Altromagazine Speciale Equopertutti

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Tutti hanno diritto a una buona colazione l’evento: Equopertutti! Dall’8 al 23 ottobre, un mondo di iniziative in tutta Italia dal mondo: Le storie dei produttori equosolidali di Bolivia, Kenya, Repubblica Dominicana, Sudafrica vivere ecologico: arriva safylla, il pulito ecologico e solidale che riduce l’impronta sull’ambiente Poste Italiane s.p.a. spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Verona. NOTIZIE DAL MONDO SETTEMBRE 2011

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Tutti hanno

diritto a una buona

colazione

l’evento: Equopertutti! Dall’8 al 23 ottobre, un mondo di iniziative in tutta Italia

dal mondo: Le storie dei produttori equosolidali di Bolivia, Kenya, Repubblica Dominicana, Sudafrica

vivere ecologico: arriva safylla, il pulito ecologico e solidale che riduce l’impronta sull’ambientePo

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NOTIZIE DAL MONDO

SETTEMBRE 2011

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Ti aspettiamo a per scoprirei prodotti Altromercato per la tua colazione buona, equa e solidale.

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1EDITORIALEGuido Leoni

Presidente del consorzio Ctm altromercato

Alcune di queste storie vorremmo raccontarvele in questo nume-ro di Altromagazine, un numero speciale, dedicato interamente a Equopertutti. Tra le sue pagine vi sveleremo quello che c’è dietro la coltivazione della quinoa – un cereale coltivato in Bolivia che trovate nelle biofrolle e nel muesli esotico – e dietro il Cafè del Sur, un caffè interamente realizzato nella Repubblica Dominica-na. Vi porteremo in Kenya, dove un progetto per la salvaguardia dell’acqua permette la produzione di ottime marmellate e tisane; in Sudafrica, tra i coltivatori di Rooibos che vivono ancora oggi le conseguenze dell’apartheid; vi mostreremo che anche la frutta fresca può essere “giusta”.

Iniziare la giornata con una colazione equosolidale è un piccolo

ratori da cui Ctm altromercato acquista i suoi prodotti o le mate-rie prime per realizzarli. I produttori, infatti, ricevono un giusto prezzo e possono lavorare con dignità e nel rispetto dei propri diritti, contribuendo al progresso sociale dei propri paesi.Se poi, grazie a Equopertutti ti capiterà di ricevere dei prodotti in omaggio, quale migliore occasione per regalarli a qualche amico o amica che ancora non conosce il commercio equo e solidale? Buona lettura!

Q uesto 2011 si sta rivelando per noi di Ctm altromercato un anno davvero intenso e ric-co di esperienze indimenticabili. Abbiamo

visitato i nostri partner nel Sud del mondo e ricambiato la loro ospitalità accogliendo in Italia i loro rappresentanti, organizzato eventi per celebrare il ruolo della donna nelle società di tutto il mondo, promosso iniziative per ribadire l’importanza della sovranità alimentare in un momento in cui carestie e siccità stanno mettendo in ginocchio più di un paese. E, dopo l’estate, l’impegno continua con le iniziati-ve di Equopertutti, che tra l’8 e il 23 ottobre porteranno il commercio equo… a tutti!

Le Botteghe Altromercato di tutta l’Italia, infatti, saranno impe-gnate nella terza edizione del più grande evento nato dal Con-sorzio Ctm. Verranno organizzati appuntamenti nelle piazze, nelle stazioni, nei teatri, nei supermercati, insomma, il fair trade uscirà dalle Botteghe e arriverà tra la gente, per far conoscere al maggior numero di persone possibile che l’alternativa esiste, ed è un’alternativa semplice come… bere una tazza di caffè. Sono proprio i prodotti Altromercato per la colazione, infatti, a fare da

fondibile e le storie dei produttori che racchiudono.

UN COMMERCIO EQUO VERAMENTE PER TUTTI

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FIORI DI CARCADÉ, MERU HERBS, KENYA(FOTO DI GUIDO MARINI)

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3OPINIONEGiorgio Dal Fiume

Presidente WFTO Europa - Responsabi le Formazione Soci Ctm altromercato

Per Ctm altromercato, Agices (l’Associazione del Commer-cio Equo italiano, che rappresenta importatori e BdM) e le altre organizzazioni italiane presenti (da sempre molto attive e unite sui temi del fair trade internazionale) i risultati di questa Assemblea sono stati importanti e positivi. Ciò non solo per l’elezione quale nuovo Presidente di Wfto mondiale di Rudi Dalvai (tra i fondatori di Ctm altromercato, Direttore dell’Unità Cooperazione Produttori). Ma anche per la con-vergenza registrata tra organizzazioni fair trade del Nord e del Sud del mondo su alcuni temi di grande rilevanza, come la necessità di implementare l’azione sociale e le iniziative (Advocacy) nei confronti di istituzioni e cittadini per pro-muovere i valori del commercio equo, e l’adozione – dopo

(che verrà sviluppato in futuro) delle organizzazioni di com-

sistema” adottata in Italia da Agices.

Wfto, Ctm altromercato e il movimento del fair trade italia-

ro che ci aspettano. Non soltanto perché il fair trade com-plessivamente cresce nonostante la seria crisi economica che attraversa tutto l’Occidente. Ma anche perché il princi-pale mandato assegnato dai soci Wfto ai propri rappresen-tanti – allargare il mercato equo e solidale valorizzando e rendendo massimamente visibili l’identità e i valori delle organizzazioni fair trade – non mancherà di produrre frutti nel prossimo futuro.

I l commercio equo e solidale (fair trade, in inglese) è un movimento globale, con più di mezzo secolo di storia, presente in tutti i continenti: mentre in Asia,

Africa ed America Latina si trovano oltre un migliaio di produttori, dall’Europa (incluso l’Est) alla Nuova Zelanda, dal Canada al Giappone, operano centinaia di importatori e migliaia di Botteghe del Mondo (BdM, oltre 3000 solo in Europa). Un così ampia diffusione necessita, per mantenere la sua credibilità, di una forte integrazione interna, tramite

rappresentanza. Infatti una delle domande che più frequente-mente viene rivolta agli operatori del commercio equo è: chi rappresenta il fair trade a livello internazionale? La risposta è semplice: la Wfto (World Fair Trade Organization), cioè l’Organizzazione Mondiale del Commercio Equo. Nata nel 1994 e articolata in un Direttivo mondiale e Direttivi conti-nentali, Wfto (www.wfto.com) costituisce l’unica rete che associa e accredita produttori, importatori e reti di BdM, rappresentandone la voce a livello globale e continentale. Ogni anno ci sono assemblee continentali, e ogni due anni assemblee mondiali, ove si incontrano centinaia di persone provenienti dai quattro angoli della Terra.

L’ultima Assemblea mondiale si è tenuta dal 22 al 26 maggio 2011 a Mombasa (Kenya), ed era particolarmente importante perché si doveva votare sia per il rinnovo del Direttivo mon-diale, che su temi fondamentali per il futuro del fair trade.

WFTO: la casa comune del commercio equo mondialeDall’Assemblea mondiale della World Fair Trade Organization un premio alle organizzazioni italiane e una rinnovata spinta allo sviluppo del commercio equo.

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4 INDICE

EDITORIALE Un commercio equo veramente per tutti

OPINIONE Wfto: la casa comune del commercio equo mondiale

L’EVENTO Tutti hanno diritto a una buona colazione

L’INTERVISTA

IN PRIMO PIANO Nelle terre estreme Quinoa: coltivare nel rispetto di ambiente e tradizioni Tutto nasce dall’acqua Un caffè che vale di più

Sudafrica: le radici dell’ingiustizia Fresco, equo e solidale

VIVERE ECOLOGICO Arriva Safylla: pulito, ecologico e solidale! Conosciamo i nostri polli!

LEGGERE Pagine per aprire la mente

PARTECIPARE delle donne

L’ULTIMA PAGINA O la borsa o la vita

1.

3.

6.

8.

10.13.

15.25.28.30.

34.

38.

39.

40.

42.

43.

E al centro, l’inserto CUCINARE EQUOSOLIDALE da staccare e conservare

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Per rappresentare la Terra abbiamo deciso di non usare un planisfero “tradizionale”, ma di usare una cartina particolare, la cosiddetta “proiezione di Peters”. Fu pubblicata nel 1973 da Arno Peters, uno storico tedesco, in contrapposizione a quella cosiddetta di Mercatore (pseudonimo del cartografo cinquecentesco Gerard De Kremer) che era stata concepita per

per le sue modalità di costruzione, distorce in maniera drastica le

di Peters, invece, è realizzata per mantenere tali proporzioni,

proporzionale alla vera estensione nello spazio. La distorsione

nella rappresentazione dello spazio terrestre è in parte inevitabile, in quanto è impossibile rappresentare fedelmente su

ideologici e politici. L’enorme diffusione della proiezione mercatoriana dipende anche dalla rilevanza che attribuisce alle regioni dell’emisfero settentrionale che, non a caso, coincidono con le popolazioni attive nell’espansione colonialista ed imperialista tra ’500 e ’900: i paesi del Nord come quelli europei, la Russia e gli Stati Uniti, infatti, appaiono più estesi, mentre quelli vicino all’Equatore molto più piccoli.

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6 L’EVENTO

TUTTI HANNO DIRITTO A UNA BUONA

COLAZIONEDall’8 al 23 ottobre arriva la terza edizione di Equopertutti, l’iniziativa di Altromercato nata per far conoscere il commercio equo, le sue idee e i suoi progetti. Scopri l’evento più vicino a te!

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C osa c’è di meglio di una buona colazione per ri-conciliarsi con il suono

della sveglia? E se oltre che buona è anche “giusta”, preparata con i prodot-ti Altromercato, la giornata non può che cominciare nel migliore dei modi. È proprio la colazione – momento per ritrovarsi con le persone che amiamo e per gustare cibi nutrienti e preparati con materie prime di qualità – il fi lo con-duttore dell’edizione 2011 di Equo-pertutti, la più grande manifestazione organizzata da Ctm altromercato su tutto il territorio italiano con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini e le imprese verso uno stile di vita più responsabile, attento alla persona e alla sua dignità, all’ambiente e alle sue risorse, attraver-so un modello di consumo consapevole.

Fare colazione con i prodotti del com-mercio equosolidale – caffè, tè, biscot-ti, cereali, creme da spalmare, confet-ture, zucchero di canna, solo per citar-ne alcuni – signifi ca sostenere un’eco-nomia di giustizia, che difende i diritti dei lavoratori e l’ambiente, promuove l’emancipazione delle donne e la cre-scita economica e sociale di migliaia di comunità in tutto il mondo. I prodotti Altromercato, infatti, sono buoni anche da un punto di vista sociale perché re-alizzati da piccoli gruppi di artigiani e coltivatori che senza l’aiuto del fair tra-de non avrebbero la possibilità di acce-dere al mercato. Grazie ad organizza-zioni di commercio equosolidale, come Altromercato, essi hanno invece l’op-portunità di vendere i loro prodotti, ri-cevendo in cambio un prezzo equo, un premio per coprire i costi di progetti di sviluppo a favore delle loro comunità e qualora fosse necessario, pagamenti anticipati per evitare di venir schiac-ciati dalla morsa dell’indebitamento.

Sostenere l’alternativa è semplicissi-mo: basta scegliere di iniziare la gior-nata con una colazione equosolidale per tutta la famiglia. Con un piccolo

gesto quotidiano come bere un caf-fè o mangiare un biscotto, si possono cambiare le regole del mercato, quelle dettate dalle multinazionali e dalle spe-culazioni di borsa, contribuendo a co-struire un’economia nuova, più giusta al Nord come al Sud del mondo, il cui obiettivo primo sia il benessere degli esseri umani e dell’ambiente.Tra l’8 e il 23 ottobre, l’intera rete nazionale delle Botteghe del Mondo Altromercato e molti supermercati lan-ceranno una promozione speciale per far conoscere l’ampia offerta dei pro-dotti per la colazione. Inoltre, i soci del Consorzio organizzeranno una ricchis-sima maratona di eventi: incontri con i produttori, volti e voci del commercio equo; colazioni in piazza, nelle stazio-ni o in Bottega; degustazioni di caffè, mostre, dibattiti, spettacoli e moltissi-me altre sorprese.

In questo numero di Altromagazi-ne vogliamo raccontarvi alcune delle storie che si celano dietro ai prodotti equosolidali per la colazione: quella di un caffè fatto interamente nel Sud del mondo, quella della quinoa, un cereale che cresce sugli altipiani del-le Ande, quella delle marmellate del Kenya, che nascono da un progetto di salvaguardia dell’acqua e quella dei produttori sudafricani di rooibos e honeybush. Sono storie semplici, nate dall’incontro tra gruppi di persone che al Nord come al Sud del mondo si im-pegnano per un’economia più umana.Vi aspettiamo alle tante iniziative di Equopertutti, per un’alternativa sem-plice e concreta che ognuno di noi può attuare ogni giorno!

Per scoprire l’evento più vicino a te, visita il sito www.equopertutti.it

FOTO DI MONDO NUOVO, TORINO

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R udi, sei molto conosciuto nel mondo del commer-cio equo, e ancora di più

lo sarai all’indomani della tua elezio-ne a Presidente del Wfto, ma quando ti sei imbattuto per la prima volta nel commercio equo?Il mio primo contatto con il commercio equo è stato all’estero, in Austria, dove studiavo. Frequentavo una bottega in cui acquistavo il miele. Era il 1983 quando insieme ad altri amici abbiamo deciso di aprire una nostra Bottega, sogno che si è concretizzato nel marzo del 1985: la nostra era la seconda a li-vello nazionale.

a tempo pieno al commercio equo o

8 L’INTERVISTA

FAIR TRADE SIGNIFICA DIGNITÀRudi Dalvai è una vera e propria colonna portante del mondo del commercio equo. Tra i fondatori di Ctm altromercato

è stato recentemente eletto Presidente del Wfto (World Fair Trade Organization) nel corso dell’Assemblea che ha visto riuniti i soci a Mombasa, in Kenya. Rudi ci ha parlato

decenni di commercio equo.di Laura M. Bosisio

IL WFTO È L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE NATA CON LO SCOPO DI TUTELARE E DIFFONDERE I CRITERI E LE PRATICHE DEL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE E DI VERIFICARNE L’APPLICAZIONE DA PARTE DEI PROPRI 400 SOCI.

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inizialmente avevi in mente un’altra carriera?Inizialmente sapevo relativamente poco della teoria del commercio equo-solidale. Lavoravo in un’industria che produceva surgelati e in Bottega ero un semplice volontario (tra l’altro lo sono ancora, anzi da poco sono stato eletto Presidente!). Il salto di qualità è avvenuto grazie a Sir John, un’organiz-zazione di Morbegno, in Valtellina, che è stata la prima vera realtà di commer-cio equo in Italia, la prima “centrale di importazione”, anche se allora questa

avuto l’opportunità di andare con gli amici di Sir John in Bangladesh a visi-tare padre Giovanni Abiati e la sua co-operativa di donne e nel corso di quel viaggio ho deciso che avrei lasciato il mio lavoro e mi sarei dedicato a tempo pieno al commercio equo.

commercio equo italiano? Ci sono delle differenze tra questo e quello degli altri paesi europei?Non esiste un modello di commercio equo comune a tutti i paesi europei, ognuno ha sviluppato un proprio mo-dello. In Italia, il commercio equo è arrivato un po’ più tardi rispetto ad al-tri paesi, e quindi ha potuto imparare dall’esperienza degli altri. Come Ctm altromercato abbiamo avuto la fortuna di essere stati, per i primi cinque anni della nostra attività, l’unica centrale di importazione italiana, quindi tutte le forze positive si sono concentrate su di noi. Altra grande fortuna è stata il fatto che dopo questi cinque anni sono nate altre organizzazioni, alimentando una concorrenza positiva, che ha permesso a tutti di crescere. Da non sottovaluta-

nanziaria, Ctm Mag, da cui in seguito è nata Banca Etica. A differenza di altri paesi europei, in Italia c’è un alto livello di scambio all’interno del movimento e una grande attività politica. Agices (l’Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale, l’associazione di categoria del commercio equo e solidale) è la prima associazione a livello nazionale ad aver creato un sistema di garanzie condivise. Il movimento italiano è ve-ramente attivo ed è ricco di fantasia e creatività, sia a livello commerciale che di sensibilizzazione, con la promo-zione di campagne sempre nuove. La vivacità è importante per noi, ci con-sente di mantenere fette di mercato, un mercato purtroppo molto esigente, che chiede continue novità. Per essere sostenibili economicamente dobbiamo continuamente rinnovarci, in modo da raggiungere con i nostri messaggi an-che chi ancora non ci conosce.

per l’economia mondiale: pensi che questo momento di crisi possa dan-neggiare le organizzazioni di com-mercio equosolidale?Quando studiavo economia, oltre 25 anni fa, imparai che dentro la crisi c’è sempre una grande chance per chi ha la volontà e la capacità di coglierla. Dob-biamo pensare a questa crisi come a un momento di rinnovamento. Sei appena stato eletto Presidente dell’organismo mondiale del com-mercio equo, quali pensi che siano le

In tutto il mondo, come in Italia, il commercio equo è un concetto cono-

sciuto e purtroppo c’è qualcuno che

Non essendoci un regolamento, tocca a noi come movimento stabilire regole chiare, non tanto su cosa è il commer-cio equo ma su cosa è un’organizzazio-

degli standard, un sistema di garanzia e

to promuovere questo lavoro. Agices

mozione, che ancora manca.

Viaggiando molto hai visitato moltis-simi gruppi di produttori: quale pensi

tori traggono dal commercio equo?Secondo me il beneficio più impor-tante non è tanto quello economico quanto la conquista della dignità per tanti uomini e donne. Penso alle don-ne che ho incontrato in Bangladesh nel 1986: le ho riviste dieci anni dopo ed erano cresciute, avevano acquista-to una grande sicurezza, anche nei confronti degli uomini avevano un ruolo forte e riconosciuto. La stessa cosa vale per tanti campesinos: per-sone da sempre oppresse, mai con-siderate da nessuno, ora diventano attori del proprio progresso.

C’è un progetto che ti è rimasto par-ticolarmente impresso tra quelli che hai visitato?I progetti che mi rimangono più nel cuore sono sicuramente quelli più pic-coli e semplici, che in realtà sono i più

riescono a stare dietro al mercato e alle sue esigenze di puntualità, precisione, qualità. In India, ad esempio, ce ne sono moltissimi, tutti di altissimo va-lore sociale e umano.

un “appunto” iniziale gli articoli principali. Buona lettura!

Edizione Speciale

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10 IN PRIMO PIANO

NELLE TERRE ESTREMESugli altopiani andini si coltiva un cereale che ha oltre cinquemila anni di storia.

un vita migliore, ma a due condizioni: il rispetto dell’uomo e dell’ambiente.di Marco Ricci

IL SALAR DE UYUNI, BOLIVIA (FOTO DI GIANFRANCO MAINO)

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BOLIVIA IN NUMERI 1.098.581 kmq (oltre 3 volte e mezzo l’Italia)

Popolazione: 9.929.849 (circa 1/6 rispetto all’Italia)Mortalità infantile: 40 (per 1000)

3,07Speranza di vita alla nascita: 66 Popolazione urbana: 67% Popolazione sotto la soglia di povertà: 38% Malnutrizione infantile: 6% (dei bambini sotto i 5 anni)Indice di sviluppo umano*: 95 (medio)Tasso di disoccupazione: 7%Tasso di alfabetizzazione: 87%Numero di abitanti per medico: 800

* L’indice di sviluppo umano (ISU) è un indice comparativo dello sviluppo dei paesi del mondo calcolato tenendo conto dei diversi tassi di aspettativa di vita, istruzione e reddito nazionale lordo pro-capite. Gli stati sono ordinati in base al loro ISU e divisi in quattro gruppi: sviluppo umano molto alto, alto, medio e basso.Fonti: ONU, Banca Mondiale, Social Watch.

A ltopiani sassosi a quat-tromila metri sul livello del mare, terra arida bat-

tuta dal vento, cotta dal sole sotto cie-li limpidi di giorno, gelata dalle tem-perature che cadono a picco quando scende la notte. Eppure in questi luo-ghi inospitali vivono popolazioni an-tichissime e resiste una coltivazione di cui si trovano tracce già cinquemila anni fa, in epoca preincaica. Siamo in Bolivia, sugli altopiani andini abitati dalle popolazioni Ayamara e Que-chua, persone che nonostante l’impe-tuoso correre della storia sono riuscite

viva la loro cultura. E testimone di questa cultura è la quinoa, un cereale tipico di queste zone – oltre che de-gli altopiani del Perù e dell’Ecuador – che per secoli ha costituito la base dell’alimentazione della popolazione dei piccoli villaggi.

SERVIZIINDUSTRIA

AGRICOLTURA

DISTRIBUZIONE DEL PIL

TASSO DI POVERTÀ

BAMBINI CHE NON ACCEDONO ALLA SCUOLA PRIMARIA

58%

2002 2004 2005 2006 2007

59%60%61%62%63%64%65%

2006 2007 2008

30.000

40.000

50.000

60.000

Testimone di biodiversitàLa quinoa è una pianta erbacea della famiglia delle chenopodiacee, come gli spinaci e le barbabietole. È una pianta resistente, che non richiede particolari trattamenti e produce una spiga di semi rotondi, simile a quella

come fosforo, magnesio, ferro e zinco, la quinoa è un’ottima fonte di proteine vegetali e non contiene glutine, tutte caratteristiche che hanno contribuito a far crescere l’attenzione verso questo “cereale degli Inca”, un cibo conside-rato povero, ma in realtà estremamen-te prezioso, e non solo al momento di sedersi a tavola.

Presidio in difesa dell’ambienteLa quinoa cresce dove le giornate sono brevi e le temperature notturne basse, su suoli sabbiosi con uno scar-

Edizione Speciale

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12 IN PRIMO PIANOVEGETAZIONE SUGLI ALTOPIANI ANDINI(FOTO DI GIANFRANCO MAINO)

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so contenuto di sostanza organica. Per questi motivi, la sua coltivazione storicamente ha interessato agricole marginali, soggette a siccità ed erosione. È un cereale che ha trova-to un suo spazio nell’equilibrio ecolo-gico degli altopiani andini, una delle zone più aride del mondo, contribuen-do a che minaccia vaste aree montuose. La coltivazione della quinoa, però, deve

conto della fragilità dell’ambiente: uno sfruttamento troppo intensivo del già povero terreno, infatti, rischiereb-be di provocare l’effetto opposto.

Un mercato in crescitaOggi, la sfida di una coltivazione so-stenibile e in armonia con l’ambien-

te è di fondamentale importanza per le popolazioni andine – paragonate dall’Undp per la difficile situazio-ne a quelle dell’Africa subsaharia-na – che grazie alla quinoa possono valorizzare la propria cultura e ga-rantirsi la possibilità di rimanere nei propri villaggi, altrimenti condanna-ti a un lento ma inesorabile spopo-lamento. La coltivazione biologica, la selezione di sementi autoctone, il rifiuto delle coltivazioni Ogm, la possibilità di vendere direttamen-te e a condizioni eque sul mercato internazionale sono elementi chiave che possono permettere ai produtto-ri di quinoa di conquistarsi una vita migliore, oltre che di promuovere lo sviluppo delle comunità e la valoriz-zazione di una delle culture più anti-che del mondo.

QUINOA: COLTIVARE NEL RISPETTO DI AMBIENTE E TRADIZIONI

L a quinoa Altromercato – del-la varietà “real”, caratteriz-zata da chicchi di dimensioni

maggiori rispetto ad altre – viene acqui-sta da Anapqui (Asociación Nacional de Productores de Quinua), la più grande associazione boliviana di piccoli produt-tori, che ha legami con il commercio equo europeo da oltre vent’anni. Anapqui è strutturata in 8 organizzazioni regio-nali che complessivamente contano oltre 1200 soci e si occupa di immagazzinare, lavorare, confezionare ed esportare il pro-dotto. In pratica, l’associazione ha lo sco-po di offrire ai piccoli coltivatori la possi-bilità di far giungere sul mercato la quinoa a condizioni favorevoli, vista l’impossibi-lità per loro di provvedere in modo auto-nomo a tutte le pratiche necessarie per la commercializzazione e l’esportazione.

La gestioneAnapqui è gestita in modo democrati-co: ogni organizzazione regionale eleg-

CHICCHI DI QUINOA ROSSA (FOTO DI GIANFRANCO MAINO)

è l’occasione giusta per scoprire

i prodotti Altromercato per

la colazione!Trovi la quinoa nelle biofrolle e

nel muesli esotico

Edizione Speciale

ge propri rappresentanti all’assemblea dell’associazione, che a sua volta eleg-ge un consiglio direttivo in carica per 3 anni. La coltivazione avviene su terreni comunitari, in zone che hanno conser-

vato dall’epoca precolombiana una forte identità. Per gli abitanti dei villaggi andi-ni, coltivare e vendere a un prezzo giusto

re a vivere nelle proprie zone d’origine

Page 16: Altromagazine Speciale Equopertutti

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ANAPQUI IN NUMERI8 sono le organizzazioni regionali

da cui è formata Anapqui1200 sono i soci coinvolti

35.000coltivati dai soci di Anapqui con

agricoltura biologica200% è l’incremento del prezzo della quinoa tra il 2007 e il 2009.

e mantenere vitale una cultura che altri-menti rischierebbe di estinguersi.

rispetto dell’ambienteIn tema di tutela ambientale, Anapqui ha avviato sin dal 2000 il Programma di Produzione di Quinoa Naturale (Proqui-nat) per controllare, implementare e mantenere la fertilità di lungo termine dei suoli presso i propri associati. Il pro-gramma è stato attivato grazie a un pro-getto di cooperazione internazionale e dal

i maggiori introiti ottenuti con la vendi-ta dei prodotti nel circuito del commer-

cio equo. Ogni organizzazione regionale può contare sull’assistenza di un tecnico agricolo e di un direttore che supportano i produttori nella conduzione della produ-zione agricola biologica. La gestione de-gli appezzamenti agricoli prevede innan-zitutto la rotazione delle coltivazioni, con intervalli di riposo che arrivano anche a 5 anni per i campi maggiormente impove-riti, in modo da favorire il reinverdimen-to spontaneo con vegetazione autoctona. Anapqui ha poi avviato con i produttori la realizzazione di barriere per controllare l’erosione dei suoli attraverso la piantu-mazione di siepi e arbusti (nei territori più bassi) mentre nelle zone più alte si costruiscono muretti di pietra. La ferti-lizzazione del suolo avviene attraverso la permanenza sui terreni dei residui dei raccolti per circa 6 mesi, oltre ad appor-to di letame durante la preparazione alla semina in gennaio e febbraio. In questo modo gli agricoltori non devono ricorrere all’acquisto di fertilizzanti chimici e si fa-vorisce il mantenimento degli allevamen-ti di bestiame tradizionali. Quanto alle sementi, queste vengono selezionate a partire dal prodotto dell’anno precedente, tramandando in questo modo le sementi indigene ed escludendo quelle Ogm.

Verso un’economia sostenibileL’azione combinata di questi stru-menti, secondo la filosofia di Anapqui ha come obiettivo quello di garantire continuità nella produzione di quinoa da parte della rete di piccoli produtto-ri, che in parte vivono in zone che non permettono riconversioni ad altre col-ture. In un paese che sta conoscendo un boom delle esportazioni di pro-dotto (con incrementi dei prezzi del 200% tra il 2007 e il 2009) e che è soggetto agli stravolgimenti climatici del Pacifico (la Bolivia è stata inte-ressata dal fenomeno del “niño” tra il 2007 e 2008) si tratta di un obiettivo ambizioso ma realizzato paziente-mente negli anni. L’inclusione della quinoa nel circuito del commercio equo coniuga così relazioni commer-ciali stabili nel tempo con sforzi, al-trettanto duraturi, volti a garantire la continuità delle coltivazioni, in termini ambientalmente sostenibili. L’agricoltura biologica della quinoa è quindi una risposta rispettosa del-la Pachamama, dea madre della terra, dell’agricoltura e della fertilità nella tradizione quechua.

IN VISITA AI PRODUTTORI DI ANAPQUI, BOLIVIA (FOTO DI MICHELE STELLA)

Edizione Speciale

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TUTTO NASCE DALL’ACQUADalla Provincia Autonoma di Bolzano, attraverso Ctm altromercato, un nuovo aiuto per sostenere lo sviluppo delle

migliorato la vita dei piccoli coltivatori del Kenya.di Elisa Dolci

SELEZIONE DELLA CAMOMILLA, MERU HERBS, KENYA (FOTO DI MERU HERBS)

IN PRIMO PIANO

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16 IN PRIMO PIANO

M eru Herbs è un’ini-ziativa nata in Kenya nell’ambito di un più

ampio progetto idrico che ha permes-so ai piccoli coltivatori del distretto semiarido del Tharaka, alle pendici orientali del monte Kenya, di superare l’agricoltura di sussistenza per potersi dedicare anche a colture adatte alla tra-sformazione e all’esportazione e quin-

valore aggiunto. Ctm altromercato ha

avuto un ruolo importante nella nasci-ta e nell’evoluzione di questa realtà, in collaborazione con la Provincia Auto-noma di Bolzanosubito nelle potenzialità del progetto e del commercio equosolidale.

“Bolzano e la sua Provincia hanno avuto – e hanno tuttora – un ruolo importantissimo nella nostra storia”, ricorda Andrea Bottadel commercio equosolidale, in visita

in Italia alla sede di Ctm. “Fin dalla fondazione di Meru Herbs, è stato a Bolzano, attraverso Ctm altromerca-to, che abbiamo iniziato a vendere il

della Provincia abbiamo potuto com-prare la nostra prima macchina pro-

completare il processo di trasforma-zione interamente in Kenya”.

Andrea parla con grande emozione di Meru Herbs. Il Kenya ormai è la sua casa, ci vive dal 1955, quando il Pa-ese era ancora una colonia britannica: “Sulla mia patente di guida c’è scrit-to Colony of Kenya”, ricorda. Meru Herbs e il commercio equosolidale hanno dato agli agricoltori della zona la grande possibilità di migliorare la propria vita attraverso il lavoro e di sviluppare prodotti interamente la-vorati in Kenya, usando la frutta che normalmente non veniva utilizzata. Oltre al carcadé, infatti, Meru Herbs produce tè, camomilla e ottime mar-mellate a base di frutta esotica.

La Provincia Autonoma di Bolzano ha avuto un ruolo determinante anche in questo caso: “Grazie al commercio equosolidale, che paga il giusto prez-zo per i nostri prodotti, Meru Herbs riesce ad autosostenersi”, spiega Andrea. “Noi non abbiamo alle spalle grosse Ong o fondazioni. Riusciamo a pagare le materie prime e gli stipendi senza problemi, quando si tratta però di fare investimenti per il migliora-mento delle strutture abbiamo biso-gno di essere aiutati, e la Provincia Autonoma di Bolzano ci ha sempre

biamo potuto acquistare una seconda macchina per la produzione di busti-ne, ammodernare le strutture della fabbrica di marmellate e tisane, ac-quistare nuovi macchinari per la lavo-

prevedono anche l’organizzazione di corsi di formazione per il personale,

ANDREA BOTTA (A SINISTRA) ACCANTO AL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO LUIS DURNWALDER (FOTO DI MARCO RICCI)

Page 19: Altromagazine Speciale Equopertutti

FIORI DI CARCADÉ, MERU HERBS, KENYA(FOTO DI MARCO RICCI)

Page 20: Altromagazine Speciale Equopertutti

18 IN PRIMO PIANO

dedicati non solo ai tecnici addetti alla produzione, ma anche ai funzionari amministrativi. “La collaborazione tra Africa ed Europa è fondamentale”, conclude Andrea, “perché ci consente di migliorare e di continuare a garan-tire lavoro e tranquillità a un numero sempre maggiore di persone”.

Andrea Botta ha dedicato tutta la sua vita al Kenya, è ormai cittadino del Paese dove vive insieme alla sua gran-de famiglia. “Anche le persone con cui lavoro le sento come parte della mia famiglia”, racconta. “Li conosco da tanti anni, li ho visti crescere. Mi piace l’ambiente in cui vivo: il clima, i paesaggi, i colori, i ritmi di vita, è un insieme di cose che mi fa sentire legato al Kenya”.

E l’Italia, chiediamo, non gli manca? “Mi piace tornare qui in visita, rivede-re gli amici, è bello vedere tutta que-sta modernità, il progresso, ma dopo qualche giorno ho voglia di tornare là dove si sta in pace, dove non c’è tut-ta questa fretta. Qui tutto è puntuale! Quando un treno ritarda di un minuto sembra già tantissimo!”

LA STORIAper l’agricoltura. Il suolo, infatti, è fertile, ma le precipitazioni si concentrano in poche settimane a dicembre, gennaio e marzo: basta che in una di queste occasioni la pioggia sia scarsa, per condannare la popolazione locale a un

della zona si sono riuniti in una commissione per l’acqua che è diventata il riferimento per le attività associative del territorio e nel 1986 ha portato alla nascita del Ng’uuru Gakirwe Water Project, un’iniziativa che in tre fasi suc-

e aziende della zona. Parallelamente è iniziata l’attività dello stabilimento di Meru Herbs dove viene trasformato il raccolto consegnato dagli agricoltori, e il cui ricavato va a sostenere il progetto idrico.

del reddito aggiuntivo garantito dal commercio equo e solidale, del miglio-ramento dell’agricoltura e dall’accesso diretto all’acqua per uso domestico.

KENYA IN NUMERI582.646 kmq (poco meno del doppio dell’Italia)

Popolazione: 40.512.682 (circa 2/3 rispetto all’Italia)Mortalità infantile: 54,8 (per mille)

4,38Speranza di vita alla nascita: 55 Popolazione urbana: 22%Popolazione sotto la soglia di povertà: 45,9% Malnutrizione infantile: 16% (bambini sotto i 5 anni)Indice di sviluppo umano: 128 (basso)Tasso di disoccupazione: 40%Tasso di alfabetizzazione: 85%Numero di abitanti per medico: 7100Fonti: ONU, Banca Mondiale, Social Watch

SERVIZIINDUSTRIA

AGRICOLTURA

DISTRIBUZIONE DEL PIL TASSO DI POVERTÀ

BAMBINI CHE NON ACCEDONO ALLA SCUOLA PRIMARIA

(MASCHI / FEMMINE)

500.000

2006 2007 2008 2009

600.000

700.000

800.000

40%

1992 1994 1997 2005

45%

50%

55%

Page 21: Altromagazine Speciale Equopertutti

19

“La vita, per gli abitanti del distretto di Meru, è cambiata con il progetto di distri-buzione dell’acqua. Prima l’unica attività era la pastorizia, non c’erano possibilità di lavoro. Grazie all’irrigazione abbiamo potuto coltivare il carcadé e la camo-milla e preparare gli infusi, poi, con il passare del tempo e l’impianto di nuove strutture, abbiamo iniziato ad utilizzare la frutta che prima veniva buttata perché era impossibile da conservare e lavorare. Oggi, Meru Herbs è in grado di control-

tutta la catena di produzioneagricoltori – che lavorano seguendo i principi dell’agricoltura biologica – conse-gnano tè, carcadé, camomilla e frutta ai trasformatori e ogni produttore appone il suo codice di riconoscimento sui suoi prodotti in modo che è possibile risalire a ogni stock in caso di problemi o per eventuali controlli”.

“A colazione, ogni mattina, beviamo una tazza di tè. Una delle nostre bevande preferite, poi, è il carcadé. In Kenya si dice che ogni momento è buono per il

carcadé ed è vero che noi lo beviamo spesso, sia freddo, sia caldo. La matti-na lo mettiamo in piccole bottiglie e lo diamo ai bambini che vanno a scuola da bere durante l’intervallo”.

COLAZIONE DA MERU

due produttrici in visita in Italia, ci hanno raccontato gli obiettivi raggiunti e i sogni per il futuro. E ci hanno svelato i segreti della loro colazione.

PRODUTTRICI DI MERU HERBS, KENYA (FOTO DI MARCO RICCI)

è l’occasione giusta per scoprire i prodotti

Altromercato per la colazione, tra i quali

le marmellate, il carcadé e il tè nero.

Edizione Speciale

Page 22: Altromagazine Speciale Equopertutti

20 IN PRIMO PIANO

IL PROGETTOIl 31 dicembre scorso si sono concluse le attività legate al progetto di coope-

Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige riguardanti l’ampliamento e ade-guamento della capacità produttiva di prodotti alimentari coltivati e trasfor-mati dai contadini supportati da Meru Herbs, distretto di Meru, in Kenya. I fondi – circa 30.000 euro stanziati dalla Provincia Autonoma di Bolzano, oltre a circa 13.000 investiti dalla stessa Meru Herbs – sono stati impiegati per l’ac-quisizione di attrezzature per la lavo-razione delle materie prime (macchina granulatrice, mulini per la macinazione di erbe, macchina tagliafrutta, macchina spaccalegna, centrifuga per frutta, mixer per frutta e erbe, pentola per cottura a gas, macchina imbustatrice, essiccatori solari) e attrezzature informatiche, ma anche per il miglioramento della struttu-ra (separazione delle aree di lavoro, rifa-cimento della pavimentazione, rinnova-mento delle pompe dell’acqua) e per la formazione del personale.

Sostenere Meru Herbs è importante per-ché è un progetto fortemente radicato nella realtà del Paese e gestito da per-sonale del luogo, che ha acquisito passo dopo passo le competenze necessarie a realizzare prodotti di qualità, adatti al mercato internazionale. Nella struttura, inoltre, la grande maggioranza dei ruo-li è gestita da donne, compresi quelli di responsabilità nell’amministrazione, nella supervisione e nel coordinamento generale. I prossimi passi di Meru Herbs andranno verso una specializzazione ancora mag-giore e verso la riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni. A questo scopo, si sta studiando la possibilità di in-stallare pannelli solari per la produzione di energia elettrica.

LAVORAZIONE DEI PRODOTTI DI MERU HERBS, KENYA (FOTO DI GUIDO MARINI)

Page 23: Altromagazine Speciale Equopertutti

IL COLORE DEL SOLE

NELLA TUA CUCINA

Un menù equosolidale pensato dai cuochi del Circolo

ai golosi dessert, passando per un secondo che rivela

Ed è proprio a questo dolcissimo ingrediente che dedichiamo l’approfondimento che introduce le nostre ricette, con le parole di Jonathan Portillo della cooperativa CoopSol. Pronti gli ingredienti? Si parte!

a cura di Valeria Calamaro

stacca e conserva :le r icette

Page 24: Altromagazine Speciale Equopertutti

C tm altromercato acquista il suo miele in Ar-gentina, da CoopSol, un nome che è un pro-gramma: è una realtà piccola ma importante

per i campesinos suoi soci che curano api autoctone per

meraviglia delle terre aride. Jonathan Portillo (nella foto), addetto alla logistica dei prodotti, ci parla della coopera-tiva e del suo miele.

La nostra cooperativa ha sede nella pro-vincia di Santiago del Estero: da qui è iniziata l’occupazione spagnola della fu-tura Argentina e qui sopravvive una delle ultime lingue quechua del Paese, parlata soprattutto dai campesinos. Atamisqui, il

miele, è appunto una parola quechua, che

unisce circa 250 piccoli apicoltori, ma ne stiamo formando altri. Attualmente la nostra produzione è di circa 65 tonnellate di miele, alla quale si aggiungono altre 40 tonnellate dai nuovi soci.

Dal fiore al mieleL’atamisqui è un arbusto autoctono della zona di Santiago del Estero, non si trova in altre zone del Paese. Cresce su terre ari-

profumati. Il miele che le api ricavano da

zato, dal gusto delicato, rotondo e persi-stente. Ha un aroma caratteristico e non è troppo dolce. Il nostro miele è biologico e lo commercializziamo nel circuito del commercio equosolidale attraverso Ctm altromercato. Oltre al miele di atamisqui

I progressiDa tre anni Coopsol collabora con l’Ong italiana Ipsia (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e Ctm altromercato

Ministero degli Esteri italiano per la re-alizzazione di un nuovo impianto per l’estrazione e la lavorazione del miele adeguato agli standard di qualità euro-pei. L’impianto precedente era molto piccolo e non rispondeva a tutti i requi-

Oggi disponiamo di attrezzature nuove come decantatori in cui il miele viene posto a riposare, omogeneizzatori, estrat-trici più veloci. Inoltre, cosa molto im-portante per la qualità del miele, tutto il processo si svolge al freddo: il miele non viene mai a contatto con fonti di calore. Grazie al nuovo impianto possiamo lavo-

produrre una maggiore quantità di miele.

Mate a colazioneQuest’anno, il tema della manife-stazione Equopertutti sarà la cola-zione equosolidale. In realtà in Ar-gentina, spesso non si fa colazione, specialmente gli adulti si limitano a bere il mate. Mate è il nome di un recipiente in cui si mette l’erba mate, tipica del Paese, poi ci si versa sopra l’acqua e si sorseggia con una can-nuccia. È una bevanda piuttosto for-te e spesso le persone la sorseggiano più volte durante la giornata, aggiun-gendo dell’altra acqua o cambiando l’erba. Non è adatta per i bambini, che a colazione bevono il latte. I ra-gazzini più grandi a volte bevono il mate cocido, è sempre una bevanda a base di erba mate, ma è più leg-gera. Si prepara immergendo l’erba nell’acqua bollente e poi filtrando il tutto in una tazza.

CUCINARE EQUOSOLIDALE

Gli ingredienti contrassegnati da asterisco (*) sono prodotti in vendita nelle Botteghe Altromercato

Il tesoro del deserto

Riso spadellato allo zenzeroA cura di Francesca Pacchiele, chef e patron di Aromatica, ristorante vegetariano a Mestre, in collaborazione con la cooperativa Acli S. Gaetano di Milano

Ingredienti per 8 persone Per la salsa- 500 gr di riso integrale hom mali*- 1 cipolla rossa- 1 porro medio- 1 carota grande- 1 zucchina grande- 1 gambo di sedano- 2 pomodori rossi- olio d’oliva- sale - origano

- 500 gr di yogurt bianco- 1 spicchio d’aglio- 100 gr di semi di girasole- qualche foglia di menta- zenzero in polvere*- sale e pepe

Page 25: Altromagazine Speciale Equopertutti

CUCINARE EQUOSOLIDALE

Lessa in acqua salata il riso per circa 40 minuti. Metti in una padella un po’ d’olio con la cipolla tritata; quando sof-frigge aggiungi tutte le verdure tagliate

saranno leggermente dorate, unisci il riso scolato e amalgama bene con il sale

e l’origano. Metti nel mixer i semi di gi-rasole, l’aglio, la menta, il sale, il pepe e lo zenzero. Aggiungi il trito così ottenu-to allo yogurt. In un piatto colorato metti il riso al centro e intorno la salsina allo zenzero. Decora con qualche foglia di menta e olio extravergine.

Involtini di verzaA cura di Luisa Valente, volontaria e cuoca d’eccellenza della cooperativa Unicomondo

Petto d’anatra laccato al miele, cous cous con frutta secca e

quenelle d’AsiagoA cura del Ristorante La Linte di Recoaro

Terme in collaborazione con la cooperativa Canalete di Valdagno, Vicenza

Ingredienti per 8 persone- 8 foglie di verza- 150 gr di castagne secche- 150 gr di quinoa*- ½ cipolla rossa

- 150 gr di stracchino- olio extravergine d’oliva

Metti in ammollo le castagne per una not-te. Cuoci la quinoa secondo la ricetta base. Sbollenta le foglie di verza in acqua salata per pochi minuti e poi stendile su carta for-

e mettila in padella con qualche cucchiaio

d’olio, aggiungi le castagne spezzettate e

le morbide, aggiungendo ogni tanto una spruzzata di acqua calda. Dopo aver spen-to il fuoco, aggiungi il rosmarino tritato, metti il tutto nel mixer e trita grossolana-

mente (bastano pochi giri). Amalgama la crema di castagne, la quinoa lessata e lo

metti su ogni foglia due cucchiai di com-

passa al forno per 15 minuti a 180°.

FLICKR CC LUCA.SARTONI

Ingredienti per 4 persone400 gr di petto d’anatra100 gr di miele*120 gr di cous cous* 100 gr di Asiago50 gr di latte20 gr di uva passa*20 gr di pistacchi20 gr di mandorle*

20 gr di noci dell’Amazzonia* 20 gr di nocciole10 gr di cannella in stecca*scorza di limoneolio d’oliva q.b.brodo vegetale q.b.cipolla tritata

Page 26: Altromagazine Speciale Equopertutti

EditorialeUNITÀ COMUNICAZIONE ALTROMERCATO24 CUCINARE EQUOSOLIDALE

Sciogli a bagnomaria il formaggio Asia-

crema e riponi in frigorifero a raffreddare, coprendo con una pellicola messa a contatto del composto. Aggiungi al brodo vegetale la cannella e il limone; in questo liquido fai

aromi. In poco olio fai rosolare la cipolla e aggiungi la frutta secca tritata, aggiustando di sale e pepe. Rosola il petto d’anatra con poco olio, elimina il grasso e aggiungi il miele continuando la cottura per alcuni mi-

nuti aggiungendo un po’ d’acqua se neces-sario. La cottura della carne dovrà risultare al sangue. Scaloppa l’anatra, disponila in un piatto e irrorala con il suo fondo di cottura; accompagna con il cous cous mescolato alla frutta secca e la quenelle d’Asiago.

Crêpes alle bananeA cura del Ristorante Ai Merli di

San Vito di Arsiè in collaborazione con la cooperativa Samarcanda

Dolce al cacao e peperoncino

A cura di Lucia Doria del Ristorante Ai Dogi di Chioggia in collaborazione con

l’associazione Il Mappamondo

Ingredienti per 4 personePer le crêpes:

Per la farcitura:

- 100 gr di farina bianca - ½ cucchiaio di cannella* - una spolverata di noce moscata* - 1 cucchiaio e ½ di zucchero Dulcita*

- un pizzico di sale - 2 uova - 250 ml di latte fresco - 1 cucchiaio di burro - 80 gr di burro per la cottura

- 4 banane mature* - 120 gr di burro - 100 gr di zucchero a velo - 2 cucchiai di succo limone - ½ cucchiaio di cannella in polvere* - ½ cucchiaio di zenzero in polvere*

- 60 ml di latte - ½ cucchiaio di mais in polvere - 2 cucchiai di rum - 2 cucchiai di miele ammorbidito a bagnomaria* - 1 cucchiaio di cacao amaro in polvere*

Disponi in una terrina la farina a fontana, aggiungi le spezie, il sale e lo zucchero. Rompi le uova e incorporale al compo-

non sarà perfettamente uniforme e senza grumi. Lascia ri-posare 30 minuti. Fondi il burro a bagnomaria e aggiungilo alla pastella. Per la farcitura, sciogli il burro in una padella, aggiungi lo zucchero, il miele, le spezie e il rum. Unisci il

le banane a fette o rondelle, spruzzale di succo di limone perché non anneriscano e immergile nella salsa.

Per fare le crêpes, scalda un padellino dal bordo bassissimo

mestolo versa una dose per volta nel padellino in modo che la pastella si distribuisca a specchio su tutto il fondo. Lascia cuocere 30 secondi per parte, girando con l’aiuto di una pa-letta. Ripiega la crêpe e riempila con banane, salsa e, se vuoi, una spolverata di cacao amaro.

Ingredienti per 6 persone100 gr di cioccolato fondente Mascao 70%* 3 uova 200 gr di zucchero integrale Dulcita*

100 gr di farina 100 gr di burro peperoncino in polvere* cacao amaro in polvere*

Sciogli il cioccolato e il burro a bagnomaria. A parte, monta le uova con lo zucchero, unisci la bustina di lievito e poi la farina. Una volta ottenuto un impasto ben amalgamato, inforna a 180° per 25-30 minuti. Servi la torta dopo averla spolverata con cacao amaro unito a un pizzico di peperoncino in polvere.

FLICKR CC AVLXYZ

FLICKR CC TRUTH82

Page 27: Altromagazine Speciale Equopertutti

25IN PRIMO PIANO

UN CAFFÈ CHE VALE DI PIÙDalla Repubblica Dominicana, arriva in Italia il Cafè del Sur, interamente realizzato e confezionato nel Paese centroamericano grazie a un progetto di sostegno all’economia locale.di Luca Palagi

T anto tempo fa, ma ve-ramente tanto tempo fa, l’isola caraibica di Hispa-

niola era due isole. Poi il canale che le se-parava si riempì di sedimenti e la terra si sollevò, così le isole si unirono e il canale si chiuse: è rimasto un mare interno, a 40 metri sotto il livello del mare, un lago sa-

realtà, il lago Enriquillo è decisamente poco attraente: l’ambiente desertico e il caldo opprimente fanno desistere i pochi turisti attratti dalla numerosa comunità di alligatori e dalla ancora più numerosa comunità di scorpioni.Lo spirito respira molto più liberamen-te inerpicandosi sulla Sierra de Ney-ba, una catena di verdissime montagne dove si coltiva un caffè leggiadro. Anzi, molti caffè diversi: a seconda della zona e dell’altezza, il caffè regala un aroma speziato, fruttato o di cioccolato, sempre con una intensità tipica dei caffè centro-americani.Nella zona di Neyba è stato completa-to un progetto di cooperazione che ha avuto risultati fuori dall’ordinario. Con fondi della cooperazione italiana, la Ong Oxfam Italia è riuscita non solo a riunire

PRODUTTORE DI COOPROCASINE, REPUBBLICA DOMINICANA (FOTO DI LUCA PALAGI)

i contadini in una cooperativa che si è do-tata di attrezzature per la lavorazione del

pochi hanno anche solo immaginato di poter rompere: tostare il caffè nel paese di origine ed esportarlo in Italia, con il rischio di vederlo fare a pezzi dall’esi-gentissimo palato dei consumatori no-strani. Il tabù che vuole il caffè italiano irripetibile al di fuori della penisola ha subito uno scossone... una sapiente mi-scela dei diversi aromi della Sierra e una tostatura a regola d’arte, grazie all’aiuto di esperti tostatori triestini, hanno creato il Cafè del Sur, interamente prodotto e confezionato nella Repubblica Domini-cana, l’antica Hispaniola.

“Il progetto ha coinvolto oltre 1200 per-sone”, racconta Gabriele Regio, il vero padre del primo caffè equosolidale inte-ramente prodotto a Sud, “oltre un terzo sono donne e tutti sono piccoli produttori di caffè che si sono riuniti nella coope-rativa Cooprocasine. Essere riusciti a tostare, macinare e confezionare il caffè

creato nuove possibilità di lavoro e, soprattutto, creare valore aggiunto per i produttori”. Il Cafè del Sur è da poco sbarcato nelle Botteghe del Mondo italiane, grazie al lavoro dei soci di Cooprocasine e alla collaborazione tra Oxfam Italia e Ctm altromercato.

Page 28: Altromagazine Speciale Equopertutti

26PRODUTTORI DI COOPROCASINE, REPUBBLICA DOMINICANA (FOTO DI LUCA PALAGI)

Page 29: Altromagazine Speciale Equopertutti

27

GABRIELE REGIO (FOTO DI LUCA PALAGI)

REPUBBLICA DOMINICANA IN NUMERI 48.730 kmq (circa un sesto rispetto all’Italia)

Popolazione: 9.927.320 (circa un sesto rispetto all’Italia)Mortalità infantile: 27 (per 1000)

2,47Speranza di vita alla nascita m/f: 70/76 Popolazione urbana: 70% Popolazione sotto la soglia di povertà: 50,5% (2008)Popolazione sottonutrita: 2.300.000 (24%) Indice di sviluppo umano: 88 (medio)Tasso di disoccupazione: 14%Tasso di alfabetizzazione: 87%Numero di abitanti per medico (Rep. Dominicana + Haiti): 4000Fonti: ONU, Banca Mondiale, Social Watch

TASSO DI POVERTÀ

BAMBINI CHE NON ACCEDONO ALLA SCUOLA PRIMARIA

(MASCHI / FEMMINE)

20.000

2006 2007 2008 2009

50.000

80.000

110.000

40%

2005 2006 2007 2008

45%

50%

55%

SERVIZIINDUSTRIA

AGRICOLTURA

DISTRIBUZIONE DEL PIL

è l’occasione giusta per scoprire Cafè del Sur e gli altri prodotti

Altromercato per la colazione.

Edizione Speciale

Page 30: Altromagazine Speciale Equopertutti

28 IN PRIMO PIANO

“V edi quelle colline laggiù, ai bordi del-la savana? Io sono

nata e cresciuta lì, in una fattoria. Per avere un’idea dell’aridità di quelle terre, le uniche dove ci era concesso di vive-re, ti dico il nome della mia comunità: fattoria-senza-acqua”.

Mentre attraversiamo l’immensa savana cespugliosa, le parole di Alida Strauss ci portano indietro nel tempo e ci aiuta-no a capire il vero obiettivo del regime dell’apartheid sudafricano: concentrare le terre migliori nelle mani della popo-lazione bianca e ammassare la popola-zione non bianca nelle terre marginali, come quelle della fattoria-senza-acqua. La differenza si coglie a occhio nudo: la zona elevata è più verde, quella giù in fondo è gialla e non sembra affatto ospi-tale. Alida appartiene alla popolazione

meticcia, che ai tempi dell’apartheid ve-niva chiamata “coloured”: nella prima parte della sua vita ha conosciuto tutte le privazioni di libertà imposte ai non-bianchi, oggi è la direttrice della coope-rativa Heiveld.

Dalla stessa comunità viene Barry Koopman, un uomo minuto e brizzo-lato che lavora alla Tea Court, la zona usata dalla cooperativa per essiccare e fermentare il rooibos. “Questa è la macchina che taglia il rooibos, è molto ubbidiente e più facile da gestire rispet-to alle persone”, dice ridendo. “Sono

sai come era l’inizio? Ci siamo messi a lavorare insieme condividendo il niente che avevamo, così avevamo qualcosa più di niente. Poi c’è stata una donazio-ne dell’Ambasciata canadese, appena 5000 euro, ma con quelli siamo riusciti

COLTIVARE LA LIBERTÀ

incontrato i produttori di una cooperativa che lavora per una vera uguaglianza.di Luca Palagi

BARRY KOOPMAN, COOPERATIVA HEIVELD, SUDAFRICA (FOTO DI ILARIA FAVÈ)

Page 31: Altromagazine Speciale Equopertutti

29

a comprare questa macchina e a costru-ire la Tea Court”. Si ferma, si guarda intorno, si capisce che è la “sua” cooperativa. “Abbiamo lavorato duro in questi 10 anni, e ades-so abbiamo un capitale e tutte le attrez-zature, siamo noi che facciamo il nostro rooibos. Prima, ai tempi dell’apartheid, l’industria del rooibos era completa-mente in mano ai bianchi; adesso noi produciamo il miglior rooibos, e non sto esagerando”. Noi visitatori, che ai tempi dell’apartheid eravamo impegna-ti al massimo a non comprare i prodotti sudafricani, guardiamo con rispetto le sue mani indurite che accarezzano un cespuglio profumato di rooibos: “Mi

piace toccarlo”, conclude, “e insegnare alle generazioni più giovani come si ta-glia: deve essere tritato al punto giusto, per permettere una fermentazione per-

è un rosso caldo e intenso.”

Nata dalla comunità meticcia di una microscopica cittadina affacciata al bordo di una delle molte fratture che tagliano il Sudafrica, la cooperativa Heiveld riunisce 65 piccoli contadi-ni che producono oltre 50 tonnellate di rooibos biologico e lo esportano direttamente, arrivando ai mercati europei grazie alla rete del commer-cio equo e solidale.

TOWNSHIP DI ERICAVILLE, SUDAFRICA, RIENTRO DA SCUOLA (FOTO DI ILARIA FAVÈ)

SUDAFRICA IN NUMERI1.219.090 kmq

(4 volte l’Italia)Popolazione: 50.132.817 (1/6 in meno rispetto all’Italia)Mortalità infantile: 43%

2,33Speranza di vita alla nascita: 52Popolazione urbana: 61%Popolazione sotto la soglia di povertà: 23%Malnutrizione infantile: 10% (bambini sotto i 5 anni)Indice di sviluppo umano: 110 (medio)Tasso di disoccupazione: 23%Tasso di alfabetizzazione: 86%Numero di abitanti per medico: 1300Fonti: ONU, Banca Mondiale, Social WatchSERVIZI

INDUSTRIAAGRICOLTURA

DISTRIBUZIONE DEL PILTASSO DI POVERTÀ

BAMBINI CHE NON ACCEDONO ALLA SCUOLA PRIMARIA

(MASCHI / FEMMINE)

200.000

2006 2007 2008 2009

250.000

300.000

350.000

20%

1995 2000 2005

30%

40%

400.000

Edizione Speciale

Page 32: Altromagazine Speciale Equopertutti

30

A d abitare per prime il Sudafrica furono le po-polazioni chiamate san,

gruppi di cacciatori-raccoglitori. In Europa venivano chiamati bosci-mani, cioè “uomini della savana”, e questo perché all’arrivo degli euro-pei, i san erano già stati costretti dal-le migrazioni successive a spostarsi nelle zone meno produttive, come le savane e il deserto del Kalahari. Le ondate migratorie successive riguar-darono popolazioni di khoi-khoin, detti ottentotti, probabilmente pro-venienti dall’Etiopia: si dedicavano alla pastorizia e a una agricoltura di base. Successivamente, arrivarono le popolazioni bantu, cioè nere, da varie zone dell’Africa centrale. Bantu è un nome generico per i moltissimi gruppi di persone dalla pelle nera e di corpo-razione non così longilinea e slanciata come i gruppi nilotici. Anche i bantu vivevano di piccolo allevamento e di agricoltura di base.

mente per secoli, con frequenti me-

primi europei, i portoghesi. La famo-sa spedizione di Bartolomeo Diaz del 1488, pochi anni prima della cosiddet-ta “Scoperta dell’America”, doppiò per la prima volta il Capo di Buona Speranza, tra l’altro senza rendersene conto. Ma i portoghesi non volevano fondare colonie, a loro interessava avere punti di appoggio sulla via del commercio con l’India, perciò si li-

SUDAFRICA: LE RADICI DELL’INGIUSTIZIACtm altromercato acquista il rooibos da alcune piccole cooperative formate da persone “coloured”, nella zona arida della Provincia Occidentale del Capo.

di Luca Palagi

mitarono a piazzare qualche “patrao”, dei cippi di posizione, in vari punti della costa e ad avere scambi commer-

costiere, senza interessarsi all’interno.

La situazione cambiò completamente con l’arrivo degli olandesi. Nel 1652 la Compagnia delle Indie Orientali de-cise di impiantare una colonia al Capo di Buona Speranza per rifornire le navi di passaggio con cibo fresco. I primi coloni avevano il compito di coltivare frutta e verdura per la Compagnia, e di procurarsi la carne facendo scam-bi con le comunità di allevatori della zona del Capo. Alcuni locali iniziaro-no a lavorare per la Colonia, che aveva bisogno di manodopera; i matrimoni misti erano permessi e così iniziò la mescolanza anche con gli europei, quasi esclusivamente olandesi.

Dopo appena 6 anni dalla sua fondazio-ne, la Compagnia decise di espandere la Colonia del Capo e approvò il ricorso a schiavi per fare i lavori manuali. Iniziò così la “guerra per la terra” dei coloni contro le popolazioni locali, che portò alla sottomissione di un numero crescen-te di khoi e di san agli europei e all’intro-duzione di schiavi, di origine sia africana – soprattutto dalle colonie portoghesi del Mozambico e dell’Angola – che prove-nienti dalle colonie olandesi in Asia, cioè Malesia e Indonesia. E infatti, se oggi guardate i visi dei coloured troverete tracce soprattutto di queste origini: khoi, boscimani, bantu, asiatici, mozambicani.

Circa 30 anni dopo la sua fondazione, la Compagnia delle Indie Orientali decise che la popolazione europea doveva vi-vere separata da tutte le altre, e impose per legge la separazione nelle scuole, negli ospedali, nella polizia e nelle abi-tudini quotidiane, arrivando a proibire i matrimoni tra europei e non europei. Fu il vero inizio dell’apartheid, due secoli prima di quello poi diventato tristemen-te famoso in tutto il mondo a partire dal 1948. Ovviamente le relazioni tra euro-pei e le donne africane continuarono no-nostante fossero illegali, e lo stesso valse per i matrimoni misti tra le popolazioni originarie khoi-san e bantu tra di loro e con gli schiavi.

Ecco quindi la risposta alla doman-da: la popolazione meticcia, chiamata “coloured” nel sistema dell’apartheid è il risultato di circa 3 secoli di me-scolanza tra tutti i gruppi esisten-ti nella Provincia del Capo, e infatti rappresenta ancora oggi una parte consistente della popolazione di que-sta zona, oltre che essere la totalità dei membri delle cooperative che producono il rooibos. Molti europei sono colpiti dal fatto che i coloured abbiano come lingua madre l’afrika-an, cioè l’olandese arcaico del 1600 arricchitosi con parole africane e asiatiche; ma se ci pensate è norma-le, perché l’afrikaan era la lingua dei dominatori che hanno lentamente ma

delle lingue originarie delle popola-zioni sottomesse. Oggi questo “furto”

IN PRIMO PIANO

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31GARDEN ROUTE DA CITTÀ DEL CAPO A PORT ELIZABETH, SUDAFRICA(FOTO DI ILARIA FAVÈ)

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32 IN PRIMO PIANO

delle proprie radici è riconosciuto da alcuni, ma la maggior parte considera l’afrikaan come la propria lingua ori-ginale e ne va orgoglioso.

Le townshipOggi la parola township è sinonimo di periferia urbana, ma l’origine delle township in Sudafrica è molto diversa e per capirla occorre riprendere quel-lo che era il vero obiettivo del regime dell’apartheid.

del governo bianco del Sudafrica dal 1948 al 1994, e predicava la separa-zione etnica e lo sviluppo separato tra europei e i 3 gruppi di popolazioni non europee: neri, meticci o coloured e indiani. L’obiettivo dell’apartheid era consolidare la conquista della terra nelle mani dei bianchi. Il governo deci-

ciascun gruppo etnico e, in pochi anni, riuscì a trasferire con la forza il 55% della popolazione sudafricana in ap-pena il 13% della terra, concentrando

milioni di bianchi.Un risultato notevole, raggiunto attra-verso il massiccio uso di spostamenti forzati da parte della polizia.

Ai non bianchi erano dedicati due tipi di zone: quelle residenziali urbane e i bantustan. Le prime sono proprio le township: la più famosa è Soweto, il cui nome è un acronimo formato dal-

le iniziali di South West Township di Johannesburg. Le township quindi nacquero come zone di concentrazio-ne della popolazione non bianca sotto l’apartheid. Ma c’erano anche i bantu-stan, che vennero creati dal governo dell’apartheid come zone autonome dove ammassare la popolazione nera, con la scusa di restituire ai vari grup-pi etnici le rispettive zone di origine. Erano 10 aree, alcune senza continu-ità territoriale e leopardizzate, tutte

che in cambio di privilegi personali di fatto sostenevano il regime razzista. Erano riserve di manodopera, senza infrastrutture né servizi, delle cui con-dizioni di vita il governo sudafricano non si riteneva responsabile in quanto

dei capi locali, anche se in realtà erano completamente sovvenzionate dal Su-dafrica. In 4 casi si arrivò persino alla proclamazione di indipendenza con il vantaggio per il governo bianco di non

LA COOPERATIVA HEIVELD, SUDAFRICA (FOTO DI SERGIO FIORIO)

è l’occasione giusta per scoprire i prodotti Altromercato per la colazione, come il

Page 35: Altromagazine Speciale Equopertutti

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dover riconoscere nessun diritto a cit-tadini considerati stranieri; ma ovvia-mente questi stati-fantoccio non sono mai stati riconosciuti da nessun altro paese, tranne Israele che era evidente-mente interessato al modello razzista.

smantellati sia i bantustan che le town-ship, intesi come zone riservate alla segregazione razziale. Ma ovviamente, nonostante siano passati già oltre 15 anni, alcuni ex bantustan sono rimasti molto arretrati al pari delle township, dove oggi vive una parte consistente della popolazione sudafricana: se l’apar-theid politico è stato superato, quello economico è ancora una realtà. Se passate dal Sudafrica, ricordatevi di fare una visita a una township, perché è lì che vive la maggior parte delle persone.

Leggi il diario del viaggio in Sudafrica visitando il sito www.altromercato.it

VISITA ALLA COOPERATIVA DI ERICAVILLE, SUDAFRICA (FOTO DI ILARIA FAVÈ)

TOWNSHIP DI ERICAVILLE, SUDAFRICA (FOTO DI ILARIA FAVÈ)

Edizione Speciale

Page 36: Altromagazine Speciale Equopertutti

34 IN PRIMO PIANO

FRESCO, EQUO E SOLIDALE

B uona, nutriente e leggera: mangiare frutta a colazio-ne è un’ottima idea per

iniziare la giornata con un’iniezione di energia, vitamine e minerali indispensa-bili per l’organismo. Se poi portiamo in tavola banane, bananitos, manghi e ana-nas equosolidali, non solo facciamo del bene a noi stessi gustando un prodotto di qualità, ma facciamo una scelta di giustizia e responsabilità sociale, per-ché questa frutta è buona anche per chi la coltiva e la raccoglie.

Cos’è AgrofairCtm Agrofair,

zazioni di commercio equo e solidale, nasce nel 2004 dalla joint-venture di due leader del fair trade europeo, il consorzio Ctm altromercato e Agrofair Europe bv, il maggior importatore europeo di frutta fre-sca fair trade. Nata nel 1996 con l’obietti-

alla frutta equo-solidale, Agrofair Europe bv ha una caratteristica unica: è posseduta al 50% dalle stesse organizzazioni di col-tivatori del Sud del mondo e al 50% da Ong europee. Agrofair Europe bv si occu-pa delle operazioni di assistenza tecnica ai produttori, sviluppo e controllo quali-tà, nonché dello svolgimento delle opera-zioni logistiche di importazione.

Tradizionale o solidale?Fino a qualche anno fa, la frutta esotica era considerata un lusso da concedersi solo in occasioni speciali. Oggi, invece,

stre case, basti pensare che le banane sono il secondo prodotto più venduto al mondo dopo il caffè. Ma cosa c’è dietro i colori accesi e i profumi dei prodotti che troviamo nei nostri mercati e supermerca-ti? Spesso la realtà di chi banane, ananas e manghi li coltiva, li cura e li raccoglie, non ha nulla di dolce, anzi: nei paesi del Sud

del mondo, la produzione e il commercio della frutta sono controllati dalle grandi multinazionali che pagano ai lavoratori prezzi da fame e impongono l’uso di pro-dotti chimici che non sono solo pericolosi per chi li manipola, ma causano gravi dan-ni all’ambiente, impoverendo i suoli e la fauna locale e inquinando le acque. La frutta equosolidale è diversa: è stata acquistata direttamente da piccoli produt-tori organizzati in cooperative – saltando gli intermediari che si arricchiscono sfrut-tando i lavoratori –, è pagata un prezzo superiore a quello del mercato, che tiene conto dei costi di produzione e delle ne-cessità degli agricoltori. Inoltre

gica e a lotta integrata che non recano danno all’ambiente. Le organizzazioni equosolidali, poi, versano ai produttori anche una quota ulteriore – il cosiddetto “getti di sviluppo utili alla comunità come scuole e dispensari medici.

Page 37: Altromagazine Speciale Equopertutti

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EL GUABO, ECUADORLe banane rappresentano la principale coltura del Paese, che impiega la maggior parte della forza lavoro agricola. Nel settore bananiero convenziona-le il contratto di lavoro è prati-camente inesistente e il sinda-cato dei lavoratori bananieri ha

lupparsi; si calcola che il guada-gno di un lavoratore avventizio sia di circa 45 dollari mensili. L’associazione El Guabo fu fondata nel 1997 da un grup-po di produttori che intendeva sperimentare il modello del fair trade. Oggi i produttori associa-ti sono circa 350, raggruppati in 15 cosiddette “associazioni agro artigianali”, per un totale di 1000 ettari di terreni: di que-sti produttori, circa un centinaio

altri producono banane a lotta integrata, in conversione. Il premio fair trade è stato uti-lizzato da El Guabo in diversi ambiti, primi fra tutti quelli di miglioramento della produzio-ne, per raggiungere gli standard di qualità richiesti, e di sviluppo sociale. Oltre all’applicazione di moderne tecniche di agricol-tura grazie al supporto di agro-nomi e al miglioramento delle infrastrutture, il premio è stato investito nella fertilizzazione e conservazione delle piante con metodi naturali. Inoltre sono stati creati un programma di as-sistenza sanitaria, uno di micro-credito e uno educativo, con la costruzione di 17 scuole rurali.

I PRODUTTORI

L’ ECUADOR è il maggiore esportatore di banane nel mondo e principale protagoni-

di natura commerciale aveva al centro la preferenza dell’UE per le banane dei paesi

di importazione più favorevoli rispetto a quelle per le “dollar bananas”, le banane provenienti dai paesi dell’America Latina. Ribellandosi ai “privilegi” dei paesi ACP, l’Ecuador, sostenuto dagli USA, denunciò il caso alla neonata WTO, che dopo anni di trattative e di rappresaglie commerciali, riuscì nel dicembre 2009 a costringere l’UE a diminuire i dazi doganali e le quote per le “dollar bananas” e così ad abbatte-re la preferenza per le banane ACP. Come di solito accade, i piccoli produttori sono

operanti in Ecuador.

PRODUTTORI DI EL GUABO, ECUADOR (FOTO DI CTM AGROFAIR)

Edizione Speciale

Page 38: Altromagazine Speciale Equopertutti

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GRUPO HUALTACO, PERÙIl banano non è una coltivazione tipi-ca del Perù ma la zona in cui si trova Grupo Hualtaco fa eccezione: qui il suolo è particolarmente fertile, c’è abbondanza d’acqua, il clima è secco e non ci sono parassiti dannosi per le colture. Il Grupo Hualtaco (GH) riu-nisce diverse associazioni di piccoli produttori di banane, di cui esporta la frutta.

Gli inizi sono stati difficili, soprat-tutto per gli elevati standard richie-sti dal mercato europeo, ma grazie al supporto di Agrofair la situazione è lentamente migliorata, e ora molti piccoli agricoltori coltivano banane biologiche, utilizzando solo metodi naturali rispettosi dei lavoratori e dell’ambiente e le esportano diretta-mente.

Il premio fair trade è stato di fon-damentale importanza sia per mi-gliorare le strutture lavorative che quelle sociali, gravemente carenti. Le condizioni sanitarie, infatti, erano pessime, non esistevano scuole e le reti stradali erano difficilmente prati-cabili. Oggi la situazione sta miglio-rando: i lavoratori godono di assicu-razione sociale, sanitaria e contro gli infortuni e di assegni familiari; i loro figli hanno la possibilità di andare a scuola grazie all’apertura di scuo-le locali e vengono finanziati anche corsi di formazione per i produttori. Le attività sono volte a rafforzare i canali di accesso diretto al merca-to, in modo che i produttori possa-no controllare direttamente le loro esportazioni mantenendo il massimo livello di tracciabilità.

IL PERÙ è, per grandezza, il terzo paese dell’America Latina e presenta una forte varietà di climi e paesaggi. Circa il 40% della popolazione attiva è im-pegnata nel settore agricolo che

zione del prodotto vista la varie-tà delle zone climatiche. Nono-stante ciò, l’agricoltura presenta bassi tassi di produttività, so-prattutto a causa dell’impiego di tecniche di produzione arretrate che non permettono incrementi di produzione. La povertà è con-centrata nelle zone rurali e nelle periferie urbane dove più della metà della popolazione è con-siderata estremamente povera, con a disposizione meno di un dollaro al giorno.

Apromalpi è un’associazione di piccoli produttori di mango della regione nord-occidentale del Paese, l’Alto Piura, e ha l’obiettivo di rappresentare i suoi mem-bri tramite un’organizzazione trasparen-te, competitiva e guidata dai principi del-la produzione biologica e del commercio equo e solidale. Le donne della comunità partecipano attivamente alla produzione occupandosi di selezione, controllo qua-lità e imballaggio. L’impegno dell’orga-nizzazione è rivolto soprattutto al conso-lidamento delle capacità organizzative,

Il premio fair trade è stato investito innanzitutto in un percorso di capaci-

tazione tecnica ai metodi biologici, in-vestendo in produzione di fertilizzanti naturali, nella formazione di ispettori interni per il controllo degli standard e nella creazione di materiale informati-vo e formativo da utilizzare nella diffu-sione delle conoscenze.

A livello di strutture, il maggiore

nell’irrigazione, dovuta principalmen-te alla scarsità di acqua a uso agricolo. La formazione per i membri dell’as-sociazione è costantemente promossa, insieme a forme di sostegno sociale ed economico, particolarmente importanti in questa regione in cui povertà e mal-nutrizione sono diffuse.

APROMALPI (ASOCIACIÓN DE PRODUCTORES DE MANGO DEL VALLE DEL ALTO PIURA), PERÙ

PRODUTTORE DEL GRUPO HUALTACO, PERÙ (FOTO DI CTM AGROFAIR)

IN PRIMO PIANO

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GOLD COAST FARM, GHANALa piccola azienda agricola Gold Coast Farm si trova ancora agli inizi del suo svi-luppo, essendo partner di Agrofair soltan-to dal 2005, ed è diretta da un gruppo di specialisti ghaniani. Gli agricoltori sono

paese, cioè la malaria, ed hanno accesso limitato all’acqua potabile, oltre a dispor-re di scarse e malandate infrastrutture. Anche se relativamente recente, la part-nership con Agrofair ha già portato nu-merosi vantaggi, sia sul piano strutturale che su quello lavorativo e sociale.

cazione Fair Trade solo recentemente e ha subito iniziato a implementare un am-bizioso piano di sviluppo con obiettivi economici, ambientali, sociali e sanitari. Il primo obiettivo è quello di rendere si-curo e ben attrezzato l’ambiente in cui i lavoratori si muovono e di incrementare le loro entrate con un bonus in aggiun-ta allo stipendio mensile, migliorando

verso corsi di formazione e training. Le stazioni produttive sono state dotate di

gerazione nonché strutture di servizio ed equipaggiamento per i lavoratori, come una cucina per la pausa pranzo e bici-clette come mezzo di trasporto. Sul piano della salute riceve particolare attenzione la lotta alla malaria: sono stati attivati corsi di educazione alla salute fo-calizzati sulla prevenzione, durante i quali vengono distribuite zanzariere impregna-te di insetticida a donne incinte e bambini sotto i 5 anni per difendersi dai parassiti di questa malattia. Inoltre, la Gold Coast Farms si impegna a rispettare e conserva-re l’ambiente circostante, minimizzando l’impatto della produzione sul territorio. A

rispettose dell’ambiente, come la costru-zione di un mulino ad acqua per diminuire

di foreste e boschi circostanti.

Ex colonia prima olandese e poi inglese, IL GHANA è stato il primo paese d’Africa nera a conquistare l’indipendenza. Nonostante il glorioso passato in cui era soprannominato Gold Coast per la ricchezza di risorse naturali, so-prattutto di oro, il Ghana è oggi un paese povero, che si trova a dover affron-tare problemi quali la forte scarsità di acqua potabile e l’alta diffusione della malaria, che colpisce in particolare bambini e gestanti. Tuttavia, dall’ultimo decennio il paese è in ripresa, e l’agricoltura è ben sviluppata. Si coltivano diversi prodotti: tra le piante da frutto le principali sono banani e ananas.

PRODUTTORI DI GOLD COAST FARM, GHANA (FOTO DI CTM AGROFAIR)

Edizione Speciale

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I l Nord e il Sud del mondo si uniscono nel nome di que-sta nuova linea di detergenti

“pulito” in lingua swahili: pulito per la casa, pulito socialmente, pulito per

in alcune lingue nordiche, quindi ri-empire più volte, riutilizzando lo stes-

prezzo del prodotto e sulle emissioni di CO2 nell’ambiente.

Tensioattivi vegetaliI detergenti Safylla (piatti e stoviglie a mano, bucato a mano e in lavatrice,

da materie prime di origine vegetale (prodotti da oli di cocco, oliva e sesa-mo equosolidali), non derivati da petro-lio (etossilati), altamente e facilmente biodegradabili. Contengono coloranti naturali e sono profumati da oli essen-ziali puri. Oltre ad aver superato test di

gicamente testati e privi di conservanti aggressivi. Inoltre, i prodotti Safylla non contengono materie prime di ori-gine o produzione animale e non sono stati testati sugli animali (controllato da ICEA per LAV, Lega Anti Vivisezione).

Eco designMateriali riciclati post consumo ed eco design sono le parole chiave per quanto riguarda il packaging. Accanto a formu-le attente all’ambiente, infatti, Altromer-

nella forma che nel materiale, anticipan-

do il futuro, che vedrà crescere sempre più l’importanza dell’eco design e della scelta dei materiali come elementi di so-stenibilità accanto alla biodegradabilità

un materiale PE riciclato post consumo (50%) e presentano un’etichetta in PE per consentire un riciclo monomateriale.

Eco ricarica

sto di tacca al litro, è pensato in ma-teriale resistente per essere riutiliz-zato più volte anche nel sistema Eco ricarica. La prima volta che acquisti

acquisto, chiedi in cassa di applica-

Dalla volta successiva potrai ricari-carlo presso un qualsiasi Punto Eco Safylla, pesando meno sull’ambiente.

Meno CO2 nell’aria

e realizzato in Eco design salva spazio per ridurre al minimo lo spazio occu-pato, nel trasporto, in negozio e a casa tua. La sua forma particolare, infatti, evita sprechi di spazio e rende impila-

in più per pallet, rispetto ad esempio a quelli cilindrici. Questo consente un ri-sparmio di spazio occupato sui camion, garantisce che ogni 3 pallet uno non sia più necessario, riducendo di un ter-zo l’impatto di CO2 per il trasporto su strada, a parità di mezzi pieni e dedica-ti. Una bella idea per ridurre la nostra impronta sull’ambiente.

ARRIVA SAFYLLA: PULITO, ECOLOGICO E SOLIDALELa nuova linea Altromercato di detergenti per la casa nasce nel rispetto dell’uomo e della natura.

VIVERE ECOLOGICO

Page 41: Altromagazine Speciale Equopertutti

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I n Europa vengono allevate cir-ca 400 milioni di galline, oltre 50 milioni solo in Italia. Il 90%

delle galline ovaiole vive in gabbie di batteria. Questo tipo di allevamento è un sistema intensivo che vede le galli-ne stipate in spazi ristretti, sottoposte a ventilazione e luce forzata per aumen-tare la produzione. Una vera e propria tortura per gli animali, privati della possibilità di soddisfare i propri bisogni elementari come muoversi, razzolare, covare, fare bagni di terra. I danni alla salute sono notevoli e vanno dall’oste-oporosi alla frattura delle ossa, ma ciò che è peggio sono i danni psicologici. In queste condizioni le galline impazzi-scono letteralmente, tanto da diventare aggressive e per questo, per evitare che si feriscano reciprocamente, vengono private del becco.

C’è un modo per mettere fine a questa crudeltà? Sì, è quello di acquistare uova prodotte in modo diverso. Per riconoscerle, osserva il codice che trovi su ogni confezione, oltre che su ogni uovo: il primo numero del codi-ce indica il metodo di allevamento.“O” indica l’allevamento biologico, “1” l’allevamento all’aperto, “2” l’al-levamento a terra e “3” l’allevamento intensivo in batteria.

Non lasciarti ingannare da indicazioni generiche o da immagini di galline che razzolano felici: cerca il codice e la

ferenza di tanti animali e a garantire loro una vita migliore.

CONOSCIAMO I NOSTRI POLLI!In Europa, la grande maggioranza delle galline viene allevata in batteria, un metodo crudele che causa loro gravi danni. Per i suoi prodotti, Altromercato sceglie uova di galline allevate all’aperto: puoi farlo anche tu, ecco come riconoscerle.

0 = UOVO BIOLOGICOLe galline hanno accesso quotidiano all’esterno, spazio di almeno 2,5 metri quadrati per ciascuna, nidi, trespoli, lettiere, un massimo di dodici galline per metro quadrato al coperto, mangime biologico.

1 = UOVO DA ALLEVAMENTO ALL’APERTOLe galline hanno accesso quotidiano all’aperto, spazio di almeno 2,5 metri quadrati per ciascuna, nidi, trespoli, lettiere, un massimo di dodici galline per metro quadrato al coperto.

2 = UOVA DA ALLEVAMENTO A TERRALe galline vengono allevate a terra senza gabbie, ma in capannoni chiusi senza accesso all’esterno, un massimo di dodici galline per metro quadrato, nidi, trespoli, lettiere.

3 = UOVA DA ALLEVAMENTO IN GABBIALe galline vengono allevate intensivamente in batteria, 4 o 5 galline per gabbia, spazio inferiore a quello di un foglio di carta A4, assenza di nidi, trespoli e lettiere, impossi-

per evitare il cannibalismo.

IN COLLABORAZIONE CON LA LAV (LEGA ANTI VIVISEZIONE) WWW.LAV.IT

COME RICONOSCERE LE UOVA IN BASE AL METODO DI ALLEVAMENTO

Edizione Speciale

Page 42: Altromagazine Speciale Equopertutti

40 LEGGERE

pagine per aprire la menteChiara SpadaroADESSO PASTA!Guida alla pasta biologica, artigianale, equa e solidale, al giusto prezzo. Storie di farina, acqua e produttori.Ed. Altreconomia, 2011104 pp, 5€

Mamma, butta la pasta! Non una qualsiasi, però. La pasta biologica, equa, solidale, artigianale è assai più buona di quella industriale e fa an-che bene: ai produttori resistenti di cui raccontiamo le storie, che difen-dono la terra e il grano che vi cresce, al commercio equo, al movimento

“valore aggiunto dei rigatoni” che si impasta con il piacere del palato e le

ci bio e artigianali, i mulini a pietra, i cereali antichi. E l’invito a fare la pasta in casa, perché sia farina del vostro sacco. Mettete su l’acqua.

Tonino PernaEVENTI ESTREMICome salvare il pianeta e noi stessi dalle tempeste climatiche e

Ed. Altreconomia, 2011128 pp, 12€

Il crollo di Wall Street del set-

“tempesta perfetta”. Ma le analo-gie tra la Borsa e il meteo non si limitano al linguaggio. Che cosa c’entrano dunque il denaro e la

2? Gli

nanziari, in crescita negli anni recenti, si caratterizzano per il

zioni giganti” provocate da una

fortissima accelerazione dei pro-cessi. Ad esempio quelli indotti dall’immissione nell’atmosfera di grandissime quantità di CO2, e sul mercato di un’enorme massa di denaro. Disastri che colpiscono per primi i poveri del mondo, poi l’ambiente e noi stessi. Ma come si può salvare Gaia e i suoi abitan-ti? La risposta in queste pagine.

Pierpaolo CorradiniQUELLO CHE LE ETICHETTE NON DICONOEmi, 2011, 208 pp, 13€

un diritto che non si esercita solo nel chiuso della cabina elettora-

le, ma che si rinnova giorno per giorno nei piccoli gesti quotidiani: quando compriamo il giornale, quando entriamo in banca, quan-do facciamo la spesa. Ma per sce-gliere bisogna sapere, ed ecco la centralità dell’informazione che al supermercato assume il volto delle etichette. Questo libro parla

di loro, spiega la loro struttura, la loro utilità, i loro limiti. È un viag-gio per capire cosa ci raccontano, il linguaggio che usano, quanto

mettere a fuoco i loro vuoti in modo da organizzarci per rivendi-care ciò che ci spetta in nome della libertà e della responsabilità.

FUTURO SOSTENIBILEA cura di Wolfgang Sachs e Marco Morosini, Wuppertal InstitutEdizioni Ambiente, 2011478 pp, 28€

Grazie alla loro capacità di co-niugare le questioni dell’eco-logia con i temi della giustizia sociale, Wolfgang Sachs e il Wuppertal Institut sono un riferimento per il mondo am-bientalista e per quello cristia-no. Con Futuro sostenibile,

Sachs e l’équipe da lui coordi-nata al Wuppertal Institut ana-lizzano i principali fattori del-la crisi ecologica e sociale glo-bale e propongono ai paesi in-dustrializzati un’agenda con-creta per riformare la società, l’economia e le tecnologie, le istituzioni internazionali e le relazioni economiche Nord-Sud, gli stili di vita e la parte-cipazione politica dei cittadi-ni-consumatori. Questo studio ha ispirato una campagna per la sostenibilità promossa da tre grandi organizzazioni te-

desche per l’ambiente e per la cooperazione allo sviluppo.

riferimento nel campo della sostenibilità” dall’ex presi-dente della Repubblica Fede-rale Tedesca, Horst Köhler, ed è sulla scrivania dell’attuale presidente, Christian Wulff. L’edizione italiana è stata adattata ai paesi europei e in-tegrata con alcuni riferimenti al nostro paese, proponendosi così come un concreto pro-getto politico e sociale per un futuro sostenibile.

Page 43: Altromagazine Speciale Equopertutti

EditorialeUNITÀ COMUNICAZIONE ALTROMERCATO 41

tutte le informazioni su fi eraquattropassi.org

È UN’INIZIATIVA DELLA COOPERATIVA PACE E SVILUPPO

7a edizione

Page 44: Altromagazine Speciale Equopertutti

42 PARTECIPARE

U n modo tra i tanti di leg-gere il commercio equo: un grande movimento

mani di migliaia di donne al servizio di un mondo più giusto. Da qui si è partiti per un ragionamento sulle donne che reggono silenziosamente il mondo con il loro impegno, fuori e dentro casa: è a questa modalità di gestire il lavoro – probabilmente più gentile, sicuramente più sostenibile – che la Fiera “Quattro passi verso un mondo migliore” dedica la sua settima edizione.

La manifestazione è organizzata dalla Cooperativa Pace e Sviluppo di Tre-viso (socia fondatrice di Ctm) con il sostegno di Altromercato, Altreco-nomia, Novamont, il Coordinamen-to delle Associazioni di Volontariato della provincia di Treviso e il patro-cinio e contributo della Provincia di Treviso, del Ministero delle Politiche agricole e forestali, della Regione Veneto, del Comune di Treviso e del Comune di Maserada sul Piave (Tre-viso), dove l’evento è nato nel 2005.

Divenuta con i suoi 40mila visitatori in due giorni uno dei principali punti di riferimento nazionali per i settori del-la cooperazione, del commercio equo, dello sviluppo sostenibile e della tute-la dell’ambiente, la manifestazione vi aspetta nel parco della sede provincia-le di Treviso, Sant’Artemio, sabato 24 (dalle 10 alle 24) e domenica 25 settem-bre (dalle 10 alle 19). L’edizione 2011 sarà dedicata all’universo dell’impe-gno femminile. “Un mondo di donne – Spazi di economia al femminile” vedrà gli oltre cento partecipanti organizzati in uno spazio espositivo articolato in quattro aree tematiche, che corrispon-

percorso lungo il grande parco: “Un mondo di donne”, “Sviluppo sosteni-bile”, “Informazione” e “Volontariato” (in occasione della ricorrenza dell’An-no europeo del volontariato). In par-ticolare, all’interno del settore “Un mondo di donne” saranno approfonditi tre aspetti: l’imprenditoria femminile, i servizi per le donne, i movimenti nati dalla spinta femminile o a prevalente presenza di donne (come ad esempio il commercio equo e solidale o i GAS).

La manifestazione, che negli anni ha saputo fare della facilità e imme-diatezza di applicazione dei suggeri-menti dati da parte di tutti il proprio tratto distintivo, anche quest’anno punterà sulla concretezza e su pro-poste capaci di offrire spunti di ri-

da esperienze vissute e da casi reali.

da uno scoppiettante programma cul-turale ricco di appuntamenti informa-tivi, laboratori, degustazioni, momenti di intrattenimento, giocoleria per i più piccoli. Tra i numerosi appuntamenti, vi segnaliamo il convegno “D Factor. Il talento delle donne a servizio del futuro”, domenica 25 settembre (al quale è annunciata la presenza di Rudi Dalvai, neopresidente Wfto) e, sempre la domenica, il lancio nazionale della campagna Equopertutti di Altromerca-to (che si svolgerà dal 8 al 23 ottobre su tutto il territorio nazionale) con una colazione equa e solidale a sorpresa… Info e dettagli su si.orglibero e gradito. Vi aspettiamo!

RIFLETTORI SULL’ECONOMIA DELLE DONNE“Un mondo di donne. Spazi di economia al femminile” è il tema

il 24 e 25 settembre: esempi di imprenditoria in rosa o dedicata alle donne, in tanti angoli del mondo. Oltre cento espositori, numerosi approfondimenti e un cuore equo e solidale.di Alessandro Franceschini

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43L’ULTIMA PAGINADiego Parassole & Riccardo Piferi

di passata di pomodoro. La famosa “marea rossa”. Intere spiagge saranno devastate da una squisita zuppa di pesce...

“Compri la soia: su sei mesi, dà anche il 3,3 e mezzo per cento”.“Eh, lo so, ma io non la digerisco”. “Allora si butti sul caffè!”“Eh, ma poi m’innervosisco e non dormo la notte”.“Allora guardi, stiamo sui classici beni rifugio: investa tutto in lingotti d’orzo massiccio.

Sentiremo, dagli amici, discorsi apparentemente surreali, tipo:“Ho comprato la soia, ho fatto il grano!”E voi penserete: “Minchia questo è andato... da come parla, altro che soia: ha com-prato l’erba e s’è fumato il cervello!”Invece no... semplicemente, il vostro amico, sarà uno che segue i nuovi trend della borsa.

Certo, oltre alle speculazioni, ci sono altri elementi che concor-rono all’aumento del prezzo del cibo: i cambiamenti climatici, i biocarburanti, l’uso di cereali come foraggio per l’allevamento animale. La speculazione sul cibo, però, è eticamente inaccet-tabile perché colpisce tutti, ma in particolare i paesi più pove-ri. Nonostante ci sia sempre più cibo che viene prodotto, sono sempre meno le persone in grado di comprarlo. Perché la borsa viva, la gente muore. Tanto che anche il Papa ha dichiarato che bisogna fermare questa speculazione e che dobbiamo recupera-re la tradizione rurale e riprendere a lavorare la terra.

Cibo locale, quando è possibile, per saltare il grandi intermediari e speculatori. Anche Michelle Obama la pensa così, tant’è che s’è fatta i cavoli suoi nel giardino della Casa Bianca. Riprendere a lavorare la terra sta diventando una moda: anche tra i grandi personaggi dello spettacolo: Gwyneth Paltrow, ad esempio, produce pomodori e zuc-chine, Helen Mirren coltiva patate in Salento e persino l’algida Nico-le Kidman ha dichiarato soddisfatta di aver piantato un frutteto con peschi, peri e susini. Per non parlare di Gerard Depardieu che produ-ce vino… ma non lo sa nessuno perché lo beve tutto lui. E anche il Papa che – pochi lo sanno – è ghiotto di strudel, secondo me, il suo melo, se lo cura da solo. Tra la borsa e la vita... scegliamo la vita!

L a storia dell’umanità ha conosciuto la desolazione di numerose carestie. Perché questo succedesse, però, una volta, ci voleva almeno una guerra, un

inverno rigido, la peste, la siccità, un’inondazione. Oppure ci voleva una punizione divina, come le famose piaghe d’Egitto: prima le rane, poi le zanzare, i mosconi... E poi per risolvere

tutto molto più semplice: per affamare quasi un miliardo di per-

di Chicago e un manipolo di broker.

I broker: le cavallette del futuro, quelle in grado di distruggere qualsiasi cosa, senza neanche alzarsi dalla poltrona. Sono loro che decidono se e cosa mangeremo a pranzo e a cena, perché il

Ormai, nel mondo, migliaia di tonnellate di cereali e altri ali-menti base, giacciono stoccati in granai o in enormi navi-con-tainer ferme nei porti ad uso e consumo delle speculazioni della borsa. Solo due soggetti traggono vantaggio da questa nuova pratica: gli speculatori... e i topi.

Una volta c’era la legge della domanda e dell’offerta: ci sono tante mele? Il prezzo sul mercato scende. Poche mele e il prezzo sale. Oggi, siamo al punto che anche quando ci sono tante mele, il prezzo sale comunque perché le tengono nascoste. Per creare una domanda basta bloccare l’offerta. Ora, già quando le speculazioni si facevano sui prezzi delle case, sui titoli azionari, sui bond… i problemi non sono mancati. C’è stata gente che, per pensare al pro-

che se avesse comprato un amuleto di Vanna Marchi sarebbe stata più al sicuro. Ma, adesso che il mondo della borsa ha scoperto che

e che i bot sono stati sostituiti dai borlot, ci sarà poco da ridere.

Tra un po’ i quattro salti in padella si chiameranno “pronto con-tro termine”… e i buoni del tesoro saranno veramente “buoni”… nel senso che saranno commestibili. Oggi, non siamo più quello che mangiamo: siamo quello che ci dà da mangiare la borsa! Il futuro ci prepara una grossa ipoteca sul minestrone. La zuppa di verdura si venderà a 90 dollari al barile ed enormi navi cisterna si incaglieranno al largo della Scozia, rovesciando in mare tonnellate

O LA BORSA O LA VITA

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Con la collaborazione diGiorgio Dal Fiume, Marco Ricci, Luca Palagi, Rudi Dalvai, Elisa Dolci, Francesca Taviani, Valeria Calamaro

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Copertina: rientro da scuola, township di Ericaville, Sudafrica (foto di Ilaria Favè)Terza di copertina: cooperativa Chico Mendes, Milano

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