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CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA CENTRO MILITARE DI STUDI STRATEGICI Analisi Strategica del 2017 Corno d’Africa e Africa Meridionale Year 2017, Strategic Analysis Horn of Africa and Southern Africa

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CENTRO ALTI STUDI

PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE

DI STUDI STRATEGICI

Analisi Strategica del 2017

Corno d’Africa

e Africa Meridionale

Year 2017, Strategic Analysis

Horn of Africa

and Southern Africa

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Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.), costituito nel 1987 e situato presso Palazzo Salviati a

Roma, è diretto da un Generale di Divisione (Direttore), o Ufficiale di grado equivalente, ed è strutturato su

tre Dipartimenti (Relazioni Internazionali - Sociologia Militare - Scienze, Tecnologia, Economia e Politica

industriale) ed un Ufficio Relazioni Esterne e le attività sono regolate dal Decreto del Ministro della Difesa del

21 dicembre 2012.

Il Ce.Mi.S.S. svolge attività di studio e ricerca a carattere strategico-politico-militare, per le esigenze del

Ministero della Difesa, contribuendo allo sviluppo della cultura e della conoscenza, a favore della collettività

nazionale.

Le attività condotte dal Ce.Mi.S.S. sono dirette allo studio di fenomeni di natura politica, economica, sociale,

culturale, militare e dell'effetto dell’introduzione di nuove tecnologie, ovvero dei fenomeni che determinano

apprezzabili cambiamenti dello scenario di sicurezza. Il livello di analisi è prioritariamente quello strategico.

Per lo svolgimento delle attività di studio e ricerca, il Ce.Mi.S.S. impegna:

a) di personale militare e civile del Ministero della Difesa, in possesso di idonea esperienza e qualifica

professionale, all’uopo assegnato al Centro, anche mediante distacchi temporanei, sulla base di quanto

disposto annualmente dal Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d’intesa con il Segretario Generale della

difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti per l’impiego del personale civile;

b) collaboratori non appartenenti all’amministrazione pubblica, (selezionati in conformità alle vigenti

disposizioni fra gli esperti di comprovata specializzazione).

Per lo sviluppo della cultura e della conoscenza di temi di interesse della Difesa, il Ce.Mi.S.S. instaura

collaborazioni con le Università, gli istituti o Centri di Ricerca, italiani o esteri e rende pubblici gli studi di

maggiore interesse.

Il Ministro della Difesa, sentiti il Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d’intesa con il Segretario Generale

della difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, per gli argomenti di rispettivo interesse, emana le direttive

in merito alle attività di ricerca strategica, stabilendo le lenee guida per l’attività di analisi e di collaborazione

con le istituzioni omologhe e definendo i temi di studio da assegnare al Ce.Mi.S.S..

______________________________

The Military Center for Strategic Studies (Ce.Mi.SS), founded in 1987 and located at Palazzo Salviati in

Rome, is headed by a Division General (Director) or an Officer of equivalent rank. The Center is organized

on three departments (International Relations - Military Sociology - Science, Technology, Economics and

Industrial Policy) and an External Relations Office. The activities are regulated by the Decree of the Minister

of Defense 21 December 2012.

The Ce.Mi.S.S. carries out study and research activities on strategic, political and military matters for the

needs of the Ministry of Defense. It contributes to the development of culture and knowledge in favor of the

Italian national community.

The activities conducted by Ce.Mi.S.S. are focused to the study of political, economic, cultural, social and

military phenomena and on the effect of the introduction of new technologies, or phenomena that determine

appreciable changes in the security scenario. The level of analysis is strategic.

For the conduct of study and research activities, Ce.Mi.S.S. employs:

a) military and civilian personnel of the Ministry of Defense with suitable experience and professional

qualification. These personnel is employed by means of temporary postings, on the basis of the

provisions given by the Chief of Defense on an annual basis, after consultation with the Secretary

General of the Defense / National Director of Armaments;

b) b) collaborators not belonging to the public administration, (selected in compliance with specific

provisions established on the basis of the subject of the study among experts of proven specialization).

For the development of culture and knowledge of matters of interest to the Defense, Ce.Mi.S.S. establishes

collaborations with universities, institutes and research centers, Italian or foreign, and publishes the studies

of greater interest.

The Minister of Defense, after consulting the Chief of Defense, in agreement with the Secretary General of

the Defense / National Director of Armaments, for the themes of respective interest, issues the directives

regarding strategic research activities, establishing the general guidance for the analysis and collaboration

activities with the homologous institutions and defining the study subjects for the Ce.Mi.SS..

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CENTRO ALTI STUDI

PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE

DI STUDI STRATEGICI

Analisi Strategica del 2017

Corno d’Africa

e Africa Meridionale

Year 2017, Strategic Analysis

Horn Africa

and Southern Africa

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Corno d’Africa e

Africa Meridionale

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Analisi Strategica del 2017

Corno d’Africa e Africa Meridionale

NOTA DI SALVAGUARDIA

Quanto contenuto in questo volume riflette esclusivamente il pensiero dell’autore, e non

quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o civili alle quali

l’autore stesso appartiene.

NOTE

Le analisi sono sviluppate utilizzando informazioni disponibili su fonti aperte.

Osservatorio Strategico 2017

Questo volume è stato curato dal Centro Militare di Studi Strategici

Direttore

CA. Maurizio Ertreo

Vice Direttore - Capo Dipartimento Relazioni Internazionali

Col. A.A.r.n.n. Pil. (AM) Marco Francesco D’Asta

Progetto grafico

Massimo Bilotta - Roberto Bagnato

Autore

Luca Puddu

Stampato dalla tipografia del Centro Alti Studi per la Difesa

Centro Militare di Studi Strategici

Dipartimento Relazioni Internazionali

Palazzo Salviati

Piazza della Rovere, 83 - 00165 – Roma

tel. 06 4691 3205 - fax 06 6879779

e-mail [email protected]

Chiuso a Dicembre 2017 – Stampato a Febbraio 2018

ISBN 978-88-99468-72-9

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Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 7

Nell’anno 2017, la regione del Corno d’Africa è stata contraddistinta da profonde tensioni

politiche. Alla permanente instabilità del teatro somalo si sono aggiunte le proteste che hanno

attraversato l’Etiopia, dove per gran parte dell’anno è rimasto in vigore lo stato d’emergenza

dichiarato nell’Ottobre 2016 per contenere le manifestazioni nelle regioni di Oromia e Amhara.

In Kenya, l’annullamento della tornata elettorale che aveva visto trionfare il presidente uscente Uhuru

Kenyatta non ha sedato le proteste dell’opposizione, riunita nel cartello della National Super Alliance

guidato da Raila Odinga. L’insoddisfazione di quest’ultimo per la mancata riforma della commissione

elettorale e l’assenza di misure volte a garantire la credibilità del secondo turno ha fatto sì che l’anno

si concludesse con l’inedita corsa solitaria di Kenyatta, il quale ha stravinto la competizione con se

stesso, al costo di più di un’ombra sulla legittimità del suo mandato. La stessa Eritrea non è stata

esente da tensioni interne, nonostante il carattere iper-securitario del regime di Asmara e il suo

capillare controllo sul tessuto sociale interno. L’uscita dell’Eritrea dall’isolamento diplomatico per

tramite dell’associazione all’Arabia Saudita nella guerra in Yemen e la concessione della base

militare di Assab agli Emirati Arabi Uniti (EAU) non è stata, infatti, indolore. La crescente influenza

dei due Paesi arabi si è tradotta in frizioni tra l’establishment governativo, in buona parte espressione

dell’élite cristiana dell’altopiano, e parte della comunità musulmana: un dissenso manifestatosi a fine

2017 con le proteste di alcuni studenti delle scuole islamiche nelle strade della capitale,

immediatamente disperse dalle forze di sicurezza.

Un Grande Medio Oriente?

Se l’analisi viene ristretta al Corno d’Africa in senso stretto – dunque limitandosi ai soli stati

etiopico, eritreo, somalo e gibutino – l’anno 2017 pare aver certificato l’ormai graduale

incorporamento della regione africana orientale nell’area di influenza geopolitica della penisola

arabica, configurandosi come una sorta di propaggine meridionale del Grande Medio Oriente.

La crisi diplomatica tra il fronte a guida saudita e la monarchia del Qatar è stata per molti versi la

cartina di tornasole di questo processo. All’indomani dell’embargo decretato da Arabia Saudita e

EAU, infatti, le due monarchie del Golfo hanno chiesto ai loro partner arabi e africani di assumere

una posizione di condanna nei confronti di Doha. La reazione dei Paesi del Corno d’Africa è stata

per molti versi una funzione della proiezione diplomatica e finanziaria di Riad e Abu Dhabi nella

regione: Eritrea, Gibuti e la repubblica separatista del Somaliland che hanno preso le parti delle due

potenze del Golfo, mentre Etiopia e Somalia hanno mantenuto una posizione più equidistante e

abbracciato il tentativo di mediazione del Kuwait.

Questa ripartizione di schieramenti riflette la mappa degli accordi di cooperazione militare

stipulati da Arabia Saudita e EAU nel corso degli ultimi mesi: l’Eritrea ospita dal 2015 una base

militare degli EAU ad Assab; Gibuti è in fase avanzata di trattative con Riad per ospitare sul proprio

territorio una nuova installazione militare saudita; il Somaliland, invece, ha recentemente finalizzato

un accordo per la costruzione di un’altra base militare a Berbera, dove le forze armate degli EAU

avranno accesso esclusivo alle infrastrutture aeroportuali.

La postura dell’Etiopia è stata a sua volta conseguenza dell’attivismo dei due Paesi arabi nella

regione. In linea di principio, Addis Abeba era uno dei principali candidati ad abbracciare la linea

inquisitoria di Riad e Abu Dhabi contro le relazioni trasversali del Qatar e l’operato della sua industria

televisiva.

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Corno d’Africa e Africa Meridionale

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 8

Nel 2008, il governo etiopico aveva rotto le relazioni con Doha in ragione dei presunti legami tra

l’Emirato e alcune fazioni islamiste radicali somale, nonché per l’ampia copertura mediatica data da

Al Jazeera all’insurrezione nella provincia orientale a maggioranza somala dell’Ogaden. Negli ultimi

due anni, tuttavia, la geometria degli allineamenti regionali è profondamente cambiata. Il governo

etiopico ha accolto con irritazione la decisione di EAU e Arabia Saudita di fornire assistenza

finanziaria ad Asmara in cambio dell’affitto della base di Assab, di fatto rompendo lo stato

d’isolamento cui l’Eritrea era sottoposta in seguito alle sanzioni del Consiglio di Sicurezza.

Le tensioni con Abu Dhabi sono aumentate a Maggio con il perfezionamento della concessione

militare su Berbera: la base, infatti, è percepita in alcuni ambienti etiopici come un possibile punto

d’ingresso per forze ostili, in primis quell’Egitto oggi saldamente schierato nel campo saudita, ma

diviso da Addis Abeba dalla questione del Nilo.

È però in Somalia che l’assorbimento del Corno d’Africa nella sfera d’influenza medio-orientale

ha assunto i contorni più evidenti. In quest’ottica, la crisi diplomatica tra Arabia Saudita e Qatar ha

avuto qui le ripercussioni più profonde, complice la frammentazione del tessuto politico somalo e la

facilità con cui le forze alternative al governo federale hanno potuto inserirsi nella disputa intra-araba.

È proprio alla Somalia e alle difficoltà della presidenza di Mohamed Abdullahi Mohamed,

detto“Farmajo”, che è dedicato l’approfondimento di questa monografia 2017.

Somalia

Il 2017 in Somalia è iniziato con l’insediamento alla presidenza federale di Mohamed Abdullahi

Mohamed, soprannominato “Farmajo”, eletto dopo un lungo testa a testa con il presidente uscente

Sheikh Mohamud. L’elezione era stata accolta con grandi aspettative a Mogadiscio, dove Farmajo

era conosciuto come un uomo lontano dai machiavellismi tipici della politica clanica somala.

La composizione della squadra di governo di Abdullahi Mohamed aveva confermato la distanza di

quest’ultimo rispetto alle pratiche di spoil system su base clanica tipiche della politica federale.

Paradigmatica la scelta del Primo Ministro, Khaire, selezionato per il suo passato professionale nel

settore petrolifero e i suoi contatti con i network imprenditoriali della diaspora anglosassone, ma di

scarso peso politico interno per via della propria appartenenza ad un sotto-clan relativamente

marginale della grande famiglia Hawyie dominante a Mogadiscio, gli Hawyie Murursade.

La retorica nazionalista mostrata da Farmajo in campagna elettorale aveva riacceso il fervore

degli ambienti pan-somali, i quali avevano scorto nella nuova presidenza il miraggio del ritorno a un

forte stato unitario. A ulteriore testimonianza della volontà di superare le divisioni che attraversano

la politica somala, Farmajo aveva annunciato l’intenzione di combattere una guerra senza quartiere

all’Al Shabaab, ma al contempo di esser pronto a concedere l’amnistia a quei ribelli che avessero

accettato di deporre le armi. Questa retorica aveva spaventato non poco i Paesi vicini, Etiopia e

Kenya in primis, i quali non avevano esitato – soprattutto Addis Abeba – ad appoggiare la corsa per

la riconferma di Sheikh Mohamud. Le ragioni di questa cautela erano varie. Nella prospettiva

etiopica, il richiamo di Farmajo al sentimento nazionalista somalo per superare le divisioni tra clan

aveva sollevato timori sul ritorno di un possibile asse politico tra Mogadiscio e il movimento armato

ribelle dell’Ogaden National Liberation Front (ONLF), favorevole alla secessione del Somali

Regional State (SRS) dalla Repubblica Federale d’Etiopia. Da parte keniota, la scelta di Khaire come

Primo Ministro e la vicinanza di Farmajo agli ambienti nazionalisti incutevano timori su un possibile

irrigidimento di Mogadiscio sulla disputa inerente la demarcazione della piattaforma continentale tra

i due Paesi, riaccesasi a seguito delle voci di possibili giacimenti petroliferi off-shore nel tratto di

mare attraversato dal confine internazionale.

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Analisi Strategica del 2017

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 9

Nonostante le premesse, la presidenza “Farmajo” è stata in grado di creare un clima di

collaborazione con i Paesi vicini. La distensione regionale non ha tuttavia preservato il governo

federale da una serie di rovesci, a loro volta causati dalla pressione congiunta di fattori interni e

internazionali.

La dimensione internazionale della crisi somala

Al pari dell’Etiopia, anche la Somalia si è defilata dall’offensiva diplomatica anti-qatariota,

rifiutando un’offerta saudita di aiuti per 80 milioni di dollari – corrispondenti a quasi l’80% del bilancio

federale – in cambio della condanna di Doha. Nei giorni successivi all’inizio della disputa intra-araba,

il governo somalo aveva ulteriormente definito la propria posizione diplomatica offrendo la

disponibilità del proprio spazio aereo ai velivoli di Qatar Airways e consentendo così alla compagnia

di aggirare la chiusura dei confini con i Paesi vicini. La netta scelta di campo di Mogadiscio era stata

in parte il risultato dei saldi rapporti tra governo federale somalo, Qatar e Turchia. Il governo turco

ha potuto far valere i dividendi degli ingenti investimenti effettuati nella ricostruzione di Mogadiscio:

in primis, l’ammodernamento del porto e dell’aeroporto, oggi gestiti da compagnie turche. Il rapporto

privilegiato con le istituzioni federali è stato confermato dalla visita del presidente Mohamed

Abhullahi Mohamed ad Ankara in Aprile e dall’apertura di una base militare turca a Mogadiscio, dove

un contingente di circa 300 soldati fornirà addestramento alle forze armate e agli ufficiali somali1.

Il medesimo discorso è valido per l’Emiro del Qatar, tra i principali finanziatori della campagna

elettorale 2017 di Mohamed Abdullahi Mohamed. L’amicizia tra l’attuale governo somalo e Doha è

stata ribadita a inizio Giugno con la nomina a capo dello staff presidenziale dell’ex giornalista di Al

Jazeera Fahad Yasin, considerato molto vicino all’establishment qatariota.

A pesare in misura altrettanto decisiva sulla posizione ufficiale della Somalia sono stati i

rapporti burrascosi tra il nuovo governo federale, insediatosi all’inizio dell’anno, e gli EAU. Le tensioni

bilaterali sono state inizialmente alimentate dal sostegno di Abu Dhabi all’altro principale candidato

allo scranno presidenziale, l’ex presidente Sheikh Mohamud. Sono poi sfociate in crisi diplomatica

e richiamo dell’ambasciatore a Marzo, in seguito all’annuncio dell’accordo tra Emirati e la repubblica

separatista del Somaliland per la costruzione di una base militare e uno scalo merci a Berbera, la

città portuale reclamata da Mogadiscio come parte integrante del proprio territorio nazionale.

La politica seguita dagli EAU e dalla compagnia parastatale DP World in Somalia negli ultimi

ventiquattro mesi ha, di fatto, elevato Abu Dhabi a nemesi del progetto nazionalista della presidenza

Farmajo. Se la politica di aiuti della Turchia si è concentrata principalmente su Mogadiscio, gli Emirati

hanno invece privilegiato una direttrice d’azione diffusa, stringendo rapporti preferenziali con le varie

amministrazioni regionali somale. Il caso del Somaliland è soltanto parte di un disegno strategico

più ampio: nel Puntland, Abu Dhabi ha finanziato sin dal 2012 il bilancio del Puntland Intelligence

Agency (PIA), un corpo armato alle dirette dipendenze della presidenza regionale. Negli ultimi due

anni gli EAU hanno inoltre fornito equipaggiamento e addestramento tramite la compagnia militare

privata Sterling Corporate Service di Erik Princeal, Puntland Maritime Service (PMS), un corpo di

guardia costiera di stanza a Bosaso2. Quest’ultima scelta non è stata casuale: la città portuale nella

Somalia nord-orientale è stata selezionata come sede di un ulteriore scalo merci di DP World, in

seguito ad un accordo con l’amministrazione puntina che ha relegato a Mogadiscio al ruolo di

spettatore.

1 https://www.dailysabah.com/diplomacy/2017/05/25/turkish-ambassador-to-somalia-olgan-bekar-turkey-helping-build-

state-military-infrastructure-from-scratch 2 http://www.nytimes.com/2012/10/05/world/africa/private-army-leaves-troubled-legacy-in-

somalia.html?mtrref=undefined

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Corno d’Africa e Africa Meridionale

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 10

Tanto nel caso del Somaliland che in quello del Puntland, è difficile tracciare una netta linea di

separazione tra la dimensione politica di tali accordi e quella economica. Se, nel caso del Puntland,

il sostegno inter-governativo al PIA e al PMS ha facilitato l’ottenimento della concessione di DP

World su Bosaso, l’ipotesi d’affitto trentennale della base militare di Berbera non sarebbe stata

realizzabile senza il parallelo impegno della compagnia di bandiera emiratina a costruire un nuovo

porto e intraprendere un ambizioso programma di sviluppo infrastrutturale nell’area circostante.

Queste conclusioni sono state confermate dallo stesso Ministro per gli Affari Esteri del Somaliland,

Saad Ali Shire. Inizialmente tra i principali oppositori alla costruzione della base militare per timore

delle ripercussioni diplomatiche sul rapporto con l’Etiopia, Shire ha recentemente motivato il suo

cambio di rotta alla luce delle ricadute economiche dell’investimento di DP World su Berbera3.

Le tensioni tra Mogadiscio, Riad e Abu Dhabi sono state tanto più destabilizzanti in ragione

del peso dei due Paesi arabi nella gerarchia dei donatori del governo federale. Nell’ambito degli aiuti

non militari, le monarchie del Golfo occupano un posto importante, ma non fondamentale, con il

Regno Unitoche si posiziona al secondo posto per volume di aiuti a Mogadiscio dopo la

Commissione Europea e prima degli Stati Uniti. Sebbene l’Arabia Saudita abbia confermato il proprio

sostegno al governo federale con una donazione di 50 milioni di dollari nell’Ottobre 2017, il

permanere della divergenza di prospettive in politica estera potrebbe creare più di un problema al

bilancio federale nel 2018, visto che ad oggi Riad rimane uno dei principali donatori in termini di

contributi diretti alla spesa corrente dello stato4. Un discorso simile vale per gli EAU. Secondo stime

del Ministero Affari Esteri di Abu Dhabi, non confermate dalla controparte somala, la monarchia

araba avrebbe fornito circa 45 milioni di dollari di aiuti non militari tramite canali pubblici e privati nel

solo 2015, spostando poi i propri sforzi finanziari verso i livelli di governo regionale nel corso deli

ultimi dodici mesi5. In compenso, Mogadiscio ha potuto contare sull’aumento dell’esposizione

finanziaria di Turchia e Qatar. Ankara è, insieme a Riad e alla Banca Mondiale, il primo partner per

donazioni dirette al bilancio del governo federale. L’Emiro Al Thani, da parte sua, ha dichiarato

l’intenzione di aumentare il proprio sostegno finanziario alle istituzioni federali in occasione di un

incontro con il presidente somalo a fine Maggio, confermando il proprio impegno con la spedizione

d’emergenza di materiale medico all’indomani degli attentati che hanno colpito Mogadiscio nel mese

di Ottobre6.

È, piuttosto, nel settore della sicurezza che la crisi del Golfo ha avuto le ripercussioni più

concrete. A oggi, sebbene la quasi totalità della spesa pubblica sia assorbita dal mantenimento

dell’esercito, il bilancio delle forze armate somale rimane in larga misura dipendente dall’assistenza

finanziaria dei donatori internazionali, i quali integrano il salario dei militari attraverso un sistema di

pagamento parallelo ai canali governativi7. Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito provvedono

ai salari di circa 13.000 soldati e 8.000 membri delle forze di polizia, ma anche gli EAU contribuiscono

ai costi di circa 10.000 militari dislocati nelle regioni del Galmudug e Medio-Basso Shebelle8.

3 https://www.alaraby.co.uk/english/news/2017/5/30/uae-base-in-somaliland-soon-to-launch-military-operations;

https://www.africaintelligence.com/ION/power-brokers/2017/02/10/saad-ali-shire-the-minister-who-opposes-the-uae-base,108211338-ART

4 Aid Coordination Unit, Aid Flows in Somalia: Analysis of Aid Flows Data, Office of the Prime Minister Federal Republic of Somalia, April 2017.

5 United Arab Emirates, Ministry for Foreign Affairs and International Cooperation, UAE Foreign Aid 2015, Abu Dhabi, 2016, p. 140. Disponibile a: https://www.mofa.gov.ae/SiteCollectionDocuments/UAEFAR/E2015.pdf

6 Emir Directs Aid Plane to Somalia, 18 Ottobre 2017, Gulf-times.com. 7 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 98. 8 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 101.

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Analisi Strategica del 2017

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 11

Il governo federale, al contrario, rimane incapace di far fronte ai propri impegni finanziari: nel 2015,

gli arretrati dovuti a funzionari pubblici e forze armate ammontavano ancora a 65 milioni di dollari,

ovvero più del 50% del bilancio complessivo dello stato9. Questo deficit è il risultato della forbice tra

spesa e capacità di mobilitazione delle risorse interne: la spesa pubblica del governo federale è

passata dai 35 milioni di dollari del 2012 ai 135 milioni del 2015, ma a fronte di entrate per soli 114

milioni di dollari10. Le voci del bilancio somalo confermano inoltre l’estrema difficoltà a riscuotere

tasse dalle attività produttive sul territorio. Nel 2015, le tariffe sull’import-export contavano per il 62%

delle entrate totali, mentre i proventi derivanti dall’affitto del porto e dell’aeroporto di Mogadiscio alle

concessionarie turche coprivano un altro 28% del consuntivo. Gli importi da tasse sul reddito di

persone fisiche e giuridiche, invece, ammontavano a un risibile 1,5%11. In una situazione di

pressoché totale dipendenza dal sistema economico internazionale, consolidare il controllo sugli

snodi infrastrutturali che canalizzano gli scambi commerciali con l’estero è una delle priorità di

politica economica del governo federale. Per questo motivo, la decisione degli EAU di incentivare

Zone di Libero Scambio alternative a Mogadiscio, per di più attraverso accordi indipendenti con le

singole amministrazioni regionali, non viene percepita solo come una sfida astratta alla sovranità del

governo centrale, ma come un atto ostile nei confronti delle istituzioni federali.

Le tensioni tra governo federale e amministrazioni regionali rispetto alla gestione dei flussi

finanziari dagli EAU si sono manifestate chiaramente all’indomani della decisione di Mohamed

Abdullahi Mohamed di respingere l’offerta saudita e sostenere il Qatar. La scelta di Mogadiscio,

infatti, ha provocato accese reazioni tra le élite degli stati regionali che intrattengono relazioni

preferenziali con Abu Dhabi. L’ex presidente del Puntland ed ex candidato alla presidenza federale,

Abdirahman Farole, non ha esitato a intervenire pubblicamente per denunciare l’errore strategico

della presidenza federale e chiedere la piena adesione alla causa saudita. La posizione di Farole

era speculare a quella di un altro importante esponente della politica del Puntland, il senatore e capo

del comitato Affari Esteri e Investimenti del Senato Abdirazaq Osman Hasan, detto “Jurile”. Secondo

quest’ultimo, gli interessi della Somalia sarebbero inestricabilmente legati a quella di Riad e Abu

Dhabi, dato il peso del mercato saudita per le esportazioni di bestiame e l’importanza degli aiuti degli

EAU per l’economia nazionale12. La posizione dei due parlamentari è stata ripresa da alcune

emittenti web puntine che non hanno esitato a riportare, tra i titoli di testa, i sospetti legami tra Doha

e i gruppi terroristi d’orientamento islamista operanti in Somalia13.

A fronte della freddezza del governo federale all’ipotesi di tagliare i rapporti con il Qatar, gli

EAU hanno intrapreso un’attiva politica di corteggiamento delle élite regionali. Il 12 Giugno, il

presidente dello stato regionale di South West Hassan Sheikh Adan è stato segnalato in visita

ufficiale ad Abu Dhabi, ufficialmente allo scopo di discutere con DP World sul progetto di costruzione

di un altro scalo merci DP World nella cittadina costiera di Barawe, circa 200 chilometri a sud di

Mogadiscio. Agli inizi di Luglio, una delegazione emiratina si è poi recata in Somaliland per mettere

la firma definitiva sul progetto DP World-Berbera e la relativa base militare.14 Anche per il porto di

Barawe valgono le osservazioni fatte in precedenza sul nesso causale tra investimenti diretti esteri

di DP World e riconfigurazione dei rapporti centro-periferia all’interno dello spazio somalo.

9 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 25. 10 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 25. 11 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 25. 12 http://somaliamediamonitoring.org/june-13-2017-morning-headlines/ 13 http://puntlandi.com/former-qatars-intelligence-chief-qatar-has-been-secretly-assisting-militant-islamist-groups-in-

several-countries-in-africa-including-somalia-eritrea-and-egypt/ 14 https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-05-24/u-a-e-may-fly-warplanes-from-somalia-as-it-expands-africa-

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Corno d’Africa e Africa Meridionale

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 12

Pochi giorni dopo la visita di Hassan Sheikh Adan ad Abu Dhabi, un’altra compagnia di sicurezza

privata guidata da Erik Prince – la Frontier Service Group – ha annunciato la firma di un accordo di

collaborazione con lo stato di South-West per la fornitura di servizi logistici e di sicurezza a

protezione della futura Zona di Libero Scambio di Barawe15. Così come nel caso del Puntland, la

leva degli EAU consente all’élite regionale del South West di avere accesso ad aiuti militari in

maniera indipendente da Mogadiscio, sfidando la presunta supremazia del governo federale nella

gestione dei rapporti con l’estero e nell’esercizio della forza armata all’interno dei confini nazionali.

Nonostante le pressioni dell’Egitto, durante il bilaterale di Agosto, il presidente Farmajo non

ha tuttavia abbandonato l’asse privilegiato con il Qatar e la Turchia. L’inaugurazione, il 30 Settembre,

del campo di addestramento militare turco a Mogadiscio, alla presenza del Capo di Stato Maggiore

delle forze armate turche, ha confermato ulteriormente il ruolo privilegiato di Ankara

nell’interlocuzione con il governo federale. Concepita per ospitare in una prima fase 200 addestratori

turchi, l’installazione militare si estende su un’area di 400 ettari e dovrebbe consentire di addestrare

fino a 1500 reclute per volta, con un’attenzione privilegiata alla formazione di ufficiali e sottufficiali.

Il consolidamento dell’asse di politica estera con il Qatar trova un suo riflesso di politica interna

nel tentativo di riconciliazione nazionale portato avanti da Mohamed Abdullahi Mohamed nei

confronti delle fazioni più nazionaliste dell’Al Shabaab. A questo proposito, giova ricordare come

Doha abbia intrattenuto stretti legami con l’opposizione islamista alle istituzioni transitorie sin dal

2006, anno dell’ascesa al potere delle Corti Islamiche. Tra i principali facilitatori dei negoziati per la

formazione del cartello d’opposizione, Alliance for Re-liberation of Somalia (ARS), il Qatar si spese

attivamente per l’allargamento del governo transitorio a figure di spicco dell’insorgenza islamista

come l’allora leader di Hizbul Islam Hassan Dahir Aweys, per poi consolidare gradualmente il

rapporto con il nuovo presidente federale Sheikh Mohamud dopo il 201316. I rapporti tra Doha e

l’opposizione islamista sono tornati utili durante i negoziati tra il governo federale e la fazione Al

Shabaab di Mukhtar Robow, ex portavoce del movimento poi entrato in collisione con l’allora leader

Ahmed “Godane”. Robow è stato prima escluso dalla lista dei ricercati del Dipartimento del Tesoro

degli Stati Uniti dietro pressioni di Mogadiscio, per poi ufficializzare, nell’arco di alcune settimane, la

fine della lotta armata e la decisione di unire le sue forze al dispositivo governativo. La resa di Robow

ha avuto un alto significato simbolico e militare: da un lato, si è trattato dell’operazione di maggior

successo della politica di amnistia voluta da Formaggio; dall’altra, ha segnato un decisivo passo

avanti per le istituzioni governative nella Somalia centrale, dove Robow mantiene una forte aura di

legittimità grazie al suo excursus politico e all’influenza esercitata per il tramite del suo clan, i

Rahanwein.

La dimensione interna della crisi somala

Sul piano interno, la presidenza Farmajo ha dovuto confrontarsi con l’attivismo delle

amministrazioni regionali, le quali hanno sapientemente sfruttato le frizioni tra Mogadiscio, Riad e

Abu Dhabi per espandere le proprie prerogative di politica estera e ottenere accesso indipendente

agli aiuti pubblici e privati dall’estero. Nell’arco di pochi mesi, le amministrazioni del Puntland,

Galmudug e Southwest hanno dichiarato pubblicamente la propria insoddisfazione per la posizione

neutrale del governo federale, allineandosi con EAU e Arabia Saudita alla condanna del Qatar.

15 http://uk.mobile.reuters.com/article/idUKKBN19D1BC; http://www.marketwatch.com/story/contract-win---fsg-selected-

by-south-west-state-of-somalia-free-zone-investment-authority-to-provide-logistics-aviation-and-security-services-2017-06-22

16 Muhamed H. Gaas, Stig J. Hansen, “Qatari Involvement in the Horn of Africa: a King-Maker and a Successful Mediator?”, in: Stig J. Hansen (ed.), Religion, Prestige and Windows of Opportunity? Qatari Peace Making and Foreign Policy Engagement, Noragric Working Paper 48, Ottobre 2013.

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Analisi Strategica del 2017

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 13

Gli unici due stati regionali che non hanno assunto una posizione ostile nei confronti di

Mogadiscio sulla crisi del golfo sono il Jubbaland e l’Hirshebelle. In quest’ultimo caso, però, la

comunità di vedute è stata resa possibile dal cambio di presidenza che ha interessato

l’amministrazione regionale a fine Agosto, non senza una certa simpatia interessata delle istituzioni

federali. La mozione di sfiducia era stata presentata dai membri del parlamento locale dopo che

l’allora presidente in carica, Abdullah Osoble, aveva ufficializzato la propria adesione alla causa di

UAE e Arabia Saudita: una tempistica che mostra come il governo federale abbia adottato, nel corso

della seconda metà del 2017, una politica di intervento diretto nel dibattito interno agli stati regionali,

con lo scopo primario di allontanare lo spettro dell’isolamento politico. A ulteriore sostegno di questa

tesi gioca il fatto che il neo-eletto presidente dell’HirShebelle, Abdi Waare, abbia immediatamente

schierato la sua amministrazione dalla parte del governo centrale all’indomani della sua investitura,

criticando la condotta degli altri stati regionali somali e il loro tentativo di esercitare prerogative di

politica estera di esclusiva spettanza federale17.

Se l’avvicendamento alla presidenza dell’Hirshebelle è stato un parziale successo per il

governo federale, il tentativo di promuovere un’altra transizione presidenziale nel Galmudug si è

invece tradotto in un fallimento. La crisi politica nel Galmudug era iniziata a fine Agosto, quando il

presidente regionale Ahmed Du’alle Haaf, di ritorno da una visita negli EAU, aveva pubblicamente

dichiarato la propria contrarietà alla politica estera di Mogadiscio chiedendone una rivisitazione in

favore del fronte saudita. A stretto giro di posta, Haaf era stato oggetto di una mozione di sfiducia

da parte del parlamento regionale, successivamente certificata dallo stesso presidente dell’alta corte

regionale del Galmudug. Il presidente in carica aveva però rigettato il voto di sfiducia come illegittimo,

dipingendo i parlamentari ribelli come degli strumenti del governo federale per sottomettere il

Galmudug alla volontà di Mogadiscio. Sebbene il timore di violenze generalizzate suscitato

dall’assembramento di milizie claniche nella capitale Adado venisse immediatamente dissipato a

seguito alla mediazione del locale consiglio degli anziani, l’episodio ha tuttavia sancito una netta

rottura tra Galmudug e governo federale. Il 30 Settembre, Haaf annunciava la sospensione di tutti i

voli tra Adado e Mogadiscio, dichiarando lo stato d’emergenza per una durata di tre mesi per

difendersi dalle indebite interferenze del governo federale. Il presidente dell’assemblea regionale e

regista della crisi parlamentare veniva poi esautorato e posto agli arresti domiciliari, mentre il vice-

presidente dell’alta corte regionale confutava la validità della sentenza emessa dal tribunale pochi

giorni prima e denunciava la condotta golpista del suo diretto superiore18. Il 4 Ottobre, l’ufficio di

presidenza del Galmudug emetteva, infine, un comunicato ufficiale in cui accusava il Primo Ministro

Khaire di aver utilizzato soldi pubblici per corrompere alcune fazioni parlamentari e sovvertire il

risultato delle urne, chiedendone la rimozione “prima che il caos e la fine dello stato di diritto annullino

i progressi realizzati dal popolo somalo”19.

I difficili rapporti con le amministrazioni regionali non sono stati l’unico elemento di

preoccupazione per il governo federale. Ad aprire un nuovo fronte d’opposizione alla presidenza

Formaggio è giunto, alla fine di Agosto, l’arresto di Sheikh Muse, esponente di alto profilo di

quell’Ogaden National Liberation Front (ONLF) che da due decenni conduce una ribellione armata

contro Addis Abeba per la secessione dello Stato Regionale Somalo dalla Repubblica Federale

d’Etiopia. Muse era stato tratto in stato d’arresto dalle forze armate somale nella città di Galkayo per

poi essere consegnato al governo etiopico20. La notizia della sua estradizione aveva provocato un

terremoto politico in Somalia: diversi commentatori locali avevano attaccato la decisione come un

attentato alla sovranità del Paese, con l’aggravante che il destinatario del provvedimento fosse un

17 https://www.modernghana.com/news/804898/newly-elected-hirshabelle-president-backs-federal-government.html 18 http://goobjoog.com/english/high-court-judges-in-galmudug-distance-themselves-from-tuesday-verdict/ 19 http://ceelhuur.com/galmudug-statement-attempts-destabilize-institutions/ 20 http://abcnews.go.com/amp/International/wireStory/ethiopia-somalia-helped-rebel-leaders-surrender-49567298

Page 14: Analisi Strategica del 2017 Corno d’Africa...Corno d’Africa e Africa Meridionale Luca Puddu Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 7 Nell’anno 2017, la regione del

Corno d’Africa e Africa Meridionale

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 14

membro di spicco di un’organizzazione indirettamente legata a quel nazionalismo somalo di cui

Farmajo si era dichiarato, seppur non in maniera esplicita, l’erede politico21. Il governo federale

aveva cercato di giustificare l’estradizione di Abdikarim Sheikh Muse come la naturale applicazione

di un accordo bilaterale siglato tra Etiopia e Somalia nel Giugno 2015 e riaffermato nel Maggio 2016,

in base al quale i due Paesi riconoscevano la natura terroristica dell’ONLF e dell’Al Shabaab e si

impegnavano a consegnarne i componenti alla controparte in caso di cattura. Il comunicato

precisava inoltre come Sheikh Muse non fosse soltanto un membro di spicco dell’ONLF, ma avesse

legami diretti con lo stesso Al Shabaab, ponendosi dunque come una minaccia diretta agli interessi

della Somalia22. Le dichiarazioni dell’ufficio stampa del governo federale non erano però bastate a

disinnescare la polemica: tra i critici del governo era spiccato lo stesso ex presidente dello stato

regionale del Galmudug, Husein Guled, firmatario dell’accordo quadro del Maggio 2016 tra il governo

etiopico e l’amministrazione del Galmudug per la repressione di movimenti armati operanti lungo la

frontiera comune23.

Le rimostranze dell’elettorato nazionalista contro la consegna di Sheikh Muse sono

rapidamente andate a intrecciarsi con il malcontento di alcuni interessi costituiti particolarmente

influenti nella capitale, i quali avevano mal digerito le scelte di FFarmajo in tema di composizione

della squadra di governo all’indomani della sua elezione. La scelta di Khaire come Primo Ministro

era stata criticata in particolare dal potente clan degli Hawyie Habr Gedir, il cui sostegno era stato

decisivo per consentire a Farmajo di vincere il ballottaggio contro il presidente uscente Sheikh

Mohamud (Hawyie Abgal). In cambio del sostegno, gli Habr Gedir si aspettavano di essere

ricompensati con l’assegnazione dell’incarico di Primo Ministro, ma queste aspettative erano state

disattese dalla nomina di Khaire. Le tensioni nella capitale hanno gradualmente posto le basi per

l’ulteriore frammentazione della catena di comando delle forze armate somale, mettendo in luce

ancora una volta la natura essenzialmente clanica della coalizione di forze che serve ufficialmente

nelle fila dell’esercito federale24. Già nella prima metà del 2017 si erano registrati ripetuti casi di

proteste e posti di blocco nelle strade della capitale da parte di singoli contingenti delle SNA che

chiedevano la liquidazione degli stipendi dovuti, nonché scontri tra unità dell’esercito che si

contendevano il diritto di pedaggio sugli aiuti umanitari nei pressi di Baidoa. Nel corso degli ultimi

quattro mesi del 2017 la situazione si è ulteriormente deteriorata, ribadendo una volta di più l’urgenza

di una profonda riforma dell’apparato militare e di polizia.

La battaglia ingaggiata dalle forze di polizia e della National Intelligence and Security Agency

(NISA) contro una brigata della Somali National Army alla periferia settentrionale di Mogadiscio, nel

mese di Settembre, ben rivela la frammentarietà di quello che ufficialmente dovrebbe essere

l’apparato di sicurezza federale. Gli scontri tra NIA ed esercito, infatti, celavano la battaglia sotto

traccia tra Hawiye Abgal e Hawyie Habr Gedir per il controllo di alcuni sobborghi della capitale,

nonostante le giustificazioni ufficiali che addebitavano gli incidenti a meri equivoci nella catena di

comunicazioni radio25.

Il governo federale sta tentando di frenare questa deriva e affermare un controllo più efficace

sulle varie unità sotto la sua autorità nominale, ma con scarsa efficacia. Già a settembre, il presidente

Farmajo aveva disposto la sospensione del capo della polizia nel distretto di Hamarwyne, teatro di

un attentato omicida dell’Al Shabaab contro il segretario generale della Somali National Women

Organization con l’apparente complicità delle forze di polizia ivi presenti, per poi rimuovere il capo

dell’intelligence per la regione del Benadir e avallare il licenziamento di circa 1500 unità della NISA.

21 http://www.horndiplomat.com/2017/09/26/farmajos-betrayal-of-the-somali-people/ 22 http://www.mfa.gov.et/web/guest/-/a-week-in-the-horn-08-09-2017- 23 http://www.horndiplomat.com/2017/09/07/somalia-onlf-member-transferred-to-ethiopia-was-terrorist-regional-threat/ 24 Colin Robinson, “Revisiting the rise and fall of the Somali armed forces”, Defense and Security Analysis, 32, 3, 2016.

25 http://www.arabnews.com/node/1162321/world

Page 15: Analisi Strategica del 2017 Corno d’Africa...Corno d’Africa e Africa Meridionale Luca Puddu Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 7 Nell’anno 2017, la regione del

Analisi Strategica del 2017

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 15

All’indomani dell’attentato del 28 Ottobre in cui aveva perso la vita il Ministro dell’Interno

dell’amministrazione regionale del Southwest, il governo aveva disposto la rimozione del direttore

nazionale della NISA, le cui divise erano state utilizzate dal commando Al Shabaab per entrare

indisturbati nell’albergo dove si era consumata la sparatoria.26 Va tuttavia sottolineato come la

rivoluzione della catena di comando non sia stata dettata solo da iniziative dall’alto: pochi giorni

prima dell’attentato esplosivo del 14 Ottobre nel centro di Mogadiscio – uno dei più sanguinosi nella

storia della guerra civile somala – avevano rassegnato le dimissioni in polemica con l’estradizione

di Sheikh Muse il Capo di Stato Maggiore e il Ministro della Difesa.

L’ondata di licenziamenti e nuove nomine ai vertici delle forze di sicurezza federali non ha

finora prodotto i risultati sperati, ma ha piuttosto aggravato lo stato di anarchia all’interno

dell’apparato militare. Quanto accaduto a Dicembre a seguito alle accuse di tradimento lanciate dal

procuratore generale di Mogadiscio contro l’ex ministro e candidato presidenziale Abdirahman

Abdishakur è una perfetta fotografia della confusione nella catena di comando. Membro del clan

Hawyie Habr Gedir Ayr, in rotta con la presidenza federale. Abdishakur è stato arrestato il 18

Dicembre dopo uno scontro a fuoco tra unità dell’esercito e le sue guardie del corpo, per poi essere

rilasciato a seguito di pressioni dell’establishment somalo. Le ragioni dell’arresto vanno cercate nel

presunto tentativo di colpo di stato che questi stava pianificando in collaborazione con emissari di

non meglio identificate potenze straniere, presumibilmente gli EAU.27 Se il governo federale ha

immediatamente dichiarato la propria responsabilità per l’arresto di Abdishakur, non è invece chiara

la dinamica della vicenda che ha interessato l’ex capo della polizia e attuale senatore Hassan Awale

Qaybdiid, la cui residenza è stata attaccata pochi giorni dopo da uomini dell’esercito somalo. In

questo caso, la paternità dell’operazione è stata smentita a stretto giro di posta dal nuovo Capo di

Stato Maggiore dell’esercito, il quale ha accusato i soldati di insubordinazione e ne ha disposto

l’arresto, sottolineando come questi fossero stati addestrati nella base militare degli EAU a

Mogadiscio. La precisazione sulla nazionalità degli addestratori e la vicinanza temporale con

l’arresto di Abdishakur ha fatto propendere più di un osservatore per un collegamento tra i due

episodi e le manovre degli EAU contro l’attuale esecutivo somalo. Proprio a fine Dicembre, infatti, si

riunivano a Dubai alcuni parlamentari ed esponenti delle autorità regionali per discutere una

possibile mozione di sfiducia contro il governo28. Non a caso, il parlamento somalo ha

immediatamente disposto una commissione d’inchiesta per indagare su quest’ultimo episodio,

mentre il consiglio degli Imam somali ha invitato le varie parti in causa a “preservare il Paese da ogni

interferenza esterna e tutelarne la sovranità”.29

Analisi, valutazioni e previsioni

La costruzione di basi militari e snodi commerciali in territorio somalo ha sancito

l’incorporazione dell’ex colonia italiana nella sfera d’influenza della penisola arabica, proiettando a

Sud le frizioni tra Arabia Saudita, EAU e Qatar. Questo riassestamento ha avuto conseguenze sul

processo di pace in Somalia. I risultati raggiunti tra il 2012 e il 2016 in tema di contenimento della

minaccia dell’Al Shabaab e creazione di un fronte governativo coeso sono stati frustrati dall’insorgere

di inedite tensioni tra governo federale e amministrazioni regionali, con le seconde sempre più

proiettate verso lo status di entità semi-statuali e il primo relegato al ruolo di mero amministratore di

Mogadiscio senza le prerogative tipiche di uno stato sovrano.

26 Militants who killed 23 at Mogadishu hotel used intelligence service ID cards, The Guardian, 29 Ottobre 2017. 27 https://www.ummaddamedia.com/somali-uae-trained-security-forces-raid-the-residence-of-senator-abdi-qaybdiid/ 28 Raid on Senator’s home reveals divisions in Somali security forces, 30 December 2017, Reuters;

http://hornobserver.com/articles/710/Somalia-UAE-Trained-Militias-Raid-Lawmakers-Home-in-Mogadishu-Opposition-Conference-underway-in-Dubai

29 http://radiodalsan.com/en/somali-clerics-issue-statement-on-political-situation-in-the-country/

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Corno d’Africa e Africa Meridionale

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 16

L’impatto della crisi del Golfo sulla Somalia dimostra, inoltre, come la politica di potenza di Arabia

Saudita e EAU nella regione risponda prima di tutto al soddisfacimento dei rispettivi interessi

nazionali, piuttosto che al generico obiettivo di ricomposizione del teatro somalo e stabilizzazione

dell’area.

I rovesci che hanno contraddistinto il settore della sicurezza nel corso degli ultimi tre mesi del

2017 certificano come il governo federale sia lungi dal poter contare su un dispositivo di sicurezza

affidabile. La riforma della sicurezza annunciata alla Conferenza di Londra e formalmente in corso

di definizione stenta a produrre effetti concreti, con esercito e polizia che ancora assomigliano a una

coalizione eterogenea di milizie claniche piuttosto che a un’autentica forza armata nazionale. Finora,

la pochezza dell’apparato militare somalo è stata coperta dalla presenza di AMISOM, a cui si deve

la quasi totalità dei progressi compiuti nell’ambito della guerra all’Al Shabaab. L’inizio delle

operazioni di ritiro delle truppe dell’Unione Africana, la cui evacuazione definitiva è prevista per il

2020, apre però seri interrogativi sul futuro del Paese e la sostenibilità della situazione attuale.

Il presidente Farmajo ha finora cercato di aumentare la base imponibile per ridurre la dipendenza

dai donatori esteri e garantire la regolarità nel pagamento degli stipendi, senza conseguire risultati

immediati. Il sanguinoso attentato del 14 Ottobre – in cui persero la vita centinaia di persone, a

seguito dell’esplosione di due camion bomba nel centro di Mogadiscio – ha d’altronde messo in luce

come l’Al Shabaab non sia l’unica minaccia alle istituzioni federali. L’emergere di nuove linee di

violenza che sfidano la tradizionale dicotomia governo-ribellione islamista rischia di complicare

ulteriormente il quadro somalo e riportare le lancette del conflitto somalo indietro al periodo pre-

2006, quando il centro-sud della Somalia era teatro di un conflitto senza quartiere tra signori della

guerra pronti a fare e disfare alleanze secondo una logica scevra da substrati ideologici, ma piuttosto

dettata dalle contingenze e opportunità del momento.

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Year 2017, Strategic Analysis

Horn of Africaand

Southern Africa

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Year 2017, Strategic Analysis

Horn Africa and Southern Africa

DISCLAIMER

The opinions expressed in this volume are of the Authors; they do not reflect the official

opinion of the Italian Ministry of Defence or of the Organizations to which the Authors

belong.

NOTES

The articles are written using open source informations.

Osservatorio Strategico 2017

This book has been edited by Centro Militare di Studi Strategici

Director

Rear-Admiral Maurizio Ertreo

Deputy Director

Col. A.F. Marco Francesco D’Asta

Chief International Relations Department

Graphic and layout

Massimo Bilotta - Roberto Bagnato

Author

Luca Puddu

Printed by Typography of the Center for Advanced Defence Studies

Military Center for Strategic Studies

International Relations Department

Palazzo Salviati

Piazza della Rovere, 83 - 00165 – ROME - ITALY

tel. 00 39 06 4691 3204 fax 00 39 06 6879779

e-mail [email protected]

Closed December 2017 – Printed February 2018

ISBN 978-88-99468-72-9

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Horn of Africa and Southern Africa Luca Puddu

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 19

In the year 2017, the Horn of Africa region has been crossed by in-depth political tensions.

The permanent instability of the Somali theatre was paralleled by the protests that crossed Ethiopia,

where the state of emergency declared in October 2016 remained in force for most of the year to

contain the demonstrations in the Oromia and Amhara regions. In Kenya, the cancellation of the

election that saw the victory of President Uhuru Kenyatta did not quell down the protest of the

opposition, reunited under the umbrella of the National Super Alliance led by Raila Odinga.

The dissatisfaction of the latter for the failure to reform the electoral commission and the absence of

credible measures to ensure a smooth electoral process led the opposition to refuse the second

round, leaving Kenyatta alone in the race for the presidency. Eritrea was not free from internal

tensions too, despite the hyper -securitarian character of the regime and its fine-grained control on

the domestic society. Eritrean has been able to put an end to its diplomatic isolation by entering into

an alliance with Saudi Arabia in the war in Yemen and leasing the Assab military base to the United

Arab Emirates (UAE), but this choice was not painless. The growing influence of the two Arab

countries has resulted in frictions between the government, largely expression of the Christian

highland elite, and part of the Muslim community: a dissent that emerged clearly at the end of 2017,

when some students from local Islamic schools took the streets of the capital before being

dispersed by the security forces.

A Great Middle East?

If the analysis is restricted to the Horn of Africa in the strictest sense - encompassing Ethiopia,

Eritrea, Somalia and Djibouti - the year 2017 seems to have certified the gradual incorporation of

the region within the geopolitical sphere of influence of the Arabian Peninsula. In other words, the

Horn of Africa is today forming a sort of southern stretch of the Greater Middle East. The diplomatic

crisis between the Saudi-led front and the Qatari monarchy was in many ways the litmus test of this

process. In the aftermath of the embargo decreed by Saudi Arabia and the UAE, in fact, the two Gulf

monarchies have asked their Arab and African partners to take a position of condemnation against

Doha. The reaction of the countries of the Horn of Africa was in many ways a function of the

diplomatic and financial projection of Riad and Abu Dhabi in the region: Eritrea, Djibouti and the

separatist republic of Somaliland took sides with the two Gulf powers, while Ethiopia and Somalia

maintained a more equidistant position and embraced Kuwait's mediation efforts.

This division reflects the map of military cooperation agreements stipulated by Saudi Arabia

and the UAE over the last few months: Eritrea has hosted since 2015 a military base of the UAE

in Assab ; Djibouti is in an advanced stage of negotiations with Riyadh to host a new Saudi military

installation on its territory; Somaliland has recently finalized an agreement for construction of another

military base in Berbera, where the armed forces of the UAE will have exclusive access to airport

facilities.

The posture of Ethiopia was in turn a consequence of the activism of the two Arab countries in

the region. In principle, Addis Ababa was one of the main candidates to embrace the line of Riad

and Abu Dhabi against Qatar and its television industry. In 2008, the Ethiopian government broke

off relations with Doha because of the alleged links between the Emirate and some radical Somali

Islamist factions, as well as the broad media coverage given by Al Jazeera to the insurgency in the

Somali-inhabited Somali Regional State. In the last two years, however, the geometry of regional

alignments has profoundly changed.

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Horn of Africa and Southern Africa

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 20

The Ethiopian government has received with irritation the decision of the UAE and Saudi Arabia to

provide financial assistance to Asmara in return for renting the base of Assab, thereby sanctioning

the end of the state of isolation Eritrea was subject to following the sanctions of the Security

Council. The tensions with Abu Dhabi increased in May with the signing of the military concession

in Berbera: the base, in fact, is perceived in some Ethiopian environments as a possible entry point

for hostile forces, first of all Egypt, which is at odds with Addis Ababa on the Nile issue.

However, it is in Somalia that the absorption of the Horn of Africa in the sphere of influence of

the Great Middle East has assumed the most evident contours. The diplomatic crisis between Saudi

Arabia and Qatar has had the most profound repercussions here, thanks to the fragmentation of the

Somali political fabric and the ease with which alternative forces to the federal government have

been able to fit into the intra-Arab dispute. It is precisely on Somalia and the difficulties of the

presidency of Mohamed Abdullahi Mohamed, called " Farmajo ", that this monograph for the year

2017 is dedicated.

Somalia

The 2017 in Somalia began with the inauguration of the federal presidency

of Mohamed Abdullahi Mohamed, also known as "Farmajo ", elected after a long head-to-head with

the outgoing president Sheikh Mohamud. The election had been met with great expectations in

Mogadishu, where Farmajo was known as a man far from Somali clan politics. The composition of

the government team of Abdullahi Mohamed had confirmed the distance of the latter from the

spoil system based on clan affiliation. The Prime Minister, Khaire, for instance, was chosen for his

professional background in the oil industry and his contacts with the business networks in the Anglo-

Somali diaspora, albeit he belonged to a sub-clan of the Hawyie clan family, the Hawyie Murursade,

with little influence in Mogadishu.

The nationalist rhetoric shown by Farmajo in the electoral campaign had fuelled the

enthusiasm of pan-Somali circles, which saw in the new presidency the mirage of the return to a

strong unitary state. As further evidence of the desire to overcome the divisions that affect Somali

politics, Farmajo announced his intention to fight a war without quarter against Al Shabaab, but at

the same time to be ready to grant amnesty to those rebels who agreed to lay down their arms.

At first, this rhetoric created resentment among neighbouring countries, Ethiopia and Kenya in the

first place, who did not hesitate – especially Addis Ababa – to support the race for the reconfirmation

of Sheikh Mohamud. The reasons for this caution were various. In the Ethiopian perspective, the call

of Farmajo to the Somali nationalist sentiment to overcome clan divisions raised fears about the

return of a possible political axis between Mogadishu and the rebel armed movement of

the Ogaden National Liberation Front (ONLF), in favour of the secession of the Somali

Regional State (SRS) from the Federal Republic of Ethiopia. On the Kenyan side, the choice

of Khaire as Prime Minister and the proximity of Farmajo to the nationalists instilled fears over a

possible stiffening of Mogadishu on the dispute concerning the demarcation of the continental shelf

between the two countries.

Despite these premises, the “Farmajo” presidency was able to create a climate of collaboration

with neighbouring countries after its inception. However, regional detente did not preserve the

federal government from a series of reversals of an internal and international nature as well.

The international dimension of the Somali crisis

As much as Ethiopia, Somalia has also avoid to take part to the anti- Qatari diplomatic

offensive, refusing a Saudi offer of 80 million dollars - corresponding to almost 80% of the federal

budget - in exchange for the conviction of Doha. In the days following the beginning of the intra-Arab

dispute, the Somali government further defined its diplomatic position by offering the availability of

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Year 2017, Strategic Analysis

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 21

its airspace to the aircrafts of Qatar Airways and thus allowing the company to bypass the embargo

imposed by neighbouring countries. The choice of Mogadishu was partly the result of the strong

relationship between the Somali federal government, Qatar and Turkey. The Turkish government

has made large investments in the reconstruction of Mogadishu so far: first of all, with the

modernization of the port and the airport, now managed by Turkish companies. The privileged

relationship between Ankara and the federal institutions was confirmed by the visit of President

Mohamed Abhullahi Mohamed to Ankara in April 2017 and the opening of a Turkish military base in

Mogadishu, where a contingent of about 300 soldiers will provide training to the Somali armed

forces1. The same is valid for the Emir of Qatar, one of the main sponsors of the 2017 election

campaign by Mohamed Abdullahi Mohamed. The friendship between the current Somali

government and Doha was reiterated at the beginning of June with the appointment of the former

Al Jazeera journalist Fahad Yasin as head of the presidential staff.

On the other hand, the federal government developed tense relations with the UAE. Frictions

were initially fuelled by the support of Abu Dhabi to the other main candidate for the presidential

chair, former President Sheikh Mohamud. Moreover, in March a diplomatic crisis erupted between

the two countries following the announcement of the agreement between the Emirates and the

separatist republic of Somaliland for the construction of a military base in Berbera, the port city

claimed by Mogadishu as an integral part of its national territory.

The policy followed by the UAE and the firm DP World in Somalia over the last twenty-

four months has in fact turned Abu Dhabi into a nemesis of the nationalist project of the

Farmajo presidency. While Turkey's aid policy focused mainly on Mogadishu, the Emirates instead

installed preferential relations with the various Somali regional administrations. The case

of Somaliland is only part of a broader strategy: in Puntland, Abu Dhabi has financed since 2012 the

budget of the Puntland Intelligence Agency (PIA), an armed unit reporting directly to the regional

presidency. In addition, the UAE has also provided equipment and training to the Puntland Maritime

Service (PMS), a coast guard corps stationed in Bosaso, through the private military company

Sterling Corporate Service led by Erik Prince2. This last choice was not accidental: the port city in

north-eastern Somalia was selected as the site of another DP World freight terminal, following an

agreement that once again bypassed Mogadishu.

In the case of Somaliland as well as Puntland, it is difficult to draw a clear line of separation

between the political and economic dimension of these agreements. If, in the case of Puntland, the

support to PIA and PMS facilitated the obtainment of the DP World concession in Bosaso, the

hypothesis of a thirty-year rent of the Berbera military base would not have been possible without

the parallel commitment of the UAE company to build a new port and undertake an ambitious

infrastructural development program in the surrounding area. These conclusions were confirmed by

the same Minister for Foreign Affairs of Somaliland, Saad Ali Shire, initially opposed to the

construction of the military base for fear of the diplomatic repercussions on the relationship with

Ethiopia. Shire has recently motivated his change of mind in light of the economic impact of the

investment of DP World on Berbera3.

The tensions between Mogadishu, Riad and Abu Dhabi have been all the more destabilizing

due to the weight of the two Arab countries in the hierarchy of the donors of the federal government.

1 https://www.dailysabah.com/diplomacy/2017/05/25/turkish-ambassador-to-somalia-olgan-bekar-turkey-helping-build-

state-military-infrastructure-from-scratch 2 http://www.nytimes.com/2012/10/05/world/africa/private-army-leaves-troubled-legacy-in-

somalia.html?mtrref=undefined 3 https://www.alaraby.co.uk/english/news/2017/5/30/uae-base-in-somaliland-soon-to-launch-military-

operations ; https://www.africaintelligence.com/ION/power-brokers/2017/02/10/saad-ali-shire-the-minister-who-opposes-the-uae-base,108211338-ART

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Horn of Africa and Southern Africa

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 22

In the field of non-military aid, the Gulf monarchies occupy an important place, albeit not a

fundamental one.Although Saudi Arabia confirmed its support to the federal government with a

donation of $ 50 million in October 2017, the persistence of divergent foreign policy perspectives

could create more than a problem for the federal budget in 2018, since Riad remains one of the main

donors in terms of direct budget contributions4. A similar argument applies to the UAE. According to

estimates of the Ministry of Foreign Affairs in Abu Dhabi, confirmed by the Somali counterpart, the

Arab monarchy provided about $ 45 million of non-military aid through public and private channels

only in 2015, before moving their financial efforts from Mogadishu to the regional government

level5 . On the other hand, Mogadishu may rely on the growth of Turkey and Qatar’s financial

exposure. Ankara is, together with Riyadh and the World Bank, the first partner for direct

contributions to the federal budget. Emir Al Thani, for his part, has declared the intention

to increase his financial support to the federal institutions on a meeting with the Somali president in

late May6.

Rather, it is in the security sector that the Gulf crisis has had the most concrete consequences.

To date, although almost all public spending is absorbed by the maintenance of the army, while the

budget of the Somali armed forces remains to a large extent dependent on the financial assistance

of international donors that integrate the salary of the military through a parallel payment

system7. The United States, the European Union and the United Kingdom provide the salaries of

about 13,000 soldiers and 8,000 members of the police force, while the UAE pay the salary of

about 10,000 soldiers located in the Galmudug and Middle Shebelle regions8. The federal

government, by contrast, is unable to meet its financial commitments: in 2015, arrears due to public

officials and armed forces still amounted to 65 million dollars, or more than 50% of the total federal

budget9. This deficit is the result of the gap between spending and capacity to mobilize internal

resources: the federal government's public spending has increased from 35 million dollars in 2012

to 135 million in 2015, but this growth must be seen in comparison with meagre revenues of only

114 million dollars10. Such difference can be explained in light of the extreme difficulty of collecting

taxes from domestic activities. In 2015, import-export tariffs accounted for 62% of total revenue,

while revenues from the port and Mogadishu airport rentals at the Turkish dealers covered another

28% of the final balance. The income tax amounts, however, to a ridiculous 1.5%11. In a situation of

almost total dependence on the international economic system, taking control of the infrastructural

hubs that channel import export trade with foreign countries is the number one priority of the federal

government. For this reason, the decision of the UAE to incentivize alternative Free Trade Areas in

the regional states through independent agreements with the individual administrations is not

perceived only as an abstract challenge to the sovereignty of the central government, but as a hostile

act against the federal institutions.

4 Aid Coordination Unit, Aid Flows in Somalia: Analysis of Aid Flows Data, Office of the Prime Minister Federal

Republic of Somalia, April 2017. 5 United Arab Emirates, Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, UAE Foreign Aid 2015, Abu Dhabi,

2016, p. 140. Available at: https://www.mofa.gov.ae/SiteCollectionDocuments/UAEFAR/E2015.pdf 6 Emir Directs Aid Plane to Somalia, October 18 , 2017, Gulf-times.com. 7 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 98. 8 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 101. 9 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 25. 10 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure

Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 25. 11 United Nations Assistance Mission in Somalia and the World Bank, Somalia Security and Justice Public Expenditure Review, Report No. AUS 8353, January 2017, p. 25.

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Year 2017, Strategic Analysis

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 23

The tensions between the federal government and regional administrations with respect to the

management of financial flows from the UAE became clear in the aftermath of Mohamed Abdullahi

Mohamed's decision to reject the Saudi offer and support Qatar. The choice of Mogadishu, in fact,

has provoked heated reactions among the elites of the regional states that entertain preferential

relations with Abu Dhabi. The former president of Puntland and former candidate for the federal

presidency, Abdirahman Farole, did not hesitate to intervene publicly to denounce the strategic error

of the federal presidency and demand full alignment to the Saudi. Farole's position was mirrored by

that of another important member of the Puntland political scene, the senator and head of the

Senate’s Foreign Affairs and Investment Committee Abdirazaq Osman Hasan, called "Jurile ".

According to Jurile, the interests of Somalia would be inextricably linked to those of Riad and Abu

Dhabi, given the weight of the Saudi market for livestock exports and the importance of the UAE aid

for the national economy12.

Faced with the coldness of the federal government to cut off relations with Qatar, the UAE has

attempted to win the allegiance of regional elites. On June 12, the president of the regional state of

South West Hassan Sheikh Adan has been reported or on an official visit to Abu Dhabi, officially for

the purpose of discussing another DP World freight yard project in the coastal town of Barawe ,

about 200 kilometers south of Mogadishu. At the beginning of July, a delegation from the UAE went

to Somaliland to put the definitive signature on the DP World- Berbera project and military

base13. The observations made previously on the causal link between DP World's foreign direct

investment and the reconfiguration of center-periphery relations within the Somali space

are also valid for the port of Barawe. A few days after Hassan Sheikh Adan’s visit to Abu

Dhabi, another private security company led by Erik Prince – the Frontier Service Group –

announced the signing of an agreement with the state of South-West for the provision of logistic and

security services to protect the future Free Trade Zone in Barawe14. As in the case of Puntland , the

support of the UAE allows the regional elite of the South West to have access to military aid

independently from Mogadishu, defying the alleged supremacy of the federal government in the

management of relations with foreign countries and in the exercise of military force within the national

territory.

President Farmajo did not abandon the privileged axis with Qatar and Turkey, however.

The inauguration, on 30 September, of the Turkish military training facility in Mogadishu at the

presence of the Chief of Staff of the Turkish Armed Forces further confirmed the privileged role of

Ankara in the interlocution with the federal government. Conceived to host 200 Turkish trainers in a

first phase, the military installation covers an area of 400 hectares and should allow the training of

up to 1500 recruits at a time, with special attention to the training of non-commissioned officers.

The consolidation of the foreign policy axis with Qatar can be better understood in light of the

course of domestic politics undertaken by Mohamed Abdullahi Mohamed towards the most

nationalist factions of Al Shabaab. In this regard, it is worth recalling how Doha has maintained close

ties with the Islamist opposition to the transitional institutions since 2006, the year of the rise to power

of the Islamic Courts. Among the main facilitators of the negotiations for the formation of the

opposition cartel “Alliance for Re- liberation of Somalia (ARS)”, Qatar has been actively involved in

the enlargement of the transitional government to prominent figures of the Islamist insurgency such

12 http://somaliamediamonitoring.org/june-13-2017-morning-headlines/ 13 https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-05-24/uae-may-fly-warplanes-from-somalia-as-it-expands-africa-

reach 14 http://uk.mobile.reuters.com/article/idUKKBN19D1BC ; http://www.marketwatch.com/story/contract-win---fsg-

selected-by-south-west-state-of-somalia-free-zone-investment-authority-to-provide-logistics-aviation- and-security-services-06/22/2017

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Horn of Africa and Southern Africa

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 24

as the then leader of Hizbul Islam Hassan Dahir Aweys, and then gradually consolidated the

relationship with the new federal president Sheikh Mohamud after 201315.

The preferential relationship between Doha and the Islamist opposition proved to be a useful

asset in the hands of the federal government during the negotiations with the Al Shabaab faction of

Mukhtar Robow, former spokesman of the movement. Robow was first excluded from the US

Treasury Department's terrorist list under pressure from Mogadishu, and then announced the end of

the armed struggle. Robow's surrender had a high symbolic and military significance: on the one

hand, it was one of the most successful results of the amnesty policy undertaken by Farmajo; on the

other, it marked a decisive step forward for government institutions in central Somalia,

where Robow maintains a strong aura of legitimacy thanks to his political excursus and the influence

exerted through his clan, the Rahanwein.

The internal dimension of the Somali crisis

On the domestic scene, the Farmajo presidency had to deal with the pro-active policy of

regional administrations, which have wisely exploited the frictions between Mogadishu, Riad and

Abu Dhabi to expand their foreign policy prerogatives and gain independent access to public and

private financial flows from abroad. Within a few months, the administrations of Puntland, Galmudug

and Southwest have publicly declared their dissatisfaction with the neutral position of the federal

government, aligning with the UAE and Saudi Arabia to the condemnation of Qatar.

The only two regional states that have not taken a hostile stance towards Mogadishu on the

Gulf crisis are those of Jubbaland and Hirshebelle. In the latter case, however, the community of

views was made possible by the change of presidency that affected the regional administration at

the end of August, when a no-confidence motion against the then incumbent President,

Abdullah Osoble, was approved by the Parliament after Osoble had formalized his adherence to the

cause of UAE and Saudi Arabia. The timetable shows how the federal government was not alien to

the process, but has instead adopted a policy of direct intervention in the internal affairs of the

regional states with the purpose of avoiding political isolation. In fact, the newly elected president

of HirShebelle, Abdi Waare, immediately announced his support to the central government’s foreign

policy, reaffirming Mogadishu’s primary responsibility in managing the diplomatic relations of

Somali16.

The attempt to promote another presidential transition in the Galmudug region did not

succeed, however. After the regional president Ahmed Du'alle Haaf, on return from a visit to the

UAE, publicly declared his opposition to the foreign policy of Mogadishu, he faced a no-confidence

motion of the regional parliament, but rejected it accusing local deputies of being puppets of the

federal government. The incident sanctioned the beginning of a “Cold War” between Galmudug and

the federal government, with President Haaf who decided to suspend all flights between Adado and

Mogadishu and declare the state of emergency for a period of three months. The proponents of the

no-confidence vote were ousted out of the parliament and placed under house arrest, while the Vice-

President of the High Regional Court reversed the pronunciation against the President released by

the court a few days earlier17. On October 4th, the Galmudug administration finally issued an official

statement that accused the Prime Minister Khaire of using public money to bribe some parliamentary

15 Muhamed H. Gaas , Stig J. Hansen, "Qatari Involvement in the Horn of Africa: at King-Maker and Successful

Mediator?", In: Stig J. Hansen (ed.), Religion, Prestige and Windows of Opportunity? Qatari Peace Making and Foreign Policy Engagement , Noragric Working Paper 48, October 2013.

16 https://www.modernghana.com/news/804898/newly-elected-hirshabelle-president-backs-federal-government.html 17 http://goobjoog.com/english/high-court-judges-in-galmudug-distance-themselves-from-tuesday-verdict/

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Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 25

members and subvert the results of regional polls, asking for his removal "before the chaos and the

end of the rule of law cancel the progress made by the Somali people"18.

The tense relations with regional administrations have not been the only element of concern

for the federal government. Another major problem emerged at the end of August with the arrest

of Sheikh Muse, a high-profile member of the armed movement Ogaden National Liberation Front

(ONLF) that has waged a two-decades long rebellion against Addis Ababa for secession of the

Ogaden region from Ethiopia. Muse was arrested by the Somali armed forces in the city

of Galkayo before being handed over to the Ethiopian government19. The news of his extradition

caused a political earthquake in Somalia: several local commentators attacked the decision as an

open challenge to the sovereignty of the country, with the aggravating circumstance that the recipient

of the disposition was a prominent member of an organization indirectly linked to the universe of

Somali nationalism at large20. The federal government tried to justify the extradition

of Abdikarim Sheikh Muse as the natural application of a bilateral agreement signed between

Ethiopia and Somalia in June 2015 and reaffirmed in May 2016, according to which the two countries

recognized the terrorist nature of the ONLF and Al Shabaab and pledged to deliver their components

to the other party in the event of capture. The communiqué also stated that Sheikh Muse was not

only a prominent member of the ONLF, but had direct ties with Al Shabaab himself, thus posing a

direct threat to the interests of Somalia21. The statement of the federal government's press

office, however, was not enough to defuse the controversy. Among the critics of the government

figured also the former president of the Galmudug regional state, Husein Guled, signatory of the

May 2016 framework agreement between the Ethiopian government and the administration

of Galmudug for the repression of armed movements operating along the Ethiopia-Somalia

international border22.

The grievances of the nationalist electorate against the delivery of Sheikh Muse immediately

intertwined with the discontent of some vested interests particularly influential in the

capital, which were dissatisfied with the Prime Minister’s choice made by Farmajo. The choice

of Khaire had been criticized in particular by the powerful clan of the Hawyie Habr Gedir Ayr, whose

support had been decisive for Farmajo’s victory against the incumbent Sheikh Mohamud (Hawyie

Abgal) and which expected to be rewarded with the assignment of the post of Prime Minister.

Tensions in the capital have gradually laid the foundations for the further fragmentation of the chain

of command of the Somali armed forces, highlighting once again the essentially clan-

based nature of the coalition of forces that officially serves in the ranks of the federal army23. In the

first half of 2017, there were repeated cases of protests and improvised checkpoints in the streets of

the capital by individual contingents of the SNA asking for the payment of salary arrears, as well as

clashes between army units that contended the right of toll on humanitarian aid near Baidoa.

The situation deteriorated further in the last four months of 2017, highlighting the urgency of

the military sector reform. The battle waged by the police forces and the National Intelligence and

Security Agency (NISA) against a brigade of the Somali National Army in the northern suburbs of

Mogadishu in September is paradigmatic of the fragmentary nature of what would officially be

the federal security apparatus . The clashes between the NIA and the army, in fact, concealed the

on-going hidden conflict between Hawiye Abgal and Hawyie Habr Gedir Ayr for control of some

suburbs in the capital24.

18 http://ceelhuur.com/galmudug-statement-attempts-destabilize-institutions/ 19 http://abcnews.go.com/amp/International/wireStory/ethiopia-somalia-helped-rebel-leaders-surrender-49567298 20 http://www.horndiplomat.com/2017/09/26/farmajos-betrayal-of-the-somali-people/ 21 http://www.mfa.gov.et/web/guest/-/a-week-in-the-horn-08-09-2017- 22 http://www.horndiplomat.com/2017/09/07/somalia-onlf-member-transferred-to-ethiopia-was-terrorist-regional-threat/ 23 Colin Robinson, "Revisiting the rise and fall of the Somali armed forces", Defense and Security Analysis , 32, 3, 2016. 24 http://www.arabnews.com/node/1162321/world

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Horn of Africa and Southern Africa

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 26

The federal government is trying to affirm a more effective control over the various units under

its nominal authority, but with little effectiveness. In September, President Farmajo had ordered the

suspension of the police chief in the district of Hamarwyne for the apparent complicity of the police

force in the district with an Al Shabaab unit that assassinated the general secretary of the Somali

National Women Organization. A few weeks later, Farmajo removed the chief of intelligence in

the Benadir region and endorsed the dismissal of about 1500 NISA soldiers. In the aftermath of the

October 28 attack in Mogadishu that killed the Southwest Regional Administration's Ministry of the

Interior, the federal government ordered the removal of the NISA National Director, following news

that the Al Shabaab commando has dressed NISA uniforms before entering undisturbed into the

hotel where the Somali official was based25. Nevertheless, it should be emphasized that the

revolution in chain of command of the security sector was not dictated only by initiatives from above:

just a few days before the explosive attack on October 14 in the centre of Mogadishu - one of the

bloodiest in the history of the Somali civil war – the Chief of Staff and the Minister of Defence had

resigned in protest with the extradition of Sheikh Muse.

These appointments and dismissals have not so far produced any significant results,

but rather aggravated the state of anarchy within the military apparatus. What happened in

December in response to the accusations of treason advanced by the Attorney General of

Mogadishu against the former minister and presidential candidate Abdirahman Abdishakur is a

perfect litmus test of the confusion in the highest chains of command of the armed

forces. Abdishakur – a member of the Hawyie Habr Gedir Ayr clan – was arrested on December 18

after a short exchange of fire between several army units and his bodyguards on the ground of his

alleged attempt to promote a coup against the federal government in collaboration with unidentified

foreign powers, presumably the UAE26. While Abdishakur was released a few days later after

pressure of the Somali establishment, his case was not an exception. A few days later, the former

head of the police and current senator Hassan Awale Qa ybdiid was attacked in his house by

unidentified members of the Somali armed forces. In this case, however, the new Chief of Staff of

the army rejected any responsibility for the operation and accused soldiers of insubordination ,

underlining that the units involved in the attack had been trained in the UAE military base in

Mogadishu. The statement of the Chief of Staff suggests the existence of a hidden conflict within the

army between the proxies of the two major regional powers competing for control of the Somali

space.

In the next months, the situation may deteriorate further. Just at the end of December, in

fact, several parliamentarians and representatives of Somali regional authorities met in Dubai to

discuss a possible no-confidence motion against the federal government27. In parallel, the Somali

parliament ordered a commission of inquiry to investigate this last episode, while the council of

Somali Imams invited the various parties to preserve the country from external interference and

protect its sovereignty28.

Conclusions

The construction of new military bases and commercial hubs by Turkey and the UAE highlights

how Somalia is gradually falling under the sphere of influence of new regional powers that project

25 Militants who killed 23 at Mogadishu hotel used intelligence service ID cards, The Guardian, October 29th 2017. 26 https://www.ummaddamedia.com/somali-uae-trained-security-forces-raid-the-residence-of-senator-abdi-qaybdiid/ 27 Raid on Senator's home reveals divisions in Somali security forces, 30 December 2017,

Reuters; http://hornobserver.com/articles/710/Somalia-UAE-Trained-Militias-Raid-Lawmakers-Home-in-Mogadishu-Opposition-Conference-underway-in-Dubai

28 http://radiodalsan.com/en/somali-clerics-issue-statement-on-political-situation-in-the-country/

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Year 2017, Strategic Analysis

Osservatorio Strategico 2017– Volume Monografico 27

their bilateral frictions onto the Somali space. This development may have far reaching

consequences on the peace process in Somalia. The results achieved between 2012 and 2016 in

terms of containment of Al Shabaab and creation of a more or less stable federal government have

been frustrated by the emergence of tensions between the federal and regional government

structure, whereas regional authorities are increasingly assertive and eager to achieve the status of

semi-independent entities. Should regional administrations succeed in their quest for greater

autonomy, the federal government would lose also the formal prerogatives of a sovereign state. The

impact of the Gulf crisis on Somalia also demonstrates that the foreign policy of Saudi Arabia, the

UAE, and Turkey in the region is first and foremost a by-product of their respective national interests,

which are not always coherent with the general goal of re-building a strong Somali state and

promoting the stabilization of the area.

The crisis within the Somali armed forces shows that the federal government is far from being

able to rely on a reliable security device. The security sector reform announced at the London

Conference is not producing concrete effects yet, since both the army and police resemble a

heterogeneous coalition of clan militia rather than a genuine national armed force. So far, the poor

performance of the Somali military apparatus has been covered by the presence of AMISOM, which

was responsible for almost every progress achieved so far in the war against Al Shabaab. The

beginning of AMISOM withdrawal operations opens serious questions about the future of the country

and the sustainability of the current situation. The emergence of new lines of conflict that challenge

the “Islamic insurgency vs. government side” dichotomy may exacerbate the situation and bring

the Somali conflict back to pre-2006 situation, when the southern part of Somalia was the scene of

a war without quarter between opportunistic warlords.

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Stampato dalla Tipografia delCentro Alti Studi per la Difesa

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L’Osservatorio Strategico è uno studio che raccoglie analisi e report sviluppati dal Centro Militare

di Studi Strategici (CeMiSS), realizzati da ricercatori specializzati.

Le aree di interesse monitorate nel 2017 sono:

Euro/Atlantica (USA-NATO-PARTNERS);

Iniziative di Difesa Europee e sviluppo tecnologico;

Balcani e Mar Nero;

Mashreq, Gran Maghreb, Egitto ed Israele;

Sahel e Africa Sub-sahariana;

Golfo Persico;

Corno d'Africa e Africa Meridionale;

Russia, Asia Centrale e Caucaso;

Asia Meridionale ed Orientale;

America Latina;

Pacifico.

Sotto la lente.

Gli elaborati delle singole aree, articolati in analisi critiche e previsioni, costituiscono il cuore

dell’“Osservatorio Strategico”.

_____________________________

The “Osservatorio Strategico” puts together analysis and reports by specialized researchers.

The areas of interest monitored during year 2017 are:

Euro/Atlantica (USA-NATO-Partners);

European Defence Initiatives and technological development

The Balkans and the Black Sea

Mashreq, Gran Maghreb, Egypt and Israel

Sahel and sub-Saharan Africa

Persian Gulf

Horn of Africa and Southern Africa

Russia, Central Asia and the Caucasus

Southern and Eastern Asia

Latin America

Pacific

Focus - Analysis

The essence of the “Strategic Monitoring” is made by the different contributions (structured into main events and critical analysis) regarding the mentioned areas.

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