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AMMINISTRAZIONE DI PUBBLICA SICUREZZA NEL REGNO DI SARDEGNA Con decreto del 30 settembre 1848, viene abolita l’antica polizia. Palazzo Braschi, prima sede del Ministero dell’Interno, è situato nel cuore della Roma rinascimentale, tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II. L'edificio fu commissionato all'architetto imolese Cosimo Morelli quale residenza di Luigi Braschi Onesti, nipote di Pio VI eletto papa nel 1775. Costruito con le ricchezze che il pontefice aveva fatto affluire nelle casse del nipote, grazie all'attribuzione spregiudicata di molteplici privilegi, fu costruito sull'area dove sorgeva il quattrocentesco palazzo di Francesco Orsini. I questori hanno grado, stipendio e divise eguali agl'intendenti, e sono di due classi; gli assessori sono uguali in grado e stipendio ai consiglieri d'intendenza; vestono le divise già stabilite pei sotto- intendenti, e sono compresi nella classe medesima cui appartiene l'intendenza generale presso cui

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AMMINISTRAZIONE DI PUBBLICA SICUREZZA NEL REGNO DI SARDEGNA

Con decreto del 30 settembre 1848, viene abolita l’antica polizia.

Palazzo Braschi, prima sede del Ministero dell’Interno, è situato nel cuore della Roma rinascimentale, tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II. L'edificio fu commissionato all'architetto imolese Cosimo Morelli quale residenza di Luigi Braschi Onesti, nipote di Pio VI eletto papa nel 1775. Costruito con le ricchezze che il pontefice aveva fatto affluire nelle casse del nipote, grazie all'attribuzione spregiudicata di molteplici privilegi, fu costruito sull'area dove sorgeva il quattrocentesco palazzo di Francesco Orsini.

I questori hanno grado, stipendio e divise eguali agl'intendenti, e sono di due classi; gli assessori sono uguali in grado e stipendio ai consiglieri d'intendenza; vestono le divise già stabilite pei sotto-intendenti, e sono compresi nella classe medesima cui appartiene l'intendenza generale presso cui

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risiedono. In Torino, come anche in Genova, oltre un assessore di prima classe, che prende il titolo di assessore capo, ed è specialmente destinato presso il questore, vi sono tre assessori di seconda classe, e quattro assessori di terza classe. Gli apparitori sono nominati dall'intendente generale sulla proposta del questore e dell'intendente della provincia; e sono scelti uomini intelligenti, e notoriamente onesti, che non siano mai soggiaciunti a procedimenti criminali , nè a condanne per debiti. I carabinieri veterani continuano a far parte integrale del corpo dei carabinieri reali, ed a vestirne le divise; conservano lo stesso soldo, soprassoldo, ed i medesimi vantaggi assegnati agli altri carabinieri dello stesso loro grado nel corpo, ed hanno ragione alle stesseprerogative, preminenze, e promozioni concedute agli altri carabinieri. I loro anni diservizio, come veterani, sono valutati, in caso di giubilazione, non altrimenti che glianni percorsi nel servizio attivo del corpo. Sono tutti dell'arma a piedi e per ciò che concerne il servizio della pubblica sicurezza sono, sì collettivamente cheindividualmente a totale disposizione dell'uffizio di sicurezza pubblica, e per la disciplina dipendono dai loro capi. Sono stabiliti dal sopraccennato decreto i doveri e le attribuzioni degli assessori, dei delegati, e degli apparitori: questi ultimi sono provvisti d'una medaglia, di cui devono sempre essere portatori per giustificare la loro qualità in caso di bisogno. Gli assessori ed i delegati, presentandosi al pubblico per atti del loro ministero,sono fregiati di un nastro tricolore che portano ad armacollo. Per formare il personale dei differenti uffizi sono stabiliti:

Medaglia identificativa Pubblica Sicurezza

Presso le intendenze generali di prima classe un segretario capo, un segretario, ed uno scrivano: Presso le altre intendenze generali, un segretario ed uno scrivano. Presso le intendenze provinciali un sotto-segretario ed uno scrivano: Presso i questori residenti in un capoluogo di divisione di prima classe un segretario capo, un segretario, un sottosegretario, uno scrivano e due volontari : Presso i questori stabiliti nella divisione di seconda classe un segretario capo, un segretario ed uno scrivano : Presso i questori delle provincie appartenenti alle divisioni di terza classe, un segretario ed uno scrivano: Presso gli assessori, un sotto-segretario ed uno scrivano: I segretari capi sono di due classi. In forza dello stesso decreto si abolirono i consigli divisionali di governo, la carica di governatore generale di divisione, le intendenze generali di polizia, le sottointendenze locali ed i commissariati e guardie di polizia, qualunque sia di queste ultime la denominazione. Da questo decreto nacque un bene grandissimo, cioè la tranquillità e la sicurezza delle persone quiete ed oneste, le quali per l'addietro non Disegno di Beltrame 1890

erano mai sicure dai sospetti, e dalle inique vessazioni di una polizia sempre capricciosa, e dispoticamente esercitata. Come abbiamo visto, l’Amministrazione e territorialmente articolata in due Questure, Torino e Genova, e in Uffici di P.S. nei maggiori centri urbani e prevede un apposito ruolo di "funzionari e impiegati di P.S.". Il personale, distinto in questori, ispettori, delegati e impiegati d’ordine, riveste la qualifica di Ufficiale o agente di P.S. Vengono individuate le Autorità di P.S., responsabili dell’ordine e della sicurezza pubblica, che si avvalgono di ufficiali ed agenti di P.S., di Carabinieri reali e di Milizie locai. L’Autorità nazionale di P.S. è esercitata dal Ministro dell’interno, l’autorità locale dall’intendente (poi Prefetto) mentre per la sola città di Torino e Genova è presente il Questore. Nel mandamento, ovvero l’ambito territoriale composto da più comuni, e nei comuni sede di Ufficio di polizia. L’autorità locale è rappresentata dal delegato, e per i soli comuni privi di Ufficio di p.s. dal Sindaco. Il personale di P.S. esercita anche funzioni di polizia giudiziaria e come tale risponde al Procuratore del Re.

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Però nelle città capi-luogo di divisione la sicurezza pubblica è affidata, sotto l'immediata dipendenza dell'intendente generale, ad un questore, il quale è coadiuvato da assessori, assistiti da apparitori di pubblica sicurezza. La giurisdizione del questore si estende a tutta la provincia. 3. In ogni capo-luogo di mandamento, fuori quelli che sono al tempo stesso capi-luogo di divisione, risiede un delegato, il quale sopravvede alla pubblica sicurezza, ed eseguisce le richieste che gli sono fatte dai sindaci dei comuni che compongono il mandamento: il che però non esonera questi ultimi dal debito che loro incombe di provvedere i direttamente nei casi di massima urgenza. Qualora per l'ampiezza di un mandamento o per altre considerazioni se ne rappresentasse la convenienza, potrà essere per un solo comune nominato uno speciale delegato, quando però il comune stesso, che non sia capo-luogo del mandamento, ne faccia la domanda e ne assuma la spesa, i delegati che risiedono nelle città capi-luogo di provincia possono essere assistiti da apparitori di pubblica sicurezza. 4. L'esecuzione degli ordini di sicurezza pubblica è specialmente commessa al corpo dei carabinieri reali. Però nelle città capi-luogo di divisione amministrativa, che sono centri di maggiore popolazione, un tale servizio sarà più particolarmente affidato a compagnie o a distaccamenti di carabinieri veterani. 5. I questori, gli assessori ed i delegati sono nominati dal Re. I questori sono scelti nell'ordine giudiziario. Gli assessori, oltre all'essere laureati in leggi, debbono aver fatta la pratica legale, e possibilmente un anno di volontariato in un ufficio del pubblico Ministero. I delegati sono scelti fra persone che abbiano per due anni almeno e con lode servito lo Stato od una pubblica amministrazione. Gli assessori ed i delegati debbono inoltre riportare il voto favorevole del consiglio del comune in cui è fissata la loro residenza. 6. I questori, che hanno grado, stipendio e divise eguali agl'intendenti, si dividono in due classi. La designazione della classe è personale, senza riguardo alla residenza del questore. 7. Gli assessori sono parificati in grado e stipendio ai consiglieri d'intendenza, vestono le divise già stabilite pei sotto-intendenti, e sono rispettivamente compresi nella classe stessa cui appartiene l'intendenza generale presso la quale risiedono. Però nelle città di Torino e di Genova, oltre un assessore di prima classe, che assume il titolo di assessore capo, ed è specialmente destinato presso il questore, vi sono tre assessori di seconda classe e quattro assessori di terza classe. 8. Lo stipendio dei delegati è fissato A lire 1600 per quelli dei mandamenti di seconda classe; A lire 1200 per quelli dei mandamenti di terza classe; A lire 1000 per tutti gli altri. Dopo dieci anni di esercizio in mandamenti della medesima classe, lo stipendio del delegato può essere aumentato del quinto. 9. La nomina e l'assegnazione dello stipendio agli apparitori di pubblica sicurezza è riservata all'intendente generale, il quale provvede sulla proposta del questore e dell'intendente della provincia. A tale impiego saranno sempre, sotto la risponsabilità dell'intendente generale, destinate persone intelligenti e notoriamente oneste , che non abbiano mai soggiaciuto a procedimenti criminali, nè a condanne per debiti. 10. I carabinieri veterani continueranno ad esser parte integrale del corpo dei carabinieri reali, ed a vestirne le divise. Conserveranno lo stesso soldo e soprassoldo ed i medesimi vantaggi che sono assegnati agli altri carabinieri dello stesso grado loro nel corpo; ed avranno ragione alle stesse prerogative, preminenze e promozioni che sono agli altri carabinieri concedute. 11. Nel determinare le pensioni in caso di giubilazione, gli anni di servizio nei carabinieri veterani saranno valutati non altrimenti che gli anni scorsi nel servizio attivo del corpo. 12. I carabinieri veterani saranno tutti dell'arma a piedi, dipenderanno, per tutto ciò che concerne la disciplina, dai loro capi militari, e per ciò che riguarda il servizio di pubblica sicurezza saranno sia collettivamente che individualmente a totale disposizione degli uffiziali di sicurezza pubblica. 13. Le attribuzioni ed i doveri degli assessori e dei delegati consistono essenzialmente: 1° Nel procedere a tutti gli atti giudiziari e nel compiere le incombenze affidate dal Codice di procedura penale e dalle altre leggi in vigore ai commissari di polizia; 2° Nel vegliare incessantemente alla conservazione dell'ordine pubblico e nel disciogliere i tumultuosi assembramenti che possono turbarlo, nei cast e modi dalla legge determinati;

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3° Nel prestare aiuto e somministrare notizie ai magistrati, tribunali ed ufficiali del pubblico ministero inquirenti, ovvero prescriventi l'esecuzione delle loro sentenze e dei loro mandati; 4° Nell'assicurare ad ogni cittadino, ed a qualunque lecita riunione di essi, il libero e pacifico esercizio dei loro diritti civili e politici; 5° Nel vigilare sulla pubblica salute, ragguagliando con prontezza l'autorità competente di tutto ciò che può recarvi nocumento, senza ritardare intanto quei provvedimenti che non potrebbero essere differiti se non con danno grave ed imminente; 6° Nel dare, in mancanza del sindaco o di chi lo rappresenta, le provvidenze di massima urgenza in caso di naufragio, incendio o diroccamento avvenuti, od anche gravemente minacciati, informandone contemporaneamente il loro superiore diretto; 7° Nell'interporre l'ufficio loro pacificatore in occasione di dissensioni insorte fra cittadini, e specialmente fra persone di un'istessa famiglia; 8° Nell'esercitare una costante ed attiva tutela verso i fanciulli abbandonati, gli indigenti infermi od inabili al lavoro, i dementi, i furiosi, ed altre persone che abbiano diritto ad una speciale protezione; pei quali effetti corrisponderanno direttamente colle amministrazioni comunali, di pubblica beneficenza e degli ospedali, rendendone insieme informato il loro superiore immediato; 9° Nell'esplorare personalmente, ed anche col mezzo di probe ed intelligenti persone, i bisogni delle classi meno agiate, non che le cause del malcontento che sorgesse sopra qualunque oggetto nel pubblico, ed i mezzi più appropriati a farli cessare, facendone oggetto di esatte relazioni al rispettivo capo diretto od all'intendente od al questore della provincia; 10° Nell'indagare e suggerire come sopra i miglioramenti di qualsivoglia natura od importanza che le popolazioni, od anche i singoli cittadini ravvisino applicabili a qualunque ramo di pubblica amministrazione. 14. Debbono inoltre i delegati invigilare sul buon governo delle strade comunali del rispettivo mandamento , e riferire ai sindaci ed all'ufficio d'intendenza tutto ciò che può essere necessario pel miglioramento delle medesime. 13. L'amministrazione di pubblica sicurezza non ha veruna ingerenza amministrativa sugli alberghi, trattorie, caffè, osterie, ed altri stabilimenti di analoga natura, che sono indistintamente posti per questo rispetto sotto la esclusiva dipendenza delle amministrazioni comunali, dalle quali si rilasciano le occorrenti licenze, esigendone a totale profitto del comune i relativi diritti che dal consiglio saranno fissati sulle basi da determinarsi con generale provvedimento del governo. Devono tuttavia gli ufficiali di pubblica sicurezza vegliare all'esatta osservanza delle discipline che i municipi prescriveranno pel regolare esercizio di cotali stabilimenti. 16. Gli ufficiali di sicurezza pubblica hanno diritto di intervenire a qualunque pubblica riunione, e di ordinarne lo scioglimento quando a causa dulia stessa possa per qualunque motivo esser turbato l'ordine pubblico. I radunati debbono sciogliersi alla prima intimazione che ne venga loro fatta dall'ufficiale di pubblica sicurezza, salvo il ricorso in via giuridica per abuso di potere. II rifiuto di obbedire o la resistenza all'ordine di scioglimento della riunione autorizza l'uso immediato della forza. 17. È debito dell'apparitore di pubblica sicurezza di esercitare una vigilanza non mai interrotta per iscoprire preventivamente qualunque preparativo, concerto o tentativo di reato, rendendone senza indugio consapevole l'assessore od il questore. In caso di flagrante reato che, a termini della legge, importi pena corporale, procede all'immediato arresto del colpevole, al quale effetto può richiedere la forza pubblica, e traduce immantinente l'arrestato dinanzi all'assessore o al delegato, il cui ufficio è più vicino al luogo dell'arresto. Occorrendo all'apparitore di eseguire un arresto e di invocare l'aiuto della forza pubblica, giustifica la sua qualità, mostrando una medaglia, della quale dovrà sempre essere portatore, e su cui sarà impressa la leggenda dicente Pubblica Sicurezza. 18. Il ministerio di tutti indistintamente gli ufficiali di pubblica sicurezza creati colla presente legge, e degli apparitori, non che degli agenti della forza pubblica a disposizione dell'amministrazione, è assolutamente, per ciò che ha riguardo ai cittadini, gratuito. Epperò l'accettazione di qualunque retribuzione o regalo trae seco la destituzione dell'accettante, salva inoltre l'azione penale qualora nel fatto concorrano gli estremi del reato di corruzione. 19. Il rifiuto od anche la semplice omissione volontaria di compiere uno dei doveri enunciati nei primi 4 numeri dell'articolo 13 trae seco la destituzione del colpevole senza pregiudizio del procedimento criminale cui possa soggiacere, a termini della legge penale. La negligenza nell'adempimento delle obbligazioni imposte nei successivi numeri dell'articolo medesimo può dar luogo alla sospensione od anche, a seconda dei casi, alla dimissione del colpevole.

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Queste pene si applicano in via amministrativa. 20. L'assessore ed il delegato, che dovrà presentarsi al pubblico per esercitare un atto del proprio ministero , dovrà fregiarsi di un nastro tricolore che porterà ad armacollo, ed occorrendogli d'intimare un ordine qualunque, parlerà sempre in nome della legge. 21. Per l'esecuzione degli ordini di sicurezza pubblica, gli ufficiali che ne sono incaricati possono richiedere i corpi in servizio attuale della milizia nazionale, dei carabinieri e della truppa, sempreché però sia insudiciente, o non al momento disponibile quella dei carabinieri veterani. 22. In ogni comune l'ufficiale superiore di pubblica sicurezza ha sempre diritto di richiedere la forza armata della milizia nazionale, e della truppa di qualunque arma, per tutto ciò che può interessare la conservazione ed il ristabilimento dell'ordine pubblico. La forza armata richiesta in iscritto per un servizio di pubblica sicurezza, mentre non cessa di essere sotto il comando immediato dei suoi capi militari, deve senza esame eseguire le richieste dei funzionai i civili, che soli ne hanno la responsabilità. 23. L'ordine gerarchico stabilito dalla presente legge fra gli ufficiali di pubblica sicurezza non impedisce che quello che è costituito nel grado minimo corrisponda col capo a tutti superiore, come non toglie che i funzionari, ai quali è affidata la sicurezza pubblica nelle divisioni e nelle Provincie, comunichino , quando loro paia necessario, i loro ordini ai delegati, agli assessori ed ai sindaci, incaricandoli direttamente dell'esecuzione. Possono del pari, nei soli casi però straordinari, gli intendenti generali, gl'intendenti e i questori commettere l'esecuzione dei loro ordini ad assessori o a delegati fuori di distretto della rispettiva residenza. 24. Sono stabiliti: Presso le intendenze generali di prima classe, un segretario capo, un segretario ed uno scrivano; Presso le altre intendenze generali, un segretario ed uno scrivano; Presso le intendenze provinciali, un sotto-segretario ed uno scrivano; Presso i questori residenti in un capo-luogo di divisione di prima classe, un segretario capo, un segretario, un sotto-segretario, uno scrivano e due volontarii; Presso i questori stabiliti nelle divisioni di seconda classe, un segretario capo, un segretario ed uno scrivano; Presso i questori delle Provincie appartenenti alle divisioni di terza classe, un segretario ed uno scrivano. 25. I segretari capi si dividono in due classi: lo stipendio per quelli di prima classe è di lire 2400, e per quelli di seconda classe è di lire 2000. Il numero di quelli di prima classe non può eccedere il doppio dello stabilito per le intendenze generali della classe medesima. I segretari sono egualmente di due classi: è assegnato a quelli di prima classe lo stipendio di lire 1600, ed a quelli di seconda classe lire 1400. II numero dei segretari di prima classe è eguale a quello delle intendenze provinciali della classe corrispondente: tutti gli altri sono compresi nella seconda classe. I sotto-segretari hanno lo stipendio di lire 1200. Lo stipendio degli scrivani è di lire 800. I volontarii ricevono annualmente la gratificazione di lire trecento. 26. Sono assegnate per ispese d'ufficio: Ai questori nelle divisioni di prima classe annue lire 1600, in quelle di seconda classe lire 1200, e in quelle di terza classe lire 800: Agli assessori annue lire 400; Ai delegati annue lire 200, Agli assessori capi che hanno il loro ufficio presso il questore non è dovuto verun compenso per ispese. 27. L'abitazione dei questori e degli assessori dev'essere contigua al locale del rispettivo ufficio presso del quale debbono essere alloggiati i distaccamenti dei carabinieri veterani. I delegati debbono similmente avere il loro ufficio unito alla rispettiva abitazione. 28. Lo stipendio, le spese d'ufficio, l'abitazione ed il locale coll'occorrente mobilio per l'ufficio sono, quanto ai questori, a carico dell'erario dello Stato, quanto agli assessori a carico dell'erario comunale, e quanto ai delegati a carico dei varii comuni del mandamento, nella proporzione delle rispettive entrate, risultanti dal bilancio dell'anno corrente. L'intendente della provincia determina questo contributo sulla base predetta. L'aumento però di stipendio previsto a favore dei delegati dall'ultimo alinea dell'art. 8 sarà sempre a carico dello Stato. 29. In conseguenza della presente legge rimangono soppressi i consigli divisionarii di governo, la carica di governatore generale di divisione, le intendenze generali di polizia, le sotto-intendenze locali

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e guardie di polizia, qualunque sia la denominazione di queste ultime. 30. Al ramo di servizio di sicurezza pubblica relativo ai passaporti sarà ulteriormente provveduto con separate disposizioni. 31. Gli attuali ufficiali ed altri impiegati di polizia eserciteranno interinalmente le attribuzioni del presente decreto, il quale nel resto avrà esecuzione dal giorno successivo a quello in cui ne sarà fatta la pubblicazione. Il nostro ministro segretario di Stato per gli affari interni è incaricato dell'esecuzione del presente decreto, che sarà registrato al controllo generale, pubblicato ed inserito nella raccolta degli atti del governo. Dato in Torino il 30 di settembre milleottocentoquarantotto.

C. ALBERTO

V. F. MERLO V. DI REVEL V. COLLA

P. D. PINELLI

Federico Colla Genova, 14/12/1790 Genova, 17/04/1879

Ottavio Taon Di Revel Torino, 26/06/1803 Torino, 10/02/1868

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PIER DIONIGI PINELLI E IL REGIO DECRETO 30 SETTEMBRE 1848, N. 798

La nascita a Torino dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza

Torino, 1804 - 1852

Pier Dionigi Pinelli, Ministro dell’Interno, valendosi dei pieni poteri concessi il 29 luglio dalla Camera al Governo, poté procedere al riordino della Polizia con la creazione dell’Amministrazione di P. S., avvenuta con regio decreto n. 798 del 30 settembre 1848. In quel 1848, vasti strati della popolazione sentivano la necessità di una riforma della Polizia. I piccoli possidenti rurali, gli artigiani, i commercianti, i modesti borghesi desideravano una efficiente Polizia che li proteggesse dalla criminalità comune che si stava scatenando. Le classi più agiate, di idee liberali, desideravano soprattutto far sparire l’opprimente organizzazione della Polizia politica carlalbertina (l’Alta Polizia diretta dal conte Fabrizio Lazari) che, a loro modo di vedere, aveva esercitato un opprimente e soffocante controllo delle idee, soprattutto di quelle innovative. Fra le Polizie politiche, questi liberali comprendevano anche i Gesuiti, come scrive Vittorio Bersezio,(1) e il provvedimento di espulsione dei Gesuiti dal Regno Sardo fu preso da Pier Dionigi in concomitanza con l’istituzione dell’Amministrazione di P. S.(2) L’Amministrazione di P. S. era competente per tutto il Regno Sardo.

Tutte le antecedenti disposizioni sulla Polizia erano state promulgate per gli Stati di aferma (Piemonte, Liguria, Nizzardo, Savoia) e non per la Sardegna, che disponeva di suoi antichi e consolidati organismi di Polizia che nel 1848 cessarono di esistere. Con l’Amministrazione di P.S. l’antica Polizia del Regno Sardo venne profondamente riorganizzata: sparì il termine Polizia, che richiamava gli sbirri, soggetti più interessati alla repressione del dissenso politico che alla tutela della sicurezza della collettività. Nella sua relazione indirizzata al Re Carlo Alberto, che accompagnava la legge, Pier Dionigi indicava la Polizia come «una magistratura» «indispensabile» «Alla conservazione dell’ordine pubblico» «che ne prevenga le violazioni, e che investigando le cause dei mali umori che s’insinuano nel corpo sociale li rimuova con appropriati rimedii, prima che la corruzione renda troppo difficile la cura». Era molto importante il modo di procedere della polizia: «Egli è palese che questa magistratura, […] deve per necessità procedere per indizi e per congetture onde discernere il momento e la persona sovra cui le è mestieri di agire: né questo processo può in tutti i suoi atti essere regolato da norme certe, fisse, invariabili; epperò in esso necessariamente debbe molto lasciarsi alla prudenza, alla sagacità dell’inquirente: dal che quell’arbitrio che, se non è affidato a chi abbia l’abitudine di una sagace e cauta induzione, di una discreta prudenza e di una profonda meditazione, genera il sospetto, la paura e l’avversione». Pier Dionigi criticava l’operato dei «funzionari militari» che fino al 1847 erano stati incaricati della Polizia nel Regno Sardo, perché costoro, per la loro forma mentis («… per le loro abitudini, e per quella stessa virtù guerriera che forma la base del loro carattere, sono di lor natura poco appropriali ad una cautelosa e minuta indagine dei fatti e delle cause di esse, e ad una discreta interpretazione delle leggi e degli ordini che si denno applicare») avevano operato in modo tale da far apparire arbitrari anche provvedimenti legittimi («… i loro provvedimenti, quantunque giusti, per avventura vestivano agli occhi delle popolazioni l’apparenza di un despotismo, di cui cresceva l’odioso l’aspetto stesso della forza: e questa sfavorevole impressione si convertiva poi in una specie di disprezzo contro i funzionari inferiori, quasi fossero stromenti di un irragionato impero, e servissero al capriccio, non alla legge»). Tutto questo aveva portato alla grave conseguenza che la Polizia era odiata da tutti i cittadini: «Da questo principalissimo vizio d’istituzione vuolsi indubitatamente derivare in gran parte il discredito in che era un’amministrazione cotanto necessaria al ben essere pubblico e privato, caduta presso quasi tutti i cittadini, e fatta segno dei più vivi richiami delle classi colte, e dell’odio profondo di quelle meno educate». ______________________________________ 1 Bersezio V., I miei tempi, Torino, 1931. 2 Non mancavano persone alle quali andava bene la precedente organizzazione della Polizia. Erano aristocratici conservatori che non dovevano temere inquisizioni per le loro idee e che erano assai meno esposti agli attacchi dei malfattori perché chiusi nei loro palazzi e protetti dalla servitù. L’Amministrazione di P. S. non parve dare i risultati sperati e, nel decennio 1849-1859, fu oggetto di forti critiche da parte di tutte le opposizioni parlamentari, conservatrici e democratiche. Il teologo don Giacomo Margotti, giornalista cattolico intransigente, fu il portavoce di queste critiche.

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Pier Dionigi ricordava che lo stesso Carlo Alberto aveva saggiamente iniziato nel 1847 la riforma della Polizia, togliendola dalla competenza del Ministero della Guerra per riportarla sotto la giurisdizione del Ministero dell’Interno e affidandone la competenza agli Intendenti delle Province, al posto dei Comandanti militari. Erano però rimasti responsabili della Polizia nelle Divisioni i Governatori militari. Questo rappresentava un residuo del precedente sistema, «…che era universalmente inviso e screditato, per quanto la saviezza degli attuali governatori ne diminuisse gli inconvenienti». ll governo Alfieri-Pinelli intendeva quindi correggere questo stato di cose. Per questo veniva proposta a Carlo Alberto la nuova legge che avrebbe definito «… lo scopo vero di un’istituzione fin qui mal conosciuta ed abusata» cioè la Polizia, per far comprendere che le sue vere finalità erano «… di tutela dell’ordine, della libertà, del ben essere pubblico e privato». Quanto alla discrezionalità, necessariamente connessa all’operato della Polizia, avrebbe trovato la sua regola e il suo controllo «…nella dottrina, nella prudenza e nelle abitudini delle persone cui è commesso l’esercizio di un così geloso potere». Era stato abbandonato il nome di Polizia, per adottare quello di Amministrazione di Pubblica Sicurezza, il quale pareva più adatto alla nuova istituzione che mirava «…al mantenimento dell’ordine pubblico, ed alla tutela delle persone, delle libertà e delle proprietà dei cittadini…». Pier Dionigi spiegava a questo punto i criteri per il reclutamento del personale: per i ruoli direttivi, funzionari laureati e probi impiegati statali, vale a dire «… persone che, e pel grado che occupano nella società, e pegli studi fatti, e per le abitudini di legalità acquistate, e pei servizi resi allo Stato ed al pubblico, inspirino ai loro concittadini la fiducia che quel poco di arbitrio, indispensabilmente unito ad una processura di prevenzione, volgerà a tutela anziché a danno della libertà individuale …». La parte esecutiva era affidata ai Carabinieri, che Pier Dionigi definiva «… corpo meritamente stimato per valore militare, per incorrotta disciplina, ed anche per civile educazione»: in questo modo, «… la nazione può esser certa che l’arbitrio […] non potrà […] lederne i diritti nell’esecuzione». Dopo alcune considerazioni al riguardo di alcune decisioni prese nella legge, come le modalità di nomina dei funzionari, l’opportunità del parere favorevole del municipio del comune dove esercitavano la loro azione e la decisione di nominare i Delegati mandamentali, Pier Dionigi ricordava la necessità e l’urgenza di una nuova legge di Pubblica Sicurezza in sintonia con le nuove libertà individuali sancite dallo Statuto: «… sarà altresì necessario che il Governo si occupi di un Codice di leggi della sicurezza pubblica le quali attualmente vagano disperse in una enorme quantità di patenti, di editti, di manifesti, di istruzioni e di notificanze delle varie autorità che per lo addietro erano incaricate della polizia dello Stato, la maggior parte delle quali più non sono in armonia col sistema libero dalla M. V. nello Stato introdotto». Ma questo Codice, sempre secondo Pier Dionigi, doveva essere prodotta dal Parlamento, dopo un «meditato studio», e benché necessario, non poteva essere preparato in breve tempo e neppure approvato con procedura d’urgenza e senza consultare il Parlamento, come avveniva per la legge istitutiva della Amministrazione di P. S., perché il riordino della Polizia «… non avrebbe potuto più a lungo protrarsi senza lasciare la libertà dei cittadini esposta ai mali dell’arbitrio da un lato, della licenza dall’altro, e pressoché nulla l’azione del Governo».(3)

L’Amministrazione di P. S. si offriva come una moderna istituzione che tutelava la vita e gli averi dei cittadini ed aveva la funzione di mantenere l’ordine e far rispettare le leggi nell’interesse dello Stato e dei privati. Dipendeva dal Ministero dell’Interno ed era completamente affidata a funzionari civili, secondo una gerarchia combinata all’organizzazione del Regno Sardo. Fin dal 1818, il territorio del Regno era suddiviso in una struttura piramidale che aveva alla base i Comuni e, a salire, i Mandamenti, le Province, le Divisioni. Il Mandamento rappresentava una circoscrizione che comprendeva più Comuni. I Comuni erano dotati di organi propri, mentre le Province e le altre circoscrizioni erano semplici distretti in cui si esercitava la competenza di funzionari di governo: le Divisioni erano dirette dagli Intendenti generali e, le Province dagli Intendenti, che nel Regno d’Italia sarebbero diventati i Prefetti e i Sotto-Prefetti. Con la legge 30 ottobre 1847, gli Stati di Terraferma erano stati divisi in undici Divisioni amministrative: Torino, Chambéry, Annecy, Ivrea, Vercelli, Novara, Alessandria, Genova, Savona, Cuneo e Nizza cui si aggiunsero, nel 1848, per la Sardegna le Divisioni amministrative di Cagliari, Sassari e Nuoro. Per il Piemonte, la Divisione di Torino comprendeva le Province di Torino, di Pinerolo, di Susa, la Divisione di Ivrea comprendeva le Province di Ivrea e di Aosta, la Divisione di Cuneo comprendeva le Province di Cuneo, di Mondovì, di Alba, di Saluzzo, la Divisione di Vercelli comprendeva le Province di Vercelli, di Biella, di Casale, la Divisione di Alessandria comprendeva le

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(3) Questa relazione di Pier Dionigi Pinelli al Re è stata riportata da Alessandro Cuniberti nel suo opuscolo “Riflessioni e proposte sulle questioni del discentramento delle regioni e della sicurezza pubblica” (Bologna, 1871). Cuniberti, Delegato poi Ispettore di Pubblica Sicurezza, è autore di numerosi opuscoli dedicati a vari temi della Polizia, scritti con vissuta competenza professionale, appassionato entusiasmo patriottico e dedizione per l’Amministrazione di P.S. Secondo Cuniberti, il regio decreto 798/1848, al riguardo dell’ordinamento del personale dava disposizioni migliori di quelle poi introdotte dalla legge n. 1.404/1852, che in parte “tradiva” le felici intuizioni di Pier Dionigi Pinelli.

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Province di Alessandria, di Asti, di Voghera, di Tortona, di Bobbio, la Divisione di Novara comprendeva le Province di Novara, di Pallanza, dell’Ossola, della Valsesia, di Lomellina. I confini del Regno erano più ampi di quelli attuali perché includevano anche alcuni territori oggi compresi nella Lombardia, in provincia di Pavia, e nell’Emilia, in provincia di Piacenza. La diplomazia settecentesca, con la pace di Aquisgrana del 1748, aveva attribuito al Regno Sardo il comune di Bobbio, l’Oltrepò pavese e la Lomellina, portando il confine con i possedimenti austriaci al fiume Ticino. Questa suddivisione è schematizzata nella tabella da noi elaborata.

DIVISIONI AMMINISTRATIVE DEL PIEMONTE (INTENDENTE GENERALE)

PROVINCE (INTENDENTE)

TORINO TORINO, PINEROLO, SUSA IVREA IVREA E AOSTA CUNEO CUNEO, MONDOVÌ, ALBA, SALUZZO VERCELLI VERCELLI, BIELLA, CASALE ALESSANDRIA

ALESSANDRIA, ASTI, TORTONA VOGHERA (OGGI PROVINCIA DI PAVIA) ALESSANDRIABOBBIO (OGGI IN PROVINCIA DI PIACENZA)

NOVARA

NOVARA, PALLANZA, OSSOLA, VALSESIA LOMELLINA (OGGI IN PROVINCIA DI PAVIA)

Tenendo presente questa suddivisione del territorio del Regno, l’Amministrazione di P. S. era così organizzata. In ogni Divisione, l’Amministrazione di P. S. era affidata all’Intendente generale, nelle Province all’Intendente. Nei capoluoghi di Divisione era anche nominato un Questore, dipendente dall’Intendente generale, e, coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di Pubblica Sicurezza. Nei capoluoghi di Mandamento si dovevano nominare Delegati mandamentali, responsabili per l’intero Mandamento; nei Comuni la Pubblica Sicurezza era affidata ai Sindaci. In casi particolari, potevano essere nominati anche Delegati in singoli Comuni, che dovevano accollarsi la spesa. Nei capoluoghi di Provincia i Delegati potevano essere assistiti da Apparitori di Pubblica Sicurezza. Questori, Assessori e Delegati erano nominati dal Re; i Questori erano scelti nell’ordine giudiziario, gli Assessori dovevano essere laureati in legge, aver fatto pratica legale e possibilmente un anno di volontariato in un ufficio del Pubblico Ministero. Ai Delegati non era richiesta la laurea ed erano scelti fra persone che avessero ben servito lo Stato o una pubblica amministrazione per almeno due anni. Gli Assessori e i Delegati dovevano anche riportare il voto favorevole del Consiglio del Comune in cui era fissata la loro residenza. Gli Apparitori erano nominati dall’Intendente generale su proposta del Questore e dell’Intendente provinciale: intelligenza e specchiata onestà, queste le doti loro richieste. È importante sottolineare che i quadri dirigenti della Polizia del periodo dell’assolutismo furono sostituiti, tutte le precedenti strutture poliziesche furono eliminate, il Vicariato di Polizia, cioè la Polizia del Municipio di Torino che aveva anche giurisdizione criminale, venne abolito il 7 ottobre 1848. Rimanevano i Carabinieri, con la loro consolidata organizzazione, sempre alle dipendenze del Ministero della Guerra. L’esecuzione degli ordini di Pubblica Sicurezza venne così affidata in particolare ai Carabinieri e nei capoluoghi di Divisione, con una maggiore popolazione, questo servizio veniva svolto da compagnie o distaccamenti di Carabinieri veterani, a totale disposizione degli uffici di Pubblica Sicurezza. I Carabinieri veterani continuavano a fare parte dell’Arma a piedi, di cui vestivano l’uniforme, e per la disciplina dipendevano dai loro capi militari. Assessori e Delegati operavano in abito borghese e, per farsi riconoscere, in servizio portavano un nastro tricolore a tracolla; gli Apparitori dovevano esibire una medaglia di riconoscimento, con la scritta Pubblica Sicurezza. Queste disposizioni di legge non furono un toccasana e rappresentavano più una conquista politica che una realtà immediatamente operativa ed incisiva. Era necessario invece creare le strutture, addestrare il nuovo personale, a tutti i livelli operativi, conquistare la fiducia dell’opinione pubblica… Ma diede comunque soddisfazione, come ci documenta quanto scrive il geografo Goffredo Casalis: «Da questo decreto nacque un bene grandissimo, cioè la tranquillità e la sicurezza delle persone quiete ed oneste, le quali per l’addietro non erano mai sicure dai sospetti, e dalle inique vessazioni di una polizia sempre capricciosa, e dispoticamente esercitata».(4)

Vi fu un’immediata convinzione che queste riforme realizzassero un grande miglioramento rispetto al passato, quando la Polizia, talora capricciosa e dispotica, poteva sottoporre le persone oneste ad ingiuste vessazioni: già nel 1852, il Dizionario di Diritto Amministrativo, edito a Torino, ricordò che la Polizia del Governo assoluto era stata amministrata dai comandi militari in modo arbitrario e violento, basandosi sull’opera di spie prezzolate e di denuncie segrete; ne era risultata un’organizzazione terribile e sospettosa ma la cui attività aveva finito per ritorcersi contro lo stesso governo. (5)

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(4) Casalis G., Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1851. (5) Vigna L. e Aliberti V., Dizionario di Diritto Amministrativo, V, Torino, 1852, voce «Sicurezza pubblica».

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Questo era dunque il personale della Amministrazione di P.S. nel Regno Sardo previsto dalle disposizioni del 1848 e nella tabella da noi elaborata è illustrata la situazione teorica relativa alle Divisioni amministrative del Piemonte ed alla Divisione di Genova. Il regio decreto del 1848 fu successivamente modificato dalla legge n. 1.404 dell’11 luglio 1852, che istituì il corpo delle Guardie di P.S.: appare quindi giusta la scelta di commemorare l’11 luglio come anniversario di costituzione della Polizia di Stato italiana. Non si dovrebbe mai dimenticare che la legge del 1852 veniva a completare quel processo di riforma della Polizia già iniziato da Pier Dionigi Pinelli nel 1848, sotto il regno del Re Carlo Alberto, il quale con la concessione nello stesso anno dello Statuto liberale, aveva impresso al Regno di Sardegna una precisa svolta democratica.

Nel ritratto a lato, il conte Magg. Gen. Fabrizio Lazari, "capo della polizia Carloalbertina" Ispettore Generale di Polizia, carica che mantiene fino al 1847. Successivamente, viene nominato comandante dell'Arma dei RR.CC. dal 1° gennaio al 13 ottobre 1848.

Amministrazione di Pubblica Sicurezza secondo le disposizioni del 1848 (Situazione relativa alle Divisioni del Piemonte e alla Divisione di Genova)

DIVISIONI AMMINISTRATIVE PROVINCE MANDAMENTI COMUNI

TORINO Intendente generale e Questore coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di P. S. Un Assessore di 1a classe, col titolo di Assessore-capo è specialmente destinato presso il Questore. Tre Assessori di 2a classe; quattro Assessori di 3a classe.

TORINO (giurisdizione del Questore) Pinerolo: DELEGATO ASSISTITO DA APPARITORI DI P. S. Susa DELEGATO ASSISTITO DA APPARITORI DI P. S.

Delegato mandamentale in ogni capoluogo di Mandamento, tranne che nei capoluoghi di Mandamento che sono anche capoluogo di Divisione (Torino)

Sindaco Delegato comunale in Comuni che non sono capoluoghi di Mandamento (a richiesta, a spese del Comune)

IVREA Intendente generale e Questore coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di p. s.

IVREA (giurisdizione del Questore) AOSTA Delegato assistito da Apparitori di P. S.

Delegato mandamentale in ogni capoluogo di Mandamento, tranne che nei capoluoghi di Mandamento che sono anche capoluogo di Divisione (Ivrea)

Sindaco Delegato comunale in Comuni che non sono capoluoghi di Mandamento (a richiesta, a spese del Comune)

CUNEO Intendente generale e Questore coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di p. s.

CUNEO (giurisdizione del Questore) MONDOVÌ Delegato assistito da Apparitori di P. S. ALBA Delegato assistito da Apparitori di P. S. SALUZZO Delegato assistito da Apparitori di P. S.

Delegato mandamentale in ogni capoluogo di Mandamento, tranne che nei capoluoghi di Mandamento che sono anche capoluogo di Divisione (Cuneo)

Sindaco Delegato comunale in Comuni che non sono capoluoghi di Mandamento (a richiesta, a spese del Comune)

VERCELLI Intendente generale e Questore coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di p. s.

VERCELLI (giurisdizione del Questore) BIELLA Delegato assistito da Apparitori di P. S. CASALE Delegato assistito da Apparitori di PS.

Delegato mandamentale in ogni capoluogo di Mandamento, tranne che nei capoluoghi di Mandamento che sono anche capoluogo di Divisione (Vercelli)

Sindaco Delegato comunale in Comuni che non sono capoluoghi di Mandamento (a richiesta, a spese del Comune)

ALESSANDRIA Intendente generale e Questore coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di p. s.

ALESSANDRIA (giurisdizione del Questore) ASTI Delegato assistito da Apparitori di PS. TORTONA Delegato assistito da Apparitori di P. S. VOGHERA Delegato assistito da Apparitori di P. S. BOBBIO Delegato assistito da Apparitori di P. S.

Delegato mandamentale in ogni capoluogo di Mandamento, tranne che nei capoluoghi di Mandamento che sono anche capoluogo di Divisione (Alessandria)

Sindaco Delegato comunale in Comuni che non sono capoluoghi di Mandamento (a richiesta, a spese del Comune)

NOVARA Intendente generale e Questore coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di p. s.

NOVARA (giurisdizione del Questore) PALLANZA Delegato assistito da Apparitori di P. S. OSSOLA Delegato assistito da Apparitori di P. S. VALSESIA Delegato assistito da Apparitori di P. S. LOMELLINA Delegato assistito da

Delegato mandamentale in ogni capoluogo di Mandamento, tranne che nei capoluoghi di Mandamento che sono anche capoluogo di Divisione (Novara) Apparitori di PS.

Sindaco Delegato comunale in Comuni che non sono capoluoghi di Mandamento (a richiesta, a spese del Comune)

GENOVA Intendente generale e Questore coadiuvato da Assessori, assistiti da Apparitori di P. S. Un Assessore di 1a classe, col titolo di Assessore-capo è specialmente destinato presso il Questore. Tre Assessori di 2a classe; quattro Assessori di 3a classe.

GENOVA-CAPRAIA (giurisdizione del Questore) CHIAVARI Delegato assistito da Apparitori di P. S. NOVI Delegato assistito da Apparitori di P. S. LEVANTE (SPEZIA) Delegato assistito da Apparitori di P. S.

Delegato mandamentale in ogni capoluogo di Mandamento, tranne che nei capoluoghi di Mandamento che sono anche capoluogo di Divisione (Genova)

Sindaco Delegato comunale in Comuni che non sono capoluoghi di Mandamento (a richiesta, a spese del Comune)

Fonte: "Milo JULINI - Pier Dionigi Pinelli e il regio decreto 30 settembre 1848, n. 798: la nascita dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza"

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La storia della Polizia attraverso i suoi caduti 1796 – 1890

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Ditirambo.

A scanso di rettorica, ho pensato Di non fermarmi a descriver la stanza

Che in grembo accolse il nobile Senato.

Solamente dirò, che l'adunanza In tre schiume di Birri era distinta, Delle Camere d'oggi a somiglianza,

A dritta, i Birri a cui balena in grinta Il sangue puro; a manca, gli arrabbiati;

Nel centro, i Birri di nessuna tinta.

Birrucoli cioè dinoccolati, Birri che fanno il birro pur che sia, Bracchi no ma locuste degli Stati.

Taglierò corto anco alla diceria Che fece con un tuono da compieta

Il gran Capoccia della sbirreria;

Che deplorò giù giù dall'a alla zeta, E le glorie birresche, e i guasti orrendi Che porta il tempo come l'acqua cheta;

E parlò di pericoli tremendi, E di averli chiamati a parlamento Per consultarli sul modo tenendi

Di riparare in tempo al fallimento.

Dalla manca, Oratore Di que Birri bestiali, Sbucò pien di furore Un Mangialiberali;

E, sgretolando i denti,

Proruppe in questi accenti: Pare impossibile, Che in un paese

Nel quale ammorbano Di crimenlese

Anco gl'ipocriti Del nostro Uffìzio,

Si perda in chiacchiere Tempo e giudizio!

Quando col mietere Di poche teste

Si può d'un soffio Stirpar la peste,

Perchè, cullandosi, Lasciar che cresca

Questa fangaia Liberalesca;

E manomettere Stato e monarca, E a suon di ninnoli Mandar la barca?

Stolto chi reggere Pensa un governo

Colle buaggini D'un far paterno!

Riforme, grazie, Leggi, perdono Son vanaglorie, Pazzie sul trono.

Lasciare un popolo Che fa il padrone? Supporre in bestie Dritto e ragione?

Lodare un regio; Senno, corrotto Di questa logica Da Sanculotto?

No: nel carnefice

Vive lo Stato; Ogni politica

Sa d'impiccato, E un re che a cintola

Le man si tiene, Se casca, al diavolo!

Caschi, sta bene.

Che c' entra il prossimo? Io co' ribelli

Sono antropofago, Non ho fratelli.

Non dico al principe: Allenta il freno,

Tentenna, scaldati La serpe in seno,

E quando il pelago Sale in burrasca, Affoga e ficcati

Le leggi in tasca.

Io vecchio, io vergine D'idee si torte, Colla canaglia

Vo per le corte.

Tenerli d'occhio, (Sia chi si sia)

Impadronirsene, Colpirli, e via.

Ecco la massima Spedita e vera: Galera e boia, Boia e galera.

Disse; e al tenero discorso Di quell'orso - a mano manca Ogni panca - si commosse,

Non si scosse - non fe' segno O di sdegno - od'ironia

L' albagia - seduta a dritta, E ste' zitta - la platea

Si movea - lenta in quel mentre Giù dal ventre - della stanza,

La sembianza - rubiconda E bistonda - d'un Vicario Del salario - innamorato,

Che sbozzato - uno sbadiglio, Con un piglio - di maiale Sciorinò questa morale:

Non dico: la mannaia, Purchè la voglia il tempo,

Rimette a nuovo un popolo, E il resto è un perditempo.

Ma quando de' filantropi Crebbe la piena, e crebbe Questa flemma di codici

Tuffati nel giulebbe;

Quando alla moltitudine, Bestia presuntuosa,

Il caso ha fatto intendere Che la testa è qualcosa;

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Darete un fermo al secolo Li, col boia alla mano? Collega, riformatevi, Siete antidiluviano.

Voi vi pensate d'essere A quel tempo beato

Quando gridava Italia Soltanto il letterato.

Amico, ora le bàlie L'insegnano ai bambini:

E quel nome, dagli arcadi Passò ne' contadini.

Si, le spie s'arrabattano, E lo so come voi;

Ma in fondo, che conclusero Dal quattordici in poi?

Se allora le degnavano Perfino i cavalieri,

Ora, non ce le vogliono Nemmanco i caffettieri.

I processi, le carceri Fan più male che bene: Un liberale, in carcere,

Cingrassa e se ne tiene;

E quando esce di gabbia Trattato a pasticcini,

E preso per un martire, E noi per assassini.

Gua', spero anch'io che i popoli Vadano in perdizione:

Ma se toccasse ai principi A dare il traballone?

Colleghi, il tempo brontola: E ovunque mi rivolto, Vi dico che per aria

C'è del buio, e dimolto!

Il mondo d'oggi è un diavolo Di mondo sì viziato,

Che mi pare il quissimile D'un cavallo sboccato. Se lo mandate libero,

O si ferma, o va piano; Più tirate la briglia E più leva la mano.

lo, queste cose al pubblico, Certo non le direi:

In piazza fo il cannibale, Ma qui, signori miei,

Qui, dove è presumibile Che non sian liberali,

Un galantuomo è in obbligo Di dirle tali e quali.

Sentite: io per la meglio Mi terrei sulle intese;

Vedrei che piega pigliano Le cose del paese;

E poi senza confondermi Nè a sinistra nè a destra, O principe o repubblica. Terrei dalla minestra.

Il centro acclamò, La manca sbuffò:

Un terzo Demostene In piede sali,

Al quale agitandosi. La dritta annui.

Silenzio, silenzio, Udite la parte,

La parte che sfodera Il verbo dell'arte. Gli onorandi colleghi a cui fu dato Prima di me d'emettere un parere,

Non hanno a senso mio bene incarnato Lo scopo dell'ufficio e l'arti vere.

Qui non si tratta di salvar lo Stato, Di cattivarsi il popolo, o messere, D'assicurarsi nella paga un poi;

Si tratta d'aver braccio e d'esser Noi.

Io non ho per articoli di fede E non rifiuto il sangue e la vendetta: Dico, che il forte e di tenersi in piede,

Rispetto al come, è il caso che lo detta. Senza sistemi, il saggio opera e crede Sempre ciò che gli torna e gli diletta:

Mirare al fino è regola costante, E chi soffre di scrupoli è pedante.

Ciò che preme impedire è, che tra loro S'intendano governo e governati:

Se s'intendono, addio: l'età dell'oro, Per noi tanto, fisce e siamo andati.

Dunque convien raddoppiare il lavoro D'intenebrarli tutti, e d'ambo i lati Dare alle cose una certa apparenza

Da tenerli in sospetto e in diffidenza. Noi non siam qui per prevenire il male: Giusto! Va' là, sarebbe un bel mestiere!

La cosi detta pubblica morale

Anzi è l'inciampo che ci dà pensiere. Il vegliare alla quiete universale

È un reggere a' poltroni il candeliere: Quando uno Stato è sano e in armonia.

Che figura ci fa la polizia?

Se cesseranno i molti rivoltosi, Se scemeranno i tremiti al governo,

Nel pubblico ristagno inoperosi Dormirete nel fango un sonno eterno.

Popoli in furia e principi gelosi Son del nostro edifizio il doppio perno.

Perchè giri la ruota e giri bene, Che la mandi il disordine conviene.

Tempo già fu, lo dico a malincuore, Che di giustizia noi bassi strumenti,

Addosso al ladro, addosso al malfattore Miseri cani, esercitammo i denti;

Ma poi che i re ci presero in favore, E ci fecer ministri e confidenti,

Noi, di servi de' servi in tre bocconi Eccoci qui padroni de' padroni.

Dividete e regnate... A questo punto

Suonò d'evviva la piazza vicina Al principe col popol ricongiunto, All'Italia e alla guardia cittadina.

Fecero a un tratto un muso di defunto Tutti, nel centro, a dritta ed a mancina,

E mori sulle labbra accidentato Il genio di quel Birro illuminato.

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Dopo la battaglia di Solferino di Quinto Cenni

L'agitazione del popolo in Milano contro i fumatori del tabacco Litografia disegnata da Anton Ziegl Queste pagine, sono state tratte dal libro "Storia della Polizia attraverso i suoi caduti 1796 - 1890" a cura di Manuela e Vincenzo Marangione, ancora in fase di lavorazione. L’opera comprende diversi volumi, (1796 – 2013) in cui è descritta la storia d’Italia attraverso una lente d’ingrandimento sui caduti della Polizia e su avvenimenti che hanno visto come diretti autori gli stessi appartenenti alla P.S..