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ell’occhio emmetrope la radiazione luminosa proveniente dall’infinito ottico, ad accomodazione rilassata, forma il fuoco immagine in corrispondenza del piano anatomico della retina. Quando ciò non si verifica si è in presenza di un’ametropia (Pagliaga, 1995). Il professionista generalmente considera ‘normale’ l’occhio emmetrope e qualifica come ‘impreciso’ l’occhio ametrope. In realtà la constatazione che la grande maggioranza dei soggetti adulti mostra una condizione rifrattiva compresa tra sf 0,00 e sf+0,75 D ha portato recentemente vari autori a definire tale condizione di lieve ipermetropia come ‘emmetropia funzionale’, cioè come la condizione rifrattiva normale (vedi figura 1 pagina a fianco). La finalità dell’esame rifrattivo è la precisa definizione della combinazione sfero-cilindrica di AMETROPIE, verifica e compensazione N 9 46 A cura di Silvio Maffioletti OTTICA & SCIENZA lenti necessaria a emmetropizzare artificialmente l’occhio del soggetto esaminato (Grosvenor, 2002); si basa su un esame visivo oggettivo (retinoscopia o autorefrattometria) che viene successivamente raffinato con un esame visivo soggettivo, eseguibile con il forottero oppure con l’occhiale di prova (Scheiman, Wick, 2002). Viene così quantificato il potere diottrico necessario per rendere emmetrope l’occhio per mezzo di lenti oftalmiche oppure lenti a contatto; la loro potenza si esprime in diottrie (D) e corrisponde all’inverso della distanza (misurata in metri) tra il punto remoto (PR) e il piano principale oggetto dell’occhio (Faini, Maffioletti, 2006). Attualmente sono circa 30 milioni gli italiani che utilizzano lenti oftalmiche o lenti a contatto per compensare la loro ametropia, che può essere

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ell’occhio emmetrope la radiazione

luminosa proveniente dall’infinito ottico,

ad accomodazione rilassata, forma

il fuoco immagine in corrispondenza del piano

anatomico della retina. Quando ciò non si verifica

si è in presenza di un’ametropia (Pagliaga, 1995).

Il professionista generalmente considera ‘normale’

l’occhio emmetrope e qualifica come ‘impreciso’

l’occhio ametrope. In realtà la constatazione che la

grande maggioranza dei soggetti adulti mostra una

condizione rifrattiva compresa tra sf 0,00 e sf+0,75

D ha portato recentemente vari autori a definire tale

condizione di lieve ipermetropia come ‘emmetropia

funzionale’, cioè come la condizione rifrattiva

normale (vedi figura 1 pagina a fianco).

La finalità dell’esame rifrattivo è la precisa

definizione della combinazione sfero-cilindrica di

AMETROPIE, verifi ca e compensazione

N

946

A cura di Silvio Maffi oletti

OTTICA &

SCIENZA

lenti necessaria a emmetropizzare artificialmente

l’occhio del soggetto esaminato (Grosvenor, 2002);

si basa su un esame visivo oggettivo (retinoscopia

o autorefrattometria) che viene successivamente

raffinato con un esame visivo soggettivo, eseguibile

con il forottero oppure con l’occhiale di prova

(Scheiman, Wick, 2002).

Viene così quantificato il potere diottrico necessario

per rendere emmetrope l’occhio per mezzo di lenti

oftalmiche oppure lenti a contatto; la loro potenza

si esprime in diottrie (D) e corrisponde all’inverso

della distanza (misurata in metri) tra il punto remoto

(PR) e il piano principale oggetto dell’occhio (Faini,

Maffioletti, 2006).

Attualmente sono circa 30 milioni gli italiani che

utilizzano lenti oftalmiche o lenti a contatto per

compensare la loro ametropia, che può essere

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AREA SCIENTIFICA

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sferica o astigmatica (Rossetti, Gheller,

2003). Nelle ametropie sferiche i differenti

meridiani del sistema ottico oculare hanno

la medesima potenza, in quelle astigmatiche

hanno potenza differente.

Miopia e ipermetropia sono ametropie

sferiche che, quando non compensate

con lenti, formano sulla fovea un’immagine

fuori fuoco; una posizione dell’immagine

errata di 1 mm in senso anteroposteriore

corrisponde a un’ametropia sferica di circa

2,7 diottrie, mentre 0,25 D di ametropia

sferica corrispondono a circa 0,09 mm di

spostamento del piano immagine rispetto alla

fovea (Rossetti, Gheller, 2003). Un’immagine retinica

non nitida riduce l’acuità visiva, penalizza le abilità

visive, toglie precisione alle attività controllate dalla

visione (oculomotorie, visuospaziali, visuomotorie) e

rende complessivamente più difficile la conoscenza

del mondo esterno (Grosvenor, 2002).

Nella miopia il sistema ottico oculare forma

l’immagine davanti al piano anatomico della retina

perché il suo potere diottrico è eccessivo rispetto alla

posizione foveale oppure perchè l’occhio è troppo

lungo per quel determinato potere dei mezzi ottici

oculari.

La miopia penalizza in modo significativo l’acutezza

visiva a distanza; è possibile, con un calcolo

teorico, prevedere l’AV in relazione alla miopia del

soggetto attraverso la formula AV = 0.3 / miopia (D).

Indicativamente si ottengono i valori

di acuità visiva indicati nella figura 2

(in alto alla pagina).

La miopia viene compensata con

lenti negative che, allungando la

focale immagine, permettono la

formazione di un’immagine retinica

nitida. In associazione alla miopia si

presenta spesso un’exoforia relativa

alle attività prossimali, che deriva

dalla minor accomodazione stimolata

e quindi dalla minor convergenza

Figura 2 - Variazione dell’AV (espressa attraverso la scala di Snellen per 20 piedi) in funzione della miopia (in ascissa, espressa in diottrie). Tratta da Pagliaga, 1991.

Figura 1 - Variazione della condizione rifrattiva media in funzione dell’età secondo Saunders (1981) e Slataper (1950). Tratta da Rossetti, Gheller, 1993.

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OTTICA & SCIENZA

accomodativa indotta. L’utilizzo “a permanenza” della

compensazione ottica è in questo caso opportuno

per ripristinare nel miope una buona acuità visiva e

un normale equilibrio binoculare.

Nel caso in cui a miopia si associ invece un rapporto

AC/A elevato è consigliabile utilizzare la compensa-

zione ottica della miopia solo per la visione a distan-

za, predisponendo per le attività visive prossimali

una compensazione con lenti

negative di potere inferiore.

Nell’ipermetropia il sistema

ottico oculare forma l’imma-

gine oltre il piano anatomi-

co della retina perché il suo

potere è insufficiente rispetto

alla posizione foveale oppu-

re perchè l’occhio è troppo

corto per quel determinato

potere dei mezzi ottici oculari.

L’ipermetropia viene suddivi-

sa in una componente latente

e in una componente manife-

sta che, a sua volta, è com-

posta da una parte facoltativa

(che può essere corretta con l’uso dell’accomoda-

zione a disposizione del soggetto) e da una parte

assoluta (che eccede le capacità accomodative a

disposizione del soggetto); con il passare degli anni

l’ipermetropia facoltativa si trasforma in assoluta

(Pagliaga, 1995). L’ipermetropia viene compensa-

ta con lenti positive che, accorciando la focale im-

magine, permettono la formazione di un’immagine

retinica nitida. In associazione all’ipermetropia si

presenta spesso un’esoforia nelle attività prossimali,

che deriva dalla maggior accomodazione stimolata

e quindi dalla maggior convergenza accomodativa

indotta. L’entità della compensazione ottica dell’iper-

metropia è legata all’equilibrio accomodativo e alla

stabilità della visione binoculare; diviene necessa-

ria quando la capacità accomodativa diminuisce

oppure quando il surplus di impegno accomodati-

vo richiesto interferisce con la stabilità della visione

binoculare (Rossetti, Gheller,

2003). Nelle ametropie astig-

matiche i vari meridiani del

sistema ottico oculare hanno

differente potenza e il sistema

ottico non è in grado di forma-

re un’immagine puntiforme di

un oggetto puntiforme. Se il

soggetto astigmatico osserva

un punto, il suo sistema ottico

oculare non genera infatti un

fuoco puntiforme ma due li-

nee focali che producono una

visione sfuocata (vedi figura 3

a centro pagina).

L’astigmatismo può essere

secondo regola (il meridiano di maggior potere

è verticale) oppure contro regola (il meridiano di

maggior potere è orizzontale) e viene compensato

con lenti toriche che sono in grado, avendo potere

differente nei due meridiani, di realizzare un fuoco

immagine puntiforme. In Italia, per gran parte del

Novecento, i professionisti della visione si sono

interessati della compensazione delle ametropie

secondo un’impostazione (che sarebbe poi stata

definita ‘classica’) i cui criteri (derivanti dall’ottica

Figura 3 - Posizione dell’intervallo di Sturm nei vari tipi di astigmatismo. Tratta da Pagliaga, 1995.

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•Cappa S., Conspicilla, storia comparata di sette secoli

della professione oftalmica, La Lontra, Genova, 2004.

•Faini M., Maffioletti S. (a cura di), OptoDizionario, in

www.soeo.it, 2006.

•Grosvenor T., Primary care optometry, Butterworth

Heinemann, Boston, 2002.

•Maffioletti S., Ruggeri L., Rilevazione, registrazione

e corretta valutazione dell’acutezza visiva, Assopto

Milano Acofis, 2004.

•Paliaga G.P., I vizi di refrazione, Torino, Minerva

Medica, 1995.

•Paliaga G.P., L’esame del visus, Torino, Minerva

Medica, 1991.

•Pocaterra R., Maffioletti S., Baggio L., Sartori S.,

Percezione visiva e sicurezza stradale, un protocollo

di indagine per gli automobilisti italiani, Assopto Milano

Acofis, 2004.

•Rossetti A., Gheller P., Manuale di optometria e

contattologia, Bologna, Zanichelli, 2003.

•Rossetti A., Gheller P., Manuale di optometria e

contattologia, Bologna, Zanichelli, 1993.

•Scheiman M., Wick B., Clinical management of

binocular vision, heterophoric, accomodative, and eye

movement disorders, Lippincott Williams & Wilkins,

Philadelphia, 2002.

•Scheiman M., Rouse M, Optometric management of

learning-related vision problems, Mosby Elsevier, St.

Louis, 2006.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

fisica e dall’ottica fisiologica) riguardavano

fondamentalmente la fisiologia della funzione visiva e

gli effetti indotti dall’impiego delle lenti. L’occhio veniva

descritto come una macchina fotografica (vedi figura

4 in alto) e si riteneva che la perdita di acutezza visiva

o il manifestarsi di una sintomatologia astenopica

fossero espressione della sua imprecisione rifrattiva

(Pocaterra et al., 2004).

Per questa ragione ogni ametropia veniva

completamente e precisamente compensata con

lenti da portare a permanenza (in caso di soggetti

giovani) oppure con lenti differenziate (per lontano e

per vicino) in caso di soggetti non più giovani.

Nell’ultima parte del Novecento i professionisti della

visione hanno però allargato le proprie competenze,

adottando un approccio in grado di fornire un aiuto

efficace all’uomo d’oggi che, nato in una società

tecnologicamente avanzata, è quotidianamente

sollecitato da intense richieste visive (Cappa, 2004).

In questo nuovo contesto l’analisi visiva assume

finalità più ampie verificando la qualità della

percezione visiva, l’armonia dei comportamenti

visuo-motori e visuo-percettivi, l’efficienza della

risposta alle intense richieste visive prossimali e

all’impegno sempre più prolungato e coercitivo che

l’ambiente socio-culturale esige (Maffioletti, Ruggeri,

2004). Alla luce di tali prospettive il professionista

oggi non si limita a individuare e quantificare le

ametropie attraverso soluzioni compensative

espresse da rigide regole matematiche, ma modula

la soluzione ottica più adatta in rapporto alle necessità

della persona rivolgendo a tale finalità le proprie

specifiche conoscenze e la raffinata strumentazione

che il progresso scientifico e tecnologico gli mette a

disposizione (Scheiman, Rouse, 2006).

Figura 4 – Il modello visivo classico paragonava l’occhio a una macchina fotografica, secondo un’impostazione i cui criteri derivavano principalmente dall’ottica fisica e dall’ottica fisiologica. Tratta da Pocaterra et al., 2004.