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www.donorione.org RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, CDM Bergamo - Anno CXII n. 2 Febbraio 2017 “Andate dunque, e battezzate… nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19)

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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Con legare per testamentoAlla nostra Congregazione beni di ogni genere. In questo caso la formula da usare correttamente è la seguente:“Istituisco mio erede (oppure: lego a) la Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione con sede in Roma,Via Etruria, 6, per le proprie finalità istituzionali di assistenza, educazione ed istruzione… Data e firma”.

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Con il vostro aiuto potete sostenerei nostri seMinari e seMinaristiChi vuole può fare una donazione a favore di un chierico, per un anno o per tuttoil corso di formazione. Sarà nostra cura segnalare il vostro nome al seminarioa cui sarà destinato il vostro aiuto per un doveroso ricordoe impegno di preghiera.

“Andate dunque,e battezzate…nel nome del Padree del Figlio e delloSpirito Santo”(Mt 28,19)

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

FLAVIO PELOSO

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Direzione e amministrazioneVia Etruria, 6 - 00183 RomaTel.: 06 7726781Fax: 06 772678279E-mail: [email protected]

Spedizione in abbonamentopostale BergamoRegistrata dal Tribunale di Roman° 13152 del 5/1/1970.

Nostro CCP è 919019 intestato a:OPERA DON ORIONEVia Etruria, 6 - 00183 Roma

Direttore responsabileFlavio Peloso

RedazioneGiampiero CongiuAngela CiaccariGianluca Scarnicci

Segreteria di redazioneEnza Falso

Progetto graficoAngela Ciaccari

Impianti stampaEditrice VELAR - Gorle (BG)www.velar.it

FotografieArchivio Opera Don Orione

Hanno collaborato:Flavio PelosoOreste FerrariAchille MorabitoFernando FornerodGianluca ScarnicciGuy Roland NanaSilvestro SowizdrzałAgnese SolaroliAlessandro Belano

Spedito nel FEBBRAIO 2017

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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n. 2 Febbraio 2017

“Andate dunque,e battezzate…nel nome del Padree del Figlio e delloSpirito Santo”(Mt 28,19)

«la misericordia è il primo attri-buto di Dio. È il nome di Dio”,

afferma Papa Francesco nel libro Ilnome di Dio è Misericordia. Di conse-guenza, dobbiamo dire che la miseri-cordia è anche attributo propriodell’uomo. È il nome dell’uomo, fatto“a immagine e somiglianza di Dio”. Da quando Papa Francesco ha riequili-brato il valore della misericordia nelladottrina e nella prassi cristiana, moltisentono il bisogno di riaffermarel’equilibrio con la giustizia: è vero chela Sacra Scrittura ci presenta Dio comemisericordia infinita, ma anche comegiustizia perfetta. Come conciliare ledue dinamiche di vita? Come si arti-cola la realtà della misericordia con leesigenze della giustizia? Molti ritengono, e temono, che l’affer-mazione della misericordia possa pro-vocare un calo dell’impegno etico eintrodurre comportamenti di relativi-smo morale. San Tommaso diceva che«La misericordia senza giustizia èmadre della dissoluzione».Nella Sacra Scrittura e in Gesù, ve-diamo che giustizia e misericordiasono due atteggiamenti che non sicontraddicono, perché in Dio èproprio la misericordia cheporta a compimento lagiustizia.

La giustificazione avviene mediante lamisericordia e la grazia.Ma di quale giustizia si tratta?Il nostro paradigma di giustizia è, difatto, quello dell’amministrazione le-gale della giustizia, dove chi è vittimadi un sopruso si rivolge al giudice in tri-bunale e chiede che venga fatta giusti-zia. Si tratta di una giustizia cheimpone una riparazione e una pena alcolpevole, secondo il principio del-l’unicuique suum, a ciascuno deve es-sere dato ciò che gli è dovuto. È unagiustizia importante, tanto che il librodei Proverbi assicura che «Chi praticala giustizia è destinato alla vita, ma chipersegue il male è destinato allamorte» (11,19). Anche Gesù neparla nella parabola della vedovache andava ripetutamente dalgiudice e gli chiedeva: «Fammigiustizia contro il mio avversa-rio» (Lc 18,3).

Questa strada è basilare e porta allagiustizia. Ma non è sufficiente, perchéla giustizia non vince il male, ma sem-plicemente lo argina. Il male può es-sere veramente vinto solo risponden-do ad esso con il bene: “Vinci il malecon il bene” (Rm 12, 21).

3eDitoriAleGiustizia e misericordia si baceranno

La rivista è inviata in omaggio a

benefattori, simpatizzanti e amici e a

quanti ne facciano richiesta, a nome

di tutti i nostri poveri e assistiti

5DiAlogo con i lettoriPiù fede, meno paureMedia Education

6in cAMMino con PAPA FrAnceScoLaudato si’, enciclica sociale (1° parte)

8il vAngelo, le DoMAnDe DellA genteCari Evangelisti...

10StUDi orioniniLa Madonna di Lourdes

12con Don orione oggiIo sono una missione

14MonDo orionino“Alzati, va’ e non temere”

15DoSSierMissione, Missioni & Messaggi

22PAginA MiSSionAriAOltre ogni frontiera

19Angolo giovAniL’amore chiama l’amore“Zitti! Voglio sapere com’è finita!”

24Piccole SUore MiSSionArie DellA cAritàSan Luigi Orione, vivo tra noi

26in BreveNotizie flash dal mondo orionino

29“SPlenDerAnno coMe Stelle”Don Carlo Nicola

Sommario

eDitoriAle

giUStiZiA e MiSericorDiASi BAcerAnno

Don orione oggi

«la misericordia senza giustizia è madre della dissoluzione, la giustizia senza misericordiaè crudeltà» (San tommaso). Quale rapporto tra giustizia e misericordia?

Si tratta di una giustizia cheimpone una riparazione e unapena al colpevole, secondo ilprincipio dell’unicuique suum,a ciascuno deve essere datociò che gli è dovuto.

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30FotoStoriAScale

31necrologioRicordiamoli insieme

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Il cammino del bene passa per la giu-stizia e prosegue oltre.Siccome l’altro è “carne della miacarne”, è parte del Noi, è mio fratello,mi rivolgo a lui personalmente con lapersuasione, con l’aiuto, con il per-dono, gratuitamente, nella speranzache capisca che sta facendo il male esi converta nella coscienza. Solo alloraè vinto il male.

Non è sempre assicurato il risultatodella misericordia. Ma è l’unica via per“togliere” il male e non solo per “argi-narlo”, come fa la giustizia. È questo ilmodo di risolvere i contrasti all’internodelle famiglie, nelle relazioni tra sposio tra genitori e figli, o in società. È pos-sibile quando c’è hesed (misericordia,relazione viscerale, parentale) versochi sbaglia e compie il male, perché sidesidera salvarlo e salvare la relazioneche ci lega l’uno all’altro.Quando il colpevole riconosce il malefatto e smette di farlo, solo allora ilmale non c’è più, e colui che era ingiu-sto diventa giusto, perché perdonatoe aiutato a ritrovare la via del bene. Stavo scrivendo questo editoriale,quando un uomo ha bussato al mio uf-ficio. Si confessò riconoscendo comeprincipale suo peccato l’intransigenzae il rifiuto verso le persone che fannoil male. Per dirmi tutta la sua indigna-

zione, mi raccontò una poesia di Tri-lussa (riportata qui a fianco), conclu-dendo: Neanche gli animali arrivanoalla cattiveria di certe persone.Rimanemmo un attimo in silenzio. Poi,colpito anch’io da quel racconto, glidissi: “E se al posto della tigre ci fossestato lei e se quella donna fosse statasua figlia, cosa avrebbe fatto?”. Seguìun silenzio più lungo.Ci vuole l’hesed, la misericordia, la re-lazione viscerale, materna, fraterna,per non fermarsi all’intransigenza e allacondanna, propria della giustizia, emuoversi incontro a chi fa il male, a chici fa il male. Così Dio agisce nei confronti di noipeccatori. Il Signore non si ferma allagiustizia, ma continuamente ci offre ilsuo perdono e ci aiuta ad accoglierloe a prendere coscienza del nostromale per potercene liberare. Dio nonvuole la nostra condanna, ma la nostrasalvezza. «Forse che io ho piaceredella morte del malvagio […] o nonpiuttosto che desista dalla sua con-dotta e viva?» (Ez 18,23).Dio, il Signore della misericordia, hauna relazione viscerale, da Padre, coni suoi figli e vuole salvare tutti. Il pro-blema è lasciare che Lui entri nelcuore. E non sempre avviene. Anche lasua misericordia, spesso, è infruttuosa,ma è perseverante. “Ci stanchiamo piùnoi a chiedere perdono che Lui a con-cederlo” (Papa Francesco). Questo è il cuore di Dio, un cuore diPadre che ama e vuole che i suoi figlivivano nel bene e nella giustizia, e per-

ciò siano felici. Un cuore di Padre chenon ci tratta secondo i nostri peccati enon ci ripaga secondo le nostre colpe,come dice il Salmo (103,9-10). Don Orione scrisse “Che io non dimen-tichi mai che il ministero a me affidatoè ministero di misericordia”. Ma tuttiabbiamo a che fare con gli errori e ilmale di chi ci sta accanto. “Siate mise-ricordiosi come è misericordioso ilPadre vostro” (Lc 6, 36). Impossibile?Proprio di fronte alle esigenze della mi-sericordia, gli apostoli dissero: «Au-menta la nostra fede!» (Lc 17, 5).

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il tema è complesso e delicato. Faccio solo una considerazione.Più ci si allontana da un’autentica esperienza religiosa, più emerge

l'esperienza magica, la creduloneria figlia dell'insicurezza.L'uomo è fatto per Dio, è figlio di Dio, ne porta l'impronta e l'imma-gine. Se non si abbraccia e si completa in Dio, nella libertà, eglitenterà sempre di superare o almeno controllare il proprio limitenaturale di creatura con forme magiche, con pretese di dominiosul bene e sul male, con il voler essere dio di se stesso.È il peccato originale che si rinnova. Frutto di inganno.

la qualità umana di una persona dipende dalla sua qua-lità di relazione, di relazioni. La persona è relazione.

Quindi questi mezzi fan crescere l’umanità se sono stru-menti di relazione e non un palliativo di relazione, un pla-cebo che calma ma non alimenta le relazioni. Si possonoavere mille amici su Facebook, ma nessuno vero con cuiconfrontarsi guardandosi negliocchi. In questo caso, Internetnon favorisce la comunicazione,ma l’incomunicabilità. Spesso, negli “amici” di internetnon si ricerca la relazione vera, cheva da cuore a cuore e da mente amente, propria degli amici , ma ci siaccontenta del “ho visto la tua foto”,“ho letto il tuo post”, che è propriadei fan, dei followers, non degliamici. Dagli altri si cercano con-ferme al proprio io e non novità.Strumento e simbolo per eccellenzadell’atteggiamento autocentrico, onarcisistico, è il “selfie”.

Come Narciso si specchiava nell’acqua, perché vedevariflessa la propria immagine, così milioni e milioni di per-sone si specchiano nelle proprie foto.Sappiamo però cosa accadde a Narciso: affogò nella pro-pria immagine. Cioè, il rischio è quello del solipsismo, dellamancanza di relazione (gli altri si cercano solo perché met-tano “like”), dell’autoreferenzialità, dell’egoismo.

Chi cerca solo se stesso, si perde, muore in sé. E infine, lasciatemelo dire: che noia e

monotonia vivere sempre nellastanza del proprio io.Aria, aria! Voci nuove,diverse! Il nuovo è

fuori e rinnova.O vogliamo pas-sare la vita a farefotocopie delnostro io?

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DiAlogo con i lettori

Sono impressionata da tante persone che sonocircondate da paure, superstizioni, ricorrono a maghi,si assoggettano a prescrizioni e pratiche incredibili estupide, perdono la libertà.E poi quanti ricorrono a psichiatri e psicofarmaci per“tenersi su”. Ma cosa succede?

Margherita Caloi

Molto interessante l’articolo sulla “media education” (numero di Gennaio, p.20-21).Tutti siamo d’accordo che è necessaria, ma non ne abbiamo l’esperienza, i criteri, quali scelte pratiche fare.Ci sono anche molti rischi nell’uso di questi potenti e popolari mezzi informatici. Ma la mia domanda è questa:con essi la nostra umanità cresce o cala?

Don Giuseppe Valiante

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MeDiA eDUcAtion“ci stanchiamo più noi achiedere perdono che luia concederlo”.

(Papa Francesco)

la tigre e la jenaÈ mezzanotte e c’è la luna piena. Una Tigre e una Jenaescheno da la tana e vanno in giroco’ la speranza de trovà da cena.Ma se guardeno intornoe nun vedeno gnente.Aspetteremo che se faccia giorno;pensa la Tigre rassegnatamente –però – dice – se senteun fru-fru tra le piante…Chi c’è? una donna?e che farà a quest’ora?Aspetterà un amante…Cammina con un’aria sospettosa…Quarche cosa c’è sotto…- Certamente c’è sotto quarche cosa.Cià un fagotto…lo posa…– È una pupazza…Ma che pupazza! È ‘na cratura viva!Pare che chiami mamma! E mó?L’ammazza!È la madre! Hai capito?Come? La madre?! Verginemmaria!…La Tigre spaventata scappa viae la Jena cià un occhio innummidito…

(Trilussa)

Più FeDe, Meno PAUre

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cose con il loro nome. A volte non simette sul tavolo l’informazione com-pleta, ma la si seleziona secondo ipropri interessi, siano essi politici,economici o ideologici. Questo rendedifficile elaborare un giudizio equili-brato e prudente sulle diverse que-stioni, tenendo presenti tutte levariabili in gioco” (LS 135).

Alcuni temi ricorrenti

Molti sono i temi ricorrenti in questaenciclica. “Questo riguarda special-mente alcuni assi portanti che attra-versano tutta l’Enciclica. Per esempio:l’intima relazione tra i poveri e la fra-gilità del pianeta; la convinzione chetutto nel mondo è intimamente con-nesso; la critica al nuovo paradigmae alle forme di potere che derivanodalla tecnologia; l’invito a cercarealtri modi di intendere l’economia eil progresso; il valore proprio di ognicreatura; il senso umano dell’ecolo-gia; la necessità di dibattiti sinceri eonesti; la grave responsabilità dellapolitica internazionale e locale; la cul-tura dello scarto e la proposta di unnuovo stile di vita. Questi temi nonvengono mai chiusi o abbandonati,ma anzi costantemente ripresi e arric-chiti” (LS16). Ne propongo cinqueche per la loro importanza, l’insi-stenza con cui il Papa li presenta e ilfatto che ritornano in altri suoi inter-venti o scritti, ci possono dare unachiave di lettura del suo pensiero.

1. Ogni essere vivente ha una suaimportanza e un suo significato.“Mentre possiamo fare un uso re-sponsabile delle cose, siamo chia-mati a riconoscere che gli altriesseri viventi hanno un valore pro-prio di fronte a Dio” (LS 69)Il porre l’uomo e lo sviluppo tecno-logico al centro ha ribaltato i valorioriginali; l’attuale sfruttamento dellerisorse dimentica il piano originaleper cui esse furono create: “L’antro-

pocentrismo moderno, paradossal-mente, ha finito per collocare la ra-gione tecnica al di sopra dellarealtà, perché questo essere umano«non sente più la natura né comenorma valida, né come vivente rifu-gio. La vede senza ipotesi, obiettiva-mente, come spazio e materia incui realizzare un’opera nella qualegettarsi tutto, e non importa checosa ne risulterà” (LS 115).Questo antropocentrismo esage-rato, invece di portare a un veroprogresso ci sta portando versoegoismo e isolamento: “un notevoleeccesso antropocentrico che, sottoaltra veste, oggi continua a minareogni riferimento a qualcosa di co-mune e ogni tentativo di rafforzarei legami sociali”. (LS 116).

2. Il secondo argomento chiave è unaconseguenza del primo.Esiste un’armonia nell’universonella quale ogni cosa è collegataalle altre e le influenza. Lo sfrut-tamento esagerato o sproporzio-

nato di alcune risorse sta rom-pendo questa armonia.Una vera ecologia richiede un di-scorso più ampio, integrale, checomprenda tutti i vari aspetti.“Dal momento che tutto è intima-mente relazionato e che gli attualiproblemi richiedono uno sguardoche tenga conto di tutti gli aspettidella crisi mondiale, propongo disoffermarci adesso a riflettere suidiversi elementi di una ecologia in-tegrale, che comprenda chiara-mente le dimensioni umane esociali” (LS 137).Esiste una connessione intima tra dinoi e tra noi e la natura e dobbiamoimparare a conoscere e rispettarequesta connessione: “essendo staticreati dallo stesso Padre, noi tutti es-seri dell’universo siamo uniti da le-gami invisibili e formiamo una sortadi famiglia universale, una comu-nione sublime che ci spinge ad unrispetto sacro, amorevole e umile”(LS 89).

(continua…)

oltre un anno e mezzo è trascorsoda quando Papa Francesco ha

scritto l’enciclica Laudato si’ e forsemolti di noi l’hanno già riposta nelloscaffale della storia. Mi sono ripropo-sto di riprenderla perché a mio parerequesto documento non è stato capitonel modo giusto. Molti pensano aquesto come un ottimo documentosull’ecologia, ma l’intenzione delSanto Padre non era certoquella di informarci sullostato di salute attuale delnostro pianeta e tantomeno quello di farcidelle pie raccomanda-zioni su come com-portarci

per noninquinare. In

verità questo è undocumento sociale e rac-

chiude molti punti che ha poi svi-luppato in altri suoi discorsi edocumenti. Quello che il Papa desi-dera fare è invitarci ad un cambio distile e di priorità di vita. Nel fare que-sta analisi mi sono servito di alcuni ar-ticoli scritti da Mons. Victor DanielFernández, rettore dell’università cat-tolica dell’Argentina, profondo cono-scitore e amico di Papa Bergoglio.

riflettere suicomportamenti erratidell’uomo

Il Papa non ha alcuna intenzione difare un trattato scientifico ma presen-tare dei problemi causati dal compor-tamento errato dell’uomo per farpartire una riflessione che porti a deicambiamenti. Lui stesso dice: “Sumolte questioni concrete la Chiesanon ha motivo di proporre una paroladefinitiva e capisce che deve ascol-tare e promuovere il dibattito onestofra gli scienziati, rispettando le diver-sità di opinione. Basta però guardarela realtà con sincerità per vedere chec’è un grande deterioramento dellanostra casa comune.

La speranza ci invitaa riconoscere che c’è

sempre una via di uscita, chepossiamo sempre cambiare rotta, chepossiamo sempre fare qualcosa per ri-solvere i problemi.” (LS 61). Parlando,ad esempio, di biogenetica dice: “Tut-tavia in natura questi processi hannoun ritmo lento, che non è paragona-bile alla velocità imposta dai progressitecnologici attuali, anche quando taliprogressi si basano su uno svilupposcientifico di secoli” (LS 133).

non solo problemiambientali

Un punto che ci fa capire che si parladi problemi sociali e non solo ambien-tali è quando denuncia i poteri fortiche premettono i loro interessi albene dell’umanità: “Occorre assicu-rare un dibattito scientifico e socialeche sia responsabile e ampio, ingrado di considerare tutta l’informa-zione disponibile e di chiamare leDo

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ORESTE FERRARI in cAMMino con PAPA FrAnceSco

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in cAMMino con PAPA FrAnceSco

Laudato si’,enciclicA SociAle (1° PArte)

rilettura dell’enciclica del Papa a partire da 5 concetti chiave.

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Quello che il Papa desidera fareè invitarci ad un cambio di stilee di priorità di vita.

“Mentre possiamo fare un usoresponsabile delle cose, siamochiamati a riconoscere che glialtri esseri viventi hanno unvalore proprio di fronte a Dio”.

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17il vAngelo, le DoMAnDe DellA gente

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caro Marco,cominciamo da te, visto che ti seipreso una bella rivincita. Non sei un«riassunto» degli altri – come pensavaanche il grande Agostino – ma, se-condo la maggioranza degli studiosi,sei il «padre» di Matteo e Luca. Grazie,perché ci hai detto che “la storia diGesù è un «vangelo», cioè è la gioiosaproclamazione che Gesù è il Messia,Figlio di Dio” («Il valore storico deiVangeli», in Gesù luce sul camminodell’uomo, Edizioni «La Civiltà Catto-lica» - Roma 1994, p. 41).Gesù è, dunque, la «buona notizia»!Grazie, perché sei stato un ottimo pe-dagogo. Infatti, hai svelato lenta-mente il mistero della persona diGesù e, onde evitare false attese mes-sianiche di tipo politico-militare, haimostrato che la via della croce è ilcammino per comprendere la mis-sione di Gesù. Non solo.Questa, infatti, è anche la via del di-

scepolo, poiché al centro del tuo Van-gelo c’è il discorso sul discepolato:“Se qualcuno vuol venire dietro a me,rinneghi se stesso, prenda la suacroce e mi segua” (8,34). È quindil’identità del discepolo a costituire ilcentro del tuo Vangelo. La croce dicui parla Gesù, non è direttamente lasua, ma quella del discepolo che, se-guendo il proprio maestro, rinunciaalla propria vita consacrandola per laBuona Notizia del regno di Dio.E questo maestro non è sdolcinato,da copertina, biondo e con gli occhiazzurri, ma un Messia sofferente.Il tuo piano narrativo, infatti, è strut-

turato sulla rivelazione attraverso lacroce di Gesù come Figlio di Dio.Grazie, infine, per la «provocazione fi-nale»: Gesù sulla croce è stato ricono-sciuto, come Messia e Salvatore, daun centurione romano! Attenzione,quindi, perché anche oggi quel Cro-cifisso potrebbe essere riconosciutocome «Figlio di Dio» (15,39) da chireputiamo lontano, ateo, pagano.

caro Matteo,nella liturgia eucaristica sei stato pa-drone incontrastato fino al ConcilioVaticano II, perché il tuo Vangelo siprestava bene tanto nella predica-zione quanto nella catechesi. Infatti,Gesù appare come il «Maestro»,avendo tu avuto un prevalente inte-resse per i suoi insegnamenti. La tuaintenzione è stata quella di dimo-strare “che Gesù di Nazaret è il Messiaannunciato dai profeti” e “porta acompimento l’Antico Testamento e

inaugura il tempo del nuovo Israele”(«Il valore storico dei Vangeli», in Gesùluce sul cammino dell’uomo, Edizioni«La Civiltà Cattolica» - Roma 1994).Grazie per averci regalato (con Luca)la magia del Natale. Grazie per il capo-lavoro del «Discorso della montagna»e, in particolare, per quell’incipit chesono le «Beatitudini» (5,1-12), che do-vrebbero essere la carta d’identità diogni cristiano. Grazie per averci par-lato del «Regno dei cieli», con quellostrumento efficace e semplice chesono le parabole (13,1-52). Grazie,

perché ci hai indicatoqual è il «pas-

saporto» in-dispensabile per

la vita eterna: “Avevo fame, avevosete, ero straniero, nudo, malato, incarcere…” (25,31-46). Non ci sarannochiesti titoli di studio, documenti diproprietà o depositi in banca… Ma so-prattutto grazie, perché la tua «buonanotizia» è che il Signore sarà semprecon noi fino alla fine del mondo(28,20).

caro luca,l’apostolo Paolo ci ha lasciato duesplendide istantanee sul tuo conto:«Luca, il caro medico» (Col 4,14) e«solo Luca è con me» (2 Tm 4,11).Come «medico» hai saputo leniretante ferite, mostrandoci il vero voltodi Dio, che attende sempre con trepi-dazione il nostro ritorno e non ci rim-provera per le nostre malefatte, ma fafesta perché siamo di nuovo a casa!Grazie, «caro medico», perché anchenoi rischiamo di farci un’idea di Dio anostra immagine e somiglianza, sem-pre pronti a giudicare, a puntare ildito, e non ad accogliere e curare, ver-sando l’olio e il vino della speranza.Anche noi rischiamo di pensare che“Dio non può essere così; non può ar-rivare fino a questo punto!”. Questomodo di comportarsi del Padre ci dà

fastidio, proprio come aveva dato fa-stidio a Giona la salvezza degli abitantidi Ninive. Grazie, «caro medico», per-ché il tuo Vangelo è pervaso dall’atmo-sfera della gioia e della tenerezza,della misericordia e della compas-sione. Grazie, perché ci hai ricordatol’importanza della «preghiera», addi-tandoci come modello Gesù, che pre-gava sempre prima di prendere unagrande decisione. Grazie per la tua de-licatezza nei confronti dei poveri edegli emarginati (pastori, lebbrosi, sa-maritani, peccatori). Grazie, per averci

regalato la presenzameravigliosa di

Maria. Grazieper le tue «ricerche

accurate» (1,3)… e proprio per questoti chiediamo: “Dove hai attinto la pa-rabola del «Padre misericordioso» o«del figliol prodigo»? Lo sappiamo, tusei un cristiano di seconda genera-zione; allora qual è stata la tuafonte?”. Non è solo curiosità; è soprat-tutto gratitudine immensa!

caro giovanni,la carriera ce la siamo rovinata! Tu seistato un’aquila, noi al massimo siamodelle quaglie! Abbiamo cercato dibalbettare qualcosa sul tuo conto(come del resto anche sui tuoi colle-ghi Sinottici), ma siamo contenti e re-stiamo estasiati, contemplando ilmodo con cui ci hai parlato di Gesù.Grazie, perché ci hai detto che «cre-dere in Gesù» non è una cosa astratta,un’idea, ma l’adesione alla sua per-sona, uno slancio del cuore.Grazie per quel capolavoro, che è ilprologo (1,1-18), che continua ad af-fascinare e a commuovere (e a scan-dalizzare!), perché Dio si è fatto«carne», uno di noi, e ha voluto lavarei piedi alla nostra umanità. Perché“lavando i piedi ai discepoli Gesù nonha nascosto la sua grandezza divina,ma l’ha svelata: una grandezza che –

a differenza di quella che gli uominiimmaginano – è fatta di amore, di ser-vizio e di umiltà. La grandezza che simanifesta elevandosi, distanziandosi,facendosi servire anziché servire,l’hanno inventata gli uomini” (B. Mag-gioni). Grazie per la splendida archi-tettura tra «segni» e «dialoghi», ricchidi doppi sensi, ironia, fraintendimenti,che rendono la lettura sempre avvin-cente. Se fossi nato oggi, saresti unappassionato di Settimana Enigmi-stica! È per questo motivo che,quando si parla di te, occorre prestaredoppia attenzione! Caro Giovanni,anche tu, in fondo, ti sei preso unabella rivincita! Ti volevano «tardivo»,

ed invece è bastato un piccoloframmento di papiro a stravolgerele sicurezze di tanti studiosi. Iro-nia della sorte, ora sei tu ad avereil primato della testimonianza più

antica della vita di Gesù.

Carissimi,Marco-Matteo-Luca-giovanni,questa conclusione mi ricorda un po’il quarto tempo della Quinta di Bee-thoven: un «Allegro» sfolgorante, si-mile ad un treno in corsa che sembranon fermarsi mai! Che dire ancora?Come sintetizzarvi tutti e quattro?Ci piace chiudere con un pensiero diBruno Maggioni: “Gesù non è qual-cosa, sia pure importante, che faparte della vita, ma è la vita stessa.Senza Cristo la vita non è più vita.Certo si può esistere, ma non vivere.E questo perché il Vangelo di Gio-vanni è convinto che la vita si identi-fica con l’amore. Un’esistenza chiusanell’ egoismo, accartocciata su sestessa, non è vita. Non vive e non favivere. È l’amore che trasforma l’esi-stenza in vita… Quale strada si devepercorrere per raggiungere Dio è unadomanda che assilla ogni uomo chepensa.Ma come e dove trovare una rispostasicura? Con la venuta di Gesù l’uomonon è più abbandonato a se stesso, inuna ricerca a tentoni, incerta e per-fino contraddittoria. Il cristiano sa chela via è tracciata, ed è chiara: è lastrada che il Cristo ha percorso” (B.Maggioni).

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il vAngelo, le DoMAnDe DellA genteACHILLE mORABITO

Carissimi, Marco-Matteo-Luca-giovanni, ci avviamo verso la conclusionee lo facciamo con sentimenti di gratitudine.

“gesù non è qualcosa, sia pureimportante, che fa parte dellavita, ma è la vita stessa.Senza cristo la vita non è piùvita. certo si può esistere, manon vivere”.

(B. Maggioni)

Cari evangeListi…letterA APertA A MArco, MAtteo, lUcA e giovAnni

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la Chiesa ne celebra la memoria li-turgica l’11 febbraio, giorno della

prima apparizione della Madonna, nel1858, a una ragazza di quattordicianni di nome Bernadette Soubirous.La Vergine le apparve per ben diciottovolte in una grotta, lungo il fiumeGave, a Lourdes. Le parlò nel dialettolocale, le indicò il punto in cui scavarecon le mani per trovare quella che sirivelerà una sorgente d’acqua, al con-tatto con la quale sarebbero scaturitimolti miracoli.

Nell’apparizione del 25 marzo, festadell’Annunciazione, la Vergine disse diessere l’Immacolata Concezione, ve-nendo così a confermare il dogma delconcepimento immacolato di Mariapromulgato da Papa Pio IX l’8 dicem-bre 1854 (quattro anni prima). Questo collegamento tra le appari-zioni di Lourdes e il dogma dell’Imma-colata è ricordato ufficialmente anchenel Martirologio Romano, ove leg-giamo: “Beata Maria Vergine di Lour-des, che, a quattro anni dalla procla-

mazione dell’Immacolata Concezionedella beata Vergine, l’umile fanciullasanta Maria Bernardetta Soubirous piùvolte aveva visto nella grotta di Massa-bielle tra i monti Pirenei sulla riva delGave presso la cittadina di Lourdes,dove innumerevoli folle di fedeli accor-rono con devozione”.Le apparizioni di Lourdes vennero uf-ficialmente riconosciute dal vescovodi Tarbes, il 18 febbraio del 1862.Lourdes divenne subito il più celebredei luoghi mariani.Don Orione ne aveva devozione.È consistente la documentazione chepresenta la stima e la devozione diSan Luigi Orione verso le apparizionidella Madonna a Lourdes del 1854. Egli era solito collegare le apparizionidi Lourdes al dogma dell’ImmacolataConcezione. “Il 18 Dicembre 1854l’angelico Pio IX in S. Pietro, dinnanzia un’imponente assemblea di parec-chie centinaia di Vescovi, promulgavail dogma dell’Immacolata Conce-

zione. La Vergine appariva poi, quat-tro anni dopo a Lourdes e diceva: «Iosono l’Immacolata Concezione!»”.Di Lourdes ricordava sovente e primadi tutto il messaggio riassunto nell’in-vito a preghiera, penitenza e purezza.Dalle apparizioni prendeva spuntoper inculcare la pia pratica del Rosa-rio. “L’Immacolata, quando apparve aLourdes alla Beata Bernadetta, ap-parve tenendo fra le sue dita e fa-cendo passare, recitandola, la santacorona del Rosario; e una pia usanzavuole che tutti i religiosi abbiano ilsanto Rosario al fianco e che tutti igiorni recitino questa grande pre-ghiera, divenuta più popolare”, disseparlando alle sue Suore l’8.12.1927.Era fiducioso nell’intercessione dellaMadonna di Lourdes.A Don Gaspare Goggi malato grave-mente, il 16.7.1908, scrive: “Oggi‚ il50° Anniversario dell’ultima appari-zione a Lourdes: daremo la benedi-zione e pregheremo anche per voi”.Si serviva dell’acqua scaturita pressola grotta di Massabielle per alimentare

la devozione, soprattutto dei malati.“Io sono qui presso il Conte Servanzi,malato grave, al quale già ho sommi-nistrato anche gli estremi Sacramenti.Gli ho dato stanotte a bere l’acqua diLourdes”. “Al conte Crivelli… stamat-tina ho dato un altro po’ di acquadella Madonna di Lourdes” (15, 125).Egli conosceva e parlava dei miracoliche avvenivano a Lourdes. Era contento dei pellegrinaggi allasanta Grotta, li raccomandò e inco-raggiò. Desiderò andare egli stessopellegrino a Lourdes. Doveva andarvinel 1911, con un pellegrinaggio diTortona; poi nel 1930, con un pelle-grinaggio di Genova (“Oh quanto de-sidererei venire anch’io a Lourdes! Miunirò in ispirito”); aveva in pro-gramma di sostarvi di ritorno dal viag-gio in Brasile, nel 1922. Di fatto, nonrisulta che egli sia andato a Lourdes Volle la benedizione eucaristica deimalati alla festa del Santuario dellaMadonna della Guardia, il 29 di ago-sto, per far rivivere questo eventocome a Lourdes. Ci sono foto che loritraggono mentre passa per la bene-dizione dei malati, sostando conl’Ostensorio su ciascuno di essi.Aveva desiderio di aprire una casa aLourdes e c’era anche un progetto.“Molto mi piacerebbe avere una Casain Francia e a Lourdes, ma costanotroppo. Se e quando la Immaculadade Lourdes vorrà che la mia Congre-gazione si stabilisca vicino alla Grottamanderà qualche Provvidenza”, scrivenel maggio 1937 dall’Argentina.

Gli fu cara la data dell’11 febbraio ead essa legò vari eventi.Va ricordato che nel giorno e quasialla stessa ora della prima apparizionedella Madonna a Lourdes, l’11 feb-braio 1858, i suoi genitori Vittorio eCarolina si sposarono a Pontecurone.L’11 febbraio 1903, “Festa dell’Appa-rizione della SS. Vergine Immaco-lata”, Don Orione scrisse la domandadi approvazione e il “Piano e pro-gramma della Piccola Opera della Di-vina Provvidenza”. L’11 febbraio1904, volle l’apertura della primacasa della Piccola Opera in Brasile, aMar de España, Brasile. L’11 febbraio1922, Don Orione prende possessodella prima casa in Argentina, a Victo-

ria, e celebra la prima Messa nellachiesa di N.S. de la Guardia.L’11 febbraio 1938 fece iniziare ilprimo Noviziato dell’Argentina, aClaypole. L’ultima Messa di DonOrione, a Sanremo, Villa Santa Clo-tilde, nel mattino del 12 marzo, fu ce-lebrata ai piedi della statua dellaVergine Immacolata di Lourdes.Don Orione fu promotore e diffusoredella grotta di Lourdes in varie suecase. Ne volle una a Villa Moffa (Cuneo)e nella casa di Via Bosco a Genova; alPiccolo Cottolengo di Claypole (Argen-tina) e a Niteroi (Rio de Janeiro).

La veggente, santa Bernadetta Sou-birous (1844-1879), divenne suora efu canonizzata l’8 dicembre 1933. Ri-cordando questo evento, Don Orionescrisse sul Bollettino della “Madonnadella Guardia” del 15 febbraio 1934.“Sono ora 75 anni dacché Maria Im-macolata è apparsa a Lourdes, aquella semplice e pia Bernadetta cheda poche settimane la Chiesa ha in-nalzato all’onore degli altari.Giorni lieti e benedetti quelli e questi

giorni che ci parlano della maternabontà della Santa Madonna, del privi-legio singolarissimo e dei doni ondefu arricchita, e ci trasportano e infer-vorano all’amore di Lei.Bello e degno onorare Maria Immaco-lata e santa più che creatura, sia nellacanonizzazione della Bernadetta sianel 75.mo anniversario delle appari-zioni di Lourdes! La Benedetta fra ledonne volle apparire tutta bianco ve-stita, e all’umile fanciulla disse: Iosono l’Immacolata Concezione!”.La Madonna di Lourdes ha riportatoil coraggio della fede in Francia e nelmondo. Questo è il dono che Mariaha fatto più volte lungo la storia dellaChiesa. Proprio la fede e il coraggiodel Vangelo ha chiesto Papa France-sco in una preghiera davanti allaGrotta di Lourdes.

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lA MADonnADi loUrDeSDon orione conobbe, riconobbe e ne fu devoto.

Di lourdes ricordava sovente eprima di tutto il messaggioriassunto nell’invito a preghiera,penitenza e purezza.

“Molto mi piacerebbe avere unacasa in Francia e a lourdes,ma costano troppo.Se e quando la immaculada delourdes vorrà che la miacongregazione si stabiliscavicino alla grotta manderàqualche Provvidenza”, scrivenel maggio 1937 dall’Argentina.

“Stella della nuova evangelizzazione,aiutaci a risplendere nellatestimonianza della comunione, del servizio, della fede ardentee generosa, della giustizia e dell’amoreverso i poveri, perché la gioia del Vangelogiunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia privadella sua luce.Madre del Vangelo vivente, sorgente di gioia per i piccoli, prega per noi. Amen. Alleluia”.

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tutti i tempi, il discepolo missionariosa incarnare nuovi modi per testimo-niare la carità, poiché ha acquisitouna capacità di lettura dei segni deitempi che lo porta a un’inaudita no-vità: quella dell’impegno per il benedei suoi fratelli più poveri.Egli con libertà offre la sua testimo-nianza di credente, nell’impegno peril bene di tutti gli uomini. Questa ca-ratteristica delinea la portata univer-sale dello spirito di carità, includendotutti; nessuno resta escluso.L’esperienza del sentirsi parte inte-grante di questo nuovo popolo, lorende cosciente della sovranità diGesù, che conduce il suo gregge trale vicissitudini del tempo.Nella nostra Congregazione ci sonoalcune iniziative che si distinguonograzie a persone che vivono questostile di missione in uscita. Tra le molterealtà orionine, penso ad esempio allaCasa Rainha da Paz in Campos do Jor-dão (Brasile), dove attraverso la pre-ghiera, la fraternità ed il lavoromanuale molti tossico dipendenti rie-scono a vivere con dignità e a ristabi-lire i loro legami con la famiglia e conla comunità. C’è poi il Day Care Cen-ter “Daya Nikentan” in Gauribidanur(India) dove i nostri missionari aiutanola popolazione a maggioranza indù e

musulmana, in tutto ciò che serve perl’integrazione di persone con defi-cienze psichiche e neurologiche, eaiutano anche i ragazzi in età scolarecon varie attività di istruzione per ar-ginare il fenomeno dilagante dell’ab-bandono scolastico. È un segno chela carità non fa differenze fra caste,credi o religioni. Penso, infine, al ser-vizio di accoglienza ai rifugiati sirianie iracheni cristiani in Zarqa (Giorda-nia), dove la nostra Congregazione siè messa a disposizione di queste per-sone in modo da aiutarle e soccor-rerle in questa situazione di grandeemergenza. Queste iniziative conti-nuano a formare un orizzonte nelquale la nostra Congregazione rin-nova la sua identità, converte le strut-ture che devono rinnovarsi e alimentail permanente stato di conversionemissionaria dei suoi membri.Pertanto la missione non vuole essereun’attività della Congregazione da vi-vere solo nelle frontiere, geograficheo di necessità umana, bensì l’espe-rienza di un cristianesimo vivo che vaincontro al Signore attraverso altri,che alimenta la sua identità nella ca-rità; diventando in ogni azione, edanche in ogni passione, vera sposa diColui che venne ad amare tutti, senzadistinzioni.

ipadri del 14° Capitolo Generalehanno delineato un orizzonte molto

ispiratore per la nostra Congrega-zione: I religiosi di Don Orione, es-sendo servi di Cristo e dei poveri,vogliono vivere la fedeltà e la profeziain dialogo con le periferie della po-vertà e della nuova evangelizzazione.E la novità dello stile proposto, risiedenell’attuare una vera conversione mis-sionaria, delle persone e delle strut-ture, in modo da contribuire allariforma ecclesiale che Papa Franciscosuggerisce a tutti i cristiani. La persona di Cristo, inviato dal Padrecon la forza dello Spirito, delinea lo stiledell’attività missionaria della Chiesa.In effetti, la missione di Gesù fu carat-terizzata da questo desiderio di uscireda sé, per andare incontro agli uomini.Gesù nella sua vita terrena, seppe vi-vere una tale auto trascendenza, chegenerò uno spazio-tempo affinché tuttiincontrassero il Padre. Molto si è detto, e ultimamente anchescritto, in merito alla capacità del mes-saggio cristiano di attirare e di sedurrele persone. Il cristianesimo non cresce

mediante una sofisticata campagnapubblicitaria o di divulgazione, bensìper attrazione. Alcune caratteristichedimostrano, infatti, la differenza, tramissione e proselitismo.In primo luogo, un autentico missiona-rio è colui che ha scoperto la sua iden-tità nella relazione col Signore Gesù.L’esperienza dell’incontro con Gesù èstata così forte da segnare per sempreper la sua vita. Tuttavia questa identità,nata dalla comunione, si alimenta e di-venta più chiara nell’annuncio.Come afferma Papa Francesco, la spi-ritualità del cristiano è una intimità iti-nerante. Un’amicizia profonda deldiscepolo-missionario che si alimentaseguendo Gesù per le strade della sto-ria. La comunione ecclesiale di conse-guenza, è una comunione missionaria.Non si ripiega su sé stessa, bensì si apreall’azione dello Spirito, per offrire atutti la parte migliore di sé. Perciò, la

consegna che vive il discepolo inquanto tale, porta all’offerta di ciò checostituisce il senso della propria esi-stenza, senza alcuna paura. Ogni di-scepolo del Signore è al contempoanche missione, cioè, è un discepolo-missionario. La missione è una pas-sione per Gesù e, al tempo stesso, èuna passione per il suo popolo.Colui che vive la fede con questa espe-rienza, riesce ad aprirsi senza paure adaltre culture, alle più varie situazionidella vita; sa imprimere uno spirito divita a tutte le strutture; sa servirsi ditutto ciò che è utile all’annuncio delvangelo. Pertanto è anche aperto anuove forme di evangelizzazione.E può perfino vivere alle intemperie,senza necessariamente dipendere daesse. L’annuncio gioioso del vangelonecessita solo di cuori e di bracciapronti ad amare chi ha più bisogno. D’altra parte chi vive questa intimitàitinerante, si lascia stimolare da tuttociò che è vero, bello e santo, e che èpresente in ogni uomo. Inspirato daquesta eucaristica distribuzione delbene e della verità negli uomini di

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io Sono UnA MiSSioneogni discepolo del Signore è alcontempo anche missione, cioè,è un discepolo-missionario.

come afferma Papa Francesco,la spiritualità del cristiano èuna intimità itinerante.Un'amicizia profonda deldiscepolo-missionario che sialimenta seguendo gesù perle strade della storia.

E da circa quattro anni che la comunità orionina diZarqa in Giordania, è in prima linea per accogliere i

profughi siriani e gli iracheni cristiani. Centinaiasono state le famiglie accolte in questi anni, vale a

dire migliaia di persone; moltissimi i bambini.

La Casa Rainha da Paz in Campos do Jordão (SP, Brasile),è un'opera di accoglienza e recupero per tossicodipendenti,

inaugurata nel 2014. Si trova in un luogo di montagna,immersa in una natura verdeggiante e ricca di acque.

L'opera, nata come risposta a una necessità di frontiera, è portata avanti con serietà e professionalità, ma anche con

uno stile familiare, che la rende non troppo istituzionalizzata.

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Con il mese di gennaio prende il via uno speciale dossier dal titolo "Missione,

missioni e messaggi" attraverso il quale cercheremo di raccontare la bellezza

della Chiesa in uscita, in missione.

A più di cento anni dalla sua fondazione la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza si mantienefedele allo spirito e alle intenzioni del suo Fondatore, continuando a essere una “congregazione missionaria”.«La “missionarietà” – spiega P. Tarcísio Vieira, Direttore generale dell’Opera Don Orione - appartiene alla suanatura più intima, essendo un aspetto integrante della sua identità».All’orionino, religioso o laico che sia, è quindi connaturale che la risposta alla chiamata del Signore si realizzicarismaticamente nella passione missionaria di evangelizzare sempre, di essere sempre “in partenza”per annunciare il Vangelo ai piccoli, agli umili, ai poveri.

lacongregazione

in missione

N. 2

il Convegno, promosso dall’Ufficio Na-zionale per la Pastorale delle Voca-

zioni della CEI è, come sempre, rivoltoa tutti coloro che operano nella pasto-rale vocazionale delle diocesi italiane,presbiteri, seminaristi, laici, consa-crati/e, giovani. Il tema di quest’anno è stato: “Alzati,va’ e non temere”. Vocazioni e santità:io sono una missione (EG 273), ed haaffrontato il tema della missione, attra-verso l’esortazione apostolica “Evan-gelii Gaudium”: “La missione al cuoredel popolo non è una parte della miavita, o un ornamento che mi posso to-gliere, non è un’appendice, o un mo-mento tra i tanti dell’esistenza.È qualcosa che non posso sradicare dalmio essere se non voglio distruggermi.Io sono una missione su questa terra,e per questo mi trovo in questomondo. Bisogna riconoscere sé stessicome marcati a fuoco da tale missionedi illuminare, benedire, vivificare, sol-levare, guarire, liberare. Lì si rivela l’in-fermiera nell’animo, il maestro nell’ani-mo, il politico nell’animo, quelli chehanno deciso nel profondo di esserecon gli altri e per gli altri. Tuttavia, seuno divide da una parte il suo doveree dall’altra la propria vita privata, tuttodiventa grigio e andrà continuamentecercando riconoscimenti o difen-dendo le proprie esigenze. Smetterà diessere popolo”. (EG 273)Al convegno sono state rappresentatetutte le regioni italiane e le diocesi pre-senti sono state oltre 160, per un to-tale di 735 partecipanti iscritti. “Gesùinvia in missione chi ha condiviso conlui sogni e realtà, forza e debolezza,bellezza e gratitudine.Aprendo i lavori, Mons. Domenico DalMolin, direttore dell’Ufficio nazionale

per la pastorale delle vocazioni (Unpv),ha ricordato che: “Il Sinodo 2018 ‘Gio-vani, fede e discernimento vocazio-nale’ rappresenta il nostro orizzonte diriferimento.

“Gesù invia in missionechi ha condiviso con luisogni e realtà, forza e de-bolezza, bellezza e gratitu-dine. Egli – ha conclusoMons. Dal Molin – affidaquesto compito a chi gli haconsegnato, senza riserve,la propria vita.Essere una missione perma-nente richiede coraggio, au-dacia, fantasia e voglia di‘andare più in là”.Nel suo intervento invece Don José To-lentino Mendonça, poeta e teologoportoghese, ha lanciato un forte mo-nito sulla tentazione della chiusura:“Abbiamo costruito esperienze reli-giose con troppi muri: un convento, unmonastero, una parrocchia e i suoimuri e la sua autosufficienza.E per questo paghiamo un costo in so-litudine e in poca efficacia missiona-ria”. Il teologo ha sottolineato che “lavocazione non è un’isola, è fare partedi un arcipelago”. Per questo, è neces-sario “vincere l’autoreferenzialità peril rafforzamento della vita comunita-ria, perché senza la comunità nonsiamo”. Una tavola rotonda alla pre-senza di alcuni testimoni, è stata

un’occasione per ascoltare le espe-rienze di vita di diverse vocazioni pre-senti nella Chiesa (un vescovo, unasuora, una coppia di sposi , un’atletadelle paraolimpiadi). In seguito, in unoshow room vocazionale, sono statepresentate varie esperienze significa-tive di realtà concrete, parrocchiali enon, allo scopo di mettere in circoloidee, pensieri, suoni, linguaggi.

Il 5 gennaio i parteci-panti al Convegno sonostati ricevuti in udienzada Papa Francesco, chenel discorso preparatoper l'occasione avevascritto: “Cari fratelli esorelle, non stancatevidi ripetere a voi stessi:“io sono una mis-sione” e non sempli-cemente “io ho unamissione”.Essere missione per-

manente richiede coraggio, audacia,fantasia e voglia di andare oltre, di an-dare più in là. Infatti, “Alzati, va’ e nontemere” è stato il tema del vostroConvegno. Esso ci aiuta a fare memo-ria di molte storie di vocazione, in cuiil Signore invita i chiamati ad uscireda sé per essere dono per gli altri; adessi affida una missione e li rassicura:«Non temere, perché io sono con te»(Is 41,10). Questa sua benedizione sifa incoraggiamento costante e appas-sionato per poter andare oltre lepaure che rinchiudono in sé stessi eparalizzano ogni desiderio di bene.È bello sapere che il Signore si fa ca-rico delle nostre fragilità, ci rimette inpiedi per ritrovare, giorno dopogiorno, l’infinita pazienza di ricomin-ciare”.

“AlZAti,vA’ e non teMere”Dal 3 al 5 gennaio 2017 si è svolto a roma l’annuale convegno nazionale vocazionale,a cui hanno partecipato anche alcune rappresentanti delle Piccole Suore Missionariedella carità ed alcune consacrate dell’istituto Secolare orionino.

MonDo orionino

la missione al cuore del popolonon è una parte della mia vita,o un ornamento che mi possotogliere, non è un’appendice,o un momento tra i tantidell’esistenza.

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laico - è connaturale che la risposta alla chiamatadel Signore si realizzi carismaticamente nella passionemissionaria di evangelizzare sempre, di essere sempre “inpartenza” per annunciare il Vangelo ai piccoli, agli umili,ai poveri. Quindi, avendo superato già il centenario dellasua fondazione, posso dire e assicurare che la coscienzadi essere una Congregazione “missionaria”, nonché il suoardore e passione apostoliche, continuano intense e vivaci.

ma qualche cambiamento c’è stato…

Se di cambiamenti vogliamo parlare, questi ci sono stati,anche se vorrei precisare ancora che non hanno minima-mente toccato l’identità congregazionale e le motivazionidei religiosi. Tuttavia, è notevole, per esempio, un cambia-mento nella “movimentazione missionaria”.Eravamo abituati agli spostamenti dei missionari che ave-vano la loro origine in Europa e oggi vediamo, con soddi-sfazione, che l’Africa e l’Asia orionine non sono solodestinatarie della missione, ma diventano anche loro “mis-sionarie”. Di fatto, si vedono molti religiosi di queste realtà,sparsi per le Comunità in diverse parti del mondo.Quindi, se prima c’era un “centro” da dove partivano i mis-sionari, oggi si può dire che tutta la Congregazione è mis-sionaria perché, in un modo o nell’altro, le province e lenazioni sono coinvolte nella collaborazione e nello scam-bio dei doni. Ma questo fatto rivela anche che l’impegnovocazionale nelle missioni sta cambiando positivamente ilvolto della Congregazione, specialmente perché le nuovevocazioni locali stanno prendendo la responsabilità nelleproprie regioni.Senza dubbio è cambiata anche la nozione di “territorio

della missione” non più identificato esclusivamentecome uno spazio circoscritto a una nazione o anche a

un continente. Anzi, per gli effetti della globalizzazione edelle migrazioni le frontiere sono cadute e il mondo è di-ventato multiculturale e plurireligioso. Per cui la missione“ad gentes” oggi, in un certo senso, può essere realizzata,per esempio, nel proprio territorio parrocchiale o all’in-terno delle nostre opere.

Uscire fuori di sagrestia è stato il motto con il quale ilsanto di Tortona ha indicato ai suoi religiosi il metodoper essere missionari. Lei è d’accordo?

Come hai giustamente sottolineato, “uscire fuori di sagre-stia” è, per Don Orione, un motto per indicare un metodomissionario. In questa frase lapidaria, il Fondatore ha con-densato uno stile di vita e di apostolato per sé e per i suoifigli. E noi l’abbiamo sempre compreso in questo modo,direi come un “comandamento”, di valore esemplare eimperativo. Allora, come non essere d’accordo con questosuo stile di essere sempre pronto a partire, sempre dispo-nibile a uscire alla conquista delle anime a Cristo? Tuttavia,nel sottolineare la bellezza di questo motto, non possiamodimenticare che, per Don Orione, era molto forte anche il“momento sagrestia”, cioè quel momento compresocome tempo disponibile per la preghiera personale e co-munitaria, come ore passate davanti a Gesù sacramentatoe come fedeltà alla celebrazione dei sacramenti.

Don Orione sin dalla fondazione ha voluto una Congregazionemissionaria. A distanza di oltre cento anni che cosaè cambiato?

Certamente non è cambiata l’identità della Congregazioneche, per mantenersi fedele allo spirito e alle intenzioni delFondatore, continua a essere una “congregazione missio-naria”. Si può perfino dire che la “missionarietà” appar-tiene alla sua natura più intima, essendo un aspettointegrante della sua identità.In tal senso basterebbe ricordare che il fine specialedella Congregazione, come dicono le nostre Costi-tuzioni, è “diffondere la conoscenza e l’amore diGesù Cristo, della Chiesa e del Papa, special-mente nel popolo e ciò mediante l’apostolatodella carità”. Per cui, all’orionino – religioso o

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Padre TarCíSio ViEiraDirettore generale

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USCIRE DI SAGRESTIACON GESÙ NEL CUORE

di Gianluca Scarnicci

Il Direttore generale, Padre Tarcísio Vieira traccia le lineeprogrammatiche della "Congregazione in missione"alla luce del XIV Capitolo Generale e del magisterodi Papa Francesco.

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L’uscita della sagrestia,per dire quasi con unabattuta, non era unascusa per scappare, ma un effetto coerente, l’esito di untempo con Dio. “Usciva dalla sagrestia” perché pieno diDio, perché inviato, incaricato di una missione e, per que-sto, non annunciava sé stesso ma il Signore. In sintesi, perDon Orione e per noi deve essere così: “dentro della sa-grestia” per concentrarci in Dio; “fuori dalla sagrestia” perdecentrarci nell’apostolato; finalmente, “ritornare alla sa-grestia” portando al Signore le Anime.

Di recente la Congregazione ha ricordato la fondazionedi alcune missioni importanti in Romania e nelle Filip-pine. Quali sono oggi gli sviluppi in terra missionaria,ad esempio in Asia?

Le celebrazioni giubilari di presenza orionina in diverse na-zioni sono certamente un segno di crescita e di consolida-mento della missione. Come si sa, il progetto missionariodella Congregazione afferma che la missione in una nuovanazione si può dire consolidata quando comprende un nu-mero di almeno tre comunità religiose che uniscano, agliimpegni di evangelizzazione, le opere caritative e la pro-mozione delle vocazioni locali.Così, in Asia si continua lo sforzo di consolidare la missionenelle Filippine che ha già tre comunità con una bella emolto incisiva attività caritativa e che si impegna nel farcrescere e maturare le vocazioni filippine. In India que-st’anno saranno 15 anni della nostra presenza e anche lìabbiamo tre comunità e molte vocazioni. Da alcuni annisono iniziate piccole attività caritative. Ora che ci sono già5 sacerdoti locali con altri che stanno per arrivare sarà piùfacile il nostro inserimento nella chiesa indiana.Più complesso è il discorso in Giordania dove siamo già da30 anni con una comunità che ha un impegno caritativoallargato, ma dove è difficile il discorso vocazionale.L’Asia è un continente che si sta aprendo alla scena eccle-

siale e inviti per una nostra presenza ci sono anche in altripaesi come il Vietnam, il Timor Est e l’Indonesia. Un discer-nimento accurato richiede tempi e vocazioni. Grandi speranze di sviluppo vengono anche dall’Africadove, in questo momento, siamo in 6 paesi, con una pro-spettiva molto concreta di prossimo inserimento in unanuova nazione. Infine, prospettive di sviluppo anche inaltre nazioni di presenza storica orionina.

Oggi essere missionari significa anche sapere dialogaree accettare le altre religioni. ma spesso i cristiani ven-gono uccisi e perseguitati. Lei cosa ne pensa?

Papa Francesco è il primo ad insegnarci che il dialogo conle altre religioni è l’unico modo per costruire un vero svi-luppo e garantire la pace nelle nazioni. Noi abbiamo comemotto la carità che vede la presenza di Dio in tutte le per-sone al di là del loro credo religioso. E d’altronde il ConcilioVaticano II ci ha insegnato che Dio ha piantato semi di ve-rità e di bene in tutte le religioni.È vero che i cristiani vengono uccisi e martirizzati, però noiportiamo avanti uno stile in cui crediamo, quello del-l’amore, al di là dei frutti immediati che raccogliamo per-ché questo è il messaggio evangelico. Inoltre, abbiamol’esperienza che le opere di carità – istituzionalizzate omeno, semplice o grandiose - sono il modo migliore, piùefficace, per entrare in dialogo con tutti. È il “dialogo del-l’azione” prima di quello “delle parole”.In questo modo, Don Orione ci ha insegnato a non chiu-dere la porta a nessuno e è proprio quest’atteggiamentodi apertura e di disponibilità a fare del bene che ci pro-tegge e ci fa essere accettati, magari in qualche contestosfavorevole dal punto di vista religioso. Di fatto, con DonOrione verifichiamo che la carità unifica ed edifica tutti inCristo.

GUy ROLAND NANAAngolo giovAni

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Quando mi è stata chiesta una testi-monianza sulla mia vocazione, mi

è venuto subito in mente una cantospagnolo che avevo imparato dabambino: “Yo tengo un amigo queme ama, me ama, me ama, Yo tengoun amigo que me ama, Su nombre esJesús”. Volendo fare una lettura dellamia vita oggi, come giovane sacer-dote, mi rendo conto che il Signore èdavvero un amico fedele che mai ri-nuncia alla sua amicizia. «Nessuno haun amore più grande di questo: darela vita per i propri amici» (Gv 15, 13).È solo su questo principio che poggiaogni vocazione e soprattutto quellaalla vita consacrata. La mia espe-rienza vocazionale non fa eccezione.Essa non ha niente di straordinario.È una vocazione normale, qualcosa dinaturale, molto umana che cerco,ogni giorno, di portare avanti conl’aiuto del Signore. Provengo da unafamiglia cristiana e questo mi ha aiu-tato nella crescita umana e spirituale.Per frequentare la scuola ho dovuto la-sciare la mia famiglia e devo dire chemi è capitata una cosa abbastanza sin-golare! Infatti sono stato accolto dauna famiglia musulmana.In essa vi era un giovane ilquale, saputo che ero cri-stiano, si è impegnatovolentieri a portarmi inchiesa ogni domenica.Ma non potendo lui par-tecipare all’eucarestia,rimanevamo in fondoalla chiesa.

Però, essendo io piccolo di statura,non riuscivo a seguire bene i gesti delsacerdote sull’altare. Sentivo, al mo-mento della consacrazione, lo squillodi un campanello e questo mi facevaimmaginare cose divine! Ero convintodi vivere il momento in cui Dio ci visi-tava e si manifestava quasi fisica-mente! Avendo scoperto che erano ichierichetti a suonare il campanello,mi è venuta la voglia di iscrivermi algruppo dei ministranti. E così anch’iopotevo stare sull’altare, servire lamessa, suonare il campanello…Questa esperienza, per quanto un po’banale, certamente è stata la scintillaper la mia vocazione. Così ho iniziato a seguire i sacerdotinel loro apostolato, recandomi conloro nelle varie cappelle della parroc-chia ed ho capito che essere chieri-chetto era un po’ poco. Sentivo ilbisogno di qualcosa di più, magari…diventare sacerdote! Non avevo le idee chiare, ma questo

desiderio mi coinvolgeva molto!Volevo essere sacerdote! Ho ini-ziato così un cammino di discerni-mento. Ma nel 2002 nella mia

nazione, la Costa d’Avorio, èscoppiata una violenta crisi

politica e son dovuto tor-nare in Burkina Faso

(mio paese d’origine)per poter conti-

nuare la scuolaperché quellache frequen-tavo era statachiusa. Pre-occupato

e scorag-giato da

questi

avvenimenti, ho accantonato l’ideadella vocazione sacerdotale.Trascinato da alcuni nuovi amici vo-levo “vivere la vita” e quindi permet-termi tutto! E assaporare la famosa“libertà” a cui, purtroppo, tanti gio-vani si ispirano.Qualche tempo dopo, riflettendo sulsenso della mia vita e sul mio futuro,ho capito che questa non poteva es-sere la strada giusta. Ho ripensato allamia vocazione e ho deciso di conti-nuare il cammino di discernimento.Mi ha aiutato in questo l’incontro conalcuni sacerdoti di Don Orione impe-gnati nell’apostolato nella mia terra,a Ouagadougou, ed ho deciso, nel2006, di fare un’esperienza con loro.Avevo 22 anni. E così terminato illiceo, ho vissuto intensamente le varietappe verso il sacerdozio: studio dellafilosofia, noviziato, tirocinio… Già!Il tirocinio! E ho avuto la gioia di farloin Italia: prima a Genova, al Villaggiodella Carità di Camaldoli, e poi a Se-largius (CA) nella comunità della par-rocchia SS. Salvatore.Esperienze veramente belle e arric-chenti! Nel 2012, a Roma, ho iniziatola teologia e la preparazione imme-diata al Sacerdozio. Ringrazio ilSignore per tutto questo!Sono contento di appartenere alla fa-miglia orionina perché ho scoperto inDon Orione un uomo che ha saputodare una risposta chiara all’amore in-finito di Dio offrendosi totalmenteagli altri, specialmente ai più biso-gnosi. In lui scopro lo sguardo amore-vole di Dio verso tutti, nei diversiambienti della società. Seguendo lesue orme, cerco di dare anch’io unarisposta all’amore del Signore nei mieiconfronti. Sono convinto di non es-sere frutto di un caso, ma esisto per-ché il Signore l’ha voluto e ciò è, perme, motivo di un ringraziamento con-tinuo e mi spinge a fare della mia vitauna esistenza di amore e di gioia alservizio del Signore attraverso il miosacerdozio.

l'AMore cHiAMA l'AMoreMi chiamo guy roland nana, di nazionalità burkinabé, e sono statoconsacrato sacerdote il 2 luglio 2016.

l a c o n g r e g a z i o n e i n m i s s i o n e

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Ho iniziato a seguire i sacerdotinel loro apostolato, recandomicon loro nelle varie cappelle dellaparrocchia ed ho capito che es-sere chierichetto era un po’ poco.

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vivere in un eterno pre-sente… a casa. Eppureil prof. AlessandroRosina nel suo“Rapporto Gio-vani” dimostrache l’85% deigiovani «vorrebbemaggiore autonomia per mettersi allaprova con se stessi».Anche il Papa Francesco, dopo averascoltato tutta l’accesa discussionedurante il Sinodo sulla famiglia, l’hasottolineato nella sua EsortazioneAmoris Laetitia: «il desiderio di fami-glia resta vivo, in specie fra i giovani».Tuttavia, come indicano le sopracitatestatistiche Istat, il 67% dei giovanidopo essere riusciti ad uscire per unperiodo dalla famiglia, «sono costrettia (…) tornare dai genitori».In questi giorni ho sentito di un ra-gazzo che è giunto in una comunitàterapeutica per tossicodipendenti vi-cino a Parigi; era una comunità catto-lica e lui era completamente estraneonel tema della fede, come si suoledire “tabula rasa”, sentiva solo unforte bisogno di un aiuto.Il ragazzo ha chiesto: “Accoglietemi,perché sono già arrivato al fondo,però vi confesso che io non sono cre-dente”. Anche loro sono stati chiaricon lui: “Non c’è problema, l’unicacosa che di chiederemo sarà di staresempre con noi. Se c’è la Messa, tuprendi la tua sedia, puoi leggere unlibro, mettere anche gli auricolari eascoltare la tua musica, però devistare con noi. Lo stesso, se c’è il Rosa-rio. Non può essere che noi pre-ghiamo e tu stai sdraiato a letto”.

“Va bene”, ha rispo-sto il ragazzo.E siccome nonaveva pregiudizi,dopo 2-3 setti-mane è anchenata un’amicizia.

E una volta, durante una cele-brazione qualcuno gli ha domandato:“Puoi leggere questo salmo?”E lui: “Che cosa è il salmo?”. Gli hannorisposto: “È un testo biblico”.Il ragazzo: “Ok. Non c’è problema”.Però, dopo averlo letto, il ragazzo hacominciato a piangere: “Scusatemi sepiango. Vorrei ringraziarvi perchéavete scritto per me questa poesia”.Qualcuno gli ha detto: “Fratello, nonprendertela, ma questo testo ha oltre2 mila anni”. Ma lui non ci credeva:“Come 2 mila anni?, quando ero acasa con mio padre, egli storceva lelabbra, scuoteva il capo e mi indicò laporta, dicendo di andarmene via[cfr. Salmo 21]. Poi, quando venivo davoi, i bambini mi additavano dicendo«ubriaco!», «ubriaco!»…” E qualcunogli ha spiegato: “Questo è un salmo,ma è anche una lettera di Dio per te,perché Dio ti conosce”.Un’altra volta è successo che duranteun incontro gli hanno chiesto di leg-gere un brano del Vangelo. Gli hannodato la Bibbia e gli hanno segnato dadove a dove doveva leggere. Ma lui haoltrepassato il limite e andava avanti,finché qualcuno ha detto: “Fermo, giàbasta!”. Ma lui ha risposto: “Zitti! Vo-glio sapere com’è finita!”.Oggi osserviamo come la nostra so-cietà sta perdendo nel confronto conle comodità e il consumismo, facen-doci credere che se “perderemo” ilnostro peccato, finirà la nostra felicità. No! I giovani hanno sempre dentroil potenziale di essere “sole o tem-pesta dell’avvenire” (Don Orione),ma noi dobbiamo fare qualchesforzo ancora per dare loro unachance per esserlo. Infatti, se perde-remo il nostro peccato, il Signore cidarà cento volte tanto, perché unoquando non possiede più niente, dàse stesso e così comincia l’amiciziae i veri rapporti con gli altri.Occorre risvegliare i nostri sensi e ri-pensare la società: da giovani adadulti.Do

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“Zitti! vogLio sapereCoM’è finita!”

il clima del natale e la nascita di gesù ci fanno pensare, un po’ a tutti,alla famiglia. non è strano, perché di solito i più bei ricordi e le più belleesperienze che abbiamo sono legati alla famiglia. Ma spesso anchei più grandi dolori e le ferite li abbiamo riportati dalla famiglia.

SILVESTRO SOWIZDRZAł Angolo giovAniAngolo giovAni

“Scusatemi se piango. vorreiringraziarvi perché avetescritto per me questa poesia”.“Fratello, non prendertela,ma questo testo ha oltre2 mila anni”.

noi, parlando della famiglia pen-siamo a un’immagine idilliaca, a

un’oasi di pace, di concordia e tran-quillità, mentre i Vangeli ci presen-tano la Santa Famiglia che deve farfronte continuamente a bufere e tem-peste. Giuseppe sin dall’inizio accettadi prendere con sé Maria, anche se sabenissimo che il Bambino che ellaporta in grembo non è suo; poi l’av-ventura della fuga in Egitto, senza co-noscere né lingua, né la cultura, perproteggere il Bambino da Erode; il ri-torno, un altro viaggio. Tutto per pro-teggere quel Bimbo.Vediamo Maria e Giuseppe che fannodi tutto per dare sicurezza al BambinoGesù. Generalmente si fanno tantisforzi per far crescere i bambini e inquesto processo vengono coinvolteanche molte persone, la famiglia, poi ivicini, la scuola, il comune, ecc.E si fa vero il proverbio africano che

“per far crescere un bambino ci vuolel’intero villaggio”.Infatti, su questo nessuno più discute,è ormai una cosa acquisita. Se dalpunto di vista della coscienza peda-gogica le cosa stanno abbastanzabene, tuttavia arrivano dei segnali in-quietanti per la famiglia, da altreparti. Lo osserviamo tramite un fat-tore principale identificato con il no-tevole slittamento dell’ingresso deigiovani nella vita adulta e che vienemarcato dai 5 principali indicatori og-gettivi: la fine degli studi, l’andare avivere da soli, l’ottenimento di un la-voro, la costruzione di una vita di cop-pia e l’arrivo del primo figlio.Non sorprende che se queste tappe

diventano incerte, anche l’autonomiadei giovani diventa incerta ed essi de-cidono di entrare nelle vita adultanon più a 20-25 anni come accadeva30 anni fa, ma a 35-40 anni (cfr. datiIstat ottobre 2014).Il prof. Gustavo Pietropolli Charmetosserva che prima spingiamo i bam-bini a crescere velocemente, già nella5° elementare i bambini hanno il cel-lulare, le chiavi di casa, i soldi in tasca.La corsa della precocità prosegueanche negli anni del liceo, come sedovessero bruciare le tappe.E poi tutto si ferma, il futuro si fa buio.Qualcuno magari cerca ancora di ac-cumulare titoli, ma in generale, ci siferma in case aperte dove è possibilevivere i propri amori, con un po’ disoldi in tasca, perché le vere risorseper diventare grandi e andarsene pervivere autonomamente non ci sono.Per questo i giovani decidono di

Dice un proverbio africano:“Per far crescere un bambinoci vuole l’intero villaggio”.

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i campi medici

A Chandanaduru l’opera orionina èormai divenuta un luogo di riferi-mento e di incontro per le attivitàpromosse da P. Mariano Zapico e daisuoi confratelli.Ogni due mesi vi si organizzano, in-fatti, campi medici grazie ad un “am-bulatorio medico ambulante”. L’equipe medica che collabora con gliorionini è quasi sempre formata dapersonale non cattolico.Anche se l’assistenza medica è desti-nata soprattutto ai ragazzi, spessousufruiscono del servizio anche gliadulti e, in particolare, gli anziani.

l’assistenza scolastica

L’opera educativa e pedagogica suvari temi e problemi che riguardano ibambini è svolta e coordinata da unaassistente sociale. Sono centinaia i bambini e i ragazzidelle scuole locali che ogni fine setti-mana giungono dai villaggi vicini perpartecipare alle varie attività scola-stico-educative che si svolgono sem-pre tra vivacità e compostezzainsolitamente armonizzate. Tra le at-tività in programma, oltre alle lezionivolte a supportare l’istruzione scola-stica, si è organizzato anche il “Parla-mento dei ragazzi e delle ragazze”

(si svolge sempre separatamente permaschi e femmine), che rientra inquella tipologia di attività educativedefinite non formali, e che serve a tra-smettere ai bambini i valori etici, iprincipi morali e a rafforzare la consa-

pevolezza dei propri diritti. In questocontesto, i vari “ministri” (della sa-lute, dell’educazione, della difesa,ecc.) fanno un relazione su quanto harealizzato il proprio ministero: così, in-fatti, i ragazzi si interessano dei pro-blemi di salute, di scuola, di violenza,ecc. degli altri ragazzi.

il feeding program

Anche qui i religiosi orionini hanno at-tivato un feeding program (pro-gramma di alimentazione) che ognigiorno garantisce un pasto a circa200 bambini della zona. Le spese perl’acquisto del cibo sono notevoli, perquesto si vorrebbe incrementare e va-riegare l’attività agricola della fattoriacon la coltivazione di frutta e verdura,dalla cui produzione si ricaverebbe ilcibo necessario per sfamare tutti ibambini coinvolti nel programma enelle altre attività dell’opera. Attual-mente si stanno reperendo i fondi perfinanziare un sistema di irrigazioneadeguato e funzionale all’attività diorticultura che si vorrebbe realizzare.

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oltre ogni FrontierAl’opera degli orionini tra gli indù di chandanaduru – gauribidanur (india).

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PAginA MiSSionAriA PAginA MiSSionAriA

chandanaduru è un piccolo villaggionel distretto di Gauribidanur, nello

stato di Karnataka in India, a circa uncentinaio di chilometri da Bangolore.In questo villaggio gli orionini acquista-rono un vasto terreno agricolo che sitrova al centro di una decina di altripiccoli villaggi, per avviarvi una attivitàsociale. La zona è interamente induistaeccetto alcune presenze musulmane.Non vi sono cristiani.Sono poco più di dieci anni che i reli-giosi orionini che vivono a Bangalore,si recano nel villaggio due volte a set-timana per svolgere incontri di anima-zione, di istruzione per i bambini dellescuole locali con livelli di istruzionebassissima e a rischio di abbandonoscolastico, di educazione sociale, diaiuto per la salute e di alimenta-zione. Gli orionini svolgono anche

incontri per le donne spesso vittime diviolenze domestiche, andate in sposein età adolescenziale e che vivono incondizioni di povertà. Inoltre, in que-sta zona, sono frequenti anche i casidi “bambini scomparsi”, probabil-mente rapiti per motivi di lucro danon ben precisati delinquenti.

il centro Diurno per disabili

Il fiore all’occhiello di Chandanaduruè il Centro Diurno, un altro piccolosegno a favore dei ragazzi disabili cheprovengono dai villaggi vicini. Anchese il Centro è stato inaugurato nel-

l’agosto 2015 il lavorocon i ragazzi portatori didisabilità mentali era

iniziato già qualche anno prima.Attualmente il Centro ospita 23 ra-gazzi, ma il numero è destinato a cre-scere. Il lavoro è organizzato incollaborazione con la “Daya Niketen”(Casa della misericordia) che già daquattro anni funziona nella casa orio-nina di Bangalore. Il lavoro al Centroinizia al mattino, i ragazzi vengonopresi presso le loro case dal nostropulmino e vi si riaccompagnano neltardo pomeriggio dopo aver svoltovarie attività educative e terapeuti-che. Ci sono due insegnanti e unacuoca. I genitori vengono convocatiuna volta al mese per una verifica eper fare delle proposte. Il Centro è ge-stito da un manager, che coordinaanche la fattoria e il lavoro nei campi,dove vengono coltivati soprattutto le-gumi e noci di cocco.

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Nel fiume della Misericordia, DonOrione è il capitano della nave”; e poile missioni di Santa Fe - Tostado, diAsuncion (Paraguay) e Parana, il San-tuario di “N. S. de Luján”, la perma-nenza nel Capitolo Provinciale dellePSMC a Buenos Aires; infine il Sanguedel Santo Fondatore ha terminato lasua visita in Argentina sostando, dal25 al 29 novembre, proprio tra i suoi“figli e figlie” all’Incontro della Fami-glia Orionina che si è svolto a Cór-doba, per fare poi ritorno alCottolengo di Claypole e di lì partirealla volta di Roma per continuare a“circolare”.

testimonianzedi affetto e gioia

In questo suo nuovo viaggio” in Argen-tina, Don Orione ha continuato adesercitare il suo ministero di Misericor-dia, portando grazia, pace e consola-zione. Moltissime le “voci” che cihanno fatto capire la profondità e labellezza di questo incontro, tra le tantequelle di Aylem, volontaria del PiccoloCottolengo di Claypole: “L’arrivo delsangue del nostro Padre Fondatore alCottolengo di Claypole ha riempito icuori di tutti di grande amore paternoe incondizionato, di dolce compagnia,animando lo spirito e potenziandol’unità della Famiglia Orionina.Di fronte a questo “divino incontro”,i residenti hanno saputo esprimerecon genuina gioia: “Papá Orione,papá mio!!!”, come chi riceve consorpresa l’arrivo di un amico o di unfamiliare che da tanto tempo si desi-dera vedere. È stato accolto concuore aperto da abbracci, applausi,baci, canzoni, lacrime di felicità,danze, carezze e sguardi teneri di rin-graziamento al Santo.La Reliquia ha raggiunto ogni area e

ogni persona di questa struttura, so-stando tra impiegati, religiosi, volon-tari e tutti quelli chiamati a vivere ilmistero che nasconde il Cottolengo,e ha visitato diverse parrochie e ca-pelle vicine.Dio ha benedetto Don Orione fa-cendo sperimentare attraverso di luiil suo passaggio pasquale tra i “de-samparados” e più abbandonati econtinua la sua misericordiosa mis-sione nei nostri tempi”. (Ayelen So-moza - Volontaria Piccolo CottolengoDon Orione, Claypole) desamparados

Una presenza viva

“L’arrivo della Reliquia di San LuigiOrione in Argentina, Uruguay e Para-guay, ha permesso ai suoi figli spiri-tuali di essere testimoni privilegiatidella sua presenza viva, paterna, amo-revole e umile, tra tanti fratelli, bam-bini, giovani, poveri, anziani, malati,famiglie, consacrati, pastori, uomini edonne di tutte le condizioni umane esociali che si avvicinano per venerarela reliquia di “un grande santo dellacarità, padre dei poveri, benefattoredell’umanità dolorante e abbando-nata..”, con fiducia nella sua interces-sione, riconoscendo in lui un uomotoccato dalla misericordia di Dio.

Nel cuore di molti, come lo scorreredi una pellicola, passano tanti mo-menti toccanti: testimonianze, adora-zioni, celebrazioni eucarestiche...vissuti nelle diverse comunità.In queste circostanze si scopriva dipiù il fascino della vita e del carismadi Don Orione e si sperimentava la suaintercessione tra il suo popolo.Veramente Don Orione continua acamminare tra noi, ci parla, ci inter-pella, ci accoglie, ci fa sperimentarel’amore del Padre Misericordioso, ilpotere del Signore Risorto e la forzatrasformante dello Spirito Santo. Nondobbiamo avere nessun dubbio nel-l’aprire i nostri cuori a una vera con-versione di vita, per essere queidiscepoli-missionari di cui ha bisognoil Regno di Dio, qui e ora, come siamoe dove siamo. Preghiamo insiemecome Famiglia Orionina: Padre, rin-nova in noi oggi la passione per “in-staurare tutte le cose in Cristo”.E facciamo nostro obiettivo di vita leparole di Don Orione... “Apriamo amolti un nuovo e divino mondo, inchi-niamoci con dolcezza caritatevole percapire i piccoli, i poveri, gli umili. Vo-gliamo bruciare con la fede e la carità.Noi vogliamo essere santi, pieni di vitaper gli altri e morti per noi stessi...”.(Sr. M. de los Ángeles Stang)

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Piccole SUore MiSSionArie DellA cArità

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SAn lUigi orione,vivo trA noinell’Anno della Misericordia la Reli-

quia del Sangue di Don Orione,apostolo della carità e padre di miseri-cordia, ha percorso un viaggio di circa15.000 km nella Provincia religiosa“Nostra Signora de Luján” visitando ipaesi di Argentina, Paraguay e Uru-guay, e lasciando una profonda espe-rienza di misericordia tra i suoi figli. Il lungo itinerario è iniziato alle ore6.00 del 31 maggio con l’arrivo al-l’Aeroporto internazionale di Ezeiza(Bs. As.) di Madre M. Mabel Spa-gnuolo, Superiora generale delle Pic-cole Suore Missionarie della Caritàche dall’Italia ha portato la Sacra Re-liquia in terra argentina, accolta dauna calorosa e gioiosa cerimonia dibenvenuto al “Padre”, di un gruppodi consorelle, laici e amici rappresen-tanti di diverse comunità. La Reliquiaè stata poi portata in processioneverso la casa Provinciale dove è statacelebrata una Messa presieduta dalvescovo del Vicariato Flores, Mons. Er-

nesto Giovando. Al termine della ce-rimonia Madre M. Mabel, rivolgendosiai presenti ha detto: “La Reliquia devecircolare, perché il sangue nel corpovivo è destinato a circolare” ed haproseguito “facciamo una trasfusionedi sangue santo, affinché lì, dovepassa, ci rinnovi, revitalizzi, ci ridonila salute spirituale e carismatica”.

il pellegrinaggiodella reliquia

La Reliquia ha visitato tutte le comu-nità della Provincia e anche tantissimialtri luoghi dove i vescovi e i parroci

hanno richiesto la sua presenza. In ogni luogo, al suo passaggio, lagente l’ha accolta con gioia e fiducia,proprio come si va all’incontro con unpadre, con un santo, con un amico,che porta consolazione, vicinanza,nuova speranza: tra i bambini dellescuole, tra i giovani, tra i carcerati, trai malati negli ospedali, tra coloro checercano di disintossicarsi dalla droga,camminando per le strade accanto aipiù poveri; per tutti Don Orione èstato presenza vicina e concreta dellaMisericordia di Dio.Tra le tappe più emozionanti e coin-volgenti: il Congresso Eucaristico diTucuman alla presenza di migliaia dipersone, l’accoglienza e la perma-nenza nella Cattedrale Metropolitanadi Buenos Aires, dove l’ArcivescovoMario Poli, nella sua omelia ha sotto-lineato la Misericordia del Santo e ilsuo esempio: “Don Orione è stato unmodello per la passione con cui havissuto il Vangelo…

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veramente Don orione continuaa camminare tra noi, ci parla,ci interpella, ci accoglie,ci fa sperimentare l’amore delPadre Misericordioso, il poteredel Signore risorto e laforza trasformante delloSpirito Santo

in ogni luogo, al suo passaggio,la gente l’ha accolta con gioia efiducia, proprio come si vaall’incontro con un padre, conun santo, con un amico, cheporta consolazione, vicinanza,nuova speranza

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itAliAAssemblea di programmazionedella Provincia religiosa italiana

Dal 12 al 14 dicembre si è svolta aMontebello della Battaglia (PV), l’As-semblea di programmazione della Pro-vincia religiosa “Madre della DivinaProvvidenza”. All’incontro hanno par-tecipato i religiosi che hanno presoparte al XIV Capitolo Generale ed i De-legati eletti dai confratelli; in tutto uncinquantina di religiosi.«L’Assemblea – ha ricordato il Direttoreprovinciale Don Aurelio Fusi - è un mo-mento importante della vita della Pro-vincia, non solo per approfondire eattuare le indicazioni del recente Capi-tolo generale, ma soprattutto per co-noscere e accompagnare l’azionedello Spirito Santo per il bene delle no-stre comunità e dei tanti poveri chebussano alla nostra porta».In questi 3 giorni, i religiosi orioninihanno lavorato, suddivisi per gruppi distudio, sulle Linee di Azione delineatenel Documento finale del XIV CapitoloGenerale. Il lavoro di ciascun gruppo èstato poi comunicato e condiviso in As-semblea.

tortonAla reliquia di Don orione

Nella sua “Peregrinatio” in Italia, la Reli-quia del Sangue di San Luigi Orione, dal30 dicembre all’8 gennaio è stata accoltanella Casa Madre delle Piccole Suore Mis-sionarie della Carità a Tortona.La Reliquia è stata accolta con una SantaMessa celebrata nella Cappella della Casa,da Don Giorgio parroco di Codogno e ani-mata dalla Corale di Casei Gerola.È seguito poi un intenso programma di ce-lebrazioni e di visite presso parrocchie eopere della Congregazione come la Par-rocchia San Michele, il Centro “MaterDei”, la Casa di Riposo “Don Orione” aPontecurone.

liBri“Un cuore senza confini”Don orione in Madagascara 40 anni dalla fondazione

«Il libro – scrive Don Luciano Mariani,missionario orionino in Madagascar, cheha curato il volume -, attraverso testimo-nianze e immagini, racconta la storia diciò che è stato e di ciò che oggi real-mente viviamo nel nostro apostolatoquotidiano. Oggi Don Orione ha in Ma-dagascar delle opere “meravigliose” cherendono esplicito e ben chiaro il nostrocarisma verso i più poveri, verso gli ul-timi. Sono queste le “periferie” nellequali Don Orione ha posto le sue tende».«Guardando a tutto quello che è statorealizzato in questi quarant’anni – pro-segue Don Luciano - non possiamo nonvedere che molti sono i bambini diven-tati adulti. Grazie alle nostre scuole eall’educazione ricevuta, hanno potutoconseguire un diploma di studio, tro-vare un lavoro, hanno potuto costruireuna famiglia, una famiglia felice e solida,perché l’educazione ricevuta è stata so-lida. Hanno riavuto la loro dignità, in-contrando Don Orione.Un nuovo libro per far conoscere il benefatto e il bene che possiamo fare grazieal vostro aiuto concreto. Un libro perraccontare ciò che viviamo, come vi-viamo, chi incontriamo».Il libro di 112 pagine, è ricco di imma-gini che aiutano a vedere, a capire me-glio questi luoghi e come vive la gente.

genovAil tradizionale incontro nataliziocon il Direttore generale

“Cari amici lasciate che vi dica che sonodavvero emozionato, entrando in mezzoa voi all’inizio di questa celebrazione hocapito perché Don Flavio ha insistito per-ché continuassi la tradizione di questoincontro del Direttore generale con la fa-miglia orionina qui a Genova nella dome-nica che precede il Natale”. Così lamattina del 18 dicembre, nella Chiesadel Paverano, il Direttore generale, P. Tar-císio Vieira, ha salutato gli ospiti e i lorofamiliari, il personale, gli amici, i volontaridelle Case orionine di Genova, prima diiniziare la celebrazione eucaristica.Hanno concelebrato Padre Pierre Assa-mouan Kouassi, Consigliere generale,Don Alessandro D’Acunto, Direttore delPiccolo Cottolengo genovese e i confra-telli Don Giuseppe Medda, Don ArturoBisi e Don Alberto Parodi. Ha accompa-gnato la liturgia il Piccolo Coro DonOrione, formato da ospiti e operatori.

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BrASilel’Assemblea territoriale del Mlo

Si è svolta a Rio Bananal (ES – Brasile Nord)dall’8 al 12 dicembre l’Assemblea territo-riale del Movimento Laicale Orionino conil tema: “MLO: Laici che mettono la lorovita al servizio di Cristo e dei poveri”. Pre-senti anche i Direttori provinciali P. Josu-mar FDP e Suor Priscilla PSMC. All’incontrohanno partecipato i Coordinatori Territo-riali Edilaine e Luciano, gli assistenti spiri-tuali P. Magno e Suor Rosa e i coordinatoriJuiz de Fora, Valença, Niterói, Santos Du-mont, Goiânia, Porto Velho, Ananindeua,Vila Velha e Rio Bananal. Diverse sono statele attività svolte dai partecipanti, a cui sisono alternati momenti di preghiera. L’As-semblea, dopo aver definito le linee diazione dei prossimi anni, ha deciso che gliattuali coordinatori territoriali resterannoin carica anche per il triennio 2017/2019.Dopo la chiusura dei lavori, tutta l’Assem-blea ha partecipato alla ordinazione sacer-dotale del diacono Geraldo Magela.

AFricAl’Assemblea diProgrammazione e ordinazionidiaconali

Dal 6 al 9 dicembre si è svolta l’Assem-blea di Programmazione della Provincia“Notre Dame d’Afrique”.Diciannove religiosi, in rappresentanzadei 124 che appartengono alla Provin-cia, hanno partecipato a questo impor-tante momento della vita provinciale.Tra lavori in Commissioni e in Assem-blea, i religiosi hanno cercato di trasfor-mare le priorità e gli orientamenti delCapitolo in decisioni concrete per laProvincia stessa. Si sono passate in ras-segna le Linee di Azione, e confrontatecon la nostra realtà.Alla fine si è votato su una trentina didecisioni che ci accompagneranno neiprossimi sei anni. L’ultimo giorno, c’èstata la gradita visita del Vescovo orio-nino della Diocesi di Grand Bassam,Mons. Raymond Ahoua, che ha portatola benedizione e l’incoraggiamentodella Chiesa locale.La conclusione dell’Assemblea di Pro-grammazione non poteva avere unaconclusione migliore: cinque chierici,Emmanuel Abdou, Jean BaptisteGueba, Marius Kouadio, Cyrus RoiSecka e Julien Tapsoba, hanno ricevutoil sacramento del Diaconato l’11 di-cembre nel Santuario “Madonna dellaGuardia” di Bonoua (Costa d’Avorio).Quando si fa una programmazione, si èsempre un po’ preoccupati sul futuro:si potrà realizzare quello che si è pro-grammato? L’ordinazione di questi no-stri confratelli è invece, come unarisposta da parte del Signore.Sì, si può programmare e sognare peril futuro, perché il Signore benedice einvia vocazioni che danno coraggio esperanza.

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roMAUna famiglia con molti membri

Si è svolto dal 9 all’11 dicembre 2016 presso la Curia generale in Roma l’annualeincontro dei Consigli generali dei Figli della Divina Provvidenza e delle Piccole SuoreMissionarie della Carità, dell’Istituto Secolare Orionino e del Movimento Laicale Orio-nino. Informazione, formazione e programmazione sono stati i tre temi principaliaffrontati durante i lavori.La Madre Generale Mabel Spagnuolo ha offerto una ricca e particolareggiata rela-zione sulla situazione, le sfide e le prospettive della Congregazione delle Suore, con-dividendo l’itinerario che stanno facendo verso il loro 12° Capitolo Generale checelebreranno nel mese di maggio.Padre Tarcísio Vieira, ha esposto la sua relazione sulla programmazione e le lineed’azione decise nel 14° Capitolo generale e le prospettive future nella vita delle co-munità e la missione. I consiglieri generali FDP hanno spiegato le iniziative chestanno portando avanti e le scadenze in programma. Nella giornata di sabato ai la-vori hanno partecipato Rita Orrù, referente dell’ISO, e di Javier Rodriguez Coordina-tore generale del MLO.

roMAFesta nazionale della romania al noviziato di velletri

Il 1 dicembre si celebra la Festa nazionale rumena. In questa data si ricorda la nascitadella grande Romania, quando nel 1918 la Transilvania si è unita alla Romania, giàcomposta da Moldavia e Tara Romaneasca, unitesi il 24 gennaio 1859.Al Noviziato di Velletri per l’occasione si è vissuta una giornata di festa, culminata conla Celebrazione Eucaristica in lingua rumena, presieduta da Don Alessandro Lembo,attuale direttore del seminario orionino di Iaşi. Erano presenti il Superiore provinciale,i Religiosi della comunità, Don Iosif Fecheta, attualmente viceparroco ad Anzio, i chie-rici rumeni e i novizi. La conoscenza della storia e delle tradizioni proprie di ciascunpopolo è una ricchezza grande, che anche i novizi, provenienti quest’anno da Italia,Romania e Kenya, stanno imparando a condividere e apprezzare.

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“i l Po ha rotto gli argini a Malcan-tone di Occhiobello’’: la notizia

rimbalzò alla radio nel mattino del 14novembre 1951. L’alluvione del Po siabbatté su case, stalle e campagne,sommergendo con metri d’acqua dueterzi del territorio della provincia diRovigo: un centinaio le vittime, 200mila i senzatetto.Fu un disastro economico e socialeche lasciò le sue ferite per molti annisuccessivi. L’alluvione è entrata anchenelle celebri scene sequenze del film“Don Camillo e Peppone”. Ad ascoltare gli appelli alla solidarietàper il Polesine furono anche gli stu-denti e i professori del Collegio “SanGiorgio di Novi Ligure (Alessandria).Il preside, Don Carlo Nicola, orga-nizzò nella città una raccolta di viveri,vestiti e danaro per gli alluvionati epartì per il Polesine: due camions, unagiardinetta, cinque auto e il camion-cino del Collegio. Il primo convogliodegli aiuti tornò a Novi il 23 novem-bre, carico di una trentina di bambinie alcune mamme che vengono ospi-tati prima al San Giorgio e poi nelle fa-miglie di Novi.

“Scendeva la notte quando giun-gemmo nelle zone allagate – ricordaun testimone -.«C’è molto da fare - disse accorato erisoluto il compianto Don Nicola - ap-pena spunterà il giorno ci metteremoal lavoro».

Con attività generosa e intrapren-dente Don Nicola e gli altri volontariportarono i primi soccorsi e trasseroin salvo molte persone. Don Nicola or-ganizzò ripetuti viaggi, soprattutto aGuarda Veneta, Crespino, Pontec-chio, riuscendo a sistemare intere fa-miglie di sinistrati presso famiglie, consollecitudini materne per i piccoli e igiovani. Quell’instancabile andirivieni tra Novie il Polesine ebbe un epilogo tragico.Nel primo pomeriggio dell’11 dicem-bre, Don Carlo Nicola rimase vittimadi uno scontro automobilistico, men-

tre viaggiava sul famoso camioncinodegli aiuti. Morì a Novi Ligure il 18 di-cembre 1951.Carlo Nicola era nato a Cornale, il 25agosto 1910. Entrò in Congregazionenel 1924, insieme col fratello Lo-renzo: erano orfani di mamma e DonOrione li accolse con premura tuttaspeciale. Carlo, frequentate le scuole tecnichee il ginnasio a Tortona, fece il liceo aVenezia, presso i Padri Cavanis. Passòa Voghera come insegnante ed assi-stente dei probandi. Contemporanea-mente frequentò e si laureò in mate-matica e fisica all’università di Pavia.Fu ordinato sacerdote nel 1934. Fu religioso e sacerdote esemplare,insegnante con grande dedizione alCollegio Dante Alighieri di Tortona, al-l’Istituto San Filippo Neri di Roma e in-fine al Collegio San Giorgio di NoviLigure. Si donava senza soste e senzamisura per la formazione cristiana deisuoi ragazzi entusiasmandoli alle at-trattive della virtù, del sapere, dellamusica, del canto, in particolare dellacarità. Durante la guerra Mondiale (1940-1945) organizzò con i chierici di Tor-tona una vera e propria squadra di“soccorso civile” per alleviare disagie soccorrere la popolazione dopoazioni di guerra e bombardamenti.Aprì la strada della solidarietà tra Pie-monte e Veneto in occasione dell’al-luvione del Polesine. Su questa stradasi arrestò il suo viaggio della vita, il 18dicembre 1951.

DoncArlo nicolAUn orionino a tutto campo: dalle aule di scuola,all’altare, alla solidarietà civile.

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PoloniA“San Silvestro alternativo” con la “Scala di giacobbe”

È cominciato il 28 dicenbre a Brańszczyk il “San Silvestro alternativo” che si è conclusoil 1 gennaio 2017. È stato un tempo di incontro, di preghiera, di divertimento e di con-divisione delle testimonianze di fede e di amicizia tra i giovani che vi hanno partecipato.L’evento è stato organizzato dalla “Scala di Giacobbe”, un movimento di giovani vo-lontari che opera presso la casa orionina di Brańszczyk dove ogni anno si organizzanogli esercizi spirituali per i disabili con la partecipazione dei volontari provenienti da tuttala Polonia. Quest’anno la “Scala di Giacobbe” ha voluto organizzare un incontro proprioa Capodanno, dandogli il nome di “San Silvestro alternativo”, a cui hanno partecipatoun centinaio di persone, tra cui i volontari e i disabili. Per diversi handicappati è stato ilprimo San Silvestro fuori casa. Il punto centrale dell’incontro è stata la Santa Messa dellamezzanotte di San Silvestro, presieduta dal Direttore provinciale Don Cristoforo Bara-nowski con l’omelia di Don Luca Mikołajczyk. Successivamente si è svolta la presentazione dei fuochi artificiali e i balli di Capodanno.

BrASilePreghiera, lavoro, formazione e sport nell’incontro vocazionale

Nei giorni 13-18 dicembre 2016 il Seminario orionino di Itapipoca (Ceará – BrasileNord) ha aperto le sue porte ai giovani volenterosi di conoscere la vita religiosa. Il grup-petto dei 10 giovani ragazzi prevenienti dallo Stato di Ceará, incuriositi dalla specificitàdella vita religiosa, ha deciso di passare alcuni giorni insieme ai Seminaristi orionini, perconoscere la loro vita e ricercare ciò che la rende attraente.Le mattinate iniziavano con la preghiera comune curata dal Ch. Benedito e dal Ch. Glei-ciano, poi il lavoro manuale dentro e fuori casa. A metà mattinata una seconda cola-zione e poi un incontro formativo. Prima di mezzogiorno la visita al SantissimoSacramento e il pranzo. Al pomeriggio, dopo un breve riposo, altri incontri formativi.Le giornate si concludevano con la S. Messa e gli incontri comunitari. Alla fine i giovanisono tornati alle loro famiglie, un po’ stanchi ma contenti.

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“SPlenDerAnno coMe Stelle”

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FLAVIO PELOSO

MilAno50° Befana motociclisticaal Piccolo cottolengodi Don orione

Ha già raggiunto la 50° edizione la Be-fana Benefica Motociclistica che sisvolge come di consueto il giorno 6gennaio a Milano. Centinaia di “cen-tauri in sella” ai propri mezzi avevanocome scopo quello di regalare mo-menti di felicità a chi è meno fortunatoe di portare doni e un sorriso agli ospitidegli Istituti Piccolo Cottolengo di DonOrione e Sacra Famiglia di Cesano Bo-scone.C’erano anche dei gazebo per la distri-buzione delle medaglie ricordo dellamanifestazione e di centinaia di calzedella Befana contenenti dolciumi.La sfilata si apriva come sempre da unaBefana sportiva, che lasciata la scopa siè presentata a bordo della sua fiam-mante moto. Al Centro Don Orione ilgruppo è stato accolto da un messag-gio da parte del direttore del PiccoloCottolengo Don Pierangelo Ondei, ilquale ha voluto esprimere, a nome ditutti coloro che vivono al Piccolo Cot-tolengo, la loro grande riconoscenzaper la vicinanza e l’affetto dimostrato.Don Pierangelo ha concluso con le pa-role: “Solo l’Amore salverà il mondo,grazie per i vostri sorrisi! Grazie per ivostri doni! Grazie!”L’iniziativa si è svolta grazia alla curadel Mc Ticinese “Raul Mondini” di Mi-lano, con l’adesione di decine di moto-club dalla Lombardia e di altre regioni.

il preside, Don carlo nicola,organizzò nella città unaraccolta di viveri, vestiti edanaro per gli alluvionati e partìper il Polesine.

Don Carlo Nicola nel Polesine, 1951

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“il mondo è fatto a scale: c’è chiscende e c’è chi sale”, recita una

adagio nostrano. Lui le sta salendocon passo deciso e volto ilare. La fo-tografia è stata scattata il 26 maggio1938, in occasione della prima festapatronale dell’Istituto San Filippo Neri,in Roma, aperto da don Luigi Orioneper l’istruzione e la formazione deifigli del popolo.Al mattino, il card. Eugenio Tisserant hacelebrato la Santa Messa, durante laquale ha amministrato i sacramentidell’Eucaristia e della Cresima a ses-santa alunni dell’Istituto. Nel corsodella celebrazione, don Orione si èmesso a disposizione per le confessioni.

Le cronache del tempo riferisconoaltri particolari: “Il pomeriggio, nel-l’ampia sala-teatro, i neo comunicatie i cresimati, una rappresentanzadegli alunni e parecchi intervenuti,hanno presenziato alla rappresenta-zione di una operetta lirica, interpre-tata esclusivamente da giovanistudenti dell’Istituto. Concludeva l’in-dimenticabile giornata la benedizioneeucaristica solenne, impartita su unimprovvisato altarino nello spaziosoporticato della scuola”.Osserviamo la foto: è il momentodella festa. Il fondatore è sereno, ilvolto è luminoso e sorridente, segnodell’interiore compiacimento per

quella istituzione così importante, ini-ziata e portata a compimento nelsegno della divina Provvidenza. Die-tro, seminascosto, un tricorno: èquello dell’allora parroco dell’annessachiesa di Ognissanti. In basso, unamano si aggrappa all’inferriata che,dal cortile interno, sale tortuosa versoi porticati laterali. Accanto al fonda-tore, un sorridente piccolo alfiere, talSilvano Dattino, emblematico rappre-sentante di tutta la schiera deglialunni che, da alcuni mesi, ha datovita e prestigio all’Istituto.Don Orione sale spedito: l’anonimo fo-tografo attira la sua attenzione e glichiede di fermarsi per un attimo. Loscatto lo immortale su quella scalache cela in sé significati reali e simbo-lici. Di scale, infatti, don Orione se neintende. Talvolta sono quelle impe-gnative della ricerca e della fatica:“Per le vocazioni dei fanciulli poveriho camminato tanto: ho salito tantescale, ho battuto a tante porte! Dio,che mi portava avanti come un suostraccio, Dio solo lo sa. Per essi ho sof-ferto la fame, la sete, le umiliazioni piùdolorose; erano i biscottini di Dio”.Scale e gradini, al termine dei qualic’è, talvolta, il diniego: “Sono ottogiorni e più che sono qui a salire escendere tutte le scale di parecchi Mi-nisteri, di Deputati, di persone auto-revoli e influenti, ma finora nulla poteiottenere...”.Nella vita di don Orione non ci sonosoltanto le scale materiali, percorsecon il fiato corto, alla ricerca di voca-zioni o di un pezzo di pane. C’è ancheun diverso salire, una “ascesa” spiri-tuale, anzitutto nella perfezione dellavita, nell’incoraggiamento rivolto aigiovani per spronarli a guardare sem-pre più in alto: “Addestriamoci adascendere verso Gesù, a salire in alto,sino a lui, perché tutte le altre volatesono nulla! La perfezione deve serviredi scala per salire in alto, excelsior!,per salire a Dio e all’amore della SantaChiesa di Dio, che è il nostro grandee sacro amore”.Anche ai suoi sacerdoti e chierici ri-volge lo stesso pressante invito: “Ognipena, ogni dolore, ogni distacco cideve essere scala per salire a Dio... Bi-sogna salire più alto, andare fino aGesù che è Dio, all’Eucarestia dove

Gesù è luce, dove Gesù è virtù divina”.In questa singolare “ascensione” nonmancano altre significative parole chedon Orione indirizza alla grandeschiera di benefattori e amici: “ConCristo tutto si eleva, tutto si nobilita:famiglia, amore di patria, ingegno,arti, scienze, industrie, progresso, or-ganizzazione sociale. Senza Cristo,tutto si abbassa, tutto si offusca, tuttosi spezza: il lavoro, la civiltà, la libertà,

la grandezza, la gloria del passato,tutto va distrutto, tutto muore! Allar-ghiamo i nostri orizzonti, eleviamo ilnostro spirito a tutto ciò che è altavita, che è luce, che è bello, buono,vero, santo!”.C’è, infine, un salire diverso, una“scala” più segreta e intima, quella chesegna l’esperienza della vita spiritualedi don Orione. Percorsi interiori, ai piùinaccessibili, segnati dalla mistica e

dalla poesia, dalla sofferenza e dal-l’amore: “Soffrire, tacere, pregare,amare, crocifiggersi e adorare, lume epace di cuore. Salirò il mio calvariocome agnello mansueto. Apostolato emartirio, martirio e apostolato. Le no-stre anime e le nostre parole devonoessere bianche, caste, quasi infantili,devono portare a tutti un soffio di fede,di bontà di conforto che elevi verso ilcielo”. Scale terrestri, scale celesti.

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SAC. DOmENICO mORINI

Deceduto il 20 novembre 2016 adAvezzano (L’Aquila, Italia). Nato a Ca-stelliri (Frosinone, Italia) il 16 dicembre1916, aveva 99 anni di età, 80 di pro-fessione religiosa e 73 di sacerdozio.Apparteneva alla Provincia “Madredella Divina Provvidenza” (Italia).

AmALIA PILOTTO (ISO)

Deceduta il 2 dicembre 2016, presso ilCentro Mater Dei di Tortona. Nata aMossano (Vicenza), il 2/3/1925, damolti anni si consacrò con le "Volontariedi Don Orione" e poté fare i voti perpe-tui il 6/8/1997, dopo l'approvazionecanonica dell'Istituto Secolare Orionino.

SUOR mARIA GENOVEVA

Deceduta il 16 dicembre nell’Hogar Pe-regrino San Francisco de Asis a BahíaBlanca (Argentina). Nata a Salto (Uru-guay) il 26 gennaio 1931, aveva 85anni di età e 56 di professione religiosa.Apparteneva alla Provincia “N. S. diLuján” – Argentina.

SUOR mARIA BENEDykTA

Deceduta il 10 dicembre 2016 nel-l’ospedale di Warszawa (Polonia).Nata a Włocławek il 4 dicembre1930, aveva 86 anni di età e 58 diprofessione religiosa.Apparteneva alla Provincia “N.S. diCzestochowa” (Polonia).

SUOR mARIA Fé

Deceduta il 3 gennaio 2017 nell’Insti-tuto Imaculado Coração de Maria aParaíba do Sul (Brasile). Nata a Curu-rupù (Maranhão – Brasile) il 18 aprile1922, aveva 94 anni di età e 56 diprofessione religiosa. Apparteneva allaProvincia “N.S. Aparecida” – Brasile.

DON GIANNINO mALAmAN

Deceduto l’11/1/2017 al Piccolo Cot-tolengo “Don Orione” a Genova-Casta-gna (Italia). Nato a Saletto (Padova, Italia)il 24/9/1930, aveva 86 anni di età, 67di professione religiosa e 57 di sacerdo-zio. Apparteneva alla Provincia “Madredella Divina Provvidenza” (Roma, Italia).

riChieste disante Messedi suffragioper i defunti

SAC. TADEUSZ WOLF

Deceduto il 18/1/017 nella Casa DonOrione di Łaźniew (Polonia). Nato aMiędzybrodzie Żywieckie (Polonia) il2/8/1935, aveva 81 anni di età, 64 diprofessione religiosa e 57 di sacerdozio.Apparteneva alla Provincia “Madonna diCzęstochowa” (Varsavia, Polonia).

CHI DESIDERASSEFAR CELEBRARE DELLE

SANTE mESSE INSUFFRAGIO PER I

PROPRI DEFUNTI PUòRIVOLGERSI A:

Don GIAMPIERO CONGIUDirezione GeneraleOpera Don Orione

Via Etruria, 6- 00183 RomaTel. 06 7726781

Fax 06 772678279e-mail: [email protected]

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RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

Con l’invio di offerteIntestate a: OPERA DON ORIONE - Via Etruria, 6 - 00183 Roma• Conto Corrente Postale n° 919019• Conto Corrente Bancario BANCA POPOLARE DI VICENZA - AG 5 Roma - IBAN: IT27 F057 2803 2056 75 57 0774 043

Con legare per testamentoAlla nostra Congregazione beni di ogni genere. In questo caso la formula da usare correttamente è la seguente:“Istituisco mio erede (oppure: lego a) la Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione con sede in Roma,Via Etruria, 6, per le proprie finalità istituzionali di assistenza, educazione ed istruzione… Data e firma”.

SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma

CoMe aiutare la Congregazione e le nostre MissioniP

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n. 2 Febbraio 2017

Con il vostro aiuto potete sostenerei nostri seMinari e seMinaristiChi vuole può fare una donazione a favore di un chierico, per un anno o per tuttoil corso di formazione. Sarà nostra cura segnalare il vostro nome al seminarioa cui sarà destinato il vostro aiuto per un doveroso ricordoe impegno di preghiera.

“Andate dunque,e battezzate…nel nome del Padree del Figlio e delloSpirito Santo”(Mt 28,19)

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