Altrove

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Sulle tracce de La isla bonita “Brezza marina tropicale, tutta natura libera e incontaminata, questo è il luogo in cui ho sempre voluto vivere: la isla bonita.” Precisamente, però, qual è questa Isla bonita di cui si parla? Nel lontano 1986 Madonna cantava di un paradiso tropicale che dava un’idea non meglio definita di “latinità”. L’intento era chiaro: al suo terzo album in studio, True Blue, c’era ancora una buona fetta di mercato da conquistare. Quello latino. E la manovra riuscì splendidamente, in perfetto stile Ciccone. Nonostante l’album si fosse già rivelato campione di incassi – 24 milioni di copie vendute, ad oggi – con singoli destinati ad abitare le top 5 delle classifiche mondiali per diverso tempo quali Papa don’t preach, Open your heart e la title track True blue, non appena venne estratto come quarto singolo La isla bonita – inizialmente pensato per Michael Jackson – la conquista della grande fetta di popolo latino residente negli States venne effettuata. Il video, diretto da Mary Lambert, vede la regina del pop in due situazioni antitetiche: una casta ragazza di periferia – lei stessa era scappata da Detroit per rifugiarsi nella Grande Mela – inginocchiata in preghiera verso un altare casalingo per redimere i propri sogni peccaminosi, e una provocante ballerina di flamenco che, immersa in un’atmosfera rosso fuoco, danza tra cristalli e broccati. Il giusto mix tra le congas disseminate lungo l’introduzione e gli assoli di chitarra che rimandano ai più semplici dettami del flamenco, accompagnano i sinuosi movimenti della gonna a balze sulle parole:

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La rivista ufficiale del Festival della Letteratura di Viaggio

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Sulle tracce de La isla bonita

“Brezza marina tropicale, tutta natura libera e incontaminata, questo è il luogo in cui ho sempre voluto vivere: la isla bonita.”Precisamente, però, qual è questa Isla bonita di cui si parla?Nel lontano 1986 Madonna cantava di un paradiso tropicale che dava un’idea non meglio definita di “latinità”. L’intento era chiaro: al suo terzo album in studio, True Blue, c’era ancora una buona fetta di mercato da conquistare. Quello latino. E la manovra riuscì splendidamente, in perfetto stile Ciccone.

Nonostante l’album si fosse già rivelato campione di incassi – 24 milioni di copie vendute, ad oggi – con singoli destinati ad abitare le top 5 delle classifiche mondiali per diverso tempo quali Papa don’t preach, Open your heart e la title track True blue, non appena venne estratto come quarto singolo La isla bonita – inizialmente pensato per Michael Jackson – la conquista della grande fetta di popolo latino residente negli States venne effettuata.

Il video, diretto da Mary Lambert, vede la regina del pop in due situazioni antitetiche: una casta ragazza di periferia – lei stessa era scappata da Detroit per rifugiarsi nella Grande Mela – inginocchiata in preghiera verso un altare casalingo per redimere i propri sogni peccaminosi, e una provocante ballerina di flamenco che, immersa in un’atmosfera rosso fuoco, danza tra cristalli e broccati.Il giusto mix tra le congas disseminate lungo l’introduzione e gli assoli di chitarra che rimandano ai più semplici dettami del flamenco, accompagnano i sinuosi movimenti della gonna a balze sulle parole:“Mi sono innamorata di San Pedro, il vento caldo scorreva sul mare e mi sussurrava te dijo te amo. Pregavo che quei giorni durassero per sempre.”

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In un mondo in perenne divenire in cui l’imperativo categorico è il dover fare e in cui i viaggi, anche verso mete lontane, cominciano ad essere non più uso esclusivo di una classe privilegiata di lavoratori, un’esigenza sempre più grande comincia a farsi strada tra le persone: staccare la spina.

Per portare a termine il perfetto meccanismo commerciale, Madonna dedicò la canzone alla “bellezza e al mistero del popolo latinoamericano” inneggiando ai ritmi di vita rilassati e alla semplicità dei rapporti umani, alludendo ad una serie di valori ormai persi nei ritmi frenetici della quotidianità occidentale:“Voglio restare dove il sole scalda il cielo, quando è l’ora della siesta li vedi passare: volti stupendi, nessuna preoccupazione in questo mondo.”

Iniziano così a far presa sulle persone, soprattutto d’estate, canzoni che parlano di paradisi lontani, di ritmi rilassati e di un generale recupero di non sa si bene quali valori perduti.

Madonna si fa carico di un senso comune ben preciso: un desiderio di altrove razziale e culturale ricercabile in un luogo lontano ma non troppo.C’è però una collocazione geografica precisamente definita?

A tal proposito, la cover star del latin pop Gloria Estefan obietterà: “Solo gli anglofoni credono che Madonna abbia reso popolare lo spagnolo. A ben vedere il suo mix è un po’ confuso.” Ad un’analisi più approfondita, si può infatti notare che la cantante parla di un’isola tropicale sotto il sole, Porto Rico; poi del samba, Brasile e, dulcis in fundo, della chitarra flamenca, Spagna.La isla bonita assurge così a non-luogo per eccellenza, un posto lontano e remoto, dal sapore non meglio definito, che raccoglie in sé tutta una serie di cliché del mondo latino.Una normalizzazione accattivante e ai limiti del banale che lasci sempre a proprio agio gli ascoltatori meno accorti: la formula vincente per un successo mondiale.

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Un desiderio di altrove non meglio identificato che porti il turista/viaggiatore verso uno dei tanti paradisi ancora da scoprire – o semplicemente dimenticati.Succedeva nel lontano 1986.Nonostante l’incedere del tempo, il paradiso rimane sempre lo stesso?

Parlando della regina del pop, una cosa è certa: l’adeguarsi al tempo che passa. E con il passare del tempo cambiano anche le mode e l’immaginario vacanziero del turista medio che, dopo aver colonizzato le isole tropicali verso cui era diretto alla metà degli anni ’80 arriva, nel 2010, a collocare la fascinazione per l’altrove verso il vicino oriente.

Madonna, da sempre accorta e veloce nel capire le esigenze del pubblico, rivisita il paradiso in versione gipsy-punk e lo propone nel suo ultimo concerto – lo Sticky & Sweet Tour – in un mashup con Lela pala Tute dei Gogol Bordello, seguita dall’intermezzo Doli Doli performata dagli Arkady Gips, entrambi esponenti di spicco della musica tradizionale balcanica, trasformando lo show in una vera e propria festa gitana.

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Risultato?Madonna: colei che re-inventò anche il paradiso.