ANIEM · 31/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale Jobs act alla prova dei licenziamenti 38...

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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. ANIEM Rassegna Stampa del 02/01/2018

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INDICE

ANIEM

30/12/2017 La Stampa - Torino

Anche il bar si arrende al Moi abbandonato7

30/12/2017 Il Giornale del Piemonte e della Liguria

LA SINDACA APPENDINO SFIDA: «ARRIVEREMO A FINE MANDATO»8

30/12/2017 Cronaca Qui Torino

Dal Polo delle Biotecnologie alla " b o qu e r i a " Per le Arcate solo promesse nonmantenute

10

31/12/2017 Quotidiano del Molise

Il 2017 dei Lupi11

ANIEM WEB

Il capitolo non contiene articoli

SCENARIO EDILIZIA

02/01/2018 Corriere della Sera - Brescia

LE SFIDE DEL 201813

31/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale

Parisi: «Si può sopprimere l'Anac. E va fatto»17

02/01/2018 Il Sole 24 Ore

Le casse edili cambiano inquadramento18

31/12/2017 Il Sole 24 Ore

Il «doppio fronte» M5S: meno tasse e reddito minimo19

30/12/2017 Il Sole 24 Ore

A Firenze svolta per il «Vespucci»21

30/12/2017 La Repubblica - Genova

Container-boom il porto nel 2018 punta ai 3 milioni*22

30/12/2017 Avvenire - Nazionale

Palumbo Group entra nei cantieri Mondomarine di Savona Reintregrati 9 dipedenti,obiettivo acquisizione definitiva

24

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31/12/2017 QN - Il Resto del Carlino - Reggio Emilia

«Grandi opere, ora aprire i cantieri Sul Politecnico stiamo lavorando»25

30/12/2017 QN - Il Resto del Carlino - Rimini

Il sindaco vara lo sconto del mattone26

30/12/2017 QN - La Nazione - Nazionale

Centro, regole certe per i restauri Edifici storici salvati dal degrado27

30/12/2017 QN - La Nazione - La Spezia

Itec Engineering progetta ponti nel futuro «Difficile trovare professionalità elevate»28

30/12/2017 QN - La Nazione - Umbria

Ater, in arrivo altri duecento alloggi L'edilizia popolare sfida il terremoto30

SCENARIO ECONOMIA

02/01/2018 Corriere della Sera - Nazionale

Autostrade: il segreto di Stato sui contratti dei concessionari32

02/01/2018 Corriere della Sera - Nazionale

I saldi giocano d'anticipo, ultima spinta ai consumi che può aiutare la crescita33

31/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale

«Fondi pensione per far crescere le imprese»34

31/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale

Chi vuole aiutare va incoraggiato: detassiamo la beneficenza36

31/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale

Jobs act alla prova dei licenziamenti38

31/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale

Trasparenza e tutela del risparmio Mifid 2 al via39

30/12/2017 Corriere della Sera - Nazionale

L'Upb e l'allarme sugli effetti «interni» della web tax40

02/01/2018 Corriere L'Economia

Lady europa BIG TECH, BANCHE E GRANDI LOTTE MARGRETHE VESTAGER LAFUSTIGATRICE

41

02/01/2018 Il Sole 24 Ore

Debito, la raccolta scende nel 2018 a 390 miliardi44

02/01/2018 Il Sole 24 Ore

La politica alla prova dell'economia 4.046

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02/01/2018 Il Sole 24 Ore

«Da aumenti e riforma un punto di Pil»48

31/12/2017 Il Sole 24 Ore

Quel mezzo sorriso di Draghi sui tassi49

31/12/2017 Il Sole 24 Ore

«Prova debito» il vero test per la rimonta52

31/12/2017 Il Sole 24 Ore

La ripresa c'è ora l'Italia deve contare nella Ue54

31/12/2017 Il Sole 24 Ore

La risposta record del Pil pro capite56

31/12/2017 Il Sole 24 Ore

FISCO SEMPRE PIÙ VIGILE CON L'E-FATTURA/SGRAVI PER ASSUMERE UNDER35

58

31/12/2017 Il Sole 24 Ore

In Italia fusioni al «rallentatore»65

30/12/2017 Il Sole 24 Ore

Industria, export, lavoro: l'Italia riaccende i motori66

30/12/2017 Il Sole 24 Ore

Jerusalmi: «Il 2018 sarà record per le Ipo in Borsa»68

02/01/2018 La Repubblica - Nazionale

Lo Stato paga col contagocce oltre cento giorni di ritardo il triplo della mediaeuropea

70

02/01/2018 La Repubblica - Nazionale

Decaro (Anci) "Per alzare gli stipendi stop assunzioni"72

31/12/2017 La Repubblica - Nazionale

Pensione essibile ecco le opzioni E dopo due anni salgono gli assegni73

31/12/2017 La Repubblica - Nazionale

Bitcoin e bond ellenici, ha vinto chi ha rischiato75

30/12/2017 La Repubblica - Nazionale

"Dalla fusione Anas-Fs 100 miliardi di investimenti per rilanciare anche il Sud"77

02/01/2018 La Stampa - Nazionale

Panetta (Bankitalia): il Bitcoin è una scommessa, non una moneta79

02/01/2018 Il Messaggero - Nazionale

Per le aziende italiane il rischio delle sanzioni81

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02/01/2018 Il Messaggero - Nazionale

Cartelle semplificate scatta la rivoluzione83

31/12/2017 Il Messaggero - Nazionale

Ilva, Emiliano alza ancora la posta85

30/12/2017 Il Messaggero - Nazionale

Anticipo, età e donne le pensioni dal 201886

SCENARIO PMI

02/01/2018 Corriere della Sera - Nazionale

Promesse elettorali alla prova dei fatti90

02/01/2018 Corriere della Sera - Nazionale

Il cantiere robotica Alleanza Camozzi-Iit per la superfabbrica92

02/01/2018 Corriere L'Economia

chi nutre le startup? barilla, enel, virgin93

02/01/2018 Il Sole 24 Ore

Chimica, domanda interna in ripresa95

30/12/2017 Il Sole 24 Ore - PLUS 24

Sconto fino a 500mila euro per chi si quota nel triennio98

02/01/2018 La Stampa - Savona

Da aprile a giugno bene artigianato e costruzioni99

30/12/2017 Milano Finanza

TRACKER A MISURA DI PIR100

02/01/2018 ItaliaOggi

Pmi, sprint per industria 4.0101

30/12/2017 Il Foglio

Cosa c'è dietro a questa ottima annata di Borsa. Non solo il rialzo record103

30/12/2017 Capital

Sette numeri decisivi per il 2018105

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ANIEM

4 articoli

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Gli effetti del degrado nel quartiere Lingotto Anche il bar si arrende al Moi abbandonato federico genta «Quando, cinque anni fa, non riuscivamo più a coprire tutte le spese, ci hanno detto di tenere duro, che ci

avrebbero aiutato in qualche modo, che tutta la zona, questione di mesi, sarebbe stata rilanciata. Invece di

tempo ne è trascorso molto di più. E alla fine non è andata così». Marisa Di Bella non trattiene le lacrime

quando, accanto al marito Alessandro Claverio, inizia a parlare del locale che ha rappresentato una fetta

importante della loro vita.

«Chiuso per degrado Moi». Invece delle solite sagome in grandezza naturale dei Blues Brothers, ieri

davanti all'ingresso del Cafè Alexander faceva bella mostra di sé lo striscione che in quattro parole riusciva

a dare il senso di un'avventura durata ventitré anni. Il bar è un pezzo di storia di Borgata Filadelfia. Si

affaccia su via Giordano Bruno e su quelle arcate che una volta ospitavano il mercato ortofrutticolo. Finiti gli

anni d'oro e archiviata l'esperienza dei giochi invernali, quando gli affari giustificavano la presenza anche di

dieci dipendenti, l'attività ha iniziato ad incontrare le prime serie difficoltà nel 2012. I proprietari, però, non si

sono arresi. Anzi, hanno venduto anche due alloggi pur di continuare a coprire le spese.

«Mio marito stava chiuso qui dentro tutti i giorni fino a notte fonda. Io venivo a dargli il cambio alle 4, in

modo che potesse almeno riposare qualche ora» racconta Marisa. Lei ha 46 anni, il marito 48. Con loro ci

sono i due figli, entrambi adolescenti. Avevano chiesto e ottenuto rassicurazioni sul fatto che la zona

sarebbe stata al più presto rilanciata. Superato lo stato d'abbandono dell'ex Moi. Superata l'occupazione

delle palazzine olimpiche.

«Quante volte abbiamo chiesto di poter parlare con la sindaca: non siamo mai stati ricevuti. Quante volte,

insieme ai pochi altri commercianti rimasti, abbiamo suggerito piccole iniziative per provare a restituire un

po' di sana vivacità a queste strade. Con la riapertura dello stadio del Toro, ad esempio, avevamo chiesto

di usare il piazzale qui davanti come parcheggio. Ci è stato detto di no»,

«La giunta Appendino ha lasciato cadere nel vuoto la convenzione con Università e Politecnico per

riqualificare le arcate Moi con un progetto di ricerca, poi sono rimaste le chiacchiere del vice sindaco

Montanari su un inesistente bando di assegnazione a piccole attività commerciali, fino alla proposta di

rilancio presentata nei mesi scorsi dai costruttori dell'Aniem, lasciata anche questa cadere nel vuoto

dall'amministrazione comunale» dicono senza tanti giri di parole Augusta Montaruli e Maurizio Marrone di

Fratelli d'Italia, presenti alla chiusura dell'Alexander. «E intanto le serrande del quartiere si abbassano una

alla volta».

E poi c'è la questione del ricollocamento dei profughi. Dopo le tensioni degli ultimi giorni, sfociate in una

vera e propria aggressione alla guida dei mediatori culturali, il progetto di ricollocamento vive una fase di

stallo che rischia seriamente di rovinare il seppur parziale successo raggiunto appena un mese fa, con la

liberazione delle cantine trasformate in dormitori. «La Città dialoga solo con chi rispetta le regole» ha

ribadito ieri la sindaca Chiara Appendino durante la conferenza stampa di fine anno, tornando proprio

sull'aggressione al project manager Antonio Maspoli e sugli uffici vandalizzati e oggi chiusi per la seconda

volta nel giro di poche settimane. «La Città è vicina a Maspoli e non dalla parte di chi affronta con la

violenza un problema di inclusione - dice - con loro la Città non dialoga e non dialogherà». BY NC ND

ALCUNI DIRITTI RISERVATI

30/12/2017Pag. 50 Ed. Torino

diffusione:145421tiratura:210804

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ANIEM - Rassegna Stampa 02/01/2018 7

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PIEMONTE LA SINDACA APPENDINO SFIDA: «ARRIVEREMO A FINE MANDATO» Edoardo Cigolini Chiara Appendino ne è sicura: la sua Giunta arriverà a fine mandato. O almeno questo è quanto ha

dichiarato, in una conferenza stampa a Palazzo Civico, tracciando la somma di ciò che il Movimento 5

Stelle avrebbe fatto nel 2017 alla guida di Torino. Sebbene, infatti, le polemiche sull'operato della sindaca

continunio a montate, dai licenziamenti su Torino Musei, al piano per salvare Gtt dal commissariamento,

fino al mancato sgombero dell'Ex Moi, la giunta rivendicherebbe una serie di interventi effettuati in favore

della città. «Questa amministrazione - ha dichiarato Appendino nonostante molti si divertano a profetizzante

la caduta, continuerà. Arriveremo a fine mandato». Non è dato sapere però se quella della sindaca sia una

promessa o una minaccia. a pagina 3 Chiara Appendino ne è sicura: la sua Giunta arriverà a fine mandato.

O almeno questo è quanto ha dichiarato, in una conferenza stampa a Palazzo Civico, tracciando la somma

di ciò che il Movimento 5 Stelle avrebbe fatto nel 2017 alla guida di Torino. Sebbene, infatti, le polemiche

sull'operato della sindaca continunio a montate, dai licenziamenti su Torino Musei, al piano per salvare Gtt

dal commissariamento, la giunta rivendicherebbe una serie di interventi effettuati in favore della città.

«Questa amministrazione ha dichiarato Appendino sta affrontando con grande coraggio questioni strutturali

irrisolte da anni. E, vi assicuro, è molto più complesso rispetto a mettere una pezza ai problemi. Torino - ha

proseguito - è una città che ha capacità di innovazione e di creare ricchezza non solo economica ma anche

sociale: per cogliere la ripresa in atto, che ora comincia a farsi sentire anche a livello locale, vogliamo

costruire una comunità con solide radici sul piano economico e culturale. Per questo motivo - ha concluso -

non sarà un miracolo arrivare a fine mandato, perchè stiamo lavorando bene, con senso di responsabilità.

Quel senso di responsabilità che ci dice di arrivare fino alla fine e noi arriveremo a fine mandato. Ci

dicevano che saremmo caduti in sede di approvazione del bilancio, invece siamo ancora qui. Continuiamo

a fare bene il nostro lavoro, continueremo a lavorare per i prossimi tre anni e mezzo per prendere le

decisioni che fanno il bene della città». Decisioni che tuttavia, al momento, sembrerebbero decisamente

scarse (o peggio ancora errate). Nelle slide di presentazione del lavoro svolto durante il 2017, infatti, salta

subito all'occhio come l'elenco delle cose "fatte", sia decismente più corto di quello dei buoni propositi per il

2018. Propositi che però, fino a quando non verranno effettivamente tradotti in realtà, rimarranno solamente

scritti su carta. Nessun accenno poi ad alcune cose fatte, di cui però l'amministrazione grillina preferirebbe

forse dimenticarsi, come i blocchi del traffico capaci di lasciare a piedi migliaia di torinesi che però pagano

regolarmente il "bollo" per circolare, o il via libera alla creazione di nuovi super centri commerciali a

discapito dei piccoli commercianti, o il fallito sgombero dell'ExMoi, tutt'ora in mano a centinaia di immigrati

irregolari. A ricordare all'amministrazione Appendino le evidenti mancanze, specialmente sull'ex villaggio

olimpico, ci ha pensato quindi Fratelli d'Italia, che per bocca dei suoi due esponenti torinesi, Augusta

Montaruli e Maurizio Marrone ha attaccato:«Mentre il Sindaco Appendino brinda al 2018 dentro Palazzo

Civico, noi Fratelli d'Italia siamo nelle periferie torinesi che stanno morendo per le promesse elettorali di

riqualificazione tradite dall'Amministrazione comunale grillina, a partire dallo storico bar di borgata

Filadelfia, costretto a chiudere dopo 26 anni di attività per il degrado dell'ex MOI. La Giunta Appendino -

hanno proseguito Montaruli e Marrone - ha lasciato cadere nel vuoto la convenzione con Università degli

Studi e Politecnico per riqualificare le arcate MOI con un progetto di ricerca, poi sono rimaste le chiacchiere

del Vice Sindaco Montanari su un inesistente bando di assegnazione a piccole attività commerciali, fino alla

proposta di rilancio presentata nei mesi scorsi dai costruttori dell'ANIEM, lasciata cadere nel vuoto

dall'amministrazione comunale pentastellata. E intanto le serrande del quartiere si abbassano una alla

volta, una volta saputo che, se anche il progetto di "liberazione" delle palazzine olimpiche occupate

funzionasse, i profughi torneranno lì, semplicemente gestiti dalle cooperative invece che dai centri sociali».

30/12/2017Pag. 1 Il Giornale del Piemonte e della Liguria

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ANIEM - Rassegna Stampa 02/01/2018 8

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Foto: SODDISFATTA Nonostante gli avvisi di garanzia e le polemiche Appendino tira dritta

30/12/2017Pag. 1 Il Giornale del Piemonte e della Liguria

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ANIEM - Rassegna Stampa 02/01/2018 9

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IL CASO La Circoscrizione 8 spera ancora in nuovi progetti per la riqualificazione dell' area Dal Polo delle Biotecnologie alla " b o qu e r i a " Per le Arcate solopromesse non mantenute Ô Non c'è bisogno di addentrarsi all' interno del Villaggio Olimpico e visitare le palazzine occupate da oltre

quattro anni per capire come abbandono e degrado abbiano segnato il destino delle Arcate. A vigilare sulle

promesse mai realizzate, ultima in ordine di tempo un delibera per l' arrivo di un Polo delle Biotecnologie

che avrebbe integrato il futuro Parco della Salute, resta una zelante guardia giurata che chiede ai curiosi di

non avanzare un passo oltre le transenne che incorniciano il vuoto. Dentro i vecchi locali dei mercati

generali, utilizzati un' ultima volta per una rassegna d' arte contemporanea di cui restano ancora cartelloni

pubblicitari, resistono cabine elettriche depredate d' ogni cavo ma non gli arredi, finiti in qualche discarica.

Eppure le idee non mancherebbero, a partire da quel mercatino di cui qualche volta ha parlato l'as sess ore

all' Urbanistica, Guido Montanari o le proposte avanzate alla Circoscrizione 8 da privati interessati a

riqualificare l ' a r ea , tutt' ora in concessione al Politecnico. «Ci auguriamo che con il nuovo anno qualcosa

si muova ma serve la volontà di far partire un progetto» commenta il presidente Davide Ricca, la cui

speranza è ancora quella di veder nascere qui «una sorta di " boqueria", per cui l' area avrebbe tutte le

caratteristiche necessarie». Un libro dei sogni che cozza con una realtà fatta di abbandono e per cui sono

tornati a protestare i Fratelli d' Italia, Maurizio Marrone e Augusta Montaruli. «La chiusura di un bar storico è

solo l' ultima tappa di una situazione che denunciamo da anni» spiega Marrone, secondo cui «andrebbero

studiati incentivi e sgravi fiscali per quelle attività che sono costrette a convivere con l' occupazione e lo

sgombero del Moi». L ' accordo sul Polo delle Biotecnologie annunciato nel 2015 dalla giunta Fassino,

sfumato insieme con il finanziamento del progetto da parte dell' Università degli Studi di Torino, sembra

ormai irrealizzabile. «La giunta Appendino ha lasciato cadere nel vuoto la convenzione e nemmeno l'

assegnazione a piccole attività commerciali si è mai realizzata, così come la proposta di rilancio presentata

nei mesi scorsi dai costruttori dell' Aniem è rimasta lettera morta» continuano Marrone e Montaruli. «Intanto

le serrande del quartiere si abbassano una alla volta: saputo che, se anche il progetto di " liberazione" delle

palazzine olimpiche occupate funzionasse, i profughi torneranno qui, chi investirebbe per convivere con

una realtà simile in gestione alle cooperative se non ai centri sociali che hanno supportato l'occu pazione

del Villaggio Olimpico?». [en. rom.]

30/12/2017Pag. 5

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ANIEM - Rassegna Stampa 02/01/2018 10

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Il 2017 dei Lupi Dalla salvezza con Silva al rischio fallimento L'intervento della Dl Group salva il calcio rossoblù di Franco de Santis CAMPOBASSO. Dal rischio retrocessione alla salvezza, dal baratro della mancata

iscrizione alla nuova rinascita. Passando per sconfitte (molte), vittorie (poche), illusioni, delusioni, qualche

soddisfazione, gli alti e i bassi del pubblico. Emozioni, nient'altro che emozioni sognando che quella palla di

cuoio finisca in rete e si possano alzare le mani al cielo oltre che urlare a squarciagola che il Campobasso

ha segnato. Il 2017 non è stato un anno generoso con i tifosi rossoblù, come del resto accade da un po' di

tempo a questa parte. Ma la tenacia di chi non ha mollato e il coraggio di chi è venuto a investire qui vanno

valutate come oro colato. Proviamo a ripercorrere questi dodici mesi. Dalle dimissioni di Novelli alla

salvezza con Silva. Gennaio si apre con la terza sconfitta consecutiva: sul neutro di Isernia passa il Pineto

e per i rossoblù è notte fonda. La zona playout è realtà, i tifosi contestano l'allenatore Raffaele Novelli che

rassegna le dimissioni. Una fase delicata in cui Perrucci e Aliberti decidono di affidare la panchina a

Massimo Silva, uno degli esperti considerando il suo trascorso da calciatore e da tecnico. Sboccia subito

l'amore tra lo scarso pubblico di Selvapiana e il nuovo trainer: stese, nell'ordine, Castelfidardo, Jesina,

Vastese e San Marino in casa. A fine marzo la salvezza è ormai un obiettivo alla portata. I gol del giovane

Martiniello e l'entusiasmo del gruppo fanno la differenza, come le doti di Silva. La squadra lotta sul campo

ma bisogna fare i conti con le vicende societarie: le difficoltà sono evidenti, le vertenze iniziano a pesare

come macigni sulle casse del club. Il direttore sportivo Antonio Minadeo è uno dei pochissimi a restare a

combattere in 'trincea', svolgendo diverse mansioni. Esplode il problema dei debiti: l'ancora di salvezza si

chiama Dl Group. I Lupi conquistano la permanenza in categoria tra mille difficoltà. Ma si apre il fronte

societario. I vertici dirigenziali optano per la continuità aziendale e lasciano in sospeso alcune vertenze di

ex tesserati: saranno decisive per la penalizzazione di quattro punti arrivata a dicembre. La situazione

sembra non avere soluzioni, l'associazione 'Noi siamo il Campobasso' con il p r e s i d e n t e Landolfi in

testa decide di convocare un tavolo tecnico al quale vengono invitate le cariche istituzionali. Rispondono

tutti presente, dal presidente della Regione Frattura al sindaco Battista passando per il presidente del

consiglio comunale Durante. E tra i più attivi c'è anche il presidente dell'Acem Di Niro. Nel corso delle

riunioni (se ne faranno tre nel mese di giugno, ndr) si evince che la massa debitoria è di circa mezzo

milione, e questo appare come un ostacolo insormontabile per aprire qualsiasi trattativa. La politica fa

qualche promessa a livello di reperimento di sponsor. Il quadro è drammatico: a fine giugno il Campobasso

è a un passo dal quinto fallimento.

Foto: La festa di Agnone tra giocatori e tifo

Foto: Silva e Minadeo

Foto: Il tavolo tecnico di giugno

31/12/2017Pag. 24

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ANIEM - Rassegna Stampa 02/01/2018 11

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SCENARIO EDILIZIA

12 articoli

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LE SFIDE DEL 2018 Pietro Gorlani Infrastrutture Cantieri della Tav per Verona e in Valtrompia per l'autostrada

I lavori per la Tav Brescia- Verona e per l'autostrada della Valtrompia erano dati per certi nel 2017 da

diversi politici nazionali e locali. Ad oggi dei cantieri non si è vista l'ombra. Certo si è chiarito il percorso

procedurale della strada ferrata la scorsa estate Rfi ha deciso di non realizzare più lo shunt; in autunno la

giustizia amministrativa ha bocciato i ricorsi di enti locali e ambientalisti; sono anche arrivate le prime

comunicazioni d'esproprio (600 i proprietari interessati). Ma è di venti giorni l'ennesima risacca burocratica:

la Corte dei Conti non ha validato il progetto (spesa di 2,499 miliardi) chiedendo al ministero dell'Economia

delle integrazioni. Vista la campagna elettorale alle porte, il via ai lavori sul primo lotto (a Lonato) non

inizieranno di certo a gennaio. Chissà se partiranno nel 2018. Sulla carta sembrano più vicini i cantieri per

l'autostrada di Valtrompia, dopo che il Consiglio di Stato il 14 dicembre ha rigettato il ricorso Anas, la quale

contestava l'aggiornamento dei costi di realizzazione chiesto dai costruttori e riconosciuto dal Tar. Per il

commissario regionale Filippo Dadone gli extra-costi sono di 58 milioni (si aggiungono ai 155 milioni con cui

il gruppo Salini si è aggiudicato la gara nel 2007): se il Tar validerà il conteggio i lavori potrebbero partire. In

caso contrario passeranno altri mesi preziosi. Il 2018 è cruciale anche per il completamento della corda

molle (Azzano-Ospitaletto): i lavori spettano al gruppo Gavio. Al netto dell'ennesimo sgambetto della

burocrazia. E chissà se Catullo e Save investiranno i promessi 50 milioni per rilanciare l'aeroporto di

Montichiari.

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Politica Voto in Loggia e rebus alleanze con la Regione ed il Parlamento

Mai primavera fu più cruciale per il futuro politico - e quindi amministrativo - di città e provincia. Il 4 marzo si

inizia con le elezioni politiche. Al di là dei risultati (gli ultimi sondaggi danno in vantaggio il centrodestra),

sarà dirimente capire se Brescia potrà avere una rappresentatività decente nel futuro Governo. Tradotto:

quei sottosegretari, viceministri (e perché no, un ministro) che sono mancati nell'ultima legislatura e che

potrebbero agevolare investimenti (infrastrutturali e non) su un territorio «locomotiva» del Paese. Cruciali

saranno anche le elezioni regionali (potrebbero essere accorpate alle politiche) anche se non si può dire

che Brescia negli ultimi 5 anni non abbia avuto peso amministrativo al Pirellone (gli assessori Beccalossi,

Bordonali, Parolini). A primavera inoltrata poi si voterà per il rinnovo del consiglio comunale di palazzo

Loggia. Il sindaco uscente Emilio Del Bono - forte anche del sobrio lavoro svolto in questi anni, con una

giunta tutto sommato coesa e mai sfiorata da scandali o inchieste - parrebbe il favorito. Un vantaggio certo

virtuale, alimentato però dalla palese difficoltà nella quale si trova il centrodestra, ancora alle prese con la

scelta del candidato sindaco, mentre i Cinque Stelle, che candidano l'imprenditore Guido Ghidini, puntano a

migliorare il 7,29% ottenuto nel 2013 al primo turno. Altro passaggio per nulla secondario sarà, ad ottobre,

la scelta del nuovo presidente della Provincia, guidata negli ultimi 4 anni da Pierluigi Mottinelli (Pd). Se a

votare saranno ancora sindaci e consiglieri, vista la geografia delle ultime amministrative, è plausibile che la

spunti il centrodestra. ( p.gor. )

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Ambiente Caffaro, la bonifica in stand by Un depuratore salverà il Mella

Altra grande sfida mancata del 2017 è stata quella riguardante le bonifiche del sito Caffaro. Il commissario

Roberto Moreni è riuscito ad indire la gara europea per risanare il sito aziendale di via Milano, il focolaio

principe dell'inquinamento. L'ha vinta la filiale italiana di una multinazionale Usa: Aecom-Urs. Che però non

ha ancora ricevuto l'incarico per la progettazione preliminare. Perché ST&A, una delle società escluse dalla

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gara (il cui principale socio è indagato per reati di non poco conto), ha prima fatto ricorso al Tar (respinto)

ed ora al Consiglio di Stato. Si è messa di mezzo anche la burocrazia romana: dal 31 agosto si attende una

firma che riconfermi l'incarico di commissario a Moreni, l'unico che può portare avanti affidamenti dei

progetti e pagamenti. È una corsa contro il tempo, perché i 30 milioni di fondi strutturali Ue devono essere

spesi entro fine 2019. O andranno persi. Nel 2017 non sono partite nemmeno le annunciate bonifiche sul

campo d'atletica Calvesi (partirà entro febbraio, assicurano dalla Loggia) e al parco Passo Gavia: anche qui

c'è un ricorso al Tar della società giunta quarta alla gara a fermare il tutto. Il 2018 sarà invece l'anno

dell'avvio dei cantieri del depuratore di Valtrompia, a Concesio, anche se sarà pronto nel 2019. Dopo

decenni d'attesa, si intravede la fine di uno scandalo ambientale che vede ancora oggi gli scarichi di 85mila

residenti e 2mila aziende finire nel fiume Mella. Sarà un anno cruciale per capire se partirà la progettazione

definitiva del nuovo depuratore del Garda, che l'Aato vuole fare a Visano, a 81 km di distanza, contro la

volontà di diversi comuni bassaioli. ( p.gor. )

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Periferie Al via la rinascita di via Milano S.Polo riparte dalla Tintoretto

Il 2018 sarà anno cruciale per la rinascita delle periferie cittadine. La sfida cardine riguarda via Milano, oggi

conosciuta come «ghetto» di stranieri, ammorbata dal traffico e dall'inquinamento della Caffaro. Grazie alla

vittoria di due bandi governativi (che garantiscono 20 milioni a fondo perduto) la Loggia potrà iniziare la

realizzazione di 14 progetti, con il coinvolgimento di una dozzina di partner privati per complessivi 50 milioni

di investimento. Entro la primavera il Comune perfezionerà l'acquisto della palazzina al civico 140, che

abbatterà per trasformarla in una piazza con poliambulatori. La rigenerazione urbanistica proseguirà con

l'acquisizione di una porzione dell'ex fabbrica Ideal Clima (7500 metri quadri dei complessivi 44mila):

l'obiettivo è realizzare un teatro per ragazzi (due sale da 300 e 200 posti). Altri importanti interventi pubblici

alle ex Case del Sole e nel recupero della fermata ferroviaria Borgo San Giovanni, che sarà servita (nel

2019) da un treno ogni mezz'ora. Nel 2018 partirà anche la realizzazione del museo Musil finanziato dalla

società Basileus, che vuole costruire anche case-bottega nell'adiacente ex laminatoio Tempini. Sul fronte

est, a San Polo, si attende il bando che deciderà il destino della Tintoretto: concorrerà la società Investire

Sgr (che vuole demolirla per realizzare 270 appartamenti ad housing sociale) ma potranno partecipare

anche privati intenzionati a ristrutturarla (la Loggia sta pensando ad una formula per garantire contributi per

gli affitti). Si concluderà anche il recupero da parte di Coop ed Esselunga delle ex aree industriali dei

Magazzini Generali e dell'ex Idra. ( p.gor. )

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Economia Il lavoro resta una priorità Banche, le Bcc alla prova riforma

L' anno appena iniziato ripropone, per l'economia bresciana, sfide più o meno tradizionali. Con gli attori del

settore industriale e controparte sindacale, rispettivamente per le proprie competenze, che puntano alla

creazione di nuovo lavoro meglio se meno precario e più adeguato a quell'evoluzione della produzione che

caratterizzerà anche in terra bresciana, i prossimi anni. Un ulteriore passo in avanti che dovrà essere

supportato e affiancato dal ruolo di una istruzione - formazione capace di continuare a guardare fuori dai

propri edifici per dare risposte veloci ad un mondo in continua e rapida evoluzione. Le banche cooperative,

terminate le principali aggregazione imposte dalla legge, si troveranno ad affrontare con nuovi parametri il

mercato, mettendo alla prova dei fatti la tanto sbandierata vicinanza al territorio con la capacità di fare

credito «sicuro» senza penalizzare, ad esempio, le storie personali e i progetti imprenditoriali di tante

piccole imprese artigiane. Ubi Banca con molta probabilità darà definitivamente addio al sistema duale con

l'integrazione dell'organo di sorveglianza, attraverso un comitato di controllo, dentro il consiglio di

amministrazione. Obiettivo: maggiore efficienza ma i tempi per la riforma dello statuto sono stretti e se non

saranno sufficienti per inserire la proposta dell'assemblea di aprile, si sta già pensando ad un'assise

straordinaria. Il mondo della cooperazione punta ad un consolidamento dei segnali di ripresa economica

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sempre nella difficoltà di coniugare solidarietà, rispetto delle regole e capacità di stare sul mercato.

Roberto Giulietti

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Sanità È il momento dei pazienti cronici Scarsi entusiasmi e rischio flop

L' allenamento è durato un anno intero. A gennaio 2017 era entrata in vigore la riforma sanitaria regionale,

quella che ha trasformato le aziende ospedaliere in Aziende socio sanitarie locali e le Asl in Agenzie per la

tutela della salute. A febbraio partiranno le prime lettere nelle quali si spiegheranno ai pazienti cronici come

verranno presi in carico da un gestore che si occuperà di seguirlo nella gestione, anche burocratica (tra

visite specialistiche, controlli e accertamenti diagnostici) del proprio percorso terapeutico. La stima fatta

dalle autorità sanitaria è che nel territorio dell'Ats di Brescia (la provincia senza la Valcamonica) saranno

385 mila per persone interessate a questo aspetto della riforma (175 mila sono a Brescia, hinterland e

Valtrompia, cioè il territorio di competenza dell'Ospedale Civile). Una riforma che dovrà fare i conti con un

sistema che presenta ancora più di una criticità. A partire dallo scarso entusiasmo con cui i medici di base, i

professionisti che per primi avrebbero dovuto rappresentare i motori della riforma, hanno risposto

all'appello: quote di poco superiori al 50%, il che significa che buona parte dei pazienti cronici dovranno

rivolgersi, per la presa in carico a persone diverse dal proprio medico curante. I prossimi mesi diranno

quale sarà la risposta dei pazienti cronici all'invito della regione a scegliersi un professionista o una

struttura che si occupi delle sue patologie e di tutti gli esami necessari. I pazienti potranno anche decidere

di proseguire con il vecchio modello. In questo caso per la Riforma sanitaria sarebbe una battuta d'arresto

di quelle cocenti.

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2,4950

Foto:

I miliardi per realizzare la linea Tav da Brescia a Verona. Ma la Corte dei Conti ha chiesto integrazioni al

piano finanziario. I cantieri sul primo lotto di Lonato, attesi per gennaio, sono così destinati a subire

l'ennesimo ritardo

Foto:

tra la coalizione di Del Bono e quella di Paroli nel primo turno delle comunali del maggio 2013 (ovvero il

38,06% contro il 38). Al ballottaggio il centrosinistra ha poi vinto con il 56,53%

delle preferenze

48050

Foto:

Sono quelli che annualmente finiscono dalla Caffaro nei fossi, perché non basta il pompaggio ed il filtraggio

dell'acqua di falda: necessaria la messa in sicurezza del sito, di cui manca ancora il progetto

Foto:

Sono i milioni dei contributi pubblici e privati che inizieranno ad essere utilizzati per la rigenerazione di via

Milano. Si parte con l'abbattimento della palazzina al civico 140 che sarà trasformata in piazza con

ambulatori8,6 1,4

Il tasso di disoccupazione a Brescia nel 2016 si è attestato attorno all'8,6% che sale al 32, 9 % per quanto

riguarda il livello dei giovani occupati. Nel 2008, prima della crisi, era del 6,2%.

Il valore aggiunto generato dalla produzione della provincia di Brescia è cresciuto, per il quarto anno

consecutivo, dell'1,4% rispetto al 2016. Questo dato è composto per il 30.6% dall'industria385 175

Sono 385 mila i pazienti nel territorio dell'Agenzia per la tutela della Salute di Brescia affetti da una o più

patologie croniche. Entro febbraio riceveranno le lettere per la presa in carico della loro patologia

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Sono 175 mila i pazienti cronici stimati dalle autorità sanitarie nel territorio di competenza dell'Asst di

Brescia (la città, l'hinterland e la Valtrompia). Tredicimila cronici si rivolgono già da tempo all'Ospedale

Civile cittadino.

Foto:

Scorci Una suggestiva immagine nottura di Brescia 2 (LaPresse)

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L'intervista Parisi: «Si può sopprimere l'Anac. E va fatto» Marco Cremonesi MILANO «L'Anac va abolita alla prima riunione del Consiglio dei ministri della prossima legislatura, insieme

al nuovo codice degli appalti». Stefano Parisi, il fondatore di Energie per l'Italia, risponde secco a Raffaele

Cantone, il presidente dell'Autorità anticorruzione che sul Corriere di ieri si è augurato che «la campagna

elettorale non metta in discussione» i principi che hanno ispirato la nascita dell'agenzia.

Per Cantone sopprimere Anac sarebbe impossibile per gli impegni internazionali assunti dal Paese.

«E quali sarebbero? La convenzione Onu e la convenzione penale sulla corruzione stabiliscono che negli

Stati operino organi indipendenti. Ma nessun accordo obbliga l'Italia a creare un mostro giuridico che vigila,

emana regole sulla cui applicazione vigila, dà pareri su quelle stesse norme. Determinando confusione

normativa e deresponsabilizzazione».

Deresponsabilizzazione?

«Certo, le pubbliche amministrazioni sono immobili in attesa di un parere dell'Anac. Per tutelarsi e non

rischiare. Abbiamo bisogno di una pubblica amministrazione che funzioni, che faccia girare l'economia non

che la blocchi. Senza rubare».

E come si fa?

«In Paesi virtuosi le autorità anticorruzione fanno capo agli organi giudiziari o ai dicasteri competenti in

materia di giustizia ed economia. Le competenze Anac devono essere affidate ad una Corte dei conti

riformata, capace di un effettivo controllo di gestione delle amministrazioni pubbliche».

Per Cantone l'Anac serve a soprattutto a prevenire.

«In discussione non è la necessità di contrastare la corruzione prevenendola. C'è l'efficacia dell'azione

dell'Anac. La corruzione si combatte innanzitutto mettendo nei ruoli politici e amministrativi persone integre,

competenti e capaci. E poi, con strumenti di controllo di gestione che misurino l'efficacia e l'economicità

degli atti, non solo la correttezza formale. Per giunta, ci sono i rallentamenti... ».

Anac rallenta la realizzazione delle opere?

«Basta un'occhiata ai dati Ance. Dimostrano come le numerose disposizioni che il codice dei contratti

pubblici rinvia all'Anac stiano ritardando e complicando enormemente gare e appalti. Quanto agli arbitrati

per le banche fallite, lo stesso Cantone ammette che le procedure preliminari non si sono ancora concluse.

Il fatto è che serve crescita e occupazione e per questo serve una burocrazia trasparente e efficiente e

questo sarà un grande tema della prossima campagna elettorale. Cantone si rassegni...».

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Gli appalti Sono stati complicati gli appalti e la pubblica amministrazione è immobile per paura

Chi èStefano Parisi, 61 anni, ex manager,

ha fondato

e guida

il movimento «Energie

per l'Italia»

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Circolare Inps. D'ora in poi stesso codice contributivo delle attività ausiliarie di settore Le casse edili cambiano inquadramento Antonello Orlando L'Inps torna sul tema dell'inquadramento delle casse edili con la circolare n. 193 del 29 dicembre 2017. A

poca distanza dall'apparizione della norma di riferimento per l'inquadramento previdenziale (la legge

88/1989), l'istituto, con il messaggio n. 5850/1990, aveva originariamente chiarito che le casse edili - in

quanto enti creati dai rappresentanti delle imprese e lavoratori edili - dovessero essere ricondotte ai

soggetti che esercitavano attività ausiliarie dell'edilizia con conseguente attribuzione del codice statistico

contributivo n. 11305 a partire dal gennaio del 1990. A distanza di quasi 15 anni, l'istituto aveva variato tale

orientamento con la circolare 80/2014, slegando le attività delle casse edili da quelle peculiari del settore

dell'edilizia (anche in presenza dell'applicazione del Ccnl di settore), non configurandosi più un rapporto

ausiliario fra aziende edili e casse. L'Inps aveva ricondotto le attività delle casse al settore terziario,

attribuendo in questo modo il codice statistico contributivo n. 70706 dal luglio 2014 con variazione d'ufficio

da parte delle sedi. Meno di un mese dopo, il messaggio 6099/2014,a seguito di un confronto con il

ministero del Lavoro, rimandava a data da destinarsi l'annunciato reinquadramento. Dopo tre anni, l'Inps

torna sull'argomento, muovendo da un'altra considerazione: analizzando le dinamiche di inquadramento di

altri organismi di natura bilaterale del settore edile, l'istituto ha infatti rilevato come le scuole edili di

formazione professionale e i comitati paritetici per la sicurezza, risultino inquadrati fra le attività ausiliarie

dell'edilizia, con codice n. 11305 (quello originariamente previsto dal 1990). Approfondendo ulteriormente i

tratti in comune fra queste tre tipologie di enti (casse edili, comitati paritetici e scuole di formazione

professionale), l'Inps trae la conclusione che vi siano quattro elementi in comune fra questi: svolgimento di

funzioni ausiliarie dell'attività edile; destinazione dei servizi offerti a favore di aziende edili; applicazione al

proprio organico del Ccnl edile e assetto organizzativo bilaterale fra rappresentanti del datore di lavoro e

dei lavoratori. Sulla base di questa considerazione, anche per le casse edili viene stabilito con efficacia ex

nunc il codice statistico 11305 e il codice Ateco 94.11.00. © RIPRODUZIONE RISERVATA

02/01/2018Pag. 17

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PANORAMA Il «doppio fronte» M5S: meno tasse e reddito minimo Manuela Perrone Il M5S prosegue sulla strategia del "doppio fronte" in vista delle politiche. Accanto alla riforma fiscale sul

modello Trump per convincere il Nord produttivo, resiste il reddito minimo che fa presa al Sud. Obiettivo

minimo: raddoppiarei seggi in Parlamento. pagina8 Da «onestà, onestà, onestà» a «competenza ed

esperienza». Dal «qui da noi gli indagati non si candidano» (Luigi Di Maio, 2014) al lasciapassare nelle liste

anche per chiè coinvolto in procedimenti penali, ma per reati minori che non ledano l'immagine del

Movimento. Dalle parole d'ordine del 2013 dell'ambiente, dell'acqua pubblica e dell'Europa matrignaa quelle

della campagna 2018: fisco modello Trump, che sostenga il ceto medio e il Nord produttivo dove Di Maio

sta andandoa caccia di voti, «smart nation», un'Italia che scommetta sull'innovazione e abbatta il peso della

burocrazia, referendum per l'addio all'euro come «ultima ratio» e non più come priorità. Con un unico trait

d'union tra passato e presente: quel reddito di cittadinanza che fa presa nelle aree disagiate del Paese,

proposta di cui il M5S vanta la primogenitura rispetto a chi, da ultimo Silvio Berlusconi, promette misure

anti­povertà. I toni barricaderiei "vaffa" sono un ricordo. Il 2017 dei grillini si chiude con il poker di novità

annunciate ieri sul blog da Di Maio (nuova associazione con sede a Romae uno statuto veroe proprio,

organigramma, codice etico e regolamento per la selezione dei candidati alle elezioni del 4 marzo) e con il

controdiscorso di fine anno che oggi Beppe Grillo diffonderà sul web con un video. Qui la visione generale

del cofondatore del Movimento, che resta nel ruolo di garante (la sola carica a tempo indeterminato, che

diventerà elettiva), là le novità sostanziali che cambiano pelle al M5S. L'orizzontalità lascia il passoa una

struttura più verticistica, pure se Davide Casaleggio assicura: «Non siamo un partito». Il capo politico Di

Maio (figura che in futuro sarà eletta dagli iscritti in rete per cinque anni, rinnovabili fino a dieci) ha l'ultima

parola sulle candidature per le politiche, nonché il potere di scegliere i volti nei collegi uninominali, di

concerto con Grillo, tra coloro che avanzeranno la candidatura entro il 3 gennaio. Le parlamentarie, a metà

mese, di fatto serviranno esclusivamente a designare i candidati nelle liste proporzionali. I big avranno la

"bis­candidatura" nel collegioe nel listino collegato. Dall'impalcatura giuridica ridisegnata i Cinque Stelle

sperano di ricavare un doppio risultato: arginare le grane giudiziarie (sempre che dalla rottamazione della

vecchia omonima associazione del 2009, che però resta in piedi, e dall'uso del simbolo non ne derivino di

nuove)e selezionare il più possi­ bile le new entry in Parlamento. Esigenza cruciale per evitare di ripetere il

copione di questa legislatura, con ben 40 parlamentari persi. È il nuovo codice eticoa imporre il vincolo di

mandato vietato dalla Costituzione. Per esempio quando obbliga gli elettia «votare la fiducia, ogni qualvolta

ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del Consiglio espressione del M5S». O

quando prevede una penale di 100mila euro per gli espulsi (che dovranno dimettersi dalla carica) e i

«voltagabbana». Il ricambio sarà forte, anche se si confida nella riconferma di più della metà degli uscenti. I

pentastellati stimano chei seggi passeranno dagli attuali 123a 250­300, di cui 150­170 alla Camera (40­60 dai

collegi uninominali). L'esigenza di fedeltà aumenta, insiemea quella di scrollarsi di dosso l'etichetta di

improvvisati senza qualità, che il caso della giun­ ta Raggia Roma non ha aiutatoa rimuovere. Da qui

l'insistenza di Di Maio sui «competenti», perché «è ora di pensare in grande». La metamorfosi del M5S è

rafforzata da un'altra novità eclatante: sparisce per gli eletti l'obbligo a non associarsi con altri partiti o

gruppi, presente nel codice del 2013 e ora sostituito dal dovere di «compiere ogni atto funzionale

all'attuazionee realizzazione del programma del M5S». In controluce c'è la strategia di Di Maio e

Casaleggio: puntare a diventare il primo partito (il 35%è l'obiettivo del candidato premier) per lanciare, la

sera del voto, un appello alle altre forze e proporre un'intesa sui programmi da presentare al presidente

Mattarella durante le consultazioni. Prima delle urne nessun cenno alle alleanze, anzi la rivendicazione

della «chiarezza contro le ammucchiate». Dopo, tutto è possibile. Buona parte dei grillini aspetta il risultato

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di Liberi e Uguali di Pietro Grasso per sondare la fattibilità di un assea sinistra. Ma l'ipotesi Lega resta.

Certo è che l'avversario principe non è più il Pd di Renzi, ma proprio il centrodestra il cui radicamento al

Nord si tenta di insidiare, non senza difficoltà (non giova l'ostilità al Jobs Act). Le promesse? Una manovra

choc per abbassare le tasse sulle imprese attingendo anchea risorse in deficit. Una riforma Irpef per

alleggerire il ceto medio. E un pacchetto di semplificazioni, con il progetto delle «400 leggi da abolire».

Molta della agognata credibilità si giocherà sulla squadra di governo. I corteggiamenti a nomi di peso

(magistrati, economistie "uomini di Stato") sono aperti. Di Maio, stasera, brinderà al Circo Massimo. Con

una consapevolezza: il 2017 gli ha regalato la scalata al Movimento. Quella a Palazzo Chigi sarà molto più

ardua. Secondo di una serie di articoli Ieri la prima puntata sul PdI numeri e gli obiettivi del Movimento IN

PARLAMENTO Gruppo M5S. Bilancio di legislatura Pe rsi 21 Camera Membri attuali ¬21 0Conqui stati

Saldo RISULTATI E SONDAGGI Dati in percentuale Politiche 2013* 88 25,55 Europee 2014

(*) Per le p oli tiche risu lta ti Ca mera Pe rsi 19 21,15 Senato Membri attuali 35 ¬18 1Conqui stati Saldo

Sondaggi dicembre 2017 25,7/29 Media 27,7% (calcolata da Termometro politico nella settimana 18-24

dicembre) LA STRATEGIA Le parole d'ordine Il M5S individua nel Nord produttivo il nuovo target da

"convincere" in vista delle politiche. Da qui la proposta di una riforma fiscale sul modello Trump, che

abbassi il prelievo sul ceto medio e sulle imprese, e l'idea di fare dell'Italia una «smart nation», che limiti il

peso della burocrazia. Temi rilanciati dal leader Luigi Di Maio nel giro di incontri a porte chiuse e semi-

chiuse dei giorni scorsi con esponenti di banche, imprese e associazioni di categoria. Senza dimenticare

però una delle parole d'ordine originarie: il reddito di cittadinanza (condizionato a formazione e ricerca di un

lavoro) che, per sua natura, strizza l'occhio agli elettori indecisi del Sud. Le nuove regole Fino alle 12 di

mercoledì 3 gennaio tutti gli iscritti al MoVimento 5 Stelle possono autocandidarsi alle parlamentarie.

Purché si iscrivano alla nuova associazione M5S. Tra i requisiti richiesti spicca il limite massimo di 40 anni

per candidarsi alla Camera, derogabile però per i deputati uscenti, il divieto di iscrizione a logge

massoniche, il non aver avuto rapporti con altre forze politiche dopo il 4 ottobre 2009, l'aver svolto fin qui un

solo mandato (sia locale che centrale). Con apparente deroga per tutti coloro che ne hanno ricoperto uno in

scadenza nella primavera 2018. Chi verrà eletto dovrà impegnarsi poi a versare 300 euro mensili a favore

della piattaforma Rousseau. Fon te: Op enp olis e sondaggi elettorali

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Aeroporti. Dopo il via libera della valutazione di impatto ambientale ­ Investimento da 330 milioni per lanuova aerostazione e pista A Firenze svolta per il «Vespucci» LA STRATEGIA Il presidente Carrai : «Non faremo un aumento di capitale ma stiamo studiando l'emissionedi un prestito obbligazionario» Silvia Pieraccini FIRENZE Firenze si avvia a completare i lavori delle linee 2 e 3 del tram (in primavera, investimento

pubblico di 425 milioni)e intanto si prepara ad aprire i cantieri di un'altra infrastruttura strategica, attesa da

oltre 20 annie considerata fondamentale per lo sviluppo economico della Toscana: si tratta della nuova

pista di voloe della nuova aerostazione dell'aeroporto «Vespucci», investimento da oltre 330 milioni che nei

giorni scorsi ha ottenuto la valutazione d'impatto ambientale positiva del Governo, con una serie di

prescrizioni. Ora si aprirà la conferenza dei servizi per la compatibilità urbanistica dell'opera e, una volta

fatta la gara, partiranno i lavori attesi nell'estate­autunno 2018. Per Toscana Aeroporti, la società quotata

che gestisce gli scali di Firenzee Pisae che fa capo al gruppo Corporation America del magnate argentino

Eduardo Eurnekian, è una svolta sospirata: «Abbiamo vinto la sfida, che solo qualche anno fa sembrava

impossibile, di creare un sistema aeroportuale complementare Firenze­Pisa ­ spiega Marco Carrai,

presidente di Toscana Aeroporti ­ un sistema che ora, grazie agli investimenti in programma, ha l'ambizione

di diventare il terzo polo aeroportuale italiano». La nuova pista, che prenderà il posto dell'attuale, sarà

lunga 2.400 metri, parallela all'autostrada A11 e permetterà un consistente sviluppo dello scalo fiorentino,

che a fine anno toccherà i 2,7 milioni di passeggeri ma che resta penalizzato nella crescita e

nell'operatività: basta un po' di vento o di nebbia perché le dimensioni e l'inclinazione della pista attuale

impediscano di decollare o atterrare in sicurezza. Il potenziamento dello scalo servirà a fini turistici, ma

servirà soprattutto alle aziende del territorio e alla clientela business, sfiancate dai disagi: gli imprenditori di

Confindustria Firenze nelle settimane scorse sono arrivati addirittura a manifestare con striscioni e

megafoni a favore dell'aeroporto. «Firenze è una delle prime aree italiane per incidenza della manifattura

sul Pil ­ sottolinea Carrai ­ e qui hanno sede grandi aziende italianee internazionali che hanno bisogno di

collegamenti veloci e puntuali. Abbiamo apprezzato l'iniziativa degli imprenditori proprio perché

infrastrutture come questa sono a servizio del territorio, delle aziende e del lavoro». Uno studio di Aci

Europe stima che la nuova pista porterà duemila nuovi posti di lavoro diretti e 8.400 posti indiretti a regime,

nel 2029, quando i passeggeri dovrebbero salire a 4,5 milioni. La sola fase di cantiere attiverà più di 350

posti di lavoro. L'indotto generato dal nuovo aeroporto è stimato, secondo uno studio Irpet, in 730 milioni di

euro. Riguardo all'investimento, Toscana Aeroporti potrà contare su un finanziamento del Governo di 150

milioni e, per il resto (180 milioni), attingerà a capitali propri e al credito. «Non faremo un aumento di

capitale precisa Carrai ­ ma stiamo studiando varie strade di finanziamento tra cui l'emissione di un prestito

obbligazionario». Per il presidente di Toscana Aeroporti la strada che ha portato al via libera della pista di

Firenze è un modus operandi virtuoso: «Collaborazione di tutte le istituzioni, certezza delle regole, certezza

dei tempi e assoluta compatibilità ambientale: a queste condizioni le infrastrutture possono essere fatte

anche in Italia, che così può continuare ad attrarre persone e capitali».

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 21

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Container-boom il porto nel 2018 punta ai 3 milioni* Il presidente Signorini: "Risultato eclatante ma ce la possiamo fare con le infrastrutture" massimo minella Non c'è pace nemmeno a una manciata d'ore dalla fine dell'anno, di questo 2017 che, di fatto, ha coinciso

con il primo esercizio al comando del nuovo porto di Genova-Savona.

Il presidente dell'authority Paolo Signorini è alle prese con le ultime, delicate pratiche, prima di staccare

qualche giorno e di ripresentarsi a gennaio con un programma già fitto di impegni e di idee.

L'agenda per il 2018 è sostanzialmente pronta, a cominciare dai traffici. Nel 2017 il porto di Genova ha

superato ancora una volta il suo record storico ed è salito fino a 2,6 milioni di teu (unità di misura del

container pari a un pezzo da venti piedi). Può crescere ancora? «Assolutamente sì - risponde il presidente

Signorini - I margini di sviluppo ci sono in ogni singolo terminal». Ma fino a che punto? Sarebbe già

possibile ipotizzare un dato? «Voglio gettare il cuore oltre l'ostacolo, come si dice in questi casi - aggiunge

subito Signorini - Credo che tre milioni di teu siano alla nostra portata fin dal prossimo anno, a condizione

ovviamente che questo sviluppo sia sostenuto da adeguate infrastrutture». pagina III Non c'è pace

nemmeno a una manciata d'ore dalla fine dell'anno, di questo 2017 che, di fatto, ha coinciso con il primo

esercizio al comando del nuovo porto di Genova-Savona.

Il presidente dell'authority Paolo Signorini è alle prese con le ultime, delicate pratiche, prima di staccare

qualche giorno e di ripresentarsi a gennaio con un programma già fitto di impegni e di idee. L'agenda per il

2018 è sostanzialmente pronta, ma molti dei progetti che vorrebbe veder realizzati non dipendono da lui,

quanto da una serie di soggetti chiamati a pronunciarsi sul destino del primo porto d'Italia. E qui già si crea

un primo punto di frizione perché a decidere le sorti di uno scalo che ha unito due realtà complesse come

Genova e Savona dovrebbero essere innanzitutto i territori. E non è una questione di autonomia o di

indipendenza, quanto più pragmaticamente di organizzazione del lavoro. Ma vediamo nel dettaglio i nodi da

sciogliere per lo scalo genovese.

I traffici. Nel 2017 il porto di Genova ha superato ancora una volta il suo record storico ed è salito fino a 2,6

milioni di teu (unità di misura del container pari a un pezzo da venti piedi).

Può crescere ancora? «Assolutamente sì - risponde il presidente Signorini - I margini di sviluppo ci sono in

ogni singolo terminal». Ma fino a che punto? Sarebbe già possibile ipotizzare un dato? «Voglio gettare il

cuore oltre l'ostacolo, come si dice in questi casi - aggiunge subito Signorini - Credo che tre milioni di teu

siano alla nostra portata fin dal prossimo anno, a condizione ovviamente che questo sviluppo sia sostenuto

da adeguate infrastrutture». Percentualmente, siamo attorno ai dieci punti. Risultato ambizioso, ma alla

portata dello scalo, a condizione che la crescita sia appunto sostenuta da adeguate infrastrutture. E qui si

arriva subito al punto.

Le infrastrutture. Non c'è margine di crescita senza un adeguato sostegno infrastrutturale. «E l'unica

modalità che possiamo potenziare è quella ferroviaria, non possiamo certo pensare di caricare

ulteriormente la crescita dei traffici sulla gomma» spiega il presidente. Le grandi opere sono infatti in

cantiere, il terzo valico sarà pronto a fine 2021, la Gronda potrebbe vedere i primi cantieri alla fine del 2018.

Diventa quindi fondamentale intervenire sull'esistente, vale a dire sul rafforzamento della ferrovia nel porto

di Sampierdarena e in quello di Pra'. Le due gambe su cui corre il porto di Genova sono destinate a

svilupparsi nel corso del 2018. Tutti i terminal del porto vecchio ipotizzano infatti segni positivi, sempre in

attesa che possa debuttare il Bettolo. Cresceranno il Sech e le Rinfuse, con la nuova compagine azionaria

Spinelli-Msc, il terminal Spinelli e Messina, sostenuto dall'arrivo delle navi Msc. Stesso discorso per il Vte

che pensa addirittura, per potenziarsi, ad acquisire l'area destinata ai traghetti, riconvertendola alla

missione dei container. Diventa quindi decisivo sfruttare al meglio la modalità ferroviaria, innalzando la

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 22

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percentuale di utilizzo in rapporto alla gomma. Da questo nuovo rapporto gomma-ferro dipende

sostanzialmente gran parte della sfida del porto di Genova nel 2018.

La squadra. L'anno che sta arrivando porterà una trasformazione che a Palazzo San Giorgio in parecchi

(non tutti quanti) stanno già aspettando. Dovrebbe ricostituirsi la direzione tecnica, mentre nasceranno

nuove figure dirigenziali con referenti specifici per gli scali di Genova e Savona. Un rafforzamento delle

figure dirigenziali che sarà affiancato anche da una crescita dell'organico complessivo, come annunciato di

recente dall'autorità portuale.

Ma il concetto di squadra, che tanto piace al presidente Paolo Signorini, coinvolge inevitabilmente anche

quella di vertice, vale a dire il comitato di gestione che nel 2018 vedrà l'ingresso del rappresentante del

Comune di Genova. Palazzo Tursi continua a essere rappresentato dall'ex sindaco Marco Doria, ma a

gennaio l'attuale sindaco, Marco Bucci, dovrebbe indicare la propria scelta. Nei mesi scorsi si era fatto il

nome dell'ex manager alla guida del Vte, Cirillo Orlandi, poi presidente dl porto della Spezia. Ma da allora

non si sono fatti in avanti. Il comitato continua comunque a operare e nell'ultima seduta di giovedì scorso,

oltre al rinnovo della licenza a Mondomarine per il rilancio del cantiere, ha approvato anche la revoca

anticipata della concessione a Ente Bacini,la società che gestisce i bacini di carenaggio del porto di

Genova. «Si tratta di un passaggio previsto e necessario per contemperare le esigenze dell'imminente gara

pubblica per l'assegnazione dei servizi di carenaggio con la continuità operativa dell'Ente fino

all'esaurimento delle proprie finalità istituzionali» spiega Signorini. Per quanto riguarda Savona, infine,

approvato il passaggio della concessione delle aree di cantiere dalla società Grandi Lavori Fincosit ad Apm

Terminals Vado Ligure spa, che potrà così avviare l'allestimento del terminal.I punti

Il piano di sviluppo per il prossimo anno 1I traffici Nel 2017 il porto di Genova ha superato ancora una volta

il suo record storico ed è salito fino a 2,6 milioni di teu. Può crescere ancora, fino ad arrivare a fine 2018 a

tre milioni. Percentualmente, siamo attorno ai dieci punti. Risultato ambizioso, ma alla portata dello scalo

2Le infrastrutture L'unica modalità che può essere potenziata è quella ferroviaria, non si può certo pensare

di caricare ulteriormente la crescita dei traffici sulla gomma.

Le grandi opere sono infatti in cantiere, il terzo valico sarà pronto a fine 2021, la Gronda potrebbe vedere i

primi cantieri alla fine del 2018. Diventa fondamentale intervenire sull'esistente, rafforzando la ferrovia sia

nel porto di Sampierdarena sia in quello di Pra'

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NAUTICA Palumbo Group entra nei cantieri Mondomarine di Savona Reintregrati 9dipedenti, obiettivo acquisizione definitiva (P.Pit.) Per gli oltre 70 lavoratori dello storico cantiere navale Mondomarine di Savona, ex Campanella fondato nel

1915 - che tra l'altro erano pure rimasti senza tredicesima a Natale - si intravvede un po' di luce in fondo al

tunnel. Se giovedì avevano tirato un sospiro di sollievo dopo che il Comitato portuale aveva approvato il

rinnovo temporaneo della concessione demaniale delle aree sulle quali si sviluppa l'azienda, ieri hanno

gioito alla notizia dell'ingresso di Palumbo Group nel cantiere savonese che da molti mesi vive una grave

situazione di crisi - nonostante le commesse di mega yacht, sfociata nella messa in liquidazione e in

un'inchiesta che riguarda anche i vertici, compreso l'ex presidente (sino al 2016) e azionista di maggioranza

Piero Falciai che, proprio a causa dell'inchiesta della Guardia di Finanza savonese, aveva rinunciato alla

presidenza di Monte dei Paschi di Siena. Con l'affitto del ramo d'azienda da parte dell'azienda napoletana

per un periodo di sei mesi, Palumbo Group non solo garantirà il riavvio del lavoro ma pure l'immediato

reintegro di 9 dipendenti, con l'obiettivo di procedere all'acquisizione definitiva del sito impiegando tutte le

maestranze. Palumbo Group aveva di recente acquistato i cantieri Isa Yacht di Ancona rilanciandone la

piena attività e l'arrivo in Mondomarine rappresenta un significativo passo nel raggiungimento del piano

strategico di sviluppo del network di cantieri nel Mediterraneo (sono 6 i siti attuali del gruppo) e nel settore

dedicato ai superyacht.

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 24

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«Grandi opere, ora aprire i cantieri Sul Politecnico stiamo lavorando» di ALESSANDRA CODELUPPI PRESIDENTE degli Industriali Reggio Mauro Severi, quali saranno le

prospettive per le imprese nel 2018? «Quest'anno Reggio ha dimostrato di confermare i segnali di ripresa

lanciati nel 2016. Se nel 2018 si continuasse così, non andrebbe male. La disoccupazione è diminuita:

dopo Bolzano abbiamo i numeri più bassi, nonostante la crisi edilizia e altre difficoltà. L'export è cresciuto.

Nel grande territorio mediopadano Reggio è la città che ha saputo reagire meglio. Imprenditori come gli

Amadei a Lentigione, capaci di rimboccarsi le maniche senza piangersi addosso dopo il disastro

dell'alluvione, sono un esempio per il nostro territorio». Nel 2018 si saranno le elezioni politiche. Come

crede che potranno influire sulla nostra economia? «Gli imprenditori hanno bisogno di semplificazioni,

riduzioni del costo del lavoro e agevolazioni di cui godono in altri Paesi europei. Vedremo se si perderà

tempo per guerre politiche o se avremo un governo in grado di prendere provvedimenti». La piena

valorizzazione di Reggio, anche sul piano dell'immagine, è ancora lontana. Quale può essere un'eccellenza

su cui puntare? «Da poco è nata Destinazione turistica Emilia. Oltre alla Motor Valley, c'è il settore

alimentare, ora molto di moda. Sul turismo c'è tutto da inventare: i reggiani non conoscono bene il proprio

territorio, ricco di beni artistici che dovremmo valorizzare e promuovere». Il sindaco Luca Vecchi ha

annunciato che il 2018 sarà l'anno delle grandi opere. Cosa auspicate per le imprese? «Il sindaco è riuscito

a ottenere finanziamenti che riconoscono l'importanza di Reggio. Aspettiamo l'arrivo e il completamento

delle opere, ma servono tempi più corti. Bisogna accelerare e far partire i cantieri. Conoscendo il sistema

burocratico italiano sappiamo anche che a volte i tempi non li governa la giunta comunale». Il Politecnico

vagheggiato dall'architetto Calatrava resterà solo un progetto di ampio respiro? «No: ci stiamo lavorando.

Ci siamo confrontati con il sindaco e il rettore Angelo Oreste Andrisano: stiamo guardando cos'è possibile

fare, perché c'è qualche problema legato alle leggi. Il Politecnico in zona Tav servirebbe perché abbiamo

bisogno di tecnici qualificati al servizio della Motor Valley. Gli imprenditori lamentano di non trovarne oppure

di non averli preparati in base alle esigenze del nostro territorio. Occorre inoltre che il sistema universitario

regionale collabori con le imprese e che gli istituti tecnici recuperino la qualità di una volta». Rilancio delle

Fiere e Mediopadana sono due punti nevralgici per la città. «Non serve un nuovo polo fieristico in

concorrenza con altre città, ma semmai ospitare iniziative legate al territorio o già esistenti e da valorizzare.

Va studiato con altri spazi nel piano regolatore per la zona Tav. Le aree sono già tutte di proprietà degli

imprenditori: la regia rimane al Comune che dopo aver salvaguardato la zona intorno alla Mediopadana

deve promuovere lo sviluppo edilizio secondo un progetto di grande respiro. Per la Tav, gli investitori

devono intervenire dove la programmazione urbanistica esiste già, ma mi risulta che ci si stia lavorando».

Rei, azienda pubblico-privata che doveva promuovere l'innovazione è stata liquidata: è la fine di un

progetto? «No, c'è il rilancio. Abbiamo concluso la sistemazione: fondazione e laboratori torneranno al

servizio delle imprese accedendo ai finanziamenti per la Motor Valley».

31/12/2017Pag. 7 Ed. Reggio Emilia

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 25

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MORCIANO Il sindaco vara lo sconto del mattone MORCIANO vara il suo piano 2018 in ambito di edilizia: drastica riduzione della Cosap e rateizzazione degli

oneri di concessione all'ente pubblico, per dare nuovo impulso alle piccole imprese edili (imbianchini,

muratori, piastrellisti, etc.) e favorire la riqualificazione degli immobili esistenti. «La prima azione in ambito

urbanistico è stata la modifica al regolamento edilizio di Morciano, con novità importanti per quanto riguarda

la superficie degli alloggi e la capacità abitativa - ribadisce il sindaco Giorgio Ciotti - La seconda azione ora

è data invece dal nuovo regolamento per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (Cosap), approvato nel

corso del consiglio comunale del 22 dicembre scorso. Il regolamento prevede in particolar modo riduzioni

fino al 50 per cento per l'occupazione di suolo legata ai cantieri edili. Una misura che faciliterà soprattutto

coloro che devono eseguire lavori di sistemazione (verniciatura, intonacatura, etc.). Infine la terza azione va

invece incontro a chi si accinge a compiere un investimento per realizzare un intervento edilizio (sia esso

un nuovo edificio oppure una riqualificazione). Con un'apposita delibera, l'amministrazione comunale ha

infatti autorizzato la rateizzazione degli oneri di concessione edilizia dovuti all'ente. In poche parole, non

sarà più necessario pagare subito l'intera somma spettante al Comune, ma sarà possibile diluirla in 12

mesi, 24 mesi o 36 mesi , attraverso apposite rate». lu.pi.

30/12/2017Pag. 13 Ed. Rimini

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 26

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EDILIZIA LA GIUNTA DA IL VIA ALLA VARIANTE AL REGOLAMENTO URBANISTICO Centro, regole certe per i restauri Edifici storici salvati dal degrado PER GLI EDIFICI di pregio storico-architettonico da ieri è arrivata la 'ristrutturazione con limitazioni'. Ieri la

giunta di Palazzo Vecchio su proposta dell'assessore all'Urbanistica Giovanni Bettarini ha approvato la

delibera che dà avvio alla variante al regolamento urbanistico che richiederà una procedura di alcuni mesi.

Primo passaggio tecnico la verifica di assoggettabilità della nuova normativa a valutazione ambientale

strategica (Vas). «Abbiamo trovato una soluzione a una situazione estremamente complessa emersa negli

ultimi mesi - ha spiegato l'assessore - dovuta alla complessità del quadro normativo in materia edilizia,

recentemente modificato e a numerose sentenze della Corte di Cassazione. Dopo molte riflessioni,

abbiamo individuato la ristrutturazione edilizia, seppur con alcuni limiti, come modalità per coniugare la

tutela del nostro patrimonio edilizio con la missione del regolamento urbanistico: quella di rigenerare il

patrimonio edilizio esistente senza impegnare nuovo suolo ad oggi non costruito». LA GIUNTA ha quindi

deciso di non rivedere la classificazione del patrimonio edilizio, considerata comunque un patrimonio di

valore a vari livelli, e di 'spostare' il tipo di intervento massimo ammissibile alla ristrutturazione edilizia,

anche se con delle limitazioni. L'obiettivo delle limitazioni introdotte è quello di mantenere gli elementi

identitari del patrimonio edilizio cittadino, che altrimenti correrebbero il rischio di essere cancellati

applicando la ristrutturazione edilizia piena. «Il nostro intento - ha aggiunto Bettarini - è anche quello di dare

ai professionisti uno strumento amministrativo che abbia tempi certi. L'esigenza di rifunzionalizzare il

patrimonio esistente - è la conclusione - non è solo un'esigenza urbanistica ma anche un'esigenza sociale

legata alla necessità di riqualificare i 'buchi neri' della città e di evitare i fenomeni di degrado fisico e sociale

spesso legati all'abbandono degli edifici». NEL MAGGIO scorso una sentenza della Corte di Cassazione

aveva effettivamente messo in ginocchio l'edilizia fiorentina stoppando di fatto numerosi cantieri, c'è voluto

un pronunciamento del Senato nella 'manovrina' di giugno per sbloccare la situazione e una sentenza del

Tar a settembre. La delibera di giunta da ora il via all'iter procedurale per fare chiarezza sulle ristrutturazioni

nell'intero centro storico. Pa.Fi.

30/12/2017Pag. 8

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 27

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ECCELLENZE MOLTE GRANDI OPERE FIRMATE DAGLI INGEGNERI SARZANESI Itec Engineering progetta ponti nel futuro «Difficile trovareprofessionalità elevate» di EMANUELA ROSI «RICORDATI che sei a Sarzana, dove credi di andare» gli avevano detto con

sarcasmo. Ma Roberto Vallarino era sicuro che il futuro del suo lavoro fosse nelle grandi opere

ingegneristiche, anche rimanendo a Sarzana. In una realtà piccola che davvero poco offre alle società di

ingegneria, in un momento in cui il settore risentiva pesantemente della crisi economica, della mancanza di

investimenti pubblici e privati, la Itec Engineering, di cui l'ingegnere sarzanese Vallarino è amministratore

delegato non ha pensato a fermarsi ma a crescere: ha investito in professionalità e tecnologia per farsi

trovare in prima linea nel momento dell'inversione di tendenza, continuando a puntare sulla

multidisciplinarietà specializzata e la flessibilità. Risultato? Qualche giorno fa la firma dell'accordo fra

Sanlorenzo Spa e Regione Liguria per la realizzazione dell'argine del lotto 4 nella piana di Ameglia

progettato da Itec che per il cantiere sta sviluppando parte del nuovo progetto di ampliamento. Pochi giorni

prima il varo del primo dei due ponti sul torrente Pogliascina a Borghetto Vara, progettato sempre da Itec

prima per conto di Ire, la società in house della Regione, poi di Anas. Un importante passo per il ripristino

della viabilità e della messa in sicurezza idraulica dopo l'alluvione del 2011. Negli stessi giorni

l'inaugurazione della variante di Santa Chiara sulla Strada regionale 445 a Gassano di Fivizzano, un'opera

da oltre 25 milioni di euro che nei 2 km di tracciato ha 3 viadotti, un sottopasso ferroviario e una galleria

naturale di 174 metri. Da aggiungere il progetto per il ripristino dell'argine crollato sul Parmignola, e

l'aggiudicazione della gara della Regione Toscana per lo studio di fattibilità dello scolmatore del Torrente

Carrione a Carrara. La prima parte dello studio è stata consegnata a dicembre e prevede la realizzazione di

una galleria scolmatrice lunga 580 metri per sei di diametro. SUCCESSI che arrivano al termine di un anno

determinante per consolidare le scelte aziendali. La Itec Engineering, una sede legale nella piccola

Sarzana e una a Genova, ha infatti concluso progetti molto importanti come il ponte sul fiume Serchio il cui

iter era iniziato nel 2014 con la vittoria del concorso internazionale di progettazione con 42 partecipanti da

tutta Europa. Un'opera molto complessa dal punto di vista strutturale: un ponte ad alta valenza

architettonica lungo 264 metri con un viadotto di accesso di 177, per una viabilità complessiva di circa 700

metri e un costo superiore a 12 milioni di euro. E poi il ponte di Riva Trigoso, altro fiore all'occhiello del

gruppo: una struttura di 60 metri che coniuga la snellezza imposta dalle condizioni necessarie per ridurre il

rischio idraulico della foce del Torrente Petronio, alla necessità di raccordare la viabilità locale con le

limitazioni imposte dalla vicina Fincantieri per il transito di trasporti eccezionali e la riqualificazione del

water-front di Riva Trigoso. Un grande risultato che ha aperto la strada a nuovi progetti come la gara vinta

per due ponti similari a Matera, capitale europea della cultura, previsti nel 2019. «SONO appena uscito

dalla riunione per un appalto da 110 milioni di euro in Lombardia... una variante autostradale» dice, con

semplicità, l'amministratore delegato Roberto Vallarino che 16 anni fa aveva aperto la DecProject srl,

quattro anni dopo l'aveva fusa con lo studio associato genovese degli ingegneri Pietro Misurale, ora

presidente della Itec, Osvaldo Strafella e Domenico Rocca. In seguito al riassetto aziendale si è poi

aggiunto l'ingegner Daniele Guerrieri. Le 16 unità del primo anno di attività della società (10 a Genova e 6 a

Sarzana) oggi sono 26, equamente ripartiti tra le due sedi. Ma le occasioni di lavoro all'interno della società

non sono esaurite. «E' DIFFICILE trovare alte professionalità in zona - spiega Roberto Vallarino - Abbiamo

bisogno di ingegneri e disegnatori capaci di utilizzare le nuove tecnologie ma fatichiamo a trovarne.

Cerchiamo sia esperti che neolaureati, abbiamo collaboratori altamente qualificati che provengono da

Livorno, Pisa, Genova. Le due sedi oggi sono un punto di forza. A Genova sviluppiamo tutta la parte

idraulica, di depurazione e delle opere associate, con importanti commesse acquisite con il gruppo Iren, i

due recenti accordi quadro con Toscana Energia per lo sviluppo delle reti gas e con il consorzio Cociv, per

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il quale il Cipe ha deliberato i 2.3 miliardi di euro per i due lotti mancanti. A Sarzana sviluppiamo invece

l'ingegneria delle strutture, delle infrastrutture, strade e ponti, e la geotecnica oggi elemento sostanziale per

i progetti di salvaguardia del territorio. Ho sempre guardato all'ingegneria delle opere complesse, puntando

a creare un'azienda di altissima qualità capace di dare risposte in tutti i settori. La mia idea è che la qualità

ingegneristica si possa misurare con la performance legata alla capacità del professionista di adottare

soluzioni innovative ed efficaci, realizzabili con costi equi. Purtroppo spesso l'innovazione fa paura, viene

vista con scetticismo, ma con molti imprenditori che hanno una visione aperta riusciamo a lavorare bene.

La passione e lo studio continuo consentono di fare grandi cose anche lasciando la sede a Sarzana». IPROGETTI Ponti e argini

La società ha progettato l'argine del lotto 4 di Ameglia che sarà realizzato da Sanlorenzo Spa in base

all'accordo con la Regione Liguria. Per il cantiere sta sviluppando parte del progetto di ampliamento. Poi il

ponte sul torrente Pogliascina a Borghetto Vara, appena varato

Sicurezza idraulica

Itec ha realizzato anche il progetto esecutivo del rifacimento dell'argine del Parmignola crollato

nell'alluvione. Si è aggiudicata la gara della Regione Toscana per lo studio di fattibilità dello scolmatore del

Torrente Carrione a Carrara

L'Ad Roberto Vallarino

Lo studio e l'innovazione continui consentono di fare grandi cose anche restando a Sarzana

La società

Nata nel 2006 ha raddoppiato il personale della sede legale di Sarzana. Ha cinque soci e 26 tra dipendenti

e collaboratori. Opera nei campi dell'ingegneria idraulica, strutturale, infrastrutturale e geotermica

La "svolta"

Tre anni fa ha vinto il concorso internazionale di progettazione con 42 partecipanti da tutta Europa per il

ponte sul Serchio, opera da 12 milioni di euro

Ricerca continua e corsi interni

Itec è alla continua ricerca di soluzioni ingegneristiche innovative, ha implementato lo sviluppo tecnologico

nel campo dei software BIM. Sviluppa corsi interni di modellazione che consentono di ottimizzare il costo

dell'ingegneria offrendo un prodotto di alto profilo tecnico e architettonico

Richiesta di personale

Itec Engineering continua a cercare neo laureati e professionisti esperti da inserire nella "squadra"

30/12/2017Pag. 19 Ed. La Spezia

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 29

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Ater, in arrivo altri duecento alloggi L'edilizia popolare sfida il terremoto - PERUGIA - NUOVE tecniche costruttive legate al miglioramento della vulnerabilità sismica del patrimonio

dell'edilizia residenziale pubblica e ricostruzione post-terremoto. Poi ci sono un centinaio di nuove

abitazioni da assegnare a Perugia e altre 100 a Terni. Sono i punti che riassumono un anno di attività di

Ater Umbria, in vista anche delle risorse in arrivo per il 2018. «LE NOVITÀ che interessano l'edilizia

residenziale pubblica sono molteplici - dice il presidente di Ater Umbria, Alessandro Almadori - a cominciare

dalla Legge di stabilità dove sono previste misure anche per i nostri Enti: il 'sisma bonus' che può essere

usato in abbinamento con l''eco bonus' e dunque permettere anche la riqualificazione energetica dei nostri

edifici. Queste misure consentiranno di programmare interventi sul territorio umbro e di farlo in maniera

pluriennale. Useremo come base uno studio del 2015 fatto con l'Università sulla vulnerabilità sismica del

patrimonio Ater e partiremo dalla cosieddetta zona 3, ossia quella ad alto rischio sismico. Altra novità a

livello nazionale - prosegue Almadori - è rappresentata dal finanziamento da parte del Cipe di 350 milioni di

euro all'edilizia residenziale pubblica che ci potrà portare ad effettuare altri nuovi interventi (di recupero o

nuova realizzazione). Misura importante perché dopo anni si torna a finanziare l'Erp». ATER ha inoltre

annunciato un'importante operazione complessiva di recupero, che porterà a ridurre la forbice degli alloggi

non assegnabili per carenza di manutenzione. «In base alle nuove graduatorie comunali - conclude il

presidente - potremo assegnare 100 abitazioni a Perugia e 100 a Terni rispondendo, in termini di

percentuale, in maniera assolutamente significativa ad un fabbisogno abitativo di circa 700 domande nella

prima e circa 500 nella seconda». Silvia Angelici SCHEDAI numeri tornano

«Secondo i dati del bilancio di previsione 2018 si evidenzia l'immagine di un Ente in salute e con gestioni

aziendali consolidate e perduranti»

Le risorse

L'Ente ha concentrato la propria attività nel recupero degli alloggi e del patrimonio. Così i Comuni hanno

potuto assegnare un buon numero di abitazioni

«Basta criminalità» La Lega Nord adesso chiede il pugno duro «ALCUNI quartieri di Perugia sono ostaggio di micro e macro criminalità: il problema esiste e va affrontato

con il pugno duro». A intervenire sul tema della sicurezza dopo l'ennesima rapina a Ponte San Giovanni è il

segretario cittadino della Lega, Gianluca Drusian, che aggiunge: «Stiamo organizzando incontri con i

cittadini e con le autorità per trovare soluzioni».

30/12/2017Pag. 8 Ed. Umbria

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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 30

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SCENARIO ECONOMIA

29 articoli

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La Lente Autostrade: il segreto di Stato sui contratti dei concessionari Fabio Savelli S ono coperti dal segreto di Stato. Contratti di concessione che riguardano tutti, eppure mai pubblicati.

Nonostante l'Authority dei Trasporti abbia più volte espresso chiaramente la necessità di renderli pubblici in

un'ottica di maggiore trasparenza nei confronti degli utenti delle arterie autostradali del Paese. Sono i

contratti di concessione delle autostrade. Che regolano il rapporto tra il concedente - in passato l'Anas, ora

il ministero dei Trasporti guidato da Graziano Delrio - e i concessionari, tra cui Autostrade per l'Italia, il

gruppo Gavio, il gruppo Toto solo per citarne alcuni. Dal 1° gennaio gli utenti stanno vedendo rincarare in

media del 2,74% il conto al casello. Un salasso poco giustificabile se parametrato all'inflazione del Paese.

Comprensibile se almeno i cittadini fossero in grado di visionare questi piani con cui le società mettono

nero su bianco gli investimenti sulla rete e quelli che hanno in programma di fare. Per fare un esempio

l'Enac, l'Ente nazionale per l'aviazione civile, ha di recente pubblicato sul proprio sito gli atti concessori

degli Aeroporti di Roma per chiarire i contenuti del rapporto tra l'ente vigilante e la società di gestione.

Al netto dei distinguo tra i vari sistemi di tariffazione e di remunerazione dei gestori in Francia tutti i contratti

di concessione del settore autostradale sono stati pubblicati sul sito del ministero. In Italia la gran parte di

queste concessioni è stata stipulata alla fine degli anni 90 e rinnovata tra il 2008 e il 2010. Quest'anno a

trainare gli aumenti più significativi sono state soprattutto le pronunce giudiziarie arrivate a fronte di ricorsi

della società contro il blocco degli aumenti disposti dal ministero dei Trasporti nel 2014. Il dicastero avrebbe

voluto parametrarli soltanto all'inflazione, ma quei contratti sono molto «vincolanti». Pertanto è materia

semplice per gli avvocati di parte portare avanti le ragioni delle Concessionarie. Ragioni segrete.

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02/01/2018Pag. 33

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 32

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Il caso I saldi giocano d'anticipo, ultima spinta ai consumi che può aiutare lacrescita Francesca Basso MILANO A ben guardare gli sconti sono cominciati prima di Natale, in maniera ufficiosa, nel tentativo da

parte dei commercianti di dare una spinta ai consumi e di intercettare subito quel po' di liquidità messa a

disposizione delle famiglie dalla tredicesima. Da oggi però si parte davvero: i saldi cominciano in Basilicata,

domani in Valle D'Aosta e da venerdì in tutte le altre regioni, fatta eccezione per la Sicilia che aspetterà

sabato. Ma già le associazioni di categoria e dei consumatori parlano di flop a chiusura di un anno al di

sotto delle attese. Perché se è vero che la crisi è alle spalle e le nostre imprese hanno ripreso a produrre, è

anche vero che i consumi interni restano deboli come ha certificato l'Istat quando a inizio dicembre ha

rivisto al ribasso, seppure di uno zero virgola uno, la crescita del Pil nel terzo trimestre fermandola a +0,4%

e su anno a +1,7%. Mettendo in risalto il contrasto tra l'export che traina la ripresa e la domanda interna

che non decolla. Certo sono cambiate le abitudini di acquisto degli italiani, con l' ecommerce e le offerte

tutto l'anno che fanno concorrenza ai punti vendita tradizionali. L'introduzione poi dell'americano «black

friday» a novembre, con sconti speciali nei negozi e online, può avere anticipato le spese degli italiani.

Comunque, secondo un'indagine Swg realizzata per Confesercenti, un italiano su due (il 47%) farà almeno

un acquisto in saldo e destinerà alla spesa circa 150 euro. Resta però la constatazione che il 2017 è stato

«l'ennesimo anno fiacco - lamenta Roberto Manzoni, presidente di Confesercenti -: anche le vendite di

Natale, seppure positive, sono state sotto le attese. E senza una ripresa sostenuta, il settore del commercio

moda continua a soffrire: nel 2017 sono spariti altri 2.400 negozi, più di 6 al giorno».

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02/01/2018Pag. 33

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 33

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Innocenzo cipolletta «Fondi pensione per far crescere le imprese» Dario Di Vico a pagina 34 Il 2018 sarà un anno importante per decidere la sorte delle Pmi italiane. «Dovranno uscire dal limbo»

sostiene Innocenzo Cipolletta, presidente del Fondo Italiano di Investimento (Fii) e il limbo è la metafora di

una condizione sospesa. Da una parte ci sono quelle imprese (un buon 20%) che ce l'hanno già fatta a

svoltare, dall'altra quelle che invece ancora non sono riuscite a mettersi in sicurezza di fronte ai profondi

mutamenti dell'economia post-Crisi. O riescono ad entrare nelle filiere produttive delle grandi imprese

oppure restano a bagno maria.

Il risparmio italiano

Non esiste un vero indice di polarizzazione ma le stime correnti parlano ancora di un 60% delle aziende

italiane che è rimasta in mezzo al guado e la stragrande maggioranza di esse, non c'è dubbio, sono delle

Pmi. «In quei casi in cui i Piccoli hanno saputo managerializzarsi, hanno accettato un socio di private equity

o introdotto alcuni principi di governance, tutto ciò ha rappresentato il miglior viatico per crescere e

adeguarsi ai tempi» incalza Cipolletta. C'è quindi da affrontare una profonda discontinuità culturale prima di

tutto nella testa degli imprenditori, ma in cambio della disponibilità ad aprirsi, a cambiare passo, a riscrivere

il modello di funzionamento aziendale, il sistema deve essere in grado di far affluire alle Pmi il risparmio

degli italiani, che oggi è disperso o addirittura finisce per essere canalizzato all'estero.

La previdenza e le Pmi

Favorire la crescita delle imprese è la mission del Fondo Italiano di Investimento che vuol portare ai Piccoli

per l'appunto «capitali, relazioni e organizzazione». I dati che sciorina Cipolletta sono incoraggianti: il Fii

negli anni si è dotato di più strumenti compresi quattro «Fondi dei Fondi» che a loro volta hanno già

investito in 42 casse gestite da 200 professionisti attraendo e mobilitando risorse per quasi 4 miliardi di

euro. «Complessivamente si può dire che abbiamo apportato nuovi capitali a circa 500 Pmi favorendo una

loro governance più efficace. Contiamo su una sorta di fattore imitazione ovvero che gli altri imprenditori si

rendano conto dei vantaggi di cui si sono giovati i loro colleghi o magari concorrenti e copino la formula che

funziona».

I Fondi dei Fondi ora hanno intenzione di allargare il loro spettro di azione coinvolgendo il sistema

previdenziale che con le norme vigenti può investire solo in aziende quotate e in titoli di Stato. «È assurdo

che i fondi pensione non possano aiutare le piccole e medie imprese. La previdenza che nasce dal lavoro

degli italiani non può investire nell'economia reale! Così i nostri fondi pensione si vedono costretti a

selezionare i loro impieghi all'estero più che in Italia segando il ramo sul quale sono seduti loro e noi». Per

questo motivo Cipolletta vuol costruire un nuovo strumento finanziario per permettere alle Pmi di attrarre

quei capitali pazienti di cui hanno bisogno. «E quelli previdenziali sono pazienti per definizione».

E i Pir, i piani individuali di risparmio varati quest'anno non svolgono la stessa funzione? «Sono stati una

novità intelligente - risponde Cipolletta - permettono ai singoli risparmiatori di investire su singole aziende.

Però si può fare di più, dovrebbe essere possibile ai Pir di investire nelle Pmi anche indirettamente

attraverso i fondi». Il presidente del Fii anche in questo caso difende il format che gli operatori sintetizzano

nell'espressione «Fondo dei fondi» perché la reputa la più efficiente e professionale. «Lascia aperta l'intera

gamma degli investimenti, fa decidere al mercato ma realizza nel contempo una funzione di politica

industriale di cui c'è assoluto bisogno».

Fusioni alla pari?

L'idea di riuscire a realizzare aggregazioni tra i Piccoli invece va riposta in soffitta? Non c'è speranza in

Italia di unificazioni orizzontali tra imprese dello stesso settore come quella proposta di recente dal

professor Giovanni Costa (che ha suggerito a Bauli, Rana e Veronesi di mettersi assieme creando un polo

31/12/2017Pag. 1

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 34

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veronese del food, ndr)? «Quando si parla di fusioni - risponde Cipolletta - tutti dicono che devono avvenire

alla pari ma non esiste in natura. Le fusioni sono sempre delle acquisizioni più o meno mascherate, lo

dobbiamo sapere senza nasconderci dietro un dito».

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Fonte: Istat, novembre 2017 - dati su anno 2015 Le imprese in Italia I settori Gruppi e multinazionali

(escluse alcune categorie di imprese finanziarie e assicurative) Piccole, medie e grandi aziende Imprese

Addetti Fatturato (mln di euro) Industria 411.509 3.925.548 1.164.926 Costruzioni 511.405 1.323.568

161.922 Servizi 3.318.998 10.469.974 1.651.614 Totale 4.241.912 15.719.090 2.978.462 Numero medio

dipendenti per impresa 3,7 CdS Numero addetti Numero imprese Dimensione media impresa (numero

addetti) Investimenti per addetto (migliaia di euro) 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale 2,6 4,3

125.029 6,7 49.584 7,7 20.795 11,2 3.472 5,6 4.241.912 81,7 79,1 24,8 12,2 4.043.032 Gruppi Imprese

Addetti Gruppi domestici 80.432 174.852 2.133.478 Gruppi multinazionali con vertice all'estero 9.716

15.315 1.251.559 Gruppi multinazionali con vertice in Italia 7.828 24.544 1.941.428 TOTALE 97.976

214.711 5.326.466

Chi èInnocenzo Cipolletta, 76 anni, economista, presiede il Fondo Italiano d'Investimento, Università di Trento e

Ubs Fiduciaria, nonché Aifi e Assonime. È stato al vertice di Fs, Il Sole 24 Ore, Marzotto e dg della

Confindustria

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 35

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STORIE VOLTI la proposta Chi vuole aiutare va incoraggiato: detassiamo la beneficenza Giangiacomo Schiavi Nell'Italia disillusa dalla politica esiste un partito anomalo che lavora per risolvere emergenze e problemi.

Cresce contrastando falsi idoli e idee sbagliate, puntando sull'impegno di cittadini e imprese responsabili,

che chiudono

i buchi lasciati dallo Stato e rendono possibile un'altra economia: quella che supera

i limiti delle diseguaglianze, scommette sui valori delle comunità e dei territori, difende i diritti dei minori,

degli anziani e delle fasce deboli, immigrati compresi.

A questo insieme, chiamato impropriamente Terzo settore, in quanto potrebbe anche essere il primo,

serviva una legge che definisse perimetri, categorie e obiettivi, regolamentandone obblighi e vantaggi

fiscali. La legge è arrivata e il passo avanti adesso sarebbe quello di spingere a fondo la leva della

deducibilità, per aumentare le donazioni private e sfrondare il farraginoso meccanismo delle detrazioni

fiscali. Quando certe attività vengono svolte da organizzazioni della società civile che possono raggiungere

risultati qualitativamente migliori del settore pubblico, è opportuno un riconoscimento: detassare la

beneficenza.

Ridurre le tasse per i privati che si sostituiscono allo Stato nelle opere di pubblica utilità è doveroso e

necessario, ha scritto Massimo Fracaro ( Corriere Buone notizie del 12 dicembre) ma sulla beneficenza

privata rimane un pregiudizio di fondo: il sospetto che aiutando qualcuno stornando soldi dal proprio

bilancio sia un modo per evadere il Fisco, un escamotage per dare meno soldi all 'erario,

avvantaggiandosene con prestanomi o società fantasma.

Il pregiudizio si può superare soltanto in un modo, oltre a quello sacrosanto di colpire gli evasori:

rafforzando i principi, verificando la trasparenza e la correttezza di ogni donazione, le finalità e le

destinazioni, che non possono essere altro che quelle del bene comune con lo Stato a fare da garante.

Una beneficenza sottratta alle imposizioni fiscali, sul modello anglosassone o americano, dove un dollaro

donato è un dollaro in meno per le tasse, libererebbe risorse immobilizzate e darebbe slancio a tanti

progetti di coesione sociale e manutenzione di beni pubblici, settori dove agisce il non profit e lo Stato fatica

sempre più a intervenire. Un accurato elenco di opere pubbliche e di lavori socialmente utili da finanziare

potrebbe essere il primo gradino di un' alleanza in cui i cittadini benefattori sono i committenti e lo Stato è

regista e beneficiario. Evitando casi già accaduti in passato, dove chi realizza qualcosa senza poter

stornare l'Iva deve pagare un onere aggiuntivo, del 10 o del 20 per cento, sottraendo altri fondi destinati alla

comunità. O chiedendo a chi ha un bilancio di sette milioni, come per esempio l'Istituto dei ciechi a Milano,

tasse in varie forme per un milione, cifra che potrebbe essere spesa in attività di sostegno alle disabilità,

rifinanziando attività di formazione e integrazione.

Davanti alle crescenti difficoltà delle istituzioni pubbliche il welfare vacilla: servirebbero per questo forme più

estese di agevolazioni ai privati che sostengono il volontariato attivo. Non si può ammortizzare la povertà,

l'emarginazione e l'immigrazione problematica, se non si mobilita la ricchezza privata. E ancora: se c'è una

torre, un campanile, un luogo pubblico da restaurare, un servizio agli anziani da sostenere o un edificio da

destinare a residenza protetta, è difficile trovare qualcuno disposto a metter soldi senza incentivi fiscali. Chi

investe oggi nei paesi svuotati dell'Appennino, ripopolati da lupi e cinghiali, quando mancano i ritorni

d'immagine e soprattutto la deducibilità?

Dal primo gennaio 2018, ricorda Luigi Bobba, relatore della legge sul Terzo settore, sarà possibile un

aumento delle detrazioni per le imprese e verrà applicato un Art Bonus, simile a quello ideato dal ministro

Franceschini per le erogazioni a sostegno del patrimonio pubblico, pari al 65 per cento del credito

d'imposta. Far conoscere queste innovazioni è utile e conveniente. Ma una detassazione vera, del tipo «più

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 36

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dai e meno versi», potrebbe innescare un circolo virtuoso: prendersi cura di quel che lo Stato lascia al

nostro buon cuore, migliorando l'ambiente e la qualità della vita, è un fattore di crescita competitiva.

È chiaro che si presuppone un sistema in grado di verificare che le donazioni con la deducibilità agevolata

vadano a buon fine. E che la detrazione sia sostituiva della spesa pubblica, che deve diminuire invece di

aumentare. Si tratterebbe poi di rovesciare un paradigma, quello della sfiducia nei confronti dei cittadini e

delle loro buone intenzioni. Sarebbe un atto di fiducia nell'impresa del bene, un rischio che vale la pena

correre.

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Coesione sociale Verrebbero liberate risorse dando slancio a progetti sui quali è difficile intervenireDonazioni Serve un atto di fiducia nell'impresa del bene: si tratta di un rischio che vale la pena correre

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 37

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Jobs act alla prova dei licenziamenti Cgia: con la fine degli incentivi posti a rischio, non c'è più l'articolo 18 Convenienze In tre anni risparmi suicontributi fino a 24 mila euro ad assunto Licenziare costa meno Enr. Ma. ROMA La prova del nove per il Jobs act sta per scattare. Infatti, per gli oltre 80 mila lavoratori dipendenti

assunti nel gennaio 2015 con un contratto a tempo indeterminato, scade dal prossimo mese il beneficio

della decontribuzione totale introdotto dal governo Renzi. Le aziende, ricorda la Cgia di Mestre, perderanno

così lo sgravio di cui hanno goduto (fino a 8.060 euro all'anno per gli anni 2015-2016 e 2017). «Venuto

meno il vantaggio economico - dice il coordinatore dell'ufficio studi della Cgil, Paolo Zabeo - auspichiamo

che una parte di questi lavoratori non venga lasciata a casa. Conti alla mano, qualche imprenditore che non

ha ancora agganciato la ripresa potrebbe essere tentato di licenziare». L'operazione risulterebbe perfino

conveniente.

Basta fare due conti. L'azienda ha risparmiato appunto fino a 24.180 euro di contributi all'Inps in tre anni su

ogni assunto nel gennaio 2015. Questi lavoratori, alla luce del Jobs act, non hanno più le tutele previste

dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sui licenziamenti senza giusta causa. Essi, col nuovo contratto a

tutele crescenti, possono essere mandati via dietro pagamento di un indennizzo (il diritto al reintegro nel

posto di lavoro è rimasto sono sui licenziamenti discriminatori). Il licenziamento di uno di questi lavoratori,

calcola la Cgia, «costerebbe all'impresa, in prima battuta, un ticket di circa 1.500 euro; a questo esborso,

nel caso il dipendente impugni il licenziamento e il giudice gli dia ragione, si potrebbe aggiungere un

indennizzo per i lavoratori delle imprese con più di 15 addetti fino a un massimo di 24 mensilità». Ma in

molti casi le parti potrebbero trovare conveniente accordarsi prima su cifre che consentirebbero comunque

all'impresa,osserva la Cgia, «di chiudere il rapporto di lavoro con un saldo positivo tra quanto risparmiato di

contributi e quanto erogato come indennizzo al lavoratore». In tutto il 2015 le assunzioni con la

decontribuzione sono state 1,4 milioni.

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31/12/2017Pag. 33

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 38

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La Lente Trasparenza e tutela del risparmio Mifid 2 al via Marco Sabella Aumentare la sicurezza per gli investitori e migliorare la trasparenza l'efficienza sui mercati finanziari. Sono

questi i due obiettivi principali della Mifid 2 , la Markets in Financial Instruments Directive , in pratica la

direttiva europea che regola il mercato finanziario e che entrerà in vigore il 3 gennaio prossimo.

Tra le norme introdotte vi è l'obbligo per i fornitori di prodotti finanziari di tenere distinti gli investitori privati -

le famiglie - dagli investitori professionali. In questo modo le informazioni saranno mirate e sarà più facile

far corrispondere i prodotti più idonei alle diverse tipologie di investitori.

La Mifid 2 impone poi una maggiore trasparenza sui costi dei prodotti finanziari sia prima che dopo la loro

negoziazione. Un aspetto essenziale delle nuove regole riguarda infine la «profilazione» del cliente. I dati

raccolti dai distributori bancari e dalle reti dovranno definire con precisione quali tipi di prodotti sono adatti

alle diverse categorie di risparmiatori e quali no. In altre parole dovranno valutare correttamente la capacità

del cliente di far fronte a eventuali perdite in base al proprio profilo di rischio.

Aumentano anche i poteri di vigilanza dei regolatori nazionali.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 39

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La Lente L'Upb e l'allarme sugli effetti «interni» della web tax Enrico Marro Doveva essere una delle maggiori innovazioni della manovra. Ma la web tax rischia di rivelarsi un

boomerang ai danni delle imprese italiane. Parola dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, che ha dedicato

un'analisi ad hoc al nuovo tributo del 3% sulle transazioni digitali che dovrebbe scattare dal 2019 (ma prima

ci sono diversi problemi tecnici da risolvere, osserva l'Upb).

Per le aziende italiane, sottolineano gli esperti, la web Tax si sommerà alle normali imposte, mentre per le

multinazionali si trasformerà in un micro balzello che le metterà in regola con l'ordinamento

italiano mentre continueranno a beneficiare delle aliquote

ridotte applicate altrove. Secondo l'Upb, la web tax

«potrebbe determinare uno svantaggio competitivo delle imprese residenti sia rispetto al mercato

tradizionale interno sia rispetto al mercato internazionale.

Infatti i ricavi delle imprese digitali residenti sono sottoposti non solo al nuovo tributo, ma anche alle altre

imposte dirette con le aliquote vigenti in Italia, con un onere

di imposta effettivo più elevato». Invece, «per

le multinazionali non residenti il nuovo

tributo potrebbe assolvere definitivamente agli obblighi tributari in Italia continuando a pagare aliquote di

imposta

irrisorie nei paesi a fiscalità privilegiata». Per rimediare c'è ancora un anno. Toccherà al prossimo governo.

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30/12/2017Pag. 41

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 40

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Finanza donne crescita Lady europa BIG TECH, BANCHE E GRANDI LOTTE MARGRETHEVESTAGER LA FUSTIGATRICE Multa i colossi del web come Apple e Google, bacchetta gli istituti di credito, congela ogni operazione inodore di aiuto di Stato La super commissaria si è spinta avanti come solo Mario Monti aveva fatto. E oraMacron la vorrebbe al posto di Juncker La sua posta in gioco è molto alta, ma anche il rischio di cadere SuAlitalia e Ilva ha mostrato equilibrio tra fermezza e buon senso con attenzione ai posti di lavoro Federico Fubini Uno dei suoi ultimi problemi, prima di andare in vacanza, riguardava un paio di pattinatori olandesi. Uno

campione mondiale, l'altro campione olimpico di velocità. La Federazione internazionale di pattinaggio ha

cercato di impedire a entrambi di esibirsi, ben pagati, in un evento indipendente organizzato a Dubai. Loro

si sono rivolti a lei, Margrethe Vestager, 49 anni, commissario europeo alla Concorrenza. E lei ha dato

ragione a loro due: devono essere liberi di lavorare dove e come vogliono. Si potrebbero raccontare altre

storie simili, tutto sommato tradizionali per un capo dell'Antritrust europeo.

La battaglia contro l'abuso di posizione dominante di un grande produttore di birra, che riusciva a far

pagare più cara del necessario la bevanda ai belgi. E l'equilibrio fra fermezza e buon senso con il quale

Vestager limita l'intervento pubblico per Alitalia o Ilva, senza far saltare due infrastrutture industriali di

un'economia da 60 milioni di persone e 1.700 miliardi di euro di redditi. Oppure la rigidità iniziale, poi

sfumata, nella gestione delle crisi bancarie italiane.

La famiglia

Ma se in Europa la personalità del 2018 può diventare lei, figlia di pastori protestanti di un sobborgo di

Copenaghen, madre di tre figlie, moglie di un professore di matematica che fa corsi di recupero per adulti,

non è solo grazie all'ufficio di Bruxelles nel quale Vestager siede. Quello ha senz'altro enorme influenza e

poteri esecutivi diretti. Eppure il profilo di Vestager sta emergendo anche per altre ragioni che s'incastrano,

metafora danese, come pezzi di un Lego politico.

Si gioca tutto su almeno tre, sofisticati, mattoncini. Il primo si deve al fatto che, con l'eccezione di Mario

Monti, nessuno prima nel ruolo di Vestager aveva spinto così in avanti la riflessione (e l'azione) di un

grande regolatore mondiale sulla natura ambivalente di colossi di Silicon Valley. Con Monti si trattò di

Microsoft, con lei di Apple, Amazon, Facebook e Google (ma anche Intel e altri). Quando per esempio a

Apple la Commissione Ue ha chiesto di rimborsare 13 miliardi di euro in imposte all'Irlanda, contestando un

patto che permetteva al gruppo di godere di un'aliquota effettiva allo 0,005%, l'amministratore delegato Tim

Cook è volato a Bruxelles per parlarle. Sembra che il manager americano, invece di rispondere alle

domande, le abbia impartito una lezione sulla fiscalità d'impresa e lei abbia ascoltato con cortesia. Cook ha

poi definito in pubblico, parole sue, «una totale stronzata politica» l'ingiunzione di rimborsare i 13 miliardi e

del resto l'Irlanda neppure rivoleva quei soldi, temendo di infastidire l'investitore Apple. Eppure di recente

Cupertino ha annunciato che dall'inizio del 2018 pagherà per chiudere il caso.

C'è poi per Vestager il fronte Google per la quale, dopo molte esitazioni dei predecessori, la commissaria

danese ha deciso una multa da 2,3 miliardi per aver abusato della propria forza di mercato nel rendere

invisibili le offerte degli altri comparatori di prezzi; Google è accusata anche per come userebbe Android, il

sistema operativo mobile, in modo da tagliare fuori altri motori di ricerca. A Facebook invece è toccata una

multa da 110 milioni per aver ingannato Bruxelles nell'acquisto di WhatsApp; a Amazon una richiesta di

versamento al Lussemburgo di tasse per 250 milioni e un'inchiesta per abuso di posizione dominante negli

ebook.

I discorsi

Vestager dice che crede in Dio ma ha profonde riserve su tutte le chiese, inclusa quella luterana dei suoi

genitori. Forse neppure lei si accorge che a volte ha accenti da predicatrice. «I motivi che spingono a

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violare le regole di concorrenza sono antichi come Adamo ed Eva. È l'avidità, è la paura. Quando combini

questi elementi con il potere, ne viene fuori un cocktail velenoso». Oppure: «Dobbiamo credere che non è

la legge della giungla, ma è la legge della democrazia che funziona». E ancora: «Il mercato non è la

società. Per molto tempo ci hanno detto che questo era tutto ciò che contava, ma il mercato esiste per

servirci come cittadini. Se il mercato diventa tutto, hai questa sensazione che ti stiano truffando di

continuo».

Ad ascoltarla, è chiaro che il secondo mattoncino del Lego politico di Vestager per il 2018 si incastra

attorno a questi concetti: democrazia, rapporto fra individuo e mercato, la difesa del piccolo cittadino

indifeso di fronte all'arroganza dei grandi colossi della globalizzazione (anche Ikea è finita sotto accusa per

elusione fiscale).

Questa donna dalla vita intensa - ministro per gli Affari ecclesiastici a 30 anni, capo del partito social-

liberale danese a 39 e vicepremier a 43 - ha fiutato l'aria del tempo. Capisce che non è il momento di

inseguire l'idea di un mercato perfetto perché vigilato, ai tempi della parabola ascendente della

globalizzazione. Si preoccupa di parlare agli elettori spinti verso il populismo dalla paura di finire emarginati

dai grandi cambiamenti tecnologici. Non nasce economista, come Monti: è un politico puro di un partito

liberale laico e attento agli equilibri sociali. Forse usa le inchieste Antitrust in modo improprio, ma è la

personalità che più di ogni altra a Bruxelles cerca di rassicurare gli europei nel fuoco incrociato della

globalizzazione.

Un compito simile a quello che si è dato Emmanuel Macron a Parigi. Non è un caso se il presidente

francese sembra intento a portare il terzo mattoncino di questo Lego del 2018: candidare l'ambiziosa

danese a presidente della Commissione Ue in vista delle elezioni europee e delle nomine del 2019, capo di

un nuovo schieramento europeista e riformista che sfidi le solite famiglie politiche di socialisti e popolari.

È presto per dire se Macron possa davvero squadernare la vecchia politica in Europa come è riuscito a

fare in Francia. Non lo è però per valutare di fronte a quali forze Vestager ha scelto di affondare i colpi,

giocandosi la reputazione e sottolineando che «noi europei siamo diversi dagli americani».

Oggi nel complesso Amazon, Google, Facebook e Apple da sole capitalizzano in Borsa quasi 2.700 miliardi

di dollari (poco meno dell'intera piazza azionaria di Francoforte, quella della prima economia europea) e nel

2017 il loro valore è aumentato di circa 800 miliardi (quasi metà del reddito dell'Italia). Le fortune personali

dei fondatori di Amazon, Facebook e Google - Jeff Bezos, Mark Zuckerberk, Sergej Brin e Larry Page -

sono salite di 63 miliardi nel 2017 e valgono oggi 277 miliardi in tutto, più del reddito nazionale di 13 dei 19

Paesi dell'area euro. Nessun Paese europeo da solo può fare i conti con forze così vaste, solo Vestager da

Bruxelles può provarci.

Ma di fronte al dinamismo e all'intelligenza concentrata a Silicon Valley, la partita resta ad alto rischio: nel

caso della multa a Google, emergono già indizi che gli ingegneri di Menlo Park hanno facilmente messo i

tecnici di Bruxelles in una trappola logica senza uscita. La posta della partita che aspetta la commissaria

nel 2018 è molto alta, ma forse neanche lei l'ha calcolata fino in fondo prima di gettare i suoi dadi.

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Chi è

Margrethe Vestager, 49 anni, è commissario europeo per la Concorrenza dal 2014. È una politica della

Sinistra radicale, che a dispetto del nome è un partito social-liberale, di centro. È stata vice premier e

ministro dell'Economia nel 2011 con il governo di Helle Thorning-Schmid, leader del partito

socialdemocratico e prima donna premier del Paese. È stata anche ministro dell'Educazione e degli Affari

ecclesiastici oltre che presidente del partito social-liberale. Laurea in Economia a Copenhagen, è figlia di

pastori protestanti, ha un marito professore di matematica e tre figlie

Foto:

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L'amministratore delegato di Apple Tim Cook. Con il motto «Noi non serviamo le tech, sono le tech che

servono noi», Vestager ha deciso che Apple deve ridare 13 miliardi all'Irlanda per le tasse non pagate. E ha

multato Google per 2,4 miliardi per posizione dominante

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L'amministratore delegato Jeff Bezos. Il 4 ottobre 2017 Vestager annuncia che la commissione Ue ha

intimato al gruppo di vendite online di pagare 250 milioni (più gli interessi) di tasse arretrate al

Lussemburgo. Il Granducato l'avrebbe favorita fiscalmente

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L'Antitrust Ue ha posto condizioni strette sullo smaltimento dei crediti deteriorati. In Italia Vestager si è

scontrata con Padoan sui requisiti per il salvataggio di Bpvi

e Veneto Banca, dissidio poi ricomposto. Ed è arrivato l'ok su Mps, partecipata dal Tesoro

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Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente. Il gruppo sta aspettando il via libera dell'Antitrust Ue alla

fusione con Essilor. Vestager in novembre ha chiesto di fornire le informazioni richieste, per escludere il

rischio di posizione dominante nelle lenti per occhiali

Danese, 49 anni, commissaria Ue

alla Concorrenza

In dicembre la Commissione Ue ha aperto un'indagine per presunti favori fiscali in Olanda. Il gruppo

svedese avrebbe eluso imposte per un milione di euro tra il 2009 e il 2014. «Tutte le aziende, grandi o

piccole, devono pagare la giusta quantità di tasse», ha detto Vestager

Il mese scorso l'autorità per la Concorrenza Ue ha deciso che lo Stato dovrà riavere 84 milioni dal gruppo

siderurgico. Motivo: aiuti di Stato illegali. «L'impresa non può dipendere dal sostegno artificiale pubblico»,

ha detto Vestager che ha anche invitato a concludere in fretta la bonifica

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Titoli di Stato. Nel 2017 si era arrivati a quota 427 ­ Rimborsi per 184 miliardi al netto dei BoT Debito, la raccolta scende nel 2018 a 390 miliardi Isabella Bufacchi Il 2018 sarà un'annata più "leggera" rispetto al 2017, per la gestione del debito pubblico italiano, sotto

diversi punti di vista: meno aste, meno titoli a medio lungo termine in scadenza ma anche meno acquisti dal

QE, nonostante l'impennata del reinvestimento dei titoli in scadenza nel bilancio della Bce. Continua pagina

4 Quest'anno però sarà per contro più pesante, rispetto all'anno passato, in termini di aumento del rischio

politico strettamente italiano, a causa delle elezioni: i mercati non dimenticheranno che lo spread BTp/Bund

si è allargato, superando la soglia dei 200 punti a inizio 2017 per la turbolenza generata dall'incertezza

dell'esito elettorale in Francia, poi rientrata con la vittoria di Emmanuel Macron. L'ammontare delle

emissioni lorde, cioè la somma di tutte le aste dei titoli di Stato, sarà comunque più bassa di ben oltre 20

miliardi quest'anno rispetto all'anno passato, portandosi nel 2018 sotto i 400 miliardi con un importo totale

di raccolta stimato leggermente al di sotto dei 390 miliardi, al netto delle eventuali operazioni di concambio

(l'acquisto da parte del Tesoro di titoli con scadenza ravvicinata scambiati con la contestuale emissione di

titoli con durata extra­lunga). Nelle linee guida 2018, il Tesoro preannuncia che «il fabbisogno di cassa del

settore statale è previsto attestarsi su livelli più bassi del 2017, passando da circa il 3,4 per cento al 2,8 per

cento del Pil, ed è pertanto prevedibile che nel 2018 si assista ad una contestuale riduzione dei volumi di

titoli a medio­lungo termine complessivamente offerti al mercato». Il 2017 ha invece chiuso sopra la soglia

dei 400 miliardi: le emissioni lorde hanno toccato un totale pari a poco meno di 413,7 miliardi, al netto dei

concambi. Per inciso, i titoli di Stato emessi in concambio l'anno scorso sono stati circa 13,4 miliardi, dando

una netta sforbiciata agli importi in scadenza nel 2018 e nel 2019, e dunque il totale emesso

omnicomprensivo è stato di 427,1 miliardi circa: il concambio riduce le distorsioni del mercati sui titoli troppo

richiesti e sotto "squeeze", alleggerisce le annate con rimborsi pesanti (il 2017, il 2018 ma soprattutto il

2019) e consente di tagliare lo stock del debito pubblico. Il pagamento delle cedole dei titoli di Stato nel

2018, per quanto contenuto per i bassi rendimenti, resta elevato rispetto agli altri Stati europei: 51 miliardi i

coupon italiani contro i 37 miliardi dei francesi e i 27 miliardi degli spagnoli, calcola Unicredit. Più leggero

rispetto al 2017 si presenta il calendario 2018 dei titoli di Stato da rimborsare: quest'anno arrivano a

scadenza, escludendo i BoT, titoli per un totale complessivo di circa 184 miliardi (di cui 3 miliardi del

programma estero), un importo inferiore di circa 30 miliardi rispetto al volume delle scadenze affrontate nel

2017. Nel dettaglio, quest'anno non vi sarà alcun BTp Italia in scadenza rispetto ai 35 miliardi rimborsati nel

2017 di questo speciale Buono del Tesoro indicizzato all'inflazione italiana. Nel 2018 scadranno 135

miliardi di normali BTp contro i 120 dell'anno passato ma in compenso nel 2018 non scadranno CcT (contro

i 7,8 del 2017): pressoché uguali invece gli importi dei CcTeu e dei CTz in scadenza nelle due annate. Il

2018 vedrà tuttavia un impatto benefico più "leggero" del QE nella gestione del debito pubblico italiano. Dal

2 gennaio 2018 il programma APP della Bce, che comprende titoli di Stato (per l'80%), bond di emittenti

sovrannazionali e agenzie, cartolarizzazioni, obbligazioni societarie e covered bond, viene dimezzato da 60

a 30 miliardi di acquisti mensili e questo di sicuro accadrà nei primi nove mesi dell'anno. Gli addetti ai lavori

stimano che la BceBanca d'Italia acquisteranno 4 miliardi al mese circa di titoli di Stato italiani (a valore

facciale) nei primi nove mesi del 2018, rispetto agli 8­8,5 miliardi di media risultata con il programma da 60

miliardi mensili. Gli esperti della materia stimano che Bce­Banca d'Italia acquisteranno quest'anno tra i 31 e i

36 miliardi di titoli di Stato italiani con il QE ridotto a 30 miliardi al mese: a questo importo potrebbero

aggiungersi altri 3 miliardi nel caso in cui la Bce dovesse annunciare una riduzione degli acquisti da 30 a 10

miliardi al mese per l'ultimo trimestre 2018. In compenso, la Bce reinvestirà 110 miliardi incassati con i titoli

che scadranno nel programma PSPP (public sector purchase programme) nel 2018 (103 tra gennaio e

novembre con altri6 miliardi circa stimati dagli addetti ai lavori per il mese di dicembre 2018): stando alle

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stime del mercato, la Bce potrebbe reinvestire quest'anno fino a 20 miliardi in titoli di Stato italiani, usando

l'incasso di quelli in scadenza. Il totale degli acquisti di titoli del debito pubblico italiano potrebbe aggirarsi

quindi complessivamente nel 2018 attorno ai 60 miliardi: non poco in un'annata dominata dalle elezioni e

dal rischio politico.

I TITOLI DI STATO IN CIRCOLAZIONE Valori in circolazione al 30 settembre 2017. In milioni di euro

Estero

44.480,63

2,31%

TOTALE

1.921.804,12 BTp 1.360.382,92 70,79% Fonte: ministero dell'Economia - Dipartimento del tesoro BTp €i

144.539,88 7,52% BoT 115.190,61 5,99% BTp Italia 77.440,74 4,03% Cct eu 141.156,86 7,35% Ctz

38.612,48 2,01%

Tasso medio ponderato di interesse dei titoli di stato calcolato sulla base dei rendimenti lordi all'emissione

dei titoli emessi nel singolo anno In percentuale

Differenza 2000-2017

Il costo della raccolta

4,790,68-4,11% 5 4 3 2 1 0 4,31 3,74 2,10 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

2013 2014 2015 2016 2017 Fonte: Ministero dell'Economia - Dipartimento del Tesoro 2,72 2,66 2,47 3,32

4,14 4,09 2,18 3,16 3,11 2,08 1,35 0,70 0,55

Il peso dei titoli in scadenza Titoli di stato a medio-lungo termine (esclusi BOT) italiani in scadenza anno

per anno. Valori in miliardi 210 200 190 180 170 160 150 140 130 120

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 Fonte: Unicredit

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RISPOSTE ALL'INNOVAZIONE. CONCEPIRE ORGANIZZAZIONI EFFICACI E ISTITUZIONI ADATTE AITEMPI La politica alla prova dell'economia 4.0 Il «miracolo economico digitale» è possibile: resta da vedere se l'Italia saprà afferrarlo COGLIERE LACOMPLESSITÀ Dobbiamo essere in grado di spiegare fenomeni complessi per come sono. L'esempio èquello dell'intelligenza artificiale e del suo impiego Rosario Cerra Esattamente 25 anni fa con lo slogan «the economy, stupid» Clinton portò al centro della corsa alla

presidenza americana la "nuova economia", basata su computer e automazione, e sconfisse Bush. Sembra

passata un'era geologica e, in parte, è così. Oggi, infatti, viviamo gli albori della quarta rivoluzione

industriale, basata sulla virtualizzazione e l'interconnessione tra dispositivi intelligenti, e se per veder

nascere ognuna delle precedenti rivoluzioni ­ vapore, energia e automazione ­ erano serviti 100 anni, per

questa ne sono bastati la metà. La tecnologia avanza rapidamente, ma le organizzazioni e le competenze

tendono inevitabilmente a muoversi a un ritmo più lento. Nei prossimi anni, il divario tra una tecnologia in

rapidissima evoluzione e il ritmo più lento dello sviluppo umano sarà sempre più ampio. Pensiamo ad

esempio ai miglioramenti esponenziali nel campo dell'intelligenza artificiale, alla robotica, alle reti, alla

capacità di analisi, etc. La digitalizzazione modellerà sempre di più l'economia e la società con le sue

incredibili potenzialità, ma anche con le sue criticità. Per capire la portata del cambiamento basta osservare

i segnali strutturali che arrivano dall'economia più dinamica dell'occidente, gli Stati Uniti. Scopriamo che il

rapporto delle retribuzioni sul Pil ha raggiunto i livelli minimi e, nel frattempo, i profitti societari salgono ai

massimi storici. In aggiunta, la curva della produttività e quella dell'occupazione, che andavano dal

dopoguerra in poi sostanzialmente di concerto, dal 2000 iniziano un costante disaccoppiamento, con la

crescita della prima e la stagnazione della seconda. Tra poche settimane, dopo lo shock della Brexit,

l'elezione inaspettata di Trump, quella altrettanto inattesa di Macrone le grandi difficoltà della Merkel, ci

ritroveremo noi italiani a dover selezionare la classe dirigente politica per i prossimi 5 anni. Se chiedete a

qualunque Amministratore Delegato di una grande azienda o multinazionale cosa si aspetta che succeda

nel prossimo lustro vi risponderà puntualmente che, con l'economia digitale, ci saranno più cambiamenti in5

anni che negli ultimi 50, con un impatto non prevedibile su economia e società. La classe politica che

andremo a selezionare sarà su questa stessa lunghezza d'onda? Sarà consapevole dei cambiamenti che la

prossima legislatura dovrà affrontare? Qualunque risposta vi siate dati è bene tener presente che

l'economia digitale rappresenta già oggi un quarto di quella mondiale e che su un punto pos­ siamo tutti

concordare: c'è la possibilità di un miracolo economico digitale, resta da vedere se avverrà anche in Italia e

in Europa oppure no. I nuovi sviluppi della digitalizzazione che vengono dall'Asia e dall'America dovrebbero

preoccuparci. La nostra in­ dustria dei macchinari è e resta la migliore del mondo, ma avevamo inventato

anche il primo personal computer grazie ad Olivetti e avevamo compreso l'importanza del design, anche

nei servizi. Tutto questo si è indebolito, non solo in Italia, ma in tutta Europa. A conferma, se osserviamo la

partenza della campagna elettorale italiana, scopriamo che non sembra differire molto da quelle viste nei

Paesi europei che ci hanno preceduto. Le condizioni determinanti appaiono due: crisi e paura, in cui

l'establishment è ritenuto colpevole sia degli effetti della crisi economica, che di una gestione deficitaria dei

flussi migratori. Nessuno porta nel dibattito elettorale il tema centrale dell'economia digitale e delle sue

dinamiche sociali, ed è un grave errore. "The digital economy, stupid", il futuro economico e sociale della

nostra nazione, in un momento di straordinarie rivoluzioni tecnologiche, è il tema che coinvolge la totalità

dei cittadini per sé stessi e per i propri figli. Il futuro accelera e i modelli consensuali, naturalmente lenti,

vanno in affanno ma non è tuttavia più possibile, come si è fatto con la globalizzazione, rappresentare il

cambiamento come un sistema in cui tutti vincono, lineare, positivo e senza contraddizioni. Dobbiamo

recuperare la cultura della complessità, essere in grado di spiegare fenomeni complessi per come sono.

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Non buonio cattivi ma hanno dentro delle contraddizioni e quelle contraddizioni vanno governate. Un

esempio per tutti: va benissimo l'Intelligenza Artificiale, ma solo se è antropocentrica, solo se serve

all'uomo. Concepire organizzazioni efficaci e istituzioni adatte all'economia digitale è la grande sfida del

nostro tempo, e come italiani ed europei dobbiamo rapidamente esserne all'altezza.

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INTERVISTA Angelo Rughetti Sottosegretario alla Funzione pubblica «Da aumenti e riforma un punto di Pil» Gianni Trovati ROMA «Nella pubblica amministrazione bisogna passare dalla narrazione sui fannulloni alla motivazione di

chi merita e può fare carriera, e il rinnovo dei contratti va letto in questa chiave. Tra aumenti delle

retribuzioni e riforma a regime, con i tagli ai costi per le imprese, la velocizzazione dei procedimentie gli

investimenti del Pon governance, le novità possono valere un punto di Pil». Dal suo ufficio di

sottosegretario alla Funzione pubblica, Angelo Rughetti segue da vicino tutta la partita contrattuale del

pubblico impiego, con un occhio di riguardo all'intesa in arrivo per oltre 400mila persone impiegate nelle

forze di sicurezza e nell'esercito su cui ha la delega specifica. Sottosegretario, il primo tassel­ lo

rappresentato dall'intesa su ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non rischia di rappresentare un passo

falso in questa direzione? I fondi sono stati concentrati sullo stipendio fisso, con gli aumenti lineari, e per gli

incentivi alla produttività le risorse sono poche. Si tratta del primo contratto dopo otto anni, edè normale

chei sindacati chiedessero di premere sul tabellare per recuperare potere d'acquisto. La produttività, però,

va legata ai livelli di servizio, e questo aspetto avrà un peso maggiore in comparti come gli enti territoriali o

la sanità, con i quali i cittadini hanno un rapporto più diretto. Nei primi mesi dell'anno definiremo, insieme a

regioni ed enti locali, gli «obiettivi della Repubblica», che riguarderanno parametri come tempi di

pagamento ai fornitori, velocità delle proce­ duree così via. Per il comparto sicurezza, poi, la dote peri

«servizi operativi» serve esattamentea questo. Ma la riforma Brunetta, inattuata, chiedeva di destinare alla

produttività più del 50% degli integrativi, per finanziare il "merito". Si sta tornando indietro? Ma noi abbiamo

mantenuto quel criterio, e con il contratto identifichiamo che cosa significa "produttività". In questo ambito

rientrano per esempio anche le indennità di turno, perché se si tiene attivo un ufficio per un numero di ore

più ampio si aumenta la "produttività" del servizio. Nel nuovo contratto, anche i «criteri generali» per la

valutazione del personale rientrano negli ambiti di confronto con il sindacato, che recupera spazio rispetto

alle vecchie regole. Siamo certi che questo aiuteràa superare l'eguali­ tarismo e le carriere schiacciate che

caratterizzano la Pa? Dall'accordo del 30 novembre 2016, il buon lavoro fatto coni sindacati si basa su un

atto di reciproca fiducia. Abbiamo chiesto di condividere il fatto che gli impiegati pubblici sono tutti

dipendenti della Repubblica, ma non sono tutti uguali sul piano dei risultati;e in cambio ci siamo detti

disponibilia recuperare parti di concertazione che si erano perse. Ricordiamoci che abbiamo preso una Pa

senza stimoli, rappresentata solo come uno spreco (e mi dispiace che questa narrazione sia arrivata non

solo dalla destra, ma anche da persone che stimo come Carlo Cottarelli e Roberto Perotti), e stiamo

superando uno stallo cheè costato in termini di posti di lavoroe di competitività del Paese. Resta il tassello

mancante della dirigenza, a cui toccherebbe il primo compito di valutare e di essere valutata. Il contratto

può recuperare qualcosa? Sulla parte economica senza dubbio sì, accentuando i principi previsti nella

riforma che prospettavano una retribuzione collegata sempre più alle funzioni e sempre meno all'anzianità.

Su selezionee affidamento degli incarichi, invece, serve un intervento sulle regole: e la prossima legislatura

non potrà ignorare il tema. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: AGF

Foto: Angelo Rughetti

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LE SFIDE DELLA BCE Quel mezzo sorriso di Draghi sui tassi Alessandro Merli All'ultima conferenza stampa del 2017, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha

risposto con un mezzo sorriso alla domanda se pensi di alzare i tassi d'interesse prima di andarsene

dall'incarico nel novembre del 2019, come ha fatto nelle scorse settimane il presidente della Federal

Reserve americana, Janet Yellen, in vista della prossima chiusura del suo mandato. Draghi ha evitato di

avventurarsi in previsioni su un futuro che resta lontano ma ha spiegato: «Se dovessimo alzare i tassi

sarebbe in fondo una buona notizia». Continua pagina 11 «Vorrebbe dire che siamo su un percorso di

inflazione che si sostiene da sola», ha continuato. La risposta è a suo mo­ do rivelatrice della prospettiva di

Draghi sugli ultimi due anni di presidenza: dopo la sequela senza precedenti di azioni straordinarie per

salvare l'euro e rimettere in moto crescitae inflazione nell'eurozona, un rialzo dei tassi vorrebbe dire che la

normalizzazione della politica monetaria è completata. Sull'orizzonte del 2018 per la Bce, una cosa è

chiara,a meno di sconquassi per ora impre­ vedibili: l'anno che si apre segnerà la fine del programma di

acquisto di titoli, il Qe, nella sua forma attuale. Nell'ottobre scorso, il consiglio ha deciso di dimezzare

l'importo mensile degli acquisti netti da 60a 30 miliardi di euro, la seconda riduzione quest'anno, e di portarli

avanti finoa settembre. In seguito, potrebbe decidere di sospenderli del tutto, o, come fece la Fed a suo

tempo, di ridurli progressivamente fino a zero, il cosiddetto tapering. Draghi era sembrato a ottobre preferire

questa seconda ipotesi, altri vorrebbero un taglio netto. Il governatore della Banca centrale olandese, Klaas

Knot, per esempio, più aggressivo dello stesso presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha

sostenuto che «la politica monetaria non è in sincronia con il ciclo economico». Le richieste di Weidmann

Weidmann conviene con Draghie con la vasta maggioranza del consiglio che la politica monetaria debba

restare accomodante, ma vorrebbe un'indicazione più chiara sulla fine del Qe. Questa arriverà

probabilmente a un certo punto verso la fine della prima metà del 2018. Benoit Coeuré, membro del

comitato esecutivo e responsabile dei mercati, che negli ultimi tempi ha espresso in modo crescente vari

distinguo dalla posizione di Draghi e della maggioranza, ha detto di sperare che l'estensione del Qe

decretataa ottobre sia l'ultima. In qualche momento, le divergenze fra le dichiarazioni di Coeuré e quelle del

capo economista Peter Praet, più allineato invece sulla difesa della prosecuzione del Qe, sono apparse

stridenti, tanto da provocare un richiamo discreto ad abbassare i toni. In fondo, però, le divisioni sul timing

della fine del Qe sono per la Bce il tema di ieri. Anche grazie all'abilità dialettica di Draghi, la doppia

riduzione degli acquisti è stata realizzata senza particolari scossoni sui mercati e senza provocare una

restrizione certamente indesiderata delle condizioni finanziarie. La questione centrale del 2018 è come

navigare in modo altrettanto indolore il percorso verso la conclusione del Qe. E qui lo stesso Draghi lancia

un segnale: «La forward guidance (le indicazioni prospettiche sulla politica monetaria ndr) acquisterà

sempre maggiore importanza». Nella sua formulazione attuale, la Bce sostiene che il consiglio si aspetta

che i tassi d'interesse «rimangano su livelli paria quelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben

oltre l'orizzonte dei nostri acquisti netti di attività». Per la stragrande maggioranza degli osservatori di

mercato, questo significa fino al 2019. Un altro membro molto influente del consiglio, il governatore della

Banca di Francia, François Villeroy de Galhau, a sua volta toglie l'accento dal Qe per metterlo su un

"quartetto" che comprende anche, appunto, la forward guidance, oltre ai reinvestimenti dei titoli già

acquistati e che man mano arriveranno a scadenza, e alla fornitura di liquidità al sistema. Su una linea

quasi identica il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco.E la forward guidance verrà sottopostaa

nuova valutazione nei prossimi mesi. Ma in che condizioni si presenta l'economia dell'eurozona alle soglie

del 2018 e come influenzerà le scelte della Bce? «La politica monetaria ha accompagnato la ripresa e ora

sta accompagnando l'espansione», ha detto Draghi. La situazione dell'eurozona Secondo le previsioni della

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stessa Bce, la crescita ha toccato il 2,4% nel 2017e resterà al 2,3% nel 2018e all'1,9% nel 2019.

L'espansione è ancora più vigorosa in Germania, ma ha raggiunto anche i ritardatari dell'area euro, come

l'Italia. L'indicatore Eurocoin, pubblicato mensilmente dalla Banca d'Italia e dal Centre for Economic Policy

Research di Londra, e che fotografa la congiuntura corrente dell'eurozona, ha raggiunto a dicembre il

valore più alto dal maggio 2006, grazie al «maggiore ottimismo di famiglie e imprese e al rafforzamento del

ciclo industriale». Il miglioramento della crescita intensificherà le pressioni dei "falchi" del consiglio e di

media ed establishment finanziario tedesco per la riduzione dello stimolo monetario, ma non si è riflesso

finora in modo convincente sull'inflazione. Chea novembre era all'1,5%e dovrebbe flettere ulteriormente,

forse all'1,3% già questo mese. Solo nel 2020, nelle previsioni di Francoforte, potrebbe arrivare all'1,7%,

mentre il mandato della Bce parla di stare «sotto, ma vicino al 2%». I salari, cui il consiglio guarda con

crescente attenzione come indicatore dell'inflazione di fondo, per ora non hanno risposto al miglioramento

del mercato del lavoro. I rischi sull'orizzonte 2018 vengono in realtà più dalla politica che dallo scenario

economico, anche se evidentemente sono timori che la Bce non può dichiarare. «In democrazia ci sono

elezioni», ha detto lapalissianamente Draghi all'ultima conferenza stampa. Le prossime elezioni in Italia

sono il fattore di rischio citato più spesso dagli "Ecb watchers". L'incertezza politica sulla formazione del

Governo in Germania e l'indebolimento della posizione del cancelliere Angela Merkel sono un altro. Lo

scorso anno, la possibilità che Marine Le Pen potesse aggiudicarsi la presidenza francese è stata per

qualche tempo fonte di tensioni di mercato, che potrebbero amplificarsi notevolmente a seconda dell'esito

del voto in Italia, da sempre un sorvegliato speciale, proprio nel momento in cui il sostegno della Bce al

mercato dei titoli di Stato si ridurrà con la fine del Qe. Tra l'altro, un risultato che prolunghi l'incertezza

impedirebbe di affrontare le questioni cruciali della riduzione del debito e delle riforme strutturali, su cui la

Bce insiste da sempre, mentre il buon andamento dell'economia, come ha sottolineato in un'intervista al

Sole 24 Ore del 10 dicembre scorso, il direttore del Fondo monetario, Christine Lagarde, fa di quello attuale

il mo­ mento più adatto per metterci mano. Nel 2018 il percorso della politica monetaria della Bce comincerà

poi a intrecciarsi con la successione di Draghi alla presidenza, anche se la scadenza del 31 ottobre 2019 è

apparentemente lontana. La discussione verrà aperta in vista della fine, nel maggio prossimo, del mandato

del vicepresidente, il portoghese Vitor Constancio, valida spalla del presidente. Una poltrona che fa gola

alla Spagna, che oggi è l'unico dei quattro "grandi" dell'eurozona senza un membro del comitato esecutivo.

L'autocandidatura del ministro delle Finanze di Madrid, Luis de Guindos, è vista con qualche perplessità a

Francoforte, per il passaggio, non proprio opportuno, direttamente da una funzione di governo al central

banking. Se molti osservatori tendonoa concentrarsi sugli equilibri nel consiglio della banca centrale, la vera

partita si gioca invece a livello europeo, insieme alle altre cariche di vertice in scadenza nel 2019, il

presidente della Commissione europeae quello del Consiglio europeoe sarà parte del consueto mercato di

poltrone di Bruxelles. Il nome più accreditato per la successione a Draghi resta quello di Weidmann, il quale

avrebbe tutte le carte in regole in una situazione già "normalizzata" negli ultimi due anni del banchiere

centrale italiano, ma è stato lanciato improvvidamente da una fuga di notizie da Berlino già diversi mesi fa.

Contro il presidente della Bundesbank militano il voto contrario a quasi tutte le misure anti­crisi adottate

dalla Bce negli ultimi anni e che si sono dimostrate un successo e i dubbi sulla sua capacità di affrontare

una futura crisi con la flessibilità sufficiente. Un altro nome tedesco nonè da escludersi. Knotè

probabilmente troppo "falco" per essere digerito dalla maggioranza dei Paesi dell'eurozona. Villeroy è un

altro candidato molto forte, ma le sua chances dipendono dal fatto che Parigi possa puntare su un'altra

poltrona, per esempio la Commissione. Il finlandese Erkki Liikanen potrebbe essere un'ottima figura di

compromesso. Quel che è certo è che non ci sarà un altro Draghi.

Foto: AFP Faccia a faccia A destra Mario Draghi dialoga con il tedesco Jens Weidmann, attuale capo della

Bundesbank e più forte candidato alla successione dell'italiano a capo della Banca Centrale Europea. Ma la

sua candidatura non è gradita a chi nutre dubbi sulla sua capacità di affrontare una futura crisi con la

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flessibilità sufficiente

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VERSO IL 2018 «Prova debito» il vero test per la rimonta Gianni Toniolo Nel gennaio scorso, la Banca d'Italia prevedeva per il 2017 una crescita del Pil pari a 0,9%, salito a 1,1 in

aprile, nel Def del governo. Invece, l'anno si chiude con una crescita acquisita dell'1,5 per cento. Se il

successo si misura «battendo le previsioni», il 2107 è stato certamente buono per l'economia italiana. Le

esportazioni hanno aumentato la quota sul commercio mondiale. pagina 6 Inostri esportatori hanno fatto

meglio in media di quelli del resto del mondo. Gli occupati sono oggi pari al 58,1 per cento della

popolazione, contro il 55,4 del 2013; non c'è una significativa riduzione della disoccupazione perché alcuni

degli scoraggiati che nemmeno provavano a cercare lavoro sono tornati a cercarlo. Il 2017 è un anno

"buono" soprattutto alla luce della crisi recente, la più grave della storia economica dell'Italia unita in tempo

di pace. Le ombre che oscurano in parte il risultato del 2017 sono quasi tutte riconducibili alla crisi stessa e

al modo con cui l'abbiamo affrontata. Il crollo degli investimenti e della spesa per università e ricerca peserà

a lungo sul nostro futuro economico; povertà, disuguaglianza e disoccupazione giovanile peseranno su

quello sociale e politico. Per questo è comprensibile che milioni di italiani non si accorgano del ritorno alla

crescita, che trovino quasi offensivo un giudizio positivo sul 2017. Per un momento, però, godiamoci le luci.

Abbandoniamo il vizio nazionale di vedere solo ombre: è un vizio pericoloso perché chi ci osserva da fuori,

chi valuta se e quanto investire da noi, è sconcertato dalla negatività dei giudizi che arrivano da casa

nostra.E ne tiene conto. Celebrato il 2017, passiamo agli auguri per l'anno nuovo. Le variabili economiche

promettono bene. L'economia mondiale continuerà la sua espansione, sostenuta non solo dai paesi

emergenti ma anche dall'Unio­ ne Europea e dagli Stati Uniti. Gli analisti prevedono per l'Italia la

continuazione della crescita attuale anche nell'anno che si apre. I fondamenti dell'economia sono, dunque,

robusti. I rischi vengono dalla politica, internazionale e domestica. Nel 2017 abbiamo sventato le minacce

del populismo olandese, francese e tedesco. Il separatismo catalano fa meno paura, di un mese fa.

L'augurio per il 2018è di essere altrettanto fortunati, o altrettanto bravi nel controllare i rischi di origine

politica. Sul mondo pesa soprattutto, lo sappiamo bene ma cerchiamo di non dirlo troppo, la tensione al

limite di rottura nella penisola coreana. Più sullo sfondo appare l'ombra di Tucidide che ci ammonisce di

fare bene attenzione alle relazioni tra la potenza egemone e quella emergente. Lasciamoci ammonire dal

centenario della fine della Grande Guerra, che fu solo una tregua nella "seconda guerra dei trent'anni".

Sono questi i grandi rischi. Noi italiani possiamo fare poco per ridurli. Dobbiamo dunque accontentarci degli

auguri. Non possiamo, invece, limitarci agli auguri per i rischi che dipendono in buona misura da noi. Gli

amici stranieri ci domandano con preoccupata insistenza che cosa succederà a seguito delle nostre

elezioni. Dopo Olanda, Francia e Germania, nel 2018 sarà l'Italia a tenere con il fiato sospeso. Non è però

scritto che sia così. Il Presidente Mattarella ha ricordato a tutti che non c'è nulla di pericoloso, di patologico,

nel normale esercizio della sovranità popolare in libere elezioni, purché tutti si comportino con maturità

civica e politica. Il rischio connesso alle elezioni italiane riguarda non tanto la nostra appartenenza

all'Unione Monetaria, che nessuno vuole veramente mettere in discussione, ma la piuttosto la "cultura del

debito", diffusa tanto tra i cittadini quanto tra i loro rappresentanti. Prima ancora che la campagna elettorale

cominci ufficialmente, non c'è parte politica che non faccia girare la propria proposta programmatica attorno

a più o meno colossali aumenti di spesa in disavanzo, senza tenere conto che il maggior rischio che l'Italia

correrà nel 2018 si annida nel più elevato debito pubblico della sua storia di pace. Il rischio mortale è quello

di un inatteso allontanarsi dei sottoscrittori dalle aste per il rinnovo dei nostri titoli. Un secondo rischio, più

subdolo, è quello del soffocamento progressivo della crescita sotto il peso di un debito che sarà rifinanziato

a costi sempre più alti. Per esorcizzare questi rischi, non bastano gli auguri di stagionee il confidare nel

proverbiale stellone: tutte le parti che concorreranno alle elezioni per il prossimo parlamento possono

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contenere con successo i rischi specifici del nostro Paese dimostrando una volontà comune a ritenere

l'indebitamento come un vincolo insuperabile piuttosto che come un serbatoio inestinguibile di risorse da

distribuire. Se il 2018 segnasse un abbandono della cultura del debito, le probabilità che la crescita del Pil

sia superiorea quella dell'anno che si chiude crescerebbero non poco.Indebitamento, vincolo insuperabile e

non serbatoio inestinguibile 140 120 100 De bito/Pil in % (scala sinistra) 80 60 40 20

0 3,4 100,5 131,6 2003 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '0 '11 '12 '13 '14 '15 '16 2017 Fonte: Istat e Nadef 2017 Defi ci

t/Pil in % (scala destra) 2,1 7 6 5 4 3 2 1 0

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VERSO IL 2018 La ripresa c'è ora l'Italia deve contare nella Ue Andrea Goldstein In economia, tutti i Capodanni infelici si assomigliano, con il loro bagaglio di recessione, inflazione e

disoccupazione, mentre ogni Capodanno felice è diverso. Quello che celebra il nostro Paese domani, dopo

tanti anni di miserie, è fatto di crescita, certo non straordinaria se paragonata a quella dei Paesi Ueo G20,

ma nondimeno sostenuta nella sua dimensione (sicuramente superiore all'1,5%). Continua pagina 6 1 Una

crescita altresì equilibrata nelle sue sorgenti (la domanda interna è ormai il secondo pistone della macchina

Italia, accanto all'export). Ma anche diverso da precedenti momenti di euforia, grazie al cielo, il Capodanno

2018: i ristoranti sono davvero pieni, e anche la crescita è destinata a durare, almeno nel breve periodo, ma

il Presidente del Consiglio non ha l'indole sbruffona di qualche suo predecessore e come motto ha scelto

"diamoci una calmata". Le circostanze che hanno permesso all'economia italiana di rialzare la testa dopo il

lunghissimo inverno della doppia recessione sono risapute. In primis, senza dubbio, quelle esterne: nessun

paese è stato altrettanto favorito dalla politica monetaria giustamente accomodante dell'Eurotower, che è

progressivamente venutaa coincidere con la ripresa americana, europea e ormai globale (senza

dimenticare che Cina e resto dell'Asia emergente non hanno mai smesso di correre). Anche la parziale

realizzazione dell'Unione bancaria e l'introduzione dei Meccanismi unici di sorveglianza e di risoluzione

sono servite molto all'Ita­ lia. In secondo luogo, c'è stato il rimbalzo tecnico nel comportamento di

consumatori e imprese, col fiato corto dopo avera lungo stretto la cinghia, ma alle prese con vere necessità

di consumo e investimento, che hanno coltoi benefici di misure utili, ancorché estemporanee, come il bonus

degli 80 euro e gli ammortamenti accelerati. Infine-e questoè senza dubbio l'elemento più inco­ raggiante

per le prospettive future - i governi della XVII legislatura hanno realizzato,o quantomeno avviato, importanti

riforme, come il Jobs Act, il diritto fallimentare, la funzione pubblicao la Buona Scuola, che avvicinano l'Italia

alle best practices internazionali. Questo stato di cose siè tradotto in milioni di euro di valore aggiunto, cioè

di PIL, perché gli italiani hanno dimostrato tenaciae volizione di fronte alle avversità, "coltivando il proprio

giardino" e dimostran­ dosi degni della fiducia che- non dimentichiamolo - i risparmiatori e gli investitori

esteri hanno mantenuto nella capacità di rimborsare l'immane debito pubblico italiano. Gli eroi silenziosi del

lungo inverno italico sono molti: dai modesti funzionari pubblici che fanno il loro lavoro con impegno e

professionalità, malgrado l'obbrobrio che viene gettato addosso a tutta l'amministrazione (soprattutto per le

colpe di grands commis più attaccati alla poltrona che allo Stato), ai ricercatori grazie ai quali la produttività

scientifica italiana è progredita al passo, o anche più velocemente, di quella delle altre nazioni dove si

spende molto di più in ricerca; dagli imprenditori che si sono rimboccati le maniche alla ricerca di nuovi

mercati, emuli Millennial di Tino Faussone, a organizzazioni non­governative come Emergency o i militari

impegnati in missioni internazionali che hanno fatto molto di più per promuovere il soft power tricolore che

ministri degli Esteri monoglotti. Affermare che quest'anno le cose vanno meglio non equivale ovviamente a

professare la «metafisico­teologocosmolonigologia». Troppo profonda ancora l'eredità del decennio in cui

l'economia nonè cresciutae anzi è arretrata, per pensare che viviamo nel migliore dei mondi possibili e

scorgere gli albori di un Nuovo Rinascimento. Soprattutto nei settori strategici l'Italia arranca e investe

poco, vittima di una casta politica culturalmente inadeguata a confrontarsi con le sfide dell'alta tecnologia,

di una grande borghesia miope e rentière, d'intellettuali narcisi che hanno in gran parte disatteso il monito

di Norberto Bobbio di "lotta[re] contro gli attacchi, da qualsiasi parte provengano, tanto da quella dei

tradizionalisti come da quella degli innovatori, alla libertà della ragione rischiaratrice". La modestia di

parecchie proposte di politica economica, dalla moneta alternativa all'abolizione della legge Biagi, dal

ripristino dell'articolo 18 alla soppressione dell'imposta di successione, è sotto gli occhi di tutti. Dimostrano

quanto poco i partiti siano coscienti che il vero cancro del Paese si chiama bassa produttività, da cui poi

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discendono le patologie cui si tenta di mettere una pezza con improbabili unguenti magici. Proprio per

questo non è che il rischio di un'ulteriore ricaduta, questa volta potenzialmente definitiva, del Paese sia

scongiurato. Al di là dell'interrogativo su chi vincerà le elezioni, per il quale la risposta più probabile è

"nessuno", sussiste il dubbio su come riuscire a formare una coalizione tra partiti che sembrano parlare

lingue differenti. La vera sfida per il 2018, e ben oltre, sarà sviluppare un progetto collettivo che consenta

all'Italia di uscire dall'emergenza programmatica e tornare un giorno a dire la sua in Europa. La triste

alternativa del nostro declino come nazione la descrisse perfettamente Thomas Mann parlando di Thomas

Buddenbrook: "Nell'anima sua egli sentiva il vuoto, e non scorgeva progetti appassionanti e lavori

avvincenti ai quali consacrarsi con gioia e soddisfazione." P.S. Non da ieri, ma da quando ne scrisse Dante

e magari da prima, vigliaccheria e autolesionismo sono mali di cui soffre l'Italia. A qualcuno sembra far

gioco rendere ancor più malmostoso il clima della campagna elettorale, attribuendo i mali di cui soffriamo a

qualche misterioso complotto straniero, per esempio franco­tedesco. Al Sole e ai suoi lettori l'onere e l'onore

di onorare lo spirito mazziniano dei suoi fondatori, distinguendo il rifiuto dell'indifferenza dal cancan delle

dicerie per "dire come stanno veramente le cose".

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La risposta record del Pil pro capite Marco Fortis pagina 6 pLa maggior parte degli economisti e dei commentatori non sembra ancora aver capito una verità

tanto semplice quanto banale riguardo al tema della (bassa, debole, insufficiente?) crescita economica

italiana.E cioè che se il nostro Pil per abitante del 2017 si trova sostanzialmente ancora ai livelli del 1999 in

termini reali la spiegazione non è perché la nostra crescita attuale sia comparativamente inferiore rispetto a

quella degli altri maggiori Paesi avanzati. Bensì perché l'economia italiana ha incassato negli ultimi due

decenni alcuni autentici colpi da KO sotto forma di crisi di portata storica. Crisi che ci hanno fatto

vertiginosamente perdere quota, come un aereo finito improvvisamente in un vuoto d'aria. Fortunatamente

non ci siamo schiantati a terra ma adesso, non essendo possibili i miracoli in economia, ci vuole il dovuto

tempo per riguadagnare l'altitudine che avevamo raggiunto in precedenza. Non è perciò una questione di

bassa velocità media. È che negli ultimi anni siamo rimasti tremendamente attardati rispetto agli altri Paesi

che non hanno vissuto una successione di recessioni forti come le nostre. Se infatti consideriamo le quattro

maggiori economie europeee gli Stati Uniti, possiamo constatare che nel 2017 tutti i Paesi analizzati tranne

l'Italia hanno raggiunto i loro valori storici più alti di prodotto per abitante in termini reali. Perché l'Italia no?

Perché già nel 2008­2009 il nostro Pil pro capite precipitò di oltre il 6% rispetto all'anno precedente. E poi

perché, dopo un debole recupero nel 2010­2011, l'Italia perse altri 5 punti percentuali abbondanti di Pil pro

capite nel biennio dell'austerità 2012­2013. In totale, rispetto ai livelli massimi toccati nel 2007, il Pil italiano

per abitante ha lasciato sul terreno oltre 11 punti di flessione nel 2008­2013. Dal punto di vista comparato,

mentre la prima crisi, quella del 2008­2009, interessò anche le altre quattro maggiori economie qui

considerate, che poi però recuperarono velocemente negli anni immediatamente successivi, la seconda

crisi del 2012­2013 è stata un evento unicamente italiano (oltre che degli altri Paesi minori colpiti dal

"contagio" greco come Spagna, Portogallo e Irlanda). Se, per ipotesi, ciò fosse capitato alla Germania oggi

il Pil tedesco sarebbe non superiore a quello di 14 anni fa. È quindi del tutto evidente che, pur avendo ben

in mente i nostri ritardi strutturali, le inefficienzee i divari geografici che ci caratterizzano, il problema

determinante dell'Italia nonè quello di una generica bassa crescita economica, misurata per di più in modo

alquanto scolastico sul lungo periodo. Il nostro maggior handicap è invece costituito dalle profonde

recessioni che si sono verificate entro "quel" lungo periodo, crisi che hanno alterato completamente il

significato dei nostri tassi medi annui composti di crescita calcolati sull'intervallo di riferimento. In altri

termini, se il nostro Pil pro capiteè ancora ai livelli del 1999 nonè perché oggi ci sia poca crescita ma

perché abbiamo avuto prima la recessione del 20082009, poi lo spreade infine l'austerità. E le eventuali

responsabilità "politiche" del perché siamo fermi al 1999 vanno imputate, se del caso, a chi ha provocato o

mal gestito tali eventi.Oa chi viè arrivato impreparato, non avendo approfittato del primo decennio dell'euro

per riequilibrare in modo incisivoi nostri conti pubblici. La comprensione della bassa crescita italiana è resa

ancor più complicata dal fatto che negli ultimi anni il nostro Paeseè stato interessato anche da una curva

demografica negativa, che ne ha limitato il potenziale di sviluppo e di domanda interna. Un trend che,

verosimilmente, continuerà anche in prospettiva. Nel 2016, ad esempio, la popolazione italianaè diminuita

dello 0,2% mentre ad esempio quella tedesca è cresciuta dell'1%. Per cui, se per ciò che riguarda la

crescita del Pil totale l'Italiaè stata nel 2016 inferiore agli altri Paesi (anche se non più come in passato), in

realtà per aumento del Pil pro capite la nostra econo­ mia è stata loro superiore: Italia +1,11%, Regno Unito

+1,08%, Germania +0,95%, Stati Uniti +0,79%, Francia +0,78%. Lo stesso dovrebbe accadere, secondo le

previsioni della Commissione Europea, anche peri Pil pro capite del 2017: Italia +1,52%, Stati Uniti +1,45%,

Germania +1,32%, Francia +1,07%, Regno Unito +0,75%. Considerato che, da quando esistono serie

storiche comparabili, cioè dal 1992, non era mai accaduto che l'Italia risultasse prima per crescita del Pil

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pro capite tra le cinque maggiori economie occidentali del G­7, e men che meno per due anni consecutivi,

ma, anzi, è stata quasi sempre ultima, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un fenomeno di portata storica.

In conclusione, l'Italia uscita dalla crisi 2008­2013 non è più paragonabile a quella che vi era entrata. È oggi

un'Italia per molti aspetti ridimensionata rispettoa prima (a cominciare dalla capacità produttiva

irrimediabilmente persa) ma è più reattiva, dinamica ed efficiente. Un'Italia che ha finalmente realizzato una

serie di importanti riforme attese da anni. Il risultato è che, sì, il nostro Pil pro capite è ancora molto distante

dai livelli pre­crisi, ma che per la prima volta cresce più velocemente dei Pil pro capite di altre importanti

economie sviluppate.

Pil pro capite Crescita reale in alcuni Paesi. Var. % rispetto all'anno precedente Italia 2016 2017 Stati Uniti

2016 2017 Germania 2016 2017 Francia 2016 2017 Regno Unito 2016 2017

Fonte: Commissione Europea 1,11 1,52 0,79 1,45 0,95 1,32 0,78 1,07 1,08 0,75

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Agenda del nuovo anno LE 50 MOSSE PER IL 2018 Bollette Cancellata la fatturazione a 28 giorni: entroaprile operatori di tlc e pay tv obbligati alla cadenza mensile FISCO SEMPRE PIÙ VIGILE CON L'E-FATTURA/SGRAVI PER ASSUMEREUNDER 35 Da luglio acquisti di carburanti tracciati per professionisti e imprenditori - Bonus investimenti confermati Andrea Maria Candidi Dalla conferma dell'iperammortamento al nuovo esame di terza media; dallo stop alle bollette a 28 giorni

per tlc e pay tv all'avvio del reddito di inclusione. Passando dall'introduzione dell'equo compenso nei

rapporti tra professionisti e clienti forti fino alla detrazione delle spese per l'abbonamento ai trasporti

pubblici e all'aggiornamernto del calendario degli adempimenti fiscali. Molte le novità - per una buona parte

ereditate dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 27 dicembre, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del

29 dicembre n. 302) - con le quali cittadini, professionisti e imprese avranno a che fare a partire da domani.

In queste pagine il Sole 24 Ore mette in evidenza cinquanta novità e appuntamenti principali distinti per

materia. Per i professionisti, al di là dell'impatto delle misure fiscali, va segnalato senza dubbio l'equo

compenso. Introdotte dal decreto fiscale, e da ultimo modificate dalla legge di bilancio, le misure di tutela

contro il divieto di clausole vessatorie e a favore di un compenso «conforme» ai parametri dei ministeri

vigilanti può sembrare il ritorno al passato dei minimi tariffari. Occorrerà aspettare l'esito della fase di

rodaggio nell'applicazione concreta delle nuove norme, a partire dalla definizione della platea dei soggetti

"coperti". Le imprese, dal canto loro, possono tirare un respiro di sollievo con la conferma, seppure

diversificata e non sempre piena, dei bonus fiscali sugli investimenti. Resta in sostanza tale e quale la

disciplina dell'iperammortamento al 250% per acquisti in chiave Industria 4.0%, mentre si riduce di 10 punti,

dal 40 al 30%, la maggiorazione dei costi dei beni "superammortizzabili". Denso il pacchetto per i cittadini,

con un capitolo rilevante di misure per il sostegno delle fasce più deboli: il 2018 è l'anno, per citarne una,

dell'avvio del reddito di inclusione. Non va dimenticato il discusso bonus di 80 euro con un leggero

innalzamento della soglia di reddito che ne dà diritto. A sostegno dell'occupazione è in arrivo lo sgravio

contributivo per l'assunzione , con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, di under 35. Infine, il

capitolo previdenza. Nel 2018 per accedere alla pensione di vecchiaia saranno necessari 66 anni e 7 mesi

di età. Mentre l'importo degli assegni aumenterà, sia pure di poco, in virtù del calcolo dell'inflazione

provvisoria stimata per il 2017. Ma l'aumento "pieno" dell'1,1% spetterà solo a chi riceve una pensione fino

a tre volte il minimo (poco più di 1.500 euro). © RIPRODUZIONE RISERVATA Hanno collaborato: Andrea

Biondi, Michele Brusaterra, Antonello Cherchi, Saverio Fossati, Barbara Gobbi, Giuseppe Latour, Valentina

Melis, Federica Micardi, Giovanni Negri, Matteo Prioschi, Gian Paolo Tosoni, Gianni Trovati, Claudio Tucci

Il quadro delle principali novità AGRICOLTURA 1 ontributi giovani Coltivatori direttie imprenditori agricoli

professionali finoa 40 anni che si iscrivono nella previdenza agricola nel corso del 2018, usufruiscono di

uno sgravio contributivo totale peri primi tre anni, della riduzionea due terzi per il quartoe della metà per il

quinto. L'esonero nonè cumulabile con altri esonerio riduzioni delle aliquote di finanziamento. La stessa

agevolazione era prevista per il 2017. L'aliquota di computo delle prestazioni previdenziali non subisce

riduzioni. 2 ffiancamento Il contratto di affiancamento viene introdotto per agevolare il cambio

generazionale in agricoltura. L'imprenditore affiancato deve avere oltre 65 anni o se più giovane deve avere

raggiunto la pensione. I giovani in affiancamento devono avere tra 18 e 40 anni e possono essere

organizzati anche in forma associata e non devono essere proprietari o titolari di altro diritto reale su terreni

agricoli. L'affiancamento comporta la ripartizione degli utili di impresa in una percentuale tra il 30 e il 50% a

favore del giovane. Il giovane matura altresì il diritto di prelazione agraria secondo le modalità della legge

590/1965. APPALTI 3 oglie comunitarie Dal 1° gennaio vengono aggiornate le soglie che caratterizzano le

gare di rilevanza comunitaria. Peri settori ordinari, gli appalti di lavori passano da 5,2 milioni di euroa 5,5

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milioni; gli appalti di servizie forniture aggiudicati da amministrazioni che sono autorità governative centrali

passano da 135milaa 144mila euro, per gli appalti di servizi e forniture aggiudicati da amministrazioni che

non sono autorità governative centrali la soglia da 209mila euro salea 221mila euro (Regolamento delegato

Ue 2017/2364). 4 ffidamenti in house Dal 15 gennaio sarà possibile presentare domanda per l'iscrizione

all'elenco Anac delle società in house. L'iscrizioneè obbligatoria per le amministrazioni che operano tramite

affidamenti in housee per gli entia loro collegati (linea guida Anac 7/2017). BENI CULTURALI 5 onus

18enni La legge di bilancio ha messo a disposizione 290 milioni di euro all'anno per prorogare nel 2018 e

nel 2019 il bonus di 500 euro riconosciuto ai giovani, residenti in Italia, che compiono 18 anni. Per acquisire

il credito si deve accedere, mediante Spid, a 18app, piattaforma attraverso la quale con i 500 euro si

possono acquistare libri, musica, biglietti per teatri, concerti, cinema, musei, e corsi di formazione.

Prorogato anche il bonus cosiddetto Stradivari ­ il 65% di sconto su una spesa massima di 2.500 euro ­ per

gli studenti dei conservatori e degli istituti musicali che acquistano uno strumento musicale. 6 usei Ministero

dei Benie delle attività culturali faranno partire le gare per l'aggiudicazione dei servizi aggiuntivi (ristoranti,

caffetterie, bookshop) dei musei. Si metterà così finea una gestione da parte dei concessionari che va

avanti da anni in forza di proroghe. CASA E EDILIZIA 7 etrazione condomini Entro il 28 febbraio

l'amministratore effettua la comunicazione alle Entrate dei dati sulle detrazioni fiscali spettanti ai condòmini

per interventi sulle parti comuni. Quest'anno dovrà tenere conto di alcune varianti: nell'indicarei dati

catastali si accorperanno le pertinenze con rendita autonoma anche se si indicherà il numero delle

pertinenze riferite alla singola unità cui vengono accorpate come importo. Inoltre, occorrerà dare tuttii datio

gli estremi della domanda di accatastamento. 8 ocazioni brevi Entro il 7 marzo debutta la consegna alle

Entrate dei dati sulle ritenute del 21% operate sulle locazioni brevi (e relativo Cud agli interessati al 31

marzo) da parte degli intermediari immobiliari (agenzie ma anche portali, salvo ripensamenti da parte del

Tar Lazio). Entro il 31 marzo gli intermediari immobiliari devono inviare il Cud ai clienti ai quali hanno

effettuato la ritenuta (a titolo di acconto o di imposta) del 21% sui canoni. Dal 30 giugno, gli intermediari

immobiliari hanno l'obbligo di comunicazione telematica alle Entrate dei dati di ogni contratto di locazione

breve stipulato dal 1° giugno 2017 al 31 dicembre 2017. Nel nuovo modello 730 è stato aggiornato anche il

rigo F8, in modo da poter indicare l'importo delle ritenute sulle locazioni brevi riportato nella certificazione

unica. FAMIGLIA E WELFARE 9 onus bebè Peri figli natio adottati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018

spetta fino al primo anno di età (o di ingresso nella famiglia adottiva) un bonus da 960 euro annui, erogato

mensilmente (80 euro al mese). Per richiederlo, la famiglia deve avere un Isee non superiorea 25mila euro

annui. Peri nuclei con un Isee entro 7mila euro annui, il bonusè raddoppiato. 10 Reddito di inclusione

Comincerà ad essere erogato il reddito di inclusione (Rei), come misura unica a livello nazionale di

contrasto alla povertà e all'esclusione sociale. Il Rei si compone di un contributo economico, da 187 a 485

euro al mese in base al numero dei componenti della famiglia (erogato tramite una carta prepagata) e di

servizi alla persona per l'inclusione lavorativa e sociale basati su un progetto personalizzato. 11 Sconto

trasporto Diventa detraibile dall'Irpef il 19% delle spese sostenute per acquistare abbonamenti ai servizi di

trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, fino a un importo di 250 euro. Il beneficio è dunque di

47,5 euro all'anno. 12 Caregiver familiare È istituito un Fondo da 20 milioni all'anno per ciascuno degli anni

2018, 2019 e 2020 per sostenere il ruolo di cura e di assistenza del «caregiver» familiare. Con questa

definizione si indica la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra

persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado o ­

in casi particolari ­ di un familiare entro il terzo grado che, per malattia, infermità o disabilità, non sia

autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, o sia riconosciuto invalido o titolare di indennità di

accompagnamento . FISCO 3 Distributori automatici Dal 1° gennaio 2018 i distributori automatici non dotati

di porta di comunicazione, devono memorizzare e trasmettere i dati degli incassi all'agenzia delle Entrate.

Per non incidere sul funzionamento delle vending machine esistenti, e al fine di garantire un progressivo

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rinnovo delle stesse rispettando i loro tempi di obsolescenza, in fase di prima applicazione, i dati degli

incassi e ogni altro elemento informativo sono conservati in forma elettronica. 14 Gruppo Iva Dal 1°

gennaio 2018 è possibile esercitare l'opzione per il cosiddetto gruppo Iva. Si tratta di un nuovo istituto

destinato sia ad esercenti attività d'impresa che arti. Il gruppo Iva diviene un unico soggetto passivo mentre

i soggetti partecipanti perdono la loro soggettività passiva ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. 15

Intrastat Semplificata la presentazione dei modelli Instrastat. Per gli acquisti di beni essi vanno presentati

solo ai fini statistici, con riferimento a periodi mensili, qualora l'ammontare totale trimestrale degli acquisti

sia, per almeno uno dei quattro trimestri precedenti, uguale o superiore a 200mila euro. Per quanto

riguarda i servizi ricevuti i modelli vanno presentati solo a livello statistico, con riferimento a periodi mensili,

qualora l'ammontare totale trimestrale di detti acquisti sia, per almeno uno dei quattro trimestri precedenti,

uguale o superiore a 100mila euro. 16 Reclamo e mediazione Per gli atti impugnabili notificati dal 1°

gennaio 2018, è necessario presentare reclamo e mediazione per tutte le controversie di valore non

superiore a 50mila euro. Il reclamo e la mediazione sono obbligatori, prima di accedere eventualmente al

contenzioso. 17 Rimborsi Iva Dal 1° febbraio 2018 per coloro che richiedono il rimborso Iva annuale o

infrannuale, è riconosciuto il ristoro di una parte delle spese sostenute per il rilascio della garanzia richiesta

per legge. Il ristoro, pari allo 0,15% dell'importo garantito e per ogni anno di garanzia, riguarda i rimborsi Iva

a partire da quello fatto con la dichiarazione Iva annuale relativa al 2017 e per i rimborsi infrannuali a partire

da quelli relativi al primo trimestre 2018. 18 Spesometro Si possono trasmettere entro il 28 febbraio 2018

alle Entrate i dati relativi al primo semestre 2017 di fatture emesse e ricevute, ma anche di bollette doganali

e note di variazione ed evitare così l'applicazione di sanzioni per le comunicazioni omesse, erronee o

incomplete effettuate entro il 16 ottobre 2017. 19 Split payment STEFANO MARRA L'applicazione del

meccanismo della scissione dei pagamenti viene ampliato dal 2018 anche agli enti pubblici economici

nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona,

nonché alle fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del

fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento. 20 Cedolare secca al 10% Prorogata nel 2018 e nel 2019

l'aliquota agevolata al 10% della cedolare secca, applicabile ai contratti di locazione a canone concordato.

Si tratta dei contratti stipulati nei maggiori comuni italiani e in quelli confinanti, negli altri capoluoghi di

provincia o nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe, degli immobili locati nei confronti di

cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, purché sublocati a studenti universitari e di

locazioni stipulate nei comuni per i quali sia stato deliberato, negli ultimi cinque anni, lo stato di emergenza

a seguito del verificarsi di eventi calamitosi. 21 Superammortamento Passa dal 40 al 30% la maggiorazione

del costo di acquisizione di beni strumentali nuovi, con riferimento alle acquisizione poste in essere dal 1°

gennaio 2018 (per le quali non vi sia l'ordine accettato dal venditore e/o un acconto pagato dal cessionario

di almeno il 20% del prezzo entro il 31 dicembre 2017), ovvero entro il 30 giugno 2019 purché entro il 31

dicembre 2018 vi sia l'accettazione dell'ordine da parte del venditore nonchè il pagamento di almeno il 20%

del prezzo. Vengono esclusi dalla agevolazione tutti i mezzi di trasporto. 22 Iperammortamento Confermata

l'agevolazione consistente nella maggiorazione del 150% del costo fiscalmente riconosciuto per

l'ammortamento in caso di acquisto di beni «Industria 4.0». L'agevolazione può essere usufruita anche per i

beni acquistati non solo nel 2018 ma anche fino al 31 dicembre 2019 purché entro la data del 31 dicembre

2018 vi sia l'accettazione dell'ordine da parte del fornitore e il pagamento, a titolo di acconto, di almeno il

20% del prezzo. 23 Partecipazioni Dal 1° gennaio 2018è possibile rivalutare il valore delle partecipazioni di

controllo, iscritto in bilancioa titolo di avviamento, marchi d'impresae altre attività immateriali, versando

un'imposta sostitutiva del 16%, non solo in società residenti nel territorio dello Stato ma anche in società

non residentie senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato stesso. Anche se le partecipazioni

sono acquisitea seguito di operazioni di cessione d'aziendao di partecipazioni. La norma si applica agli

acquisti di partecipazioni avvenute nel periodo d'imposta antecedentea quello in corso alla data di entrata in

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vigore della legge di bilancio (peri soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, acquisite

dal 2017). 24 Credito quotazione Per le imprese che si quotano in borsa viene riconosciuto dal 2018 un

credito d'imposta, fino a un massimo di 500mila euroe da usare in compensazione, pari al 50% dei costi di

consulenza sostenuti per la quotazione. 25 Carburanti Dal 1° luglio 2018 chi effettua cessioni di benzina o

di gasolio utilizzati come carburanti per motori, devono memorizzare elettronicamente e trasmettere in via

telematica i corrispettivi degli incassi giornalieri. Dalla stessa data i soggetti che effettuano cessioni di

benzina o di gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori per le quali deve essere

emessa fattura, la emettono in formato elettronico. Sempre in tale formato viene emessa la fattura da parte

di subappaltatori e subcontraenti «della filiera delle imprese» che hanno stipulato con una Pa un contratto

di lavori, servizi o forniture. Sempre dal 1° luglio 2018 ai soggetti passivi d'imposta che acquistano

carburanti per autotrazione presso gli impianti stradali di distribuzione, il cedente deve emettere fattura

elettronica. È inoltre ammesso in deduzione l'acquisto di carburante per autotrazione solo se il pagamento

è effettuato mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari

soggetti all'obbligo di comunicazione all'Anagrafe tributaria. Ai soggetti esercenti attività di distribuzione di

carburante spetta un credito d'imposta pari al 50% del totale delle commissioni loro addebitate, a partire dal

1° luglio 2018, per le transazioni il cui pagamento viene effettuato tramite carte di credito. 26 Dichiarazioni

fiscali Vengono ridefiniti per leggei calendari delle principali scadenze dichiarative: per il modello 730

precompilato, infatti, vi sarà tempo, per la presentazione, fino al 23 luglio, per il modello 770 si passaa fine

ottobre così come per la dichiarazione dei redditie la dichiarazione Irap. L'invio dello spesometro relativo al

secondo trimestre passa dal 16 al 30 di settembre. 27 F24 compensato Se sono presenti profili di rischio,

dal 2018 l'agenzia delle Entrate può sospendere fino a trenta giorni dalla sua presentazione, al fine di

verificare il credito, il modello F24 contenente delle compensazioni. Nel caso in cui non vi siano rischi, la

delega viene eseguita e i versamenti si considerano effettuati alla data della sua presentazione, se, invece,

vi sono profili di rischio, la delega non viene eseguita e i versamenti contenuti si danno per non effettuati.

28 Dividendi I dividendi percepiti in virtù di partecipazioni qualificate in società di capitali ed enti assimilati,

anche non residenti, sono tassati attraverso una ritenutaa titolo d'imposta della misura del 26 per cemto.

Tale tassazione si applicaa partire dai dividendi percepiti dal 1° gennaio 2018. Viene, però, previsto, quale

periodo transitorio, che per gli utili prodotti, dalla societào ente che li distribuisce, fino all'esercizio in corso

al 31 dicembre 2017,e la cui delibera di distribuzione avviene dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, la

tassazione nei confronti del socio qualificato mantiene le regole precedenti. GIUSTIZIA 29 Intercettazioni

Ancora deve essere pubblicato in Gazzetta, ma, verosimilmente a giugno, entrerà in vigore la nuova

disciplina delle intercettazioni che punta a evitare la divulgazione di conversazioni irrilevanti per le indagini.

Al debutto anche una regolamentazione dell'utilizzo dei trojan horses, virus informatici che potranno essere

autorizzati solo per inchieste su mafia e terrorismo. Solo a fine anno invece dovrebbe scattare

l'allargamento del diritto di cronaca, rendendo accessibili ai giornalisti le ordinanze cautelari depositate.

LAVORO 30 Assunzione disabili Dal 1° gennaio 2018 le aziende con almeno 15 dipendenti computabili

dovranno assumere un disabile entroi successivi 60 giorni senza poter attendere una nuova assunzione.

Viene meno, infatti, il regime di gradualità previsto dall'articolo 3, comma2 della legge 68/1999. La stessa

regola riguarderà anche partiti politici, organizzazioni sindacalie onlus, che computano la quota di riserva

solo con riferimento al personale tecnico­esecutivoe svolgente funzioni amministrative. 31 Bonus 80 euro

Dal 2018 si estende l'ambito di applicazione del bonus mensile da 80 euro a sostegno dei lavoratori

dipendenti. La soglia di reddito che garantisce il bonus Renzi passa da 24mila a 24.600 euro per arrivare,

attraverso un sistema di décalage, a un aiuto ridotto per chi arriva fino a un massimo di 26.600 euro contro i

26mila precedenti. Restano esclusi dal bonus gli incapienti, i pensionati e i contribuenti con redditi diversi

da lavoro dipendente. 32 Assunzione giovani Contributi previdenziali ridotti del 50% esclusi i premi Inail ­ per

i datori di lavoro privati che dal 1° gennaio 2018 assumono con contratto a tempo indeterminato a tutele

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crescenti giovani con meno di 35 anni (30 anni dal 2019) i quali non abbiano avuto in precedenza rapporti

di lavoro a tempo indeterminato. Fa eccezione il caso di assunzione di un lavoratore con precedente

contratto di apprendistato presso un altro datore di lavoro e non confermato da quest'ultimo. L'agevolazione

si applica anche in caso di trasformazione e tempo indeterminato di contratti a termine. La riduzione,

applicata su base mensile, potrà avere una durata massima di 36 mesi con riduzione degli oneri contributivi

fino a 3mila euro su base annua. Lo sgravio contributivo sale al 100% in caso di assunzioni di giovani delle

regioni del Mezzogiorno (grazie alla proroga di un anno del Bonus Sud), di studenti in alternanza e di

apprendisti di primo e secondo livello. Per beneficiare dello sgravio l'impresa non dovrà aver effettuato

licenziamenti nella stessa unità produttiva sei mesi prima dell'assunzione del giovane e non dovrà

licenziare il neoassunto nei sei mesi successivi o un lavoratore con la stessa qualifica impiegato nella

stessa unità produttiva. PENSIONI 33 Vecchiaia Per accedere alla pensione di vecchiaia nel 2018 saranno

necessari 66 anni e 7 mesi di età, anche per le donne del settore privato, dipendenti e autonome. Sale di

12 mesi, arrivando a 66 anni e 7 mesi, il requisito minimo per l'assegno sociale. Da questa parificazione

sono esclusi gli iscritti alle Casse di previdenza dei professionisti che hanno requisiti differenziati. 34

Importo assegni Crescerà, seppur di poco, l'importo degli assegni per effetto dell'inflazione provvisoria

relativa al 2017. L'aumento dell'1,1% però sarà riconosciuto pienamente solo alle pensioni di importo fino a

tre volte il minimo, cioè fino a 1.505,67 euro. Con l'incremento del valore dell'assegno, l'adeguamento

all'inflazione cala fino allo 0,495% che viene riconosciuto agli assegni oltre sei volte il minimo. Si deve però

recuperare lo 0,1% pagato in più nel 2015 per effetto della differenza tra l'inflazione provvisoria e quella

definitiva del 2014. 35 Ape sociale Le tipologie di impieghi gravosi che consentono di rientrare in una delle

categorie di beneficiari dell'Ape sociale passano da 11 a 15: si aggiungono braccianti e operai agricoli,

pescatori, marittimi e siderurgici di prima e seconda fusione. Inoltre, l'attività gravosa può essere stata

svolta in 7 anni tra gli ultimi 10 come alternativa al requisito attuale di 6 anni negli ultimi 7. Eliminato il

vincolo dell'assoggettamento dell'attività svolta alla tariffa Inail del 17 per mille. Alle madri lavoratrici viene

riconosciuto uno sconto sui requisiti di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due. Ammessi

all'anticipo anche i parenti di secondo grado conviventi che prestano assistenza a una persona con

handicap grave. Accesso all'Ape sociale esteso ai lavoratori a termine. Per gli operai dell'agricoltura e della

zootecnia un anno di contribuzione viene riconosciuto a fronte di un minimo di 156 giornate lavorate. 36

Rita La rendita integrativa temporanea anticipata da sperimentale diventa definitiva. La Rita consente di

utilizzare il montante contributivo accantonato nella previdenza complementare per anticipare il momento di

uscita dal mondo del lavoro ricevendo un assegno ponte fino alla pensione di vecchiaia. Tale anticipo può

arrivare a cinque anni a fronte di almeno 20 anni di contributi già maturati. Per i disoccupati da oltre 24 mesi

l'anticipo può salire fino a 10 anni. 37 Lavoratori precoci Anche per i lavoratori precoci crescono a 15 le

mansioni (come per l'Ape sociale) che costituiscono uno dei requisiti per poter accedere alla pensione con

41 anni di contributi. Mansioni che devono essere state svolte per sei anni negli ultimi sette o in per sette

negli ultimi dieci anni. Eliminato il vincolo dell'assoggettamento dell'attività svolta alla tariffa Inail del 17 per

mille. Ammessi all'anticipo anche i parenti di secondo grado conviventi che prestano assistenza a una

persona con handicap grave. Per gli operai dell'agricoltura e della zootecnia un anno contributivo viene

riconosciuto a fronte di un minimo di 156 giornate lavorate. PROFESSIONISTI PROFESSIONISTI 38 Equo

compenso Il decreto fiscale ha introdotto il concetto di equo compenso per le professioni ordinistiche e non.

A stabilire il valore minimo della prestazione al di sotto del quale banche, grandi imprese, assicurazioni e

pubblica amministrazione non potranno andare sono i decreti ministeriali sui parametri che vengono usati

dai giudici. Per le professioni ordinistiche questi decreti già esistono; per le professioni non ordinistiche

invece bisognerà trovare il modo di individuarli. 39 Casse di previdenza Le Casse di previdenza dei

professionisti non saranno più soggette al rischio "bail in"; quindi se avranno conti correnti aperti presso

banche che entrano in crisi le cifre presenti sul conto che eccedono i centomila euro non potranno essere

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utilizzate dalla banca. Le Casse sono state quindi tutelate come già è previsto per i fondi di previdenza

complementare. Le Casse di previdenza usciranno inoltre dalla spending review, ma solo dal 2020. Una

novità che, stando alle stime della manovra, comporta uno sconto di 12 milioni di euro l'anno. PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE 40 Pubblico impiego Per la Pubblica amministrazione il 2018 è l'anno della ripartenza

per contratti e assunzioni. Dopo l'intesa del 23 dicembre, che dovrebbe portare l'aumento da 85 euro lordi

nelle buste paga di 250mila statali entro marzo, le prossime settimane vedranno le trattative per arrivare ad

accordi analoghi in sanità, regioni, enti locali e forze dell'ordine. Il costo totale dei rinnovi supera i 5 miliardi

all'anno, e nel caso degli enti territoriali è finanziato dai singoli bilanci delle amministrazioni. Con l'effetto

combinato di riforma Madia e manovra, poi, si aprono le porte a oltre 70mila stabilizzazioni di personale

precario. Anche le Province e le Città metropolitane possono inoltre tornare ad assumere, con un turn over

pieno che riguarda ora anche tutti i Comuni fino a 5mila abitanti con i conti in ordine. SANITÀ 41

Superticket Un Fondo strutturale con una dotazione triennale da 60 milioni l'anno a partire dal 1° gennaio

2018 alleggerirà il superticket, cioè la quota fissa di compartecipazione per le prestazioni di assistenza

specialistica ambulatoriale. Il Fondo viene introdotto per "consentire una maggiore equità e agevolare

l'accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili". Sarà un decreto

del ministero della Salute, d'intesa con la conferenza Stato­Regioni, ad adottare entro 60 giorni dalla data di

entrata in vigore della manovra, a stabilire i criteri di ripartizione del fondo. Nella distribuzione delle risorse

agli enti territoriali saranno "privilegiate le regioni che hanno adottato iniziative finalizzate ad ampliare il

numero dei soggetti esentati dal pagamento della quota". 42 Vaccini Sono anticipate al prossimo anno

scolastico (2018/2019) le misure di semplificazione degli adempimenti vaccinali previsti dalla legge

119/2017, che ha reintrodotto l'obbligo per dieci profilassi (per bambini e ragazzi da zero a 16 anni,

dall'asilo nido ai primi due anni delle scuole superiori). Nelle sole regioni e province autonome presso le

quali sono già state istituite anagrafi vaccinali, i dirigenti scolastici dovranno trasmettere alle Asl entro il 10

marzo l'elenco degli iscritti per l'anno scolastico successivo. 43 Biotestamento La legge sul "Fine vita"

approvata il 14 dicembre scorso consente alle persone maggiorenni e capaci di intendere e di volere di

esprimere ­ attraverso le Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) ­ le proprie intenzioni rispetto a cure,

esami diagnostici e terapie che possano esser loro somministrati in previsione dell'eventuale impossibilità

di esprimersi, nominando un proprio fiduciario. Il biotestamento non è un atto obbligatorio ed è sempre

revocabile. Il medico è chiamato a rispettarlo: può disattenderlo in tutto o in parte e solo in accordo con il

fiduciario (quando la persona non è più in grado di autodeterminarsi), se non corrisponde alle condizioni

cliniche del paziente o se sono sopraggiunte terapie che offrono al paziente concrete chance di

miglioramento. SCUOLA 44 Infanzia (0­6 anni) Parte il sistema integrato di istruzione per i bambini 0­6 anni,

previsto dalla Buona Scuola. Si parte con una dotazione iniziale di 209 milioni di euro (saranno 239 milioni,

a regime). Gli obiettivi sono piuttosto ambiziosi: il 33% di copertura della popolazione sotto i tre anni, la

presenza di nidi in almeno il 75% dei comuni, la qualificazione universitaria per le insegnanti dei nidi, la

formazione in servizio per tutto il personale, il coordinamento pedagogico fra nidi e scuole dell'infanzia, la

riduzione delle rette. 45 Superiori a 4 anni Dopo anni di tentativi e annunci, parte la prima sperimentazione

nazionale delle superiori a quattro anni, anziché cinque. Si partirà in 100 prime classi degli istituti scolastici

del secondo ciclo, licei, tecnici, professionali, statali e paritari. Le classi si potranno costituire con 25­30

alunni, e il percorso "abbreviato" dovrà potenziare lingue (metodologia Clil), attività laboratoriali e tecnologie

digitali. 46 Esame terza media Il nuove esame debutterà a giugno: gli scritti diventano tre: italiano,

matematica, lingue straniere (inglese e seconda lingua comunitaria), più il colloquio orale (per accertare

anche le competenze trasversali). Si torna, poi, a dare più valore al percorso scolastico. Per essere

ammessi al nuovo esame di terza media bisognerà aver partecipato (a prescindere dal voto ottenuto) alle

prove Invalsi in italiano, matematica, inglese; e aver frequentato almeno tre quarti del monte ore annuale;

oltre alla valutazione globale. 47 Concorsi Nel 2018 tornano i concorsi nella scuola. La prima selezione è

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 63

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riservata gli abilitati nella secondaria, ed è molto semplificata: si farà un solo orale (lezione simulata). La

seconda selezione è riservata ai precari, non abilitati, con tre anni in classe: qui si farà uno scritto e un

orale. I vincitori saranno poi avviati al nuovo percorso Fit (formazione iniziale e tirocinio) che, per loro,

durerà due anni, anziché tre. Ai neo­laureati, con 24 crediti in pedagogia e didattica, guarda la terza

selezione: due scritti più l'orale. Poi si accederà al Fit triennale. Dal secondo anno di Fit si potranno fare

tirocini nelle scuole e supplenze per brevi periodi, percependo il relativo stipendio in aggiunta alla "borsa" .

Al terzo anno si avrà la responsabilità piena di una classe, da settembre a fine lezioni, e lo stipendio intero.

Superata la valutazione, si diventerà docenti di ruolo. TELECOMUNICAZIONI 48 Bollette tlc e pay tv Entro

aprile gli operatori «di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche» dovranno smettere di

fatturare a 28 giorni. Da allora saranno possibili solo fatturazioni mensili a esclusione - come chiarisce il

decreto fiscale - dei servizi «promozionali a carattere temporaneo di durata inferiore al mese e non

rinnovabile, su base mensile o multipli del mese». Le sanzioni previste dal Codice delle comunicazioni per

questo tipo di violazioni vengono raddoppiate a portate a un minimo di 240mila euro a un massimo di 5

milioni. A vigilare e a comminare le sanzioni sarà l'Agcom. TERZO SETTORE 49 Social bonus I privati che

faranno donazioni a enti non profit per il recupero di immobili pubblici inutilizzati o confiscati alla criminalità

avranno diritto a un credito d'imposta del 65% dell'importo donato, fino al 15% del reddito imponibile, da

usare in compensazione in tre quote annuali. Se il donatore è una società o un ente, il credito d'imposta è

del 50%. TRASPORTI 50 Incentivi autotrasporto Scade il 15 aprile il termine per presentare le domande di

ammissione ai contributi delle Infrastrutture per gli autotrasportatori. Gli incentivi riguardano il rinnovo e

l'adeguamento tecnologico del parco veicolare e l'acquisto di beni strumentali finalizzati al trasporto

intermodale. STEFANO MARRA

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 64

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Verso il 2018 LA FOTOGRAFIA DELL'M&A L'interesse dei colossi internazionali I big esteri hannorealizzato operazioni nel Paese per 20 miliardi Da Pioneer a Pekao: i maggiori accordi nel credito erisparmio gestito In Italia fusioni al «rallentatore» Nel 2017 operazioni per 41 miliardi (-28% sul 2016): molti annunci ma poche finalizzazioni Carlo Festa Il mercato italiano delle fusioni e acquisizioni termina il 2017 in calo, ma le operazioni annunciate (e non

ancora concluse) fanno sperare una forte ripresa nel 2018. Nel 2017, secondo il rapporto Kpmg, il mercato

italiano delle fusioni e acquisizioni ha infatti registrato 733 operazioni concluse (­1% rispetto alle 740 del

2016) per circa 41 miliardi di euro (­28% rispetto ai 56 miliardi del 2016). Molti deal, anche rilevanti sia per

valore sia per sinergie industriali, sono stati annunciati nel corso dell'anno ma non si sono ancora chiusi. È

di gennaio l'annuncio della fusione Luxottica­Essilor, che si chiuderà solo nel primo trimestre 2018, a causa

dell'intervento dell'Antitrust Ue. L'approvazione dell'Autorità di mercato è necessaria anche per

l'acquisizione dell'Ilva da parte di Am Investco, veicolo controllato da ArcelorMittal. Appassionante invece la

vicenda che vede protagonista At­ lantia, che ha avanzato un'offerta per rilevare l'iberica Abertise deve

fronteggiare la concorrenza della spagnola Acs. C'è stata l'acquisizione di General Cable Corporation da

parte di Prysmian. Fari puntati infine su Alitalia,i cui commissari stanno vagliando da diverso tempo le

offerte. Per Max Fiani, partner Kpmg e curatore del rapporto «sono ancora aperti importanti dossier in

settori strategici che dimostrano l'impatto dei processi di globalizzazione sull'economia italiana e l'appeal

degli asset italiani per gli investitori esteri». Si conferma l'interesse degli investitori verso le aziende italiane:

244 le operazioni nel 2017 per 20 miliardi (erano stati 19 miliardi in 240 operazioni nel 2016). Le operazioni

finanziarie, come l'acquisizione di una quota vicina al 12% di Autostrade per l'Italia da parte di Allianz

Capitale Silk Road, che hanno investito 1,75 miliardi, sono un segnale importante di un sentiment positivo

sul recupero economico. Interes­ santi sia l'acquisizione per 260 milioni del produttore emiliano di riduttori

Brevini da parte del gruppo Usa Dana sia quella del produttore di software Tagetik da parte del colosso

olandese dell'editoria professionale Wolters Kluwer per 300 milioni. Più contenuti rispetto allo scorso anno

gli investimenti da parte di società italiane, che in 489 operazioni (­2% rispetto alle 500 del 2016) hanno

investito 20,6 miliardi (­42% dai 37 miliardi del 2016), di cui 11,3 in Italia e 9,3 all'estero. Da segnalare sul

versante cross border il dinamismo di Ferrero, che ha acquisito le statunitensi Fannie Maye Ferrara Candye

di Techint, che ha incrementato la presenza in Sudamerica rilevando da Thyssen il business delle

acciaierie brasiliane( per 1,5 miliardi). A livello settoriale, anche il 2017 è stato dominato dai servizi

finanziari, che ha registrato 4 operazioni con valore unitario superiore al miliardo. Si tratta dell'acquisizione

di Pioneer da parte di Amundi, della cessione del 32% di Pekao da parte di Unicredit e dell'acquisizione di

Allfunds Bank da parte di Hellmann&Friedman, oltre alla manovra di Generali che ha acquisito il 3% di

Intesa. In totale il settore ha registrato 70 operazioni (in linea con il 2016) per 14,6 miliardi (controi 21,2

dello scorso anno). Infine i riflettori vanno anche sul mercato dell'advisory, che sul lato delle grandi

operazioni annunciate Abertis, Essilor e General Cable, in attesa di essere chiuse nel 2018, ha mostrato

segnali di ripresa: secondo il ranking Thomson, Mediobanca ha toccato il primo posto nel 2017 davantia

Goldman Sachs, Credit Suisse, Santander, Citi. Seguono grandi banche d'affari come Bnp Paribas, Bofa

Merrill Lynch, Jp Morgan, Morgan Stanley, Barclays, Deutsche Bank e Nomura. Per numero di operazioni

sono invece ai primi posti Rothschild, Lazard, Unicredit, Banca Imi, Pwc, Leonardo & Co ed Equita. Le

fusioni e acquisizioni in Italia Volumi e controvalori di attività. In miliardi di euro 160 120 80 40 0

Controvalore, in mld € (scala sx) 459 148 56 34 Numero operazioni (scala dx) '08 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '15

'16 '17 2007 Fonte: Kpmg 20 28 26 31 50 56 56 41 900 733 500 300 100

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 65

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In positivo i principali indicatori dell'economia per la prima volta dall'inizio della crisi Industria, export, lavoro: l'Italia riaccende i motori Istat: il Pil cresce anche a dicembre ma con intensità minore Paolo Bricco Nonostante tutto, nel 2017 la molla della ripresa è scattata. Ieri l'indice anticipatore dell'economia elaborato

dall'Istat ha mantenuto l'intonazione positiva, toccando quota 104 punti e lasciando presagire il

proseguimento della crescita del Pil. Nel 2018 verificheremo la qualità e la portata della sua traiettoria. Il

declino italiano è frenato e circoscritto dalla solidità della nostra manifattura. Lo sapevamo. È una costante

storica. Ogni ipotesi di uscita dalla recessione economica iniziata nel 2008e ogni progetto di riduzione del

tramortimento delle anime degli italiani incominciato ben prima sono- anche - affidati alla sorprendente

vitalità metamorfica delle nostre fabbriche. La silenziosa ristrutturazione e la graduale rivitalizzazione del

tessuto produttivo stanno modificando il paesaggio industrialee le condizioni di contesto. Continua pagina 2

Ancora moltoè da fare. Ma la profondità di questo mutar di pelle inizia a essere percepibile attraverso le

statistiche. Ci sono gli indicatori congiunturali che, per la prima volta, volgono tutti in terreno positivo. In

Italia la crescita «continuaa migliorare anche se a ritmi più contenuti rispetto ai due mesi precedenti»:

sempre secondo la nota mensile sull'andamento dell'economia diffusa ieri dall'Istat, la produzione

industriale a ottobre ha avuto una variazione congiunturale dello 0,5% e, nel trimestre agosto­ottobre, dello

0,8%. Inoltre, nello stesso trimestre, il fatturato dell'industria è aumentato dell'1,2%a prezzi correnti e dello

0,5% in volume. La medesima dinamica positiva è sperimentata dagli ordinativi: +1,7% a ottobree +2,4%

nel trimestre agosto­ottobre. E, soprattutto, c'è quello che è capitato sul lungo periodo. E quello che è

successo nel tempo breve dell'ultimo anno: appunto una molla che si è caricata trimestre dopo trimestre e

che adesso sta esprimendoi suoi effetti. Sergio De Nardis - economista industriale già all'Isae, a Nomisma

e ora all'Ufficio parlamentare di Bilancio - ha calcolato per il Sole 24 Ore la dinamica della consistenza

dell'apparato produttivo italiano. Il punto peggioreè stato nel primo trimestre del 2016, quando il potenziale

manifatturiero è precipitato al ­23,5% rispetto al primo semestre del 2008. Il punto di maggior recupero siè

verificato nel terzo trimestre di quest'anno: ­19%. In poco più di un anno, l'apparato industriale italiano ha

ricostituito ossatura produttiva, muscoli tecnologicie neuroni strategici per 4,5 punti. Rimane ancora molto

da fare. Ma la mollaè scattata. Certo, persiste un assetto vincolato al paradigma del 20­80: il 20% delle

imprese sviluppa l'80% dell'export e l'80% del valore aggiunto industriale. Alcuni elementi conferiscono

però una maggiore dinamicità: per esempio, nella definizione dell'Istat, le imprese esportatrici sono passate

dalle 188.700 del 2011 alle 194.800 di adesso, quasi il 23% del totale. Inoltre, l'Istat ha evidenziato come

ponendo a 100 gli investimenti in proprietà intellettuale - R&S più software- del 2007, l'Italia sia salita nel

2016 a 110,9. Poco, in confronto ai 135,9 dell'intera area euro? Sì, ma molto se si pensa che gradualmente

si sta sfaldando la retorica dell'innovazione informale come un rito bastante a se stesso. Certo, non esiste

ancora una tendenza omogenea sistemica. Alcune imprese, alcuni territori, alcune reti. Tuttavia la

frammentazione pare poco alla volta ricomporsi. Basta osservare i dati dell'ufficio studi di Intesa Sanpaolo.

Nel 2017 il fatturato consolidato dell'industria italiana- deflazionato - è ancora sotto del 13% rispetto al

2007, ultimo anno prima della crisi. Invece, rispetto al 2014, è aumentato del 6,3%. La molla, appunto, di

cui parlavamo prima. Resta la complessità di passare dall'assolo alla sinfonia, dai singoli capitoli al libro

intero. Però, gli assoliei capitoli sono sempre più frequenti: secondo l'ufficio studi di Intesa Sanpaolo, sono

cinquei distretti industriali ad avere registrato i migliori balzi in avanti di questa famosa molla. La pelletteria

di Firenze, cheè ormai la piattaforma produttiva delle maison del lusso francese, ha raddoppiato le

esportazioni, salite dagli 1,8 miliardi di euro nel 2007 ai 3,6 miliardi di euro stimati per il 2017: in dieci anni,

1,8 miliardi di euro di export in più. In questi dieci anni che hanno cambiato il mondo, l'oreficeria di Valenza

ha sviluppato 1,4 miliardi di euro di export in più; l'occhialeria di Belluno - dove ha il quartier generale la

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 66

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Luxottica, peraltro totalmente deverticalizzata - 1,3 miliardi di euro in più. Le macchine per l'imballaggio di

Bologna 750 milioni di euro in più. La concia di Arzignano, su cuia un certo punto nessuno scommetteva

più, 700 milioni di euro in più. Le piastrelle di Sassuolo mezzo miliardo di euro in più. A livello sistemico,

continua a sussistere un oggettivo problema di finanza d'impresa. Secondo l'ufficio studi di Assolombarda, il

totale dei prestiti alle imprese italiane- gli impieghi lordi- rispetto al terzo trimestre 2008 - è più basso del

10,2% (industria ­16,9% e servizi ­10,9). Le sofferenze lorde delle imprese, calcolate al giugno di quest'anno,

hanno un valore di 152,2 miliardi di euro. In flessione rispetto ai 159,3 miliardi del 2016. In ogni caso, il

triplo dei 52 miliardi del 2008. Tutto questo, però, si svolge in un contesto segnato da un movimen­ to

sottopelle vibratoe persistente. È sufficiente leggere il paper "Productivity and Reallocation: Evidence from

the Universe of Italian Firms", di Andrea Linarello e Andrea Petrella della Banca d'Italia. L'universoè

composto da tutte le imprese italiane.È vero che, fra il 2005e il 2013, la produttività media del lavoroè

calata del 12,46 per cento. È altrettanto vero che il nostro Sistema Paeseè riuscitoa spostare capitalee

lavoro dalle imprese meno efficienti a quelle più efficienti: graziea questo travaso, la produttivitàè salita del

10,41 per cento. E, così, alla fine la produttività aggregataè calata "solo" del 3,79%. Questa innata forza

metamorfica appare ancora più evidente nella manifattura: la produttività mediaè scesa del 14,73%, ma il

travaso virtuoso di capitale e lavoro verso le aziende più efficienti ha portato un contributo positivo del

21,76%, dunque alla fine la produttività aggregata è salita dell'8,86 per cento. Rimane molto da fare. Però

la molla siè caricatae ha iniziatoa espandersi. Vedremo quanta parte del cielo riuscirà ad attraversare nel

2018 cheè alle porte.L'economia rialza la testa Italia potenziale manifatturiero, numero indice 2000=1

POTENZIALE MANIFATTURIERO 1,04 0,979 0,90 0,83 0,76 108 104 100 96 92

2000 Indice 2005=100 INDICATORE ANTICIPATORE Indice anticipatore (scala sx) Fonte: Istat 2013 2004

2014 2008 2015 2012 Variazioni congiunturali (scala dx) 2016 2017 2017 0,829 0,8 0,4 0 -0,4 -0,8

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 67

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INTERVISTA Jerusalmi: «Il 2018 sarà record per le Ipo in Borsa» Antonella Olivieri Il 2018 sarà un anno record per le Ipo di Piazza Affari. Neè convinto l'ad di Borsa italiana, Raffaele

Jerusalmi, che si attende 50 nuove matricole tra Aim (il mercato dedicato alle piccole imprese)e mercato

principale. Jerusalmi spiega cheè in atto un cambio culturale nel mondo delle imprese italiane che ora

vedono la quotazione come «un'opportunità». Nel frattempo il progetto Elite, nato cinque anni fa per

avvicinare le aziende al mercato dei capitali, ha raccolto l'adesione di oltre 700 società. Prima di Natale è

stato lanciato il primo basket bond che ha permessoa dieci di queste aziende di raccogliere fondi a tassi

competitivi, uno strumento «che rivoluzionerà le dinamiche di finanziamento». Olivieri pagina 23 Sono

passati ormai cinque anni da quando Borsa italiana ha lanciato il progetto Elite, dedicato alle imprese che

vogliono avvicinarsi al mercato dei capitali. È tempo di fare un primo bilancio. «Sicuramente positivo -

spiega Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa italiana ­ Abbiamo più di 700 aziende aderenti,

di cui 437 italiane, più o meno quante sono quotatea Piazza Affari. Nel progetto ci sono circa 300 aziende

internazionali di 27 diversi Paesi, che partecipano all'iniziativa, europei ed extra­europei. Abbiamo coinvolto

120 investitori e 150 advisor. E proprio in queste settimane abbiamo lanciato il primo basket bond, uno

strumento che può cambiare le dinamiche di finanziamento delle aziende». Può spiegarci come funziona?

Si sono consorziate dieci imprese Elite che hanno emesso obbligazioni, di uguale durata e condizioni,

acquisite da un veicolo che a sua volta ha emesso un'unica obbligazione rappresentativa delle dieci. Sono

stati raccolti così 122 milioni a tassi molto competitivi, sotto il 4%, certamente inferioria quelli che avrebbero

potuto spuntare singolarmente. Anche Beie Cdp ne hanno sottoscritto una parte come investitori principali.

Finora quante società provenienti da Elite hanno fatto effettivamente il salto verso il listino? Sono 13 società

(di cui due si sono quotate a Londra) dall'avvio del progetto, rispetto alle 39 società che si sono quotate

quest'anno sui mercati di Borsa italiana, compreso l'Aim. Non necessariamente però il processo di

avvicinamento al mercato dei capitali sfocia nella quotazione. Certamente però anche l'anno prossimo

penso che arriveranno ancora diverse società dal progetto Elite. Quale è la previsione di matricole per il

2018? Non abbiamo indicazioni precise sull'Aim, ma abbiamo indicazioni per le altre che hanno iniziato il

processo per la quotazione. Ci aspettiamo circa 50 nuove società. Se le aspettative saranno confermate,

sarà l'anno record per le matricole, più di quelle arriva­ te in Borsa nel 2000. Ci sono motivi particolari dietro

il ritorno d'interesse per il listino? Sicuramente c'è stato un cambiamento culturale nella percezione che le

società hanno della Borsa. Io credo che sia in parte anche il risultato del successo che hanno avuto alcuni

imprenditori che hanno deciso negli ultimi anni di fare questo passo. Penso, per esempio, a Remo Ruffini di

Moncler, ad Nerio Alessandri di Technogym, a Brunello Cucinelli o a Ferragamo. Gli imprenditori si sono

accorti che la quotazione è un'opportunità, che per crescere serve anche fare acquisizioni e la Borsa aiuta.

Tra l'altro, per quanto riguarda Elite, abbiamo le statistiche che ci dicono che circa 90 società delle 437

italiane partecipanti hanno generato operazioni di M&A. Molti settori in Italia hanno del resto bisogno di

consolidamento, in particolare quelli più tradizionali, dalle piastrelle alla meccanica. Anche la moda? I

francesi sono andati nella direzione dei conglomerati. La moda un po' meno perché lì c'è un tema di brand

e i grandi agglomerati hanno mostrato che poi le sinergie sono limita­ te, se non nella distribuzione dove le

dimensioni possono avere un peso. Parliamo del web. Le Borse sono state trai primi soggettia essere

"aggrediti" dalla concorrenza di circuiti telematici, ma, a quanto pare, hanno resistito. Com'è che le Borse

non sono state scalfite da Internet? Forse perché per prime hanno fatto uso della tecnologia in modo

efficiente. Borsa italiana per esempio ha adottato le contrattazioni elettroniche al 100% fin dal '94. I mercati

Usa hanno sofferto un po' di più perché hanno mantenuto più a lungo il sistema delle grida. È un tema di

tecnologia, non di modello di mercato. C'è una stima degli scambi fuori Borsa? Per quanto riguarda le

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azioni italiane quotate a Piazza Affari gli scambi fuori Borsa sono nell'ordine del 40%. A Londra si arriva

anche al 60­70%. Ma ci aspettiamo che con la Mifid 2, che entra in vigore dal 1° gennaio, ritorni in Borsa

buona parte di quello che è uscito. In che senso? Sono stati introdotti più obblighi in termini di trasparenza

e best execution. Per cui, con l'eccezione forse di grandi blocchi per importi molto rilevanti, diventa più

efficiente tornare a portare i flussi in Borsa. La tassa sulle transazioni finanziarie che ormai grava da quattro

anni sugli scambi di Piazza Affari non ha avuto l'effetto di diminuire gli scambi? Più che altro, a fronte

dell'introduzione della tassa, si è assistito a un ridimensionamento degli scambi retail, che sono scesi da un

quarto del totale a circa il 18%. E questo, ci dicono gli operatori online, si è accompagnatoa uno

spostamentoa favore di altre piazze, in particolare Usa e Germania. Si discute molto di web tax in questi

giorni. Cosa ne pensa? Ritengo che sia corretto creare un terreno di gioco omogeneo, visto che le imprese

che operano in Italia le tasse le pagano. Allo stesso tempo penso non sarà facile regolamentare. Gli

scossoni vertice del gruppo Lse, di cui Borsa italiana fa parte, potrebbero avere contraccolpi a Milano? Ci

sono state discussioni all'interno dell'azionariato, l'ad Xavier Rolet si è dimesso e anche il presidente

Donald Brydon ha anticipato che comunque non si ricandiderà nel 2019. Sarei sorpreso se cambiasse

qualcosa di sostanziale per noi. Comunque bisognerà vedere chi sarà il nuovo ceo, il processo di selezione

è in corso e ci vorrà tempo prima di conoscere il nome del successore di Rolet. Il tutto si innesta in un

contesto nel quale la Brexit è ancora un'incognita. Non avevate aperto un cantiere per valutare le

conseguenze? Il cantiere è sempre aperto, abbiamo ipotizzato diversi scenari, ma il problema è che non

abbiamo visibilità sull'evoluzione in termini politici e regolamentari. Abbiamo discusso di questi temi anche

con Consob e Bankitalia, ma nessuno è in grado di prevedere ex ante quello che succederà. Certo che, in

assenza di altri accordi, la Brexit dovrebbe diventare efficace dal marzo del 2019. Non manca moltoe urge

un chiarimento. Da una parte abbiamo letto di nuovi sondaggi che danno la maggioranza degli inglesi ora

restia a lasciare la Ue, dall'altra sembra che ci si avvicini a un accordo per estendere il periodo di

transizione. Ad ogni modo, il contesto rimane molto incertoe pieno di incognite.La fotografia del 2017 di

Borsa Italiana SOCIETÀ QUOTATE Su Aim 95 Su Miv 3 TOTALE 339 Su Mta 241 Su Aim 24

IPO TOTALE 32 Su Mta 7 Su Miv 1 42 36 30 24 18 12 6 0 AMMISSIONI IN BORSA 2016 19 2017 39

CAPITALIZZAZIONE DI BORSA 700 600 500 400 300 200 100 0 2016 524,9 in mld € 2017 644,3

Foto: IMAGOECONOMICA Borsa Italiana. L'amministratore delegato raffaele Jerusalmi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 69

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La Quarta pagina Lo Stato paga col contagocce oltre cento giorni di ritardo il triplo dellamedia europea MARCO RUFFOLO , pagina 4 «Ci dispiace, non ci sono soldi, dobbiamo pagare prima gli stipendi, dovete aspettare». Così il

Comune di Napoli rispondeva ad Angelo Lancellotti, la cui piccola azienda, la I.Co.M.E.S, aveva eseguito

tutti i lavori di manutenzione immobiliare previsti dall'appalto. «L'ultima fattura l'abbiamo inviata nel 2012, e

non ci è stata ancora pagata», dice Lancellotti. «Da allora si sono alternati diversi dirigenti, ma devono

essersela scordata. Per la maggior parte dei nostri lavori aspettavamo non meno di due anni, così abbiamo

deciso di trasferirci in altre città». Lo scandalo dei pagamenti con il contagocce ha sicuramente i suoi picchi

nel Mezzogiorno, ma ad esserne investite sono, chi più chi meno, le amministrazioni pubbliche di tutta la

penisola. E c'è di più: per evitare di risultare inadempienti, molte di esse spingono le imprese a ritardare

l'invio delle fatture.

Ancora oggi sette aziende su dieci denunciano ritardi da parte dei Comuni, sicuramente i più inadempienti.

E i tempi medi di attesa si attestano sui 100 giorni.

Eppure, se guardiamo agli ultimi anni, un miglioramento c'è stato e anche molto significativo. Nel 2010,

dice la Banca d'Italia, si aspettavano in media 240 giorni, più del doppio. Anche i costruttori ammettono: «Il

tempo medio di pagamento non è mai stato così basso come oggi: 156 giorni, contro i 320 di quattro anni

fa». E tuttavia, i progressi compiuti non sono bastati a far rientrare l'Italia nel novero dei Paesi in regola:

ossia quelli in cui un'azienda viene pagata entro 30 giorni dall'invio della fattura, ed entro 60 in casi

particolari. E così, a tre anni dall'apertura della procedura di infrazione da parte di Bruxelles, il nostro Paese

è stato deferito alla Corte di Giustizia e ora rischia multe salatissime. Ma anche a prescindere dai diktat

europei, le aziende italiane, nonostante i miglioramenti, aspettano ancora troppo prima di essere pagate, e

nel frattempo, come denuncia l'Ance, sono costrette a ridurre gli investimenti (il 38%) o a licenziare (il 32%).

E finiscono per ritardare a loro volta i pagamenti ai propri fornitori (il 41%) in una catena di inadempienze

senza fine.

Torna alla mente la scommessa fatta "Porta a Porta" da Matteo Renzi, appena insediato a Palazzo Chigi.

Era il 13 marzo 2014. Entro il 21 settembre (giorno di San Matteo) il governo avrebbe smaltito tutti i debiti

accumulati dalla pubblica amministrazione.

Altrimenti, come penitenza, il nuovo premier avrebbe fatto a piedi i venti chilometri che separano Firenze

dal santuario del Monte Senario. A fine estate i debiti erano stati regolati solo in parte, ma, disse il governo,

i soldi erano già stati messi a disposizione. In realtà, mancava persino (e manca tuttora) una stima ufficiale

di quei debiti: 56 miliardi per il governo, 75 per la Banca d'Italia.

Quelli, comunque, furono gli anni in cui, dopo una pluriennale inerzia politica, i governi cominciarono a

intervenire. Ci provò Mario Monti con lo "Sblocca Debiti" che stanziò una somma imponente (40 miliardi in

due anni) da dare come anticipazione alle amministrazioni in difficoltà, e restituire in 30 anni.

Continuarono l'opera i due governi successivi, che all'immissione di liquidità aggiunsero una

semplificazione delle procedure di certificazione. Il risultato fu un forte calo dei debiti: venti miliardi in meno

in due anni. Ma ben presto questo calo cominciò ad affievolirsi e chi sperava in un rapido azzeramento

dovette ricredersi.

Dunque, una battaglia vinta solo a metà. Ancora oggi ci sono oltre 60 miliardi di debiti commerciali, gran

parte dei quali accumulati oltre i tempi consentiti. Che cosa è successo? Perché le misure attuate non sono

bastate? Il problema è che mentre si smaltivano i vecchi debiti, se ne facevano di nuovi. Ossia gli interventi

sulla liquidità avevano messo una toppa al buco ma non avevano affrontato le sue cause strutturali. La

politica di austerità ha sicuramente acuito il problema, ma la vera causa di fondo sta soprattutto nel modo in

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 70

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cui si fanno i bilanci pubblici in Italia. Il Parlamento approva un bilancio di competenza: ossia decide gli

impegni di spesa ma non i relativi pagamenti. Questo significa che tra le due fasi può passare anche molto

tempo, e nel frattempo si accumula una montagna di residui passivi, che sono proprio la differenza tra

impegni e pagamenti, destinati a diventare veri e propri debiti. Il risultato non è solo un cronico ritardo, ma è

anche la perdita di controllo sulle spese da parte della politica, mentre a decidere in ultima analisi su quanto

pagare è la Ragioneria generale dello Stato, la quale allarga e stringe la borsa a seconda delle necessità

contingenti. Si arriva così al paradosso efficacemente sintetizzato da Manin Carabba, presidente onorario

della Corte dei Conti: «L'amministrazione vive senza i conti e i conti senza amministrazione».

Di fronte a questa stortura, unica in Europa, gli ultimi governi hanno tentato di avvicinare il bilancio di

competenza a quello di cassa (senza però rinunciare al primo), e di creare un sistema di monitoraggio in

tempo reale dei pagamenti dovuti, che però entrerà in funzione solo a fine 2018. Paradossalmente, proprio i

tentativi di dare più trasparenza al fenomeno, a cominciare dalla fatturazione elettronica, che individua

l'esatto momento in cui viene inviata la fattura, stanno creando nuove distorsioni. Gli enti pubblici, infatti,

non potendo più "barare" sulle date, cercano di convincere le imprese a ritardare l'invio delle fatture o degli

stati di avanzamento lavori. «Prassi gravemente iniqua», come la definisce Bruxelles, denunciata dal 63%

delle imprese edili.

«Abbiamo visto bandi comunali - racconta Lancellotti - nei quali l'amministrazione scriveva che non

avrebbe pagato prima di sei mesi». E c'è una impresa marchigiana di manutenzione stradale - dice l'Ance -

alla quale una delle Province ha detto chiaro e tondo: «Tu lavori per me da gennaio a dicembre, e io ti pago

a fine anno». Resta da capire perché, al di là delle misure più strutturali ancora da attuare, questi

escamotage vessatori non vengano sanzionati, e perché non scatti nei casi più gravi il commissariamento

dell'amministrazione inadempiente.

I numeri I debiti commerciali della Pubblica amministrazione In miliardi 2009 2010 2011 2012 2013 2014

2015 2016 40 40 75 70 68 64 Tempi medi di pagamento in giorni 90 90 218 240 190 190 180 160 115 100

: RELAZIONI ANNUALI BANCA D'ITALIA 2010-2017q u a r t a p a g i n a 1 3 5

I tempi 100 giorni In media un'impresa aspetta 100 giorni dall'invio della fattura prima di incassare il dovuto

da parte di una azienda pubblica. Nel 2010 l'attesa media era di 240 giorni, ma le norme Ue la fissano in 30

o 60 giorni Il debito 64 miliardi Non esiste una cifra ufficiale riguardo all'ammontare dei debiti della Pubblica

amministrazione, ma si stima che i debiti commerciali tocchino il tetto dei 64 miliardi, in gran parte

accumulati oltre i tempi consentiti Gli eetti 41% Visti i ritardi nei tempi dell'incasso, secondo i dati Ance, il 41

% delle aziende finisce per sforare a sua volta i tempi di pagamento delle fatture ai fornitori. Il 38% riduce

gli investimenti, 1l 32% procede a licenziamenti L'infrazione 2014 L 'Europa prevede che i pagamenti della

Pubblica amministrazione avvengano in 30 o 60 giorni. Tre anni fa è scattata la procedura d'infrazione.

L'Italia, deferita alla Corte di Giustizia, rischia multe salate Gli interventi 40 miliardi Il primo intervento

importante per sanare la questione fu effettuato dal governo Monti, che anticipò alle amministrazioni in

difficoltà 40 miliardi. Inizialmente vi fu un forte calo dei debiti, poi la spinta si affievolì Le distorsioni 63% Il

63% delle imprese edili denuncia il ricorso a prassi inique. Le pubbliche amministrazioni cercherebbero

infatti di convincere le imprese a ritardare l'invio delle fatture o gli stati di avanzamento lavori 2 4 6

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 71

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Intervista Decaro (Anci) "Per alzare gli stipendi stop assunzioni" (v.co.) Siete pronti a rinnovare i contratti dei vostri dipendenti? «Si tratta di 650 milioni di euro che peseranno su

Comuni, Province e città metropolitane», risponde Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell'Anci,

l'associazione dei Comuni italiani.

«Parliamo di 467 mila lavoratori, inclusi quelli a tempo determinato e i dipendenti delle Regioni. Poco meno

di 400 mila, se consideriamo solo Comuni e Province. Dal calcolo sono esclusi i dirigenti, circa 10 mila,

oggetto di contratto ad hoc».

Qual è il problema? Non avete accantonato i soldi necessari? «I soldi ci sono, ma non li possiamo toccare

per via del Patto di stabilità. Ci dicono spendete, spendete... Ma le regole sono queste. Avevamo chiesto al

governo di lasciarci spazi finanziari per almeno 200 milioni, proprio per evitare di sforare il Patto, l'equilibrio

tra entrate e uscite. Li hanno concessi, ma per gli investimenti e non per le spese correnti, cioè gli stipendi.

Per carità, nessuna polemica. Anche perché in manovra ci sono molti interventi per gli enti locali, dai soldi

per le scuole ai piani di riequilibrio allungati per i 200 Comuni in pre-dissesto. Ci possiamo dire soddisfatti».

E allora come farete per dare gli 85 euro, obbligatori per legge? «Ci arrangeremo. Alzare le tasse non si

può: le aliquote sono tutte bloccate. Tagliare i servizi non se ne parla. Alla fine temo che qualche sindaco

sarà costretto a erodere il turn over, cioè a fare meno assunzioni in contropartita ai pensionamenti. O

alziamo gli stipendi o assumiamo».

Non ha nulla da rimproverare al governo? «Ci avrebbe fatto piacere, come Anci e come Unione delle

Province, sedere al tavolo con sindacati e Stato per chiudere l'accordo sul rinnovo contrattuale. E invece ci

troviamo a pagare con i nostri soldi gli aumenti decisi da Roma».

-

Foto: Il sindaco Antonio Decaro, 47 anni, esponente del Partito democratico, è primo cittadino di Bari dal

2014

Foto: e presidente dell'Anci, l'associazione che rappresenta i Comuni italiani, dall'ottobre del 2016. È

succeduto nella carica a Piero Fassino

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 72

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La guida Pensione essibile ecco le opzioni E dopo due anni salgono gli assegni VALENTINA CONTE pagina 22 Pensione essibile ecco le opzioni E dopo due anni salgono gli assegni Anno che vai, pensione

che trovi. Il 2018 sarà ricordato come l'anno della pensione flessibile.

Entrano in funzione, con molto ritardo, tutti i meccanismi per anticipare l'uscita dal lavoro. Le tre Api:

sociale (coperta dallo Stato), aziendale (coperta dall'impresa), volontaria (autoprestito).

E poi la Rita, la Rendita integrativa temporanea anticipata, che consente di usare la previdenza

complementare. Le misure si potranno anche combinare: un po' di Ape e un po' di Rita. E affiancare con

lavoretti part-time. Se dunque l'età per il pensionamento di vecchiaia da domani, primo gennaio, si parifica

tra uomini e donne, pubblico e privato - 66 anni e 7 mesi (le donne del privato allungano di un anno secco,

le autonome di 5 mesi) - nessun lavoratore potrà rispondere in un modo solo alla domanda: quando vai in

pensione? Dipende. La buona notizia è intanto che gli assegni, dopo due anni di stasi, tornano a salire.

L'adeguamento all'inflazione li porta su dell'1,1%, ma l'aumento sarà per scaglioni e al 100% solo fino solo

per importi fino a 3 volte il minimo, circa 1.500 euro lordi. Poi a scalare e al 45% sopra i 3 mila euro. Anche

la minima passa a 507 euro da 502.

C'è da scommettere poi che la previdenza sarà uno dei temi della campagna elettorale. Lo dicono i numeri:

16 milioni di pensionati in Italia, il 57% delle famiglie con un pensionato in casa.

Ape sociale Molte novità per l'Ape sociale, l'indennità ponte fino a 1.500 euro per la pensione a 63 anni,

riservata ai lavoratori più in difficoltà. I primi assegni, dopo molte traversie, sono stati erogati prima di

Natale. «Nel 2018 sarà più ampia e facile, grazie alle novità varate in manovra», spiega Marco Leonardi,

consigliere economico di Palazzo Chigi. Cinque novità: l'estensione a 15 categorie di lavori faticosi anziché

11, l'inclusione anche dei disoccupati che chiudono contratti a termine, il bonus donne (un anno di contributi

abbuonato per ogni figlio, fino a un massimo di due), l'eliminazione del requisito Inail del 17 per mille per la

definizione di lavoro gravoso, la possibilità di ricevere l'Ape sociale non solo se si è padri o madri e figli che

accudiscono un disabile, ma anche fratelli e nipoti. «Si poteva fare di più, ma non è poco», dice Leonardi.

Rimane in sospeso un tema: la commissione tecnica concordata con i sindacati per decidere se esentare

altre categorie, oltre le 15, dall'aumento dell'età di uscita che sale a 67 anni nel 2019.

«Siamo disposti ad accelerare e farla partire prima delle elezioni del 4 marzo», ipotizza Leonardi.

Ape volontaria Doveva debuttare il primo maggio scorso. Ma ancora non sono state firmate le convenzioni

con banche (Abi) e assicurazioni (Ania). «Realisticamente, i primi assegni saranno pagati - arretrati inclusi -

da aprile 2018 in poi», ragiona Stefano Patriarca, inventore dell'Ape e consigliere di Palazzo Chigi. L'Ape

volontaria è un prestito che si ripaga in rate ventennali e che consente di anticipare la pensione fino a 3

anni e 7 mesi. «Più si anticipa più si paga, come ovvio. È un prestito assicurato, a tasso fisso, esente da

imposte. Molto più conveniente di ogni credito al consumo. E in caso di morte non grava sugli eredi, né

intacca la pensione di reversibilità. Lo Stato poi copre, con detrazione, la metà della spesa per interessi e

per la polizza.

La rata inciderà sulla pensione per circa il 4-5% per ogni anno di anticipo richiesto. Il costo complessivo

cioè il Taeg sarà del 3-3,5%». Se avrà successo, si saprà solo in primavera. L'Inps predisporrà un

calcolatore e chi è interessato chiederà le simulazioni per soppesare le convenienze.

Ape aziendale e Rita La versione aziendale dell'Ape è di fatto identica a quella volontaria. Con la

differenza che le rate ventennali saranno di fatto versate dall'azienda. In pratica l'impresa consentirà l'uscita

anticipata del lavoratore, finanziando i contributi necessari a rimpolpare la pensione tanto quanto occorre

per coprire le rate future.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 73

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La Rita invece permetterà al lavoratore di utilizzare il fondo accumulato in previdenza integrativa per

anticipare fino a 5 anni la pensione o addirittura 10 anni, se disoccupato da almeno 24 mesi. «Ora sono

possibili solo riscatti in casi specifici, come l'acquisto di casa o motivi di salute. Oppure per anticipare la

pensione di 3 anni al massimo, ma pagando almeno il 23% di tasse», spiega Patriarca. «Grazie alla nuova

normativa, l'unico vincolo è avere 20 anni di contributi e le tasse scendono al 15%».

Ape sociale e precoci 5,3 miliardi Risorse stanziate nella manovra 2017 per finanziare l'anticipo

pensionistico dal 2018 al 2023

nuove risorse 333 milioni Risorse aggiunte dalla manovra 2018, appena approvata, che estende la platea

dell'Ape sociale

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 74

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Mercati Bitcoin e bond ellenici, ha vinto chi ha rischiato ETTORE LIVINI pagina 23 Bitcoin e bond ellenici, ha vinto chi ha rischiato Piangono le formiche. Ridono, per una volta, le

cicale. Ovvero quegli amanti del brivido finanziario che - in questo mondo che trabocca liquidità - hanno

scelto di rischiare i loro soldi e si preparano ora a festeggiare un San Silvestro tutto d'oro. La giostra 2017

dei mercati si chiude con un risultato chiaro. Chi è stato prudente è rimasto al palo: mille euro puntati su un

Bot annuale a dicembre 2016 sono diventati oggi 998; i tassi sottozero hanno congelato i rendimenti dei

titoli di Stato di tutti i paesi sviluppati.

Chi ha investito su prodotti più "esotici" e volatili tipo criptovalute - un copione classico alla vigilia dello

scoppio di una bolla speculativa, ammoniscono in molti - ha fatto invece Bingo: mille euro scommessi sul

Bitcoin a dicembre 2016 sono diventati oggi 1,4 milioni. Dieci banconote da cento sull'Ethereum, un'altra

moneta virtuale, sono diventate quasi dieci milioni di euro. E senza arrivare a queste performance da signor

Bonaventura, anche chi ha parcheggiato i suoi risparmi sulla Borsa della tormentata Ucraina (+71,9%)

invece che sul (pur ottimo) Dow Jones o chi ha puntato sul semi-sconosciuto - ma super-redditizio - metical

del Mozambico (+21%) piuttosto che sul dollaro può far saltare adesso i tappi di champagne.

L'anno appena passato, visto dal punto di vista del portafoglio dei risparmiatori, è stato quello del riscatto

delle Cenerentole. O degli ex brutti anatroccoli diventati all'improvviso cigni.

Prendiamo la Grecia: negli ultimi dieci anni ha bruciato il 25% del pil, ristrutturato il debito privato facendo

perdere una valanga di soldi a tanti piccoli investitori.

Quest'anno, per chi ha creduto in Atene, è suonata la riscossa: il Paese pare aver svoltato, i tassi sui titoli

di Stato sono crollati e chi ha messo mille euro sul bond ellenico al 2042 dodici mesi fa, se ne ritrova ora in

tasca 1.600.

Dalle obbligazione alle azioni, il discorso non cambia.

L'Argentina, per dire, è stata un incubo per tanti italiani illusi (una lezione da tenere a mente) e poi traditi

dai Tango Bond. Ora il vento è girato. E la galoppata della Borsa di Buenos Aires ha regalato un

rendimento del +77% a chi ha puntato sull'indice sudamericano.

Non tutto è oro quello che luccica, naturalmente. Alto rischio non significa solo alto rendimento, ma -

spesso - anche grandi delusioni. A volte in questo mondo globalizzato basta spostare i propri risparmi di

qualche centinaio di chilometri sulla carta geografica per trasformare una festa finanziaria in una tragedia:

mille euro messi con un clic del computer sull'indice della Borsa del Kazakhstan a dicembre 2016 sono

lievitati a 1.600. Spostati appena più a sud e investiti sul som, la valuta dell'Uzbekstan, sono diventati

invece la miseria di 400 euro, dopo che la banca centrale ha lasciato fluttuare la valuta sganciandola dal

paracadute del dollaro.

L'importante, insomma, è salire sul cavallo giusto. Sperando che alla fine sia quello che corre di più.

Sapendo che le performance, quando si tratta di risparmi, vanno misurate sul lungo termine. Il giochetto dei

mille euro applicato al petrolio spiega bene quanto conta la prospettiva temporale: dieci biglietti da cento

investiti sul barile un anno fa sono diventati ora 1.120. Chi ha scommesso la stessa cifra sull'oro nero a fine

2015 ha guadagnato addirittura l'82% e si ritrova oggi in portafoglio 1.820 euro.

Portando indietro l'orologio di due anni - complici i capricci dei mercati e la geopolitica del greggio - la

situazione si ribalta: mille euro sul petrolio a inizio 2014 si sono ridotti a Capodanno 2018 a 540 euro. La

palma di "re" delle materie prime nel 2017 spetta comunque al palladio, balzato del 40% davanti al rame.

Maglia nera invece per il zucchero e il gas naturale, che hanno bruciato quasi il 25% del loro valore. Alti e

bassi.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 75

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Guadagni e perdite che quando ci sono di mezzo i propri risparmi segnano il confine tra un sogno e un

incubo. Chi ha messo mille euro a Piazza Affari sui titoli della Landi Renzo (produttore di impianti a gas per

auto) se ne ritrova ora in tasca 4.353. Chi ha optato per la Netweek ne ha 210.

palladio "re" delle materie prime 46% La "palma d'oro" tra le materie prime nel 2017 spetta al palladio

balzato del 46 per cento

Foto: LAPRESSE/ABACA La Maison del Bitcoin a Parigi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 76

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Intervista Delrio "Dalla fusione Anas-Fs 100 miliardi di investimenti per rilanciare anche ilSud" LUCIO CILLIS ROMA Nel giorno dell'ingresso di Anas in Ferrovie, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, parla di questa

nuova "creatura". Ma anche di Alitalia e del futuro dei trasporti nel Paese.

Ministro partiamo da Anas-Fs: come cambieranno le rispettive competenze? «Siamo di fronte ad un unico

grande gruppo che ha l'obiettivo di creare sinergie e stimolare gli ingenti investimenti che il governo ha

messo a disposizione».

A quanto ammontano? «Parliamo di diverse decine di miliardi per infrastrutture e la rete di connessione:

una enorme mole di risorse pari a poco più di 100 miliardi di euro in dieci anni. Un vero piano keynesiano».

Perché questa fusione? Cosa cambierà per i cittadini? «Noi dovevamo rendere più efficiente questa

macchina che crea lavoro, investimenti, sviluppo.

Perché uno dei nodi del nostro Paese sono state per anni le interferenze che si frappongono al

completamento di opere importanti come strade o ferrovie.

Ora abbiamo la possibilità di far valere una progettazione integrata. L'avere un'unica grande azienda che si

occupi di tutti i passaggi, ci permette di non ragionare con temi e teste separate». Cosa accade da oggi a

Fs e Anas? «Anas diventa a tutti gli effetti una società del gruppo Fs, al pari, ad esempio, di Rfi. Ci saranno

sinergie, come quella di successo già sperimentata da Rfi con Italferr. E Anas esce dal perimetro pubblico

ottenendo una maggiore flessibilità degli investimenti».

Maggiore efficienza vuol dire risparmi.

«Sì, prevediamo 400 milioni di risparmi gestionali, grazie anche alle tecnologie che le due società hanno

messo in campo negli ultimi anni. Ad esempio con il monitoraggio delle infrastrutture per mezzo dei droni o i

sensori sulle strade».

Ma concretamente cosa cambia per gli utenti? «Avremo una maggiore velocità dei contratti di programma

e maggiore qualità delle opere realizzate. Punteremo sulle nuove tecnologie. Fs-Anas sarà un orgoglio per

l'Italia: è uno dei gruppi più importanti in Europa per chilometri di rete e fatturato. E poi vorrei aggiungere

una cosa».

Prego.

«Sul Mezzogiorno, in particolare.

Qui Anas ha la gran parte della sua attività. E proprio qui, dopo aver fatto partire al Sud l'Alta velocità,

abbiamo bisogno di una forte accelerazione. Ma abbiamo anche bisogno di strade più curate e

all'avanguardia. Il progetto delle "smart road", ad esempio, va avanti sulla Salerno-Reggio Calabria».

Passiamo al trasporto aereo.

Alitalia cerca un partner che le dia un futuro certo.

«Vogliamo dare una prospettiva solida ad Alitalia così come sta accadendo per Meridiana. Alla nostra

compagnia serve ambizione e non un ridimensionamento. Ecco perché non serve fare presto, ma fare bene

tutti i passaggi necessari per farla rinascere privilegiando un serio piano di sviluppo».

Anche Etihad lo aveva messo in cantiere. Poi le cose sono precipitate «Purtroppo con Etihad non abbiamo

trovato la realizzazione di quel piano. Le scelte del management hanno portato alla crisi. Oggi invece i

commissari la fanno funzionare bene nella prospettiva di mantenere molto forte la presenza sia sulle rotte

interne che su quelle estere».

Alitalia ha tre pretendenti.

Ma il tempo stringe e solo una proposta, quella di Lufthansa, sembra davvero interessante.

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Anche se gli esuberi preventivati non sono accettabili.

«Intanto ci prenderemo il tempo che serve, non vogliamo svendere». Pensate di chiudere entro febbraio e

cioè prima delle elezioni? «Io ritengo che una trattativa in esclusiva, se assisteremo ad un'evoluzione

positiva del dialogo, sia a portata di mano. Insomma il "deal" si farà. E può darsi che si aggiungano nel

corso delle prossime settimane altre offerte di sostegno a quelle già incassate. Ci sono proposte industriali

e altre finanziarie, come quelle dei fondi.

L'auspicio è proprio quello di poter affidare la trattativa in esclusiva in tempi brevi».

A questo punto, chiusa la legislatura, che bilancio fa del suo lavoro da ministro? «Il giudizio lo lascio agli

altri. Ma abbiamo avviato alla piena realizzazione diverse opere fondamentali. Certo, ci sarebbe molto

ancora da fare».

Cosa? «Ho un rimpianto: la revisione dei contratti che regolano le concessioni autostradali. Sono accordi

che vengono da lontano e andrebbero riscritti».

E sullo Ius soli? Non è andata come lei auspicava «Ho speso gran parte della mia vita politica su questo

argomento e c'è del forte rammarico da parte mia.

Ho un profondo dispiacere nel pensare a quei ragazzi. Ma la battaglia sul diritto di cittadinanza

continuerà».

Ferrovie-Anas sarà un orgoglio per l'Italia: è uno dei gruppi più importanti in Europa per chilometridi rete e fatturatoVogliamo dare una prospettiva solida ad Alitalia. Alla nostra compagnia serve ambizione e non un

ridimensionamento Il ministro Graziano Delrio, 57 anni, è stato ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti

nel governo guidato da Matteo Renzi e poi è stato confermato nell'incarico da Paolo Gentiloni. Ha fatto

parte anche dell'esecutivo di Enrico Letta come titolare del ministero per gli Affari regionali e le autonomie

Foto: ANSA

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Panetta (Bankitalia): il Bitcoin è una scommessa, non una moneta MARCO ZATTERIN INTERVISTA A PAGINA 3 tutto molto aperto», avverte Fabio Panetta. In effetti il mondo sta cambiando

vorticosamente e un nuovo universo prende il posto del vecchio. «Entro dieci anni le banche italiane

saranno diverse», stima il vice direttore generale della Banca d'Italia, ragionando sulla sfida del Fintech, la

finanza che corre sul web. Non sarà uno sconvolgimento da poco. «Andrà a finire che gli istituti di credito

più innovativi e avanzati compreranno le società del Fintech», prevede. Oppure «che le Fintech

compreranno loro». I Grandi di Internet si tuffano nel mondo dei pagamenti e rischiano di disintermediare le

banche così come le conosciamo. «Perché non dovremmo dare la licenza ad Amazon se la chiedesse?»,

domanda il banchiere, convinto che il Fintech non abbia bisogno di grandi interventi legislativi, mentre il

Bitcoin non ne necessita affatto. «E' una scommessa, non una moneta - assicura -. Chi va a fare a spesa

col Bitcoin rischia di morire di fame». Ciò non toglie che in Italia il legislatore debba agire. La Commissione

bancaria «in certi momenti ha deviato dalla direttiva principale», ma ora si può dare «un contributo per

minimizzare gli effetti delle future crisi». Meglio, naturalmente, se «seguendo gli spunti offerti dal

governatore Visco». Direttore, le banche italiane non innovano tanto. O no? «Sono consapevoli e

interessate all'evoluzione tecnologica, sanno che è necessaria, ma gli investimenti sono ancora contenuti. Il

principale problema del sistema è la bassa redditività, dovuta alla crescita fiacca, ai tassi azzerati e alla

bassa domanda di credito da parte delle imprese, a sua volta dovuta alla debolezza degli investimenti e

all'alto autofinanziamento. Detto ciò, se anche la congiuntura migliorasse non basterebbe ad alzare la

redditività del sistema». Servono strategie diverse? «Non c'è una soluzione che possa risolvere

magicamente i problemi di redditività. Le banche possono guadagnare in tre modi: assumendo alti rischi, il

che è oggi arduo per la normativa sempre più stringente. Sfruttando il potere di mercato, ma anche questa

strada è sbarrata dalla concorrenza. Possono poi migliorare l'efficienza, abbassando i costi e aumentando il

ricorso alla tecnologia, cosa che stanno facendo. Le banche non possono non investire nell'innovazione.

Ma attenzione: non è detto da solo basti. Nel mondo che ci aspetta la concorrenza sarà una sfida continua

agli intermediari tradizionali da parte di operatori più agili e con costi minori». E allora? «Le banche devono

migliorare il ricorso all'innovazione rispetto al passato, quando la tecnologia raddoppiava l'attività

tradizionale e i bancomat duplicavano gli sportelli. La scommessa è sostituire, non affiancare, i canali

tradizionali con servizi a distanza, sapendo che lo sportello non sparirà, perché non vedo molti clienti

acquistare un mutuo online». Immagina una Amazon che diventa colosso creditizio? «Teoricamente è

possibile e in parte sta accadendo. Le maggiori "Big tech" - come Apple, Google, Amazon, Alibaba - già ora

offrono servizi finanziari. Alcune di esse hanno un valore di Borsa di circa mille miliardi. Con un aumento di

capitale (per loro) limitato potrebbero acquisire l'intero sistema bancario italiano». E' la forza del «Big

Data». «I dati sono l'elemento chiave di concorrenza. Le piattaforme delle bigtech offrono ai gestori

informazioni uniche: di ciascuna azienda si conoscono i prodotti, le vendite, il gradimento presso i clienti. Si

possono inferire i gusti e il tenore di vita dei consumatori. Si sa chi paga e chi no. La massa di dati è

enorme: si imporrà chi sarà più bravo a leggere ed elaborare informazioni». Quindi il possesso di dati può

giustificare acquisizioni in questo settore? «Si. Perché Alibaba o Amazon, che hanno un "roe" elevatissimo,

dovrebbero comprare una banca, che se va bene rende il 5%? Distruggerebbero valore. L'impulso può

derivare unicamente dall'obiettivo di acquisirne i dati». Se Mr. Amazon bussasse alla vostra porta e

chiedesse la licenza bancaria, gliela dareste? «Le licenze sono europee, la prassi è eguale per tutti. Se si

ponesse il caso, imbastiremmo la pratica e la porteremmo alla Bce per discuterla». Con quale possibile

esito? «Amazon ha una reputazione, è una potenza finanziaria, offre garanzie di tenuta, ha competenze

tecniche e l'ipotesi che faccia riciclaggio mi pare per lo meno remota. Con tutti i requisiti sarebbe un atto

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 79

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dovuto. E, comunque, perché no?» Qualora i pagamenti via Facebook o Alibaba spazzassero via le nostre

banche e queste venissero a protestare, che farebbe? «Avrei una sola possibilità: spiegare che c'è il

mercato, che ci son delle regole, e che è lì che si svolge la partita. Proteggerle sarebbe una violazione del

nostro mandato». La Commissione Ue vuole una licenza paneuropea per il Fintech. Un'esigenza che

condivide? «È una esigenza del tutto condivisibile per le attività non ancora normate a livello Ue, come il

crowdfunding. Per le altre, in particolare per servizi bancari e di pagamento, esiste già un quadro legislativo

europeo, che vieta di introdurre vincoli specifici a livello locale. E' sufficiente. Potranno essere necessari

aggiustamenti, dato che gli schemi regolamentari esistenti sono stati tarati per le attività tradizionali. Ma non

credo serva un quadro ad hoc per il Fintech». Ha comprato dei Bitcoin? «No». Che pensa di chi lo ha fatto?

«Alcuni credono che sia una moneta e non lo è. Non è unità di conto, non è riserva di valore, non è mezzo

di scambio. Non ci si può comprare il pane, nessuno ci fa il bilancio. E non ha valore di uso come gli

immobili. Soprattutto, Bitcoin non ha uno Stato dietro ». Se non è una moneta, cos'è? «Un contratto che ci

si scambia nella convinzione che possa valere di più in futuro. E' un contratto altamente speculativo. La sua

volatilità lo rende simile a una scommessa». Andrebbe regolamentato? «Occorre innanzi tutto lavorare

sull'informazione, illustrarne le caratteristiche e i rischi. Forse "se lo conosci, lo eviti". Gli scambi sono

globali, avvengono al di fuori dei mercati, un'azione legislativa nazionale finirebbe per essere inefficace. E

comunque la diffusione è ancora relativamente bassa». La normativa Psd2 consentirà la circolazione dei

dati dei clienti che lo autorizzino. Opportunità o pericolo? «Favorisce la concorrenza, anche se non mi

aspetto che le banche abbiano gran disponibilità a condividere i dati coi concorrenti. Così pure i nuovi

intermediari. Il possesso di dati è la ricchezza del futuro». A cosa serve, dunque? «Ad esempio, le banche

potranno creare delle joint venture e offrire prodotti con aziende innovative. Si faciliterà la creazione di

piattaforme, che sono un canale unico che consente di interagire simultaneamente con tante controparti e

offrire a basso costo prodotti per molti clienti». La commissione bancaria è stata una battaglia. E adesso?

«Sono fiducioso che il rapporto della Commissione conterrà proposte utili. L'audizione del Governatore ha

offerto spunti necessari perché, quando il rumore di fondo sarà stato archiviato, la riflessione possa

condurre a ricette concrete. L'esperienza di parlamentari, banchieri, giuristi, esperti può fornire un

contributo importante alla comprensione dei fatti, al miglioramento dell'attuale assetto, per minimizzare gli

effetti di eventuali future crisi. Mi auguro di cuore che succeda». c

Le banche devono comprare le società del Fintech, o saranno assorbite da loro nel giro di pochianniÈ sbagliato parlare di valute virtuali Non hanno uno Stato alle spalle, sono solo contratti speculativi

Il Parlamento può aiutare a mitigare le crisi del futuro seguendo gli spunti del governatore Visco

Se un gigante Internet chiedesse una licenza, potrebbe ottenerla dimostrando di avere tutti i requisiti

Fabio Panetta Vice direttore generale della Banca d'Italia

603 per cento La percentuale di profitti delle banche che tra dieci anni potrebbe sparire a causa dell'arrivo del

Fintech miliardi I finanziamenti erogati da Amazon con il servizio di prestiti «Lending», attivo in Usa, Regno

Unito e Giappone

Foto: ALAIN APAYDIN/ABACAPRESS.COM/LAPRESSE Il Bitcoin è la più nota delle valute virtuali. Di

recente ha enormemente aumentato il suo valore, a seguito di movimenti speculativi

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 80

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I timori dell'intelligence LO SCENARIO Per le aziende italiane il rischio delle sanzioni Washington potrebbe ripristinare le misure inibitorie contro Teheran Per le nostre imprese un danno graveche ammonterebbe a miliardi di euro Valentina Errante R O M A Non sono le proteste a preoccupare gli analisti e l'intelligence di casa nostra. O almeno non

ancora. I disordini scoppiati nelle città iraniane vengono osservati con molta attenzione, lo scenario

considerato assai incerto, ma le manifestazioni di piazza, al momento, non sembrano minacciare la stabilità

del governo e dunque le relazioni economiche bilaterali con il nostro Paese. Nel 2017 l'Italia è diventato il

primo partner europeo negli accordi commerciali con l'Iran e adesso le nubi per le compagnie, che hanno

investito o esportano, non arrivano dall'interno, ma direttamente dagli Usa. Perché il rischio è che Trump, a

metà gennaio, non rinnovi il Jcpoa, ossia l'accordo tra Usa, Russia, Cina, Francia, Germania, Gran

Bretagna e Iran del 2015, con il quale sono state sospese le sanzioni americane (revocate quelle europee)

in cambio di un blocco per dieci anni del programma nucleare iraniano. Ipotesi concreta, che

comporterebbe pesantissime conseguenze per molte aziende e banche europee. I RISCHI Sono le

prossime mosse di Donald Trump che analisti e intelligence osservano con più attenzione. «Il rischio

maggiore - spiega Riccardo Alcaro dell'Istituto Affari Internazionali - è che Trump non firmi. E molte aziende

europee subirebbero pesanti conseguenze». Ogni 90 giorni la Casa Bianca deve certificare al Congresso

se Teheran abbia rispettato l'accordo del 2015, a ottobre il presidente aveva evitato lo strappo con gli altri

partner limitandosi a minacciare di reintrodurre le sanzioni revocate dall'intesa. Trump aveva rivolto al

Congresso e agli alleati l'invito a rafforzare quella che considera «una delle peggiori e più sbilanciate

transazioni che gli Stati Uniti abbiano mai intrapreso». Poi aveva lanciato l'ultimatum: in caso contrario

«l'accordo sarà cancellato». E l'accordo da allora è rimasto invariato. LE SANZIONI «Le sanzioni

colpirebbero tutte le aziende, incluse le banche, che hanno attività negli Stati uniti e relazioni con l'Iran -

spiega Alcaro - credo sia questa la preoccupazione più grande, ossia i pesanti danni economici che le

compagnie italiane subirebbero in questo caso. Vale anche per le banche, perché le aziende hanno linee di

credito aperte. Bisognerà vedere se davvero Trump voglia venir meno a un accordo che danneggerebbe

pesantemente l'Europa e al quale, tra l'altro, hanno aderito anche Cina e Russia. Ma il rischio è concreto».

LE RELAZIONI L'interscambio tra Ue-Iran tra il 2015 e il 2016 è cresciuto del 200 per cento. Nel 2016 il

valore delle esportazioni italiane verso l'Iran è stato di 1,5 miliardi di euro, con un incremento del 29 per

cento rispetto al 2015. Le importazioni dall'Iran hanno registrato un più 123,7 per cento per un valore

complessivo di 1 miliardo di euro. Nel primo trimestre del 2017 è stato registrato un volume di affari di 1,2

miliardi di euro; 800 milioni sono le esportazioni iraniane in Italia, mentre la metà, 400 milioni, le

esportazioni italiane in Iran. Un trend che, secondo le previsioni, dovrebbe raggiungere il massimo nel 2019

con esportazioni comprese tra i 2,5 e i 2,6 miliardi di euro. Il settore trainante del nostro export è la

meccanica strumentale. Sul fronte delle importazioni l'Italia acquista principalmente greggio e prodotti

siderurgici. I DISORDINI I disordini di piazza, invece, sembrano preoccupare meno. «Non è facile fare

previsioni - spiega Alcaro - è chiaro che vengono tenute sotto osservazione. Si tratta da un lato di proteste

inusuali, perché non sono nate a Teheran, dall'altro di manifestazioni popolari che hanno origine dal disagio

socioeconomico e hanno avuto precedenti simili negli anni passati. Ma di fatto non sembra ci sia una regia

unica. Da una prima analisi, risulta che a prendere parte ai disordini sia quella fascia di popolazione che

non ha mai partecipato attivamente alla vita politica. Alcuni protestano per l'inflazione, la mancanza di

lavoro, le difficoltà quotidiane, altri per i diritti civili. L'accordo sul nucleare - spiega ancora Alcaro - aveva

creato aspettative molto alte nella gente, stop alle sanzioni non ha determinato la ripresa economica attesa.

È difficile dire quale direzione prenderà questa protesta, il governo da un lato ha risposto con un invito alla

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calma, dall'altro con una dura reazione. Il monopolio della violenza, al momento rimane nelle mani dello

Stato».

HANNO DETTOGli iraniani vogliono le libertà fondamentali che vengono loro negate

Nella vicenda iraniana le ingerenze esterne sono inaccettabili

La resistenza del popolo iraniano dà speranza a chi lotta contro la tirannia BENYAMIN NETANYAHU

SERGHEI LAVROV MIKE PENCE

GRAZIE ALL'INTESA CON OBAMA, AFFARI AUMENTATI DEL 200% DAL 2015 CON UNAPREVISIONE DI CRESCITA AL 2019NON DESTANO GRANDI PREOCCUPAZIONI GLI SCONTRI DI QUESTI GIORNI: «SOLLEVAZIONI DIPIAZZA CHE NON HANNO UNA REGIA»Foto: Il terminal petrolifero di Neka nel nord dell'Iran

Foto: (foto ANSA)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 82

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Fisco LA STRATEGIA Cartelle semplificate scatta la rivoluzione Una task force già al lavoro per modificare il linguaggio e rendere facili gli adempimenti Verrà ridotto alminimo il "burocratese" Riferimenti chiari sulle somme da pagare L'OBIETTIVO DICHIARATODELL'AGENZIA DELLE ENTRATE È CAMBIARE SUBITO IL RAPPORTO CON I CONTRIBUENTI Umberto Mancini R O M A «È semplice rendere le cose complicate, ma è complicato renderle semplici». E' la legge di

Murphy descritta dallo scrittore americano Arthur Bloch ed è anche il "mantra" che risuona nel quartier

generale dell'Agenzia delle entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini. Del resto, l'obiettivo è ambizioso:

rendere più facile dialogare con il fisco. Come? Inviando ai contribuenti solo gli atti indispensabili, scritti in

un linguaggio comprensibile a tutti, cioè in italiano e non più in "fiscalese-burocratese". Non solo. Ogni

comunicazione, nella strategia messa a punto, avrà riferimenti chiari e trasparenti a leggi, commi e decreti,

spiegando perché è necessario pagare quella tassa o mettersi in regola per la multa scaduta. CAMBIO DI

PASSO Insomma, una vera "rivoluzione" all'insegna della glasnost che scatterà proprio da gennaio. E su

cui è al lavoro un task force specializzata nella semplificazione e «sburocratizzazione» degli atti

amministrativi. Nei piani del direttore Ruffini, che ha anche la responsabilità di Agenzia entrate Riscossione

(la ex Equitalia), è necessario cambiare passo, rendendo più semplici le comunicazioni con i cittadini per

«essere sullo stesso fuso orario del Paese e degli italiani». In arrivo quindi nuove cartelle esattoriali

finalmente decifrabili e comunicazioni comprensibili ai non addetti ai lavori. Per la verità un primo passo è

stato fatto con la trasformazione del sito di Agenzia delle entrate. Uno strumento indispensabile per aprirsi

ai contribuenti e che nel 2016 ha avuto oltre 132 milioni di visite, una cifra record che sarà superata nel

2017, con oltre 11 milioni di clic al mese. Un sito che è anche un grande hub per i pagamenti attraverso i

servizi telematici tipo l'F24 o i versamenti legati ai contratti di locazione. Solo negli ultimi 3 anni sono

transitati oltre 641 miliardi di euro. La task force anti burocrazia è composta da elementi anche esterni

all'Agenzia delle Entrate e potrà intervenire in maniera radicale. Non è un caso poi che è stato avviato

anche un tavolo con tutti gli intermediari fiscali, dal mondo produttivo ai commercialisti, sul tema della

semplificazione degli adempimenti che costano tempo e soldi sopratutto alle piccole e medie imprese.

Proprio in questo quadro complessivo sono stati recentemente pubblicati sul sito i modelli 730/2018, quello

per l'Iva e la "Certificazione Unica" proprio per avere il parere e le osservazioni dei professionisti del

settore. Poi, al termine della consultazione, scatterà il via libera definitivo previsto a fine gennaio.

GLASNOST In attesa dei rilievi, cambia la cartella esattoriale. Il vecchio modello, senza distinzioni di voci e

che non faceva capire il tipo di debito abbinato all'ente creditore, andrà definitivamente in pensione.

Sostituita da un modello più intuitivo che abbina per ogni ente creditore (Comune, Regione o Agenzia delle

entrate ad esempio) un colore diverso a cui è affiancato il tipo di debito (bollo auto, multa stradale, ecc...).

Linguaggio nuovo, nuovi canali, e strumenti telematici moderni, sono le tre direttrici su cui si muove la

riforma che punta a realizzare un fisco dal volto umano. O almeno a provarci. Nel 2018 verrà confermato il

progetto chiamato «cartella amica», anche se quando si parla di tasse il termine non è del tutto appropriato.

A chi riceve per la prima volta una cartella viene infatti inviato anche un modulo "precompilato" grazie al

quale, senza recarsi allo sportello, è possibile richiedere di pagare il proprio debito a rate, barrando il

numero delle mensilità e inviando il tutto agli uffici dell'Agenzia Riscossione. Da poche settimane poi, allo

scopo di limitare le perdite di tempo e consentire anche a chi non ha grande praticità con internet o con le

app, è possibile pagare anche nei bancomat. Ai 16 mila sportelli bancari abilitati si aggiungerà quest'anno il

circuito bancomat di Poste. Ed è possibile con la propria card controllare se si hanno debiti con Agenzia

entrate-Riscossione ed eventualmente decidere di pagarli col bancomat. Da 2 mesi, infine, è partita la

definizione agevolata, la cosiddetta rottamazione delle cartelle. Questa volta oltre ai debiti compresi tra il

2000 e il 2016 si potranno inserire anche quelli fino al 30 settembre 2017. Il lavoro che attende la task force

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non sarà agevola ma dovrà essere compiuto in tempi rapidi, perché da gennaio partirà anche il nuovo

modello organizzativo di Agenzia delle entrate che ha avuto di recente l'approvazione del Mef. ©

RIPRODUZIONE RISERVATA La vecchia cartella La nuova cartella

Foto: Ernesto Maria Ruffini

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 84

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LA TRATTATIVA Ilva, Emiliano alza ancora la posta Il governatore: «Entro dieci giorni la nostra proposta di modifica del piano ambientale. Gentiloni ciconvochi» Senza un atto vincolante che corregga il Dpcm gli enti locali non abbasseranno la guardia sulTar R. Amo. R O M A Regione Puglia e Comune di Taranto tornano alla carica sull'Ilva sventolando il ricorso al Tar. Ma

questa volta sembrano raccogliere la proposta avanzata dal ministro dello Sviluppo Economico, Carlo

Calenda, di firmare un protocollo d'intesa o qualcosa di simile che corregga il tiro sugli effetti del Dpcm sul

piano ambientale dell'Ilva. L'unica avvertenza, fanno sapere, è che saranno Regione e Comune a

preparare la proposta da presentare direttamente al premier Paolo Gentiloni per «far ripartire il tavolo». È

questo l'ultimo atto dello scontro sull'Ilva all'indomani del ritiro della richiesta di sospensiva al Tar degli

effetti del Dpcm sul piano ambientale prorogato al 2023. Dunque, il governatore della Puglia, Michele

Emiliano e il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, riprendono il dossier un po' da dove l'avevano lasciato, e

cioè dalla disponibilità a ritirare anche il ricorso nel merito sul piano dell'Ilva soltanto a fronte di una

modifica del decreto approvato dal governo il 29 settembre scorso. Altrimenti si rischia anche una nuova

richiesta di sospensiva al Tar. Entro dieci giorni, fanno sapere nel corso di una conferenza stampa appena

chiuso un tavolo tecnico sul tema, «invieremo ai dicasteri competenti e alla Presidenza del Consiglio una

nostra proposta su quale può essere lo strumento, l'architettura normativa attorno alla quale costruire

questo percorso». Già, perché a sentire la versione dei due enti locali, serve «un atto giudico rilevante e

vincolante che modifichi il Dpcm» nella direzione chiesta da Regione e Comune. Impossibile invece un

nuovo Dpcm, come già chiarito dal Mise. «Continuiamo a insistere» si è limitato ad anticipare ieri Emiliano,

«perché sia applicata, anche in via negoziale, la Legge regionale sulla previsione di danno sanitario, in

modo tale da avere un modello predittivo per capire quali sono i livelli futuri di attività della fabbrica

compatibili con la salute». LO SCENARIO Dunque, in questo momento lo scontro sembra più su una

questione giuridica (cioè sullo strumento che può correggere il tiro del Dpcm sul piano ambientale) che

sulla sostanza. Proprio venerdì, infatti, il ministro dello Sviluppo Economico Calenda aveva fatto recapitare

un nuovo segnale distensivo: «Ora lavoriamo insieme per ritirare il ricorso», aveva detto. E già da giorni,

dopo il tavolo del 20 dicembre, lo stesso ministro sta lavorando con gli uffici tecnici a una bozza di

Protocollo d'intesa da inviare a Regione e Comune la prossima settimana. Del resto, il Mise aveva già

anticipato nei giorni scorsi in una lettera al Comune l'intenzione di lavorare a bozza che andrà

puntualmente incontro a tutte le richieste degli enti locali, dall'accesso agli atti all'anticipo della copertura

dei parchi al 2020, fino al piano sanitario. Ma la risposta di ieri sembra chiaramente voler rimettere la palla

nel campo di Regione e Comune che, evidentemente, vogliono guidare la trattativa con una "loro" proposta

e vogliono farlo passando da una «convocazione di Gentiloni».

Il piano per l'Ilva51%15%

34% L'impegno sottoscritto a giugno dalla cordata acquirente AM INVESTCO ITALY S.R.L CORDATA

AGGIUDICATARIA Marcegaglia Carbon Steel SpA ArcelorMittal SA (Lussemburgo) ArcelorMittal Italy

Holding Srl OFFERTA (milioni di euro) prezzo di acquisto investimenti tecnologici investimenti ambientali

canone annuo di affitto 1.800 1.250 1.150 180 PIANO PROPOSTO PRODUZIONE ACCIAIO (tonnellate) 6

milioni dal 2018 come l'attuale a giugno 2017 14.220 (4.100 in Cig) 8 milioni dal 2024 ai livelli

antesequestro DIPENDENTI IN ORGANICO 9.930 nel 2018 di cui 10.900 Ilva di Taranto 8.480 dal 2023

Foto: IL PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA E IL SINDACO DI TARANTO CHIEDONO DI RIAPRIRE

IL TAVOLO: IL NODO ORA È IL PIANO SANITARIO

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 85

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Previdenza IL FOCUS Anticipo, età e donne le pensioni dal 2018 Per tutte le lavoratrici limite di vecchiaia definitivamente unificato con gli uomini Dopo due anni di inflazionepiatta gli assegni in essere saranno rivalutati Luca Cifoni R O M A Quest'autunno, la discussione in materia previdenziale si è concentrata su un nodo che riguarda il

2019, ovvero l'aumento di cinque mesi dei requisiti di età e di quelli contributivi a seguito dell'incremento

dell'aspettativa di vita. Un salto che porterà l'età della pensione di vecchiaia a 67 anni tondi, ma in base a

quanto deciso con la legge di Bilancio non riguarderà 15 categorie di lavoratori impegnati in attività gravose

(poco meno di 15 mila persone inizialmente). Ma al di là di questa parziale revisione delle regole, erano già

in vigore importanti novità che manifesteranno i propri effetti nel 2018. La più importante per chi deve

ancora lasciare il lavoro scatterà dal primo gennaio e riguarda le donne: l'età della pensione di vecchiaia

viene completamente equiparata a quella degli uomini, con il passaggio a 66 anni e 7 mesi anche delle

lavoratrici dipendenti del settore privato. Sempre le lavoratrici però sono interessate da un'altra novità

indiretta, la mancata proroga della cosiddetta opzione donna. Il prossimo anno poi dovrebbero entrare nel

vivo l'anticipo pensionistico (Ape) nella sua doppia forma di indennità per i lavoratori particolarmente

meritevoli di tutela e di prestito volontario da restituire per tutti gli altri: entrambi gli strumenti erano stati

previsti dalla legge di Bilancio di un anno fa, ma sebbene formalmente in vigore dal primo maggio 2017

hanno avuto una partenza decisamente lenta. Da gennaio poi torna la rivalutazione delle pensioni, a

beneficio di chi il lavoro lo ha già lasciato. Per due anni non c'erano stati incrementi a causa dell'inflazione

piatta; ora la percentuale provvisoria dell'1,1 per cento viene riconosciuta solo in maniera parziale ai titolari

di assegni medi e alti: dal 2019 andrà in vigore un meccanismo di rivalutazione più generoso.

Il futuro delle pensioniANTICIPI DI PENSIONELE ETÀ DEL RITIRO DI VECCHIAIA Anni/mesi 66/7 Fonte: Inps 67 66/7 66/7 2018 2019 2020 generalità

dei lavoratori addetti ad attività gravose 67/3 67/4 67/6 67/8 66/10 66/11 2021 2022 2023 2024 67/1 67/3

2025 2026 2027 2028 67/10 68 2029 2030 2031 2032 68/2 68/4 2033 2034 2035 2036 68/5 68/7 68/9 2037

2038 2039 2040 68/11 69/1 69/3 Dal 2018 l'età di pensione è unificata per uomini, donne, lavoratori

pubblici e privati Dal 2019 è diversificata per 15 categorie di lavori gravosi 2041 2042 2043 2044 2045 2046

2047 2048 69/5 69/7 2049 2050 2051 2052 Ape sociale 35.000 39.777 26.500 75% 66% domande 2017

previste dal governo domande arrivate all'Inps domande accettate (stima di novembre) rappor to

accettate/previste rappor to accettate/arrivate Lavoratori precoci 80% 75% 25.000 26.632 20.000

VANNO AD ESAURIRSI ALCUNE ECCEZIONI CHE PERMETTEVANO DI ATTENUARE IN PARTE LASTRETTA DELLA RIFORMA FORNERONiente proroga, finisce per le lavoratrici l'opzione contributivo Dal 2004 è stata un'uscita di sicurezza

di fronte alle progressive strette delle riforme previdenziali: prima quella di Maroni poi la ancora più incisiva

Fornero. La cosiddetta "opzione donna", che non è stata prorogata e di fatto si esaurirà all'inizio del 2018,

non era comunque una soluzione indolore visto che in cambio della possibilità di lasciare il lavoro anche a

57-58 anni di età (con 35 di contributi) le interessate hanno accettato il calcolo della pensione con il metodo

contributivo puro, che comporta una sua riduzione anche del 20-30 %. La scelta è diventata però

relativamente più appetibile dal 2012 dopo la stretta della riforma Fornero. La legge prevedeva che

l'opzione terminasse nel 2015: è stata poi mantenuta per le lavoratrici che avrebbero raggiunto il limite di

età nel corso del 2016 per gli scatti legati all'aspettativa di vita (che si applicano anche a questo requisito).

Siccome all'opzione donna si applicano le vecchie "finestre" di uscita le ultime lavoratrici dipendenti hanno

potuto accedere alla pensione con questo regime nel corso del 2017 mentre per le autonome (che hanno

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 86

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una "finestra" di un anno e mezzo) ci saranno ancora uscite tra gennaio e febbraio.

Per dipendenti private e autonome uscita a 66 anni e 7 mesi Il percorso iniziato nel sei anni fa sta per

concludersi: dal 2018 l'età per la pensione di vecchiaia sarà del tutto allineata tra uomini e donne a quota

66 anni e 7 mesi. Concretamente, il gradino riguarda sia le dipendenti del settore privato, che ancora nel

2017 hanno maturato il diritto all'uscita con 65 anni e 7 mesi, sia le lavoratrici autonome finora posizionate

a 66 anni e 1 mese. Dunque nel primo caso l'innalzamento è di un anno secco, nel secondo di sei mesi. Il

limite di età è sempre stato differenziato tra uomini e donne: fino al 2010 i primi potevano lasciare il lavoro a

65 anni, mentre per le loro colleghe ne bastavano 60. Dall'anno successivo c'è stato un primo scatto per le

dipendenti pubbliche, passate a 61 anni prima del grande salto a 66 già nel 2012: un cambiamento imposto

dalle norme europee che vedevano questa differenza come una forma di discriminazione. La riforma

Fornero ha fatto il resto definendo la marcia delle altre categorie femminili verso i 66. Inoltre nel 2013 e nel

2016 il requisito di vecchiaia è stato innalzato prima di tre mesi poi di quattro, per il meccanismo di

adeguamento alla crescita della speranza di vita.

Non scatterà più il paracadute per i nati nel 1952 Era una clausola che la stessa legge definiva

"eccezionale" una sorta di paracadute per i lavoratori più duramente penalizzati dalla legge Fornero, ovvero

quelli (principalmente nati nel 1952) che al momento dell'approvazione della riforma stavano per maturare il

diritto alla pensione: o per anzianità o nel caso delle dipendenti private per vecchiaia a 60 anni. Per queste

persone il traguardo veniva spostato in avanti anche di 6-7 anni, per cui con una correzione in corsa al

testo della legge si decise di attenuare il danno prevedendo la possibilità di accedere alla pensione a 64

anni compiuti, a beneficio dei soli lavoratori dipendenti. Per molti di loro però c'è stato qualche mese in più

da aspettare, perché nel frattempo anche ai 64 anni è stato applicato il meccanismo di adeguamento

all'aspettativa di vita e sono così diventati 64 e 7 mesi nel 2016. La possibilità di fare ricorso a questo

canale si è di fatto esaurita la scorsa estate, salvo naturalmente l'uscita di chi il diritto lo ha già acquisito.

Ancora pochi giorni fa l'Inps è intervenuta con una nuova circolare sul punto delicato del requisito del lavoro

dipendente richiesto per utilizzare la clausola.

Ape, indennità allargata scatta a gennaio il prestito volontario Hanno un nome simile ma si tratta in

realtà di due strumenti diversi. L'Ape social è un'indennità-ponte in vista della pensione, riservata a coloro

che hanno 63 anni e sono disoccupati , oppure invalidi o impegnati nella cura di parenti disabili, o ancora

svolgono attività professionali gravose. In vigore sulla carta dal maggio scorso, l'indennità sta arrivando in

questi giorni nelle tasche di una prima pattuglia di interessati, che hanno ricevuto gli arretrati relativi al

2017. Dal 2018 sarà possibile presentare di nuovo domanda, con parametri allargati: saranno 15 invece di

11 le categorie di lavoratori impegnati in attività gravose, mentre per le lavoratrici madri i requisiti

contributivi si ridurranno di un anno a figlio fino a un massimo di due. Invece l'Ape volontaria, destinata

potenzialmente a tutti i lavoratori, è un prestito che permette di percepire un reddito nel periodo che va dai

63 anni al momento del pensionamento ma poi va restituito in 20 anni a valere sulla futura pensione. Il

debutto è atteso a gennaio, dopo la firma della convenzione con banche e assicurazioni che partecipano

all'iniziativa: tutte le procedure saranno comunque gestite dall'Inps.

Torna l'indicizzazione dei trattamenti: aumenti fino all'1,2% Non riguarda chi deve ancora lasciare il

lavoro ma chi si trova già in pensione e si tratta di una novità certamente attesa. Con la rata in pagamento

dal 3 gennaio gli importi saranno nuovamente rivalutati in base all'inflazione (provvisoriamente misurata)

del 2017, pari all'1,1 per cento. Lo scorso anno e nel 2016 i trattamenti pensionistici non erano stati

incrementati perché nei due anni precedenti la dinamica dei prezzi era stata pari a zero (o addirittura

leggermente negativa). Il meccanismo di "perequazione" non è però uguale per tutti: l'aumento dell'1,1 per

cento si applica alle pensioni fino a tre volte il minimo Inps, dunque fino a 1.505,67 euro lordi mensili. Tra 3

e 4 volte si applica il 95 per cento della rivalutazione (pari a 1,045%) tra 4 e 5 il 75 per cento (0,825%), tra 5

e 6 volte il minimo il 50 (0,55%) oltre le 6 volte il 45 per cento (0,495%). Sulla pensione sarà però applicata

30/12/2017Pag. 1.3

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 87

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un minuscola trattenuta per recuperare lo 0,1% relativo alla rivalutazione definitiva 2015 (risultata minore di

quella provvisoriamente riconosciuta); trattenuta che era stata sospesa per due anni proprio in

concomitanza con il mancato aumento delle pensioni.

30/12/2017Pag. 1.3

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 02/01/2018 88

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SCENARIO PMI

10 articoli

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Promesse elettorali alla prova dei fatti Gli slogan della campagna assicurano meno tasse, più lavoro e welfare Ma non tutte le ricette sonosostenibili per i nostri conti a cura di Enrico Marro ROMA Luigi Di Maio, candidato premier dei 5 Stelle: «Il reddito di cittadinanza sarebbe sicuramente il primo

atto che farei se diventassi premier». Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia: «La nostra proposta è una flat

tax , l'imposta piatta con un'aliquota unica per famiglie e imprese». Matteo Renzi, segretario del Pd: «Siamo

passati da 22 a 23 milioni di posti di lavoro. Dobbiamo arrivare a 24». Matteo Salvini, numero uno della

Lega: «Ci sono temi non negoziabili, come la cancellazione delle legge Fornero sulle pensioni».

E chi più ne ha più ne metta: una «misura shock per ridurre il costo del lavoro e poi rimoduleremo anche

l'Irpef» (Di Maio); pensioni minime a mille euro (Berlusconi); nuovo bonus da 80 euro, questa volta per i figli

a carico (Renzi); niente più Imu «sui negozi sfitti e sui fabbricati, piccole e medie imprese destinati alla

produzione » (Salvini).

Forse nessuno dei 4 leader, alla fine, sarà presidente del Consiglio, visto il sistema proporzionale che

spinge verso governi di coalizione e premier di mediazione. Ma saranno comunque questi i politici

protagonisti della campagna elettorale.

E dunque è con i loro programmi che bisogna fare i conti. Programmi o promesse, magari irrealizzabili,

come teme Sergio Mattarella? A vedere da vicino i programmi, i timori del presidente della Repubblica sono

fondati. Soprattutto su un punto: come si finanzierebbe la realizzazione di questi annunci, senza mandare

per aria i conti dello Stato?

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Reddito garantito I 15 miliardi difficili da trovare

Il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle è il «reddito di cittadinanza»: almeno 780 euro al mese

(all'incirca il tetto di povertà assoluta Istat per un individuo; sale se si hanno carichi familiari) ai maggiorenni

che abbiano lavorato negli ultimi due anni ma siano disoccupati. L'Istat ha calcolato il costo della misura nel

2015 in circa 15 miliardi l'anno. Dove trovarli? Risparmiando sugli acquisti pubblici; con più tasse su gioco

d'azzardo, banche e compagnie petrolifere; col taglio delle auto blu, degli enti inutili, delle pensioni d'oro e

dei vitalizi, dicono i 5 Stelle. Ma non sarà facile. Berlusconi rilancia col reddito di dignità»: chi sta sotto la

soglia di povertà assoluta (4,7 milioni di italiani) riceverà «mille euro al mese, da aumentare per ciascun

figlio a carico». No di Salvini («gli italiani chiedono lavoro non soldi a destra o a manca») mentre Renzi

punta ad aumentare i 2 miliardi l'anno per il Rei, il reddito di inclusione, per ora destinato a 1,8 milioni di

poveri.

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Flat tax Aliquota unica,

FI più concreta

del Carroccio

Tutti promettono grandi tagli delle tasse. Il primo è stato Salvini, proponendo l'aliquota unica al 15%.

Berlusconi, più realista, parla di una flat tax con «un'aliquota destinata a scendere nel tempo»,

probabilmente partendo dal 23-25%. Secondo alcuni esperti, il gettito calerebbe di 100 miliardi l'anno.

Come coprire il buco? Non serve, risponde il leader di Forza Italia. «La flat tax si finanzia da sola», perché

spinge l'economia e rende «meno conveniente l'evasione». Berlusconi promette anche l'abolizione di «ogni

imposta su successione e donazioni, sulla prima casa e sulla prima auto». Contrari alla flat tax il M5S e il

Pd, perché non rispetterebbe il principio costituzionale della progressività del fisco. Ma i grillini promettono

lo stesso di «rimodulare l'Irpef» e meno tasse per le pmi, mentre Renzi lancia il bonus da 80 euro alle

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 90

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famiglie con figli. Costo: fra 5 e 10 miliardi all'anno, secondo dove si mette il tetto Isee per averne diritto.

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Pensioni Senza Fornero saltano 40 anni

di tagli ai costi

Anche qui, Salvini la spara più grossa: abolizione della riforma Fornero. Semplice a dirsi, se non fosse che

secondo i calcoli della Ragioneria generale dello Stato, cancellare la Fornero significa quindi rinunciare a

circa 350 miliardi di risparmi cumulati fino al 2060. E il grosso del bottino si realizzerà nel periodo 2020-

2030, con circa un punto di Pil risparmiato ogni anno, cioè 17 miliardi di euro, con un massimo di 1,4% nel

2020. Appena più prudente Di Maio, che ha parlato di abolizione graduale della Fornero, «in 5 anni».

«Quali 5 anni, in 5 mesi!», ha replicato Salvini. Berlusconi, invece, ha rilanciato su un altro fronte a lui caro:

«È indispensabile aumentare almeno a mille euro i minimi pensionistici». L'operazione costerebbe dai 4 ai

10 miliardi l'anno, secondo come si fa: se ristretta ai soli ultrasettantenni al minimo (circa 850mila) oppure

tutti i sei milioni di pensionati che prendono meno di mille euro.

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Occupazione La battaglia

complessa sull'articolo 18

Un altro milione di posti di lavoro, ma questa volta guardando «non solo la quantità ma anche la qualità»,

promette Renzi lanciando l'idea di «un altro Jobs act» all'insegna di una nuova decontribuzione per

incentivare le assunzioni stabili (quella vecchia è costata circa 20 miliardi), con l'aggiunta di un intervento

ad hoc per il ricollocamento di chi perde il lavoro dopo i 50 anni. Obiettivo portare gli occupati da 23 a 24

milioni. Simile alla vecchia decontribuzione quella che propone Berlusconi: «Un totale sgravio fiscale per le

aziende che assumono i giovani con contratto di apprendistato o di primo impiego per tre anni». Per Di

Maio, invece, la priorità è la lotta alla precarietà, a partire dal ritorno all'articolo 18 nelle aziende con più di

15 addetti e dal rilancio dei centri per l'impiego. Anche qui facile a dirsi, ma chi scommetterebbe sulla

riapertura della battaglia (questa volta contro imprese e mercati) sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori?

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 91

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Intesa anche con Berkeley Il cantiere robotica Alleanza Camozzi-Iit per la superfabbrica Rita Querzé Meccanica bresciana in guanti bianchi. Sempre più operai lasciano la tuta blu per indossare il camice. Così

succede al gruppo Camozzi di Brescia. Che punta a un 2017 con 370 milioni di euro di fatturato dalla

vendita di componenti per l'automazione industriale (dalle valvole ai cilindri) in 75 Paesi. Ma soprattutto a

un futuro in crescita grazie agli investimenti in ricerca e sviluppo. Che nel 2017 rappresenteranno una

percentuale del fatturato compresa tra il 5 e il 7%.

«Per il 2018 abbiamo deliberato 30 milioni di euro di investimento in beni e sistemi ad alta tecnologia»,

guarda avanti Lodovico Camozzi, presidente e amministratore delegato del gruppo fondato dal padre Attilio

nel '64. Camozzi scommette sulle partnership con il mondo accademico e della ricerca. Con l'Iit di Genova

in Italia. E negli Usa con l'Università di Berkeley.

Con l'Istituto italiano di tecnologia il gruppo Camozzi ha firmato un accordo per la creazione di un

laboratorio congiunto dedicato a robotica, automazione e materiali sostenibili. Il joint lab comporterà

l'assunzione di quattro ricercatori (con bandi internazionali) guidati da Giorgio Metta, vicedirettore dell'Iit e

responsabile del progetto iCub. La collaborazione durerà 5 anni. «Qui all'Iit abbiamo già sette joint lab

attivati con startup o multinazionali. Per noi l'accordo con il gruppo Camozzi è importante perché per la

prima volta collaboriamo con quella media impresa che proprio la ricerca può aiutare a raggiungere nuovi

traguardi», osserva Metta.

Il gruppo Camozzi ha aderito all' Industrial Liaison Program della facoltà di Computer science di Berkeley in

California ed è entrato a far parte del consorzio «iCyPhy» ( Industrial cyber physical systems ). «Berkeley

da molti anni ha capito l'importanza di permettere alle imprese più innovative di portare i propri problemi

nelle aule e nei laboratori di ricerca - racconta Camozzi -. A Corey Hall c'è un parcheggio riservato ai

Nobel. Credo che al momento ce ne siano nove».

Come per la prima rivoluzione industriale anche oggi il settore tessile è tra i motori del cambiamento. La

digitalizzazione in Camozzi è partita nel 2011 dalla storica azienda del gruppo, la Marzoli, che produce

macchine per le aziende tessili. «Avere un sistema di predizione guasti funzionante in remoto che consenta

per esempio dall'Italia di assistere 24 ore su 24 uno stabilimento in India fa la differenza. Ora stiamo

portando il nuovo dna 4.0 sviluppato nel tessile nelle altre aziende del gruppo, dalla produzione di

macchine utensili con Innse Berardi allo stampaggio della plastica con Camozzi plastic».

In realtà quella 4.0 non è l'unica rivoluzione. Camozzi sta affrontando anche la riorganizzazione logistica.

«Stiamo realizzando a Palazzolo sull'Oglio (Brescia) il nuovo polo logistico del gruppo - racconta il ceo -.

Abbiamo deliberato l'investimento che ci consentirà per il prossimo luglio di consegnare in tutta Europa, e in

poche ore, più dell'80% del nostro catalogo».

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8 i laboratori congiunti

attivati dall'Iit, l'Istituto italiano di tecnologia di Genova, con altrettante realtà produttive. Oltre al gruppo

bresciano Camozzi, anche Nikon, Inail, CrestOptics, DirectaPlus, Moog, Novacart ed Ibm. Iit conta su 11

centri di ricerca (Torino, 2 a Milano, Trento, Roma, Pisa, Napoli, Lecce, Ferrara) e 2 negli Usa

Foto:

I robot collaborativi come YuMi ( nella foto

in alto ) sono entrati

nella produzione dello stabilimento Camozzi

di Polpenazze (Bs). In basso il presidente e amministratore delegato del gruppo, Lodovico Camozzi, 50

anni.

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 92

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chi nutre le startup? barilla, enel, virgin Il gruppo emiliano ha appena lanciato un fondo per sostenere le imprese che innovano nell'alimentare. Èsolo l'ultimo esempio di big che allevano aziende, un modello che cresce anche in Italia. In testa ci sonoSap, Telefonica e la compagnia di Branson L'Europa ha destinato 2,7 miliardi ai progetti di tutoraggio per lePmi innovative Obiettivo: fare incontrare piccole e grandi Giulia Cimpanelli N on c'è innovazione digitale senza attenzione alle nuove imprese. Lo sanno bene multinazionali come

Sap, Telefonica e Virgin, le tre aziende che in Europa collaborano più attivamente con le startup secondo il

Sep Europe's Corporate Startup Stars Award 2017 . È la classifica delle 36 aziende che rappresentano il

miglior esempio di innovazione aperta in Europa.

Secondo lo studio Open innovation in Europe (Mind the Bridge e Nesta, dicembre 2017) il 52% delle

imprese europee che hanno più di mille dipendenti e hanno svolto attività con startup in Europa gestisce un

acceleratore che ospita in media 19 startup all'anno.

Un altro 32% collabora con acceleratori esterni. L'87% ha avviato acquisti di prodotti o servizi innovativi da

startup o scaleup (la startup «cresciuta») nel 2016, impegnandosi commercialmente con una media di 10

nuove imprese ciascuna. Infine, il 71% ha investito attivamente in startup nel 2016 (il 50% attraverso un

fondo dedicato corporate venture capital).

Sul podio

Sap, sul gradino più alto della classifica, ha lanciato il progetto Startup focus che coinvolge seimila startup

in 25 settori in tutto il mondo. Si tratta di un programma rivolto a imprese innovative che si occupano di big

data, analisi predittiva e data analysis che Sap supporta e alle quali mette a disposizione oltre 225 mila

clienti.

La Virgin di Richard Branson invece offre alle startup prestiti agevolati e programmi di supporto e

formazione. Il colosso britannico ha anche diverse partnership con startup innovative: Virgin Trains East

Coast, per esempio, lavora con la startup londinese Pointr Labs per dotare le sue stazioni di un sistema di

geo-localizzazione dei viaggiatori.

L'accelerata

«Abbiamo bisogno di potenziare al massimo il collegamento tra aziende e startup in Europa, offre vantaggi

a entrambe le parti - dice Carlos Moeda, commissario europeo per l'Innovazione nella commissione

Juncker - . Più le startup possono accedere al mercato, più le aziende possono trarre vantaggio dalle

scoperte degli innovatori di talento».

Non a caso proprio l'Unione Europea ha lanciato poche settimane fa il programma Startup Europe

Partnership 2.0 , che aiuta startup e scaleup a incontrare le grandi aziende. L'Europa ha stanziato 2,7

miliardi di euro per il sostegno finanziario e progetti di tutoraggio per le Pmi innovative.

Intanto anche in Italia qualcosa inizia a muoversi. L'ultimo big che ha seguito la tendenza europea è Barilla.

L'azienda emiliana ha lanciato a fine novembre 2017 Blu1877, fondo di corporate venture capital rivolto a

imprese in grado di innovare nel campo alimentare. Il nuovo veicolo finanziario dovrebbe fornire capitali e

sostegno alle idee innovative nate all'interno del progetto pilota per l'innovazione di Barilla. Il primo obiettivo

del fondo è investire in soluzioni legate ai core business aziendali, come la pasta e i condimenti all'italiana.

L'iniziativa, però, segue la scia di altri colossi del largo consumo, che hanno costituito a loro volta un ramo

d'investimenti, puntando su realtà imprenditoriali giovani e innovative. Danone Ventures, per esempio, ha

recentemente investito 15 milioni di dollari nel fondo di venture capital Accelfoods.

In Italia, oltre al caso Barilla, si segnala l'Enel: il gruppo energetico ha siglato una partnership con la startup

Qurami che ha sviluppato un'app per evitare le code negli uffici. Dopo gli ottimi esiti della fase di test, Enel

ha deciso di introdurre il sistema Qurami in tutti i suoi 130 punti vendita in tutta Italia.

02/01/2018Pag. 15 N.1 - 2 gennaio 2018

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 93

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Ma secondo i nuovi dati presentati dall'Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano, in Italia

appena il 28% delle imprese dai 50 dipendenti in su e con un «innovation manager» ha intrapreso iniziative

di Open Innovation e solo il 38% ha collaborazioni attive con le startup (fornitori, partnership in ricerca e

sviluppo o commerciali).

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Le 12 multinazionali europee che collaborano di più con le startup (Sep Europe's Corporate Startup Stars

Award 2017) 52% Le aziende europee innovative* che oggi gestiscono un acceleratore 71% Le aziende

europee innovative* che hanno investito in startup nel 2016 Fonte: Open Innovation in Europe, Mind the

Bridge e Nesta, dic. 2017 Sap 1 Virgin 3 Cisco 5 Kpn 7 Mercedes-Benz (Daimler Ag) 9 Rabobank 11

Telefonica 2 Bbva 4 Enel 6 Mastercard 8 Orange 10 Unilever Foundry 12 * Imprese con più di mille

dipendenti che hanno svolto attività con startup Europe startup aziende.

02/01/2018Pag. 15 N.1 - 2 gennaio 2018

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 94

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COMPETITIVITÀ. LAMBERTI (FEDERCHIMICA): BUROCRAZIA ECCESSIVA Chimica, domanda interna in ripresa Cristina Casadei pagina 11 È nella moquette dell'albergo dove siamo stati in vacanza, nella crema idratante, nel rossetto

dell'anno, nell'auto che ciè appena arrivata, nel nuovo colore delle pareti di casa o in quello della sciarpa

che abbiamo appena comprato o nella pelle incredibilmente morbida delle nostre scarpe. La chimica è

dappertutto e, forse anche per questo, il suo andamento è il miglior termometro della nostra economia. A

voler vestire i panni dell'attuario del made in Italy bisogna guardare dentro questo settore dove, partendo

da materie prime sia organiche, come il petrolio, il carbone, il gas o le biomasse, sia inorganiche, come i

minerali, l'acqua e i sali, attraverso successive trasformazioni, vengono ottenuti tantissimi prodotti chea loro

volta trovano impiego nei diversi settori industriali (si veda infografica in pagina). Con una peculiarità. La

filiera chimica, con il motore della ricerca e dello sviluppo perennemente acceso, non trasferisce solo

prodotti ma anche tecnologia e innovazione, aumentando la competitività dei settori a cui sono destinati i

suoi prodotti. Il 2018 segna il decennale dell'inizio della durissima crisi che ha colpito tutta l'industria, una

crisi che ormai si può considerare alle spalle, al punto che il presidente di Federchimica, Paolo Lamberti,

dice che «finalmente possiamo guardare al futuro con più ottimismo nella speranza che il quadro politico,

nazionale e internazionale, non riaccenda pericolosi focolai di incertezza. Possiamo dire, con orgoglio, che

l'industria chimica è trai settori che meglio hanno saputo resistere e reinventarsi, uscendo in molti casi

persino rafforzata nella competizione internazionale». Le elezioni politiche rappresentano uno sfondo molto

forte, ma i numeri, fin qui, dicono che dopo un 2016 deludente, il 2017 restituisce un quadro incoraggiante.

L'Italia cresce stabilmente e con un buon ritmo: le stime dell'ufficio studi di Federchimica dicono che a fine

2017 la produzione è aumentata del 2,6% rispetto all'anno prima. L'export è sempre il traino principale:

rappresenta il 55% del fatturato e nel 2017 è cresciuto del 10,3% in valore (primi 9 mesi 2017).

L'espansione riguarda sia i mercati Ue (+10,4%), sia non Ue (+10,2%), sia la chimica di base (+12,7%), sia

la chimica fine e specialistica (+7,8%). Se il fronte dell'export è un'importante conferma, la vera novità

risiede nel risveglio della domanda interna che non riguarda più solo il settore auto, ma è esteso

praticamente a tutti i settori clienti. Fanno eccezione le costruzioni da cui arrivano timidi segnali di ripresa

dell'attività nelle opere infrastrutturali mentre il residenziale ha un andamento altalenante. L'Italia, che è il

terzo produttore europeo, si conferma quindi un paese che sta riconquistando il suo spazio in Europa e non

solo, grazie anche alla forte predisposizione all'innovazione che viene poi trasferita a tutti i settori

manifatturieri utilizzatori. Però, come spiega Lamberti, «la competitivitàè assai difficile da costruire, ma

basta poco per distruggerla. Lungaggini e incertezze burocratiche nell'applicazione delle norme non

favoriscono certo una migliore tutela della salute e dell'ambiente, ma solo una perdita di competitività e

condizionamenti negati­ vi sulla produttività. Un freno inaccettabile per gli investimenti proviene anche

dall'indeterminatezza del sistema fiscale. Il valore sociale della competitività deve essere condiviso da tutti,

nella consapevolezza che senza investimenti e sviluppo non si creanoi posti di lavoro per i giovani né si

hanno le risorse per proteggere l 'ambiente». Bisogna comunque precisare che al quadro

complessivamente positivo che riguarda la domanda, non corrispondono condizioni di redditività unifor­ mi.

Ci sono infatti tensioni lungo le filiere, dovute soprattuttoa situazioni di shortage e a forti rincari di alcune

materie prime. Le tensioni sono il risultato della combinazione di fattori di natura diversa, come la force

majeur, la nuova politica ambientale cinese con la conseguente chiusura delle produzioni più inquinanti,

l'offerta europea razionalizzata per ripristinare una marginalità accettabile e che non riesce a soddisfare la

domanda soprattutto in una fase di ripresa come questa. In particolare i prezzi dei prodotti petrolchimici di

base, dopo i minimi toccati nel 2016, si stanno rialzando: nel quarto trimestre del 2017 l'etilene è rincarato

del 9%, il propilene del 18%. Tutto questo si deve ai rialzi del petrolio che nel 2018 esaurirà la spinta

02/01/2018Pag. 1

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 95

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rialzista, collocandosi intorno ai 60 dollari al barile. Situazioni di shortage sono state registrate anche per

altre materie prime a valle che hanno comportato aumenti di costo per filiere come quella degli adesivi o

degli intermedi destinati alla cosmetica. Alla luce dei dati relativia produzione, domandae prezzi delle

materie prime, per il 2018 si può prevedere che la produzione chimica continui a crescere al ritmo del 2%,

dunque un po' meno del 2017. L'export che ormai è stabilmente oltre la metà del fatturato mostra come la

chimica italiana abbia imparato a convivere con una crescita del mercato interno vincolata dalle esigenze di

graduale rientro del debito pubblico. La quota di esportazioni ha coinvolto sia le imprese italiane che quelle

straniere e ha portato a una sempre maggiore specializzazione. In questo quadro economico, la

sostenibilità rimane uno dei capitoli più cari per la chimica italiana. Premesso che stiamo parlando di uno

dei settori che hanno resistito meglio alla crisi e che hanno guadagnato quote sul commercio mondiale, la

chimica fa della sostenibilità uno dei suoi driver principali per quanto questo spesso, forse, non sia

pienamente compreso dall'opinione pubblica. Lamberti ci tiene a sottolineare,però, che «la chimica

dimostra con risultati concreti la sua leadership in tutte e tre le dimensioni della sostenibilità: ambientale,

sociale ed economica». Alcuni esempi per spiegarlo. «Per quanto attiene al rispetto dell'ambiente -

continua Lamberti - la riduzione dei gas serra ha già ampiamente superato l'obiettivo fissato dalla Ue per il

2030 (il settore ha registrato un 55% dal 1990 ad oggi, ndr). Bisogna anche tener conto dell'effetto virtuoso

che le nostre soluzioni tecnologiche forniscono a tutti i settori industriali a valle e a gran parte dei prodotti di

uso quotidiano. Abbiamo agganciato la ripresa che, ci auguriamo, possa evolversi positivamentee

intendiamo dare il nostro contributo per una crescita duratura, rispettosa dell'ambientee socialmente

inclusiva».

LA PAROLA CHIAVESostenibilità 7 L'industria chimica è tra i settori più impegnati sul fronte della salute e sicurezza, oltre che

dell'ambiente. A dimostrarlo sono i numeri registrati ogni anno dal rapporto Responsible care. Nel 2017 ha

registrato che gli infortuni e le malattie professionali, rapportate alle ore lavorate, sono diminuite al ritmo

medio annuo rispettivamente del 5 e del 6% negli ultimi sette anni. La chimica, inoltre, ha già ridotto le

emissioni di Gas Serra del 55% e migliorato l'efficienza energetica del 57% rispetto al 1990; ciò significa

che le imprese chimiche sono, di fatto, già in linea con gli obiettivi che l'Unione europea si è data non solo

per il 2020 ma anche per il 2030. Infine le imprese chimiche prevengono, per quanto possibile, la

produzione dei rifiuti, destinano il 23% al riciclo e il 39% al ripristino ambientale, ricorrendo solo in minima

parte allo smaltimento in discarica (9,1%).Le performance del settore IL RUOLO ESSENZIALE DELLA

CHIMICA La filiera chimica e il suo ruolo di trasferimento tecnologico Servizi 10,5% Materie prime

organiche, inorganiche, rinnovabili Chimica di base Chimica di base Chimica fine e specialistica Agricoltura

Industria Consumi 4,2% 68,2% 17,1% Gomma plastica Metalli Costruzioni* Energia, acqua, rifiuti

Farmaceutica Meccanica e altri Tessile e cuoio Elettrotecnica Carta Legno e mobili Alimentare Mezzi di

trasporto

Note: (*) includono i materiali ad esse destinati 19,7% 7,0% 5,4% 5,3% 5,3% 5,2% 4,7% 4,3% 3,9% 3,0%

2,3% 2,0% I NUMERI DELL'INDUSTRIA CHIMICA Dati in miliardi di euro 2016 e variazioni % in volume

2017 INDUSTRIA ITALIANA Variazione % della quota settoriale sul valore aggiunto. Dati 2007-2015

Meccanica Alimentare Gomma e plastica Chimica Farmaceutica Manutenzione macchinari Elettronica Auto

e componenti Elettrotecnica Sistema moda Altri mezzi di trasporto Carta e stampa Prodotti in metallo Legno

e mobili Metallurgia Materiali per costruzioni EXPORT ITALIANO Variazione % annuale dell'export chimico

e manifatturiero nel periodo gennaio settembre Ind. manifatturiera Totale chimica Chimica intra-Ue Chimica

extra-Ue Chimica di base e fibre Chimica fine e specialità Domanda interna 58,7 +2,0% Importazione +1,7

+1,6 +0,8 +0,6 +0,6 +0,2 +0,1 +0,1 ¬0,1 ¬0,1 ¬0,1 ¬0,4 ¬0,6 ¬0,7 ¬1,1 ¬1,7 +7,2 +10,3 +10,4 +10,2 +12,7

+7,8 34,7 +3,5% EXPORT MONDIALE 51,6 +2,6% Variazione % della quota italiana sull'export mondiale

per settore. Dati 2007-2015 Farmaceutica Chimica Carta e stampa Meccanica Auto e componenti

02/01/2018Pag. 1

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Alimentare Elettronica Legno Metallurgia Altri mezzi di trasporto Gomma e plastica Sistema moda Materiali

per costruzioni Elettrotecnica Prodotti in metallo Mobili Produzione MATERIE PRIME Variazione % dei costi

delle materie prime nel quarto trimestre 2017, in euro rispetto allo stesso periodo del 2016 Petrolio Etilene

Propilene TDI 80/20 Acido formico MDI puro DPG Esportazione 27,6 +5,0% MMA Monomero +0,4 +0,1 0 0

0 0 ¬0,1 ¬0,3 ¬0,6 ¬0,6 ¬0,7 ¬0,7 ¬0,8 ¬0,9 ¬1 ,1 ¬2,0 +14 +9 +18 +24 +55 +60 +60 +90 Fonte:

Federchimica Confindustria

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 97

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le novità della manovra per le pmi Sconto fino a 500mila euro per chi si quota nel triennio La legge di bilancio prevede una dotazione totale di 80 milioni per chi accede alla Borsa entro il 31dicembre 2020 Lucilla Incorvati La piccola e media impresa che guarda alla Borsa per reperire nuovi capitali, da gennaio avrà un vantaggio

in più. Con la legge di Bilancio 2018 il Parlamento ha approvato il credito d'imposta sul 50% dei costi di

consulenza sostenuti per la quotazione delle Pmi fino al 31 dicembre 2020. La dotazione totale prevista

ammonta a 80 milioni, utilizzabili nel triennio 2019-2021, per un importo massimo di 500mila euro per

azienda. La manovra completa il pacchetto di incentivi "Finanza per la crescita" che prevede misure per

agevolare l'accesso delle imprese alla finanza, promuovere un ambiente più favorevole agli investimenti

produttivi e incentivare la capitalizzazione delle imprese. A distanza di un anno esatto dai Pir (i piani

individuali di risparmio), voluti per canalizzare risparmio dai privati alle imprese, ecco un altro

provvedimento che va nella stessa direzione e che allarga anche il segmento agli investitori istituzionali,

aiutando a stabilizzare il mercato con il loro approccio nel lungo termine. «Siamo lieti di aver contribuito alla

definizione di una norma a favore dello sviluppo del mercato dei capitali, supportando il Governo nell'analisi

di Aim Italia - spiega Anna Lambiase, ad di Ir Top Consulting, società leader sul mercato Aim e partner di

Borsa Italiana. - Lo scenario dei prossimi anni mostra un contesto favorevole per lo sviluppo delle Pmi

generato dal binomio risparmio-incentivi: da un lato incentivi all'investimento che hanno permesso l'afflusso

di nuova liquidità e la nascita di numerosi fondi Pir compliant dedicati alle small-mid cap, dall'altro

agevolazioni fiscali nella forma del credito d'imposta per sostenere le Pmi in una scelta strategica di

quotazione in Borsa per dare all'azienda nuove opportunità in termini di visibilità, internazionalizzazione e

crescita per M&A. Questi elementi, insieme ai requisiti di ammissione e permanenza definiti su misura della

piccola e media impresa e alla sua recente qualifica di Sme Growth Market, contribuiscono a rendere Aim

Italia lo strumento di finanza alternativa per eccellenza». Secondo Lambiase è opportuno stimolare nuove

quotazioni per ridurre il gap rispetto ai principali Paesi europei in termini di rapporto capitalizzazione su Pil,

dando al Paese nuove prospettive di crescita. La misura varata dal Governo è destinata alle Pmi italiane

che si quoteranno sui mercati regolamentati e non regolamentati europei. Vale a dire, quelle con un

fatturato annuo compreso tra 2 e 50 milioni di euro. «Il massimale di 500mila euro di credito d'imposta (Cdi)

sui costi sostenuti in Ipo per singola azienda, dovrebbe consentire minimo 160 nuove quotazioni in Borsa

nel triennio 2018-2020 - aggiunge Lambiase -. L'impatto che stimiamo su Aim Italia prevede al 2020 una

capitalizzazione di mercato 16 miliardi e circa 300 società quotate con un Cagr 2017-2020 pari a +49% in

termini di numero di società e +45% in termini di capitalizzazione». E dal 3 gennaio verranno introdotte

importanti modifiche al regolamento Aim Italia, destinate ad avere un effetto significativo. «Avranno un

impatto importante sulla qualità e sulla stabilità del mercato, con l'introduzione di investitori strategici nel

capitale» conclude Lambiase. In particolare le modifiche avranno ad oggetto l'offerta che prevede 5

investitori istituzionali nella fase di Ipo. i numeri più significatvi 30 gli attori È il numero che indica i gruppi

che promuovono fondi aperti Pir (Piani individuali di risparmio) compliant sul mercato italiano 11 miliardi il

saldo È la stima della raccolta dei piani individuali di risparmio per l'intero 2017 95 le aziende in borsa È il

numero delle società quotate su mercato Aim Italia con una capitalizzazione di 5,7 miliardi e una raccolta

totale di capital pari a oltre 2,6 miliardi di euro

30/12/2017Pag. 15 N. 793 - 30 dicembre 2017

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 98

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Imprese Da aprile a giugno bene artigianato e costruzioni Dopo un rallentamento dell'emorragia di imprese liguri nei primi tre mesi del 2017, in questa seconda parte

dell'anno si registra un timido segno positivo. Fanno fede gli ultimi dati Infocamere Movimprese. Il trimestre

aprile-giugno si chiude con un saldo del +0,36%, frutto di 798 aperture di aziende contro 640 chiusure, per

un totale di 43.963 piccole ditte artigianali attive in regione. Un trend migliore anche di quello nazionale, pari

a +0,18%. Ma in Liguria risultano positivi anche i due principali settori, ovvero manifatturiero e costruzioni.

Che registrano, rispettivamente, una crescita dello 0,4% e dello 0,35%. Entrambi i trend, anche in questo

caso, sono migliori rispetto ai dati nazionali (pressoché invariati). La manifattura ligure conta 7.241 micro e

piccole imprese artigiane: 112 hanno aperto i battenti, mentre 83 hanno chiuso. Il settore delle costruzioni,

invece, con 21.240 piccole società attive, ha visto l'apertura di 408 nuove realtà e la chiusura di 334 unità.

E veniamo al settore artigianale. La provincia di Genova conta 22.644 ditte. In tre mesi 404 hanno aperto i

battenti e 294 li hanno chiusi, per un saldo positivo dello 0,5% (110 imprese in più). Stessa variazione

percentuale per il settore delle costruzioni (10.760 realtà artigiane totali, 198 aperture e 145 chiusure, 53

unità in più). Il manifatturiero (3.786 unità artigiane attive) cresce dello 0,4%, in linea con il dato regionale

(così come in tutte la altre province): il trend è frutto di 54 aperture e 39 cessazioni d'attività, 15 in più). A

Savona ci sono 9.038 insegne artigiane, aumentate complessivamente dello 0,13%: 128 aperture, 116

chiusure (+12 unità). Le costruzioni (4.570 insegne) registrano un saldo leggermente negativo tra nuove

iscrizioni (64) e cessazioni (69), pari al -0,1% (appena 5 in meno). Il manifatturiero: 1.431 realtà artigiane in

totale, 18 nuove aperture e 12 chiusure d'impresa, per un saldo positivo, anche qui, dello 0,4% e 6 società

in più. Imperia registra i risultati migliori tra le quattro province liguri. Qui si contano 7.035 piccole imprese

artigiane attive. In questo secondo trimestre le aperture sono state 157, le chiusure 115 (42 in più), pari a

una crescita dello 0,6%. Le ditte attive nelle costruzioni (3.708) sono aumentate dell'1,1%, frutto di un saldo

positivo tra 97 aperture e 56 chiusure (41 in più). Nella manifattura artigiana, da Cervo a Ventimiglia ecco

1.040 aziende: nel trimestre si registrano 21 aperture, 17 chiusure (+ 0,4%). La Spezia, infine, è l'unica

provincia ligure a registrare un andamento negativo (-0,1%): 5.246 società attive, 109 aperture e 115

chiusure (6 in meno). [p.p.c.] BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

02/01/2018Pag. 48 Ed. Savona

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 99

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TRACKER A MISURA DI PIR PERFORMANCE E COSTI DEI PRODOTTI A GESTIONE PASSIVA Shares, piattaforma Exchange -Traded Fund (ETFs) di BlackRock ha quotato su Borsa Italiana un ETF che

offre agli investitori retail un accesso ai titoli di società quotate italiane di piccola e media capitalizzazione.

L'iShares Ftse Italia Mid-Small Cap Ucits Etf (Ipir) replica il Ftse Italia Pir Mid Small Cap, indice costruito

per riflettere i requisiti della nuova legge italiana sui vantaggi fiscali legati ai «Piani Individuali di Risparmio»

(Pir), se l'investimento è mantenuto per almeno 5 anni. C o n il nuovo fondo gli investitori possono ottenere

un'esposizione trasparente e diversificata tramite un unico strumento ad oltre 150 società di piccola e

media capitalizzazione del mercato azionario italiano, con l'esclusione di società appartenenti al settore

immobiliare o costituite fuori dall'Italia. In particolare, l'universo investibile del fondo è costituito per I'86% da

titoli di società «mid cap», mentre le «small cap» rappresentano il restante 14% dei componenti dell'indice

di riferimento. IlFtse Italia PIR Mid Small Cap è un indice a rendimento totale netto, vale a dire che i

dividendi netti dei titoli da cui è c o m p o s t o sono reinvestiti al netto delle eventuali imposte applicabili. Il

fondo è a replica fisica, ovvero acquista i titoli che c o m p o n g o n o l'indice, e ha un Ter dello 0,33%.

Emanuele Bellingeri, Responsabile iShares per l'Italia, ha dichiarato: «Nell'ambito del continuo processo di

innovazione prodotti, l'Etf Ipir amplia la g a m m a passiva di BlackRock di soluzioni funzionali

all'investimento sul mercato azionario italiano. Si tratta di uno strumento rivolto ai gestori che intendono

costruire soluzioni a misura di Pir, sostenendo l'economia reale e il m o n d o delle Pmi e incentivando al

contempo il risparmio di lungo periodo. Gli Etf possono essere strumenti ideali per la costruzione di

portafogli PIR grazie all'efficienza a livello di costi e alla possibilità di un'ampia e trasparente

diversificazione all'interno di una classe di attivi potenzialmente volatile». BlackRock gestisce un patrimonio

gestito di 5.700 miliardi di dollari. iShares è il leader mondiale del mercato degli ExchangeTraded Fund

(ETFs), con oltre 7 0 0 fondi che consentono un'esposizione globale a diverse asset class e strategie e un

patrimonio in gestione di oltre 1.500 miliardi di dollari al 3 0 giugno 2017. Innovazioni nel corso dell'anno

anche da WisdomTree, emittente di exchange traded fund ed exchange traded product che integra la

propria g a m m a di Etp obbligazionari sui titoli di Stato e annuncia il lancio su Borsa Italiana di due Etp di

Boost che offrono agli investitori esposizione short su Bund tedeschi e Treasury Usa. I due prodotti lanciati,

il Boost U s Treasuries 3 0 Y 3x Short Daily Etp e il Boost Bund 3 0 Y 3x Short Daily Etp, sono

particolarmente innovativi in quanto sono i primi Etp obbligazionari quotati in Italia a offrire esposizione

short sui titoli di Stato tedeschi e americani con scadenza superiore ai 25 anni. Il lancio dei prodotti ha

confermato l'attenzione all'innovazione del player americano e avviene in un m o m e n t o in cui gli

investitori sono alla ricerca di strumenti di copertura efficienti, anche dal punto di vista dei costi, per i propri

portafogli obbligazionari con duration più lunga, in un contesto di aumento delle pressioni inflazionistiche.

«Gli investitori che hanno puntato al rendimento nel mercato obbligazionario dell'high-grade europeo sono

stati costretti ad assumersi un considerevole rischio di duration. Questi investitori appaiono oggi

particolarmente vulnerabili in un contesto di pressioni inflazionistiche, provocate dalla domanda di tipo

strutturale, ora che la ripresa economica dell'Eurozona sta accelerando. A rischio soprattutto i Bund

tedeschi che, oltre ad avere beneficiato in misura spropositata degli enormi volumi di titoli obbligazionari

acquistati dalla Bce, mostrano rendimenti decisamente al disotto dell'inflazione», ha affermato Viktor

Nossek, direttore della ricerca presso WisdomTree in Europa. Considerata la forte attenzione degli

investitori di tutta Europa verso la copertura dei portafogli obbligazionari, WisdomTree ha deciso di quotare

i due strumenti anche su altre Borse, in particolare l'Etp short sui titoli di Stato tedeschi sullo Xetra e quello

sui Treasury sull'Lse.

30/12/2017Pag. 230L'ANNUARIO DELL'INVESTITORE 2018

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 100

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Lo si desume dalla relazione alla legge di Bilancio, in cui di fatto si esortano le imprese Pmi, sprint per industria 4.0 Tempi stretti per combinare iperammortamento e Sabatini Pagina a cura DI ROBERTO LENZI Sono ridotti i tempi, rispetto a quelli stabiliti dalla legge di Bilancio 2018, per le piccole e medie imprese che

vogliono combinare la maggiorazione al 250% offerta dall'iper-ammortamento e il contributo previsto dalla

«Sabatini» per acquistare i beni industria 4.0. Lo si desume dalla relazione tecnica alla legge di Bilancio

2018 che, ipotizzando a marzo 2018 l'esaurimento dei fondi sulla Sabatini, spinge di fatto le imprese ad

accelerare i tempi. Infatti, le imprese che effettuano investimenti con la Sabatini devono interconnettere i

beni entro 120 giorni dall'ultima consegna/fattura dei beni stessi. Quindi, ipotizzando la presentazione della

domanda Sabatini alla banca a febbraio 2018 e la fi rma del relativo contratto a maggio 2018, con 12 mesi

per la consegna e installazione dei beni, i tempi per realizzare gli investimenti, nonché integrarli e

interconnetterli, si accorciano, al massimo, al primo semestre del 2019. Questo fa sì che i tempi per la

realizzazione degli investimenti iperammortizzabili siano praticamente allineati con quelli stabiliti dalla

normativa per il superammortamento, la cui tempistica arriva «solo» fi no al 30 giugno 2019. La Sabatini

combinata con l'iperammortamento. La Sabatini è già all'origine un'operazione che integra varie parti:

l'impresa che effettua l'investimento in beni rientranti in Industria 4.0 fi rmando il contratto con il fornitore, la

banca o società di leasing che mettono a disposizione il fi nanziamento, il fondo di garanzia che mette in

pista una garanzia fi no all'80% del fi nanziamento, il ministero dello sviluppo economico che concede un

contributo e l'Agenzia delle entrate che permette l'iperammortamento al 250%. Il contributo concesso dal

ministero alla pmi, a fronte del fi nanziamento, è pari all'ammontare degli interessi, calcolati su un piano di

ammortamento quinquennale convenzionale con rate semestrali posticipate, al tasso del 2,75% annuo per

gli investimenti ordinari e del 3,575% annuo per gli investimenti in tecnologie digitali e in sistemi di

tracciamento e pesatura dei rifi uti. Domande Sabatini fi no a esaurimento. Le imprese possono continuare

a presentare domande sulla Sabatini fi no alla data dell'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, che

dovrà essere comunicato con avviso pubblicato nella Gazzetta Uffi ciale. L'intervento agevolativo è così

articolato: 1) La pmi presenta alla banca/intermediario fi nanziario la domanda di agevolazione e la

correlata richiesta di fi nanziamento per l'acquisizione di investimenti; 2) la banca/intermediario fi nanziario

verifi ca la regolarità formale e la completezza della documentazione trasmessa dalla pmi, nonché la

sussistenza dei requisiti di natura soggettiva relativi alla dimensione di impresa e, sulla base delle domande

di fi nanziamento pervenute, trasmette al ministero richiesta di prenotazione delle risorse relative al

contributo; 3) la banca/intermediario fi nanziario, previa conferma da parte del ministero della disponibilità,

totale o parziale, delle risorse erariali da destinare al contributo, ha facoltà di concedere il fi nanziamento

alla pmi mediante l'utilizzo della provvista resa disponibile da Cdp, ovvero mediante diversa provvista, che

può venire da risorse interne o da fi nanziamenti della banca centrale; 4) la concessione del fi nanziamento

può essere assistita dalla garanzia del Fondo di garanzia, nella misura massima dell'80% dell'ammontare

del fi nanziamento stesso. Nel caso, l'impresa, tramite la banca, richiede l'intervento del fondo; 5) la

banca/intermediario fi nanziario che decida di concedere il fi nanziamento alla pmi adotta la relativa

delibera e la trasmette al ministero, unitamente alla documentazione inviata dalla stessa pmi in fase di

presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni; 6) il ministero adotta il provvedimento di

concessione del contributo, con l'indicazione dell'ammontare degli investimenti ammissibili, delle

agevolazioni concedibili e del relativo piano di erogazione, nonché degli obblighi e degli impegni a carico

dell'impresa benefi ciaria e lo trasmette alla stessa e alla relativa banca/intermediario fi nanziario; 7) la

banca/intermediario fi nanziario si impegna a stipulare il contratto di fi nanziamento con la pmi e a erogare

alla stessa il fi nanziamento in un'unica soluzione ovvero, nel caso di leasing fi nanziario, al fornitore entro

02/01/2018Pag. 17

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 101

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trenta giorni dalla data di consegna del bene ovvero alla data di collaudo se successiva. La stipula del

contratto di finanziamento può avvenire anche prima della ricezione del decreto di concessione del

contributo; 9) l'impresa realizza l'investimento, lo fa entrare in funzione, acquisisce o utilizza un sistema di

gestione della produzione, lo interconnette con i beni oggetto di investimento, integra il macchinario con la

funzione logistica e, se il bene ha un valore di oltre 500 mila euro, chiede una perizia e una relazione

tecnica che confermino la bontà dell'operazione ai fi ni dell'iper-ammortamento; 10) la pmi, a investimento

ultimato, e una volta interconnesso il bene, entro 60 giorni compila, in formato digitale ed esclusivamente

attraverso l'accesso alla piattaforma, la dichiarazione attestante l'avvenuta ultimazione, nonché, previo

pagamento a saldo dei beni oggetto dell'investimento e nei successivi ulteriori 60 giorni, la richiesta di

erogazione della prima quota di contributo, e le trasmette al ministero, unitamente all'ulteriore

documentazione richiesta; 11) l'impresa trasmette al ministero, in formato digitale ed esclusivamente

attraverso l'accesso alla piattaforma, le richieste di quote di contributo successive alla prima, allegando alle

stesse l'ulteriore documentazione richiesta; 12) l ' impresa sfrutta fi scalmente il benefi cio

dell' iperammortamento. © Riproduzione riservata

Le prorogheSabatini rifi nanziata con previsione di operatività fi no a marzo 2018 • Iperammortamento prorogato al

2019, su beni ordinati entro il 2018 • Superammortamento al 130% fi no al 30 giugno 2019, su beni ordinati

• entro il 2018 Ammortamento maggiorato per beni immateriali prorogato al 2019, su • beni ordinati entro il

2018

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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 02/01/2018 102

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Un brindisi a Piazza Affari Cosa c'è dietro a questa ottima annata di Borsa. Non solo il rialzo record La carica di quotazioni e di nuovi strumenti per irrobustire le imprese può mettere l'Italia al passo con ilresto del mondo Il mercato supera le banche (Alberto Brambilla e Renzo Rosati) Roma. Il lieve calo di ieri, meno 1,1 per cento, nell'ultima seduta del 2017, non ha impedito al listino

principale di Piazza Affari, il Ftse Mib, di conseguire la seconda migliore performance annua tra le Borse

medio-grandi dell'area euro (la palma va a Vienna), con un rialzo percentuale del 14,1, secondo anche in

Europa dopo Zurigo. Milano è cresciuta due punti più di Francoforte, quattro di Parigi, sette di Londra e

Madrid. Al di là e più di questi dati conta il numero di aziende che hanno chiesto la quotazione, 39 rispetto

alle 14 del 2016 e alle 27 di 2015 e 2014. Solo due matricole appartengono al settore bancario in senso

stretto (Equita Sim e Banco Bpm, quest'ulti ma fusione delle due popolari milanesi), dunque con

un'immissione di medie aziende manifatturiere e finanziarie, oltre al ritorno di una vecchia gloria, Pirelli, che

vanta la maggior raccolta di capitale per un'Ipo europea. Una svolta confortata per ora dalla redditività del

settore italiano Mid Cap, le imprese a media capitalizzazione, che nel 2017 ha reso a chi vi ha investito il 30

per cento, il doppio del listino maggiore, nonché delle azioni dei paesi emergenti e delle hi-tech americane.

Perché il fenomeno si consolidi, tuttavia, bisogna anche qui guardare alle due variabili del 2018: le elezioni

e il rialzo dei tassi d'interes se. Ieri i rendimenti dei decennali sono saliti in tutta l'area euro dopo la

diffusione dei dati dell'inflazione tedesca, all'1,7 a dicembre dopo l'1,8 a novembre, dunque vicina al 2 per

cento che metterebbe lo stop agli stimoli della Banca centrale europea. "Quanto alle elezioni - dice

Alessandro Tentori, capo investimenti di Axa Im - la scelta tra stabilità e instabilità orienterà il ritorno di

capitali stranieri, che si sono messi in attesa". Un report di settembre di Citi sottolinea quanto, nonostante

tutto, il settore bancario (con rischi connessi) e le aziende pubbliche pesino in capitalizzazione nella Borsa

italiana, e conclude con una domanda provocatoria: "L'Italia può avvantaggiarsi da un 'hung parliament'?",

cioè da quello che nella politica anglosassone è l'assenza di una chiara maggioranza di partenza (e quindi

implicitamente con necessità di accordi tra avversari)? "Meglio questo - è la risposta - della vittoria di un

partito con maggioranza debole e programma incerto". Il che, nota Citi, porterebbe più danni che benefici.

Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, osserva invece come nel 2017 la capitalizzazione

complessiva della borsa italiana sia aumentata del 22,7 per cento, a 644 miliardi, il 37,8 per cento del pil.

"Ma - si augura con enfasi - molte nuove aziende potrebbero quotarsi!". Phastidio.net, blog di finanza che

ha il pregio di scovare l'altra faccia delle medaglia rispetto alla versione ufficiale, scrive che anche i Pir

(Piani individuali di risparmio) voluti dal governo per dirottare capitali delle famiglie verso le piccole e medie

imprese, oltre a presentare condizioni costose a favore delle banche, sono in fondo assistiti dagli sgravi

fiscali pubblici: "Della serie 'mettete quante più uova possibili nel vostro paniere, lo stato cercherà di aiutarvi

e non sarete etichettati come rentier'". Fatto notato anche dall'Economist, che tuttavia osserva

positivamente come il successo dei Pir stia producendo un altro fenomeno, il moltiplicarsi delle Spac

(Special purpose acquisition company), fondi chiusi che raccolgono denaro per investirlo in aziende

promettenti che abbiano la doppia caratteristica di essere private e non superare i 100-150 milioni di

capitalizzazione. Sette Spac si sono quotate a Milano nel 2017, contro le dieci nei quattro anni precedenti.

E' un'altra forma di finanza non bancaria. La sintesi di un anno di Borsa a passo di carica dunque non sta

solo nella performance ma soprattutto nel tentativo, in parte riuscito, di emancipare le imprese di medie

dimensioni dalla dipendenza dal credito bancario. Il che mette l'Italia in condizione di stare al passo con i

paesi più avanzati. Un recente report della Banca centrale europea dell'economista Alexander Popov ha

scovato infatti una tendenza rimasta sottotraccia: i mercati finanziari sono ormai preponderanti - e preferibili

- rispetto alle banche quando si tratta di promuovere l'innovazione e la produttività. Piazza Affari sta

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socchiudendo le finestre, ci vorrà tempo (e politica) per aprirle del tutto.

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Gente di Capital Sette numeri decisivi per il 2018 Ha fatto boom negli anni 80, portando l'Italia al vertice della manifattura in Europa, a ridosso della

Germania, grazie alle sue innumerevoli medie e piccole imprese creative, aggressive, esportatrici. Se la

crisi aveva decimato la forza produttiva del Nord-Est, la ripresa adesso corre nell'area economica che dalla

Carnia arriva al Garda, e di fatto si spinge fino all'Adda, l'antico confine della Repubblica di Venezia. Sette

importanti numeri lo dimostrano, comunicati durante i premi conferiti nella cerimonia dei Veneto Awards a

Verona alla crema dell'imprenditoria, presenti fra gli altri Giovanni Rana, Giuseppe Riello, Bruno Veronesi

(gruppo Aia), l'assessore regionale Elena Donazzan, Fabrizio Togni, direttore generale di Bper, la banca

main sponsor della manifestazione. I premi Capital Elite, in particolare, sono stati assegnati a Breton

(macchine lavorazione pietra), Casa vinicola Sartori (Valpolicella), Corvallis (servizi It), Pellini Caffè,Rbm

Salute (assicurazioni), Sit Group (dispositivi sicurezza e metering), Windtecx Vagotex (tessuti tech), Xacus

(camiceria). I numeri decisivi, viatico per un 2018 di crescita, e nen solo nel Nord-Est, li ha spiegati Nicola

Anzivino (tondo in alto), partner di PricewaterhouseCooper Advisory. Eccoli. - 15 trimestri di crescita

consecutivi del pil in Italia. Crescita stabile e che sta accelerando con un tendenziale anno di +1,7%. - 58,3

indice Pmi a novembre 2017 del settore manifatturiero italiano: oltre 50 l'indice dimostra l'espansione degli

ordinativi manifatturieri, oltre 55 è tendenza forte; l'ultimo è il dato più alto da febbraio 2011. Il settore

manifatturiero sta crescendo ed è ben impostato con ultimo dato della produzione industriale di settembre

2017 in crescita del 2,4%. Il dato del pil del Veneto nei primi 3 trimestri del 2017, in particolare, è molto

positivo, con una crescita del 3,3%; - +5% crescita stimata da PwC del capitale investito delle top 500

aziende del Nord-Est nel 2017: nuova volontà di impegnare risorse degli imprenditori, con una maggiore

propensione al rischio rispetto agli ultimi 3 anni; - +15% crescita stimata da PwC dell'ebit delle top 500

aziende del Nord-Est per il 2017, crescita significativa a valore delle aziende dell'area grazie all'espansione

di business in nicchie ad alto contenuto tecnologico e di design con significativi investimenti in r&s. - 9 le

Ipo nel terzo trimestre del 2017 in Borsa Italiana, di cui 8 riguardano quotazioni all'Aim di medie-piccole

aziende. Ci sono fattori estremamente favorevoli alla quotazione in questo momento, la finestra sarà

ancora positiva per almeno i primi 6 mesi del 2018; - 330 le operazioni di m&a negli anni 2014-2016 con

compratore o venditore nel Nord-Est: mostrano fenomeni di concentrazione in alcuni settori e la volontà di

crescere anche attraverso operazioni straordinarie in segmenti di business attigui, con imprenditori medio-

piccoli che, consapevoli delle dimensioni ormai necessarie, preferiscono continuare all'interno di gruppi

maggiori; - 3,3% la crescita mondiale attesa del pil nel 2018, in lievissima contrazione rispetto al 3,6%

atteso per fine 2017. Ma c'è, tra i fattori positivi, una maggiore sincronizzazione della crescita mondiale,

importante per impostare la scelta dei mercati di esportazione. I paesi emergenti faranno l'anno prossimo

+4,4%, gli avanzati +2%.

Foto: Tra i premiati con il prestigioso riconoscimento Capital Elite, assegnato a imprenditori e aziende che

meglio rappresentano il Veneto in Italia e all'estero: LucaToncelIi, presidente di Breton (foto 1); Marco

Vecchietti, consigliere delegato di Rbm salute (foto 2); Federico De Stefani, presidente esecutivo di Sit

Group (foto 3); Marco Pellini, presidente di Pellini Caffé' (foto 4); Antonio Santocono, amministratore

delegato di Corvallis (foto 5); Andrea Sartori, presidenre della Casa Vinicola Sartori (foto 6); Giorgio

Xoccato, presidente di Xacus (foto 7); Giuseppe Gaspari, presidente di Windtex Vagotex (foto 8).

30/12/2017Pag. 9 N.449/50 - nov/dic 2017

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