angelo maggio 2001 - Parrocchia di Chiari · 2013. 10. 12. · e ringrazio i sacerdoti delle...

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Notiziario della Comunità Parrocchiale di Chiari - Maggio 2001 - Spedizione in a. p. Art. 2 Comma 20/c - Legge 662/96 - F. Bs.

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  • Notiziario della Comunità Parrocchiale di Chiari - Maggio 2001 - Spedizione in a. p. Art. 2 Comma 20/c - Legge 662/96 - F. Bs.

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    L’AngeloNotiziario della Comunità parrocchiale

    di Chiari (Bs)N. 5 - Maggio 2001 - Anno XI

    http://www.parrocchiadichiari.orge-mail: [email protected]

    Registrazione N. 45/91 del 6 settembre 1991Tribunale di Brescia

    Edito dalla Parrocchiadei Santi Faustino e Giovita

    in Chiarivia Morcelli 7 - Chiari (Brescia)

    Direttore responsabileClaudio BaroniRedazioneLuciano Cinquini, don Andrea Ferrari,Enrica GobbiHanno collaborato a questo numeroMons. Rosario Verzeletti, Bruno Mazzotti, Luisa Li-bretti, Maria Marini, Vittorio Iezzi, Roberto Bedo-gna, Emanuele Baroni, Caterina Chioda, FulvioCocciolo, Ida Ambrosiani, Giuseppe Delfrate, donPietro Marchetti Brevi, don Felice Rizzini, donAndrea Gazzoli, don Gaetano FontanaFotografie di copertinaGiuseppe SisinniFotomontaggio di copertinaGiuseppe SisinniTipografiaTipolitografia Clarensedi Lussignoli S. & G.via Pedersoli 8 - Chiari (Bs)

    La copertina e la retrocopertina so-no state realizzate, sia nelle ripreseche nel montaggio, dal nostro col-laboratore Giuseppe Sisinni.Vogliono essere l’omaggio del notiziario“L’Angelo” al nuovo parroco mons. Ro-sario Verzeletti, che accogliamo con af-fetto e grande stima, mentre lo attendia-mo per il primo incontro di redazione.I collaboratori de “L’Angelo”

    Ai collaboratori� Il materiale per il numero di giugno 2001 si consegna entro

    lunedì 21 maggio 2001.� L’incontro di redazione per progettare il numero di

    settembre 2001 è fissato per lunedì 25 giugno 2001, pressola Casa Canonica, via Morcelli 7.

    Sommario�� ������ ��� �����Mi sento già di casa... 3���� �����������Come è stato accolto il Prevosto? 6Belle notizie - Presto... sarò diacono 7� �������� ��� ����Monsignor Mario Toccabelli 8Pellegrinaggio in onore di don Comini 9����� �����... il Figlio dell’uomo ha il potere 10� ������ �������� � ���Una sfida culturale 12������� ���� � ������Cresimandi dal Papa 13Centro Giovanile 2000Per una comunità educativa e accogliente 14Fuori orario... 15Riflessioni di due catechiste 15������ ���� �������Come fiori la vita 16A.I.D.O. 17�������� ��� ����� �������I nostri video 17����� ������� ������� ��������La festa dei fiori 19Mondo femminile – Ci avete rubato! 19���� �������� ����La bella sconosciuta 20Apostolato della preghiera 20 ��� �������Il coordinamento dell’impegno sociale 21Costruirsi in… Il gruppo come comunità 21����Scoutismo per il prossimo futuro 22Televisione - A ben guardare 23��� ����������Festeggiamo don Piero 24Adozioni a distanza - Oltre le banalità 25Estate 2001 26Scuola media - Trent’anni di cammino 27Vartan Boghossian 28Santi per l’oggi - Attilio Giordani 29������� �� ���������È tornata l’operetta 30Clarensità - Per non dimenticare 31Associazione Amici Pensionati e Anziani 31Per crescere - Le motivazioni del volontario 32Sport - Come dicevan tutti... 34Lettere in redazione - Centri di ascolto, dove? 35Associazione Pensionati 35Mo.I.Ca. informa 35Lettere in redazione - A proposito di Mucca pazza 36Offerte 37Calendario pastorale 37Anagrafe parrocchiale 38In memoria 39

    Il prossimo numero de“L’Angelo” sarà disponibile

    sabato 9 giugno 2001.

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    Carissimi tuttidella Comunità di Chiari,siamo ora riuniti in questomaestoso e meraviglioso Duomodedicato ai Santi Faustino e Giovi-ta, Patroni della nostra Città, percelebrare l’inizio del mio essere vo-stro parroco nel nome del Signore,con la protezione della VergineMaria e l’intercessione dei Santi. Ildono dello Spirito Santo ci è di gui-da e di sostegno morale e spiritua-le. Già ho rivolto a tutti il mio salutocordiale tramite il bollettino par-rocchiale “L’Angelo” e confermoper voi i miei sentimenti e la miagioia per essere vostro parroco.La vostra calorosa accoglienza miporta a vincere la naturale trepida-zione e timidezza: il canto solennedel coro e le parole rivoltemi misono certamente di aiuto; vi ringra-zio perché mi accogliete volentierie con tanta disponibilità sincera emeravigliosa.1. Il mio salutoAmo fare in questo momento me-moria dell’indimenticabile Mons.Angelo Zanetti, amato Prevosto,mio predecessore, cui rivolgo pre-ghiera e grande stima in nomedell’amicizia riverente e vissuta conlui.Mi è gradita la presenza di Mons.Vigilio Mario Olmi, Vescovo Ausi-liare di Brescia e nostro sempreben accolto concittadino e con Luivivo un pensiero di riconoscenzaper la stima che il nostro VescovoMons. Giulio Sanguineti ha postosu di me. Li ringrazio di cuore.Saluto e ringrazio tutti i sacerdoti

    Domenica 29 aprile 2001

    Mons. Rosario Verzelettiha iniziato il suo ministero pastorale per la Comunità di Chiari

    Mons. Rosario, accolto in Piazza Martiri della Libertà e accompagnato da una grande folla,percorre un tratto della Piazza per recarsi al palco. Immagine del “Buon Pastore”?

    Al termine della celebrazione in Duomo, al nuovo Parroco è stato consegnato un quadro,olio su tela, del clarense Giovanni Repossi. Sono raffigurati i Santi Faustino e Giovita,

    Agape e la Città di Chiari. La loro protezione non verrà mai meno.

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    della parrocchia, della vicaria e tut-ti gli altri amici che hanno volutoessere partecipi a questa preghieradi ingresso in parrocchia; volentierie con grande rincrescimento salutoe ringrazio i sacerdoti delle parroc-chie di Vobarno: don GiuseppeFrascadoro, don Antonio Zizioli,don Raffaele Licini, don ItaloLombardi, don Claudio Pezzottiche mi onorano della loro presenzae i sacerdoti della vicaria della Bas-sa Val Sabbia: la vostra amicizia efraternità pastorale mi sono di vali-do sostegno.Apro pure ancora il mio cuore atutta la comunità di Vobarno, diTeglie e Moglia e ad alcuni di Pre-valle San Zenone, che oggi hannovoluto numerosi accompagnarmiqui da voi, al signor Sindaco di Vo-barno, signora Marina CorradiniTiboni: mi sento onorato di averfatto parte della storia della vita diqueste comunità e mi rasserenal’esperienza vissuta e condivisa conloro in questi anni scorsi.2. Momenti significativiNei giorni scorsi ho vissuto alcunimomenti legati alla comunità diChiari.Il primo atto compiuto in Chiari èstata la visita al Duomo, rivolgendoal Signore la mia preghiera el’invocazione di grazie sulla mianuova comunità parrocchiale, lefamiglie, i giovani, i ragazzi, i bam-bini, gli ammalati e anziani.Ho incontrato volentieri i sacerdotidella Parrocchia e con loro ho pre-gato e scambiato la prima cono-scenza: li ringrazio perché mi han-no fatto sentire già come se fossi infamiglia per la loro cordialità e sti-ma e parole di fiducia e di incorag-giamento.Ho incontrato la delegazione delConsiglio Pastorale, del Consiglioper gli affari economici della par-rocchia, i rappresentanti dei giovaniche sono venuti a trovarmi a Vobar-no: vi ringrazio delle attenzioni, del-le numerose lettere pervenutemi inoccasione della Pasqua e per farmigli auguri per il mio nuovo incarico.Mi sono recato al cimitero e ho

    pregato sulla tomba dei sacerdoti edi tutti i defunti: questo mi aiuta afare tesoro del passato della storiaclarense; anche se non lo conosco,tuttavia lo sento in me presentecome segno spirituale di una espe-rienza storica di vita di sacrificio,lavoro, responsabilità, tradizioni enovità cui fare riferimento e me-moria per il presente e per l’av-venire.Ho incontrato nei giorni scorsi inComune il Sindaco, signor MinoFacchetti e in un dialogo cordialemi ha recato il saluto e l’acco-glienza sincera e disponibile di tut-ta l’Amministrazione e di tutta lacittadinanza di Chiari; ho avutopiacere sentire le varie iniziative ela sintesi, sia pure diversificata evariegata, della vita sociale e pub-blica. L’esperienza di vita diventaogni giorno storia e volentieri en-tro a far parte della storia di vita diquesta mia nuova comunità, a cuirivolgo la mia cordialità e la miavolontà di partecipazione e colla-borazione nei limiti delle mie capa-cità personali.Ho voluto riferire tutto questo per-ché ho avuto sentore che, pur nonconoscendoci ancora, voi Clarensiavete cercato di coinvolgermi inmomenti e incontri, per dimostrar-mi la vostra accoglienza serena ecordiale, quasi per dirmi che miposso sentire già di casa e di fami-glia con voi: vi ringrazio.Ho vissuto in questi giorni il distac-co alquanto impegnativo e, per-mettetemi, pure di sofferenza, dal-le due comunità di Vobarno, Te-glie e Moglia, cui finora ho fattoparte con dedizione. L’obbedienzadella fede mi rincuora e mi inco-raggia. A tutti la mia stima e vici-nanza, la riconoscenza per i vostrisignificativi doni e la preghiera.3. Nel vangelo di questa domenica sidice che Gesù risorto si è manife-stato nell’aiuto dato agli apostoliper la pesca straordinaria e nelconferire, in una dimensione diamore, il compito primario a Pie-tro di guidare la Chiesa.Gesù offre pure a noi un triplice

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    dono: la sua Parola, il pane del-l’Eucarestia, la sua fiducia di graziee benedizioni.Con questi doni ci accingiamo in-sieme a vivere la missione vocazio-nale cristiana nella nostra comuni-tà parrocchiale.Il “seguimi” rivolto a Pietro, lo pos-siamo accogliere pure noi.In questo leggo l’impegno sacerdo-tale mio e vostro.Ringrazio i miei familiari e tutti voiche siete qui.Tutti ci benedica il Signore.

    don Rosario(Testo dell’omelia nel giorno dell’ingresso.)

  • Il 29 aprile c.a. è arrivato nella no-stra parrocchia il nuovo parroco,mons. Rosario Verzeletti. Chi è ilparroco? Rispondo con il codice di Di-ritto Canonico nel quale si recita: «IlParroco è il pastore proprio della Par-rocchia affidatagli, esercitando la curapastorale di quella comunità sottol’autorità del Vescovo Diocesano, conil quale è chiamato a partecipare al mi-nistero di Cristo, per compiere al servi-zio della comunità le funzioni di inse-gnare, santificare e governare, anchecon la collaborazione di altri presbiterio diaconi e con l’apporto dei fedeli lai-ci, a norma del diritto». Comel’abbiamo accolto il nostro pastore?L’abbiamo accolto in festa, acclamandoe osannando come Gesù nell’entrata inGerusalemme, la Domenica delle Pal-me, e ben augurando per il suo nuovolavoro pastorale a nostro favore. Que-sto è vero, ma non tutta la popolazionedi Chiari era unanimemente entusia-sta, con un cuore e un’anima sola.Io a tal proposito dividerei i clarensi invarie categorie.I categoria: gli indifferenti. Sono coloroche non hanno avuto alcun interesseall’ingresso del nuovo parroco: «Per meun prete o un altro è lo stesso, o meglionon mi interessano per niente». E allo-ra è molto significativa la risposta cheha dato un tizio a sua moglie che lo pre-gava di rimanere a casa almeno quelgiorno in cui si celebrava l’ingresso delPrevosto e di partecipare pure lui: «Maperché devo rinunciare al mio unicohobby, cioè d’andare a pescare? A mel’ingresso del nuovo prete (sic) non in-teressa proprio nulla, venga, vada, fac-cia e strafaccia, a me non fa né caldo néfreddo, s’arrangi lui, sono fatti suoi».Purtroppo, alcuni, non molti, speriamo,si sono comportati così e continueran-no la loro prammatica disinvoltura inquel modo.II categoria: i ruffiani. Sono quelli chehanno accolto con un entusiasmo finoalle stelle il nuovo Parroco, ma conl’intenzione di sfruttarlo o strumenta-lizzarlo per i loro ignobili interessi.Quali? Per esempio per apparire piùimportanti, elevarsi un tantino in piùsopra gli altri, per poter dire a tutti che

    il Parroco è loro amico, che conosconobene la sorella (o la perpetua) con laquale sono in piena confidenza, si tele-fonano di frequente, la invitano a bereil caffè. Quando il parroco organizzeràgite o pellegrinaggi, costoro staranno alsuo fianco, cercheranno di sedere allasua destra o alla sua sinistra a pranzo, oin qualche intrattenimento culturale oricreativo. Saranno sempre compiacen-ti e servizievoli fino alla noia, e speria-mo non fino alla ripugnanza. Anche co-storo spero siano pochi, ma forse tantopochi non lo sono.III categoria: i cristiani veri, autentici,rispettosi, amici del parroco e degli altripreti. Suoi sinceri collaboratori. Amicidel cuore, che vedranno nel Parroco ilbuon Pastore, al quale saranno docili efedeli aiutanti in tutto quello che saràrichiesto e necessario, specialmentenell’impegno pastorale e apostolico.L’aiuteranno con la preghiera e conogni opera buona a salvare le anime,come ha fatto quella cameriera di unricco signore di cui parlava padre Mat-teo Crafley, apostolo e propagandistadella devozione al Sacro Cuore diGesù, il quale era venuto a contatto conun miscredente, ateo pratico (cioè unoche vive come se Dio non ci fosse) cheera caduto gravemente ammalato eche, per fortuna, aveva vicino a luicome donna di servizio un’anima santa,piena di fede e di amore, la quale ebbeper prima preoccupazione quella dichiamare il suo Parroco. Ma il malatonon volle il Parroco, ne aveva troppasoggezione e vergogna; allora quellabuona cameriera chiamò quel Gesuitache era venuto a parlare del Sacro Cuo-re nel suo paese; lo chiamò, egli venne,tornò alcune volte e riuscì a convertirequel miscredente che era vicino allamorte. Il Padre lo confessò, gli fece laComunione e il giorno seguente gli am-ministrò anche l’olio santo. Fu una veraconversione, tanta gioia e soddisfazio-ne da parte di Padre Matteo, maall’uscita, accompagnato dalla camerie-ra che piangeva a dirotto dalla gioia, sisentì dire da lei: «Grazie Padre, chegioia! Ora il Signore mi faccia pure mo-rire perché quello che più desidero l’hoottenuto». Cioè? «Ho pregato per 20

    anni per il mio padrone e finalmente ilSignore mi ha fatto la grazia, il mio pa-drone, che tra l’altro è tanto buono, èsalvo. Grazie Padre». E il Padre: «Cheimbecille sono stato mai, credevo di es-sere stato io a convertire quel peccato-re, invece è stata lei, quella splendidaanima di cameriera. Che cantonateprendiamo noi preti!!!». Ecco, questaera la donna che ci voleva in quella Par-rocchia, accanto al suo Parroco. Mi au-guro che a Chiari di queste anime ce nesiano, e ce ne sono. È un buon auspicio egrande incoraggiamento per il parroco.Potrei continuare a citare altre catego-rie, quella per esempio di coloro chechiedono continuamente: «E il nuovoparroco è in gamba? È bravo? È colto?Parla bene? Sarà lungo nelle prediche?È un intellettuale?» ecc. ecc... Doman-de tutte tutte inutili. Il Prevosto è statomandato dal Vescovo, e se l’ha manda-to il Vescovo vuol dire che è all’altezzadel suo compito. Dei suoi requisiti èstato giudice e discernitore solo edesclusivamente il Vescovo, il quale hascelto certamente bene. Per chi tieneagli sfronzoli, il nostro parroco è laure-ato, ha insegnato Morale in Seminario,nel quale ha fatto anche da vicerettore.Ha già un’esperienza pastorale di deci-ne di anni e poi e poi... Quello che a noiinteressa è che sia un prete al quadrato.“Egli non è un angelo, né un santo, è unuomo che ha bisogno di Dio e di noi”:così abbiamo detto nella preghiera chepiù volte abbiamo fatto per lui. Per noisacerdoti suoi coadiutori va benissimo,ne fummo entusiasti fin dall’inizio e sia-mo pronti ad aiutarlo in tutto e per tut-to. Voi laici fate la vostra parte e questaparrocchia raggiungerà livelli di santitàdegni del terzo millennio nel quale, adetta del Papa, trionferanno la miseri-cordia di Dio e il cuore immacolato diMaria.

    don Davide

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    COSE SBALORDITIVE

    Come è statoaccolto il Prevosto?

  • Qualcuno mi avrà notato neigiorni festivi accanto al cele-brante e si sarà chiesto chifossi e da dove venissi. È venuto il mo-mento di presentarmi, con una breveintroduzione. Non posso esimermi dalcitare il compianto diacono Frigoliche mi ha segnalato in parrocchia e miha permesso di esercitare a Chiari tradi voi il mio ministero di accolito.San Paolo ai Corinti al cap. 12 afferma:“Vi sono diversità di carismi, ma unosolo è lo Spirito; vi sono diversità diministeri, ma uno solo è il Signore; visono diversità di operazioni, ma unosolo è Dio che opera tutto in tutti. E aciascuno è data una manifestazioneparticolare dello Spirito per l’utilitàcomune...”Diacono deriva da diaconia, una paro-la greca che significa “servizio”, servi-zio alla comunità. Il Libro degli Attidegli Apostoli al cap. 6 parla dei primisette diaconi della cristianità, tra cuiStefano che sarà anche il primo a darela vita per Cristo. Luca racconta negliAtti che nella prima comunità cristia-na sorse la necessità di aiuti materiali ecaritativi verso le vedove ed i poveri edecco la scelta di sette uomini di buonareputazione a cui gli apostoli imposerole mani per l’effusione dello SpiritoSanto. Il diaconato nel corso dei secoliconobbe varie vicissitudini, fino ascomparire nella forma di ministeriali-tà propria e definitiva (permanente) ediventò solo “tappa di passaggio” ver-so il presbiterato. La Costituzionedogmatica sulla Chiesa Lumen gen-tium del Concilio Vaticano II al n. 29recita: “In un grado inferiore della ge-rarchia stanno i diaconi, ai quali ven-gono imposte le mani - non per il sa-cerdozio -, ma per il servizio. Sostenutidalla grazia sacramentale, in comunio-ne col Vescovo e col suo presbiterio,essi sono al servizio del popolo di Dionella diaconia della liturgia, della pa-rola e della carità. Appartiene al dia-cono, amministrare solennemente ilbattesimo, conservare e distribuirel’Eucarestia, assistere e benedire ilmatrimonio in nome della Chiesa, por-tare il Viatico ai moribondi, leggere aifedeli la sacra Scrittura, istruire edesortare il popolo, presiedere al culto

    e alla preghiera dei fedeli, amministra-re i sacramentali, presiedere il rito deifunerali e della sepoltura. Dediti alleopere di carità e di assistenza, i diaconiricordino l’ammonimento del beatoPolicarpo: ‘Siano misericordiosi, atti-vi, camminino nella verità del Signoreil quale si è fatto servo di tutti’. Colconsenso del romano pontefice questodiaconato potrà essere conferito a uo-mini di età matura, anche sposati, cosìpure a giovani idonei, per i quali peròdeve rimanere in vigore la legge del ce-libato”.La Conferenza Episcopale Italiana hafatto suo questo documento ed in par-ticolare la diocesi di Brescia è statauna delle prime in Italia, e la prima inLombardia, a disciplinare e a ordinarediaconi permanenti. Secondo la men-talità corrente, il diacono è visto dai“non addetti” come un mezzo prete oun prete mancato; come si evince inve-ce dai documenti è tutt’altro.Ho iniziato nel lontano 1992 ad inte-ressarmi del diaconato, grazie all’aiutoprezioso di Gigi Gozzini (allora aspi-rante diacono a Pontoglio) e alla di-sponibilità del precedente parroco,don Paolo, che mi segnalò a Brescia.Intrapresi contestualmente la fre-quenza della Scuola di Teologia perLaici presso il seminario di Brescia.Dopo quattro anni di studio ebbil’agognato diploma necessario percontinuare l’avventura verso il diaco-nato permanente. Risiedo a Pontogliodal 1986, provengo dalla Sicilia, sonodocente di matematica, sposato conuna docente di musica, pianista e di-rettrice di corale, padre di due bambi-ni, Andrea di otto anni e Priscilla diquattro. Il consenso della moglie è ob-bligatorio e questo viene detto pubbli-camente in una cerimonia solenne allapresenza del Vescovo. Da quell’istantesi è ufficialmente ammessi e dichiarati“aspiranti diaconi”. Per me ciò è avve-nuto nel 1996, dopo di che ho ricevutogli ordini minori del lettorato edell’accolitato nel 1999 e 2000.Siamo in dirittura di arrivo e probabil-mente nel prossimo mese di giugnopotrò coronare il mio sogno di diventa-re diacono permanente.L’ordinazione, ovviamente, non deve

    essere fine a se stessa, ma deve esserevista in funzione degli altri. Con la lorovocazione a servire la Parola, la comu-nità e i poveri, i diaconi sono il segnostorico della continua, servizievole ediscreta diaconia di Dio che la Chiesacompie nel mondo. I diaconi, come ilVaticano II li ha pensati e voluti, devo-no congiungere nelle loro vite servizioliturgico e impegno caritativo, Eucare-stia e diaconia dei poveri. E questonon secondo abusati espedienti pasto-rali che servono a mettere un rattoppoai bisogni occasionali e logistici dellechiese, ma nella riguadagnata intelli-genza di una ministerialità evangelicadove l’esistenza cristiana dei discepolie la testimonianza di servizio dellechiese fa comprendere la specificitàdella diaconia come servizio perma-nente che collega il culto alla vita, ilmistero alla storia, la chiesa al mondo.Sfruttando le occasioni che sicuramen-te un presbitero non ha, si è convenutocon il parroco che potrei interessarmidi tutte quelle problematiche attinentialla pastorale scolastica nella nostrazona. Il compito è arduo, perché biso-gna partire da zero, ma con l’aiuto didon Angelo Chiappa, parroco di Pon-toglio, che è sicuramente un espertodel settore e con l’aiuto dello SpiritoSanto, che invocherò spesso, sono si-curo che qualcosa di buono andremo acostruire.Domenica 3 giugno, alle ore 18.30, nellaChiesa parrocchiale di Pontoglio dedi-cata a Santa Maria Assunta, verrò or-dinato diacono e avrei tanto piacereche anche voi clarensi veniste in tanti asostenermi con la preghiera.

    Antonio Aricò

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    BELLE NOTIZIE

    Presto... sarò diacono

  • Premetto che allora non c’ero,eppure mi par di sentire le voci:son sussurri, bisbigli, confermee smentite. I “Si dice…”, “Mi han det-to…”, “Ho sentito…” risuonano lun-go le strade di una Chiari che, ancorasbigottita per la morte improvvisa delprevosto Lombardi, già si protende inattesa del nuovo Pastore. E si fan con-getture, si azzardano nomi, si avanza-no aspettative... proprio come inquest’ultimo mese! Infine arriva laconferma di una voce ormai diffusanel Seminario di Brescia: il nuovo pre-vosto di Chiari sarà il Professor Reve-rendo Mario Toccabelli. Una figuranettamente diversa, e non solo fisica-mente, dal suo predecessore, monsi-gnor Lombardi, ma già conosciuta perla sua scienza e autorevolezza.Don Mario Toccabelli, nato a Vestonenel 1889 e ordinato sacerdote nel 1912,prima di giungere a Chiari aveva svoltola sua missione soprattutto in Semina-rio, come professore di Sacra Scrittu-ra. Ma non era stato solo quello il suocampo d’azione: si era adoperato, conmonsignor Zammarchi, alla diffusionedella cultura religiosa presso la gioven-tù, dando vita, con altri, alla Scuola diMagistero Catechistico. In quegli anniera particolarmente sentita la forma-zione dei catechisti ed a Chiari donToccabelli era già conosciuto in quan-to, su invito di monsignor Menna, eravenuto a tenere lezioni con altri insigniprofessori, quali monsignor Tovini,Crovato, Solvetti e Ravanelli. Inoltre

    era Assistente Ecclesiastico del Colle-gio Tito Speri, Revisore dei libri per lastampa e collaboratore presso la So-cietà Editrice “La Scuola”.Con questi importanti precedenti,Don Mario Toccabelli giunse a Chiarinel 1927 trovando un terreno fertile,già ben “concimato” da monsignorLombardi. Come lui stesso ebbe a dire,per il primo anno stette alla finestra adosservare, poi “pose mano all’aratro”,dando un notevole impulso a tutte leattività parrocchiali. Nel 1929 la signo-rina Caterina Arici, allora segretariadel Catechismo, annotava che gliiscritti erano 1800 “e si va dai bimbi edalle bimbe della prima elementare aicontadini, agli operai, alle operaie edalle casalinghe, agli alunni del Ginna-sio e della Complementare fino agliStudenti dell’Istituto”. La stessa Aricidescriveva una organizzazione dotatadi registri annuali per assenze e pre-senze, per i gradi ed i giudizi, di unatessera per gli alunni e relativa timbra-tura per la presenza alla Santa Messaed al Catechismo, nonché di gare epremiazioni annuali.Ma accanto all’esistente, monsignorToccabelli istituì e fece fiorire anchenuove opere, fra tutte la Schola Canto-rum e la Congregazione delle madri cri-stiane. Questa congregazione avevaavuto origine a Parigi nel 1850 quandoalcune dame, preoccupate per il de-grado della società e “trepidando per

    la sorte temporale ed eterna dei loromariti e dei loro figlioli” pensarono diaffidarsi a Maria Santissima perchérendesse più efficace la loro preghiera.Sotto la guida di Padre Teodoro Rati-sbonne, iniziatore e protettore, la PiaUnione si diffuse rapidamente, tantoda ottenere la benedizione di Pio IX.Lo scopo era, ed è tuttora, quello di“formare, per mezzo di apposite istru-zioni, buone spose e buone madri talida poter degnamente portare il nomedi madri e di spose cristiane, e con leloro preghiere santificare i loro maritie i loro figlioli”. L’adesione delle ma-dri clarensi fu subito notevole e laCongregazione è ancora attiva, nono-stante la modesta adesione. Forse nonsi ritiene più necessaria la protezionedella Madonna per il bene fisico e spi-rituale dei figli!!!Purtroppo la permanenza a Chiari dimonsignor Toccabelli fu davvero bre-ve, perché il 29 ottobre 1930 venneconsacrato Vescovo ed assegnato daPio XI alla diocesi di Alatri. Nel primosaluto alla nuova Diocesi, datato 15 di-cembre 1930, così scrisse: “Chi potevacredere che un cuore, che nel pieno vi-gore della vita, s’era donato alla Par-rocchia di Chiari, dopo tre anni di tiro-cinio, di prove e riprove, quando inco-minciava a gustare la gioia di esserecompreso e apprezzato nei suoi sforzie riamato, potesse trovare il coraggiodi dire addio a una Parrocchia, di cuisarà ben difficile trovare l’eguale, perdonarsi con altrettanto slancio alla fa-miglia nuova assegnatagli dal Signore?Eppure è quello, che ora avviene; e ilcuore è fermo nel dovere, fra dueschiere di figli, gli uni che piangono neldare l’addio, e gli altri che nella gioiaporgono il benvenuto.”Alatri accolse con grandi festeggia-menti il nuovo Vescovo che, nel gen-naio 1931, fece il suo ingresso sul dor-so di una bianca mula.In quell’occasione vennero compostisonetti, recitati dall’autore Luigi Pirri,dei quali propongo alcuni passaggi.“Squilli di trombe e suoni di campane,alte grida di giubilo acclamanti in Ala-tri echeggiaron, l’altra mane. A Te -novello antistite - osannanti, nel ve-spro, dai colli e dalle piane corsero, an-

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    I SACERDOTI DEL NOVECENTO

    Monsignor Mario Toccabelli

    L’inizio del ministero episcopalenella Diocesi di Alatri,

    accompagnato da alcuni clarensi.

  • siosi, tutti gli abitanti. E Tu, benedi-cente, fra l’immane turba passasti neitripudi e canti. Su bianca mula, auste-ramente adorno d’ogni sacro indu-mento episcopale, facesti ingresso alnuovo Tuo soggiorno... E, mentre aCHIARI il suo partir fu visto di lagri-me velato e di rimpianti, qui, nella ter-ra consacrata a Sisto, fervono intornoa Lui cuori festanti; intorno a Lui, cheper l’amor di Cristo e della Patria esor-ta: Avanti, avanti!”Monsignor Toccabelli rimase ad Alatriper quasi 5 anni, fino a quando diven-ne Arcivescovo Metropolita di Siena,nel 1935.Ricordando le tappe della sua vita cosìscrisse, il 9 giugno 1959, al nostro Par-roco Monsignor Gazzoli: “Chiari! pro-prio il primo amore al punto che negliultimi giorni ripetevo ‘che non si ripetapiù una cosa simile o ci rimetto la vita’.Eppure mi toccò un altro addio nonmeno doloroso del primo. Della Dio-cesi di Alatri avevo fatto una famiglia eli conoscevo quasi uno ad uno”.Morì a Siena il 14 aprile 1961.Chiari non dimenticò il suo Parroco edal suo funerale, celebrato il giorno 17,parteciparono 31 clarensi, accompa-gnati dal parroco monsignor Gazzoli.

    Elia Facchetti

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    PELLEGRINAGGIO IN ONORE DI DON COMINI

    Chiari, 23 aprile 2001

    Ieri, 22 aprile, finalmente si è compiuta l’attesa trasferta per Piop-pe di Salvaro (Grizzana - Marzabotto) in Emilia, sulla statale del-la Porretta, per onorare la santa figura di don Elia Comini. DonElia, salesiano, fu presente a Chiari per otto anni, prima dell’ultimoconflitto mondiale e sino al 1943, quale insegnante presso il CollegioRota prima e poi a San Bernardino. Insegnante, laureato in Lettere eFilosofia, fu pastore, educatore, poeta e musicista raffinato, semprevicino ai nostri giovani nel santo nome di don Bosco. Nel luglio del1944 volle trascorrere un periodo presso l’adorata madre in Emilia, aSalvaro comune di Grizzana, poco lontano da Marzabotto e nell’oc-casione prestare aiuto all’anziano parroco del paese. Era il periodopiù tremendo della guerra e particolarmente in quella zona, teatrodella famosa Linea gotica: da un lato l’esercito alleato, di fronte letruppe tedesche e repubblichine, in mezzo gruppi di formazioni parti-giane.Il 29 settembre 1944, don Elia e don Capelli furono arrestati dalle S.S.naziste mentre prestavano aiuto a feriti e agonizzanti, inermi cittadinicolpiti per rappresaglia dalla furia bestiale delle truppe tedesche. Fu-rono rinchiusi in un ambiente (la scuderia) con altre 70 persone colpe-voli di niente. Da lì il primo ottobre don Elia fu prelevato con altre 45persone, trascinato alla Botte di Pioppe di Salvaro. Furono tutti bar-baramente uccisi. Di fronte all’offerta di una personale libertà disse:O tutti o nessuno! Morì martire fra i martiri.Siamo partiti da Chiari in un pullman completo e con alcune vetture.Presenti, per l’Amministrazione comunale, il Sindaco dott. Mino Fac-chetti, il Vice sindaco Elena Mazzotti, gli Assessori Goffi e Partegianied il gonfalone della nostra città. Fra gli ex allievi salesiani, don GiulioBrambilla, don Carsana, il Presidente dell’Associazione Ciro Mangia-vini ed altri ancora. E poi, la rappresentanza dell’Associazione Parti-giani d’Italia con il gagliardetto e i fazzoletti tricolori.La prima tappa, guidati da don Germani, postulatore per la causa dicanonizzazione di don Comini, alle Botte di Pioppe, luogo dell’ec-cidio. Ad attendere c’erano i Sindaci di Grizzana e Marzabotto.Qui il nostro Sindaco con chiare, efficaci parole, ha ricordatol’avvenimento ed il perché della nostra presenza. Hanno risposto iSindaci locali.Ci si è recati poi alla chiesetta nei pressi della Scuderia dove donBrambilla, don Carsana e don Germani hanno concelebrato la SantaMessa. Infine, alla casa natale di don Comini, dove dinnanzi alla lapi-de che lo ricorda, fra la commozione generale, il Cav. Renato Tenchi-ni ha tenuto un breve intervento. Dopo colazione, visita al sacrario diMarzabotto, ricordo di 1800 vittime innocenti fra cui risultano 316donne, 76 vecchi e 189 bambini di età inferiore ai 12 anni. Al termine,visita alla chiesetta di Salvaro dove è eretto un monumento a don Co-mini. Di seguito, nel piccolo cimitero vicino, il nostro Sindaco MinoFacchetti, con un semplice ma efficacissimo discorso, ha chiuso la ma-nifestazione.È stata una giornata di commozione e di riflessione che nessuno deipresenti dimenticherà mai. Una presenza doverosa che fa onore ai cit-tadini presenti, ma anche alla nostra città.

    Per l’Associazione Partigiani d’Italia “Fiamme Verdi”Renato Tenchini

    Gli organizzatori, con don Brambilla,davanti alla lapide

    che ricorda don Elia Comini

  • Èpassata Pasqua, sono passati igiorni della Prima Comunionee della Cresima, sono state di-menticate le esortazioni del Papa rela-tive al “ministero della misericordia”e sul Notiziario di maggio vorremmoproporre come tema del mese o primopiano una breve riflessione sull’im-portanza, nella vita del cristiano, delsacramento della Riconciliazione odella Penitenza o della Misericordia ocomunque di quella splendida, se vis-suta bene, esperienza che va sotto ilnome di Confessione sacramentale.Ogni termine sottolinea un aspettodella ricchezza di questo incontro conla bontà del Padre nel perdono otte-nutoci dal Figlio.Perché parlarne ora, così “in ritardo”?Proprio per non confermare la tristeabitudine di mettersi a posto per unasolennità importante e dimenticareche “confessione” senza “cammino co-stante nella vita cristiana” non è“gran” confessione.Annunciato il tema, il primo impatto,credo, sia quello di un affacciarsi ditante domande: perché confessarsi?Quali sono i veri peccati? Sono capaceancora di confessarmi? È così gravemancare alla Messa per una domenicao l’altra? Se non mi sono confessato,almeno al funerale, posso fare la co-munione chiedendo perdono a Dioall’inizio della Messa? I primi discepo-li hanno cominciato subito a confes-sarsi oppure è una disciplina che ha in-trodotto la Chiesa? Perché si confessa-no di più i bambini ed i ragazzi, cheforse hanno meno peccati, degli adul-ti? Perché vivere belle cerimonie per laprima confessione, quando alle cele-brazioni penitenziali per gli adulti sipresentano sempre i soliti affezionatiche non mancano mai a nulla?A queste, e ad altre domande riguar-danti il sacramento della Confessione,ho cercato di trovare risposta rileggen-do la “Lettera” che il Papa ha scritto aisacerdoti in occasione del giovedì san-to del 2001, il primo dopo il Giubileo.Proprio a partire dalla grande espe-rienza di perdono del Giubileo, Gio-

    vanni Paolo II ha voluto richiamarel’attenzione sul “sacramento della mi-sericordia” per ricordare ai sacerdotiche il “ministero della misericordia” vaprima vissuto e poi esercitato nella co-munità dei discepoli di Gesù.Alle domande “Che senso ha oggi ilpeccato? Quali sono i peccati?”, mi èparso di trovare una indicazionenell’affermazione che “la vera ereditàdel Giubileo deve essere l’esperienzadi un intenso incontro con Cristo e unodegli aspetti di questo incontro deveessere quello della riconciliazione sa-cramentale”.Ecco, questo è il punto di partenza. Sec’è davvero un’esperienza continua diincontro con Gesù è possibile parlareanche della sua misericordia; se mancaquesto rapporto importante con Gesù,non gusteremo mai la gioia del suoperdono. Chi ha incontrato Cristo,così afferma il Papa, non può che ave-re come “saggia programmazione” divita personale l’impegno alla santità:“È impegno fondamentale di tutti icredenti”.In Gesù noi scopriamo che il progettodi Dio per noi è essere come suo Fi-glio, capaci di progettare la nostra vitaa partire dalla sua volontà. In Gesù noiscopriamo qual è “l’immagine di Dio”che è dentro di noi e che dobbiamo re-alizzare nella nostra esistenza. Quantevolte, purtroppo, non diventiamo ciòche siamo, non viviamo da figli chehanno scoperto in Gesù il proprio pro-getto: questo è il peccato.È chiaro che il discorso vale se è forte illegame con Gesù, forte la fede inGesù, incrollabile la convinzione chein “Gesù abbiamo la nostra salvezza”.Nella nostra debolezza vediamo chesiamo spesso distanti da ciò che è la vo-lontà di Dio, conosciuta nella personadel Figlio, e per questo temiamo ad ab-bandonarci alla sua volontà di perdo-no e di misericordia. Perché noi, cari-chi di fragilità e di debolezze, pecchia-mo. Perché noi “santi”, in un certosenso, non lo vogliamo essere, con-trapponendoci alla volontà di Dio pernoi. Questo “il” peccato che ci fa vede-

    re “i” peccati. Questa l’origine dellanecessità che abbiamo, costantemen-te, di essere perdonati.E il sacramento della Riconciliazioneè lo strumento fondamentale della no-stra santificazione perché “rimette”,“perdona”, “cancella” le nostre infe-deltà.Chiedere l’assoluzione - dice il Papa -ci fa vivere la grande e consolante veri-tà di essere membri di un unico popo-lo, un popolo di salvati. Siamo stati sal-vati nel battesimo e continuamente ve-niamo salvati dal vuoto delle nostrescelte dal perdono.“Perché sappiate che il Figlio dell’uomoha il potere sulla terra di rimettere i pec-cati...” così Gesù introduce il miracolodella guarigione del paralitico per gli in-creduli soliti “benpensanti”, presuntosidi sé e della propria capacità di salvarsicon le proprie opere.“Bisogna dire con fermezza e convin-zione che è il sacramento della Peni-tenza la via ordinaria per ottenere ilperdono e la remissione dei peccatigravi commessi dopo il Battesimo”.“Via ordinaria” significa che nellaConfessione abbiamo uno strumentosemplice, alla portata di tutti, possibileogni giorno, strumento garantito perpoter riprendere il cammino della san-tità. Chissà perché l’abbiamo ridottoad un incontro con Cristo solo poche opochissime volte all’anno? Chissà chevalore hanno quelle affrettate confes-sioni a distanza ravvicinata con le duesolennità più grandi dell’anno liturgi-co? Nascono dalla convinzione cheDio ci vuole santi come il Figlio suoGesù o servono solo, erroneamente, ascaricare la coscienza? Ognuno provi arispondere per sé.“Questa via ordinaria - dice ancora ilPapa - nasce da una corretta percezionedell’economia sacramentale con cui Dioci salva. La confessione sacramentalenon va confusa con una pratica di so-stegno umano o di terapia psicologica,anche se non si deve tuttavia sottovalu-tare il fatto che, vissuto bene, il sacra-mento della Riconciliazione svolge si-curamente anche un ruolo ‘umaniz-

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    PRIMO PIANO

    ... il Figlio dell’Uomoha il potere di rimettere i peccati

  • zante’, che ben si coniuga con il suo va-lore primario di riconciliazione conDio e con la Chiesa”.Corretta percezione dell’economia dellasalvezza significa che Dio, attraversol’opera di Gesù, ha voluto raggiungercicon dei “segni”, segni non privi di effi-cacia, ma sicuri in quello che realizza-no. Questi “segni” li chiamiamo, conpiù precisione, “sacramenti”, cioè se-gni efficaci che mantengono quantopromettono in forza dello Spirito San-to. Anche questo lo si scopre a partiredalla conoscenza e dall’esperienza chesi ha di Gesù, dalla conoscenza e dallafrequentazione in preghiera della suaParola contenuta nel Vangelo. Al difuori di questa logica non si può “vive-re” la misericordia di Dio. Dio vuolesalvarmi attraverso Gesù; oggi attra-verso la Chiesa e nella Chiesa tramite isacramenti. Questo il senso delle paro-le: economia della salvezza.Anche il Papa accenna alla “crisi dellaconfessione”, ma è crisi della confes-sione o crisi di identità? L’uomo sa chiè e chi deve diventare? L’uomo sa cosaci sta a fare sulla terra, a cosa valgono isuoi giorni? Chi si è lasciato illumina-re, nelle risposte a queste domande,dall’esperienza del Figlio di Dio, lo sabenissimo e sa anche perché deve con-fessarsi, confessarsi bene e abbastanzadi frequente.Cammino di santità e confessione vannodi pari passo, separarli è decretare lamorte dell’uomo e la morte di uno deipiù importanti momenti di incontrocon il Signore della vita e della storia.

    Se questo è l’impianto che mi è parsodi cogliere nella lettera del papa, orapossiamo anche rispondere veloce-mente ad alcune domande.Che cosa è peccato? Prova a chiederloal Vangelo. Peccato non è solo unascelta gravemente sbagliata, è soprat-tutto rifiuto all’impegno ad essere mi-gliori, non porsi neanche il problema,accettare la mediocrità, accontentarsidel minimo indispensabile, quandomagari ho avuto “cinque talenti” e liho sotterrati.Quando confessarsi? Mi verrebbe vo-glia di dire: sempre, meno che a Pa-squa e a Natale. Meglio dire: quando èun momento per crescere spiritual-mente, non quando ti è imposto dal-l’esterno; spesso, ma nella calma, dopouna buona preparazione.Come faccio a fare l’esame di coscien-za? Per prima cosa impegnati a dimen-ticare l’esame di coscienza che hai im-parato da bambino. Quello serve aibambini, tu dovresti essere cresciuto ese sei cresciuto anche dentro, non solonel corpo, sai quanti aiuti abbiamo perilluminare la coscienza, sai che abbia-mo il Vangelo, sai che vengono orga-nizzate le “Celebrazioni penitenziali”.

    E da ultimo: non preoccuparti di sco-modare i preti per la confessione, sedavvero vuoi fare una buona confes-sione. Costringili a lavorare.Non li trovi? Tempestali di telefonate,ma obbligali a darti ciò che ti spetta.

    don Andrea

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    XLII Marciadella Speranza19 maggio 2001

    Itinerario

    Ore 20.30 - Partenza dal CentroGiovanile 2000, Via Tagliata, Via-le Bonatelli, Viale Mellini, Piaz-zetta Mellini, Via Lupi di Tosca-na, Piazza Martiri della Libertà,attraversamento Statale 11, Via S.Rocco, Via S. Bernardino, via A.Manzoni, viale G. Marconi.Imbocco statale per Cologne, sot-topasso FS, via S. Bernardino, viaZara, via A. Ricci.

    Sosta per la distribuzione dei cerie inizio della fiaccolata: Via Orti,Via Traversa S. Pietro, attraversa-mento Statale per Cologne, Piaz-zale Molino Piantoni, chiesetta S.Pietro e Paolo.

    CelebrazioneSanta MessaOre 22/22.30

    La partecipazione al pellegrinaggioè personale, libera e volontaria.Il Comitato organizzatore declinaogni responsabilità per eventualidanni a persone e/o cose che po-trebbero accadere prima, durante edopo la Marcia della Speranza.Per coloro che si dovessero trovarein difficoltà è assicurata la presenzadi un mezzo di trasporto, sia perl’andata che per il ritorno.

    Portare il nome di Giuseppe, che significa “il giusto”, vuol dire poter fare riferimento apersonaggi grandissimi della storia biblica e della storia civile. Basti pensare a Giuseppefiglio di Giacobbe e Rachele, al padre putativo di Gesù, all’imperatore FrancescoGiuseppe...I “Giuseppe” di Chiari hanno pensato, il 19 marzo scorso, di celebrare il nome che portanocon una giornata insieme. Sicuramente l’anno prossimo saranno alcuni di più, visto che aChiari a portare questo nome sono in tanti, con un calo, per la verità negli ultimi anni.Un bel nome come questo merita, anche oggi, di essere scelto di più.

  • La presenza di numerosi Alba-nesi all’interno del CentroGiovanile ha sollevato in que-sti ultimi mesi una serie di polemichee di reazioni, a volte molto dure, neiconfronti di questa presenza e in gene-rale nei confronti delle scelte di aper-tura del Centro Giovanile. Gli Alba-nesi sembra siano diventati l’unicovero problema del Centro e della cittàdi Chiari, quando problemi non menogravi che toccano il mondo giovanilerestano sottaciuti o neppure conside-rati. Certamente una presenza cosìconsistente, che non supera però neimomenti di punta le 60/70 unità, benlontana comunque dalle 500/700 ri-portate da un volantino anonimo di al-cuni giorni fa, può far nascere un qual-che problema, tenuto conto che, ingran parte, le persone sono di recentearrivo e non hanno ancora ben chiarela tipicità dell’ambiente e le regole chevi presiedono. Il fenomeno non ci ècertamente estraneo; da quattro annia questa parte diversi Consigli di Ora-torio sono stati dedicati all’approfon-dimento di questa situazione per cer-care di affrontare i problemi con co-noscenza di causa, con la testa e nonsull’onda di reazioni istintive, di visio-ni ideologiche preconcette. Il CentroGiovanile nei suoi diversi ambienti èprimariamente una struttura educati-va i cui principi ispiratori sono genera-ti dal Vangelo e quindi dicono riferi-mento a una visione cristiana dellavita, dell’uomo, della società e delmondo. Il progetto educativo del-l’Oratorio afferma che “l’Oratorio èaperto a tutti i bambini, ragazzi, giova-ni, senza discriminazioni e alle loro fa-miglie; a chi si inserisce si richiede dicondividere i valori base dell’umanaconvivenza, specificatamente il rispet-to per le persone e per le cose, insiemealla disponibilità a intraprendere cam-mini che aiutino ad uscire dall’indif-ferenza e dal qualunquismo”. È lonta-na da noi ogni scelta di discriminazio-ne riguardo all’origine etnica o a qual-siasi altra connotazione che non sia ilrispetto dell’ambiente, delle persone ela disponibilità al dialogo.E questo, è chiaro, vale per tutti, alba-nesi, marocchini, indiani, clarensi...

    A partire da questo principio si giocala sfida educativa. E si educa non soloper quanto si dice, ma anche, e soprat-tutto, per le scelte che si fanno. È inol-tre una sfida culturale quella che citroviamo ad affrontare e non possiamochiudere gli occhi su quello che sarà ilfuturo, connotato da un graduale au-mento di presenze di extracomunitari,anche perché la nostra economia habisogno di lavoratori, e non certo diuna diminuzione del fenomeno. LaChiari del futuro sarà sempre più unaChiari multietnica e i nostri figli do-vranno vivere in una città dove i cla-rensi saranno insieme a molti cittadinistranieri. E questo futuro non lo deci-diamo noi, è già in atto, lo decide lastoria stessa. Il come vivere in questofuturo, invece, dipenderà molto da noie da come oggi riusciremo ad educarcie ad educare i giovani alla convivenzapacifica e alla convivialità delle diffe-renze. Se oggi esasperiamo il rifiuto, ilconflitto, la discriminazione, la violen-za verso le persone extracomunitarie,il futuro non sarà certamente né paci-fico né sereno e questo a scapito deinostri figli. Ma se noi oggi ci educhia-mo ed educhiamo i giovani all’in-contro, al riconoscimento della dignitàumana di ogni persona, indipendente-mente dalla nazionalità di origine, se ciaiutiamo a superare i pregiudizi e lepaure e a riconoscere l’altro come ric-

    chezza umana, allora prepareremo unfuturo certamente migliore del pre-sente e all’insegna della pace e dellaconcordia.Si lamenta spesso che gli Albanesi oc-cupano tutti i campi di gioco che do-vrebbero essere disponibili per bambi-ni e ragazzi. È vero che in alcuni mo-menti questo è avvenuto e ha creatonon pochi disagi e qualche disguido,ma è anche vero che è in atto una rego-lamentazione dell’uso degli spazi. Mase vengono poste delle regole è chiaroche queste dovranno valere per tuttiallo stesso modo, compresi i ragazziclarensi. Va poi tenuto presente che ilprogetto e la struttura del Centro Gio-vanile non sono rivolti primariamenteai bambini, ma è stato più volte sottoli-neato e ripetuto, anche su L’Angelo,che sono stati predisposti soprattuttoper le fasce adolescenziali e giovanili,per intenderci dai quattordici aitrent’anni. La sfida del Centro Giova-nile è proprio il mondo dei giovani, su-perando il concetto tradizionale diOratorio fatto per il catechismo deibambini e ragazzi fino alla Cresima,per far giocare un po’ i ragazzi e per al-cuni giovani denominati “quelli del-l’Oratorio”. Ora la maggioranza diquesti extracomunitari sono giovanidai 17 ai trent’anni. Altri di età mag-giore sono padri di famiglia con figli,alcuni dei quali hanno ottenuto ancheil ricongiungimento famigliare. Anchesul fronte del rispetto degli ambienti edelle persone si tratta di insistere e la-vorare in termini educativi perché tuttisi cresca in questo, clarensi e stranieri.Quanto a rispetto anche i ragazzi e igiovani di Chiari devono fare ancoramolta strada. Si tratta allora di aiutarei giovani a riflettere e a ragionare enon tanto ad assecondare delle reazio-ni di istinto, a saper riconoscere e di-stinguere chi tra gli Albanesi sta crean-do problemi e chi invece è rispettoso.Ma si tratta anche di riflettere sul fattoche ci sono taluni clarensi che sono di-sonesti e sfruttano la presenza degliAlbanesi o di altri immigrati per i pro-pri interessi. E bisogna avere il corag-gio di dire che anche questi sono ladrie forse di più di coloro che hanno ru-bato nelle nostre case. Ragazzi e gio-

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    I NOSTRI FRATELLI E NOI

    Una sfida culturale

  • vani hanno il diritto di conoscere tuttala verità e non solo una parte, quellache, a volte, a noi adulti, sta più como-da. Il lavoro educativo alla lunga saràvincente. E si tratta di educare gliAlbanesi o altri extracomunitari a rico-noscere e a rispettare le regole del no-stro ambiente; si tratta di educare noi asuperare i pregiudizi per aprire un rap-porto umano nell’incontro e nel dialo-go. In questo contesto non facile, sonoimportanti e fondamentali alcune per-sone che facciano da mediatori cultu-rali. Abbiamo già interpellato e inte-ressato anche l’Amministrazione co-munale, anche perché il Centro Giova-nile è forse l’unico servizio presentesul territorio aperto veramente a tuttie tutti i giorni della settimana. Offresul territorio un’opportunità di ritro-vo, di aggregazione, di gioco, di incon-tri... È il motivo per cui vi approdanoanche molti giovani albanesi o di altrenazionalità: desiderano giocare, stareinsieme, in un luogo dove circola an-che tanta altra gente, dove non si sen-tono segregati. Questo, di per sé non ènegativo, permette loro di impiegare iltempo libero in modo positivo, oltre acreare i presupposti per un possibiledialogo e interazione. Credo che que-sta scelta di apertura, che al momentocrea non pochi problemi al CentroGiovanile, e ha frenato molti anche ri-spetto a un sostegno economico per lanuova struttura, sia alla lunga una scel-ta profetica, capace di segnare il passoper il futuro.

    don Piero

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    GIOVANI OGGI E DOMANI

    Cresimandi dal Papa:piccoli passi per un intenso cammino di fede

    Anche quest’anno, come accade già da diverso tempo, la comunitàoratoriana di Chiari, la Diocesi di Brescia e in particolare donPiero e le suore hanno organizzato per noi cresimandi un partico-lare e suggestivo ritiro a Roma in occasione della Domenica delle Palme.Come previsto, le voci si sono sparse veloci, e in men che non si dica il nu-mero degli iscritti ha raggiunto cifre molto consistenti. Si è partiti la seradi venerdì 6 aprile dal Centro Giovanile 2000, dislocati su due diversi pul-lman verso Brescia, dove un treno speciale ci avrebbe portati a Roma. Ilrientro è avvenuto domenica 8 aprile a tarda notte. È stata un’esperienzaper noi unica; non avremmo mai pensato che la Roma caotica di tutti igiorni si potesse di colpo fermare e piegare alle parole del Papa,quell’uomo che pur nella sua età avanzata non mostra esitazione o titu-banza nel testimoniare la parola di Dio. Coraggio e fortezza di spiritosono le grandi qualità del Santo Padre, che lo spingono, come gli apostolidopo aver ricevuto lo Spirito Santo nel Cenacolo, a glorificare e a testimo-niare l’amore di Dio e la risurrezione di Gesù suo figlio. Commovente èstato vedere il Papa levar la mano per salutare e benedire la folla, gioiosa ein trepida attesa di un suo sguardo, di un suo saluto, che lo acclamava congrida e slogan, mettendo in quelle parole tutto l’affetto e l’ammirazioneche nutre nei suoi confronti. Emozionante, vedere la consegna della croceda parte di alcuni giovani italiani ad alcuni loro coetanei del Canada, pro-prio dove, a Toronto, si svolgerà nell’estate 2002 la prossima GiornataMondiale dei Giovani. “Non abbiamo paura di camminare sulla stradache il Signore ha percorso per primo, perché l’amore, il dono di sé èl’unica via che può salvare il mondo e che conduce alla pienezza della vitae della felicità”; queste le parole del Papa nell’introduzione alla celebra-zione della Domenica delle Palme, per noi molto toccanti, utili per far ri-flettere, soprattutto noi cresimandi, che ricevendo lo Spirito Santo diven-tiamo testimoni del mistero di Gesù Cristo, impegnandoci a seguire il suoesempio e il suo sistema di vita: la Cresima non deve essere un traguardoper la vita di un giovane cristiano, ma l’inizio di una nuova vita nel Signo-re. Un ringraziamento particolare lo vorremmo dedicare a don Piero, alle

    suore, a catechisti e animatori che cihanno accompagnato in questo stra-ordinario cammino spirituale a Ro-ma e che si dedicano a noi con tantapassione e tanto impegno, per far sìche arriviamo a ricevere il Sacra-mento della Santa Cresima convintie consapevoli della nostra scelta divita. Al ritorno da Roma, ci siamosentiti arricchiti nell’aspetto interio-re; speriamo che in un prossimo fu-turo possiamo a nostra volta tra-smettere queste esperienze uniche ainuovi ragazzi essendo a loro di esem-pio, come tanti educatori lo sono sta-ti per noi, come “un pacco regalo”ricco di tante emozioni ed avveni-menti vissuti che si tramanda di ge-nerazione in generazione.

    Un gruppo di cresimandiLa fotografia, scattata da suor Paola in occasione dell’incontro del Papa

    con i Cresimandi nella Domenica delle Palme,ritrae la consegna della croce della Giornata della Gioventù ai giovani di Toronto.

  • “L’altro non ci è “dato”immediatamente,dobbiamo “cercarlo”continuamentenella fedeltà, dargli fiducia...”(T. Bello)

    In quest’anno la riflessione propo-sta attraverso gli incontri dellaComunità Educativa è andata inuna precisa direzione: approfondire iltema dell’accoglienza. È stato un lavo-ro volutamente pensato e rivolto a noieducatori, una sorta di educazionepermanente degli adulti, per darci lapossibilità di riflettere e soffermarcisu questo valore perché ci rendiamoconto che è inutile tentare in qualchemodo di trasmettere “nozioni” ad altrise prima non si fa il passo dell’ac-cogliere chi è accanto a noi, sia essopersona grande o piccola, italiano ostraniero, cristiano o altro.Il nostro percorso è stato sviluppatopartendo dall’analisi di tre punti focali:- io persona accolta- io persona come spazio di accoglienza- verso chi oriento la mia accoglienza?

    Nel primo incontro abbiamo vissutol’esperienza del sentirci accolti ricordan-

    do e raccontando un episodio di acco-glienza nei nostri confronti. Abbiamopoi cercato di elencare quali sono alcu-ni gesti che ci fanno sentire a nostroagio: il sorriso, l’essere ascoltati, l’es-sere salutati, l’essere abbracciati, l’es-sere perdonati e incoraggiati, l’esserefatti sentire importanti, ricevere fidu-cia e calore. Il sentirci accolti ci fa sicu-ramente star bene ed è una delle espe-rienze più forti che una persona puòsperimentare (da quando nasciamo esiamo avvolti nel calore del corpo ma-terno, a quando, fatti adulti, qualcunoci stringe fra le sue braccia) e si rinno-va ogni volta che qualcuno ci fa sentireamati nonostante tutto…Ma io quando sono spazio di accoglien-za? Questa era la tematica del secondoincontro della Comunità educativa.Accogliere non è scontato, non è faci-le, non è cosa innata, è una scelta checomporta sempre fatica. Attraverso ilmetodo del Teatro Forum abbiamosottolineato alcune dinamiche di acco-glienza o di non accoglienza. Alcuni dinoi si sono rivisti in particolari situa-zioni o atteggiamenti sperimentati.Siamo giunti alla conclusione che i fat-tori che maggiormente ci impedisconodi accogliere sono i pregiudizi, la pau-ra di essere giudicati, le diversità cultu-rali, l’egoismo, le chiusure, la paura dimettersi in gioco, l’intolleranza...Abbiamo però sottolineato che ci sonoanche molte risorse: la capacità di osa-re, la voglia di entrare in relazione conl’altro, la fiducia.Nel terzo incontro la nostra attenzioneè stata orientata su chi accogliamo.Nella nostra vita quotidiana non sem-pre ci viene spontaneo accoglierechiunque, a volte facciamo molta fati-ca. Ci sono infatti persone verso lequali facilmente ci apriamo con atteg-giamenti calorosi, altri invece genera-no in noi chiusura, rifiuto. A volte èproprio la diversità negli atteggiamen-ti che ingenera in noi fatica ad acco-gliere: quel tizio si comporta in unmodo così arrogante, strafottente, ame incomprensibile, introverso... cheproprio non mi va di accoglierlo! Chi

    lavora con gli adolescenti si scontraspesso con la loro indisponibilità, leloro reazioni, che a volte ci sembranospropositate, la loro chiusura; anchechi lavora con i bambini riscontra chenon sempre sono così ben disposti ad ac-cettare le nostre proposte. Ma siamocerti di sforzarci nel metterci in ascolto?Sono queste alcune delle fatiche evi-denziate nel terzo incontro, ma sonoemerse anche risorse che possiamosviluppare: il riuscire a creare forti re-lazioni, proporre iniziative trasversali,captare le loro reazioni positive perpoterle amplificare.In questo percorso sono state utilizza-te volutamente tecniche particolari, ilteatro dell’oppresso, giochi interattivi,dinamiche di gruppo e di coppia, bra-instorming. Tutto ciò con la consape-volezza che in alcuni momenti questistessi metodi possono aver creato uncerto disagio, ma tutto è stato inten-zionalmente pensato e voluto, ancheper ricordare continuamente che acco-gliere significa anche vivere e affronta-re situazioni di disagio, in quanto l’in-contro “vero” spesso è preceduto daldisagio. Dietro ad ogni incontro vi èstato un grande lavoro di riflessioni,progetti, elaborazione… questo è fon-damentale perché nell’educare è ne-cessario avere progettualità e intenzio-nalità, attrezzandoci di nuove tecnichee conoscenze per dare la possibilità aidestinatari delle nostre attività di at-trezzarsi a loro volta per affrontare illoro avvenire.

    Da dove incominciamo in questo difficilesforzo dell’ accogliere? ci si è chiesti.Innanzitutto dal porre la persona co-me valore sommo, come volto e crea-tura di un Cristo Gesù che ha fattodell’accoglienza il senso della sua vita.Per accogliere l’altro non ci sono ricet-te magiche e non è un comportamentoimmediato né innato in nessuno.

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    CENTRO GIOVANILE DUEMILA

    Per una comunitàeducativa accogliente

    BibliografiaS. Loos, 99 Giochi cooperativi,Ed. Gruppo AbeleS. Loos, Viaggio a fantasia,Ed. Gruppo AbeleD. Novara, Scegliere la pace,Ed. Gruppo AbeleManacato, Giolito, Musumeri,Benvenuto! Con 32 giochidi accoglienza, Ed. La MeridianaGreaglino, Casagrande, Castellano,Gruppo di lavoro lavoro di gruppo,Raffaello Cortina EditoreEducazione alla solidarietà,in Scegliere la pace,Ed. gruppo AbeleD. Novara, L’ascolto s’impara,Ed. gruppo AbeleT. Bello, Scrivo a voi... Lettere di unvescovo ai catechisti,Dehoniane Bologna

  • L’accoglienza non dovrebbe essere unatteggiamento solo del singolo, ma del-l’intera comunità educativa, che acco-gliendo apre la strada verso Dio, unDio che tramite suo figlio ci ha fattodono di un’accoglienza che va nella di-rezione delle persone più deboli, ma-late, povere, sporche e rifiutate daglialtri. Ma cosa significa oggi accoglierei più deboli, i malati? Di che povertà edi che malattie si parla?Queste sinteticamente sono state alcu-ne riflessioni affrontate negli incontrisvolti da novembre 2000 a marzo 2001,un discorso che certamente non si èconcluso, ma che sarà ripreso a set-tembre, magari con riflessioni più ap-profondite e concrete all’interno deisingoli gruppi.

    Il gruppo accoglienza

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    FUORI ORARIO...IN CUCINA!

    Ciao, sono una bambina di 11anni ed ho partecipato alcorso di cucina del “FuoriOrario” e devo dire con sinceritàche questo corso, a differenza di al-tri mi aveva colpito, mi ero chiestaquale strana attività fosse stataquella. Avevo un po’ paura ad iscri-vermi ed allora convinsi una miaamica a venire con me. Quella miaamica dopo qualche settimana sene andò ma io, anche senza di lei,restai perché avevo conosciuto altribambini e mi piaceva molto fare idolci.Sono già due anni che ci vado e, adire la verità, mi dispiace molto chequesto corso sia già finito. Mi ricor-do che all’inizio dell’anno eravamoin molti e ci divertivamo tanto, mapoi, con l’arrivo della bella stagionesiamo rimasti in pochi. C’erano duemamme molto pazienti (Maria eGiusy) che insieme a Silvana ci inse-gnavano a fare da mangiare. Eranosempre molto buone con noi e misono sempre chiesta come facesseroa sopportarci tutti quanti.Questo corso, oltre che farci diverti-re, ci ha fatto imparare a cucinaretorte, dolci, biscotti... Così adesso sofare una cosa nuova: preparare dol-cetti deliziosi, ma soprattutto hofatto un’esperienza interessante emolto bella. Grazie a Maria, Giusy eSilvana.

    Michela Pescini

    Riflessioni di due catechiste

    Il tredici maggio 2001 sarà una data importante per i ragazzi che siapprestano a ricevere il Sacramento della Cresima. Dopo un lungocammino, ricco di gioia, soddisfazioni, ma anche di tanta fatica, di-stratti da tante “cose”, oberati da impegni importanti come la scuola, losport, le scelte per il loro futuro, riceveranno il dono dello Spirito Santo.La loro età, l’adolescenza, è la più difficile ma anche la più bella e spen-sierata, dove sono ancora liberi di fare e di dire quasi tutto quello chepensano, con l’innocenza e la voglia di emergere, di essere belli, simpa-tici, di fare gruppo e dove l’amicizia è la cosa più importante. Eppurecosì pieni di paure e di fragilità: la solitudine, il distacco dai genitori, lapaura di non riuscire a scuola e il dubbio di non essere all’altezza deimodelli proposti da questa società. Come catechista e mamma, con di-sponibilità, affetto e passione preparo l’incontro settimanale di catechi-smo cercando ogni volta modalità diverse, sperando, con l’esempio, ditrasmettere il messaggio di un Uomo vissuto duemila anni fa, ma piùche mai vivo in mezzo a noi. Esperienze diverse, come i ritiri lontanodall’Oratorio, le testimonianze di persone sconosciute che danno laloro disponibilità ai più deboli e agli ultimi, l’incontro con il Papa il gior-no delle Palme a Roma, lasciano nei cuori dei ragazzi qualcosa di nuo-vo, di diverso. I genitori, i sacerdoti, gli educatori con l’aiuto dello Spiri-to Santo, accompagnino questi nostri ragazzi nelle prove della vita; tro-veranno ostacoli, sofferenze e difficoltà, ma quello che hanno vissutolasci loro un buon ricordo e li aiuti sempre.

    Liliana

    Mi permetto di fare alcune considerazioni, dopo aver riflettutosul fare servizio in Oratorio, come catechista e altro. Sono cir-ca 14 anni, tutto sommato è stato faticoso, ma molto bello.Bei tempi quelli! Ora tutto sta cambiando, sono cambiata anch’io per-ché forse sono invecchiata. Abbiamo una bella struttura, ci sono i giova-ni educatori, ci sono tanti volontari, ma entrando nella nuova segreteriami sembra di entrare in una azienda. Ho come l’impressione di non es-sere “adeguata” a queste trasformazioni, ma tutto questo fa parte delprogresso. Negli ultimi 15 anni la società è cambiata velocemente, cre-do che tenere il passo non sia facile. Si fa fatica con i nostri ragazzi prea-dolescenti, area della scuola media inferiore, ragazzi e ragazze che stia-mo accompagnando in vista della Cresima. Spesso tra catechisti parlia-mo delle difficoltà che abbiamo nell’incontrare i ragazzi nei gruppi, avolte così esuberanti, ma molto fragili dentro. Una considerazione miviene spontanea: tutto velocemente cambia, ma quali modelli di riferi-mento hanno i nostri ragazzi per crescere? Il grande modello è la televi-sione che ci propone tutto e subito, tutti belli, tutti magri, tutti sani,mangia quello, bevi questo... Ma, alla fine, chi spiega a questi ragazziche la vita vera non è quella? Ecco perché è difficile rapportarsi conloro ed ancora più difficile comunicare con loro. In questo marasma ge-nerale, tenti di portare la “Buona Notizia”: oggi più che mai Gesù Cri-sto, vero Dio e vero uomo, è modello di vita. Infatti si legge nel Vangelo:Io sono la Via, la Verità e la Vita. Credo che aldilà delle difficoltà, Lui, ilCristo, ci sta davanti, noi lo seguiamo e siamo sicuri di non perderci.Educare alla fede è difficile, ma la materia prima (i ragazzi) ci interessa;quindi la famiglia deve essere in testa, poi arriva la comunità cristiana,poi la scuola, tutti quanti animati dall’amore per i nostri e vostri figli,tutti, nessuno escluso; se lavoreremo insieme, certo porteremo frutti.

    Andreina

  • Fiori rossiEccole. Sono le rose del deserto,le rose di Atacama. Le piante so-no sempre lì, sotto la terra salata.

    Le hanno viste gli antichi indios ataca-ma, e poi gli inca, i conquistatori spa-gnoli, i soldati della guerra del Pacifico,gli operai del salnitro. Sono sempre lì efioriscono una volta all’anno.Una linea sottile separa gli eroi dellaStoria da quelli, misconosciuti e quoti-diani, i cui nomi rimangono nell’om-bra. Ma può succedere che le loro vi-cende si incrocino nelle pagine di un li-bro, come in questo Le rose di Atacamadi L. Sepúlveda (Guanda, L. 20.000).Solo così è possibile incontrare insie-me un pirata del Mare del Nord vissu-to seicento anni fa, un argentino chedecide di salvare i boschi della Patago-nia, uno scrittore della Terra del Fuo-co che apre la casa a chi ha bisogno diun rifugio, un medico della guerrigliasalvadoregna con un ospedale da cam-po nello zaino. Con le sue historiasmarginales (il titolo originale, non acaso) Sepúlveda ci insegna a guardarela vita attorno a noi con occhi attenti,perché ovunque si possono trovare lestorie piccole e straordinarie, uniche eirripetibili di chi affronta la vita conpassione. L’autore, nel suo girovagareda esule in varie parti del mondo, haraccolto vicende di amici, uomini edonne non importa se lontani nel tem-po o nello spazio, che si collocano al difuori degli schemi, perché la loro lezio-ne non vada perduta, ma arricchisca inumanità chiunque voglia affrontare ilviaggio avventuroso che è ogni lettura.Con questa, possiamo spingerci nel ge-lido territorio della Lapponia, per tro-vare un popolo che fatica a difenderela propria peculiarità; oppure raggiun-gere l’universo infuocato del deserto

    di Atacama, dove “minuscoli fiori rossiche spuntano dalla sabbia per appassi-re dopo poche ore ci ricorderanno chespesso la vita non è altro che una stoicaforma di resistenza”.Anche le vite di questi “eroi” di Sepúl-veda hanno illuminato per un momen-to il mondo con la luce delle loro azio-ni, e non importa se quasi sempre sonostati perdenti: “Ci sono uomini che lot-tano tutta la vita, è di loro che non sipuò fare a meno”, ha scritto B. Brecht.Ma, accanto a loro, Sepúlveda ricordaanche i tanti che, nella nostra Toscana,rischiano ogni giorno la vita (e tanti nemuoiono), facendo i cavatori per pochisoldi, senza nessuna forma di sicurez-za: “A me non importa decisamentenulla degli eroi vittoriosi. A me nonimporta decisamente nulla degli eroidi marmo. Ma mi importa dei cavatori,appesi ad altezze da incubo, schiacciatidal peso, a volte infame, dell’arte”.

    ... e un fiore azzurroIn un romanzo scritto a ottant’anni,che è stato riconosciuto il suo capola-

    voro, Penelope Fitzgerald racconta lavita di Friedrich von Hardenberg(1772-1801), prima che diventasse fa-moso con il nome di Novalis, uno deigrandi del Romanticismo tedesco. Ilfiore azzurro (Sellerio L. 15.000) è unromanzo di formazione, ambientato inSassonia alla fine del Settecento, che,pur descrivendo con sintetica precisio-ne il clima culturale e sociale dell’e-poca, sottende anche le domande eter-ne che si vorrebbero rivolgere ad ungrande poeta per avere risposte sullavita, l’amore, il significato delle cose edell’esperienza. Il materiale, come av-verte una nota dell’autrice, è ricavatoda lettere inviate e ricevute dal poeta,da diari, documenti ufficiali e privati.

    Il fascino di questo esile romanzo sca-turisce dal tocco leggero e incisivo concui il lettore viene introdotto in unmondo narrativo ricco di suggestioni:ambienti, situazioni, personaggi sonotratteggiati con una discrezione che af-fascina il lettore e lo proietta, quasisenza che se ne accorga, nell’in-concludente affaccendarsi di un’an-gusta cerchia della piccola aristocraziaprovinciale della Sassonia. In cinquan-tacinque rapidi schizzi, disegnati con ilgusto del risvolto bizzarro della quoti-dianità, viene messo a fuoco il mondodella famiglia von Hardenberg, nellasua arretrata staticità, animata solo insuperficie dal gran da fare che si dannoi tanti membri della famiglia e del clan,soprattutto i giovani. E al lettore sor-gono le prime domande e primi dubbi:quali implicazioni più ampie, magarienigmatiche, si celano sotto tanta biz-zarra quotidianità?Infatti sullo sfondo compaiono anche ifermenti innovatori della vita culturaleche trapassa dal Sette all’Ottocento,con i suoi personaggi già allora famosi,Goethe, Schiller, Friedrich Schlegel,inseriti nell’affollatissima azione delromanzo soprattutto negli aspetticompatibili con la misura ridotta delmondo che l’autrice schizza per noi.Fritz (cioè Novalis) costituisce, se nonil protagonista, il centro attorno a cuiruota il romanzo, l’emblema di quel-l’equilibrio instabile fra rigetto e ade-sione che spinge i giovani ad allonta-narsi, ma non troppo, dal sistema fa-miliare e a ritornarvi continuamente,sempre incerti tra la fuga definitiva e lasicurezza pacificante di un mondo indeclino, in quel rapporto di rifiuto e diadesione alla vita che caratterizza nelromanzo l’intero clan degli Harden-berg. Con un felice arbitrio cronologi-co, l’autrice crea poi lo spazio narrati-vo perché Fritz, a metà romanzo, pos-sa comunicare alla fidanzatina Sophiee a due amiche, in verità più perplesseche affascinate, quella storia del fioreazzurro che Novalis in realtà composesolo un paio d’anni dopo la morte dellastessa Sophie, da lui conosciuta dodi-cenne e morta di tisi appena raggiunti iquindici anni. Con questa morte, e conl’incipiente divinizzazione da parte diFritz di quell’adolescente piuttostoscialba e incolore, si esaurisce l’azionedel romanzo: il lettore fa appena intempo a vedere che il giovane si reinse-risce ben presto nel ritmo della vitaquotidiana, perché il romanzo si con-

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    INVITO ALLA LETTURA

    Come fiori la vita

  • clude prima che sia del tutto compiutala trasformazione di Fritz nel più gran-de poeta lirico e in uno dei più scon-certanti pensatori del romanticismoeuropeo.

    a cura di Enrica GobbiFoto 1Il deserto di Atacama(Cile settentrionale)

    Foto 2Fiori rossi nel deserto di Atacama

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    BIBLIOTECA DON LUIGI RIVETTI

    I nostri video

    Come già nel numero di aprile,presentiamo alcuni film dellevideocassette di cui si è dotataBiblioteca Rivetti, con l’intento di faci-litare la scelta di chi desiderasse pren-derle in visione. Sono film di buon li-vello, che consentono la visione pertutti; ci sembra comunque auspicabilee positivo il fatto che qualche spettaco-lo sia visto da figli e genitori insieme:un’occasione per confrontare impres-sioni e valutazioni su temi spesso mol-to attuali.Le videocassette, come i libri, vengonodate in prestito gratuitamente.

    Una storia veraDi per sé è già singolare il fatto che ilregista David Lynch decida di girareuna straight story, una storia dritta,dopo mille storie di strade perdute:forse arriva un tempo in cui l’età fasentire le sue ragioni, e sostituisceall’ansia giovanile di evocare mostrila meditazione. Una storia vera è ungrande film romantico e terminale.Dritto, perché dritte sono le stradeche Alvin Straight percorre alla guidadel suo tosaerba: cinque migliaall’ora, contro qualsiasi legge dellamodernità e della gravità, in un viag-gio che lo porta a recuperare il rap-porto deteriorato con il fratello: in-contro di malati, convergenza di seni-lità diverse nello stesso luogo, a guar-dare le stelle. Dritto, perché ogni me-tro percorso da Alvin è un metro chelo avvicina alla verità, che dolcemen-te gli fa scendere il declivio della vita.La narrazione ha il sapore epico dei ro-manzi di William Least Heat-Moon,con le stesse strade blu, lo stesso gustoper il viaggio, per quanto lento possa

    essere. Cammino fatto di pochi in-contri, quello di Alvin, ma tutti fon-damentali, tutti improntati alla soli-darietà, al contatto umano. Nelle po-che pieghe di questa dirittura, Lynchinserisce la sua capacità di dire qual-cosa attraverso il cinema, usandone iritmi e le possibilità visive. Si dà allasolarità, al gusto pittorico delle gran-di distese di campi coltivati, ora trat-tate come i quadri degli impressioni-sti, ora ritratte con l’occhio rurale diAnsel Adams.E senza tuttavia dimenticare i suoi lu-oghi oscuri, l’interesse per il misteroe per l’altra faccia di qualsiasi cosa.L’essere mai inquadrato, e pur sem-pre presente, è ovviamente la morte,che sta nel destino del protagonista edelle persone che lo circondanocome nel passato, nelle storie indivi-duali. È dritto, Una storia vera, per-ché sa di miracoloso, con un direttoredella fotografia, Freddie Francis, cheva verso le ottantadue primavere, e unprotagonista, Richard Farnsworth,che di primavere ne ha contate settan-totto e rappresenta un monumentoalla storia del cinema americano: ca-scatore, comparsa, uomo a rischio intanti film western o kolossal mitolo-gici, e infine protagonista.

    Central do BrasilSe si vuole parlare di cinema, ma ci siostina a lasciare da parte la tecnica, si

    corre un grosso rischio, quello dicommentare un lungometraggio co-me Central do Brasil di Walter Sallessemplicemente sulla base della tra-ma. Ci vuole poco: in fondo, il filmracconta solo le avventure di unadonna di mezza età e di un bambinoper le strade del Brasile contempora-

    Associazione ItalianaDonatori Organi

    Il giorno 6 aprile 2001 si è tenu-ta l’assemblea generale delGruppo comunale A.I.D.O.“Claudio Festa”. La riunione haavuto luogo presso la sede del“Gruppo Volontari del Soccorso”in via G. B. Rota, dove il sodalizio èora ospitato non avendo una sedepropria. Il presidente uscente, Gue-rino Bianchetti, ha esposto in brevequanto è stato fatto nel triennio delsuo mandato. L’Assemblea ha quin-di rivolto un fervido ricordo allemagnifiche persone che Chiari an-novera tra i donatori di organi: Cla-udio Festa, Gian Mario Galli,Oronzo Zizzi, Elena Bonaita, Ema-nuela Mura, Alessandro Terzi, Da-niela Mombelli Serina, nonché unriconoscente ringraziamento ailoro familiari.È stato poi nominato il nuovo Con-siglio Direttivo ora così composto:Maria Teresa Raccagni presidente;Rossana Mombelli vice presidente;Silvana Donna segretaria; GuerinoBianchetti, Angelo Arici, AngeloVenturinelli e Gaetano Trento con-siglieri.Il primo impegno dei neo eletti èstato quello di gettare le basi per or-ganizzare l’undicesima edizione delcicloraduno non competitivo “Dopedalade nela campagna de Ciare”,che avrà luogo il 27 maggio 2001.Alla biciclettata, la cui partenza èprevista per le ore 8.45 dal piazza-le-parcheggio antistante il Palazzet-to dello Sport, potranno partecipa-re tutti, dai bambini agli adulti, conbiciclette di qualsiasi tipo.

    F. C.

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    neo. Da qui, l’inevitabile etichetta dineorealista, che buona parte della cri-tica ha superficialmente appioppato aSalles ed al suo film.Quello che in pochi hanno cercato dicapire, invece, è che il cinema di Sallesha subito anche altri influssi; vi sono,ad esempio, il cinema americano indi-pendente e d’autore (Central do Brasilnon può non far pensare a Gloria diCassavetes o a Alice non abita più quidi Scorsese), e il primo (ed unico)Wenders. È un cinema, quello di Sal-les, colto e consapevole, essenziale, maraffinato nelle scelte di regia, che cercadi coniugare la semplicità del neoreali-smo con il fascino per i paesaggi e leimmagini desolate del nuovo cinematedesco e con il lavoro sugli attori delcinema americano più intelligente.Central do Brasil è un film strano, ap-parentemente semplice e immediatonel suo farsi, ma in realtà sottilmentecalcolato. Si pensi, ad esempio, all’usodel carrello a sinistra: è l’espedientetecnico che Salles sceglie in alcune si-tuazioni chiave ricorrenti del film,come quella dei protagonisti che cor-rono in mezzo alla folla di una stazio-ne o di una processione religiosa. Ilpoco più che trentenne regista brasi-liano sceglie di tenere a fuoco i prota-gonisti e di lasciare che i volti ed i corpidavanti e dietro a loro siano fuori fuo-co. Il risultato è quello di una freneticaimpressione di movimento, ottenutacon un semplice carrello, qualchecomparsa ed un diaframma aperto.Massima semplicità, massima effica-cia. Una scena per tutte, quella in cui ilpiccolo protagonista arriva nella casache crede essere di suo padre: basta unprimo piano su di lui e un colpo di ven-to sui panni e sugli stracci stesi perdare a tutta la situazione un grandeimpatto emotivo. Salles lavora così:unisce alla semplicità e alla linearitàdel neorealismo la precisione negli ef-fetti e l’impatto emotivo del cinemaamericano indipendente. È vero, comehanno detto alcuni, che la sceneggiatu-ra di Central do Brasil non è poi troppooriginale, ma questo fatto passa deci-samente in secondo piano rispetto almodo in cui il film è girato. Basta guar-dare il pianto della protagonista, na-scosta da un vetro opaco, quando il ca-mionista che ha iniziato a corteggiarel’abbandona; oppure il modo con cuivengono raccontati l’assalto ai treninella stazione, l’arrivo dei pendolari, laviolenza quotidiana. Non conta poi

    molto se la sceneggiatura di Central doBrasil è scontata, perché di fatto lasciaemergere, tra le righe della narrazio-ne, un ritratto del Brasile contempo-raneo di grande forza e crudezza. E inquesto il cinema di Salles è, davvero,neorealista. Dora, la protagonista,confessa alla fine del film: “Ho nostal-gia di tutto”. Salles ha nostalgia del ci-nema che ha amato, ha nostalgia dellestazioni e delle pianure del suo Brasi-le, ha nostalgia dell’arte e della vita.Central do Brasil è arte e vita, fuse in-sieme con una forza ed un equilibriostraordinari.

    Il miglio verdeSecondo alcuni critici sarebbero espli-citi i parallelismi con la figura di Cristo

    (e con tutte le altre figure a lui similipresenti nella letteratura e nel cine-ma), qui impersonata dal protagoni-sta, il gigante nero John Coffey (Mi-chael Clarke Duncan). Forse uno deinostri bisogni psicologici più forti èl’illusione che da qualche parte, in unastalla di Betlemme o sul grande scher-mo di un cinematografo, esista un indi-viduo con qualità trascendenti e quasiperfette. I più scettici, i meno profetici,vi hanno letto semplicemente alcunetematiche già presenti in altri film.Il regista Frank Darabont ne Il miglioverde elabora ancora un romanzo diStephen King. Il nero Coffey e il bian-co Edgecomb sono il protagonista el’antagonista, come nel suo preceden-te Le ali della libertà il bianco TimRobbins era opposto al nero MorganFreeman. Curiosamente, ma non puòtrattarsi di una coincidenza, i temisono analoghi: la contrapposizione traun bianco e un nero, e lo spazio sceni-co ambientato in una prigione.Il tema della prigionia è ancora unavolta fondamentale. Paul Schrader in“Transcendental Style in Film” defini-sce come endemica nel pensiero occi-dentale la metafora della prigione, le-gata alla dicotomia corpo-anima. E, a

    livello di immagini, le sbarre dellaprigione fanno riferimento general-mente alla segregazione dell’anima.Si pensi ai film di Bresson, Un con-dannato a morte è fuggito e Pic-kpocket, dove le sbarre rispettiva-mente aprono e chiudono il film.Anche i due film di Darabont si con-cludono con due facce della stessametafora: in Le ali della libertà lafuga, nel miglio verde ancora la fugadalla prigione, ma attraverso l’ese-cuzione (che in Bresson ci portadritto a Giovanna D’Arco e al suici-dio). Tutto ciò si complica con iltema della predestinazione, perchéCoffey, che da un lato ci apparecome predestinato, d’altra parte a-nela al sacrificio.Dal punto di vista linguistico Dara-bont rispetta il senso dei messaggisimbolici. È chiaro che la sedia elet-trica è correlata alla croce e più ge-neralmente al martirio. La rappre-sentazione del braccio della mortecorrisponde, nella incredibile ospi-talità e gentilezza degli altri secon-dini, a una sorta di limbo, uno spa-zio sospeso, quasi metafisico dovele forze del Bene e del Male si scon-trano, ma dove la visione religiosa,missionaria, del lavoro carcerariopotrebbe apparire eccessivamente“buonista”.

    a cura di Enrica Gobbi

    PellegrinaggioUnitalsi

    Lourdes

    7 / 13 ottobre 2001treno speciale da Brescia

    (pullman da Chiari)Chiusura iscrizioni 20 luglio 2001

    8 / 12 ottobre 2001Partenza in aereoda Orio al Serio

    Chiusura iscrizioni 20 luglio 2001

    Informazioni e iscrizioni

    Angela Scalvini, tel. 030/7101987(dopo le ore 20.00)

    Maria Rosa Zani GuarneriTel. 030/712846

    (ore pasti)

  • “Padre ti prego fa’ che siano unacosa sola… fa’ che siano perfettinell’amore, consumati nell’uni-tà, e così il mondo creda”.Con queste parole si apre l’edizione diaprile del giornalino Arcobaleno, at-traverso cui le famiglie vengono infor-mate del percorso formativo che ibambini hanno vissuto durante il pe-riodo della Quaresima. L’interculturacontinua ad essere il tema dominanteattorno a cui si struttura il lavoro chemai come in questo periodo scolasticosottolinea la possibilità di pensare chele diversità, viste sotto i vari aspetti,non siano più da considerarsi negativi-tà. Ancora una volta, la curiosità deibambini viene alimentata dal ritrova-mento di alcuni oggetti inizialmenteprivi di significato che permettono poia Madame Rosalì e a Mister Arcobale-no di consegnare un nuovo colore e diraccontare un’altra fiaba: “La città deifiori”. In questa città tutti gli abitantierano felici. Grandi e piccoli coltivava-no i fiori, e le farfalle rallegravano legiornate, ma soprattutto era una cittàdove la gente trovava il tempo per ren-dere ogni luogo più bello e dove tuttierano ancora capaci di sognare. Ungiorno però il Sindaco proibì alla gentedi coltivare i fiori perché era solo unaperdita di tempo: gli adulti dovevanolavorare di più e i bambini impegnarsinello studio. La città divenne tristeperché ognuno pensava solo a se stes-so e non sognava più. Grazie peròall’aiuto di due bambini nella città tor-narono le farfalle e i fiori ricomincia-rono a germogliare; la gente era nuo-vamente felice e allora decisero di fareuna grande festa: la “festa dei fiori”.Ogni sezione ha preparato casette, al-beri, fiori, cespugli, farfalle… e graziealla disponibilità di alcune mamme èstato realizzato un plastico della cittàdei fiori. Stimolati dal racconto, i bam-bini sono stati invitati a esprimere iloro sogni che, scritti su farfalle di car-ta, sono stati liberati in cielo appesi apalloncini colorati al fine di ricordare achiunque li trovi che sognare e bello enon costa niente.Le insegnanti non si sono limitate asottolineare l’importanza di sognare,ma hanno aiutato i bambini a capire

    che la gioia, l’armonia e la pace spessovengono impedite da atteggiamentiegoistici ed aggressivi che nei piccoli simanifestano attraverso i “capricci”.Viene colta allora la tradizionale occa-sione di “bruciare la vecchia” per per-mettere ai bambini di eliminare i lorocapricci, raccolti in un grande saccogettato nel fuoco, con l’impegno di es-sere migliori.Durante l’anno, i bambini hanno cam-minato con Gesù sulla strada dei coloridell’arcobaleno. In ogni tappa è stataloro consegnata una “carta vincente”che si sono impegnati a vivere. Ora,come conclusione di questo periodo,hanno ripercorso questa strada se-guendo le indicazioni di Gesù e parte-cipando ad una celebrazione struttura-ta secondo lo stile della Via Crucis.Attraverso momenti di riflessione, dipreghiera e di canto, i bambini hannoricevuto delle impronte colorate a con-ferma del conseguimento degli impe-gni presi. Quindi sono stati invitati adunire tali impronte ed a conoscere il si-gnificato dei simboli pasquali (ulivo,pane, croce) per svelare il volto diGesù risorto, cioè l’amore che comel’arcobaleno unisce terra e cielo.

    Il 26 maggio ci sarà una grande festa incui verranno coinvolti tutti i genitori.Sarà la “festa dei cuori con l’arcoba-leno delle culture” che concluderà ilperiodo formativo dei mesi di aprile emaggio, in cui la finalità da conseguiresarà quella di consolidare i sentimentidi unità del genere umano.Credo di interpretare il pensiero deigenitori ringraziando di vero cuoresuor Giovanna e tutte le sue collabora-trici perché con impegno ed amorehanno saputo trasformare i grigi pro-grammi ministeriali in un’esplosionedi attività didattiche variopinte, ricchedi significato e di messaggi profondi,dando ai nostri bambini la possibilitàdi continuare a sognare.

    Alessandra Bariselli

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    MONDO FEMMINILE

    Ci avete rubato...!

    In un giorno piovoso di pochesettimane fa, un gruppetto diclarensi ha fatto visita al futuroparroco, nella sua precedente sede.Anche sotto la pioggia, Vobarno èapparsa come una cartolina illu-strata, di quelle che si spedisconodalle vacanze, con lo sfondo deimonti bresciani, il fiume Chiese ri-gonfio, il ponte e la Chiesa su inalto a dominare il paese. Don Rosa-rio ha accolto i visitatori nella salaparrocchiale e poi, mentre egli regi-strava per Claronda un breve salutoda diffondere la domenica successi-va, tre signore sono entrate a visita-re la chiesa. L’atmosfera era quelladelle chiese antiche con ceri accesiagli altari laterali, tutto molto cura-to e ordinato.Improvvisamente è apparsa unagentilissima signora che ha dichia-rato di essere Rita, la sacrestana, esi è messa a fare da cicerone, for-nendo vari particolari sui dipinti,mostrando la cappella della Ma-donna e riferendo molti dettagli sul-le ottime qualità del suo parroco,sulla sua incessante attività per si-stemare le chiese del paese e sullesue visite frequenti agli ammalati.Improvvisamente, colta da un dub-bio, ha chiesto: “Ma voi, di dove sie-te ?”. Nel sentire che si trattava divisitatori di Chiari, è andata su tuttele furie, esclamando: “Se l’avessi sa-puto prima, non vi avrei proprio fat-to vedere la nostra chiesa, a voi checi avete rubato il nostro parroco!”Potendo, avrebbe cacciato via quel-le persone a scopate!Però qualcuno obiettò: “Che cosadice ? Noi non abbiamo rubato nes-suno. È il Vescovo a fare le scelte.Pensi allora a noi che ci siamo vistiportar via per sempre il nostro par-roco dal Signore e non abbiamonessuna possibilità di rivederlovivo!” A queste parole, Rita si è pla-cata, osservando: “Beh, è vero. Noipotremo sempre fare una gita inpullman e venirlo a trovare!”Infine, dopo una completa riappaci-ficazione, c’è stato uno scambio dibollettini parrocchiali e baci di com-miato.

    Ida Ambrosiani

    SCUOLA MATERNA BERGOMI MAZZOTTI

    La festa dei fiori

  • Tu li metti in banca... e speri cherendano... ma non sai cosa nefanno!Anche l’impiegato di cui hai estremafiducia, e che se la merita pure, non sabene che ne sarà dei tuoi soldi dal pun-to di vista del loro impiego, là dove siva costruendo la storia economica esociale del mondo. Ti dirà quali sono iprodotti di rendimento migliori delmomento sul mercato (e se la borsaandrà male ti dirà di pazientare), ti of-frirà (e te li farà pagare un prezzo più omeno giusto) i servizi più utili per letue piccole e grandi transazioni econo-miche, dall’acquisto di una casa allaspesa settimanale che fai al supermer-cato... ma non ti saprà mai dire se i tuoisoldi finanzieranno una guerra o unpozzo per dar da bere agli assetati, unarsenale militare o una manifatturaper vestire gli ignudi, un satellite spia ouna casa di accoglienza per ospitare ipellegrini, una società di calcio quotatain borsa o un ospedale per curare gliammalati, una multinazionale checommercia prodotti transgenici o ilmercato equo solidale per dar da man-giare agli affamati, un’agenzia di turi-smo per i Vip della Terra o la jeep delmissionario che si reca a visitare gli am-malati, una catena di sale da gioco ouna comunità alloggio per consolare gliafflitti...Da due anni anche in Italia c’è unabanca diversa, la Banca Popolare Etica,che finanzia soltanto progetti social-mente utili: se ci porti i tuoi soldi, tantio pochi, non soltanto hai sempre lostesso rendimento garantito, non sol-tanto puoi decidere quali servizi ag-giuntivi vuoi avere e a quale prezzo,ma puoi dire dove vuoi che finiscano ituoi soldi, perché li puoi vincolare inmodo che i tuoi desideri siano davverorispettati.Non è una banca confessionale: l’han-no fatta nascere cattolici e laici insie-me e in due anni, qui in Italia, ha supe-rato i 15.000 soci, di cui circa 2.500 do-tati di personalità giuridica; ha raccol-to oltre 140 miliardi con un capitale s