Ambienti interattivi

203
Anno Accademico 2008/2009 Corso di Laurea in Disegno Industriale Curriculum Comunicazione Visiva tesi di Laurea di Marco Inglese, relatore Prof. Giuseppe Ridolfi, correlatore esterno Ing. Maurizio Baldini PROGETTAZIONE PER VIDEOAMBIENTI INTERATTIVI -TOTAL PEOPLE SCANNING- Università degli Studi di Firenze - Facoltà di Architettura

description

Ambienti interattivi, tesi di laurea di Marco Inglese, AA. 2009_10 al corso di laurea triennale in disegno Industrale. Relatore: prof. Giuseppe Ridolfi

Transcript of Ambienti interattivi

Page 1: Ambienti interattivi

Anno Accademico 2008/2009

Corso di Laurea in Disegno IndustrialeCurriculum Comunicazione Visiva

tesi di Laurea di Marco Inglese, relatore Prof. Giuseppe Ridolfi, correlatore esterno Ing. Maurizio Baldini

PROGETTAZIONE PER VIDEOAMBIENTI INTERATTIVI

-TOTAL PEOPLE SCANNING-

Università degli Studi di Firenze - Facoltà di Architettura

Page 2: Ambienti interattivi
Page 3: Ambienti interattivi
Page 4: Ambienti interattivi

Il progetto Mailab è un laboratorio congiunto Università–

Impresa per la realizzazione di gruppi di lavoro misti che

riuniscano le competenze e le professionalità dei seguenti

soggetti con specifiche esperienze, maturate nel corso di

alcuni decenni, nei settori delle tecnologie digitali, della

comunicazione e dell’automazione.

Questa tesi nasce dunque con il supporto di Mailab che,

istituzionalmente, tra i suoi obiettivi pone quello di supportare

studenti laureandi, in specialistica, dottorati, e/o

ricercatori, sulla base degli accordi e degli obiettivi sanciti

dalla Convenzione tra l’Università degli Studi di Firenze e

l’Associazione degli Industriali della Provincia di Firenze per

la realizzazione di Laboratori congiunti Università–Impresa e

gruppi di lavoro misti.

Dipartimento Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini”

Aida, Firenze

High Tech Value, Firenze

Idee Digitali

Responsabile scentifico: prof. Giuseppe Ridolfi

www2.mailab.biz

3

Mailab.biz

Page 5: Ambienti interattivi
Page 6: Ambienti interattivi

- ai miei genitori -

Page 7: Ambienti interattivi

- SOMMARIO -

0. Premessa-Interaction design environment-

-Ricerca e analisi-

1. Estetica e composizione dello spazio-Potenzialità di un dispositivo tecnologico-

-Cinetica e materia-

-Lo spazio scenico-

2. Il video-Immagini in movimento-

-VT is not TV-

-Videoambienti-

3. Arte elettronica-Ambienti sensibili-

-la scena digitale-

-Vjing e live media-

-9-

-12-

-16-

-32-

-40-

-56-

-68-

-78-

-96-

-106-

-114-

Page 8: Ambienti interattivi

4. Strumenti-Piattaforme elettroniche-

-Motion capture-

-Programmazione visuale-

5. Progettazione-Concept-

-Sviluppo del progetto nello spazio-

-Editing multimediale-

-Sistemea interattivo integrato-

-Allestimento e conclusioni-

Osservazioni conclusive

Bibliografia

Webografia

Filmografia

-124-

-132-

-142-

-166-

-170-

-176-

-182-

-186-

-194-

-198-

-199-

-200-

Page 9: Ambienti interattivi
Page 10: Ambienti interattivi

L’interaction design è principalmente progettazione

dell’interazione tra uomo e macchina, un argomento troppo

vasto e ambiguo per essere raccontato in questo paragrafo,

tuttavia è bene svilupparne alcuni concetti, al fine di introdurre

quella che è la mia filosofia d’approccio a tale disciplina,

nonché il filo conduttore dei vari contenuti che seguiranno

in questo testo.

Il passaggio dall’analogico al digitale rappresenta una

trasformazione tecnico-culturale che ha sconvolto l’utilizzo

e la fruizione degli strumenti tecnologici, le quali possibilità

vengono amplificate esponenzialmente, ma che rimandano

sempre e comunque ad una matrice rintracciabile di 0 e 1.

9Introduzione

-Interaction design environment-

0. Premessa

Page 11: Ambienti interattivi

Laurent Mignonneau & Corista Sommerer

The living room, 2001

10Introduzione

Page 12: Ambienti interattivi

Quindi a un processo di virtualizzazione che si innesca non

solo nel mezzo di comunicazione digitale, ma anche nell’utente

stesso, il quale attraverso svariati strumenti d’interfaccia con il

sistema, quali il mouse o la tastiera, per fare due esempi molto

comuni, producono un’ulteriore virtualizzazione delle azioni

proprie dell’utente stesso laddove un’eccessiva possibilità

di programmazione digitale, si potrebbe amplificare sino

all’ipertrofia. Pertanto è necessario uno studio delle tecniche

digitali legate all’esigenza creativa e artistica allo scopo

di facilitare le scelte più consoni e conformi alla propria

aspettativa performativa, partendo dalle soluzioni offerte dal

dispositivo per inventarne nuove forme d’uso.

Nel caso dell’interaction design il comportamento del

sistema non è fisso, ma legato agli input forniti dall’utente-

spettatore dell’opera, quindi è opportuno pianificare un

metodo procedurale attraverso il quale porre il computer e

gli strumenti tecnologici utilizzati al servizio dell’idea creativa:

in questo caso, il campo d’indagine specifico è dunque la

creazione di spazi che possano immergere lo spettatore

in una dimensione sensoriale attraverso le ibridazioni e le

contaminazioni tra l’arte, il video e la tecnologia digitale,

di conseguenza, verranno prese in analisi le procedure e le

tecnologie che consentono l’interazione con tale ambiente.

11Introduzione

Page 13: Ambienti interattivi

Progettare un ambiente interattivo. Questa è la

problematica principale di questa tesi, attorno alla quale si

articola un dibattito ampio ed eterogeneo atto ad individuarne

le linee guida per una corretta progettazione, sia tecnica che

artistica. Il seguente percorso critico-progettuale, si sviluppa,

dapprima attraverso un’analisi storico-artistica che ricalca

l’estetica delle varie correnti artistiche del 900, attraversando

trasversalmente vari campi quali l’architettura, l’arte, il

teatro, il design, facendo attenzione a particolari esponenti

ed opere, di cui i contributi hanno segnato una svolta nella

nascita di questa nuova disciplina che è l’interaction design.1

Il passo successivo dunque sarà soffermarsi sulla scelta di

un preciso canale di comunicazione tra i vari a disposizione

ed approfondirne le capacità tecniche, quanto le possibilità

artistiche che sono state sfruttate sin dalla nascita di tale

mezzo, fino alle più recenti tendenze contemporanee: presa

in considerazione la mia formazione universitaria, nonché

l’utilizzo massivo di tale strumento, la mia scelta, non poteva

che ricadere sul video2, in particolare per la sua capacità

di comunicazione universale, che prescinde dalle differenze

culturali e/o geografiche, quindi la possibilità di acquisire

conoscenze per una progettazione specifica destinata

ad un ambito generale con un ampio target. Come per la

prima ricerca, occorre formulare un’analisi storico-artistica,

esclusivamente relativa ad un determinato ambito quale il

1. L’interaction design è l’attività di progettazione dell’interazione che avviene tra esseri umani e sistemi meccanici e informatici. Scopo fondamentale della progettazione dell’interazione è rendere possibile e facilitare al massimo per un essere umano l’uso e l’interazione con macchine (meccaniche e digitali), e la fruizione di servizi e sistemi complessi in modo proficuo e soddisfacente.

2. Per “video” si intende il campo di ricerca, sperimentazione e pratica delle immagini in movimento elettroniche e digitali ad esclusione di quelli cinematografiche e televisive.

12Introduzione

-Ricerca e analisi-

Page 14: Ambienti interattivi

video, sulla nascita e sull’utilizzo del mezzo, confrontando

le diverse soluzioni presentate dai vari artisti nel corso degli

anni, in particolare sulle opere che pongono l’interazione

come elemento imprescindibile per la fruizione dell’opera

stessa al fine di acquisire consapevolezza delle svariate

possibilità di comunicazione che offre il mezzo stesso e

prenderne spunto per la formulazione di un progetto originale

adatto alla commissione sottoposta.

Terzo, ed ultimo quesito, riguarda la parte tecnologica,

ovvero la ricerca delle possibilità che oggi il mercato offre

nell’ambito dell’interaction design, nello specifico, sulle

video-proiezioni bcome forma definitiva di attuazione del

progetto. Quest’ultima, rappresenta la parte più innovativa

ed interessante della tesi, in merito ad attualità dei

contenuti, nonché alla mancanza di una precisa panoramica

sull’argomento, tuttora in via di sviluppo, pertanto difficile

da catalogare ed analizzare.

Infine, una volta, determinata la panoramica generale,

segue l’approfondimento relativo alle scelte effettuate in

relazione al progetto da realizzare, entrando così nell’ambito

puramente progettuale dove ogni produzione viene

accompagnata da un accurato studio delle problematiche,

quindi delle eventuali soluzioni, come supporto imprescindibile

dalla realizzazione concreta del progetto.

13Introduzione

Page 15: Ambienti interattivi
Page 16: Ambienti interattivi

15Capitolo 1

1. Estetica e composizione dello spazio-Storia e tecniche-

Page 17: Ambienti interattivi

Il primo connubio tra sperimentazione tecnologica

e ricerca artistica che indubbiamente ha influenzato

la successiva evoluzione dell’interaction design risale

addirittura al decennio 1725-1735, anni in cui il gesuita Louis-

Bertrand Castel, fisico e matematico francese, presentava il

“clavicembalo oculare”, strumento in grado di interfacciare

un rapporto audiovisivo sinestetico ben definito, dando vita

alla cosiddetta “musica a colori”: ad ogni nota veniva quindi

associata, secondo studi approfonditi dello stesso gesuita,

un colore, il quale appariva proprio in corrispondenza

dell’attivazione del suddetto tasto. La struttura si presentava

con una cassa di 6 metri, costruita sopra la parte preesistente

del clavicembalo, contenente 60 finestrelle con differenti

pannelli di vetro colorato retroilluminati da delle candele,

quest’ultime collegate mediante una carrucola a un tasto

16Capitolo 1

-Potenzialità estetiche di un dispositivo-

Page 18: Ambienti interattivi

specifico dello stesso clavicembalo. La successiva evoluzione

di tale strumento si ottiene più di un secolo dopo con l’organo

a colore di Wallace Rimington del 1895, che riduceva la cassa

da 6 a 3 metri, grazie alla recente scoperta dell’elettricità,

introducendo così un sistema di retroilluminazione ad arco

elettrico in sostituzione delle candele.

Un’altra figura importante nel settore fu Aleksandr Skrjabin

,che partendo dagli studi di Castel, nel 1915 definisce un

primo standard della sinestesia tra suono e immagine con la

“Chromola” (tastiera per luce), nella quale il sistema notale

veniva replicato con un corrispondente sistema cromatico

che durante gli spettacoli necessitava anch’esso di una vera e

propria partitura come per quella musicale. I suoi spettacoli

erano caratterizzati da delle proiezioni su schermi giganti di

6mx10m sospesi sopra l’orchestra con la particolare richiesta

al pubblico di vestirsi di bianco affinché la luce riflessa dagli

schermi potesse insinuarsi nella folla inglobandola nello

spettacolo.

da sinitra a destra

Wallace Rimington

Organo a colore, 1895

Louis-Bertrand Castel

Clavicembalo oculare,

in alto da sinistra a destra

Aleksandr Skrjabin

Esempio di partitura visuale

per Chromola

Otolab

Partitura visuale per

“Quaretto.swf” , 2001

Louis-Bertrand Castel

L’optique des couleurs”, studio sulla

sinstesia suono-colore, 1740

17Capitolo 1

Page 19: Ambienti interattivi

La scoperta dell’elettricità e lo sviluppo dell’industria

meccanica, hanno portato nel 1920 ad altre due invenzioni

degne di nota in materia di musica a colori quali il “Clavilux”

di Thomas Wilfred e il “Piano optofonico” di Vladimir Baranoff

Rossinè. Entrambi seguono il principio della musica a colori,

ma in dimensioni ridottissime grazie all’utilizzo di lenti per

modellare un unico fascio di luce neutra a cui viene aggiunto

il colore tramite dischi di vetro dipinti a mano che ruotando in

continuazione creano pattern di luce. Caratteristica distintiva

per il primo è la versione automatizzata, prodotta in box

speciali contenenti una musica predefinita che produceva la

relativa proiezione visuale, una sorta di antenato di Windows

media player1, mentre il secondo si distinse per il sistema di

controllo effettuato tramite celle fotoelettriche direttamente

collegate ad ogni singolo oscillatore del pianoforte che

regolavano intensità e filtri colore delle proiezioni luminose.

Questo sistema dei dischi trasparenti retroilluminati è stato

recentemente ripreso dalla performance audiovisiva “Circo

ipnotico” di Otlab, che ha brevettato il proprio strumento

con il nome di “Pepposcopio”.

1 Windows media player è un programma software sviluppato da Microsoft per riprodurre file multimediali audio e video, dotato di un generatore grafico interattivo, interfacciato con la traccia audio in esecuzione.

Thomas Wilfred

Clavilux, 1920

Vladimir Baranoff

Piano optofonico, 1920

18Capitolo 1

Page 20: Ambienti interattivi

Otolab

Circo ipnotico

live media performance, 2008

Pepposcopio

Il pepposcopio (dall’autore Peppolasagna), consiste in un

disco trasparente retroilluminato da quattro batterie di led

RGB programmabili. La performance si ottiene dipingendo

direttamente sulla superficie del disco, oppure applicando

diverse maschere di cartoncino nero che muodulano il

flusso luminoso giocando sui tempi di rotazione anch’essi

programmabili.

19Capitolo 1

Page 21: Ambienti interattivi

Analizzando dunque l’interaction design come pratica e

studio affine a diverse discipline, tra cui arte e architettura,

viene spontaneo sottolineare quello che è stato il prezioso

contributo della Bauhaus2, in merito all’approccio progettuale

e alla capacità di riunire arte e tecnica al servizio della

società. L’eredità permanente che ha lasciato la scuola e che

anche attualmente influenza l’insegnamento, soprattutto

dell’industrial design, sono le innovazioni didattiche.

L’organizzazione dei corsi subì molte modifiche durante la vita

della scuola, ma alcuni aspetti sono peculiari e universalmente

collegati al Bauhaus. Inizialmente, uno dei principali obiettivi

della scuola fu di unificare arte, artigianato e tecnologia,

perciò da questa finalità, possiamo dire che presso il Bauhaus

2 Letteralmente, “casa delle costruzioni”, fondata da Walter Gropius a Weimar nel 1919, dalla fusione della Scuola Granducale di Arti Plastiche (Accademia di Belle arti) e della Kunstgewerbeschule (Scuola di artigianato artistico). Questa origine esemplifica il programma della nuova scuola che vuol riunire arte applicata e architettura.

Bauhaus

veduta della sede di Dessau, 1928

20Capitolo 1

Page 22: Ambienti interattivi

assistiamo alla nascita della disciplina del design intesa

come unione di tecnica e arte, uno dei concetti principali

dell’ideologia gropiusiana. A tal proposito vennero chiamati

come docenti fondatori artisti del calibro di Vasilij Kandinskij

e Paul Klee e inoltre, veniva addirittura prevista una doppia

direzione per quanto riguarda i laboratori che dovevano

essere diretti da un artista e da un maestro artigiano. Un’altra

innovazione importante fu il Vorkurs cioè il corso preliminare:

tale attività didattica, svolta prima da Itten (che insegnava

a liberare l’energia creativa e a indirizzarla verso la meta

di una forma energetica e gestuale) e poi da Moholy-Nagy,

corrisponde al moderno corso di basic design ed è tuttora

uno dei corsi fondamentali in molte scuole di architettura

e industrial design nel mondo. Lo studente doveva seguire

un corso preliminare di sei mesi, durante i quali studiava

le caratteristiche dei materiali, dei colori, delle forme

naturali e composizioni geometriche, ma anche le leggi della

percezione visiva. Ne seguiva la seconda fase, che durava

tre anni, consisteva in attività di laboratorio (falegnameria,

metalli, tessitura, stamperia, scultura, ceramica) dove si

sperimentavano le caratteristiche tecniche e di lavorazione

dei materiali, di conseguenza la terza fase consisteva in

un tirocinio in cantieri edili e prevedeva lo studio della

progettazione e della costruzione architettonica. Non c’era

insegnamento di storia nella scuola, perché si supponeva

che tutto venisse disegnato e creato come se fosse la prima

volta, piuttosto che pensando ai precedenti: la macchina

veniva considerata un elemento positivo e quindi il design

industriale e del prodotto ne erano componenti importanti.

21Capitolo 1

Page 23: Ambienti interattivi

Tra i vari studi praticati durante gli anni di attività

della Bauhaus, di particolare interesse per questa ricerca,

risultano gli esperimenti effettuati sull’utilizzo della luce

come strumento di comunicazione, praticati sulla base del

concetto delle possibilità estetiche di un dispositivo. La luce

fu, peraltro, l’elemento principale dello sviluppo dell’arte

moderna, quindi di tutte le avanguardie, a partire dal

contributo essenziale che diede l’impressionismo nella pittura

con un utilizzo della luce in forma autonoma, indipendente

dalla rappresentazione dell’oggetto, per farsi portavoce di

un’espressione artistica personale. L’interesse della Bauhaus

in quest’ambito nasce proprio da questa problematica, con

l’obbiettivo finale di creare, attraverso un innovativo uso

della luce, un genere artistico più completo che forte di

un’elevata azione psico-fisica, riesca a rendere in movimenti

reali quelle forme che nei dipinti creano, attraverso i loro

reciproci rapporti, l’illusione di movimenti e tensioni.

I primi esperimenti della Bauhaus, furono eseguiti a Weimar

nell’estate del 1922, in seguito a delle conversazioni tenute

tra il maestro artigiano Josef Hartwing3 con gli assistenti Kurt

Schwertdfeger e Ludwig Hirschfeld-Mack, dando vita negli

anni successivi a delle vere e proprie tournee che toccarono

numerose località4. L’idea fondamentale ed il procedimento

che stava alla base dei “giochi di luce con riflettori” erano

molto semplici: diverse sagome, precedentemente preparate,

venivano spostate avanti e indietro, a volte sovrapposte davanti

ad un riflettore, dunque proiettate sulla faccia posteriore di un

telo di lino trasparente cosicché sulla faccia anteriore, rivolta

verso il pubblico, apparivano una serie di figure astratte in

movimento. Attraverso schermature applicate sulle sorgenti

3 Josef Hartwig fu membro del Bauhaus dal 1921 al 1925 in qualità di maestro artigiano responsabile per la parte tecnica dell’officina di scultura.

4 Tra le varie apparizioni, da segnalare: Maggio 1924 “matinée cinematografica” alla Volksbühne di Berlino; Settembre 1924 “festival della musica e teatro” di Vienna.

22Capitolo 1

Page 24: Ambienti interattivi

Ludwig Hirschfeld-Mack

Cabina di proiezione dei giochi di luce, 1924 23Capitolo 1

Page 25: Ambienti interattivi

Ludwig Hirschfeld-Mack

Cabina di proiezione dei giochi di luce, 1924

di luce e l’inserimento di resistenze era possibile controllare

l’intensità luminosa sia delle singole forme che dei complessi

di forme, dove l’improvvisa comparsa e scomparsa delle varie

parti della composizione veniva regolata tramite interruttori.

Gli elementi formali di figurazione erano prevalentemente il

punto colorato in movimento, la linea e la superficie. Ognuno

di questi poteva essere mosso con qualsiasi velocità ed in

qualsiasi direzione, ingrandito o rimpicciolito, sdoppiato o

addirittura sovrapposto ad altri elementi, formandone così

di terzi dalle tonalità cromatiche frutto della mescolanza

di due o più sorgenti luminose colorate5. Questi giochi

di luce furono studiati e brevettati per accompagnare

performance musicali tramite un rapporto simbiotico tra

le due forme di comunicazione, cosicché l’articolazione

temporale veniva resa più chiaramente percepibile grazie

al ritmo acustico mentre i vari fenomeni ottici venivano

5 La struttura era composta da campi mobili di luce gialla, rossa, verde e azzurra, con una serie di gradazioni organiche che vanno dalla oscurità alla luce più viva.

24Capitolo 1

Page 26: Ambienti interattivi

sottolineati ed esaltati dalla musica. Si rese necessaria così,

una specie di partitura per i tecnici delle luci che, come in

un’orchestra, seguivano istruzioni scritte per regolare azioni

che diventano indispensabili in un determinato tempo e in

un determinato luogo nel corso della rappresentazione. Un

ulteriore peculiarità di queste sperimentazioni era proprio la

rappresentazione, in quanto le partiture, ovvero i movimenti

delle sagome e le regolazioni delle luci, non erano fissati

una volta per tutte meccanicamente, bensì ricreati ex novo

ad ogni nuova rappresentazione, lasciando ampio margine

all’improvvisazione, pertanto si possono definire come

precursori delle odierne performance di vjing.

Un altro campo fertile sulla sperimentazione artistica della

luce nella Bauhaus, fu la fotografia, che seppur introdotta

come insegnamento solo dopo il 29, vede molto prima come

suo maggiore esponente Lazlo Moholy Nagy, alla cui base degli

insegnamenti vige il concetto di creatività posta al servizio

della performance. I suoi esperimenti, risalgono già all’inizio

degli anni venti, concentrandosi proprio sulla fotografia al

Ludwig Hirschfeld-Mack

Partitura sonora e visuale per uno spettacolo di luce, 1924

25Capitolo 1

Page 27: Ambienti interattivi

fine di liberarla dalla sua mera rappresentazione meccanica,

spinto da un desiderio di una figurazione visiva autonoma,

priva delle limitazioni della corrispondenza illustrativa col

reale, come nella pittura delle avanguardie. Tuttavia, una

nuova tecnica deve creare una nuova forma adeguata ai propri

mezzi: la fotografia è essenzialmente una composizione di

valori luministici, pertanto nella fotografia di Moholy-Nagy,

i mezzi tecnico-meccanici devono incidere su ciò che sarà

la composizione della figurazione, allo scopo di generare

effetti espressivi ed astratti. Riflettori, proiettori, smalti,

gelatine ed altri materiali simili consentono un’azione sulla

luce priva di strutturazione pigmentale, quindi immateriale,

producendo un arricchimento della visone (l’artista la

chiamerà “Nuova visione”), che non si avvede di alcun

riferimento a canoni universali o storici. Nella ricerca che

Moholy-Nagy applica alla fotografia, è di particolare rilievo

l’utilizzo della tecnica off-camera6, i fotomontaggi realizzati

direttamente in camera oscura senza alcun uso del collage,

tipico quest’ultimo, della precedente ricerca dadaista e di

altre correnti artistiche. Attraverso l’utilizzo di modulatori

di luce ed altri tecnicismi come le esposizioni multiple, le

sovrapposizioni di stampa, il negativo, l’artista riesce a far

condividere immagini fotografiche con elementi grafici e

geometrici, dando luogo a delle composizioni complesse ed

espressive.

Forte di questa “nuova visione”, negli anni 26-27, Moholy-

Nagy portò in giro per l’Europa un suo spettacolo con un

organo a colore riadattato per le proiezioni filmiche a cui

collaborò un altro artista del cinema astratto quale Osca

Fishinger, divenuto famoso per ricreare immagini astratte

filmiche di grande complessità.

6 Per fotografia “off-camera”, si intende la fotografia che viene sottoposta ad elaborazione e composizione creativa nel passaggio in camera oscura, dunque a camera spenta.

Lazlo Moholy-Nagy

Fotogramma, 1923

Fotogramma, 1923

26Capitolo 1

Page 28: Ambienti interattivi

da sinistra a destra

Marie Ellen Bute

Synchronomy n$, 1939

A color rapshody, 1951

Un’ulteriore figura proveniente dal cinema astratto che ha

sperimentato nuove forme artistiche dallo studio di dispositivi

tecnologici, fu Mary Ellen Bute, la quale, concentrandosi

nel suo caso su tecnologie scientifiche, collaborò con molti

scienziati, tra i quali Joseph Schillinger, autore di una teoria

sulla struttura musicale come prodotto di una serie di formule

matematiche, quindi appropriatasi di tale principio, riuscì

negli anni 50 a ricreare dei pattern grafici attraverso la diretta

manipolazione di un oscilloscopio7.

Analogamente alla ricerca di Mary Ellen Bute, un nome degno

di nota è Mikomikona, gruppo artistico le cui performance

audiovisive sono frutto della proiezione di lavagne luminose

dotate di dispositivi analogici autocostruiti che leggono

e trasformano in segnali audio le

stratificazioni di composizioni optical8

disegnate su fogli lucidi. Questo viene

reso possibile secondo il fenomeno

conosciuto come sintesi ottica del

suono per la quale ogni suono è

rappresentabile secondo una forma

precisa forma d’onda determinata.

7 L’oscilloscopio è uno strumento di misura elettronico che consente di visualizzare graficamente l’andameto temporale dei segnali elettrici

8 da optical art, composizioni di immagini che creano illusioni ottiche di movimento

Mikomikona

Faurier tranzformation I+II, 2003

27Capitolo 1

Page 29: Ambienti interattivi

Concludendo quindi sul rapporto tra arte e scienza,

troviamo una serie di artisti contemporanei che hanno

portato avanti questa ricerca audiovisiva, analizzando

il comportamento dei materiali e di specifici fenomeni

naturali, nel tentativo di associarne o addirittura produrre un

evento audiovisivo. Tra questi artisti si distinguono Carsten

Nicolai, autore di diverse installazione e/o oggetti sonori e

audiovisivi, il gruppo Semiconductor, che si appoggia alla

NASA9 per la ricezione di fenomeni sonori e uditivi particolari

provenienti dallo spazio, giocando quindi sulle loro possibili

visualizzazioni, per finire con Evelina Domnitch e Dimitri

Gelfand, i cui progetti sono caratterizzati da uno studio

estetico di fenomeni chimico-fisici, dunque dei veri e propri

esperimenti scientifici, solitamente legati a fattori sonori,

sfruttati per costruire la loro performance audiovisiva, come

nell’opera “Camera lucida” del 2004, che mette in evidenza

la correlazione audiovisiva legata al fenomeno della

sonoluminescenza10, inviando un suono all’interno di una

camera ad alta pressione satura di un gas raro, provocando

così delle microesplosioni luminose.

9 National Areonautics and Space Administration, è l’agenzia governativa responsabile per il programma spaziale degli Stati Uniti d’America.

10 La sonoluminescenza è un processo fisico in cui l’energia sonora viee trasformata in luce.

Evelina Domnitch e Dimitri Gelfand

strumentazione per la performance Camera lucida28Capitolo 1

Page 30: Ambienti interattivi

Carsten Nicolai

Mikro makro, 1996 - color Polar, 2000 - Spray, 2004

Installazioni audio e video interattive

Semiconductor

Nanowebbers, 2001 - Brillant noise, 2006

Live media performance

Evelina Domnitch e Dimitri Gelfand

Camera lucida, 2004 - 10.000 Peackock acid, 2008

Live media performance

29Capitolo 1

Page 31: Ambienti interattivi
Page 32: Ambienti interattivi

RISORSE

HANS M. WINGLER, Il Bauhaus, traduzione italiana a cura di Libero Sosio, Feltrinelli, Milano 1987

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

http://www.zuviel.tv/mikomikona.htmlhttp://www.carstennicolai.de/http://portablepalace.com/

31Capitolo 1

Page 33: Ambienti interattivi

Secondo il connubio tra arte e tecnica, una breve

parentesi merita di essere aperta riguardo ad una delle

tendenze dell’arte contemporanea negli anni successivi alla

seconda guerra mondiale, per quanto riguarda l’ingresso

della cinetica nelle varie discipline artistiche. Lo sviluppo

della società moderna industriale e consumista, si è riflessa

in un’inevitabile interdipendenza tra arte ed industria,

che ha generato una nuova “arte materica” definita dalla

presenza di materiali insoliti (lamiere di ferro, cocci di vetro,

fili d’acciaio, colla), talvolta ignoti alle correnti artistiche

precedenti (plexiglas, materie plastiche). La caratteristica

comune nell’utilizzo di questi materiali provenienti

dall’industria, si riscontra prevalentemente nella scelta

di materie allo stato grezzo, piuttosto che lavorate, dove

Capitolo 1 32

-Cinetica e materia-

Page 34: Ambienti interattivi

trovano ampio spazio addirittura i rifiuti. Questo nuovo

approccio dell’arte, trova campo fertile nella scultura, data

la particolare natura tridimensionale di quest’arte, dove

recuperando il concetto del ready-made1, introdotto dai

dadaisti, si sviluppa una scuola basata sul detrito, ovvero

sull’assemblaggio di pezzi recuperati da organismi meccanici

preesistenti attraverso la tecnica della saldatura, pratica

comunissima all’industria meccanica. “Ruota di bicicletta”

(1913) di Duchamp, vede una ruota di bicicletta con la sua

forcella inserita alla rovescia su uno sgabello, con un invito

generico a toccarla. È la prima opera d’arte a far uso diretto

del movimento fisico per esprimere il suo messaggio.

Sul concetto di movimento come mezzo di espressione

artistica, si è interessato Jean Tinguely, autore di macchinette

fantasiose, assemblate con materiali di varia natura, quasi

sempre rifiuti o pezzi di macchine in disuso. La sua arte

è basata proprio sulla ruota e sul movimento rotatorio in

un’eterna ripetizione e cambiamento: i meccanismi da lui

creati sono deliberatamente difettosi, gli accoppiamenti

mancano di precisione, i movimenti si bloccano e ripartono

seguendo le regole del caso di un disordine meccanico.

1 Il termine ready-made (traducibile come “instantaneo”, “detto-fatto”...) è utilizzato per descrivere un’opera d’arte ottenuta da oggetti per lo più appartenenti alla realtà quotidiana. L’inventore del ready-made fu il dadaista Marcel Duchamp nei primi decenni del Novecento ed ancora oggi è una pratica molto usata (nelle sue varie evoluzioni) nell’arte contemporanea.

33Capitolo 1

Page 35: Ambienti interattivi

Tra le sue innumerevoli sculture in movimento, mi è

sembrato opportuno citare un’opera di recente fattura, in

cui Tinguely, per la prima ed unica volta inserisce il video,

quindi una tecnologia non meccanica, nella composizione

dell’opera. La scultura consiste nello smantellamento di

un’autovettura della Formula 1, quindi riassemblata in

simbiosi con una struttura a grandi braccia meccaniche che

si muovono in direzioni diverse, che a loro volta reggono

alcuni proiettori i quali rimandano immagini filmiche alle

pareti intorno. Le riprese, sono relative ad un pit-stop (da

cui il nome dell’opera) della vettura Renault di Alain Prost,

durante la corsa all’autodromo di Zeltweg in Austria del 1983.

Le pellicole sono state manipolate mediante sovrimpressione

e rallentamenti, al fine di smorzare la tensione di un’azione

frenetica e pericolosa, per sottolinearne la precisione dei

movimenti. Come per molte delle opere di Tinguely, è presente

un pulsante di azionamento dell’intero meccanismo, lasciato

ad uso discrezionale da parte del pubblico, introducendo il

fattore interattivo, seppur a livello basico.

Jean Tinguely

Tinguely museum

Basilea

nella pagina successiva

Jean Tinguely

Pit stop, 1983

34Capitolo 1

Page 36: Ambienti interattivi

35Capitolo 1

Page 37: Ambienti interattivi

Julien Maire

Diapositives , 1998

Live media performance

Julien Maire

Exploding camera, 2007

Live media performance

36Capitolo 1

Page 38: Ambienti interattivi

Una sperimentazione meccanica analoga a quella di Tinguely,

incentrata però non sulla materia stessa, ma sull’immagine e sul

video, si trova nelle opere di Julien Maire , artista contemporanea,

che nei primi anni del 2000 sperimenta una decostruzione e

ricomposizione di media analogici tradizionali (proiettori, televisori,

diapositive, filtri), utilizzandoli all’inerno di complesse strutture

elettriche meccanicizzate spesso attivate in tempo reale dall’artista

come per la performance “Diapositives” del 1998, dove animava

delle diapositive tramite teatrini meccanici che giocavano su layer

sovrapposti all’immagine statica.

Julien Maire

Demi pas, 2002

Live media performance

37Capitolo 1

Page 39: Ambienti interattivi
Page 40: Ambienti interattivi

39Capitolo 1

RISORSE

PONTUS HULTEN, JEAN TINGUELY, Una magia più forte della morteBompiani, Milano 1987

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

http://julienmaire.ideenshop.net/

Page 41: Ambienti interattivi

Una volta approfondite le questioni “tecnica” e “materia”,

non rimane che analizzare lo spazio, ovvero il luogo fisico

dove prende vita l’opera o la performance vera e propria.

Anche qui ci troviamo di fronte ad un argomento molto

vasto e variopinto, da cui occorre selezionare le esperienze

utili alla ricerca critica affine al progetto multimediale in

questione. Partendo proprio dal concetto di arte totale,

intesa come l’unione delle arti e delle discipline allo scopo

di essere più vicini all’armonia della natura, concetto

sviluppatosi nell’800 romantico, troviamo come maggiore

esponente di questa corrente, il compositore tedesco

Richard Wagner, il quale oltre ad essere un musicista, viene

ricordato per il suo progetto “Gesamtkunstwerk”, ovvero un

40Capitolo 1

-Lo spazio scenico-

Page 42: Ambienti interattivi

teatro appositamente studiato per immergere lo spettatore

nell’opera. L’architettura del complesso prevedeva un palco

estremamente profondo al fine di sollecitare una visione

fortemente tridimensionale, l’orchestra, invisibile allo

spettatore, veniva posizionata all’interno di un tunnel sonoro

in modo che funzionasse da cassa di risonanza, quindi una

tribuna semicircolare era in grado di produrre un’acustica

perfetta ed immersiva a prescindere dalla posizione dello

spettatore. Questa concezione di opera teatrale intesa come

insieme di eventi musicali, visivi e scenografici, introduce per

la prima volta nella storia il concetto che oggi conosciamo

come multimedialità, che ha influenzato fortemente molte

correnti artistiche del secolo a venire.

Richard Wagner

Richard Wagner

Gesamtkuntwerk, 1850

41Capitolo 1

Page 43: Ambienti interattivi

Giacomo Balla

Scenografia di Feu d’artifice

Balletti russi, 1917

Il teatro del Novecento ci viene incontro in questo senso,

attraverso varie sperimentazioni applicate alla scenografia

che vedono l’intrusione dei nuovi media come parte portante

della progettazione, a partire dal contributo delle avanguardie

ed il conseguente ritorno di ispirazione dal teatro alle stesse

avanguardie: nasce così il concetto di “teatro totale” che

ha tra le sue finalità una maggiore compartecipazione del

pubblico allo spettacolo-evento dove anche la scenografia si

riscopre protagonista tramite l’apporto di effetti cinetico-

visuali. Un primo innovativo contributo, emerge dall’estetica

promossa dal Futurismo e dai Balletti russi, con importanti

artisti-scenografi come Balla, Depero e Bakst, per i quali

la scena si trasforma in un processo dinamico sullo stretto

coordinamento tra colore, suono e movimento, giungendo alla

creazione di uno spazio scenico “polidimensionale”, abolendo

le tradizionali forme orizzontale e cubica del palcoscenico e

dell’arcoscenico1.

1 Arcoscenico, o boccascena è, nel teatro, lo spazio, in altezza e larghezza, che delimita il palcoscenico nei confronti della platea, ed è formato dall’insieme degli elementi che incorniciano la scena.

nella pagina successiva

Luigi Russolo

Intonarumori, 1913

Intonarumori

Famiglia di strumenti musicali

composta da generatori

acustici che permettevano

di controllare la dinamica, il

volume e la lunghezza d’onda

di diversi tipi di suono..

42Capitolo 1

Page 44: Ambienti interattivi

Leon Bakst, da parte sua, ebbe una rilevante

impronta sul campo della moda, disegnando i

costumi per i Balletti russi, i cui richiami esotici,

influenzarono le successive correnti artistiche

dei Fauves e dell’Art déco, tuttavia, restando in

materia scenografica, Bakst viene ricordato per

la sua profonda conoscenza delle combinazioni

cromatiche e per un eccessivo uso del colore, il

quale assumeva un valore altamente simbolico in

ogni sua rappresentazione, concependo dunque

la scena in tre dimensioni,

dilatandola attraverso simmetrie

occulte, ottica spaziale e

profondità della scena, dentro

cui lo spettatore doveva entrare

in una dimensione onirica.

Leon Bakst

scena di Sheherazade, Opera di Parigi, 1910

Leon Bakst

bozzetto per la scenografia di Sheherazade,

Opera di Parigi, 1910

43Capitolo 1

Page 45: Ambienti interattivi

Walter Gropius

pianta per il progetto

“Taeatro totale “, 1927

Una ricerca analoga a quella del Futurismo, si ritrova

qualche anno più tardi nella scuola tedesca della Bauhaus,

con i contributi di Gropius e Schlemmer. Il primo sviluppò

un progetto architettonico (mai realizzato) di teatro totale

sottoforma di teatro-macchina, dove la sua particolare

forma ovale a conchiglia, permetteva una rotazione di 180

del palcoscenico e di parte della platea, consentendo uno

scambio agile tra le due forme storiche del palcoscenico,

ovvero la forma greca, con il palco al centro della platea e

la forma classica, con il palco in opposizione alla platea. Il

fine di questo progetto era di incentivare la partecipazione

dello spettatore allo spettacolo, destandolo dalla sua apatia

intellettuale manifestata durante la visione. I tentativi della

Bauhaus di stabilire un collegamento tra l’elemento artistico

e quello tecnico, si diffusero quindi anche nel settore del

teatro, in particolare nella danza, dove si distinse l’operato

di Oskar Schlemmer per i suoi peculiari costumi e scenografie

che prendono ispirazione dall’estetica futurista.

Il Balletto, diviene così, un balletto meccanizzato;

L’uomo non è più al centro dell’attenzione, ma immerso tra

44Capitolo 1

Page 46: Ambienti interattivi

gli altri elementi dello spazio teatrale confondendosi tra

le scenografie, quindi le stesse scenografie compenetrano

la figura umana diventandone una parte effettiva, in

uno spettacolo dove tutti i mezzi fisici e spirituali sono a

disposizione della creazione artistica. Anche la musica subisce

quest’azione meccanico-sensibile grazie alla precedente

rivoluzione del Futurismo che introdusse i rumori come mezzo

espressivo, quindi musicale, completando le improbabili

figurazioni di Schlemmer attraverso un’ampia gamma di

sonorità meccaniche. Sfondi neri, infine, accompagnano

e sottolineano le azioni dei ballerini che si fondono con le

forme meccaniche al fine di esaltare e vivere lo spazio con il

corpo, rendendolo un’unità inscindibile dal contesto. Oskar Schlemmer

Danza spaziale, 1927

Oskar Schlemmer

Danza delle verghe, 1927Oskar Schlemmer

Treppenwitz, 1926

45Capitolo 1

Page 47: Ambienti interattivi

I fondamentali impulsi di Futurismo e Bauhaus, spinsero

la scenografia moderna verso l’uso di materiali desueti e

successivamente all’abbandono dello spazio tradizionale del

teatro a favore di altri luoghi, come fabbriche in disuso o

esposizioni internazionali per esempio. Queste tendenze

portarono il teatro e non solo a un linguaggio contemporaneo

costantemente in aggiornamento, quindi alla comparsa di

nuove tecnologie a favore della creazione artistica (neon,

plastica, video, computer e laser). Si iniziò quindi ad indagare

lo spazio come strumento, come per il “cinema espanso”,

figlio del cinema sperimentale astratto, ma caratterizzato

da una forte componente spaziale. Un chiaro esempio di

cinema espanso furono i “Vortex concert” di Jordan Belson

(videoartista) e Henry Jacobs (compositore) del 1957,

concerti di musica elettronica distribuita su 50 altoparlanti,

accompagnati da proiezioni non più su un supporto di tipo

schermo, ma direttamente sulla cupola di un planetario

grazie all’utilizzo 30 proiettori, con il risultato globale di

un’immerisività totale da parte dello spettatore, anticipando

di gran lunga le moderne installazioni di videoambienti.

Contemporaneamente ai Vortex concert, sempre indagando

le possibilità immersive dello spazio architettonico, troviamo

due esperienze artistiche di due architetti famosissimi

46Capitolo 1

Page 48: Ambienti interattivi

Jordan Belson

Henry Jacobs

Vortex concert, 1957

all’epoca quali Le Courbesier e Van Der Beek, l primo con

il progetto del padiglione Philips per la expo di Bruxelles

del 1958 dove, con la collaborazione di Edgar Varese e

Iannis Xenakis, fu costruita una struttura complessa in cui

era disposto un sistema di 425 altoparlanti attraverso un

sistema di 11 canali, mentre al secondo si deve il progetto

“Movie Drome” del 1963, in cui l’artista ebbe l’idea di

creare un teatro sferico dove le persone potessero

sdraiarsi e godere di suoni e immagini tutt’attorno.

Le Courbesier

Padiglione Philips, 1958

Stan Van Der Beek

Moviedrome , 1963

47Capitolo 1

Page 49: Ambienti interattivi

Josef Svoboda,

disegno per Polyécran , 1958 Un’ulteriore figura importante nella sperimentazione

“scenotecnica”, è sicuramente Josef Svoboda, autore

di oltre 700 scenografie, nonché di alcune invenzioni

tecnologiche tra cui i proiettori per il controluce, chiamati

anche proiettori Svoboda. La ricerca dell’artista ceco, si

caratterizza da un uso virtuosistico della luce e di impianti

audiovisivi, arricchiti da laser e specchi per accentuarne

l’effetto. Un esempio importante è il “Polyécran”, un

sistema di multischermo presentato per la prima volta alla

Expo di Bruxelles del 1958, dove l’idea creativa maturata

da Svoboda consisteva nella creazione di uno spazio per

mezzo di proiezioni cinematografiche su una serie di schermi

collocati sul palcoscenico: otto schermi per la proiezione in

forma trapezoidale e quadrata situati in uno spazio nero in

uno spettacolo senza attori che si compone esclusivamente

di musica registrata e di immagini che provengono da sette

proiettori cinematografici ed otto diaproiettori2. Tale

soluzione tecnica prevede inoltre la sincronizzazione dei

media attraverso la messa a punto di un circuito elettronico

con una memoria che dirigesse tutte le funzioni.3

2 Proiettori per dipositive.

3 Il circuito elettronico, fu realizzato da Miroslav Pflug.

48Capitolo 1

Page 50: Ambienti interattivi

Il passo successivo dell’applicazione multimediale di

Svoboda alle arti scenografiche, lo realizza per l’allestimento

di “Intolleranza” di Luigi Nono, presentato a Venezia nel

1961, che però viene censurato a causa dei suoi contenuti

dichiaratamente politici, pertanto verrà ripresentato in

versione integrale all’Opera Group di Boston nel 1965.

La particolarità di questo allestimento, oltre alla ormai

consueta presenza di sistemi di proiezione, eidofori4 in

questo caso, risiede nel tentativo di costruire lo spettacolo

come un “happening”5 controllato tramite una regia. Sul

palcoscenico si svolge l’azione principale, mentre il coro,

realizza la propria performance in uno studio televisivo a

10km dal teatro, messo a disposizione per la diretta da

trasmettere sugli eidofori. Un ulteriore studio viene allestito

4 L’eidoforo è un apparecchio per proiezioni televisive dal vivo su grandi schermi

5 L’happening è una forma di teatro in cui diversi elementi a-logici, compresa l’azione scenica priva di matrice, sono montati deliberatamente insieme ed organizzati in una struttura a compartimenti.

Josef Svoboda

Polyécran , 1958

49Capitolo 1

Page 51: Ambienti interattivi

Josef Svoboda

schema progettuale per

Intolleranza, 1967

all’interno del teatro per quanto riguarda la produzione

grafica, quindi in tutti gli ambienti vengono posizionati

monitor di preview che consentono a ciascun partecipante

di guardare la performance degli altri in tempo reale. Tutte

le immagini sono controllate da una cabina di regia in cui

vengono montate in tempo reale o registrate per essere poi

proiettate al momento opportuno. La consulenza tecnica è

affidata al MIT6, lo schema progettuale, prevede la disposizione

di tre grandi schermi, due per proiezione degli eidofori e

uno per le proiezioni cinematografiche, mentre altri schermi

più piccoli vengono posizionati in alto per la proiezione di

diapositive. Il risultato è un collage di diverse fonti video

montate su un flusso sonoro, in un contesto spettacolare,

esattamente come accade oggi per le performance di vjing.

Nello stesso anno, per lo spettacolo “La creazione del

mondo” di Radok, Svoboda ritorna sul sistema Polyecran,

ma con la variante dell’uso esclusivo di diapositive, da cui il

nome “Polydiaecran”. Tale sistema è composto da 112 moduli

quadrati costituiti da un tubo chiuso da uno schermo, ogni

modulo è servito da due diaproiettori, che possono funzionare

in dissolvenza, per un totale di 240 caricatori di diapositive che

consentono, in retroproiezione, di far muovere l’immagine da

un lato all’altro dello schermo modulare in sequenza. In ogni

quadrato si possono effettuare 160 cambiamenti d’immagine

ed ogni tubo giace su una slitta che consente di avanzare

o retrocedere di un metro, offrendo l’effetto di continua

variazione della superficie del maxi-schermo modulare fino

a due metri di profondità. Lo spettacolo durava 10 minuti e

considerando l’intera struttura, si aveva a che fare con una

quantità di immagini impressionante per l’epoca, controllate

da un dispositivo analogico per la gestione di oltre nove

milioni di inputs.

6 Massachusetts Institute of Technology (MIT), è l’instituto di tecnologia applicata della Harvard University.

50Capitolo 1

Page 52: Ambienti interattivi

Va fatta infine menzione, dello spettacolo

multimediale audiovisivo “Polyvision”, allestito da Svoboda

per l’Expo del 1967 a Montreal, con proiezioni dirette su

forme tridimensionali (cubi, prismi, sfere e cilindri), disposte

in uno spazio scenico di 30 metri di larghezza e capaci di

ricevere proiezioni su tre facce, o la possibilità di ruotare

sul proprio asse per quanto riguarda le forme sferiche e

cilindriche. In particolare, all’interno dei cubi sono presenti

tre diaproiettori per le rispettive tre facce, mentre alla

faccia rivolta verso il pubblico, sono destinate le proiezioni

cinematografiche. Ogni elemento presente sulla scena, ha la

possibilità di muoversi lungo gli assi verticale ed orizzontale,

mentre l’intero spazio scenico è tagliato da due specchi

semitrasparenti disposti diagonalmente, per offrire illusioni

ottiche e giochi di riflessione tra gli elementi scenici e la

parete di fondo.

Josef Svoboda

Intolleranza , 1967

da sinistra a destra

Josef Svoboda

Polyvision, 1967

La creazione del mondo, 1967

51Capitolo 1

Page 53: Ambienti interattivi
Page 54: Ambienti interattivi

RISORSE

HANS M. WINGLER, Il Bauhaus traduzione italiana a cura di Libero Sosio, Feltrinelli, Milano 1987

FRANCO PERELLI, Storia della scenografia Carocci, Urbino 2006

JOSEF SVOBODA, I segreti dello spazio teatrale Ubulibri, Milano 1997

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

53Capitolo 1

Page 55: Ambienti interattivi
Page 56: Ambienti interattivi

55Capitolo 2

2. Il video-Tracce-

Page 57: Ambienti interattivi

Fotografia, cinema e televisione rappresentano tre momenti

di una rivoluzione radicale nel mondo della comunicazione

visiva. Tutte e tre, a partire dalla fotografia, nascono dalla

ricerca tecnologica protesa a costruire macchine capaci di

fornire una riproduzione del visibile prospetticamente fedele

e puntuale rispetto a quella reale, tuttavia sviluppando

autonomi modelli linguistici di comunicazione per ciascun

dispositivo.

L’immagine in movimento dunque come tale diventa

protagonista, soprattutto con l’avvento del cinema che

seppur considerata un’arte a sé, non può sottrarsi dalle

contaminazioni delle più antiche e collaudate arti visuali:

tale relazione si sviluppa in due direzioni. Da una parte vi

56Capitolo 2

-Immagini in movimento-

Page 58: Ambienti interattivi

è un gioco di influenze reciproche tra particolari correnti

artistiche verso il cinema (da qui i vari cinema espressionista,

futurista, cubista, surrealista, ecc.), dall’altra invece il

cinema come ricerca visuale, dove un cinema sperimentale

esplora continuamente le possibilità del nuovo mezzo

svincolandolo dalla soggezione al classico codice narrativo. Il

cinema narrativo classico, pone al centro del suo linguaggio il

montaggio, strumento attraverso il quale produrre continuità

spazio-temporale sulla quale si sviluppa la narrazione

secondo la concatenazione di cause ed effetti, quindi è

proprio su questa struttura che opera la ricerca del cinema

sperimentale nel tentativo di sovvertirne le convenzioni.

I primi esperimenti artistici in campo cinematografico

risalgono già alle origini, con gli esordi di Gorge Méliès,

riconosciuto come il secondo padre del cinema (dopo i Fratelli

Lumière), viene ricordato in particolare come inventore del

montaggio e degli effetti speciali, grazie all’uso di abili trucchi

tecnico-scenici1 in qualità di illusionista ancor prima che

regista per la produzione del primo cinema di finzione (che

filma mondi diversi dalla realtà). Tuttavia la sperimentazione

di maggior interesse per questo testo risiede nel sistema

narrativo, da lui scomposto nei cosiddetti “quadri”, ovvero

scene che si svolgono all’interno di una singola inquadratura

fissa che comprende un intero episodio distaccato e senza

legami spazio-temporali con gli altri, dove i vari episodi,

erano legati tra loro non da una continuità di azione, ma da

una continuità di soggetto.

Anche dal punto di vista tecnico si sperimentano soluzioni

lontane dalle prospettive classiche, come nel caso di Man

Ray in “Emak Bakia” del 1926, dove sono raccolti frammenti

di realtà di contesti metropolitani e bucolici, che vengono

alterati in camera di sviluppo e in sala montaggio mescolandosi

con immagini astratte in movimento, sviluppate tramite la

1 Tra le varie tecniche utilizzate per la prima volta da Méliès, sono da citare, la dissolvenza, l’utilizzo del colore, dipinto direttamente sulla pellicola e la esposizione multipla, che permetteva la sovrapposizione di diverse immagini in movimento nella stessa inquadratura.

George Méliès

L’homme à la tête en cahoutchouc

1901

Man Ray

fotogrammi di

Emak Bakia, 1926

57Capitolo 2

Page 59: Ambienti interattivi

tecnica delle rayographs2 o della solarizzazione3, alla ricerca

di un effetto di prevalsa sensoriale sulla visione dell’opera

da parte dello spettatore. Il cinema astratto e il successivo

cinema diretto hanno prodotto le maggiori sperimentazioni

in questo ambito, a cominciare da Walter Ruttmann, che nel

1921 con “Opus I”, proiettava un film composto di sole forme

e colori in movimento creati grazie ad una serie di piatti

di vetro dipinti posizionati su un supporto in movimento, il

tutto ripreso da una cinepresa che rimandava la registrazione

direttamente in proiezione. Parallelamente a Ruttman, con

tecniche di realizzazione analoghe, sono famose anche le

opere di Oskar Fishinger e Hans Richter, quest’ultimo fa ente

parte del Blue Reiter dove collaborò

con Wassily Kandinsky sulla ricerca

sinestetica tra musica ed immagini.

Una particolare evoluzione del cinema

astratto si vide con il cosiddetto “cinema

diretto”, in quanto la produzione di

forme ed animazioni grafiche venivano

effettuate intervenendo direttamente

sulla pellicola senza l’utilizzo di una

cinepresa di registrazione. L’australiano

2 La rayografia consiste in una tecnica di sviluppo della pellicola, dove la carta sensibile alla luce viene impressionata poggiandovi degli oggetti con una certa pressione.

3 La solarizzazione è un’inversione tonale che si manifesta durante lo sviluppo di materiale sensibile che è stato soggetto a una sovraesposizione.

da sinistra a destra

Walter Ruttmann

Opus I, Opus II, 1921

Oskar Fischinger

Studium series, 1935

58Capitolo 2

Page 60: Ambienti interattivi

Hans richter

Rythm 21, 1921

Len Lye, a cavallo tra gli anni 30 e 60, fu il primo esponente di

questa particolare corrente manipolando la celluloide della

pellicola tramite varie tecniche quali la pittura, il footage4,

sotto/sovraesposizione o addirittura danneggiandola tramite

graffi, incisioni o corrosioni per mezzo di acidi. Tecniche

sperimentate tra gli anni 40 e 70 anche da Norman Mc Laren,

che intervenne sulla striscia della pellicola dedicata al suono,

creando così alterazioni dell’audio che, per ovvie questioni

di struttura fisica della pellicola, risultano perfettamente

sincronizzate con gli interventi sulla parte video, ponendosi

così di fatto alle origini della musica di sintesi.

4 Film realizzato interamente o parzialmente di metraggio preesistente, riassemblato in nuovo contesto

da sinistra a destra

Mc Laren

Dots, 1940

Sinchronomy, 1965

in basso

Len Lye

A colour box, 1935

Free radicals, 1958

59Capitolo 2

Page 61: Ambienti interattivi

Dziga Vertov

L’uomo con la macchina da presa, 1929

Tornando in ambito figurativo, questa ricerca delle

possibilità artistiche del cinematografo, trova ampio spazio a

partire dalle pratiche delle avanguardie russe, in particolare

nel lungometraggio di Dziga Vertov, “L’uomo con la macchina

da presa”, del 1929. Già i titoli di testa del film sono

significativi riguardo alle teorie cinematografiche del regista

russo, nonché profetici per le successive sperimentazioni

della videoarte:

Con questo film Vertov scompagina la grammatica

cinematografica, proponendo il cinema non solo come

strumento narrativo, ma come occhio curioso che indaga la

realtà tramite blocchi d’immagini come unità di un linguaggio

“ATTENZIONE SPETTATORI: questo film è un esperimento di comunicazione cinematografica di eventi reali senza l’ausilio di

didascalie, senza l’aiuto di una storia, senza l’ausilio del teatro. Questo lavoro sperimentale aspira alla creazione

di un linguaggio universale del cinema, basato sulla assoluta separazione dal linguaggio del teatro e della

letteratura”.

60Capitolo 2

Page 62: Ambienti interattivi

universale, comprensibile da tutti senza la conoscenza di un

contesto specifico. Un’indagine della città in questo caso,

intesa come vita umana e meccanica e non come semplice

luogo fisico, da qui la nascita delle “clips”, ovvero brevi

riprese con ambienti e soggetti totalmente differenti senza

alcuna referenza apparente se non implicata a un abile utilizzo

del montaggio come creatore del senso, pratica utilizzata da

molti videoartisti moderni e in particolare nell’ambito Vjing.

Il primo cinema d’artista dunque non è documentaristico,

né illustrativo e né didattico, ma un oggetto da investigare

per comprenderne le possibilità poetiche. Nel 1933 Fernand

Léger immaginava un film (“24 ore”) nel quale una coppia

qualunque che fa un mestiere qualunque, viene inquisita

dal “cine occhio”5 per l’intera durata del giorno. Trent’anni

più tardi, Andy Wharol , realizza alla lettera le intenzioni

di Léger, con il film “Sleep” del 1963, che mostra le otto

ore di sonno di un uomo. Negli stessi anni, si distingue il

movimento Fluxus, gruppo dichiaratamente neo dadaista che

nasce nel 1961, il quale intende stravolgere le abitudini della

comunicazione quotidiana, sbarrando o deviando il flusso

della visione convenzionale.

5 <<qualsiasi cosa che con gli occhi del quotidiano è banale e scontata, se guardata con l’occhio del cinema e del montaggio diventa qualcosa di nuovo, straniero, che genera sorpresa e meraviglia.>>, Vertov, “Cine occhio” 1925

Andy Warhol

Sleep, 1963

61Capitolo 2

Page 63: Ambienti interattivi
Page 64: Ambienti interattivi

Dziga Vertov

L’uomo con la macchina da presa, 1929

Page 65: Ambienti interattivi

Fluxus è un termine latino che significa flusso, quindi sta

ad indicare un fenomeno in continuo mutamento, che non ha

forma né luogo. Rifacendosi all’happening americano, Fluxus

teorizza un modo di fare arte che è un fluire ininterrotto

di situazioni, percezioni e molteplici esperienze estetiche e

sperimentali. La caratteristica di Fluxus è l’intedisciplinarietà

dei suoi eventi, che al suo interno possono contenere e

inglobare svariate correnti artistiche, come per esempio la

musica sperimentale, il noveau realism, la videoart, l’arte

povera, il minimalismo e l’arte concettuale. Il procedimento

che impiega questo movimento nel cinema sperimentale

consiste nel raccogliere immagini quotidiane sviluppate per

sequenze, senza obbligo di svolgimento narrativo e distorcerle

nel tempo accelerando o rallentando sino alle soglie della

percezione del movimento, producendo una temporalità

artificiale che induce ad una nuova visione. Da questo

proposito, si sviluppano tutte le successive sperimentazioni

volte alla spontaneità e simultaneità del video, dove il tempo

sarà il fattore d’indagine principale, liberando il video dai

vincoli cinematografici, aprendo così di fatto le porte alla

nascita della videoarte.

Tony Conrad

The flicker, 1966

64Capitolo 2

Page 66: Ambienti interattivi

Un’ultima parentesi merita di essere aperta riguardo alle

sperimentazioni cinematografiche sul rapporto temporale

nella percezione delle informazioni visive. A tal proposito il

primo esperimento si deve a Tony Conrad con la sua opera

“The flicker” del 1966, in cui una serie di fotogrammi bianchi

e neri, si alternano aritmicamente per creare appunto il

cosiddetto effetto di flicker6 (in realtà i fotogrammi erano 5,

due di apertura, una scheda di avvertimento, uno bianco e

uno nero). La prima volta che il film venne proiettato, molti

spettatori ebbero attacchi epilettici e disturbi percettivi a

causa dei rapidi flash che producevano una sollecitazione

eccessiva della retina. La versione contemporanea di

quest’opera è stata realizzata da Kurt Hentschlager con

“Feed” nel 2008, opera che gioca appunto sul già sperimentato

effetto flicker, aggiungendoci la saturazione dello spazio

per mezzo di fumo sintetico che provoca volutamente la

perdita delle consuete coordinate fisico-spaziali, al fine di

ottenere una sollecitazione retinica e sensoriale estrema che

manda letteralmente in tilt il sistema nervoso, generando

autonomamente per ogni singolo soggetto, dei pattern visivi

2D e 3D, in stretto rapporto con specifiche aree del cervello.

6 Effetto di sfarfallio causato dalla repentina variazione della luminosità.

Kurt Hentschlager

Feed, 2008

65Capitolo 2

Page 67: Ambienti interattivi
Page 68: Ambienti interattivi

RISORSE

SANDRO BERNARDI, L’avventura del cinematografoMarsilio, Venezia 2007

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

TONY CONRAD, The flicker, 1966OSKAR FISCHINGER, Studium series, 1935LEN LYE, A colour box, 1935 , Free radicals, 1958MAN RAY, Emak Bakia, 1926McLAREN , Dots, 1940 , Sinchronomy, 1965GEORGE MELIES, L’homme à la tête en cahoutchouc, 1901HANS RICHTER, Rythm 21, 1921WALTER RUTTMANN, Opus I, Opus II, 1921DZIGA VERTOV, L’uomo con la macchina da presa, 1929ANDY WARHOL, Sleep, 1963

http://www.hentschlager.info/

67Capitolo 2

Page 69: Ambienti interattivi

Il video, è per gli artisti uno strumento di ricerca più che

un codice di un nuovo genere o disciplina, tuttavia non può

esimersi da contaminazioni da parte dei media che hanno

fatto la storia prima di lui. Oltre al cinema e la fotografia,

per analizzare la poetica e gli obbiettivi della videoarte non

si può non parlare di televisione. Quest’ultima, nata come

evoluzione tecnica e linguistica della radio, ne conserva

le caratteristiche principali di dominanza del sonoro ed

inamovibile valore del tempo reale, producendo immagini

allo scopo di costruire standard di modelli comunicativi a

scarsa definizione e a larghissimo accesso, vincolata ad un

canone di una temporalità ed una spazialità unidimensionali.

68Capitolo 2

-Vt is not TV-

Page 70: Ambienti interattivi

La videoarte nasce proprio in opposizione a questo potere

suadente al quale è impossibile opporsi, tuttavia utilizzandone

gli stessi procedimenti e talvolta le stesse immagini, seppur

distorte per ribaltare il senso del messaggio di ritorno alla

tv. Le prime forme di videoarte si sviluppano nell’ambito di

Fluxus, in particolare attraverso le sperimentazioni di Wolf

Vostell, Nam June Paik, in contemporanea con “The kitchen”,

collettivo fondato dai fratelli Vasulka.

Vostell, fu il primo ad esporre le sue sperimentazioni sul

mezzo televisivo benchè i suoi interventi erano più mirati

al dispositivo in sé, più che al medium video. Già nel 1958

nell’istallazione “Schwarzes Zimmer”, inserisce un televisore

tra le memorie e i lacerti dei campi di sterminio nazisti,

mentre nelle esposizioni successive agisce direttamente sul

dispositivo tecnologico: manomesso, rotto, alterato nella

ricezione, imbrattato o addirittura segato in due, il televisore

viene spesso accostato a materiali effimeri, rifiuti industriali,

simbolo di una condizione sociale aberrante, come nel caso

di “Endogene depression” del 1975 dove i televisori, spenti,

sono semiseppelliti nel cemento. Wolf Vostell

Endogene depression, 1975

Capitolo 2 69

Page 71: Ambienti interattivi

Nam June Paik

Video Flag, 1985

Nam June Paik, invece, agiva più in profondità attraverso

la manipolazione del video nella sua anima di strumento

mediatico. Passato alla storia come il padre della videoarte,

nel 1963, inaugura una mostra dal titolo “Exposition of Music

- Electronic Television”, dove allestisce una sala con dodici

televisori elaborati e modificati per interagire con altri media.

Giradischi, mangianastri, registratori su nastro magnetico,

pianoforti elaborati, Paik interviene elettronicamente sulle

immagini televisive collegando questi strumenti al televisore

e facendo si che il segnale audio trasmesso da quest’ultimi

agisca sul segnale RGB del monitor della tv: le immagini

risultano tagliate, spezzate da righe e disturbi mentre il

pubblico aziona pedali e tasti di pianoforte appositamente

preparati per ottenere una performance multimediale

interattiva. Il processo di manipolazione elettronico delle

trasmissioni e delle registrazioni è dunque alla base delle

invenzioni di Paik, il quale mira a far interagire diversi campi

Nam June Paik

Exposition of Music

Electronic Television, 1963

70Capitolo 2

Page 72: Ambienti interattivi

Nam June Paik

Electronic superhighway, 1995

Nam June Paik

Cello TV, 1971

di sperimentazione quali, la musica1, la scultura, la pittura

ed il cinema astratto, intrecciando la specificità formale

dell’immagine elettronica con la molteplicità dei linguaggi

artistici contemporanei. Viene ricordato inoltre per il suo uso

massiccio di videowall nella costruzione delle sue opere.

1 Presenterà tra l’altro i primi eventi basati sulla musica elettronica.

Nam June Paik

The More The Better 1988

71Capitolo 2

Page 73: Ambienti interattivi

AI Fratelli Woody e Steina Vasulka, infine si deve la

fondazione di “The kitchen”, il collettivo artistico e spazio

privilegiato per sperimentazioni legate al video e alla

musica d’avanguardia creata a New York nel 1971. La sua

programmazione spaziava dal multimediale alla performance,

dai concerti alla letteratura, offrendo un variegato panorama

Woody, Steina Vasulka

Matrix I, 1970

Woodye, Steina Vasulka

Artifacts, 1980

Woody Vasulka

Noisefield, 1974

72Capitolo 2

Page 74: Ambienti interattivi

Steina Vasulka

Violin Power, 1978

delle nuove tendenze. La loro intuizione migliore, fu

nel rendere esteticamente produttivo il principio fisico,

secondo il quale, una stessa frequenza elettromagnetica

(un segnale) può essere espressa come un suono ma anche

come un’immagine e viceversa. Questo permise ai Vasulka

di costruire delle opere audiovisive effettivamente unitarie,

accompagnate dall’invenzione di nuovi dispositivi, strumenti

ed effetti di distorsione di varia natura, facendo rientrare

il segnale video nel mixer audio per vederne l’effetto di

disturbo e di moltiplicazione oppure esattamente l’opposto

quando vedeva il suono provocare le modifiche nel segnale

video, come in “Violin Power” del 1978. Dagli anni 80 i

Vasulka si cimentarono con il digitale producendo opere

come “Artifacts” del 1980, che rappresenta il primo esempio

di conversione analogica-digitale in tempo reale, processo

ottenuto mediante uno strumento da loro stessi inventato

chiamato Digital Image Articulator.

73Capitolo 2

Page 75: Ambienti interattivi

E Emshwiller

Crossing and meeting, 1974

Da queste prime esperienze, ne deriva un nuovo parametro

linguistico sviluppato sulla mescolanza delle immagini, detto

anche video-mixage. Questa mescolanza avviene per mezzo

di tre procedimenti particolari, la scovraimpressione, i giochi

di finestre e l’incrostazione: il primo vede la stratificazione

di immagini in giochi di trasparenze, il secondo permette

la composizione di frammenti di piani distinti all’interno

della stessa immagine-quadro, mentre il terzo consiste nella

famigerata tecnica del chroma-key2 o luma-key3. Il concetto

cinematografico di fuoricampo viene abolito, tutto viene

virtualizzato all’interno del video, scompare dunque la

nozione di inquadratura, quindi il compito del videoartista

diventa quello di comporre l’immagine-quadro: allo spazio

unitario e omogeneo della fotografia, del cinema e della

tv, si sostituisce lo spazio moltiplicabile ed eterogeneo

dellaimmagine in movimento come composizione.

2 Il Chroma key (letteralmente chiave cromatica, ma un termine italiano più preciso è intarsio a chiave colore) è una delle tecniche usate per realizzare i cosiddetti “effetti di Keying”, effetti speciali usati soprattutto in ambito televisivo, ad esempio per le previsioni del tempo. Il segnale video elettronico possiede due componenti, “luminanza” (b/n) e “crominanza” (RGB). Attraverso l’utilizzo di un colore chiave (blue o green di solito) è possibile la cancellazione questo colore al posto del quale può essere inserita una nuova immagina video.

3 Letteralmente chiave di luminanza, segue il medesimo principio del chroma-key, ma operando sulla luminanza dei video.

74Capitolo 2

Page 76: Ambienti interattivi

Accanto alla composizione dell’immagine, la videoarte si

dedica anche alla fruizione dell’opera in materia di tempo.

Nella sua estetica, il tempo è spesso soggetto a manipolazioni

che ne demoliscono la linearità per magnificare gli aspetti

percettivi dell’opera, le tecniche peculiari utilizzate in

questo ambito sono il rallentamento, l’accellerazione, il

fuori-sincrono e la reiterazione delle immagini, attraverso

il riciclo (loop) continuo delle clips e/o delle composizioni

75Capitolo 2

Page 77: Ambienti interattivi
Page 78: Ambienti interattivi

RISORSE

BORDINI SILVIA, Arte ElettronicaGiunti, Milano 2004

VITTORIO FAGONE, L’immagine video Feltrinelli, Milano 1990

SANDRA LISCHI, Visioni elettroniche Marsilio, Venezia 2001

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

77Capitolo 2

Page 79: Ambienti interattivi

L’arte elettronica, come abbiamo visto nasce da una

complessità di orientamenti che negli anni sessanta, si

confrontano con le ricerche artistiche che premevano nella

direzione di “uscita dal quadro” e della partecipazione attiva

del pubblico. L’opera quindi non consiste più nell’identificarsi

in un solo oggetto compiuto e immodificabile, ma con

un’azione-reazione nello spazio e nel tempo, che coinvolge

l’autore quanto lo spettatore. La videoarte appunto, si fa

portavoce di queste tendenze, evolvendo la sua struttura ed il

suo linguaggio a diverse soluzioni, distaccandosi dall’originale

intento di critica ed opposizione alla televisione.Il termine

videoarte, designa oggi tutte le utilizzazioni interne alla

78Capitolo 2

-Videoambienti-

Page 80: Ambienti interattivi

produzione artistica del mezzo video, pertanto la sua prima

evoluzione vede l’immagine condotta attraverso diversi

monitor, spesso accorpati, per una più larga strutturazione

visiva che finisce inevitabilmente per interagire con

l’ambiente circostante (video-ambiente). Nascono così le

prime videoinstallazioni, che inseriscono la componente

temporale del videotape nella ristrutturazione plastica

e percorribile dello spazio: il fattore che regola questa

dialettica tra spazio e video si trova nell’elemento luce, il

quale conferisce al video un “carattere corporeo” capace di

regolare l’ordinamento spaziale percepito dallo spettatore. La

struttura dell’immagine ha una sua metrica ed un suo proprio

ritmo che ne definisce la temporalità, pertanto l’interezza

della spazialità luminosa (l’ambiente illuminato) si ridefinisce

ogni volta che vi è un rinnovamento dell’immagine video,

ridefinendo a sua volta una nuova valutazione dello spazio

da parte dello spettatore.

79Capitolo 2

Page 81: Ambienti interattivi

Studio Azzurro

Il nuotatore va troppo spesso a Heidelberg, 1984

Un esempio concreto di questo rapporto video-spazio è

perfettamente riconoscibile nell’installazione di Studio Azzurro,

“Il nuotatore va troppo spesso a Heidelberg” (1984), composto da

dodici telecamere a pelo d’acqua che sincronizzano in altrettanti

schermi le bracciate di un nuotatore che passa da un monitor al

successivo in un evento che si svolge in quell’istante e che non sarà

mai uguale a se stesso.

80Capitolo 2

Page 82: Ambienti interattivi

Gary Hill

Up against Down, 2009

Bruce Naumann

One hundred live and die, 1984

Doug Aitken

New Ocean, 2001

In seguito, questo carattere spaziale del video è sfociato nella

propria fuoriuscita dai confini del monitor, per incrostarsi nella

realtà di spazi ed oggetti che compongono l’ambiente. Soluzioni

installative che trovano un successo immediato sia per il maggiore

impatto visivo, sia per la capacità di adattarsi a qualsiasi situazione

di mostra delle opere.

81Capitolo 2

Page 83: Ambienti interattivi

Bill Viola

Veiling, 1995

Bill Viola

Passage, 1987L

Tony Oursler

Hello?, 1996

Tony Oursler è tra i primi a liberarsi del monitor del televisore,

proiettando le immagini direttamente su pupazzi di stoffa inseriti

tra oggetti comuni, mentre altri esponenti illustri, tra cui Bill Viola,

Doug Aitken, Fabrizio Plessi, Gary Hill, Bruce Naumann adottano

soluzioni più scenografiche, sfruttando le stesse pareti, il suolo, o

l’intero complesso architettonico a disposizione.

82Capitolo 2

Page 84: Ambienti interattivi

Fabrizio Plessi

Waterfire, 2001

83Capitolo 2

Page 85: Ambienti interattivi

Granular Synthesis

Pol, 1998

Proprio sulla sperimentazione spaziale di queste opere si basano

gli artisti contemporanei che recentemente abbiamo avuto modo di

vedere in esposizioni sempre più interessanti che miravano appunto

allo sconvolgimento degli ordini spaziali e architettonici tramite la

luce: dai Granular Synthesis, primo gruppo artistico digitale, che

lavora sull’utilizzo del video come strumento musicale in installazioni

fortemente immersive come “360” del 1995, passando per le

applicazioni scenografiche di Claudio Sinatti, quindi passando quindi

al progetto Mangrovia (Visomat e Errorsmith), un live audovisivo

84Capitolo 2

Page 86: Ambienti interattivi

Granular Synthesis

Feld, 2000

Claudio Sinatti

Live video ensemble, 2008

Claudio Sinatti

Milano love fashion, 2009

Granular Synthesis

Model 5, 1995

85Capitolo 2

Page 87: Ambienti interattivi

86Capitolo 2

Page 88: Ambienti interattivi

Granular Synthesis

360°, 2002

87Capitolo 2

Page 89: Ambienti interattivi

Pablo Valbuena

Entramado, 2007

Pablo Valbuena

The haque city hall, 2008

88Capitolo 2

Page 90: Ambienti interattivi

Pablo Valbuena

Augumented sculpture, 2007

incentrato sulla riorganizzazione sinestetica delle superfici di uno

schermo costituto da prismi, per finire a Pablo Valbuena, che con

il suo progetto “Augmented Sculptures” (scultura aumentata) è

probabilmente lo sperimentatore più interessante in questo campo.

Sincronia, sinestesia, ribaltamento dei pregiudizi dello spettatore

riguardo a bidimensionalità e tridimensionalità sono gli elementi

chiave del lavoro di Valbuena, per il quale il design estremamente

raffinato non è un fine (sterile) ma uno strumento per giocare con le

percezioni riguardo allo spazio ed al tempo. Tecnicamente si avvale

di software specifici che consentono il mapping1 dell’area scelta

come soggetto, da cui è possibile giocare andando a modificare

tramite proiezioni video quelle che sono le ombre e le luci delle

forme preesistenti. Ovviamente per realizzare tali effetti visivi sulle

forme esistenti è necessaria una precisione di proiezione ottimale.

1 Termine generico per identificare un meccanismo di corrispondenza tra due oggetti. In quest’ambito si riferisce alla rilevazione metrica di un oggetto o di un’area su cui si vuole proiettare

Mangrovia

Visomat/Errorsmith, 2006

89Capitolo 2

Page 91: Ambienti interattivi

90Capitolo 2

Page 92: Ambienti interattivi

Lab[au]

Dexia tower, 2008

Concludendo sul tema architettonico ed introducendo il prossimo

capito che tratterà di video-interattività, è da menzionare il progetto

“Spectraum” del 2005 di Lab[Au], realizzato sulla struttura delle

Dexia Tower di Bruxelles, dove la componente visiva consisteva nella

sequenza di illuminazioni in movimento sulla facciata dei palazzi,

ottenuta intervenendo sul sistema di illuminazione esterno tramite

software appositi. La peculiarità di questa installazione risiede

nel fatto che le combinazioni luminose ed il relativo visual erano

controllate in tempo reale tramite uno schermo touch screen che ne

permetteva la modellazione.

91Capitolo 2

Page 93: Ambienti interattivi
Page 94: Ambienti interattivi

RISORSE

BORDINI SILVIA, Arte ElettronicaGiunti, Milano 2004

BRUNO DI MARINO, Tracce, sguardi e altri pensieri Feltrinelli, Milano 2008

SANDRA LISCHI, Visioni elettroniche Marsilio, Venezia 2001

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

http://www.studioazzurro.com/http://www.granularsynthesis.infohttp://www.claudiosinatti.comhttp://www.pablovalbuena.com/http://lab-au.com/

93Capitolo 2

Page 95: Ambienti interattivi
Page 96: Ambienti interattivi

95Capitolo 3

3. Arte elettronica-Temi e modelli-

Page 97: Ambienti interattivi

L’ultima evoluzione delle videoinstallazioni, nonché

oggetto principale di questa tesi è l’introduzione

dell’interattività, che trasforma le opere di videoarte in vere

e proprie performance virtuali. Sfruttando la caratteristica

peculiare del computer di reagire in tempo reale, immagini

e suoni vengono manipolati in relazione alla presenza

e l’agire degli spettatori, i quali diventano intermediari

attivi, talvolta coautori, tra strumento, artista ed opera.

Il precedente rapporto visivo, mentale ed emotivo che

caratterizza la dimensione estetica, viene così dotato di una

96Capitolo 3

-Ambienti sensibili-

Page 98: Ambienti interattivi

nuova dimensione fisica, dall’occhi al corpo, che produce un

coinvolgimento inevitabile attraverso gli effetti immersivi di

scenografie virtuali. I primi segni di questa partecipazione

attiva alle videoinstallazioni si ritrova già a negli anni

settanta, ancor prima dell’avvento dei computer, dove la

variante di estensione performativa del video, è costituita

da semplici installazioni con strumenti di videoregistrazione

a circuito chiuso. Bruce Nauman è tra i primi a portare avanti

questo tipo di ricerca in cui il comportamento del pubblico

è chiamato in causa senza particolari interventi che ne

conducano il comportamento.

Nel dettaglio, le installazioni di Nauman, i famosi

“Corridors”, consistono in lunghi e stretti percorsi alla cui

estremità, un sistema di telecamere e monitor, si rimandano

reciprocamente la visione frontale o quella di schiena

di chi transita nel corridoio stesso, inseguendo la propria

immagine senza mai raggiungerla. Un opera dunque basata

sull’ambiguità della percezione dove il procedimento del

feedback1, produce uno scollamento tra presente e passato,

che spersonalizza il soggetto e l’immagine nel momento

stesso in cui entrambi sono la condizione indispensabile

dell’esistenza dell’opera stessa.

1 La retroazione (feedback in inglese, ma usato spesso anche in italiano) è la capacità dei sistemi dinamici di tenere conto dei risultati del sistema per modificare le caratteristiche del sistema stesso. In questo caso si riferisce alla presenza di una telecamera che riprende lo spettatore che può riguardarsi sul monitor.

Bruce Nauman

Live-taped video corridor, 1969

97Capitolo 3

Page 99: Ambienti interattivi

Laurent Mignonneau &

Corista Sommerer

Life writer, 2006

L’introduzione del computer nell’arte, quindi di tutta la tecnologia

che ne deriva, persegue questo tentativo di simbiosi tra pubblico e

opera, moltiplicandone infinitamente le possibilità creative. Alcuni

esempi li troviamo con Corista Sommerei e Laurent Mignonneau

che fanno crescere e manipolare su uno schermo una flora virtuale

quando i visitatori toccano delle piante reali (“Interactive plant

growing”), oppure con Jeffery Shaw, che fa dello spettatore che

pedala e sterza su una bicicletta, l’interfaccia vivente per navigare

su un grande schermo in una realtà virtuale appositamente creata di

scritte gigantesche (“The legible city”).

da sinistra a destra

Jeffery Shaw

The legible city, 1989-91

Laurent Mignonneau &

Corista Sommerer

Life writer, 2006

98Capitolo 3

Page 100: Ambienti interattivi

In Italia, Studio Azzurro si fa portavoce di questa corrente,

sviluppando un particolare orientamento attento all’interazione

tra immagine elettronica e ambiente circostante al fine di rendere

completamente invisibile il supporto tecnologico, creando “interfacce

naturali”2 per degli ambienti interattivi che gli spettatori sono

invitati a scoprire. La ricerca tecnico-artistica di Studio Azzurro, è il

risultato di diverse componenti di tempo, spazio, artista, spettatore,

immagini e suono, che trovano l’interazione nella dimensione del

gioco, ovvero la fruizione dell’opera attraverso una metodologia

ludica che esprime la volontà del gruppo ad opacizzare e umanizzare

quella stessa tecnologia di cui si avvale. Ecco quindi che abbiamo

figure immateriali che si animano (in virtù del controllo di dispositivi

informatici) quando sono toccati (“Tavoli”, 1995), calpestati (“Coro”,

1995), quando reagiscono ai rumori (“totale della battaglia”, 1996) o

in relazione alla presenza ed ai movimenti degli spettatori (“Il soffio

sull’angelo”, 1997).

2 “interfacce naturali”, è un espressione coniata dagli stessi autori di Studio Azzurro, per indicare il controllo dei video o degli oggetti in questione, attraverso i gesti liberi delle persone ed i loro comportamenti, grazie a dispositivi informatici che permettono di registrarli e convertirli in segnali elettronici.

da sinistra a destra

Studio Azzurro

Tavoli, 1995

Studio Azzurro

Coro, 1995

99Capitolo 3

Page 101: Ambienti interattivi

100Capitolo 3

Page 102: Ambienti interattivi

Il coinvolgimento di queste forme d’arte interattiva sviluppa

nuovi parametri sia per quanto riguarda l’esperienza, sia per la

valutazione critica dell’opera: la realtà virtuale elimina la distanza

tra il fatto artistico ed il suo pubblico, mettendone in discussione

l’autonomia di entrambi, quindi il fattore ludico che trasforma le

videoinstallazioni in luoghi socializzanti dove è possibile comparare

la propria esperienza con quella degli altri3. Ne consegue il successo

di questa forma d’arte che trova ampi risvolti sociali nel momento

in cui esce dal museo e dalla mostra per essere presentata in spazi

pubblici accessibili a tutti.

3 da qui la definizione di “ambienti sensibili”

Studio Azzurro

Il soffio sull’angelo, 1997

schema per installazione

nella pagina precedente

Studio Azzurro

Il soffio sull’angelo, 1997

101Capitolo 3

Page 103: Ambienti interattivi

Studio Azzurro

Il gorgo (nessun mare è troppo profondo), 1998

nella pagina successiva, dall’alto in basso

Studio Azzurro

Galileo (stui per l’inferno), 2006

Studio Azzurro

Museo audiovisivo della resistenza, 2000

102Capitolo 3

Page 104: Ambienti interattivi

103Capitolo 3

Page 105: Ambienti interattivi
Page 106: Ambienti interattivi

RISORSE

ANDREA BALZOLA, ANNA MARIA MONTEVERDI, Le arti multimediali digitaliGarzanti, 2004

BORDINI SILVIA, Arte ElettronicaGiunti, Milano 2004

FABIO CIRIFINO, PAOLO ROSA, STEFANO ROVEDA, LEONARDO SANGIORGI, Ambienti sensibili Electa,, Milano 1999

SANDRA LISCHI, Visioni elettroniche Marsilio, Venezia 2001

LAURENT MIGNONNEAU, CORISTA SOMMERER, Interactive art researchSpringer Verlag, New York 200

http://www.studioazzurro.com/http://www.interface.ufg.ac.at

105Capitolo 3

Page 107: Ambienti interattivi

L’avvento del digitale e la rapida maturazione della

tecnologia negli ultimi anni, hanno rivoluzionato e stanno

rivoluzionando i processi di creazione dell’arte. Danza e

teatro, arti che per eccellenza si fondano sulla tradizione

orale e compresenza, si stanno anch’esse affacciando su

questo mondo, dove si sta delineando una visione in cui

queste tecnologie permettano l’estensione delle facoltà

percettive e motorie del corpo umano, allo scopo di

esplorarne nuovi linguaggi espressivi. Le premesse di tali

tendenze nascono innanzitutto dalla doppia constatazione

106Capitolo 3

-La scena digitale-

Page 108: Ambienti interattivi

che i danzatori, coreografi, scenografi, registi si interessano

sempre più al digitale e alle nuove tecnologie informatiche,

e che a loro volta, gli ingegneri informatici sono incuriositi e

ispirati dalla produzione artistica, con particolare attenzione

al movimento corporeo. Gli uni, quindi, guardano al digitale

come strumento contemporaneo da utilizzare, mentre gli altri

guardano all’arte come campo di sperimentazione. Alcuni

artisti ampliano le potenzialità espressive dello spettacolo in

scena impiegando dispositivi informatici e interattivi, altri si

avvalgono della coreografia assistita al computer, mente altri

ancora si rivolgono maggiormente agli ambienti virtuali ed

all’interazione di persone reali con essi. Un esempio sono le

recenti esperienze nell’ambito della videodanza, intesa come

dematerializzazione e frammentazione del corpo mediante

tecnologie di “motion capture”1 per riproporlo con i relativi

movimenti sottoforma di immagine virtuale, come nel caso

di “Hand drawn spaces” promosso da Riverbed, una società

di artisti digitali tra cui Paul Kaiser e Merce Cunningham,

due importanti esponenti della videodanza. Lo spettacolo

consiste in una videoinstallazione di 8 minuti e mezzo

(presentata per la prima volta alla Cooper Union di New

York nel 1998), composta di 71 piccole sequenze catturate e

rielaborate graficamente come un disegno a mano libera (da

qui il nome). La selezione ed il montaggio di tutte le scene

sono state eseguite grazie all’aiuto di Motion Flow editor, un

nuovo software per l’animazione creato appositamente per il

progetto: oltre ad editare le sequenze catturate, è possibile

montare in successione, con continuità d’azione sequenze

diverse, grazie a complessi algoritmi che permettono al

software di calcolare la parte di azione mancante su basi

fisiche provenienti dalla robotica.

1 Cattura del movimento in italiano, indica un’area di ricerca, che studia appunto i meccanismi per la cattura del movimento, può essere inteso come il procedimento stesso di acquisizione del movimento.

Paul Kaiser

Hand drawn spaces, 1998

107Capitolo 3

Page 109: Ambienti interattivi

Paul Kaiser

Gostcatching, 1999

Paul Kaiser

Biped, 1999

108Capitolo 3

Page 110: Ambienti interattivi

Yacov sharir

Studi per il motion capture

Contemporaneamente a queste sperimentazioni di cattura

del movimento, Yacov Sharir sviluppava un prototipo “midi”2

di tappeto sensibile alla pressione, al fine di cogliere non solo

i movimenti del corpo del danzatore, ma i suoi spostamenti

nelle tre dimensioni dello spazio scenico. Il tappeto è

costituito da numerosi sensori che rilevano la pressione

attaccati ad un pannello di plastica molto resistente e

rivestito di spugna di polietilene. Ai vari pannelli, disposti

in griglia sulla scena è attribuita una rete di dati connessa

ad una scatola di tensione con interfaccia midi, la quale può

essere programmata per convertire delle entrate-uscite di

segnali analogici in segnali midi.

2 Il MIDI (Musical Instrument Digital Interface) è un’interfaccia hardware che consente il collegamento fisico tra vari strumenti, quindi anche un linguaggio informatico che permette la conversione di dati analogici in digitale.

109Capitolo 3

Page 111: Ambienti interattivi

Klaus Obermaier

Apparition, 2004

Mark Coniglio

Future of memory, 2003

Mark Coniglio

16 [R]evolution, 2006

110Capitolo 3

Page 112: Ambienti interattivi

Queste tecniche si sono presto evolute e perfezionate in sistemi

ottici di cattura del movimento, ovvero attraverso l’uso delle

telecamere, quindi senza la necessita di sensori, fili o connettori

da attaccare al danzatore. Ecco quindi il ritorno alla presenza

fisica del corpo umano sulla scena, dove tutto diventa interattivo.

Ogni componente della scena (audio, luci e proiezioni), può essere

controllato dai movimenti dell’attore o danzatore che sia, creando

una nuova forma di spettacolo in cui corpo e scenografia si fondono

per creare una performance unica ed irripetibile, come per gli

spettacoli di Klaus Obermaier o di Mark Coniglio, scenografo e

programmatore informatico quest’ultimo, inventore tra l’altro di

Isadora, un software per la programmazione visuale e l’interazione

audio-video che utilizzerò nel mio progetto.

Klaus Obermaier

Apparition, 2004

111Capitolo 3

Page 113: Ambienti interattivi
Page 114: Ambienti interattivi

RISORSE

ANDREA BALZOLA, ANNA MARIA MONTEVERDI, Le arti multimediali digitaliGarzanti, 2004

ARMANDO MENICACCI, EMANUELE QUINZ, La scena digitale Marsilio editori, Venezia 2001

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

http://www.exile.at/ko/http://www.troikaranch.org/

113Capitolo 3

Page 115: Ambienti interattivi

Tra le tendenze che negli ultimi anni si affermano in

campo video artistico, c’è sicuramente da annotare il Visual

Jokeying, comunemente chiamato Vjing: trattasi di una

performance videoartistica in tempo reale che unisce al

flusso musicale di un contesto spettacolare, l’alternarsi di

immagini in movimento come videoclip auto prodotti. Tale

performance si avvale di tecnologia elettronica e digitale,

sia attraverso l’uso di media analogici sia digitali. Il lavoro

del VJ comincia dalla produzione delle clip video, spesso

114Capitolo 3

-Vjing e live media-

Page 116: Ambienti interattivi

tramite software dedicati1 o in altri casi tramite mixer

video analogici con lettori di vario genere, di conseguenza

le clip possono essere create originali, rielaborate o

decontestualizzate per un determinato ambito performativo,

oppure selezionate da un repertorio di immagini d’autore che

consistono in immagini cinematografiche non commerciali

da cui estrapolare dei dettagli delle inquadrature che siano

esteticamente significativi. La durata media di queste clip si

aggira tra uno e sette secondi, dove è molto importante il

taglio delle immagini che deve tenere conto della dinamica

del loop, in modo che il movimento finale sia armonico con

quello iniziale, per evitare disturbi nello scorrimento del

video o nella sua intera ripetizione.

La natura real-time del Vjing rende affine questa

pratica al concetto di performance teatrale, in qualità di

evento che si svolge “qui ed ora”. Il tempo dunque è un

fattore determinate della performance che deve cogliere i

cambiamenti dell’ambiente che lo circonda accompagnando

il flusso sonoro con immagini appropriate, dal sof-ambient,

che predilige la figura astratta, alla percussione della

musica elettronica, che predilige l’immagine figurativa in

movimento. L’articolazione del re-mix dei video, che sia

lasciata ad una automazione semi-controllata del computer

o al controllo in tempo reale delle macchina analogiche2,

non può escludere un qualsivoglia intervento da parte del VJ

che grazie alla sua conoscenza del repertorio musicale che

accompagnerà la performance, deve abilmente inserirsi sulla

ritmica del flusso sonoro ambientale, quindi è necessaria

una buona conoscenza dei tempi musicali che accompagnano

i diversi generi, per una corretta sincronizzazione delle

battute video-musicali.

1 Ogni clip viene trattata e/o post-prodotta con determinati software video di editing e composing fx dedicati, tra cui Premiere, Final cut, Avid per l’editing e After effect per il composing fx

2 Attraverso l’utilizzo di mixer video e controller analogici è possibile utilizzare le pulsantiere che dissolvono le immagini, come veri e propri strumenti di percussione.

115Capitolo 3

Page 117: Ambienti interattivi

Un’altra considerazione a proposito della progettazione delle

clip, riguarda la luminosità, in quanto esse vengono video-proiettate

solitamente su grandi schermi o su altre superfici che ne sostituiscano

la funzione, influendo non poco sulla quantità di luce presente

nell’ambiente della performance. Si rende opportuno dunque lo

studio preventivo della condizione illuminotecnica della location

per apportare le giuste correzioni di luce e colore che consenta

di mantenere la voluta percezione delle immagini proiettate. In

quest’ambito, assume una particolare importanza la dissolvenza in

nero, ovvero il buio, che diventa anch’esso portatore di significato

che accompagna i momenti delle pause musicali oppure produce

ritmi incalzanti se accompagnato da effetti stroboscopici3.

Le ultime sperimentazioni sul campo, grazie all’introduzione di

software generativi di sintesi musicale e di programmazione visuale4,

3 Repentina trasformazione da dissolvenza piena in immagine a dissolvenza in nero.

4 Il mercato offre una vasta gamma di prodotti a riguardo, tuttavia i più noti e diffusi sono Ableton Live e Reason per la sintesi musicale, e Max asp/jitter per la programmazione visuale. Nei capitoli successivi di questo testo tratteremo nello specifico il software Isadora in relazione alla programmazione visuale.

Vjing performance

116Capitolo 3

Page 118: Ambienti interattivi

sono dirette ad un controllo programmato che pone in totale simbiosi i

due medium, video e musica, attraverso l’assegnazione di parametri

definiti per entrambe le parti, quindi la possibilità di assegnare

determinate clip a determinate frequenze musicali e viceversa,

oppure la possibilità di intervenire su peculiari caratteristiche

come la melodia, il colore o la luminosità in relazione a variazioni

dell’ambiente in cui si svolge la performance grazie anche al supporto

di strumentazioni di rilevamento ottico o sensoriale5. In questo

caso, il ruolo del VJ non sarà più quello di controllare il flusso di

immagini durante la performance, ormai automatizzata dai sistemi

informatici, ma lo vedrà cimentarsi in una attenta programmazione

del sistema visuale selezionando prima le immagini da proiettare e

le loro possibili manipolazioni.

5 Sensori di varia natura (i sensori infrarossi sono solitamente i più utilizzati) accompagnati da piattaforme di interfaccia hardware (Arduino) e software (Eyes Web).

117Capitolo 3

Page 119: Ambienti interattivi

Otolab

Giardini neri, 2008

Basandosi sulle stesse metodologie tecnologiche del vjing, ma

con strutture visive e comunicative profondamente diverse troviamo

le cosiddette performance “live media”, ovvero dei veri e propri

concerti di musica elettronica, solitamente orientati verso sonorità

rumoristiche, in cui sia l’audio che il video sono modulati in tempo

reale, basandosi però su strutture predefinite. Tale struttura,

che sostiene lo sviluppo dell’intera performance, ha spesso come

punto di partenza una tematica specifica e quindi un preciso fine

comunicativo, tant’è che la modulazione in tempo reale si avvale

spesso di una partitura anche per ciò riguarda l’aspetto narrativo

visuale. Quindi, a differenza delle pratiche di vjing, nei live

media ritroviamo un ritorno al rapporto stretto ed interattivo tra

immagine e suono che diventa l’unico commento visivo possibile alla

performance musicale, sfruttando come per i vj, le potenzialità di

supporti diversi digitali e analogici.

Otolab

op7, 2008

118Capitolo 3

Page 120: Ambienti interattivi

In questo campo merita menzione Otolab, un gruppo artistico

contemporaneo abile nella progettazione e attuazione di queste live

performance sulla ricerca di una traduzione visiva in termini grafici

di differenti layout sonori giocando molto su effetti di profondità

visiva e sonora, che esaltano l’immerisività della performance.

Otolab

Nuke belly button, 2007

119Capitolo 3

Page 121: Ambienti interattivi
Page 122: Ambienti interattivi

RISORSE

ANDREA BALZOLA, ANNA MARIA MONTEVERDI, Le arti multimediali digitaliGarzanti, 2004

Dispense workshop OTOLAB, Marzo 2010

http://www.otolab.net/

121Capitolo 3

Page 123: Ambienti interattivi
Page 124: Ambienti interattivi

123Capitolo 4

4. Strumenti-Tecnologia e risorse-

Page 125: Ambienti interattivi

Prima di ogni effetto audio o video, gli ambienti diventano

interattivi grazie a sistemi elettronici adibiti alla ricezione,

conversione e trasmissione dei dati da e verso appositi

dispositivi che ricoprono determinati ruoli. Uno di questi

dispositivi che ha avuto un enorme successo negli ultimi anni è

Arduino, una piattaforma di prototipazione elettronica open-

source in grado di interagire con l’ambiente in cui si trova

ricevendo informazioni da una grande varietà di sensori,

controllando luci, motori e altri attuatori. È basato su una

124Capitolo 4

-Piattaforme elettroniche-

Page 126: Ambienti interattivi

semplicissima scheda di I/O1 e su un ambiente di sviluppo

che usa una libreria Wiring per semplificare la scrittura di

programmi in C e C++ da far girare sulla scheda. Arduino

può essere utilizzato per lo sviluppo di oggetti interattivi

stand-alone ma può anche interagire, tramite collegamento,

con software residenti su computer, come Adobe Flash,

Processing, Max/MSP, Pure Data,Quartz Composer, vvvv,

Isoadora, ecc. Il progetto Arduino ha preso avvio a Ivrea,

nel 2005, con lo scopo di rendere disponibile, per i progetti

di Interaction design, un dispositivo per il controllo che

fosse più economico rispetto ad altri sistemi disponibili

precedentemente.

1 Input/output

125Capitolo 4

Page 127: Ambienti interattivi

SPECIFICHE HARDWARE

Arduino consiste in un microcontroller2 a 8-bit prodotto dalla

Atmel, con l’aggiunta di componenti complementari che ne

facilitino l’incorporazione in altri circuiti. Molte schede includono

un regolatore lineare di tensione a 5-volt e un oscillatore a cristallo

a 16MHz (o un risonatore ceramico in alcune varianti), sebbene

alcune implementazioni, come ad esempio LilyPad, girino a 8Mhz

e facciano a meno dello stabilizzatore di voltaggio a causa delle

specifiche restrizioni al fattore di forma. Inoltre, il controller

Arduino è pre-programmato con un bootloader3 che semplifica il

caricamento dei programmi nella memoria flash incorporata nel

chip, rispetto ad altri dispositivi che richiedono, solitamente, un

programmer esterno. A livello concettuale, tutte le schede sono

programmate attraverso un porta seriale RS-232, ma il modo in cui

questa funzionalità è implementata nell’hardware varia da versione

a versione. Le schede seriali Arduino contengono un semplice circuito

inverter4 che permette la conversione tra il livello della RS-232 e il

livello dei segnali TTL. Le recenti versioni di Arduino (Diecimila e

Duemilanove) vengono gestite via USB, grazie a un’implementazione

che usa dei chip adattatori USB-seriale, tuttavia alcune varianti,

come la Arduino Mini e la versione non ufficial Boarduino, usano una

scheda o un cavo adattatore USB-to-serial staccabile. La Arduino

esibisce molti dei connettori di Input/Output per microcontroller

usati da altri circuiti. La Diecimila, ad esempio, ora soppiantata

dalla Duemilanove, offre 14 connettori per l’I/O digitale, 6 dei quali

2 Un microcontrollore o microcontroller, detto anche computer single chip è un sistema completo, che integra in un solo chip processore, memoria permanente, memoria volatile ed input/output

3 Un boot loader è un programma che carica il kernel di un sistema operativo e ne permette l’avvio

4 Un inverter è un apparato elettronico in grado di convertire corrente continua in corrente alternata eventualmente a tensione diversa, oppure una corrente alternata in un’altra di differente frequenza.

126Capitolo 4

Page 128: Ambienti interattivi

possono produrre segnali PWM5, mentre 6 sono dedicati a ingressi di

segnali analogici. Questi pin sono disponibili sulla parte superiore

della scheda, mediante connettori femmina da 0.1 pollici. Infine,

sono disponibili commercialmente molte schede applicative plug-

in, note come “shields. Fino a oggi sono state commercializzate

undici versioni dell’hardware Arduino, tuttavia la scheda, oltre ad

essere acquistata già assemblata, può essere costruita: il software

può essere scaricato gratuitamente, mentre i progetti di riferimento

dell’hardware (file CAD) sono distribuiti con licenza open-source.

5 La modulazione di larghezza di impulso, dall’inglese pulse-width modulation o PWM, è un tipo di modulazione analogica in cui l’informazione è codificata sotto forma di durata nel tempo di ciascun impulso di un segnale.

Arduino Diecimila

127Capitolo 4

Page 129: Ambienti interattivi

SPECIFICHE SOFTWARE

Lo IDE6 di Arduino è un’applicazione multipiattaforma (gira su Mac,

Windows e Linux) scritta in Java, ed è derivata dallo IDE creato per

il linguaggio di programmazione Processing e per il progetto Wiring.

L’editor è concepito per introdurre alla programmazione artisti e altri

neofiti, a digiuno di pratica nello sviluppo di software per permettere

la stesura del codice sorgente ed è inoltre in grado di compilare e

lanciare il programma eseguibile in una sola passata e con un singolo

click. L’ambiente di sviluppo integrato di Arduino è fornito di una

libreria software C/C++ chiamata “Wiring” (dall’omonimo progetto

Wiring), che rende molto più semplice implementare via software

le comuni operazioni input/output, infatti per poter creare un file

eseguibile, all’utilizzatore non è chiesto altro se non definire due

funzioni:

setup() – una funzione invocata una sola volta all’inizio di un

programma che può essere utilizzata per i settaggi iniziali

loop() – una funzione chiamata ripetutamente fino a che la scheda

non viene spenta.

6 Un integrated development environment (IDE), in italiano ambiente di sviluppo integrato, è un software che aiuta i programmatori nello sviluppo del codice.

128Capitolo 4

Page 130: Ambienti interattivi

RISORSE

http://www.arduino.cc (download, manuale, forum, tutorial)

http://hacknmod.com/hack/arduino-tutorial-how-to-introduction-guide

(tutorial in inglese)

http://www.ladyada.net/learn/arduino (tutorial in inglese)

Banzi, Massimom, “Getting Started with Arduino” (libro in inglese)

Arduino Duemilanove

129Capitolo 4

Page 131: Ambienti interattivi

SENSORISTICA

I sensori di contatto sono meccanici, sebbene possano sembrare primitivi, sono indispensabili in applicazioni di sicurezza. Spesso i robot, anche se equipaggiati con sensori sofisticati, restano imprigionati da oggetti difficili da rilevare; i sensori di contatto in questo caso, se ben disposti sul perimetro del Robot sono infallibili. Spesso rappresentano la soluzione piu’ economica e semplice.

-Contatto-

-Giroscopi-

I Giroscopi misurano la velocità angolare. Sono utili per rilevare rotazioni anche microscopiche. Si utilizzano in applicazioni avanzate che richiedono un feedback sullo spostamento di un corpo nello spazio.

La IMU (Inertia Measurement Unit) è una Piattaforma Inerziale, ovvero un dispositivo che combina vari tipi di sensori, principalmente Accelerometri e Giroscopi, ai quali spesso vengono aggiunti sensori utili a misurare altre grandezze come la temperatura, utili a compensare le misurazioni dei sensori principali. Questi dispositivi sono utilizzati in applicazioni avanzate in campo robotico, spaziale, aereonautico, missilistico, etc.

-IMU-

Questi sensori utilizzano la luce infrarosso per misurare la distanza o per rilevare oggetti. Sono molto versatili, economici e compatti. Sono influenzati dalla luce ambientale, dal colore, dal tipo di superfice e dall’angolazione dell’oggetto da rilevare. Sebbene siano piu’ indicati per interni si dimostrano utili anche all’esterno.

-Infrarossi-

I sensori magnetici sono spesso utilizzati per la misurazione/rilevamento del campo magnetico terrestre, in questo modo funzionano come delle vere e proprie bussole. Possono tuttavia avere altre applicazioni inerenti la misurazione di un campo magnetico.

-Magnetici-

fonte: www.robot-italy.com130Capitolo 4

Page 132: Ambienti interattivi

SENSORISTICA

Gli Accelerometri misurano l’accelerazione. Le nuove tecnologie hanno creato sensori molto sensibili e sensori in grado di misurare accelerazioni molto forti. Alcuni sensori hanno funzionalità accessorie, come il rilevamento di un doppio tocco, oppure dei trigger, utili per attivare funzioni specifiche.

-Accelerometri-

GPS misurano la posizione di un oggetto sulla superficie terrestre. Si servono di satelliti che trasmettono dei dati utili ad elaborare, tramite interpolazione di più satelliti, la posizione, l’altezza, etc. Oggi la tecnologia ci fornisce dei dispositivi GPS con una sensibilità fino a qualche anno fa inpensabile, con dimensioni e costi veramente contenuti. Sono abbastanza semplici da utilizzare, utilizzano un protocollo standard seriale.

-GPS-

In questa categoria sono compresi tutti i sensori che rilevano un input, sia esso umano o meccanico. Troviamo quindi joystick, tastierini, etc.

Input

I sensori ad ultrasuoni sono molto precisi e raggiungono distanze anche di 10 metri, sono assolutamente insensibili alla luce ambientale e al colore dell’oggetto da rilevare. Possono misurare con buona accuratezza la distanza dell’oggetto rilevato. Hanno un ampio campo di lettura, questo a volte puo’ generare degli eco. Tuttavia facendo la media delle letture si ottiene comunque un dato molto preciso. Sono sicuramente i migliori sensori da esterni ma vanno altrettanto bene negli interni.

-Infrarossi-

Questa categoria raggruppa tutti i sensori che restituiscono informazioni utili per determinare la posizione o il movimento del Robot nello spazio e non rientrano nelle altre categorie.

-Posizione-

fonte: www.robot-italy.com 131Capitolo 4

Page 133: Ambienti interattivi

Esistono numerosi sistemi di cattura del movimento,

quali sistemi protesici, acustici, magnetici e ottici, tuttavia

in questo paragrafo tratteremo esclusivamente il sistema

magnetico e quello ottico, ovvero i due sistemi più diffusi e

utilizzati negli ultimi anni.

La cattura magnetica del movimento implica l’uso di

un trasmettitore posto in posizione centrale rispetto al

campo d’azione, che emette un forte campo magnetico,

quindi un apparato di sensori attaccate alle varie parti del

corpo. Ognuno di questi sensori fornisce un flusso di dati

corrispondente alle diverse posizioni e spostamenti nello

spazio degli stessi sensori, in relazione al campo magnetico

generato sulla scena. Alcuni di questi sensori sono collegati al

sistema di ricezione ed elaborazione dei segnali (computer)

attraverso dei cavi, mentre altri utilizzano dei trasmettitori

e ricettori radio consentendo una maggiore mobilità del

132Capitolo 4

-Motion capture-

Page 134: Ambienti interattivi

soggetto nello spazio, seppur il maggior difetto di questo

sistema risieda proprio nella limitazione del capo magnetico

di cattura che può avere un diametro soltanto di qualche

metro.

Il sistema ottico di motion capture funziona sempre

attraverso dei sensori o marcatori posizionati sul corpo, che

riflettono il movimento in modo direzionale, quindi vi è la

necessita dell’installazione di un minimo di 3 telecamere,

spesso anche di più, per catturare i movimenti sui 3 assi

x,y,z dello spazio tridimensionale. I sistemi ottici, offrono

una totale libertà di movimento in quanto non necessitano

di alcun cablaggio, tuttavia emerge l’inconveniente

della cosiddetta “occlusione”, ovvero quando uno o più

sensori riflettenti vengono persi o rimangono nascosti alla

telecamera, provocando un interruzione del flusso di dati al

quale però, software dedicati sopperiscono usando algoritmi

che possono calcolare ed interpolare le sezioni mancanti del

movimento.

Al contrario dei sistemi magnetici, a causa dell’occlusione,

quindi a problemi di calcolo da parte del computer, i sistemi

ottici tenderebbero a non essere adatti alle performance in

tempo reale, tuttavia la maggiore libertà di movimento e la

maggiore praticità dal punto di vista tecnico ne hanno favorito

il largo uso, promosso anche dalla maggiore accuratezza

133Capitolo 4

Page 135: Ambienti interattivi

nella cattura dei movimenti in relazione ad un ampio uso di

sensori riflettenti. In entrambi i casi i dati raccolti dai sistemi

di cattura del movimento sono perfettamente compatibili

con i maggiori software per l’animazione 3D come Maya e 3D

Studio Max.

Le ultime ricerche nell’ambito della motion capture,

vertono verso sistemi di cattura sempre più duttili ed

economici per favorirne la diffusione sul mercato anche

a livelli formativi nelle scuole di varie discipline. La

telecamera sembra essere l’oggetto principale delle varie

sperimentazioni, quindi l’analisi delle immagini catturate da

quest’ultima, attraverso particolari algoritmi informatici che

mirano a sviluppare software in grado di simulare la visione

dell’occhio umano in quanto a percezione del movimento

e della profondità secondo le conoscenze acquisite dalla

fisiologia1. Un recente esempio di queste sperimentazioni

1 Per approfondire vedere “computer vision” o “visione artificiale”.

134Capitolo 4

Page 136: Ambienti interattivi

è un nuovo sistema di cattura sviluppato dalla ricerca

congiunta dello Swiss Federal Institute of Technology, del

MIT e del Mitsubishi Electric Research Laboratories che

rileva i movimenti del corpo umano sfruttando giroscopi,

accelerometri, emettitori di ultrasuoni e microfoni. Come

detto precedentemente, quando si parla di motion capture

ci si riferisce a una tecnologia che presenta degli elevati

costi, ma principalmente si riferisce alla necessità di essere

utilizzata solo in un ambiente “controllato”, in studio o in

laboratorio. Convenzionalmente, questa tecnologia fa uso di

punti riflettenti o piccoli LED attaccati in punti chiave sul

busto, arti e testa di una persona: i movimenti di questi

punti sono catturati da una serie di telecamere, permettendo

agli animatori di creare uno scheletro del soggetto via

computer, che poi potrà guidare i movimenti del soggetto

rielaborato al computer2, il sistema progettato dal gruppo

2 I dati estrapolati dai sistemi di cattura del movimento possono essere acquisiti ed elaborati da software di animazione 3D. Maya e 3D Studio Max sono i due software più completi e diffusi.

135Capitolo 4

Page 137: Ambienti interattivi

http://www.youtube.com/watch?v=V0yT8mwg9nc&feature=player_embedded,

still dal video

di ricerca dei tre enti invece, consente un’applicazione

anche “su strada”, permettendo di registrare e digitalizzare

movimenti che in studio non sarebbero replicabili. Il singolo

sensore, delle dimensioni di pochi centimetri e vincolato

agli arti dell’individuo, è composto dunque da giroscopi ed

accelerometri, che determinano velocità e direzione del

movimento dell’arto, e da emettitori di ultrasuoni che,

grazie ad un microfono posto in corrispondenza del plesso

solare, permettono di stabilire la distanza precisa dei sensori

dal corpo, similmente a quanto accade con un sonar. Tutti

i sensori sono controllati e gestiti da un sistema portatile,

che può essere facilmente trasportato in uno zaino. Proprio

questa caratteristica di trasportabilità consente al sistema di

essere impiegato anche nelle situazioni più difficili.

In quanto a software per l’aquisizione e l’elaborazione

dei dati provenienti dalla capture motion, un programma

di recente successo è Eyesweb, sviluppato dal Laboratorio

DIST di informatica musicale dell’università di Genova, il

quale permette lo sviluppo di applicazioni multimediali in

tempo reale, attraverso un’interfaccia grafica intuitiva di

programmazione visuale. Si basa infatti su blocchi, ovvero

moduli software pre-compilati che implementano funzioni di

elaborazione di immagini e suoni, con la possibilità di creare

136Capitolo 4

Page 138: Ambienti interattivi

patches personalizzate o creare nuovi moduli seguendo le

istruzioni di un software “wizard”3 che guida passo passo

nell’inclusione di un nuovo algoritmo in un nuovo modulo.

Insomma Eyesweb è stato sviluppato come alternativa ad

altri software di programmazione visuale come Max asp/

jitter, tuttavia deve il suo successo al suo peculiare utilizzo

nel campo della motion capture data la possibilità di

catturare i movimenti attraverso la semplice ripresa video su

cui poi progettare il rilevamento attraverso la sagomazione

del soggetto e l’assegnazione di punti chiave della stessa

sagoma. Dunque è possibile assegnare parametri di mobilità

attraverso i quali si possono registrare i “comportamenti” del

movimento.

3 Letteralmente “mago”, un programma wizard, consiste in un procedimento di un programma che aiuta a configurare lo stesso e/o a semplificare lo svolgimento di varie procedure complicate per utenti meno esperti.

Eyes Web, schermata

137Capitolo 4

Page 139: Ambienti interattivi

Un’innovazione importante portata da Eyesweb è

appunto la presenza di una particolare classe di moduli

denominati “attivi”, che ricevono dati ma hanno una loro

propria dinamica che li porta a generare i relativi dati in

uscita in modo asincrono, relazionando i dati ricevuti con

quelli pre-acquisiti, con modelli4 o in relazione con gli stessi

dati in uscita, quindi reagire di conseguenza. Una forma di

intelligenza artificiale questa, che mira non solo a catturare

il movimento, ma a distinguerne i relativi comportamenti

laddove una stessa azione in contesti diversi posso generare

una reazione differente, ovvero la distinzione di “stili” di

movimento attraverso la gestualità dei movimenti: velocità,

accelerazione dei movimenti corporei, quanto e come

viene occupato il volume sulla scena, simmetrie o meno

nel movimento degli arti, differenze di movimento delle

braccia rispetto alle gambe o di precise parti del corpo

(polsi, caviglie,dita), ecc. La ricerca di Eyesweb verte

pertanto verso l’interpretazione del movimento nel tentativo

di percepire l’espressività del soggetto attraverso i suoi

comportamenti (gestualità rigida o morbida per esempio),

quindi l’assegnazione di significati differenti. La soluzione è

di conseguenza determinare quali sono i parametri chiave per

riconoscere tali differenze comportamentali. Il programma

contiene infine deigli appositi moduli per la programmazione

e la trasmissione dei dati registrati attraverso un’uscita midi,

consentendone l’ultilizzo ad altri programmi. Da qui la pratica

comune di un utilizzo congiunto con Max o altri programmi di

programmazione visuale.

4 Eyesweb contiene delle librerie per l’analisi del movimento suddiviso in tre categorie: analisi dei movimenti corporei (motion) , analisi dei movimenti nello spazio (space) ed analisi delle traiettorie (trajectory).

138Capitolo 4

Page 140: Ambienti interattivi

Un esempio pratico dell’assegnazione di parametri comportamentali

è l’immagine successiva dove è raffigurata una patch5 che prevede

l’acquisizione del movimento da due telecamere b/n con funzioni per il

filtraggio dello sfondo, quindi la sagomazione del soggetto a cui sono stati

assegnati punti di interesse per il calcolo dei parametri di movimento.

La mappatura di questi punti si modifica con i movimenti del soggetto

producendo un flusso dati in relazione ai parametri assegnati, in questo

caso immobilità e mobilità per gli spostamenti oppure implosione (chiusura

del corpo verso il baricentro) e esplosione (espansione del corpo rispetto

al baricentro), dove le piccole linee verdi rappresentano l’evoluzione degli

stati nel tempo. Se si osserva l’andamento del parametro di implosione/

esplosione è alternato data la postura su un solo piede da parte del

soggetto, la quale influisce sul baricentro rendendolo instabile.

5 Letteralmente “pezza”, in programmazione informatica, indica un file eseguibile creato per svolgere una determinata operazione

Eyes web, schermata

139Capitolo 4

Page 141: Ambienti interattivi
Page 142: Ambienti interattivi

RISORSE

MOTION CAPTURE

http://en.wikipedia.org/wiki/Motion_capture

Phasespace http://www.phasespace.com

Xsens http://www.xsens.com/

Vicon http://www.vicon.com

ANIMAZIONE 3D

3D Studio Max, Maya http://www.autodesk.com

PROGETTO EYESWEB

http://musart.dist.unige.it

http://www.infomus.org

http://biomobius.trilcentre.org/docs/EyesWeb%20GDE%20

141Capitolo 4

Page 143: Ambienti interattivi

Un linguaggio di programmazione visuale, a differenza

della maggior parte degli altri linguaggi basati sulla scrittura

testuale dei programmi, si basa sulla composizione e

relazione tra oggetti grafici. La scrittura di un programma

(detto patch) consiste nella interconnessione dei vari moduli

o oggetti (objects) attraverso cavi virtuali (patchcordos) che

ne regolano le relazioni: l’interfaccia completamente grafica

dei vari software di programmazione visuale, permette un

utilizzo del tutto intuitivo delle varie funzioni attraverso

la selezione dei moduli catalogati in librerie, ognuno dei

quali creato per apposite funzioni di acquisizione e/o

elaborazione dei dati. La sintassi risulta così estremamente

semplificata rendendo accessibile l’utilizzo del software

anche a chi non possiede particolari conoscenze e capacità

di programmazione informatica, tuttavia la si rende

necessaria in caso di lavori più complessi, infatti, in quasi

142Capitolo 4

-Programmazione visuale-

Page 144: Ambienti interattivi

tutti i programmi è prevista la possibilità di modificare e/o di

inserire nuovi moduli personalizzati inserendo direttamente

gli algoritmi attraverso apposite procedure che variano da

programma a programma. Questo ha permesso il fiorire di

librerie di oggetti create da programmatori di terze parti, o

addirittura indipendenti, che ampliano notevolmente il range

di possibilità che ogni software in questione offre. Inoltre per

favorire la diffusione e lo scambio di patches fra gli utenti,

quasi tutti i software di programmazione visuale prevedono

una doppia versione del programma, che oltre alla consueta

versione completa, rilasciano una versione detta “runtime”,

ovvero una versione demo scaricabile gratuitamente dai siti

delle compagnie di produzione dei software, che possiede

tutte le facoltà di esecuzione della versione completa,

senza però la possibilità di editare patches al suo interno,

concedendo da parte sua il libero utilizzo di patches esterne,

in modo da facilitare l’utilizzo di un utente che sia interessato

ad una singola patches senza avere l’obbligo di comprare il

software completo. Queste librerie sono solitamente suddivise

per tre categorie in relazione all’ambito di utilizzo, ovvero

la categoria di oggetti dedicati al controllo MIDI, quella

dedicata alla generazione ed elaborazione di audio digitale

ed infine quella dedicata alla generazione ed elaborazione

di segnali video. In ogni caso, tutte le tipologie di oggetti

possono essere utilizzate contemporaneamente nella stessa

patch rendendo possibile la creazione di complessi algoritmi

di elaborazione in real-time. La vastità delle librerie e la

capacità di relazione tra i vari oggetti, determinano quindi

le potenzialità e le caratteristiche dei vari software presenti

oggi sul mercato.

143Capitolo 4

Page 145: Ambienti interattivi

Max MSP/Jitter

Max è un ambiente di sviluppo grafico per la musica e la

multimedialità ideato ed aggiornato dall’azienda di software

Cycling ‘74, con base a San Francisco, California. È utilizzato

da oltre quindici anni da compositori, esecutori, progettisti

software, ricercatori e artisti interessati a creare software

interattivo. Oltre alla tipica caratteristica di programmazione

ad oggetti grafici, una API1 permette a terze parti lo sviluppo

di nuove routines (chiamate external objects, oggetti esterni).

Un’ulteriore caratteristica di Max è la possibilità di creare

plug-ins e applicazioni stand-alone a partire da una patch,

compatibili con tutti i formati esistenti, ossia VST, RTAS, MAS

e nella versione per OSX anche AU.

1 Application Programming Interface (Interfaccia di Programmazione di un’Applicazione), sono ogni insieme di procedure disponibili al programmatore, di solito raggruppate a formare un set di strumenti specifici per un determinato compito

Max MSP/Jitter, schermata

144Capitolo 4

Page 146: Ambienti interattivi

PREZZO

Max MSP/Jitter 5, 699 $, Max MSP 5, 495 $, Max 5, 295 $

La possibilità di acquistare il software in diverse versioni

relative alle librerie incluse, offre una soluzione adeguata

a tutte le esigenze e possibilità di utilizzo da parte degli

utenti, senza spese eccessive altrimenti inutili. Inoltre la

possibilità tramite un software gratuito di creare moduli e

patches personalizzate, mira a soddisfare le categorie di

clienti più esigenti

DIFFUSIONE Windows, Mac

La vastità delle librerie, la possibilità di disporre di una

versione run-time del software, di sviluppare applicazioni ha

fatto di Max MSP/Jitter il software più utilizzato nella musica

di ricerca, nell’elettronica, nonché punto di riferimento per la

creazione di installazioni ed opere multimediali interattive.

USABILITÀ

Il principio di funzionamento è facilmente apprendibile

tuttavia lo studi degli oggetti richiede più tempo e qualche

lettura pesante. La vera difficoltà risiede nel memorizzare

tutti gli oggetti (400 nella versione in commercio più

altrettanti scaricabili dalla rete) e le possibilità che essi

offrono, poiché come in tutti i linguaggi di programmazione,

una cosa può essere realizzata in mille modi diversi, alcuni

più efficienti degli altri.

145Capitolo 4

Page 147: Ambienti interattivi

146Capitolo 4

Page 148: Ambienti interattivi

http://www.cycling74.com (download, manuale, forum, tutorial)

http://www.maxobjects.com (dowload librerie)

http://www.studiotoolz.net/ (dowload librerie)

http://artsites.ucsc.edu/EMS/music/research/Lobjects.readme.html (dowload librerie)

http://ppooll.klingt.org/index.php/Main_Page (dowload librerie)

http://virtual-sound.com/vs/ (forum in italiano)

MUSICA ELETTRONICA E SOUND DESIGN,Teoria e Pratica con Max-MSP, (libro)

RISORSE

Essendo il software standard, quindi il più diffuso in ambiti

professionali, si avvale di una community molto vasta e

preparata con una ottima reperibilità di risorse (anche in

italiano) di qualsiasi tipo come manuali, tutorial ed oggetti

o patches scaricabili, a partire dallo stesso sito della casa

di produzione del software. Innumerevoli anche le iniziative

formative ed i workshop in giro per il mondo.

147Capitolo 4

Page 149: Ambienti interattivi

Quartz Composer

Quartz Composer è un linguaggio di programmazione visuale

incluso degli Apple Developer Tools dedicati al sistema

operativo MacOSX, indirizzato alla realizzazione di effetti

visivi basati sull’utilizzo di componenti preconfezionati

che vengono assemblati per realizzare le composizioni.

Quartz Composer utilizza OpenGL, Core Image, Core Video

e altre tecnologie incluse nel sistema operativo MacOSX

coniugandolo con un paradigma di programmazione visuale.

Le composizioni create con Quartz Composer possono

essere eseguiti da ogni applicativo che integra la tecnologia

QuickTime. Questi applicativi richiedono il MacOSX 10.4

o superiore dato che i componenti integrati da QuickTime

sono disponibili da quella versione. Le composizioni possono

essere integrate anche all’interno di classi Cocoa2 o Carbon3.

Dato che Quartz Composer fa un esteso uso di texture,

accelerazione hardware e pixel shaker.

2 Cocoa è l’ambiente di programmazione orientato agli oggetti sviluppato da Apple per il sistema operativo Mac OSX

3 Carbon è il nome in codice dato da Apple alle API contenute nel sistema operativo Mac OSX che consentono ai programmi scritti per i sistemi della Apple precedenti a Mac OSX di funzionare sul nuovo sistema operativo tramite piccole modifiche.

Quartz Composer, schermata

148Capitolo 4

Page 150: Ambienti interattivi

PREZZO gratuito

Quartz Composer viene installato con gli XCode Tools nella

cartella /Developer/Application/Graphics Tools del sistema

operativo Mac OSX 10.4 o superiore.

DIFFUSIONE Mac

Essendo un tools di un sistema operativo Apple, la diffusione

è di conseguenza vincolata al sistema operativo Mac OSX,

tuttavia una volta acquistato il computer con il relativo

sistema operativo, non è più necessario reperire il software

altrove.

USABILITÀ

L’interfaccia grafica è molto semplice ed intuitiva, quindi

si addice agli utenti principianti che si affacciano alla

programmazione visuale per la prima volta, in particolare

se privi di ogni conoscenza ed abilità di programmazione

informatica. Quartz Composer ha molte similarità con

il programma Max/MSP/Jitter sebbene questo venga

principalmente utilizzato per mostrare degli effetti visiva

associati a un flusso audio. La capacità dei componenti di

gestire sorgenti esterni come flussi audio o MIDI all’interno

del player QuickTime o di altre applicazioni QuickTime

compatibili, ha generato un grande interesse tra molti VJ che

utilizzano Quartz Composer per generare effetti video durante

il mixing dei pezzi audio. Una libreria limitata di oggetti

che non permette lo sviluppo di applicazioni complesse è un

punto a sfavore per Quartz, anche se le ultime versioni sono

state arricchite di nuove possibilità nel tentativo di limare il

gap con Max ed altri prodotti simili.

149Capitolo 4

Page 151: Ambienti interattivi

150Capitolo 4

Page 152: Ambienti interattivi

http://developer.apple.com/graphicsimaging/quartz/quartzcomposer.html(user guide)

http://www.quartzcompositions.com (forum in inglese)

http://quartzlab.blogspot.com (formu in italiano)

RISORSE

Essendo un software vincolato all’ambiente mac, la prima

conseguenza è quindi una limitazione non trascurabile

del bacino d’utenza, tuttavia gran parte dei professionisti

nell’ambito della programmazione visuale lavora appunto in

ambiente mac, pertanto sulla rete è disponibile una discreta

quantità di risorse.

151Capitolo 4

Page 153: Ambienti interattivi

Isadora, schermata

Isadora

Isadora è un software sviluppato da Mark Coniglio il quale,

partendo dalla sua esperienza con il gruppo di teatro-

danza multimediale Troika Ranch assieme Dawn Stoppiello,

ha sviluppato una piattaforma estremamente intuitiva e

flessibile. Dall’iniziale focus sull’interazione con performers

tramite sensori e controllo di pacchetti MIDI, oggi Isadora

(che il pubblico italiano ha visto all’opera nei lavori di

Claudio Sinatti, Otolab e Softly Kicking) gestisce una quantità

impressionante di proprietà, dai più tradizionali effetti video

alla renderizzazione in tempo reale di file 3D complessi,

permettendo la sincronizzazione multischermo e creando

le premesse per un’interattività e una flessibilità che fino a

qualche anno fa erano impensabili per chi non fosse pronto a

cimentarsi con la programmazione “dura”.

152Capitolo 4

Page 154: Ambienti interattivi

PREZZO 350$ Mac version, 225 $ Windows version

V’è la possibilità di vari sconti in relazione alla quantità di

licenze comprate, e molto importante è previsto uno sconto

speciale in caso di acquisto della licenza per scopi formativi,

in modo da favorire la diffusione del software in ambienti

scolastici.

DIFFUSIONE Mac, Windows

Il fatto di avere una versione per entrambe le piattaforme

principali di sistemi operativi in commercio è un fattore di

notevole accessibilità e quindi di successo, tuttavia essendo un

software di recente sviluppo ha ancora margini di espansione.

È utilizzato in moltissime installazioni multimediali interattive

ed ha anche un discreto successo per le VJing performance.

USABILITÀ

I software derivati da Max sono estremamente flessibili ma

spesso orientati a un pubblico di programmatori, mentre

software vj-oriented scontano i difetti di un’eccessiva

limitazione nelle opzioni a disposizione. Isadora è il software

che oggi probabilmente si trova a metà strada tra questi

due estremi, risultando abbastanza facile imparare i primi

passi, senza togliere la complessità desiderata da chi ha

più esperienza. Questa combinazione di facilità d’uso e

implementazioni per utenti esperti è la chiave del suo

successo, essendo indicato anche per gli ambienti formativi

scolastici e professionali.

153Capitolo 4

Page 155: Ambienti interattivi

154Capitolo 4

Page 156: Ambienti interattivi

http://www.troikatronix.com/isadora.html (download, manuale, forum, tutorial)

www.interno3.org/hof/luca%20ferro.pdf (tutorial in italiano)

RISORSE

Essendo un software di recente sviluppo, non ha ancora conseguito

una diffusione tale da avere una reperibilità di risorse all’altezza,

tuttavia consideratone il successo, quest’ambito è tutt’ora in via

di sviluppo, in crescendo naturalmente. La community non è molto

vasta, ma è molto disponibile: lo stesso ideatore del software,

Mark Coniglio, partecipa attivamene al forum del sito ufficiale,

promuovendo e presenziando talvolta ad eventi, corsi e workshop

che aumentano in continuazione.

155Capitolo 4

Page 157: Ambienti interattivi

vvvv, schermata

VVVV

VVVV, Sviluppato da Sebastian Oschatz e Joreg Diessl della Meso,

centro nevralgico indipendente e non riccamente finanziato di

molta attività laboratoriale attorno a software e strumenti per la

produzione mediale interattiva a livello artistico e professionale.

VVVV è un software utile per la sintesi video in tempo reale ed il

controllo di oggetti fisici tramite sensori, interfacce e controlli midi.

Indicato soprattutto per creare installazioni ed esperimenti che

generino grafica sintetica e possano interagire con diversi utenti,

dispone di un ambiente di programmazione grafico che ne semplifica

l’utilizzo, ed è evoluto da un tool interno per la progettazione di

video, ad ambiente sufficientemente generico da poter essere

utilizzato per diverse finalità, dal vjing fino all’arte elettronica.

156Capitolo 4

Page 158: Ambienti interattivi

PREZZO Full 500€, Noleggio 1 settimana 200€

La licenza è necessaria per tutte le applicazioni commerciali

con possibilità di sconti in caso di acquisto di più licenze,

tuttavia è disponibile una versione gratutita di valutazione

per scopi non commerciali.

DIFFUSIONE Windows

Essendo un prodotto compatibile solo con l’ambiente Windows,

la diffusione è di conseguenza vincolata al sistema operativo.

dopo le sue prime pubblicazioni nei primi anni 2000, ha perso

visibilità a favore di altri programmi più recenti.

USABILITÀ

L’interfaccia grafica e la fruizione è simile a quella di Max

ma è molto più limitato nelle librerie e nelle possibilità

di programmazione. Ha un ottima qualità nella grafica

generativa pertanto viene usato principalmente nelle

performance Vjing.

157Capitolo 4

Page 159: Ambienti interattivi

158Capitolo 4

Page 160: Ambienti interattivi

http://vvvv.org/ (download, manuale, forum, tutorial)

http://node08.vvvv.org (forum)

http://www.lanvideosource.net/fondamenti_di_vvvv.pdf (tutorial in italiano)

RISORSE

Considerata la sua discendente visibilità a favore di altri

programmi più recenti, risulta più complicato reperire risorse

adeguate all’apprendimento del software, tuttavia rimane

una delle poche alternative ai molteplici software per gli

ambienti Mac.

159Capitolo 4

Page 161: Ambienti interattivi

Altre alternative possono essere Processing e Pure Data, ma

se per il primo si tratta di programmazione testuale, quindi

implicando profonde conoscenze informatiche per utenti

esperti, il secondo è semplicemente la versione open source4 di

Max, ma con una interfaccia grafica più scarna ed una libreria

limitata, tuttavia per gli utenti più esperti c’è la possibilità di

creare moduli e patch personalizzate equivalenti a quelle di

Max, senza rinunciare ad alcuna funzione. Pure Data inoltre,

possiede un alto livello di compatibilità tra patches prodotte

in ambienti differenti (è disponibile anche per Linux oltre

che per mac e Windows) e permette di utilizzare le sue patch

anche su Max e viceversa.

4 In informatica, open source (termine inglese che significa sorgente aperta) indica un software i cui autori (più precisamente i detentori dei diritti) ne permettono, anzi ne favoriscono il libero studio e l’apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti.

RISORSE

http://processing.org/ (download, manuale, forum, tutorial)

http://puredata.info/ (download, manuale, forum, tutorial)

http://www.puredata.it/ (download, manuale, forum, tutorial in italiano)

Pure Data, schermata160Capitolo 4

Page 162: Ambienti interattivi

161Capitolo 4

Page 163: Ambienti interattivi

RISORSE

http://www.ableton.com (download, manuale, forum, tutorial)

http://www.abletonlivedj.com (forum inglese)

http://www.noise collective.net (forum italiano)

Concludendo, preso per certo che MAX MSP/Jitter

rappresenta attualmente, nel bene e nel male, lo standard di

fatto per lo sviluppo di ambienti interattivi multimediali, le

alternative non mancano, ognuna con le sue caratteristiche

e con i suoi orientamenti. Come detto, VVVV è stato uno dei

primi ad entrare in campo ed ha avuto un discreto successo

nell’ambito Vjing per piattaforma Windows. è gratis e viene

utilizzato per una buona produzione di grafica generativa.

Quartz Composer, su piattaforma Mac, invece è una novità

relativamente recente ed anche’esso viene prevalentemente

utilizzato dai vj per la grafica generativa e per gli effetti video

durante il mixing audio, finendo con Isadora, l’ultimo nato

che ha ancora ampi margini di miglioramento, ma utilizzato

da moltissimi artisti contemporanei, riesce a coniugare la

semplicità d’uso a possibilità più avanzate oltre ad essere

reperibile sia per Mac (consigliato) che per Windows. Ha una

discreta gestione anche di file pesanti e sta trovando un

ottimo successo nelle pratiche di mapping per le proiezioni

architettoniche.

162Capitolo 4

Page 164: Ambienti interattivi

Queste considerazioni sono chiaramente orientate alla parte

prettamente visuale, quindi all’interazione video, dunque

per approfondire queste conoscenze anche in materia audio

segnalo Ableton live, un programma per il sound design che

deve il suo successo ad un interfaccia amichevole e molto

intuitiva, permettendo di editare ogni genere di suono anche

senza determinate capacità musicali. Ableton live, offre

inoltre la possibilità di allacciarsi a dei controller esterni ed

interfacciarsi con altri programmi come Isadora per collegare

un evento audio ad un’azione specifica.

Ecco infine tre siti italiani relativi a tre community molto

attente alle novità in uscita, nonché ottimi strumenti per la

reperibilità di risorse di ogni tipo per quanto riguarda il vjing

in particolare.

RISORSE

http://www.soundesign.info/

http://www.virtual-sound.com/sv/

http://www.vjcentral.it/

Ableton Live, schermata163Capitolo 4

Page 165: Ambienti interattivi
Page 166: Ambienti interattivi

165Capitolo 5

5. Progettazione-Total people scanning-

Page 167: Ambienti interattivi

Il concept di questa installazione audiovisiva interattiva,

muove in primo luogo, dall’idea di poter raccontare eventi di

attualità attraverso media e tecnologie non convenzionali. Ci

troviamo nel Gennaio 2010, tra le varie notizie di cronaca,

imperversa il dibattito sull’utilizzo dei body scanner negli

aeroporti, un dibattito dove i dubbi sulla reale utilità (e

infallibilità) di queste apparecchiature si incrociano con i

timori per la violazione della privacy e per i possibili danni alla

salute. In Italia i primi scanner per la sicurezza aeroportuale

sono stati provati nel 2009 allo scalo di Ciampino. Il sistema

è semplice: il passeggero entra in una cabina a braccia e

gambe divaricate. Trenta secondi, qualcuno in più per i

sistemi a raggi x, e un software trasforma i segnali ricevuti

in un’immagine, quindi il monitor su cui appare una sorta

di fotografia in negativo è posizionato in una sala diversa

rispetto a quella dove sta il passeggero. L’agente che visiona

166Capitolo 5

-Concept-

Page 168: Ambienti interattivi

l’immagine è collegato a quello che controlla attraverso un

auricolare. L’immagine non viene memorizzata ma subito

cancellata, mentre chi non vuole sottoporsi all’esame dello

scanner può richiedere un’ispezione manuale accurata.

Tuttavia le polemiche più accese riguardano la questione

della privacy, parzialmente smorzate con la soluzione di

opacizzazione della figura in modo da rendere irriconoscibili

i particolari anatomici quali il volto e gli organi genitali,

oggetti principali delle proteste. Dal punto di vista tecnologico

esistono due tipologie di body scanner: quelli a raggi x,

evoluzione delle tecnologie mediche, e quelli a onde radio,

più recenti e di derivazione militare. La prima tecnologia si

chiama Backscatter x-Ray e utilizza raggi x che non penetrano

l’oggetto (come quelli più potenti per le radiografie) ma

usano le radiazioni di ritorno del corpo. Forniscono immagini

a due dimensioni e in bianco e nero. La seconda tecnologia,

la Millimeter wave scanner, usa onde radio cortissime (come

i raggi T) e a elevata frequenza. Fornisce una foto del

corpo tridimensionale. Concludendo sulla questione salute,

l’esposizione alle onde radio durante il controllo sarebbe 10

mila volte minore a quella di una trasmissione col cellulare,

167Capitolo 5

Page 169: Ambienti interattivi

mentre quella ai raggi x equivalente a due minuti di volo,

tuttavia non si conoscono ancora gli effetti a lungo termine,

pertanto esistendo un rischio probabilistico, per i bambini è

preferibile l’ispezione manuale. Da qui l’installazione in chiave

multimediale, sulla diffidenza, il controllo e la paura. Body

scanners, sistemi di controllo/vigilanza, segnali di allarme;

sequenze di effetti personali ispezionati, multi processati,

magnificati, remixati (di fatto) alienati, sono alcuni dei

simboli in cui lo spettatore si immerge, con cui interagisce,

gioca e “inattualizza” la contemporaneità. Il tutto viene

presentato in chiave ironica e satirica laddove la scansione

delle persone che passano dallo scanner, riporta visivamente

l’individuazione di oggetti normalmente considerati innocui,

che in questo caso vengono indicati come oggetti pericolosi,

quindi decontestualizzati e riproposti da un punto di vista

assurdo che richiama alla riflessione e ai significati delle

tematiche sopracitate. Non più bombe, pistole o coltelli,

ma prosciutti, padelle e vibratori che dissociandosi talvolta

da un senso logico, invadono prepotentemente la nostra

privacy in nome della sicurezza come scherno alla paura e

alla diffidenza.

Bodyscanner

168Capitolo 5

Page 170: Ambienti interattivi

169Capitolo 5

Page 171: Ambienti interattivi

Total people scanning è un’installazione audiovisiva

interattiva, ideata e curata dal prof. Giuseppe Ridolfi in

collaborazione con Aida, allestita in occasione dell’evento

“Le Murate” del 16 Gennaio 2010. Trattasi dell’inaugurazione

di un nuovo spazio urbano recuperato da uno stabile in disuso

situato nel pieno centro storico di Firenze: il complesso

(quattrocentesco) era il monastero intitolato alla Santissima

Annunziata e a Santa Caterina, dove abitavano le monache di

clausura dette “murate”, in seguito, per circa cento anni, dal

1883 al 1985 è stato il carcere di Firenze.

170Capitolo 5

-Analisi e sviluppo del progetto nello spazio-

Page 172: Ambienti interattivi

L’evento era suddiviso in diverse aree tematiche su musica,

arte, architettura e design, ognuna con le relative esposizioni.

Total people scanning si colloca quindi nella sezione A, “walkin

on the architectural border”, spazio espositivo della Facoltà

di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, dove

attraverso 8 “stazioni” di proiezione video e/o interattive si

presentano alcune sperimentazioni/esplorazioni dei confini

dell’achitettura e del design, in particolare nell’interazione

con le tecnologie dell’informazione.

171Capitolo 5

Page 173: Ambienti interattivi

La location risulta particolarmente importante come punto

di partenza nell’ideazione e progettazione dell’installazione.

Il nostro spazio, infatti era situato in corrispondenza di uno

dei due ingressi del locale espositivo, ovvero un punto di

passaggio obbligatorio, quindi in una posizione ideale per

la simulazione di un body scanner, risolvendo così anche le

problematiche relative all’incentivazione del pubblico alla

partecipazione.

Flussi

L’ingresso fungeva anche da uscita, quindi i flussi di

movimento erano bidirezionali, tuttavia il flusso maggiore

di pubblico che visitava lo spazio espositivo proveniva da

l cortile, quindi tendenzialmente in entrata per poi uscire

dall’altro ingresso della sala.

-FLUSSI DI MOVIMENTO-

-PIANTA MANIFESTAZIONE-

172Capitolo 5

Page 174: Ambienti interattivi

Lo spazio a disposizione era di circa 12m2 (6mx2m), nel

dettaglio, l’installazione era composta da tre elementi in

relazione tra loro attraverso diversi sistemi interattivi. Come

accennato precedentemente, in corrispondenza dell’ingresso

era stato progettato uno scanner fittizio, composto

essenzialmente da due pile di schermi per videowall, quindi

uno schermo di posto sulla parete opposta all’entrata

visualizzava il video della scansione. Infine un’ulteriore

schermo di 4mx3m posto sulla parete alla destra dell’ingresso

era adibito alla visualizzazione di un altro video interattivo.

-PROIEZIONI-

173Capitolo 5

Page 175: Ambienti interattivi

Tra le due pile di schermi video, era posta un’asse di legno

(di color nero) come architrave, sulla quale erano posizionati

il sistema a fotocellula per il rilevamento del movimento

e il proiettore per il video relativo alla “scansione”. Sulla

parete opposta all’ingresso, veniva quindi proiettato il video

corrispondente alla scansione della persona che attraversando

lo scanner faceva scattare la fotocellula, mentre sulla parete

alla destra della porta, veniva montato un grande schermo

Videocamera

per rendere la simulazione dello scanner più

scenografica, abbiamo posto una videocamera puntata

direttamente su uno degli schermi, ricreando un effetto

di ritorno del segnale, generando così effetti visivi i

quali vengono visualizzati in tutti gli altri schermi.

Assonometria

174Capitolo 5

Page 176: Ambienti interattivi

Schema tecnologico

4mx3m su cui era proiettato un secondo video scenografico

controllato da un sistema interattivo collegato ad una

webcam che riprendeva il passaggio delle medesime persone

all’interno del nostro spazio espositivo.

La presenza di questi due sistemi di interazione quali

la scansione e il video controllato dalla webcam, implica

l’utilizzo di due pc per la relativa gestione: uno controlla

dunque l’attivazione delle scansioni attraverso l’apposita

programmazione in Flash, mentre l’altro è adibito al controllo

del secondo video tramite la programmazione in Isadora.

I due sistemi sono totalmente indipendenti e ininfluenti

tra loro dal punto di vista tecnologico, sebbene in seguito al

passaggio dallo scanner, il pubblico è costretto a passare dallo

spazio soggetto alla ripresa della webcam per ovvie ragioni

di passaggi obbligatori, pertanto si è creata un’interazione

tra i due sistemi semplicemente attraverso la disposizione

nello spazio degli stessi.

175Capitolo 5

Page 177: Ambienti interattivi

In questo paragrafo tratterò nello specifico i singoli

elementi visivi e tecnologici che caratterizzano l’allestimento

dello scanner, elemento principale dell’installazione.

Dal punto di vista tecnologico, oltre alla struttura in stile

videowall per la simulazione di un body-scanner, descritta

nel paragrafo precedente, prende particolare interesse il

sistema di rilevamento del movimento tramite fotocellula,

che a sua volta aziona la proiezione del video sulla parete

opposta. Secondo una corretta procedura nella costruzione

di questo sistema interattivo, si renderebbe necessaria e

176Capitolo 5

-Editing multimediale-

Page 178: Ambienti interattivi

consigliabile l’utilizzo un’interfaccia midi hardware e software

come Arduino, per interfacciare appunto il segnale analogico

proveniente dalla fotocellula con il programma digitale che

regola la proiezione del video (Adobe Flash in questo caso),

tuttavia, per la mancanza di tali mezzi e relative competenze,

considerando anche il budget economico pari a zero che non

ci ha concesso l’acquisto di strumenti al di fuori di quelli

già messi a disposizione da AIDA, abbiamo dovuto aggirare

il problema con un piccolo trucco hardware che consiste

in una specifica saldatura tra il cavo proveniente dalla

fotocellula e un comunissimo mouse per pc. Ne consegue la

riduzione dell’interfacciamento software per il controllo del

segnale, alla semplice assegnazione di un tasto specifico in

corrispondenza del clic del mouse modificato, tasto a cui

è assegnato a sua volta il controllo della proiezione con il

programma software di controllo del video (Flash).

177Capitolo 5

Page 179: Ambienti interattivi

In merito all’editing multimediale è stato effettuato

un accurato lavoro a livello video per rappresentare le

scansioni delle persone attraverso il trattamento di immagini

fotografiche dapprima su Photoshop, per poi essere montate

ed animate con l’ausilio di elementi grafici su Flash. Il

visual è dunque composto dal disegno di una sagoma

stilizzata ed offuscata che rappresenta l’immagine di un

corpo umano privato di qualsiasi tratto di riconoscibilità o

distinzione sessuale, ovviamente utilizzato come riferimento

standardizzato per l’immagine corporea delle persone che

si sottopongono alla scansione, a prescindere dalle loro

caratteristiche fisiche. Una serie di elementi grafici disegnati

appositamente per simulare la scansione, giocano sulle

maschere di livello che alla fine del processo ne svelano

l’oggetto pericoloso evidenziato dal colore rosso, da sempre

colore relativo a segnali di attenzione e/o pericolo, scelto

anche perchè in contrasto con le tonalità cianotiche del

resto della composizione per una corretta e immediata

visualizzazione e percezione da parte del pubblico. I restanti

elementi grafici di contorno quali la griglia di fondo e i

parametri numerici a lato dell’immagine corporea non sono

semplicemente elementi scenografici inseriti allo scopo di

aumentare l’impatto visivo del visual.

Audio

Ogni elemento e la relativa animazione è accompagnata da un

preciso evento sonoro studiato per esaltarne l’espressività, come

nell’animazione finale di individuazione dell’oggetto pericoloso dove alla

scritta intermittente “warning” che ne segnala la pericolosità, corrisponde

una sirena sincronizzata all’intermittenza che ne amplifica l’effetto.

178Capitolo 5

Page 180: Ambienti interattivi

179Capitolo 5

Page 181: Ambienti interattivi

ActionScript 1

Funzione che genera un numero in base alla data che viene

utilizzato per forzare il caricamento (Refresh) dell’XML

Per quanto riguarda la programmazione per la gestione

delle immagini è stata realizzata sempre con l’utilizzo di

Flash, creando dapprima uno stage contenente le immagini

statiche degli elementi scenografici del visual, per assicurare

un visual attivo anche in corrispondenza dello stato di riposo

del sistema, il quale, una volta attivato il segnale proveniente

ActionScript 2

Funzione principale che carica il documento XML creato dallo

script ASP con i dati prelevati dal Data Base

180Capitolo 5

Page 182: Ambienti interattivi

ActionScript 3

Funzione che prende i dati XML e li mette in degli array

e funzione che estrae un elemento casuale dall’array dei files

dalla fotocellula, richiama in un contenitore vuoto (un clip

filmato) gli swf esterni contenenti le animazioni preelaborate

delle scansioni. Le animazioni vengono selezionate secondo

un criterio casuale, attraverso degli appositi script che

selezionano i video da un file esterno xml, contenete l’elenco

dei file a disposizione.

Stato di riposo Stato attivo

181Capitolo 5

Page 183: Ambienti interattivi

Il secondo sistema interattivo dell’installazione è quello

relativo al controllo video attraverso il rilevamento del

movimento nella sala tramite l’utilizzo di una webcam.

Questo sistema è stato realizzato grazie ad Isadora, un

software di programmazione grafica a oggetti visuali. Un

software per la programmazione è essenzialmete un software

che permette di creare altri software secondo le esigenze del

fruitore, pertanto l’utilizzo di Isadora si deve alla necessità

di creare un’interfaccia per il controllo dei dati provenienti

dal sistema di rilevamento, la webcam in questo caso.

182Capitolo 5

-Programmazione in Isadora-

Page 184: Ambienti interattivi

Ovviamente l’utilizzo del software di programmazione

è preceduto dalla produzione e importazione dei materiali

audio e video su cui intervenire attraverso l’interfaccia.

Il visual è composto da una serie di immagini di valigie

scansionate nell’areoporto, montate in succcessione

ricreando quindi l’effetto del rullo trasportatore attraverso

il programma di editing video. Anche il colore è stato

modificato per rientrare nella armonia cromatica dell’intera

installazione. Come azione interattiva, il video reagisce al

movimento, ovvero al passaggio delle persone nella sala

successivamente al passaggio dallo scanner, quindi il video

accellera e un elemento sonoro ne sottolinea l’andamento.

183Capitolo 5

Page 185: Ambienti interattivi

L’attore Video In Watcher, non è nient’altro che la fonte video

esterna, ovvero la webcam che deve essere inserita nei settaggi

di videoinput del programma quindi attivarne la cattura dei dati.

L’attore Eyes, invece è una funzione di ricezione e analisi del

video proveniente dalla fonte assegnata, quindi è in grado di

estrapolare dati numerici relativi a determinate caratteristiche.

Nel nostro caso sfrutteremo il parametro Object Velocity, che

controlla il movimento generale del la fonte video inserita.

L’attore Smoother, serve a smorzare e omogenizzare

il flusso di dati numerici in uscita dall’attore Eyes,

in modo da rendere meno brusche le variazioni

repentine tra i diversi valori.

Entrando nel vivo del programma, vediamo che si tratta di una

patch abbastanza semplice, quindi passiamo ad analizzare

le funzioni di ogni attore sul trattamento dei materiali in

entrata.

184Capitolo 5

Page 186: Ambienti interattivi

Gli attori Movie Player, Sound Movie Player e Sound

Player, sono gli attori corrispondenti ai relativi materiali

importati di cui è comnposto l’installazione audiovisiva,

ovvero, in ordine, il video delle valigie, l’audio del

video e un secondo audio che si attiva solo in presenza

di una sollecitazione, quindi del movimento rilevato.

Come si può notare dall’immagine, i valori in uscita dallo

Smoother, quindi da Eyes intervengono allo stesso modo

sia sulla velocità del video che su quella dell’audio a cui

viene regolata anche l’intensità sonora.

Projector è l’ultimo attore inserito che consente la visualizzazione del

video nello stage, quindi le immagini proiettate, mentre Zoomer è un

controllo per lo Zoom del video che necessitava di accorgimenti scenici

riguardanti appunto la proiezione reale sullo schermo.

In tutti gli attori, ma in questi particolarmente, risulta

fondamentale prestare attenzione alle scale di parametri su cui

si interviene, assegnando i valiri massimi e minimi in base alle

proprie esigenze, lasciando per esempio una velocità minima

nella Speed del video per non far fermare lo scorrimento, o

massima per non farlo scorrere troppo velocemente.

185Capitolo 5

Page 187: Ambienti interattivi

La scelta di una video-installazione interattiva risiede

principalmente nella volontà di coinvolgere lo spettatore

con la partecipazione attiva nella ricezione delle immagini

presentate e dell’argomento trattato, pertanto l’esposizione

di tale progetto trova un’ottima collocazione in n evento

pubblico quale “Le Murate”.

Non più la solita esposizione di lavori preconfezionati,

ma un’istallazione ideata e progettata per la fruizione in

tempo reale durante lo stesso evento che punta a stimolare

le reazioni strettamente personali di ogni fruitore, pur

mantenendo molti elementi rigidi e preconfezionati.

Tuttavia, proprio il fattore di evento pubblico aperto a

tutti i cittadini, dunque privo di una tematica ben precisa e

di un relativo target, ha visto l’aspetto ludico dell’esposizione

sopraffare i reali intenti comunicativi laddove pochi

interessati si sono esposti nel chiedere e/o scambiare opinioni

sull’effettivo senso dell’installazione. A dimostrazione di tale

fatto, vi è la successiva richiesta di un commerciante, gestore

del Red Garter, conosciuto disco-pub situato nel centro

storico di Firenze, il quale, presa visione dell’installazione,

ha avanzato una richiesta di replica proprio all’interno del

suddetto locale a semplici fini ludici e scenografici. Non vi

sono documentazioni effettive della replica dell’istallazione

in questo testo in quanto i lavori per la realizzazione sono

tuttora in corso, sebbene sarà presente nel cd allegato e

nella presentazione nel giorno di discussione della tesi.

186Capitolo 5

-Allestimento e conclusioni-

Page 188: Ambienti interattivi

Dal punto di vista personale, ho deciso di partecipare

alla realizzazione dell’installazione “Total people scanning”

soprattutto per l’opportunità di cimentarmi con un progetto

reale, quindi per la relativa collaborazione con altre figure

professionali quali il prof. Giuseppe Ridolfi della Facoltà di

Architettura e Maurizio Baldini di Aida che dirigevano tutte

le operazioni. Il fatto di avere a che fare direttamente con gli

strumenti e le problematiche tipiche della realizzazione di

progetti simili oltre al mio ruolo di collaboratore subordinato

a decisioni superiori pur avendo un discreto margine creativo,

mi ha aiutato a crescere dal punto di vista professionale

molto di più di un qualsiasi progetto ipotetico strettamente

personale.

Per questo ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile

tale opportunità, il progetto Milab.biz in particolare.

187Capitolo 5

Page 189: Ambienti interattivi
Page 190: Ambienti interattivi
Page 191: Ambienti interattivi
Page 192: Ambienti interattivi
Page 193: Ambienti interattivi
Page 194: Ambienti interattivi
Page 195: Ambienti interattivi

RISORSE E CONOSCENZE

Con questo testo non pretendo di descrivere in maniera

esaustiva tutto ciò che riguarda l’interaction design, poichè

argomento vastissimo ed eterogeneo, tuttavia ho condotto

questa ricerca allo scopo primario di tracciare una linea

guida nelle conoscenze e nelle pratiche di tale ambito per

favorirne una corretta progettazione, consapevole di tutte

le sue possibilità, senza tralasciare il necessario background

culturale su cui essa dovrebbe fondarsi. Il linguaggio del

video digitale (oggetto della mia ricerca),in particolare

nell’interaction design, prende forma a partire da regole

procedurali che implicano conoscenze in diversi campi del

sapere, quindi imparare a conoscerne le origini tecnico-

artistiche, è il primo passo inevitabile per prodursi nella

successiva progettazione e/o sperimentazione. Pertanto il

194Conclusioni

Osservazioni conclusive

Page 196: Ambienti interattivi

testo è composto per la maggior parte di una profonda ricerca

storico-artistica atta a evidenziare le evoluzioni dei diversi

artisti che si sono susseguiti nel corso degli anni, fino a quelli

più contemporanei, spesso tralasciati dai corsi universitari,

ma molto importanti in un ambito come questo, in costante

evoluzione, quindi con l’obbligo di un aggiornamento costante.

A tal proposito, proprio la contemporaneità di questa

evoluzione tecnologica/artistica, crea difficoltà nel

reperire materiale documentativo sulle opere o sugli artisti,

quindi gli strumenti disposizione attualmente, internet

su tutti, si rendono necessari e spesso più efficaci della

classica ricerca bibliografica, ecco infattitravare in fondo

al testo una webgrafia molto più ampia rispetto alla sua

corrispondente cartacea. La multimedialità dei moderni

mezzi di comunicazione, come le forme ipertestuali della

rete, amplificano le qualità delle conoscenze bibliografiche,

quindi offrono la vantaggiosissima possibilità di trovare un

supporto diretto attraverso le comunity da cui sfruttare le

reti “umane” oltre a quelle digitali, pertanto ho inserito una

pagina delle risorse alla fine di ogni paragrafo, in modo da

veicolare i potenziali approfondimenti da parte del lettore

in una forma più interattiva rispetto alla classica bilbiografia

a fine testo, comunque presente. Le risorse dunque diventano

un elemento fondamentale della mia ricerca, poichè una volta

aquisito il background culturale, diventano i primi spazi dove

scambiare informazioni e cimentarsi con problematiche reali.

195Conclusioni

Page 197: Ambienti interattivi

SPERIMENTAZIONE

La sperimentazione dell’interaction design, è fondata sul

concetto di fusione tra techne e poiesis, tecnica e arte, da cui

ne deriva la nascita di nuovi mezzi di comunicazione multi-

sensoriale. questo processo ha aperto possibilità creative

notevoli, tuttavia è riconducibile a tre correnti concettuali

ben definite. La prima è l’indagine sperimentale sui processi

da cui l’immagine stessa prende forma (pratica esaltata nella

videoarte e nel cinema sperimentale) la seconda invece vede

la realtà connettersi con la costruzione immaginaria e onirica,

per essere pensata e catturata in determinati instanti da

reinventare (pratica più affine ai videoambienti), mentre le

ultime tendenze vertono verso l’istante unico ed irripetibile

della performance in tempo reale (vjing e live media).

A prescindere da quale strada si prenda o da quale soluzione

tecnica si adotti, realizzare un ambiente interattivo è

soprattutto coinvolgere chi vi partecipa come spettatore-

attore attraverso la presentazione di una visione non

convenzionale rispetto ad un determinato tema su cui

produrre nuovi scenari mediali. l’interaction design va

dunque considerato in primo luogo, come occasione

attraverso la quale permettere di integragire con il mezzo/i

di comunicazione in questione e di partecipare attivamente

allo scambio di informazioni evadendo dalla monotona forma

della ricezione assoluta, come per esempio accade per la

televsione.

196Conclusioni

Page 198: Ambienti interattivi

TECNICA

Dal punto di vista tecnico, come ultimo passaggio verso la

realizzazione del progetto, diventa importante lo studio

dello spazio e dei suoi rapporti, in modo da poter giocare

sulle possibili contaminazioni tra spazi reali e spazi virtuali

prima ancora che sui contenuti concreti dell’opera.

PROSPETTIVE

Dal punto di vista commerciale, queste pratiche non hanno

una diffusione massificata, mentre in campo artistico sono

oggetto d’indagine da diverso tempo, tuttavia la crescenti

tecnologie e il loro conseguente abbassamento dei prezzi

stanno promuovendo soluzioni interattive anche negli studi

di design, pertanto l’acquisizione di queste conoscenze può

rivelarsi molto utile per un possibile sbocco professionale.

Questo testo dunque si presenta come un valido appoggio per

chi si affaccia per la prima volta nel mondo dell’interaction

design, in particolare per quanto riguarda la progettazione

di ambienti video.

197Conclusioni

Page 199: Ambienti interattivi

ANDREA BALZOLA, ANNA MARIA MONTEVERDI, Le arti multimediali digitaliGarzanti, 2004

SANDRO BERNARDI, L’avventura del cinematografoMarsilio, Venezia 2007

BORDINI SILVIA, Arte ElettronicaGiunti, Milano 2004

FABIO CIRIFINO, PAOLO ROSA, STEFANO ROVEDA, LEONARDO SANGIORGI, Ambienti sensibili

Electa,, Milano 1999

BRUNO DI MARINO, Tracce, sguardi e altri pensieri Feltrinelli, Milano 2008

GILLO DORFLES, Ultime tendenze nell’arte d’oggi Feltrinelli, Milano 2005

VITTORIO FAGONE, L’immagine video Feltrinelli, Milano 1990

PONTUS HULTEN, JEAN TINGUELY, Una magia più forte della morteBompiani, Milano 1987

SANDRA LISCHI, Visioni elettroniche Marsilio, Venezia 2001

ARMANDO MENICACCI, EMANUELE QUINZ, La scena digitale Marsilio editori, Venezia 2001

LAURENT MIGNONNEAU, CORISTA SOMMERER, Interactive art researchSpringer Verlag, New York 2009

FRANCO PERELLI, Storia della scenografiaCarocci, Urbino 2006

HANS M. WINGLER, Il Bauhaustraduzione italiana a cura di Libero Sosio, Feltrinelli, Milano 1987

JOSEF SVOBODA, I segreti dello spazio teatraleUbulibri, Milano 1997

198Bibliografia

Bibliografia

Page 200: Ambienti interattivi

ALTRI TESTI

Netmage - Piccola enciclopedia dell’immaginario tecnologico Link ProjectArnoldo Mondadori Editore, 2000

Politica e poetica dell’interaction design enviroment(tesi di laurea della Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università La Sapienza di Roma)Pasquale Direse, 2008

TONY CONRAD, The flicker, 1966

OSKAR FISCHINGER, Studium series, 1935

LEN LYE, A colour box, 1935 , Free radicals, 1958

MAN RAY, Emak Bakia, 1926

McLAREN , Dots, 1940 , Sinchronomy, 1965

GEORGE MELIES, L’homme à la tête en cahoutchouc, 1901

HANS RICHTER, Rythm 21, 1921

WALTER RUTTMANNOpus I, Opus II, 1921

DZIGA VERTOV, L’uomo con la macchina da presa, 1929

ANDY WARHOL, Sleep, 1963

199Filmografia

Filmografia

Page 201: Ambienti interattivi

CAPITOLO 1http://julienmaire.ideenshop.net/

http://www.zuviel.tv/mikomikona.htmlhttp://www.carstennicolai.de/

http://portablepalace.com/

CAPITOLO 2http://www.hentschlager.info/

http://www.granularsynthesis.infohttp://www.claudiosinatti.com

http://www.pablovalbuena.com/http://lab-au.com/

CAPITOLO 3http://www.studioazzurro.com/http://www.interface.ufg.ac.at

http://www.exile.at/ko/http://www.troikaranch.org/

http://www.otolab.net/

CAPITOLO 4http://www.arduino.cc

http://hacknmod.com/hack/arduino-tutorial-how-to-introduction-guide http://www.ladyada.net/learn/arduino

http://www.robot-italy.comhttp://en.wikipedia.org/wiki/Motion_capture

http://www.phasespace.com http://www.xsens.com/

http://www.vicon.comhttp://www.autodesk.comhttp://musart.dist.unige.it

http://www.infomus.org http://biomobius.trilcentre.org/docs/EyesWeb%20GDE%20

http://www.cycling74.com (download, manuale, forum, tutorial)http://www.maxobjects.com (dowload librerie)

http://www.studiotoolz.net/ (dowload librerie)http://artsites.ucsc.edu/EMS/music/research/Lobjects.readme.html

http://ppooll.klingt.org/index.php/Main_Page http://virtual-sound.com/vs/

http://developer.apple.com/graphicsimaging/quartz/quartzcomposer.htmlhttp://www.quartzcompositions.com

http://quartzlab.blogspot.com

200Webgrafia

Webgrafia

Page 202: Ambienti interattivi

http://www.troikatronix.com/isadora.html http://www.interno3.org/hof/luca%20ferro.pdf http://vvvv.org/ http://node08.vvvv.org http://www.lanvideosource.net/fondamenti_di_vvvv.pdfhttp://processing.org/ http://puredata.info/ http://www.puredata.it/http://www.soundesign.info/http://www.virtual-sound.com/sv/http://www.vjcentral.it/

CAPITOLO 5www2.mailab.biz DEFINIZIONIhttp://it.wikipedia.org/

PORTALI DEDICATI ALLE ARTI ELETTRONICHEhttp://www.digicult.it/http://www.neural.it/neural_ithttp://www.vidauxs.net

FESTIVAL ITALIANIhttp://www.netmage.ithttp://www.toshare.ithttp://www.dissonanze.ithttp://www.piombinoexperimenta.ithttp://www.arezzowave.com/elettrowave

FESTIVAL INTERNAZIONALIhttp://www.strp.nlhttp://www.cimatics.comhttp://www.sonicacts.comhttp://www.aec.athttp://www.transmediale.dehttp://www.elektrafestival.cahttp://www.mutek.cahttp://www.cybersonica.orghttp://www.sonar.es

201Webgrafia

Page 203: Ambienti interattivi