Relatività speciale

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mario cina padova - 2013 Relatività speciale Dalla nave di Galileo al treno di Einstein. Con la scorta di 31 pillole di sopravvivenza e con l’aiuto di Pitagora, gli ardimentosi ignoranti intelligenti esplorano il misterioso mondo dell’assurdo ma vero. Riusciranno i nostri eroi a capirci qualcosa? _______________________________________ 01. Albert Einstein 02. La battaglia navale 03. La battaglia spaziale 04. La domanda di Galileo 05. Galileo era un uomo di saldi Princìpi ... 06. Il sistema di riferimento inerziale 07. La nave di Galileo 08. Sistema di riferimento assoluto o relativo 09. Sistema di riferimento assoluto 10. Newton 11. Quello che abbiamo imparato 12. Le onde elettromagnetiche 13. Le equazioni di Maxwell 14. Pitagora e Einstein 15. Gli assiomi di Einstein 16. Il treno di Einstein 17. La banale osservazione di Einstein 18. Pitagora e Einstein 19. Le conclusioni di Einstein 20. Lo spaziotempo di Einstein 21. Lo spaziotempo non è la somma di spazio+tempo ma... 22. Lo spaziotempo di Minkowsky 23. Com’è fatto lo spaziotempo di Minkowsy? 24. Il principio di causalità 25. Perché lo spaziotempo di Minkowsky non può essere una circonferenza. 26. Perché lo spaziotempo di Minkowsky deve essere un’iperbole 27. Le rette bisettrici 28. A spasso nello spaziotempo 29. L’altrove 30. Rappresentazioni dello spaziotempo 31. Il nostro universo ________________________________________

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Dalla nave di Galileo al treno di Einstein. Con la scorta di 31 pillole di sopravvivenza e con l’aiuto di Pitagora, gli ardimentosi ignoranti intelligenti esplorano il misterioso mondo dell’assurdo ma vero. Riusciranno i nostri eroi a capirci qualcosa?

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mario cina – padova - 2013

Relatività speciale Dalla nave di Galileo al treno di Einstein.

Con la scorta di 31 pillole di sopravvivenza e con l’aiuto

di Pitagora, gli ardimentosi ignoranti intelligenti

esplorano il misterioso mondo dell’assurdo ma vero.

Riusciranno i nostri eroi a capirci qualcosa?

_______________________________________

01. Albert Einstein

02. La battaglia navale

03. La battaglia spaziale

04. La domanda di Galileo

05. Galileo era un uomo di saldi Princìpi ...

06. Il sistema di riferimento inerziale

07. La nave di Galileo

08. Sistema di riferimento assoluto o relativo

09. Sistema di riferimento assoluto

10. Newton

11. Quello che abbiamo imparato

12. Le onde elettromagnetiche

13. Le equazioni di Maxwell

14. Pitagora e Einstein

15. Gli assiomi di Einstein

16. Il treno di Einstein

17. La banale osservazione di Einstein

18. Pitagora e Einstein

19. Le conclusioni di Einstein

20. Lo spaziotempo di Einstein

21. Lo spaziotempo non è la somma di spazio+tempo ma...

22. Lo spaziotempo di Minkowsky

23. Com’è fatto lo spaziotempo di Minkowsy?

24. Il principio di causalità

25. Perché lo spaziotempo di Minkowsky non può essere una circonferenza.

26. Perché lo spaziotempo di Minkowsky deve essere un’iperbole

27. Le rette bisettrici

28. A spasso nello spaziotempo

29. L’altrove

30. Rappresentazioni dello spaziotempo

31. Il nostro universo

________________________________________

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mario cina – padova - 2013

Testi consultati:

1. B. Cox-J. Forshaw – Perché E=mc2? – Hoepli - 2013

2. V. Silvestrini – Guida alla teoria della relatività – Editori Riuniti -

2011

3. S. Hawking – La grande storia del tempo – Rizzoli - 2005

4. P. Davies – I misteri del tempo – Mondadori - 1996

______________

Il comune buon senso ci guida nel vivere quotidiano e ci consente di

comprendere quel che accade, come accade e perché accade nelle situazioni in

cui le velocità sono molto distanti dalla velocità della luce.

Le cose si complicano quando le velocità si avvicinano a questo limite

invalicabile perché il buon senso ci suggerisce una risposta mentre la verità è

un’altra.

Siamo entrati nel regno dell’assurdo ma vero.

Padova, 2013.

Mario Cinà

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Pillola di Scienza - 01 -

Albert Einstein

Albert Einstein nacque in Germania nel 1879 e morì negli Stati Uniti nel 1955.

Andò in America perché, ebreo, sfuggì alle leggi razziali emanate da quel

geniaccio di Hitler. Egli elaborò due Teorie della Relatività.

1. La Teoria della Relatività ristretta, o speciale, nel 1905;

2. La Teoria della Relatività generale nel 1915.

Come scienziato utilizzò sempre e soltanto tre strumenti di laboratorio:

un lapis, un foglio, un cervello (il suo).

Nel 1921 ottenne il Premio Nobel per la Fisica per un lavoro, sempre del 1905,

sull'effetto fotoelettrico, una ricerca tutto sommato secondaria della sua

produzione scientifica.

Non venne premiato per le Teorie delle Relatività perché queste Teorie

sconvolsero dalla fondamenta il mondo scientifico. Gli scienziati del tempo,

seppur scettici, non respinsero le sue teorie perché il ragionamento

matematico del Nostro era ineccepibile e per di più le verifiche sperimentali,

astronomiche, le confermavano. Ma si trattava, come vedremo, di una

effettiva Rivoluzione del pensiero ed è noto che il mondo accademico è

conservatore per natura (Galileo docet).

La Teoria della Relatività ristretta amplia i confini della scienza di Galileo e

Newton perché affronta il problema di quel che accade alle velocità prossime

alla velocità della luce (300.000 km/sec). Quindi Einstein non contraddice

Galileo e Newton (ancora oggi i viaggi spaziali sono progettati e guidati con le

leggi di Newton) ma li riduce a caso particolare (basse velocità) di una teoria

più vasta.

La Teoria della Relatività Generale fornisce una spiegazione alla forza di

gravità scoperta, ma non chiarita, da Newton.

Albert Einstein, che di se affermò “Non ho particolari talenti, sono solo

appassionatamente curioso”, rappresenta ad oggi l’espressione più alta e pura

della potenza dell’intelletto.

Vedremo insieme, nel viaggio che ci accingiamo a iniziare, le conseguenze

inimmaginabili che velocità e gravità einsteiniane hanno sul nostro modo di

concepire, vivere e sentire il mondo dove viviamo e l’Universo che ci circonda

e per farlo utilizzeremo al meglio due prodotti dell’eccezionale potenza

creatrice delle nostre menti: la battaglia navale e il teorema di Pitagora.

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Pillola di Scienza - 02 -

La battaglia navale

Nella Pillola n. 1 dedicata ad Einstein abbiamo detto che il nostro uomo si

“limitò” ad ampliare la fisica di Galileo. Già che ci sono prendo lo spunto per

ricordare che Galileo chiamava la fisica del suo tempo meccanica e noi, comuni

mortali, rispetteremo il gergo del Genio.

Dunque per capire Einstein dobbiamo capire la meccanica di Galileo ma per

conoscere la meccanica di Galileo dobbiamo comprendere una locuzione che lo

scienziato utilizzava sempre ossia: il sistema di riferimento. Di che si tratta?

Niente panico, basta pensare al gioco della “battaglia navale” e capiremo che

cosa si intende per sistema di riferimento. Ma mi rendo conto che non tutti

eravate studenti oziosi come me e quindi spieghiamo questo gioco ai secchioni.

Cari secchioni, quando si gioca a battaglia navale per prima cosa si disegnano

su di un foglio (mi raccomando che sia a quadretti) due segmenti, ortogonali tra

di loro, che partono da un punto in comune, detto Origine, che chiameremo O.

In un segmento segniamo i numeri e sull’altro le

lettere. Una coppia numero-lettera, ad es. 6-H,

individua una casella dove posizioniamo, ad

esempio, una delle nostre navi. Se il nostro

avversario chiama la coppia 6-H, siamo fregati

perché la nostra flotta è stata colpita.

Bene, ora abbiamo capito che la posizione delle

navi è riferita a due segmenti (o semiassi) ortogonali fra loro e che il

conteggio inizia dall’origine O.

Proprio per questo motivo (posizione riferita) l’insieme dei due assi

ortogonali e del punto O si chiama “sistema di riferimento”.

Ok, abbiamo compreso che cosa intendesse Galileo per sistema di riferimento.

Magari anche lui giocava a battaglia navale, chissà.

Era difficile?

Mi pare proprio di no! Ah, a proposito, il sistema descritto si dice piano perché

ha due riferimenti, o dimensioni, ossia la lunghezza (i numeri) e la larghezza

(le lettere).

Un altro esempio di sistema di riferimento piano è il campo di calcio.

Un campo di calcio ha una lunghezza (detta linea di bordo campo) e una larghezza

(detta linea di fondo campo che è quella dove ci sono le porte).

La posizione di ciascun giocatore è sempre riferita a queste due linee. Tutto qui.

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Pillola di Scienza - 03 -

La battaglia spaziale

In precedenza abbiamo capito che per conoscere le varie posizioni di un corpo

in un piano (sia esso una nave, un giocatore, o qualunque altra cosa) abbiamo

bisogno di riferire le sue posizioni a due assi fra loro perpendicolari e ad una

Origine dalla quale conteggiare le distanze. Ecco in che cosa consiste un

sistema di riferimento, tutto qui. Adesso approfondiamo.

Oltre al sistema di riferimento piano esiste anche il sistema di riferimento

rettilineo. Tale sistema ha una sola dimensione ossia la lunghezza. Se

immaginiamo una linea ferroviaria dritta le posizioni del treno saranno riferite

soltanto alla sua distanza dalla stazione di partenza (Origine).

Adesso pensiamo al movimento di un’astronave, all’astronave Enterprise.

Oltre a spostarsi in lunghezza e larghezza

l’astronave si sposterà anche su e giù

specialmente quando il capitano Kirk le deve

suonare ai cattivi. Quindi per individuare nello

spazio le posizioni dell’astronave abbiamo bisogno

di un’altra dimensione che chiameremo altezza.

Nello spazio in cui noi viviamo la posizione di un

punto, che può essere un’astronave, un pianeta, una stella, una galassia, è

individuata mediante tre numeri, uno per ciascun asse.

Se vogliamo apparire istruiti dobbiamo sapere che questi tre numeri si

chiamano coordinate. Nella battaglia navale o nel campo di calcio le coordinate

sono due mentre nel caso del moto rettilineo del treno, di coordinata ce ne

sarà soltanto una.

Adesso che abbiamo rotto il ghiaccio, e per sembrare ancora più istruiti,

diciamo che, a seconda del numero di coordinate usate, si può parlare di:

- Sistema di riferimento monodimensionale (lunghezza = retta)

- Sistema di riferimento bidimensionale (lunghezza e larghezza = piano)

- Sistema di riferimento tridimensionale (lunghezza, larghezza, altezza = spazio)

Rimane inteso che appena ho un sistema di riferimento ci posso ficcare dentro

un bel laboratorio di fisica (di meccanica, direbbe Galileo) dove eseguire tutti

gli esperimenti e misure che mi passano per la testa.

Dunque dire sistema di riferimento o laboratorio è la stessa cosa.

O

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Pillola di Scienza - 04 -

La domanda di Galileo

Ricapitoliamo questa storia dei sistemi di riferimento. I sistemi di riferimento

possono essere di tre tipi, quelli rettilinei o monodimensionali, quelli piani o

bidimensionali e quelli spaziali o tridimensionali.

1. Sistema di riferimento rettilineo:

2. Sistema di riferimento piano:

3. Sistema di riferimento spaziale:

fermi a Terra. Però se volessi descrivere i movimenti del mio pianeta attorno al

Sole sarebbe altrettanto ovvio optare per un sistema di riferimento fermo rispetto

al Sole da cui osservare queste traiettorie. In conclusione il sistema di

riferimento sarà fisso o mobile in funzione dell’oggetto da studiare.

A questo punto possiamo porci un’ultima domanda, anzi la domanda se la pose

Galileo (che fesso non era) qualche secolo fa. La domanda non è complicata ma

conviene leggerla lentamente: una volta che il moto di un oggetto sia stato

descritto (matematicamente) rispetto a un certo sistema di riferimento, come

descriveremo il moto dello stesso oggetto quando lo osserviamo da un altro

sistema di riferimento, che si muova rispetto al primo?

Ma è così importante questa domanda? Ebbene sì e ne vedremo il perché.

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Asse X (ascisse)

Asse ascisse

Asse ordinate

Dagli esempi fatti e dai diversi

tipi di sistemi di riferimento che

sono riportati qui accanto, si

intuisce che conviene scegliere

il sistema di riferimento a

seconda quale sia l’oggetto di

cui voglio descrivere il moto.

Facciamo un paio di esempi.

Per un giocatore di calcio

sceglierò i bordi del campo di

calcio, per un aereo mi

converrà un sistema a tre

dimensioni. Scelte banali, direi.

Adesso poniamoci un’altra

domanda e cioè chiediamoci se

sia conveniente scegliere

sistemi di riferimento fissi o

sistemi di riferimento mobili.

Cosa voglio dire con questo?

Dal momento che abito qui sulla

Terra e svolgo i miei esperi-

-menti su questo accogliente

pianeta, mi pare ovvio scegliere

sistemi di riferimento che siano

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Pillola di Scienza - 05 -

Galileo era un uomo di saldi Princìpi ...

Noi siamo intelligenti come Aristotele e, infatti, come lui, pensiamo che per

muovere una sedia occorra spingerla continuamente applicando su di essa una

forza (la nostra). Questo si chiama puro buon senso.

E invece è tutto sbagliato.

Aristotele, per altri motivi, continua ad essere un genio e noi, che altri motivi

non abbiamo, ci siamo miseramente illusi di essere pari a lui. Il nostro sogno

di essere uguali ad Aristotele è stato infranto da Galileo che introdusse il

metodo scientifico. Questo metodo si basa sull’osservazione dei fatti

eliminando le cause che disturbano i fenomeni. Se i fatti sono depurati dalle

cause contingenti e particolari è allora possibile enunciare una legge universale.

Bene, nel caso del movimento di un corpo Galileo cominciò ad eliminare tutti

gli attriti che ne rallentavano il movimento e giunse alla stupefacente scoperta

che la forza serviva soltanto a vincere gli attriti e non a mantenere il corpo in

movimento. Galileo, oltre che un fine teorico, era anche un abilissimo

sperimentatore; egli, in laboratorio, riuscì ad eliminare gran parte degli attriti

ed a formulare il principio chiamato Principio di inerzia:

un corpo (già) dotato di una certa velocità tende a mantenere all’infinito il suo

stato di moto rettilineo (significa sempre dritto) uniforme (significa a velocità

costante) se non intervengono forze che ne frenino o ne disturbino il moto.

Ne consegue che un corpo inizialmente in movimento continuerà a muoversi e

un corpo fermo resterà fermo se non interviene una forza. Se applico una

forza a un corpo fermo esso varia la velocità da zero fino ad un certo valore.

Quindi la forza ha prodotto una variazione di velocità.

E come si chiama la variazione di velocità? Si chiama accelerazione.

Concludo che la forza non causa movimento bensì accelerazione!

La forza di attrito, in particolare, crea una de-celerazione fino a velocità zero.

Soddisfatti di essere ora un tantino meno ignoranti solleviamo gli occhi al cielo

per ringraziare Galileo. E cosa vediamo? Vediamo la luna, il sole, le stelle.

Sappiamo che si muovono incessantemente da quando esiste l’universo. Nello

spazio non c’è attrito, non ci sono cause di disturbo e i corpi si muovono senza

l’applicazione di forze: ecco la verifica sperimentale del principio di inerzia!

Dal principio di inerzia discende un altro principio, il cosiddetto Principio di

relatività galileiana che risponde alla domanda che ci siamo posti alla fine

della pillola n. 4 e cioè: dato il moto di un corpo descritto (matematicamente)

da un sistema di riferimento, come apparirà tale moto visto (sempre

matematicamente) da un altro sistema di riferimento che si muova rispetto al

primo? Non sembra ma la domanda non è banale e la risposta nemmeno.

Ricordati: Galileo è un vero amico, non ti delude mai!

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Pillola di Scienza - 06 -

Il sistema di riferimento inerziale

Calma amici, calma, il momento è delicato perché tra poco introdurremo il

principio di relatività di Galileo a cui seguirà quello di Einstein. Credetemi, sono

cose facili ma occorre un po’ di attenzione.

E allora tiriamo il fiato e ricapitoliamo alcuni concetti.

Nelle pillole precedenti abbiamo definito e capito che cosa siano a) il sistema

di riferimento e b) il principio di inerzia. Ma noi ripetiamo.

Un sistema di riferimento è un insieme di assi ortogonali che partono da una

origine e ai quali si riferisce la posizione di un corpo ossia il suo movimento.

Per il principio di inerzia accade che:

- se un corpo è fermo, e non applico nessuna forza, allora esso resterà fermo;

- se corpo è in movimento, e non applico nessuna forza, allora esso continuerà

a muoversi di moto rettilineo uniforme (supponendo l’attrito nullo).

Ricordiamo agli smemorati che moto rettilineo significa movimento sempre

diritto e moto uniforme significa movimento a velocità sempre uguale.

A questo punto è facile intuire cosa sia un sistema di riferimento inerziale.

Ebbene un sistema di riferimento inerziale è quel sistema in cui è valido ... il

principio di inerzia ovvero un sistema che si muove di moto rettilineo

uniforme rispetto ad un sistema di riferimento fisso.

Adesso abbiamo in mano tutte le carte per capire la domanda di Galileo. La

ricordate? Dato il moto di un corpo descritto (matematicamente) da un

sistema di riferimento, come apparirà tale moto visto (sempre

matematicamente) da un altro sistema di riferimento che si muova rispetto al

primo?

E’ bene precisare a questo punto che Galileo suppose il sistema di riferimento

in moto di tipo inerziale, dotato quindi di moto rettilineo e uniforme.

Galileo, come Einstein, amava fare i cosiddetti “esperimenti mentali” ovvero si

costruiva nel suo testone degli esperimenti ideali in cui trascurava tutto quello

che era possibile trascurare (vedi come trascurò l’attrito nel principio di

inerzia) allo scopo di enunciare una legge di carattere generale.

Egli quindi immaginò di essere a bordo di una nave, nel chiuso della stiva,

nave che naviga silenziosa in un mare senza onde, senza corrente marina, con

vento costante che soffia sempre nella stessa direzione,.... e così via.

La nave era così un vero e proprio sistema di riferimento inerziale.

Cosa notò Galileo? Niente di speciale, notò le stesse cose che avremmo notato noi!

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Pillola di Scienza - 07 -

La nave di Galileo

Galileo suppose di avere nella stiva della nave, tra tante altre cose, un secchio

pieno d’acqua che sgocciolava dentro il collo di una bottiglia, degli insetti

svolazzanti in tutte le direzioni e poi, al colmo del divertimento, immaginò di

saltellare egli stesso sia verso la prua e sia verso la poppa della nave.

(Tra poco capiremo perché Galileo si chiuse nella stiva e non si mise sul ponte

della nave a respirare aria fresca).

Questi esperimenti furono fatti sia con la nave ferma in porto e sia con la nave

in moto, rettilineo uniforme, ossia inerziale, rispetto alla terra.

In questo modo Galileo si pose nelle condizioni di osservare i movimenti dei

corpi sia in un sistema di riferimento fisso (nave ferma rispetto alla terra) e sia

in un sistema inerziale rispetto al primo (nave in moto rispetto alla terra).

Ebbene egli notò che quando la nave era in moto, a velocità costante e senza

scosse, i fenomeni avvenivano nella stessa maniera di quando la nave era

ferma: saltare verso prua non è più faticoso che saltare verso poppa, gli insetti

svolazzano come prima in tutte le direzioni e le gocce d’acqua continuano a

centrare l’apertura della bottiglia.

Questa scoperta di Galileo viene espressa, con un linguaggio moderno, come

principio di relatività galileiana ovvero:

le leggi della meccanica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali,

qualunque sia la velocità (costante) con cui essi si muovono gli uni rispetto

agli altri.

Se è così non esiste un sistema di riferimento privilegiato o assoluto (in cui

valgano leggi diverse): se eseguiamo un esperimento di meccanica in sistemi

di riferimento diversi, il risultato del nostro esperimento non cambia.

E se me ne sto nella stiva, senza vedere il porto, non riesco nemmeno a capire

se sono fermo o se la nave si muove!

Un’osservazione sorge spontanea: se i fenomeni si svolgono allo stesso modo

in tutti i riferimenti inerziali significa che anche le leggi del moto sono sempre

uguali in tutti i riferimenti inerziali. Di conseguenza se conosco le leggi della

velocità di un corpo in un sistema posso calcolare facilmente la velocità dello

stesso corpo in un altro sistema, in moto rispetto al primo, perché le leggi, lo

dice Galileo, sono sempre le stesse.

Se cammino a 5 km/h nel corridoio di un treno che viaggia in moto rettilineo

alla velocità costante di 100km/h, per calcolare la mia velocità rispetto alla

terra, non dovrò cercare un’altra legge che studi il movimento, basterà

sommare le due velocità perché entrambe ubbidiscono alla medesima legge e

quindi io mi muoverò a 105 km/h. Minkia, quanto sono intelligente!!

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Pillola di Scienza - 08 -

Sistema di riferimento assoluto o relativo

Abbiamo visto come la fisica classica ci permetta di trovare, in maniera molto

semplice, le relazioni che esistono fra le velocità di un oggetto osservato da

diversi sistemi di riferimento.

Queste relazioni furono discusse per la prima volta da Galileo e si chiamano

infatti, in forma matematica, “trasformazioni di Galileo”.

In breve sono delle formule, invero elementari, che consentono il passaggio da

un sistema di riferimento all’altro. Noi nemmeno scriveremo queste formule e

diremo soltanto che sono basate sulla regola della somma della velocità.

Un altro esempio banale.

Sono seduto ai bordi di un’autostrada perfettamente rettilinea a respirare gas

di scarico. Cronometro la velocità di due auto che si muovono a velocità

costante.

L’auto A viaggia a 100Km/h mentre l’auto B viaggia a 110 km/h. Entrambe le

velocità sono riferite al sistema di riferimento “terra” perché io sono a terra.

Adesso salgo nell’auto A che così diventa il mio sistema di riferimento

inerziale. Poiché sono fermo rispetto all’auto A la sua velocità rispetto a me

sarà nulla. Cronometro la velocità dell’auto B. Sarà di 10 km/h.

Quindi la velocità non ha un solo valore, un valore assoluto, ma il suo

valore è relativo al sistema di riferimento in cui io la misuro.

Ma non solo. Faccio un’altra osservazione. Dire che sono io che viaggio a 100

km/h e l’autostrada è ferma non è la stessa cosa che dire che sono io ad

essere fermo e che è l’autostrada a viaggiare 100 km/h? Dal punto di vista

delle leggi della fisica si tratta della stessa situazione.

Non vi è mai capitato di essere seduti in un treno fermo alla stazione e di

guardare fissi un altro treno anch’esso fermo sull’altro binario? Non avete

avuto la sensazione di essere voi a muovervi e di scoprire dopo, guardando un

punto fisso, magari un lampione, che è invece l’altro treno a spostarsi?

La domanda sgorga tempestiva: esiste un sistema di riferimento assoluto a cui

riferire le leggi della fisica oppure in natura esistono soltanto sistemi relativi?

Galileo ha verificato che nessun esperimento condotto nella stiva della sua

nave fornisce risultati diversi da quelli condotti nella nave ferma e quindi non

esiste esperimento che mi permette di riconoscere se la nave si sta muovendo

oppure no: se tutto è indistinguibile deduco che il moto assoluto non esiste,

esiste soltanto il moto relativo rispetto a un sistema di riferimento.

E poi scusatemi ma che ce ne facciamo di un sistema di riferimento assoluto?

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Pillola di Scienza - 09 -

Sistema di riferimento assoluto

Potrei immaginare di trovare nell’universo un corpo assolutamente fermo,

magari il centro dell’universo stesso, e ancorarvi il punto origine O di un

sistema di riferimento: avrei trovato il sistema di riferimento assoluto dove

impiantare un bel laboratorio di fisica e fare tutti gli esperimenti e tutte le

misurazioni possibili.

Immaginate che goduria: troverei le grandezze fisiche assolute ossia i valori,

validi in tutto l’universo, della massa, dell’intensità di corrente elettrica, della

durata degli intervalli di tempo, ...

Aristotele credeva che la Terra fosse immobile nel centro dell’universo e quindi

riteneva logico che esistesse uno spazio assoluto e un movimento assoluto.

Purtroppo, duemila anni dopo, Copernico disse che la Terra girava attorno al

sole.

Eh si, il nostro universo è crudele perché tutta la materia che lo compone,

polvere, meteore, asteroidi, pianeti, stelle, galassie, buchi neri, tutti i corpi,

tutti inclusi e nessuno escluso, ebbene sì, tutti i corpi sono in perenne

movimento da 13,7 miliardi di anni, epoca in cui l’universo nacque con i

fatidico Big Bang; addirittura, dicono gli astronomi, non ha senso parlare di

centro dell’universo, e se lo dicono loro bisogna crederci.

Quindi, se tutto si muove, niente sistema di riferimento assoluto, niente

grandezze fisiche assolute valide in ogni punto dell’universo, niente moto

assoluto.

E allora come faccio i miei esperimenti di fisica? Forse che la fisica è una

scienza aleatoria, ovvero non è una scienza?

Tranquilli, ricordiamoci della nave di Galileo e del suo esperimento mentale.

Con lui sono arrivato a concludere che il movimento assoluto non esiste e

tuttavia riesco a calcolare ugualmente e facilmente le velocità riferite a

qualunque sistema di riferimento

Quindi a che serve un sistema di riferimento assoluto?

A un ... bel niente!

E in fisica le cose che non servono a niente, le cose superflue, non esistono.

Fino ad ora abbiamo parlato di velocità. E cosa possiamo dire del tempo o

meglio degli intervalli che misurano lo scorrere del tempo? Galileo ritenne che

il tempo fosse un valore assoluto nel senso che le misurazioni degli intervalli di

tempo fossero identiche in tutti i sistemi. Ad esempio lo svuotamento di una

clessidra avveniva nello stesso intervallo di tempo sia sulla nave ferma e sia

sulla nave in movimento. Il tempo, si dice, è una grandezza invariante.

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Pillola di Scienza - 10 -

Newton

Galileo morì nel 1642 e, che ti combina la Storia, Newton nacque nel 1642.

L’Inglese raccolse la meccanica galileiana, la ampliò e arricchì, la portò a

compimento e diede al tutto una rigorosa veste matematica. Egli ben

conosceva il principio di inerzia e la relatività galileiana associata al sistema di

riferimento relativo. E pur tuttavia il suo pensiero, a volte, sconfinava nella

teologia e nell’astrologia.

Ben strana figura quella di Newton, c’era in lui un lato oscuro ...

Egli introdusse le nozioni (che anche a quel tempo furono oggetto di grandi

dibattiti e di decise contestazioni) di tempo assoluto e di spazio assoluto. Lo

spazio assoluto di Newton non era che un “contenitore” degli infiniti sistemi di

riferimento relativi. Lo spazio e il tempo assoluti newtoniani sono lo spazio e il

tempo di Dio.

"Lo spazio assoluto, per sua natura, resta sempre tale e invariabile senza

alcuna relazione con l’esterno."

"Il tempo assoluto, vero e matematico, per sua natura scorre uniformemente,

senza alcuna relazione con l’esterno."

I concetti di tempo assoluto e di spazio assoluto newtoniani non hanno un

significato operativo, sono concetti empiricamente incontrollabili e, tra le

critiche mosse, celebre è rimasta quella di Ernst Mach (fisico e filosofo

austriaco morto nel 1916), il quale in La meccanica nel suo sviluppo storico-

critico afferma che lo spazio e il tempo assoluto di Newton sono delle

“mostruosità concettuali”.

Per gli scienziati agli inizi del ‘900 era da tempo nota la relatività del moto.

Scoperta da Galileo la relatività del moto era stata incorporata nella meccanica

newtoniana mentre gli intervalli di tempo tra un fenomeno e il successivo

erano uguali in qualsiasi sistema di riferimento inerziale (il tempo era quindi

un valore assoluto) e lo spazio compreso tra questi due fenomeni successivi

era indeformabile (lo spazio era quindi un valore assoluto).

Ciò che Einstein scopri in seguito fu che non solo il moto ma anche lo

spazio e il tempo sono relativi perché dipendono anch’essi dal sistema

di riferimento.

Si tratta di un’affermazione molto imbarazzante e per nulla intuitiva.

Come vedremo il “tempo” di Einstein sfida nella maniera più sorprendente le

nostre nozioni di realtà basate sul senso comune.

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Pillola di Scienza - 11 -

Quello che abbiamo imparato

Beh, a questo punto possiamo dire di avere imparato il necessario per poter

comprendere la Fisica di Einstein. Ricapitoliamo i concetti essenziali.

- Sistema di riferimento: è l’insieme di assi perpendicolari tra loro, che partono

da uno stesso punto origine, sui quali indichiamo la posizione di un corpo;

- sistema di riferimento inerziale: è un sistema di riferimento che si

muove sempre nello stesso verso rettilineo con velocità costante;

- principio di inerzia: se non interviene una forza, un corpo che già si

muove continuerà a muoversi e un corpo fermo resterà fermo;

- sistema di riferimento assoluto: non esiste, esistono soltanto sistemi

relativi gli uni agli altri;

- principio di relatività galileiana: la velocità è relativa al sistema a cui si

fa riferimento;

- trasformazioni di Galileo: sono semplici formule matematiche che

consentono la descrizione del movimento da un sistema di riferimento all’altro;

- spazio: lo spazio è assoluto ed è il contenitore di stelle, pianeti, comete;

- tempo: il tempo è assoluto, pervade tutto lo spazio, e scorre nell’identico

modo e con la stessa regolarità in tutti i sistemi, inerziali o meno.

Con questi dati acquisiti la scienza si affacciò alle soglie di ‘900.

Alla fine dell’Ottocento la Fisica ha raggiunto certezze nella comprensione dei

fenomeni naturali. Il quadro appariva quasi definitivo, come se tutto quello che

vi era da scoprire fosse stato in qualche modo raggiunto dall’uomo.

Cosa restava da investigare? Certamente occorreva una miglior comprensione

dei fenomeni a livello microscopico, certamente occorreva far luce definitiva su

taluni aspetti ma secondo l’autorevole fisico americano A. Michelson le leggi

fondamentali e i fatti più importanti della fisica sono stati tutti scoperti, e sono

così ben stabiliti che è assolutamente remota la possibilità che vengano

soppiantati a seguito di nuove scoperte.(1899).

A conforto di questa tesi era sopraggiunta, per ultima, la teoria

dell’elettromagnetismo che forniva un inquadramento teorico rigoroso e

sperimentato per tutti i fenomeni elettrici, magnetici e luminosi.

Ma proprio in questa esauriente teoria si annidava il germe che avrebbe

frantumato la fisica classica ed infranto il mito di Newton che aveva dominato

il mondo scientifico per due secoli.

Era arrivato il momento di una nuova fisica.

Per comprendere Einstein dobbiamo quindi conoscere, oltre alle elementari

nozioni di fisica classica che abbiamo visto in precedenza, anche le

contraddizioni tra elettromagnetismo e fisica classica.

Page 14: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 12 -

Le onde elettromagnetiche

Siamo abituati ad associare il movimento ai corpi. Un sasso è un corpo che

può assumere velocità. Alla velocità corrisponde l’energia. Un sasso può

rompere un vetro e le mani in movimento di una mamma possono far

arrossire le guance di un bimbo discolo (una volta capitava così....).

Tuttavia al movimento si possono associare anche le onde. E cosa sono le

onde?

Negli stadi centinaia e centinaia di spettatori organizzati decidono, pur

rimanendo ai loro posti, di alzarsi e abbassarsi alternativamente in successione

creando l’effetto di un’onda chiamato “ola”.

Quindi gli spettatori non si muovono ma “trasmettono” il movimento agli altri.

Lo stesso accade quando gettiamo un sasso in acqua e si creano le onde

circolari. Non è l’acqua a muoversi, è l’onda a propagarsi.

L’onda che si propaga contiene energia al pari del sasso che frantuma il vetro

tant’è che l’onda sonora può far vibrare o anche rompere il vetro. L’onda

sonora viaggia nel vuoto a 300 m/sec.

Da ragazzini ci si divertiva a strofinare nella manica del pullover le penne biro

che poi avvicinavamo a dei minuscoli pezzettini di carta che invariabilmente

venivano attirati. Bene, avevamo scoperto, senza saperlo, il campo elettrico

cioè quella zona dello spazio dove si risente delle azioni elettriche.

Con le calamite giocavamo ad attirare pezzettini di ferro deducendo che il

campo magnetico è quella zona dello spazio dove si risente delle azioni

magnetiche.

Il campo elettrico e il campo magnetico non sono due entità separate perché

fu scoperto che agitando una carica elettrica si generava anche un campo

magnetico e agitando una calamita vicino ad un filo conduttore vi scaturiva un

una corrente elettrica e quindi un campo elettrico. Quindi è più corretto parlare

di campo elettromagnetico. Il campo elettromagnetico si sposta sotto forma di

onde elettromagnetiche le quali, come tutte le onde, trasportano energia

tant’è che il sole ci riscalda emettendo onde elettromagnetiche.

Le onde elettromagnetiche sono di tanti tipi. Il calore, la luce, la radio, la

televisione, i raggi X, ... tutti questi fenomeni si propagano sotto forma di

onde elettromagnetiche di differenti caratteristiche.

Maxwell fu l’insigne scienziato che diede una forma matematica, semplice ed

elegante, alle onde elettromagnetiche. E fu qui che si nascose il diavolo!

Page 15: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 13 -

Le equazioni di Maxwell

Abbiamo detto che Maxwell fu l’insigne scienziato che diede una forma

matematica, ossia l’equazione semplice ed elegante, alle onde elettromagnetiche.

Secondo Maxwell la variazione nel tempo del campo elettrico genera la variazione

di un campo magnetico e viceversa; la variazione nel tempo, che chiameremo

oscillazione, si propaga nello spazio vuoto sotto forma di onda elettromagnetica.

Spieghiamo meglio perché ciò accade.

Le onde meccaniche, ad esempio le onde sonore o le onde acquatiche, sono

prodotte dalle oscillazioni del mezzo materiale (aria, acqua, ...) e si propagano

solo nella materia (aria, acqua, ...).

Ricordiamo a proposito che nel vuoto non si trasmettono i suoni. Invece le onde

elettromagnetiche non sono prodotte dalle oscillazioni del mezzo materiale (che

non c’è) ma dalle oscillazioni del campo elettromagnetico e così si propagano

anche nello spazio vuoto privo di materia.

L’aspetto rivoluzionario delle equazioni di Maxwell è che le ipotesi da cui

esse scaturirono non ebbero bisogno di alcun sistema di riferimento!

Maxwell dimostrò che le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto con una

velocità che dipendeva soltanto dal valore, nel vuoto, di alcune costanti elettriche

e magnetiche ed era pari numericamente alla velocità della luce nel vuoto ossia a

300.000 km/sec (un valore all’epoca conosciuto attraverso sofisticati esperimenti).

Le citate costanti elettriche e magnetiche erano costanti in tutti i sensi e cioè non

dipendevano da nessun sistema di riferimento allo stesso modo delle

equazioni di Maxwell.

Inoltre i risultati delle prove sperimentali furono sconvolgenti!

Ebbene le prove sperimentali, raffinate, precise, inoppugnabile verificavano che

per la velocità della luce non valevano le trasformazioni di Galileo che si

basavano sulla regola della somma delle velocità dei corpi in movimento.

(vedi pillola n. 8).

Invece per la luce accadeva che questa somma delle velocità non era valida.

Se due auto viaggiano entrambe a 300.000 Km/sec, e si scontrano, la velocità di

impatto non sarà di 600.000 km/sec ma di ... 300.000 km/sec!

Supposto che un faro di luce sia montato su un astronave che viaggia verso di me

alla velocità di 300.000km/sec, la velocità della luce del faro mi arriverà sempre a

... 300.000 km/sec e non sarà la somma di velocità luce + velocità astronave!

Quindi la velocità della luce ha un solo valore uguale per tutti i sistemi di

riferimento inerziali: è una costante universale!!

La domanda era inevitabile: le trasformazioni di Galileo sono sbagliate?

La risposta la fornì il giovane Einstein (26 anni) nel 1905.

E fu una risposta semplice ma rivoluzionaria.

Page 16: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 14 -

Galileo e Einstein

Siamo finalmente arrivati al momento del confronto tra Galileo e Einstein.

Dobbiamo scoprire chi avesse ragione e chi avesse torto.

Galileo disse che non c’è una velocità assoluta, cioè valida in tutti i sistemi di

riferimento, e quindi le velocità sono relative proprio al sistema di riferimento e si

sommano. Ma abbiamo visto che gli esperimenti dimostrarono che se le velocità

da confrontare erano quelle della luce allora le velocità non si sommavano, non

sono dipendenti (cioè relative) dal sistema di riferimento ed anzi la velocità era

costante.

Einstein affermò che gli esperimenti sulla velocità della luce non solo erano

corretti ma vi costruì una nuova teoria, la teoria della relatività, che mandò in

soffitta la meccanica di Galileo e Newton. Egli dimostrò che alle velocità prossime

a quelle della luce non valevano più le trasformazioni di Galileo perché queste

erano un caso particolare (alle basse velocità) delle trasformazioni di Lorentz.

Ricordiamo ancora una volta i termini del problema e prendiamo in considerazione

la velocità di impatto di due automobili.

Galileo: (trasformazioni di Galileo)

due automobili viaggiano ciascuna a 100 km/h:

velocità di impatto: 200 km/h.

Einstein: (trasformazioni di Lorentz)

due automobili viaggiano ciascuna a 300.000 km/sec:

velocità di impatto: 300.000 km/sec.

Bene, ma chi era questo Lorentz?

Lorentz fu un fisico olandese, premio Nobèl, morto nel 1928. A differenza delle

trasformazioni di Galileo, secondo le quali il tempo nei due sistemi di riferimento

rimaneva costante (tempo assoluto), per le trasformazioni di Lorentz il tempo era

variabile. Queste trasformazioni, in verità, furono trovate, anche prima di Lorentz,

da numerosi studiosi, fisici e matematici, delle onde elettromagnetiche di Maxwell

ma tutti, compreso Lorentz, continuavano ad inquadrarle nelle meccanica classica

cercando vari artifizi tali da conservare la validità delle trasformazioni di Galileo.

Anche Einstein trovò per suo conto queste formule ma ne capì il profondo

significato inventando la nuova fisica.

Per capire il ragionamento di Einstein dobbiamo riprendere la nave di Galileo, anzi,

visto che siamo moderni, saliremo su un treno, il treno di Einstein e

applicheremo una difficile formula matematica, il teorema di Pitagora!

Anzi, già che ci siamo, diamo una rinfrescatina a questo magnifico teorema.

Page 17: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 15 -

Gli assiomi di Einstein

Poiché nel treno di Einstein dovremo applicare il teorema di Pitagora diamoci

una breve rinfrescatina e, con l’occasione, introduciamo anche un simbolismo

matematico che ci tornerà molto utile.

Il teorema di Pitagora recita che in un triangolo rettangolo il quadrato costruito

sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.

“delta”. Nel simbolismo matematico indica la differenza tra due grandezze.

Se ad esempio ho due istanti di tempo, t1 e t2, invece di scrivere la loro

differenza come t2 - t1 potrei scrivere più sbrigativamente ∆t (si pronuncia

delta t).

Se avessi due posizioni indicate con x1 e x2 potrei indicare la loro differenza

con ∆x (si pronuncia delta x) e se avessi indicato le posizioni con s1 e s2

scriverei ∆s (si pronuncia delta s).

Fatta questa indispensabile premessa e prima di salire sul treno dobbiamo

però conoscere le basi su cui Einstein poggiò la sua straordinaria teoria.

Queste basi si chiamano assiomi.

Gli assiomi, o postulati, non si dimostrano.

Euclide basò la sua geometria su cinque assiomi e costruì un conseguente

edificio logico matematico che resiste ancora da 2500 anni.

Gli assiomi di Einstein sono due. Dagli assiomi derivano le deduzioni logiche

teoriche. Le deduzioni logiche teoriche si confrontano con gli esperimenti. Se

gli esperimenti confermano le deduzioni allora gli assiomi sono veri.

E questo fu quello che accadde.

Primo assioma: le equazioni di Maxwell sono vere, cioè la luce viaggia

sempre alla stessa velocità;

Secondo assioma: Galileo ha ragione e non esiste un esperimento capace di

identificare un moto assoluto.

Vedremo poi le conseguenze. Intanto saliamo sul treno di Einstein.

c a

b

c2 = a2 + b2.

Da cui si ricava: a2 = c2 - b2

che posso scrivere anche: a = √ c2 - b2 .

Con l’occasione introduciamo il simbolo ∆.

E’ un triangolino e rappresenta la lettera greca

Page 18: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 16 -

Il treno di Einstein

Niente paura, quello che vediamo in figura è un comunissimo vagone di un treno.

Supponiamo come al solito che il moto del treno sia sempre rettilineo e la velocità

sempre uniforme e quindi il treno costituisce un sistema di riferimento inerziale.

Immaginiamo una velocità prossima a quella della luce, ossia l’80% di 300.000

km/sec ovvero 240.000 km/sec.

A questo punto introduciamo i nostri osservatori. Uno è il capotreno che, appunto, sta

nel treno, anzi nel nostro vagone e quindi si muove a bordo di questo mentre l’altro

osservatore è il capostazione che, impalato sul marciapiede della stazione, vede il

treno, con a bordo il capotreno, sfrecciare davanti a se e alla stazione, a 240.000

km/sec. Ognuno dei due ha un orologio nel taschino e i due orologi sono

perfettamente sincronizzati.

Descriviamo il semplicissimo esperimento mentale di Einstein.

Immaginiamo di accendere una lampadina sul pavimento del treno, nel punto A,

proiettando un fascio di luce verso il soffitto nel punto B dove uno specchio riflette il

raggio di luce e lo invia di nuovo nel punto A.

La domanda è semplice: cosa vedono il capotreno e il capostazione?

1. Risposta del capotreno: il capotreno – che è fermo rispetto al treno - per tutta la

durata del viaggio vede il raggio partire verticalmente da A (scatta il tic del suo

orologio), colpire lo specchietto B e quindi ritornare in A (scatta il tac del suo

orologio). E si annoia pure a contare i tic-tac del suo orologio.

2. Risposta del capostazione: il capostazione – che è fermo rispetto alla stazione –

vede il treno in movimento e il raggio di luce che, oltre ad andare su e giù, si sposta

insieme al treno; all’inizio dell’esperimento la posizione A di partenza è uguale a quella

che vede il capotreno (scatta il tic del suo orologio), ma poi il capostazione vede, a

causa del movimento del treno, che B passa in B’ e la posizione A (di ritorno) in A’

(scatta il tac del suo orologio). Dunque il capostazione osserva che il raggio di luce

compie una traiettoria obliqua e non semplicemente verticale come quella che vede il

capotreno. Penso che anche lui si annoi a contare i tic-tac del suo orologio.

In questi due punti di vista non ci vedo nulla di trascendentale ma soltanto l’ovvietà.

Ancora più banale sarà l’osservazione che faremo guardando i percorsi del raggio di

luce che appaiono in figura: da questa osservazione comune (che tutti siamo capaci di

fare) e dalla conseguenza ugualmente banale, che però solo un genio ebbe il coraggio

di trarre, nacque la teoria della relatività.

Quel che vede

Il capotreno Quel che vede

il capostazione

Page 19: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 17 -

La banale osservazione di Einstein

Prima di applicare Pitagora facciamo una osservazione visiva alquanto banale e

confrontiamo il percorso che la luce compie (dal tic dell’emissione in A al tac

del ritorno sempre in A) dal punto di vista del capotreno e dal punto di vista

del capostazione.

- Percorso della luce, andata+ritorno, che vede il capotreno: AB + BA

- Percorso della luce, andata+ritorno, che vede il capostazione: AB’ + B’A’

E’ evidente anche visivamente che il percorso della luce visto dal capotreno è

più breve di quello visto dal capostazione. Chiamiamo Scapotreno il percorso visto

dal capotreno ed Scapostazione quello visto dal capostazione. Abbiamo detto che

Scapotreno è minore di Scapostazione, in simbolismo matematico si scrive

Scapotreno < Scapostazione

Fin qui abbiamo elencato una serie di osservazioni corrette ma anche ovvie.

Ed è qui che sopraggiunge il giovane genio Einstein. Egli con l’improntitudine

della sua giovane età dichiara senza mezzi termini che la velocità della luce è

costante in tutti i sistemi di riferimento, che il suo valore nel vuoto è sempre

300.000 km/sec, che non ci sono errori, che non c’è nessuna ipotesi

alternativa, che non c’è niente di niente, che la verità è sotto gli occhi di tutti,

basta volerla vedere (vi ricordate il primo assioma?: le equazioni di Maxwell

sono vere, cioè la luce viaggia sempre alla stessa velocità).

Lui vide la verità.

Poiché, come sanno anche i bambini, velocità = spazio/tempo, se lo spazio

varia (Scapotreno < Scapostazione) per rimanere costante la velocità (= velocità luce)

anche il tempo deve variare nella stesa misura: quindi

Il tempo e lo spazio non sono valori assoluti (ciao Newton) ma sono

valori relativi e dipendono dal sistema di riferimento (treno o

stazione).

Page 20: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 18 -

Pitagora e Einstein

Applicando il teorema di Pitagora al triangolo AB’B’’ possiamo scrivere:

(B’B’’)2 = (AB’)2 – (AB’’)2

• B’B’’ è uguale a AB (lo si vede anche graficamente); è il percorso della luce,

in andata e ritorno, visto dal capotreno; il capotreno misura il tempo di

percorrenza di andata (da A a B) e di ritorno (da B ad A) con il suo orologio e

vede che è pari, ad esempio, al tempo tcapotreno; poiché la velocità della luce,

indicata con la lettera c di celeritas, è uguale a spazio diviso tempo, lo spazio

percorso dalla luce in andata (da A a B) e in ritorno (da B ad A) è uguale al

prodotto della velocità c per il tempo misurato dal capotreno:

AB+BA = 2AB= c tcapotreno e quindi AB = B’B’’ = c tcapotreno/2.

• AB’A’ è lo spazio da andata e ritorno, obliquo, percorso dal raggio di luce,

che vede il capostazione; il capostazione misura il tempo di percorrenza con il

suo orologio e vede che è pari al tempo tcapostazione; il lato del triangolo che a

noi interessa è AB’ che è la metà di AB’A’ e quindi AB’ = c tcapostazione/2.

• AB’’A è lo spazio percorso dal treno che viaggia a velocità v mentre,

contemporaneamente, la luce percorre obliquamente lo spazio AB’A’.

AB’’ = AB’’A’/2 = v tcapostazione/2.

Sostituendo a (B’B’’)2 = (AB’)2 – (AB’’)2 le espressioni trovate avremo:

2 2 2

c tcapotreno = c tcapostazione -

v tcapostazione

2 2 2

Con facili ma altrettanto noiosi passaggi che omettiamo, si arriva a scrivere:

tcapotreno

1 - v

2

c

Questa formula è la trasformazione di Lorentz, trovata indipendentemente

anche da Einstein, e deve essere opportunamente commentata.

Troveremo delle sorprese strabilianti.

B’’

tcapostazione =

Page 21: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 19 -

Le conclusioni di Einstein

Attraverso l’esperimento mentale del vagone Einstein aveva dimostrato che lo

spazio percorso dalla luce nel treno, visto dal capostazione (una spezzata√),

era maggiore dello spazio percorso nel treno visto dal capotreno (un

segmento). Poiché aveva postulato che la velocità della luce era costante

deriva che lo spazio e il tempo variano in modo che il loro rapporto sia sempre

costante e pari a c, velocità della luce = 300.000 km/sec. Applicando il

teorema di Pitagora Einstein aveva replicato la trasformazione di Lorentz che

ora commentiamo secondo varie ipotesi.

tcapotreno

1 - v

2

c

a) velocità del treno v = 300 km/h; 300 km/h sono pari a 0,083 km/sec;

(v/c)2=(0,083/300.000)2 = 0; quindi 1 – 0= 1; √1 = 1

tcapostazione = tcapotreno:

i due orologi segnano lo stesso tempo ed è la medesima conclusione di Galileo.

b) la velocità del treno v = 240.000 km/sec; (v/c)2 = (240.000/300.000)2 =

0,64; 1 – 0,64 = 0,36; √0,36 = 0,6; tcapostazione = tcapotreno/0,6 da cui

tcapotreno = 0,6 tcapostazione. Questa relazione è stupefacente, l’orologio del

capotreno scorre più lentamente dell’orologio del capostazione; se mi imbarco

a 10 anni per un viaggio spaziale alla velocità di 240.000 km/sec, che per il

mio orologio dura 50 anni, troverò il mio gemello rimasto sulla terra di una età

di 50/0,6 = 83 anni ovvero più vecchio di me di 23 anni ed io ho viaggiato nel

futuro di mio fratello (e non nel mio...), e della terra, per 23 anni! Questo

fenomeno si chiama rallentamento del tempo. Ovviamente per me astronauta

il tempo ha continuato a trascorrere normalmente e non ho avvertito alcun

rallentamento.

c) la velocità del treno v = 300.000 km/sec; (v/c)2 = (300.000/300.000)2= 1;

1-1 =0; √0 = 0; tcapostazione = tcapotreno/0; tcapotreno = 0 tcapostazione = 0.

Il tempo del capotreno è nullo ossia il tempo si è fermato. Ma questo non è

possibile ed il perché sarà più evidente in un’altra occasione.

B’’

tcapostazione =

Page 22: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 20 -

Lo spaziotempo di Einstein

Abbiamo compreso che non esiste un tempo assoluto e uno spazio assoluto

indipendente l’uno dall’altro. In ogni sistema di riferimento lo spazio è legato al tempo

a formare un’unica entità chiamata spaziotempo. Bisogna invertire il modo di

percepire il mondo perché non si può scegliere di muoversi solo nello spazio o solo nel

tempo, ci si muove obbligatoriamente nello spaziotempo. La realtà vera è che il

movimento totale nello spaziotempo ha due componenti contestuali, una è la velocità

di moto nello spazio e l’altra è la velocità di moto nel tempo, la somma delle due

velocità è sempre uguale alla velocità della luce. Se una componente cresce, l’altra

diminuisce e viceversa.

Nel nostro mondo, a bassa velocità, i due moti, nello spazio e nel tempo, si

percepiscono distinti ma anche noi, nella nostra vita quotidiana, ci

muoviamo continuamente nello spaziotempo (vedremo come).

Prendiamo, ad esempio, in considerazione un aereo fermo sulla pista di un aeroporto;

dal nostro punto di vista non si sta muovendo nello spazio (è fermo sulla pista), ma si

sta muovendo nel tempo (l’orologio del pilota segna lo scorrere del tempo). Quando

l’aereo parte, una frazione del suo moto nel tempo è utilizzata per il suo movimento

nello spazio, di conseguenza la sua velocità di moto nel tempo rallenta in quanto,

ripetiamo, una parte del moto totale (movimento nello spazio più movimento nel

tempo) è impiegato per il moto nello spazio. Pertanto, il tempo scorre più lentamente

per l’aereo in movimento e per le persone che sono a bordo, rispetto a tutto ciò che è

sulla terra. Tanto più il tempo rallenta quanto maggiore è la velocità dell’aereo. Questa

è l’essenza della relatività di Einstein. Questa legge, valida per tutti i tipi di moto,

afferma, più precisamente, che la velocità di moto di un corpo nello spaziotempo è

sempre uguale alla velocità della luce. Sembra un assurdo, poiché sappiamo che solo

la luce raggiunge la velocità di 300.000 km/sec ma tale velocità riguarda solo il moto

della luce nello spazio. Ma qui stiamo parlando del moto combinato di un corpo nello

spaziotempo.

Proprio in questo consiste la scoperta di Einstein: questi due tipi di moto nello spazio e

nel tempo sono combinati. Quando l’aereo decolla una parte del suo moto

complessivo spaziotempo, che è sempre uguale alla velocità della luce, viene sottratta

al moto del tempo a favore del moto dello spazio, ma il totale combinato delle due

velocità rimane invariato e sempre uguale alla velocità della luce. Di conseguenza, in

seguito al trasferimento di parte della velocità dell’aereo dal tempo al moto, la sua

velocità nel tempo rallenta. Se per ipotesi il nostro aereo fosse in grado di raggiungere

la velocità della luce, il tempo cesserebbe di scorrere. La velocità che è possibile

raggiungere ora con i mezzi più veloci è sempre una piccolissima frazione della

velocità della luce, per cui il rallentamento del tempo è limitatissimo, ma, senza alcun

dubbio la deviazione temporale si verifica ed è stata anche riscontrata per i piloti di

aerei di linea. Per un aereo che viaggi a 1000 km/h gli orologi dei piloti hanno

rallentato di 100 miliardesimi di secondo al giorno!

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Pillola di Scienza - 21 -

Lo spaziotempo non è la somma di spazio+tempo ma...

Se ci chiedessero di descrivere geometricamente il mondo tridimensionale in

cui viviamo, come ad esempio la nostra casa, utilizzeremmo il sistema di

riferimento tridimensionale con la lunghezza, la profondità e l’altezza, e

prendendo carta e penna rappresenteremmo il tutto con le variabili x,y,z.

Sistema di riferimento (alle basse velocità) ad uno stesso triangolo, fornisce

sempre lo stesso valore. Lo stesso dicasi per il tempo che, nella meccanica di

Galileo e Newton, è invariante da un sistema all’altro.

Però abbiamo visto che alle velocità prossime a quella della luce il tempo è

relativo mentre invariante è la velocità nello spaziotempo.

Anche le distanze nello spaziotempo variano; un’altra trasformazione di

Lorentz ci dice che la lunghezza di un’asta distesa nel senso del

movimento del treno viene vista dal capo stazione (cs) più corta di quanto la

misuri il capotreno (ct); se il treno viaggia a 240.000 km/sec il termine dentro

Lcs = Lct

1- v 2

c

la radice quadrata abbiamo visto essere 0,6 e quindi

Lcs = 0,6Lct; quindi se il capotreno misura un’asta 100 cm,

il capostazione la misurerà 60 cm.

In altre parole, le misure dello spazio e del tempo prese separatamente non

sono assolute, ma dipendono dal sistema di riferimento (osservatore) a cui si

riferiscono. Nel sistema di riferimento, però, non si possono considerare spazio

e tempo separati ma uniti nello spaziotempo. L’invariante nello

spaziotempo non è la distanza nello spazio e non è la distanza tra due eventi

temporali, come accade nel nostro universo delle basse velocità: invariante

nello spazio tempo (universo alla alte velocità) è la distanza

spaziotemporale.

Lo spaziotempo viene definito da quattro coordinate: le prime tre (x,y,z) sono le

coordinate spaziali, come per lo spazio euclideo, mentre la quarta variabile

identifica il tempo (t) o meglio un preciso momento temporale. Tutte e quattro le

coordinate definiscono quello che si chiama evento, ovvero una situazione

avvenuta in un preciso luogo ed in un preciso istante. L’ideatore di questo

oggetto matematico fu H. Minkowski, uno dei maestri di Einstein, che lo

introdusse nel 1907. Nello spaziotempo ci sono regole precise con cui spazio e

tempo si sommano ed è proprio l’intervallo spaziotemporale definito da

queste regole a costituire il nuovo invariante (oltre alla velocità della luce).

Questo tipo di spazio è detto euclideo a ricordo di

Euclide, autore 2500 anni addietro degli Elementi

(di Geometria) validi ancora oggi.

Nella geometria euclidea la distanza è un invariante

e infatti il teorema di Pitagora, applicato in

qualunque

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22

Pillola di Scienza - 22 -

Lo spaziotempo di Minkowsky

Nello spazio a due dimensioni (x,y) la lunghezza di un segmento (ad es.

l’ipotenusa di un triangolo rettangolo) è uguale in tutti i sistemi di riferimento;

esprimiamo questo concetto elementare dicendo, con Pitagora, che:

∆s2 = ∆x2 + ∆y2 = invariante.

y

y2 dove:

∆y = y2 – y1

∆s ∆y ∆x = x2 – x1

y1

∆x ∆s2 = ∆x2 + ∆y2 + ∆z2 = invariante.

O x1 x2

x

Io che sono intelligente penso che se invece fossimo nello spaziotempo

basterebbe aggiungere l’intervallo di tempo (∆t) tra due eventi:

evento 1: si svolge all’istante t1 nel punto dello spazio di coordinate x1,y1,z1;

evento 2: si svolge all’istante t2 nel punto dello spazio di coordinate x2,y2,z2.

Sarebbe naturale immaginare la distanza spaziotemporale tra i due eventi:

∆s2 = ∆t2 + ∆x2 +∆y2 + ∆z2 = invariante.

Però qualcosa non va perché ∆t è un tempo mentre ∆x, ∆y, ∆z sono

lunghezze. Se voglio riportare tutto in lunghezze basta moltiplicare ∆t per la

velocità della luce ossia c∆t che indica lunghezza che la luce percorre nel

vuoto nel tempo t. La relazione allora sarebbe: ∆s2 = (c∆t)2+∆x2+∆y2+∆z2

= invariante che, in uno spazio rettilineo, diventa: ∆s2 = (c∆t)2 + ∆x2.

Ma nello spaziotempo le cose non stanno proprio cosi. Noi seguiremo una

scorciatoia che ci porterà al risultato di Minkowsky. Inoltre, per facilitare il

ragionamento supporremo che il movimento sia lungo una retta e quindi

porremo ∆y = 0 e ∆z = 0. A questo punto torniamo sul treno di Eisntein.

e come nel triangolo precedente la indicheremo con ∆s.

AB’, genericamente, può essere indicato con c∆t perché è lo spazio percorso

dalla luce nel tempo ∆t mentre porremo AB’’ uguale al percorso ∆x. In sintesi:

∆s2 = (c∆t)2 – ∆x2 e non, come era naturale immaginare, ∆s2 = (c∆t)2 + ∆x2.

Se fossimo nello spazio

aggiungeremo l’altra coordinata,

l’altezza, che indichiamo con la

lettera z, e quindi l’invariante di

Pitagora diventerebbe:

B’’

Se osserviamo attentamente noteremo che

esiste una distanza nei due sistemi di

riferimento, treno e stazione, che si mantiene

costante ossia che è un invariante. Questa

distanza, verticale alla direzione del moto, è:

(AB)capotreno = (B’B’’)capostazione = invariante

Page 25: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 23 -

Com’è fatto lo spaziotempo di Minkowsy?

Abbiamo visto che alle basse velocità, ossia nel nostro vivere quotidiano,

nell’universo dove la razza umana si è evoluta, nel nostro spazio, la lunghezza

di un oggetto è invariante. Ci conforta il teorema di Pitagora per il quale la

lunghezza di un segmento è uguale in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

La relazione di Pitagora, per uno spazio rettilineo, è: ∆s2= (c∆t)2+∆x2.

Alle basse velocità sono invarianti la distanza spazio e la distanza tempo (tra

due eventi) e quindi rimane invariante la somma tra queste due distanze.

Ricordiamo che l’esperimento mentale di Einstein è condotto su un treno che

viaggia a velocità prossima a quella della luce. Il capostazione vede rallentare

il tempo misurato dal capotreno (anche se il capotreno non si accorge del

rallentamento del suo treno) e vede accorciarsi la lunghezza di un’asta

parallela al movimento del treno. Tuttavia la lunghezza perpendicolare al

movimento del treno rimane uguale sia dal punto di vista del capotreno e sia

dal punto di vista del capostazione che guarda nel treno. Dunque nello

spaziotempo (universo con velocità prossime a quella della luce), è questa la

lunghezza invariante sia nel sistema di riferimento treno e sia nel sistema di

riferimento stazione.

La relazione di invarianza è espressa da ∆s2 = (c∆t)2 – ∆x2

Nello spaziotempo è invariante la distanza spaziotempo e non la

distanza spazio o la distanza tempo.

Da notare come nello spaziotempo la dimensione tempo (∆t) e la dimensione

spazio (∆x) sono separate dal segno – e non dal segno +.

Fidatevi se vi dico che in un sistema di assi cartesiani (spazio x e tempo t)

l’espressione ∆s2=(c∆t)2 + ∆x2 rappresenta una circonferenza mentre l’

espressione ∆s2 = (c∆t)2 – ∆x2 descrive un’iperbole.

Ora proveremo a disegnare lo spaziotempo sia come una circonferenza e sia

come un’iperbole e vedremo a cosa andremo incontro. Però ci chiediamo come

sarebbe stato bello che lo spaziotempo fosse una circonferenza. Sarebbe stato

appagato il nostro senso innato della bellezza e dell’ordine. Già, sarebbe stato

magnifico che anche le orbite dei pianeti fossero circolari (Copernico) ma

Keplero e Galileo provarono che erano ellittiche e che, essendo ellittiche,

permettevano la comprensibilità di altri fenomeni astronomici altrimenti

inspiegabili con le orbite circolari.

Lo stesso accade con lo spaziotempo iperbolico. Soltanto così non si entra in

contraddizione tra passato e futuro, soltanto così sono impossibili i viaggi nel

passato che avvengono soltanto nei film di fantascienza. Per i viaggi nel

futuro, degli altri e comunque senza ritorno, il discorso cambia ...

Page 26: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 24 -

Il principio di causalità

Anche una banale osservazione della sequenza dei fatti di ogni giorno ci fa

comprendere come sia organizzato il nostro mondo.

Ogni qualvolta che pigiamo sull’acceleratore la macchina accelera, ogni volta

che ci sediamo la poltrona si piega, ogni volta che scaldiamo l’acqua questa

bolle, ... ci sono azioni e ci sono reazioni.

Questa semplice successione di eventi ci fa concludere che ci sono fatti che

determinano altri fatti. Ci sono fatti determinanti e fatti determinati, ci sono

cause e ci sono effetti. Il nostro mondo è organizzato così.

E se esaminassimo i tempi della successione degli eventi ci accorgeremmo che

la causa precede sempre l’effetto. Se la causa avviene nel tempo t1 e l’effetto

nel tempo t2 sarà sempre t1<t2 ovvero il tempo della causa precede il tempo

dell’effetto. In altri termini esiste una “freccia” del tempo che dal

presente è volta al futuro e mai al passato.

Tuttavia se esaminiamo le equazioni dell’elettromagnetismo di Maxwell ci

rendiamo conto che esse sono indipendenti dal tempo, non c'è nessuna

distinzione tra passato e futuro, per cui è perfettamente ammissibile che le

onde viaggino sia in avanti che indietro nel tempo. L'esperienza però ci dice

che le onde viaggiano sempre in avanti e non arrivano mai prima di essere

emesse, sembra che prediligano una determinata freccia del tempo

nell'universo. Einstein sosteneva che le leggi dell'elettromagnetismo dovevano

essere simmetriche rispetto al tempo e l'asimmetria delle onde che viaggiano

in avanti del tempo deriverebbe essenzialmente da probabilità statistiche.

I fenomeni fisici sono irreversibili. La goccia di caffè si espande naturalmente

nel latte e per il verificarsi (probabilistico) della sua separazione dal latte

sarebbe necessario un tempo maggiore della vita stessa dell’universo!

La storiella del caffelatte è proprio uno degli infiniti tipici esempi

dell'irreversibilità con la quale conviviamo giornalmente, e che dà un "senso" al

nostro universo. Causa, effetto e irreversibilità sono, infatti, le tre parole che

meglio descrivono la caratteristica a senso unico della realtà che ci circonda,

dove tutto sembra essere orientato sempre in una direzione precisa, dove le

cause precedono sempre gli effetti, e il tempo scorre sempre in un unico verso.

E, guarda caso, in quest’universo dove vige il principio di causalità, esiste una

velocità limite, insuperabile: la velocità della luce.

La teoria della relatività di Einstein vive nel nostro mondo (alle velocità elevate)

e si basa sulla vigenza del principio di causalità: la causa precede l’effetto.

Page 27: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 25 -

Perché lo spaziotempo di Minkowsky non può essere una circonferenza.

Proviamo a disegnare lo spaziotempo di Minkowsky come se fosse una

circonferenza e vediamo se ci sbattiamo il naso; la circonferenza ha

equazione: ∆s2= (c∆t)2+∆x2 in cui c∆t indica la distanza temporale (c è una

costante), ∆x la distanza spaziale, mentre ∆s la distanza spaziotemporale

che nell’universo di tutti i giorni, quello delle basse velocità, non riusciamo a

percepire anche se esiste. Immaginiamo due eventi che accadono nella nostra

abitazione che diventa così sistema di riferimento.

Evento 1: mi alzo dal letto, che in figura individuo con la lettera O, alle ore 7;

Evento 2: mi siedo al tavolo che dista dal letto X1 = 10m e finisco la colazione

alle ore 8; l’intervallo di tempo tra i due eventi è 1h, la distanza temporale è

c∆t = c1h

Se ∆s è invariante in tutti i sistemi di riferimento allora ∆x e ∆t possono

assumere valori diversi in modo, però, che la loro somma sia sempre uguale a

∆s e quindi, per ogni sistema di riferimento con velocità prossima a quella

della luce, P potrà assumere ogni posizione sulla circonferenza come ad

esempio P’ e dovrà essere:

OP=OP’ e ∆s = ∆s’.

Ma senza perder tempo a misurare la

distanza spaziale x’ e la distanza

temporale t’ ci rendiamo immediatamente

conto che in OP’ qualcosa non va.

Infatti la distanza temporale O-ct’ ha un

valore negativo (parte negativa dell’asse

ct) e quindi se, ad es., t’ = -1h,10min,

significa che mi son seduto a tavola 1h e

10min prima di essermi alzato dal letto!

L’effetto ha preceduto la causa e nel

nostro universo questo non può accadere

perché il nostro universo è un

universo causale.

Ecco perché l’universo di Minkowsky non può essere una circonferenza e noi ci

abbiamo sbattuto il naso.

Minkowsky ha dimostrato che la sua rappresentazione matematica dello

spaziotempo è un’iperbole – equazione ∆s2= (c∆t)2-∆x2 – e l’iperbole, come

vedremo, garantisce la causalità. Se fosse una circonferenza sarebbe sovvertito il

principio causa-effetto e il nostro universo non potrebbe esistere e noi non

saremmo qui, chi a scrivere (causa) e chi a leggere (effetto) ...

ct1

x1 x

ct

P’

ct’

O

x’

P

∆s

∆s’

Page 28: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 26 -

Perché lo spaziotempo di Minkowsky deve essere un’iperbole

Proviamo a disegnare lo spaziotempo di Minkowsky come se fosse una iperbole

e vediamo se questa ipotesi riflette il mondo in cui viviamo. Guardiamo alla

figura e immaginiamo che le curve siano, al momento, soltanto due, quella

superiore, con t >0, e quella inferiore con t<0. Esamineremo dopo le curve a

destra e a sinistra dell’asse t.

L’iperbole ha equazione: ∆s2= (c∆t)2 - ∆x2 in cui c∆t indica le distanze

temporali, ∆x le distanze spaziali mentre ∆s è la distanza spaziotemporale

che nell’universo delle basse velocità, anche se esiste, non riusciamo a

concepire. Immaginiamo gli eventi O con coordinate xo e ct0 e A con

coordinate XA e ctA; il punto A è situato nell’iperbole superiore e tutti i punti

sull’iperbole superiore soddisfano l’equazione ∆s2= (c∆t)2-∆x2. Notiamo che la

curva tende alle linee tratteggiate, inclinate di 45° rispetto agli assi x e t delle

quali parleremo in seguito.

Un osservatore posto su un sistema di riferimento che viaggia ad una velocità

prossima a quella della luce vedrà l’evento A occupare sempre le posizioni

della curva superiore, ovvero l’evento A non potrà andare nella curva inferiore

perché tra le due curve non c’è continuità. Quindi la causa (O) precederà

sempre l’effetto (A) e non sarà possibile, come nella circonferenza, che il

punto A (effetto) preceda O (causa): l’iperbole non attraversa mai il passato

come la circonferenza e il principio di causalità è salvo.

Esaminiamo adesso le quattro curve e

le rette tratteggiate inclinate di 45°.

Una curva giace sempre nel futuro di

O (asse ct>0), una sempre nel

passato (asse ct<0) e le altre due

stanno a destra e sinistra.

Nella curva di destra abbiamo

segnato l’evento B (con ctB che

appartiene al passato di O).

Sembrerebbe di essere ricaduti nel

caso della circonferenza con l’effetto

che precede la causa!

Ma in verità c’è una scappatoia da questa contraddizione e la troveremo più

avanti chiedendoci quale dovrebbe essere la velocità nel punto B.

Ma a questo punto è arrivato il momento di riprendere l’equazione dell’iperbole

∆s2=(c∆t)2-∆x2 e di esaminarla attentamente, daremo così anche un

significato a quelle linee tratteggiate inclinate di 45° rispetto agli assi x e ct.

x ctB

ct

ctA

xA xB ∆s

Page 29: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 27 -

Le rette bisettrici

Esaminiamo l’equazione ∆s2=(c∆t)2-∆x2. Il termine ∆s2, a sinistra del segno =,

si chiama 1° membro, il termine (c∆t)2-∆x2, a destra del segno =, si chiama 2°

membro. Quali valori potrà assumere ∆s2? Ci sono soltanto tre possibilità:

a) ∆s2=0

b) ∆s2>0 (il segno > significa maggiore)

c) ∆s2<0 (il segno <significa minore)

Studieremo i tre casi verificando cosa accade al secondo membro (c∆t)2-∆x2.

Se ∆s2 = 0 anche (c∆t)2-∆x2 =0 e quindi

c∆t=∆x; questa è, abbiate fede, l’

equazione di una retta passante per

l’origine O degli assi e bisettrice (45°) ad

essi. Infatti ad ogni valore di x

corrisponde uno stesso valore di ct,

ovvero le due coordinate sono sempre

uguali e perciò le rette tratteggiate sono

bisettrici. Da c∆t = ∆x si ricava:

c = ∆x/∆t = velocità della luce

Lungo le bisettrici la distanza spaziale (x)

è uguale alla distanza temporale (t).

Le rette a 45° indicano gli eventi spaziotemporali che hanno pari distanza nel

tempo e nello spazio (c∆t = ∆x) e rappresentano la velocità della luce; ciò

significa che i due eventi possono essere causa l’uno dell’altro in quanto

un’informazione partita dal primo evento, viaggiando alla velocità della luce,

raggiunge il secondo evento nell’istante in cui questo si verifica.

Le rette bisettrici c∆t = ∆x si chiamano distanze tipo luce (lightlike).

Le due bisettrici dividono lo spazio piano in quattro zone: superiore, inferiore,

sinistra e destra; queste zone, se fossimo in una rappresentazione a tre

dimensioni, ci apparirebbero come coni. Disegnare in un piano i tre assi spaziali

(x,y,z) e l’asse del tempo t è impossibile. Allora si limita la rappresentazione

spaziale a quella piana (assi x e y) sostituendo al posto dell’altezza z l’asse del

tempo. Si ottiene cosi l’immagine di un cono e questi coni, che riprodurremo più

avanti, sono detti coni di luce o coni di Minkowsky. La raffigurazione matematica

dello spaziotempo è dunque un cono, anzi i coni sono quattro (porzioni di

spaziotempo comprese tra le bisettrici) ed i confini sono indicati dalle superfici di

contatto dove i segnali viaggiano alla velocità della luce.

x

ct ∆s2=0

Page 30: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 28 -

Il nostro universo

Nell’equazione ∆s2= (c∆t)2-∆x2 abbiamo studiato l’ipotesi a) ∆s2=0 (da cui

c∆t=∆x: caso delle rette bisettrici); ora verifichiamo cosa accade nelle

eventualità b) ∆s2>0. Anche il 2° membro dell’equazione sarà >0 e quindi:

(c∆t)2-∆x2>0 ovvero c∆t>∆x. In quale zona dello spazio di Minkowsky

saremo?

Ridisegniamo lo spaziotempo di Minkowsky eliminando, per maggiore

chiarezza del disegno, la rappresentazione delle iperboli.

t

ct2

c∆t = c(t2 - t1)

ct1

x1 x2 x

∆x/∆t indica la velocità v possiamo scrivere c>v e concludere che nella zona

interessata la velocità v sarà sempre inferiore alla velocità c e quindi siamo nel

nostro universo dove tutte le velocità reali sono inferiori a quella della luce.

Facciamo un esempio visivo sugli eventi spaziotemporali (non in scala).

t1(E1) 1s t2(E2) Gli eventi hanno la distanza temporale

di 1s.

300.000km La luce in 1s percorre 300.000km.

x1(E1) x2(E2)

Gli eventi hanno una distanza spaziale

200.000km 100.000km di 200.000km.

t1(E1) t’2(?) t2(E2) La luce parte da x1 al tempo t1(evento

E1), raggiungerà il luogo fisico x2 (in

cui dovrà ancora accadere E2) in un

tempo t’2 minore del tempo t2 in cui si

realizzerà E2 e quindi potrà influenzare il suo verificarsi.

E’ come se la luce facesse da postino, parte da E1 (x1, t1), arriva nel posto

giusto in x2 ma in anticipo (t’2< t2), deposita il messaggio, il messaggio è letto

dopo al tempo t2 e l’evento E2 si materializza. I due eventi sono in relazione

causale (E1 = causa; E2 = effetto).

∆x = x2 - x1

Affinché sia c∆t>∆x dobbiamo

trovarci a sinistra della bisettrice;

infatti si osserva che in questa

zona, la distanza temporale c∆t

è sempre maggiore della

distanza spaziale ∆x.

Questa banale osservazione

conferma che stiamo trattando

l’ipotesi b) ∆s2>0 ovvero

(c∆t)2>∆x2 e quindi c∆t>∆x da

cui è’ facile ricavare che

c>∆x/∆t.

Poiché il rapporto spazio/tempo

∆s2=0

x1(E1) x2(E2) x’2(?)

Page 31: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 29 -

L’altrove

Nell’equazione ∆s2= (c∆t)2-∆x2 abbiamo studiato l’ipotesi a) ∆s2=0 e l’ipotesi

b) ∆s2>0 che abbiamo trovato confacente al nostro universo dove ci sono

velocità inferiori a quella della luce e dove vige il principio causa-effetto.

Esaminiamo l’ultima ipotesi che prevede il caso c) ∆s2<0.

Anche il 2° membro dell’equazione sarà <0 e quindi: (c∆t)2-∆x2<0 ovvero

c∆t<∆x. In quale zona dello spazio di Minkowsky saremo?

Riprendiamo il grafico di prima.

ct

ct2

c∆t c∆t

ct1

x1 x2 x1 x2 x

concludere che nella zona interessata la velocità v sarà sempre superiore alla

velocità c e quindi non siamo nel nostro universo dove tutte le velocità reali

sono inferiori a quella della luce, siamo in un non meglio identificato “altrove"

dove sfrecciano misteriose particelle, i tachioni, dotate di v maggiore di c.

Facciamo un esempio visivo (che non è in scala).

t1(E1) 1s t2(E2) Gli eventi hanno la distanza temporale

di 1s.

300.000km La luce in 1s percorre 300.000km.

x1(E1) x2(E2)

Gli eventi hanno una distanza spaziale

300.000km 100.000km di 400.000km.

t1(E1) t2(E2) t’(?) La luce parte da x1 al tempo t1(evento

E1), dopo 1s raggiungerà il luogo fisico

x’2, dove l’evento E2 non ci sarà e

quindi non gli potrà fornire alcuna informazione. E’ come se la luce facesse da

postino, parte da E1 (x1, t1), arriva al tempo giusto t2 ma nel posto sbagliato

x’2, dove non ci può essere E2 e non gli può dire quello che deve fare; E2 si

realizzerà sempre al tempo t2 ma in un altro posto più lontano (x2). I due

eventi non sono essere in relazione causale, non siamo in questo universo.

∆x

Affinché sia c∆t<∆x dobbiamo

trovarci a destra della bisettrice;

infatti si osserva che in questa

zona, la distanza temporale c∆t

è sempre minore della distanza

spaziale ∆x.

Questa banale osservazione

conferma che stiamo trattando la

congettura c) ∆s2<0 ovvero

(c∆t)2<∆x2 e quindi c∆t<∆x da

cui è facile ricavare che c<∆x/∆t.

Poiché il rapporto spazio/tempo

∆x/∆t indica la velocità v

possiamo scrivere c<v e quindi

∆s2=0

x1(E1) x’2(?) x2(E2)

∆x

∆s2>0

∆s2<0

Page 32: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 30 -

Rappresentazioni dello spaziotempo

E1:evento iniziale con x=0 e ct=0; potrebbe

essere il giorno della mia nascita o di

quando mi sono sposato o altro ancora;

E2: x/ct=3/3=1; ricavo x=ct, divido i due

membri per t: x/t=c; ma x/t=velocità e

quindi v=c: viaggio alla velocità della luce;

E3: x/ct=6/4=1,5; v=1,5c; nella zona la

velocità supera quella della luce; non è il

nostro universo;

E4: x/ct=2/6=0,33; v=0,33c; nella

zona la velocità non supera quella della

luce; è il nostro universo;

Minkowsky fornì una descrizione matematica allo spaziotempo einsteniano.

Torniamo per un attimo a Pitagora. Quando noi scriviamo, ad esempio, che la

dimensione di un segmento nel piano è ∆s2=∆x2+∆y2 possiamo parlare di

qualunque cosa, della distanza tra due città, della lunghezza di una strada e

così via. A nessuno di noi verrebbe in mente di associare l’espressione di

Pitagora all’immagine di una strada o del paesaggio tra le due città. Allo stesso

modo nessuno di noi può collegare la formula della distanza nello spaziotempo

(∆s2=c∆t2-∆x2-∆y2-∆z2) con il vero aspetto dello spaziotempo.

Ci siamo messi il cuore in pace e quindi proponiamo alcune “immagini

matematiche” dello spaziotempo.

+ct

-ct

+x -x

Page 33: Relatività speciale

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Pillola di Scienza - 31 -

A spasso nello spaziotempo

Abbiamo detto che gli effetti della relatività ristretta (la relatività generale

parla della forza di gravità), ovvero la percezione dello spaziotempo, si colgono

alle alte velocità, dopo i 30.000km/sec ovvero 1/10 della velocità della luce.

Ma noi viaggiamo nello spaziotempo a qualunque velocità, anche stando fermi

solo che non ce ne accorgiamo.

ct ct=x (bisettrice)

x

Se io sto fermo (x=0), seduto nella poltrona di un

treno, che viaggia a 100km/h per due ore

(2h=7.200sec), mi muoverò nello spaziotempo per una

distanza:

ct = 300.000km/sec x 7.200 sec = 2.160.000.000km.

In tal caso, infatti, l’invariante spaziotemporale che è:

∆s2=(c∆t)2-∆x2, poiché x=0, sarà ∆s2=(c∆t)2 ovvero ∆s=c∆t.

Se sono invece osservato dal sistema di riferimento stazione in due ore mi

sono mosso di 200km e quindi il diagramma spaziotempo sarà:

ct ct=x (bisettrice)

x

Il diagramma non è in scala ma il movimento nello

spaziotempo sarà sempre contenuto, nel piano del

disegno, entro lo spazio delimitato tra asse verticale ct

e bisettrice (cono di luce del futuro).

Nel primo diagramma io ero fermo nella dimensione

spazio e tutto il mio movimento nello spaziotempo si esauriva nella

dimensione tempo. In questo secondo diagramma la mia velocità del

movimento nella dimensione tempo rallenta perché una frazione del mio moto

totale è impiegata per compiere il mio movimento nella dimensione spazio.

Ricordo che deve essere invariante la distanza spaziotempo nel sistema di

riferimento treno e nel sistema di riferimento stazione. Se indico con t il tempo

misurato con l’orologio del capotreno e con T il tempo misurato con l’orologio

del capo stazione avrò:

treno: ∆s2=(c∆t)2

stazione: ∆s2=(c∆T)2-∆x2, e siccome lo spazio percorso dal treno è la sua

velocità per il tempo, scriverò x = vT e quindi

stazione: ∆s2=(c∆T)2-(v∆T)2

dovrà essere verificata l’uguaglianza (c∆t)2 = (c∆T)2-(v∆T)2

Il tempo T del capostazione sarà più lungo del tempo t misurato dal capotreno

e l’uguaglianza sarà rispettata.