allenamento-800m

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L’allenamento per gli 800 metri negli anni 2000 S metodologia tecnica e didattica 2011/1 Antonio Dotti 1 , Claudio Pannozzo 2 , Ida Nicolini 3 Matteo Bonato 4 1 allenatore benemerito 2 allenatore specialista mezzofondo 3 allenatrice specialista mezzofondo 4 Università degli Studi di Milano. Facoltà di Scienze Motorie 22 atleticastudi 1/2011 Introduzione Ai primi di giugno del 1992 si svolse a Sheffield, in Inghilterra, un incontro internazionale di staffette non Olimpiche a cui l’Italia partecipò coprendo per le gare di mezzofondo maschile sia la staffetta 4x800 sia la 4x1500. In una serata fredda e piovosa con poco pubblico ma, grazie alle riprese televisive, con grande riso- nanza mediatica (uno share del 13% il sabato se- ra la dice lunga dell’amore degli inglesi per l’atletica), le due staffette italiane batterono Inghilterra, Russia, Kenya, Norvegia, Spagna, destando sorpresa nel- la federazione inglese che, organizzata questa ma- nifestazione anomala, riteneva di poter poi esserne anche facile dominatrice. I nostri Giocondi, Barsotti, D’Urso, Benvenuti, per la staffetta più breve e Tirelli, Olivo, Lambruschini, Di Napoli per quella più lunga, invece, dimostrarono all’Europa che era nato un movimento nuovo che

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800

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  • Lallenamento per gli800 metrinegli anni 2000

    S metodologiatecnica e didattica2011/1

    Antonio Dotti1, Claudio Pannozzo2, Ida Nicolini3

    Matteo Bonato41allenatore benemerito2allenatore specialista mezzofondo3allenatrice specialista mezzofondo4Universit degli Studi di Milano. Facolt di Scienze Motorie

    22 atleticastudi 1/2011

    Introduzione

    Ai primi di giugno del 1992 si svolse a Sheffield, inInghilterra, un incontro internazionale di staffette nonOlimpiche a cui lItalia partecip coprendo per legare di mezzofondo maschile sia la staffetta 4x800sia la 4x1500.In una serata fredda e piovosa con poco pubblicoma, grazie alle riprese televisive, con grande riso-nanza mediatica (uno share del 13% il sabato se-ra la dice lunga dellamore degli inglesi per latletica),le due staffette italiane batterono Inghilterra, Russia,Kenya, Norvegia, Spagna, destando sorpresa nel-la federazione inglese che, organizzata questa ma-nifestazione anomala, riteneva di poter poi esserneanche facile dominatrice.I nostri Giocondi, Barsotti, DUrso, Benvenuti, per lastaffetta pi breve e Tirelli, Olivo, Lambruschini, DiNapoli per quella pi lunga, invece, dimostraronoallEuropa che era nato un movimento nuovo che

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    avrebbe portato i colori italiani a distinguersi per undecennio in tutte le gare pi importanti del calen-dario europeo e mondiale.Nel periodo che segu i mezzofondisti veloci italia-ni furono protagonisti nelle maggiori competizioniinternazionali conquistando medaglie ed anche vit-torie di gran pregio: Benvenuti nella finale del GrandPrix di Torino e finalista alle Olimpiadi di Barcellonanel 1992, Giocondi nel Golden Gala con Chiavari-ni secondo, titolo Europeo di Benvenuti nel 1994,medaglia dargento di DUrso ai Mondiali che se-guiva la vittoria alle Unversiadi.In pratica si assistette ad un vero e proprio alternar-si di atleti che provenivano da pi parti dItalia, nonrappresentando un solo nucleo di pensiero, ma mol-teplici sfaccettature del movimento tecnico. Lultimodi questi interpreti fu poi Andrea Longo, finalista siapure squalificato alle Olimpiadi di Sydney nel 2000.A riprova della bont del movimento si sottolineache se si osserva la lista italiana all time degli 800,

    dieci dei primi venti tempi assoluti sono stati otte-nuti negli anni 1990-2000.Ma al di l della indubbia presenza di atleti con par-ticolari attitudini per queste distanze necessariosottolineare il filo culturale che univa tecnici distan-ti tra loro geograficamente, ma uniti dalla stessa con-cezione di metodiche di allenamento. Trascorsoquesto decennio, lentamente i risultati dei nostri mez-zofondisti si sono sempre pi allontanati dai verticimondiali e, mentre il record del mondo si evolvevadi pochi decimi, nessun italiano si affacciato a li-velli assoluti, se non con il titolo europeo juniores diMario Scapini vinto ad Hengelo nel 2007.Esaminando attentamente questi dati si pu osser-vare come nella disciplina degli 800 ci sia una di-minuzione degli atleti competitivi (ovvero quelli cheriescono a correre al di sotto di 1.47,00) rispettiva-mente dallanno 1999.

    Gli anni migliori sono quelli relativi alla stagione 1998e 1999, in cui gli atleti che riuscivano ad abbattereil tempo del 1.47,00 erano in 7.

    Classifica all time 800 m

    POS NOME TEMPO ANNO1 Marcello

    FIASCONARO 1:43.70 Milano, 27 giugno 19732 Andrea LONGO 1:43.74 Rieti, 3 settembre 20003 Donato SABIA 1.43,88 Firenze, 13 giungo 19844 Andrea BENVENUTI 1:43,92 Montecarlo, 11 agosto

    19925 Giuseppe DURSO 1.43,95 Roma, 5 Giugno 19966 Andrea GIOCONDI 1.44,78 Zurigo, 13 agosto 19967 Marco CHIAVARINI 1.45,05 Roma, 8 giugno 19958 Davide CADONI 1.45,24 Roma, 8 giugno 19949 Carlo GRIPPO 1.45,30 Torino, 7 luglio 197610 Alberto BARSOTTI 1.45,30 Pisa, 9 luglio 198611 Giacomo MAZZONI 1.45,31 Rieti, 30 agosto 199812 Tonino VIALI 1.45,32 Bologna, 18 luglio 199013 Andrea ABELLI 1.45,40 Tirrenia, 26 luglio 199714 Gennaro DI NAPOLI 1.45,84 Formia, 7 luglio 199015 Lukas RIFESSER 1.45,88 Pergine, 25 luglio 200916 Maurizio BOBBATO 1.45,93 Padova, 1 settembre

    200617 Livio SCIANDRA 1.45,93 Lignano, 15 luglio 200718 Riccardo MATERAZZI1.46,03 Los Angeles, 3 agosto

    198419 Christian

    NEUNUSERER 1.46,07 Roma, 12 luglio 200220 Christian OBRIST 1.46,19 Pergine, 22 luglio 2005

    Tabella 1: lista TOP-20 all time degli 800 m

    Grafico 1: Andamento degli atleti competitivi (sotto1:47.00) dal 1990 al 2010

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    Da quel momento in poi si registrata una diminuzio-ne esponenziale di atleti che riuscivano ed essere com-petitivi ad alto livello, raggiungendominimi storici comenel 2002, nel 2008 e nel 2010 dove solo un atleta fuin grado di correre al di sotto di quel tempo.Analizzando la graduatoria TOP-10 dei tempi italia-ni dellanno scorso si pu notare che lunico atletache riuscito ad eseguire una buona prestazione stato Christian Obrist con un tempo di 1:46.65 chegli vale la 74a posizione a livello mondiale, guidatadal primatista mondiale della disciplina David Ru-disha con 1:41,01.Ma che cosa cambiato in termini di conoscenzascientifica, tanto da poter dire che esistono ancoramargini di progresso per ovviare al problema dellanon realizzazione dei talenti che puntualmente si af-facciano nelle categorie giovanili e poi non espri-mono pienamente il loro potenziale una volta giuntia livello assoluto?Lo scopo di questo articolo quello di esaminarecome sia possibile oggi integrare esperienze e me-todologie di lavoro realizzate sul campo da tecnicie atleti, con le evidenze scientifiche, con lobiettivodi continuare sulla strada del progresso delle pre-stazioni e della realizzazione dei talenti Italiani nelmezzofondo.

    La soglia anaerobica

    Uno dei punti di riferimento nella metodologia del-lallenamento degli allenatori italiani il concetto disoglia anaerobica.Per poter sostenere una prestazione di media-lun-ga durata di alto livello necessario che siano man-

    tenute condizioni essenzialmente aerobiche. Pertan-to la determinazione individuale della cosiddetta so-glia anaerobica (SA1), definita come il livello massimodi carico lavorativo che pu essere realizzato dallamassa muscolare coinvolta senza accumulo di acidolattico nel sangue circolante, potrebbe rappresenta-re un test utile in quanto consente di individuare il li-vello metabolico al quale un atleta pu allenarsi ocompetere senza esaurire le proprie riserve glucidi-che per via anaerobica (Cerretelli 2001).Il significato fisiologico della SA1, nonostante lutilitempirica della sua determinazione molto dubbio ed oggetto di una serie di giustificate critiche. Questolivello non pu essere obiettivamente identificabile inbase a misure sistematiche di lattacidemia. I livelli dilattato che possono essere mantenuti in equilibrio va-riano da poco pi di 1 mmol/l a 4-5 mmol/l: questoil livello in cui si pu situare il turnover individuale tra illattato prodotto e quello metabolizzato (Karlsson 1986).I livelli standard di riferimento della lattacidemia di ba-se, ad esempio le 2 mmol (da taluni definita soglia ae-robica) e 4 mmol (definita soglia anaerobica) perdonopertanto significato quando vengono effettuati con-fronti interindividuali. A questo proposito interes-sante rilevare che atleti con elevato potenzialeaerobico o soggetti allenati ad esercizi di fondo, so-no caratterizzati da un livello superiore di equilibrio ingenere poco superiore alla lattacidemia di base.Ma per un atleta di mezzofondo necessario cono-scere il suo valore di soglia visto che poi questulti-mo andr a gareggiare ad intensit nettamentesuperiori? questo il caso degli ottocentisti che percorrono la lo-ro distanza su velocit media che vanno da 28,5 km/h,come nel caso del record del mondo, oppure a 26,1km/h nel caso si corra intorno agli 15000. La deter-minazione della SA1 pu essere utile nel mezzofon-do veloce per determinare con maggior precisione ilcosiddetto lavoro per la resistenza aerobica, mentrenella metodologia dellallenamento assume una mag-gior importanza la determinazione della velocit almassimo consumo di ossigeno, definita anche dagliallenatori da campo come velocit aerobica massima.

    Velocit Aerobica Massima

    La Velocit Aerobica Massima o VAmax un termineche viene utilizzato dagli allenatori di mezzofondoper definire la velocit pi bassa in cui viene rag-giunto il VO2max.

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    Tale definizione estremamente importante; in am-bito applicativo, viene usata come riferimento perstimare in rapporto percentuale quanto una garavenga corsa alla VAmax, al di sopra o al di sotto diessa. Dunque il suo valore estremamente varia-bile in relazione alla distanza di gara. In anni re-centi, si cercato di definire meglio questoparametro da un punto di vista fisiologicoLa ricercatrice francese Veronique Billat (2001 a/b),riprendendo gli studi effettuati da Daniels nel 1984,ha definito la VAmax come velocit al massimo con-sumo di ossigeno (vVO2max), ovvero quella velocitche corrisponde al massimo consumo di ossigenoe permette ai mezzofondisti di mantenere unanda-tura di corsa vicino al VO2max per alcuni minuti. Que-sta velocit sensibilmente superiore alla SA1 ed stata definita come la velocit pi vicina possibi-le alla velocit media mantenuta durante una garasui 3000 m (Daniels et al 1984; Padilla et al 1992;Lacour et al 1991).Ricerche effettuate da Billat et al e Ward-Smith et al(1999) hanno messo in evidenza che eseguendouna sessione di allenamento alla settimana, per 4settimane, a quella intensit, in un gruppo di fondi-sti e mezzofondisti, aumenta significativamente iltempo passato alla vVO2max. importante quindi determinare con esattezza il suovalore, poich il parametro maggiormente utiliz-zato dagli allenatori per la prescrizione corretta del-le intensit di allenamento (Hill & Rowell 1996). Perquesto motivo Billat ha proposto un test della dura-ta di 6 minuti, in cui unatleta deve percorrere la mas-sima distanza possibile per poi estrapolarelandatura media espressa in km/h.Oltre al test dei 6 minuti ha anche proposto unulte-riore test in cui si deve correre la distanza dei 1500m per poi calcolare la VAmax, tramite la seguente for-mula:

    VAmax = 360t x 100

    1500

    Dove con t viene espresso il tempo in secondi in cuilatleta riesce a compiere i 1500 m.Quindi, ad esempio, se un atleta corre i 1500 m in5.00,00, ovvero 300 secondi, avr una VAmax di 18,0km/h.Sar necessario poi ripetere il test ogni 4-6 setti-mane.Poich un buon sviluppo della VAmax passa attra-

    verso velocit assai prossime ad essa, e di conse-guenza la durata delle prove piuttosto contenuta,i metodi da utilizzarsi saranno soprattutto quelli in-terrotti da pause: allenamenti intervallati (con impe-gni compresi tra i 2 e i 6 minuti) ed allenamenti conprove intermittenti (con durata degli impegni infe-riori al minuto) (Impellizzeri et al 2001).Ricordiamo comunque che laccumulo di lattato, sesuperiore a certe concentrazioni, rappresenta cer-tamente un limite alla prestazione aerobica, ma imassimi valori di potenza aerobica non possono es-sere raggiunti se non presente una certa quanti-t di lattato. A questo punto lallenatore dovrcalibrare gli allenamenti del proprio atleta sulla ba-se del risultato del test dei 1500.Qui di seguito proponiamo alcuni esempi di lavoro:

    2 x (5 x 400) con 1 minuto di recupero tra le ri-petute e 3 minuti tra le serie (i 400 andrannocorsi, secondo lesempio che abbiamo ripor-tato in 120).

    3 x (400 300 200 100) con rispettivamen-te 30 40 1 di recupero tra le ripetizioni e3 minuti tra le serie.

    Oltre a questa tipologia di allenamento anche pos-sibile utilizzare unulteriore metodica basata sullin-terval training.Linterval training stato descritto per la prima vol-ta da un punto di vista fisiologico da Reindell & Ro-skamm (1959) e da Reindell et al (1962), ma era gistato utilizzato e reso popolare negli anni quarantadal primatista del mondo Rudolf Harbig.Un allenamento interval training consiste di brevi ri-petute ad alta intensit, pari o superiori alla velocitdi MLSS (Maximal Lactate Steady State), intervallateda periodi di recupero a bassa intensit (Billat 2001).In base a quelle indicazioni fondisti e mezzofondistihanno incominciato ad utilizzare questa metodica diallenamento poich permetteva di allenarsi ad in-tensit vicine e superiori a quelle di gara.In realt linterval training ha una tradizione quasisecolare. Latleta finlandese Hannes Kolehmainen,campione Olimpico a Stoccolma sui 10.000 m nel1912 utilizzava gi una simile pratica di allenamen-to per prepararsi alle competizioni.Le caratteristiche dellinterval training definite daSaltin et al nel 1976 e poi riprese da Billat nel 2001sono:I. Intensit: l intensit media dellintera seduta si

    colloca intorno al 75% del VO2max con ripetute dal100% al 130% del VO2max.

    ( )

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    II. Tipologia del recupero: pu essere attiva o pas-siva, anche se gi nel 1937 Newman et al con-sigliavano di eseguire un recupero attivo a bassaintensit per migliorare la capacit dellatleta dirimuovere il lattato dalle fibre muscolari utilizza-te durante lesercizio (Brooks et al 1996)

    III. Densit: data dalla differenza tra lintensit trai periodi ad alta e bassa intensit con la velocitmedia della corsa.

    IV. La durata e la distanza.Esistono differenti tipologie di interval training (Bil-lat 2001a; 2001b):A. INTERVAL TRAINING AEROBICO: coinvolge maggior-

    mente il metabolismo aerobico rispetto a quelloanaerobico. I principali effetti fisiologici di un in-terval training aerobico sono:1) Deplezione del glicogeno muscolare sia nelle

    fibre di tipo I che di tipo II, anche se stata di-mostrata una deplezione inferiore rispetto adun esercizio continuo.

    2) Sollecitazione dellutilizzo della mioglobina.3) Aumento della densit mitocondriale.4) Recupero passivo a bassa intensit per au-

    mentare la capacit di smaltire il lattato pi ve-locemente dalle fibre muscolari, come ginotato nel 1937 da Newman et al e poi suc-cessivamente confermato dagli studi di Bel-castro & Bonen nel 1975.

    5) Aumento della permanenza al vVO2max.

    Tutto ci provoca un grande innalzamento delVO2max.B. INTERVAL TRAINING ANAEROBICO: gli studi relativi ad

    un allenamento interval training anaerobico pos-sono essere divisi in due categorie.La prima, che riguarda i vecchi studi, ha esami-nato questa metodica di allenamento utilizzandodelle ripetute fisse (Margaria et al 1969); misu-rando il tempo limite o il numero di ripetute cheun soggetto era in grado di sostenere utilizzan-do diversi tempi di recupero. Le intensit utiliz-zate in questi studi non erano massimali, maandavano dal 130 al 160% del VO2max. Inoltre ve-nivano utilizzate ripetute da 10 a 15 secondi in-terrotte da piccoli periodi di recupero (dai 15 ai40 secondi)La seconda, molto pi recente, prevedeva che isoggetti eseguissero ripetute massimali utiliz-zando differenti tempi di recupero (da 30 secon-di a 4-5 minuti). Questi studi hanno esaminato i

    cambiamenti della massima potenza aerobicadurante le ripetute successive e definito i cam-biamenti metabolici che avvenivano allinternodel muscolo (Balsm et al 1992).Il principale effetto di un interval training anae-robico laumento del massimo consumo di os-sigeno del 15% sia negli uomini che nelle donne. stato inoltre visto per quanto riguarda le don-ne, che i cambiamenti nella potenza aerobica enella frequenza cardiaca sub massimale eranoindipendenti dalla frequenza, dalla distanza edallintensit dellallenamento, mentre negli uo-mini il fattore pi importante per aumentare ilVO2max, risult essere lintensit dellallenamento,piuttosto che la frequenza e la distanza (Fox etal 1973).

    Anche lutilizzo di una metodica di interval trainingpu aumentare il tempo di permanenza alla vVO2max(Billat 2000); ed inoltre un allenamento interval trai-ning quello pi efficace per aumentare la capaci-t aerobica negli atleti di ogni livello (Astrand et al1960; Tabata et al 1997 Billat et al 2000; Billat 2001).Tra queste tipologie di allenamento proponiamo: 30 sec 30 sec intermittent- training: in cui si

    riesce a restare ad unintensit uguale se non su-periore al loro VO2max, (Billat 2000). per una du-rata corrispondente all83% della durata totaledella seduta, quindi anche durante i 30 secondidi recupero passivo

    High Intensity interval training: caratterizzato da ri-petute a unintensit corrispondente o superiore alconsumo di ossigeno di picco (VO2peak), alla sogliaanaerobica, alla seconda soglia ventilatoria o allacritical power, queste ripetute possono durare dapochi secondi a diversi minuti e con le ripetute suc-cessive separate da pochi minuti di recupero siapassivo che a bassa intensit, comportano un par-ziale, ma non completo recupero (Laursen, Jenkins2002; Gibala 2009; Laursen 2010).

    Nonostante la diffusione delle ricerche scientifichesu queste tipologie di allenamenti, in particolarequella definita intermittente, non vi sono tra gli spe-cialisti di alto livello di 800-1500 m in Italia che ab-biano esperienze consolidate in tale direzione.Nel nostro paese tale metodica stata utilizzata inmodo continuativo dallatleta Andrea Longo, senzache le sue esperienze suscitassero una discussio-ne approfondita tra i tecnici sui pro e contro del la-voro intermittente.Se da un lato vi sono indiscutibili aspetti positivi di

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    questa tipologia di allenamento, non altrettanto si-cure sono le riposte mentali, in quanto non compa-re mai in questi lavori la fatica del correre a lungooltre i propri livelli di soglia, e di conseguenza latle-ta non deve mai superare lo scoglio della lavoro le-gato alla durata.Numerose infatti sono le esperienze da campo chehanno permesso di appurare la possibilit di so-stenere una seduta completa di lavoro intermitten-te a fronte della incapacit di realizzare unequivalente lavoro su prove frazionate.

    Meccanismo aerobico

    Lenergia derivante dal meccanismo aerobico nel-la prova degli 800 m stata a lungo oggetto di di-scussione tra gli scienziati ed ha dato anche luogoad accesi dibattiti tra i tecnici di atletica leggera.Per cercare di far un po pi di chiarezza su questopunto Di Prampero nel 1993 ha dimostrato che ilVOmax un parametro ben correlato con la perfor-mance nelle gare di mezzofondo.Per in un recente articolo di Arcelli et al. (2010),viene sostenuta la tesi che gli scienziati hanno at-tribuito percentuali estremamente diverse circa ilcontributo del meccanismo aerobico nella presta-zione dell800, a causa dei diversi protocolli di ri-cerca utilizzati per la rilevazione di questo dato.Per questo motivo ancora oggi non possibile de-

    finire con esattezza quale sia il reale contributo delmeccanismo aerobico.Si possono per porre dei punti fermi: Quanto pi alto il tempo impiegato per correre

    un 800, tanto pi sar la percentuale del contri-buto aerobico utilizzato dallatleta.

    Nelle donne, a parit di tempo impiegato per ter-minare un 800, lintervento del meccanismo ae-robico minore rispetto agli uomini (Arcelli 1995).

    A seguito di queste due affermazioni nel 1995 Ar-celli ha proposto due semplici equazioni per calco-lare la percentuale del contributo aerobico medioper gli uomini e per le donne.Essendo t il tempo impiegato, espresso in secondi,per portare a termine un 800 si avranno: % lavoro aerobico negli uomini: 0,4 x t + 15,29. % lavoro aerobico nelle donne: 0,8 x t 47,85.Grazie a questi calcoli possibile individuare conbuona approssimazione la percentuale dellinter-vento aerobico del proprio atleta e quindi procede-re a stilare un programma di lavoro sempre pipreciso e personalizzato.Non vogliamo addentrarci ulteriormente in questadisputa poich il problema non la supremazia diun determinato metabolismo energetico sullaltro;vogliamo invece porre lattenzione su quale sia lametodologia di allenamento pi adatta, poich la di-sciplina degli 800 un vero coacervo di qualit or-ganiche che devono essere amalgamate allaperfezione per garantire il massimo rendimento.A questo proposito vorremmo proporre alcuni esem-pi di allenamenti diretti allottenimento di quanto suesposto:A) progressivo corto, che ha la caratteristica di in-

    teressare sia il metabolismo aerobico che quel-lo anaerobico.

    Esso consiste nelleffettuare senza soluzione di con-tinuit tre parti, con distanze diverse e con velocitvia via crescenti, nel seguente modo:1. Prima parte: di alcuni km e va compiuta ad una

    velocit simile a quella del corto veloce.2. Seconda parte: circa un km, con unandatura al-

    la velocit di percorrenza dei 3000 m.3. Terza parte: poche centinaia di metri in salita con

    variazioni di frequenza e ampiezza del passo.Questo lavoro oltre ad esaurire le scorte di glico-geno riesce a far raggiungere in alcune fibre mu-scolari il cosiddetto pH critico (6,4 6,3 mmol/l). Cicomporta che queste fibre perdono la capacit dilavorare e rendere quindi necessario lintervento e/o

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    lavvicendamento di unaltra fibra.In questo modo oltre ad allenare al meglio le fibremuscolari che solitamente sono meno abituate adeseguire sforzi prolungati, vengono stimolati i mec-canismi tampone, permettendo cos un aumentodella velocit dello smaltimento degli ioni H+ pre-senti nel muscolo.B)Corsa con variazioni di velocit miste: 30 1 130 2 230 3 230 2 130 1 30, recupero uguale alla durata della variazio-ne. In questo allenamento particolare attenzio-ne verr posta al ritmo della frazione lenta, odi recupero che deve tendere ad avvicinarsisempre di pi al valore di soglia anaerobica.

    C)Prove frazionate su distanze comprese fra 1200e 400 mt. Ad inizio stagione il volume sar di4500 mt con lobiettivo di migliorare la potenzadel meccanismo aerobico. Nel corso dei mesisi trasformer in un allenamento misto. Toglien-do di volta in volta 300 mt dal volume totale siarriver a correre 3 volte i 600 mt per un totaledi 1800 mt.

    D)Triplette di 500 mt da correre su terreno da cross.Fino ad un massimo di 4 con recuperi che partonoda 30 nella prima, 1 nella seconda fino ad arriva-re a 2 nellultima. Tra le serie rec. 3. Le velocit so-no ovviamente crescenti.

    Quale allenamento della forza negli ottocentisti?

    La muscolatura dellottocentista viene stimolata in ma-niera sostanziale sin dai primi metri di percorrenzadella gara (cambiamenti di velocit durante la gara).Basandosi sulla suddivisione tradizionale delle fibremuscolari proposta da Brook et al nel 1970 in: len-te di tipo I, veloci di tipo IIa e veloci di tipo IIb (oraclassificate come IIx), la letteratura scientifica ha ri-velato che negli atleti di mezzofondo veloce si han-no approssimativamente le percentuali di fibremuscolari nel muscolo vasto laterale di cui allo spec-chietto a fondo pagina.Dalla visione di questi dati si pu notare che negliottocentisti la percentuale di fibre di tipo II sia pielevata rispetto ad un atleta che corre le distanzepi lunghe.Questo anche dato dal fatto che esistono pi va-riabili di gara il che porta anche a considerare lusodella forza da una diversa visuale, in quanto linter-vento e la durata delle varie tipologie di espressio-ne della forza, necessarie nella competizione, nonsono determinabili preventivamente con matemati-ca precisione.Nelle competizioni moderne (fatto salva leccezio-nalit di Rudisha) non esistono pi i grandi solisti,capaci di imporre la propria andatura da inizio a

    Bibliografia % di fibre muscolari N SESSO NOTEI IIa IIb

    Saltin et al 1995 64% 32% 4% 12 U - D Mezzofondisti (Scandinavi dlite)

    Saltin et al 1995 65% 31% 4% 9 U Mezzofondisti (Junior Keniani dlite)

    Saltin et al 1995 72% 25% 3% 4 U Mezzofondisti (Keniani dlite)

    Denis et al 1992 58% 42% - 8 U 800 m (P. B. < 1.51,00)

    Parkhouse et al 1985 43% 58% - 5 Np 800 m (P.B.

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    fine gara; in ogni 800 di alto livello si assiste sem-pre pi spesso a improvvisi cambi di ritmo e ad af-follate volate nelle fasi conclusive.Per questo motivo quindi si deve incominciare a con-siderare luso della forza sotto prospettive diverse.Essa infatti verr utilizzata dallottocentista per: Essere pronto ai cambiamenti repentini in com-

    petizione. Avere pi riserve energetiche da gestire in gara. Creare una spinta pi potente ed un gesto pi

    economico. Migliorare le caratteristiche neuromuscolari per

    contrastare la fatica.Quindi un allenamento continuo della forza pu mi-gliorare la potenza anaerobica attraverso dei cam-biamenti sia del sistema nervoso che di quellomuscolare (Kreamer et al 1988; Sale 1988).Nonostante la maggior parte degli allenatori e de-gli scienziati preferiscano sempre dividere lallena-mento di forza e resistenza in giorni diversi, Chtaraet al 2005 hanno dimostrato che nella stessa ses-sione di allenamento preferibile eseguire prima leesercitazioni di endurance e poi quelle di forza.Lallenamento della forza dell800ista non ha dun-que come solo scopo quello di aumentare liper-trofia dei muscoli dellatleta, ma il miglioramento deisuoi aspetti cosiddetti neuromuscolari.Di seguito vengono riportati alcuni (non esaustivi)esempi in tale direzione: 3 x 6 x 85% di una Ripetizione Massimale (1RM)

    (Hoff et al 2002). Esercizi di forza esplosiva (Paavolainen et al

    1999): ad esempio, sprint dai 20 ai 100 m, balzisuccessivi, balzi alternati, balzi con contro mo-vimento, balzi tra gli ostacolini ed esercizi di po-tenziamento con il 40% di 1 RM ad una intensitdel 90% Pmax (potenza massima).

    Combinazione di forza massima + esplosiva(Hakkinen et al 2003): ad esempio sedute di pe-si con carichi intorno al 90% di 1 RM combinatiad esercitazioni di balzi successivi ed alternati

    6 x (8 balzi successivi fra ostacoli da 50 cm. +1x300 al 95% velocit gara) rec. 3

    Circuit training intensivo: 30 funicella + 1x400 +30 funicella, rec. 3 x 3-5 serie

    Ripetute in salita sui 60 m su dislivelli dell8-10%:metodica di allenamento molto utilizzata dagli al-lenatori italiani. Questa metodica di lavoro con-siste nelleffettuare prove ripetute in salitacontrollando il numero dei passi utilizzati nelle va-

    rie ripetizioni. Il lavoro continuer senza macro-pause sin tanto che latleta sar in grado di ef-fettuare lo stesso numero di passi nella prova; aquel punto verr concessa allatleta una macro-pausa.

    Ripetute in salita: 100 m in salita al 4% seguitisenza pause da 100 m in piano o falsopiano +100 m in salita al 4%. Questa tipologia di lavoro,spesso proposta da Antonio Dotti ai suoi atleti,tende a ricreare in allenamento lo stesso impe-gno organico e fisiologico di una gara di 800 min cui i primi 200 m sono corsi ad andature mol-to elevate, i successivi 200 m ad una velocit pilenta per poi aumentare ancora la velocit nel fi-nale.

    Allenamento a triangolo: prevede di percorrereun tratto in salita, uno in discesa ed uno di rac-cordo in piano. Questa particolare metodica diallenamento stata utilizzata per la prima voltanegli anni 60 da Percy Cerutti, allenatore di Her-bert Elliot, vincitore della medaglia doro nei1500mt con record del mondo alle Olimpiadi diRoma nel 1960. Essa prevedeva di correre intriangolo tra le dune di sabbia nella zona costie-ra di Brisbane, ma non si faceva riferimento nallaspetto esecutivo della corsa n a quello cro-nometrico. Successivamente negli anni 90 fu ri-preso da alcuni tecnici italiani, in particolar mododa Dotti ed Endrizzi i quali lo riproposero con del-le precise modificazioni Il percorso utilizzato era asfaltato. Il dislivello non superava il 4% di pendenza neitratti di salita e di discesa.

    Particolare accento veniva posto sullesecu-zione tecnica della corsa e sul controllo tecni-co della corsa.

    Ovviamente tali esercitazioni si presentano ampia-mente modificabili sia come durata che come diffi-colt man mano che ladattamento al lavoroprogredisce.In base alle nostre esperienze tale tipologia di la-voro consente allatleta di assorbire in modo positi-vo le variazioni che possono accadere durante lecompetizioni e ad essere pronto ad effettuare finalidi gara efficaci e vincenti.

    Conclusioni

    Ci sono alcuni elementi della metodologia dellalle-namento che nellultimo decennio la scienza ha prov-

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    veduto a mettere in luce dando loro una valenza di-versa. A volte questo intervento si limitato a con-fermare intuizioni che avevano gi avuto gli allenatori,in altre si trattato di una specificazione che rende-va di pi facile comprensione i vari fenomeni.Questo alternarsi di importanza dei vari metodi dilavoro costituisce il contributo che la scienza d allavoro svolto sul campo dai tecnici di atletica leg-gera, consentendo loro di individuare ed ottimizza-re il carico allenante. Un pi attento studio dellecaratteristiche della gara, delle differenti richiestetattiche, ha portato a capire, inoltre, che le diverseespressioni di forza costituiscono la base per unaevoluzione cronometrica dellatleta, per cui si evi-

    denziata limportanza del gesto meccanico visto co-me elemento determinante la prestazione. Infine si rimarcata una nuova puntualizzazione sullutilizzodella metodica di allenamento basata sullintervaltraining, per sollecitare maggiormente la vVO2 con-sentendo di aprire nuovi orizzonti e pi precise uti-lizzazioni dei mezzi allenanti.Da tutto questo ne deve risultare, in definitiva , unruolo pi dinamico della figura del tecnico, il qua-le deve non solo valutare con spirito critico quan-to di nuovo proposto dalla letteratura scientifica,ma considerare con la dovuta attenzione quantogi conosciuto sulla base dellesperienza praticada campo.

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