta a tutti noi non mortificare, ma sostenerequesto lavoro anche in vista degli impegniche ci attendono oltre i CCR ai quali già laConsulta deve guardare.

2. i lavori della CedaCsul Cosìddetto“doCumento Condiviso”

Il Seminario indetto dalla CEDAC sull’ascoltoed il discernimento nel novembre scorso(con molti riscontri positivi) ha convinto laCommissione Episcopale a dare inizio all’iterdi stesura di quel documento che, a Dio pia-cendo, dovrebbe essere presentato nel 2013.La scelta della CEDAC, che vede ancora unafase fino all’estate 2012 di riflessione e ma-turazione, si va orientando verso un docu-mento che si incentri sulla catechesi in quan-to tale, anche in relazione alle sue dimen-sioni evangelizzanti. La proposta tripartitadel Seminario (nuova evangelizzazione, iti-nerari e strumenti, fisionomia e formazionedegli operatori) più l’ampia introduzione po-trebbero costituire lo scheletro del documen-to. Vi chiederei di non entrare oggi nel meritodei contenuti (ne avremo modo già nella

prossima Consulta di marzo). Invece è fon-damentale affiancare fin da ora questa ri-flessione della CEDAC con proposte e rifles-sioni:• attraverso la discussione che nascerà in-

torno ai Convegni regionali;

• attraverso riflessioni e studi che le rivistepotranno presentare;

• attraverso l’azione che ciascuno di voiconduce nelle varie realtà.

La CEDAC ha intenzione (con modalità cheancora devono essere stabilite) di interpel-lare sia la Consulta sia le Regioni su di una“griglia” del documento perché possano es-sere dati apporti plurali e molteplici.Questo ci fa prendere ancor di più coscienzache vivremo la felice occasione di mostrarecome la comunità catechistica (della qualela Consulta è una qualificata rappresenta-zione) sia vivace e creativa, capace di nonfermarsi sulle tante difficoltà, ma di saperdelineare con spirito ecclesiale una azionedi grande respiro. Non è forse questo il modo, aggiornato al-l’oggi concreto, di riproporre quella spintapositiva che animò la stagione del Docu-mento di Base?

3. l’anno della fede

In data 11 ottobre 2011 con la Lettera apo-stolica in forma di Motu proprio dal titoloPorta Fidei (PF) il Santo Padre BenedettoXVI ha indetto l’Anno della Fede che verràcelebrato dall’11 ottobre 2012 (50° del-l’apertura del Concilio Vaticano II) al 24 no-vembre 2013. Il 6 gennaio scorso la Con-gregazione per la Dottrina della Fede haemanato una Nota con indicazioni pa-storali per l’Anno della Fede (Nota). Iltesto papale esprime le motivazioni per le

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quali viene indetto l’Anno della Fede.L’evento del Sinodo sulla Nuova Evangeliz-zazione, che si colloca proprio all’inizio diquesto Anno, mi pare stia ad indicare unchiaro orizzonte di lavoro. L’intervento diMons. Semeraro sull’Avvenire di ieri è moltorilevante in tal senso. Mi permetto solo disottolineare alcuni aspetti:• L’espressione “porta della Fede” è tratta

dagli Atti degli Apostoli (14,27). Il papaafferma nella Lettera che tale soglia puòessere oltrepassata quando «la Parola diDio viene annunciata e il cuore si lasciaplasmare dalla grazia che trasforma. At-traversare quella porta comporta immet-tersi in un cammino che dura tutta la vita.Esso inizia con il Battesimo (cfr. Rm 6,4),mediante il quale possiamo chiamare Diocon il nome di Padre, e si conclude con ilpassaggio, attraverso la morte, alla vitaeterna, frutto della risurrezione del SignoreGesù che, con il dono dello Spirito Santo,ha voluto coinvolgere nella sua stessa glo-ria quanti credono in Lui (cfr. Gv 17,22)»(PF 1). Già nel secondo paragrafo papaBenedetto esprime come nell’attuale cul-tura secolarizzata non sia possibile piùpensare alla fede come «un presuppostoovvio del vivere comune. In effetti, questopresupposto non solo non è più tale, maspesso viene perfino negato. Mentre nelpassato era possibile riconoscere un tes-suto culturale unitario, largamente accoltonel suo richiamo ai contenuti della fede eai valori da essa ispirati, oggi non sembrapiù essere così in grandi settori della so-cietà, a motivo di una profonda crisi difede che ha toccato molte persone». Daquesta constatazione emergono le ragioniper cui il papa ha indetto l’Anno della Fe-de: «Non possiamo accettare che il sale di-venti insipido e la luce sia tenuta nascosta(cfr. Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi

può sentire di nuovo il bisogno di recarsicome la samaritana al pozzo per ascoltareGesù, che invita a credere in Lui e ad at-tingere alla sua sorgente, zampillante diacqua viva (cfr. Gv 4,14). Dobbiamo ri-trovare il gusto di nutrirci della Parola diDio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele,e del Pane della vita, offerti a sostegno diquanti sono suoi discepoli (cfr. Gv 6,51)»(PF 3). L’orizzonte, come emerge da que-ste parole di Benedetto XVI, è quello diuna riscoperta del dono della Fede, scatu-rito e corroborato dai sacramenti dell’Ini-ziazione cristiana, in vista dell’annunciomissionario. la comunità catechisticaitaliana e le nostre chiese non arriva-no impreparate a questa riflessione.da ormai più di un decennio abbiamoriflettuto sul primo annuncio, sul ri-sveglio della fede, sulla catechesievangelizzante. Credo che queste ri-flessioni ed anche i documenti chehanno generato, andrebbero ripresi,riproposti, nuovamente messi in luce.

• L’Anno della Fede si colloca su due ricor-renze anniversarie. La prima, come già ri-cordato, è il 50° anno dall’indizione delConcilio. La seconda è il ventennale dellapubblicazione del Catechismo dellaChiesa Cattolica promulgato «allo scopodi illustrare a tutti i fedeli la forza e la bel-lezza della fede. Questo documento, au-tentico frutto del Concilio Vaticano II, fuauspicato dal Sinodo Straordinario dei Ve-scovi del 1985 come strumento al serviziodella catechesi e venne realizzato mediantela collaborazione di tutto l’Episcopato dellaChiesa cattolica» (PF 4). I Documenti delConcilio e il Catechismo della Chiesa Cat-tolica, diventano così gli imprescindibilistrumenti di riflessione dottrinale che ven-gono riconsegnati dal papa, direttamenteo attraverso le opportune e necessarie

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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mediazioni, a tutti i cristiani. La PF af-ferma che la fede professata (fides quae)non può mai essere disgiunta dall’atto difede (fides qua), in una circolarità virtuo-sa: «Solo credendo, quindi, la fede crescee si rafforza; non c’è altra possibilità perpossedere certezza sulla propria vita senon abbandonarsi, in un crescendo conti-nuo, nelle mani di un amore che si speri-menta sempre più grande perché ha la suaorigine in Dio» (PF 7). Tale esperienzafonda la professione comunitaria, eccle-siale della fede «La stessa professione dellafede è un atto personale ed insieme comu-nitario. è la Chiesa, infatti, il primo sog-getto della fede» (PF 10). la riflessioneche anche ultimamente (pesaro 2011)abbiamo svolto sull’importanza e lacentralità della Catechesi degli adultiin vista di una responsabilità verso lenuove generazioni va dunque arric-chita e approfondita.

• L’indizione dell’Anno della Fede in rela-zione alla realtà italiana comporta dunquealcune importanti convergenze: – Una convergenza tra Decennio sull’edu-

cazione, Sinodo sulla nuova evangeliz-zazione ed Anno della Fede;

– Importanza della recezione del Conciliomediata in gran parte attraverso il Pro-getto Catechistico italiano;

– Rinnovamento dell’Iniziazione cristianache vede in ultima battuta la revisioneanche degli strumenti catechistici (pre-vista dall’agenda pastorale per il 2015);

– Una riaffermata convergenza tra CCC eCatechismo degli adulti – nonché lavalidità dottrinale degli attuali catechi-smi. In tal senso un esempio è offertodalla ricerca che E. Biemmi sta compien-do con alcuni Direttori e Responsabili deicatechisti, i cui esiti (parziali) sono stati

presentati al seminario dei Vescovi di no-vembre.

• non devono essere trascurati, tuttavia,alcuni elementi che comunque è prevedi-bile possano anche occupare il dibattito(pubblico) nei prossimi mesi:1. Una intrinseca debolezza non dottrinale

né progettuale ma comunicativa deglistrumenti catechistici in vigore, soprat-tutto quelli della Iniziazione cristiana(l’assenza di una esplicita dimensionedi primo annuncio, linguaggi e impiantografico obsoleti, assenza di alcuni ele-menti della vita odierna dei bambini edei ragazzi, pochi rimandi alla dimen-sione liturgica e all’esperienza della ca-rità...). La risposta potrebbe andare nel-la linea di rafforzare l’importanza delCatechismo degli adulti come puntodi riferimento dottrinale proprio perchémediazione autorevole del CCC (appro-vata dalla Congregazione). Tale impor-tanza andrebbe ribadita anche a livellodi interventi concreti (sussidi, comuni-cazioni mediatiche, ecc...). Va ribaditala consapevolezza del servizio che ilCatechismo degli adulti in particolare etutti i catechismi CEI in generale svol-gono nel mediare la dottrina Conciliaresoprattutto su due punti focali:a. Il Cristocentrismo ed il suo rapporto

con l’humanum (caratterizzazioneantropologica);

b. La presenza della Parola di Dio nonsolo come tematica, ma come meto-do in vista di una animazione bibli-ca della pastorale (cfr. Verbum Do-mini) ed in definitiva della NuovaEvangelizzazione.

2. Queste due caratteristiche, oltre che mo-strare un chiaro taglio pastorale, costi-tuiscono un prezioso “di più” rispetto

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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al CCC in quanto sviluppano elementipresenti in esso soprattutto nelle pre-messe alle sue quattro parti.L’attenzione è che non si ingeneri lasensazione che proprio nell’annodella fede la comunità catechistica sitrovi come sprovvista di strumenti e(soprattutto) di argomenti per pro-

muovere lo stesso contenuto dellafede.

Come si vede, il cammino è felicemente insalita, ma è con la certezza della bontà epositività del percorso fatto finora che pos-siamo affrontarlo.Grazie per il vostro contributo!

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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1. la Costituzione

1.1. lo statuto dell’uCnIl nuovo statuto dell’Ufficio Catechistico Na-zionale, approvato il 27 giugno 2011, all’art.11 recita: «L’Ufficio può avvalersi, per l’ela-borazione di particolari tematiche, dell’ap-porto di specifiche Commissioni, i cui mem-bri sono scelti dal direttore dell’Ufficio, sen-tito il Segretario Generale. I membri duranoin carica il tempo necessario all’espleta-mento del compito assegnato, e comunquenon oltre tre anni».In vista della loro costituzione, già il 3 di-cembre 2009 e il 4 marzo 2010, si eranotenuti due incontri una tantum, rispettiva-mente sul tema dell’IC e sulla catechesi degliadulti. Dagli incontri, che hanno avuto comeobiettivo quello di mettere a tema alcuneproblematiche dell’IC, del PA e della forma-zione degli adulti, è emerso che le proble-matiche sono molteplici, complesse e biso-gnose di approfondimento; per questo si èavvertita l’esigenza di rendere “stabile” unariflessione attraverso delle commissioni che,a latere della Consulta Nazionale, potesseroriflettere sulle singole tematiche lavorandocon una certa agilità (visto il ridotto numerodei partecipanti).

1.2. la nascita e i componenti

Così, con lettera del 4 novembre 2010 il di-rettore, sentito il Segretario Generale (28 ot-tobre 2010), ha nominato per il triennio2010-2013

– membri della Commissione per la Ca-techesi degli adulti: don Pietro Biaggi,direttore UCD Bergamo, la dott.ssa PaolaDal Toso, segretario generale della CNAL;il dott. Ernesto Diaco, vice responsabiledel Progetto Culturale della CEI; don DaniloMarin, direttore UCR Triveneto e UCDChioggia; don Giuseppe Masiero, assisten-te centrale per il Settore Adulti di AC e delMLAC; don Ubaldo Montisci, coordinatoredel DPGC dell’Università Pontificia Sale-siana; sr. Lucia Rugolotto, direttore UCRAbruzzo-Molise;

– membri della Commissione per l’Ini-ziazione Cristiana: mons. Valentino Bul-garelli, direttore UCR Emilia Romagna eUCD Bologna; sr. Cettina Cacciato, docentedi metodologia catechetica all’Auxilium diRoma; don Gianfranco Calabrese, direttoreUCD Genova; sr. Anna Maria D’Angelo,direttore UCD Caserta; dott.ssa Franca Fe-liziani Kannheiser, psicologa e catecheta;don Dino Pirri, direttore UCR Marche eUCD San Benedetto del Tronto-Ripatranso-ne-Montalto, assistente centrale dell’ACR.Inoltre, con lettera del 17 novembre 2011,il direttore, sentito il Segretario Generale(14 novembre 2011), ha nominato finoalla scadenza naturale della Commissione(novembre 2013): don Michele Roselli, di-rettore UCD Torino; don Salvatore Soreca,direttore UCD Benevento.

Fanno parte di diritto delle due Commissioni:il direttore dell’UCN, che presiede gli incontrie l’aiutante di studio, nella qualità di segre-tario.

consulte dell’ufficio catechistico nazionale 163

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

Il lavorodelle Commissioni NazionaliIniziazione Cristiana e Adulti

Don Carmelo Sciuto, Aiutante di studio dell’UCN

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consulte dell’ufficio catechistico nazionale164

2. la Commissione iC

2.1. Gli incontri e le tematiche su cui si è riflettuto

La Commissione IC finora si è riunita 7 volte:13 dicembre 2010; 21 febbraio-9 maggio-4 luglio (insieme ai direttori UCR) - 3 otto-bre-7 novembre (insieme ai direttori UCR)- 12 dicembre 2011. Sin dal suo primo incontro ha individuatoalcuni nodi comuni di riflessione: l’opportu-nità di avere un linguaggio comune con lanecessaria chiarificazione terminologica suivari aspetti dell’IC attraverso una mappaconcettuale (il tema è stato affrontato damons. Bulgarelli); l’individuazione dei mo-delli ecclesiologici sottesi alle varie speri-mentazioni (la riflessione è stata tenuta dadon Calabrese); la verifica regionale all’in-terno dei convegni regionali 2012. L’attenzione maggiore è stata dedicata allariflessione sui Convegni Regionali e alla lo-ro preparazione. Potremmo dire che il Va-demecum è frutto della riflessione in Com-missione IC a cui è seguito l’accompagna-mento della sua rielaborazione con i diret-tori regionali. Lo stesso programma delConvegno dei direttori del 6-7 febbraio2012 è stato pensato, riflettuto e organiz-zato dalla Commissione.

2.2. le prospettive

Nell’ultimo incontro del 12 dicembre, laCommissione, nell’occasione dell’Anno dellafede, ha pensato di preparare una collana divolumetti presso le edizioni AVE che chia-riscano i termini più importanti della cate-chesi. L’esigenza di una chiarificazione ter-minologica è apparsa sin dal primo incontrodella Commissione ed è stata fortemente ri-badita dal I Seminario della CEDAC in vistadel “Documento Condiviso”. La collana, cu-

rata da don Pirri e mons. Bulgarelli, avrà untaglio divulgativo-scientifico, con note e ri-mandi bibliografici.

3. la Commissione per la CateChesi deGli adulti

3.1. Gli incontri e le tematiche su cui si è riflettuto

La Commissione Adulti finora si è riunita 5volte: 29 novembre 2010; 14 febbraio-9maggio-6 ottobre-14 dicembre 2011. La Commissione, partendo dal n° 55 degliOP 2010-2020, ha riflettuto sulla prioritànell’impegno educativo delle diocesi dellacura della formazione permanente degliadulti e delle famiglie. Si è, quindi, dedicataalla preparazione del Convegno Nazionaledei Direttori UCD di Pesaro (20-23 giugno2011). In particolare è stata preparata laprima Bozza di programma poi presentata,riflettuta e varata in Consulta Nazionale. Lastessa Commissione si è occupata dei gruppidi lavoro divisi per ambiti di vita. Quindi,alla fine del Convegno, dopo un’attenta ve-rifica, ha deciso di accompagnare l’ulterioreriflessione sulla catechesi degli adulti condegli articoli su riviste varie per tenere destal’attenzione al “problema”. Sempre sul temadella catechesi degli adulti, ha preparato unabozza di programma per un Laboratorio ar-te/catechesi organizzato da tre uffici CEI(UCN, Beni Culturali, Progetto Culturale) incalendario per il 3 maggio 2012.

3.2. le prospettiveNell’ultimo incontro del 14 dicembre, la Com-missione ha pensato di preparare una pub-blicazione sulla Catechesi degli adulti, sud-divisa in tre parti: una fondativa; una sugliambiti di vita; una sulle esperienze in atto.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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CEI del 1973 (cfr. relazioni di mons. A.Del Monte e mons. M. Cè);

• nota del Consiglio Permanente CEI 2003su IC/3.

Gli sCopi

«Fin dall’inizio del mio ministero [...] ho ri-cordato l’esigenza di riscoprire il camminodella fede» (PF 2).«La Chiesa nel suo insieme, e i Pastori inessa, come Cristo devono mettersi in cam-mino, per condurre gli uomini fuori dal de-serto, verso il luogo della vita, verso l’ami-cizia con il Figlio di Dio, verso Colui che cidona la vita, la vita in pienezza» (Omeliainizio minist. Petrino, 24 aprile 2005, cit.in PF 2).

le Coordinate

Apertura: 11 ottobre 2012

• 50° anniversario apertura Concilio Vati-cano II

• 20° pubblicazione Catechismo della ChiesaCattolica

Roma, Consulta 12-13 marzo 2012

L’Anno della fedeCaratterizzazione, idee, riflessioni

Mons. Paolo Sartor, Responsabile del Settore per il Catecumenato dell’UCN

PF BENEDETTO XVI, Lettera apostolica in forma di motu proprio Porta Fidei con la qualesi indice l’Anno della fede (11 ottobre 2011)

IAF CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota Indicazioni per l’Anno della fede (6gennaio 2012), «Il Regno - documenti» 3/2012, 69-74

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

la situazione

«Una profonda crisi di fede che ha toccatomolte persone» (PF 2).«Capita ormai non di rado che i cristiani sidiano maggior preoccupazione per le con-seguenze sociali, culturali e politiche del loroimpegno, continuando a pensare alla fedecome un presupposto ovvio del vivere co-mune. In effetti questo presupposto non solonon è più tale, ma spesso viene perfino ne-gato» (PF 2).«Anche l’uomo d’oggi può sentire di nuovoil bisogno di recarsi come la samaritana alpozzo per ascoltare Gesù, che invita a crederein Lui e ad attingere alla sua sorgente, zam-pillante di acqua viva (cfr. Gv 4,14)» (PF 3).«Nel nostro contesto culturale tante persone,pur non riconoscendo in sé il dono della fe-de, sono comunque in una sincera ricercadel senso ultimo e della verità definitivasulla loro esistenza e sul mondo. Questa ri-cerca è un autentico “preambolo” alla fede,perché muove le persone sulla strada checonduce al mistero di Dio» (PF 10).

Affinità-convergenze:• constatazioni proposte in ambito pastora-

le-catechistico italiano fin dalla Assemblea

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consulte dell’ufficio catechistico nazionale166

• Sinodo «La nuova evangelizzazione perla trasmissione della fede cristiana»

Concilio: «Un’occasione propizia per com-prendere che i testi lasci in eredità dai Padriconciliari [...] “non perdono il loro valorené il loro smalto”» (PF 5).

La necessità di una giusta ermeneutica (cfr.PF 5; IAF, Intr. p. 70).CCC: Promulgato «allo scopo di illustrare atutti i fedeli la forza e la bellezza della fede»(PF 4).«Strumento al servizio della catechesi» (PF4), «un sussidio prezioso e indispensabile»per accedere a una conoscenza sistematicadei contenuti della fede (PF 11), «uno deifrutti più importanti del Concilio» (PF 11),auspicato dal Sinodo 1985, realizzato conla collaborazione di tutto l’episcopato.

Sinodo: «Un’occasione propizia per intro-durre l’intera compagine ecclesiale ad untempo di particolare riflessione e riscopertadella fede» (PF 4).

dinamiChe interne ed esterne

«La “porta della fede” (cfr. At 14,27) cheintroduce alla vita di comunione con Dio epermette l’ingresso nella sua Chiesa è sem-pre aperta per noi. è possibile oltrepassare quella soglia quandola Parola di Dio viene annunciata e il cuoresi lascia plasmare dalla grazia che trasforma.Attraversare quella porta comporta immet-tersi in un cammino che dura tutta la vita»(PF 1).

Rilievo della testimonianza offerta dai cre-denti: «Con la loro stessa esistenza nel mon-do i cristiani sono infatti chiamati a far ri-

splendere la Parola di verità che il SignoreGesù ci ha lasciato» (PF 6).L’Anno come «invito ad un’autentica e rin-novata conversione al Signore, unico Sal-vatore del mondo» (PF 6). Infatti «è l’amoredi Cristo che colma i nostri cuori e ci spingea evangelizzare» (PF 7). «Con il suo amore, Gesù Cristo attira a ségli uomini di ogni generazione [...]. Per que-sto anche oggi è necessario un più convintoimpegno ecclesiale a favore di una nuovaevangelizzazione per riscoprire la gioia nelcredere e ritrovare l’entusiasmo nel comu-nicare la fede» (PF 7). La fede «cresce quando è vissuta come espe-rienza di un amore ricevuto e quando vienecomunicata come esperienza di grazia e digioia. Essa rende fecondi, perché allarga ilcuore nella speranza e consente di offrire unatestimonianza capace di generare» (PF 7).

adempimenti - professione

«Confessare la fede nel Signore Risorto nellenostre Cattedrali e nelle chiese di tutto ilmondo; nelle nostre case e presso le nostrefamiglie» (PF 8).«Rendere pubblica professione del Credo»(PF 8).

Precedente: Anno della fede indetto da PaoloVI nel 1967• un’autentica e sincera professione della

medesima fede in tutta la Chiesa• chiusura con la Professione di fede del Po-

polo di Dio «per attestare quanto i conte-nuti essenziali che da secoli costituisconoil patrimonio di tutti i credenti hanno bi-sogno di essere confermati, compresi e ap-profonditi in maniera sempre nuova al finedi dare testimonianza coerente in condi-zioni storiche diverse dal passato» (PF 4)

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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consulte dell’ufficio catechistico nazionale 167

«Corale impegno per la riscoperta e lo studiodei contenuti fondamentali della fede chetrovano nel CCC la loro sintesi sistematica eorganica».

anno della fede e CateChesi

Adempimenti espliciti:

• Chiesa universale (IAF 5,6,7)• conferenze episcopali (IAF 1,2,4,6,8,9)• diocesi (IAF 2,4,5) quali strumenti na-

zionali per sostenere le diocesi?• parrocchie/comunità/associazioni/movi-

menti (IAF 4,5)

Alcune piste di lavoro ulteriori:

• i contenuti della fede (in riferimento alleparti del CCC – i quattro pilastri della ca-techesi?)

• le dinamiche dell’atto di fede (CdA / l’ispi-razione catecumenale dei cammini congli adulti?)

• la testimonianza di fede dei credenti (isoggetti dell’annuncio/catechesi: comu-nità, famiglia...?)

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

adempimenti - riflessione

«Dovrà intensificarsi la riflessione sulla fede»(PF 8).«Riscoprire i contenuti della fede professata,celebrata, vissuta e pregata [rimando a Fideidepositum] e riflettere sullo stesso atto concui si crede» (PF 9).«Unità profonda tra l’atto con cui si crede ei contenuti a cui diamo il nostro assenso»(PF 10, dove cita Rm 10,10: «Con il cuore... si crede ... e con la bocca si fa la profes-sione di fede»; richiama pure l’episodio diLidia in At 16: «Luca insegna che la cono-scenza dei contenuti da credere non è suf-ficiente se poi il cuore [...] non è aperto allagrazia che consente di avere occhi per guar-dare in profondità e comprendere che quantoè stato annunciato è la Parola di Dio»).«La conoscenza dei contenuti di fede è es-senziale per dare il prioprio assenso, cioèper aderire pienamente con l’intelligenza ela volontà a quanto viene proposto dallaChiesa. La conoscenza della fede introducealla totalità del mistero salvifico rivelato daDio. [...] Quando si crede, si accetta libera-mete tutto il mistero della fede» (PF 10).

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Il laboratorio arte/Catechesi che si svol-gerà a Roma il prossimo 3 maggio vuole ri-spondere innanzitutto ad un’esigenza piùvolte raccolta in questi ultimi anni e nuo-vamente ripresa nella Nota introduttiva del-la Congregazione per la Dottrina della Fedecontenente le indicazioni pastorali per l’An-no della Fede: “Il mondo contemporaneo èsensibile al rapporto tra fede e arte. In talsenso, si raccomanda alle Conferenze Epi-scopali di valorizzare adeguatamente, infunzione catechetica ed eventualmente incollaborazione ecumenica, il patrimonio delleopere d’arte reperibili nei luoghi affidati allaloro cura pastorale” (n. 6).

Del resto già il DB aveva rilevato l’impor-tanza strategica del binomio: “Tutto è statocreato in Cristo, per mezzo di Cristo, in vistadi Cristo. Perciò ogni aspetto di verità, dibellezza, di bontà, di dinamismo, che si tro-va nelle cose e in tutto l’universo, nelle isti-tuzioni umane, nelle scienze, nelle arti, intutte le realtà terrene e in particolare nel-l’uomo e nella storia: tutto questo è segnoe via per annunciare il mistero di Cristo”.(118). Ancora più esplicito, in quanto teo-logicamente fondato, era il riferimento con-tenuto al n. 122: “Non è ardito affermareche bisogna conoscere l’uomo per conoscereDio; bisogna amare l’uomo per amare Dio.Chi fa catechesi, vede nelle manifestazionidell’intelligenza, della volontà, dell’amoredell’uomo, nei suoi molteplici sentimenti egusti, un aiuto a capire Cristo e in Cristo arendere più vicino e comprensibile Dio”.

Il binomio pertanto non vuole giustapporreil modo dell’arte e quello della pastorale, in-tese come due entità a sé, quanto vederel’attualità dentro un patrimonio del passatocome del presente di cui il contesto italiano,anche nelle diocesi più piccole, è particolar-mente ricco.Quanto la Tradizione ci ha offerto nei secolioggi può non esser semplicemente letto co-me una testimonianza del passato ma comeil luogo strategico, che ancora affascina l’uo-mo contemporaneo, di un’interpretazionenuova, attuale, capace di dire il senso dellafede per il credente, capace di porre interro-gativi spiazzanti per il non-credente.Sarebbero molteplici i settori da coinvolgere(arti figurative, letteratura, musica, danza,cinema...); l’iniziativa promossa dall’UCN,dall’Ufficio Beni culturali e dal Progetto Cul-turale della CEI individua nella valorizza-zione del patrimonio artistico l’obiettivo delLaboratorio.

Quattro i livelli di questa valorizzazione:

• POPOLARE (catechesi in senso stretto, va-lorizzazione beni artistici parrocchiali/dio-cesani in senso catechistico, pietà popo-lare, ...)

• DIDATTICO (Irc, ISSR, Spiritualità delle icone,...)

• CULTURALE (mostre, grandi eventi, occa-sioni di restauro opere importanti ...)

• MEDIATICO (l’utilizzo dell’arte nei media ...)

Arte e Fede: una scommessa attuale.Catechesi, percorsi culturalie animazione del territorio

Don Pietro Baggi

consulte dell’ufficio catechistico nazionale168

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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consulte dell’ufficio catechistico nazionale 169

Ogni Ufficio inviterà al Laboratorio una de-cina di persone/realtà che ritiene più idoneead un dialogo costruttivo di taglio storico/ar-tistico/pastorale in grado di progettare i suc-cessivi passi e obiettivi ulteriori: la prospet-tiva potrebbe essere quella di un Seminario(a numeri più allargati di partecipanti) nel-

l’Anno della Fede che aiuti le Diocesi italianead una maggior sensibilizzazione del bino-mio e ad una sua possibile concretizzazionepastorale. L’orizzonte ultimo potrebbe esserquello di un Convegno in vista del quale sipotrebbero realizzare progetti a diverso li-vello da offrire alle singole Diocesi.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Con l’Incontro Nazionale dei Direttori del6/7 febbraio u.s. si sono aperti ufficialmentei Convegni Catechistici Regionali 2012 chevedranno impegnati i nostri UCR nei pros-simi mesi a realizzare quella “verifica” cherichiedono gli Orientamenti Pastorali al nu-mero 54/a.Come in ogni Sessione di Consulta, ancheoggi, comunichiamo una sorta di “stato diavanzamento lavori”.

a. l’inContro dei direttoridel 6/7 febbraio u.s.

Dalle verifiche effettuate nelle CommissioniIC/Adulti, dai riscontri avuti negli incontricon gli UCR e da altri incontri informali, ab-biamo registrato un consenso positivo della2 giorni, sia a livello di contenuti, sia di lo-gistica che di numero di diocesi partecipanti,nonostante le avverse condizioni meteoro-logiche. Da tutti è stata apprezzata la sug-gestiva visita della Cappella Sistina.Per i contenuti, rinvio oltre che ai testi chesi trovano sul sito, agli articoli pubblicati suSettimana che trovate in cartella: sono lasintesi di don Dino Pirri e quella sulle ini-ziative presenti in Italia, in una Regione (ilTriveneto) e in una diocesi (Padova). Ri-guardo alla Mappatura delle sperimentazio-ni, d’accordo con il Segretario Generale, siè pensato di non divulgare le slide fino allapresentazione al Consiglio Permanente com-pletata dai dati emersi nei convegni regio-nali, ma di sintetizzarla in quell’articolo usci-to su Settimana. Sempre in cartella, trovatela significativa Omelia di mons. Crociata del-

la messa del 7 febbraio.I partecipanti, a causa delle cattive condi-zioni meteorologiche, sono stati 136 rap-presentanti di 105 diocesi, anche se le dio-cesi iscritte erano 150, ed alcune Regionierano totalmente rappresentate (es. Basili-cata e Umbria). Faccio notare che, rimanen-do sul tema dell’IC, ad Acireale (2005) lediocesi presenti erano 114, a Bologna(2010) erano 134, mentre a Pesaro (2011),dedicato alla catechesi degli adulti, erano124. La lettura del dato, come consulta, cichiama a riflettere se, oltre la tematica dell’ICe la sensibilizzazione dei convegni regionali,non abbia inciso anche la formula dei 2giorni o la data del mese di febbraio.

b. le visite alle reGioni

In questi mesi (don Guido, don Paolo ed io)abbiamo incominciato gli incontri specificicon le commissioni regionali: a dicembre laCalabria; a gennaio il Lazio, la Liguria e laSicilia; a febbraio la Lombardia, l’Emilia-Ro-magna, il Piemonte-Val d’Aosta e le Marche;a marzo l’Umbria. Adesso ci aspettano: sempre a marzo, Pu-glia, Basilicata, Campania, Triveneto, Tosca-na e Abruzzo-Molise; a maggio la Sarde-gna.Dagli incontri è emersa una certa creativitàdelle Regioni per i contenuti, le modalità ei metodi con cui sono state avviate le rifles-sioni e la celebrazione dei convegni. In molteRegioni si è verificato un buon coinvolgi-mento dei Vescovi, che in alcuni casi è ma-turato in un incontro tra UCR e Conferenza

Il cammino dei Convegni regionaliDon Carmelo Sciuto, Aiutante di studio UCN

consulte dell’ufficio catechistico nazionale170

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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episcopale regionale. In tutte le Regioni èpresente il desiderio di compiere una verificareale dell’IC e di orientare il cammino regio-nale con delle indicazioni comuni, non peruniformare, ma per camminare insieme.

C. Gli inContri Con i presbitÈri

Una piacevole novità è l’opera di sensibiliz-zazione che alcune Regioni stanno facendosul clero, attuata come incontro con i rap-presentanti dei Presbìteri delle diocesi (es.Triveneto e Lazio) oppure come giornate diaggiornamento del clero delle singole diocesi(es. Matera...). Questo dato è confortevole:tutti abbiamo presente che la catechesi, oggi,sembra peccare, più che di un’eccessiva pre-senza clericale, di un non pieno coinvolgi-mento delle energie migliori del clero in essa.I sacerdoti, chiamati ad essere testimoni del-

la centralità di una nuova formazione al ser-vizio dell’IC, superando così ogni tentazionedi delega, quasi non fosse una delle loroprincipali responsabilità, vanno ri-appassio-nati alla catechesi: se non riallacciamo que-sto snodo, rischiamo di perdere un anello ditrasmissione fondamentale per il rinnova-mento dell’IC.

d. i GadGet

Infine, una parola sui gadget. Avete in car-tella il modulo di richiesta. è tempo di com-pilarlo e consegnarlo ad Andrea. Se nonaveste i dati, compilatelo a casa e re-invia-telo via fax entro qualche giorno, per con-sentire alla ditta di personalizzare il borselloper i convegnisti e i catechisti con il nomedella regione, la data e il luogo. E di inviarvitutto al più presto.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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a) La catechesi alle famiglie: è la forma piùdiffusa di proposte attualmente presentinelle realtà parrocchiali; sono incontri coni genitori dei ragazzi della catechesi suvarie tematiche. Si va dai classici due o tre incontri all’an-no in occasione della celebrazione dei sa-cramenti, esperienze buone se ben pre-parate, ma che non lasciano il segno. Ci sono poi incontri pensati per renderepartecipi i genitori del cammino dei lorofigli, sono incontri buoni, ma che non in-cidono nella vita di fede dell’adulto.Si realizzano anche percorsi più strutturatie definiti soprattutto là dove si è messoin atto il rinnovamento dell’IC e sono pre-visti vari momenti di coinvolgimento del-la famiglia: è il caso di Brescia che dedicanel percorso ordinario un anno intero al-l’inizio ai genitori, e poi negli altri anniancora degli incontri; succede a Cremonadove c’è una vera e propria proposta difede per i genitori; sta avvenendo in altrediocesi che, mentre si apprestano a rin-novare l’impianto di IC, sentono semprepiù urgente proporre alle famiglia alcunicammini di fede.

b) La catechesi nelle famiglie: è l’esperienzadi far vivere in alcuni momenti o ancheper l’itinerario intero la catechesi nellafamiglia. Conosciamo tutti l’esperienza diTrento; il coinvolgimento che la catechesicosiddetta dei 4 tempi opera chiedendo

CATECHESI E FAMIGLIA

MODELLI DI CATECHESI FAMIGLIARESuor Giancarla Barbon, Esperto Consulta UCN

consulte dell’ufficio catechistico nazionale172

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1. introduzione

Mi è stato chiesto di provare a riflettere convoi sulle forme e i modelli di catechesi fa-miliare. Il poco tempo di preavviso mi im-pedisce di offrire una riflessione completa edi raccogliere più informazioni sui modelliesistenti. Non è un lavoro scientifico, non èuna raccolta elaborata; è una presentazioneche ha il limite, ma anche il vantaggio, diessere una riflessione che nasce dall’espe-rienza di questi anni, dall’osservazione che,attraverso la rivista “Evangelizzare”, abbia-mo messo a fuoco e da incontri formativicon accompagnatori dei genitori e famiglieche abbiamo incontrato con P Rinaldo Pa-ganelli, (dai quali poi sono nati anche alcunistrumenti).

2. da una CateChesi alla famiGlia ad una CateChesi Con la famiGlia

Insieme alla convinzione più diffusa di ren-dere i genitori attivi e protagonisti nella ca-techesi di iniziazione cristiana dei figli, emer-gono forme diversificate di intervento chevanno da proposte di incontri, che rendonole famiglie partecipi del cammino dei figli,fino a itinerari veri e propri di catechesi fa-miliare. Ne facciamo una breve panoramica1.

1 Rimando alle pubblicazioni delle proposte di IC che queste diocesi hanno preparato. Per i percorsi catechisticinella prima fase della vita hanno ispirato molti itinerari i testi di BIADER-NOCETI, Battesimo sì, ma dopo?, EDB2005 E di BIADER-NOCETI-SPINELLI, A piccoli passi, EDB 2007.

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consulte dell’ufficio catechistico nazionale 173

alle famiglie di vivere al loro interno unmomento di annuncio; oppure altre pro-poste come quella che fa Padova di pro-porre in quaresima i centri di ascolto peri ragazzi nelle famiglie.

c) La catechesi con le famiglie: si tratta ditutte quelle forme di annuncio che pro-pongono la famiglia come soggetto attivodel cammino di fede. Mi pare importanterichiamare che questa modalità è da va-lorizzare in ogni proposta per accoglierela vita della famiglia come luogo di van-gelo ma, nello stesso tempo, per evitareenfatizzazioni.

d) La catechesi “famigliare”: ha le caratte-ristiche proprie dell’esperienza famigliare,la relazione, la quotidianità, la ritualità,la gestualità e la concretezza che vengo-no dalla vita famigliare. è questa, a mioparere, l’attenzione e l’arricchimentomaggiore che può venire alla catechesi.Nelle varie proposte presenti nel panora-ma italiano è importate far emergere e ri-mettere a tema questo aspetto. Dopo aver semplicemente schizzatol’azione dei vari modelli vengo ad offrirequalche considerazione in ordine all’agire.

3. Cambi di prospettiva

Ci accorgiamo dei cambiamenti che sono av-venuti e avvengono nella famiglia, che cichiedono di operare un cambio di prospettiva. Il Concilio Vaticano II ha dato alla famigliail nome di “Chiesa domestica” in cui “i ge-nitori devono essere per i loro figli i primimaestri della fede” (LG 11). Alla luce dellasituazione attuale credo sia importante esa-minare in modo critico fino a che punto re-almente la famiglia possa essere ancorachiamata “Chiesa domestica”, ma, soprat-

tutto, come non indugiare su una modalitàche di fatto non esiste più (molti modelli ladanno per presupposta, vivendo poi frustra-zioni e facendo proposte impraticabili).Nella realtà pastorale ci sono state attenzionidiverse verso la famiglia; a volte, sembrache solo quando se ne riconosce l’importan-za che ha nella catechesi per trasmettere lafede, cominciamo a rivolgere una particolareimportanza alla famiglia. Per scoprire il suovalore vero e le conseguenze concrete perla pastorale e la catechesi occorre mettere afuoco alcuni elementi:

a) La famiglia mononucleare di oggi nonpuò essere riconosciuta subito come chie-sa domestica. Credo si debba smettere diconsiderare senza criticità la famiglia co-me “piccola Chiesa” e come luogo effet-tivo di formazione cristiana per costruirepoi su questa precomprensione una stra-tegia pastorale. è finita l’alleanza esistitafino ad ora tra la chiesa e la famiglia.

b) Mai per la Chiesa la famiglia è stata ilvero luogo o addirittura l’unico luogo emi-nente di comunicazione della fede. La fedeè stata soprattutto comunicata e trasmes-sa da un ambiente che abbraccia la fami-glia. Far presente oggi alle famiglie la par-ticolare responsabilità che hanno nel tra-smettere la fede in una società pluralisticapuò portare a dei complessi di colpa in-giustificati. Non sono rari i casi in cui cisi imbatte in genitori cristiani che soffronoperché i figli seguono una strada differenterispetto a quella che loro hanno insegna-to. Intravedono il fallimento del loro in-segnamento; altri soffrono per il senso diresponsabilità che li segna.

c) Infine risulta abbastanza assodato chenon abbiamo a che fare, nella maggiorparte dei casi, con famiglie cristiane. Dob-biamo intimamente familiarizzarci con

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questo destino della diaspora famigliare.In alcuni casi saremo più stranieri anchetra coloro che amiamo. Le parole del van-gelo che parlano del conflitto che Cristoporta nella famiglia (Mt 10,21) quandochiede di decidere per lui contro la propriafamiglia (Mt 10,37) sono oggi nuova-mente vere e acquistano un significatoconcreto e pratico.

4. le realtà simbolo: il luoGo/spazio, il tempo/Giornata, il Cibo/nutrimento, la Cura e la CresCita...

D’altro canto, pur in mezzo ai limiti, nonmancano segnali importanti per costruireiniziative vive che portino in sé il gusto e ilsapore dell’ambiente famigliare.

a) L’importanza della casa e della famiglianella storia della salvezza è grande. Neglispazi di vita personali viene offerta laprima opportunità di incontrare Dio. Al-cune proposte che abbiamo sviluppato inquesti anni vanno proprio in questa linea2

perché nell’ottica salvifica della valoriz-zazione delle realtà quotidiane (la casa,la giornata, il cibo, la maturazione ... que-ste sono le tematiche toccate, ma ve nesono tante altre..). A partire dalle situa-zioni più quotidiane c’è la possibilità diconoscere Dio, anche se non tutti i suoimembri professano esplicitamente questoDio. Tante persone nelle famiglie vivonogià ciò che permette di conoscere lo stessoDio, anche se non sempre lo riconoscono.

Mi rendo conto che ci sono dei cambia-menti da operare in ambito pastorale, masolo riaccostandosi alla vita, prima che aicontenuti; c’è la possibilità di far rinascereil gusto per le proposte che sanno di pro-fondità e non solo di sapere.

b) è in questa realtà famigliare con i suoilimiti e i suoi valori, con le sue fragilitàe le sue risorse che Dio continua a par-larci. Egli presenta sempre i rapporti ma-trimoniali e famigliari come l’immagine elo spazio in cui si sperimentano i suoirapporti. è nella famiglia che si esperi-menta in modo vero, e non solo nozio-nistico, il fatto di essere padre, madre,fratello e sorella. Queste dimensioni de-vono essere rimesse in luce e fatte risco-prire con nuova passione e forza, per ab-bandonare la lamentela sterile verso unafamiglia che non c’è più e che si vorrebbecon forza rimettere in gioco, ma che nonè dato di fare. Possiamo allora ridire ecredere che la famiglia è in sé annuncio,buona notizia per tutti coloro che vivonoin essa perché portatrice di “onde” sacreche la attraversano come attraversanoanche la nostra vita quotidiana. Queste onde sono presenti negli eventifamigliari: i compleanni, le ricorrenze, imomenti di passaggio. Gli eventi faticosi,di dolore e di gioia sono occasioni per co-gliere il passaggio di Dio, per educare,ringraziare, lodare, chiedere perdono, eper scoprire come e quanto il Signore Ge-sù è presente. Il vangelo parla di pane edi nutrimento, parla di protezione e di in-timità, di cura e di attesa; di questo par-lano anche le famiglie e in questo parlare

2 BARBON G. – PAGANELLI R., Si seppe che Gesù era in casa. 7 luoghi della casa per educare ed evangelizzare,EDB, Bologna 2007; Sono con voi tutti i giorni. 7 momenti della giornata per educare ed evangelizzare, EDB,Bologna 2009; Gustate quanto è buono il Signore. 7 alimenti biblici per educare ed evangelizzare, EDB,Bologna 2010; Li pose in un giardino. 7 azioni pazienti per educare ed evangelizzare, EDB, Bologna 2011.

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e parlarsi possono scoprirsi “buona noti-zia”. Prova che sono protagoniste dellastoria della salvezza; molte tappe del vi-vere possono essere celebrate, essere sot-tratte alla “routine” del quotidiano per di-ventare festa.

5. alCune sCelte irrinunCiabili

a) Attivare e preparare percorsi per e con lefamiglie e creare un “buon” spiazzamentoal nostro modo abituale di fare annuncioper accogliere e valorizzare ciò che sono,senza pensare subito di immettere unnuovo modo di essere.

b) Procedere tenendo presente le caratteri-stiche dell’apprendimento adulto per met-tere la persona al centro, per lavoraresulle storie di vita 3.

c) Invitare a proporre sempre più una for-mazione che tocca la vita, la illumina ela trasforma secondo lo stile del labora-torio per muovere le rappresentazioni efavorire nuove riappropriazioni.

d) Fare scelte di percorsi concreti, capaci diincrociare i vari linguaggi della fede: sim-bolico, narrativo, iconografico... Linguaggiche sono più aderenti alla vita famigliarefatta di racconti, di gesti, di riti quotidiani,di segni che rimandano alla relazioned’amore che si respira nella famiglia.

6. nodi

a) La famiglia è soggetto di evangelizzazio-ne e fa evangelizzazione al suo interno.Ma non può essere lasciato solo a lei ilcompito educativo, come pure non è solola famiglia capace di evangelizzazione.

Si riscontrano in questi anni alcune sceltenon sempre adeguate che enfatizzano inmodo sproporzionato il ruolo della fami-glia in quanto tale.

b) Rimane aperto il vasto campo della for-mazione di coloro che accompagnano lefamiglie. Senza questa formazione, capa-ce di tener presente le cose già indicate,non è possibile nessun percorso. In que-sto senso, l’esperienza personale ci diceche ci sono molte nuove disponibilità siaper accompagnamenti in periodi specificidella vita famigliare (primi anni, periododella scuola d’infanzia, periodo della fan-ciullezza, dell’adolescenza ...) sia per mo-menti e situazioni particolari (il primo lut-to, l’educazione alla preghiera, passaggidi vita, fallimenti ...). Questa formazioneva proposta con la scelta del lavoro inequipe ed è meglio se sono più personea condurla e a viverla. In questi anni io stessa ho visto moltipli-carsi l’efficacia delle proposte quando idoni si mettono in relazione e diventanorisorsa come il maschile e il femminile(esperienza che vivo nel proporre e pen-sare formazione con p Rinaldo).Con delicatezza, ma anche con verità, oc-corre condurre gli operatori pastorali alasciare proposte stantie per intraprendereun confronto vero con la realtà che sol-lecita attenzioni nuove. Ripiegarci su coseda sempre fatte e rispondere a modalitàche con nostalgica insistenza vengonorichieste non aiuta a fra crescere le nostrecomunità. Qui si richiede una maggioreconcertazione, negli stessi incontri di con-sulta, confronto più libero e sereno tra leparti che entrano in gioco per non con-tinuare a procedere in ordine sparso.

3 Vedi i testi sull’apprendimento adulto (BARBON, BIEMMI, PAGANELLI) e il modo di procedere della rivista “Evan-gelizzare”.

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e spesso considerate come ovvie. Questediventano basi per creare una struttura divita fondamentale per i cammini di fede.

Ci sembra vero, inoltre, che facendo uscirele famiglie dal proprio ambito esse diventa-no capaci di stabilire un contatto con fami-glie, parzialmente cristiane. Solo così si puòpensare di formare una comunità che di-venti di mutuo aiuto; diversamente ci si fer-ma a qualche operatore più o meno prepa-rato che gestisce alla meno peggio il classicoincontro con le famiglie. Ringrazio i genitoriche stiamo incontrando in questo tempo, lefamiglie giovani che si interrogano sul comevivere ogni giorno il vangelo, ringrazio chicon me cerca di trovare strade di annuncioche fanno brillare il tessuto ordinario dellavita famigliare4.

4 Questo intervento ne avrebbe guadagnato se fosse stato giocato in un “ping pong” tra maschile e femminile.Anche se non è stato fatto così, il testo ha la pretesa di avere in sé le due dimensioni. Ringrazio in tal sensoRinaldo Paganelli per aver contribuito alla progettazione ed elaborazione.

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ConClusione

Queste veloci ma concrete immagini ci rin-viano alcuni elementi positivi. Il rapporto uomo-donna diventa un segnodell’accettazione incondizionata di Dio. Conla fedeltà, l’amore dura e diventa l’imma-gine ancora fragile, della cura di Dio versonoi uomini. La famiglia è il primo luogodove si fa esperienza della comunità di vitaa immagine di Dio, si sperimentano dei rap-porti simili a quelli avuti da Cristo e dovesi acquistano conoscenze spirituali. I cri-stiani, al momento di strutturare i loro rap-porti, si possono rifare ai rapporti famigliaricosì come la Scrittura ci suggerisce. Ci sem-bra utile ribadire tra noi che il nostro com-pito è quello di aiutare le famiglie a scoprireil vangelo all’opera nelle cose sperimentate

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premessa

Desidero anzitutto ringraziare don Guido perl’invito a tenere questa relazione in sede diConsulta dell’UCN e voi per il credito diascolto che mi concederete. Il tema del nar-rare la fede in famiglia secondo il modellobiblico è interessante e – come vedremo –non privo di asperità e di liete sorprese. Ilradicamento della trasmissione della fede infamiglia è un dato biblico acquisito: la suaarticolazione in modo sistematico è però for-se velleitaria.Il genere letterario della “relazione input” ei limiti di tempo che mi sono stati indicatirendono subito necessaria una premessa: lamia riflessione si muoverà soprattutto all’in-terno dell’Antico Testamento1. Inoltre, nonho avuto la preoccupazione di esplorare inmodo capillare e completo i testi biblici sul-l’argomento: mancano perciò all’appello librio brani illuminanti e abbastanza consuetiquando si considera il tema della famiglianella Bibbia, come Gen 1-42 (la coppia e ifratelli), Tb3, Ctc e la letteratura sapienziale4.Ho invece scelto solo di guardare da vicinoinsieme con voi tre fotogrammi o tre spez-zoni di vita familiare, così come l’Antico Te-

stamento li propone. Sono tre quadri narra-tivi, che spero possano servire da stimolo,appunto da input per la riflessione e la di-scussione successiva.

introduzione

A mo’ di introduzione, è bene dichiarare unaavvertenza. Chi affronta il tema del narrarela fede in famiglia secondo il modello biblicosi imbatte presto in alcune difficoltà.Si può formulare la prima di queste difficoltàcon una domanda: quale famiglia viene de-scritta e/o proposta nella Bibbia? La rispostaè ardua, se non impossibile. Se infatti sitiene in conto il fattore storico nella vita delpopolo d’Israele, si deve ammettere come cisia stata una evoluzione anche nella perce-zione dei legami familiari. Basti pensare alpassaggio da una struttura parentale tribalea quella più istituzionale nelle città, e vero-similmente anche da un modello patriarcalead uno più “democratizzato”5. Dunque, ognivolta che si parla di famiglia nella SacraScrittura bisogna avere cura di indicare inquale epoca si collocano i testi a cui si stafacendo riferimento.

Narrare la fede in famigliasecondo il modello biblico

Don Candido Dionisio, Responsabile del Settore Apostolato Biblico dell’UCN

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1 Per il Nuovo Testamento, cfr. gli articoli in Parole Spirito e Vita 7 (1986) [quaderno n. 14]: R. LAURENTIN,“La famiglia di Nazaret: il suo segreto”, 109-120; G. BARBAGLIO, “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito”,121¬141; J. HERIBAN, “Da Dio ogni paternità prende nome (Ef 3,14-15)”, 143-160; G. GHIBERTI, “‘Siate sottomessi!’La parenesi cristiana sulla famiglia”, 161-177; E. BIANCHI, “La nuova famiglia di Gesù”, 179-192. 2 Cfr. F.J. STENDEBACH, “L’uomo creato come coppia Gn 1,26-28)”, Parole Spirito e Vita 7 (1986) 13-28;S. VIRGULIN, “La fecondità della coppia: crescete e moltiplicatevi”, Parole Spirito e Vita 7 (1986) 29-41. 3 Cfr. A. BONORA, “La famiglia nel libro di Tobia”, Parole Spirito e Vita 7 (1986) 59-72. 4 Cfr. G. RAVASI, “La famiglia nella letteratura sapienziale”, Parole Spirito e Vita 7 (1986) 73-87. 5 Cfr. R. DE VAUX, Istituzioni dell’Antico Testamento, Marietti 1820, Genova 32002, 32-33.

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Una seconda questione che si pone sullosfondo del nostro argomento potrebbe essereformulata con un’altra domanda: la Bibbiapropone un unico modello educativo fami-liare? Anche in questo caso è difficile ri-spondere. Nel complesso l’istruzione, soprat-tutto in fatto di fede, si rivela ben attestatanei testi biblici. Come vedremo, sembra chedopo l’età della fanciullezza l’educazione deifigli fosse cura precipua del padre6. Ma nondisponiamo di dati per andare più a fondosulle modalità e i contenuti di questa edu-cazione familiare.Per non parlare poi della questione dell’edu-cazione scolastica, dal momento che le scuo-le vere e proprie sembra siano comparsesolo molto tardi nella storia di Israele7.Inoltre, c’è un curioso elemento linguisticoa complicare le cose. Nell’ebraico biblicomanca un termine corrispondente al nostrotermine “famiglia”8. Certamente non mancala realtà della famiglia, né nella realtà deifatti né nella riformulazione degli autori bi-blici: però, la ricerca dei testi su questo ar-gomento non è così ovvia come può appa-rire, ma richiede forse un’astuzia interpre-

tativa maggiore del consueto. Ad esempio,è noto che l’Antico Testamento utilizza iltermine bâjit, il cui significato principale è“casa”, per indicare gli abitanti della casa,quindi la “famiglia”, ma anche il “tempio”,cioè la casa in cui risiede Dio. Come si puòintuire, su questo punto i testi biblici richie-dono un magis di scavo per raggiungere iltesoro nascosto.

a partire da una domanda(es 13,14)

Poste queste avvertenze, il primo fotogram-ma biblico che propongo alla vostra atten-zione è quello immortalato dal capitolo 13del libro dell’Esodo.Richiamo brevemente l’antefatto. Estenuatosoprattutto dall’ultima piaga, quella dei pri-mogeniti (Es 12,29-34), il faraone lasciapartire Mosè e il suo popolo verso il deserto(Es 12,31-32). Prima di mettere i primi passifuori dall’Egitto, il popolo viene istruito daDio sulla celebrazione della Pasqua e su altreprescrizioni che d’ora in poi Israele dovrà

6 è probabile che solo nei primi anni di vita del piccolo, la sua educazione umana e religiosa fosse delegata allamadre (2Sam 4,4; Os 11,3; Pr 1,8; 6,20). «[…] I ragazzi usciti dalla fanciullezza erano affidati soprattutto alpadre. Uno dei doveri più sacri di questo era d’insegnare a suo figlio, si trattasse d’un insegnamento religioso,Es 10,2; 12,6; 13,8; Deut 4,9; 6,7.20s; 32,7.46, o semplicemente di educazione, Prov 1,8; 6,20, e soprattuttoEccli 30,1-13. La frusta e la verga aiutavano a questa formazione, Prov 13,24; 22,15; 29,15.17; cfr. Deut 8,5;2Sam 7,14; Prov 3,12; Eccli 30,1» (R. DE VAUX, Istituzioni dell’Antico Testamento, Marietti 1820, Genova32002, 58-59). 7 «[…] Un insegnamento scolastico organizzato è attestato solo in epoca tardiva. Il termine “scuola”, bêtmidrash,s’incontra per la prima volta nel testo ebraico di Eccli 51,23. Secondo una tradizione giudaica, soltanto nel 63d.C. il gran sacerdote Giosuà ben Gimla decretò che ogni città e ogni villaggio dovesse avere una scuola, che ifanciulli erano tenuti a frequentare dall’età di sei anni. Questa tradizione è contestata da alcuni eruditi, che fannorisalire l’istruzione dell’insegnamento pubblico all’epoca di Giovanni Ircano, verso il 130 a.C. Tutto questo nonriguarda che l’educazione dei maschi. Le ragazze rimanevano sotto la direzione della madre, che insegnava loroquanto dovevano conoscere per la loro condizione di donne e per il governo di una casa» (R. DE VAUX, Istituzionidell’Antico Testamento, Marietti 1820, Genova 32002, 60). 8 «Nell’AT non vi è un termine che corrisponda a “famiglia” nel senso di comunità naturale composta di madre,padre e figli. Il vocabolo più vicino è bayit, “casa”, che in origine designa l’edificio domestico e quindi quantilo abitano» (T.C. MITCHELL, “Famiglia, comunità familiare”, in H. BURKHARDT-F. GRüNZWEIG-F. LAUBACH-G. MAIER,Grande Enciclopedia Illustrata della Bibbia, vol. I, Piemme, Casale Monferrato [AL] 1997, 527).

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osservare (Es 12,43-13,16). In particolare,per non dimenticare che Jhwh ha risparmiatodalla morte i primogeniti del suo popolo,ogni primogenito dovrà essere riscattato (Es13,13), cioè come riconsegnato a Jhwh, Si-gnore della vita. Ebbene, a questo punto iltesto di Esodo recita:

«14E quando tuo figlio ti chiederà domani(r™DjDm öÔK◊nIb ñÔKVlDaVvy_yI;k hHÎyDh◊w): Che significa ciò?(taøΩz_hAm), tu gli risponderai (wy$DlEa ∞D;t√rAmDa◊w):Con braccio potente il Signore ci ha fattiuscire dall’Egitto, dalla condizione servile(MyáîdDbSo ty¶E;bIm MˆyäårVxI;mIm h¢Dwh◊y …wnªDayIxwøh dGÎy q‰zâOjV;b).15Poiché il faraone si ostinava a non la-sciarci partire, il Signore ha ucciso ogniprimogenito nel paese d’Egitto, i primo-geniti degli uomini e i primogeniti delbestiame. Per questo io sacrifico al Si-gnore ogni primo frutto del seno materno,se di sesso maschile, e riscatto ogni pri-mogenito dei miei figli» (Es 13,14-16).

Al di là del contenuto di quanto il pater fa-milias è chiamato a spiegare al figlio sullaprassi religiosa, è rilevante per noi il metodoche la Scrittura sta suggerendo: la storia del-la salvezza non si apprende a scuola o neltempio, ma in famiglia. Qui si celebra, primadi capire perché si celebri: cioè la famiglia èil luogo primordiale in cui prima si vive confiducia e poi si comprende il senso della vitae della salvezza.

In famiglia, inoltre, l’educazione non è intesacome illustrazione unidirezionale della dot-trina; piuttosto, si pazienta sino a quando ilragazzo non sia in grado di formulare unapropria domanda9 su ciò che si sta concre-tamente vivendo: taøz_hAmΩ, «Che cos’è questo[che stiamo facendo]?» Il racconto della sto-ria della salvezza, e soprattutto della Pasqua,si inquadra in una vita di fede che è già spe-rimentata e che sollecita la riflessione. In questo fotogramma familiare, il modellobiblico del narrare la fede è quello della vitache precede la riflessione, e della domandaposta dai più piccoli che precede la rispostadata dai più grandi.

una famiGlia pelleGrina(1sam 1,3)

Il secondo fotogramma biblico – ma sarebbemeglio parlare in questo caso di spezzone –è quello che si incontra all’inizio del PrimoLibro di Samuele. La storia del grande Sa-muele inizia senza di lui, ovvero quandoancora lui non c’era, ma c’era la sua fami-glia. Tutto comincia con un quadretto fami-liare a prima vista tranquillo, ma in realtàcarico di sofferenze e di tensioni sotterraneetra i suoi membri. I primi versetti recitano:

9 «Rabbi Chia ha insegnato: La Torah parla di quattro tipi di giovani: il saggio, l’empio, il sempliciotto e quelloche non sa domandare. Il giovane saggio dice: Quali sono le leggi, i precetti e i comandamenti che l’Eternonostro Dio ci ha comandato?. Rispondigli con questo versetto: Con la sua mano potente, l’Eterno ci ha fattouscire dall’Egitto, da una casa di schiavitù. Il giovane empio dice: Quali sono le feste che celebrate? Perchéogni anno vi imponete quest’obbligo? Dal momento che egli si è sottratto alla regola generale, rispondigli: PerchéDio ci ha fatto questa grazia: non l’ha accordata a quest’empio che, se si fosse trovato in Egitto sotto Mosè,non avrebbe meritato di essere liberato da quel paese. Il giovane sempliciotto dice: Che cos’è questo? Bisognainsegnargli le regole della Pasqua e fargli sapere che quella notte, dopo l’agnello pasquale, non si conclude conil dolce (con l’afikoman), ma non si mangerà più nulla, per non essere portati a lasciare una compagnia permettersi a tavola di nuovo con un’altra compagnia. Con il fanciullo che non sa fare domande bisogna cominciarele spiegazioni. In realtà, Rabbi José dice ciò che è scritto nella Mishna: “Se il fanciullo è troppo giovane per co-noscere, il padre lo deve istruire”» (cfr. M. BERDER et Alii, La Pâque et le passage de la Mer dans les lecturesjuives, chrétiennes et musulmanes [Exode 12-14] [Supplément au Cahiers Evangile 92], Cerf, Paris 1995, 42).

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«C’era un uomo di Ramatàim, […] chia-mato Elkanà. Aveva due mogli, l’unachiamata Anna, l’altra Peninna. Peninnaaveva figli, mentre Anna non ne aveva»(1Sam 1,1-2).

Una descrizione solo apparentemente sem-plice e neutra. Nella mente del lettore attentoinfatti comincia a fare subito capolino qual-che dubbio. Elkanà, il futuro padre di Sa-muele – come costume del tempo – è poli-gamo. Per l’esattezza ha due mogli: Peninnaed Anna. Una delle due, Anna, non solonon ha attualmente figli, ma non può nem-meno averne.

«Elkanà amava Anna, sebbene il Signorene avesse reso sterile il grembo. La suarivale però l’affliggeva con durezza a cau-sa della sua condizione, perché il Signoreaveva reso sterile il suo grembo. Così suc-cedeva ogni anno: tutte le volte che an-davano alla casa del Signore, quella lamortificava. Anna dunque si mise a piangere e nonvoleva prendere cibo. Elkanà suo maritole disse: “Anna, perché piangi? Perchénon mangi? Perché è triste il tuo cuore?Non sono forse io per te meglio di diecifigli?”» (1Sam 1,5-8).

Il quadretto familiare idilliaco si infrange pre-sto tra le mani del lettore. Questa è una fa-miglia complicata, attraversata da dinamicheumane molto delicate e dolorose. Anna èsterile e questa sua condizione è oggetto disentimenti opposti da parte degli altri fami-liari, e certamente di sofferenza per lei stessa.Così, durante il pellegrinaggio annuale altempio di Silo, mentre tutti ringraziano per

i doni ricevuti da Dio, Anna viene umiliatadall’altra moglie di Elkanà per la sua sterilità.E sembra che il suo dolore difficilmente pos-sa essere consolato dal marito. Elkanà certodice di amarla, ma le sue parole sono am-bigue: vuole davvero consolarla orientan-dola sul suo amore per lei, o non capiscefino in fondo il dramma della moglie sterileequiparando se stesso al dono di un figlio? Anna però non sembra una donna che si dàfacilmente per vinta: la sua fede è più fortedei dolori e delle paure. Se ne ricava l’im-magine di una persona più religiosa persinodi Eli (cfr. 1Sam 1,12-16; 3,4-9), il sacer-dote che custodisce il tempio di Silo, perchéAnna sa pregare, cioè sa ascoltare10 la vocedi Dio. E mentre si trova nel tempio, decidedi andare a pregare il Signore e lo fa conun’intensità tanto straordinaria da accom-pagnare le parole con le lacrime:

«Anna era afflitta e innalzò la preghieraal Signore, piangendo amaramente. E fecequesto voto: “Signore degli eserciti, se vor-rai considerare la miseria della tua schiavae ricordarti di me, se non dimenticherai latua schiava e darai alla tua schiava un fi-glio maschio, io lo offrirò al Signore pertutti i giorni della sua vita...”» (1Sam1,10-11).

Così Anna torna a casa, dopo aver incon-trato Eli, il sacerdote del tempio, che la ras-sicura sulla efficacia della sua preghiera. Edecco la svolta: dopo la preghiera, l’unionecon il marito è finalmente fruttuosa. La lororelazione non è più sterile. Può entrare inscena Samuele:

10 «Ci sono maestri gli adulti, uomini e donne che hanno raggiunto la maturità dell’amore, hanno l’abitudine alsilenzio e alla riflessione, hanno imparato nelle vicende alterne della vita a fidarsi di Dio, a non avere troppapaura, a essere contenti delle cose belle. Sanno aspettare e sono disposti a far fatica e a soffrire qualche cosaper le persone che amano. La maturità pone nelle condizioni di ascoltare» (C.M. MARTINI, Una famiglia così,Centro Ambrosiano, Milano 1994, 21)

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«Elkanà si unì (oåd§E¥yÅw) a sua moglie e il Si-gnore si ricordò di lei ( Dhä®rV;k◊z숥yÅw). Così al finirdell’anno Anna concepì e partorì un figlioe lo chiamò Samuele (l$Ea…wmVv). “Perché –diceva al Signore – l’ho richiesto (wyI;tVlIaVv)”»(1Sam 1,19b-20).

La vita sorge dall’incontro tra l’atto umanoe la volontà divina: Elkanà ed Anna si uni-scono e il Signore si ricorda della preghieradi Anna. Il grande profeta Samuele nascecosì in una famiglia segnata da tensioni,frustrazioni e incomprensioni: una famigliacome tante che possiamo incontrare anchenoi oggi. Eppure, il Dio della Bibbia guardaad una famiglia così e si ricorda della pre-ghiera di un ultimo della storia: di una donnasterile, derisa e frustrata. A questo punto, se la figura di Elkanà sioscura, emerge quella di Anna in tutto ilsuo spessore: non ha pregato il Signore unavolta soltanto, ma torna nello stesso tempioe ricorda a Dio di voler tenere fede alla pa-rola data: “ciò che tu mi hai dato, te lo re-stituisco”.

«Nella casa del Signore [...] Anna disse:“Ti prego, mio Signore: per la tua vita, Si-gnor mio. Io sono quella donna che erastata qui presso di te a pregare il Signore.Per questo fanciullo ho pregato e il Signoremi ha concesso la grazia che gli ho chie-sto. Perciò anch’io lo do in cambio al Si-gnore: per tutti i giorni della sua vita egliè ceduto al Signore”» (1Sam 1,26-28).

Il messaggio del racconto è chiaro: un figlionon appartiene del tutto ai suoi genitori eAnna lo sa bene. Che Samuele non le ap-partenga, non significa che non dovrà avernecura: ma che l’ultima parola sulla sua vitasarà di Dio. Per questo lo tiene con sé pertre anni: ognuno di noi può immaginare ilmodo in cui questa madre abbia narrato lasua fede al piccolo Samuele. Certamente, ci

avrà messo dentro tanto della sua personalitàferita e della sua vicenda di guarigione. Dopo lo svezzamento, come promesso, pre-senterà il figlio al tempio, secondo il costumedel tempo (1Sam 1,21-28). Lo dona o, me-glio, lo restituisce a colui che glielo ha do-nato. Anna mostra di aver capito quale siala vocazione dei genitori secondo la Bibbia:accogliere il figlio come frutto dell’uomoumano e dell’attenzione di Dio, e prendersicura del figlio in modo gratuito senza pre-tendere di possederlo in via definitiva. Il rac-conto lascia intendere questa coscienza diAnna, che forzando un po’ l’ebraico fa de-rivare il nome del figlio Samuele (l$Ea…wmVv) dalverbo “domandare”, “invocare”, “richiedere”(lav). In questo spezzone biblico di vita familiare,il modello di fede passa attraverso i genitoridi Samuele: Elkanà e soprattutto Anna. èlei, con tutte le sue fragilità e grandezze, laprotagonista della nascita e dell’educazionedi Samuele. In questa famiglia ci sono persone comuninon eroi: un uomo e una donna segnati davirtù e debolezze e che non danno certo vitaad un’immagine di famiglia da spot del Mu-lino Bianco... La famiglia di Samuele è dun-que questa, con la sua concretezza forsescandalosa per chi si aspetta un nucleo fa-miliare ideale per la nascita di un grande uo-mo di fede. Qui si cela forse una buona dosedi quell’ironia, di cui l’Antico Testamento siserve per descrivere l’umanità debole ma ge-nuina, in cui il Dio della Bibbia opera “grandicose” (cfr. Lc 1,49; 1Sam 2,1-10).

la Casa di dio (2sam 7,11)

Per leggere l’ultimo fotogramma di questacarrellata biblica è necessario recuperare ildato linguistico a cui ho accennato all’inizio:

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l’Antico Testamento manca di un terminespecifico per indicare la “famiglia”, ma uti-lizza in senso metaforico il termine bâjit,“casa”. Con questa piccola chiave di lettura,ci inoltriamo in una pagina abbastanza notadella Bibbia, quella di 2Sam 7,1-17. L’interocapitolo è citato spesso, perché vi si ricono-sce la radice del messianismo davidico: inrealtà, in questo momento, il nostro interes-se si concentrerà su un altro aspetto. Facciamo un passo indietro, per compren-dere anche questa volta quale sia l’antefattodel nostro episodio. Scomparso dalla scenail re Saul (cfr. 2Sam 1), Davide è ormai datempo il protagonista indiscusso della sto-ria: è diventato dapprima re di Giuda (cfr.2Sam 2), poi ha combattuto e vinto bril-lantemente tutte le guerre indispensabili perunificare il territorio delle tribù d’Israele(cfr. 2Sam 3-5). Nel frattempo ha conqui-stato la città gebusea di Gerusalemme(2Sam 5,6-8) e l’ha designata come capi-tale del suo regno, dandole il nome – scu-sate l’umiltà… – di dIw∂;d ryIo∞, città di Davide(2Sam 5,9). Infine, proprio a Gerusalemmeha introdotto quell’arca dell’alleanza, cheaveva accompagnato Israele nel deserto(cfr. 2Sam 6). Arriviamo così al nostro testo e dobbiamoprepararci a percepire la sottile ironia che laBibbia riserva per i grandi personaggi comeDavide: un personaggio tanto straordinarioquanto complesso, già unto del Signore(1Sam 16,13) e ora finalmente re d’Israele.In questa nuova condizione di appagamen-to, Davide matura in cuor suo un progetto.Attenzione alle parole:

«Quando si fu stabilito nella sua casa(wøtyEbV;b) e il Signore gli ebbe dato tregua datutti i suoi nemici all’intorno, disse al pro-feta Natan: “Vedi, io abito in una casa dicedro (MyIz∂∞rSa tyEbV;b), mentre l’arca di Diosta sotto una tenda”. Natan rispose al re:

“Va’, fa’ quanto hai in mente di fare, per-ché il Signore è con te”» (2Sam 7,1-4).

Davide abita comodamente una “casa”, cioèuna reggia, e nella sua magnanimità esprimeil desiderio di costruire a Dio una “casa”,cioè un tempio (2Sam 7,1-3). A tutta prima,non c’è nulla di strano né di sospetto: tantoè vero che Natan avalla il piano di Davidesenza avanzare obiezioni. Eppure, le cosenon dovevano essere del tutto a posto, senella notte Jhwh parla a Natan e ribalta com-pletamente la situazione con un ragiona-mento che lascia a bocca aperta.

«Va’ e riferisci al mio servo Davide: Diceil Signore: Forse tu mi costruirai una casa(tˆyAb), perché io vi abiti? Ma io non hoabitato in una casa (tˆyAbV;b) da quandoho fatto uscire gli Israeliti dall’Egitto finoad oggi; sono andato vagando sotto unatenda, in un padiglione. Finché ho cam-minato, ora qua, ora là, in mezzo a tuttigli Israeliti, ho forse mai detto ad alcunodei Giudici […]: Perché non mi edificateuna casa di cedro (My`Iz∂rSa ty¶E;b)? Ora dunque riferirai al mio servo Davide:Così dice il Signore degli eserciti: Io ti presidai pascoli, mentre seguivi il gregge, perchétu fossi il capo d’Israele mio popolo; sonostato con te dovunque sei andato[…]. Fisserò un luogo a Israele mio popolo eve lo pianterò perché abiti in casa sua enon sia più agitato e gli iniqui non lo op-primano come in passato […] e gli daròriposo liberandolo da tutti i suoi nemici.Te poi il Signore farà grande, poiché unacasa (tˆy™Ab) farà a te il Signore […]. La tua casa e il tuo regno ( ÔKV;tVkAlVm`Am…w ÔKVtyE;b)saranno saldi per sempre davanti a me eil tuo trono sarà reso stabile per sempre»(2Sam 7,5-11.16).

La catechesi divina adesso è chiara: quandoJhwh aveva accompagnato Israele nel de-serto, aveva abitato una tenda fragile e mo-

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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bile. In quella stagione difficile ma educativadel popolo eletto, il Signore non ha mai vo-luto una fissa dimora: la sua preoccupazionenon era la stabilità, ma la vicinanza al suopopolo: «Sono stato con te, dovunque seiandato» (2Sam 7,9). Quella tenda era la ca-sa/tempio di Dio, sempre in movimento co-me in continuo movimento era la relazionedi amicizia tra Israele e il suo Dio. Adesso la costruzione del tempio, per quantodi primo acchito apprezzabile, può nascon-dere i tratti di un gesto ambiguo, che fa per-dere la memoria di quella stagione. Perchéun tempio mentre dà a Dio uno spazio so-lenne, di fatto lo circoscrive e lo blocca. Leparole di Dio a Natan inducono a rifletterein questa direzione: l’operazione di Davidedi approntare una casa/tempio può finire percostituire – anche involontariamente – unatto manipolatorio del divino: può significareinfatti volerlo limitare, non comprendernesino in fondo la libertà di azione e la forzasalvifica senza confini11.

E in questo gioco dei doppi sensi, previsti eimprevisti, consapevoli o inconsapevoli, Diosembra muoversi del tutto a proprio agio.Conoscendo l’ebraico meglio di Davide, gliribalta la proposta: «Tu vuoi fare una bâjit,una casa/tempio a me? Ebbene, sarò inveceio a fare una bâjit, una casa/famiglia a te»(cfr. 2Sam 7,11-12). Dio gioca con le stesse

parole di Davide per aprirgli gli occhi delcuore ad una intelligenza di fede più pro-fonda: il termine bâjit12 resta lo stesso, senzadesignare più un tempio, ma un casato; nonun luogo fisico, ma una discendenza; nonpiù un edificio di mattoni, ma una trama direlazioni; non più una “casa”, ma una fa-miglia. Nella visione della Bibbia, la famiglia è unarete di relazioni personali, spirituali e dinami-che. Per questo Jhwh è l’unico titolato a potercostruire una bâjit, ad edificare cioè quei rap-porti che danno vita ad una vera famigliaumana libera e unita. Altrimenti la famigliarischia di diventare un luogo chiuso, recintatoda legami di sangue auto-referenziali13. Questo fotogramma della vita di Davide in-segnava ad essere vigili di fronte ad ognimeccanismo manipolatore di Dio e a con-sentire piuttosto a lui di essere l’ispiratoredel modello di famiglia. La fede biblica in-serisce così nei desideri umani una dimen-sione di ulteriorità, per cui i legami personalifondamentali si trovano in continuo movi-mento e maturazione.

ConClusione

In conclusione, si può ritenere anzitutto cheè velleitario pretendere che la Bibbia offraun modello univoco di trasmissione della fe-

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

11 yhwh sostiene che una sede permanente è inaccettabile perché viola la libertà di yhwh; una dimora permanenteimpedirebbe di “andare e venire”: è un Dio che non può essere trattenuto da alcun sistema religioso» (W. BRUEG-GEMANN, I e II Samuele [Strumenti. Commentari 22], Claudiana, Torino 2005, 266). 12 «Spesso in ebr., come pure nelle lingue affini, il significato è passato dalla casa a quello che nella casa si trova(“i beni, il patrimonio”, p.e. Gen 15,2), e specialmente alla comunità familiare che vive nella casa (classico Gios24,15: “quanto a me e alla mia casa, noi vogliamo servire Jahwe”). bájit viene quindi a significare “famiglia”(Gen 7,1 ecc.; -bnh, -‘sh), “stirpe” (p.e. Ger 35,2 “casa” dei recabiti, ai quali è appunto vietato il possesso diuna casa nel senso concreto), anche “casato, discendenza” (Es 2,1 ecc.), e nel caso di re “corte (regale)” o “di-nastia” (Is 7,2.13 ecc.)» (E. JENNI, “bájit”, in E. JENNI-C. WESTERMANN [a cura di], Dizionario Teologico dell’AnticoTestamento, vol. I, Marietti, Torino 1978, coll. 271). 13 In questo senso si può leggere la celebre espressione di Gen 2,24, «I due abbandoneranno il padre e la madree si uniranno per essere una carne sola»: mentre si riconosce nell’affettività una forza più cogente dei legami

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de in famiglia. La famiglia stessa è una realtàche ha subìto una evoluzione nella storiabiblica. Ed inoltre non abbiamo dati certi ecircostanziati sui metodi educativi all’internodella famiglia.Tuttavia, alcuni testi offrono spunti impor-tanti per il nostro argomento. Il fotogrammadel libro dell’Esodo (cap. 13) traccia il profilodi un modo di trasmettere la fede in famigliain cui la prassi anticipa la riflessione e suscitale domande. Lo spezzone tratto dal Primolibro di Samuele (cap. 1) racconta poi lospaccato di una famiglia concreta e non pa-tinata, in cui emergono le dinamiche normalidella vita, fatta di gioie e dolori: la narrazionedella fede passa attreverso la concretezza diAnna. Anche la celebre vocazione di Sa-muele nasce dall’impasto fangoso di una vi-cenda familiare umanamente dolorosa. In-fine, l’episodio del Secondo libro di Samuelerivela la volontà del Dio biblico di entrareda protagonista nella vita familiare non solodi Davide, ma di tutti i credenti: è lui che sivuole attestare come il vero ed unico co-struttore della casa, cioè di una famiglia ve-ramente secondo la Bibbia.

biblioGrafia

BISSOLI C., “La catechesi familiare”, in ISTI-TUTO DI CATECHETICA DELL’UNIVERSITà PONTI-FICIA SALESIANA, Andate e insegnate. Ma-nuale di catechetica, Elledici, Leumann(TO) 2002, 296-308.

BERDER M. et Alii, La Pâque et le passagede la Mer dans les lectures juives, chré-tiennes et musulmanes (Exode 12-14)(Supplément au Cahiers Evangile 92),Cerf, Paris 1995.

DE VAUX R., Istituzioni dell’Antico Testa-mento, Marietti 1820, Genova 32002.

JENNI E., “bájit”, in E. JENNI-C. WESTERMANN

(a cura di), Dizionario Teologico dell’An-tico Testamento, vol. I, Marietti, Torino1978, coll. 268-272.

MARTINI C.M., Una famiglia così, CentroAmbrosiano, Milano 1994.

MARTINI C.M., “Trasmettere la fede celebran-dola in famiglia (2Tm 1,1-7)”, Rivistadel Clero Italiano, (12/2006) 802-809.Cfr. articoli vari in Parole Spirito e Vita 7(1986), dedicato al tema della famiglia.

di sangue, si configura una famiglia formata da legami affettivi. «La creazione della donna dalla carne dell’uomoè il fondamento dell’eros, che conduce i due sessi inarrestabilmente uno verso l’altro. In effetti, quello che quisi intende è la ricerca di questo “tu” femminile da parte dell’uomo. Con l’affermazione che l’uomo e la donnasaranno una carne sola si intende una comunione di esistenze che non può, in nessun modo, essere intesa solocome unione spirituale. La componente fisico-sessuale è qui pienamente implicata, ma, appunto, collocata nellapienezza del rapporto interpersonale. Per escludere ogni fraintendimento, bisogna comunque tenere presente cheprobabilmente l’autore del racconto vuole sottolineare soprattutto il divenire una cosa sola nell’incontro sessuale.Questo prova un atteggiamento fondamentalmente positivo nei confronti della sessualità» (F.J. STENDEBACH,“L’uomo creato come coppia” Gn 1,26-28), Parole Spirito e Vita 7 [1986] 15-16).

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nota di metodo

• Partire da alcuni snodi teologici sul rap-porto famiglia Chiesa per rileggere in chia-ve sapienziale la situazione attuale, in re-lazione soprattutto alla nuova evangeliz-zazione.

• Dimensione ecclesiologica della famiglia:non si può parlare di famiglia senza par-lare di Chiesa e viceversa: “All’internodella Comunità ecclesiale, la coppia e lafamiglia cristiana sono chiamate a per-correre un singolare itinerario di fede.Così tra la grande Chiesa e la “piccolaChiesa” si realizza ogni giorno, in forzadella presenza dello Spirito, uno “scam-bio di doni”, che è reciproca comuni-cazione di beni spirituali”. (GiovanniPaolo II, Presentazione del Direttorio diPastorale famigliare CEI 1993). Esistequindi una sorta di communicatio idio-matum tra grande Chiesa e piccola Chiesadefinita anche come “Chiesa domestica”(LG 11) o “il santuario domestico dellaChiesa” (AA 11).

1. la Chiesa modello della famiGlia Cristiana

La famiglia è l’elevazione sacramentale delprogetto creaturale di Dio sull’uomo e sulladonna; è la natura che entra nella storiadella salvezza (AA 7), l’universale che si fasingolare, è l’amore naturale tra l’uomo e ladonna che diviene sacramento dell’amoresingolare di Cristo per la sua Chiesa (Ef

5,21-33). per questo la famiglia ricevedalla Chiesa il suo modello: “infatti comeun tempo dio venne incontro al suo po-polo con un patto di amore e fedeltà, cosìora il salvatore degli uomini e sposodella Chiesa viene incontro ai coniugicristiani attraverso il sacramento del ma-trimonio. Inoltre rimane con loro perché, co-me egli stesso ha amato la chiesa, e siè dato per essa, così anche i coniugi possanoamarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre,con mutua dedizione” (GS 48).

Come far percepire questa ricca simbo-logia? • Importanza dell’Antico Testamento e del

suo legame organico con il Nuovo; occorreuna precisa pedagogia della fede (Ca-techesi tradendae, 3 ripreso con ampiezzanei Lineamenta n. 14) che metta in luceil carattere evangelico di tutta lascrittura (DV 16; VD nn 39-41) per evi-tare il latente marcionismo di ritorno ele letture fondamentaliste (Interpreta-zione della Bibbia nella Chiesa, pp. 62-65; VD n. 42; 44). Senza l’Antico, il tem-po della promessa, l’adempimento, il Nuo-vo, non può essere compreso. Se non siriesce a far percepire la fedeltà di Dio ma-nifestatasi nella lunga storia con il suopopolo e nella relazione esemplare tra Ge-sù e i suoi, non si possono fondare lenote caratteristiche del matrimoniocristiano (unicità, fedeltà, fecondità). ConDio o senza Dio tutto cambia.

• Dalla forma della sacra Scrittura “animadella sacra teologia” (DV 24) e della ca-

CATECHESI FAMIGLIAREE NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Prof. Marco Tibaldi, Membro del Gruppo Nazionale per il Catecumenato dell’UCN

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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techesi che da esse deriva, si devono an-che ricavare i tempi (catecumenato: cfr.Consiglio permanente CEI, L’iniziazionecristiana, 1: “Il catecumenato degli adulticostituisce il modello di ogni processo diiniziazione cristiana” n 41) e i modi(narrazione, linguaggio simbolico, annoliturgico) per presentare la storia del rap-porto tra Dio e il suo popolo (cfr. L’esem-pio paradigmatico della storia di Abramoe Sara).

2. la famiGlia Cristiana modello della Chiesa

la “Chiesa domestica”, la famiglia, è unmodello per la “grande Chiesa” in quanto“renderà manifesta a tutti la viva presenzadel salvatore nel mondo e la genuina na-tura della Chiesa, sia con l’amore, la fe-condità generosa, l’unità e la fedeltà deglisposi, sia con l’amorevole cooperazionedi tutti i suoi membri” (GS 48). Come ha ef-ficacemente riassunto Giovanni Paolo II “glisposi sono pertanto il richiamo permanenteper la Chiesa di ciò che è accaduto sullacroce” (Familiaris Consortio, 13).

Quali gli apporti della famiglia di oggiin relazione alla Chiesa e alla sua mis-sione?• La ridefinizione dei ruoli all’interno della

famiglia, in particolare quello della pa-ternità, provoca ad una rivisitazione delconcetto di cooperazione amorevole. Ilcompito originario della famiglia di essere“immagine e somiglianza” del creatore(Gen 1,27) si declina storicamente in mo-delli che oggi stanno subendo una pro-fonda e spesso traumatica revisione:“Quello che manca è il ‘principio paterno’su cui si fonda la norma, la legge, l’au-

torità: il terzo polo nel triangolo famigliareche attira a sé il figlio e lo separa dallamadre, stabilendo un ponte verso l’ester-no, verso la società. Manca insomma, nelmondo interiore dei ragazzi più ancorache delle ragazze, un’immagine di padreche raffigura qualcuno che ‘sta più in al-to’: qualcuno a cui giurare e con cui con-frontarsi, magari attraverso la sfida e laribellione, per poter salire al suo livello.Diventa così più difficile per gli adolescentiidentificarsi in una figura paterna spode-stata delle sue funzioni, che non trasmettepiù ai figli una tavola di leggi, un codicemorale da far proprio, da modificare o darifiutare. Diventa però più difficile anchesepararsi da quell’universo femminile,materno, che in questa fase storica sembraavere il sopravvento» (S. Vegetti Finzi -A. M. Battistin, L’età incerta. I nuovi ado-lescenti, Mondadori, Milano 2001, 192).Occorre riscoprire un modello di pater-nità fondato sull’autorevolezza intesaa partire dal senso etimologico di augereda cui auctoritas deriva: l’auctoritas è lacapacità di far crescere l’altro, di farlo di-ventare auctor, protagonista del processodi apprendimento (Il modello è ancora nelrapporto che Cristo ha avuto con la suaChiesa ad esempio in relazione alle Scrit-ture).

• L’importanza dell’intimità come capa-cità di essere a contatto con se stessie con l’altro. Ciò implica l’integrazionetra dimensione affettiva e cognitivanonché la considerazione positiva delleproprie fragilità (Convegno Verona).Gaudium et Spes descrive la famiglia co-me “intima comunità di vita e d’amoreconiugale” (GS 48). L’intimità da notaformale che identifica il proprium della re-lazione tra i coniugi nel sacramento delmatrimonio diviene segno dell’indole pro-

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pria della Chiesa definita a sua volta daLumen Gentium come sacramento“dell’intima unione con dio e dell’uni-tà di tutto il genere umano” (LG 1). Ilparticolare, la storia della salvezza, l’unio-ne di Cristo con la Chiesa tramite la fami-glia cristiana diviene universale (La pro-messa ad Abramo e Sara Gen 12, il ruolodi Maria e la famiglia di Nazareth).

3. la Comune missione evanGelizzatriCe

• La Chiesa “Popolo adunato dall’unità delPadre del Figlio e dello Spirito” (LG 4)fondato sulla Parola (LG 5) “riceve la mis-

sione di annunziare e instaurare in tuttele genti il regno di Dio e di Cristo”. Nellafamiglia i genitori “sono per i loro figli iprimi araldi della fede ed educatori; liformano alla vita cristiana e aposto-lica con la parola e con l’esempio, liaiutano con prudenza nella scelta dellaloro vocazione e favoriscono con ognidiligenza la vocazione sacra eventualmen-te in essi scoperta” (AA 11). Da cio il pri-mato educativo della famiglia (Evangeliinuntiandi, n. 71; Educare alla vita buo-na del Vangelo nn. 36-38)

• L’ecologia della persona (Lineamentan.21) tramite il discernimento che im-plica costitutivamente l’ascolto dell’altroe della realtà (Lineamenta n. 3).

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C.I.A.M. - Città del Vaticano24 marzo 2012

CAPITOLO 5

GIORNATA DI STUDIO

SU

CATECHESI E DISABILITÀ

COMUNICARE LA FEDE.

L’INIZIAZIONE CRISTIANACON LE PERSONE DISABILI

NELLE COMUNITÀ

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È proprio così: sono tuo papà. Ti piaccia ono, mi devi prendere per quello che sono.Anche tu, del resto, non sei proprio quelloche avevo pensato, prima che nascessi. Nonè vero che i figli sono tutti uguali e chel’importante è che arrivino. Chi lo pensa,mangia tutti i giorni i biscotti del MulinoBianco e crede anche di viverci nel MulinoBianco. Io ti volevo diverso. E quei biscottinon mi sono mai piaciuti. Forse anche tuvorresti un papà diverso. Ma nessuno sce-glie nulla tra padre e figlio...1

Questa citazione è tratta da un libro che ègià diventato un caso editoriale. In esso l’au-tore, Massimiliano Verga, docente universi-tario padre di tre figli, raccoglie una serie dibrevi racconti, aneddoti e riflessioni sullasua quotidiana vita con Moreno, il suo se-condogenito, un bimbo di otto anni nato sa-no e divenuto gravemente pluridisabile dopopochi giorni. Il libro non vuole assolutamen-te toccare tematiche di tipo religioso, anchese qua e là affiora, in modo non banale, ladomanda a Dio e su Dio (Ho perfino la pre-sunzione di pensare che, se esistesse, potreiquasi essergli simpatico)2.Perché dunque aprire, con questa citazione,la giornata di studio che ci accingiamo asvolgere? Trovo che questo pensiero di Vergaci offra una positiva provocazione proprioin relazione a quanto vogliamo approfondi-

re, cioè l’inclusione delle persone disabili neipercorsi parrocchiali di iniziazione cristiana.Sappiamo che il grande patrimonio di valorievangelici e di riflessione che, come cattolici,siamo chiamati a custodire e a promuovere,non è buonismo ingenuo. Tuttavia ci fa benericordare che i percorsi di inclusione si de-vono confrontare con una concretezza spes-so problematica, che vede in ogni tentativotrasognato di eluderla un pericolo altrettantograve dell’esclusione. Del resto è San Paoloa ricordarci che la «parola della croce» (1Corinzi 1,18) è, in Dio, forza e sapienza. Negli Orientamenti Pastorali dell’Episcopatoitaliano Educare alla vita buona del Van-gelo al n° 40 la catechesi, specie quella del-l’iniziazione cristiana, proposta ai bambinie ai ragazzi tra i 7 e i 14 anni, costituisceuno degli elementi fondativi di una vera epropria educazione cristiana3. L’IC è «l’espe-rienza fondamentale dell’educazione alla vi-ta di fede», non una delle attività della co-munità cristiana, ma quella che «qualifical’esprimersi proprio della Chiesa nel suo es-sere inviata a generare alla fede e realizzarese stessa come madre»4. Gli OP sottintendono la definizione di ICdella Nota per l’accoglienza dei catechismiCEI (1991): «per iniziazione cristiana si puòintendere il processo globale attraverso ilquale si diventa cristiani. Si tratta di un cam-mino diffuso nel tempo e scandito dall’ascol-

SALUTODon Guido Benzi, Direttore UCN

giornata di studio su catechesi e disabilità 191

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

1 M. VERGA, Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile, Mondadori, Milano 2012, 83. 2 Ibidem, 30. 3 Lo ricordava Gravissimum Educationis, n. 4: «Nell’assolvere il suo compito educativo la Chiesa utilizza tuttii mezzi idonei, ma si preoccupa soprattutto di quelli che sono i mezzi suoi propri. Primo tra questi è l’istruzionecatechetica, che dà luce e forza alla fede, nutre la vita secondo lo spirito di Cristo, porta a partecipare in manieraconsapevole e attiva al mistero liturgico, ed è stimolo all’azione apostolica». 4 UCN, La formazione dei catechisti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 4 giugno 2006, n. 6.

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to della Parola, dalla celebrazione e dalla te-stimonianza dei discepoli del Signore attra-verso il quale il credente compie un appren-distato globale della vita cristiana e si im-pegna a una scelta di fede e a vivere comefiglio di Dio, ed è assimilato, con il battesi-mo, la confermazione e l’eucaristia, al mi-stero pasquale di Cristo nella Chiesa»5. Si inserisce in questo processo una dinamicadi consapevolezza del dono ricevuto che por-ta la persona ad inserirsi progressivamentee a riconoscersi in una relazione di fraternità,donata, sostenuta e rinnovata dalla Graziasacramentale e accolta nella fede. Il tema del riconoscimento diventa quifondamentale. La dinamica del riconosci-mento tesse tantissimi episodi biblici: essaoltre che un indiscutibile fascino narrativoe letterario, ha un significato teologico moltomarcato6. Il tessuto del racconto biblico cimostra in più episodi, ed anche in lunghi ci-cli narrativi, come l’intreccio degli eventiporti i personaggi ad un riconoscimento checostituisce un “di più” rispetto alla situazionedi partenza. Giuseppe in Genesi 42‐45 nonsi fa subito riconoscere dai fratelli, ma mettein campo una vicenda che li purificherà e lipreparerà a questo evento. In Luca 24 Gesùnon viene subito riconosciuto dai due disce-poli: dovranno giungere la sera a Emmaus

per riconoscere il suo gesto eucaristico. Lostesso cieco‐nato in Giovanni 9 deve operarequesto riconoscimento: «Gesù seppe chel’avevano cacciato fuori; quando lo trovò,gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”.Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io cre-da in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: ècolui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo,Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui». (Gv9,35‐38). Desidero allora concludere con una domandache scaturisce anch’essa dalle scabre paroledi Verga. Forse all’inizio ed al vertice di unadinamica di inclusione dei nostri fratelli esorelle disabili nelle comunità non c’è unadinamica reciproca di riconoscimento? Cioèsentire che ognuno è un dono per l’altro,ognuno è testimonianza per l’altro. Per comeè e non per come vorremmo che fosse. Per-ché non ci siamo scelti, né siamo frutto dicieca casualità, ma siamo stati chiamati gliuni accanto agli altri. Ognuno ha un postoche nessun altro può occupare, ed io nonposso essere completo se tu non ci sei. L’in-clusione, prima che una attenzione pasto-rale, è una necessità della comunità cristianaper essere veramente ciò che è.

Buona giornata di riflessione. Grazie a SuorVeronica, agli illustri Relatori e a tutti voi.

5 UCN, Il catechismo per l’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Nota per l’accoglienza e l’utilizzazionedel catechismo della CEI, 15 giugno 1991, n. 7. 6 Si veda su questa tematica il recente libro di J‐P. SONNET, L’alleanza della lettura. Questioni di poetica narrativanella Bibbia ebraica, San Paolo – GBP, Roma 2011, in particolare il capitolo 4 «“I loro occhi si aprirono e loriconobbero”. Il “dramma” del riconoscimento», 89‐101.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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«Andate e annunciate il Vangelo adogni creatura» (mc 16,15)

è con grande piacere che formulo un calo-roso benvenuto a tutti voi a questa attesaGiornata di Studio ringraziando Mons. Cro-ciata e Don G. Benzi per la fiducia accorda-tami.

Siamo in un anno particolare in cui ci at-tendono importanti appuntamenti: l’aperturadell’Anno della Fede, il Sinodo per la NuovaEvangelizzazione, i 50 anni dall’aperturadel Concilio Vaticano II, i 20 anni del Cate-chismo della Chiesa Cattolica. Prendendo aprestito le parole della Novo MillennioIneunte di Giovanni Paolo II, sembra proprioche sia giunta «l’ora di una nuova fantasiadella carità»1: e quale maggiore carità po-tremmo esercitare nei confronti del mondocontemporaneo se non quella della evange-lizzazione? Il mandato del Cristo consegnatoai suoi discepoli risuona oggi più che mai:«Andate e annunciate il Vangelo ad ognicreatura» (Mc 16,15). I Vescovi italiani neldocumento Educare alla vita buona del Van-gelo2 per il decennio 2010-2020, sottoli-neano a più riprese come quella dell’educa-zione sia la vera sfida che attende la comu-

nità cristiana in un tempo particolarmenteassetato di verità e di carità.

In questo intervento introduttivo affronteròdirettamente il tema della nostra missione diannunciatori del Vangelo ai/con i disabili.Non c’è dubbio che oggi la collocazione dellepersone disabili nella società sia miglioratarispetto al passato. Nonostante molto riman-ga ancora da fare, non di rado incontriamopersone disabili pienamente inserite nella so-cietà, ad esempio nelle scuole e negli uffici,anche con ruoli significativi. Per quanto esi-stano ancora tanti pregiudizi e tante incoe-renze, mi sembra di poter dire non solo chegeneralmente è cresciuta la sensibilità nei ri-guardi della persona disabile e dei suoi diritti,ma anche che si è passati da un “modelloassistenzialista” (il disabile come destinatariodi attenzione sociale) ad un modello di in-clusione (il disabile come protagonista nellasocietà) grazie anche al contributo dei cat-tolici, sostenuti dal Magistero ecclesiale3.

Dobbiamo tuttavia ammettere che anche nel“nostro mondo”, in alcuni casi, si registranolentezze e ritardi che portano tanti fratelli esorelle disabili anche ad allontanarsi dallenostre Comunità.

INTRODUZIONESr. Veronica Donatello, Responsabile Settore Catechesi delle persone disabili/UCN

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

1 GIOVANNI PAOLO II, Novo Millennio Ineunte, 6 Gennaio 2001, n. 50. 2 Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (CEI), Educare alla buona vita del Vangelo. Orientamenti dell’Episcopatoitaliano per il decennio 2010-2020, 4 ottobre 2010. 3 Per una breve bibliografia sull’argomento si veda: M. COLLINI, Oltre il limite. Chiesa e Handicap, Franco Angeli,Milano 2005; G. DI PAOLO – M. PRADAL – S. BORTOLOT (a cura di), ICF-CY nei servizi per la disabilità. Indicazionidi metodo e prassi per l’inclusione, Franco Angeli, Milano 2011; D. IANES, La speciale normalità. Strategie diintegrazione e inclusione per le disabilità e i bisogni educativi speciali, Erikson, Trento 2006; F. LAROCCA, Neiframmenti dell’intero. Una pedagogia per la disabilità, Franco Angeli, Milano 2008; L. SCARAFFA (a cura di),I cattolici che hanno fatto l’Italia. Religiosi e cattolici piemontesi di fronte all’Unità d’Italia, Edizione Lindau,Torino 2011.

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Se tutti i cristiani sono «pietre vive», co-struite «come edificio spirituale, per un sa-cerdozio santo e per offrire sacrifici spiritualigraditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt2,4), questo certamente vale anche per lapersona disabile. Come ci ricordano i Vesco-vi, ogni cristiano è chiamato «a compiere lascelta del proprio stato di vita e a concretiz-zare, in una Chiesa e nella varietà dei mi-nisteri, il suo specifico apporto alla reden-zione del mondo»4: quale possibilità hannole persone disabili di scoprire la propria par-ticolare vocazione all’interno delle nostre co-munità ecclesiali e di contribuire attivamentealla missione redentrice che il Signore Ri-sorto ha affidato alla sua Chiesa?

In questo orizzonte presento alcuni puntisalienti degli Orientamenti Pastorali (Educa-re alla vita buona del Vangelo = OP) riguar-danti la Parrocchia quale luogo della gene-razione nella fede, con le ricadute sulla pa-storale della persona disabile. Inoltre intro-durrò il cammino dell’Iniziazione Cristiananel suo rapporto con il disabile e il rapportopersona disabili e processo di IniziazioneCristiana (= IC).

1. la parroCChia luoGo dellaGenerazione nella fede

Gli OP, dopo aver evidenziato i tratti dell’uo-mo contemporaneo nel capitolo 15 e il de-siderio della Chiesa di impegnarsi nell’edu-cazione anche attraverso un rapporto profi-cuo con la cultura e la scienza, sottolineanocome l’incontro con il Cristo, Maestro e Pe-dagogo, educhi i discepoli fino a divenire

comunità nel capitolo 2. Particolarmente si-gnificativo risulta essere il brano lucano chenarra dell’incontro tra il Signore Risorto e idiscepoli di Emmaus (Lc 24,13-53), un in-contro che si consuma all’interno di unapluralità (erano infatti, due!) e che conduce,attraverso la Parola e il Pane spezzati, a tor-nare in una comunità composta di tanti volti. Nel capitolo 3, gli OP, si soffermano sul voltodell’educatore, quale testimone del Vero, delBuono e del Bello incontrati nel Signore Ri-sorto. Egli è un testimone competente, in-tellettualmente e metodologicamente capacedi dare ragione della speranza che lo abita,soprattutto attraverso la coerenza della suavita comunitaria.

Degno di rilievo è il rapporto messo in lucetra educare e generare. Il cammino educativoè un cammino di rinascita che prende lemosse da una relazione, quella con l’edu-catore e con la comunità educante: come unbambino non può darsi da sé stesso ciò chenon possiede, cioè la vita, ma la riceve dallarelazione con chi lo genera, allo stesso modoè all’interno delle relazioni comunitarie sim-metriche e asimmetriche, paritarie e non pa-ritarie, che avviene la generazione nella fe-de. In realtà, l’educatore e la comunità edu-cante non hanno mai dinanzi un bambinointeso come “tabula rasa” su cui scrivere oun “vaso vuoto” da riempire: essi piuttosto,incontrano una persona che ha già in sé untesoro da tirar fuori. Questa ricchezza nonè data solo dall’insieme delle potenzialitàumane del bambino, ma anche dai doni spi-rituali o, per meglio dire, dal dono dello Spi-rito del Risorto che abita in ogni battezzatoe che si manifesta attraverso frutti di santità

4 CEI, Piano Pastorale per le vocazioni, 26 maggio 1985, n. 15. 5 Ad esempio l’individualismo, la frammentazione delle relazioni, la separazione delle dimensioni costitutive dellapersona umana etc.

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e carismi. L’educazione, allora, diviene unavera e propria arte maieutica, attraverso cuiil dono dello Spirito, presente in ogni cristia-no, viene portato alla luce, per l’azione edu-cativa ad intra e ad extra della comunitàcristiana.

Tale dinamica educativa, come afferma ilCapitolo 4, avviene attraverso una media-zione ecclesiale specifica che è la Parrocchia.Di certo, il progetto educativo, coinvolge an-che altre agenzie educative con cui tesserealleanze; per operare in sinergia con la co-munità parrocchiale, autentico croceviadell’educazione della fede.

Gli OP, infatti, ricordano che:

«Ogni Chiesa particolare dispone di un po-tenziale educativo straordinario, grazie al-la sua capillare presenza nel territorio. Inquanto luogo d’incontro con il Signore Ge-sù e di comunione tra fratelli, la comunitàcristiana alimenta un’autentica relazionecon Dio; favorisce la formazione della co-scienza adulta; propone esperienze di li-bera e cordiale appartenenza, di servizioe di promozione sociale, di aggregazionee di festa. La parrocchia, in particolare,vicina al vissuto delle persone e agli am-bienti di vita, rappresenta la comunitàeducante più completa in ordine alla fede.Mediante l’evangelizzazione e la cateche-si, la liturgia e la preghiera, la vita di co-munione nella carità, essa offre gli ele-menti essenziali del cammino del credenteverso la pienezza della vita in Cristo»6.

La Parrocchia può tornare ad essere luogod’incontro, spazio aperto che se da un lato

genera l’uomo alla pienezza della fede inCristo, dall’altro non lo trattiene ma lo inviaa sostare a fianco di ogni uomo, a cammi-nare con questi con l’umiltà del dialogo e laparresìa dell’annuncio dell’evangelo.

Se il punto di partenza di ogni autenticocammino di fede e la premessa stessa delsuo maturo compimento non può che esserel’incontro con il Risorto, Maestro e Pedagogodella sua Chiesa, non possiamo non inter-rogarci su quali possibilità concrete il cre-dente disabile abbia di incontrare il Signorenelle nostre comunità parrocchiali. Se questopuò accadere solo attraverso la mediazioneeducativa della comunità, si richiede chequesta sia attrezzata di specifiche compe-tenze che permettano alla persona disabilenon tanto o non solo di usufruire di “servizispecifici” (“modello assistenzialista”), maanzitutto di essere visto e riconosciuto comeportatore di un dono particolare dello Spiritoper l’edificazione della stessa comunità chelo genera nella fede. La Parrocchia può edeve divenire il luogo privilegiato in cui me-diante la catechesi, la liturgia, la testimo-nianza della carità, anche il disabile giungaalla pienezza della vita in Cristo.

2. il proCesso di iniziazione Cristiana

La riflessione più specifica sul cammino del-l’iniziazione cristiana7 si colloca nel n. 40degli OP, dove leggiamo: «Esperienza fon-damentale dell’educazione alla vita di fede

6 OP, n. 41. 7 Per una breve bibliografia sull’argomento si veda: CEI -UCN, La catechesi dei disabili nella comunità, EdizioniDehoniane, Bologna 1994; CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CEI, L’iniziazione cristiana 2. Orientamentiper l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni. Nota pastorale, 23 maggio; G. BENZI, Introduzione.Ripensare l’Iniziazione cristiana, in Sacra Doctrina. Monografia 52 (2007) 3, 13-18; E. BIEMMI, Catechesi e

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è l’iniziazione cristiana”, che “non è quindiuna delle tante attività della comunità cri-stiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersiproprio della Chiesa nel suo essere inviataa generare alla fede e realizzare se stessacome madre”».

Quanto stia a cuore alla Chiesa italiana laquestione dell’IC si evince anche dalla rifles-sione che in questi ultimi anni l’Ufficio Ca-techistico Nazionale (= UCN) ha condottosul cammino fatto fin ora e sul suo possibilerinnovamento. Nei Convegni catechistici re-gionali 2012, inoltre, viene affrontato pro-prio il tema dell’IC, come già si evince daltitolo Come Pietre vive. Rinnovare l’IC nellanostra Chiesa. Vademecum per la prepara-zione ai Convegni.

Ritornando agli OP, l’IC è descritto come uncammino graduale verso una fede consape-vole che richiede itinerari differenziati di ca-techesi, che ha il suo culmine nella celebra-zione dei sacramenti, seguita da un’adegua-ta mistagogia. Particolarmente urgente sem-bra essere, all’interno di tale cammino, laproposta di «relazioni capaci di coinvolgerele famiglie» (num. 40). Ritorna così la di-mensione relazionale dell’itinerario: è soloall’interno delle relazioni comunitarie chepuò avvenire il richiamo ad una pastorale.

è noto che nel 2003 si è celebrato l’AnnoEuropeo dei disabili proclamato dalla Comu-nità Europea. In seguito a quell’evento, iVescovi italiani in collaborazione l’UCN pub-blicarono un fascicolo ancora prezioso, L’Ini-ziazione Cristiana alle persone disabili.Orientamenti e proposte, in cui si riconoscealla persona disabile un nuovo volto, quellodi un soggetto non solo destinatario, ma an-che protagonista dell’evangelizzazione. Qui troviamo alcune indicazioni importantiche vorrei richiamare8: – la necessità del coinvolgimento della fa-

miglia del disabile; – l’opportunità di una solida formazione non

solo catechetica ma anche pedagogicadell’educatore;

– l’importanza di pensare ad un itinerarioadeguato alle capacità del ragazzo disabile;

– l’attenzione ad un pieno coinvolgimentodel disabile nei vari contesti educativi par-rocchiali.

Degna di rilevo è anche la parte seconda deldocumento, dove viene riconosciuta la pro-vocazione di cui la persona disabile è por-tatore all’interno della chiesa e della società,facendo appello a percorsi di conoscenza, diaccoglienza, di integrazione e di personaliz-zazione, fino al punto da riconoscerlo comeparte attiva dell’evangelizzazione.

Iniziazione cristiana. Una sfida complessa, in “la Rivista del Clero” 93 (2012) 1, 49-66; C. CACCIATO INSILLA,L’iniziazione cristiana in Italia dal Concilio Vaticano II ad oggi pronunciamenti del Magistero, studi, modelli,orientamenti per la prassi, Roma, LAS, 2009; L. MEDDI - A. M. D’ANGELO, I nostri ragazzi e la fede. L’iniziazionecristiana in prospettiva, Cittadella, Assisi 2010; U. MONTISCI, L’Iniziazione cristiana in Italia in un tempo ditransizione, in “Catechesi” 76 (2006-2007) 3, 46-61; G. MORANTE, Una presenta accanto. Orientamenti e in-dicazioni per la pastorale e la catechesi con le persone in situazione di handicap, Leumann (To), ElleDiCi,2001; ID., L’accoglienza dei disabili nella comunità parrocchiale, in «Rivista Liturgica» 1 (2003); ID., Viverela domenica; la partecipazione delle persone disabili alla vita della Chiesa, in «Notiziario UCN» 33, 5 (2004),21-30; ID., D come diversità. cinque sentieri per l’inclusione dei disabili in parrocchia, ElleDiCi, Leumann (To)2011; W. RUSPI, Esperienze nuove di iniziazione cristiana, in «Notiziario UCN» 34 (2005), 210-217; C. SCIUTO,L’educazione dei disabili alla fede. Il rinnovamento dell’Iniziazione cristiana, in www.chiesacattolica.it/ucn;ID, IC: Qualcosa si muove. Così in Italia, in “Settimana” 46 (2012) 9, 8-9. 8 Cfr. UCN, L’iniziazione cristiana alle persone disabili. Orientamenti e proposte, EDB, Bologna 2004.

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La terza parte, infine, richiamando le lineedel Concilio, mette in luce come i sacramentidell’IC debbano raggiungere efficacementeogni credente, e questo vale in particolareper i disabili gravi.

Per quanto riguarda la ricezione e l’attua-zione di questo Documento del nostro Uffi-cio, ci aiuterà il Prof. Soreca - Direttore UCDdi Benevento, Membro della CommissioneNazionale dell’IC che sta attuando un pro-getto diocesano di accoglienza, nei confrontidelle persone disabili.

Da quanto detto fin’ora emerge chiaramentequanto l’Episcopato italiano sia attento allapersona disabile e alla sua formazione cri-stiana nel contesto educativo parrocchiale9.Allo stesso tempo, si rende necessaria unatraduzione pratica di tale attenzione, anzi-tutto puntando su una maggiore formazionedelle nostre comunità anche attraverso l’au-silio dei contributi che provengono dallescienze umane. Particolarmente urgentesembra essere la formazione dei formatori,cioè di quanti sono in prima linea in qualitàdi educatori.

ConClusioni e aperture

In questi anni le indicazione del Magisteroe i contributi dell’UCN non sono mancati enotevoli passi avanti sono stati fatti, in lineacon quanto avvenuto in ambito civile: sipuò dire che si è passati da secoli di invisi-bilità della persona con disabilità a un cam-mino di presa di coscienza e di maturazionedella stessa persona disabile. Sicuramentela scienza medica, gli ausili tecnologici,l’educazione e una pedagogia speciale han-

no permesso alle persone disabili, di poteraccedere a uno standard di vita inimmagi-nabile solo fino a venti anni fa. Tuttavia, ri-mane per le nostre comunità Parrocchiali,Associazioni e Movimenti, il grande rischiodi non lasciarsi provocare fino in fondo daquesti eventi, fino al punto di concretizzareuna prassi pastorale più adeguata ad unanuova cultura della disabilità.

Ascolteremo su questo la Dott.ssa A. Her-binet, Pedagogista e Responsabile NazionaleSettore per la Catechesi ai disabili della Con-ferenza Episcopale Francese, la quale con-dividerà oltre l’esperienza che vive in Fran-cia e i percorsi messi in atto.

Il Dott. E. Aceti, Psicologo infantile e delladisabilità, ci aiuterà a cogliere il vissuto af-fettivo del ragazzo disabile offrendoci delleinformazioni indispensabili perché la nostrametodologia catechetica tenga conto dei pro-cessi di maturazione del giovani disabili. Mi piace concludere il mio intervento intro-duttivo e dare il via a questa giornata conle parole di Simona Atzori, una disabile, sen-za braccia dalla nascita, nota pittrice e bal-lerina classica che nel 2001 si è laureata in“Arti visuali” alla University of Western On-tario (Canada):

«[...] Spesso i limiti non sono reali, i limitisono solo negli occhi di chi ci guarda. [...].Non importa se hai le braccia o non le hai,se sei lunghissimo o alto un metro e untappo, se sei bianco, nero, giallo o verde,se ci vedi o sei cieco o hai gli occhialispessi così, se sei fragile o una roccia, sesei biondo o hai i capelli viola o il nasostorto, se sei immobilizzato a terra o guar-di il mondo dalle profondità più inesploratedel cielo. La diversità è ovunque, è l’unica

9 Per una breve bibliografia sull’argomento si veda: www.chiesacattolica.it/ucn

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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cosa che ci accomuna tutti. Tutti siamo di-versi, e meno male, altrimenti vivremmoin un mondo di formiche. Non c’è nullache non possa essere fatto, basta trovareil modo giusto per farlo. Io tengo il micro-fono con i piedi, altri con le mani, altri an-cora lo tengono sull’asta. Sta a noi trovareil modo giusto per noi. [...] Se avessi avu-to paura sarei andata all’indietro, inveceche avanti. Se mi fossi preoccupata mi sa-rei bloccata, non mi sarei buttata, avreiimmaginato foschi scenari e mi sarei riti-

rata. Invece ho immaginato. Adesso sonofelice, smodatamente, spudoratamente fe-lice. Ed è una gioia raccontarla, questamia felicità. Ringrazio il Signore non perla vita in generale, ma per avermi dise-gnata esattamente così. Il mio grazie quo-tidiano è cercare di rendere questa miavita un Capolavoro, come Lui ha volutoche fosse»10.

Buon ascolto.

10 S. ATZORI, Cosa ti manca per essere felice?, Mondadori, Roma 2011.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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introduzione

Inizio con il ringraziare di cuore l’équipedell’Ufficio Catechistico Nazionale per la fi-ducia accordatami affidandomi la prepara-zione di questo intervento; in particolare,permettetemi di ringraziare don Guido e SrVeronica; spero di contribuire alla ricchezzadella riflessione di questa giornata di studio.L’ottica che assumerò riflettendo sul temaaffidatomi è quella pastorale; del resto, nonpotrei scegliere altrimenti. Il mio è lo sguardodel direttore di un ufficio catechistico dioce-sano che guarda alla disabilità con premurapastorale e che, accostandosi in punta dipiedi alle attenzioni psico-pedagogiche(avremo modo di ascoltare riflessioni com-petenti in merito nelle relazioni successive),propone una riflessione che parte dalla pro-pria esperienza e dall’approfondimento pa-storale. Più che mai attuale, mi sembra il monito deldocumento sull’IC alle persone disabiliquando nella prefazione afferma:

è giunto il tempo per la comunità parroc-chiale di riflettere sul significato eccle-siale della “presenza” delle personedisabili per accoglierle nel suo seno, perdar vita ad una sua “naturale” completez-za: non si tratta solo di riconoscimento

dei loro diritti di credenti; è soprattutto unbene per ogni credente, in cui far nascereil desiderio di instaurare relazioni di con-tinuità e significatività, che fa superare ilsolo momento liturgico o catechistico osacramentale, fino a farsi carico della per-sona disabile nella globalità dei suoi biso-gni umani e religiosi. “Ogni battezzato,per il solo fatto stesso del battesimo, pos-siede il diritto di ricevere dalla chiesa uninsegnamento ed una formazione che glipermettono di raggiungere una vera vitacristiana” (CT 14)

A mio avviso, se da una parte si è andataaffermando nelle comunità ecclesiali la con-sapevolezza della educabilità alla fede deldisabile capace di una sua particolare espe-rienza di Cristo (lodevoli in merito sono leattenzioni poste per realizzare itinerari dif-ferenziati che rendano possibile l’incontrocon il Signore della Vita), dall’altra si fa fa-tica a considerare i disabili come soggetti at-tivi nella progettazione dell’azione pastoraledi una comunità. Mi spiego. Da direttore diun ufficio diocesano ascolto esperienze at-traverso le quali percepisco un chiaro supe-ramento del pregiudizio religioso e del pre-giudizio cognitivo, anche se per quest’ultimosi registrano delle resistenze1, ma percepiscola presenza di un terzo tipo di pregiudizio,che definisco pregiudizio comunitario.

L’IC ALLE PERSONE DISABILI

ORIENTAMENTI E PROPOSTE

RICEZIONE E ATTUALIZZAZIONE IN UNA

PASTORALE INCLUSIVADon Salvatore Soreca, Direttore UCD Benevento, Membro Commissione IC dell’UCN

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

1 “Non è ancora patrimonio comune, ad esempio, la consapevolezza che anche le persone con disabilità intellettivahanno una loro interiorità ed intellettività. Si potrebbe dire che il pregiudizio cognitivo, che per i disabili sensorialiè stato superato nel secolo scorso, è ancora vivo nei confronti dei disabili mentali”. V. SCELZO, L’educabilità dei

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Riprendendo la citazione del documento sul-la IC alle persone disabili vorrei fermarmisull’espressione “riflettere sul significato ec-clesiale della loro presenza”: molto si è fattoe si fa nell’orizzonte della cura pastorale delfratello e della sorella disabile, come soggettoa cui dedicare particolari attenzioni; mag-giore impegno, a mio avviso, andrebbe ap-plicato nella comunità per evidenziare unaltro versante del significato ecclesiale dellaloro presenza: l’arricchimento e la bellezzache porta alla progettazione pastorale la pe-culiarità della loro esperienza di Gesù. In-somma, recuperare accanto l’importanzadella categoria della “presenza” letta nel-l’orizzonte della cura pastorale, l’attenzionealla categoria della “presenza” colta nelladimensione del protagonismo pastorale. Nonmancano in merito le indicazioni dei docu-menti magisteriali2. Più lenta risulta esserel’assimilazione di tale principio nella proget-tazione e programmazione pastorale dellenostre comunità ecclesiali.“La nostra esperienza ci porta a dire che lapresenza delle persone con disabilità all’in-terno delle nostre comunità ecclesiali non èsolo il riconoscimento del diritto di quest’ul-timi, ma è anche un arricchimento per ognu-no”3, aggiungerei un arricchimento dell’azio-ne pastorale che, per sua natura, è espres-sione della passione per il Regno della co-munità intera nella originalità di ogni suomembro:

Nuova Evangelizzazione vuol dire rifareil tessuto cristiano della società umana, ri-facendo il tessuto delle stesse comunità

cristiane; vuol dire aiutare la Chiesa a con-tinuare ad essere presente in mezzo allecase dei suoi figli e delle sue figlie, peranimare la vita e indirizzarla al Regno cheviene. (Lineamenta 9)

Passo ad indicare, ora, i passi del mio inter-vento. Nella prima parte mi concentreròsull’orizzonte ecclesiale-comunitario nelquale è possibile pensare una pastorale in-clusiva e, quindi, il superamento del pregiu-dizio comunitario; nella seconda parte, pro-porrò un orizzonte spirituale in cui rifletterel’iniziazione alla fede del disabile; nella terzaparte, indicherò delle proposte nell’ambitodella IC ai disabili.

1. la Comunità eCClesiale laboratorio di pastorale

Riflettere sull’attenzione alla iniziazione allafede rende necessario pensare l’orizzonte ec-clesiologico nel quale ci si pone:

E forse così si può cogliere il fatto che il pro-blema dell’infecondità dell’evangelizzazioneoggi, della catechesi nei tempi moderni, è unproblema ecclesiologico, che riguarda la ca-pacità o meno della chiesa di configurarsicome reale comunità, come vera fraternità”.(Lineamenta 2)

La comunità è il soggetto primario della for-mazione cristiana ed è la condizione di pos-sibilità perché essa possa accadere4. I ve-scovi di Francia parlano di un “bagno ec-clesiale” come esigenza determinante per

disabili nella prospettiva catechetica, in «Notiziario dell’UCN», dicembre (2011) 3, p. 136, www.chiesa cattolica.it/UCN.2 La nota dell’UCN sulla Iniziazione Cristiana alle persone disabili, contiene indicazioni in merito.3 SCELZO, L’educabilità dei disabili nella prospettiva catechetica, p. 137.4 Cfr A. FOSSION, Il Dio desiderabile. Proposta della fede e iniziazione cristiana, Bologna, Dehoniane 2011, pp.80-84.

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tornare alla originalità dell’atto di fede, pu-rificato da ogni tendenza intimista e indivi-dualista5. Infatti, forma privilegiata dell’ade-sione a Cristo è la maturazione di un’appar-tenenza responsabile e creativa che fondi ilprotagonismo nell’annuncio, nella costru-zione della comunità e nell’azione pastorale. La pastorale è, quindi, azione della comu-nità: nella diversità dei carismi che arricchi-scono e rendono completa l’azione pastorale,la comunità ecclesiale è il soggetto, la con-dizione, il luogo e il contesto dell’annunziodel Regno. Nell’originalità dell’atto di fededi ogni singolo battezzato e in forza dellasua natura comunionale (comunione di co-munità)6 essa è laboratorio di pastorale. Ap-profondiremo il concetto in seguito. All’in-terno della comunità ecclesiale il soggettointeragisce con microcomunità identificateda una propria diaconia che, nella condivi-sione del servizio al Regno con lo specificodel proprio carisma, realizzano la ricchezzadella proposta pastorale ecclesiale7.Il contesto ecclesiale è in costante formazio-ne perché continuamente trasformato dallasingola esperienze dei fedeli, ed è in se stes-so formativo perché continuamente trasfor-mante l’esperienza dei fedeli stessi, in unrapporto di circolarità trasformativa: «La pro-posta della fede cristiana è insieme propostadi comunione con Dio, realizzata in Cristo enello Spirito, proposta di comunione con glialtri credenti, ma anche proposta di assu-mere soggettualità di locutore nel Noi eccle-

siale, perché esso si mantenga nel tempo erealizzi la sua missione fino la compimentodel Regno»8. In tale logica, il fedele ridefinisce il soggettoecclesiale, la sua autocoscienza e l’intelli-genza della Verità rivelata, accogliendo lafede annunciata e decidendo la sua vita perCristo; il noi ecclesiale, in continua evolu-zione, attualizza l’intelligenza del dato di fe-de per l’apporto personale dei singoli cre-denti: è vera comunità ermeneutica, che in-terpreta, “ri-esprime, ri-comprende e si faplasmare”, dal Vangelo per esserne annun-ciatrice instancabile. La definizione del noiecclesiale come comunità “ermeneutica” po-ne l’accento sull’appartenenza originale diogni singolo fedele9. La partecipazione è allora il contesto peda-gogico-pastorale in cui recuperare il signifi-cato ecclesiale della presenza dei fratelli di-sabili. Da una parte rafforzare l’impegno nel“trattarle come persone predilette”, come af-ferma il DGC, per le quali porre in essereuna educazione alla vita di fede attraversoitinerari adeguati e personalizzati che, coin-volgendo la famiglia e integrando le indica-zioni psico-pedagogiche (DGC 189), li con-ducano ad un’esperienza autentica di Dio inseno alla propria comunità fino alla misuraalta della santità, dall’altra maturare unostile di accoglienza che

condurrà la comunità cristiana a pianifi-care una pastorale che non metta il disa-

5 Cfr. CONFéRENCE DES éVêQUES DE FRANCE, Texte national pour l’orientation de la catéchèse en France et principesd’organisation, Bayard - Cerf - Fleurus-Mame, Paris 2006; E. ALBERICH, Catechesi e chiesa-comunità, in www.ca-techetica.it; A. FOSSION, Il Dio desiderabile, pp. 80-92.6 Cfr. M. MIDALI, Teologia pratica, vol. 2: Attuali modelli e percorsi contestuali di evangelizzazione, LAS, Roma20084, pp. 129-150.7 E. ALBERICH, Catechesi e chiesa-comunità, p. 5.8 S. NOCETI, Educare nella comunità cristiana, co-educarsi come comunità, relazione ad uso dei partecipanti alConvegno AICa 2011, Apprendere nella comunità. Come dare un contesto alla catechesi, p. 3.9 Cfr. S. NOCETI, Educare nella comunità cristiana, co-educarsi come comunità; S. CALABRESE, Con-testi ecclesialie formazione, in AICA, Catechesi e formazione. Verso quale formazione a servizio della fede, a cura di S.

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bile al centro di un’attenzione morbosa,episodica, ma poi dimenticandolo nel quo-tidiano, bensì prendendosi cura di lui eaiutandolo ad inserirsi come soggetto at-tivo nella vita della comunità per condi-viderne doni e pesi, per mangiare lo stessoPane, formare lo stesso Corpo in un soloSpirito e annunciare il regno di Dio10.

Le attenzioni espresse trovano realizzazionenella proposta di intendere la comunità ec-clesiale come “comunità-laboratorio”, nellaquale le relazioni che definiscono il reticolatocomunitario, in quanto mediazioni privile-giate dell’incontro con il Cristo, costituisconola tensione formativa del noi ecclesiale, chenella diversità, nel pluralismo e nella strut-turazione gerarchica dei servizi carismatici,rinarra l’esperienza fondativa e annuncia laParola.Nella comunità-laboratorio, più che la logicadella trasmissione unidirezionale del conte-nuto della fede, si realizza una condivisionedella Parola ascoltata, accolta e recepita11;in altri termini, si dà una messa in rete dellapropria esperienza di fede attraverso il rac-conto del proprio incontro trasformante conCristo12. Il noi ecclesiale, quindi, nella misurain cui riforma costantemente la sua intelli-genza della fede attraverso l’apporto del sin-golo fedele, è comunità laboratorio perché,nella condivisione delle singole esperienze,pensa ad un agire pastorale che è espres-sione di tutta la sua ricchezza. Luogo dellaresponsabilità condivisa sono gli organismi

di partecipazione ecclesiale attraverso i qualila comunità, nella diversità dei ministeri esotto la guida dei pastori, riflette e progettal’agire pastorale in tutte le sue dimensioni.In essi, in quanto organi di partecipazioneattiva alla responsabilità ecclesiale per l’an-nuncio del Regno, i fratelli disabili dovreb-bero poter portare la propria esperienza eimprimere la peculiarità della propria otticanella progettazione pastorale. In tal senso,recupero con forza una indicazione dell’esor-tazione apostolica Christifideles laici al nu-mero 54

Uno dei fondamentali obiettivi di questa rin-novata e intensificata azione pastorale (...)è di considerare il malato, il portatore dihandicap, non semplicemente come terminedell’amore e del servizio della Chiesa, bensìcome soggetto attivo e responsabile del-l’opera di evangelizzazione e di salvezza.

La comunità-laboratorio di pastorale è, quin-di, il contesto in cui progettare una pastoralespeciale ed inclusiva che segni il supera-mento del “pregiudizio comunitario”. Spe-ciale perché non può prescindere dalla spe-cialità, dall’unicità e dall’irripetibilità dellapersona; inclusiva perché la presenza del di-sabile non è considerata un ostacolo versol’efficienza pastorale, ma come una risorsaper la comunità. L’inclusività, inoltre, non èrivolta unicamente a pensare i disabili comei destinatari dell’azione pastorale; molto dipiù tale concetto va applicato per quanto

Calabrese, Torino-Leumann, Elledici 2004, pp. 91-112; Cfr. L. MEDDI, Catechesi. Proposta e formazione dellavita cristiana, Padova, Messaggero 20042, pp. 197-222. 10 UCN, L’Iniziazione Cristiana alle persone disabili. Orientamenti e proposte, parte I, paragrafo 2, in www.chie-sacattolica.it/UCN.11 Cfr. L. MEDDI, Apprendere nelle organizzazioni. Apprendere nella comunità cristiana, relazione ad uso deipartecipanti al cit. Convegno AICa 2011, dedicato all’Apprendere nella comunità. Come dare un contesto allacatechesi,; P. ZUPPA, Dire formazione oggi nella Chiesa. A 40 anni dal DB, in Catechesi 80 (2010-2011) 6, pp.19-28; G. ALESSANDRINI, Apprendere nelle organizzazioni. Apprendere nella comunità cristiana, relazione aduso dei partecipanti al convegno AICa 2011.

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concerne la valorizzazione della loro pre-senza in ambito di progettazione pastorale.La comunità, nella diversità dei suoi prota-gonisti, accoglie la peculiarità dell’esperienzadi Cristo dei fedeli disabili e, accanto alle al-tre, la considera origine della tensione pa-storale. Trovare dei punti di contatto non èun movimento unilaterale della comunitàverso il disabile, ma è un crocevia nel qualeconvergono i diversi carismi in movimento,nella consapevolezza che la comunione dellediversità messe in rete è un luogo dall’infi-nita potenzialità di crescita. Del resto, l’at-tenzione posta alla categoria laboratorio diceproprio l’uguale protagonismo dei parteci-panti, i quali nella diversità e ricchezza deicarismi personali, caratterizzano la respon-sabilità ecclesiale nell’annuncio del Regno,cuore dell’agire pastorale. Una pastorale in-clusiva che faccia sintesi tra una pastoraledella solidarietà, del farsi prossimo per sve-lare il senso pieno del vivere, e una pastoraledel protagonismo, in cui ogni soggetto nellesue risorse, è pietra viva dell’edificio spiri-tuale qual è la comunità cristiana13. In taleottica va recuperata la pastorale della disa-bilità nella logica di una pastorale normale;una delle diverse attenzioni nelle quali sideclina la progettazione pastorale della co-munità ecclesiale14. A questo punto sembra naturale la doman-da: come riflettere l’IC cristiana ai disabili intale contesto? In merito risultano ancora at-tuali e illuminanti le indicazioni del docu-mento dell’UCN. Mi fermerò brevemente sudelle considerazioni, che verranno appro-fondite e integrate nella terza parte del miointervento.

Esperienza fondamentale dell’educazionealla vita di fede è l’Iniziazione Cristiana,che non è quindi una delle tante attivitàdella comunità cristiana, ma l’attività chequalifica l’esprimersi proprio della Chiesanel suo essere invitata a generare e rea-lizzare se stessa come madre. Essa ha gra-dualmente assunto un’ispirazione catecu-menale, che conduce le persone a unaprogressiva consapevolezza della fede,mediante itinerari differenziati di catechesie di esperienza cristiana. (Educare allavita buona del Vangelo 40)

La riflessione sul protagonismo del disabileall’interno della comunità assume tutta lasua importanza nella riflessione sull’IC, cuo-re dell’agire pastorale ecclesiale. Nel riflettereuna IC adeguata ai fratelli disabili, le singolecomunità esprimono la loro responsabilità ela loro capacità di accoglienza, ma allo stessotempo, sono chiamate a pensare itineraridifferenziati considerando le disabilità cen-site come principio di progettazione per gliitinerari stessi. In tale senso, si concretizzala riflessione appena fatta su un’inclusivitàche sia principio guida della progettazionepastorale e della strategia pastorale per ga-rantire ai disabili il diritto di curare la propriavita spirituale attraverso itinerari formativicostruiti su tre fulcri: l’esperienza che dicaconcretamente l’accoglienza, la cura el’amore della comunità verso di loro, me-diazione essenziale per sperimentare l’amoredel Padre per ognuno di loro; la catechesiessenziale che, in modo adeguato alle di-verse situazioni, li introduca al cuore delMistero, in tal senso il recupero delle formuledi fede neotestamentarie in cui si sintetizza

12 P. ZUPPA, Dire formazione oggi nella Chiesa, p. 25.13 Rimando ai documenti magisteriali per approfondire la ricchezza dell’esperienza della sofferenza e delladisabilità nella logica evangelica e il conseguente apporto qualitativo alla progettazione pastorale.14 Cfr. G. MORANTE, Catechesi e handicap, in ISTITUTO DI CATECHETICA, Andate ed insegnate, Elledici, Leumann(To), 2002, pp. 308-309.

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il Kerigma potrebbe essere via all’essenzia-lità, espressione di una totalità intensiva enon estensiva15; la liturgia, che misuratanelle sue forme sulle singole capacità di per-cezione, sia espressione del protagonismodel disabile con la sua famiglia nella pre-ghiera della comunità16. Riprendendo quanto affermato fin qui, michiedo quanto sarebbe coerente in tal sensocoinvolgere all’interno dei consigli pastoralie delle diverse équipe che riflettono gli iti-nerari formativi, persone disabili che contri-buiscano, con la peculiarità della loro espe-rienza di fede, alla progettazione della pa-storale e della formazione cristiana.

2. l’orizzonte spirituale

L’idea mi è venuta leggendo il Messaggiodel Santo Padre per la Quaresima. Mi sonochiesto quanto la riflessione che il Papa faalla luce di Eb 10, 24 possa costituire l’oriz-zonte spirituale nel quale pensare l’atten-zione all’IC ai disabili.“Prestiamo attenzione gli uni agli altri, perstimolarci a vicenda nella carità e nelleopere buone” (Eb, 10,24); riprendo sinteti-camente i tre aspetti sottolineati dal SantoPadre e li attualizzo nella nostra riflessione:l’attenzione all’altro, la reciprocità e la san-tità personale.Prestare attenzione dice la responsabilità cheognuno di noi ha nei confronti del fratello(il Santo Padre enfatizza il termine grecoKatanoein). Per noi tale attenzione può in-dicare un guardare che va al di là del regi-strare la presenza dei fratelli disabili; può in-

dicare un guardare con il cuore, un “guar-dare con consapevolezza” per assumere conradicalità la vita dell’altro nella nostra vita.

Il grande comandamento dell’amore delprossimo esige e sollecita la consapevo-lezza di avere una responsabilità versochi, come me, è creatura e figlio di Dio:l’essere fratelli in umanità e, in molto casi,anche nella fede, deve portarci a vederenell’altro un vero alter ego, amato in modoinfinito dal Signore (...) l’attenzione del-l’altro comporta desiderare per lui o perlei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico,morale e spirituale. (Messaggio per laQua re sima, 1).

Un prestare attenzione che è guardare conamore ed empatia l’altro per accoglierlo inmodo vero e radicale, per dire che con lamia vita desidero proteggere la sua, anzi,desidero che la sua si compia nella gioia,quella che Gesù dona. Guardare con il cuore,porre attenzione, dice anche la capacità dicogliere il bene che l’altro dona alla miavita, la ricchezza che costituisce la vita del-l’altro per me. La reciprocità, la responsabi-lità degli uni verso gli altri, fonda sulla con-sapevolezza che il fedele disabile condividela missione fondamentale comune a tutti ibattezzati, se pur diverse sono le vocazionipersonali. Reciprocità è stimolarsi a vicendanella carità e nel bene, ed è, sulla scia diquanto detto, pensare insieme l’attività del-l’annunzio del Regno nella comune parteci-pazione all’unico corpo che è la Chiesa.Il fare attenzione, la reciprocità nell’espe-rienza ecclesiale, si sintetizzano nel cammi-nare insieme nella santità, verso la piena

15 Cfr. E. BIEMMI, Il catechista e la sua formazione. Intervento in qualità di responder alla relazione del prof.Pier Paolo Triani, in «Notiziario dell’UCN», dicembre (2011) 3, p. 65, www.chiesacattolica.it/UCN.16 In merito è interessante l’intervento di Daniele Piazzi tenuto durante il convegno su catechesi e Disabilità del2009: Celebrare con i disabili: un nuovo ambito di adattamento liturgico?, in «Notiziario dell’UCN», giugno(2011) 2, pp. 194-210, www.chiesacattolica.it/UCN.

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maturità di Cristo (Ef 4,13) secondo la pe-culiarità della propria esperienza cristiana.Mettere al servizio gli uni degli altri le risorsediverse, i diversi talenti, utilizzando una im-magine evangelica, (Mt 25, 25 ss) per “ilbene della Chiesa e la salvezza personale”.Iniziare alla fede è accompagnare nella gra-duale realizzazione della propria vita in Cri-sto espressa da un’adesione personale alsuo Vangelo. In tal senso, nella prospettivadi un camminare insieme nella santità, l’ICdei disabili è, fondamentalmente, accompa-gnare, perché ognuno di questi nostri fratellisperimenti l’amore compassionevole di Gesùnella mediazione sacramentale e nella me-diazione delle attività ecclesiali. Il supera-mento del pregiudizio comunitario, quindi,non è solo un’esigenza pastorale, ma primadi tutto è un imperativo spirituale, in quantoognuno è chiamato a rendere evidente laBellezza operata dalla Grazia nella propriavita, perché la comunità intera, corpo misti-co, nel risplendere della Bellezza Trinitaria,annunci la salvezza (Atti 2, 42-28).

3. l’iC alle persone disabili. prospettive e orientamenti

Alla luce della prospettiva dichiarata nellaparte introduttiva del presente intervento,cerco di riflettere delle proposte per l’IC aidisabili17.

Il primo punto da verificare concerne l’at-teggiamento della comunità cristiana. Si re-gistra una diffusa attenzione alla disabilitànella sua forma fisica, mentale e sensorialee quindi un conseguente atteggiamento digenerale accoglienza. è necessario che lacomunità si impegni nella conoscenza delleesperienza di disabilità, nel coinvolgimentodella famiglia nella vita comunitaria, perevitare isolamenti e chiusure, e nella valo-rizzazione del carisma dei soggetti disabilinella progettazione della prassi pastorale enella vita della stessa comunità. In una co-munità che cerca a fatica di passare dall’in-tegrazione all’“inclusione”, ovvero ad unadimensione di partecipazione totale della

17 “Poniamo attenzione al concetto di disabilità secondo l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute) nella quale si privilegia un approccio multiprospettico nella classificazione delfunzionamento e della disabilità secondo un processo interattivo ed evolutivo. La classificazione integra inun approccio di tipo “biopsicosociale” (in cui la salute viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni:biologica, individuale e sociale) la concezione medica e sociale della disabilità. È in sostanza il passaggio daun approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità. La disabilità viene intesa,infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di unindividuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in egli vive. Ne consegue cheogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possonolimitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale. L’ICF, correlando la condizionedi salute con l’ambiente promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nellarealizzazione di attività che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuareperché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione.È definita disabile la persona che, escludendo le condizioni riferite a limitazioni temporanee, dichiara ilmassimo grado di difficoltà in almeno una delle funzioni di seguito indicate, pur tenendo conto dell’eventualeausilio di apparecchi sanitari (protesi, bastoni, occhiali, ecc.): la dimensione fisica, riferibile alle funzionidella mobilità e della locomozione, che nelle situazioni di gravi limitazioni si configura come confinamento;la sfera di autonomia nelle funzioni quotidiane che si riferisce alle attività di cura della persona; la dimensionedella comunicazione che riguarda le funzioni della vista, dell’udito e della parola. A seconda della sfera diautonomia funzionale compromessa, sono state costruite quattro tipologie di disabilità: confinamento, difficoltànel movimento, difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana, difficoltà della comunicazione”. La riflessione èstata presa ed adattata dal sito: http://www.handicapincifre.it/documenti/concettodisabilità.asp.

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persona disabile, c’è ancora bisogno di ri-baltare soggetti ed oggetti. Tutto ciò perchél’esclusione non continui ad accompagnare,con un tracciato spesso sotterraneo di stig-ma sociale, i vissuti di persone con difficoltàpsichiche, fisiche o motorie e perché la nor-malità, intesa nel senso di vita al di fuoridei luoghi comuni, di etichette e schemimentali che uccidono l’individualità, possaandare a caratterizzare, definitivamente, leesistenze delle persone con bisogni speciali.Una nuova sfida pastorale, che abolisca ladialettica tra normalità e diversità in nomedi un concetto pronto a ribadire la dignità,la preziosità di ognuno: quello di “specialenormalità”18 che vada a sottolineare tuttala bellezza dell’unicità e della irripetibilitàdella persona. In tale logica quanto detto inmerito alla comunità come laboratorio pa-storale rivela tutto il suo valore. Nella co-munità laboratorio le diverse “speciali nor-malità” concorrono alla realizzazione delprimo imperativo ecclesiale: annunciare ilRegno di Dio nella ricchezza dei carismi chelo Spirito dona.Il secondo punto, appena accennato, ma chevale la pena approfondire, concerne il coin-volgimento della famiglia del disabile. La fa-miglia del disabile deve essere non solo ac-colta e accompagnata, ma formata renden-dola partecipe del “progetto personale di vi-ta” co-costruito per il disabile. Potremmodefinirla un’accoglienza attiva che stimoli lafamiglia alla sua responsabilità formativa,accompagnandola perché con essa e attra-verso essa si realizzi un’inclusione persona-lizzata. Con “progetto personale di vita” in-tendo la concretizzazione pedagogica di unacura pastorale modellata sul principio del-l’inclusività:

la personalizzazione predispone attenzioniproprie per le diverse disabilità, eviden-ziando rapporti educativi e religiosi speci-fici, intesi a superare i limiti della disabilità,sempre considerando il valore della per-sona e la promozione della sua dignità, ilbenessere e lo sviluppo integrale in tuttele sue dimensioni e facoltà fisiche, moralie spirituali19.

Fulcro dell’attenzione pedagogica del pro-getto personale di vita è valorizzare i risul-tati che guidano il disabile verso una pro-gressiva e contestuale consapevolezza delleproprie capacità, ponendo le basi per un’abi-tudine all’autodeterminazione. Il progettopersonale di vita in quanto risultato dell’in-contro, non di più soggetti che pensano unintervento per un individuo passivo, ma ditre protagonisti, comunità (nelle figure re-sponsabili) famiglia e disabile, è realizzazio-ne educativa della tensione comunionalenella progettazione pastorale. Il terzo punto concerne la catechesi e la li-turgia. Va certamente ribadito il criterio del-l’essenzialità e della gradualità nella comu-nicazione del contenuto della fede, che vaorganizzato ponendo attenzione al principiocristocentrico. Il contenuto comunicato (inquesto riprendo la validità di quanto dettosul possibile recupero delle formule di fedeneotestamentarie), deve essere organizzatoin modo che agevoli una consapevolezza,progressiva e relativa allo stato di disabilità,del proprio incontro con Gesù. La liturgia,allo stesso modo, deve essere pensata a mi-sura della capacità di partecipazione per age-volare il protagonismo nella preghiera dellacomunità, via maestra all’inclusione.Il quarto punto concerne l’ambiente. Perquanto possibile la sistemazione dell’am-

18 D. IANES, citazione di E. Morin in La speciale normalità, Erickson, Trento, 2006, p. 9.19 UCN, L’iniziazione Cristiana alle persone disabili, parte II, cap I, par 2.

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biente comunitario deve favorire un percorsoeducativo che renda agevoli le relazioni.Senza ostacoli, sistemando alcuni punti diincontro, è possibile agevolare percorsi diintegrazione. L’attenzione alla rimozione ditutte le barriere che potrebbero consolidarenel disabile un’idea negativa di diversità èun compito pastorale primario. è importanteanche fare attenzione alla sistemazione deldisabile nei momenti di gruppo e nelle as-semblee liturgiche: stare nel gruppo o nel-l’assemblea, piuttosto che dietro o avanti oai margini, contribuisce a sostenere il sensodi appartenenza. Nell’attenzione all’ambien-te, rientra a mio avviso, anche la posizionedel catechista che in particolare ha la re-sponsabilità del disabile nel gruppo: il fattoche si allontani di sovente dal disabile, co-munica l’attenzione a tutto il gruppo perchétutti hanno bisogno di aiuto e, quindi, in-debolisce l’idea di una diversità che dicaanormalità. Il quinto punto riguarda l’ammissione ai sa-cramenti. In questo concordo con l’imposta-zione della Nota sull’IC alle persone disabili.Mi preme solo enfatizzare due aspetti: l’im-portanza della famiglia e della sua esperien-za di fede, nella quale trova contesto la fededel disabile; la centralità della comunitànell’essere “luogo caldo” nel quale il disabilevive l’incontro con Gesù. In tal senso, lapreoccupazione principale della comunità èrealizzare esperienze formative nelle qualiattraverso una comunicazione empatica eattenta, le persone disabili sperimentano che“Dio ama ed è Padre, che gli uomini nellafede sono fratelli, che Dio predilige i poverie i piccoli attraverso i semplici e quotidianigesti d’amore di cui sono destinatari. Èquesto linguaggio preferenziale, che siesprime attraverso i gesti di una fede af-

fettiva: accompagnarli stare con loro e met-terli a proprio agio, renderli contenti, inse-rirli gradualmente in un gruppo, in un as-semblea liturgica, dove sono rispettati, at-tesi e amati”. Portare fino in fondo il para-digma della “speciale normalità” confermain modo radicale la scelta positiva di am-mettere i fratelli disabili alla vita sacramen-tale. Aggiungo, inoltre, che in caso di disa-bilità psichica grave, la scelta liturgico-pa-storale di concedere i tre sacramenti di ICinsieme nei primi mesi di vita oltre che inlinea con la tradizione liturgica della Chiesaantica (cfr. Nota, parte III, cap 3, per 2), po-trebbe significare concretamente la solleci-tudine della comunità cristiana che desideradonare alla persona disabile e alla sua fa-miglia il tesoro più grande lasciatoci in ere-dità da Cristo.

4. ConClusione

La categoria antropologica dell’incontro, co-me fermento di umanità, può essere adottatacome categoria pastorale chiave per inten-dere l’IC dei disabili in un’ottica di pastoraleinclusiva. Un percorso pastorale chiamato aprevenire forme di esclusione e marginalitàe, nell’ordinario, chiamato a favorire unacrescita armoniosa nel rispetto del valoredelle diversità. Una reciprocità pronta ad in-carnare la saggezza del vivere insieme,pronto a concretizzarsi nel favorire il prota-gonismo ecclesiale dei disabili20.Tutto quanto espresso ha una evidente basevaloriale incentrata sulla unicità e irripeti-bilità di ogni persona, la quale è portatricedi valori, ricchezza e creatività. La filosofiadi intervento pastorale pone al centro l’in-tegrazione di esperienze diverse e tesori di-

20 E. MORIN, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano 2001, p.11.

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versi per costruire percorsi di crescita nellafede fondati sullo scambio, sulla donazionee sulla reciprocità. In questo il rapporto trale figure responsabili della catechesi ai di-sabili e il disabile si fonda sul confrontochiamato a realizzare un modello educativoe formativo basato sullo scambio comuni-cativo. Solo così è possibile dare importanzae centralità alla storia personale di ogni sin-golo. Il lento e progressivo cammino versola costruzione del sé e l’acquisizione di au-tonomia non può prescindere da un accom-pagnamento ad una conoscenza di se stessi

lì dove la disabilità non precluda in modograve le facoltà mentali. Un cammino chediventa la base per lo sviluppo di percorsidi condivisione basati sulla narrazione au-tobiografica. Una narrazione attraverso laquale riconsegnare alla comunità la propriaesperienza di Cristo perché, con le altre,strutturino un orizzonte di senso nel qualeprogettare lo slancio pastorale. Una possi-bilità di inclusione, quella che ho cercato ditracciare, di grande portata nella quale èfondamentale la presenza e la supervisionedi educatori preparati e pronti.

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la pedaGoGia CateChetiCa speCializzata in franCia oGGi

Permettetemi innanzitutto di ringraziarvi perquesto invito a condividere i vostri lavori dioggi. Suor Veronica mi ha dato alcune indi-cazioni sulle vostre aspettative, ed io faròdel mio meglio per onorarle. Tuttavia speroche non esitiate ad interrogarmi se alcunipunti della mia esposizione non fossero ab-bastanza chiari.

introduzione

La catechesi alle persone portatrici di handi-cap ha visto un forte sviluppo in Francia gra-zie all’opera ed all’energia di Padre Henri Bis-sonnier, negli anni ’50 del secolo scorso. Ri-volta innanzitutto a quelli che venivano chia-mati minorati mentali, si è poi estesa ai gio-vani cosiddetti caratteriali o asociali. Oggi, inFrancia, la pedagogia catechetica specializ-zata si rivolge ad ogni persona in situazionedi handicap, indipendentemente dal fatto cheil loro handicap sia sensoriale, mentale o so-ciale. Abbiamo dei catechisti che vanno a la-vorare con bambini affetti da molteplici han-dicap, presso istituzioni specializzate.Tuttavia, a causa di un principio di laicitàmal compresa nella nostra Francia repubbli-cana, i gruppi non possono più sopravviverefacilmente all’interno delle istituzioni edu-cative, e i giovani vivono la loro catechesiin famiglia o in piccoli gruppi nella parroc-

chia. Questo fatto, in compenso, può favorirel’inclusione nella parrocchia.Il testo catechetico universale chiamato Di-rettorio Generale per la Catechesi, pubbli-cato da noi nel 1997, ha ispirato in Francia,così come in diversi altri paesi, la creazionedi un testo di orientamento generale, che èstato pubblicato dalla Conferenza EpiscopaleFrancese nel 2006. Questo testo è il fonda-mento di tutte le iniziative catechetiche in-traprese in Francia, comprese quelle chesi rivolgono alle persone portatrici di han-dicap.Il nostro testo nazionale ci ricorda che èGesù Cristo che opera l’iniziazione e defini-sce la catechesi come “ogni iniziativa chemira a rendere effettiva in una persona l’ac-coglienza di Dio che attira a lui”. Siamoal servizio di questa iniziativa primaria diDio e potremmo descriverla come segue.

a) Gli strumenti pedaGoGiCi utilizzati

a.1. le difficoltà incontrate

Il Testo Nazionale per l’Orientamento dellaCatechesi in Francia insiste sulla posizioneprioritaria della Scrittura nella catechesi. LaScrittura vista come fonte, come il libro dellaParola vivente di un Dio che vuole dialogarecon gli uomini. Tuttavia, le persone portatricidi handicap, e in modo particolare quelle

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

LINEE PEDAGOGICHE PER L’INCLUSIONENELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE

DELLA PERSONA DISABILEDott. Anne Herbinet, Pedagogista, Responsabile Settore Disabili

della Conferenza Episcopale Francese

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portatrici di handicap mentali, possono sem-brare prive degli strumenti adeguati per en-trare nel dialogo. La loro memoria, la loronozione di scorrere del tempo, le loro capa-cità intellettuali sono estremamente fragili.In certi casi, neppure la presa di parola èalla loro portata.L’esegesi non può essere che molto limitataquando l’universo intelligibile di una perso-na si ferma ai muri della casa, dell’istituzio-ne, in certi casi della sua camera. è alloradifficile rievocare le lontane terre bibliche.Allo stesso modo, la lunga storia del popolodi Dio appare inavvicinabile quando la lo-calizzazione nel tempo non va oltre quellache è necessaria per l’organizzazione dellapropria giornata.L’approccio ai testi può riservare delle sor-prese. Per esempio, i grandi racconti fon-datori possono dare adito ad un’interpreta-zione ad un primo livello. Allo stesso modo,i racconti che fanno ricorso alla metaforapossono comportare delle incomprensioni.I salmi e tutti i testi poetici rappresentanouna particolare difficoltà. Un buon numerodi persone portatrici di handicap, infatti, hauno sviluppo intellettuale che si appoggiaunicamente sul pensiero concreto. Non esi-ste, per loro, alcun accesso possibile al lin-guaggio simbolico, metaforico, analogico.L’ultima difficoltà può venire dagli stessicatechisti. Davanti a persone che non sonoin grado di dialogare sulle Scritture se nonin modo minimo sul piano concettuale, ègrande il rischio di voler “andare all’essen-ziale”. Si tratterebbe allora, per i catechisti,di trasmettere il messaggio essenziale con-tenuto in questo o quel racconto. Questaricerca al livello del contenuto si associa,spesso e volentieri, a un’applicazione mo-ralizzante. A quel punto, esiste il rischioestremamente elevato di una strumentaliz-zazione della Parola.

Queste difficoltà possono essere superaretramite una pedagogia catechetica specializ-zata; per giungervi, i catechisti amano pro-porre differenti maniere di frequentare leScritture.

a.2. pedagogie multiple per superare ledifficoltà

Fino a questo punto, vi ho parlato solamentedi aspetti generali che probabilmente cono-scete già. Permettetemi adesso di presentarvigli strumenti pedagogici che mettiamo in at-to in Francia.Tutte le forme pedagogiche utilizzate nellapedagogia catechetica specializzata fannoricorso ai cinque sensi. Infatti, l’utilizzazio-ne di più capacità sensoriali facilita l’ap-propriazione di un racconto e la sua me-morizzazione.

La capacità visivaAffinché la lettura delle immagini risulti pos-sibile con le persone portatrici di handicap,sono richiesti criteri precisi. I disegni devonoessere sobri, per evitare che il bambino nonresti focalizzato su un dettaglio secondario.Devono contenere una forte espressività,senza ambiguità. Il disegno deve essere ese-guito con un tratto fine, netto e continuo,non lasciando margini all’incertezza, e nondeve implicare alcuna necessità d’interpre-tazione, né di deduzione. Tutte le rappre-sentazioni visuali utilizzate nella pedagogiacatechetica specializzata devono essere suf-ficientemente comunicative tanto sul pianodella loro rappresentatività che della loroespressività. Questo rende necessaria da par-te dei catechisti una formazione specifica allinguaggio dell’immagine.Avete probabilmente riconosciuto alcune im-magini del racconto del buon samaritano. Ilracconto completo di questa parabola com-

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prende otto disegni. Tutta una pedagogia viè associata. Si possono girare così le imma-gini per raccontare la storia. Si possono an-che distribuire le immagini nel gruppo e do-mandare a ciascuno di sollevare l’immagineal momento giusto del racconto. Si può an-che rimettere le immagini nell’ordine origi-nale per ricostruire il racconto... e molte altrecose sono possibili.Il dias-film (montaggio di diapositive) è mol-to utilizzato perché permette di fermarsi suogni immagine per il tempo che si desidera.Questo metodo è particolarmente preziosocon i bambini sordi, che hanno sistematica-mente bisogno di una traduzione nella lin-gua dei segni. Un lungo lavoro ecumenicodi traduzione del Vangelo di Luca nella lin-gua dei segni ha permesso l’elaborazione diqueste otto ore di pellicola. Ve ne posso mo-strare un breve estratto.Per i bambini non vedenti, da poco tempoun’équipe dedicata sta lavorando alla pub-blicazione di “libri tattili”, da scoprire conl’estremità delle dita, con i rilievi per i per-sonaggi e gli scenari, una traduzione inbraille, e il personaggio principale che puòspostarsi sfogliando le pagine, come potetescoprire qui con Zaccheo. Il fatto che il librosia al tempo stesso in braille e in scritturatradizionale permette la sua utilizzazione inun gruppo dove si trovano insieme bambininon vedenti e bambini senza handicap.

La dimensione gestualeIl mimo, l’uso dei gesti, la drammatizza-zione semplice rendono i bambini attori.Questa impostazione pedagogica è molto uti-lizzata con i bambini che hanno una scarsacapacità di concentrazione. Il fatto di sentirsiattori permette loro di superare questa dif-ficoltà mentre si arricchiscono della narra-zione tramite la ricerca dell’espressione, delmovimento, dell’atteggiamento. La mimica,

questa capacità di interiorizzare dei movi-menti che altri eseguono, permette ai bam-bini paralizzati (particolarmente quelli affettida handicap multipli) di impregnarsi dei gesticompiuti davanti a loro, che sono privati deimovimenti autonomi.L’utilizzazione delle sagome e delle mario-nette: anche questa pedagogia rende i bam-bini attori, e permette loro di identificarsicon i personaggi manipolando le sagome.L’appropriazione di un racconto è resa piùfacile. Il racconto può essere messo in scenapiù volte, permettendo un’interiorizzazionesecondo i differenti personaggi e i diversiluoghi del racconto.Il racconto biblico: questa pedagogia cattural’attenzione. Narrare un racconto biblico per-mette di condividere come risuona il testoin un dato momento della vita del narratore.Il racconto aiuta a visualizzare la narrazioneper le persone che molto spesso hanno dif-ficoltà a farlo per conto proprio. I narratoriottengono questo risultato “rivestendo” lesequenze con tutte le sensazioni che posso-no essere associate al racconto. Questo aiutale persone portatrici di handicap a prendereposto “nel” racconto narrato: la storia sisvolge oggi e adesso. Raccontare la Bibbiaesige da parte dei narratori uno studio ap-profondito in équipe e con un esegeta, perrestare fedeli al testo biblico.

L’integrazione corporaleLa catechesi ritmica, le cantilene e i recitativibiblici offrono grandi possibilità di memo-rizzazione della Parola. Si tratta di impararea memoria i passaggi della Bibbia, ma inmodo ritmato, melodico, e con i gesti. LaParola di Dio viene ricevuta nel suo insieme,al tempo stesso in modo fisico e psichico.Questi differenti modi di memorizzare e in-teriorizzare i racconti biblici riposano sui fon-damenti della tradizione orale e sui lavori di

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Padre Marcel Jousse. Vi mostro adesso unbreve video che vi permetterà di compren-dere meglio questo principio.La dinamica naturale della parola nella ca-techesi. Si tratta di ricevere e trasmettereuna Buona Novella attinta dal Vangelo. LaParola ricevuta sul corpo nel ritmo, attra-verso pressioni brevi e lunghe, viene poi ri-prodotta su differenti parti del proprio corpo,viene ritmata camminando, poi trasmessa,se lo si desidera, alla persona più vicina.Questa Buona Novella viene dunque ripetutae “impressa” sul corpo, per essere ricevutanell’essere tutto intero, interiorizzato, e in-fine ri-espressa e trasmessa all’altro, a unaltro partecipante nel gruppo di catechesi, oa uno dei catechisti.Qualunque sia la pedagogia utilizzata,l’obiettivo è proprio quello di permettere allepersone di essere “modellate” dalla prossi-mità con le Scritture. Tutte queste pedagogiehanno bisogno di un forte impegno da partedei catechisti nell’interpretazione delle nar-razioni che propongono.

a.3. un approccio globale: tutto è rica-pitolato in Gesù Cristo

Quando la pedagogia catechetica specializ-zata mette in atto tutti questi aggiustamentie tentativi di adattamento al servizio dellaParola di Dio, appare chiaro che è con la Pa-rola come evento di linguaggio che dobbia-mo lavorare. Di conseguenza, la Parola diDio, nel suo significato biblico, ebraico è in-nanzitutto evento, energia in atto, energiacreatrice. Dai tempi della creazione, ciò cheDio “dice” “diventa realtà”. Questo, perchésarebbe del tutto insufficiente ridurre il ser-vizio della Parola di Dio nella pedagogia ca-techetica specializzata all’utilizzazione di uncatalogo di pedagogie, per quanto elaboratepossano essere.

Non si tratta tanto, per il catechista, di tra-smettere ciò che sa delle Scritture, bensì diessere al servizio di un incontro con GesùCristo. Il beato Papa Giovanni Paolo II ci di-ceva proprio questo nel 2000: il catechistainvita “a rivolgere lo sguardo verso Gesù ea seguirlo”. Si tratta infatti, per il “servito-re-catechista”, di mettere in relazione conCristo e di invitare a seguirlo.In Gesù Cristo, nell’incarnazione di Dio tragli uomini, tutto è ricapitolato. Ed è proprioappoggiandosi su questa unità della Scritturache i catechisti e gli autori di documenti ca-techetici propongono degli itinerari in cui iracconti evangelici occupano un posto cen-trale e preponderante.Più che nella sua esperienza in un metodo,la qualità del catechista consisterà nella mi-sura in cui egli stesso sarà impregnato dellaParola e potrà “traspirarla”.Essere impregnato personalmente della Pa-rola, in modo esistenziale, è un pre-requisito.Un catechista che si mette al servizio dellaParola di Dio nel suo rapporto con personeportatrici di handicap ha il dovere di avervissuto in prima persona un’esperienza diincontro con il testo, di essersene nutrito. èquesto un punto essenziale della formazionedei catechisti.E poi gli stessi racconti evangelici ci vengonoin aiuto, perché sono storie di vita che vannoper il verso giusto grazie all’intervento diGesù: i malati sono guariti, gli esclusi sonoreintegrati nella comunità, il figlio cattivo siriconcilia con il padre. Le aspirazioni pro-fonde delle persone portatrici di handicaptrovano risposta nei racconti dei Vangeli.

tuttavia, l’incontro con il Gesù guari-tore, pienamente umano, non può es-sere dissociato dalla dimensione pa-squale dell’incontroAffrontare il mistero pasquale con persone

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segnate esse stesse dalla sofferenza puòsembrare difficile, può sembrare di aprire laporta a un ‘dolorismo’ non auspicabile. Ora,le persone portatrici di handicap sono in ge-nerale molto sensibili alla passione di Cristo.L’ingiustizia del processo fatto a Gesù li turbaprofondamente. Le umiliazioni e le sofferen-ze della Passione possono colpirli nella loroesperienza personale di vita. D’altra parte,talvolta questa può essere per loro un’op-portunità, durante gli incontri di catechesi,per esprimere le sofferenze della loro vita.Fin dagli inizi della pedagogia catecheticaspecializzata, Padre Henri Bissonnier ha in-sistito sulla necessità di collocare la fede nellaRisurrezione di Cristo, la vittoria dell’amoresulla morte, al centro della catechesi. Lo cito:“È una pedagogia della salvezza la cuipietra angolare è la Risurrezione di Ge-sù Cristo, che ha vinto ogni malattia eogni morte per mezzo del suo Amore”.Quando scoprono questo Amore Vincitore,le persone portatrici di handicap entrano già,in un certo modo, in una vita del “Risorto”.Sentirsi dire: “Dio ti ama, vuole la tuafelicità, ti promette la Salvezza. Sì,proprio a te, Dio ti ama di un Amoreeterno e senza limiti, perché sei il suofigliolo prediletto, creato a sua imma-gine, ad immagine di Cristo”. Non c’èniente di più bello che si possa dire a questepersone. Niente di meglio può succedere lo-ro. In questa Buona Novella, la loro vita ri-trova il suo senso.

b) l’inClusione delle persone portatriCi di handiCap nella vita saCramentale

Nella liturgia il protagonista assoluto e co-stante è Gesù Cristo salvatore e redentore.Il dono che Dio fa agli uomini per suo Figlio

culmina e si rinnova in ogni Eucarestia.Tutta la liturgia sacramentale è dispiegamen-to della Parola di Dio e luogo dell’incontro.le persone portatrici di handicap sonoinvitate a ricevere i sacramenti. Moltospesso, vengono preparate secondo una pe-dagogia che è stata adattata per loro, ma lecelebrazioni dei sacramenti sono fatte sem-pre più insieme, fra persone che hanno unhandicap e persone che non ne hanno.Esistono anche delle iniziative in cui è pre-visto che le persone con un handicap si uni-scano per un certo tempo ad altre persone,magari durante il tempo della preparazione.Per esempio, a Nantes, un piccolo gruppo dipersone aveva partecipato ad un ritiro dipreparazione alla cresima. Alla fine del we-ek-end, i giovani con un handicap hannopresentato agli altri la loro riflessione a par-tire da una pedagogia attiva: avevano ripa-rato un vaso di terracotta spezzata, vi ave-vano posto una candela, mostrando che,anche in un recipiente non perfetto, si po-teva portare e trasmettere la luce. Avevanoanche preparato un piccolo canto accompa-gnato da gesti. I giovani del grande gruppo“ordinario” sono stati molto interessati ehanno detto che quella presentazione avevaarricchito la loro riflessione.Nella diocesi di Grenoble, un’équipe di ca-techisti lavora con giovani affetti da autismoche non comunicano con le parole, ma conpittogrammi. I pittogrammi sono utilizzatidagli educatori per facilitare la comunica-zione, quando l’uso delle parole risulta dif-ficile o quando la parola non esiste. I cate-chisti costruiscono tutta la loro catechesi suquesti pittogrammi e con il linguaggio deigesti che si ispira alla lingua francese deisegni. Per la cresima, hanno proposto aigiovani di scrivere la “lettera al vescovo”in pittogrammi. ... Si vede in questa letterache i giovani hanno espresso perché vole-

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vano ricevere la cresima. Si vedono anchei pittogrammi di saluto; qui i nomi del ve-scovo e della ragazza sono sostituiti dallaloro foto. In altre diocesi, per i giovani chenon sanno scrivere ma possono parlare,una registrazione viene mandata al vescovoal posto della lettera. In altri luoghi, un di-segno sostituisce la lettera.

Ed ecco Géraldine, tutta felice accanto al suovescovo, il giorno della sua cresima.Qui siamo nella diocesi di Beauvais, una“tappa di fede” durante la quale tre personehanno fatto la prima Comunione, altre trehanno fatto la loro professione di fede e 18fra giovani e adulti hanno ricevuto la cresi-ma. Si vede anche in questa foto che questabella festa riuniva persone che hanno unhandicap e persone senza handicap.Sempre nella diocesi di Grenoble, i catechistihanno anche inventato una pedagogia par-ticolare per permettere ai giovani colpiti daautismo di cui si occupano di partecipare alsacramento della riconciliazione che vieneproposto a tutti i giovani. Questi giovani noncomunicano con la parola, ma sono abituatia utilizzare i pittogrammi. Dopo aver avver-tito il sacerdote che amministrava il sacra-mento della riconciliazione quel giorno, han-no utilizzato dei sassi dipinti di pittogrammiper esprimere al sacerdote la loro colpa e ilpeso dei loro peccati. ... I giovani scelgonoi sassi su cui è raffigurato ciò che voglionoesprimere, li portano in una piccola borsache consegnano al sacerdote. Il sacerdote ri-ceve queste pietre, prende conoscenza deimessaggi e ne “libera” i giovani. Poi conse-gna loro, come segno di riconciliazione, unpittogramma di perdono, di pace, di gioia.Il testo francese per l’orientamento cateche-tico invita a preparare i sacramenti attraversoun itinerario catecumenale. Questo presup-pone un lungo cammino, contrassegnato da

alcune tappe liturgiche. Questo itinerario èadatto anche alle persone con handicap. Dauna parte, la partecipazione alla liturgia strut-tura la loro fede, perché vivono la liturgiacon una grande qualità di presenza e unagrande autenticità. D’altra parte, rinforza illegame con la comunità parrocchiale.

C) l’inClusione delle persone Con handiCap nella vita parroCChiale

Il nostro testo nazionale chiama anche lecomunità parrocchiali a diventare un bagnoecclesiale per la catechesi. A questo fine, so-no state lanciate delle iniziative che ora vipresento.

Nella diocesi di Rennes, esiste da parecchianni un gruppo che si chiama “Prendiamola Parola”. è un gruppo di condivisione aper-to a tutti, adulti e giovani, con handicap osenza handicap. I partecipanti discutono,giocano, cantano a partire dal testo del Van-gelo della messa alla quale tutti loro stannoper partecipare. Il gruppo costituito dalle per-sone con handicap viene invitato regolar-mente in differenti parrocchie della diocesiper condividere mezza giornata con la co-munità locale.Nella loro vita di fede, le persone in situa-zione di handicap vogliono testimoniare, par-tecipare alla vita parrocchiale. Così nella dio-cesi di Valence, una catechista che si occupada parecchi anni di un gruppo di adulti haprogressivamente affidato diverse piccole re-sponsabilità a quegli uomini e donne, nelleloro parrocchie e nella liturgia. Uno di essiama cantare e fare cantare, ha partecipatoad una squadra liturgica per molto tempo.Oggi fa parte di un gruppo di riflessione econdivisione di pensionati. Un’altra è stata

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“inviata” ad un gruppo di bambini del cate-chismo. In occasione di ogni incontro men-sile, prepara la merenda e distribuisce le brio-che al cioccolato e le bevande. Oggi nellasua parrocchia ha anche l’incarico di aprirela chiesa e di preparare l’accoglienza deigruppi. In occasione di ogni grande festivitàquesto gruppo partecipa all’animazione dellaliturgia. Durante quest’ultimo mercoledì delleceneri, alcuni membri del gruppo portavanoi vasetti della cenere accanto ai sacerdoti eai diaconi.Capita anche che le persone in situazionedi handicap, in modo particolare quelli chehanno una trisomia 21, siano molto attiratedal servizio come chierichetti, o chiedanodi diventare preti, come ha fatto Julien conil suo vescovo. Questo episodio è accadutoa Poitiers. Monsignor Rouet ha lanciatouna riflessione su “Vocazioni e Handicap”a partire da quella domanda. Alcuni annipiù tardi nasceva il gruppo “Voc Aventure”.Si tratta di un gruppo che accoglie personeportatrici di handicap, discerne con loroquale missione vogliono avere, offre unaformazione, li accompagna spiritualmentelungo tutta la loro missione. Queste sonole foto dell’invio in missione di Julien, Lio-nel, Sabrina e Véronique. Sono stati i primia impegnarsi dopo due o tre anni di forma-zione e di preparazione. Sono possibili duetipi di impegno personale: il servizio comechierichetti e la consacrazione senza votireligiosi. L’associazione è stata riconosciutacome associazione privata di fedeli nel 2008.In casi abbastanza rari, alcune persone ven-gono ammesse in seno a delle comunità re-ligiose. La comunità di cui vi mostro la fotosi trova nella Val d’Oise, vicino a Parigi, mane esistono molte altre in Francia.Si sviluppano sempre più associazioni e fra-ternità di vita con persone portatrici di han-dicap, ve ne presento alcune:

Nella diocesi di Bourges. Una famiglia d’ac-coglienza: la Fraternità Notre Dame de l’Etoi-le (Nostra Signora della Stella) che accoglietre giovani trisomici. Lavorano, continuanoa studiare e a ricevere una catechesi, e ser-vono il Signore nei servizi quotidiani. Unodi loro è sacrestano, prepara la chiesa perla messa, un’altra porta la comunione allepersone anziane, il terzo si occupa del ser-vizio dell’adorazione, prepara la chiesa eapre il tabernacolo per il tempo dell’adora-zione. La qualità del loro servizio è tale, eil loro coinvolgimento mette in evidenza unatale autenticità, che sono stati chiamati peralcune celebrazioni con i bambini piccoli. Laloro presenza chiama al raccoglimento, allaserietà e al silenzio.Un’altra fraternità che ha sede a Meaux, nel-la regione parigina, accoglie e accompagnadiverse persone con handicap. è la Fraternitàdi Gesù Servitore. La storia di questa frater-nità è cominciata nel 1997, quando tre gio-vani parteciparono all’accoglienza delle per-sone portatrici di handicap alla GMG di Pa-rigi. Da allora, hanno voluto mettersi al ser-vizio delle persone con handicap, e vivonoin comunità. Dal dicembre 2011, MonsignorDe Monléon ha consegnato loro il decreto diriconoscimento canonico della comunità eha approvato la loro costituzione. Da diecianni, hanno trasformato il loro priorato inuna casa d’accoglienza per persone portatricidi handicap. Il priorato è diventato, per moltepersone portatrici di handicap e per la lorofamiglia, un luogo “rifugio” dove si sentonoa casa, dove sono accolti quando ne hannobisogno. Ci si va in occasione delle feste chevi vengono organizzate, e ci si va anche perrigenerarsi per il tempo di una breve visita,di una giornata o di un week-end.Talvolta, i genitori hanno bisogno di un po’di riposo, e chiedono ai fratelli di Gesù Ser-vitore di ospitare il loro figlio per alcuni gior-

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ni. Altre volte, sono i genitori che hanno bi-sogno di parlare e di confidare le loro pre-occupazioni o le loro gioie.Una terza associazione che vi voglio presen-tare è diffusa a livello nazionale. Si tratta di“A braccia aperte”, un’associazione di ispi-razione cristiana che organizza l’accoglienzaper gli accompagnatori volontari di bambini,adolescenti e giovani adulti colpiti da unhandicap per un week-end o un periodo divacanze. Questo permette alle famiglie unmomento di respiro e offre ai giovani e agliaccompagnatori l’opportunità di vivere degliincontri che li arricchiscono all’infuori delloro ambiente abituale. L’associazione, inol-tre, accompagna i giovani alle GMG.Le GMG, infatti, rappresentano un altro luo-go d’inclusione. Quest’anno, per la GMG diMadrid, si sono costituiti alcuni gruppi for-mati esclusivamente da persone con handi-cap e dai loro accompagnatori, ma ci sonostati anche alcuni gruppi diocesani che han-no integrato delle persone con handicap inmezzo a giovani senza handicap, e gli unisono presi cura degli altri.

Infine, numerose associazioni legate allaChiesa accolgono persone portatrici di han-dicap, in particolare le Comunità dell’Arcadi Jean Vanier e i gruppi Fede e Luce. Es-sendo un’associazione di carattere interna-zionale, non occorre che ve la presenti, dalmomento che avete anche voi delle Comu-nità dell’Arca in Italia.

Vi ho presentato molte differenti realtà einiziative che sono attive nelle diocesi. Cio-nonostante, non è mai contando unicamen-te sulle proprie qualità che gli attori dellapedagogia catechetica specializzata perse-guono la loro missione. Infatti, come pos-siamo leggere al numero 5 di Dei Verbum:“Perché si possa prestare questa fede, sononecessari la grazia di Dio che previene esoccorre e gli aiuti interiori dello SpiritoSanto, il quale muova il cuore e lo rivolgaa Dio, apra gli occhi della mente, e dia atutti dolcezza nel consentire e nel crederealla verità”.

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

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programmaLa persona e il sé

La dinamica relazionale

Atteggiamenti e strategie per accogliere

I.C. : il simbolo e la testimonianza

2

La persona e il sé

principio La costruzione del sé

Ogni persona tende a dire a sé stessa che vale.

Ogni persona ritiene di essere degna di poter essere nata

Il sé dipende da due fattori : 1- dal giudizio che la persona ha di sé

2- dal giudizio che gli altri hanno nei confronti della persona.

3 giornata di studio su catechesi e disabilità 217

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

L’INIZIAZIONE CRISTIANA PER LE PERSONE

DISABILI: QUALE INTEGRAZIONE

(ATTEGGIAMENTI E STRATEGIA

PER UNA CORRETTA ACCOGLIENZA)Dott. Ezio Aceti, Psicologo infantile e della disabilità

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giornata di studio su catechesi e disabilità218

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

La dinamica relazionale

caratteristiche principio

Innata

Inconscia

abituale

Ogni persona tende a proiettare all’esterno l’ansia e a interiorizzare le esperienze piacevoli.

4

Atteggiamenti e strategie per accogliere

Cardini educativi I principi dell’autostima

Ascolto

Parola

Sacrificio

Sostegno

personalizzazione

Prendere atto dei pensieri dell’altroCostruire situazioni per il successoDare senso e controllo della vitaEssere degni d’affettoMostrare una immagine di sé positiva

5

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giornata di studio su catechesi e disabilità 219

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

I.C. il simbolo e la testimonianza

La testimonianza interiore simbolo

Imprinting

Comunicare il proprio rapporto con Gesù

Il simbolo come rappresentazione del sacro

Ritualizzazione

Il terzo orecchio

6

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Roma7-10 maggio 2012

CAPITOLO 6

CONGRESSO EUROPEO

PER LA CATECHESI

EUROPEAN CONGRESS

FOR CATECHESIS

L’INIZIAZIONE CRISTIANA

NELLA PROSPETTIVA DELLA NUOVA

EVANGELIZZAZIONE CON ATTENZIONE

SPECIFICA AI FANCIULLI

E AI GIOVANI DA 7 A 16 ANNI

CHRISTIAN INITIATION

IN THE PERSPECTIVE OF NEW EVANGELIZATION,WITH A SPECIAL FOCUS ON 7 THROUGH

16 YEARS OLD CHILDREN AND TEEN AGERS

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Eccellentissimi Confratelli, reverendi Sacer-doti, gentili Signore e Signori, ringrazio perl’invito della Segreteria generale del CCEE arivolgere a tutti voi il mio saluto all’inizio delvostro meeting dal titolo L’iniziazione cri-stiana nella pro spettiva della nuova Evan-gelizzazione. Il cordiale benvenuto che de-sidero rivolgervi è anche a nome di S.E. ilCardinale Angelo Bagnasco, Presidente dellaConferenza Episcopale Italiana e Vicepresi-dente del CCEE, e di tutti i Vescovi italiani. Il tema che avete scelto per questo vostroConvegno Europeo, che vede in sieme i Ve-scovi delegati e i Responsabili per la Cate-chesi delle Conferenze Episco pali nazionali,è un tema quanto mai importante, sia per lavita ordinaria delle co munità cristiane, siaper il loro impegno missionario. La madreChiesa, che genera continuamente nuovi cri-stiani nel lavacro battesimale con la forzadello Spirito San to, conformandoli a CristoSalvatore, come figli del Dio Vivente, nonsmette di a limentare e di accompagnare isuoi fedeli sulla via di una sempre più maturaprofes sione di fede, in un orizzonte di spe-ranza e nell’impegno concreto della carità. Le Chiese che sono in Italia, nel presentedecennio 2010-2020, raccogliendo l’invitodel Santo Padre Benedetto XVI, hanno sceltodi riflettere sul compito edu cativo come di-mensione essenziale della vita ecclesiale.Negli Orientamenti Pasto rali del decennio,dal titolo Educare alla vita buona del Van-gelo, leggiamo al n. 39: «O gni Chiesa par-ticolare dispone di un potenziale educativostraordinario, grazie alla sua capillare pre-senza nel territorio. In quanto luogo d’in-contro con il Signore Gesù e di comunione

tra fratelli, la comunità cristiana alimentaun’autentica relazione con Dio; favorisce laformazione della coscienza adulta; proponeesperienze di libe ra e cordiale appartenenza,di servizio e di promozione sociale, di ag-gregazione e di festa. La parrocchia, in par-ticolare, vicina al vissuto delle persone eagli ambienti di vita, rappresenta la comu-nità educante più completa in ordine alla fe-de. Mediante l’evangelizzazione e la cate-chesi, la liturgia e la preghiera, la vita di co-munione nel la carità, essa offre gli elementiessenziali del cammino del credente versola pie nezza della vita in Cristo. La catechesi,primo atto educativo della Chiesa nell’ambitodella sua missione evangelizzatrice, accom-pagna la crescita del cristia no dall’infanziaall’età adulta e ha come sua specifica finalitànon solo di trasmette re i contenuti della fede,ma di educare la ‘mentalità di fede’, di ini-ziare alla vita ec clesiale, di integrare fede evita. Per questo la catechesi sostiene in mo-do continua tivo la vita dei cristiani e in par-ticolare gli adulti, perché siano educatori etestimoni per le nuove generazioni». So bene che in queste parole è presentatauna specificità italiana che vede, come delresto anche in altri paesi europei, l’attivitàcatechistica affidata principal mente alle Par-rocchie e alle comunità di vita cristiana. Soanche che in taluni Paesi la catechesi è piut-tosto svolta dalle istituzioni scolastiche o inaltri contesti educati vi. Ciò che mi sembraimportante sottolineare, come contributo allacomune rifles sione, è la concreta dimensioneterritoriale che l’impegno ecclesiale di an-nuncio ed educazione alla fede deve curarein modo particolare, anche come base e pre-

SALUTO AI PARTECIPANTIS.E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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messa della nuova Evangelizzazione. La co-munità cristiana, che continuamente si ri-gene ra nella sequela del suo Signore, si fain tal modo maestra di relazioni autentichelà dove le persone vivono e operano; essasi fa compagna di quanti sono nel camminodella fede per aiutarli a scoprire nel propriocuore il fuoco inestinguibile dell’amore diDio, donato a loro nella morte e risurrezionedel Figlio, pane spezzato per la vita del mon-do. Tale cura per la fede delle persone nellacomunità rende possibile e dà credibilità aduna proposta a coloro che hanno bisognodi riscoprire la parola cri stiana ormai incom-presa o dimenticata. Proprio in forza di questa presenza nella vitaquotidiana delle persone, ac quista impor-tanza il tema della Iniziazione cristiana, in-tesa come processo e dimensione vitale. Es-sa – dicono anche i nostri Orientamenti pa-storali al n. 40 – non è una delle tante ini-ziative, ma esperienza «fondamentale del-l’educazione alla vita di fede», «l’attività chequalifica l’esprimersi proprio della Chiesa nelsuo essere inviata a ge nerare alla fede e rea-lizzare se stessa come madre. Essa ha gra-dualmente assunto un’ispirazione catecu-menale, che conduce le persone a una pro-gressiva consapevo lezza della fede, median-

te itinerari differenziati di catechesi e di espe-rienza di vita cristiana. La celebrazione deisacramenti dell’iniziazione cristiana, seguitada un’adeguata mistagogia, rappresenta ilcompimento di questo cammino verso lapiena maturità cristiana». La riflessione e il confronto tra le diverseprassi ecclesiali che si svolgerà tra voi inquesti giorni, illuminati dall’esperienza di di-versi Pastori e dalla competenza di illustriStudiosi di teologia pratica, possono proprioaiutarci a comprendere quan ta forza spiri-tuale per la missione, e in specie oggi per lanuova Evangelizzazione, tragga la Chiesadal suo quotidiano spendersi e dal suo com-prendersi come segno e strumento di ciò cheessa intrinsecamente è: sacramento del-l’azione di Cristo Buon Pastore, amico del-l’Uomo, suo Redentore e Salvatore. L’augurio è che questa identità ecclesiale,per il dono di grazia che scaturisce dall’Ini-ziazione cristiana, possa diventare semprepiù luminosa nelle nostre Chiese, così darendere sempre più riconoscibile il volto diCristo Risorto agli uomini e alle donne diogni popolo e nazione.

Vi ringrazio dell’attenzione e vi auguro buonlavoro!

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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un Cordiale saluto a tutti i presenti

Esprimo una gioiosa accoglienza a tutti ipartecipanti di questo Congresso CatechisticoEuropeo che dal 1979, (più di trentanni!),attua un dialogo, ormai pienamente euro-peo, sulla catechesi e sull’annuncio. Senza leggere l’elenco dei partecipanti, de-sidero ricordare la presenza dei rappresen-tanti di 27 Conferenze Episcopali, coordinatedal lavoro del Consiglio delle ConferenzeEpiscopali d’Europa, e desidero ringraziareper la presenza il Card. Mauro Piacenza,Prefetto della Congregazione per il clero. Saluto Mons. Vincent Nichols, arcivescovodi Westminster, e per il CCEE Vescovo in-caricato per la catechesi, la scuola e l’uni-versità. Siamo riconoscenti a Mons. Mariano Crocia-ta, Segretario della Conferenza EpiscopaleItaliana, al quale dobbiamo un costante egeneroso sostegno, che ha permesso in que-sti anni di poter continuare la convocazionedi questi significativi Congressi, che hannofatto crescere la condivisione in Europa in-torno alle tematiche catechistiche più urgenti. Un ringraziamento particolare lo esprimo perMons. Pierre‐Marie Carré, Segretario delprossimo Sinodo dei Vescovi, che senza esi-tazione, al nostro primo invito per proporgliuna riflessione teologica‐pastorale sull’ini-ziazione cristiana quale tema dei Lineamen-ta, ha immediatamente risposto di “sì”. ConMons. Carré fin d’ora diciamo “grazie” atutti i relatori che ci aiuteranno in questopercorso riflessivo.

una riflessione Comune Che Ci porta a riflettere

Prima di indicare le motivazioni che ci hannoportato alla scelta tematica: L’iniziazionecristiana nella prospettiva della NuovaEvangelizzazione. Con attenzione specificaai fanciulli e ai giovani da 7 a 16 anni,desidero richiamare le parole che papa Be-nedetto XVI rivolse al clero romano nel dia-logo d’inizio della Quaresima. Il Santo Padre richiama due elementi: la Pa-rola e la testimonianza. Con la Parola dobbiamo aprire luoghi diesperienza della fede a quelli che cercanoDio. Così ha fatto la Chiesa antica con ilcatecumenato, che non era semplicementeuna catechesi, una cosa dottrinale, ma unluogo di progressiva esperienza della vitadella fede, nella quale poi si dischiude an-che la Parola, che diventa comprensibilesolo se interpretata dalla vita, realizzatadalla vita. Quindi mi sembra importante, insieme conla Parola, la presenza di un luogo di ospi-talità della fede, un luogo in cui si fa unaprogressiva esperienza della fede. E qui vedo anche uno dei compiti della par-rocchia: ospitalità per quelli che non cono-scono questa vita tipica della comunitàparrocchiale. Non dobbiamo essere un cer-chio chiuso in noi stessi. Abbiamo le nostreconsuetudini, ma dobbiamo comunqueaprirci e cercare di creare anche vestiboli,cioè spazi di avvicinamento. Uno che vieneda lontano non può subito entrare nella vi-ta formata di una parrocchia, che ha già

PRESENTAZIONE DEL CONGRESSOMons. Walter Ruspi, Segretario della Sezione Catechesi della Commissione CCEE

“Catechesi, Scuola e Università”

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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le sue consuetudini. Per costui al momentotutto è molto sorprendente, lontano dallasua vita. Quindi dobbiamo cercare di creare, conl’aiuto della Parola, quello che la Chiesaantica ha creato con i catecumenati: spaziin cui cominciare a vivere la Parola, a se-guire la Parola, a renderla comprensibile erealistica, corrispondente a forme di espe-rienza reale. In questo senso mi sembramolto importante la necessità di collegarela Parola con la testimonianza di una vitagiusta, dell’essere per gli altri, di aprirsi aipoveri, ai bisognosi, ma anche ai ricchi,che hanno bisogno di essere aperti nel lorocuore, di sentir bussare al loro cuore. Sitratta dunque di spazi diversi, a secondadella situazione. L’esperienza concreta mostrerà le strade daseguire.

Questo appello all’esperienza, che viene il-luminata dalla grande Tradizione educativadella Chiesa, quale il catecumenato, indicauna via per intravvedere le ricchezze pos-sedute, quali la Parola di Dio e la concretezzanella carità. Questa esperienza ci deve inco-raggiare nell’affrontare i grandi cambiamentirichiesti per trasformare le nostre Comunitàin luoghi di ospitalità educativa alla fede,accoglienti per le famiglie e per i loro figli.

un aCCenno al Cammino di Questi ConGressi europei

Dal 1979 la sezione “Catechesi” del CCEE,con scadenza triennale, ha organizzato un-dici Congressi Europei che hanno sviluppatotematiche inerenti alla educazione alla fede,confrontando il vissuto delle diverse Chiesein Europa. I Congressi sono sempre stati in-dirizzati ai Vescovi incaricati per la catechesi,

ai direttori o responsabili nazionali e ad al-cuni esperti. A titolo esemplificativo si può confrontarela progressione delle tematiche dal 1979 al Convegno ora programmato per il 2012:

La catechesi come itinerario: educazione,morale, comunità e catechesi (1979); Giovani e Chiesa (1983); Imparare a credere e a vivere da cristiani:Sfide e chance per la catechesi in Europa(1986); Quali comunità stimolano e sostengono ildiventare adulti nella fede? (1989); L´insegnamento religioso nelle scuole pub-bliche in Europa (1991); Il cristianesimo in Europa e le conseguenzeper la catechesi (1993); La formazione degli educatori della fedenel contesto della catechesi e dell’insegna-mento religioso nella scuola (1996); La catechesi familiare in Europa (1999); I presbiteri e la catechesi in Europa (2006); L’iniziazione cristiana come processo perdivenire cristiano (2006); La comunità cristiana e il “primo annuncio”(2009).

Le tematiche affrontate sono state attentealle proposte catechetiche della Santa Sedee agli interrogativi pastorali crescenti in Eu-ropa, allargando sempre di più la partecipa-zione e l’attenzione dai Paesi europei del-l’Ovest a quelli dell’Est, la cui partecipazionesi è fatta progressivamente più ampia e te-stimoniante. Mi piace qui ricordare un Congresso parti-colare: quello di Freising in Germania nel1993, che radunò una rappresentanza si-gnificativa delle diverse nazioni, solo perl’Italia furono presenti 13 tra vescovi e ca-techeti, per trattare appunto del “Cristiane-simo in Europa e le conseguenze per la ca-techesi”. Fu il momento in cui il settore “ca-techesi” del CCEE prese una forma più chiarae continuativa, con la responsabilizzazione

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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dei Direttori Nazionali per la programmazio-ne dei Congressi. L’attuale Commissione del CCEE “Commis-sione Catechesi, Scuola e Università”, pre-sieduta da S.E. Mons. Vincent Nichols, Ar-civescovo di Westminster (Inghilterra) fapropria la tematica del prossimo Sinodo deiVescovi, con una angolatura particolare:L’Iniziazione cristiana nella prospettivadella “Nuova Evangelizzazione”, con at-tenzione specifica ai fanciulli e ai giovanida 7 a 16 anni. Il programma, preparato lungamente se-guendo le proposte dei Direttori nazionali econdiviso con la Segreteria del CCEE, intendecontinuare un confronto già avviato nel2006, che aveva posto l’attenzione sull’Ini-ziazione cristiana degli adulti. Dopo averraccolto successivamente le considerazioniche andavano maturando durante la prepa-razione del Sinodo dei Vescovi, si è pensatodi spostare il confronto europeo sull’inizia-zione cristiana dei ragazzi, quale ambito pa-storale comune di tutte le nostre Chiese. Per la varietà delle situazioni culturali ed ec-clesiali, le esperienze delle nostre Chiese era-no profondamente diversificate. La concre-tezza richiese così di entrare in questo con-fronto attraverso una inchiesta europea con-dotta presso alcune Nazioni e coordinata dap. Luc Mellet, Direttore dell’Ufficio Catechi-stico Nazionale della Francia. Attorno a que-sta inchiesta si sono costruite le relazioni ele comunicazioni. Come è caratteristica di questi Congressi eu-ropei, non si dà qui una soluzione, ma si

vuole attuare un percorso di conoscenza, dicondivisione e di crescita comune nella ri-flessione teologica, pastorale e catechisticain Europa. Per questo gli interventi in as-semblea, l’incontro nei gruppi linguistici, ildialogo personale e informale tra noi con idiversi rappresenti delle Conferenze nazio-nali e il colloquio con gli esperti presenti,costituisce un insieme che renderà questegiornate un intenso e vivo laboratorio, permettere a fuoco il compito delle nostre co-munità, in specie le comunità parrocchiali. La contemporaneità del tempo ci porta adincontrarci accogliendo il cammino di pre-ghiera e di approfondimento cristiano attra-verso l’Anno della fede, idetto da papa Be-nedetto XVI. Esso ci porta direttamente nelnostro ambito di lavoro chiedendoci parti-colare attenzione al Catechismo della ChiesaCattolica, di cui ricorre il ventennio. Ma que-sto nostro Congresso si corona con una so-lenne celebrazione eucaristica in S. MariaMaggiore, per una preghiera per l’Europa. Desidero infine ringraziare nuovamentetutti i relatori per il contributo di pensieroche ci accompagnerà in questi giorni, el’Ufficio Catechistico Italiano con la sua se-greteria per il lavoro prezioso di organiz-zazione.Ai direttori europei va un fraterno “grazie”per la collaborazione pronta e appassionata,mentre attraverso la persona di mons. Ni-chols si vuole far giungere un grazie allaPresidenza del Consiglio delle ConferenzeEpiscopali d’Europa, per la fiducia nell’ac-compagnare questa iniziativa.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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1. It is a great pleasure for me to welcomeyou to this important Congress. I do so inthe name of the CCEE and in particular ofits President, Cardinal Peter Erdo. As youknow, CCEE is at the service of the Epis-copal Conferences of Europe and it is verymuch our hope that this Congress will bea significant part of that service. I also welcome you, in my own name, asthe President of the CCEE Commission forCatechesis, Schools and Universities. In offering these words of welcome, I havein mind especially all the members ofBishops’ Conferences who are present. Ithank you for your presence. I know howdifficult it is to make time for events suchas these, with all the pressing issues thatface us in our dioceses. So I am very grate-ful that you have made this time availableand I hope it will prove to be a good in-vestment! What we hope for, above allelse, is to achieve an exchange and mu-tual learning from each others’ experienceof this crucial work of Christian Initiation.There is not only great concern about thistheme present here today but also greatexperience which is to be respected and,I hope, shared sensitively. Thank you,then, not only for your presence but alsofor all that you will contribute.I thank also the other delegates, priests,religious, experts and all who haveworked hard to prepare for this Congress,especially Monsignor Michalik, whoheads up this work in our Commission.your contributions and serious study ofthese issues is much appreciated and avalued part of our work.

I hope, too, that all our work here to-gether in this Congress will be deeplyrooted in our prayer together. It is theLord whom we seek to serve, whom weseek to put forward. So let us be con-stantly open to His presence in our midstand sensitive to His promptings and call.Then all shall be well.

2. The theme of our Congress has been wellannounced: Christian Initiation in thecontext of the new Evangelisation withparticular attention to children and youngpeople from 7 to 16 years of age. Theimportance of this theme in the life of theChurch is clear. But so is the context. First of all there is the context of theawareness in the Church of a summonsto a new Evangelisation: new becausethere is a need for fresh vigour and imag-ination; new because there are so manywho have never heard the invitation ofthe Gospel. Often it is said that Europe in particularis the field most in need of a new evan-gelisation. While it is difficult to gener-alise about Europe as a whole, there istruth in the view that Europe is, in aparticular sense, the focus of so muchtension between the summons of theGospel and the call of a way of lifewhich is seen, understood, developedand lived without any reference to thereality of God whatsoever. This is theatmosphere which young people meetin so many circumstances, sometimeswithin their life at home. It is the airthey breathe.

KEYNOTE SPEECHH. Ex. Mgr. Vincent Nichols, Arcivescovo di Westminster,

Presidente della Commissione Catechesi-Scuola-Università del CCEE

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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yet we know that it is not an air that sat-isfies or refreshes the human spirit. Weknow that many young people are filledwith an instinctive generosity, an intu-itive sense of hope and a desire to knowand discover the underlying patterns andpurpose of their existence and their ex-periences. These aspirations are a sourceof great hope to us all. They are evidence,if we need it, that the truths about ourhumanity expressed in the gift of ourteaching are indeed valid and enduring.We know that we are made ‘in the imageand likeness of God’ and therefore willfind true satisfaction only when ‘we shallbe like Him because we shall see Him asHe really is’ (1 John 3:2). We also knowthat the fragility of our efforts to realisethose aspirations is a direct consequencesof the brokenness of our humanity, wellexpressed in the teaching about the pres-ence within every human being of thereality of original sin. Every person ex-periences the conflict spoken of by StPaul as he struggled with the reality ofhis own experiences and calling (see Ro-mans 7:13-25). It is important for us to remember, duringthis Congress, that these deep-seated di-mensions of the human spirit expressthemselves very differently in the yearscovered by this Congress – from 7 to 16.I believe we must be attentive to thosedifferences. Visiting a parish in Birmingham, a fewyears ago now, I met with a man whohad spent many years in Catholic youthwork and was renowned for his successin it. I asked him two questions and I re-member clearly the answers he gave. Myfirst question was: What is the key adviceyou would give to those in the Churchworking with young people today? His

answer: ‘Try to keep the age groups sep-arate; they are so different’. My secondquestion was this: ‘What was your mostsuccessful activity for the young people?’His answer: ‘Ballroom dancing!’ A second part of the context in which wemeet is, of course, the year of Faith calledfor by the Holy Father for October 2012to November 2013. I am sure that therewill be opportunities during this Congressfor considering the importance of this ini-tiative for the work of Christian Initiation.Certainly among the dioceses of Englandand Wales considerable planning is tak-ing place so that we can respond firmlyand creatively to this initiative and usethis year as a major opportunity to helppeople to deepen their knowledge of thefaith of the Church. That knowledge is important. It recallsthat our faith is essentially a revealed re-ligion, a gift for us to receive, explore,understand, and come to enter ever moredeeply. There are, of course, many mo-ments for such learning to take place.For some of us the moment of Sundaypreaching is an important opportunityand we are looking at helping priests topresent again the key themes of faithduring their preaching in the year ofFaith. Some are also looking to this yearas an opportunity of refreshing the workof parish catechists, those who work di-rectly with the age groups of childrenand young people on whom we are fo-cussing. I am sure you will have yourown ideas and plans for this year of Faithand we will be guided and stimulated bythe many ideas and proposals being putforward at this time by the Congregationsand Offices here in Rome. Central to this work for the year of Faithis the Catechism of the Catholic Church

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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and the arrival of the 20th Anniversaryof its publication. The Catechism is agreat resource and a great challenge. Itis a resource as it can and does guide ourunderstanding of the faith, and its keycontent, in both profession and practice.It is a challenge because it holds beforeus the task of presenting the faith in itsentirety, in its symphonic wholeness. Itis so easy for us all, and for those whowork with youngsters, to concentrate onwhat might seem to be favourite and at-tractive aspects of our faith, relegating as‘for later’ those other aspects which aremore difficult, or more counter-cultural.Obviously our presentation of faith hasto be sensitive to age and capacity. Butit should not, on that account, be over-selective. After all the full sweep of thearticles of faith are just that: intercon-nected dimensions which, taken togetheras joined – or articulated – make up thewhole of the Gospel invitation as under-stood and lived in the Tradition of theChurch. Much work is and has been done andproperly adapting the Catechism of the

Catholic Church for different countriesand age groups. I know from my ownexperience how helpful the youCat proj-ect has been for older youngsters. In-deed some who receive it for the firsttime are quickly absorbed by its content,as if it actually does answer a hungerand a thirst that they feel inside them-selves.

3. There are many challenges that lie aheadof this Congress. I hope that that aretackled in an energetic and fruitful man-ner. From the point of view of this Com-mission of CCEE, this is an importantmoment. The work of the Commissioncovers this great journey of faith: in thetask of schools, in the experience of uni-versity life and, throughout life, in thetask of continuing catechesis. So thetheme of this Congress is very central toour overall view: how do we best sharethe Gospel in Christian initiation withyoungsters in these crucial years? I wish you well and ask God’s blessingon all this work. Thank you very much.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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Rome, 7 – 10 / 05 / 2012 European Congres for Catechesis about Christian Initiation

Congrès européen pour la catéchèse sur l’initiation chrétienne en Europe !

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Survey about christian Initiation in a few countries of Europe

Enquête sur l’Initiation chrétienne

en quelques pays d’Europe

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European Congres for Catechesis about Christian Initiation

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European Congres for Catechesis about Christian Initiation Congrès européen pour la catéchèse sur l’initiation chrétienne en Europe

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PRESENTAZIONE DEI RISULTATI

DELL’INCHIESTA EUROPEA

SULL’INIZIAZIONE CRISTIANAP. Luca Mellet, Responsabile del SNCC, Servizio Nazionale per la catechesi

e il catecumenato (Francia)

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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The role of the grandmother is

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congresso europeo per la catechesi234

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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congresso europeo per la catechesi236

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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congresso europeo per la catechesi 237

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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congresso europeo per la catechesi240

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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Preparing for the sacraments, moments of ‘discovery of the life and the person of Jesus’ (Italy) /

Les préparations aux sacrements, moments de

« découverte de la vie et de la personne de Jésus » (Italie)

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Christianity really means » (Bulgaria) / La

préparation aux sacrements, « possibilité d’apprendre ce

qu’être chrétien signifie vraiment » (Bulgarie)

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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in the life of faith” (Italy) / « Une plus grande compréhension de la foi et de l’Evangile qui les a

conduits vers une participation plus consciente à la vie de foi» (Italie)

“Faith not as something which belongs to their ‘heritage’ but rather as

their personal choice” (Italy) / « La foi

non pas comme un ‘héritage’ mais plutôt

comme un choix personnel » (Italie)

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congresso europeo per la catechesi242

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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“Many questions remain

unanswered” (Russia) / « Beaucoup de

questions sont restées sans

réponse » (Russie)

“The problem of evil in the world and in my life were and remain persistent questions that sometimes I do not find adequate answers

for” (Hungary) / « Le problème du mal dans le monde et dans ma vie sont et restent des

questions persistantes auxquelles je ne trouve pas toujours de réponses

adéquates » (Hongrie)

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Page 243: ANNALE - Chiesacattolica.it · 2016. 12. 2. · 8 indice Capitolo 6 ConGresso europeo per la CateChesi european ConGress for CateChesis Roma, 7-10 maggio 2012 l’iniziazione cristiana

initiation: von den ÜberGanGs-riten (rites de passaGe) zu den ChristliChen sakramenten

Seit den grundlegenden ethnologischen For-schungen von Arnold van Gennep [1873-1957] zu den „Rites des passages“ (über-gangsriten, 1909) und den dadurch inspi-rierten weiter gehenden Reflexionen wissenwir auch um die besondere Bedeutung derInitiation für die lebensalterbezogene Ent-wicklung des Menschen durch Unterschei-dung bzw. Ablösung (rites de séparation),übergang / Schwellenüberschreitung undUmwandlung (Liminalität, rites de marge)und die anschließende Angliederung (ritesd´agrégation). Im Anschluss an diese kultur-anthropologischen Einsichten sind wir imBlick auf die christlichen Sakramente der Kir-che schon – manchmal zu selbstverständlichund unbedacht – gewohnt, von den so ge-nannten Initiationssakramenten (Taufe, Fir-mung, Eucharistie) als “Sakramente der Ein-gliederung in die Kirche“ zu sprechen. Dabeiwird jedoch meistens übersehen, dass allesieben kirchlichen Sakramente „Initiationen“sind, die lebenslang den christlichen Glau-bensweg begleiten, formen und vollenden.Zunächst ist bei diesem gewöhnlichen Ver-ständnis der Initiationssakramente als „Sa-kramente der Eingliederung in die Kirche“eine sozio-ekklesiologische Engführung (Re-

duktion) festzustellen, die das für jedes Sa-krament grundlegende Aufgenommenwer-den und - sein in das Lebensgeheimnis JesuChristi noch zu wenig berücksichtigt. Vor al-len kulturanthropologischen Theorien undKonzepten, auch vor allen Initiatoren, Initia-tiven, Initianten und Initianden, .... brauchtes auch in der christlichen Initiation eine kla-re INITIALE, ein orientierendes Leitbild, einLOGO, z.B.: “Et verbum caro factum est (Joh1,14a). Initiation braucht klare Zeichen, Sa-kramente, schöpferische Symbole, Wege,transparente und einsichtige Methoden, vgl.Gen 1,1: „Im Anfang schuf Gott Himmel undErde“ Mk 1,1: „Anfang des Evangeliumsvon Jesus Christus, dem Sohn Gottes“ Joh1,1: „Im Anfang war das Wort“ Darin istauch der innere und äußere Zusammenhangvon christlicher Initiation und (neuer) Evan-gelisierung gegeben und begründet. In densieben Sakramenten der Kirche ist zugleichauch schon eine für sie wesentliche „Plura-lität“ unterschiedlicher, persönlicher und ge-meinschaftlicher Lebensgestaltungen in die-sem Jesus-Christus-Mysterium angebotenund gegeben. Entsprechend vielfältig istauch die jedem Sakrament der Kirche spezi-fische Initiationsform:

taufe:Initiation in das grundlegende (1 Kor3,11) Lebensgeheimnis von Tod undAuferstehung Jesu Christi (Röm 6)

LA PLURALITÀ DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA

COME PROPOSTA PASTORALE PER I GIOVANI

DI OGGI. L’IMPORTANZA DEI GIOVANI

PER LA CHIESA, POPOLO DI DIOS.E. Mons. Aloısi Schwarz, Vescovo di Gurk-Klagenfurt,

Delegato Episcopale per la Catechesi dell’Austria

congresso europeo per la catechesi 243

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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congresso europeo per la catechesi244

firmung:Initiation in die vom Geist Jesu Christibestimmte Sendung der Kirche als neuesVolk Gottes; vgl. Joh 16,13.

eucharistie:(nicht nur in Form der Erstkommunion)Initiation in Teilnahme und Teilhabe ander Opfer-und Mahlgemeinschaft des Vol-kes Gottes mit Jesus Christus (vgl. KKK1322).

buße: Initiation in Bekehrung (Mk 1,13f.) zumneuen Leben in Jesus Christus als Ver-söhnung mit Gott, mit der Gemeinschaftdes Glaubens (Kirche, Volk Gottes), mitden und dem Anderen, mit sich selbst.

krankensalbung: Initiation in das Geheimnis des Sterbensals lebensvollendung in und mit JesusChristus.

Weihesakrament (ordo): Initiation in die Teilnahme und Teilhabeam dreifachen Dienst-Amt (tria munera)Jesu Christi für die Kirche als Volk Gottes:Lehramt/Verkündigung, Hirtenamt/Füh-ren und Leiten, Priesteramt/Heiligung)

ehe: Initiation in das in Jesus Christus gegen-wärtige Geheimnis der unverbrüchlichenTreue und Liebe Gottes zu den Menschen

ii. zWei untersChiedliChe biblisChe beispiele fÜr den zusammenhanG von ChristliCher initiation und evanGelisierunG

Biblisches Beispiel I:Joh 9,1-41 (nach Eü,Stuttgart: KBA, 1980).1 Unterwegs sah Jesus einen Menschen,

der seit seiner Geburt blind war. 2 Da fragten ihn seine Jünger: Rabbi, wer

hat gesündigt? Er selbst? Ober habenseine Eltern gesündigt, sodass er blindgeboren wurde?

3 Jesus antwortete: Weder er noch seine El-tern haben gesündigt, sondern das Wir-ken Gottes soll an ihm offenbar werden.

4 Wir müssen, solange es Tag ist, die Wer-ke dessen vollbringen, der mich gesandthat; es kommt die Nacht, in der niemandmehr etwas tun kann.

5 Solange ich in der Welt bin, bin ich dasLicht der Welt.

6 Als er dies gesagt hatte, spuckte er aufdie Erde; dann machte er mit dem Spei-chel einen Teig, strich ihn dem Blindenauf die Augen.

7 und sagte zu ihm: Geh und wasch dichin dem Teich Schiloach! Schiloach heißtübersetzt: Der Gesandte. Der Mann gingfort und wusch sich. Und als er zurück-kam, konnte er sehen.

8 Die Nachbarn und andere, die ihn früherals Bettler gesehen hatten, sagten: Istdas nicht dieser, der dasaß und bettelte?

9 Einige sagten: Er ist es. Andere meinten:Nein, er sieht ihm nur ähnlich. Er selbstaber sagte: Ich bin es.

10 Da fragten sie ihn: Wie sind deine Augengeöffnet worden?

11 Er antwortete: der Mensch, der Jesusheißt, machte einen Teig, bestrich damitmeine Augen und sagte zu mir: Geh zumSchiloach und wasch dich! Ich ging hin,wusch mich und konnte wieder sehen.

12 Sie fragten ihn: Wo ist er? Er sagte: Ichweiß es nicht.

13 Da brachten sie den, der blind gewesenwar, zu den Pharisäern.

14 Es war aber Sabbat an dem Tag, als Jesusden Teig gemacht und ihm die Augengeöffnet hatte.

15 Auch die Pharisäer fragten ihn, wie ersehend geworden sei. Der antwortete ih-

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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congresso europeo per la catechesi 245

nen: Er legte mir einen Teig auf die Au-gen; dann wusch ich mich und jetztkann ich sehen.

16 Einige der Pharisäer meinten: DieserMensch kann nicht von Gott sein, weiler den Sabbat nicht hält. Andere abersagten: Wie kann ein Sünder solche Zei-chen tun? So entstand eine Spaltung un-ter ihnen.

17 Da fragten sie den Blinden noch einmal:Was sagst du selbst über ihn? Er hatdoch deine Augen geöffnet. Der antwor-tete: er ist ein prophet.

18 Die Juden aber wollten nicht glauben,dass er blind gewesen und sehend ge-worden war. Daher riefen sie die Elterndes Geheilten

19 und fragten sie: Ist das euer Sohn, vondem ihr behauptet, dass er blind geborenwurde? Wie kommt es, dass er jetzt se-hen kann?

20 Seine Eltern antworteten: Wir wissen,dass er unser Sohn ist und dass er blindgeboren wurde.

21 Wie es kommt, dass er jetzt sehen kann,das wissen wir nicht. Und wer seineAugen geöffnet hat, das wissen wir auchnicht. Fragt doch ihn selbst, er ist altgenug und kann selbst für sich spre-chen.

22 Das sagten seine Eltern, weil sie sich vorden Juden fürchteten; denn die Judenhatten schon beschlossen, jeden, der ihnals den Messias bekenne, aus der Syn-agoge auszustoßen.

23 Deswegen sagten seine Eltern: Er ist altgenug, fragt doch ihn selbst.

24 Da riefen die Pharisäer den Menschen,der blind gewesen war, zum zweiten Malund sagten zu ihm: Gib Gott die Ehre!Wir wissen, dass dieser Mensch ein Sün-der ist.

25 Er antwortete: Ob er ein Sünder ist, weiß

ich nicht. Nur das eine weiß ich, dassich blind war und jetzt sehen kann.

26 Sie fragten ihn: Was hat er mit dir ge-macht? Wie hat er deine Augen geöff-net?

27 Er antwortete ihnen: Ich habe es euchbereits gesagt, aber ihr habt nicht gehört.Warum wollt ihr es noch einmal hören?Wollt auch ihr seine Jünger werden?

28 Da beschimpften sie ihn: Du bist ein Jün-ger von dem; wir aber sind Jünger desMose.

29 Wir wissen, dass zu Mose Gott gespro-chen hat; aber von dem da wissen wirnicht, woher er kommt.

30 Der Mensch antwortete ihnen: Darin liegtja das Erstaunliche, dass ihr nicht wisst,woher er kommt; dabei hat er doch mei-ne Augen geöffnet.

31 Wir wissen, dass Gott einen Sünder nichterhört; wer aber Gott fürchtet und seinenWillen tut, den erhört er.

32 Noch nie hat man gehört, dass jemanddie Augen eines Blindgeborenen geöffnethat.

33 Wenn dieser nicht von Gott wäre, dannhätte er gewiss nichts ausrichten kön-nen.

34 Sie entgegneten ihm: Du bist ganz undgar in Sünden geboren und du willst unsbelehren? Und sie stießen ihn hinaus.

35 Jesus hörte, dass sie ihn hinaus gestoßenhatten, und als er ihn traf, sagte er zuihm: Glaubst du an den menschen-sohn?

36 Jener antwortete: Wer ist das, herr? (Sages mir,) damit ich an ihn glaube.

37 Jesus sagte zu ihm: Du siehst ihn vordir; er, der mit dir redet, ist es.

38 Er aber sagte: Ich glaube, herr! Und erwarf sich vor ihm nieder.

39 Da sprach Jesus: Um zu richten, bin ichin diese Welt gekommen: damit die Blin-

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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den sehend und die Sehenden blind wer-den.

40 Einige Pharisäer, die bei ihm waren, hör-ten dies. Und sie fragten ihn: Sind etwaauch wir blind?

41 Jesus antwortete ihnen: Wenn ihr blindwärt, hättet ihr keine Sünde. Jetzt abersagt ihr: Wir sehen. Darum bleibt eureSünde.

analyse der 5 initiationsschritte undinitiationserfahrungen • Joh 9,11 Der Mensch, der Jesus heißt • Joh 9,17 Er ist ein Prophet • Joh 9,33 „Von Gott“ • Joh 9,35 Menschensohn • Joh 9,36.38 HERR

darstellung der 5 initiationsschritte undinitiationserfahrungen 1. In der ersten Begegnung mit Jesus den

menschen erkennen und selbst Mensch(nicht mehr ein „Blinder“) sein: Joh 9,11

2. In der Über-Prüfung in Jesus „einen pro-pheten“ erkennen und bekennen: Joh9,17

3. In der Konfrontation mit anderen sichbewähren und erkennen und beken-nen, dass Jesus „von Gott ist“: Joh 9,33

4. In der erneuten, wiederholten Begegnungmit Jesus den menschensohn erfah-ren/wahrnehmen lernen: Joh 9,35

5. In der Offenbarung Jesu ihn als „denherrn“ (kyrios) erkennen und glau-bend bekennen und anbeten: Joh9,36.38

Biblisches Beispiel II: Apg 18,24-28 (nachEü, Stuttgart: KBA, 1980) Ein Jude namens Apollos kam nach Ephe-sus. Er stammte aus Alexandria, war rede-kundig und in der schrift bewandert. 25 Er war unterwiesen im Weg des

herrn. Er sprach mit glühendem Geistund trug die lehre von Jesus genauvor; doch kannte er nur die Taufe desJohannes.

26 Er begann, offen in der Synagoge zusprechen. Priszilla und Aquila hörtenihn, nahmen ihn zu sich und legtenihm den Weg Gottes noch genauerdar.

27 Als er nach Achaia gehen wollte, er-munterten ihn die Brüder dazu undschrieben den Jüngern, sie möchten ihnfreundlich aufnehmen. Nach seiner An-kunft wurde er den Gläubigen durchdie Gnade eine große hilfe.

28 Denn auf entschiedene Weise widerlegteer die Juden, indem er öffentlich mit derschrift nachwies, dass Jesus dermessias sei.

darstellung der 5 initiationsschritte undinitiationserfahrungen 1. In der Schrift „bewandert“ (dynatós) 2. unterwiesen [katächämenos = Partiz.

Perf. Pass] im Weg des Herrn, mitkenntnis von der „taufe des Johan-nes“, d.h. ein Katechumenat ist Voraus-setzung, aber nicht identisch mit Initia-tion!

3. Begegnung mit dem heiden(?)christlich-judenchristlichen Ehepaar Priszilla undAquila. Diese „hören“ in der Synagoge,„nahmen ihn zu sich“ und „legten ihmden Weg Gottes genauer akribésteron]dar“

4. »Mit besten Empfehlungen« zieht er wei-ter nach Achaia und wird dort „denGläubigen durch die Gnade eine gro-ße hilfe“

5. Er ist fähig geworden, überzeugend zuverkünden und aus der Schrift nach-zuweisen, „dass Jesus der messiasist“.

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zusammenschau • Joh 9,1-41 und Apg 18,24-28 haben ge-

meinsam, dass sie im judenchristlichenKontext angesiedelt werden, Joh 9, 1-41mehr im Jerusalemer Raum, Apg 18,24-28 eher in der Diaspora (Ephesus).

• In Joh 9,1-41 kommt eher das Taufsakra-ment in den Blick, in Apg 18,24-28 gehtes um die christliche Wortverkündigung.

• In beiden biblischen Beispielen geht dieInitiation situationsbezogen, stufenweiseund personengerecht vor.

• Diese Einsichten werden auch für Initiationin und aus anderen religiösen Kontextenmaßgeblich und hilfreich sein.

• In der Zusammenschau der beiden vorhergenannten biblischen Beispiele ist auch ei-ne exemplarische inhaltliche und metho-dische Pluralität der christlichen Initiationzu erkennen und wahrzu- nehmen.

Die biblischen Beispiele (Joh 9,1-41 undApg 18,24-38) zeigen, wie sehr vertrau-ensbildende und gelingende Initiation -grundlegend und besonders in konfliktrei-cher Bewährung - abhängig und angewie-sen sind auf ein wohlwollendes und wech-selseitiges, vertrauensbildendes Erkennenund Anerkennen.

iii. vom zeuGnis des lebens zum verkÜnder des evanGeliums die aktualität des evanGelisierunGs-proGramms

Jede Form der Initiation setzt jene Schritteder Evangelisierung voraus, die Papst Paul

VI. im Jahre 1975 in Evangelii nuntiandibeschrieben hat. Er sagt, “die Verkündigungmuss vor allem durch ein Zeugnis erfolgen”und er führt weiter aus, dass dies geschieht,„wenn ein einzelner Christ oder eine Gruppevon Christen inmitten der menschlichen Ge-meinschaft, in der sie leben, ihre Verständ-nis- und Annahmebereitschaft, ihre Lebens-und Schicksalsgemeinschaft mit den ande-ren, ihre Solidarität in den Anstrengungenaller für alles, was edel und gut ist, zumAusdruck bringen“ (Nr. 21)1. Außerdem, sagt er, geschieht das dadurch,“dass sie auf ganz einfache und spontaneWeise ihren Glauben in Werte bekunden,die über den allgemein gängigen Werten ste-hen, und ihre Hoffnung in etwas, das mannicht sieht und von dem man nicht einmalzu träumen wagt. Durch dieses Zeugnis oh-ne Worte wecken diese Christen in den Her-zen derer, die ihr Leben sehen, unwider-stehliche Fragen: Warum sind jene so? War-um leben sie auf diese Weise? Was – oderwer – ist es, der/das sie beseelt? Warumsind sie mit uns? In der Tat, ein solchesZeugnis ist bereits stille, aber sehr kraftvolleund wirksame Verkündigung der Frohbot-schaft“ (Nr. 21)2. Freilich handelt es sich hier um eine fra-gende Anfangsstufe der Sehnsucht nachEvangelisierung und Glaubenserfahrung.“Die Fragen nämlich, [...], die sich vieleNichtchristen stellen, seien es Menschen,denen Christus niemals verkündet wordenist, Getaufte, die nicht praktizieren, Men-schen, die zwar in christlichen Ländern,aber keineswegs nach christlichen Grund-sätzen leben oder solche, die leidvoll etwasoder jemanden suchen, den sie erahnen,

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1 http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/apost_exhortations/documents/hf_p-vi_exh_19751208_evangelii-nuntiandi_ge.html 2 Ebenda.

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ohne ihn mit einem Namen nennen zu kön-nen“ (Nr. 21)3. Sie werden dann auch noch andere Fragenstellen, die tiefer gehen. So wird durch diesesZeugnis Aufmerksamkeit geweckt und mit-geteilt, dass „Zugegensein, Anteilnahmeund Solidarität” [...] wesentliche Elemente-”im Allgemeinen das erste - in der Evan-gelisierung” sind4. Papst Johannes Paul II. hat diesen Ansatzder Evangelisierung in Redemptoris Missio5

(in Nr. 42) mit folgenden Worten aufgegrif-fen: „Der Mensch unserer Zeit glaubt mehrden Zeugen als den Lehrern, mehr der Er-fahrung als der Lehre, mehr dem Leben undden Taten als den Theorien. Das Zeugnisdes christlichen Lebens ist die erste und un-ersetzbare Form der Mission. Christus, des-sen Sendung wir fortsetzen, ist der „Zeuge“schlechthin (Offb 1,5; 3,14) und das Modellchristlichen Zeugnisses. Der Heilige Geistbegleitet den Weg der Kirche und lässt sieteilnehmen am Zeugnis, das er von Christusgibt (vgl. Joh 15,26 27). Die erste Form des Zeugnisses ist das Lebendes Missionars, der christlichen Familie undder kirchlichen Gemeinschaft; diese Formlässt eine neue Verhaltensweise erkennen.“ Initiation und Evangelisierung junger Men-schen braucht Vorbilder und Zeugen, Men-schen, die durch ihre Lebensweise Fragenwecken und die Sehnsucht nach einem er-füllten Leben wachrufen. Nun bleibt schon Papst Paul VI. in seinemEvangelisierungsprogramm6 nicht beimZeugnis ohne Worte allein stehen, sonderner sagt, dass dieses Zeugnis sich auf Dauer

als unwirksam erweist, wenn es nicht erklärtund begründet wird. Wir haben also das zutun, wovon 1 Petr 3,15 spricht, nämlichRechenschaft zu geben über unsere Hoff-nung, und zwar durch eine „klare und ein-deutige Verkündigung des Herrn Jesus Chri-stus“ (Nr. 22). Die Frohbotschaft, die durchdas Zeugnis des Lebens verkündet wird,muss „früher oder später durch das Wortdes Lebens verkündet werden“ und zwardadurch, dass der Name, die Lehre, das Le-ben, die Verheißungen, das Reich, das Ge-heimnis von Jesus Christus, des Sohnes Got-tes verkündet werden. Der ausdrücklichen Verkündigung der Bot-schaft des Lebenswerkes und des Geheim-nisses Jesu Christi folgt, wenn sie aufge-nommen wird und die Menschen sich dieseBotschaft aneignen, eine „Zustimmung desHerzens“. „Zustimmung zu den Wahrhei-ten, die der Herr aus Barmherzigkeit geof-fenbart hat, gewiss. Aber mehr noch Zu-stimmung zu dem Lebensprogramm – demeines nunmehr verwandelten Lebens – daser vorlegt. Mit einem Wort, Zustimmungzu dem Reich, d. h. zur ‚neuen Welt’, zumneuen Zustand der Dinge, zur neuen Weisedes Seins, des Lebens, des Zusammenle-bens, die das Evangelium eröffnet“ (Nr.23)7. Eine solche Zustimmung bleibt aber nichtabstrakt, sondern offenbart sich letztlichim „sichtbaren Eintritt in eine Gemein-schaft von Gläubigen“. Menschen, derenLeben durch das Wort umgewandelt ist,suchen die Gemeinschaft und setzen einZeichen der Umwandlung, ein Zeichen des

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

3 Ebenda. 4 Ebenda. 5 in: http://www.vatican.va/edocs/DEU0129/_INDEX.HTM6 http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/apost_exhortations/documents/hf_p-vi_exh_19751208_evangelii-nuntiandi_ge.html 7 Ebenda.

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neuen Lebens, indem sie in die Gemein-schaft der Kirche eintreten und die sakra-mentalen Gesten sich schenken lassen, diebeim Eintritt in die Kirche den Menschengewährt werden. Es geht also um “Zustim-mung zur Kirche, Empfang der Sakramen-te”, die diese Zustimmung „durch die Gna-de, die sie vermitteln, bezeugen und be-kräftigen“ (Nr. 23)8. Wenn jemand diesem Weg der Evangelisie-rung folgt, dann wird er, von der FrohenBotschaft ergriffen und selbst zu einem, derdas Evangelium glaubwürdig weitersagt.Papst Paul VI. sieht sehr klar, dass die Evan-gelisierung ein sehr vielschichtiges Gesche-hen mit verschiedenen Elementen ist. Erzählt folgende Merkmale -wir würden heutevielleicht dazu “Kriterien” (Unterschei-dungsmerkmale) sagen -auf: „Erneuerungdes Menschseins (renovatio humanitatis),Zeugnis, ausführliche Verkündigung, Zu-stimmung des Herzens, Eintritt in die Ge-meinschaft, Empfang der Zeichen und Ein-satz im Apostolat“ (Nr. 24)9. Diese Elemente ergänzen und bereichernsich wechselseitig. Man muss sie deshalbstets in ihrer integrierenden Funktion zu-einander sehen und aufeinander beziehen. Also wer den Weg der Evangelisierung geht,wird eintreten in das Apostolat und brauchtdazu eine Hilfe. Deshalb heißt eines unsererstrategischen Leitziele in unserem diözesa-nen Leitbildprozess auch: Wir bemühen uns um eine geistliche Per-sönlichkeitsbildung und bieten dazu dieSchule des Lebens (menschliche Qualität inder Seelsorge, Beziehungsqualität), dieSchule der Evangelisierung (inhaltliche Qua-lität, Botschaft) und die Schule des Aposto-lats (Sendungsqualität).

iv. JunGe mensChen sind ein GesChenk fÜr die kirChe, das volk Gottes

Was Evangelii Nuntiandi beschreibt, ist ausheutiger Sicht vielleicht etwas idealtypisch.Denn wir beobachten, dass wir bei vielenJugendlichen nicht über eine Erstverkündi-gung hinauskommen, diese Erstverkündi-gung immer wieder von verschiedenen Sei-ten versuchen – und dennoch wollen dieMenschen keinen nächsten Schritt machen. Unser Problem ist dann ein doppeltes: Ent-weder wir werden ungeduldig und bestim-men, dass ein nächster Schritt zu tun ist(etwa in der Firmvorbereitung: denn der Ter-min steht ja fest). Dann mag dieser Schrittzwar äußerlich gemacht werden, innerlichjedoch nicht. Das zeigt sich spätestens dann,wenn irgendwann einmal unsere Einladun-gen nicht mehr angenommen werden. Oder wir akzeptieren immer und immer wie-der, dass wir uns auf die Situation einstellenmüssen, solange, bis wir vergessen, dennächsten Schritt anzubieten. Das ist beimanchen Mitarbeitern und Mitarbeiterinnenzu beobachten: Sie haben so viel Erfahrungmit dem Stehenbleiben auf einer bestimmtenStufe des Glaubenslebens, dass sie gar nichtmehr daran denken, dass irgendwann ein-mal jemand doch weitergehen wollte. Man muss den Mittelweg finden: Die Si-tuation so wahrnehmen, wie sie ist, aberan die Möglichkeit der Entwicklung, desWachstums glauben. Es ist die Einladung, die unsere relativ neueRede von der Evangelisierung besondershervorhebt. Das Suchen von Anknüpfungs-punkten zur Verkündigung der Frohen Bot-schaft in Tat und Wort; das Eingehen auf

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8 Ebenda. 9 Ebenda.

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die spezifischen Situationen der Menschen,denen wir begegnen; ein Hintergrundwissenüber gesellschaftliche Realitäten und Ent-wicklungen; und – das kommt vielleichtwieder neu in unser Bewusstsein - ein an-gemessener Stil: damit ist sowohl der Stilunseres Auftretens,Verkündens und unsererMitmenschlichkeit gemeint, aber auch eineÄsthetik, die für junge Menschen heutewichtiger ist, als wir vielleicht meinen. In der Jugendpastoral gelingt dies oft schon:die ästhetisch ansprechende Inszenierungvon Events, Begegnungen und Liturgienzeigt dies. Außerhalb dieser Bereiche, alsoetwa in Pfarren, ist dies schwieriger. Aberauch hier gilt das Wort des Hl. Don Bosco:Wir müssen eben auch jenen Stil lieben, dendie Jugendlichen lieben... Dann werden siezumindest bereiter sein, auch das zu lieben,was wir lieben. Nur in Fragen des Stils wer-den sie kompromisslos bei dem bleiben, wasihnen wichtig ist. Ästhetik – so die neuestenStudien zur Jugendforschung – ist wichtigerals der Inhalt. Wenn Jugendliche daher et-was ablehnen, muss es nicht unbedingt dieSache selbst sein, der Inhalt, der Glaube:aber sie lehnen die Art und Weise ab, wiedies an sie herangetragen wird. Wenn wir von Stil sprechen, ist keine Ober-flächlichkeit eines modischen äußeren Er-scheinungsbildes gemeint, sondern es gehtum eine Aktualisierung des „Schönen“. Wirwissen sehr gut, dass Gott wahr und gut ist,die Schönheit ist in unserem kirchlichen Le-ben ein wenig im Hintergrund – und dannmanchmal zur Geschmackssache reduziert. Jugendlichen ist es z.B. wichtig wie wir Li-turgie feiern, möglicherweise wichtiger alsdass wir es tun. Wenn sie es als stillos er-leben und empfinden, „brauchen“ sie dasnicht. Vielleicht suchen sie Bezug zum Glau-ben woanders, keinesfalls dann aber übereine für sie langweilige, unverständliche Li-

turgie. Das müssen wir ernst nehmen – undnicht abschätzig auf junge Menschen schau-en, die nur konsequenter das ausdrücken,was wahrscheinlich viele erwachsene Gläu-bige heimlich tun: eine schlecht gestalteteLiturgie ablehnen, die ihrer Bedeutung alsFeier des Geheimnisses Gottes durch ihreAusdrucksform einfach nicht entspricht. Wirkönnen die „schöne“ Seite Gottes wiederentdecken und vielleicht helfen uns die Ju-gendlichen dazu. Wir erkennen: Wir - die Kirche - brauchendie Jugend. Sie ist nicht nur unsere Zukunft,sondern unsere Gegenwart. Wir brauchensie aber nicht als Mitarbeiter und junge Ver-künder, sondern zuallererst brauchen wir sieals ein Gegenüber, dem wir Liebe auf jeneWeise zeigen sollen, die sie – gerade – brau-chen. Das ist nämlich unsere Sendung: dieMenschen, die jungen Menschen – zu lie-ben. Aber natürlich brauchen wir junge Men-schen, damit auch zukünftigen Generatio-nen das Evangelium durch Mitmenschenbekannt wird. Weil Glaube jedoch ein Ge-schenk ist, müssen wir die hierfür offenenJugendlichen auch als Geschenk Gottes anuns, an die Kirche betrachten. Als Geschenk,nicht als Nachwuchsfunktionäre. (Obwohl:auch verantwortungsvolle Nachwuchsfunk-tionäre sind ein Geschenk).Wir brauchen junge Menschen, um nicht zuüberaltern; vielleicht weniger in biologi-schem als vielmehr in geistigem Sinn. JungeMenschen sind näher am Morgen als wir,weil sie dieses Morgen noch entscheidenderals wir gestalten werden. Damit wir als Ge-meinschaft der Kirche nicht die Gestrigenwerden, brauchen wir junge Menschen, dieden Glauben aktualisieren und zeigen, dasser „zeitgemäß“ ist. Das ist nicht nur eineImage-Frage der Kirche: Schauen wir altaus? Oder können die Menschen sehen,

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dass die Kirche „jung“ ist – wie JohannesXXIII. betont hat? Und das pilgernde Volk Gottes, das wir sind,muss zu jeder Zeit das angemessene Pilger-Verständnis entwickeln. Die gegenwärtigeZeit macht dies nicht zuletzt durch einenweltweiten Mobilisierungs- und Globalisie-rungstrend neu aktuell. Junge Menschen le-ben schon vielfach mit dieser Mobilität zwi-schen Ausbildungs-, Wohn- und Berufsor-ten. Sie bewegen sich manchmal radikalerin einer Art Pilgerschaft, als allen bewusstist. Aber das kann in einigen Facetten Fol-gen haben für unser eigenes Kirchenver-ständnis als pilgerndes Volk Gottes. Ich den-ke, hier werden wir noch einiges von denjungen Menschen lernen, in der Gesell-schaft, vor allem aber in der Kirche. Wahrscheinlich kennt auch jeder von unsjunge Menschen, die schon eine Gottes- eineBerufungserfahrung gemacht haben. Esmuss nicht nur eine Berufung zu einemGeistlichen Beruf sein, es kann auch eineBerufung zu Ehe und Familie oder zu einembesonderen Engagement im Reich Gottessein. Jugendliche begeistern uns immer wie-der mit ihrer Art, Dinge neu zu sehen undneu zu machen. Das alles weist darauf hin:Kindern und Jugendlichen gebühren nichtnur Liebe und Wohlwollen, sondern auchAchtung, Respekt und Anerkennung.

v. YouCat als modell und pastoraler vorsChlaG fÜr die initiation der JuGendliChen von heute

yOUCAT DEUTSCH Jugendkatechismus derKatholischen Kirche Unter dem Patronat des Wiener KardinalsChristoph Schönborn und in Zusammenar-beit mit Jugendlichen entstand aus dem gro-

ßen Katechismus der Katholischen Kirche(KKK) ein jugendgemäßes und modernesLern-und Lebensbuch des Glaubens: deryOUCAT. Der von Jugendlichen mitgestalteteJugendkatechismus, der von der österreichi-schen Bischofskonferenz herausgegebenwurde, erscheint parallel in 13 Sprachen derWelt und war ein prägendes Element desWeltjugendtages in Madrid.aus: http://www.droemer-knaur.de/buecher/yOUCAT+DEUTSCH.191497.html

Papst Benedikt XVI. hat im Rahmen desWeltjugendtreffens 2011 in Madrid in Wortund Tat den anwesenden Jugendlichen, derganzen Kirche und der ganzen Welt eine • lebensnotwendige Liebe und eine • lebensfördernde Soldarität

verkündet: Gott, der die Liebe ist – Hoffnung– solidarische Liebe.

Ohne die Gefahr und Gefährdung der Ju-gendlichen, sich in quasireligiöse Gegenwel-ten zu verirren, wie z. B. • Sucht: Drogen, Alkohol, Spiel • Esoterische Praktiken, okkulte Praktiken • Sexkult • Musikalische Subkulturen • Politischer, weltanschaulicher, religiöser

Radikalismus • Resignation (vorweggenommene Sinnlo-

sigkeit) und Verzweiflung

zu übersehen oder zu verleugnen, wendetsich Papst Benedikt XVI. in einem Vorwortan die Jugendlichen der Welt und fordert sieauf: „Ihr müsst wissen, was Ihr glaubt. Ihrmüsst Euren Glauben so präzise kennen wieein IT-Spezialist das Betriebssystem einesComputers. Ihr müsst ihn verstehen wie einguter Musiker sein Stück. Ja, Ihr müsst imGlauben noch viel tiefer verwurzelt sein als

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die Generation Eurer Eltern, um den Her-ausforderungen und Versuchungen dieserZeit mit Kraft und Entschiedenheit entge-gentreten zu können. Ihr braucht göttlicheHilfe, wenn Euer Glaube nicht austrocknensoll wie ein Tautropfen in der Sonne, wennIhr den Verlockungen des Konsumismusnicht erliegen wollt, wenn Eure Liebe nichtin Pornographie ertrinken soll, wenn Ihr dieSchwachen nicht verraten und die Opfernicht im Stich lassen wollt. Wenn Ihr Euchnun voll Eifer dem Studium des Katechismuszuwendet, möchte ich Euch ein Letztes mitauf den Weg geben: Ihr wisst alle, wie tiefdie Gemeinschaft der Glaubenden in letzterZeit verwundet wurde durch Attacken desBösen, durch das Eindringen der Sündeselbst in das Innere, ja das Herz der Kirche.Nehmt es nicht zum Vorwand, Gottes An-gesicht zu fliehen! Ihr selbst seid der LeibChristi, die Kirche! Bringt das unverbrauchteFeuer Eurer Liebe in diese Kirche ein, sooftMenschen ihr Antlitz auch entstellt haben!»Laßt nicht nach in eurem Eifer, lasst euchvom Geist entflammen und dient demHerrn!« (Röm 12,11)“ (aus: http://www.vatican.va/holy_father/ benedict_xvi/letters/2011/documents/hf_benxvi_let_20110202_youcat_ge.html)

Und weiter sagt der Papst: „So lade ich Euch ein: Studiert den Kate-chismus! Das ist mein Herzenswunsch. Die-ser Katechismus redet Euch nicht nach demMund. Er macht es Euch nicht leicht. Er for-dert nämlich ein neues Leben von Euch. Erlegt Euch die Botschaft des Evangeliums vorwie die »kostbare Perle« (Mt 13,45), für dieman alles geben muß. So bitte ich Euch:Studiert den Katechismus mit Leidenschaftund Ausdauer! Opfert Lebenszeit dafür! Stu-diert ihn in der Stille Eurer Zimmer, lest ihnzu zweit, wenn Ihr befreundet seid, bildet

Lerngruppen und Netzwerke, tauscht Euchim Internet aus. Bleibt auf jede Weise überEuren Glauben im Gespräch!“ (aus:http://www.vatican.va/holy_father/bene-dict_xvi/letters/2011/documents/hf_benxvi_let_20110202_youcat_ge.html)

der vorschlag von papst benedikt Xvi: „Warum erzähle ich das alles? Wir hattenschon damals bei der Komposition des Bu-ches feststellen müssen, dass nicht nur dieKontinente und die Kulturen ihrer Völkerverschieden sind, sondern dass auch inner-halb der einzelnen Gesellschaften noch ein-mal verschiedene »Kontinente« existieren:Der Arbeiter denkt anders als der Bauer, einPhysiker anders als ein Philologe, ein Un-ternehmer anders als ein Journalist, ein jun-ger Mensch anders als ein alter. So musstenwir uns in Sprache und Denken etwas ober-halb all dieser Unterschiede ansiedeln, so-zusagen den Raum der Gemeinsamkeit zwi-schen den verschiedenen Denkwelten su-chen. Dabei wurden wir uns immer mehrbewusst, dass der Text »übersetzungen«braucht in die verschiedenen Lebensweltenhinein, um dort die Menschen in ihrem ei-genen Denken und Fragen anzurühren. Beiden Weltjugendtagen seither –,,, – sind ein-ander die jungen Menschen aus aller Weltbegegnet, die glauben möchten, die nachGott suchen, die Christus lieben und Weg-gemeinschaft wollen. In diesem Kontext istder Gedanke entstanden: Sollten wir nichtversuchen, den in die Sprache der Jugendzu übersetzen? Seine großen Aussagen indie Welt der jungen Menschen von heutehineinzuholen? Natürlich gibt es auch in derJugend der Welt von heute wieder viele Un-terschiede“ (aus: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/letters/2011/documents/hf_benxvi_let_20110202_youcat_ge.html)

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[At 14,19-28; Sal 144; Gv 14,27-31]

Venerati Fratelli e Carissimi amici, sono mol-to lieto di poter celebrare con voi questa eu-caristia, nei giorni del vostro Convegno edè certamente di notevole e provvidenzialesignificato che la prima Lettura, appenaascoltata dagli Atti degli Apostoli, porti insé le parole con le quali il Santo Padre Be-nedetto XVI ha voluto intitolare la Letteradi indizione dell’Anno della fede, per il cin-quantesimo Anniversario della convocazio-ne del Concilio Ecumenico Vaticano II ed ilventesimo della promulgazione del Catechi-smo della Chiesa Cattolica, strumento indi-spensabile per la corretta ermeneutica deiTesti conciliari.Non possiamo certo dimenticare che si trattadel Catechismo di tale Concilio! Leggiamoinfatti che gli Apostoli «riunirono la Chiesae riferirono tutto quello che Dio aveva fattoper mezzo loro come avesse aperto ai paganila porta della fede».

Aprire la porta della fede, agli uomini di ognitempo e luogo, è compito innanzitutto diDio stesso! Se perdiamo di vista questo “pri-mato” dell’Opera di Dio, qualunque nostrosforzo sarà destinato a non portare i fruttisperati. è Dio che apre la porta della fede ainostri fratelli uomini e lo fa, innanzi tutto,attraverso il Figlio suo unigenito. Egli è la“porta delle pecore”, via universale ed unicadi salvezza per tutti gli uomini.è bella l’immagine di questo Dio che “apre”,e come è lontana da tanti contemporaneipregiudizi nei confronti del Signore, della

Sua Parola di salvezza e della Sua Chiesa,luogo nel quale tale salvezza diviene attualeed operante per la libertà dei singoli, nellacomunione dell’unico Corpo.

L’immagine della “porta” è particolarmenteefficace perché dice di un “entrare” in unadimensione nuova, in una realtà che l’uomonon può darsi da se stesso, ma che è inte-ramente dono di Dio. Tuttavia, questa realtàdi dono, che è Dio stesso, domanda il mo-vimento della nostra libertà, domanda chela soglia della “porta”, aperta da Dio, siavarcata da ciascuno di noi. In tal senso lasalvezza universalmente offerta, non può inalcun modo divenire efficace senza il con-corso della libertà creata, che, sostenuta dal-la grazia, “compie il passo” e varca la “portadella fede”.

Il grandissimo compito della catechesi del-l’iniziazione cristiana, soprattutto nell’oriz-zonte della nuova evangelizzazione, è, al-lora, perlomeno duplice.Da un lato la catechesi deve collaborare conil Signore ad “aprire la porta della fede”,mostrando, in modo profondamente ragio-nevole ed umanamente, perfino affettiva-mente, recepibile, la grande possibilità di vi-ta, di significato e di compimento che Diooffre agli uomini. Se non torniamo a faremergere tutta la ragionevolezza, l’attrattivae perfino la “convenienza umana” del cri-stianesimo, se non emerge tutta la luce, chedalla “porta della fede” promana, ben diffi-cilmente la prospettiva cristiana potrà risul-tare affascinante.

OMELIA DELL’8 MAGGIO 2012Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero

della Santa Sede

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Dall’altro lato la catechesi è chiamata a so-stenere l’intelligenza della fede, attraversola conoscenza della Rivelazione, sia nei suoiaspetti relazionali, sia in quelli più tipica-mente dottrinali, che ne sono la storica tra-duzione.Una volta che verrà varcata “la porta dellafede” – ben lo sappiamo – il cammino nonsarà affatto concluso! Solo una intensa operadi formazione potrà permettere al giudiziodi conoscenza di non tornare indietro, ed alcomportamento morale di non abbandonarela luce incontrata.

A quasi cinquant’anni dall’indizione delConcilio Ecumenico Vaticano II, dobbiamoriconoscere come la stessa vita morale, siaintra che extra-ecclesiale, sia stata terribil-mente indebolita da una non sufficiente ca-techesi, da una formazione incapace, forse,di dare le ragioni delle esigenze del Vangeloe di mostrare, nella concreta esperienza esi-stenziale, come esse siano straordinariamen-te umanizzanti. Tutto ciò non certo per colpadel Concilio!

Per tale ragione la catechesi è sempre ancheuna narratio. Afferma il testo citato, che gliApostoli: «riunirono la Chiesa e riferironotutto quello che Dio aveva fatto per mezzoloro». In questo «riferirono tutto quelloche dio aveva fatto» è contenuta, in nuce,tutta l’opera di una catechesi che non è solotrasmissione di verità dottrinali, ma divienepossibilità di partecipazione allo stessoEvento della fede, allo stesso Evento-Cristo.La dimensione dottrinale, tuttavia, ben lungidall’essere secondaria, rappresenta il con-creto modo della narratio, la quale altrimentirischierebbe di divenire arbitraria e sogget-tiva e, perciò, non più credibile.Come ha ricordato il Santo Padre nell’omeliaper la Santa Messa Crismale, siamo di fronte

ad “un analfabetismo religioso che si diffon-de in mezzo alla nostra società così intelli-gente.Gli elementi fondamentali della fede, che inpassato ogni bambino conosceva, sono sem-pre meno noti. Ma per poter vivere ed amarela nostra fede, per poter amare Dio e quindidiventare capaci di ascoltarLo in modo giu-sto, dobbiamo sapere che cosa Dio ci hadetto; la nostra ragione ed il nostro cuoredevono essere toccati dalla sua parola”.La catechesi, soprattutto dell’iniziazione cri-stiana, ha questo grande compito: vincerel’analfabetismo religioso, insegnando “checosa Dio ci ha detto”! E senza lasciarsi pa-ralizzare dalle interminabili questioni meto-dologiche!

I problemi metodologici, cari amici, sono tra-volti dai Santi che, con la loro semplicità evita, sono la più efficace catechesi viventeche Dio stesso offre al suo popolo. Un nomeper tutti: il Beato J.H. Newman ed il suo “corad cor loquitur”, con tutto l’impegno intel-lettuale, teologico, morale e spirituale cheesso significa.

Se avremo questa coscienza, se la porta dellafede sarà varcata innanzitutto da noi, semetteremo al primo posto la formazione deiSacerdoti e dei catechisti, se vigileremo at-tentamente ed effettivamente sui vari Centridi formazione, se non avremo paura di uti-lizzare anche i nuovi areopaghi, come in-ternet, per annunciare la Fede, senza maidimenticare che l’incontro con Cristo do-manda sempre una mediazione personale,allora la nostra fondamentale opera potràfiorire e, con l’aiuto di Dio, potrà portarefrutto.

Senza mai dimenticare che «dobbiamo en-trare nel regno di Dio attraverso molte tri-

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bolazioni» e quindi che la fatica è costitutivadel cammino di salvezza, e che Gesù ci hadetto: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace.non come la dà il mondo, io la dò a voi»,segnando così una radicale ed insuperabilealternativa, che non può essere cancellatada alcun ingenuo ottimismo.

Affidiamo, in questo mese a Lei dedicato,alla Beata Vergine Maria, Stella dell’Evan-gelizzazione, i lavori del vostro Convegnoe, soprattutto, l’opera incessante della Chiesache, con Dio, apre agli uomini “la porta dellafede”.Amen.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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i. il sinodo dei vesCovi sulla nuova evanGelizzazione

Nella preparazione di un Sinodo di Vescovi,la prima tappa consiste nella pubblicazionedei Lineamenta. Il loro scopo è quello di for-nire una prima presentazione del tema sceltodal Santo Padre affinché l’insieme della Chie-sa cattolica, le Conferenze episcopali, i Di-casteri romani, i superiori generali delle Con-gregazioni, i movimenti dei laici, possanotrasmettere le loro esperienze, le loro osser-vazioni ed i loro interrogativi. I Lineamenta relativi a La Nuova Evan-gelizzazione per la trasmissione dellafede cristiana recano la data del 2 febbraio2011. In essi, si specificava che le rispostedovevano essere sintetizzate e trasmesse alSegretariato generale del Sinodo entro il 1novembre 2011. A partire da tali risposte, si elabora l’Instru-mentum laboris del Sinodo che, nella fatti-specie, sarà pubblicato entro questo mese dimaggio. L’argomento scelto per questa 13a Assem-blea generale ordinaria del Sinodo dei Ve-scovi è appassionante e suscita già grandisperanze e aspettative. Si tratta altresì di untema di ampia portata poiché, c’è forse qual-cosa, nella vita della Chiesa, che non abbianulla a che vedere con l’evangelizzazione?Tuttavia, c’è un rischio che appare imme-

diatamente: quello dell’insignificanza, poi-ché la nuova evangelizzazione deve con-templare una serie di elementi specifici pernon diventare un semplice slogan alla moda. I Lineamenta dedicano un lungo paragrafo(n° 18) all’argomento intitolato “L’iniziazio-ne cristiana, processo evangelizzatore”. Talesvolgimento è collocato all’inizio del terzoed ultimo capitolo, dal titolo “Iniziare al-l’esperienza cristiana”. Prima di continuare, desidero specificareche il tema del prossimo Sinodo non è lacatechesi in quanto tale; esso non si limitaai sacramenti dell’iniziazione. Di fatto, lasua prospettiva è ben più ampia. Il Sinodoprenderà in considerazione questi elementi,che sono senza dubbio molto importanti,ma li inserirà in una prospettiva più vasta,conferendo loro il senso che davvero rac-chiudono.

Quali sono gli elementi su cui insistequesto paragrafo 18 dei Lineamenta? • Esso evoca innanzi tutto, gli sforzi com-

piuti per rivedere i percorsi di introduzionealla fede e di accesso ai sacramenti. Comeavviene nelle giovani Chiese, le Chiese divecchia evangelizzazione prendono inconsiderazione i percorsi specifici dell’ini-ziazione alla fede degli adulti e non piùsoltanto quelli dei bambini. Ci si riallacciacosì alle richieste del Direttorio generale

INIZIAZIONE CRISTIANA NELLA DINAMICA

DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONEA PARTIRE DAL N. 18 DEI LINEAMENTA

O DELL’INSTRUMENTUM LABORIS DEL SINODOS.E. Mons. Pierre-Marie Carrè, Arcivescovo di Montpellier, Segretario speciale

per il sinodo sulla nuova evangelizzazione

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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per la Catechesi contemplando dunqueuna preparazione seria nella durata, e te-nendo conto della necessità di permettereun vero e proprio inserimento dei battez-zati nella comunità cristiana. Questo ri-guarda quindi i percorsi di preparazione albattesimo per i genitori che chiedono ilbattesimo per i loro figli, ma anche dellerealizzazioni di tipo mistagogico.

• Un altro punto su cui insiste questo para-grafo riguarda il sacramento della cresimaed il suo posto in seno ai sacramenti del-l’iniziazione. è utile esaminare con atten-zione la solidità delle argomentazioni pro-poste per ritardarne la celebrazione versola metà dell’adolescenza. In tal senso, sirimanda alla pratica delle Chiese d’Oriente.

Infine, i redattori dei Lineamenta sono con-sci del fatto che tali cambiamenti non sianodi ordine marginale. Essi affermano che «dal modo con cui la Chiesa in Occidente sa-prà gestire questa revisione delle sue prati-che battesimali dipenderà il volto futuro delcristianesimo nel suo mondo e la capacitàdella fede cristiana di parlare alla sua cultu-ra». Inoltre, essi indicano varie sfide che laChiesa deve affrontare: – Trovare una collocazione più giusta per il

sacramento della cresima. – Restituire contenuto ed energia alla di-

mensione mistagogica dei percorsi di ini-ziazione.

– Non delegare ai percorsi scolastici di edu-cazione religiosa il compito che appartieneinvece alla Chiesa, di annunciare il Vangeloe di generare alla fede.

In tutto questo, è necessario operare i giustidiscernimenti ed adottare i tipi di azione pa-storale più indicati.

elementi forniti dalle risposte ai Linea-menta. A partire dalla risposte inviate al Segretariato

generale del Sinodo entro la festività diOgnissanti, è stata realizzata una sintesi.Vorrei trarne alcuni elementi per compren-dere se effettivamente le risposte hanno fattoeco al testo e agli interrogativi posti dai Li-neamenta. La sintesi osserva con soddisfazione che leChiese locali hanno ricevuto, come un donoche consente di scoprire il senso profondodel battesimo, la presenza di un numero si-gnificativo di adulti che chiedono di ricevereil sacramento del battesimo. La preparazio-ne, la chiamata decisiva, la celebrazione de-gli scrutini e del battesimo nutrono la fededella comunità cristiana. Analogamente, la catechesi dei bambini edi loro percorsi sacramentali sono consideratinon più soltanto dal punto di vista familiaree meramente privato, ma dal punto di vistaecclesiale. Essi diventano dunque una testi-monianza. Ma c’è ancora molto da fare perconsentire una tale trasformazione! Molti sono gli sforzi compiuti per mettere apunto degli itinerari di iniziazione cristiana,cercando di collegare i sacramenti dell’ini-ziazione, coinvolgendo maggiormente le co-munità parrocchiali e, in particolare, i geni-tori, così come i padrini e le madrine. Le risposte sul punto riguardante la cresimapresentano una grande diversità, tanto cherisulta difficile unificarne le pratiche. Noncorriamo forse il rischio di perdere una verae propria ricchezza? La cosa essenziale co-munque è che il sacramento della cresimaabbia il suo posto ben definito lungo l’itine-rario dell’iniziazione cristiana.

L’instrumentum laboris è quasi terminato. Questo testo, è bene ri-cordarlo, non è destinato ad essere dibattutocome tale nell’ambito dell’Assemblea sino-dale. Il suo scopo è piuttosto quello di strut-turare la riflessione dei padri sinodali pro-

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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ponendo un ordine logico per gli interventidella prima parte del sinodo. Per questo mo-tivo, il documento comprende, oltre all’in-troduzione e alla conclusione, quattro parti: • Gesù Cristo, vangelo di Dio per l’uomo. • Il tempo della nuova evangelizzazione. • Trasmettere la fede. • Ravvivare l’azione pastorale.

L’iniziazione cristiana appare all’inizio diquest’ultimo capitolo ed è chiamata “pro-cesso evangelizzatore”. Si dichiara subitoche le Chiese locali si sono impadronite diquesta questione, ma che il lavoro è benlungi dall’essere concluso. Tre sono le certezze annunciate in questotesto: – Il battesimo dei bambini piccoli è la pratica

più in uso: si tratta del frutto di una federealmente inculturata e non è il risultatodi una semplice abitudine. Coloro che ri-tardano il battesimo lo fanno con il prete-sto di voler consentire una scelta libera inetà adulta. Si tratta qui di un segno del se-colarismo.

– Si possono osservare parecchie richieste dibattesimi di persone adulte e di adolescen-ti. Queste richieste sono interpretate comeun dono del cielo. Esse consentono allecomunità cristiane di scoprire il senso pro-fondo del battesimo.

– La struttura del catecumenato, così comepresentata nel Rito (O.I.C.A.), è ampia-mente utilizzata. Molti percorsi catecheticisono, in realtà, una sorta di ‘catecumenatopost-battesimale’ per riprendere l’espres-sione del Catechismo della Chiesa Catto-lica (n° 1231). Essi cercano di andareoltre la frattura tra liturgia e vita e di ri-velare il senso vitale dei sacramenti.

In una tale situazione, qual è l’apporto dellanuova evangelizzazione? Essa ci spinge aconsolidare gli sforzi già compiuti e le rifor-

me in corso, vegliando a che trovino la lorogiusta collocazione in un vero e proprio per-corso di iniziazione cristiana, che sia in gra-do di rafforzare la fede, sia per i catecumeniche per l’insieme della comunità cristiana.La pastorale battesimale, nel senso ampiodel termine, è quindi uno dei luoghi prioritaridella nuova evangelizzazione. Per quanto riguarda la cresima, l’Instrumen-tum laboris prende atto delle risposte fornitee si stupisce del fatto che la pratica delleChiese cattoliche orientali non sia stata presain considerazione, neanche come domanda. Infine, questa parte del documento si con-clude con l’indicazione dei temi che il Sinodopotrebbe prendere in esame con profitto edevidenzia una frase di Sacramentum Cari-tatis (n° 18) «le Conferenze Episcopali ve-rifichino l’efficacia degli attuali percorsi diiniziazione, affinché il cristiano dall’azioneeducativa delle nostre comunità sia aiutatoa maturare sempre di più, giungendo ad as-sumere nella sua vita un’impostazione au-tenticamente eucaristica, così da essere ingrado di dare ragione della propria speranzain modo adeguato per il nostro tempo (cfr.1 Pt 3, 15)». Il Sinodo si baserà sulla pratica secolare dellaChiesa che non smette di accogliere nuovifigli fin dalle origini, affinché siano confor-mati a Cristo. Da sempre, come ricordava ilBeato Giovanni Paolo II nella lettera NovoMillennio Ineunte, essa ripropone continua-mente il medesimo programma « accolto dalVangelo e dalla viva Tradizione. Esso si in-centra, in ultima analisi, in Cristo stesso, daconoscere, amare, imitare, per vivere in luila vita trinitaria, e trasformare con lui la sto-ria fino al suo compimento nella Gerusa-lemme celeste. è un programma che noncambia col variare dei tempi e delle culture,anche se del tempo e della cultura tiene con-to per un dialogo vero e una comunicazione

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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efficace. Questo programma di sempre è ilnostro per il terzo millennio. è necessariotuttavia che esso si traduca in orientamentipastorali adatti alle condizioni di ciascunacomunità» (n° 29). Come si svolgerà il Sinodo? Quali ne sarannoi frutti? Naturalmente, è impossibile dirloprima! Tuttavia, tra le aspettative espresse,una delle più rilevanti consiste nell’esserecapace di percepire lo stato della situazioneattuale per potervi annunciare il Vangelo nelmodo adatto. è pertanto richiesta un’operadi discernimento spirituale. Prima di prendere in esame qualsivoglia ti-pologia di annuncio, per quanto venerabilee pertinente possa essere, i documenti pre-paratori al Sinodo intendono adottare unaprospettiva globale, al fine di non correre ilrischio di limitarsi a fornire ricette pastorali,senza misurare il contesto. è dunque necessario sensibilizzare le nostrediocesi, le nostre parrocchie, i catechisti, imovimenti, affinché capiscano quale sia laforza del Vangelo e quanto esso possa dare:la possibilità di un incontro personale conCristo Gesù, incontro che conduce ad uncambiamento di vita, ad una vera e propriaconversione. è lasciandosi evangelizzare chesi diventa evangelizzatore. Al n° 42, l’In-strumentum laboris scrive: « l’annuncio delVangelo è innanzi tutto una quesitone spi-rituale ». Infatti, esso riguarda la capacitàdella nostra Chiesa e delle nostre comunitàcristiane di essere veramente delle comunitàfraterne, delle comunità in cui i membri sisostengono nel loro cammino verso la san-tità. Naturalmente, non bisogna idealizzare le co-munità cristiane. Il Direttorio generale perla Catechesi osserva che è necessario adot-tare, come punto di riferimento solido per lacatechesi parrocchiale, un nocciolo comuni-tario formato da cristiani maturi, già iniziati

alla fede, ai quali bisognerà dedicare un’at-tenzione pastorale adeguata e differenziata.Questo obiettivo sarà più facilmente rag-giunto mediante la promozione di piccolecomunità ecclesiali (n° 256), senza tuttaviaescludere la famiglia, in seno alla quale av-viene: – La testimonianza silenziosa nella vita quo-

tidiana. – L’accompagnamento della ricerca di senso

durante eventi particolari o festività. La ri-presa o l’interiorizzazione della catechesipiù metodica che i bambini ricevono nellacomunità cristiana (cfr. n° 255).

Il Directoire definisce tutto questo come: «ri-sveglio religioso infantile nell’ambito fami-liare», o meglio «prima iniziazione», «inizia-zione alla vita cristiana», «risveglio al sensodi Dio», «primi passi nella preghiera».

ii. l’iniziazione Cristiana

Che cosa implica il concetto di inizia-zione cristiana? Certo è che il Sinodo non si limita a consi-derare i bambini ed i giovani da 7 a 16anni. I testi che ho appena riassunto o citatoriguardano tutte le età della vita e auspicanoche tutti siano coinvolti. • La specificità dell’iniziazione cristiana sta

nel fatto che si tratta di una prospettivaglobale. Essa intende unire ciò che troppospesso è separato. Così, il messaggio dellafede cristiana, la sua pedagogia, l’ingressoin una comunità credente, l’apprendimentodella preghiera e della liturgia, l’agire cri-stiano, non sono delle realtà poste l’unaaccanto all’altra, ma sono organiche. Que-sto richiede un vero e proprio sforzo poichéè molto più facile, sia nella pratica chenella riflessione, procedere ad analizzareseparatamente questi dati.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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• L’iniziazione cristiana richiede delle tappe,ed ha addirittura bisogno di passaggi e ditraguardi. Mi sembra che non somigli pernulla ad un lungo fiume tranquillo! – Le tappe del catecumenato degli adulti

lo dimostrano, attraverso i suoi ritmi ele sue esigenze.

• L’iniziazione cristiana ha bisogno di mezzie di persone. – Bisogna permettere ad ognuno l’acco-

glienza di Dio che attrae. – è indispensabile la presenza di testimoni

della fede. – Dobbiamo trovare dei modi per proporre

il primo annuncio. Si può pensare che siamo in grado di ca-techizzare e di formare persone che giàcredono, ma ci troviamo in difficoltàquando si tratta di proclamare il kerigmain una situazione culturalmente inedita.

– Le comunità cristiane sono preparate aciò che ci si aspetta da loro? Spirito co-munitario, vita cristiana autentica, radi-camento in Cristo, accoglienza della Pa-rola di Dio...

perché parlare dell’iniziazione cristiana? Non bisogna essere troppo frettolosi nel ri-tenere che l’iniziazione cristiana sia un fe-nomeno che vada da sé. Sicuramente, lanuova evangelizzazione dovrà approfondirequesti aspetti, per non correre il rischio dicadere nella mera reiterazione di semplicislogan. Se oggi questo tema viene spessoribadito, è perché si sta prendendo coscienzadi una serie di fattori: 1. La fede cristiana non è una realtà che ri-

ceviamo dalla nascita, in modo quasi au-tomatico. Condividiamo quanto scrisse, asuo tempo, San Giustino: «la nascita cifa essere figli di necessità e di ignoranza»mentre il battesimo ci rende «figli di liberascelta e di sapienza» (1a Apologia n° 61)

e Tertulliano, più lapidario, scriveva: «nonsi nasce cristiani, lo si diventa». Al giorno d’oggi, questo appare evidenteai nostri occhi. Basti pensare alle soffe-renze dei genitori o dei nonni che vedonoi loro figli o nipoti che non seguono ilcammino della fede cristiana nei qualiessi li avevano educati.

2. Diventare cristiano non è un itinerariomeramente personale. Il percorso che por-ta alla fede può essere suddiviso in tregrandi linee. La fede è un passaggio ne-cessario per potersi integrare nella comu-nità di coloro che credono in Cristo Gesù.Si possono quindi presentare una serie ditappe da percorrere per intero, senza chel’ordine sia necessariamente rigido, poi-ché le porte d’ingresso alla fede sonomolteplici.

3. Nei Vangeli, Gesù chiede di seguirlo di-ventando suoi discepoli. Egli propone dientrare nel mistero. In un certo qual mo-do, si tratta di porre l’esistenza sotto losguardo di Dio e sotto la sua azione. Difatto, Gesù non ha aperto nessuna scuo-la, nessuna accademia, ma forma i suoidiscepoli secondo le circostanze e gli in-contri, mediante la testimonianza dei suoiatti ed il suo modo di vivere, così comeattraverso le parole. Bisognerà attenderela sua morte e resurrezione, nonché ildono dello Spirito, affinché l’insiemeprenda corpo e i discepoli possano dav-vero credere in Lui e diventare suoi te-stimoni. Credere quindi, non è soltanto sapere. Lafede coinvolge molti campi dell’esistenza:corporei, simbolici, sociali. L’iniziazionecristiana riguarderà quindi la sensibilità,la memoria, la volontà, l’intelligenza e ilcuore.

4. L’iniziazione richiede anche una certa du-rata temporale per potersi sviluppare, per

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poter raggiungere le varie sfere dell’esi-stenza e per permettere una progressivamaturazione. Il tempo, da solo, naturalmente non ba-sta. Bisogna che vi siano degli accompa-gnatori illuminati che percepiscano benetutto ciò che implica l’itinerario spiritualedel credente e che siano in grado di aiu-tare a progredire, tenendo bene a menteche la progressione non è lineare. Nel nostro mondo, con una comunica-zione sempre più virtuale ed elettronica,quello che domina è l’immediatezza. Im-parare il senso della durata non è quindiscontato!

5. L’iniziazione richiede anche di scoprire laChiesa. Iniziando i nuovi credenti, laChiesa dice nuovamente a se stessa chiè: è la comunità di coloro che cercano diseguire Cristo, di lasciarsi formare da Lui.Si tratta quindi, in larga misura, dell’iden-tità della Chiesa. Questa scoperta della Chiesa e di quelloche essa è, in sé, è da vivere, lo ribadisco,in un contesto in cui la sua immagine,così com’è spesso presentata dai media,è negativa e contrassegnata dagli scan-dali.

Qual è l’itinerario da percorrere? Questo itinerario è presentato in diversi do-cumenti della Chiesa. Mi limiterò a citarnesoltanto alcuni brani. • Ad Gentes n° 13-14, nell’ambito della pre-

dicazione del Vangelo e del raduno del Po-polo di Dio, fornisce una spiegazione esau-riente. Ciò che viene chiesto al neo-con-vertito è di compiere «un itinerario spiri-tuale in cui, trovandosi già per la fede incontatto con il mistero della morte e dellarisurrezione, passa dall’uomo vecchio al-l’uomo nuovo». Questo passaggio, aggiun-ge il Concilio, «implica un progressivo

cambiamento di mentalità e di costumi,deve manifestarsi nelle sue conseguenzedi ordine sociale e svilupparsi progressi-vamente nel tempo del catecumenato». Il n° 14 precisa che «Il catecumenato, lungidall’essere una semplice esposizione di ve-rità dogmatiche e di norme morali, costi-tuisce una vera scuola di formazione, de-bitamente estesa nel tempo, alla vita cri-stiana». «Perciò i catecumeni siano con-venientemente iniziati al mistero della sal-vezza ed alla pratica della morale evange-lica, e mediante dei riti sacri, da celebraresuccessivamente, siano introdotti nella vitareligiosa, liturgica e caritativa del popolodi Dio».

• Il Direttorio generale per la Catechesi(1977) riprende e sviluppa ampiamentequesta questione. Mi limiterò ad eviden-ziare quello che dice rispetto al tema delministero della Parola di Dio nell’evange-lizzazione (n° 50-52) presentandone lefunzioni principali: la convocazione e il ri-chiamo alla fede, ossia il primo annuncio,il risveglio alla fede; l’iniziazione che com-prende la catechesi e la celebrazione deisacramenti; l’educazione permanente dellafede; la liturgia; la teologia. Il n° 58c precisa « In molti paesi di tradi-zione cristiana e a volte anche nelle Chiesepiù giovani, esiste una situazione inter-media dove gruppi interi di battezzati han-no perduto il senso vivo della fede». «Que-sta situazione richiede una nuova evan-gelizzazione». L’attività missionaria ri-chiede che vi sia come priorità il primo an-nuncio ed una catechesi di base. Il primoannuncio corrisponde alla prima predica-zione di Gesù: «Il tempo è compiuto e ilregno di Dio è vicino; ravvedetevi e credeteal vangelo» (Mc 1, 14-15). Sarà poi ne-cessario che la catechesi getti le fonda-menta del primo annuncio.

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Nell’ambito delle riflessioni condotte oggisull’educazione da coltivare durante tuttol’arco della vita e che ha anche portato alconcetto di «società educativa» o di «comu-nità educativa», è importante riflettere sulmodo in cui la Chiesa, che intende impe-gnarsi con decisione nella prospettiva dellanuova evangelizzazione, concepirà l’inizia-zione cristiana. è risaputo che la situazione attuale, che so-vente perdura, non è soddisfacente perchécontinua a far riferimento a delle tappe diquello che era il percorso coerente di forma-zione cristiana elaborato in un contesto diciviltà cristiana; ma queste tappe risultanosganciate da un itinerario globale. Sappiamoche famiglia, scuola, parrocchia incaricatedella trasmissione, debbono affrontare enor-mi difficoltà e sono inserite in un rapportoche manca di coerenza. Questa coerenza deve essere ritrovata. IlRito per l’iniziazione cristiana degli adultioffre un quadro strutturante. Bisogna peròcapire come poterlo adattare alla situazionedei bambini da 7 a 16 anni, battezzati allanascita. Da più parti sono state tentate unaserie di esperienze, ma personalmente neignoro i risultati. In ogni caso, le esperienzecompiute hanno come scopo quello di unirel’esperienza liturgica, la catechesi dei genitorie dei bambini, i legami con la comunità cri-stiana e l’apprendimento della preghiera.Appare chiaro che il tentativo è quello diuscire da tutto ciò che possa somigliare al-l’ambito scolastico. è sicuramente a questecondizioni che si potrà fare della Chiesa, unacomunità educativa. Analogamente, sarà importante considerareil posto dei catechizzati e la loro responsa-bilità. Essi non sono soltanto degli oggetti,ma ne sono anche i soggetti. Coloro che so-no battezzati e che hanno ancora molto dascoprire hanno ricevuto, in quanto battez-

zati, la capacità di credere e il dono delloSpirito Santo. Al punto di partenza, è ne-cessario accogliere coloro che arrivano coni loro desideri, le loro intenzioni e le loromotivazioni. Ritroviamo qui la prima do-manda di Gesù: «Che cercate?» (Gv 1, 38).Non è forse anche quello che sembrava pro-porre il Papa Giovanni Paolo II alla fine dellaGiornata Mondiale della gioventù di Roma(2000) quando caratterizzava le condizionidell’esperienza credente con l’espressione“laboratori della fede”? Sicuramente, questopensiero era diretto ai giovani adulti cheerano invitati a risvegliare la loro ragioneper scoprire meglio le prospettive della fede. Ma questo è vero anche per coloro che sonochiamato a cresimare. Si tratta di ragazziche solitamente hanno tra i 14 e i 16 anni.In Francia, è richiesto ai ragazzi di formulareuna domanda di cresima scrivendo una let-tera personale al vescovo. Ne ho lette cen-tinaia e sono stato colpito da tre grandi in-terrogativi che tornavano spesso nelle let-tere. Si tratta di domande sulle quali, ov-viamente, ho richiamato l’attenzione dei ca-techisti:– I rapporti tra scienza e fede. Di solito ap-

pare la questione dell’evoluzione così comeinsegnata a scuola, mentre i giovani han-no tratto dalla catechesi la nozione di crea-zione secondo una visione fissista.

– La questione del male. Questa domandasi pone dinanzi alla morte o ad incidentigravi che hanno colpito persone vicine aigiovani, ma anche davanti alle grandi ca-tastrofi ampiamente mediatizzate. I giova-ni si chiedono: “cosa fa Dio?”; “si interessaa noi?”; “è davvero buono?”.

– La questione di Dio, infine. Spesso, i ra-gazzi mi chiedono se ho dei dubbi. Nonpenso che siano preoccupati per lo statodella mia fede, ma è un modo diretto perporre la domanda. Loro stessi hanno dei

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dubbi e non sanno se sia normale averne;non sanno cosa fare in quel caso. Appare anche la domanda circa i rapporticon i credenti di altre religioni, soprattuttomussulmani.

eucaristia e iniziazione cristiana. Si dice che l’Eucaristia sia il termine dell’ini-ziazione cristiana. Normalmente, riceverel’Eucaristia significa chiudere il processo diiniziazione, di accoglienza della rivelazionee di accoglienza nella Chiesa. Il termine “iniziazione” va sempre precisato.Bisogna ricordare che, se il latino dice chesiamo “iniziati dai misteri”, le lingue moder-ne dicono che siamo “iniziati ai misteri”. Laprospettiva non è la stessa. è la catechesibattesimale o il sacramento che apre gli oc-chi del cuore alla fede? A mio parere, l’iniziazione cristiana non èmai completamente terminata. Se riceviamouna sola volta il battesimo e la cresima, sa-cramenti per i quali le cose sono più facilida percepire poiché sono inseriti nel tempo,l’Eucaristia, invece, è il sacramento che nor-malmente viene più spesso reiterato. Essaporta l’iniziazione alla perfezione e, nel con-tempo, possiamo dire che rinnova la graziaricevuta nel cammino di iniziazione e chela inserisce all’interno della vita cristianaordinaria.Nella misura in cui l’Eucaristia è la fonte el’apice di tutta la vita cristiana, come riba-disce il Vaticano II (L.G. n° 11), possiamoritenere che se essa sia il termine dell’ini-ziazione sacramentale, ma è anche il luogoprivilegiato di qualsiasi rivitalizzazione dellafede e della grazia ricevuta da Dio. La vita cristiana è chiamata ad essere unacomunione sempre più intima con il misterodi Cristo morto e risorto. è proprio questol’apporto dell’Eucaristia, che consente ai sa-cramenti dell’iniziazione di raggiungere il lo-

ro completo sviluppo e di realizzare quantoscrive il Catechismo della Chiesa Cattolica:«fondano la vocazione comune di tutti idiscepoli di Cristo, vocazione alla santità ealla missione di evangelizzare il mondo»(n° 1533). Dopo queste osservazioni, rimane forsequalcosa da aggiungere circa l’ordine dei sa-cramenti dell’iniziazione? Certo è che nellalogica teologica, ed anche spirituale, si do-vrebbe poter accedere all’Eucaristia soltantodopo essere stati cresimati. Cambiare l’ordinedi questi sacramenti significa dedicare unaprecisa attenzione all’apporto speciale chel’Eucaristia può ricevere dalla cresima; si-gnifica quindi approfondire più seriamenteil posto dell’Eucaristia nella vita cristiana. La cresima data dopo l’Eucaristia conferisceun sapore diverso al sacramento dell’Euca-ristia che si trova orientato verso la pienezzaauspicata, dove Dio sarà uno in tutti.

ConClusione

Al giorno d’oggi, è difficile credere in Dio.A dire il vero, sembra che si possa dire lostesso della fiducia nell’altro ed anche dellafiducia in se stessi. L’atteggiamento naturaledel soggetto lo spinge a privilegiare un pro-fondo desiderio di libertà che implica indi-pendenza ed autarchia. Eppure, l’atto di cre-dere e di dare fiducia è fondamentale perl’essere umano. Ci sono molte ragioni che possono essereaddotte. I documenti preparatori al Sinodoenumerano una serie di scenari e l’Instru-mentum laboris tende ad indicare, a partiredalle risposte ricevute, che ognuno di questiscenari sia un ostacolo alla fede ma che, nelcontempo, visti da altre angolazioni, essiracchiudano degli spiragli da cogliere. Inol-tre, il documento mette in luce, in vari punti,

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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la stanchezza che ci affligge, poiché l’attodi fede è difficile, è esigente, e talvolta è an-che pericoloso. I giovani risentono sicura-mente, con più forza rispetto agli adulti, ladifficoltà di questo contesto, sebbene sianomeno in grado di analizzarlo. La dinamica della nuova evangelizzazioneconsiste, dopo aver intrapreso un discerni-mento della situazione per cercare di acco-gliere più profondamente Gesú Cristo, Parolaeterna del Padre, e di vivere di Lui, ad avereil coraggio di intraprendere, in modo diverso,l’annuncio del Vangelo. Mi sembra che molti, oggi, siano sensibili aciò che fa parte dell’esperienza che si puòfare, nella quale ci si trova accompagnatima in cui si rimane liberi. Riprendiamo quila pedagogia dell’iniziazione cristiana.Sant’Agostino, sulla scia di San Giovanni,non dice forse che dobbiamo essere prontiad imparare dal Maestro interiore?Questa esperienza deve condurre, poco apoco, a scoprire dall’interno la Parola di Dio,

iniziando da alcuni racconti di incontro conGesù e da alcuni salmi. Essa richiede ancheun apprendimento del silenzio interiore econsente di esercitarsi alla preghiera cristia-na. Sfocia, infine, nella scoperta della pre-senza delle Persone divine nell’anima delcredente. Naturalmente, essa richiede anchedi essere in grado di considerare l’oscuritàdella fede e i traguardi di crescita spiritualeda raggiungere.

In questo contesto, la liturgia e i sacramentioccupano un posto centrale affinché nonsiano relegati ad una esperienza individuale.Sarà comunque utile sviluppare realmentela dimensione mistagogica dei sacramenti.Poco a poco, la pedagogia della fede sfoceràsu una presentazione più completa, riferen-dosi, in particolare, al Youcat, adattamentoper i giovani del Catechismo della ChiesaCattolica. Queste righe intendono quindi abbozzare unprogetto che dovrà essere sviluppato.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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La prima Comunione come catechesi familiare: Schema

interattivo

2 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

congresso europeo per la catechesi 265

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

CATECHESI E CELEBRAZIONE

DELLA MESSA DI PRIMA COMUNIONEProf. Albert Biesinger, Istituto di Pedagogia religiosa presso la Facoltà di teologia

cattolica, Università di Tubinga

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congresso europeo per la catechesi266

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

Dibattito religioso in famiglia

3 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

Gruppi di bambini

4 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

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congresso europeo per la catechesi 267

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

Accompagnamento mistagogico alla celebrazione

eucaristica

5 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

Sia per i bambini che per gli adulti, la catechesi familiare

racchiude in sé una doppia ermeneutica

Riflessione sulla e pratica della propria fede, essendo

biograficamente adulti nella fase dell‘educazione (catechesi

degli adulti)

Capacità di comunicare la fede al bambino affidato ai sensi

della promessa di battesimo e della responsabilità di

genitore

(catechesi “dei genitori” come estensione delle competenze

educative religiose)

6 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

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congresso europeo per la catechesi268

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

Moduli tematici degli incontri con i genitori

• Il nostro cammino della Comunione – lasciarsi toccare da Dio

• Riscoprire il nostro rapporto

• I bambini e la morte

• Come festeggiare l‘Avvento e il Natale?

• Gesù Cristo – nozioni di base

• Perché riconciliarsi fa bene

• Dal digiuno alla festa: la Pasqua

• Transustanziazione e trasformazione della nostra vita

• Vedere Dio sotto una nuova luce – cammini futuri

• Noi organizziamo la Santa Messa

7 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

Esempi di come organizzare un incontro con i genitori

8 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

1. Saluti / Spiegazioni di carattere organizzativo

2. Introduzione alla tematica

Ci spieghiamo a vicenda dei simboli personali e impariamo qualcosa dei

Sacramenti come simboli cristiani

3. Parte centrale

Allarghiamo le nostre conoscenze apprendendo l’importanza della

celebrazione eucaristica e impariamo a conoscere le possibilità che noi

abbiamo di accedere all’eucarestia

4. Discutiamo dei prossimi passi

5. Finale: condividiamo il pane e il vino

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congresso europeo per la catechesi 269

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

L‘iniziazione come catechesi familiare

Familienkreise

Progetto Sternsinger

Lavoro dei chierichetti

Via Crucis delle famiglie

Santa Messa per le famiglie con cena con la comunità

In Elterngruppen

Giornate Sante e di Pasqua

Santa Messa per bambini

9 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

Tematiche e Contenuti

Was uns

wichtig ist

Viele Fragen –

unser Leben

gibt uns zu

denken

Mit Jesus

Gottes Spuren

suchen

In Brot und

Wein mit Gott

verbunden

Miteinander

Kirche sein

Miteinander

Leben

Einmalig und

unverwechsel-

bar

In Gottes Hand

geschrieben

Essen und

Trinken hält uns

am Leben

Gott loben und

danken

Tag für Tag Was ist, wenn

wir sterben?

Mit Jesus in

Kontakt

Jesus lädt alle

ein

Ein Tag wie

kein anderer

Gut und

gerecht

Wege zu Gott Reich Gottes –

Schatz für uns

Menschen

Tun, was Jesus

getan hat

Gemeinde –

miteinander

weitergehen

Wir streiten und

versöhnen uns

Beichte und

Versöhnung

(Raus aus der

Sackgasse)

Unsere Tür zu

Gott

Wandlung und

Verwandlung

unseres

Lebens

Katholisch

sein – in der

ganzen Welt

zuhause

10 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

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congresso europeo per la catechesi270

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

Elementi catecumenali – fasi

Primo annuncioI - Che cosa è importante per noiII - Molte domande – la nostra vita ci porta a riflettere

Catecumenato (catechesi eucaristica in senso stretto)III - Cercare delle tracce con Gesù CristoIV - Legati a Dio attraverso il pane e il vino

Mistagogia

11 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

V - Essere Chiesa insieme

Elementi catecumenali - dimensioni

Approccio biografico-familiare: la famiglia quale locus theologicusLa famiglia come sostegno, destinataria, luogo e punto di partenza concettuale

Comprensione “globale” della fede cristiana /competenze cognitive--emozionali-orientate all’azioneLe Sacre Scritture, il Credo, l’anno ecclesiastico, i Sacramenti, il Padre Nostro, il Decalogo

Progressiva esercitazione con le forme espressive della fede religiosaScuola di preghiera, feste liturgiche / Messe di avvicinamento organizzate dalle e con le famiglie, regolare celebrazione eucaristica la domenica

12 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

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congresso europeo per la catechesi 271

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

La prima Comunione come catechesi familiare• La catechesi familiare invita i genitori, ad affiancare il proprio figlio nel suo

rapporto con Dio.• La prima Comunione del proprio figlio è per molti genitori un invito a confrontarsi

maggiormente con la propria fede.• Comunicare la fede in famiglia rende la vita quotidiana un luogo spirituale

dell‘incontro con Dio.• I genitori diventano sostenitori del processo catechetico.• La catechesi familiare, che si rivolge a tutti i genitori dei bambini che fanno la

prima Comunione, costruisce importanti ponti con le diverse situazioni della vita, soprattutto per gli inviti che Gesù rivolge a tutti.

• La catechesi familiare non è elitaria. Tutti i genitori e bambini vanno incoraggiati e accompagnati. La catechesi familiare si fonda sul messaggio morale dei Vangeli: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (cfr. Marco 1, 15).

13 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

La prima Comunione come catechesi familiare• La catechesi familiare crea e richiede un’atmosfera familiare nella comunità. • La catechesi familiare non si aspetta la partecipazione di tutti i genitori, ma

l‘invito deve essere rivolto a tutti i genitori e la comunità deve impegnarsi a sostenere e motivare i genitori in maniera differenziata.

• Il processo d’insegnamento e di apprendimento nel comunicare la fede in famiglia, rende i genitori più esigenti con le proprie richieste a Dio, con i propri problemi di fede e li rende anche più sensibili alla propria pratica religiosa. La catechesi non significa solo impartire delle nozioni.

• Integrare i giovani come capigruppo, da a molti bambini l‘opportunità che il gruppo della prima Comunione non si sciolga subito dopo la cerimonia Laprima Comunione come iniziazione alla comunità eucaristica della comunitàreligiosa anche dopo il giorno della prima Comunione; una vera esperienza comune.

• La vera sfida è accompagnare i numerosi moltiplicatori, che sono disposti a collaborare e che pongono, ovviamente, importanti quesiti (“Come spiego ai genitori cosa sia la transustanziazione”).

14 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Dr. Jörn Hauf, Tubinga

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congresso europeo per la catechesi272

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

Grande manifestazione catechetica con il Vescovo

• Sondaggio nazionale in Germania fra 1.134 bambini e bambine fra gli 8

e i 9 anni e fra 1.109 genitori di 81 comuni rappresentativi di tutto il

territorio nazionale tedesco

• Inchieste: Prima della catechesi per la prima Comunione, subito dopo la

prima Comunione e un anno dopo la prima Comunione

16 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Simone Hiller, Tubinga

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congresso europeo per la catechesi 273

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

Risultati provvisori

• Con la catechesi della prima Comunione aumenta la pratica religiosa (preghiere personali, andare a messa la domenica).

• Quasi il 90 % degli intervistati giudica la catechesi buona o molto buona• Il 58 % degli oltre 1.000 genitori intervistati era dell‘avviso che con la

prima Comunione, la religione ha assunto maggior importanza in famiglia; solo per il 3% questa tematica ha perso d‘importanza.

• Quanto più i genitori sono stati coinvolti nella preparazione, tanto più i bambini hanno acquisito competenze religiose e gli stessi genitori sono stati più disponibili ad affrontare quesiti religiosi.

17 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Simone Hiller, Tubinga

La prima Comunione come catechesi familiare

• “In generale, è emerso, che la scelta dei materiali per la catechesi per la prima Comunione contribuisce a cambiare la sensibilità religiosa dei bambini. […] Quando i genitori dei bambini della prima Comunione hanno ricevuto il libro di Biesinger e altri, i bambini hanno sviluppato una maggior fiducia nella Chiesa, contribuendo così, in altri casi, a un aumento del capitale sociale religioso.”(Prof. Dieter Hermann, Università di Heidelberg)

18 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Simone Hiller, Tubinga

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congresso europeo per la catechesi274

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

Dal Perù passando per la Germania all’Italia e alla Cina

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19 | Prof. Dr. Albert Biesinger, Tubinga

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Molte grazie

per la Vostra attenzione!

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introduCtion

Il m’a été demandé de présenter un exemplepratique de la pastorale de la confirmationet je veux me garder à cela. N’attendez doncpas un discours très théologique, mais plutôtpastorale. Je vous présenterai la situationconcrète belge et même flamande (la situationen Belgique francophone diffère déjà), et jevous présenterai la proposition que nousavons développée dans notre situation. Avous de voir ce que vous pouvez faire avecéventuellement dans vos contextes différents.Je vous présente une brochure que nousavons fait avec la Commission Interdiocé-saine de Catéchèse en Belgique pour les dio-cèses flamands, pour renouveler non pasl’administration de ce sacrement (questionsde ministre, âge, ordre des sacrements...),mais pour renouveler la catéchèse autour dela confirmation.Je vous présente les grandes lignes de cettebrochure (qui est écrite hélas en du bon fla-mand), et puis je passe vers un schéma quevous trouvez en français et anglais (2x tra-ductions provisoires!) dans vos fardes et quis’intitule: ‘Le premier manuel, c’est la com-munauté’. Par cela nous comprenons: d’unecatéchèse par un ‘manuel’ avec des ‘cours’qui est la prolongation du catéchisme em-ployé au passé, nous voulons évoluer versune catéchèse comme initiation et proposi-tion de la foi à l’occasion de la demande dusacrement de la confirmation.J’ai devant mes yeux des enfants/jeunesd’environs 12 ans, mais cet age peut différer,cela ne change pas le principe.

1. d’où nous venons

– Nous venons d’une catéchèse ou un – plussouvent une – catéchiste guide un petitgroupe d’enfants, souvent autour de la ta-ble de cuisine à la maison chez le ou lacatéchiste, le mercredi après-midi ou le sa-medi avant-midi (quand il n’y a pas decours en Belgique). Ce catéchiste a peu deformation et, se retrouvant seul, il ou elles’accroche à une méthode pédagogique –le dit manuel – qui contient des ‘cours’pour chaque réunion avec ses 8 ou 10 en-fants confirmands. Cette façon d’agir pou-vait fonctionner quand les enfants vivaientréellement la foi en paroisse, mais la mé-thode se retrouve en difficultés au momentoù les enfants n’ont plus une foi et uneexpérience d’église vécue, de laquelle onpeut donc parler autour de la table de cui-sine, et laquelle on peut approfondir avecun catéchisme ou manuel, mais une viede foi à laquelle on ne peut pas initier parmanuel. Plus spécifiquement: on parlethéoriquement de quelque chose dont laréalité reste absente pour les enfants. Auconcret: on suit une annonce de la foi (dumanuel) qui n’est pas liée à la vie de lacommunauté paroissiale, on ne rencontrepas cette communauté, ni son engagementdiaconal, ni sa vie liturgique (souvent, s’ily a des moments liturgiques pour lesconfirmands, on les fait séparément deceux de la communauté paroissiale et on‘adapte’ tout). Donc en synthèse: mêmesi la qualité de cette catéchèse était excel-lente, toujours resterait-il que les enfants

congresso europeo per la catechesi 275

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

CATECHESI E CELEBRAZIONE

DELLA MESSA DELLA CONFERMAZIONEProf. Stijn van den Bossche, Direttore Ufficio Catechistico Nazionale, Belgio

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congresso europeo per la catechesi276

n’ont pas rencontré la communauté pa-roissiale, et vice versa.

– Un problème secondaire mais pas moinsimportant: nous ne trouvons plus les ca-téchistes qui peuvent et veulent faire cela:des catéchistes suffisamment formés, maissurtout suffisamment impliqués dans lavie de l’Eglise, qui vivent de la foi eux-mêmes et peuvent donc en témoigner. End’autres termes des catéchistes initiés.

2. redéCouvrir la Confirmation Comme saCrementd’initiation et dans l’unité des trois saCrements

– La transition à mener dans la pastorale dela confirmation peut se dire comme la re-découverte que la confirmation est un sa-crement d’initiation, et non un sacrementqui conclue une éducation prolongée dansla foi. La confirmation effectue un donspécifique de l’Esprit saint qui complète ledon du baptême et prépare à participerpleinement à l’eucharistie. Le défi est alorsde faire jouer ce sacrement et la catéchèseentourant, leur rôle dans le processus d’ini-tiation. Même, souvent la demande du sa-crement de la confirmation fournira la pos-sibilité pour une première annonce de lafoi et signifiera un premier contact avecl’église pour les confirmands après leurpremière communion – disent les évêquesBelges dans leur déclaration ‘Grandir dansla foi’1.

– Je saute l’argumentation théologique de laconfirmation comme un pas sacramentel

dans l’unité fondamentale de l’initiationchrétienne. Or, le liturgiste belge Paul DeClerck exprime bien, dans une contributionsur la confirmation, le défi pastoral quisort de l’unité des trois sacrements de l’ini-tiation que vient achever l’eucharistie:

«Il convient de chercher la solution théo-logique aux problèmes posés par la pas-torale de la confirmation en la situant à saplace au sein des sacrements de l’initiationchrétienne. Car celle-ci comporte trois sa-crements; parmi eux, deux sont irréitéra-bles, le troisième est célébré normalementau moins chaque dimanche. N’est-il pasétonnant de vouloir assurer la persévé-rance des jeunes chrétiens en concentrantles efforts sur un sacrement qui ne se ré-pète pas, et donc sur une fête d’un jour?Ne serait-il pas plus performant de fonderla continuité de la vie chrétienne sur l’Eu-charistie? Elle est non seulement le troi-sième sacrement de l’Initiation chrétienne,celui sur lequel elle débouche, mais surtoutelle se répète et est donc susceptible demieux accompagner les jeunes dans la du-rée, de leur faire prendre une place dansla communauté chrétienne, d’assurer leurcontinuité et leur progression, elle qui estdestinée à fournir aux chrétiens la nourri-ture dont ils ont besoin pour vivre et croî-tre, et qui lance tous les dimanches auxchrétiens l’invitation à se rassembler pourrefaire leurs forces, communautaires et spi-rituelles? Cette considération de théologiesacramentaire serait sans doute aisémentcorroborée par la pédagogie2».

En d’autres termes Paul De Clerck fait unappel à l’initiation dans l’église qui se consti-tue dans et à partir de sa source et son som-met: l’eucharistie dominicale.

1 Voir Grandir dans la foi. Note de travail à propos de la déclaration Devenir adulte dans la foi (Déclarationsdes évêques de Belgique, Nouvelle série n° 36), n° 6.2 P. DE CLERCK, La Confirmation unique et l’eucharistie fréquente. En quel panier mettre ses oeufs?, in LumenVitae 65 (2010/1), 27-34, ici p. 32-33.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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congresso europeo per la catechesi 277

3. orienter la CatéChÈse de Confirmation Comme initiation par la Communauté

– Si on dit initiation, on dit en fait automa-tiquement: initiation par la communauté.Car l’initiation, c’est faire connaissance avecla foi en église. Dans notre brochure nousfaisons la comparaison avec l’initiation enbadminton. On n’apprend pas à jouer lebadminton à travers des cours sur le bad-minton autour de la table de cuisine, avecun manuel sur le badminton. Une initiationau badminton est une invitation gratuiteau club, pour y prendre en main une ra-quette et rejoindre les autres qui jouent.Cela ne veut pas dire que les cours mêmesthéoriques n’ont pas d’importance: ils amé-lioreront le jeu. Mais la première initiation,c’est faire connaissance du jeu même. Il enest pareil pour l’initiation à la foi.

– Cela veut dire que la première catéchèse,c’est la communauté ecclésiale elle-même,comme le répète d’ailleurs à maints en-droits le directoire général de la catéchèse.Aussi les évêques français parlent du ‘bainecclésial’ dans lequel la catéchèse a besoind’être plongée ou ‘baptisée’ à notreépoque. Et je cite encore les évêquesbelges: «On ne devient pas disciple en ac-cueillant une simple doctrine. On devientdisciple de Jésus en s’agrégeant à sa com-munauté de vie, communauté nouvelle etdifférente, qui partage sa vie3».

– Et ajoutons encore que les deux endroitsprivilégiés d’initiation par participation sontla liturgie et la diaconie. Car là nous faisonset vivons, en célébrant et en servant nosproches, ce de quoi nous parlons ailleurs.

4. le rôle des ‘CatéChistes-aCCompaGnateurs’et ‘CatéChistes-maîtrede la foi’

Dans cette perspective d’initiation par lacommunauté, les catéchistes soutiennent lacommunauté chrétienne qui accueille lesconfirmands, et non l’envers. Et nous dis-tinguons deux catégories de catéchistes dansnotre brochure.– La plupart seront des catéchistes accom-

pagnateurs qui accompagneront de façonhospitalière les confirmands durant leurcheminement avec la paroisse. Ce genrede catéchiste, on le trouve plus facilementque celui qui doit être capable d’enseigner.On peut même inviter des parents deconfirmands à un tel accompagnement decatéchiste, qui jouiront de cette façond’une initiation pour eux-mêmes en ac-compagnant les enfants.

– L’autre genre de catéchistes restent les‘maitres de la foi’ de différentes façons.Au concret: disons que les enfants se re-trouvent un dimanche une demi-heureavant l’eucharistie, et on veut leur appren-dre un chant et déjà les orienter un peudans les lectures de ce dimanche. Beau-coup de catéchistes accompagnateurs nese sentiront pas capable de cela. Mais nouspouvons toujours trouver quelqu’un enparoisse qui peut faire cela une fois, sansqu’il soit catéchiste de façon durable. Auxcatéchistes-accompagnateurs par contred’être avec les confirmands, de leur servirun verre de jus de fruits, de parler aveceux et partager, etc. Pour cette tâche d’ac-compagner, nous trouvons plus facilement

3 Devenir adulte dans la foi. La catéchèse dans la vie de l’Eglise, Déclarations des évêques de Belgique Nouvellesérie n° 34, Licap, 2006, ici n° 14. Le texte entier est disponible sur http://www.catho-bruxelles.be/IMG/pdf/De-venir_adulte_dans_la_foi.pdf

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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p.e. des parents eux-mêmes peu initiés,mais qui veulent rendre ce service dansl’année de la confirmation de leur enfant.Et ils en profiteront aussi pour eux-mêmes !

5. l’initiation Comme faire ConnaissanCe aveC la vie de l’eGlise: le premier manuel, C’est la Communauté!

Au concret maintenant d’une pastorale ca-téchétique de la confirmation

Nous offrons un calendrier de participer à lavie de l’église. Dans vos fardes vous le trou-vez. Il s’agit d’une grille, que nous remplis-sons pour exemple, mais que la paroissedoit aussi remplir elle-même. La grille veutélaborer en un projet notre double convic-tion: la confirmation est une occasion pourl’initiation - et celle-ci se fait par le faireconnaissance avec la vie de la communautéecclésiale.En vertical il y a les mois d’une année pas-torale/scolaire, avec y intégrées les fêtes ettemps forts de l’année liturgique.En horizontal il y a les diverses dimensionsde la vie de la paroisse: annoncer, célébrer,vivre la communion, servir. A gauche aussiune colonne pour les initiatives diocésaines.J’ai indiqué dans la grille 4 catéchèses spé-cifiques (eucharistie, baptême, confirmation,catéchèse mystagogique) intégrées dansl’année liturgique, ainsi que 8 moments li-turgiques catéchuménaux qui peuvent êtreintégrés dans le cheminement vers la confir-mation.

Nous pouvons maintenant remplir la grille,mois par mois. Elle s’explique largementelle-même.(nous passons à la grille)

Encore quelques remarques:– Souvent des paroisse devront coopérer

pour être capables de recevoir vraimentles confirmands. Un point capital est queles jeunes confirmands ont besoin de ren-contrer d’autres jeunes dans l’église. Celavaut un déplacement de paroisse!

– La première fois ce mode de procéder de-mande plus de travail. Après, il apparaitune simplification du travail. Car on laisseparticiper les confirmands à ce qu’on faiten communauté, au lieu de tout organiserséparément pour eux.

– Le dimanche est le bat de cœur et le di-manche avant-midi apparait être le mo-ment le plus vide de toute la semaine pourles enfants. Il n’y a donc aucune raisonde ne pas combiner catéchèse et partici-pation à la célébration du dimanche. Leplus important est un changement de men-talité de ‘cours’ à participation. Ainsi, par-ticiper à l’eucharistie paroissiale et impli-quer les confirmands là-dedans est beau-coup plus important que des explicationsavant ou après la messe.

– Dans l’organisation des activités nous fai-sons des suggestions pour diviser desgrands nombres en plusieurs groupes: enusant plusieurs endroits, en distinguantentre activités obligées et activités pourvolontaires, en laissant le choix du mo-ment par exemple pour une activité dia-conale: certains confirmands seront absentdurant les vacances de Noel, d’autres àPâques, etc.

– Il s’agit d’être initié, non pas de s’initiersoi-même. On subit un rite d’initiation eton ne se le donne jamais soi-même. Celuiqui va être initié joue donc un rôle plutôtpassif, car du plus grand que lui, du trans-cendant va arriver sur lui. Pour cela il estimportant que les confirmands soient tou-jours vraiment reçus par la communauté

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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congresso europeo per la catechesi 279

dans ce qu’ils vivent. Ce n’est pas à euxd’organiser la diaconie ni surtout la litur-gie. Ils ne portent pas la célébration, onles laisse participer à la célébration de lacommunauté régulière – même si on peutchoisir par exemple un chant plus en fonc-tion des confirmands. La ‘actuosa partici-patio’ principe de toute la constituton surla liturgie de Vatican II signifie qu’il n’y apas de spectateurs qui restent hors la cé-lébration: ni les confirmands, ni leurs pa-rents, ni la communauté. Mais elle ne si-

gnifie pas que tout le monde doit fairequelque chose de spécial...

Voici un schéma que nous avons développépour essayer de rencontrer les maints confir-mands et leurs familles, qui demandent lesacrement de confirmation, mais sans beau-coup de liens avec l’Eglise et ce qu’elle com-prend par les sacrements d’initiation. Nousn’attendons pas des miracles, mais espéronsles inviter à la foi et leur proposer la foi decette façon. Je vous remercie de votre atten-tion.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

Le premier manuel, c’est la communauté ! Un calendrier de faire connaissance avec l’Eglise durant une année scolaire

Année liturgique Initiatives au plan diocésain

Célébrer

Moments liturgiques catechuménales (8)

Annoncer

Catéchèses sur l’initiation (4)

Communauté Servir

réunions mensuelles, liées à la célébration dominicale (samedi soir ou dimanche), parfois incluant une rencontre informelle (petit-déjeuner,réception ...).

Ce qui se fait auparavant et activités récurrentes

Envisager les initiatives existantes et considérer comment y adhérer avec les confirmands. Il ne s’ agit donc pas seulement d’initiatives du diocèse pour les confirmands.

Les célébrationsénumérés ci-dessous sont à rejoindre lors des mois indiqués.

Considérer lesinitiatives, voir les instituts (maison de repos, hôpital ...) etorganisations présentesdans la paroisse /fédération avec lesquelles l'on peut seconnecter.Si possible s’engager pour des activités récurrentes.

Septembre Célébration en paroisseà l’ occasion du début de l’année, avec attention liturgique pour les confirmands

Faisant partie de l’ accueil: une catéchèse brêve pour enfants et parents

Promenade-catechèse sur l’eucharistie, par l'intermédiaire d’unevisite guidée de l’église

Accueil et enregistrement desparents concernés (adresses e-mail desparents !)Premier rassemblement au début: acceuil par la communauté écclésiale des confirmands et de leurs parents. Accueil de préférence avec convivialité.

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

Mise en marche de l’ ‘internetcommunity’,échange d’ adresses e-mail, tout en veillant de prêter attention à ceux ou celles qui ne sont pas online

OctobreMois de la mission

Missio au plan diocésain

Assister à la célébration de l’eucharistie du dimanche

- Missio au plan local?

- En union avec l’Église universelle

- Diocèses frères ailleurs (jumelés)

Novembre Célébration de la Toussaint

Visite au cimetière (la communion des saints)

Avent

Décembre

- Premier dimanche de l’avent: mise en rapport avec la célébration -de l’appel décisif - tradition de l’ Évangile

- Catéchèse sur l’avent

- Rencontre faisant suite à l’action caritative

- Activité diaconale, suite à l’action paroissiale caritative dans le cadre de l’avent - Témoignages de paroissiens engagés au plan social.

Noël Célébration de la NoëlTemps de Noël

Janvier

Epiphanie du Seigneur(Fête des Rois Mages)

Vivre un baptême (en groupe) ou baptême lors de la célébration du dimanche

Catéchèse sur le baptême, y compris le rôle des parrains et marraines

Action bénévole (chanter Rois mages)

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Février

Fête de la présentation du Seigneur au temple

carnaval

Mercredi des cendres

Eucharistie dominicale

Célébration de l’entrée en Carême ‘Convertis-toi, et crois en l'Évangile’ Catéchèse sur le

carème comme temps catéchuménal

- Festin de crêpes pour les frères et soeurs, voir les parents, organisé par les confirmands, ouvice-versa!

Masquerade,Mardi gras …

MarsCarême

En voie d’une préparation intensifiée: - Célébration de la

remise de la croix au premier dimanche du carême

- tradition du Symbolede la Foi

- tradition du Notre-Père

- Célébration du sacrement de réconciliation, de préférence avec l’ assemblée chrétienne

Activité diaconale, par exemple en colaboration avec la campagne paroissiale pour partage et solidaritéRepas de solidarité

Semaine Sainte Triduüm pascal

Branche de palmier offerte aux personnes du troisième âge

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Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

PâquesAvril

Veillée pascale (renouvellement de la profession de la foi)

Temps pascale

Catéchèse sur l’Èsprit Saint et la confirmation

Mai

Fête de l'Ascension du Seigneur et Pentecôte

Engagement dans la première communion des enfants de la paroisse

Célébration de la confirmation

Messe de reconnaissance

Vivre selon son baptême et sa confirmation (catéchèsemystagogique)

Participation aux rendez-vous des groupes de jeunes chrétiens (caté 13+, chœur, acolytes, …). Introduction : mieux vaut ne pas attendre le mois de septembre!

Juin Se rencontrer entreanimateurs de catéchèse afin de préparer les rendez-vous de l’année à venir, réunion (fête) de remerciement pour l’équipe de catéchèse

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„Ich habe dich unter dem Feigenbaumgesehen” (Jn 1,48) möglichkeiten und Chancen der kate-chese katechumenischer art im hori-zont des liturgischen Jahres der byzan-tinischen kirche (Katechetische und seelsorgerische Erfa-hrungen)

Meine Damen und Herren! Sehr geehrteKonferenzteilnehmer! Liebe Brüder undSchwester in unserem Herrn Christus! Mein Vortrag wird – der Aufforderung ent-sprechend – kurz gefasst und praktisch ge-prägt. Ich bin als Pfarrer in einer kleinen Kirchen-gemeinde menschennahen Maßstabes tätig,in der ich die Freude der Sachen erfahrenkann, über die ich Ihnen hier und jetzt be-richten möchte. Selbstverständlich assistiereich auch in den Institutionen vom Unter-richtswesen meines Stadtteiles, in denen ichgrößtenteils mit Kindern arbeite, die keinenchristlichen familiären Hintergrund besitzenund bisher fast keine kirchliche Erlebnisseerfahren haben. Doch vielleicht aus diesemGrund, weil ich die Schwierigkeiten des Re-ligionsunterrichtes tagtäglich bekämpfe,kann ich den Höhepunkt des Lebens derKirchengemeinde, das heißt das Wunder dereucharistischen Gemeinschaft im Milieu derKirche besonders bewerten, und zwar nichtnur aus ekklesiologischem, sondern auch

aus katechetischem Grund. Stundenlangkönnte ich Ihnen über das überwältigendeErlebnis dieses Wunders sprechen. Abermeine momentane kurze zwanzig Minutenmöchte ich so gestalten, damit wir in ersterLinie die katechumenischen und mystago-gischen Aspekte der wichtigsten Momenteunseres liturgischen Jahres, bzw. ihre prak-tische Möglichkeiten betrachten können –wobei ich Sie auch um Entschuldigung fürdie eventuellen Mangelhaftigkeiten undOberflächlichkeit bitten muss.

1. Das liturgische Jahr der byzantinischenKirche beginnt am 1. September. Aus Sichteines Katecheten stellt dies eine glücklicheSituation dar, da der Termin mit dem Anfangdes Schulunterrichts zusammenfällt. UnsereBibelstelle für den Jahresanfang spricht über den Auftritt vonJesus in Nazareth wie folgt: „Der Geist desHerrn ruht auf mir; denn der Herr hat michgesalbt. Er hat mich gesandt, damit ich denArmen eine gute Nachricht bringe.” Ein aufregendes Thema beim Gespräch mitden Kindern kann auch der ThemenkreisGeld, sowie Armut und Reichtum sein – aberaus katechumenischer Sicht ist es zweck-mäßig, eher die Interpretation des Zitatesnach Origenes in den Vordergrund zu stellen.Nach Auffassung des bedeutenden Theolo-gen der altchristlichen Zeit stellt der BegriffArmen nicht nur eine pure soziale Kategorie

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

POSSIBILITÀ E OPPORTUNITÀ

DELLA CATECHESI CATECUMENALE

SULL’ORIZZONTE DELL’ANNO LITURGICO

DELLA CHIESA BIZANTINAProf. László Obbágy, Professore di catechetica presso l’Istituto teologico San Attanasio,

Nyíregyháza, Ungheria

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dar; sie sind nicht nur „die Armen Gottes”und die gehorsame Gruppe offenen Herzensvon „Jahve anavim”. Nach dieser Auffas-sung stellen die Armen alle Menschen dar,die Christus noch nicht kennen; den Christusalso, der den vollkommenen Reichtum un-seres Lebens bedeutet. Die Veranlassung fürden Jahresanfang lautet also: Wir solltenChristus, der unseretwegen arm wurde, umuns durch seine Armut reich zu machen(vgl. 2Kor 8,9), immer tiefer und voll-ständiger kennenlernen, und ihn ande-ren menschen bekannt machen.

2. Aus den Kirchenfesten im Herbst möchteich drei Festtage hervorheben: Das Ereignisder Kreuzerhöhung, die Feier der erstenKonzilen, und das Fest der Einführung derheiligen Gottesmutter in den Tempel. 2.1. Das Ereignis der kreuzerhöhung (14.September) ist aus dem Grunde wichtig, weiles die Aufmerksamkeit bereits am Jahresan-fang auf den Kernpunkt lenken kann. War-um stellt eben das Kreuz unser gemeinsamesZeichen, das grundsätzliche Symbol derchristlichen Menschen dar? Im Mysterium des Kreuzes ist für uns einer-seits das Ereignis von Karfreitag und desOstern beieinander gegenwärtig: „Vor dei-nem Kreuz fallen wir nieder unser Herr,und deine heilige Auferstehung preisenwir.” Andererseits ist in diesem Geheimnisder skandal des menschlichen leidensversteckt, das bereits auch im Leben derKinder gegenwärtig ist, aber auch sein sinn,der sich im Glauben verschwiegen aber si-cher offenbart. Durch das Leben wandert der Menschdurchaus nicht wie Schritt für Schritt, son-

dern wird er vielmehr von Kreuz zu Kreuzgehoben. Alle Altersklassen haben ihre auf„Maß geschnittenen“ Kreuze, und es ist Jahrfür Jahr eine ernste Herausforderung, mit allen Kindergruppendas Geheimnis, die Kraft und den Sinn desKreuzes auf dem Niveau ihrer Reife durch-zusprechen. Im zentralen Punkt steht das verschwiegeneMysterium des Kreuzes von Christus. Dakönnen wir nur noch sagen, dass Gott dasLeid des Menschen in Jesus nicht erklärt,sondern übernommen hat. Auf die Proble-matik des Leidens antwortet unser Gott der-art, dass er daran teilnimmt. Obwohl wirden Sinn unserer Kreuze öfters nicht verste-hen, tragen wir sie in unserem Glauben alsSplitter des Kreuzes von Christus1. 2.2. An einem der Sonntage in Oktober ge-denkt unsere Kirche an die Väter der erstensieben konzilen. Die Feier dieser erstensieben Konzilen bietet die Möglichkeit fürdie uns Anvertrauten, das Geheimnis derKirche kennenzulernen und zu verstehen.Die Zielsetzung der Katechese ist nicht nurdie Beibringung der religiösen Kenntnisseoder die Lenkung der Persönlichkeit in einegute Richtung; das richtige ziel ist dieeinführung in das leben der kirche. Da-für müssen wir diejenigen Gelegenheiten er-greifen, die die Vertiefung des Mysteriumsder Kirche fördern. Oftmals höre ich den der Jugend gerichtetenAufruf: „Junge Leute! Ihr seid die Zukunftund Hoffnung der Kirche!” Dieser Anspornist aus seelsorgerischer Sicht zwar verständ-lich, stellt aber offensichtlich nur einen Teilder Wahrheit dar. Da kehre ich diese An-sprache lieber um: „Junge Leute! Eure Zu-

1 Für die Vertiefung des Mysteriums des Kreuzes ist der Zeitraum der Fastenzeit und dann der Karwoche offen-sichtlich noch besser geeignet. Das Fest der Kreuzerhöhung kann uns aber bereits in der Periode des Jahresanfangeszur Aneignung einer Betrachtungsweise verhelfen, die den Kernpunkt über der konkreten Geschichte hinausbetrachtet, aus dem Glauben herrührt, und das Leben aus Sicht des Glaubens anschaut.

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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kunft und Hoffnung ist in der Kirche zu fin-den!” Ich bin wirklich folgender Meinung:Inmitten „der Diktatur des Relativismus”kann die Kirche die Hoffnung, die Zukunft,die zum Durchleben lohnenden Wertord-nung aufbewahren. Aber nicht nur aus diesem Grunde solltenwir das wahre Mysterium der Kirche in denjungen Altersklassen – und inzwischen im-mer wieder auch in uns selbst vertiefen. DasGeschenk des neuen Lebens in Christus kön-nen wir nur in dem Falle besitzen, wenndas zusammengehören von Christusund der kirche eine evidenz in unseremLeben darstellt. Ich bin der Auffassung, dassdieser Aspekt über die Teilkonzeptionen derUnterrichts‐und Erziehungsziele hinausgeht;dies stellt so ein grundsätzliches Leitprinzipdar, das eine substanzielle Komponente,bzw. ein determinatives mystagogischesMoment sein kann2.Indes werden wir offensichtlich auch mitden menschlichen schwächen der Kirchekonfrontiert. Ihre Annahme wirft aberSchwierigkeiten nicht nur in der Katecheseder Kinder und der jungen Leuten auf; wiralle kämpfen damit. Das Bild, das uns dieVäter der urchristlichen Zeit unserer Auf-merksamkeit empfehlen, kann dabei einweiter helfendes Moment sein: die Kircheist so, wie der Mond, der nicht durch seineigenes Licht leuchtet, sondern er übermitteltuns das Licht der Sonne. Darin können auchKrater und Flecke des Mondes und auch ge-wisse Mondfinsternisse stecken – nur dasnicht, wenn er als Sonne aufscheinen möch-te. Auch die Kirche selbst benötigt täglich

die Barmherzigkeit Gottes – aber eben ausdiesem Grund wird sie nie die „Ansammlungder Eliten” sein. Sie bleibt deshalb das wan-dernde Volk Gottes, das glaubhafte Erfah-rung über seine Barmherzigkeit und Liebebesitzt, und Zeugnis mit glaubhaften Wortenablegt. 2.3. Bei der Feier einführung der heiligenmutter Gottes in den tempel (am 21.November) richten wir unsere Aufmerksam-keit zunächst auf die Tatsache, dass Joachimund Anna, die Eltern von Maria, die drei-jährige Tochter in den Tempel von Jerusalemtragen; ab diesem Moment wird das Kindim Heiligtum des Tempels erzogen. DiesesKirchenfest bildet eine ausgezeichnete Mög-lichkeit für ein Treffen mit den Eltern derKinder des Religionsunterrichtes, die wir da-bei durchs Durchdenken dieses Ereignisseszur religiösen Erziehung und auch zum Ver-stehen der Wichtigkeit des liturgischen Le-bens anregen können. Das Kind, das imHeiligtum der Kirche erzogen wird (das sosich das Milieu der Kirche und der Liturgieseit der frühen Kindheit aneignet), erlerntnicht nur etwas, sondern wächst vielmehrin die Realität des neuen Lebens in Christusund in die Kirche hinein. Damit wir aber unsere Aufmerksamkeit ge-legentlich des Festes nicht nur auf das goldigfüßelnde Kleinkind richten, stellen die litur-gischen Texte der Feier dieses Ereignis auchan dem Tage in die Weite der heilsge-schichte ein. Die heilige Jungfrau steht be-reits auch in diesem Ereignis so vor uns, so-dass durch sie alles auf Christus andeutet.Maria „wird im Obdach des Herrn erzogen,

2 Im Zeichen derselben Gedanken feiern wir später auch den Feiertag der Hauptapostel von Peter und Paul (am29. Juni), vor dem die byzantinische Kirche auch eine Vorbereitung mit Fasten abhält. Dabei richten wir dieAufmerksamkeit nicht nur auf die beiden Personen, sondern wird das Mysterium der einen, heiligen, katholischenund apostolischen Kirche vertieft. Das Christentum ist das Geschenk des neuen Lebens in Christus – das neueLeben ist aber die Kirche selbst.

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damit auch sie selbst zum würdigen Ob-dach des Herrn wird.” Sie ist der himmlischePalast; in Ihr „bereitet unser Gott das Ehe-gemach vor, in dem er in den Bund mitdem Menschen eingeht.” über die heilsgeschichtliche Aussage der Li-turgie hinaus „fragt” die Ikone der Feier auchnach unserem persönlichen spirituellenleben. An der Ikone der Einführung derheiligen Jungfrau stehen die drei Teile derKirche vor uns, die die Ikonenkommentato-ren als die drei Stufen des spirituellen Lebensinterpretieren: Diese sind die Stufen der pu-rifikation reinigung, der erleuchtungund die der vereinigung mit Gott. Diesedrei einander voraussetzende und ergänzen-de Momente stellen den zu Gott führendenWeg des Menschen vor, der sich zu Ihmwendet3. – Zacharias empfängt das Kind aufder unteren Stufe stehend. Dann gehen sieauf den Stufen nach oben, und auf dem Gip-fel ist wieder Maria zu sehen: Ein Engel nä-hert sich zu ihr, um ihr zu dienen. Das istder Anfang des Weges zur Vereinigung, des-sen Ziel das Theosis, die Vergöttlichung ist4.– Dieses Bild stellt also die mystische ikoneder stufen des spirituellen lebens dar.Es lenkt unsere Aufmerksamkeit auf die Tat-sache, dass es nicht ausreichend ist, bloßdie Lehre der Kirche zu erlernen, sondernwir sollten uns auch auf den Weg des spiri-tuellen Lebens machen. Wir alle leben eineindividuelle Variante des Hohelieds. Die Iko-ne der Feier fragt nach der Tiefe unseres Her-zens: Wie sieht unser Ehegemach aus?

über die Einfachheit des Ereignisses hinausdeutend gibt uns diese bescheidene Feier ei-ne stufenweise und kontinuierliche Mög-lichkeit für die Entdeckung und auch fürWeitergabe des mystagogischen Kateches-einhaltes.

3. Im Laufe des Zeitraums vor Weihnachtenwidmet unsere Kirche auch zwei Sonntagepersonen im alten testament. Die Kapitelaus der Heiligen Schrift der beiden Tage undauch die darauf aufgebauten liturgischenTexte bieten eine ausgezeichnete Möglich-keit für den Katecheten. Und zwar in ersterLinie dafür, dass er – wie das auch in derUrkirche der Fall war – Christus „von demSchriftwort ausgehend verkünden“ kann(vgl. Apostelgeschichte 8,35). Andererseitshat er so auch die Möglichkeit – nicht mo-ralisierend, aber im Geist „das Gesetz hältuns in Zucht für Christus“ – die Geschichtendes Alten Testaments zu aktualisieren (vgl.Gal 3,24). 3.1. Da möchte ich das Thema der jungenmänner von babylon erwähnen und her-vorheben, das die Aufmerksamkeit der El-tern auf die Wichtigkeit der Erziehung imGlaube richtet, die ihr Leben auf festenGrund baut, sowie auf den Synchron desGlaubens und der Lebensgestaltung der Kin-der und Runkser, und auf die wirkliche Um-setzung der aus dem Glauben herrührendenWertordnung5.Daniel und seine Freunde, die als jungeMänner von Babylon bekannt sind, werden

3 Diese drei Abschnitte des spirituellen Lebens – die einander nicht nur folgen und voraussetzen, aber auch ge-genseitig durchdringen – zeigen uns auch eine dreieinigkeitsartige Struktur: Sie bergt den Ruf des Vaters, dieBefolgung des Sohnes, und dann die Stufen des aus dem Heiligen Geist sprudelnden Lebens in sich. 4 „Jesus Christus ist durch seine überschwängliche Liebe zu dem geworden, die wir selbst sind, um uns zu demmachen zu können, was Er selbst ist” – sagt der Heilige Ireneus. Bezüglich der Apotheose fasst es der HeiligeAthanasios noch kühner ab: „Gott ist zum Menschen geworden, damit der Mensch zum Gott wird.”5 Da ich Ihnen in diesem kurzen Vortrag in erster Linie die praktischen Momente vorzeigen möchte, habe ichnicht die Möglichkeit, in alle wesentliche Details einzugehen. Da kann ich nur z.B. auf das sehr ausdrucksvolleMoment hinweisen, dass die Liturgie auch diese Geschichte als ein im voraus gezeigtes Bild behandelt und in

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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in der Zeit der Gefangenschaft an den Hofgebracht. Sie sind „frei von jedem Fehler,schön an Gestalt, in aller Weisheit unter-richtet und reich an Kenntnissen; sie sindeinsichtig und verständig, und geeignet, al-so im Palast des Königs Dienst zu tun”6.In der heutigen Interpretation könnte mansagen: Sie stehen vor fantastischen Karrie-remöglichkeiten. Ihr Volk ist zwar in Gefan-genschaft, aber sie könnten an die sonnigeSeite des Lebens kommen. – Wir wissen esnicht genau, woher, aus welchen Familiendiese drei jungen Männer kommen und wiesie aufgebracht wurden. Aus dem Buch vonDaniel geht es nur hervor, dass sie ihr Glau-ben und die aus ihm herrührenden über-zeugung, sowie ihre traditionelle Wertord-nung höher schätzen, als die Aufstiegsmög-lichkeit. Und zwar so weit gehend, dass –nach dem sie nicht bereit sind, vor der durchNebukadnezzar errichteten goldenen Stand-bild niederzufallen ‐sie in den glühendenFeuerofen geworfen wurden, der aber durcheinen Engel Gottes „taufrisch” gemacht wur-de. Dieser Weise wurden sie gerettet, undder König hat sie dann „auf eine hohe Stellegehoben”. – Diese jungen Männer stellenermutigende Beispiele. Für die heutigen jun-gen Menschen, die „frei von jedem Fehler,schön an Gestalt, in aller Weisheit unter-richtet und reich an Kenntnissen sind; dieeinsichtig und verständig, und geeignetsind, also im Palast des Königs Dienst zutun.” Dieses Beispiel zeigt eine jetztzeitlicheGeschichte für die jungen Leute vor, die ihr

Leben und ihre Existenz eben aufbauen.Das Anziehen der „königlichen Paläste” unddie durch die heutigen Nebukadnezzare an-gebotene Karrieremöglichkeit ist zwarschmeichelhaft, aber gefährlich. Die richtigeSelbstverwirklichung und die Möglichkeitfür sinnvolles Lernen und Arbeiten (d.h. dieAufstiegsmöglichkeit im guten Sinne desWortes) sollte immer durch das Sieb derüberzeugung im Glauben durchgefiltert wer-den. Wir haben kein Ich von der Kirche undauch ein Ich vom Alltag daneben. Das Ge-heimnis des taufrischen Feuerofens kannuns Kraft für Einklang zwischen Glaubenund Leben, zwischen Sonntag und Alltagschenken7.3.2. Die Denkweise unserer jungen Leute inder Zeit der Suche ist – auch samt ihrem an-ziehenden Hochgefühl – häufig noch kon-fus; ihr Bild über Gott und Glaube, sowieihre Auffassung über die Kirche ist ziemlichlückenhaft. Auch diesbezüglich ist es ja vor-teilhaft, eine Geschichte aus dem Alten Te-stament wachzurufen. Als die Israeliten in die Verbannung in Ba-bylon geführt wurden, haben die Priesterdas auf dem Altar verwahrte Feuer imSchacht eines leeren Brunnens verborgen.Als dann nach den vergangenen vielen Jah-ren die Verbannung zu Ende ging, wurdendie Nachkommen jener Priester geschickt,um das Feuer zu holen. Zurückkommendhaben sie aber traurig erklärt, da kein Feuer,sondern nur eine trübe, dicke Flüssigkeit ge-funden zu haben. Nehemia befahl aber ih-

Horizont der Heilsgeschichte stellt. „Der taufrische Feuerofen hat uns eine übersinnliche Wunder vorgezeigt,weil wie er die eingeworfenen jungen Männer nicht geäschert hat, so wurde auch der Schoß der Jungfrau nichtdurch das empfangene Feuer Gottes verbrannt...” 6 Dan 1,4.7 Einklang von Glauben und Leben, von Sonntag und Alltag – d.h. die aus dem Glauben hervorgehende Wert-ordnung des Alltags – ist ein sehr spannendes und provokatives Thema beim Gespräch unter jungen Leuten.Ich bin der Meinung, dass wir aus der Geschichte der jungen Männer die darauf bezogene Gedanke und sehraktuelle Abfassung unseres Papstes Benedikt ihnen mit guter Chance näherbringen können, in dem er sagt:„Die Christen stellen eine kreative Minderheit dar”.

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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nen, etwas davon zu schöpfen und zu ihmzu bringen. Sie haben das getan, und alsNehemia das Brennholz auf dem Altar mitdiesem zähflüssigen Wasser begoss, flamm-te ein großes Feuer auf8.In unserem Vaterland war das Feuer jahr-zehntelang vor vielen Menschen verborgen.Das heutige „Geschlecht der Nachkommen”sollte es wieder auffinden und aufzeigen!Viele, sehr viele Menschen suchen nachihm, aber viele von ihnen kein Feuer, son-dern nur trübes Wasser finden, das in derheutigen geistigen Kavalkade vielleicht ver-ständlich ist. Wir sollten sie dafür nicht be-lächeln und tadeln. Ihr trübes Wasser – indem auch sämtliche Qualen und Schweiß-perle ihrer Suche stecken – bringen wir aufden Altar, um Feuer aus ihm anzuschlagen.– Wir dürften da aber gleichzeitig auch nichtvorbeireden. Wir müssen das Feuer (den„Feurigen”9) aufzeigen. Wir verkünden denerhöhten, gekreuzigten Christus, der einigenein Ärgernis, anderen eine Torheit bedeutet,aber wir wissen, dass Er die Kraft und Weis-heit Gottes ist, und der, der zu Ihm aufblickt,am Leben bleibt.

4. Da meine Minuten gezählt sind, macheich einen großen Sprung in der zeitlichenOrdnung des liturgischen Jahres. Den Zeit-raum der fastenzeit und vom ostern be-trachte ich auch in katechetischer Hinsichtals einen unvergleichbaren Anlass, eine spe-zielle Chance, bzw. Kairos. Diese stellt dieKrönung des liturgischen Jahres dar; ein Be-wusstwerden unserer Taufe und unserer Ein-kleidung in Christus, die Vertiefung der allesübertreffenden Freude des Gedankens:

„Nicht mehr ich lebe, sondern Christus lebtin mir” (Gal 2,20). Richten wir nun unsere Aufmerksamkeitkurz auf diesen unvergleichbaren Anlass. 4.1. Unsere Vorbereitung beginnt mit demsonntag von zachäus. Dieser Tag – derauch als Sonntag der Sehnsucht genanntwird ‐gilt fast wie eine „Dorfkirmes” in un-serer Gemeinde, und zwar sowohl für Kin-der, als auch für Erwachsene. Im Hof unse-rer Kirche stehen nämlich zwei schöne undreich fruchtbringende Feigenbüsche, die be-reits in Bäume wachsen. Am Sonntag vonZachäus picken wir Jahr zu Jahr Kekse mitunserer eigenen Feigenmarmelade gestri-chen, immer wieder das Geheimnis vonKlettern auf den Baum in unser Bewusstseinrufend: Die Freude der Begegnung mit Jesus.Gleichzeitig haben unsere beiden Feigen-bäume im Kirchenhof auch konkrete Halte-griffe für einige Mitglieder unserer lokalenKirchengemeinschaft bei ihrer Vorbereitungfür die Aufnahme des Sakramentes bedeutet,die als Erwachsene zum Christenkind ge-worden sind. Dieser Weise ist das Katechu-menat des „aufklettern auf den feigen-baum” zu unserem ausgefahrenen Weg ge-worden, obwohl dieser unter den OICA‐In-struktionen nicht zu finden sind. Aber wasbirgt er eigentlich in sich? 4.1.1. Nach dem Sündenfall haben Adamund Eva ihre Scham mit Feigenblättern be-deckt. Wir können unsere Sünden zwar zeit-lich begrenzt verdecken, aber wir könnenuns weder vor Gott, noch vor uns selbstverbergen. Das Katechumenat bedeutet dasaufgeben und beenden unserer sämtli-chen bisherigen verbergung.

8 Vgl. 2Makk 1,19‐22.9 Der Ausdruck „Feurige” ist aus dem Aufruf des hlg. Eremiten Antonius bekannt, der im Zusammenhang vonNumeri 21,8‐9 (wie das in der Fassung der Vulgata‐Bibel und in ihrer ungarischen übersetzung steht), bzw. Jn3,14 15 sagt: „Ihr sollt Christus am Kreuz so betrachten, wie die Hebräer die feurige Schlange an der Fahnen-stange!”

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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4.1.2. „Im Schatten unseres Feigenbaumshocken” – dieses biblisches Bild deutet aufdie Harmonie zwischen Gott und Mensch,und auf die unter den Menschen. Das Ka-techumenat bedeutet also: „Hocken imSchatten unseres eigenen Feigenbaums”;d.h.: leben nach innen; das Beten unddie Kontemplation bildet einen realen Teilunseres Alltags. 4.1.3. Der Prophet Jeremia zeigt uns mitzwei Körben von Feigen den richtigen undden verdammungswürdigen moralischenWeg. Diejenigen, die den Weg der Sonnen-seite des Lebens gehen, die reich und groß-mächtig sind, aber aus der Ausbeutung An-derer den Beutel gespickt haben, die bekom-men faule, unverzehrbare Feigen. Gott stehtfür die aufrichtige Minderheit, für den hei-ligen Rest, für die Armen, die Verfolgten undfür die Hilfsbedürftigen – sie haben die be-gehrenswerten, reifen und feinen Feigen.Die Zeit des Katechumenats ist auch einemoralische Entscheidung, eine Wahl aus denbeiden Wegen (vgl. Didakhe). 4.1.4. Apostel Natanaäl, der auch als Bar-tholomäus genannt ist, wird ein Jünger vonJesus, als er vom Meister hört: „Ich habedich unter dem Feigenbaum gesehen.” DasHerz von Natanaäl war dort unter dem Fei-genbaum sicherlich mit schwer kämpfendemGebet, mit Forschung nach Sinn des Lebens,mit Offenheit vor dem Transzendenten ge-füllt. Das Katechumenat ist der Feigenbaumder spirituellen‐seelischen Kampf, der For-schung nach Gott und Sinn des Lebens. 4.1.5. Ein Landwirt bemerkt, dass sein Fei-genbaum seit drei Jahren keine Früchte mehrträgt. Er möchte ihn umhauen lassen, abersein Weingärtner erwiderte ihm: „Herr, lassihn dieses Jahr noch stehen; ich will denBoden um ihn herum aufgraben und dün-gen. Vielleicht trägt er nächstes Jahr dochnoch Früchte.” – Die Langmut und Geduld

Gottes bergen sich im Gleichnis. Fallen dierichtigen Früchte seit Jahren aus unseremLeben aus, doch gibt er uns auch in demFalle immer wieder neue Chance. Das Ka-techumenat ist auch die Zeit für Erlernender Geduld, und zwar nicht nur der gegen-über unseren Mitmenschen, sondern auchder richtigen Geduld gegenüber meinen ei-genen Schwächen und immer wiederkeh-renden Hinfälligkeiten. 4.1.6. Im höheren Stadium vom Katechu-menat geben wir eine stärkere Betonungden auf die Sakramente hinweisenden Mo-menten in der Geschichte von Zachäus. In diesem Kontext kann das „Abklettern”mit der Taufe, die Begegnung mit Jesus abermit der Konfirmation (Verstärkung), dasAbendessen mit der Eucharistie, und dieWiedergutmachung mit dem Sakrament derSündenerlaß zusammengeknüpft werden. Vielleicht entferne ich mich nicht besondersweit weg vom inhaltlichen Kern des Evan-geliums, wenn ich gelegentlich des Kletternsvom Zachäus auf den Baum auch ein rus-sisches Volksmärchen – als katechetischerHilfsstoff – zitiere. Nach diesem schläft ebender Schusterknecht, als ihn seine Verlobteaufsucht. Als er aufwacht, findet er nur nochihre Nachricht geschrieben: Innerhalb vonsieben Jahren muss er im Schloss seiner Ver-lobten ankommen, um dort die Hochzeit fei-ern zu können. Der Wald, den der Geselledurchschreiten muss, ist aber so dicht, so-dass er die Bäume und Büsche vergebensfällt, kann er doch nicht vorwärtskommen.Einmal flüchtet er sich aber vor einem Wild-ling auf den Scheitel eines Baumes, wobeier bemerkt, dass auf dem Laubdach weitergegangen werden kann. Er macht sich alsoauf diesen Weg, und der Weg ist zwar auchso ziemlich lang, sieht er bereits auch dasSchloss am Horizont, das ihn so sehr an-zieht. Der Schusterknecht kommt zur ge-

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

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setzten Zeit bei seiner Verlobten an, und ihrHochzeitsfest kann abgehalten werden. –Simone Weil öffnet uns den mystischen Sinndieses Märchens. Wir schlafen, als unsereVerlobte uns aufsucht: Wir erkennen nichtdie Zeit des Besuches vom Gott. Aber dieNachricht ist in unser Herz geprägt, und wirbrechen auf. Der Wald – also der Wald un-serer Sorgen und Mühsal vom Alltag, derBovel, die wir als Werte glauben – ist aberso dicht, sodass wir kaum mehr vorwärts-kommen. Wir müssen auf das Laubdach derBäume klettern, um in der Faszination desSchlosses und der Hochzeit vorwärtskom-men und ankommen zu können. Also, das Märchen und die Geschichte vonZachäus nebeneinandergestellt können wirsagen: Wenn wir Jesus sichten möchten,müssen wir auf den Baum klettern, d.h. dieGravitation des Alltags überwinden. Gleich-zeitig redet uns Jesus an und ruft ab. Damüssen wir vom Baum abklettern, um diegrundlegende „Bewegungsart” der Heilsge-schichte kennenzulernen: Gott kommt unsimmer näher, Er „steigt immer niedriger her-ab”; Er tritt in Gemeinschaft auch mit denKleinsten. Zachäus steigt ab, weil sein Gottda unten steht. Da unten ist seine Anwe-senheit im Kleinsten am sichersten. – Nachmeiner Auffassung schreitet also der Schu-sterknecht im Märchen den Wald dochdurch. Aber wenn er bereits da oben war,kann der Umstand „Es war in unseres Le-bensweges Mitte / Als ich mich fand in ei-nem dunklen Walde; / Denn abgeirrt warich vom rechten Wege”10 nur noch mit nied-rigerer Wahrscheinlichkeit hereinbrechen.Kommen wir zwar manchmal nur stolperndvoran, aber unsere Schritte werden auch daunten im Wildnis unseres Lebens durch das

Schloss, durch das Licht von oben unddurch die Faszination der Hochzeit belichtet. 4.2. Da möchte ich noch einen Anlass ausden Stationen der Fahrt durch die Fastenzeithervorheben, nämlich den sonntag vomverlorenen sohn. Die katechumenischen Aspekte der Ge-schichte vom verlorenen Sohn kennen undanwenden Sie eingehend. Im herzerschüt-ternd schönen Gleichnis der Bibel steht derbarmherzige und den Menschen liebendenGott vor uns. Der es versteht, der wird seinchristliches Leben mit einem richtigen Got-tesbild leben, und ihm wird der Wunsch undMöglichkeit der himmlischen Heimkehrauch unter Sünden ins Herz geprägt. Hierbeimöchte ich mich nur auf den Reichtum be-schränken, der in der Interpretierung der by-zantinischen Liturgie verborgen ist, sowieauf einige weitere Aspekte hinweisen. Die liturgische Neuigkeit des Sonntags vomverlorenen Sohn ist – neben sonstigen Tex-ten – der Gesang aus dem Psalm Nr. 137:„An den Strömen von Babel, da saßen wirund weinten, wenn wir an Zion dachten”11.Die Liturgie verknüpft den sein Zuhauseverschleuderten verlorenen Sohn, der seineSünden neben dem Trog für Schweinefutterbeweint, mit dem Psalmist, der in der Ge-fangenschaft die verlorene Jerusalem trauert.Da trauert er den Tempel, aber dadurch inder Wirklichkeit den Bruch des Bundes vomauserwählten Volk mit Gott. Diese Paralleleist aber sogar noch differenzierter: Die Ana-logie knüpft auch den außer dem Paradieshockenden gewandlosen Adam zu diesemBild. Dadurch tritt nicht nur der Umstandzutage, dass der verlorene Sohn eigentlichder gefallene Mensch ist, sondern auch dieTatsache, dass für diesen gefallenen Mensch,

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

10 Dante: Die Göttliche Komödie.11 Psalter 137,1.

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für den verlorenen Sohn selbst der großge-schriebene Sohn sein Zuhause verlässt; dasser ein menschensuchender Gott ist. Dermit Halleluja und Doxologie gesungene, undso auf die himmlische Jerusalem hinweisen-de Psalm bestrahlt die beginnende Fastenzeitund den sich auf die Taufe (Auferstehung)vorbereitenden Katechumenen mit der Lichtvon Ostern, sowie auch die gläubigen jun-gen Leuten, die sich ihr Band in der Taufezu dieser heiligen Zeit in Bewusstsein rufenwünschen. 4.3. Nur kurz möchte ich mich noch beim4. sonntag der fastenzeit verweilen, alswir den Artikel des Evangeliums über dieHeilung des vom stummen Geist besessenenJungen anhören (Mk 9,17‐31). Die Vorgeschichte dieses Ereignisses ist dasGeschehnis der Verklärung Christi, in dem Je-sus – nach Fassung vom Lukas – über sein„Exodos” mit Mose und Elija redete (vgl. Lk9,31). In diesem Exodus ist sein Tod undseine Auferstehung inbegriffen, in der Hei-lung des vom bösen Geist besessenen Jungenist aber unser Tod und unsere Auferstehungenthalten. „...und verließ ihn...; der Jungelag da wie tot...; Jesus aber fasste ihn an derHand und richtete ihn auf, und der Jungeerhob sich.” Das klingt so, als wenn bereitsdie Ikone vom Ostern vor unseren innerenAugen schweben würde, an der der HerrAdam an der Hand fasst und ihn aus demSchattenreich aushebt. Für einen Katechu-menen (und auch für die Katechese katechu-menischer Art) tritt hierbei einerseits die Taufeals persönliches Ostern in den Vordergrund,andererseits die Kraft des Glaubens undgleichzeitig auch seine Hinfälligkeit. Das Be-kenntnis „Ich glaube mein Herr; hilf meinemUnglauben!” zeigt uns, dass wir mit unseremGlauben nie fertig sind. Das ist ein tagtäglichausgesprochenes Amen – das wir manchmalja ziemlich schwer aussagen können.

Der Zusammenbruch der Jünger stellt keinunwesentliches Moment in der Bibelge-schichte dar. Der Katechumene wird solcheSituationen auch in seinem eigenen Lebenerfahren; aber für einen neulich zum Glau-ben gelangten Christen kann die bei denMitgliedern der Kirche erfahrene Hinfällig-keit, der Zusammenbruch der Spätjünger ge-rade einen Skandal stiften...

5. Die katechumenischen Momente der Fa-stenzeit und der Karwoche sowie die vonOstern, bzw. das ursprünglich mystagogi-sche Moment der fünfzig Tage bis Pfingstenerfordert einen separaten Vortrag. Es stehtfest, dass diese reiche Zeit des liturgischenJahres eine gute Chance bietet für die sakra-mentale Vorbereitung in Ordnung des Kate-chumenats, bzw. sie gibt eine Erneuerungs-möglichkeit für den Katechese, der die katechumenischen Mög-lichkeiten ernst nimmt und diese Möglich-keiten nutzen will. Trotz beschränkter Dauer des Vortrages solltedoch noch darauf hingewiesen werden, dassdie Taufe der Katechumenen am Karsamstagein besonders ausgezeichnetes Ereignis imLeben der Kirchengemeinde sein kann, alsoauch eine hervorragende katechetischeMöglichkeit bietet. Da können wir am bestendie Tatsache verstehen – und verstehen las-sen ‐, dass das Sakrament der Taufe auchein persönlicher Karfreitag und persönlichesOstern darstellt; das Taufbecken ist ein Grab,in dem der Leib von der Erde des Katechu-menen rasten beginnt, und gleichzeitig eineGebärmutter ist, aus der er auf das ewigeLeben geboren wird.

6. Es ist vielleicht erstaunlich, dass ich mei-ne Gedanken mit Pfingsten nicht beende;da möchte ich einen weiteren Schritt ma-chen. Die mystagogie wird durch Pfingsten

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in einem bestimmten Sinn abgeschlossen,da die Ankunft des Heiligen Geistes, derStart der Kirche, die Begehung des Dreifal-tigkeitsfestes und der Aufruf für die perso-nelle Mission und Zeugenschaft, diese allegehören zum Inhalt des fünfzigsten Tages.Trotzdem aber: Wie der heilsgeschichtlicheKreis des kirchlichen Jahres durch das Koi-mesis, also mit dem Fest Mariä Entschlafenund Aufnahme in den Himmel abgeschlos-sen wird (am 15. August), so ist meines Er-achtens die Entscheidung richtig, wenn dieKatechese durch Pfingsten nicht abgeschlos-sen wird, bzw. falls auch der Termin des in-stitutionellen Abschlusses vom Katechume-nats zum Tag der aufnahme der mutterGottes im himmel geknüpft wird. Undzwar nicht nur darum, weil wir so mit denuns Anvertrauten auch in der Sommerzeitin Verbindung bleiben können; viel lieberaus dem Grunde, weil dieses Fest in unsererOstkirche im Grunde genommen ein kleinesostern darstellt – so kann es eine würdige Krönung nichtnur des liturgischen Jahres, sondern die derKatechese des Jahres sein. Im zweifachenund doch einen Geheimnis von Ostern undder Himmelfahrt Jesu haben wir uns daraufgefreut, dass durch Jesus auch unseremenschliche Natur beim Vater anwesend ist;durch Mariä Aufnahme in den Himmel aberbereits auch eine „Person aus unserer Mitte”dort beim Gott wohnt. Maria stellt den Pro-totyp des seligen Menschen dar, in dem wirbereits wahrnehmen können, welches zielGott mit dem menschen hat. Wir alle gehen unsere Wege. Unser Lebenist ein Weg von der Wiege bis zum Grabe,vom Trippeln bis zum Humpeln. Der Christ

lebt in der Gewissheit, dass dieser Weg kei-ne Sackgasse, kein Herumgeistern ohneZiel ist. Wir glauben daran, dass das Endeunseres Weges, den wir vernünftig, mitgläubiger Gewissheit gegangen haben, einechtes Heimfinden ist. Mariä Aufnahme inden Himmel stellt auch ein Fest der An-kunft am Ziel nach einem vernünftigen Le-ben dar.

meine damen und herren! sehr geehrtekonferenzteilnehmer! liebe brüder undschwester in Christus! Als ich noch ein junger Pfarrer war, habeich die kohärenz zwischen liturgie undkatechese fast gar nicht wahrgenommen.Mit heutigem Kopf und Herz betrachte ichdiese inneren Zusammenhänge bereits alsselbstverständlich. Ich sage Dank unseremGott für das Geschenk der Entwicklung mei-nes persönlichen Glaubens und seelischenReifwerdens. Dieses Geschenk wird nichtkleinernteils aus der Liturgie ernährt, d.h.aus einem liturgischen Leben, das durch dieHeilige Schrift durchdringt und biblisch be-fruchtet ist. Die Bekanntmachung unseres seelischenReichtums im Kreis der Kinder und der jun-gen Leuten unserer Zeit ist eine äußerstschwierige, aber doch keine unmöglicheAufgabe. Meine praktischen Erfahrungenzeigen, dass die „Qualitätskatechese”, dieaus der Liturgie ernährt wird und in das Le-ben der Kirche „samt Liturgie” einführt nichtnur einen hohen Wert, sondern auch ausdiesem Wert hervorgehende kraft undChance hat. Ich bedanke mich für Ihre geschätzte Auf-merksamkeit!

Notiziario n. 8 Ufficio Catechistico Nazionale

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i. introduzione

All’inizio di questa riflessione mi sembra ra-gionevole far riferimento alle particolaritàdella Chiesa in questa parte dell’Europa, par-ticolarità che possano motivare l’introduzio-ne dei giovani alla fede. Ma nello stessotempo, nella catechesi dei giovani, questeparticolarità sono poco visibili proprio perchéla cultura quotidiana dei giovani è secola-rizzata. Possiamo pensare alle pratiche ca-techetiche nelle scuole, agli effetti delle tra-dizione religiose, all’esperienza dei giovanisulla chiesa e la comunità, ad alcuni ele-menti della socializzazione religiosa. Questeparticolarità si trovano, per lo più, come ef-fetti positivi e negativi dei metodi usati nellacatechesi dei giovani. Bisogna aggiungereche nemmeno questa parte dell’Europa sipuò guardare come un blocco unico perchéci sono grandi differenze nelle pratiche delleChiese. La mia esperienza sulle pratiche diiniziazione si basa per lo più sui contattipersonali e professionali con i responsabiliper la catechesi dei diversi paesi. Anche nellepratiche delle diverse diocesi ci sono diffe-renze motivate. Nella mia riflessione farò ri-ferimento ai programmi in alcune diocesi.

La prima parola ufficiale che la Chiesa volgeal battezzando, dopo aver pronunciato il suonome, è questa: “Cosa chiedi alla Chiesa?”La risposta del candidato: “La fede!”. “Cosasperi dalla fede?” La risposta del candidato:“La vita eterna”1. Lo scopo del catechismo della Chiesa è tra-smettere il Vangelo, la fede e il Credo dellaChiesa in modo tale che la persona che par-tecipa all’iniziazione, trovi la salvezza. Il ca-techismo viene dalla confessione della fededella Chiesa e conduce alla confessione dellafede dei catecumeni2.La preparazione dei giovani a ricevere i sa-cramenti dovrebbe seguire i documenti delConcilio e del Catechismo, e seguirne inoltrel’aspetto catecumenale.La buona novella di Gesu Cristo Salvatoree il servizio della sua Chiesa che benediceil mondo è un regalo per ogni uomo e ognidonna in ogni etá. La Chiesa, anche in cir-costanze diverse, è capace di comunicarela fede e la gioia della salvezza alle nuovegenerazioni in un modo efficace. Per que-sto possiamo considerare anche il nostrotempo come il tempo del dono (cfr. 2Cor6,2) perché abbiamo modo di ripensare ilcontenuto della nostra fede, la nostra pra-

L’INIZIAZIONE CRISTIANA IN UNGHERIAE NELL’EUROPA CENTRO-ORIENTALE.RIFLESSIONI CATECHISTICHE SUL PROCESSO

DI INIZIAZIONE DEI GIOVANI

ESPERIENZE IN UNGHERIA E MITTELEUROPA

S.E. Mons. György Udvardy, Vescovo di Pécs, Delegato Episcopaleper la Catechesi dell’Ungheria

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Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 Cfr. OICA 75. 2 Cfr. DGC 105.

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tica catechistica, il nostro modo di comu-nicare la fede. “Ecco faccio una cosa nuova: proprio oragermoglia, non ve ne accorgete? Aprirò an-che nel deserto una strada immetterò fiuminella steppa” (Is 43,19). Sembra necessarioquindi analizzare: le difficoltà nella trasmis-sione della fede, nella sua struttura internaed esterna; gli elementi fondamentali delprocesso di iniziazione; la relazione tra fedee Credo; le caratteristiche della catechesi ba-sata sull’iniziazione e i suoi elementi didat-tici. In tutto ciò occorre tenere presente i ri-sultati della verifica preparatoria. Gli aspetti sottolineati sono fondati sui do-cumenti del Concilio Vaticano II, sul Cate-chismo della Chiesa Cattolica, sui suoi com-pendi e prima di tutto sul Direttorium Ge-neral per la Catechesi. Studiando i docu-menti della nostra Chiesa, analizzando i ri-sultati della verifica preparatoria, svilupperòla mia riflessione sulla questione.

ii. le diffiColtà e le Questioni della ComuniCazione della fede

1. la trasmissione della fede - garantirela possibilità di ricevere la fede

Quando noi parliamo di trasmissione dellafede chiaramente non si tratta solamentedella memorizzazione di un testo o di unaformula o di metodi e condizioni della tra-smissione. Il catechismo prevede la trasmis-sione dell’intero scenario concettuale-con-tentuistico, del modo di pensare e agire, edin definitiva, del modo esistenziale fonda-mentale di un credente. La vita cristiana èuna vita che deriva dalla conoscenza. Per

questo trasmettere la fede della Chiesa vuoldire trasmettere la vita3.Durante il catechismo siamo consapevoli chela fede è, sempre e per tutti, dono di Dio.Non siamo capaci di dare a noi stessi questafede nonostante i metodi più efficaci o i ser-vizi più umili. Noi possiamo aiutare a pre-parare le possibilità di ricevere la fede. Sa-pendo che ogni persona è libera di accettarlao di rifiutarla. Senza dubbio, però, i cambia-menti sociali e culturali hanno cambiato lepossibilità di accettare la fede e hanno cam-biato fondamentalmente le possibilità di unadecisione personale per la fede.

2. le cambiate circostanze della tra-smissione della fede

La fede è stata trasmessa per centinaia disecoli in una comunità relativamente chiusama basata sugli stessi valori. In questo am-biente le comunità responsabili per la tra-smissione della fede come la famiglia, lascuola, la Chiesa, con la sua presenza quo-tidiana nella società, le associazioni, le so-cietà, le congregazioni, tutti soggetti chehanno aiutato i bambini a spendere il lorotempo utilmente, hanno avuto un loro ruolofondamentale nella trasmissione della fede.Di conseguenza l’introduzione alla vita dellaChiesa, alla sua liturgia, alla sua vita sacra-mentale è avvenuta in un modo spontaneo.Ugualmente spontaneo è stato il processo disocializzazione religiosa, l’introduzione allepratiche, alle tradizioni, alle richieste dellaChiesa ai giovani, ed infine la possibilità difare esperienza in questi ambiti. Tutta la comunità cristiana ma anche tuttala società si sentiva responsabile dell’edu-cazione dei bambini e dei giovani ai valorireligiosi.

3 Cfr. CCC 177; DGC 54.

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L’ambiente dove si è sviluppato questo tipodi educazione è cambiato, ma non semprela sua struttura. Come conseguenza di tuttoquesto, sostenuto dalla verifica statistica pre-sentata, alcune cose hanno influenzato lanostra pratica di catechesi: 1.) La catechesi è confinata nell’ambito della

scuola – il catechismo è una delle tantematerie scolastiche;

2.) Oltre a trasmettere la conoscenza deicontenuti della fede, la catechesi è menocapace di promuovere l’esperienza dellafede.

3.) Il numero più grande di coloro che sonocoinvolti nella catechesi sono i bambini;

4.) La partecipazione alla liturgia o alla mes-sa è un certo obbligo sociale;

5.) Non è chiaro chi sia responsabile per latrasmissione della fede. Questi cambia-menti fondamentali al fine della trasmis-sione della fede della Chiesa impongonola necessità di rinnovare la pratica dellacatechesi4, di cui ci sono tante esperienzepromettenti.

3. il luogo e le circostanze della cate-chesi

Nella trasmissione della fede della Chiesa illuogo e le circostanze della catechesi hannoun ruolo fondamentale. Il Direttorio Gene-rale per la Catechesi individua il primo postocome luogo della catechesi nella comunitàdella parrocchia5. La catechesi nella parroc-chia e il catechismo nella scuola si comple-tano, con scopi diversi e con strumenti di-versi. Se la spiegazione del catechismo av-viene solo nell’ambiente scolastico, e nonviene completato da altri momenti comuni-

tari, nella parrocchia si concentrerà piuttostola trasmissione della conoscenza della fede.“La catechesi rischia di divenire sterile, seuna comunità di fede e di vita cristiana nonaccoglie il catecumeno ad un certo gradodella sua catechesi”6. è necessario che il giovane che conosce teo-ricamente l’insegnamento, la fede, il Credodella Chiesa, riesca ad inserire queste cono-scenze nella sua vita quotidiana e abbia lapossibilità di confrontarle con le sue doman-de personali ed esistenziali, di fare esperien-za e di vivere questa fede. L’ambiente piu adeguato per questo è la co-munita della sua età.

4. la capacità personale del riceventela fede

Nella trasmissione del contenuto della fedee nel modo di trasmetterla occorre fare par-ticolare attenzione al ricevente della fede, acolui al quale è indirizzata la catechesi. Lamancanza di questa attenzione può diven-tare un ostacolo significativo nei confrontidei giovani che vogliono avvicinarsi alla fe-de. Questi ostacoli possono essere:

1. Le particolarità dell’età 1) Il giovane attraversa cambiamenti fisici,

intellettuali, psichici e spirituali. Questiassorbono la maggior parte delle sueenergie, della sua attenzione e dei suoiinteressi. Per questo il giovane mostra,almeno esteriormente, un disinteresse op-pure si interessa solo ad alcuni temi inmaniera estemporanea. Si concentra sudi sé. Il suo problema più grande, che ge-neralmente non è strutturato, è il seguen-

4 Cfr. RM 33; KÁD 58-59.5 Cfr. DGC 257.6 CT 24; cfr. DGC.

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te: come sono? Sono buono? Gli altri miaccettano? Mi vogliono bene? Questoorientamento spirituale, in fondo, deter-mina le nostre scelte sul tema della fede,il nostro modo di trattare questi temi.

2) Il giovane, generalmente, critica con for-za, ma non è sempre capace di giudicarein un modo sfumato, egli vede tuttobianco e nero. è convinto di ragionarein base a dei principi, ma alla fine giudicasecondo la sua esperienza personale. Perquesto rifiuta o giudica male verità eprincipi fondamentali. Solo perché nonha esperienza in tal senso, perché per luiil tema non è presentato nel modo giu-sto. Questo è vero sia per i principi reli-giosi che per le pratiche religiose.

3) Il giovane, proprio per la caratteristicadella sua età, cerca il senso della vita, lapossibilità di una vita gioiosa e le con-dizioni per renderla tale. Vuole esserecontento, vuole possedere e mantenerela felicità. Per questo è molto preoccupatoper le domande esistenziali della vita: lavita, la morte, la sofferenza, la vita eter-na, le relazioni personali, la felicità. Nelprocesso della trasmissione della fede,l’esperienza esistenziale dei giovani haun grande significato. Il Cristo della Chie-sa è l’unica risposta autentica alle do-mande e ai desideri dell’uomo7.

4) Per quel che riguarda i valori, tra i gio-vani si può osservare incertezza e am-bivalenza. Nel loro mondo tante cose sipresentano come valori. Per i giovaniquesta pluralità è attraente, poiché per-cepiscono la possibilità di scegliere e l’oc-casione di diventare una individualità.D’altra parte vogliono conoscere i valori“veri” e “sicuri”. Questo è vero per i prin-cipi, per le regole, a livello dell’insegna-

mento e nella vita quotidiana. Questaaffermazione ha un significato partico-lare, quando pensiamo alla continuacomparsa di diverse comunità religiose,dei loro diversi insegnamenti e del loroeffetto sui giovani. Il desiderio puro dei giovani di conoscerela verità può significare un aiuto impor-tante nell’introduzione al sistema dellafede della Chiesa.

5) I giovani hanno l’esigenza di una comu-nità, che più o meno corrisponde allaloro età, e in un certo senso sia una scel-ta libera, dove si possano sentire comemembri di valore integrale, dove possanoesprimere i loro pensieri e le loro do-mande, dove nel dialogo con gli altri,ascoltando gli altri, può formarsi la loroopinione, possano interiorizzare i dogmidella fede della Chiesa, le loro domandesu di essi, le loro esperienze.

6) Allo stesso tempo i giovani hanno biso-gno di sperimentare una comunità piùgrande, dove ogni generazione ha unsuo ruolo particolare, dove contano an-che sulla loro presenza. Il luogo più ade-guato per questo tipo di relazioni è sem-pre la parrocchia.

2. Mentalità e quadro di esperienze Nel processo della trasmissione della fedeabbiamo in mente le categorie concettualiche per secoli hanno espresso la ricchezzadella fede della Chiesa ma oggi, per la mag-gior parte dei giovani, questo processo èsconosciuto, incomprensibile, oppure è es-senzialmente cambiato. Può essere che sisia secolarizzato. Possiamo pensare allamentalità biblica, alle espressioni bibliche oad alcuni testi liturgici, ma anche alla ste-sura dei dogmi. La mancanza della cono-

7 IM 1.

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scenza di queste categorie concettuali rendedifficile la trasmissione adeguata dei conte-nuti della fede. L’esperienza esistenziale di un giovane in-fluenza il processo della trasmissione dellafede. Spesso mancano le esperienze antro-pologiche dei concetti fondamentali, comeper esempio: sacrificio, condivisione, servi-zio, dedicazione, riconciliazione, amore di-sinteressato. Nel momento dell’insegnamen-to degli elementi della fede queste mancanzedebbono essere prese in considerazione.

3. Conoscenza della religione, avvenimenti,esperienze

è un esperienza quasi generale, anche tra igiovani che partecipano da anni alla cate-chesi, che ci sia una mancanza fondamen-tale nella conoscenza della religione. Questosi può attribuire alla pratica catechistica, cheseppure ha percepito il cambiamento dellecondizioni di vita e della società, in man-canza di metodi e della capacità di prendernecoscienza, non è stata capace di supplirealle mancanze. è importante notare, che se la comunicazio-ne della conoscenza intellettuale non è ac-compagnata da una attività rivolta alla con-quista dell’esperienza, o se le due non si le-gano in un metodo, anche la comunicazionedel contenuto teorico sarà inefficace. Questoè vero anche per i dogmi. Qui si può pensare all’insufficienza delle pra-tiche religiose delle famiglie e delle comunità,nonché all’influsso della società, che va con-tro i valori del vangelo, società nella qualei giovani passano la maggior parte del lorotempo. (Scuola, compagni di scuola, diver-timento, media...)

iii. elementi fondamentali del proCesso di iniziazione

1. l’essenza e lo scopo del processo diiniziazione

Con la catechesi la Chiesa nutre i suoi figlie li inserisce come membri nella sua famiglia.Come una madre buona, la Chiesa, proponeil Vangelo nella sua intera ricchezza e pu-rezza che, al stesso tempo, contiene una par-ticolarità culturale, è un nutrimento adattoed è una risposta alle domande più profondedel cuore umano. Lo scopo dell’iniziazionedel giovane è facilitarne la sequela di Gesùe la trasmissione della piena vita cristiana8.“Lo scopo definitivo della catechesi è di met-tere qualcuno non solo in contatto, ma incomunione, in intimità con Gesù Cristo”9. “La comunione con Gesù Cristo, per la suastessa dinamica, spinge il discepolo a unirsicon tutto ciò con cui lo stesso Gesù Cristoera profondamente unito: con Dio, suo Pa-dre, che lo aveva inviato nel mondo e conlo Spirito Santo, che gli dava l’impulso perla missione; con la Chiesa, suo corpo, per laquale si donò, e con gli uomini, suoi fratelli,la cui sorte ha voluto condividere”10.Sulla base di queste considerazioni e dopoil processo di iniziazione alla Chiesa si puòsperare che il giovane accolga e confessi lafede della Chiesa con una adeguata convin-zione personale.

2. Gli elementi del processo dell’inizia-zione

Il processo di iniziazione, che può guidareall’accoglienza personale della fede della

8 Cfr. DGC 67-68.9 DGC 80.10 DGC 81.

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Chiesa, è costituito da un percorso a tappecollegate fra loro che bisogna tenere in con-siderazione nella catechesi dei giovani.Omettere o permutare queste tappe causadifficoltà nel processo di iniziazione. Le tap-pe costruite l’una di seguito all’altra corri-spondono alla natura interna della rivela-zione, della sua gradualità e al processoumano dello studio e della conversione.Queste tappe sono:

1) Prima predicazione– raccogliere, invitare alla fede

2) Evangelizzazione– appello alla conversione

3) Catechesi sistematica– catechesi di iniziazione, – successivamente catechesi continua, – educazione nella fede

4) Compito liturgico– feste liturgiche – Preparazione diretta dei sacramenti – Festa eucaristica

5) Compito teologico– lo studio sistematico delle verità della – fede

Le difficoltà che sorgono a causa della per-mutazione delle tappe possono essere: 1.) Nelle tappe precedenti la tappa della ca-

techesi sistematica si verificano mancan-ze o addirittura, in certi casi, queste tappesono lasciate completamente da parte: labase per andare avanti risulterà fragile.Per questo né l’invito alla fede, né l’ap-pello alla conversione adeguato all’età sirealizzeranno.

2.) Dopo poco tempo il giovane dovrà con-frontarsi con l’esigenza di dover capiree valutare la liturgia della Chiesa che an-

cora non conosce abbastanza. In parti-colare non disporre di esperienza perso-nale in relazione ai segni e ai simbolidella liturgia. Di conseguenza sarà inca-pace di scoprire e di esprimere la suafede nei testi, negli atti e nei gesti dellaliturgia. Atti e gesti che sono estraneiper lui/lei.

3.) Dopo breve tempo deve confrontarsi conconcetti teologici, con un modo di pen-sare, che dovrebbero trasmettere l’inse-gnamento della Chiesa e gli elementi del-la sua fede. L’uso chiaro di questi con-cetti appare come una esigenza nei suoiconfronti. Di nuovo sperimenterà che ilcontenuto della fede introdotto dalla ca-techesi non esprime le sue domande ola sua “convinzione”, la sua fede. Ancoradi più sperimenterà due mondi diversi,separati l’uno dall’altro.

Tra le tappe dell’evangelizzazione – a causadi un metodo inadeguato – è spesso difficiletrovare il compito vero e attuale. “Nella pra-tica pastorale, tuttavia, le frontiere tra le dueazioni non sono facilmente delimitabili. Fre-quentemente, le persone che accedono allacatechesi necessitano, di fatto, di una veraconversione. Perciò, la Chiesa desidera che,ordinariamente, una prima tappa del pro-cesso catechistico sia dedicata ad assicurarela conversione”11.

3. il processo di iniziazione e la conver-sione

è impossibile trasmettere la fede della Chiesasenza la fede dell’accogliente. La fede del-l’accogliente non può nascere senza la suaconversione. Per questo la Chiesa può tra-smettere la sua fede solo ad una persona

11 DGC 62.

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convertita. La conversione e la fede sonoindissociabili l’una dall’altra. La catechesi –nel momento della tappa di iniziazione – de-ve servire alla conversione.

“La fede cristiana è, innanzittutto, conver-sione a Gesù Cristo, adesione piena e sinceraalla sua persona e decisione di camminarealla sua sequela. La fede è un incontro per-sonale con Gesù Cristo, è farsi suo discepolo.Ciò esige l’impegno permanente di pensarecome Lui, di giudicare come Lui e di viverecome Lui è vissuto. Così, il credente si uniscealla comunità dei discepoli e fa sua la fededella Chiesa”12.

Papa Benedetto XVI. sottolinea: “All’iniziodell’essere cristiano non c’è una decisioneetica o una grande idea, bensì l’incontro conun avvenimento, con una Persona, che dàalla vita un nuovo orizzonte e con ciò la di-rezione decisiva”13.

La conversione è un rapporto personale conGesù, che guida verso il Padre. Il “si” dettoa Gesù Cristo, alla pienezza della rivelazio-ne del Padre ha due dimensioni: contieneda una parte la fiducia in Dio e dall’altral’accettazione di tutto quello che Lui ha ri-velato. Tutto questo è possibile attraversolo Spirito Santo14.

Nella trasmissione della fede la nostra at-tività catechistica si dirige verso la conver-sione, la formazione del rapporto tra Dio eil giovane. Più esattamente vogliamo aiu-tare il giovane ad essere pronto a questorapporto. Poiché Dio è sempre pronto.

iv. la fede e il Contenuto del Credo

1. le caratteristiche della fede

“In virtù della sua stessa dinamica interna,la fede esige di essere conosciuta, celebrata,vissuta e tradotta in preghiera”. Per questola fede della Chiesa è quella che confessiamonel Credo, che festeggiamo nella liturgia,che realizziamo quando manteniamo fede aicomandamenti, che approfondiamo nellapreghiera intima15. Durante la catechesi noiinsegniamo le quattro forme della fede (laliturgia, il martirio, la diaconia, la coinonia)ma allo stesso tempo le utilizziamo comemetodo nell’educazione16. La fede è vita.Tocca e penetra ogni dimensione della per-sona umana e ogni dimensione della vitaumana. Proprio per questo presuppone unrapporto personale, si costruisce su di esso.

2. la fede è fondamentalmente un rap-porto

La fede vivente desidera la risposta dellapersona umana verso Dio che si è rivelato.La fede è un rapporto. Nella fede l’uomo affida liberamente tutta lasua persona a Dio; si sottomette con il suointelletto e volontà a Dio rivelante e accettavolontariamente questa rivelazione. Crederevuol dire avere due rapporti: uno con la per-sona, l’altro con la verità; con la verità, per-ché abbiamo fiducia nella persona che testi-monia la verità17.

12 DGC 53.13 XVI. Benedetto: Deus caritas est 1. 14 CCC 150; 167.15 Cfr. CCC 26.16 Cfr.LG 6-9; SC 7; 10AG 1-5; GS 1.17 Cfr. DV 5; CCC 177.

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Il rapporto con Dio necessita una scelta ra-dicale: contraddire tutto quello che non èDio e non Gli appartiene e che, per questo,conduce alla morte; vuol dire anche dire “sì”alla Sua persona e a tutto quello che portala Sua vita. Questo vuol dire, praticamente,il rinnovamento della promessa fatta nelbattesimo18. Per questo il compito della catechesi è anchedi preparare la persona alle decisioni di fedee, di conseguenza, alle decisioni quotidiane.

3. la necessità della traditio e della red-ditio

La catechesi sgorga dalla confessione dellafede, e conduce alla confessione della fede19.Durante la catechesi, quando noi parliamodella trasmissione della fede, questo vuoldire nello stesso tempo la trasmissione dellafede della Chiesa (traditio), ma nello stessogesto la Chiesa aspetta dal giovane, che an-che lui/lei, con la sua conoscenza, la suaesperienza, eventualmente con i suoi com-battimenti, con la sua dedicazione e con lasua vita “restituisca ad essa” (redditio). Lafede è accompagnata dal cambiamento dellavita, dalla conversione: il giovane, motivatodal Vangelo, comincia a vivere in un modonuovo20. La conoscenza della fede e il com-portamento del credente – accettare e viverela fede – sono strettamente legati.

4. il contenuto della fede e il compor-tamento del credente

L’accettazione del Credo richiede la cono-scenza dei dogmi. Ma gli articoli 53-55 del

DGC e l’insegnamento del CCC richiamanol’attenzione sul fatto che non soltanto biso-gna insegnare quello che crediamo, ma dob-biamo mostrare anche come credere; che co-sa significa vivere in questo mondo comecredente. Il risultato di questo sarà che la co-noscenza più profonda della fede illumina lavita umana in un modo cristiano, nutre lavita della fede e rende capace l’uomo di te-stimoniare la sua fede nel mondo, e lo portaalla conoscenza più profonda della fede21.

5. il rapporto della fede col Credo dellaChiesa

La confessione della fede è autentica se ècollegata con la Chiesa. Tutti pronunciano ilCredo della Chiesa nel proprio nome, si diceio “credo”, ma si recita nella comunità dellaChiesa. Così il “credo” diventa “crediamo” eincorpora l’individuo nella comunità e nellamissione della Chiesa22.La confessione della fede è perciò, nello stes-so tempo, personale ma anche ecclesiale,un atto comunitario. Oltre al fatto che lafede è personale bisogna sottolinare che èanche oggettiva.

v. Considerazioni CateChistiChe-metodoloGiChe

1. le caratteristiche della catechesi in-troduttiva – carattere catecumenale– durante la catechesi dei giovani

L’iniziazione alla comunità della Chiesa ri-chiede l’applicazione catechistica di carattere

18 Cfr. OICA 219. 19 Cfr. CCC 185-197. 20 Cfr. DGC 78.21 Cfr. CCC 150; 177.22 Cfr. CCC 166-167; DGC 83.

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catecumenale con lo scopo di facilitare ladecisione dell’individuo di scegliere la vitaaccanto alla persona di Gesù Cristo, la de-cisione iniziale fondamentale e il suo conti-nuo rinnovamento. La catechesi dei giovani è attenta a questielementi: 1) Nella catechesi dei giovani bisogna tenere

conto allo stesso modo delle tappe delprocesso di iniziazione: l’iniziazione to-tale alla fede e alla comunità della Chiesabasata sulla decisione personale dell’in-dividuo; l’educazione, l’approfondimentodella fede e della vita cristiana che si nu-tre della catechesi continuata; la forma-zione personale, il coinvolgimento nellaliturgia e la trasmissione sempre più largadei dogmi.

2) Il processo di iniziazione si rivolge allapersona intera: alle sue capacità intellet-tuali, spirituali, emotive, alla sua volontà,ai suoi rapporti umani. Dato che una per-sona vive in relazione con gli altri questoè specialmente vero per i giovani. Allo stesso tempo queste capacità fonda-mentali che costruiscono la persona, checaratterizzano e formano la sua identità,corrispondono alla natura della fede e siarmonizzano con essa23. Per sperimenta-re l’essenza della fede una persona ha bi-sogno delle proprie capacità intellettive,emotive, della sua volontà come anchedelle sue esperienze costruite nei rapportipersonali. Questo corrisponde anche alleforme della fede e della Chiesa che sonopresenti nella nostra vita. Per questo nella trasmissione della fedenoi costruiamo sul naturale – queste sonole capacità umane; sul sopranaturale –questa è la fede e la sua natura ed infinesul legame e sull’armonia delle due. Que-

sto è il fondamento teologico della tra-smissione della fede, ma nella nostra ca-techesi anche il fondamento del metododella trasmissione della fede.

3) La catechesi si rivolge per forza alla for-mazione del contatto tra Gesù Cristo el’individuo. Senza la conoscenza della fe-de, la trasmissione della stessa, senza laformazione di un rapporto con Dio e coni membri della comunità, la fede del gio-vane non può diventare personale e pro-pria. Di conseguenza nella catechesi bi-sogna perseguire l’obiettivo di costruireed approfondire un rapporto personalecon Dio.

4) La conoscenza della fede, la trasmissionedel Credo debbono avvenire come cosevissute. Con ciò non intendiamo unica-mente i sentimenti ma qualcosa di più:un’esperienza esistenziale che riguardatutta la persona umana. L’esperienza tra-sforma una persona non soltanto toccan-do le sue capacità (spirituali, intellettuali,emozionali, volitive, relazionali) ma lacostruisce penetrandola.

5) Nel processo dell’interiorizzazione del Cre-do – dal momento della conoscenza deidogmi fino alla decisione personale – bi-sogna per forza seguire i seguenti ele-menti tenendo conto del loro ordine:

1. Conoscere: in modo fattuale, far conosce-re il Credo con categorie chiare;

2. Riconoscere: dopo la conoscenza fattualebisogna aiutare a riconoscere il valoredella verità riconosciute;

3. Apprezzare: non basta accettare i valoriin genere. è necessario che il giovane, inrelazione della verità conosciuta e ricono-sciuta, sia capace di affermare: “questo èimportante anche per me personalmente”;

23 Cfr. DGC 84.

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4. Decidere: dopo questi passi della cono-scenza, del riconoscimento e dell’apprez-zamento il giovane è capace di sceglierepersonalmente di condurre la sua vita se-condo questi valori.

Se il giovane ha la possibilita di percorrerequeste tappe ci si può aspettare che prendauna decisione accanto a Cristo.

2. la catechesi e il linguaggio della tra-smissione della fede

L’inculturazione della fede, per certi aspetti,opera attraverso il linguaggio. Questo è im-portante: che la catechesi rispetti e valorizziil linguaggio proprio del messaggio, anzi-tutto quello biblico, ma anche quello stori-co-tradizionale della Chiesa (Simbolo, litur-gia) e il cosiddetto linguaggio dottrinale(formule dogmatiche); ancora è necessarioche la catechesi entri in comunicazione conforme e termini propri della cultura dellapersona cui si rivolge; infine, occorre che lacatechesi stimoli nuove espressioni del Van-gelo nella cultura in cui questo è stato im-piantato24.La questione del linguaggio della trasmis-sione non si può ridurre solamente alla que-stione dell’uso della lingua o al modod’espressione. L’essenza della fede vieneespressa nell’attività della comunità dellaChiesa: nella liturgia (specialmente nella ce-lebrazione dell’eucaristia); nella testimonian-za dei suoi membri; nel servizio verso i piùpiccoli e nella vita della comunità. Questeattività sono parte integrante del linguaggiodi trassmissione (della fede). Il linguaggio della catechesi deve seguire illinguaggio del Vangelo, che è sempre unlinguaggio di sollecitazione e di chiamata.

3. il ruolo della comunità nella trasmis-sione della fede

“La comunità cristiana è l’origine, il luogoe la meta della catechesi. è sempre dalla co-munità cristiana che nasce l’annunzio delVangelo, che invita gli uomini e le donne aconvertirsi e a seguire Cristo. Ed è la stessacomunità che accoglie coloro che desideranoconoscere il Signore e impegnarsi in unavita nuova. Essa accompagna i catecumenie catechizzandi nel loro itinerario catechisti-co e, con materna sollecitudine, li rende par-tecipi della propria esperienza di fede e li in-corpora nel suo seno”25.Di conseguenza la comunità cristiana – lafamiglia, la parrocchia, la scuola cattolica,l’associazione o movimento cristiano, la co-munità di base della Chiesa, la comunità deigiovani – è in se una catechesi vivente. Conla sua esistenza annuncia, celebra e realizzaazioni e rimane il luogo immancabile e vi-vente della catechesi. Bisogna sottolineare il carattere interpreta-tivo della comunità. In una comunità i dogmisperimentati diventano interpretabili e com-prensibili. La comunità con la sua vita, conla sua liturgia, con la sua carità li rende con-formi alla vita, vivibili e autentici.

4. il metodo dell’educazione alla fede

“Nella trasmissione della fede, la Chiesa nonha per sé un metodo proprio né un metodounico, bensì, alla luce della pedagogia diDio, discerne i metodi del tempo, assumecon libertà di spirito «tutto ciò che è vero,nobile, giusto, puro, amabile, onorato e me-rita lode» (Fil 4,8). In sintesi tutti gli ele-menti che non sono in contrasto con il Van-gelo e li pone al servizio di esso. Ciò trova

24 DGC 208. 25 DGC 254.

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mirabile conferma nella storia della Chiesa,dove i tanti carismi di servizio della Parolahanno generato svariati percorsi metodolo-gici. In questo modo «la varietà dei metodiè un segno di vita ed una ricchezza», e in-sieme dimostrazione di rispetto verso i de-stinatari. Tale varietà è richiesta da «l’età elo sviluppo intellettuale dei cristiani, il lorogrado di maturità ecclesiale e spirituale emolte altre circostanze personali»”26.Il legame fra contenuto e metodo nella ca-techesi richede un’attenzione speciale, per-ché questi possono definirsi reciprocamente.Il principio “fedeltà a Dio e fedeltà all’uo-mo”27 aiuta ad evitare la contraposizione oseparazione artificiale fra metodo e conte-nuto. Il metodo sta nel servizio della rive-lazione e della conversione. Il contenuto del-la catechesi dall’altra parte non è irrilevantein ciò quello che riguarda il metodo, ma ri-chiede, invece, un processo di trasmissione,che sia adeguato al messaggio, alle sue fontie al suo linguaggio, alle circostanze dellacomunità ecclesiale, e alla condizione deicredenti ai quali la catechesi è rivolta. Alla fine non si può dimenticare, che il “me-todo” più importante è la persona autenticadel catecumeno, la sua fede, la sua convin-zione, il suo comportamento attraente versoi giovani.

vi. elementi della trasmissione della fede

1. la fede come la strada unica e ca-ratteristica della conoscenza

Noi generalmente cosideriamo una personapreparata quando ha raccolto, studiato, pra-

ticato le nozioni di un tema specifico. Conle nozioni acquisite è capace di risolverecompiti complicati, prendere decisioni cheriguardano la sua vita, infine è capace diprendere queste decisioni sistematicamente. Generalmente teniamo presente la strutturadella conoscenza intellettuale anche quandoparliamo della trasmissione della fede. In uncerto senso – per quanto la conoscenza delcontenuto della fede è un’attivita intelletuale– l’esempio menzionato riguarda anche lafede. Ma nulla è paragonabile alla struttura inter-na della fede. Già per la conoscenza dellafede abbiamo bisogno di un comportamentocredente esistenziale: “Chi osserva i suoicommandamenti dimora in Dio ed egli inlui” (1Gv.3,24). Praticamente il miracolo della fede è questo:‘Fai quello che ti dico, e la verità e la realtàsi apriranno davanti a te!’. Possiamo pen-sare all’esempio del centurione di Cafarnao(cfr. Mt. 8,5-13); o al comportamento diPietro: “sulla tua parola getteró le reti” (Lc5,5); o all’esempio della Signora della fede,alla Virgine Maria: “Eccomi, sono la servadel Signore, avvenga di me quello che haidetto” (Lc 1,38). La strada particolare della ‘conquista’ dellafede: ‘Perché lo dice la parola di Dio, alloralo faccio’ – e la realtà della fede si apre. L’educazione alla fede richiede di mettere igiovani nella “situazione della fede”. Perchésolo cosí sono capaci di conoscere e speri-mentare il senso della fede e del comporta-mento credente. Da queste decisioni esisten-ziali non è permesso di “salvare” i giovani.Anzi, la trasmissione autentica del Credo èil metodo di questa logica divina. “Non bi-sogna avere paura di essere esigenti con

26 DGC 148.27 Cfr. EN 3-4.

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loro in ciò che concerne la loro crescita spi-rituale. Va loro indicata la via della santità, stimo-landoli a fare scelte impegnative nella se-quela di Gesù”28.

2. Gli elementi concreti e pratici da tra-smettere con il contenuto del Credo

Di seguito introduciamo qualche elementofondamentale, che tenendo conto l’aspettocatecumenale, può aiutare la trasmissionedella fede della Chiesa ai giovani. Questi ele-menti prendono in considerazione la parti-colarità dell’età. Nella trasmissione sistema-tica del contenuto intero della fede bisognaconsiderare anche altri aspetti e metodi. 1) La trasmissione dei testi biblici: nella

spiritualità del processo di iniziazione ènecessario trasmettere la Bibbia. Nellostesso tempo, dal punto di vista della ca-techesi è utile scegliere una parte dellascrittura, che il giovane cerca di realiz-zare e di vivere. Periodicamente il gio-vane può raccontare alla presenza dellacomunità, come sia riuscito a realizzarela parte scelta, che cosa gli veniva inmente su di essa; che cosa ha imparato,sperimentato di Dio; come si è trovato;che cosa lo ha fatto contento; quali eranole sue difficoltà. Così la Santa Scritturapuò diventare il filo conduttore della suavita. Non solo conoscerà la Scrittura, mapotrà formare la sua vita quotidiana inbase ad essa.

2) La scoperta della bellezza del mondocreato: la maggior parte dei giovani nonha un esperienza fondamentale della bel-lezza, specialmente della bellezza natu-rale. La scoperta della bellezza del mon-do creato può aiutare a svegliare il suo

desiderio per la bellezza. Da qui c’è lapossibilità di dirigere la sua attenzioneverso la bellezza non creata, verso Dio.

3) Domande esistenziali (vita, morte, sof-ferenza, vita eterna, felicità) nella pro-spettiva del Vangelo. Portato alle doman-de fondamentali il giovane si preoccupama non è sempre pronto a confrontarsicon esse fino alla fine. Se ricevono aiuto,se possono fare domande, impostare leloro obiezioni, alla fine riescono ad arri-vare al punto di accettare personalmentecon convinzione – come l’ultima rispostaalla loro domande – l’esistenza di Dio.Questo può gettare i fondamenti di alcunidogmi del Credo.

4) Aiutare nel prendere decisioni. Mostrarele tappe della decisione: i giovani hannobisogno di aiuto nel prendere le decisionianche se dicono il contrario. Spesso nonriescono prendere decisioni nemmenonelle questioni quotidiane o non riesconoa rimanere fedeli alla decisione fatta pri-ma. Se durante la catechesi noi presen-tiamo e implementiamo insieme a lorogli elementi del processo della decisione,si può sperare che saranno capaci diprendere una decisione anche in que-stioni che riguardano le verità della fede.

5) Introduzione al servizio al prossimo ela pratica regolare di questo servizio: seil giovane non ha nessuna esperienzanel servizio agli altri, nella condivisione,nel dividere il destino con qualcuno, avràdifficoltà a capire il valore dell’amore,della carità, del servizio di Gesù Cristoverso gli uomini. Quando il giovane pra-tica la carità, il dogma dell’incarnazionee della redenzione, diventano esperienza,e di conseguenza, comprensibili ancheper lui.

28 Giovanni Paolo II.: Ecclesia in Europa 62.

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6.) Far conoscere le componenti del perdonoe della riconciliazione, e la loro espe-rienza: questo può aiutare a capire cheDio desidera perdonare sempre la gente,e in Gesù Cristo, nel Suo Figlio lo ha an-che fatto. Anche il giovane ha bisognodi praticare la richiesta di perdono o delperdonare, ha bisogno di praticare la ri-conciliazione. Le sue esperienze in que-sto possono garantire la base per accet-tarne l’insegnamento.

7.) L’esperienza dei segni e dei simboli dellaliturgia come una cosa vissuta: possonoaiutare a capire il contenuto rappresen-tato dai simboli, possono aiutare a spe-rimentare la realtà rappresentata dai sim-boli. Così nella liturgia, che è l’ambientespeciale della confessione della fede, ognisimbolo dirige l’attenzione verso quelloche si confessa con le parole.

8.) I sacramenti, la vita sacramentale –mettere l’accento sui sacramenti dell’eu-caristia e della remissione dei peccati. Lavita con i sacramenti non è soltanto unmezzo per capire il contenuto della fede,ma è un rapporto intimo e interiore. Lavita che si unisce con Dio è capace di ri-conoscere la ricchezza della vita con Dio,che le verità annunciate nel Credo pos-sono arricchire la vita.

9.) La consegna della croce: Esprime il sen-so della fede della Chiesa, esprime il cen-tro del suo insegnamento. La centralitàdella nostra fede – l’incarnazione di GesùCristo, la sua morte sulla croce e la suaresurrezione – è la vita che ci conduceverso la vita eterna attraverso la morte.Nello stesso tempo la croce è l’esperienzaquotidiana della vita umana, ma ancheuna condizione di imitazione di Cristo(cfr. Lc 9, 23-25). Nella catechesi pocoprima della consegna festosa della croce,è necessario parlare del rapporto fra sa-

crificio e vita umana; che i rapporti uma-ni sono costruiti con sacrificio; una vitache evita i sacrifici, conduce alla distru-zione della vita; bisogna parlare del-l’esperienza del proprio sacrificio; del rap-porto fra i sacrifici degli uomini e la crocedi Cristo. Dopo che i giovani hanno ri-flettuto su questi temi, si può consegnareil simbolo della croce.

Questa può essere l’ultima tappa della cate-chesi introduttiva, i giovani recitano festo-samente il Credo (redditio), e le croci ven-gono consegnate loro.

vii. Gli elementi Che sostenGono il proCesso dell’iniziazione

1. il coinvolgimento dei genitori, delcompare e della comare del cresimatonel processo della preparazione

è chiaro che la catechesi in se, senza la coo-perazione delle altre comunità e di altre per-sone nella vita dei giovani, che sono neces-sari nell’educazione alla fede, non è capacedi realizzare il compito di trasmettere la fede.Sapendo anche che spesso queste persone,genitori, compare e comare, garanti, o altriinsegnanti hanno bisogno di rinnovare laloro fede. Forse proprio il loro aiuto nell’educazionedei giovani alla fede è un buon motivo dicoinvolgerli nella vita della Chiesa. Bisognatrovare il modo proprio di fare questo.

2. la preparazione e il coinvolgimentodella comunità parrocchiale nel pro-cesso della catechesi dei giovani

è vero che il primo luogo della catechesi èla parrocchia ma l’esperienza generale mo-

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stra che la comunità della parrocchia nonpartecipa o partecipa poco nel processo diiniziazione dei giovani alla fede. Questo processo rinnova però la comunità.Mentre la comunità sostiene i giovani sullastrada della crescita nella fede – celebrandoliattraverso i riti – può rivivere la sua dignitàcristiana, può rinnovare il terreno della suavita comunitaria. Abbiamo tante domande aperte a questo ri-guardo.

3. organizzare il ritiro spirituale Per approfondire il corpo spirituale sembranecessario organizzare nei momenti specificidel processo di iniziazione, ritiri spirituali.Ogni tanto per i giovani questo sembra essereun peso troppo grande, ma alla fine dell’iti-nerario spirituale sono sempre contenti.

4. Gli elementi del servizio della comu-nità

Il servizio fatto nella comunità può essereun grande aiuto nella realizzazione della ve-rità acquisita anche nel mettere a servizio idoni dello Spirito in favore della comunità.I catecumeni possono far esperienza dellacarità, del suo dono che penetra e forma lanostra vita.

5. la persona e la preparazione del ca-techista che si occupa dei giovani

Oltre ai catecumeni le persone più importantidel processo sono i catechisti. Se i catechistisono adeguati o no dipende prima di tuttodalla loro preparazione personale e dalla lorospiritualità. Nello stesso tempo è importantecostruire la struttura che assicura l’educa-zione e l’aggiornamento dei catechisti.Quando il catechista parla della fede deveessere personale, autentico e convincente,nello stesso tempo lui/lei trasmette la fededella Chiesa nella sua pienezza. Come dicel’apostolo Giovanni nella sua prima lettera: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi ab-biamo udito, ciò che noi abbiamo vedutocon i nostri occhi, ciò che noi abbiamo con-templato e ciò che le nostre mani hannotoccato, ossia il Verbo della vita (poiché lavita si è fatta visibile, noi l’abbiamo vedutae di ciò rendiamo testimonianza e vi annun-ziamo la vita eterna, che era presso il Padree si è resa visibile a noi), quello che abbiamoveduto e udito, noi lo annunziamo anche avoi, perché anche voi siate in comunionecon noi. La nostra comunione è col Padre ecol Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose viscriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta”(cfr. 1GV 1,1-4).

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En la línea de la nueva evangelización parala transmisión de la fe se sitúa nuestro Con-greso. Desde esa perspectiva, la presente re-lación trata de señalar los elementos distin-tivos de una pedagogía de la fe que se ins-pira en el proceso de iniciación cristiana yque podemos definir como “pedagogía deiniciación”. Con esta expresión nos estamosrefiriendo, en un sentido amplio, a todasaquellas acciones que la Iglesia promuevepara suscitar y educar en la fe. Tomamos como referencia para la reflexiónel magisterio de los obispos españoles y,particularmente, por su presentación siste-mática y su orientación pedagógica, el Textonacional para la orientación de la cateque-sis1 (TNOC), de la Conferencia EpiscopalFrancesa, que desarrolla la propuesta del Di-rectorio General para la Catequesis (DGC),en sus números 78 y 91. Merece la pena profundizar en dicha pro-puesta, pues se concreta en una renovadaconciencia de la responsabilidad catequéticade toda la Iglesia y de ella nace la propuestade una pedagogía de iniciación que, sinidentificarse totalmente con la pedagogíapropia del catecumenado bautismal, se ins-pira en ella2.

1. un Cambio de perspeCtiva

Todos los Sínodos de Obispos convocadosdespués del Concilio Vaticano II, se haceneco del cambio cultural y social en el que vi-vimos, y de los desafíos cada vez más no-tables que estos cambios suponen para la fey su transmisión. Estos retos aparecen tam-bién en el documento preparatorio del pró-ximo Sínodo de Obispos. Los tiempos hancambiado, pero somos conscientes de quetambién ahora sigue vigente el mandatoevangélico “id y haced discípulos a todas lasgentes, bautizándolas en el nombre del Padrey del Hijo y del Espíritu Santo, y enseñán-doles a guardar todo lo que os he mandado”.

2. haCia una pastoralde la iniCiaCión Cristiana

Ante esta nueva situación, los documentosdel magisterio eclesial proponen nuevos ca-minos para la transmisión de la fe. Todosasumen que esta no se puede centrar enofrecer una explicación o esclarecer una feque ya habita en el corazón de las personas,

“INIZIAZIONE CRISTIANA

NELLA DINAMICA DELLA FEDE”(PEDAGOGIA DELL’INIZIAZIONE TNOC)

S.E. Mons. D. Javier Salinas Viñals, Obispo de Tortosa (España) e Presidente,de la Subcomisión Episcopal de Catequesis de la Conferencia Episcopal Española

congresso europeo per la catechesi306

Ufficio Catechistico Nazionale Notiziario n. 8

1 Texte national pour l’orientation de la catéchèse en France et des propositions pour l’organisation catéchétique,Bayard - Cerf - Fleurus - Mamem, 2006. Traducción española en Texto nacional para la orientación de la ca-tequesis en Francia y Principios de Organización, editorial CCS, Madrid 2008. 2 Cfr. J.-CL. REICHERT, «Pédagogie d’initiation et pédagogie de l’initiation», en Lumen Vitae, LXI, 3 (2006) 319-331.

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sino en hacer una propuesta que suscite yeduque esta fe. En las raíces de esta nueva perspectiva estála recuperación del concepto de “iniciacióncristiana” y el camino de educación a la feinterno a la misma: el catecumenado bau-tismal. Asumir esto supone una renovacióndel proceso de la acción catequética, tal ycomo plantea el Directorio General para laCatequesis en el número 66.

3. dinamismo de una pedaGoGíade iniCiaCión

Esta profunda renovación del dispositivo ca-tequético de la Iglesia se concreta en la ne-cesidad de desarrollar una doble acción: lamisionera y la de la iniciación cristiana. Estadoble acción constituye un punto de partidacomún, tanto para el desarrollo del catecu-menado bautismal, en su sentido más pro-pio, como para la acción catequética reali-zada, o por realizar, con los ya bautizados. El Directorio insiste en que el catecumenadoha de inspirar el conjunto de la acción ca-tequética de la Iglesia3, aunque sin reprodu-cirlo miméticamente, y nos ofrece claves ilu-minadoras4: – Prioridad del anuncio misionero. En la si-

tuación socio-religiosa actual requiere dela misión “ad gentes”, dirigida a los nobautizados, y de una nueva evangeliza-ción que proponga la fe a los bautizadosque viven alejados de la vida cristiana.

– Responsabilidad de toda la comunidad

eclesial. Es la comunidad cristiana quienentrega progresivamente los bienes quetransforman la vida, y es en ella dondeel catequizando los va haciendo propios.Es la dinámica de la traditio/redditio. Es“el lugar” del diálogo entre la acción deDios y la respuesta humana, en y desdela Iglesia.

– Función de iniciación. La mediación ma-ternal de la Iglesia se realiza a través dedos funciones pastorales íntimamente re-lacionadas: la catequesis y los sacramentosde iniciación. También la educación cris-tiana en la familia y la enseñanza religiosaescolar ejercen una función de iniciación5.

– Dimensión pascual. Por el Bautismo, que-damos incorporados al Misterio Pascual deCristo. Somos introducidos en la NuevaAlianza, pasamos del hombre viejo alhombre nuevo, a la lucha y superacióndel mal con la ayuda de la gracia, a la es-peranza de la resurrección para entrar enla dinámica de una vida según el Espíritu6.

– Atención inicial al proceso de incultura-ción de la fe. Todo el proceso de iniciaciónse inspira en la pedagogía de Dios, quehabla a los hombres como amigos. Se tratade desarrollar las consecuencias pedagó-gicas de la “condescendencia de Dios”,convirtiéndola así en una verdadera es-cuela para la persona. Esto lleva a comu-nicar la Palabra de Dios, y a fomentar unaactitud de escucha y de acogida.

– Escuela de fe. Siguiendo la pedagogía delcatecumenado bautismal, cuyo itinerariositúa en el centro el crecimiento humano

3 Cfr. DGC, 59. 4 Cfr. Ibíd., 91. 5 Cfr. Ibíd., 51. 6 “La iniciación cristiana introduce, no solo en una comunidad humana, ni sólo en un mundo en el que se dejagran espacio a Dios, sino, sobre todo, en una historia de la que Dios y el hombre son simultáneamente prota-gonistas y de la que el iniciado comienza a ser también actor”. En F. RUFFINI, «Iniciación cristiana», en G.BARGAGLIO y S. DIANICH, Nuevo Diccionario de Teología, Editorial Cristiandad, Madrid 1982, 758.

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y cristiano de quien se inicia en la fe, lacatequesis se configura como un procesoformativo y un verdadera escuela de fe:gradual y progresivo, estructurado en eta-pas, un camino a recorrer para llegar a laidentificación bautismal con Cristo7.

En el caso de los niños y jóvenes este pro-ceso ha de tener una dimensión educativaque abarque, no sólo el conjunto de la pro-puesta de la fe, sino también la formaciónen aquellas actitudes que hacen posible suadecuada acogida según las etapas del cre-cimiento de la persona8. – Primacía de la fe y libertad de la persona El itinerario de iniciación pretende, más quetransmitir un saber, introducir en el misteriode la fe9. Una dinámica que se realiza como“un proceso de búsqueda, de escucha y dediálogo; de descubrimiento del Señor y deacercamiento a él, de entrega y «obedienciade la fe» (cfr. Rm 1, 5; 16. 26), y en el queantes y, por encima de todo, está la accióndel amor de Dios que ilumina, da plenitudy cambia el corazón del hombre. Esto es,con toda propiedad, un itinerario de fe”10.

4. puntos de partida Y la dinámiCa de una pedaGoGía de iniCiaCión en CateQuesis11

El término iniciación cristiana forma partedel lenguaje común de nuestras Iglesias. In-cluso se podría decir que “la iniciación cris-tiana es ya un concepto y una función pas-

toral reconocida y bien consolidada en lasIglesias locales...”12. Esto nos lleva a entraren el tema fundamental que nos propone-mos: mostrar los rasgos propios de una pe-dagogía de iniciación que sea común a laacción catequética de la Iglesia dentro delamplio marco de la nueva evangelización. Dicha pedagogía se refiere a todo procesoorientado a facilitar que la persona acoja eldon de Dios, y se propone: impulsar las con-diciones necesarias que posibiliten la expe-riencia espiritual en las distintas situacionesy etapas de la vida; ayudar a participar enla experiencia cristiana, presente en lo quela comunidad eclesial cree, celebra, vive yora; ofrecer itinerarios que, de forma gradualy progresiva, a través de la catequesis y laliturgia, lleven a la incorporación al MisterioPascual en la vida de la Iglesia. Tras el somero recorrido por el DGC, ilumi-nador del dinamismo de la pedagogía de ini-ciación, presento a continuación las líneasde fuerza que orientan esta pedagogía. Paraello, como ya he señalado, tomo como re-ferencia el texto de la Conferencia EpiscopalFrancesa para la orientación de la catequesisy algunas otras aportaciones.

4.1. una pedagogía del don y la libertad

– Punto de partida La pedagogía de iniciación se articula entorno a la primacía de la fe y a la libertadde la persona, y requiere la libertad comoprimera condición para que pueda comenzar

7 Cfr. Ibid., 129. 8 Cfr. Ibid., 178. 9 Cfr. DGC, 68. 10 Cfr. M. DEL CAMPO, «La catequesis al servicio de la iniciación cristiana. Nuevo paradigma de la catequesis»,en Teología y catequesis 101-102 (2007) 207. 11 TNOC, págs. 45-60. 12 SíNODO DE LOS OBISPOS. XIII ASAMBLEA GENERAL ORDINARIA, «La nueva evangelización para la transmisión de lafe cristiana. Lineamenta»,18.

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un camino de iniciación cristiana. y a la li-bertad de la persona debe corresponder elanuncio del don de Dios. Es decir, se tieneel primer anuncio como punto de partida, alque siempre habrá que volver, encaminandoal encuentro con Cristo según la fe de laIglesia. Cuando se trata de niños pequeños es evi-dente que la libertad la ejercen en primerlugar los padres. Pero se debe tender a ha-cer posible que sean los niños los que lahagan propia. y esto es verdad tambiénpara quienes han sido educados cristiana-mente, pues el Evangelio siempre se pro-pone desde la libertad y para la libertad.No se impone, se propone, no se heredasin más, mecánicamente, sino que debe serlibremente aceptado. – Acciones a realizar Debido a la diversidad de situaciones, habríaque ofrecer distintas propuestas, dentro deuna orientación común. Habrá que disponerde un umbral, un “atrio de los gentiles”,para abrir el camino hacia el Evangelio. Además, será necesario crear un clima deacogida incondicional, que en el caso de losniños será el despertar religioso, el primeranuncio de la fe vivido en el seno de la fa-milia, en tono afectivo y global. Tambiénhay que valorar aquí la aportación propiade la educación cristiana que se ofrece en elmundo escolar y, de forma particular, la en-señanza religiosa escolar. – El catequista/acompañante Muchos están dispuestos a emprender estecamino sin haberse dado cuenta de todaslas implicaciones de su elección, por lo queserá necesario que el catequista desarrolleun discernimiento que abra horizontes y dis-ponga a decidirse por la vida cristiana. Tam-bién habría que recuperar la función del pa-drinazgo, buscando fórmulas que apoyen

realmente al que se inicia en la fe, especial-mente a los niños que viven en familiasdonde se da una débil experiencia de fe.

4.2. un pedagogía que se realiza en unproceso gradual y progresivo

– Punto de partida La pedagogía de iniciación, que se inspira enla pedagogía divina, requiere de un itinerario,pues se entra en la experiencia de la fe através de un proceso gradual y progresivo.Así como Dios en su revelación asume lacondición histórica del hombre, así tambiéneste itinerario tiene en cuenta el proceso defe de cada persona, con su ritmo propio.

– Acciones a realizar

Proponer rigurosa, organizada y claramenteun itinerario, asegura el respeto a la libertadde las personas. y para no confundirlo conuna mera propuesta didáctica, se deberá te-ner en cuenta que se trata de un itinerarioal servicio de un proceso interior que llevaa la persona a madurar en la fe y, por tanto,está abierto a la acción del Espíritu Santo,que lleva por caminos e impulsos que noestán programados.

– Catequista/acompañante Entre las condiciones que hacen posible unitinerario hay que subrayar el valor delacompañamiento. En este aspecto, la prác-tica del catecumenado de adultos tiene mu-cho que enseñar: el catequista está al ser-vicio de un itinerario que debe guiar, peroque no le pertenece.

4.3. una pedagogía al servicio de la re-velación

– Punto de partida La pedagogía de iniciación deja que la Pa-labra de Dios, que resuena en las Escrituras

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que la Iglesia nos entrega13, hable por símisma. La catequesis “transmite los hechosy las palabras de la Revelación: debe pro-clamarlos y narrarlos”14. Dios habla a loshombres “como amigos”; les habla para es-tablecer una relación de intimidad con ellos;les busca, viene a ellos, suscita su libre pa-labra de fe15.

– Acciones a realizar En la pedagogía de iniciación, la mediaciónde un texto bíblico alimenta la experienciadel diálogo que Dios, incesantemente, quiereestablecer con los hombres por el EspírituSanto. Ofrecer una clave de lectura para en-trar en el significado de la Sagrada Escrituraes fundamental. Por ejemplo, la lectura oran-te de la Escritura, que tiene en cuenta el va-lor del texto y dispone a la lectura en el es-píritu, articula en una misma unidad el sen-tido literal y el sentido espiritual del texto16.

– Catequista/acompañante La pedagogía de iniciación parte del hechode que es Dios quien toma la iniciativa yviene a nuestro encuentro, subraya el ca-rácter gratuito y sorprendente de la iniciativadivina. y la pedagogía de iniciación trata desensibilizar a esta novedad que supone laacción salvífica y gratuita de Dios; de sus-citar el deseo del encuentro y la respuesta. El catequista, con su testimonio de oracióny con su acompañamiento, debe ayudar aesta sensibilización y al diálogo del hombrecon Dios, atender a las dificultades y a laspreguntas, y ofrecer su palabra de luz y deconsuelo...

4.4. una pedagogía desde el corazón dela iglesia

– Punto de partida La pedagogía de iniciación considera la ca-tequesis como un acto de tradición viva dela Iglesia, que transmite todo lo que Ella esy cree. Así pues, no puede reducirse a unconocimiento de las expresiones históricasde la Tradición, sino que ha de introducir enla corriente viva de la comunidad cristiana17,desde la época apostólica hasta nuestros dí-as.

– Acciones a realizar

Una pedagogía de iniciación introduce en laexperiencia de una fe que siempre les pre-cede, que “resplandece en la vida de la Igle-sia, en su historia dos veces milenaria, y,sobre todo, en el testimonio de los cristianos,particularmente de los santos”18. De ahí elvalor del ejemplo de los santos y mártires,la contribución decisiva de la pedagogía dela santidad.

Entrar en la Tradición viva de la Iglesia esentrar en contacto con los cristianos, es de-jarse acompañar por su testimonio. La ca-tequesis nos sumerge en la historia, tradicióny vida de esta familia, en sus convicciones,en sus costumbres, en su lenguaje; en todoaquello que la constituye.

– Catequista/acompañante El catequista debe atreverse a ser un testigode la fe que ha recibido de la Iglesia y, ensu nombre, la propone. En esta línea, los“documentos de la fe” tienen un valor fun-

13 Cfr. Verbum Domini, 74.14 Ibid., 39. 15 Cfr. Dei Verbum, 2.16 Cfr. Verbum Domini, 37-38. 17 Cfr. DGC 105. 18 DGC, 95.

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damental en el itinerario catequético. El Ca-tecismo de la Iglesia Católica y su Compen-dio son expresión del lenguaje de la fe y re-ferencia de la fe de la Iglesia, por lo que lapedagogía de iniciación invita al catequistaa reconocerlos como textos de referencia,seguros y auténticos para la enseñanza dela doctrina católica19.

4.5. una pedagogía que promueve iti-nerarios de tipo catecumenal

– Punto de partida La pedagogía de iniciación contempla el iti-nerario catecumenal, que tiene distintosacentos según se dirija a los adultos o a losniños y jóvenes. En el primer caso, debe te-ner en cuenta la llamada permanente a laconversión, con todas sus exigencias de rup-tura y de novedad de vida. En el caso deniños y adolescentes, el proceso se debe ar-ticular en torno a una educación que garan-tice su madurez, a fin de que puedan aceptarla fe de una forma libre y no como una he-rencia a la que es necesario acomodarse.

– Acciones a realizar Una pedagogía de iniciación propone itine-rarios que se apoyen y hagan vivir ya lagracia de los sacramentos, pues la Iglesiaacoge en los sacramentos el don gratuito deDios. Así, la celebración litúrgica llegará aser una experiencia que ilumina y configurala vida de quienes participan20. Pero el mis-terio del don de Dios es tan grande, quehace necesario que la Iglesia proponga unacatequesis que se prolonga más allá de lacelebración sacramental, la llamada “cate-quesis mistagógica”.

– Catequista/acompañante La experiencia cristiana descansa sobre eldescubrimiento transformador de ser espe-rado, deseado, llamado, amado gratuitamen-te. Es Dios el que da el primer paso y vienea nosotros, el que inicia en la fe. En esta lí-nea, el catequista es referencia para educaren una participación activa en la celebraciónlitúrgica, en una participación rica y fruc-tuosa, que va vertebrando todo el caminode formación.

4.6. una pedagogía del “seguimiento”

– Punto de partida La pedagogía de iniciación requiere tener encuenta que en el itinerario catecumenal, elrito de “elección” manifiesta que es Diosquien nos ha elegido y que espera nuestrarespuesta. El don de su gracia va por delantede nuestra respuesta y la hace posible. Lapedagogía de iniciación tiene aquí su puntode apoyo para la propuesta ética, que se si-túa en la dinámica del don y la respuesta;de la alegría y el esfuerzo, del Dios que eligey ama incondicionalmente, y del hombreque le responde con su vida. – Acciones a realizar Una pedagogía de iniciación educa para unobrar cristiano que hunde sus raíces en lagracia de Dios. Sólo desde la vivencia dehaber descubierto un tesoro se pueden plan-tear las exigencias morales del Evangelio21.Cuando impulsa la experiencia del don deDios, señala el fundamento sobre el que edi-fica y educa la vida nueva del discípulo deCristo; un camino de transformación interior,que tiene como referencia indispensable “el

19 BENEDICTO XVI, Motu propio al presentar Compendio del Catecismo de la Iglesia Católica, 25 junio de 2005. 20 Cfr. DGC, 85. 21 Cfr. CCE, 1692.

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sermón del Monte, en el que Jesús, asu-miendo el decálogo, le imprime el espíritude las bienaventuranzas”22. – Catequista/acompañante En la pedagogía de iniciación, el catequistase inspira en cuanto nos ofrece el RICA parael tiempo de la purificación y la iluminación.En él se señala la tarea de la formación es-piritual y moral. Así, el catequista ha de dis-cernir sobre la vida de aquellos que se estánintroduciendo en la fe. Su propuesta se dirigea los corazones y a las mentes para purifi-carlas, para discernir lo que todavía no se halogrado, para conseguir aquello que es frutodistintivo de un sí al Evangelio. En todo esto,siempre deberá ofrecer la experiencia del per-dón gratuito e incondicional de Dios.

4.7. una pedagogía abierta a la diver-sidad cultural

– Punto de partida La pedagogía de iniciación se propone acom-pañar el renacer de la identidad singular eincomparable de la persona humana. Esterenacer gracias al seguimiento de Cristo, semanifiesta en una apertura a la amistad yen una capacidad de diálogo permanente.La catequesis favorecerá la expresión per-sonal y la relación social, temiendo en cuen-ta que la experiencia de grupo en el itinerariode la fe, introduce en la experiencia de lacomunidad eclesial23. – Acciones a realizar Fomentar un espacio interpersonal en cate-quesis, contribuye especialmente a la rela-ción social. Desde esta perspectiva se bus-cará valorar los medios de los que ahoradisponemos, sabiendo equilibrar bien el len-

guaje de la imagen con el de la palabra, ellenguaje de lo escrito y el de las nuevas me-diaciones culturales. También la belleza es un camino y el arteuna mediación particularmente rica y pro-metedora. El lenguaje artístico permite a laIglesia hacer perceptible y fascinante, elmundo del espíritu, de lo invisible, de Dios.El arte no es sólo patrimonio del pasado, si-no un lenguaje privilegiado, punto de en-cuentro cultural con la tradición viva quenos une al Evangelio.

– Catequista/acompañante Desarrollar esta dimensión de la pedagogía

de iniciación, pone a prueba la capacidaddel catequista para acoger la diversidad eimpulsar nuevas expresiones de la fe. Seránecesario crecer en la escucha y suscitar eimpulsar nuevas respuestas, que no debenser fabricadas con nosotros sino que debensurgir del encuentro con el Evangelio.

5. Cuestiones abiertas

La pedagogía de iniciación, punto de en-cuentro entre la catequesis dirigida a losbautizados y la dirigida a los catecúmenos,hunde sus raíces en la condición de misteriode comunión y en la misión evangelizadorade la Iglesia, que se desarrolla cuando lascomunidades cristianas asumen la respon-sabilidad de ser luz del mundo. La pedagogía de iniciación es un caminopara la evangelización, que hace falta con-cretar e iluminar planteando algunas cues-tiones que, desde mi punto de vista, perma-necen abiertas.

22 DGC, 85. 23 Cfr. DGC, 86 y 159.

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5.1. ¿Cómo impulsar la responsabilidadevangelizadora de la comunidadeclesial?

Sólo una nueva conciencia de la responsa-bilidad evangelizadora de la Iglesia puedellevar a una actividad misionera y de ini-ciación capaz de responder a los desafíos dela hora presente.

5.2. ¿Cómo desarrollar la dimensióneducativa, la pedagogía de inicia-ción, en relación a niños y jóvenes?

La pedagogía de iniciación requiere desarro-llar una gran capacidad de coordinación detodas las acciones que convergen el procesode iniciación y maduración en la fe de losniños, adolescentes y jóvenes. Se trata dedesarrollar una acción pastoral que integremúltiples acciones de educación en la fe en

función del crecimiento de quienes se inicianen ella.

5.3. ¿Qué formación se necesita parauna pedagogía de iniciación?

Si la pedagogía de iniciación surge en elcontexto de una Iglesia que asume su res-ponsabilidad evangelizadora, una caracte-rística fundamental de la formación de loscatequistas, ha de ser que esta se arraigueen la realidad misma de la Iglesia: intro-ducir en el misterio de la fe, integrar lasdimensiones de la fe, aunar la catequesisy la liturgia... Finalmente, ¿cómo renovar el impulso delos pastores que guían a la comunidad cris-tiana? Ayudarlos a acoger de nuevo su res-ponsabilidad pastoral desde la perspectivade la iniciación cristiana constituye un grandesafío para el futuro inmediato.

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APPENDICE

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Master per Coordinatori dell’animazionecatechistica diocesana organizzato dall’Uni-versità Pontificia Salesiana, Facoltà di Scien-ze dell’Educazione, Istituto di catechetica,Conferenza Episcopale Italiana, Ufficio Ca-techistico Nazionale (gennaio 2012-novembre 2012)

Commissione Iniziazione Cristiana (Roma, 27 febbraio 2012)

Commissione catechesi adulti(Roma, 29 febbraio 2012)

Laboratorio Arte e Catechesi. Commissionecatechesi degli adulti(Roma, 3 maggio 2012)

Commissione Iniziazione Cristiana(Roma, 14 maggio 2012)

III Corso interdisciplinare Bibbia-Arte-Comu nicazionePortae fidei. La Bibbia, l’Arte e la Comuni-cazionea confronto sugli inizi della fede(Matera, 4-8 luglio 2012)

XVIII Corso per animatori bibliciDonne e uomini tra Antico e Nuovo Testa-mento in cammino verso Cristo. (La Verna, 22-28 luglio 2012)

Consulte Nazionali(Abano Terme, 4 ottobre 2012)Ufficio Pastorale per la Famiglia e UfficioCatechistico Nazionale(Assisi, 8-9 novembre 2012)

Giornata di studio sul Catecumenato. (Roma, 1 dicembre 2012)

Riunioni, corsi e attività varie

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