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Allevamento ed emissioni di ammoniaca e gas serra L’attività zootecnica, in particolare quella di tipo intensivo, può essere fonte di emissioni in atmosfera di gas a effetto serra e inquinanti. Nell’ambito delle politiche europee per fronteggiare i cambiamenti climatici e l’inquinamento dell’aria, sono stati introdotti diversi strumenti normativi per il controllo e la riduzione delle emissioni derivanti dall’agricoltura e dalla zootecnia. Al di là degli aspetti burocratici tuttavia, l’adozione di strategie per la riduzione dell’impatto ambientale deve essere vista come l’opportunità per operare una razionalizzazione aziendale che nel medio-lungo termine porta a dei vantaggi di tipo produttivo, grazie alla riduzione degli sprechi energetici, idrici, alimentari e al miglioramento del benessere animale. Vediamo come.

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Allevamento ed emissioni di ammoniaca e gas serra

L’attività zootecnica, in particolare quella di tipo intensivo, può essere fonte di

emissioni in atmosfera di gas a effetto serra e inquinanti.

Nell’ambito delle politiche europee per fronteggiare i cambiamenti climatici e

l’inquinamento dell’aria, sono stati introdotti diversi strumenti normativi per il

controllo e la riduzione delle emissioni derivanti dall’agricoltura e dalla zootecnia. Al

di là degli aspetti burocratici tuttavia, l’adozione di strategie per la riduzione

dell’impatto ambientale deve essere vista come l’opportunità per operare una

razionalizzazione aziendale che nel medio-lungo termine porta a dei vantaggi di tipo

produttivo, grazie alla riduzione degli sprechi energetici, idrici, alimentari e al

miglioramento del benessere animale. Vediamo come.

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LE EMISSIONI

Le emissioni di interesse ambientale per il settore agricolo e zootecnico sono quelle di ammoniaca, metano e protossido di azoto.

Ammoniaca (NH3) L’ammoniaca è:

è precursore del protossido di azoto; è precursore del particolato atmosferico (PM) fine, che è dannoso per la salute umana ed altera la

visibilità atmosferica; la sua deposizione causa l’acidificazione dei suoli e l’eutrofizzazione delle acque.

In ambito zootecnico le emissioni di ammoniaca sono generate dalle fermentazioni microbiche a carico dell’azoto presente nelle deiezioni (feci e urine) e avvengono in tutte le fasi di gestione, dal momento dell’escrezione nel ricovero fino alla distribuzione in campo. In particolare, l’ammoniaca si forma sia per idrolisi enzimatica dell’urea presente nelle urine ad opera dell’enzima ureasi, sia per degradazione microbica della proteina non digerita presente nelle feci. La prima reazione è particolarmente veloce perché l’enzima ureasi è prodotto dai microorganismi naturalmente presenti nelle deiezioni: nelle normali condizioni di allevamento l’urea presente nelle urine viene trasformata in ammoniaca nel giro di poche ore. La liberazione di ammoniaca dalle feci invece richiede tempi più lunghi per il processo di mineralizzazione, e si realizza tipicamente durante uno stoccaggio prolungato delle deiezioni. Una volta prodotta, l’ammoniaca tende a volatilizzare rapidamente e aumenta all’aumento della temperatura ambiente o della ventilazione sulla superficie interessata dalle deiezioni. Il contributo del settore agricoltura

Al “macrosettore” agricoltura è attribuito il 94% delle emissioni totali nazionali di ammoniaca. Le fonti principali sono la gestione delle deiezioni animali (nei ricoveri, allo stoccaggio e allo spandimento) e l’utilizzo dei fertilizzanti azotati (grafico 1).

Grafico 1. Contributi delle diverse fonti alle emissioni di ammoniaca dall’agricoltura: 82,1%gestione deiezioni animali, 15,1% impiego fertilizzanti azotati di sintesi, 2,7% animali al pascolo (ISPRA, Annuario dei dati ambientali 2012).

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Gas serra Protossido di azoto (N2O)

Il protossido di azoto è un potente gas serra, con un effetto termico pari a circa 270 volte quello dell’anidride carbonica (CO2). E’ il prodotto delle reazioni di nitrificazione e successiva parziale denitrificazione dell’ammoniaca presente nelle deiezioni. Condizioni che favoriscono la produzione di protossido sono quelle di micro-aerofilìa tipiche delle lettiere permanenti e dello stoccaggio del letame, soprattutto se caratterizzati da elevata umidità e, infine, dei terreni sui quali vengono distribuiti fertilizzanti azotati o deiezioni. In questi ultimi condizioni favorevoli si hanno in caso di terreni saturi (a seguito di periodi di prolungata piovosità) e in presenza di azoto in forme facilmente nitrificabili come quelle ammoniacali. Metano (CH4)

Il metano è un gas serra con un effetto termico 23 volte superiore a quello della CO2. E’ il prodotto della degradazione anaerobica dei composti del carbonio e in ambito zootecnico si origina: dalle fermentazioni ruminali (metano enterico); dalle fermentazioni a carico della sostanza organica non digerita ed escreta nelle deiezioni. Per queste

ultime, condizioni favorevoli sono quelle anaerobiche tipiche dello stoccaggio dei liquami ma anche dei letami, in particolare se caratterizzati da elevata umidità e poca struttura, che determinano la formazione di sacche anaerobiche.

Il contributo del settore agricoltura alle emissioni di gas serra

In Italia l’emissione stimata di gas serra (metano e protossido di azoto, espressi in CO2 equivalente) dall’agricoltura è del 6,7% sul totale nazionale. I contributi principali sono dati dal metano da fermentazione enterica e dal protossido di azoto derivante dalla gestione dei suoli agricoli (fertilizzazioni azotate di sintesi,spandimento reflui, fenomeni indiretti di deposizione atmosferica e di lisciviazione e ruscellamento) (grafico 2).

Grafico 2. Contributi delle diverse fonti alle emissioni di gas serra dall’agricoltura: 31,8% metano da fermentazione enterica, 7,6% metano da gestione deiezioni, 4,6% metano da coltivazione riso, 11% protossido da gestione deiezioni, 45% protossido da suoli agricoli (ISPRA, Inventario n. 162/2012).

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LA NORMATIVA

Direttiva IPPC 2010/75/UE e Autorizzazione Integrata Ambientale

In ambito agricolo la direttiva IPPC si applica agli allevamenti intensivi di avicoli e suini con, rispettivamente, più di 40.000 posti pollame, 2.000 posti da ingrasso o 750 posti scrofa. Questi devono richiedere l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), che viene rilasciata solo dimostrando di adottare le Migliori Tecniche Disponibili (MTD) di alimentazione, stabulazione e gestione delle deiezioni che consentono di minimizzare le emissioni in atmosfera di ammoniaca, metano e protossido di azoto, garantendo al contempo che l’inquinamento non venga semplicemente trasferito da un comparto ambientale (aria) ad un altro (acqua o suolo), in un’ottica integrata di tutela ambientale. Le Linee Guida contenenti le indicazioni sulle per la riduzione delle emissioni dall’allevamento intensivo di avicoli e suini sono state pubblicate con DM 29/01/2007 e recentemente aggiornate (la versione aggiornata è per ora disponibile in lingua inglese e reperibile all’indirizzo http://eippcb.jrc.ec.europa.eu/reference/BREF/IRPP_D2_082013online.pdf. DLgs n. 152 del 3 aprile 2006 e Autorizzazione alle emissioni

Il decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, come aggiornato dal DLgs n. 128 del 2010, stabilisce il rilascio di un’Autorizzazione alle emissioni, con adempimenti differenziati in funzione della consistenza zootecnica (Art. 272, commi 1 e 2). Questa autorizzazione si applica a tutte le specie e categorie zootecniche. Per gli allevamenti di avicoli e suini le cui dimensioni rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva IPPC, viene sostituita dall’AIA. L’autorizzazione riguarda le emissioni in atmosfera di ammoniaca, metano e protossido di azoto derivanti dall’allevamento e dalle attività ad esso funzionali. Per ottenerla, in modo analogo a quanto previsto per il rilascio dell’AIA, le aziende zootecniche di nuova realizzazione devono adottare obbligatoriamente le migliori tecniche disponibili (MTD), mentre le aziende esistenti devono valutare la possibilità di ricondurre strutture e modalità gestionali a soluzioni MTD o porre in atto tutte le strategie gestionali possibili per il contenimento delle emissioni. Direttiva 2008/50/CE “Relativa alla qualità dell’aria ambiente per un’aria più pulita in Europa”

Stabilisce la definizione di piani e misure per la riduzione dei livelli di inquinamento dell’aria causati, tra gli altri, dal particolato (PM10 e PM2.5). Considerato che l’ammoniaca è precursore del particolato atmosferico e che il 94% dell’ammoniaca atmosferica è prodotta dall’agricoltura, a livello nazionale è stato istituito un Accordo di Bacino Padano per mezzo del quale vengono definite delle linee Guida per la riduzione delle emissioni dall’attività agricola e zootecnica, coordinate tra le regioni del bacino padano (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto). L’Accordo ha come obiettivo quello di creare sinergia e coordinamento tra le regioni inserite nel medesimo contesto climatico e dove si concentra la maggior parte della produzione zootecnica italiana, al fine di massimizzare l’efficacia delle misure a contrasto dell’inquinamento dell’aria.

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STRATEGIE DI MITIGAZIONE: GENERALITA’

Le strategie per la riduzione delle emissioni dall’attività zootecnica si dividono in due principali linee di intervento: quelle “a monte”, volte a ridurre le emissioni di metano enterico e i quantitativi di escreto per unità di prodotto finito (es. kg di latte o di carne) e quelle “a valle”, finalizzate a contenere le emissioni dall’escreto, una volta prodotto. Nel primo gruppo rientrano quelle azioni:

che permettono di ridurre il numero di capi allevati per unità di prodotto; indirizzate al miglioramento dell’efficienza alimentare degli animali, per ridurre le escrezioni di

nutrienti (azoto e sostanza organica) e le emissioni di metano enterico al minimo connaturato con i processi metabolici.

Nel secondo gruppo rientrano le azioni di contenimento delle emissioni nelle varie fasi di gestione degli effluenti, dal ricovero, allo stoccaggio, alla distribuzione in campo. Va da sé che agire sul semplice contenimento delle emissioni dall’escreto aumenta il tenore in azoto del refluo al campo, aggravando quelle situazioni territoriali nei quali ad una elevata densità zootecnica si somma la qualifica di Vulnerabilità ai Nitrati dei terreni utilizzati per la distribuzione agronomica degli effluenti. Ragionando in un’ottica integrata di tutela ambientale quindi, le azioni di riduzione “a monte” dell’escreto diventano strategiche e sono le più efficaci per un’effettiva riduzione delle emissioni di azoto e di metano dalle deiezioni. Nel caso del metano enterico, poi, sono le uniche applicabili. Le strategie di mitigazione/riduzione delle emissioni possono essere quindi ripartite nelle seguenti cinque sezioni, che rispecchiano le cinque “fasi” di gestione dell’allevamento:

Azioni di riduzione “a monte” Gestione zootecnica

Alimentazione

Azioni di contenimento “a valle”

Stabulazione

Trattamento e Stoccaggio

Distribuzione

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GESTIONE ZOOTECNICA E SANITARIA

In questo gruppo rientrano quelle azioni rivolte alla riduzione del numero di capi necessari per unità di prodotto finito, quindi alla riduzione delle emissioni di azoto e di metano (sia enterico che dalle deiezioni) per kg di latte o di carne o di uova. Alcuni esempi:

1. Aumento del potenziale produttivo del singolo capo attraverso la selezione genetica in modo da ridurre l’incidenza del mantenimento sul kg di prodotto finito;

2. Allungamento della carriera produttiva; 3. Riduzione delle inefficienze:

- mortalità; - accrescimento al di sotto delle potenzialità date dalla genetica; - allungamento dei periodi improduttivi al di là del normale correlato con le esigenze fisiologiche degli

animali; - scarto o eliminazione degli animali prima della loro maturità produttiva o durante la loro carriera

produttiva, a causa di infortuni, malattie, infertilità.

ALIMENTAZIONE

In questo gruppo rientrano quelle strategie indirizzate al miglioramento dell’efficienza alimentare degli animali, nell’ottica della precision feeding, per ridurre le escrezioni di nutrienti (azoto e sostanza organica) e le emissioni di metano enterico (nel caso dei ruminanti) al minimo connaturato con i processi metabolici. Alcuni esempi:

1.Bilanciare correttamente i nutrienti nella dieta, in particolare il rapporto tra azoto (proteina) e carbonio (energia), per massimizzare l’efficienza di utilizzazione di entrambe le frazioni;

2. Evitare gli eccessi nel razionamento proteico: l’azoto eccedente i fabbisogni dell’animale viene eliminato sia come azoto ureico nelle urine sia come proteina non digerita nelle feci;

3. Controllare con regolarità la composizione (sostanza secca, amido, fibra, proteina..) delle diete e degli alimenti per assicurarsi che la razione “teorica” corrisponda a quella che effettivamente giunge alla bocca dell’animale;

4. Razionare per fasi, per avvicinare il più possibile gli apporti ai fabbisogni degli animali nel corso della loro crescita o delle diverse fasi produttive.

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STABULAZIONE

Le emissioni di ammoniaca, metano e protossido di azoto all’interno dei ricoveri derivano dalle fermentazioni microbiche a carico delle deiezioni ivi deposte: queste, e la volatilizzazione dei gas prodotti (in particolare ammoniaca), sono a loro volta influenzate da parametri ambientali quali temperatura, umidità e tasso di ventilazione all’interno del ricovero. Le strategie per ridurre le emissioni seguono quindi tre principi: 1. La riduzione delle superfici interessate dalla deposizione delle deiezioni, compatibilmente con le esigenze di funzionalità e di benessere animale: questo è particolarmente importante per ridurre le emissioni di ammoniaca, in quanto maggiore è la superficie di scambio tra le deiezioni e l’aria, maggiore è la volatilizzazione del gas. 2. La riduzione del tempo di permanenza delle deiezioni all’interno del ricovero, con particolare attenzione all’allontanamento rapido delle urine dalle aree pavimentate (es. corsie di servizio e di alimentazione nelle stalle per bovine da latte) e al mantenimento delle lettiere asciutte. 3. La corretta climatizzazione del ricovero. Per ridurre le emissioni all’interno dei ricoveri è importante contenere la temperatura e la ventilazione sulla superficie interessata dalle deiezioni. Il tutto deve essere tuttavia compatibile con le esigenze (primarie) di garantire il benessere degli animali.

Figura 1. Il paddock è responsabile del 69-92% delle emissioni di ammoniaca dal ricovero (inteso come stalla+paddock) (Pereira et al., 2010). E’ pertanto preferibile realizzare stalle del tipo a corpi riuniti, che permettano di escludere l’uso del paddock nei periodi meno favorevoli (più piovosi) per limitare la produzione di acque reflue da stoccare insieme ai liquami, nonché provvedere alla rimozione delle deiezioni dalle aree esterne con regolarità e frequenza.

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Figura 2. Il “grooved floor” nasce come soluzione per le stalle di bovine da latte con lo scopo di assicurare il drenaggio rapido delle urine dalle corsie di movimentazione, garantendo al contempo una buona “presa” degli animali sulla superficie. E’ una pavimentazione piena caratterizzata da scanalature con fori a distanza regolare sul fondo, per lo sgrondo delle urine in un canale di raccolta sottostante. Per la rimozione delle deiezioni si impiega un particolare raschiatore meccanico dotato di appositi “denti” per la pulizia delle scanalature (da Stefanowska et al., 2001).

Figura 3. Nei ricoveri bovini la coibentazione della copertura e l’adozione di sistemi di ombreggiamento/ventilazione/raffrescamento possibilmente collegati a sonde di temperatura e umidità in grado di regolarne in automatico il funzionamento sono un valido sistema per contenere le temperature estive, con effetti positivi non solo sul benessere degli animali ma anche sulla riduzione delle emissioni.

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TRATTAMENTI E STOCCAGGIO

I Trattamenti Modificano le caratteristiche chimico-fisiche degli effluenti, quindi condizionano le emissioni di ammoniaca (e degli altri gas) dalle successive fasi di gestione (stoccaggio e spandimento). E’ inoltre fondamentale che essi stessi non diventino fonte di emissione di gas in atmosfera.

Separazione solido-liquido Riducendo il contenuto in solidi del liquame, favorisce la sua percolazione nel terreno una volta distribuito, con conseguenze positive sulla riduzione delle emissioni di ammoniaca e odori. Digestione anaerobica

la necessità di avere a disposizione effluenti il più possibile freschi impone la rimozione frequente degli effluenti dai ricoveri di allevamento, con vantaggi in termini di riduzione delle emissioni dalla fase di ricovero;

riduce le emissioni di metano (ma anche di ammoniaca) dagli effluenti, in quanto questo gas viene totalmente recuperato e impiegato per la produzione di energia termica ed elettrica;

il processo fermentativo continua anche durante la successiva fase di stoccaggio, complice anche la temperatura del prodotto all’uscita del digestore. Lo stoccaggio dovrebbe quindi essere coperto per recuperare anche la quota di biogas prodotta durante lo stoccaggio (con vantaggi di ordine sia ambientale che economico).

Stoccaggio dei non palabili (liquami) Lo stoccaggio degli effluenti non palabili è un ambiente tipicamente anaerobico favorevole allo sviluppo di fermentazioni metanigene; allo stesso tempo, dalla superficie libera dei liquami si libera ammoniaca per volatilizzazione. E’ invece trascurabile la produzione di protossido di azoto. Per ridurre le emissioni dagli stoccaggi è fondamentale ridurre la superficie a contatto con l’aria. A questo scopo le misure da intraprendere sono essenzialmente due:

realizzare bacini di stoccaggio con un ridotto rapporto superficie/volume; la copertura dei bacini di stoccaggio.

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Stoccaggio dei palabili (letami)

Un cumulo di letame ben strutturato ed eventualmente rivoltato garantisce la maturazione aerobica della sostanza organica. In queste condizioni, si generano emissioni principalmente di vapore acqueo e anidride carbonica. Emissioni di ammoniaca si verificano principalmente nelle prime fasi di stoccaggio, soprattutto se il materiale ha un rapporto Carbonio/Azoto non ottimale (< 25-30), tale da comportare una liberazione dell’azoto in eccesso rispetto alle esigenze metaboliche dei microorganismi aerobi: cosa comune nel caso delle lettiere avicole ma meno frequente per le lettiere bovine, caratterizzate da una buona presenza di materiale ligneo-cellulosico (il materiale di lettiera). Inoltre, in queste condizioni, si ottiene l’abbattimento della fermentescibilità e la riduzione della carica patogena eventualmente presente per effetto dell’aumento della temperatura del cumulo. Il risultato è un prodotto stabilizzato dal punto di vista delle fermentazioni e degli odori e sanitizzato, con caratteristiche agronomiche migliori rispetto al letame di partenza. Fondamentale è dunque la copertura delle concimaie con coperture di tipo rigido che evitando l’ingresso delle acque meteoriche garantiscono il corretto sviluppo delle fermentazioni aerobiche del materiale in stoccaggio, e la conservazione delle caratteristiche di palabilità del materiale.

Figura 5. Contenitore “a sacco” per lo stoccaggio dei liquami. Soluzione alternativa alle tradizionali vasche in c.a. a sviluppo verticale, unisce in un’unica soluzione uno stoccaggio coperto, con un ridotto impatto visivo e rimovibile in caso di necessità. Per contro, richiede una preventiva separazione solido-liquido per evitare la formazione di agglomerati di fibre/solidi che renderebbero difficoltose le operazioni di scarico.

Figura 6. A sinistra concimaia coperta con copertura a tetto in legno, a servizio di un allevamento di bovini da carne. A destra concimaia coperta a tunnel a servizio di un allevamento di broilers.

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DISTRIBUZIONE AGRONOMICA

La fase di distribuzione agronomica degli effluenti e la gestione dei terreni agrari in seguito ad essa sono rilevanti ai fini delle emissioni azotate, ma non di quelle di metano, che si fermano alla fase di stoccaggio dei liquami. Durante la fase di distribuzione agronomica degli effluenti e nei momenti immediatamente successivi si verificano emissioni di ammoniaca. Nei periodi successivi alla distribuzione si possono verificare invece emissioni di protossido di azoto, e l’entità delle stesse dipende in larga parte dalle condizioni del suolo. Le strategie di mitigazione delle emissioni seguono il principio guida di ridurre la superficie di scambio con l’aria e il tempo di esposizione dell’effluente all’aria. 1) Le tecniche di distribuzione

Per ridurre le emissioni di ammoniaca durante la fase di distribuzione è necessario operare con tecniche che riducono la nebulizzazione/dispersione del liquame/letame. Per gli effluenti non palabili andrebbe evitata la distribuzione superficiale a spaglio (con piatto deviatore o getti deviati)in favore di quella rasoterra in banda (con calate o deflettori) o sottosuperficiale (< 15-20 cm). Per gli effluenti palabili la distribuzione a spaglio deve essere realizzata con accorgimenti atti a garantire la minore dispersione e polverizzazione (utilizzo di deflettori per mantenere bassa la traiettoria; basse velocità degli organi di distribuzione) e nelle idonee condizioni climatiche (assenza di vento). Queste tecniche consentono anche la riduzione delle emissioni di polveri e la dispersione di patogeni, con benefici anche dal punto di vista igienico-sanitario. 2) I tempi di incorporazione del prodotto nel terreno

Per legge gli effluenti non palabili devono essere incorporati nel terreno entro 24 ore dalla distribuzione(DGR 7 agosto 2007 n. 2495 e smi, Allegato A); nelle zone vulnerabili ai nitrati questo vincolo si estende anche ai palabili (DGR 26 luglio 2011 n. 1150). Fatto salvo quanto esposto al punto 1, qualora si debba operare con tecniche di distribuzione superficiale (nel caso dei palabili ad esempio), effettuando l’incorporazione dell’effluente entro 1-4 ore dalla distribuzione è possibile ridurre le emissioni di ammoniaca fino dal 30% al 60% (ECE, 2014). Il picco di emissione di ammoniaca si ha infatti nelle primissime ore dalla distribuzione. 3) Tempi di impiego

Un utilizzo degli effluenti oculato e realizzato nel rispetto delle reali esigenze di concimazione dei terreni garantisce l’utilizzo effettivo dei nutrienti da parte delle colture riducendo quindi le perdite di azoto per lisciviazione/ruscellamento, denitrificazione e volatilizzazione a causa della permanenza dell’azoto in eccesso nel suolo. Seguire questa regola significa restituire significato di fertilizzante al refluo zootecnico, pratica che si è andata perdendo con l’avvento della chimica e dei concimi di sintesi. In questo senso è importante cercare di effettuare la distribuzione nei periodi prossimi al massimo utilizzo da parte delle colture e in modo frazionato nel corso della stagione vegetativa. Prerequisito è la disponibilità di un’adeguata autonomia di stoccaggio, che, al di là dei minimi di legge, permette quell’elasticità necessaria ad effettuare la distribuzione non in base alla necessità stringente di svuotare lo stoccaggio ma alle effettive esigenze delle colture.

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Figura 8. Distribuzione rasoterra in banda con calate, adatta per operare sia su terreno non lavorato che su colture in atto (colture sarchiate e cereali autunno-vernini). Effettuata su residuo colturale deve essere seguita dall’incorporazione dell’effluente nel terreno entro le 4 ore.

Figura 7. Due possibili configurazioni del sistema di distribuzione sottosuperficiale a solco aperto, particolarmente adatta per operare in copertura su cereali, prati ed erbai.

Figura 9. Per i palabili la distribuzione a spaglio è l’unica soluzione, Per ridurre le emissioni è necessario adottare tutti gli accorgimenti per limitare l’eccessiva polverizzazione del prodotto ed effettuare l’incorporazione nel terreno entro le 4 ore dalla distribuzione (foto da AQUA, 2014).

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BIBLIOGRAFIA

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Pubblicazione realizzata da: Veneto Agricoltura, Settore Bioenergie e Cambiamento Climatico - nell’ambito del Progetto Nitrant 2014 Responsabile del Progetto: Federico Correale Santacroce Veneto Agricoltura, Settore Bioenergie e Cambiamento Climatico Gruppo di Progetto: Loris Agostinetto, Fabiano Dalla Venezia, Clelia Rumor Veneto Agricoltura, Settore Bioenergie e Cambiamento Climatico Testi e foto: Clelia Rumor