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Percorsi di Villa Brunati -XXI- ALTRE VISIONI OTTO APPUNTAMENTI CON IL CINEMA HORROR 2017-2018 a cura di Artur Alipkaliyev Luca Masneri 2017

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Percorsi di Villa Brunati

-XXI-

ALTRE VISIONI OTTO APPUNTAMENTI CON IL CINEMA HORROR

2017-2018

a cura di Ar tur Al ipka l i yev

Luca Masner i

2017

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Il cinema horror in otto film

Forse nessun genere cinematografico è stato bistrattato così tanto come l’horror. Non per motivi futili o per semplici sottovalutazioni, giacché è molto raro trovare un bel film appartenente a questo genere. La maggior parte dei film dell’orrore sono film “da cassetta”, degni magari di una sola visione per poi essere dimenticati il giorno dopo. Quest’anno il nostro obiettivo è quello di rivalutare il cinema horror e di proporre otto film che, a modo loro, hanno saputo portare elementi di originalità e novità in un angolo della settima arte, accusato spesso di ripetitività e banalità.

Si comincia con il film horror per antonomasia, diretto da un regista soprannominato “il maestro del brivido”: Psyco (1960) di Alfred Hitchcock. Non solo questo film s’innalza come uno dei film dell’orrore più belli e riusciti di tutti i tempi, ma anche come uno dei più memorabili della storia del cinema. Pochi film hanno saputo influenzare

le generazioni successive di cineasti come Psyco. Inoltre, questa pellicola rappresenta il più grande successo commerciale di Alfred Hitchcock e l’ha consegnato nell’Olimpo della settima arte. Riempito di scene cult, come la celebre scena nella doccia, il capolavoro del regista britannico guadagnò quattro nomination all’Oscar: miglior regia, attrice non protagonista a Janet Leigh, fotografia e scenografia. E questo fatto rappresenta un traguardo importante nella storia della statuetta dorata, visto che sono pochissimi i film horror ad avere ricevuto anche una sola candidatura. Psyco può essere considerato come un film completo e privo di difetti a causa dell’eccellenza raggiunta da tutti gli elementi della pellicola: dalla memorabile colonna sonora all’azzeccata scenografia, dalla perfetta fotografia ad una recitazione che ancora oggi viene studiata e imitata. In particolare, fu la performance del giovane Anthony Perkins, nei panni di Norman Bates, ad entrare nell’immaginario collettivo e a renderlo uno degli attori più richiesti di quel periodo. Purtroppo, la fama di Psyco fu talmente grande da rinchiudere Perkins in una stessa tipologia di ruoli per quasi tutta la sua carriera. Anche se lui aveva sempre affermato di non rammaricarsene troppo e di essere fiero per aver preso parte ad un capolavoro come Psyco di Alfred Hitchcock.

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Parlando di maestri del brivido, non si può non citare il più importante e famoso regista dell’horror italiano: Dario Argento. Anche se oggi il regista romano è praticamente scomparso dalle scene ed è più ammirato in Francia e negli Stati Uniti, è d’obbligo parlare del suo cinema che ha influenzato registi e sceneggiatori di tutto il mondo. Dentro i confini italiani la sua pellicola più celebre è considerata Profondo rosso (1975), mentre all’estero è conosciuto soprattutto per Suspiria (1977), ambientato a Berlino e nel mondo della danza. Per rendere il film più appetibile dal punto di vista internazionale, Argento scelse una bellissima attrice americana per il ruolo della protagonista: Jessica Harper. La regia molto attenta ai dettagli di Argento e il viso candido e angelico, unito ad una recitazione naturale e spontanea, della Harper resero il film un capolavoro. Il 2017 segna il 40esimo anniversario della pellicola e, in suo onore, Suspiria fu restaurato e riproposto nei cinema di tutto il mondo e presso qualche importante festival.

Proseguiamo con i maestri del cinema e ci fermiamo a parlare del regista/artista David Lynch. Il suo tipo di narrazione può essere difficile e incomprensibile. I suoi film sono continuamente al centro di dibattiti e discussioni per capire almeno superficialmente il loro significato. Durante le sue interviste lo stesso Lynch cerca di dare qualche spiegazione, ma queste aiutano solo in parte ad entrare nel misterioso universo del regista americano. L’onnipresente

surrealismo dà lo spunto a numerose interpretazioni e analisi da parte dei teorici del cinema e dei cinefili. Il film di Lynch, che noi proponiamo a dicembre, è Eraserhead - La mente che cancella (1977). Considerato il più misterioso e incomprensibile della sua filmografia, Eraserhead è anche il primo lungometraggio del regista di Missoula. Durante la scrittura della

sceneggiatura, David Lynch viveva un momento particolare della sua vita: era ancora all’inizio della sua carriera, era sposato, i soldi erano pochi, abitava in un pericoloso quartiere di New York ed era appena diventato padre. Tutte queste preoccupazioni sfociarono nella realizzazione di questa storia onirica e fantasy, che affronta in maniera innovativa e assolutamente originale il tema della paternità. Nel 2017 anche Eraserhead compie 40 anni e, per l’occasione, è stato

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restaurato e riproposto al cinema. In Italia la Cineteca di Bologna si occupa del restauro e della distribuzione nelle sale della pellicola.

Dall’America onirica di Lynch si torna in Europa per un progetto particolare, che ha portato alla collaborazione tre diverse nazioni. Il regista polacco Roman Polanski rivoluzionò il cinema del suo paese anche grazie a qualche film horror. Sull’onda del successo e desideroso di confrontarsi con le cinematografie di altri stati, Polanski ingaggiò un cast di attori francesi e britannici per girare il suo primo lungometraggio in lingua inglese: Repulsione (1965). A capitanare l’affiatato gruppo attoriale è Catherine Deneuve, l’incontrastata regina del cinema d’Oltralpe. Ambientato a Londra, il film racconta la lenta discesa nella pazzia di una giovane estetista, tormentata dal proprio passato. Basato interamente sulla performance della Deneuve, Repulsione permette a Polanski di offrire alcune delle sue inquadrature più famose e giocare con lo spazio e la scenografia per aumentare l’orrore.

Nella società contemporanea la tecnologia occupa un ruolo dominante e insostituibile nelle nostre vite. Dalla cucina alla televisione, dagli smartphone ai computer, siamo sempre più legati alla tecnologia e facciamo fatica ad accorgerci di quanto influisca sulla nostra quotidianità. Il regista canadese David Cronenberg affrontò questo discorso, a modo suo, già nel 1983 con Videodrome. Avente come protagonista un attore eclettico e controverso come James Woods, il film non si preoccupa di scandalizzare il pubblico con temi e scene violente e

audaci, anche dal punto di vista sessuale. Dopotutto, il moto di Cronenberg è sempre stato quello di stupire lo spettatore e di offrire una visione nuova e preferibilmente scomoda di un argomento a lui caro. L’importanza della televisione, l’ossessione per il sesso e l’inconscia predilezione per la violenza vengono unite insieme in una storia, che sta in mezzo tra l’orrore paranormale e la denuncia sociale.

Che percorso sul cinema horror sarebbe senza i mostri? E se poi sono giganteschi e distruttivi, tanto meglio. Nel 2008 uscì nelle sale cinematografiche

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un’autentica sorpresa, una via di mezzo tra i blockbuster hollywoodiani e il cinema indipendente americano, che ha contribuito tantissimo a rivitalizzare il genere horror: Cloverfield dell’americano Matt Reeves, al suo secondo film. Ambientato a New York, meta preferita dei mostri e supereroi, il film affronta un tema affrontato tante volte con

Godzilla e King Kong, ma da un punto di vista inusuale: il mockumentary. Una storia di finzione viene raccontata attraverso il linguaggio documentaristico e grazie al ritrovamento di un video, girato direttamente da uno o più protagonisti della vicenda. Le inquadrature sono mosse e imperfette, soprattutto durante la fuga dal mostro. Non ci sono le classiche panoramiche, tanto care alle grandi produzioni hollywoodiane, ma c’è la completa immedesimazione nei personaggi da parte degli spettatori. Ognuno di noi penserà di essere a New York, in prima persona, nella notte in cui un’immensa creatura si aggira per la città seminando panico e morte. Accusato di essere adatto più ad un videogioco che ad un racconto cinematografico, ancora oggi Cloverfield rappresenta un film fondamentale per apprezzare la tecnica del mockumentary e una pellicola rivoluzionaria nel genere horror, soprattutto per quanto riguarda i mostri.

Rimanendo nel tema dei mostri, proseguiamo con Babadook (2014), film australiano, diretto da Jennifer Kent. Si dice spesso che la regia cinematografica è dominata da uomini, soprattutto nel genere horror, e che le donne sono poco adatte a dirigere film, in particolare quelli con grandi budget. Abbiamo voluto smentire questo infondato luogo comune con un impressionante debutto cinematografico di una regista con una lunga gavetta alle spalle, anche come attrice e sceneggiatrice. Jennifer Kent confeziona un ottimo horror psicologico, dove regna il dubbio se l’uomo nero è reale oppure è il risultato della mente di una madre tormentata da un tragico incidente nel passato. Supportato da una prova convincente dell’attrice Essie Davis, il film fu acclamato dalla critica internazionale e osannato da Stephen King, un esperto delle storie dell’orrore. Ma Babadook ottenne un modesto successo commerciale e noi vogliamo rendergli giustizia perché rappresenta una piccola luce in un ambiente dominato da remake, storie ripetitive e prive di originalità.

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Chiudiamo la rassegna sul cinema horror con un classico del genere: La cosa (1982) di John Carpenter. Nella matassa dei remake, sequel e prequel che il capolavoro di Carpenter ha generato, è giusto dare il merito all’originale. Anche se, in realtà, La cosa è anch’esso un remake de La cosa da un altro mondo (1951) di Howard Hawks, entrambi tratti dall’omonimo racconto horror-fantascientifico del 1938 di John W. Campbell. Carpenter non volle girare un rifacimento del film, ma un adattamento più fedele al racconto. Il risultato superò le aspettative e la pellicola del 1951. Il film fu osteggiato dai critici durante la sua uscita nelle sale perché non ritenevano necessario un remake del film di Hawks e ignoravano le grandi differenze rispetto alla pellicola originale e la maggiore fedeltà all’opera letteraria. Fu anche ignorato dal pubblico americano a causa di E.T. - L’extraterrestre di Steven Spielberg, ma fu rivalutato successivamente e oggi è considerato un film cult, riproposto tante volte in televisione e nei circoli cinematografici, molto di più de La cosa da un altro mondo di Howard Hawks. La cosa è ambientato al Polo Sud, in una stazione scientifica, dove un gruppo di persone scopre la presenza di un alieno nell’edificio, quest’ultimo è in grado di entrare nel corpo degli esseri viventi e impadronirsene per continuare l’infezione. La grandezza del film non sta nella rappresentazione del mostro, ma nella descrizione interessante della situazione tra i membri della squadra, capitanata dal divo hollywoodiano Kurt Russell. Con la paranoia e la sfiducia che la fanno da padrone, La cosa è un eccellente e veritiero affresco delle dinamiche di un gruppo di fronte ad una situazione di pericolo apparentemente invisibile.

Otto film, otto registi di diversa provenienza e cultura, messi assieme perché hanno saputo innovare l’horror con i loro film, un genere spesso giustamente criticato, ma ancora in grado di mostrare la propria vitalità e di spiazzare il pubblico con la propria originalità.

Artur Alipkaliyev

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Psyco un film di Alfred Hitchcock con Janet Leigh, Anthony Perkins, Vera Miles, John Gavin, Martin Balsam titolo originale: Psycho HORROR, GIALLO, THRILLER, durata 109 min., USA, 1960

Phoenix, 1959. Marion Crane (Janet Leigh) è una segretaria di un’agenzia immobiliare e ha una relazione segreta con il proprietario di un negozio di ferramenta. Stanca della sua vita monotona e all’apparenza priva di sbocchi, Marion decide di fuggire con 40.000 dollari, datile dal suo capo per depositarli in banca. Durante la fuga in macchina, si abbatte un forte temporale e la ragazza è

costretta a fermarsi per la notte al vecchio e desolato Bates Motel. Poco convinta del posto, ma senza altre alternative, Marion fa conoscenza del gestore dell’albergo: il giovane Norman Bates (Anthony Perkins). Il ragazzo dice che la nuova arrivata è l’unica ospite del motel e che c’è solo sua madre a fargli compagnia. La fuggitiva rimane perplessa davanti ai modi di fare e al parlare di Norman, ma decide di prendere una camera e farsi una doccia. Durante la quale, accade un avvenimento imprevisto e una delle scene più famose della storia del cinema.

La fortuna Questo film è considerato una delle pietre miliari della storia del cinema e forse la pellicola più riuscita di Alfred Hitchcock. Pochi film hanno saputo entrare nell’immaginario collettivo, influenzare i registi successivi e avere un così alto numero di citazioni e imitazioni come Psyco. Nella lista dei 100 migliori film della storia del cinema, stilata dall’American Film Institute, il capolavoro di Hitchcock occupa il quattordicesimo posto. Fu al centro di numerose polemiche per le sue scene crude e violente, anche se Hitchcock fu abile a non far vedere la vera violenza grazie a dei piccoli trucchi di regia e montaggio. L’enorme successo mondiale della pellicola generò tre sequel, uno spin-off, un remake shot-for-shot di Gus Van Sant e una popolare serie tv dedicata all’infanzia di Norman Bates e al rapporto con sua madre. Alla sua uscita nelle sale, la critica fu divisa tra gli ammiratori e i detrattori. Il New York Times fece una recensione negativa del film: “Una macchia in una carriera onorevole”. Alcuni si lamentarono

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dell’insufficiente approfondimento psicologico dei personaggi e di certi convenzionalismi nella messinscena. Fu notato che il pubblico s’immedesimava con i personaggi negativi ogni volta che uno di loro era al centro dell’azione e sperava per la loro salvezza. Il merito di questo fatto fu dato ad una sceneggiatura innovativa e all’abile regia di Hitchcock. Il film rappresenta il più grande successo commerciale del regista britannico: con un budget di 800.000 dollari, Psyco ne incassò 50 milioni. Nel 1961 il film ricevette quattro candidature all’Oscar: miglior regia, miglior attrice non protagonista a Janet Leigh, miglior fotografia e miglior scenografia.

Curiosità: Psyco è tratto dall’omonimo romanzo del 1959 di Robert Bloch e basato sulle vicende reali di Ed Glein, che fu d’ispirazione anche per il personaggio di Buffalo Bill ne Il silenzio degli innocenti (1991) di Jonathan Demme. Intervistato da Francois Truffaut, Hitchcock affermò: “In Psyco del soggetto mi importa poco, dei personaggi anche: quello che mi importa è che il montaggio dei pezzi del film, la fotografia, la colonna sonora e tutto ciò che è puramente tecnico possano far urlare il pubblico. Credo sia una grande soddisfazione per noi utilizzare l'arte cinematografica per creare un’emozione di massa. E con Psyco ci siamo riusciti. Non è un messaggio che ha incuriosito il pubblico. Non è una grande interpretazione che lo ha sconvolto. Non è un romanzo che ha molto apprezzato che l'ha avvinto. Quello che ha commosso il pubblico è stato il film puro”. Gli elementi ricorrenti del film sono gli specchi, il tema del doppio e i tagli dello spazio in due con linee verticali e orizzontali, a partire dai titoli di testa. La scelta del bianco e nero fu inconsueta considerando i gusti del pubblico americano di quel periodo. Hitchcock lo scelse per enfatizzare i contrasti fra la luce e l’oscurità e per evidenziare la duplicità delle personalità di Norman e Marion.

Tratto dal libro Psycho di Robert Bloch Uscito negli Usa e in Italia nel 1959

Consigli di lettura e visione Robert Bloch, Il passato che urla, Milano, Garzanti, 1959 Francois Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Milano, Il saggiatore, 2014 La finestra sul cortile, regia di Alfred Hitchcock (1954) Il silenzio degli innocenti, regia di Jonathan Demme (1991)

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Suspiria un film di Dario Argento

con Flavio Bucci, Alida Valli, Stefania Casini, Jessica

Harper, Miguel Bosè

HORROR, durata 95 min., Italia, 1977

Desiderosa di perfezionarsi, Susy, una giovane americana, vola in Germania all’Accademia di Friburgo, la più famosa scuola europea di danza. Arriva in una notte tempestosa e qui scorge una ragazza che fugge dalla scuola. Dato che non la fanno entrare a scuola, deve riprendere il suo taxi e andarsene altrove per la notte. Intanto, Pat, la ragazza fuggitiva di prima, trova rifugio

da un’amica, ma è ossessionata da qualcosa che non vuole spiegare. Una mano sconosciuta sbuca da oltre la finestra del bagno e trucida la ragazza, mentre l’amica cerca invano di entrare. Il mattino dopo, Susy ci riprova e stavolta l’algida miss Tanner la accoglie con fredda cordialità e la presenta all’insegnante, madame Blanc. Questa le rivela la tragica sorte di Pat e la ammonisce a stare attenta alle amicizie. Poi le spiega che per motivi tecnici non potrà alloggiare all’Accademia, ma in città, presso un’allieva del terzo anno. Susy comincia a conoscere le altre studentesse e nota che il clima non è sempre amichevole, ma i problemi veri saranno altri, quando inizierà a capire in quale luogo è veramente capitata. Argento utilizza in chiave apertamente horror elementi del mondo delle favole, presentando personaggi tipici di quel mondo, dall’apparentemente inerme protagonista alle streghe. L’Accademia non è il classico luogo chiuso dall’atmosfera macabra tipico degli horror: è un luogo magico, multicolore, attraente, eppure ancora più letale.

La fortuna

La pellicola incassò bene in Italia, anche se non raggiunse i risultati commerciali del precedente Profondo rosso. Per Argento la pellicola era troppo avveniristica per i gusti del pubblico italiano del tempo ed infatti non diventò il vertice commerciale della filmografia del regista al contrario di quanto avvenne nel resto del mondo dove riscosse un enorme successo. Ciò ha determinato una dicotomia: mentre in Italia il suo film più noto è Profondo rosso, all’estero il regista è conosciuto soprattutto per Suspiria.

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Curiosità

Il regista scelse Jessica Harper dopo averla vista recitare ne Il fantasma del

palcoscenico; la conobbe a Los Angeles rimanendo colpito dal suo volto da bambina

ed in particolare dai suoi occhioni da manga giapponese. Per il ruolo della

vicedirettrice Argento optò per Joan Bennett, anche influenzato dal fatto che

per circa dieci anni era stata la compagna di Fritz Lang, uno dei suoi registi

preferiti.

Tratto dal film

La versione romanzata del film, scritta da Nicola Lombardi, è stata pubblicata dall’editore Newton Compton nel 1997 nel volume Terrore Profondo, insieme agli arrangiamenti in forma di romanzo di altri film di Dario Argento.

Consigli di lettura e di visione

Lemora, la metamorfosi di Satana, regia di Richard Blackburn (1973)

Inferno, regia di Dario Argento (1980)

La terza madre, regia di Dario Argento (2007)

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Eraserhead – La mente che cancella un film di David Lynch con Jack Nance , Charlotte Stewart, Jean Lange, Judith Roberts, Jeanne Bates HORROR, durata 89 min., USA, 1977

Henry Spencer è un tipografo che vive in una

squallida società. Un giorno, rientrando a casa, la

vicina lo informa della chiamata della sua

fidanzata, Mary, che lo invita a cenare a casa sua.

Henry, arrivato a casa della ragazza, conosce i

suoi strambi genitori. La madre della ragazza gli

rivela che Mary ha partorito un feto. Dopo qualche mese, il mostruoso essere

viene portato a casa di Henry che nel frattempo si è sposato con Mary. Tuttavia,

una notte, stanca di sentire le urla del figlio, se ne va. Henry ha allora la visione

di una donna con delle malformazioni alle guance, che balla schiacciando quelli

che sembrano degli embrioni o spermatozoi. In seguito, la vicina seduce Henry

e, mentre fanno sesso, la donna vede il feto e ne rimane sconvolta. Dopo

l’amplesso, Henry sprofonda nel letto e quando si sveglia dagli incubi trova il

figlio moribondo che ride del padre perché ha visto la vicina che va a letto con

un altro per via del terrore che ha provato nel vedere il feto. Henry, preso dalla

rabbia e dallo stress, sventra irrazionalmente il figlio e lo lascia morire

lentamente. Poi, in uno spazio bianco, incontra di nuovo la cantante dalle

guance deformate: i due si abbracciano e si allontanano. La fine del film ha a

che fare con l’enigmatico titolo, in quanto la testa di Henry viene triturata per

produrre matite con gomme da cancellare.

La fortuna

Eraserhead è considerato un film difficile da comprendere e risulta aperto a

molteplici interpretazioni. La storia non ha una trama lineare ed è

inframmezzata da sequenze oniriche di varia durata e l’intreccio tra queste

sequenze e il filone narrativo principale è spesso indistinguibile. Lynch ha

definito Eraserhead come “un sogno di avvenimenti oscuri e pericolosi”.

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Nel 2004 il film è stato dichiarato “culturalmente significativo” dalla Biblioteca

del Congresso degli Stati Uniti ed è stato selezionato per la conservazione dal

National Film Registry.

Curiosità

Lynch non ha mai voluto rivelare la tecnica con cui aveva realizzato, molto

realisticamente, per quanto si trattasse di una creatura mostruosa, il bambino

del film. Inoltre sul set lavorò Catherine Coulson, prima moglie di Jack Nance,

l’attore protagonista, ma soprattutto la signora Ceppo di Twin Peaks, a cui

proprio durante le riprese di Eraserhead, il regista si rivolse così: «Vedo un

ceppo fra le tue braccia. Un giorno farò una serie e tu sarai la Signora Ceppo».

Consigli di lettura e di visione

Velluto blu, regia di David Lynch (1986)

Combat shock, regia di Buddy Giovinazzo (1986)

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Repulsione un film di Roman Polanski

con Catherine Deneuve, Yvonne Furneaux, Ian Hendry, John Fraser titolo originale: Repulsion

HORROR, durata 104 min., USA, 1965

Carol, una giovane e affascinante manicure di un

centro estetico, ha un carattere introverso, che la

porta a essere morbosamente attaccata alla sorella

Helen. Attraverso un processo mentale che prende

una direzione totalmente sbagliata, la ragazza

comincia a provare una totale repulsione nei confronti degli uomini, arrivando a

essere totalmente schifata dal minimo contatto con un maschio. Quando la

sorella parte per il finesettimana col fidanzato e la lascia sola in casa, la fragile

ragazza comincia a rimanere vittima degli impulsi sbagliati che arrivano dal suo

cervello: incubi e visioni orribili la spingono addirittura a uccidere, in uno stato

di totale degrado sia fisico che mentale. Il film ha delle sequenze realmente

inquietanti impossibili da dimenticare: la protagonista vede enormi crepe che si

formano nelle mura della sua abitazione (che stanno a simboleggiare il suo

cervello che si sta sgretolando). Lo schifo nei confronti del maschio la porta a

sognare stupri continuati e, da sveglia, mescola realtà a fantasie orribili (muri che

si spappolano, mani che la toccano ovunque). Il disgustoso coniglio spellato che

doveva essere la sua cena, viene lasciato dalla ragazza a marcire sopra la tavola,

fintanto che non sarà cosparso di mosche (e anche qua il richiamo al suo

cervello che marcisce è fortissimo). Il film è anche il primo lavoro realmente

scioccante di Polanski, che in quattro mura riesce a creare un’atmosfera da

incubo che rimarrà nella storia.

La fortuna

Con quest’opera, Polanski sarà vincitore dell’Orso d’argento a Berlino nel 1965. Repulsione è inoltre il primo film “internazionale” di Polanski, che aveva girato il suo primo lungometraggio Il coltello nell’acqua (1962) in Polonia, madrepatria del regista.

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Curiosità

È l’opera più spaventosa e angosciante di Polanski, non solo per l’evocazione

della sessuofobia ma anche per l’accorto e stimolante uso dei suoni. Si tratta

anche di uno dei suoi film in bianco e nero più espressionisti: l’uso del

grandangolo, della profondità di campo e di altre tecniche crea un flusso

emotivo in cui la realtà quotidiana trasfigura in sogno e immaginazione. Così

l’appartamento in cui si svolge la maggior parte dell’azione diviene gradualmente

simbolo di una coscienza tormentata.

Quando appaiono ormai evidenti allo spettatore i segni di squilibrio mentale

della donna, in un dialogo tra Carole e una sua collega si fa riferimento al film

La febbre dell’oro: la collega, infatti, le consiglia di andare a vedere questo film,

dicendole che si era divertita molto a vedere Charlot, che era tanto affamato da

mangiarsi una scarpa o che veniva scambiato per una gallina da un omone.

Consigli di lettura e di visione

La febbre dell’oro, regia di Charlie Chaplin (1925 e 1942)

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Videodrome un film di David Cronenberg

con James Woods, Deborah Harry, Sonja Smits, Peter Dvorsky, Leslie Carlson HORROR, durata 87 min., Canada, 1983

Videodrome rappresenta la metafora della civiltà televisiva: il direttore di un’emittente privata capta per caso un programma a base di torture e assassini. Affascinato e disgustato al tempo stesso, decide di vederci chiaro e scopre che il fantomatico conduttore della mostruosa

trasmissione è morto da tempo e che il programma viene trasmesso da un’emittente pirata il cui proprietario vuole, grazie alla potenza della tv, dominare il mondo e sconvolgere le coscienze, trasformando gli uomini in orribili macchine da distruzione. Cronenberg usa la televisione come mezzo per esplorare il labile confine che divide le molte realtà che ci circondano. Come al solito è un problema di percezione. Se questa è alterata inevitabilmente anche la realtà apparirà tale. Oltre al discorso sul nostro rapporto con la realtà Cronenberg si sofferma anche sul corpo. L’uomo diventa un ibrido. La nuova carne è quella della fusione dell’uomo con la macchina, intesa come nuovo mezzo percettivo. La televisione e il videoregistratore hanno cambiato il nostro modo di vedere le cose. Il passo successivo è che essi diventino parte integrante del nostro corpo: il protagonista, infatti, si ritrova a fare sesso con una televisione e a frustarla in una pratica sadomaso. Videodrome è un film allucinato e macabro. Una volta entrati in Videodrome, non c’è ritorno alla realtà. Il protagonista diventa una sorta di messia catodico. La parola del video che si fa carne. Forse nella scena finale assistiamo al suo sacrificio. Forse uccidendosi, Max, fa morire anche Videodrome. O forse dovremmo smetterla di credere a ogni cosa che ci passa davanti agli occhi.

La fortuna

Film innovatore del movimento indipendente della Hollywood degli anni 80, la

storia di David Cronenberg sulle trasformazioni causate dall’esposizione alla

violenza televisiva sceglie come soggetto proprio quei problemi che il regista

aveva dovuto affrontare con censori, distributori e gruppi femministi, a causa

delle sue opere precedenti.

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Curiosità

Il personaggio di Brian O’Blivion è vagamente ispirato al noto massmediologo

Marshall McLuhan, di cui lo stesso David Cronenberg era stato uno studente.

A James Woods era stato proposto di interpretare il ruolo di Mark, uno dei

protagonisti di Inferno di Dario Argento, ma l’attore rifiutò per essere nel cast di

Videodrome.

Consigli di lettura e di visione

William S. Burroughs, Pasto nudo, trad. di F. Cavagnoli, Adelphi, Milano, 2006 La mosca, regia di David Cronenberg (1986)

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Cloverfield un film di Matt Reeves con Lizzy Caplan, Jessica Lucas, T.J. Miller, Michael Stahl-David, Mike Vogel HORROR, AZIONE, DRAMMATICO, durata 85 min., USA, 2008

Il governo degli Stati Uniti sta facendo un’indagine sui tragici e devastanti eventi avvenuti a New York. Lo fa grazie al ritrovamento di un video, girato da uno dei testimoni. Per tutto il film lo spettatore vede questo filmato, girato in soggettiva. Un gruppo di ragazzi organizza una festa a Manhattan per

l’imminente partenza di un loro amico, che ha accettato un lavoro in Giappone. Nel corso della serata emergono delle piccole tensioni tra alcuni partecipanti alla festa: incomprensioni d’amore e d’amicizia. Ma tutto passa in secondo piano quando un terremoto scuote l’intera New York e si verifica un black-out. Il panico serpeggia tra gli invitati e aumenta vistosamente quando si sente un incredibile urlo animalesco e per strada cade la testa della Statua della Libertà.

La fortuna Diretto da Matt Reeves al suo secondo film e prodotto da J.J. Abrams, produttore della serie tv Lost e regista delle saghe di Star Trek e Star Wars, Cloverfield fu un grande successo commerciale e uno dei film rivelazione del 2008. Con un budget di 25 milioni di dollari, la pellicola ne incassò 170 milioni. Grazie ad un’efficace campagna pubblicitaria e ad un ingegnoso marketing virale, Cloverfield fu al centro di molte discussioni e incuriosì tantissime persone, non solo i fan del genere horror. Puntando sulla popolarità del film, la ditta Hasbro produsse e mise sul mercato dei giocattoli a forma del mostro. Inoltre, nel corso degli anni fu pubblicata una serie manga, basata sull’origine del mostro, e nel 2016 uscì nelle sale di tutto il mondo 10 Cloverfield Lane, sempre prodotto da J.J. Abrams e considerato come il sequel di Cloverfield. Per il 2018 è prevista l’uscita del terzo capitolo della saga: God Particle. Quest’ultimo è ambientato nello spazio ed è interpretato da un cast internazionale: il tedesco Daniel Bruhl, l’australiana Elizabeth Debicki, il norvegese Aksel Hennie, l’inglese Guru Mbatha-Raw, l’irlandese Chris O’Dowd, l’americano John Ortiz e la cinese Zhang Ziyi.

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Curiosità Il film è stato interamente girato in forma di un video ritrovato, chiamato anche il falso documentario o il mockumentary. Consiste nella visione della storia da parte di una sola videocamera, portata a mano da uno o più protagonisti della vicenda. Gli eventi fittizi e di fantasia vengono presentati come reali grazie al linguaggio documentaristico. Lo scopo di questa tecnica è di aggiungere intensità drammatica, facilitare il coinvolgimento e l’immedesimazione dello spettatore. Può svolgere anche una funzione metacinematografica perché ha le capacità di far riflettere lo spettatore sulla differenza tra realtà e finzione e sull’importanza degli strumenti tecnici nel cinema. Inizialmente il mockumentary fu usato nella parodia e nella satira, quindi per puri fini umoristici. Ma il genere ritrovò la linfa vitale grazie all’horror, che seppe sfruttare egregiamente le sue caratteristiche per quanto concerne l’originalità e l’innovazione delle storie raccontate. La possibilità che una storia spaventosa e fantascientifica possa essere reale influisce tantissimo sulla psicologia dello spettatore. Il falso documentario può essere usato anche nella costruzione di fittizi cinegiornali d’epoca. Fra gli iniziatori del genere bisogna menzionare il regista e sceneggiatore britannico Peter Watkins. L’utilizzo di questa tecnica è memorabile in Zelig (1983) di Woody Allen, uno dei film cult dell’autore newyorkese. Due grandi cineasti come Peter Greenaway e Kim Ki-duk realizzarono opere impressionanti grazie a questo genere. Per quanto riguarda l’horror, The Blair Witch Project- Il mistero della strega di Blair (1999) di Eduardo Sanchez e Daniel Myrick viene considerato l’antesignano dell’utilizzo del mockumentary in questo filone cinematografico. Dal canto suo, Cloverfield ha rappresentato un’innovazione perché ha saputo coniugare il mockumentary con una storia da blockbuster hollywoodiano. Erede dei numerosi film su Godzilla e King Kong, il film di Matt Reeves si discosta da queste grandi produzioni per il suo particolare punto di vista. Lo spettatore si immedesima completamente con i protagonisti della vicenda e con le loro emozioni di fronte al gigantesco mostro e alle devastazioni da lui compiute. I mostri nei blockbuster hollywoodiani vengono inquadrati quasi sempre tramite grandi panoramiche o dal punto di vista degli aerei, quindi sempre su grande scala. In Cloverfield le panoramiche sono rare e sono sempre al servizio della storia e inquadrate dalla videocamera, portata dai personaggi del film.

Consigli di lettura e visione Edgar Wallace, King Kong, Milano, Oscar Mondadori, 2005 Cristina Formenti, Il mockumentary: la fiction si maschera da documentario, Milano, Mimesis, 2013 Godzilla, regia di Roland Emmerich (1998) The War - Il pianeta della scimmie, regia di Matt Reeves (2017)

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Babadook un film di Jennifer Kent

con Essie Davis, Noah Wiseman, Daniel Henshall, Hayley McElhinney, Barbara West HORROR, durata 90 min., Australia, 2014

Sono sei anni che è morto il marito di Amelia e sei anni che è nato Samuel, il suo unico figlio, cresciuto senza padre da una madre single in grandi difficoltà economiche e distrutta dallo stress causato dalla sua iperattività. Il bambino non dorme bene, la tiene sveglia, spaventa i compagni,

si fa riprendere a scuola, è violento, non ha molti amici per via di un temperamento esagitato e la stessa madre arriva quasi ad odiarlo. Le cose non migliorano quando nella loro vita si materializza un libro di favole diverso dagli altri, molto nero, cupo e spaventoso che viene prontamente messo via dopo la prima lettura ma continua a ripresentarsi fino a che la storia di un uomo nero che ti entra dentro fino a condizionarti non comincia lentamente ad avverarsi e intrappola i due nella loro stessa casa. Il film, mentre si presenta come una classica storia di famiglie perseguitate, rinnega qualsiasi luogo comune della messa in scena horror, non usa mai impennate sonore o anche solo apparizioni improvvise per prediligere un tono cinereo, una fotografia studiata in armonia con l’arredamento della casa, in un continuo grigio funereo che solo lentamente lascia emergere il suo uomo nero.

La fortuna

Il film ha ottenuto un discreto successo commerciale: costato 2 milioni di

dollari, ha incassato nel mondo oltre 10 milioni di dollari.

Curiosità

Il 5 luglio 2015, in occasione del Gran Premio di Gran Bretagna di Formula 1, la

Rai ha ritirato il trailer del film, inserito tra gli spot da trasmettere, in quanto

ritenuto inadatto per una programmazione in fascia protetta.

A partire dalla fine del 2016, il personaggio del Babadook è stato rappresentato

come un’icona gay attraverso meme su internet, diffusi da Tumblr e da altri

social network. Tutto è nato quando, per errore, il film è stato inserito nella

categoria dei film a tematica LGBT su Netflix, nonostante l’assenza di

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riferimenti aperti alla cultura LGBT. Giornalisti e ammiratori hanno generato

varie interpretazioni di sottotipo queer nel film, che erano spesso di natura

ironica. Nel giugno del 2017, il Babadook ha generato migliaia di condivisioni e

una rapida scalata tra le tendenze su Twitter ed è stato utilizzato come simbolo

della comunità LGBT durante il mese dell’orgoglio gay di quell’anno.

Consigli di lettura e di visione

Halloween, regia di John Carpenter (1978)

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La cosa un film di John Carpenter

con Kurt Russell, Wilford Brimley, T.K. Carter, David Clennon, Keith David titolo originale: The thing

HORROR, durata 109 min., USA, 1982

Un husky siberiano in fuga sulle nevi dell’Antartide viene ripetutamente fatto bersaglio dei colpi di fucile sparati da un elicottero norvegese che lo insegue. Gli uomini di una base scientifica americana verso la quale l’animale si avvicina assistono sgomenti alla scena che si

conclude con l’esposione dell’elicottero colpito per sbaglio da una granata che il cacciatore intendeva lanciare contro la preda. Il pilota Mac Ready ed il dottor Copper si recano al campo norvegese per avere spiegazioni sull’accaduto, ma scoprono che l’accampamento è stato devastato da una furia sovrumana e che tutti i suoi occupanti sono morti. La causa è una creatura aliena precipitata sulla Terra che possiede la facoltà di assumere le sembianze degli esseri con i quali viene a contatto, mutando continuamente aspetto. Per gli uomini della base il problema è scoprire di quale corpo adesso l’alieno si è impadronito. Il film fu un clamoroso insuccesso commerciale, tanto da indurre la Universal a revocare a Carpenter il progetto per la realizzazione di Fenomeni paranormali incontrollabili, diretto poi da Mark Lester. Gli ottimi effetti speciali, il trucco di Rob Bottin ed un largo impiego di risorse finanziarie, risultarono perdenti di fronte ad E.T. l’extraterrestre, il cui messaggio pacifista e consolatorio rispondeva in maniera più accessibile alle ansie di sentimento e domestica sicurezza del pubblico.

La fortuna

Nel 1981 l’Universal Pictures offrì a Carpenter la produzione di un remake del film di Howard Hawks del 1951 La cosa da un altro mondo, di cui Carpenter era da tempo un appassionato (difatti tre anni prima fece comparire una sua scena nel televisore di Tommy nel film Halloween - La notte delle streghe da lui diretto). Egli però decise invece di adattare più fedelmente il racconto su cui si era basato, La cosa da un altro mondo (Who Goes There?) di John W. Campbell, e di non ambientarlo al Polo nord, come aveva fatto Hawks, bensì al Polo sud. Secondo il regista l’aspetto da evidenziare maggiormente nella storia era la paranoia dei personaggi, costretti a confrontarsi con una creatura aliena che può assumere l’aspetto di altri esseri viventi, da cui l’importanza della loro vera

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identità. A differenza di altri suoi film, John Carpenter non compose la colonna sonora, ma affidò il compito al musicista italiano Ennio Morricone, il quale seguì uno stile simile a quello del regista. Il budget, uno dei più alti messi a disposizione di John Carpenter, si stima essere stato di 15 milioni di dollari. Va ricordato che il 1982 è stato l’anno dominato da E.T. l’extra-terrestre che con il suo incasso di 359 milioni di dollari (uno dei più alti della storia del cinema) ha imposto a livello planetario una nuova immagine degli alieni tenera e rassicurante in netto contrasto con la creatura carpenteriana: per queste ragioni la pellicola di Spielberg è stata ritenuta una della principali cause dell’insuccesso al botteghino del film.

Curiosità

Nel film di Carpenter si ha il capovolgimento esatto del meccanismo del film originale di Hawks, come l’ambientazione che passa dal Polo Nord al Polo Sud (in Antartide). Questa volta il gruppo alle prese con la creatura si frantuma: la “cosa” in una continua metamorfosi della realtà esaspera la paranoia causata dall’impossibilità di distinguere l’umano dall’alieno, il reale dalla finzione. In aggiunta, l’ossessione del contagio e l’isolamento riescono a far saltare ogni rapporto interpersonale ed a far crollare la fiducia negli altri. La regola diventa quella dell’uno contro l’altro. Peraltro, il film di Carpenter è molto più aderente al soggetto letterario rispetto al film che Hawks ne aveva tratto, rispettando tempi e situazioni del racconto di Campbell. Il tema del film, nelle intenzioni del regista, verte sulla disgregazione dell’umanità e sulla diffidenza verso il prossimo, ma in realtà si spinge oltre, spostando il conflitto dall’interno dei rapporti umani all’interno dei corpi: la creatura li avvolge e li invade, penetra al loro interno deformando e lacerando ossa e tessuti, trasformandoli alla fine in rappresentazioni corporee grottesche e surreali.

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A n n o t a z i o n i

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