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ANGELO VALSECCHI

L’ANTICO ACQUEDOTTODEL CORTACCIO

PICCOLA GUIDA PER LA VISITA

26 SETTEMBRE 1992

L’ACQUEDOTTO IN PIETRA DEL CORTACCIO:DALLA NECESSITA’ ALLA SCOPERTA ARCHEOLOGICA

Uno degli aspetti più importanti di unaciviltà è quello di sapersi chinare sulproprio passato per determinarne ivalori intrinsechiLa comunità contadina che da secoli si èistallata lungo le coste che degradanodal monte Ghiridone verso il lago hadovuto far fronte alle strette necessitàdi una natura aspra e forte. L’ ingegno,la perseveranza, la tenacia, tipici deipopoli alpini, si rileva anche esoprattutto nelle realizzazioniindispensabili per la sopravvivenzadell’individuo stesso.Come negare infatti l’importanza ed ilvalore dell’acqua nel vivere quotidianodella civiltà rurale. L’acqua era un beneprezioso, una conquista fatta di sforzi edi sudore, un elemento fondamentaleper quanti ricavano dalla natural’indispensabile per la propria vita eper la propria attività. Gli acquedottistorici, le cui vestigia si trovano sparsequa e là per il Ticino, sono una“testimonianza della perseveranza deinostri antenati: imprese rima rchevolipagate con la tenacia, il sacrificio e lafiducia nell’ avvenire”, così recita,infatti, e giustatnente, in uno dei suoipassaggi piti significativi, l’articoloche segue.Ripristinare il vecchio acquedotto delCortaccio, al di là del semplice gestomateriale, significa riconoscere ilnostro retaggio storico; dare atto ainostri predecessori che i loro sforzi nonsono stati vani, mostrare a chi ciseguirà il frutto di una volontà comune

alla ricerca di un mondo migliore, doveil fattore tecnico corregge ed aiuta lanatura a dare più ampi frutti.Il nostro acquedotto viene quindi adassumere una nuova funzione, risorgea nuova vita sotto altre spoglie. Dastrumento agricolo si trasforma inmonumento, in curiosità turistica. Inogni caso si dimostra, nella suamagnificenza un elemento esteticomarca mite.Un sentito ringraziamento vada quindia quanti, seguendo la loro sensibilità edando prova di lodevole impegno,hanno permesso di recuperare questoimportante reperto.A nome della comunità brissagheseporgo quindi a tutti loro, in qualità diSindaco, i sentimenti della più sincerariconoscenza.

IL SINDACO DI BRISSAGO:LUCIANO BIFFI

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IL PIACERE DI CONTRIBUIRE

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“Cos’è il Rotary?” La domanda mi èstata rivolta spesso e sempre mi sonotrovato in difficoltà nel cercare unarisposta che potesse risultare sinteticaed esaustiva al tempo stesso. Con lagenerica definizione di”club di servizio”si lascia, solitamente, l’interlocutore ametà del guado: afferra il concetto main definitiva ne sa quanto prima.Assai più facile risulta spiegare lafilosofia rotariana attraverso esempipratici. Per quanto concerne il club diLocarno, dicendo che haconcretamente contribuito allaristrutturazione dell’oratorio diCasenzano (Gambarogno) e della“Capela Rota” (in territorio di Loco,lungo la mulattiera che parte daIntragna), si ricordano due recentiinterventi il cui brillante risultato èsotto gli occhi di tutti. Promuovere epatrocinare realizzazioni come quellemenzionate rientra appunto nel piùpuro spirito rotariano: contribuire, peril piacere di farlo, in modo mirato.Ultimo in ordine cronologico, ilripristino dell’acquedotto ottocentescodel Cortaccio è perfettamente in lineacon i principi enunciati. Torna così adessere patrimonio di tutti un’opera che(I progresso aveva fatto dimenticare.In questa importante realizzazione,tuttavia, il Rotary Club Locarno nonvuole attribuirsi meriti in eccesso.Diciamo che è stato un bell’esetnpio dilavoro collettivo, con almeno altre seiessenziali componenti di un’affiatata‘squadra”: Municipio, Patriziato e Corpopompieri di Brissago, Scuola

professionale di Locarno (a tutti i livelli:direzione, docenti, apprendisti),Consorzio protezione civile Locarno edintorni, Battaglione Genio 9. Al Rotaryva riconosciuto il merito di avercipensato, di aver lanciato l’idea(nessuno qui s’offenderà se vien fattoesplicitamente il nome di GiorgioPedrazzini) e di aver assunto ilpatrocinio dell’operazione.Disattivato agli inizi del secolo edimenticato dai più, l’acquedotto delCortaccio ritrova oggi nuovavalorizzazione: ne siamo orgogliosi,perché lo sentiamo anche un po’‘nostroCome tutte le medaglie, anche questaha purtroppo un suo rovescio. Allasoddisfazione per questa realizzazionesi accompagna la tristezza nel ricordarel’amico arch. Claudio Bianchetti,infaticabile animatore delle altre citateopere di ricostruzione. Il destino havoluto negargli la gioia di essere con noie ammirare in tutto il suo splendore ilrisultato finale di un intervento alquale aveva aderito, con l’entusiasmoche gli era caratteristico, non appenal’eventualità di un contributorotariano si era profilata. La famigliarotariana dedica alla memoriadell’amico ‘Ciacio” questapartecipazione al ripristinodell’acquedotto di Cortaccio.

ROTARY CLUB LOCARNOrot. CLAUDIO SUTER

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UN ANTICO ACQUEDOTTO PER SCUOLA

&NO

L’attività di ripristino dell’anticoacquedotto al Cortaccio ha coinvoltoalcune classi di apprendisti della ScuolaSPAI di Locarno, muratori inprevalenza, interessando unasessantina di giovani che a turnohanno dedicato una giornata scolasticaad un’attività professionale pratica infavore del recupero di questa stupendatestimonianza del nostro passatoprossimo. Presso la nostra Scuolaquesto genere di attività esterne sonoormai diventate una tradizione, tantoche in ambito scolastico vengonodefinite “Scuola Aperta”. Gli apprendistihanno così modo di mostrare everificare quanto hanno appresodurante il periodo di tirocinio: a scuola,in cantiere e ai corsi d’introduzione. Trale iniziative svolte più importantiricordiamo la prima tappa del restaurodell’ Oratorio di Casenzano a SanNazzaro, il restauro della “Capela Rota”di Loco e la partecipazione allaricostruzione del nuovo ponte sul RialeRiei a Verscio. Gli interventi a SanNazzaro e a Loco sono stati interamentepatrocinati dal Rotary Club di Locarno.La forte motivazione dei giovani versoquesto tipo di attività e il valoresocializzante di questa esperienza sonotra i risultati più immediati. Ma il“piacere” maggiore nello svolgere unlavoro pratico in favore di un’ operaconcreta è quello di poter lasciare unapropria traccia che resterà nel tempo.Significa riscoprire il valore dell’attivitàmanuale diventando artigiani cheintervengono sul territorio, scoprendo

in questo specifico caso un passatorurale completamente diverso dallarealtà dei giorni nostri. Quali enormidifficoltà avevano avuto i nostripredecessori, obbligati ad eseguireopere imponenti per ottenere unminimo di”comodità” come quella diavere l’acqua a disposizione nellevicinanze della propria abitazione, per ipropri usi domestici, perl’abbeveraggio degli animali e perl’irrigazione di campi e pascoli! Qualeenorme differenza con la situazione dioggi quando l’acqua, calda o fredda, civiene comodamente servita in diversipunti delle nostre abitazioni, con il sologesto di aprire un rubinetto!Per la nostra Scuola l’attività delCortaccio è stata una nuova occasioneper confrontarci e mostrare tutta lanostra vitalità e potenzialità, in unmomento particolare che ci vede attoriprincipali di un cambiamento, lasperimentazione “a blocchi”, da noistessi voluta, e che dovrebbe farriscoprire quale sia I’ importanza dellaformazione professionale in una societàprossima al 2000.

EROS VERDISPAI LOCARNO

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L’ACQUEDOTTO DEL CORTACCIO

Conosciute in tutto il mondo sono le “bisses”del Vallese, un reticolo di canali lungo250000 chilometri costruito 500 anni fa percaptare l’acqua di fusione dei ghiacciai e condurla ingegnosamente sul versante assolato earido della valle allo scopo di irrigare prati,pascoli e vigneti. Anche in valle Venosta unarete capillare rifornisce prati e campi. Ilproblema dell’approvigionamento idrico hacoinvolto tutte le popolazioni alpine. Anche ilTicino possiede le sue “bisses” ma, a confronto con quelle vallesane, alcune delle qualiancora funzionanti, quelle ticinesi sono mutilizzate, sconosciute e in pericolo di scomparsa. Già alla fine del settecento Karl Victorvon Bonstetten durante i suoi viaggi osservava: “l’arte di irrigare è veramente eccellente: eppure, per quanto mi consta, nessunforestiero l’ha mai notata. Si utilizzano sistematicamente ruscelli, talora anche fiumi, incanalandoli secondo un piano lungo valli assai lunghe e pianure. Occorrerebbe studiarein dettaglio e quindi imitare quest’arte e insierrze ad essa tutta la legislazione e la sorveglianza sulle acque che essa comporta.”Questi impianti sono testimonianze della perseveranza dei nostri antenati: imprese rimarchevoli pagate con la tenacia, il sacrificio, ilcoraggio e la fiducia nell’avvenire. Alla finedi aprile 1991 si svolsero i primi sopralluoghinella zona del Cortaccio. Affioramenti promettenti accesero l’entusiasmo dei promotori.Di un antico acquedotto, costruito per irrigareprati e pascoli, erano visibili solo poche decine di metri in condizioni purtroppo precariee di completo abbandono, Sorse l’ipotesi chetutta la tratta mancante fosse stata prelevataper essere “reciclata” come materiale da costruzione. Infatti in alcuni muri del centrodel Cortaccio si osservano canali, riconoscibiliper la regolare incavatura. In quella societàautarchica, fondamentalmente differentedalla nostra, non esisteva il concetto di rifiuto. Qualsiasi materiale non più utilizzabile

per una data attività serviva provvidenzialmente per compierne altre.Nella zona del Cortaccio il substrato roccioso,rappresentato da uno gneiss molto friabile,non era adatto per realizzare simili canali. Lacaratteristica sfaldatura di questa roccia avrebbe reso vano ogni sforzo. L’acqua scorrendo dentro canali non ermetici, non avrebbe raggiunto il luogo d’utilizzazione ma sisarebbe persa lungo il percorso. Materialepiù solido era rappresentato dai massi erratici trasportati dai ghiacciai durante le ultimelunghe glaciazioni. I canali dell’acquedottofurono lavorati su misura direttamente sulposto. Terminato l’abile lavoro venivano caricati su slitte e fatti scivolare fino al luogo diutilizzazione prestando cura e attenzione perevitare danni irreparabili. In epoche più recenti, alcuni canali situati lungo il sentierofurono sottratti per decorare giardini privati.Nacque tra i promotori dell’iniziativa l’idea diconservare ciò che rimaneva come testimonianza di un aspetto poco conosciuto della

Gustosissimi pranzi organizzati al Cortaccio facevano ritrovare le forzenecessarie per portare atermine l’impresa.

Sequenza di canali inpietra dell’acquedotto dclCortaccio.

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nostra civiltà alpina. Il maestro Eros Verdi,entusiasta della proposta, si mise subito all’opera, non nuovo a questo tipo di esperienze. Con le sue classi di apprendisti muratori, restaurò in passato la Cappella Rota aLoco in Valle Onsernone, il Ponte di Riei aVerscio e sistemò parte dell’Oratorio diCasenzano a San Nazzaro concretizzando lelodevoli iniziative tanto care ai membri delRotary Club di Locarno. Inizialmente si pensava di completare le canalette mancanti concanali nuovi che rispecchiassero il più possibile le caratteristiche degli elementi originali rimasti.Nel luglio 1991 iniziarono i primi interventidi pulizia grazie al contributo di volontari edegli apprendisti muratori di Locarno. Si procedette allo sgombero delle folte sterpagliecresciute vigorose durante questi anni dicompleto abbandono. Con incredibile sorpresa e grande meraviglia apparvaro allaluce alcuni tratti della canalizzazione anticache si credevano ormai irrimediabilmentescomparsi; le piante li avevano invece amorevolmente avvolti conservandoli inalteratiL entusiasmo crebbe Le parti di acquedottomancanti risultarono inferiori al previsto Gliapprendisti muratori trasformati per I occasione in giovani archeologi scoprirono iltracciato completo riportando alla luce le caratteristiche strutturali del percorso

Apprendisti SPAI inpiena azione durante lafase di pulizia del trattoscavato direttamentenella roccia affiorante.

LOCALIZZAZIONE DELL’ACQUEDOTTO

Una strada di montagna molto panoramica, afianco della chiesa della Madonna di Ponte aBrissago, sale ripida attraverso giardini eville, verso la frazione brissaghese di Piodina.Continuando per una mezzoretta nell’omrosobosco di castagni si raggiunge il Cortaccio. Lospiazzo del posteggio ridotto e alcune curvestrette limitano il passaggio ad autoveicoli dipiccole dimensioni. Durante la salita alcunecuriosità etnografiche invitano ad una sosta:la Cava Saponaria, dalla quale si estraeva lapietra oliare per tornire le pentole di sasso,l’acquedotto in pietra del Curenone (cfr. cartageografica). Un grotto, incorniciato da ungrandioso panorama sul Verbano, offre frescura e ospitalità.

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UN MUSEO ALL’APERTO

L’acquedotto del Cortaccio fu realizzato persoddisfare la vitale esigenza di irrigare il pascolo, i prati e per abbeverare bestie e uomini. Le sorgenti che scaturivano nella zonaerano insufficienti al fabbisogno locale. Unadata scolpita nella roccia (1871) messa in risalto da una cornice, indica un momentomolto importante relativo alla storia di questa condotta. Si riferisce alla data di costruzione? E’ probabile ma non è ancora sicuro.La mancanza di documenti d’archivio lascial’interrogativo senza risposta. L’impiantoidrico del Cortaccio è un esempio molto interessante e didattico in quanto, nel tratto trala captazione e la zona di utilizzazione,espone in chiara mostra tutti i tipi di condotte idriche esistenti nel Canton Ticino. E’quindi, in un certo senso, un museo all’apertodei vari sistemi di approvigionamento idricopresenti nelle vallate ticinesi. L’enorme richiesta d’acqua durante il periodo dell’al-peggio obbligava la captazione di tutte lefonti d’acqua disponobili in modo da soddisfare anche le esigenze più elevate che simanifestavano nei momenti di siccità estiva.Due erano i ruscelli dai quali si attingeval’acqua: uno quello che scende da Vantarone,l’altro, di maggior portata, scende dalla Valledella Pioda. L’acqua veniva captata da unapozza naturale scavata dalla turbolenza dell’acqua nel letto del ruscello e per mezzo diun canaletto direttamente scavati nella rocciaveniva deviata lateralmente. Assi fissati conferri aumentavano la portata e indirizzavanol’acqua nella condotta. Informazioni oralitestimoniano che ancora all’inizio del secoloesistevano due vasche con funzione di decantazione dell’acqua. Nella prima si deposita-vano le particelle grosse, nella seconda quellepiù leggere. L’acqua pulita dalle impuritàentrava nel primo tratto della canalizzazione.Del tratto iniziale, lungo una sessantina dimetri, non restano tracce. Come in altre zoneticinesi simili tratte erano costituite da cas

soni di legno simili a quelli ancora visibili traCampo Vallemaggia e Cimalmotto. Poco sopraalla casa Pedrazzini si osserva un intreccio dicanali. Sono stati realizzati recentementeimitando un modello vecchio costruito perimpedire all’acqua di superficie di penetrarein profondità nel terreno e creare una superficie lubrificata che potesse far scivolare avalle il paese di Campo. I canali di legnoerano realizzati riunendo tre assi a sezione a“U’. La lunghezza di questi canali poteva variare da due a tre metri. Essi venivano inseriti l’uno nell’altro in modo da rendere lecongiunzioni ermetiche. Ma perchè canali dilegno al Cortaccio? Questa tratta iniziale,esposta alle devastanti cadute delle valanghe,avrebbe reso la condotta, se fosse stata fattacon canali di pietra, simile alla mitica rete diPenelope: ogni anno si avrebbe dovuto ricostruire ciò che veniva distrutto durante l’inverno! La soluzione di realizzare canali di legno prefabbricati evitava inutili fatiche esprechi. In primavera, dopo la fusione della

SARACINESCAREWLAZ,ONEDELLA 9UANTITA’DI ‘ACQUA

CH E cANALI DI LEGNO

DEVIAZIONE

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ELIMINAZIONEAC9UA IN ECCESSO

La zona di captazione dell’acqua. Un canale direttamente scavato nellaroccia convoglia l’acquanell’acquedotto delCortaccio.

Parte iniziale dell’acquedoLto del Cortaccio.Evidente è la suddivisioncin zone specializzate:captazionc, filtrazione,rcgolazione della quantità e conduzione.

ZONA Dl CAPTAZIONE

DIREZIONE DELLA CORRENTE

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La saracinesca dell’acquedotto del Cortacciosvolgeva funzioni regolatrici del flusso idrico.

Apprendisti SPAI durantela fase di pulizia dell’acquedotto dcl Cortaccio.

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neve, una delle prime attività dei Patrizi eraquella di sistemare questa tratta dell’acquedotto tolta in autunno.Terminato questo primo tratto pericoloso,proseguendo si osservano ancora quelle chedovevano essere le spalle nelle cui scanalature scorreva la saracinesca necessaria allaregolazione dell’acqua, lasciando passare solola quantità corrispondente alla capacità delcanale. L’acqua in eccesso veniva eliminata epoteva ritornare nel ruscello. In occasionedelle pulizie stagionali l’apertura completadella saracinesca allontanava tutta l’acquadalla condotta rendendo possibile le operazioni di manutenzione. La quantità d’acquanecessaria poteva entrare nei canali di sassopiù stretti e meno profondi. Il tratto dove sisnoda questo serpente di sasso, è vertiginosoe strapiombante. Lo spazio ristretto rendevaimpossibile lo scavo di una condotta direttamente nel terreno. In questo tratto aereo ipesanti canali di sasso sono sostenuti da muretti a secco. Vale la pena di salire sul ver

sante italiano, seguendo il sentierino indicatonella cartina, per ammirare la spettacolaritàdi questo acquedotto. La visione lascia tuttisbalorditi per la regolarità della pendenzadella condotta e per la posizione da brividi sucui sorge Una domanda sorge spontaneacome facevano a stabilire una pendenza cosiregolare’ Il tracciato segue perfettamente lamorfologia del terreno adattandosi alle minime variazioni alle rientranze e alle sporgenze Ogni canale e stato realizzato su misura La sezione ad U regolarissima sembraeseguita da una macchina Questo miracolodella tecnica era invece il risultato di un lavoro lungo e molto faticoso un abilità e un esperienza che necessitavano settimane di caparbia lavorazione Purtoppo poteva capitarenelle fasi finali della lavorazione di incorrerein errori imprevedibili che obbligavano conreligiosa rassegnazione ad abbandonare canali quasi al termine della lavorazione Nesono prova quelli rinvenuti lungo il sentieroche conduce al Ghiridone alcuni dei quali

Canale “a imbuto” delCortaccio che univa l’acqua proveniente daVantarone con quelladella condotta della Valledella Pioda.

Un tratto vertiginoso dell’acquedotto del Cortaccio.

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Dettaglio di un canaledel l’acquedotto delCortaccio in cui si vede ilsistema di congiunzione.

Due apprendisti SPAI Improvvisati archeologimanifestano la loro soddisfazione poco dopo la loroscoperta: un cunicolodell’acquedotto.

sono stati riutilizzati nella fase di sistemazione per sostituire i canaletti scoscesi avalle. Il loro trasporto fu effettuato con l’impiego di un elicottero. L’acquedotto attraversa una zona rocciosa. Fu scavato nell’affioramento stesso un solco per il passaggio dell’acqua. Il bordo oltre a trattenere l’acquapermetteva il passaggio delle guardie incaricate al controllo dell’impianto. Segue dinuovo un tratto con canali di pietra.Sul versante meridionale della montagna lapendenza si fa più dolce, meno esposta.Continuare la condotta con canali di pietrasarebbe stata un’impresa eccessiva.L’inclinazione ridotta permise lo scavo di uncanale direttamente nel terreno. Qui osserviamo una nuova soluzione tecnica: il cunicolo. Questo tipo di canale consiste in una lastra di base, delimitata lateralmente da duemuretti sigillati con un impasto di argilla.Lastre di pietra coprono tutto il canale.Questo canale sotterraneo adempiva contemporaneamente a due funzioni vantaggiose:

permetteva il pascolo del bestiame e impediva alle mucche di farsi male o di sporcarel’àcqua. Alcuni pozzetti d’ispezione realizzatidagli apprendisti SPAI permettono di vederele caratteristiche costruttive e di compiere lanecessaria manutenzione.In prossimità del ruscello proveniente daVantarone avvenivano due fenomeni ingegnosi: la captazione dell’acqua dal ruscellonella condotta (è stato trovato un canale dipietra a imbuto con due diramazioni) e l’attraversamento del ruscello tramite un canalediretto, molto lungo (un’esempio simile lo sipuò vedere al Curenone durante la salita daBrissago. (cfr. carta geografica)Proseguendo dal bacino dell’acquedotto lungol’attuale sentiero la condotta giungeva alCortaccio. Una diramazione alimentava lafontana, il resto seguendo un percorso ramificato irrigava capillarmente i prati soleggiatidel corte. Il percorso dei rami principali delimitava i confini di proprietà.

Sezione di un canale coperto del Cortaccio: ilcunicolo.

Sezione e pianta di uncanale in pietra dell’acquedotto del Cortaecio.

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RONGIE, SALEDRI, CANOI, CANAA.

Canali in pietra dell’acquedotto dell’Alpe Canaa(Fusio),

L’antico acquedotto del Cortaccio offre lapossibilità di ammirare, in uno spazio relativamente ristretto, quasi tutti i tipi di condotte idriche presenti nel Canton Ticino.Colossali furono le costruzioni del passato perprocurarsi l’acqua per l’alimentazione degliuomini e del bestiame, per irrigare prati epascoli, per azionare mulini, magli e segherie.Veri capolavori ingegneristici realizzati sovente in luoghi impervi, formidabili impresealpinistiche eseguite in epoche in cui l’alpinismo era solo agli albori.Questi monumenti-documenti pertanto necessitano di essere conosciuti, rispettati esalvaguardati prima che essi scompaiono definitivamente.Ci rendiamo conto dell’importanza dell’acquanegli anni di prolungata siccità,L’approvigionamento idrico dei villaggi edegli alpi ticinesi non fu sempre facile,Fortunate erano le località la cui acqua eradisponibile comodamente e in quantità sufficiente per soddisfare tutte le esigenze.Furono costruite imponenti opere per condurre l’acqua dai luoghi dove essa era abbondante alle zone aride. Prima dell’avventodei tubi di ferro o quelli più moderni diplastica, le popolazioni del passato dovetterorealizzare incredibili condotte delle quali restano testimonianze solo in alcuni tratti nascosti tra il folto della vegetazione o sepoltidalle frane i quali vengono alla luce in occasione di scavi. Sono documenti di un modo divita strettamente in simbiosi con la natura,reliquie fissili di una cultura alpina somm er sa.Gli alpi erano costruiti solitamente su promontori soleggiati in modo che lo spazio circostante offrisse uno spiazzo utile per la stabulazione. Sovente era il caso che questi luoghi si trovassero lontano dalle fonti d’acquale quali scorrevano invece dentro impervievallette inaccessibili al bestiame. Numerose

furono le soluzioni realizzate per risolverequesto problema esistenziale. Nelle vallateticinesi la soluzione più diffusa fu “la rongia”,un canale artificiale scavato nel terreno.Questi canali, a volte lunghissimi, vincendol’autoritaria forza di gravità su percorsi nonspontanei, seguivano le curve di livello peradattarsi alla morfologia del terreno fino aportarsi sopra all’alpe da dove scendevalungo un percorso più semplice. Sulle cartinetopografiche 1:25000 alcune di queste “rongte” possono ancora essere evidenziate conpazienza: la linea azzurra dei corsi d’acquanon segue gli avallamenti ma percorsi bizzarri paralleli alle linee di livello marroni.Riserva molte piacevoli e interessanti curiosità percorrerli dalla zona di captazione finoalla zona di utilizzazione, seguendo il sentieroche le costeggia utilizzato in passato dalle guardie incaricate a controllare il funzionamento dell’impianto. In Vallese e in AltoAdige le locali aziende del turismo hannorealizzato centinaia di chilometri pianeggianti

Proposta per un’escursione: la rongia di GrassoVecchio e la rongia diRosso di Fuori. Sono raggiungibili seguendo lapanoramica strada militare dei Barchi che iniziaalla curva di Fieud (SanGottardo) prima dell’imbocco della galleria delleGane di Sant’Antonio.

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La rongia dell’AlpePesciora inizia alla basedella morena del ghiacciaio omonimo e seguendo un percorso nonnaturale, compie un’enorme “gicane” per raggiungere il recinto dell’alpe. Dopo aver rifornito la fontana per abbeverare il bestiame curvae scende verso le cascinedell’Alpe Pesciora perapprovvigionarle dell’acqua necessaria alleattività casearie. Al termine dello sfruttamentol’acqua viene convogliatain una ripida vallettaverso Bedretto dove.prima di affluire nelfiume Ticino, soddisfa lenecessità di questo villaggio.

lungo questi storici impianti.Dove veniva captata l’acqua? Molteplici e ingegnose furono le soluzioni. In valle Bedrettofu utilizzata l’acqua di alcuni ghiacciai.Visitabili sono le “rongie” che iniziavano dalghiacciaio del Valleggia e dal ghiacciaioPesciora. L’acqua proveniente da quest’ultimo, per evitare che entrasse nel Ri diBedretto, veniva deviata a quota 2030 accompagnandola sulla costa facendole compiere un incredibile curva per portarsi al“cioss” dei Piani di Pesciora, per abbeverare ilbestiame e alimentare la cascina dell’alpe.Più diffuse erano le “rongie” che captavanol’acqua di fusione delle nevi accumulate aipiedi delle pareti rocciose. In valle Bedrettotroviamo la “rongia” che alimenta la fontanadi legno (UI bui) dell’alpe Pianazdo. Un ramificato reticolo di canaletti convoglia come inun imbuto l’acqua proveniente dallo scioglimento delle valanghe precipitate dal PizzoMadone. Ben funzionante è “la rongia” chescende da Rosso di Fuori costruita per ali-

mentare Grasso Vecchio. L’acqua delle valanghe della Fibbia è raccolta e convogliata inuno stagno artificiale per abbeverare il bestia me.Altre “rongie” di questo tipo, ma non piùfunzionanti, sono quelle del Roncaccio nellaregione di Pescium, quella del Piano di Sotto,quella delle Foppette sotto l’Alpe Pescium equella nei pressi della capanna di Cadlimo.La neve ammucchiata con la caduta dellevalanghe non resta però per tutta la stagionedell’alpeggio. A Garzonera fu costruita unasolida diga che ostruisce la Valletta e accumula l’acqua conservandola in un placido la-ghetto. Nella spessa muratura un foro regolava il passaggio dell’acqua necessaria perl’Alpe Garzonera. Oggi un lato di questa digaè danneggiato. Meriterebbe una riparazioneperchè è l’unico esempio in Ticino di un simile approvvigionamento idrico. Del canaleche convogliava l’acqua rimangono ancoradue tratti (quello iniziale e quello terminale)nei quali è messa bene in evidenza la tecnicacostruttiva. Il resto del canale è stato riempito per sostenere una strada: ciò dimostra lasolidità dell’opera.Nella zona di Rosso di Vinei (valle Bedretto)una “rongia” efficiente devia l’acqua del Ri diSozz. Un tempo ciò era fatto con una “saledra”un canale scavato in un tronco di una conifera. Altre “rongie” che si alimentano conl’acqua dei ruscelli le troviamo ad Altanca(per rifornire la cascina di Prei), a Giof (daCamperitt per alimentare ‘uI bùi” di Giof), aCorte Mognola (Fusio), ad Arzo sopra Robiei ea Ce (VaI Canaria). Di queste condotte non piùin funzione restano solo tracce.L’abbandono di questi impianti idrici portaalla loro scomparsa e il loro ritrovamento èspesso molto difficile e casuale. In questaavvincente esplorazione ci vengono in aiuto itoponimi. Essi possono rivelarci segreti, abitudini e caratteristiche di una regione. Pocosopra l’abitato di Piotta esiste una zona conosciuta con il nome “ai saledri”. Salendoci vi sipuò vedere una saledra di abete bianco oggi

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Schema dell’impiantoidrico dell’Alpe diGarzonera (Ambrì) visibile nella foto a lato: (I)sbarramento in muraturaabbastanza largo da permettere l’attraversamento del bestiame perraggiungere il pascolo(ID; (2) regolatore dellivello dell’acqua del bacino, l’acqua in eccessoprosegue nella vallettanaturale (12); (3) foro dicaptazione dell’acqua; (4)canale di conduzione dell’acqua; (5) Alpe diGarzonera, zona di sfruttamento dell’acqua; (6)bacino di accumulazione;(7) ruscelli; (8) accumulodi valanghe di neve; (9) e(10) affluenti lateraliprovenienti dalle zonesuperiori.

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in avanzato stato di decomposizione. Servivaper deviare l’acqua del Rio Secco e condurlanella “rongia’ verso le stalle di Ronco. Anchesotto il Poncione di Vespero troviamo il toponimo “saledri”. Qui purtroppo non resta piùnessuna traccia di questi canali scavati con“al lisson” un attrezzo, simile ad una zappamolto affilata, che è possibile vedere al museo di Giornico.Formidabile, perchè realizzata in un ambiente molto suggestivo e ancora funzionanteper buona parte del percorso, è “la rongia”che capta l’acqua delle due inesauribili sorgenti dell’Alpe Sceru (Vai Malvaglia). Moltosimile ad una “bisse” vallesana si snoda placida seguendo la curva di livello su un percorso pianeggiante per quasi tre chilometri.

A Chiggiogna l’irrigazione di alcuni campi eraeffettuata da “rongie” lastricate delimitatelateralmente da lastre di gneiss (piode).Lungo il percorso alcune saracinesche distribuivano l’acqua nei terreni adiacenti.Il tratto terminale della condotta delCortaccio è molto simile a quello che assicurava l’approvvigionamento idrico di Ronco(frazione del comune di Quinto). La condottacoperta garantiva una maggior igiene dell’acqua.L’attrazione dell’acquedotto del Cortaccio è laparte con i canali in pietra: Dello stesso tipone possiamo ammirare anche in altre localitàdel Canton Ticino. Salendo da Vacariscioverso l’Alpe Canaa (Fusio) si possono guardare con meraviglia e ammirazione numerosicanali eccezionali scavati in monoliti di pietra Questi blocchi di granito lunghi piu di unmetro larghi trenta centimetri e dalla sezione ad “U” sono appoggiati su muri a seccoper garantire la regolare pendenza dell’acquedotto costruito per irrigare il pascolo del

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ALPE SCEPU196!

S oRC.E Nr~’._

5oR~ElJ~MeLa per un’escursione:la rongia dell’Alpe Sceruin Vai Malvaglia. La siraggiunge continuandola strada dopo il mulino diDandrio. Poco prima diAnzano si devia a destraper proseguire fino altermine della stradaasfaltata. Molto piacevoleè costeggiare il corso diquesta lunghissima rongia. Partendo dalle sorgenti dell’Alpe Sceru sipuò percorrere il sentierino parallelo utilizzatoun tempo dalle guardieaddette alla manutenzione e al controllo diquesto acquedotto,Spiegazione del disegno:(I) e (2) sorgenti; (3) e(4) zona di captazione e dideviazione dell’acquafontinale; (5) rongia scavata nel terreno; (6) antico corso naturale delruscello.

Sostegno dell’acquedottoper superare una valletta(Alpe Canaa, Pusio).

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Sezione e pianLa di uncanale in pietra dell’acquedotto dell’Alpe Canaa(Fusio).

Catasta di tubi in pietradell’acquedotto diCavergno. recentementeriportati alla luce in occasione della costruzionedi una strada forestale.

Corte del Sasso. Un vero capolavoro d’ingegneria e di pazienza. Oggi purtroppo in buonaparte di questa condotta è stata sistematauna tubazione di ferro ricoperta di sassiCredendo di apportare una miglioria all alpesi è ottenuto un effetto controproducente laquantità di acqua condotta dalla tubazione inferro risultò inferiore a quella che convo

— gliava l’antica canalizzazione in sasso e comeconseguenza si ebbe un inaridimento del pascolo Un simile capolavoro artigianale mertterebbe di essere rivalutato grazie a qualchesponzor che volesse assumersene la spesaCanali simili in granito ne troviamo anche aRovio, su substrato calcareo in una conduttura sospesa che serviva per azionare unmulino della Sovaglia Questi canali furonopazientemente ricavati dai massi erratici trasportati dai ghiacciai durante le ulttme glaciazioni Anche I acqua che alimentava il villaggio di Corippo era deviata dal fiume in una

— serie di canali di sasso che oggi vengono calpestati dai piedi degli scarponi dei turisti chesalgono a Corgell.In occasione delle opere di consolidamento diuno scoscendimento nella zona di Cassero(Claro) sono venuti alla luce cinque canali dipietra dell’antico acquedotto. Oggi due diquesti canali sono visibili davanti al bacinodell’acquedotto di Claro salendo verso il monastero. Canali di sasso a sezione ad “U” ed

altri direttamente scavati nella viva rocciasono visibili alla cascata della Froda vicinoalla chiesetta di santa Petronilla. Questo monumentale acquedotto serviva per alimentare l’antico abitato di Biasca. Meriterebbe diessere sistemato per evitare di perdere notevolissime testimonianze documentarie dellacultura alpina. Anche a Maggia e a Deggio furono rinvenuti canali simili a quelli delCortaccio.Un altro tipo di canale di pietra è quello ottenuto forando blocchi di pietra. Condotte diquesto tipo ne sono state rinvenute a Bodio, aCavergno e a Maggia. Parte di questi repertisono visibili sul sagrato della chiesa di Bodio,davanti al museo di Giornico, all’asilo diMaggia, nel cortile del museo di Cevio e dietro all’abitato di CavergnoNelle regioni con disponibilità di abeti esisteva un ulteriore metodo per realizzarequeste condotte idriche: i tronchi (candi) venivano forati con un attrezzo (l’ordbi) unatrivella lunga 275 centimetri e con un diametro utile di cinque centimetri.All’inizio di ottobre del 1963, durante i lavoridi scavo per una canalizzazione nell’abitato diPiotta, vennero alla luce alcuni tronchi foratilunghi 2,36 metri. Un verbale ordinatamenteconservato nell’archivio patriziale di flotta ciinforma che il signor Giuseppe MariaTrudman di Biirglen si incaricò personalmente il 23 gennaio 1847 di forare i tubi dilance o abete bianco forniti dai Vicini diPiotta (ogni Vicino dovette procurargli 7tronchi ancora verdi~”d~ longheza d’uno sparoe mezo e in groseza d’oncie tre in punta”). Itronchi forati venivano uniti da una “vera” diferro, che con alcuni colpi di mazza ben assestati, chiudeva ermeticamente la tubazione.Altri ritrovamenti di acquedotti di legno siebbero a Bodio, Biasca, Giornico, Bosco Gurin,Personico e Verscio.

Canali abilmente scavatiesposti nella scuola dell’infanzia di Maggia.

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LOCALIZZAZIONE ACQUEDOTTI TICINESI

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I canali di sasso2 canali di legno3 tubi di sasso4 tubi di legno5 rongie

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L’ACQUEDOTTO ERA REGOLAMENTATO

Un’acquedotto come questo del Cortaccio eraun’opera collettiva d’interesse generale e diutilità indiscutibile per la sopravvivenza e losvolgimento dell’attività agricolo-pastoralesulla montagna brissaghese. Tutta la comunità veniva coinvolta e sicuramente partecipò alla realizzazione e alla manutenzione diquesto impianto idrico. Furono decretati rigidi e precisi regolamenti sul modo di utilizzazione dell’acqua. Nell’archivio comunale epatriziale di Brissago i documenti relativi all’acquedotto del Cortaccio attualmente sonodifficilmente consultabili. Scomparsi? Unasimile impresa, indispensabile alla sopravvivenza della comunità e che impegnò forze euomini per molti anni, dovette essere statasicuramente discussa, descritta e annotatanei verbali del Patriziato. Una organizzazionedell’archivio di Brissago è in corso e contribuirà sicuramente a risolvere molteplici interrogativi su questo argomento troppo pocostudiato nel Ticino.La competente disponibilità di Lino Piccoli diPiotta mi ha avvicinato alla conoscenza deiregolamenti che governavano l’utilizzazione ela distribuzione delle acque della comunità.Gli appartenenti alla Vicinia prima e alPatriziato poi, erano tenuti a mettere a disposizione della comunità parecchie ore lavorative per la costruzione dell’acquedotto. Chisi asteneva di partecipare o di inviare persone al loro posto veniva punito con unamulta che, in quella civiltà autarchica, dovela circolazione di denaro era limitata, si rivelava uno spettro efficace. La punizione piùtemuta era la cancellazione dall’elenco degliaventi diritto all’acqua come si può leggere inun verbale di Piotta del 1877: “visto che ilsig. Paloni Luigi non paga la giornata allerongie del Ticino si risolve di cancellarlo dall’elenco ai partecipanti al turno dell’acqua”.Non solo la costruzione dell’impianto idricoma anche la sua rimessa in funzione dopo lapani. lnveznal. edpva l’impegno dl iuta la

Comunità. Negli Statuti Medievali di Brissagosi legge: “Tutti i vicini del luogo di Piodina,uno per famiglia, sono tenuti e devono prestarsi a spurgare e mantenere il fossato ossiala roggia sopra il luogo di Piodina. Ciò in ognitempo, tante volte quante gli sia stato prescritto dal console di Piodina o da sito incaricato: per impedire che acqua o pioggia scorrano disordinatamente fino al luogo diPiodina danneggiandone la campagna e i sedimi.” In primavera, prima del carico delcorte, i lavori non mancavano: sistemazionedei canali di legno nel tratto esposto alle valanghe, pulizia dei canali di sasso, sostituzione di quelli danneggiati o asportati dallevalanghe. Erano soprattutto i cunicoli che necessitavano di cure particolari: si dovevatogliere la terra, le pietre e i vegetali ammassati all’interno che ostruivano il passaggiodell’acqua.L’il ottobre 1968 i vicini di Piotta, riuniti inlegale assemblea decisero quanto segue: “E’ordinata una giornata per martedì prossimo

Uno dei compiti della guardia addetta al controllodell’acquedotto era quellodi ascoltare il suono monotono prodotto da unmartello che, applicato sudi un alto albero e azionato da un mulinello immerso nel canale, come sipuò vedere ancora inValle Venosta, colpivauna campana. (I) campana; (2) martello; (3)filo di ferro; (4) mulinello.

Tubo in pietra dell’acquedotto di Cavergno.Bambina che con stuporee incredulità misura imanufatti antichi dell’acquedotto di SantaPetronilla a Biasca completamente scavato nelladura roccia.

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Pagina di un protocollomunicipale della Municipalità di Brissago riguardante i diritti d’acqua.

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venturo per pulire la roggia e strada chemette alla Campagna vecchia con l’obbligo diintervenire il migliore lavorante di ogni famiglia sotto la penale di fr 1.50 per ognimancante.”Il 17 ottobre 1869 i vicini di Piotta deciserodi riattare il canale del Rial Secco. “A taleuopo si darà principio lunedì p. v. 25 e siinviteranno gli interessati di Ambrì a coadiuvare a tali lavori.”Sempre riguardo alla pulizia primaverile sipuò citare la decisione presa il primo maggio1870 all’unanimità che “per il giorno 10 corr.chiunque abbia fondi confinanti o che passiper questi una delle quattro rongie principalicioè quella del Pian Siino, quella che traversai tre Ciossi e le Campagne vecchie e le duedelle Campagne nuove, dovranno sgombrarledelle materie in modo di poter passare sufficientemente acqua e quindi collaudabile dall’amministrazione. Chi non adempierà aquesti doveri sarà multato per ogni pezzo difondo in fr 1.” La condotta idrica era sorve

gliata regolarmente per prevenire a tempoogni inconveniente e apportare i tempestivirimedi. Era vietato danneggiare o deviare ilcorso della roggia. Gli Statuti Medievali diBrissago decretavano: “Nessuno dovrà intasare, danneggiare o deviare la roggia. Il contravventore paghi di multa al comune 5 sol.ter. per ogni infrazione. Gli aderenti al comune sono tenuti a denunciare ai consoli quanti avessero sorpreso nell’opera di danneggiamento.” L’assemblea patriziale di Piottadecretò che “a chiunque getterà qualsiasisorte di materie nel canale sarà applicata lamulta di fr 5 per ogni volta.” Gli Statuti e gliOrdinamenti viciniali di Fusio stabilivano“che per Lavenire niunna personna ardischapigliare fora aqua dalli Canoni che conducielaqua al bronno (fontana)” L’assemblea patraziale di Piotta il 13 aprile del 1862 decretò: “visto che nel passato anno fu sucessovarie inconvenienze relativamente al tornodell’acqua per cui i suddetti vicini trovaronodi risolvere che chiunque sarà veduto a ru

Utilizzazione di canalicome sostegni di una recinziofle.

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bare e deviare il corso dell’acqua cioè quelladelle due rongie Piano Siino e Campagne quando è nel torno d’altri, sarà nzultato in fr iper ciascuna volta.” La guardia aveva anchel’incarico di controllare il buon svolgimentodell’irrigazione. L’acqua veniva presa dallacondotta principale e deviata nei canaletti didistribuzione. Sistemi di saracinesche realizzate in legno o semplicemente con piode infisse nel terreno a breve distanza, regolavanola distribuzione giudiziosa dell’acqua per ruscellamento in ogni zona del pascolo e deiprati evitando inutili sperperi. L’acqua eraun prezioso tesoro che andava economizzato.Nel verbale del Patriziato di Piotta del 17gennaio 1860 si legge quanto segue: “vienepure nominata una comissione per organizzare il turno dell’acqua della rongia vecchia”.Turni permettevano a tutti i proprietari diusufruire di alcuni vantaggi. Un esempio interessante ci viene ancora dall’organizzazionedell’acquedotto di Piotta. L’acqua nella partealta della roggia scorreva su pareti rocciose edurante le ore diurne estive si intiepidivamaggiormente di quelle notturne. Turni alternati davano la possibilità a tutti i proprietari di usufruire dei vantaggi indiscutibilidell’acqua riscaldata. “Premesso che alcuniparticolari si lamentano relativamente alturno dell’acqua, così i vicini risolvono all’unanimità che i turni dell’acqua siano annu

almente cambiati cioè quelli che hanno ilturno di notte nel Piano Siino un anno lo abbiano ad eguale ora ma di giorno l’altroanno.” Ogni appezzamento di terreno avevadiritto ad un certo tempo prestabilito di acqua durante il quale si doveva irrigare conuniformità. Quando l’erba era alta il proprietario camminava a piedi nudi per assicurarsiche tutta la parcella fosse completamente irrigata. Scaduto il tempo disponibile le aperture del canale principale venivano chiusecon piode o zolle di terra e l’acqua potevaproseguire il suo placido corso verso altrifondi. Alla fine dell’estate, l’acqua della rongia veniva deviata sullo spiazzo della stabulazione (ul gras da Pro), allo scopo di liberarlo dal letame accumulato durante il periodo dell’alpeggio. L’acqua così concimatascendeva liberamente sui pascoli sottostantiarricchendoli.

La rongia di Piotta, visibile ancora ad ovcstdcll’abitaio, oltre ad azionare la scghcria, il mulino, alimentava lavatoi,irrigava i prati,... svolgeva anche l’importantefunzione di protezionedal gelo dell’acqua chescorreva nell’acquedottodi legno sottostante cheserviva a rifornire lefontane del villaggio. Neldisegno si osserva lasezione della rongia nelpunto in cui sorge illavatoio. Uno scavo nelterreno permetteva allednnne di avvicinarsiall’acqua e render menduro questo lavoro,

Diramazioni di una rongiaper irrigare prati di proprietà privata. (I) Rongiaprincipale; (2) Adattamentodella rongia ad un dosso; (3)e (4) Diramazioni della rongia principale sui terreniprivati (saraeinesea scorrevole); (5) Diramazioni a rescadi pesce per irrigare undosso; (7) La rongia segue ilconfine di proprietà; (8) Confine di proprietà; (9) Curvedi livello del terreno.

Canali in pietra dell’acquedotto di Deggiu utilizzati come pietra di muratura. Speriamo che infuturo aumenti la sensibilità verso queste testimonianze della civiltà alpina

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ALPI SENZA ACQUEDOTTI

Non sempre fu possibile realizzare imponentiacquedotti per convogliare l’acqua all’alpe. Ledifficoltà tecniche e le caratteristiche geologiche del terreno rendevano spesso vano ognitentativo di canalizzazione. Le soluzioni applicate erano di differente natura rispetto aquelle finora descritte. L’estrema aridità deipascoli del Monte Generoso, una montagnacaratterizzata da intensi fenomeni carsici,obbligò gli alpigiani a ideare ingegnosi sistemi di grondaie per raccogliere l’acqua pio-vana dal tetto e convogliarla, mediante canali, dentro speciali cisterne intonacate, costruite all’interno del complesso alpestre.L’acqua poteva venir conservata fresca pertutta la stagione dell’alpeggiatura grazie aifiltri ottenuti con il carbone da legna: un sistema molto simile a quello usato nei moderni acquari. L’acqua necessaria era prelevata con un secchio grazie ad un verricello.L’approvigionamento idrico con l’acqua pio-vana del tetto era diffuso anche su altrimonti aridi ticinesi (bellinzonese eMenzonio). Un promontorio sopra all’AlpeRavina fu scelto per costruirci una stalla ma,la posizione, al sicuro dalle valanghe, la iso

Foto e sezione del cassi- lava da fonti di acqua utilizzabili. Per procunello sopra l’Alpe Ravina rarsi il liquido prezioso gli alpigiani idearonoper conservare l’acqua. un curioso serbatoio con tetto concavo (cfr.

disegno). L’acqua piovana del tetto dellastalla e del serbatoio veniva raccolta e convogliata con una grondaia all’interno di questa capiente cisterna. Con un verricello l’acqua poteva essere attinta e utilizzata, senzasperpero, per soddisfare tutte le necessitàdelle attività alpestri. Per abbeverare lemandrie sui pascoli carsici del MonteGeneroso gli alpigiani realizzarono stagni (iboll). Essi, dopo la necessaria manutenzioneprimaverile, venivano riempiti con acquapiovana convogliata da una fitta rete di canali scavati nel terreno.L’impermeabilizzazione del fondo era ottenuta grazie ad uno spesso strato di cenere.Oggi poche sono le bolle rimaste. Restano atestimoniare la loro diffusione solo i toponimi: Bo!, Bolla, Bollette,... L’Alpe Riviiira (VaIVerzasca) e i Monti di Rima (VaI Lavizzara)presentano un sistema per risolvere il fabbisogno idrico tutto particolare. Durante igiorni di pioggia l’acqua piovana del tettoveniva convogliata, per mezzo di una grondaia di legno mobile, in una vasca di pietra.Ciò permetteva di economizzare l’acqua conservata nelle cisterne e nei pozzi. Queste eccezionali vasche monolite sono l’attrazionedel maggengo verzaschese. Esse sono statescavate in enormi blocchi di gneiss adattandosi alla forma originale del masso. Alcunehanno capienza di oltre 400 litri. Durante legiornate asciutte venivano riempite con l’acqua attinta dai numerosi pozzi e cisternedella zona. Franco Binda ha descritto in modoapprofondito l’ingegnoso impianto di Revòirasulla rivista “Il Nostro Paese” n. 128, 129,130, 131/ 1979.

La grondaia mobile e lavasca di sasso del maggcngo di Rev5ira.

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