Andare incontro a Colui che viene€¦ · Giovanni Evangelista che intercedono per tutto il popolo....

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NOTIZIARIO DELLA DIOCESI DI PISA Redazione: Piazza Arcivescovado 18 56126 Pisa tel: 050 565543 fax: 050 565544 Notiziario locale Direttore responsabile Andrea Fagioli Reg. Trib. Firenze n. 3184 del 21/12/1983 [email protected] 2 dicembre 2018 LA DOMENICA DEL PAPA Il regno di amore, giustizia e pace DI F ABIO ZAVATTARO a una parte Pilato, dall’altra Gesù. Il primo è un uomo abituato a comandare, e tutti obbediscono alle sue parole; è un uomo di potere e lo esercita. Davanti a lui un uomo – il re dei Giudei come lo chiama – che gli è stato consegnato per essere condannato. Con quella domanda – «sei tu il re dei Giudei?» – Pilato gli chiede di manifestare i segni del suo potere, ma sotto, sotto è come se dicesse: questo qui sarebbe un re? Sicuramente un re singolare, che possiede un regno, che non è di questo mondo. Un re diverso da come lo immagina. Un re che non cerca la gloria terrena, l’applauso della gente; è trattato come uno schiavo, è torturato, flagellato. Nella sua nudità ha una corona fatta di spine e il suo trono è la croce. È proprio nella sua debolezza, fragilità, nella sua obbedienza alla volontà del Padre che si manifesta la sua forza. Un re, ancora, che esercita la sua regalità su tutti i popoli, ma sceglie di soffrire e morire sulla croce. E da lì, come leggiamo nell’Apocalisse, tutti lo vedranno «anche quelli che lo trafissero». Si è concluso, con domenica scorsa, l’anno liturgico, e il quarto Vangelo ci ha offerto questo dialogo tra Pilato e Gesù, per farci riflettere su potere e verità. Pilato lo interroga, ma si sente in difficoltà di fronte a quest’uomo che non è venuto per difendere interessi personali, o per conquistare altro potere. Ha detto Papa Francesco all’Angelus: «È evidente da tutta la sua vita che Gesù non ha ambizioni politiche. Ricordiamo che dopo la moltiplicazione dei pani, la gente, entusiasta del miracolo, avrebbe voluto proclamarlo re, per rovesciare il potere romano e ristabilire il regno d’Israele. Ma per Gesù il regno è un’altra cosa, e non si realizza certo con la rivolta, la violenza e la forza delle armi. Perciò si era ritirato da solo sul monte a pregare». Gesù, ha detto ancora il vescovo di Roma, «vuole far capire che al di sopra del potere politico ce n’è un altro molto più grande, che non si consegue con mezzi umani». Ma restiamo sul brano del capitolo 18 del Vangelo di Giovanni. Gesù risponde al procuratore romano affermando di essere venuto a «rendere testimonianza alla verità». Il suo, diceva Benedetto XVI nel novembre 2009, è «il potere dell’amore, che sa ricavare il bene dal male, intenerire un cuore indurito, portare pace nel conflitto più aspro, accendere la speranza nel buio più fitto». Un potere che giunge all’uomo non attraverso imposizioni o strumenti coercitivi, ma solo con la voce. È quanto scrive Giovanni nel suo Vangelo, dopo aver ricordato l’altra domanda di Pilato: «Che cosa hai fatto?». Il quale non comprende le parole di Gesù e ripete: «Dunque, tu sei re?». Gesù allora risponde «tu lo dici»; e aggiunge: «chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Ecco il modo per entrare in sintonia con il Signore: essere dalla parte della verità e ascoltare la sua voce. Nessun altro strumento di «potere», solo la parola, che può essere ascoltata o rifiutata. Ecco la libertà dell’uomo. La verità divina è il messaggio essenziale del Vangelo, ha affermato Francesco all’Angelus, perché Dio è amore, «e vuole stabilire nel mondo il suo regno di amore, di giustizia e di pace. E questo è il regno di cui Gesù è il re, e che si estende fino alla fine dei tempi. La storia ci insegna che i regni fondati sul potere delle armi e sulla prevaricazione sono fragili e prima o poi crollano. Ma il regno di Dio è fondato sul suo amore e si radica nei cuori, conferendo a chi lo accoglie pace, libertà e pienezza di vita». L’anno liturgico, dunque, si è chiuso facendoci riflettere su Gesù Cristo re dell’universo. Un re, ha affermato ancora Francesco all’Angelus, che «con la sua parola, il suo esempio e la sua vita immolata sulla croce ci ha salvato dalla morte, e indica la strada all’uomo smarrito, dà luce nuova alla nostra esistenza segnata dal dubbio, dalla paura e dalle prove di ogni giorno». Un re, infine, che «potrà dare un senso nuovo alla nostra vita, a volte messa a dura prova anche dai nostri sbagli e dai nostri peccati, soltanto a condizione che noi non seguiamo le logiche del mondo e dei suoi re». D Francesco all’Angelus: «Questo è il regno di cui Gesù è il re, e che si estende fino alla fine dei tempi» DI FRANCO CANCELLI* asta entrare nella nostra Cattedrale e subito lo sguardo è catturato dal bellissimo mosaico che si trova nel «catino» sopra il Presbiterio. È il Cristo Pantocrator (l’Onnipotente) con accanto la Beata Vergine Maria e San Giovanni Evangelista che intercedono per tutto il popolo. È come essere spinti a guardare Colui che nell’Apocalisse dice di se stesso: «Io sono l’Alfa e l’Omega. Colui che è, che era e che viene, l’ Onnipotente» (Ap 1, 8). Il Cristo è Colui che viene, da sempre e per sempre, fino al compimento della storia. Il suo sguardo «sereno e benigno» (cfr. Canone Romano), sorridente, come si vede guardando attentamente il nostro Cristo Pantocrator, ci invita ad andare verso di Lui, ci accoglie con la sua grazia e con la sua misericordia. Ecco perché, in questo Avvento, abbiamo pensato di concentrare la nostra attenzione su questa immagine del Cristo. Noi siamo la Chiesa terrena che guarda alla Chiesa celeste (cfr. Orientamenti Pastorali). Noi aspettiamo «la vita del mondo che verrà» e per questo ci affrettiamo ad andare incontro al Signore che viene, vigilanti nell’attesa e operosi nelle opere buone. La nostra fede ci dice anche che Egli «verrà a giudicare i vivi e i morti» e la nostra speranza ci dice che noi «saremo giudicati sull’amore» (S. Giovanni della Croce) da Colui che proprio l’ Apostolo Giovanni dice essere «l’ amore», «Colui che ha mandato nel mondo il suo Figlio Unigenito perché noi avessimo la vita per mezzo di lui» (1a Gv 4, 8-9). Noi stiamo iniziando a vivere e a celebrare il tempo di Avvento che ci indica ancora una volta il giusto orientamento del nostro percorso terreno proprio guardando la meta: sappiamo dove dobbiamo andare e soprattutto da Chi andare. Se così non fosse il nostro camminare sarebbe un vagabondare, un andare ora di qui ora di là, attratti o spinti da curiosità ed attrattive che però non ci portano da nessuna parte e soprattutto non ci fanno crescere. E questo è un rischio sempre presente nel nostro cammino… La Liturgia dell’ Avvento ci dice con parole forti che noi dobbiamo andare incontro a Colui che «è venuto “nell’ umiltà della nostra natura umana” donandoci grazia su grazia e che "di nuovo verrà nello splendore della gloria» (cfr. Prefazio dell’Avvento I) per «ricapitolare tutto in sé» (Ef 1, 10). S. Ireneo di Lione vede tutta la storia dell’universo e dell’uomo come un grande movimento di «ricapitolazione» in Cristo: cioè tutto si dirige verso il suo «Capo». Uno dei teologi più interessanti del Novecento, Theillard de Chardin, gesuita e scienziato, ha una visione affascinante della storia umana e dell’Universo. Lui dice che tutto va dirigendosi verso un punto Omega che è Cristo, e questo inesorabilmente, quasi fosse una legge di natura. È la teoria scientifica dell’ evoluzione applicata alla teologia che vede nell’universo una realtà che lentamente, ma inesorabilmente, si va «cristificando». Dice Theillard de Chardin: «Allora, probabilmente, su una creazione portata al parossismo delle sue attitudini all’unione, si eserciterà la Parusia…Il Cristo universale scaturirà come un lampo in seno alle nubi del mondo lentamente consacrato». Questa consacrazione del mondo avviene anche attraverso il cammino di santificazione «di tutti coloro che credono in Cristo che sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e questa santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano» (LG 40). È quello che in altre parole ci dice papa Francesco nella sua ultima Esortazione Apostolica «Gaudete et exultate» sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Papa Francesco esorta tutti a riscoprire la propria vocazione alla santità a «non avere paura di puntare più in alto, di lasciarsi amare e liberare da Dio; a non aver paura di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo perché la santità non ci rende meno umani perché è l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia» (GE 34). Il tempo che stiamo vivendo dunque è il tempo delle Promesse affidabili, che ancora non si sono realizzate, ma che si stanno a poco a poco realizzando. È il «tempo intermedio», è quello che S. Bernardo chiama il «frattempo», «l’interim», e questo è il tempo della grazia (Dio) e della libertà (l’uomo). La nostra storia è il luogo dell’incontro e anche dello scontro tra queste due realtà, tra questi due universi. Perché di questo si tratta: la parola «universo» significa «andare, portare verso l’Uno», quindi l’universo di Dio vuole portare e ricapitolare tutto in sé (questo è la «santità») e l’universo dell’uomo vuole portare e ricapitolate tutto in sé (questo è il «delirio di onnipotenza»). Il dramma della storia sta tutto qui, è quello che Henry De Lubac chiamava «il dramma dell’umanesimo ateo». Anche il nostro cuore è il luogo dell’ incontro e dello scontro tra queste due realtà. Di fronte al dilagare del male e della violenza si resta sgomenti, confusi, delle volte dubbiosi…Ecco perché è necessario, come siamo invitati da questo tempo liturgico dell’Avvento, «tenere lo sguardo fisso su Gesù, che dà origine e porta a compimento la nostra fede» (Ebr 12, 2), proprio per non perderci di coraggio. Un grande teologo del Medio Evo, Guglielmo di S. Thierry afferma: «L’uomo comincia dalla fede… ma anche la speranza ci è necessaria nel nostro pellegrinaggio. Togli al viaggiatore la speranza di arrivare e non avrà più la forza di andare avanti. Quando saremo arrivati la fede sarà visione e la speranza possesso». In questo nostro cammino noi abbiamo l’aiuto formidabile della Liturgia che attraverso la Celebrazione Eucaristica ci fa vivere la Parusia anticipata perché, sotto il velo dei segni, la Liturgia è l’ irrompere del «già» nel nostro «non ancora», per usare una bellissima espressione di Joseph Ratzinger. Guardando dunque al Cristo Pantocrator (Colui che è onnipotente e Colui che regge tutto) noi sappiamo che oggi stiamo vivendo il tempo delle Promesse affidabili perché frutto di una fede affidabile e di una speranza affidabile, nonostante tutto e nonostante tutti, perché il nostro Dio è veramente un Dio affidabile che non delude l’ attesa di chi crede e spera in lui. Questo è quello che siamo chiamati a vivere nel prossimo Avvento, andando incontro a «Colui che era, che è e che viene». *direttore dell’ufficio liturgico diocesano B Andare incontro a Colui che viene Una riflessione di monsignor Franco Cancelli, direttore dell’ufficio liturgico diocesano, sul tempo di Avvento che inizia con questa domenica

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NOTIZIARIODELLA DIOCESI DI PISA

Redazione: Piazza Arcivescovado 1856126 Pisatel: 050 565543fax: 050 565544

Notiziario localeDirettore responsabileAndrea Fagioli

Reg. Trib. Firenze n. 3184 del 21/12/1983

[email protected]

2 dicembre 2018

LA DOMENICA DEL PAPA

Il regno di amore,giustizia e pace

DI FABIO ZAVATTARO

a una parte Pilato, dall’altra Gesù. Il primo è unuomo abituato a comandare, e tutti obbedisconoalle sue parole; è un uomo di potere e lo esercita.Davanti a lui un uomo – il re dei Giudei come lo

chiama – che gli è stato consegnato per essere condannato.Con quella domanda – «sei tu il re dei Giudei?» – Pilato glichiede di manifestare i segni del suo potere, ma sotto,sotto è come se dicesse: questo qui sarebbe un re?Sicuramente un re singolare, che possiede un regno, chenon è di questo mondo. Un re diverso da come loimmagina. Un re che non cerca la gloria terrena, l’applausodella gente; è trattato come uno schiavo, è torturato,flagellato. Nella sua nudità ha una corona fatta di spine e ilsuo trono è la croce. È proprio nella sua debolezza,fragilità, nella sua obbedienza alla volontà del Padre che simanifesta la sua forza. Un re, ancora, che esercita la suaregalità su tutti i popoli, ma sceglie di soffrire e moriresulla croce. E da lì, come leggiamo nell’Apocalisse, tutti lovedranno «anche quelli che lo trafissero».Si è concluso, con domenica scorsa, l’anno liturgico, e ilquarto Vangelo ci ha offerto questo dialogo tra Pilato eGesù, per farci riflettere su potere e verità. Pilato lointerroga, ma si sente in difficoltà di fronte a quest’uomoche non è venuto per difendere interessi personali, o perconquistare altro potere. Ha detto Papa Francescoall’Angelus: «È evidente da tutta la sua vita che Gesù nonha ambizioni politiche. Ricordiamo che dopo lamoltiplicazione dei pani, la gente, entusiasta del miracolo,avrebbe voluto proclamarlo re, per rovesciare il potereromano e ristabilire il regno d’Israele. Ma per Gesù il regnoè un’altra cosa, e non si realizza certo con la rivolta, laviolenza e la forza delle armi. Perciò si era ritirato da solosul monte a pregare». Gesù, ha detto ancora il vescovo diRoma, «vuole far capire che al di sopra del potere politicoce n’è un altro molto più grande, che non si consegue conmezzi umani».Ma restiamo sul brano del capitolo 18 del Vangelo diGiovanni. Gesù risponde al procuratore romanoaffermando di essere venuto a «rendere testimonianza allaverità». Il suo, diceva Benedetto XVI nel novembre 2009, è«il potere dell’amore, che sa ricavare il bene dal male,intenerire un cuore indurito, portare pace nel conflitto piùaspro, accendere la speranza nel buio più fitto». Un potereche giunge all’uomo non attraverso imposizioni ostrumenti coercitivi, ma solo con la voce. È quanto scriveGiovanni nel suo Vangelo, dopo aver ricordato l’altradomanda di Pilato: «Che cosa hai fatto?». Il quale noncomprende le parole di Gesù e ripete: «Dunque, tu sei re?».Gesù allora risponde «tu lo dici»; e aggiunge: «chiunque èdalla verità, ascolta la mia voce». Ecco il modo per entrarein sintonia con il Signore: essere dalla parte della verità eascoltare la sua voce. Nessun altro strumento di «potere»,solo la parola, che può essere ascoltata o rifiutata. Ecco lalibertà dell’uomo.La verità divina è il messaggio essenziale del Vangelo, haaffermato Francesco all’Angelus, perché Dio è amore, «evuole stabilire nel mondo il suo regno di amore, digiustizia e di pace. E questo è il regno di cui Gesù è il re, eche si estende fino alla fine dei tempi. La storia ci insegnache i regni fondati sul potere delle armi e sullaprevaricazione sono fragili e prima o poi crollano. Ma ilregno di Dio è fondato sul suo amore e si radica nei cuori,conferendo a chi lo accoglie pace, libertà e pienezza divita».L’anno liturgico, dunque, si è chiuso facendoci riflettere suGesù Cristo re dell’universo. Un re, ha affermato ancoraFrancesco all’Angelus, che «con la sua parola, il suoesempio e la sua vita immolata sulla croce ci ha salvatodalla morte, e indica la strada all’uomo smarrito, dà lucenuova alla nostra esistenza segnata dal dubbio, dalla paurae dalle prove di ogni giorno». Un re, infine, che «potrà dareun senso nuovo alla nostra vita, a volte messa a dura provaanche dai nostri sbagli e dai nostri peccati, soltanto acondizione che noi non seguiamo le logiche del mondo edei suoi re».

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Francesco all’Angelus: «Questo è il regno di cui Gesù è il re, e che si estende fino alla fine dei tempi»

DI FRANCO CANCELLI*

asta entrare nella nostra Cattedralee subito lo sguardo è catturato dalbellissimo mosaico che si trova nel«catino» sopra il Presbiterio. È il

Cristo Pantocrator (l’Onnipotente) conaccanto la Beata Vergine Maria e SanGiovanni Evangelista che intercedonoper tutto il popolo. È come essere spintia guardare Colui che nell’Apocalisse dicedi se stesso: «Io sono l’Alfa e l’Omega. Coluiche è, che era e che viene, l’ Onnipotente»(Ap 1, 8). Il Cristo è Colui che viene, da sempre eper sempre, fino al compimento dellastoria. Il suo sguardo «sereno e benigno»(cfr. Canone Romano), sorridente, come sivede guardando attentamente il nostroCristo Pantocrator, ci invita ad andareverso di Lui, ci accoglie con la sua graziae con la sua misericordia. Ecco perché, inquesto Avvento, abbiamo pensato diconcentrare la nostra attenzione suquesta immagine del Cristo. Noi siamola Chiesa terrena che guarda alla Chiesaceleste (cfr. Orientamenti Pastorali). Noiaspettiamo «la vita del mondo che verrà»e per questo ci affrettiamo ad andareincontro al Signore che viene, vigilantinell’attesa e operosi nelle opere buone.La nostra fede ci dice anche che Egli«verrà a giudicare i vivi e i morti» e lanostra speranza ci dice che noi «saremogiudicati sull’amore» (S. Giovanni dellaCroce) da Colui che proprio l’ ApostoloGiovanni dice essere «l’ amore», «Colui cheha mandato nel mondo il suo FiglioUnigenito perché noi avessimo la vita permezzo di lui» (1a Gv 4, 8-9). Noi stiamoiniziando a vivere e a celebrare il tempodi Avvento che ci indica ancora una voltail giusto orientamento del nostropercorso terreno proprio guardando lameta: sappiamo dove dobbiamo andaree soprattutto da Chi andare. Se così nonfosse il nostro camminare sarebbe unvagabondare, un andare ora di qui ora dilà, attratti o spinti da curiosità edattrattive che perònon ci portano danessuna parte esoprattutto non cifanno crescere. Equesto è un rischiosempre presentenel nostrocammino…La Liturgia dell’Avvento ci dice conparole forti che noidobbiamo andareincontro a Coluiche «è venuto “nell’umiltà della nostranatura umana”donandoci grazia sugrazia e che "dinuovo verrà nello splendore della gloria»(cfr. Prefazio dell’Avvento I) per«ricapitolare tutto in sé» (Ef 1, 10). S.Ireneo di Lione vede tutta la storiadell’universo e dell’uomo come ungrande movimento di «ricapitolazione»in Cristo: cioè tutto si dirige verso il suo«Capo».Uno dei teologi più interessanti delNovecento, Theillard de Chardin, gesuitae scienziato, ha una visione affascinantedella storia umana e dell’Universo.Lui dice che tutto va dirigendosi verso unpunto Omega che è Cristo, e questoinesorabilmente, quasi fosse una legge dinatura. È la teoria scientifica dell’evoluzione applicata alla teologia chevede nell’universo una realtà chelentamente, ma inesorabilmente, si va«cristificando».Dice Theillard de Chardin: «Allora,probabilmente, su una creazione portataal parossismo delle sue attitudiniall’unione, si eserciterà la Parusia…Il

Cristo universale scaturirà come unlampo in seno alle nubi del mondolentamente consacrato».Questa consacrazione del mondoavviene anche attraverso il cammino disantificazione «di tutti coloro che credono

in Cristo che sonochiamati allapienezza della vitacristiana e allaperfezione dellacarità e questa santitàpromuove nella stessasocietà terrena untenore di vita piùumano» (LG 40).È quello che in altreparole ci dice papaFrancesco nella suaultima EsortazioneApostolica «Gaudeteet exultate» sullachiamata allasantità nel mondocontemporaneo.

Papa Francesco esorta tutti a riscoprire lapropria vocazione alla santità a «nonavere paura di puntare più in alto, dilasciarsi amare e liberare da Dio; a nonaver paura di lasciarsi guidare dalloSpirito Santo perché la santità non cirende meno umani perché è l’incontrodella nostra debolezza con la forza dellasua grazia» (GE 34). Il tempo che stiamovivendo dunque è il tempo dellePromesse affidabili, che ancora non sisono realizzate, ma che si stanno a pocoa poco realizzando. È il «tempointermedio», è quello che S. Bernardochiama il «frattempo», «l’interim», equesto è il tempo della grazia (Dio) edella libertà (l’uomo).La nostra storia è il luogo dell’incontro eanche dello scontro tra queste due realtà,tra questi due universi. Perché di questosi tratta: la parola «universo» significa«andare, portare verso l’Uno», quindil’universo di Dio vuole portare ericapitolare tutto in sé (questo è la

«santità») e l’universo dell’uomo vuoleportare e ricapitolate tutto in sé (questo èil «delirio di onnipotenza»). Il drammadella storia sta tutto qui, è quello cheHenry De Lubac chiamava «il drammadell’umanesimo ateo». Anche il nostrocuore è il luogo dell’ incontro e delloscontro tra queste due realtà. Di fronte aldilagare del male e della violenza si restasgomenti, confusi, delle voltedubbiosi…Ecco perché è necessario,come siamo invitati da questo tempoliturgico dell’Avvento, «tenere lo sguardofisso su Gesù, che dà origine e porta acompimento la nostra fede» (Ebr 12, 2),proprio per non perderci di coraggio.Un grande teologo del Medio Evo,Guglielmo di S. Thierry afferma:«L’uomo comincia dalla fede… maanche la speranza ci è necessaria nelnostro pellegrinaggio. Togli alviaggiatore la speranza di arrivare e nonavrà più la forza di andare avanti.Quando saremo arrivati la fede saràvisione e la speranza possesso». Inquesto nostro cammino noi abbiamol’aiuto formidabile della Liturgia cheattraverso la Celebrazione Eucaristica cifa vivere la Parusia anticipata perché,sotto il velo dei segni, la Liturgia è l’irrompere del «già» nel nostro «nonancora», per usare una bellissimaespressione di Joseph Ratzinger.Guardando dunque al Cristo Pantocrator(Colui che è onnipotente e Colui cheregge tutto) noi sappiamo che oggistiamo vivendo il tempo delle Promesseaffidabili perché frutto di una fedeaffidabile e di una speranza affidabile,nonostante tutto e nonostante tutti,perché il nostro Dio è veramente un Dioaffidabile che non delude l’ attesa di chicrede e spera in lui.Questo è quello che siamo chiamati avivere nel prossimo Avvento, andandoincontro a «Colui che era, che è e cheviene».

*direttore dell’ufficio liturgicodiocesano

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Andare incontro a Colui che viene

Una riflessionedi monsignor Franco Cancelli,direttore dell’ufficio liturgico diocesano,sul tempo di Avventoche inizia con questa domenica

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VITA NOVATOSCANA OGGI2 dicembre 2018II

Chiesa in festa per tre nuovi diaconia liturgia della Paroladella scorsa, ultimadomenica dell’annoliturgico che precede il

tempo dell’Avvento, eracentrata sulla regalità di Cristo,preannunciata dal profetaDaniele (7, 13-14) - «il suopotere è un potere eterno» - eaffermata da Gesù stessodavanti a Pilato: «…tu lo dici: iosono re. Per questo io sono nato eper questo sono venuto nelmondo: per dare testimonianzaalla verità» (Giovanni, 15, 33b-37), rivelando che il suo regno«non è di questo mondo». E afarsi annunciatori di verità, allasequela di Cristo, servendo ifratelli, è il ministero cui SanPaolo esorta i Corinzi (4, 1-2.5-7), e a cui tutti i cristianisono chiamati. I diaconi, inparticolare, che assumonoformali impegni, evidenziatinella liturgia dell’ordinazione:i tre candidati si sonopresentati riverenti al cospettodell’Arcivescovo, cui donFrancesco Bachi, rettore delSeminario, ha rivolto larichiesta «la Santa MadreChiesa chiede che questi nostrifratelli siano ordinati diaconi».«Sei certo che ne siano degni?»,ha replicato monsignorGiovanni Paolo Benotto. Inrisposta, il rettore e il delegatoarcivescovile per il diaconatopermanente don RobertoCanale hanno rispettivamentepresentato gli ordinandi: LucaBaù, 34 anni, ispirato nel suopercorso di discernimentoverso il sacerdoziodall’incontro in seminario,dove è entrato nel 2012, conun giovane prete, don ElvisRagusa, e dall’esempio inparticolare di don CarloCampinotti; MassimoMariancini, 45 anni, sposato epadre di tre figli, e MicheleRosati, 68, sposato e padre didue figli, con un comunecammino di servizio inparrocchia e di studinell’Istituto superiore discienze religiose. «Con l’aiutodi Dio e di Gesù Cristo nostroSalvatore, noi scegliamo questinostri fratelli per l’ordine deldiaconato», ha quindidichiarato l’Arcivescovo.È seguita la sua omelia:commentando le Scritture,l’Arcivescovo ha chiestoall’attenta assemblea: «Macome sono i servitori di Cristo,Re dell’universo?», e poi rivoltoai tre ordinandi, ha detto: «Il

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cammino che avete compiutoverso la vostra ordinazionediaconale dà la risposta: i suoiservitori vengono configurati aLui nello stesso serviziod’amore, nella stessa strada deldono di sé, per realizzare lasalvezza. Ogni cristiano èchiamato a servire, il diaconoin modo speciale è servitore diCristo e dei fratelli, come Gesùche con il servizio realizzò lasua regalità nel mondo, fino aldono della vita».Non è scontato - ha riflettutol’Arcivescovo - che nel nostrotempo si comprenda come sipossa essere re e servo, mettersiall’ultimo posto, senza cercarevisibilità e onori. Una strada,

ardua ma doverosamentepercorribile dalla Chiesa tutta,nonostante «la tentazione siasempre in agguato: quella diemergere sopra gli altri, diperseguire potere ericonoscimenti. Non di rado -ha proseguito - lo stessoministero sacro ci potrebbe farbalzare in avanti dagli ultimi aiprimi posti, come i farisei».Ecco che, sempre e comunque,occorre guardare a Gesù Cristo«che porta su di sé i segni con iquali ci richiama al vero sensodel servizio: farci tutto a tutto,affinché qualcuno almenopossa essere salvato».Ma nulla è automatico escontato. Ha sottolineatomonsignor Giovanni PaoloBenotto, rivolgendosi ai tre:«Qualche volta tutto il vostroimpegno potrà sembrare chenon porti risultati, pur pronti arinunciare a qualunquesoddisfazione umana. Ma - hadetto - proprio quel temposarà il più fecondo per voi: nonper ottenere risultati ma perservire, svuotandosi totalmente- come fece Gesù - che si è fattoubbidiente, fino alla morte ealla morte di croce. Un potenteatto di riconoscimentouniversale, il Suo: servire conamore e per amore nellagratuità più completa,cercando di ’scomparire’perché appaia l’azione salvificadi Dio». Dando così,testimonianza alla verità.Come sono chiamati a fare idiaconi, «amministratorifedeli» (S. Paolo), al serviziodella mensa eucaristica, allamensa della Parola di Dio, allamensa dei poveri. «Tre mense -ha commentato l’Arcivescovo -che esplicitano i misteri di Dio

(S. Paolo): la prima qualesorgente della vita dellaChiesa; la seconda nell’ascoltoorante e attento alla Parola diDio (che va conosciuta emeditata, perché non si puòdare quel che non si ha); laterza nell’ascolto peravvicinarsi ai poveri nelservizio di carità e prossimitàverso i più bisognosi, perrealizzare una fattiva civiltàdell’amore (vaticinata da PaoloVI)». Un esercizio quotidianodelle opere di misericordia.E l’Arcivescovo si è rivolto poialle mogli dei due ordinandilaici, che supportano i maritinel loro servizio. «Voi avetedetto si, stando loro accantonel cammino di donazione»,auspicando per loro e lefamiglie l’aiuto vicendevoleper proseguirenell’impegnativo percorso.Diacono (dal greco diákonos,che significa, appunto,servitore) è dunque «ministrodella carità vissuta, servitore diDio e dei fratelli, chiamato atestimoniare che servire conLui è regnare», ha conclusol’Arcivescovo, affidando i treordinandi alla Vergine Maria; iquali hanno poi manifestatodavanti all’Arcivescovo la lorovolontà di assumere gliimpegni propri del diaconato,in aiuto dell’ordine sacerdotalee a servizio del popolocristiano, promettendo filialerispetto e obbedienza.Dopo le litanie dei Santi, il ritoè proseguito con l’imposizionedelle mani sul capo degli elettie la preghiera di ordinazionerecitata dall’Arcivescovo. Ritiesplicativi finali, con lavestizione degli abiti diaconali(stola e dalmatica) e con laconsegna del libro dei Vangelida parte dell’Arcivescovo, cheha detto a ciascuno: «Ricevi ilVangelo di Cristo del quale seidivenuto l’annunziatore: credisempre ciò che proclami,insegna ciò che hai appresonella fede, vivi ciò cheinsegni», con scambiodell’abbraccio di pace con gliordinati; accolti infine nelpresbiterio, dove hanno potutoconcedersi un sorriso, carico diemozione e di speranza. I trenuovi «servitori a causa diGesù», sanno bene con SanPaolo, che hanno «questotesoro in vasi di creta, affinchéappaia che questa straordinariapotenza appartiene a Dio, enon viene da noi».

DI GRAZIELLA TETA

re nuovi diaconi al servizio della Chiesa pisana: sono stati ordi-nati domenica scorsa, 25 novembre, solennità di Cristo Re, nel-

la chiesa di S. Caterina d’Alessandria, per l’occasione gremita di fe-deli provenienti da varie zone della diocesi. Luca Baù, seminaristain cammino verso il sacerdozio, e i due laici Massimo Mariancini(45 anni) e Michele Rosati (68), ora diaconi permanenti, sono sta-ti avvolti da un grande e gioioso abbraccio comunitario. E c’eradavvero da gioire ad assistere alla sentita celebrazione eucaristica,a cominciare dalla processione introitale, accompagnata dal cantodi ingresso dei cori delle parrocchie di Casciavola, S. Frediano aSettimo e S. Stefano extra moenia che hanno ben animato la cele-brazione; gran presenza di seminaristi e ministranti al servizio li-turgico, che hanno aperto la densa processione (oltre 70 concele-branti), seguiti da diaconi e sacerdoti di varie parrocchie della dio-cesi, con partecipazione di monsignor Roberto Filippini, vescovodi Pescia, già rettore del Seminario diocesano pisano, che ha con-celebrato a fianco dell’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto.

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AGENDAIMPEGNI PASTORALI DELL’ARCIVESCOVODomenica 2 dicembre 2018 ore 11: Cresi-me a Fornacette; ore 16: inaugurazionerestauro dell’Organo di S. Sisto al Pino;ore 17: Cresime a San Sisto al Pino.Lunedì 3 dicembre ore 9: Visita alla Scuo-la paritaria di San Giusto delle Suore di P.Agostino; ore 11: Visita all’Aeroporto; ore17,30: incontro con i Diaconi permanentie Candidati all’Oasi di Calci.Martedì 4 dicembre a Roma per la Con-gregazione delle Cause dei Santi.Mercoledì 5 dicembre ore 10: Consigliodei Vescovi allo STI di Camaiore; ore18,30: incontro dei Genitori e dei ragazzidel catechismo a Oratoio.Giovedì 6 dicembre ore 9,30: Ritiro delClero della Versilia a Pietrasanta.Venerdì 7 dicembre ore 9,30: Visita allaScuola «Biagi»; ore 17,30: Cresime a Ora-toio; ore 21,30: S. Messa a Madonna del-l’Acqua di Cascina.Sabato 8 dicembre ore 11,30: Cresime aCalcinaia; ore 16: S. Messa per l’inizio uf-ficiale del ministero del nuovo Parroco aTonfanoDomenica 9 dicembre 2018 ore 11: S. Mes-sa a Ss Cosimo e Damiano; ore 17: Cresi-me in S. Caterina

ASSEMBLEA CDALPISA - L’aula magna del pensionato «To-niolo» ospiterà - il prossimo giovedì 29novembre alle ore 18 - l’assemblea dellaconsulta delle aggregazioni laicali. All’or-dine del giorno la preparazione dellaprossima veglia di preghiera per la pace ealla prossima novena di Pentecoste. Sa-ranno raccolte le quote associative per il2018.

GUIDE LITURGICHEPISA - Sono disponibili in Curia le guideliturgiche per l’anno 2018/2019. I sacer-doti interessati a riceverle possono ritirar-le al costo di 15 euro cadauna.

FRANZ LISTZ A PISAPISA - Il Centro congressi «Le Benedetti-ne» dell’Università di Pisa ha ospitato - loscorso mercoledì 28 novembre - una tavo-la rotonda su «Liszt, Pisa, un fortepiano.Nel contesto del primo soggiorno in Italia

(1837-1839)».L’iniziativa facevaparte di un proget-to promosso daUnipolSai Pisa edall’Università diPisa che, con il suoCentro per la dif-fusione della cul-tura e della praticamusicale, intende-va approfondire lapermanenza diFranz Liszt a Pisa ela straordinariamusica da lui com-posta quando eranella nostra città.All’incontro, chegodeva del patroci-

nio della Fondazione Istituto Liszt, Bolo-gna e della Società Italiana di Musicolo-gia, sono intervenuti i massimi esperti ita-liani del musicista.

Nella chiesa di SantaCaterina d’Alessandriastracolma di gente,l’ordinazionediaconale di Luca Baù,in cammino verso il sacerdozio, e diMassimo Mariancini e Michele Rosati, oradiaconi permanenti.L’arcivescovoGiovanni PaoloBenotto: «Non èscontato che nelnostro tempo sicomprenda come sipossa essere re e servo,mettersi all’ultimoposto, senza cercarevisibilità e onori»

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VITA NOVA TOSCANA OGGI2 dicembre 2018 III

L’ANNIVERSARIO

a venti anni di vita la cooperativa socialeSpes. L’anniversario sarà ricordato in un

convegno in programma la mattina dimartedì 4 dicembre all’auditorium del MuseoPiaggio a Pontedera.Porteranno la loro testimonianza il direttoredella Caritas don Emanuele Morelli, ilsindaco di Pontedera Simone Millozzi el’onorevole Paolo Fontanelli. Jacopo Storni,giornalista del «Corriere della Sera» modereràuna tavola rotonda sul tema «L’innovazionecambia il futuro? Nuovi approcci alle sfidedel sociale»: interverranno Claudia Fiaschi,portavoce del Forum del TerzoSettore,Stefano Granata, presidente diFedersolidarietà, Benedetto Gui, docente diEconomia civile e di comunione all’IstitutoUniversitario «Sophia» ed Eliana Cavazza,pedagogista e formatrice in prosocialità.Quindi il contributo di Stefania Lupetti,presidente della cooperativa Spes, cui seguiràla presentazione della mostra delle operedello scultore Learco Neri (uno dei progettistidella «mitica» Vespa, oggi ospite di «VillaSorriso») e del fotoamatore GiuseppeComito. Le socie storiche di «Spes»riceveranno una pergamena. In chiusura, laproiezione del video realizzato dai volontaridel Servizio civile.La cooperativa Spes nasce nel 1998 suiniziativa di alcuni fedeli laici che vivono laspiritualità focolarina. Da subito aderisce alprogetto di «Economia di comunione» diChiara Lubich. La Caritas diocesana fa da«culla» alla Spes. Oggi la cooperativa sociale ha sede legale aPisa, in via Garibaldi 33. Ma operasoprattutto a Pontedera e dintorni. Operatricisocio assistenziali, infermieri, fisioterapisti,un animatore geriatrico prestano servizio a«Villa Sorriso», la rsa della Misericordia diPontedera. Una struttura «aperta» al territorio,intorno a cui ruotano frequentemente anche ivolontari dell’Unitalsi, dell’Anteas, di alcuneparrocchie e, da qualche anno, anche igiovani dell’ultimo anno dele scuolesuperiori pontederesi, che a «Villa Sorriso»vivono una esperienza di alternanza scuolalavoro.Gli operatori di Spes seguono - per conto diprivati ed enti pubblici - alcuni «casi» dimalati di patologie significative.Garantiscono l’assistenza domiciliare adecine di persone «dimesse» dall’ospedale(così come prevede il protocollo del progetto«Era»). Infine Spes gestisce la scuola pubblicaparitaria «San Giuseppe» (un tempo portataavanti dalle Figlie della Carità) dove trentabambini sono coinvolti in un progettoeducativo sulla pro-socialità. E, da alcunianni, anche 12 bambini accolti nell’asilonido «Antonietta Delovu». Sono 45 gli operatori di Spes. In venti anni lacooperativa ha dato lavoro a centinaia dipersone, in particolare giovani ed adulti,rimasti privi di un lavoro.

Andrea Bernardini

H

Nel segno di Santa Caterina DI ANDREA BERNARDINI

sabato sera quando dalcampanile della chiesadi Santa Caterinad’Alessandria si ode il

suono di un «doppio»:«liberando» quelle campane,la comunità del Seminario -riprendendo un’anticatradizione - ricorda a tutti laprossima ordinazionesacerdotale di Luca Baù. E, difatto, dà il «via» aifesteggiamenti patronali.L’ordinazione diaconale di unseminarista transeunte e didue candidati al diaconatopermanente. La festa dellascuola, quella della parrocchiae quella dell’istituto superioredi Scienze religiose dellaToscana. Nel segno di SantaCaterina molte persone hannovissuto - tra domenica e lunedì- un tempo di grazia.L’istituto Santa Caterina si èpreparato alla celebrazionecon attività mirate. Haricevuto la visitadell’arcivescovo GiovanniPaolo Benotto, del direttoredella Pastorale giovanile donSalvatore Glorioso e deiseminaristi. E, in primamattina, anche l’assessoreregionale alla pubblicaistruzione Cristina Grieco.Consegnati riconoscimenti aquegli alunni e studenti che sisono distinti nello scorsoanno scolastico. Sono statipremiati: Allegra Ceccarini e Anna Papini - che lo scorsoanno frequentavano la primaclasse della scuola primaria eche hanno vinto il concorso didisegno «Il pescatore diemozioni» indetto dal Museodella Grafica. Sofia Licata e Gabriele Pinna - allievi dellaclasse seconda della scuolaprimaria nell’anno scolastico2017-2018 - vincitori delconcorso «Piccoli artistiboreali» promosso dalComando di Tramontana delGioco del Ponte. Carolina DeLuca che lo scorso annofrequentava la classe secondadella scuola secondaria diprimo grado - vincitrice delconcorso della «Giornata dellasolidarietà». E poi gli alunni che, nelloscorso anno, hanno ottenutoil massimo dei voti in tutte lediscipline compreso ilcomportamento: i bambinidella scuola primaria DarioColangelo, AliceCristoforetti, Viola Figlini, Aurora Meoli, MartinaPantisano (tutti della sezioneA della classe V della scuolaprimaria), AscanioCaracciolo di San Vito, Gregorio D’Arezzo, ChiaraFerrarini, Elena Graziosi, Niccolò Federigo Mariani, Giovanni Mattolini e Lavinia

È

Trivella (tutti dellasezione B dellaclasse V della scuolaprimaria). Gli allievi chehanno ricevuto unbel dieci all’esameconclusivo delprimo ciclo diistruzione: i ragazzidelle classe terze AlessioBuoncristiani, Diletta Ferrauto, Angelica Sinibaldi,Lorenzo Triglia, Ludovica Trivella eMirco Zinetti. Ricoscimentoanche a Francesca Marzocchi,che oltre al 10 ha preso anchela lode all’esame di terzamedia.Alle ore 11 tutti in chiesa per laconcelebrazione eucaristica,presieduta dall’arcivescovo

Giovanni Paolo Benotto econcelebrata da diversisacerdoti, tra cui monsignorAlberto Sarelloni, alle sogliedei cento anni di vita.Nel pomeriggio la festa èproseguita in chiesa e nell’aula

magna del «Santa Caterina».Qui, in particolare, studenti edocenti dei poli pisano,senese, aretino e fiorentino delneonato Istituto superiore discienze religiose della Toscana«Santa Caterina da Siena» sisono ritrovati per il diesAcademicus. La prolusione diquesto anno era affidata alprofessor Paul Gilbert,gesuita, ordinario diMetafisica alla PontificiaUniversità «Gregoriana» aRoma, direttore della rivista«Gregorianum». A tema: «Itormenti in metafisica». Allievie docenti sono stati salutatidall’arcivescovo Giovanni

Paolo Benotto, dalmoderatoredell’Istituto discienze religiosedella Toscana - evescovo di Pescia - Roberto Filippini edal pro-direttoredell’Issr dellaToscana professor Alfredo Jacopozzi.Dopo la prolusionesono statericonosciuteonorificenze aidocenti degli exIstituti Superiori diScienze Religiose diArezzo, Firenze, Pisae Siena. E consegnati

diplomi di laurea aglistudenti.In chiesa la celebrazioneparrocchiale presieduta dalparroco - e rettore delSeminario - don FrancescoBachi, che ha presentato allacomunità gli 11 ragazzi (7 diSanta Caterina e 4 di SanFrancesco e Santa Cecilia) cheil prossimo 9 dicembre alleore 17 riceveranno ilsacramento della Cresima. Iltutto in attesa di rivedere latela di Aurelio Lomi dedicata asanta Caterina d’Alessandria:dopo il restauro la comunitàla riaccoglierà ufficialmente ilprossimo 15 dicembre, anchese la presentazione vera epropria del restauro avverràsabato 22 dicembre nei localidella sacrestia antica dellachiesa.

Nel fotoservizio di EnzoGaiotto e Gabriele Ranierialcuni momenti della festa

di Santa Caterinad’Alessandria: la visita

dell’arcivescovo GiovanniPaolo Benotto alla scuola, la

celebrazione da luipresieduta in chiesa e laconsegna dei diplomi di

laurea agli studenti degliistituti superiori di scienzereligiosi di Arezzo, Firenze,

Pisa e Siena ora riunitinell’Istituto superiore di

scienze religiose regionaledella Toscana.

SAN GIOVANNI DI DAMASCODI GIOVANNI MANECCHIA

omenica 2 dicembre inizia il nuovo anno liturgico con il«Ciclo domenicale e festivo dell’ Anno C». «Gesù disse... “...

State attenti... che i vostri cuori non si appesantiscano indissipazioni... e che quel giorno non vi piombi addosso...Vegliate... pregando, perché abbiate la forza di sfuggire atutto...» (Lc 21,25-28.34-36 liturgia della I^ domenica diAvvento). «Vegliate... pregando»; se pregare è rivolgersi alPadre, al papà o al babbo come si dice in Toscana, allora unodice «babbo guarda come sono messo... perdonami, aiutami,da solo non ce la faccio...». Il Padre, il babbo del Cielo ci vede elo sa, e lo sa anche la Madre di Gesù, Maria nostra madre che«prega per noi...». Il 4 dicembre la Chiesa ricorda san Giovannidi Damasco in Siria, san Giovanni Damasceno. Preghiamolopensando alla Siria e ai cristiani che là vivono e soffrono.Giovanni nasce verso il 650 (vent’anni dopo la morte diMaometto). Il padre è «gran visir», quasi come un nostro capodi governo. È di famiglia cristiana e fa studi classici. Nel 735 èordinato sacerdote. Durante la violenta polemica iconoclasta(«distruttrice di immagini sacre»), è il maggior difensore delculto delle sacre immagini. Con il beato Giovanni Scoto(Duns 1266 ca. - Colonia 1308), «le omelie di GiovanniDamasceno sulla Beata Vergine, fanno da supporto allacostituzione Magnificentissimus Deus con cui Pio XII(Eugenio Pacelli 1876-1958, papa dal 1939) definisce ildogma (verità di fede) della Madonna Assunta (1950)».

D

ASTERISCO

LA COOPERATIVA SOCIALE SPESFESTEGGIA VENTI ANNI

Così le comunità delSeminario, dell’istituto

scolastico e laparrocchia hanno

vissuto la loro festapatronale. A Pisa

il «Dies Academicus»del neonato Istitutosuperiore di scienze

religiose della Toscana

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VITA NOVATOSCANA OGGI2 dicembre 2018IV

Si sono concluse lecelebrazioni per

ricordare i 150 annidall’incoronazione

della sacra icona. In questi mesi ben

23 iniziative hannofatto «riscoprire»

ai versiliesi la storia,l’arte e la devozione

verso questaimmagine che

si trova nel duomodi San Martino

Pietrasanta e la Madonna del Sole

BLOCK NOTES

FORMAZIONE VINCENZIANARIGLIONE - Anche il presidente nazionaledella San Vincenzo de’ Paoli Antonio Gianfi-co tra i relatori di un incontro di formazionerivolto ai confratelli della diocesi di Pisa.L’incontro è stato ospitato nell’oratorio di Ri-glione. Presentato dal presidente del consi-glio centrale di Pisa Carlo Scotini , il presi-dente nazionale della San Vincenzo ha parla-to insieme all’assistente spirituale don Rober-to Canale. Lo spirito vincenziano - questo ilsenso dell’incontro - si corrobora grazie al-l’assiduità alle riunioni, all’unione di intenti,di preghiera e di formazione. Così come la vi-sita ai poveri deve essere il mezzo e non loscopo dell’associazione.

1968, LA FANTASIA AL POTEREPISA - «1968: la fantasia al potere» era il tito-lo di un convegno organizzato da AlleanzaCattolica e Centro studi «Rosario Livatino»ed ospitato lo scorso venerdì sera nella salaconferenze dell’ex stazione Leopolda. Patri-zia Paoletti Tangheroni, già europarlamenta-re europea e Mauro Ronco, avvocato e docen-te universitario di diritto penale hanno riflet-tuto sugli avvenimenti, occorsi nel 1968 edintorni, che hanno segnato una svolta epo-cale nel mondo occidentale, e per fare un in-ventario, a distanza di 50 anni esatti, sugli ef-fetti da questi eventi prodotti nella società«post-moderna». Sono intervenuti testimonidiretti di quegli anni e, a nome del Comunedi Pisa - patrocinatore dell’evento - l’assesso-re Filippo Bedini.

ESSERE PADRI, IL LIBRO DI MAZZOTTAPISA - Giuseppe Mazzotta , sposato, padre didue figlie, avvocato, segretario generale dellaConsulta diocesana delle aggregazioni laicali,è l’autore del libro «Egregio Signore. Esserepadri nella fragrante semplicità del gesto».Un libro che prende le mosse dall’esperienzaquotidiana, da alcuni semplici episodi daimolteplici livelli di lettura. Il libro è statopresentato lo scorso lunedì al Palazzo delConsiglio dei Dodici, a Pisa in piazza dei Ca-valieri, da Valerio Martinelli, dall’ex prefetto Francesco Tagliente e da Alfonso Iacono. L’at-tore Paolo Giommarelli ha offerto alcune let-ture. «Perché ricordare, se non per un tal qua-le esame di coscienza e per non disperderedei valori?»: così scriveva il 16 dicembre del1991 a proposito di suo padre il compiantoprofessor Massimo Ermini, direttore del Cen-tro di bioetica dell’ateneo pisano. Una osser-vazione pienamente condivisa da GiuseppeMazzotta, che del professor Massimo Erminiè stato un «allievo».

FAMIGLIE ALLA SCOPERTA DEI MONUMENTIPISA - Da qualche anno, ormai, i volontariimpegnati nel progetto «Pietre vive» organiz-zano visite guidate ai monumenti, illustran-do ai visitatori non solo il significato artisti-co, ma anche quello religioso di un’operad’arte. Adesso questa esperienza coinvolgeràanche le famiglie. Nei giorni scorsi - e ancorail prossimo venerdì 30 novembre - il gesuita padre Stefano Titta ha formato e formerà al-cune coppie di sposi, per renderle in grado didivenire loro stesse guida. Il percorso forma-tivo si concluderà il prossimo 13 gennaio conuno «stage» in Cattedrale guidato da MatteoTomasi di «Pietre vive». Poi le nuove guide -insieme alle altre - saranno chiamate a «gui-dare» altre famiglie alla scoperta dei monu-menti di piazza del Duomo. Si tratta di unadelle molte iniziative «partorite» in questesettimane dall’ufficio diocesano per la pasto-rale della famiglia.

DI ANNA GUIDI

e celebrazioni per i 150anni dall’incoronazionedella Madonna del Solesi sono concluse nello

scorso week end: sabato - nellasala dell’Annunziata delchiostro di Sant’Agostino,abbiamo assistito ad unaconferenza tenutadall’arcivescovo GiovanniPaolo Benotto sugli aspettiteologici e devozionali dellaMadonna del Sole, domenica -nel duomo di San Martino -ad una solenneconcelebrazione eucaristicapresieduta dall’arcivescovoRiccardo Fontana, vescovo diArezzo. Era il 14 aprile scorso quando,nella Sala Pandolfini delMunicipio di Pietrasanta,venne presentato il calendariodegli eventi organizzati epromossi dalla propositura einsigne collegiata di SanMartino, dal Comune diPietrasanta, dalla sezione di«Versilia storica» dell’Istitutostorico lucchese, dall’Unitalsie dal Comitato archivioartistico documentario«Gierut». Partner delleiniziative: il consiglioregionale della Toscana, laProvincia di Lucca e i Comunidi Forte dei Marmi, Stazzemae Seravezza.In sette mesi, grazie a benventitrè iniziative - tantequante gli stemmi diPietrasanta dipinti all’internodel manto che avvolge laMadonna - moltissimiversiliesi hanno potutoconoscere molto megliostoria, arte e devozione diquesta preziosa icona.Introducendo la conferenza disabato 24 novembre, ilproposto del Duomo di SanMartino monsignor StefanoD’Atri ha calorosamenteringraziato tutti coloro chehanno collaborato alla buonariuscita del progetto.L’assessore Andrea Cosci haosservato come, in particolare,l’iniziativa «La Madonna delSole nello sguardo deibambini» abbia contribuito adiffondere la conoscenza dellasacra icona tra le nuovegenerazioni. Il sindaco Alberto Giovannetti, haribadito una volta di più comela vicenda della Madonna delSole sia stata e siaintrinsecamente legata allastoria di Pietrasanta di cui èstata dichiarata «patrona eavvocata» il 6 dicembre 1855,

L

dopo che il colera avevainfierito nella città meno chealtrove. Monsignor Giovanni PaoloBenotto ha svolto il temaaffidatogli, rimandando, perla conoscenza degli aspettiartistici, al libro del dottorLuigi Santini, pubblicato direcente. La trattazione dell’Arcivescovoè partita dall’analisi delleimmagini sacre nella Chiesaoccidentale ed orientale.Facendo puntuali riferimentiall’Esodo e al rischiodell’idolatria, come per lavicenda del vitello d’oro,l’Arcivescovo ha osservatocome il volto di Cristo,immagine del Dio invisibile, èstrada per avvicinarci alle trevolte Santo, all’Inavvicinabile

e all’Indicibile: le immagini,infatti, consentono diraggiungere, pur nellarappresentazione parziale edimperfetta, il mistero divino.Le pitture erano la Bibbia deipoveri, perché i poveri nonsapevano leggere. Non ènecessario fare riferimento acapolavori acclamati: quandola mano dell’artista è mossadallo Spirito Santo anche leimmagini più semplicisuscitano fede. L’Arcivescovo ha anchesottolineato l’unicità del cultomariano. Osservando laprevalenza di raffigurazioniche privilegiano ladimensione della maternitàdall’attesa della nascita allacroce: sì, l’immagine di Mariain binomio con Cristo prevale

sulla rappresentazione “dasola” che prende campo intempi piuttosto recenti, comenel caso delle Madonne diLourdes o di Fatima.Due sono i testi del XX secoloche ci aiutano a comprenderela devozione mariana:l’esortazione apostolica«Marialis Cultus» del 2febbraio 1974 di Paolo VI e lalettera enciclica «RedemptorisMater » del 25 marzo 1987 diGiovanni Paolo II.Dai due testi emergono:l’impossibilità di parlare diMaria senza parlare di Gesù, ladimensione della devozionemariana come occasioneprivilegiata di crescita incomunione con Dio, lacoincidenza della Madonnacon la Chiesa, di cui è figura.Insomma, c’è un intreccioinscindibile fra Maria, Cristo ela Chiesa - ha osservatol’Arcivescovo.Quindi monsignor GiovanniPaolo Benotto ha analizzatol’immagine della Madonnadel Sole, coperta non solo dalvelo che la nascondeperiodicamente ai fedeli, maanche da molti puntiinterrogativi che riguardano lasua origine e vicenda.L’Arcivescovo ha sottolineatocome la melagrana che Mariaregge in mano annunci ilmartirio in croce di Gesù e, inrisposta, il cartiglio in mano alBambino annunci la pace chenon viene dal mondo ma dalcuore di Cristo morto e risortoper la nostra salvezza. Laraffigurazione dei dueGiovanni svela la Divinità el’umanità del Figlio. A contifatti, il quadro rappresenta piùCristo che Maria, purrimanendo Ella punto diriferimento fondamentale,«stella del mare» che hagenerato il Creatore.Nel tardo pomeriggio didomenica, nel Duomo di SanMartino affollato di fedeli, lachiusura delle celebrazioni: hapresieduto la liturgial’arcivescovo di Arezzo,Cortona e San Sepolcro,monsignor Riccardo Fontana,alla presenza delle autoritàcittadine e delleamministrazioni della VersiliaStorica. Ha animato lacelebrazione la Schola di SanMartino.Monsignor Fontana,originario di Forte dei Marmie fortemente legato aPietrasanta, ha fatto dono allaMadonna del Sole di unprezioso calice.

In alto l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto con il comitato promotore delle celebrazioni.Qui sopra monsignor Riccardo Fontana insieme a monsignor Stefano D’Atri e a monsignorDanilo D’Angiolo e agli amministratori della Versilia storica (fotoservizio di Emma Leonardi)

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VITA NOVA TOSCANA OGGI2 dicembre 2018 V

Un crocifisso per Madonna dell’Acqua

DI ANDREA BERNARDINI

iene da Ortisei, unpaese della ValGardena in provinciadi Bolzano, il nuovo

Crocifisso che - dallo scorsovenerdì - si trova a latodell’altare della chiesaparrocchiale del SantissimoRedentore a Madonnadell’Acqua. Il Cristo sofferente poggia suuna croce che già esisteva inchiesa, realizzata dai fratelli Gino e Raffaele Galluzzi (eassemblata dal figlio diquest’ultimo, Marco) eutilizzata, per la prima volta,in una Via Crucis nel 1996.Il Cristo è stato scolpito dalloscultore Guido Goller nellabottega d’arte GiuseppeStuflesser e dipinto dal pittore Fabian Kostner, fratello diIsolde - sciatrice notissima,seconda per vittorie in Coppadel mondo alla sola DeboraCompagnoni.Nel realizzarlo, i due autorihanno seguito le indicazionidel professor FrancescoMallegni noto antropologopisano e studioso della SacraSindone: ed è proprio al voltoe al corpo di Gesù disteso sulSacro Lino che si ispira ilCristo di Madonna dell’Acqua.Non una riproduzione, fedele,per la verità: se gli autoriavessero voluto essere«aderenti» ai fatti, avrebberodovuto presentare un corpocompletamente bagnato dalsangue delle ferite prodottecon il gatto a due code utilizzato

V

dai romani per le 29 frustate,come ha osservato il professorMallegni che la sera di venerdìscorso ha parlato del progettodi quest’opera.Durante una veglia dipreghiera il crocifisso - tra la

commozione di moltissimifedeli giunti a Madonnadell’Acqua da ogni dove - èstato scoperto da don MarkoDurlak, sacerdote slovacco,«ufficiale» presso laCongregazione per le Chiese

Orientali costituita in seno allaSanta Sede. Con lui hanno«inchiodato» il Crocifissol’amministratore parrocchialedi Madonna dell’Acqua donMartin Mihal, il parroco diRomito, il polacco don MarcinWilczkiewicz e don MiroslavMrug, sacerdote slovacco,studente al Pontificio Istitutoorientale.Poi il Crocifisso è stato inseritoin una base di marmo diCarrara, dove lo scultoresangiulianese AndreaD’Aurizio, nel suo laboratoriodi Pietrasanta, ha scolpito lefigure della Madonna e di SanGiovanni, ipotizzando il bennoto scambio raccontato daiVangeli «Questo è tuo figlio»«Questa è tua madre»pronunciato da Gesù a suamadre e, appunto, all’apostolo. Quando il committente - chedesidera restare anonimo - hadeciso di donare il crocifissoalla comunità di Madonnadell’Acqua, don Rino Peressini,sacerdote fidei donum,devotissimo alla figura diCristo re, primo parroco acelebrare in quella chiesa, eraancora vivo. Si è spento il 31agosto in terra di missione.Adesso quel gesto «suona» unpo’ anche come un modo perricordare don Rino.Come losono state le iniziative delloscorso fine settimana. La Messaserale del venerdì - celebratadopo la benedizione delCrocifisso e preceduto dallarecita della Coroncina dellaDivina Misericordia. La Messadel mattino successivo,animata dal coro dei bambini.La scuola di tiro con l’arco e ladisfida delle contrade diMadonna dell’Acquaorganizzata da GabrieleBenotto e dai «compagni»arcieri della Rocca di SanPaolino. La Messa parrocchialealla sera di sabato. E quelladella domenica mattina,preceduta - nel saloneparrocchiale - da unospettacolo di marionette eseguita dal lancio deipalloncini recanti messaggi deibambini. Insomma una comunità infesta, «allargata» a tantissimepersone che - ogni giovedì -seguono le catechesi su Teofilotenute da don Martin.

Realizzato ad Ortisei,in Val Gardena, è statobenedetto lo scorsovenerdì, antivigiliadella festa di Cristo redell’Universo.Sulla croce poggiaun Cristo sofferente,simile a quelloche risulta dallaSacra Sindone.La commozionedei fedeli arrivatida ogni dove

L’INAUGURAZIONE

IL RESTAURODELL’ORGANOAGATI A SANSISTO AL PINO

orna a suonare il prezioso organo dellachiesa di San Sisto al Pino: potremo

ascoltare la sua musica nel pomeriggio didomenica 2 dicembre. Alle ore 16 l’organaroNicola Puccini illustrerà l’intervento di restauroall’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto, alparroco don Ireneusz Korzeniowski, alpresidente della fondazione Pisa ClaudioPugelli (che finanzierà il lavoro) e a tutti coloroche vorranno unirsi alla festa. Quindi il diacono Roberto Menichetti si siederà difronte all’organo restaurato e terrà un breveconcerto proponendo musiche di GirolamoFrescobaldi, Bernardo Pasquini, BernardoStorace, Giovanni Battista Martini e GiovanniBattista Oradini. Alle ore 17 l’arcivescovoGiovanni Paolo Benotto presiederà l’Eucarestiae amministrerà il sacramento della cresima anove ragazzi della comunità dell’Ansadell’Arno. La storia dell’organo di San Sisto si intrecciacon quella della nota famiglia organara Agati.«Il capostipite Pietro - ci ricorda l’organaroNicola Puccini - figlio di legnaioli apprese l’artedi costruire organi, prima presso la bottega diDomenico Francesco Caciolli in Lucca insiemeai già operai Antonio e Filippo Tronci. Allamorte del Caciolli, i Tronci licenziarono Pietroa causa di sissensi sul lavori. Pietro quindi sirecò presso la bottega del bolognese FilippoGatti dove terminò l’apprendistato. Ritornatonella sua città natale, Pistoia, stabili qui unabottega per la costruzione di organi».Iniziava cosi la famosa storia della famigliaAgati che per tre generazioni costruirono organiin gran parte per la toscana ma anche in EmiliaRomagna, Liguria, Francia, Corsica e anchealtrove.Alla morte di Pietro la bottega passò nelle manide figlio Giosuè e successivamente al suonipote Nicomede.Nicomede dette una impronta quasi industrialealla ditta costruendo ogni anno decine diorgani a canne tra cui il meravigliosostrumento oggi conservato e restaurato nellaparrocchia di San Sisto al Pino.«L’organo Agati di San Sisto al Pino - continual’organaro Nicola Puccini - è uno dei pochistrumenti arrivato a noi quasi integro. Le cannesono tutte originali e conservate in perfettostato. Le uniche modifiche apportate all’organosono nei riguardi dei mantici in origine a cuneoazionati da corde oggi con un unico mantice alanterna azionato da stanga di fattura Paoli diCampi Bisegno intorno agli anni 1900».Cosa ha interessato il restauro? «Il restauroha interessato principalmente la parte fonica edun consistente trattamento antitarlo a tutta laparte lignea ( cassa, cantoria, intagli).Lostrumento che in passato era stato alterato nellapressione e nel temperamento, oggi è tornato alsuo antico splendore con la ricerca dellaoriginale pressione, intonazione, accordatura ediapason». Costruito nel 1873 questo organo èuno dei pochi Agati originali rimasti nellaprovincia di Pisa insieme all’organo dellaScuola superiore Sant’Anna ed al piccolo Agaticonservato in maniera eccezionale nella chiesadi Santa Apollonia in Pisa che a breve saràanch’esso restaurato».L’organo Agati ritrovato di -san Sisto al Pino ,oltre che a svolgere la sua funzione primaria diaccompagnare la Santa Messa verrà utilizzatoper manifestazioni culturali con una serie diiniziative atte a diffondere e valorizzare lostrumento e la musica per organo ottocentesca.Dopo l’evento di domenica, l’organo restauratodi Nicomede Agati tornerà a suonare sabato 15dicembre alle ore 21 nel concerto di organo delmaestro Gabriele Giacomelli.

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Nel fotoservizio di Gerardo Teta lacollocazione del nuovo crocifisso a Madonnadell’Acqua

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VITA NOVATOSCANA OGGI2 dicembre 2018VI

Il «contributo»della cappella

della Cattedraledi Pisa che,

questo giovedì, siesibirà nella

pieve di Calci peruna serata dibeneficenza.

Dalla collettadiocesana delloscorso 7 ottobre

sono arrivati50mila euro, mala raccolta fondi

va avanti

Un concerto per i Monti pisani

a festeggiato venti anni diattività il Centro

Interdisciplinare di Scienze perla pace (Cisp) dell’Universitàdi Pisa, che studia e promuovele condizioni per trasformarepacificamente i conflitti,ridurre le violenze e costruireuna pace sostenibile. Lo hafatto con una giornata diriflessione ospitata nei giorniscorsi nell’auditorium delcentro «Le Benedettine». Dopo i saluti introduttivi delrettore Paolo Mancarella, iprofessori Giorgio Gallo, FabioTarini e Pierluigi Consorti, chehanno diretto il Centro negliscorsi anni, hanno ripercorsola storia del Cisp. Quindihanno portato la lorotestimonianza gli ex rettori Luciano Modica e MarcoPasquali e la prorettrice vicaria Nicoletta De Francesco.L’attuale direttrice EnzaPellecchia e la presidente deicorsi di laurea in Scienze per lapace, Eleonora Sirsi, hannoinvece raccontato ai presenti ilcentro così com’è oggi e leprospettive di sviluppo.L’incontro si è chiuso con lerelazioni dei professori SimoneD’Alessandro e AlessandroBreccia e con le testimonianzedi tante e tanti che nel corso diquesti anni hanno collaboratoa vario titolo con il Centro,contribuendo a renderlo un

H

apprezzato protagonista deglistudi per la pace.Nato nel 1998 per iniziativa dialcuni professoridell’Università di Pisaprovenienti da vari settoridisciplinari, l’allora Centrointerdipartimentale di Scienzeper la pace - divenuto nel 2005Centro interdisciplinare diateneo - partiva dallaconsapevolezza che il mondoaccademico poteva offrire uncontributo alla costruzione

della pace, valorizzandolacome occasione di incontro econfronto tra disciplinediverse. Nel corso di questianni un centinaio di docentihanno aderito al Centro,svolgendo attività di ricerca,organizzando seminari eincontri di studio, conparticolare attenzione ai temidella promozione dei dirittiumani, della globalizzazione,del servizio civile, della difesacivile non armata e

nonviolenta. Nel 2001 il Cispha promosso la nascita degliattuali Corsi di laurea inscienze per la pace - tuttoraunici in Italia - affiancandolinel tempo con altreimpegnative attività didattiche,sulla mediazione econciliazione, sulla gestionedei conflitti interculturali einterreligiosi e sulle crisimigratorie.«A distanza di venti anni - hadetto la professoressa EnzaPellecchia, direttrice del Cisp -ha senso domandarsi non solocosa sia stato già fatto perpromuovere una cultura dipace, ma soprattutto comecontinuare questo impegno. Ipeace studies sono nati in uncontesto di guerra fredda e diordine bipolare, molto diversodal disordine mondiale nelquale viviamo adesso. Inoltre,le nuove tecnologie e icambiamenti climaticipongono nuovi problemi enuovi dilemmi, che laglobalizzazione non riesce adaffrontare. Celebrare questoanniversario significa ancheinterrogarci sulle nuove sfideche impegnano la costruzionedella pace e che chiedonoriflessioni su etica, libertà,diritti, democrazia, sovranità,potere, sviluppo e crescita,competizione, uguaglianza,tolleranza, solidarietà».

BLOCK NOTESOMAGGIO A PADRE RENZO SPADONI

PISA - La comunità di San Nicola a Pisarende omaggio all’indimenticato padreRenzo Spadoni, nel centenario della suanascita. Lo farà la sera del prossimo ve-nerdì 14 dicembre (ore 21) quando si ri-troverà in chiesa per assistere alla primaesecuzione dell’opera del compositore Marco Bargagna su testo di Donatella Pu-liga «Ma il canto ci salverà», cantata persoprano, baritono, voce recitante, tre corie orchestra. Il maestro Stefano Barandoni dirigerà inquesta esecuzione il coro polifonico diSan Nicola, i Piccoli cantori di San Nicolae Santa Lucia, ma anche il coro degli expiccoli cantori - ricostituito per l’occasio-ne - e la Tuscan Chamber Orchestra. Stefa-no Barandoni sarà aiutato da Emma Zane-si, che seguirà il coro delle voci bianche.All’organo si siederà Paolo Sorrentino. Lavoce recitante sarà quella di SalvatoreCiulla. Soprano: Petra Magoni, cresciutain San Nicola. Baritono: Carlo Morini.L’opera, commissionata dall’attuale par-roco di San Nicola, don Mariano Raspanti intende, «raccontare in musica» come pa-dre Renzo Spadoni ha interpretato il suoministero di sacerdote e la sua missione dievangelizzatore. Nato a Borgo a Buggianoil 14 dicembre del 1918, padre agostinia-no, padre Renzo Spadoni è stato parrocodi San Nicola dal 1958 al 1991, anno del-la sua morte. Padre Renzo, nel 1963, costi-tuì il coro dei Pueri Cantores e nel 1976dette vita al primo Cammino neocatecu-menale. A lui è stata intitolata una strada all’altez-za dei Vecchi Macelli.L’evento è patrocinato dal Comune e dallaCuria arcivescovile di Pisa.

FESTA DI SANTA LUCIASAN BENEDETTO A SETTIMO - Festa pa-tronale di santa Lucia, dal 12 al 16 dicem-bre nella parrocchia di San Benedetto aSettimo.Si tratta di una festa molto sentita e parte-

cipata, capace di cala-mitare in San Benedet-to molti fedeli prove-nienti da tutto il co-mune di Cascina e an-che dai comuni vicini. Le celebrazioni si apri-ranno mercoledì 12dicembre alle 17.30con la recita dei primivespri di santa Lucia,lo scoprimento dellasanta e - alle 18 - la so-lenne celebrazione eu-caristica dedicata asanta Lucia. Giovedì 13 dicembre,festa di santa Lucia, ce-lebrazioni eucaristiche

alle ore 8.30, alle ore 10 - presieduta dadon Paolo Paoletti proposto di Cascina - ealle ore 11.30. Alle ore 17 Messa solennepresieduta da monsignor Giuliano Catar-si, cancelliere arcivescovile. Ultima Messaalle ore 18.30.Domenica 16 dicembre le celebrazionieucaristiche saranno alle ore 8.30, alle ore11.30 e alle ore 18. Per la festa di Santa Lu-cia, sulla piazza della chiesa di San Bene-detto a Settimo, non mancheranno lebancarelle della fiera. Mentre sarà orga-nizzata, nel salone parrocchiale, la tradi-zionale fiera di beneficienza

Alessio Di Coscio

I venti anni di Scienze per la pace a Pisa

Nella foto i direttori di Scienze per la pace dagli esordi ad oggi. Da sinistra: Enza Pellecchia,Pierluigi Consorti, Giorgio Gallo e Fabio Tarini

DI FRANCESCO PALETTI

a cappella della Cattedrale di Pisa,diretta dal maestro Riccardo Donati,«canterà» per il Monte Pisano e, inparticolare, per le famiglie

duramente colpite dall’incendio di finesettembre. Lo farà questo giovedi 29novembre alle 21 nella pieve di Calci. Ilcoro si esibirà in brani del periodorinascimentale tratti da Pestrina, Clari,Ingegneri, Kodaly, Rachmaninoff, fino adarrivare a Bruno Bettinelli e MortenLauridsen. All’inizio e alla fine delconcerto gli operatori della Caritasdiocesana raccoglieranno le offerte cheandranno ad aggiungersi a quelle dellacolletta straordinaria volutadall’Arcivescovo lo scorso 7 ottobre.«Finora abbiamo raccolto circa 50milaeuro, provenienti da quasi tutte leparrocchie diocesi - spiega il direttore donEmanuele Morelli -: ne definiremo ladestinazione in comunione con l’unitàpastorale della Valgraziosa el’amministrazione comunale». «Ci sono dodici case inagibili e settecompletamente distrutte - ricostruisce il

Lvicesindaco di Calci Valentina Ricotta. Ifondi europei sbloccati con il decretofirmato dal ministro Centinaio, potrannoessere destinati solo alle aziende agricole.E non a chi ha perso l’abitazione o avevaappezzamenti di terreno per uso privato oa tutti gli interventi di messa in sicurezzadel territorio». Di conseguenza «Se nondovessero esservi novità a breve, pensoproprio che destineremo i fondi raccolticon la colletta alle famiglie che hannoperso tutto con l’incendio, purconsapevoli che il nostro sarebbe,comunque, un piccolissimo contributorispetto alla grandezza dei bisogni» spiega monsignor Antonio Cecconi, parrocodell’unita pastorale della Valgraziosa che -fin dai giorni subito successivi al rogo - hamesso a disposizione anche la casacanonica del chiesa di San Salvatore alColle e quella della pieve dei SantiGiovanni ed Ermolao per ospitare chiaveva perso casa. Il concerto di giovedi sera è solo l’ultima,in ordine di tempo, delle iniziative disolidarietà e impegno diretto promossenelle ultime settimane dalla comunitàcristiana e della società civile. Prosegue

anche la raccolta della Misericordia diCalci, arrivata a circa 61.500 euro (percontribuire l’Iban èit79n0800370880000000901723, causaledel bonifico «Rialzati Calci»).E pure la raccolta di firme dei «Luoghi delCuore» del Fai: ad oggi, dopo aver guidatoa lungo la graduatoria, con 44.723 voti ilMonte Pisano occupa il terzo posto, allespalle delle antiche terme di Porretta(45.713) e del Fiume Oreto a Palermo(51.760). «È uno strumento importanteper tenere desta l’attenzione sullasituazione del nostro territorio» spiega ilvicesindaco Valentina Ricotta, che ricordacome se arrivassimo primi «con icinquanta mila euro del premio,potremmo anche acquistare un mezzo dicui abbiamo bisogno per i lavori di messain sicurezza».Intanto il prossimo 21 dicembre farannofesta gli oltre 500 volontari che, coordinatidallo Sportello di Agroecologia delcomune di Calci dai giorni subitosuccessivi all’incendio ad oggi, sonointervenuti nei terreni privati devastatidall’incendio e nella pulizia dellecanalette.

L’ANNIVERSARIO

Page 7: Andare incontro a Colui che viene€¦ · Giovanni Evangelista che intercedono per tutto il popolo. È come essere spinti a guardare Colui che nell’Apocalisse dice di se stesso:

VITA NOVA TOSCANA OGGI2 dicembre 2018 VII

Buone nuove dagliesperti incaricati di

«monitorare» lo statodi salute del celebre

campanile delDuomo: anche dopola cura, «negli ultimi

20 anni, harecuperato circa 4

centimetri». Adesso«pende» 45

centimetri in menorispetto all’inizio dei

lavori diconsolidamento

coordinati dalprofessor Michele

Jamiolkowski

DI ALESSIO GIOVARRUSCIO

vviva, evviva. Milioni dituristi di tutto il mondopossono stare tranquilli:per altri trecento anni

potranno continuare a farsi selfiedavanti al celebre campanile delDuomo di Pisa, che tutticonoscono come la Torrependente. La notizia c’è tutta:ingegneri e ricercatori, chiamatia garantire lo stato di salute diquesto monumento prodigio ciassicurano che almeno per iprossimi 300 anni il campanileè stabilizzato e sicuro. «Negliultimi 20 anni ha recuperatocirca 4 centimetri. Dall’iniziodella cura ad oggi ha ridotto lasua pendenza di circa 2 milaarcosecondi, più o meno mezzogrado corrispondente a circa 45centimetri» ci informa Nunziante Squeglia, docentedi Geotecnica dell’università diPisa e collaboratore del Gruppodi sorveglianza. Un bollettinoestremamente lusinghieroquindi, addirittura migliorerispetto alle previsioni delcomitato internazionalecoordinato da MicheleJamiolkowski, che haprogettato e diretto i lavori diconsolidamento, tra il 1993 e il2001. Nel 1990, la pendenzacresceva di 6 arcosecondi l’anno,corrispondenti a un movimentoal culmine di 1,5 mm ognianno, e il timore che una dellesette meraviglie del mondopotesse prima o poi crollare,facendo la stessa fine delcampanile di San Marco aVenezia, imploso nel 1902, odella Torre civica di Pavia nel1989, sembrava tutt’altro cheinfondato. Certo è che se la torrenon fosse stata costruita a piantacircolare e con i necessari tempidi assestamento, oggi saremmoa raccontare ben altra storia. Ecomunque, gli stessi che poserola prima pietra di fondazione, il9 agosto del 1173 (1174secondo il calendario pisano),mai avrebbero immaginato aquale odissea questoinconfondibile corpo cilindricoin muratura - sospeso tra terra ecielo, circondato da loggiati conarchi e colonne poggianti sultronco di base e sormontati dauna cella campanaria - avrebbedovuto affrontare nel corsodella sua storia ormai quasimillenaria. E non a caso i pisanidi allora, che la sapevano moltopiù lunga di quanto siamo solitiimmaginare, si presero tutto iltempo necessario: all’incirca duesecoli. «I primi quattro ordinifurono realizzati in soli cinqueanni, dal 1173 al 1178. Seguìuna lunga interruzione di quasiun secolo, fino al 1272, quando

i lavori furono ripresi, e in seianni portati fino a tutto ilsettimo ordine (cioè tutta latorre, esclusa la cellacampanaria). Nuovainterruzione per circa 80 anni, einfine dal 1360 al 1370 l’ultimafase costruttiva, quella dellacella campanaria» - ci ricordavain un articolo apparso sul Sole24 Ore Salvatore Settis, illustremembro del Gruppo disorveglianza che da più di 17anni osserva e monitora intempo reale i movimenti dellatorre, grazie al sostegnoeconomico dell’Opera dellaPrimaziale Pisana. Il fatto che latorre pendesse non fu certo unascelta deliberata del suo autore,il cui nome ad oggi resta ancoraun mistero. «Non furonocommessi errori nellafondazione, ma furonoimpiegati i sistemi piùperfezionati che allora siconoscevano» - spiega moltobene l’esperto Piero Pierottinella sua Breve storia della Torredi Pisa, a conferma del fatto chela pendenza non fu in alcuncaso una scelta dei costruttori.Tanto più che i pisani eranotutt’altro che inesperti, Pisa erauna città costellata di migliaia ditorri, dato che quasi ognifamiglia ne possedeva una. Lapendenza è dovuta alla strutturadel sottosuolo, friabile ecedevole, un misto di strati diargilla e di sabbia. Da qui deriva

la particolarissima elasticitàdella torre, questo suo continuoondeggiare come una barca avela, che le consente dirispondere e interagire alle piùdiverse sollecitazioni, dallestagioni, ai terremoti, allo stessovento, quella che in gergo igeotecnici definiscono leaninginstability. Segno riconoscibileper coloro che giungevano aPisa dal mare, resta il fatto chese la torre non era la più altadella città, erainequivocabilmente la piùpesante. Lo spessore dei muri èesagerato e ad aggravare lasituazione, all’interno è presenteuna scala in marmo ampia edolce da salire per consentire acittadini e ospiti illustri diaccedere ai 180 affacci che siaprono lungo i sei loggiati.«Nessun campanile al mondoaveva questa caratteristica certoaffascinante, ma con unevidente costo strutturale» -sottolinea ancora Pierotti,difendendo il progetto dellaTorre di Pisa, niente affattocasuale e improvvisato cometendeva a far credere ilfiorentino Vasari, maperfettamente razionale emeditato: «L’altezza dellacolonnina, misurata in pertica, èil modulo della costruzione. Lapertica era una misura linearemolto usata a Pisa nel campodell’edilizia ed equivaleva acinque braccia e sei piedi. Con i

suoi 58,36 metri di altezza, latorre è alta esattamente 100braccia così come i 48,6 metri dicirconferenza corrispondonoesattamente al piede pisano di0,486 metri. Cento braccia dialtezza, cento di piedi dicirconferenza, e il diametrodelle fondazioni un terzodell’altezza (40 piedi). Ecco ilprogetto». Al di là dell’icona dacartolina o da selfie, la torre diPisa si conferma un organismovivente, mobile e sensibilissimoalle pur minime sollecitazioni evariazioni atmosferiche,all’interno di una piazza pensatae costruita come il centro dellacristianità e l’apice di una nuovaRoma. Dalla forza simbolicatanto ignorata quanto potente.Così la posizione del campanile,asimettrico rispetto al duomo eal battistero indica fisicamentela direzione di Betlemme, e lastessa torre conclude unpercorso di purificazione cheinizia nel battistero, continuanel duomo e si conclude con lafaticosa ascesa lungo la scalaelicoidale della torrecampanaria che richiama lascala degli angeli sognata daGiacobbe. Letteralmente, unaforesta di simboli ecorrispondenze inesauirible, cheogni istante sfida la forza digravità, la cui vita, per nostrafortuna e grazie al lavoro dieccellenti studiosi, è proiettata altraguardo del primo millennio.

E

La Torre di Pisa pendeancora, ma un po’meno

CURIOSITA’ PISANEIL BARITONO TITTA RUFFOE SUO PADRE LELIOBATTITORE DI FERRO

DIVINCENZO LUPO BERGHINI

ccennerò alla vita intensa del famosobaritono pisano Titta Ruffo (Pisa,

1877- Firenze, 1953) cercando di metterein evidenza alcune circostanze menoconosciute che contribuiscono a farmeglio conoscere questo straordinarioartista. Lo farò prendendo spunto da uncalendarietto «tascabile» dell’anno 1913,edito su due facciate: nella prima, sulretro, vi ho trovato il calendario diquell’anno. Nell’altra, a sinistra,l’avvincente «clou» della società milanese«Pathefono», specializzata nelle incisionimusicali su disco, e a destra l’immagineben compostadel bustofotografico diTitta Ruffa, luistesso pionieredelle incisionidella suasuperba voce. Il padre delbaritono fu,com’è noto, unvalidoartigiano.Batteva il ferronella suaofficina in viaVolturno, alpiano terra delcivico 31.L’abitazione era proprio sopra, oggiindicata da una lapide collocata nel1954. In città si trovano varie sue opere,eseguite in anni diversi: qualcuna incentro, diverse altre nel Camposantosuburbano, per lo più modellate adassumere la forma del cancelletto. Altrasua opera di rilievo la troviamo nellachiesa di San Paolo a Ripa d’Arno: sitratta di una porta in ferro nel transetto disinistra. Quella porta sostituì un’altra inlegno che era stata incendiata e quindidistrutta, durante un tulmulto popolareche «appestò» Pisa il 24 ottobre del 1909.La ricostruzione di tale opera, quindianche la scelta dell’artigiano-artista, e ilrelativo finanziamento, furono dovutiall’iniziativa e all’alacrità del nostrocardinale Maffi. La nuova porta fusolennemente inaugurata il 22 novembredel 1914. Così scrisse del suo autoreArmando Galleani: «Lelio Titta ha datoun saggio di ciò che si può fare col ferro.Egli lo ha domato sotto i colpi magistralidel martello. L’artefice ha potuto cosìtrasformare il ferro in rosoni, in chiodi,in sagome, in fiori e lo ha obbligato afondersi in un insieme che ora paretoccato dalla carezza del cesellatore edora evocato sinteticamente dallo scalpellodel Buonarroti. E non si dimentichi chequesta nuova porta, totalmente in ferro,pesa circa venticinque quintali!». Nel corso dell’ottobre del 1925 TittaRuffo si fece conoscere dai Pisani in duerecite straordinarie di beneficenza, alVerdi, nel suo ruolo prediletto: «Amleto»di Charles Louis Thomas, composta, daquesti, nel 1868. A ricordo di ciò fu postauna lapide, nell’atrio del Verdi, cosìformlata: «L’Accademia di questo TeatroVerdi e l’intera cittadinanza vogliono quiconsacrato che Titta Ruffo, all’apogèodella sua gloria mondiale, interpretòmagistralmente “Amleto”». Questa rapidedurò poco perché, non piacendo aifascisti - che già odiavano Titta Ruffoperché, sposandosi, era diventatocognato dell’onorevole GiacomoMatteotti, di cui anche condivideva ilpensiero politico - fu fatta a pezzi amartellate. Fortunatamente, dopo laguerra, fu subito ripristinata per iniziativadel sindaco Italo Bargagna.Quelle due serate al Verdi in cui si esibìTitta Ruffo, commossero un po’ tutti ipresenti: tra questi anche un famosopoeta pisano, che da buon testimone nelasciò il segno. Sto parlando del grandeAngiolino Lazzaroni, che così ebbe aricordare Titta Ruffo in due quartine:«Quando alle nove andette su’r telone/Ognirumore smesse ’nsur momento:/ Fu comeun’onda di raccoglimento,/ Pareva d’esse ’inchiesa a una funzione.../ Quando poi vennelui, la ’commozione/ vi si lesse sur viso: e un’sentimento/ che stava fra lo spasimo e’rcontento,/ esprose in deliranteacclamazione...»

A

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VITA NOVATOSCANA OGGI2 dicembre 2018VIII