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Gianni Rodari, pedagogo e giornalista, è considerato il maggiore favolista del Novecento.
L'infanzia a Omegna
Gianni Rodari nasce il 23 ottobre 1920 a Omegna sul Lago d’Orta in cui i genitori originari della Val
Cuvia nel Varesotto si trasferiscono per lavoro. Gianni frequentò ad Omegna le prime quattro
classi delle scuole elementari. Era un bambino con una corporatura minuta e un carattere piuttosto
schivo che non lega con i coetanei. È molto affezionato al fratello Cesare mentre a causa della
notevole differenza di età è poco in confidenza con il fratello Mario.
Il padre Giuseppe fa il fornaio nella via centrale del paese e muore di
bronco-polmonite quando Gianni ha solo dieci anni. In seguito a questa
disgrazia la madre preferisce tornare a Gavirate il suo paese natale.
La gioventù e l'adolescenza a Gavirate e l'esperienza del seminario
Nel varesotto vive dal 1930 al 1947.
Frequenta la quinta elementare a Gavirate.
Il 5 agosto 1931 fa richiesta di entrare in seminario per frequentare il ginnasio.
Nell'ottobre dello stesso anno entrerà quindi nella IC del seminario di Seveso. Gianni si
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distingue subito per le ottime capacità e risulterà infatti il migliore della classe. Risultati che furono poi confermati
anche nella seconda classe. All'inizio della classe terza, nell'ottobre 1933 si ritirò. Concluse l'anno scolastico a Varese,
ma non proseguì gli studi liceali bensì optò per le scuole Magistrali. Frequentò con profitto la quarta classe nel 1934-35
e venne ammesso al triennio superiore. Il 25 febbraio 1937 abbandonò gli studi per presentarsi alla sessione estiva con
l'intento di sostenere direttamente gli esami e guadagnare così un anno.
Già a partire dal 1935 Rodari militava nell'Azione Cattolica. Dai verbali delle adunanze di Gavirate risulta che nel
dicembre dello steso anno Gianni svolgeva già la funzione di presidente. Anche l'anno successivo fu dedicato
molto all'organizzazione cattolica.
Nel 1936 pubblicò otto racconti sul settimanale cattolico L'azione giovanile e iniziò una collaborazione con Luce diretto
da Monsignor Sonzini.
Nel 1937 iniziò un periodo di profondi cambiamenti. Nel marzo lasciò la presidenza dei giovani gaviratesi dell'Azione
cattolica e da allora i rapporti con questa si allentarono molto. Tra la primavera e l'estate il suo massimo impegno venne
dedicato allo studio e a soli 17 anni conseguì il diploma magistrale.
In quegli stessi anni Rodari leggeva molto e amava la musica. Andò per tre anni a lezione di
violino. Molto sensibile, si confidava solo con pochi amici. Aveva una grande curiosità
intellettuale e cominciò a leggere le opere di Nietzsche, Stirner, Schopenhauer, Lenin,
Stalin e Trotzkij. "Queste opere, - commenta- ebbero due risultati: quello di portarmi a
criticare coscientemente il corporativismo e quello di farmi incuriosire sul marxismo come
concezione del mondo".
Nel 1939 si iscrive all’Università cattolica di Milano, alla facoltà di lingue. Abbandonerà poi
l'esperienza universitaria dopo alcuni esami, ma senza laurearsi. Nel frattempo inizia ad
insegnare in diversi paesi del varesotto.
Nel 1940, quando l’Italia entra in guerra Rodari viene dichiarato rivedibile e non viene
richiamato alle armi.
Nel 1941 vince il concorso per maestro ed incomincia ad insegnare ad Uboldo come
supplente. Fu un periodo molto duro di cui ha un forte ricordo. Si iscrive al partito fascista
e accettò di lavorare nella casa del fascio pur di tirare avanti. I drammatici avvenimenti della guerra lo colpiscono
profondamente negli affetti personali quando apprende la notizia della morte degli amici Nino Bianchi e Amedeo
Marvelli, mentre il fratello Cesare nel settembre del 1943 viene internato in un campo di concentramento in Germania.
Subito dopo la caduta del fascismo Gianni Rodari si avvicina al Partito Comunista, a cui si scrive nel 1944 e partecipa alle
lotte della resistenza.
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Gli anni del giornalismo politico tra Milano e Roma
Subito dopo la guerra viene chiamato a dirigere il giornale "Ordine Nuovo", nel 1947 viene
chiamato all’Unità a Milano, dove diventa prima cronista, poi capo cronista ed inviato
speciale.
Mentre lavora come giornalista incomincia a scrivere racconti per bambini. Nel 1950 il
Partito lo chiama a Roma a dirigereil settimanale per bambini, il "Pioniere", il cui primo
numero esce il 10 settembre 1950. Nel 1952 compie il primo dei diversi viaggi che farà
Urss.
In quegli anni pubblica Il libro delle filastrocche ed il Romanzo di Cipollino. Nel 1953 sposa
Maria Teresa Feretti, dalla quale quattro anni dopo ha la figlia Paola.
Dal settembre 1956 al novembre 1958 torna a lavorare all'Unità diretta da Ingrao. Farà
l'inviato e poi il responsabile della pagina culturale e infine il capocronista. Nel 1957 supera
l'esame da giornalista professionista.
Il 1° dicembre 1958passa a lavorare a Paese sera. Si realizza finalmente la scelta che contrassegnerà tutta la sua vita:
affiancare al lavoro di scrittore per l'infanzia quello di un giornalismo politico non partitico.
Gli anni della scrittura per l'infanzia e della notorietà
Nel 1960 incomincia a pubblicare per Einaudi e la sua fama si diffonde in tutta Italia. Il
primo libro che esce con la nuova casa editrice è Filastrocca in cielo ed in terra nel 1959.
Solo nel 1962-63 raggiunge una certa tranquillità economica grazie alla collaborazione a La
via migliore e a I quindici.
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Dal 1966 al 1969 Rodari non pubblica libri, limitandosi a una intensa attività di collaborazioni per quanto riguarda il
lavoro con i bambini. Lascia Paese sera e nel l970 vince il Premio Andersen, il più importante concorso internazionale per
la letteratura dell’infanzia, che accresce la sua notorietà in tutto il mondo.
Nel 1970Ricomincia a pubblicare per Einuadi ed Editori Riuniti, ma la sua prodigiosa macchina creativa non sembra più
girare a pieno regime. Non è solo a causa del grande successo, ma anche della grande mole di lavoro e della sua
condizione fisica.
Nel 1974 si impegna nel rilancio del Giornale dei genitori, ma subito cerca di disimpegnarsi.
Cosa che accadrà agli inizi del 1977.
Al ritorno da un viaggio in Urss Gianni Rodari nel 1979 comincia ad accusare i primi problemi
circolatori che lo porteranno alla morte dopo un intervento chirurgico il 14 aprile del 1980.
Opere
A
Le avventure di Cipollino
C
C'era due volte il barone Lamberto
F
Favole al telefono
Filastrocche in cielo e in terra
La Freccia Azzurra (romanzo)
G
Gelsomino nel paese dei bugiardi
Il gioco dei quattro cantoni
Gip nel televisore e altre storie in orbita
La gondola fantasma
Grammatica della fantasia
L
Il libro degli errori
Il libro dei perché
Il libro delle filastrocche
N
I nani di Mantova
Novelle fatte a macchina
P
Il palazzo di gelato e altre otto favole al
telefono
Il pianeta degli alberi di Natale
T
La torta in cielo
V
I viaggi di Giovannino Perdigiorno
Sitografia
www.rodariparcodellafantasia.it
letturegiovani.it
libreriamo.it
giannirodari.it
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Il Giornale: storia, aspetti, contenuti IL quotidiano e la sua struttura
Il giornale per eccellenza è considerato IL QUOTIDIANO, anche se non si tratta dell’unico tipo di giornale esistente.
È un organo di informazione meno potente di notiziari televisivi e radiofonici ma comunque fondamentale. Più impegnativo, e meno accattivante, del notiziario televisivo, il giornale
richiede un livello medio di cultura da parte del lettore, e un suo maggiore sforzo intellettuale, di analisi e di ricostruzione, rispetto alle informazioni veicolate dai supporti audio-video,
che sono invece già pronti e confezionati. Ecco perché attualmente, e in particolare in Italia, i quotidiani sono meno sfruttati rispetto ad altri sistemi d’informazione: perché
presuppongono una certa preparazione, comportano fatica nella decodifica dei testi, rendono il lettore “attivo” e quindi stimolano, in varie maniere, la sua intelligenza e il suo spirito
critico (tutte qualità al giorno d’oggi ampiamente “in disarmo”, soppiantate dalla comoda – per tutti – capacità di condizionare la mente del fruitore di notizie con immagini e commenti
audio veloci, spesso sovrapposti e “giustapposti”, allo scopo di ottenere un preciso e immediato convincimento.
Torniamo ai quotidiani; essi non sono tutti uguali, infatti non riportano (o non dovrebbero riportare) le medesime notizie e soprattutto non le riportano (o non dovrebbero) nella stessa
maniera. Inoltre esistono diversi tipi di “giornali-quotidiani”:
quelli d’informazione, che si occupano prevalentemente di dare le notizie e approfondirle,
quelli di opinione, che si concentrano maggiormente sul commento delle informazioni e quindi sul loro approfondimento (in un modo che, almeno sulla carta, “dovrebbe essere
indipentente”, cioè non organico a nessuna corrente partitica ufficiale, anche se non per questo obiettiva e priva di schieramenti),
quelli di partito che puntano invece su una lettura della realtà apertamente veicolata attraverso le posizioni ideali e politiche sostenute dal partito, o dal movimento, di cui il
giornale viene definito “organo ufficiale”.
Il giornale si suddivide in due grandi tipi: il quotidiano tradizionale, di formato più grande, ed il tabloid, più sintetico e mirato (succinto, o ridotto) rispetto alla propria impostazione e
alla propria sfera di interesse, che può essere prevalentemente orientata alla moda, al mondo dello spettacolo, allo sport, alla cultura, ecc.
Solitamente i giornali, soprattutto oggi, escono al mattino; va ricordato però che prima dell’avvento di radio e tv esistevano diverse edizioni dello stesso giornale che potevano “uscire”
anche nel pomeriggio o alla sera, soprattutto in occasione di grandi avvenimenti mondiali e di importanti fatti di cronaca.
Prima che l’impostazione del giornale si facesse, come avviene oggi, al computer e attraverso sistemi telematici di trasmissione degli articoli, la composizione di un quotidiano era molto
complessa ed elaborata: le notizie arrivavano attraverso i telefoni e le telescriventi, dagli inviati o dai corrispondenti, dislocati in luoghi anche molto lontani, dalle questura, dagli enti
locali, dalla polizia e da informatori di vario tipo, oppure ancora dalle agenzie di stampa specializzate che permettevano, e permettono ancora, la diffusione in tempi brevissimi di notizie
su scala mondiale.
A questo punto partiva la composizione del giornale che veniva impaginato, all’origine con il sistema dei caratteri mobili fino all’Ottocento, con macchine quali la linotype, o la monotype nel
XX secolo e attualmente con la fotocomposizione al computer, ovviamente molto più pratica e veloce.
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Lo schema di ciascuna pagina si chiama menabò e permette di organizzare, tagliando e componendo i vari “pezzi”, cioè gli articoli, con i titoli più o meno in grande, con le immagini, i
disegni, le vignette, in particolare sulla prima pagina che è la più importante del quotidiano e funziona un po’ da “vetrina”. Nella prima pagina troviamo infatti il titolo
generale dell’edizione di quel giorno, scelto tra le notizie più importanti della giornata, l’articolo di fondo o editoriale (il vero “pezzo” qualificante del giornale, sovente scritto dal
direttore della “testata” e riguardante un approfondimento- commento di tipo argomentativo in merito alla notizia ritenuta più importante per quel giorno), gli articoli civetta (legati
sempre alle necessità imformative circa lgli avvenimenti più importanti della giornata) che iniziano per poche righe in prima pagina ma proseguono nell’interno, il sommario, le foto, le
vignette.
Nelle pagine interne (che possono variare dalle 10 dei piccoli giornali alle 60 dei grandi quotidiani nazionali publicati in città come Roma e Milano) gli articoli sono raggruppati per
argomenti e ciascun quotidiano riserva un gran numero di pagine fisse a determinati temi: un tempo, ad esempio, la “terza pagina” era dedicata alla cultura e riportava notizie letterarie e
artistiche. Oggi le prime pagine sono dedicate alla cronaca politica, internazionale e nazionale, poi seguono le notizie di cronaca, anche qui internazionale e nazionale e di economia, infine
la cronaca locale (della città o della regione in cui il quotidiano ha sede), lo sport (molto ricco specialmente il lunedì; ricordiamo in merito che fino ad alcuni anni gli unici giornali ad uscire
il lunedì erano quelli sportivi, e le notizie di calcio sui quotidiani generici erano più limitate di adesso), lo spettacolo e la televisione, le pagine dedicate alle lettere, cioè la posta dei
lettori, i settori dedicati ai giochi (sudoku, cruciverba, ecigmistica di vario genere) anche se su questi ultimi argomenti non tutti i giornali sono impostati nella stessa maniera.
Esistono infine gli inserti, o pagine speciali tematiche, dedicate, di volta in volta (e in genere in giornate fisse), a particolari argomenti settoriali come la scienza, la tecnologia, la
medicina, la casa, le compravendite ecc.
Negli ultimi anni al quotidiano tradizionale si affianca il magazine, un tempo giornale ad uscita settimanale o periodica autonomo ed ora affiancato, con poco sovrapprezzo, alla vendita del
quotidiano.
Discorso a parte, ma meno importante perché comprensibile a tutti per natura e finalità, è la presenza da molto tempo ingombrante della pubblicità che spesso occupa intere pagine del
quotidiano con immagini furbe, di pronta presa e scritte “di scatola”, cioè “a caratteri cubitali”, che reclamizzano un prodotto.
Ricordiamo che l’uso di Internet sta lentamente cambiando il modo di usufruire delle notizie, anche rispetto al mondo radiotelevisivo; una certa parte della popolazione, la più attenta ai
mutamenti del tempo, oggi si informa attraverso la rete perché in essa può rapidamente trovare i riferimenti di tutti i quotidiani mondiali, come si dice, “in tempo reale”.
La prima pagina
Diamo adesso alcuni riferimenti tecnici che permettono di orientarsi nel “lessico” tradizionale di un quotidiano analizzando i segmenti che compongono la prima pagina.
La testata: è l’elemento più vistoso dell’intero quotidiano e ne contiene il nome, stampato in alto e i grande, l’indicazione delle caratteristiche (quotidiano d’informazione, organo di
partito, ecc.), i riferimenti editoriali e gli indirizzi.
Il titolo: è calcolato in colonne, che per il normale quotidiano sono 9 mentre per i tabloid, più piccoli, sono 7. le colonne comprendono la giustezza, ovvero l’impaginazione degli articoli che,
per ragioni di comodità di lettura, non è organizzata in orizzontale (a tutta pagina) come i libri ma a strisce, in numero massimo appunto di nove o di sette; quando il titolo prende tutta la
lunghezza della prima pagina si definisce “a nove colonne”, ma compare solo in occasione di fatti straordinari.
Intorno al titolo: sopra il titolo abbiamo l’occhiello, ovvero una frase scritta in caratteri più piccoli, in genere in corsivo, che fornisce maggiori informazioni sul titolo; sotto il titolo
troviamo il sottotitolo, anch’esso in corsivo ma scritto a caratteri più grandi dell’occhiello; ancora più sotto il catenaccio, scritto in formato normale e più in grande anche del sottotitlo, e
infine il sommario, ancora più sotto, che contiene alcune frasi illustrative dell’articlo di apertura.
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L’articolo di fondo: spesso si trova in alto a sinistra, parte della pagina definita taglio alto, ma può comprendere anche il taglio medio, la parte centrale, e addirittura il taglio basso,
sempre a margine della pagina e nella stessa colonna. È scritto, come abbiamo detto, dal direttore del giornale o da un giornalista particolarmente autorevole che rappresenta
l’orientamento ideale e argomentativo del quotidiano in merito alla notizia di cui si occupa.
L’apertura: a fianco all’articolo di fondo, ma in una zona più centrale del taglio alto, sta il servizio di apertura che segue il titolo principale della giornata ed è quasi sempre accompagnato
da una fotografia.
Il taglio basso: contiene alcuni brevi articoli (in genere due) su notizie meno evidenti delle principali, spesso di costume, definito fogliettone (da feuilleton, francese, cioè il romanzo
d’appendice che veniva pubblicato a puntate) ed è uno spazio talvolta occupato dalla pubblicità, ma qui ogni quotidiano organizza autonomamente l’impostazione senza seguire regole
generali.
Il servizio di spalla: si trova a destra dell’apertura e riguarda una notizia appena meno importante della prima, o anche una semplice foto.
Il contornato: si può trovare sempre nella zona a destra del taglio medio o del taglio basso ed è caratterizzato da una riga molto marcata che incornicia il pezzo rendendolo evidente
benché non caratterizzato da un titolo scritto molto in grande.
In sintesi, la struttura della I pagina di un quotidiano risulta approssimativamente la seguente:
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Gli Italiani temono i cambiamenti climatici e vogliono risposte
di Pasquale Pagano
A dicembre di ogni anno l’Ispi (istituto studi politici internazionali), in collaborazione con l’istituto statistico Ipsos, tira le somme dell’anno
trascorso chiedendo agli Italiani quali sono le minacce che più li preoccupano. Il report 2018 è molto interessante. Si legge: “per l’Italia,
l’immigrazione e l’economia sono ancora le issues cruciali, ma spostando lo sguardo alle preoccupazioni globali i cambiamenti climatici
sono considerati la principale minaccia, dal 28% degli intervistati (+15 punti rispetto al 2017).”
Dunque, complice probabilmente la fortissima ondata di maltempo che ha colpito la penisola tra ottobre e novembre, i cambiamenti
climatici sono considerati una minaccia di gran lunga più grave rispetto al terrorismo di Matrice Islamica, che preoccupa il 16% degli
intervistati.
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Numeri a confronto
La ricerca dell’Ispi riporta il dato, senza sviscerarlo troppo, dedicandosi con maggior attenzione ad altre minacce, come per esempio la crisi
economica e il terrorismo internazionale. Per fortuna, in occasione della Cop24, svoltasi ad inizio dicembre 2018 a Katowice (Polonia), la BEI
(Banca Europea per gli Investimenti) ha commissionato a Yougov un sondaggio, che -per la prima volta- cerca di capire il “sentiment” degli
intervistati rispetto ai cambiamenti climatici [1]
La BEI è il braccio finanziario dell’UE, impegnata anche in progetti di cooperazioni con paesi non membri; sin dalla COP 21 (2015) è molto
attiva per cercare di limitare i cambiamenti climatici e i loro effetti. Dunque, il sondaggio che ha commissionato può considerarsi il
termometro più affidabile per misurare le opinioni dei cittadini circa i cambiamenti climatici.
Questo sondaggio è stato somministrato a 25 mila persone, maggiori di 18 anni in 30 Stati, residenti nei paesi membri dell’Unione, oltre che
in Cina e USA.
Leggendo il report riscontriamo diversi spunti di riflessione e considerazioni. Il primo è che gli Europei – circa il 78% degli intervistati-
considerano i cambiamenti climatici una minaccia, rivelandosi, inoltre, i più preoccupati dal fenomeno a livello mondiale.
La seconda considerazione, ancora più importante, è che gli Italiani risultano essere i più preoccupati, dopo la Spagna, con una percentuale
che supera l’80%.
Inoltre, in Italia sono preoccupati dai cambiamenti climatici più i giovani (fino a 34 anni) che gli adulti, più le classi agiate che i meno
abbienti.
Insomma, quello che emerge dal sondaggio per l’Europa e l’Italia è una crescente preoccupazione da parte dei cittadini verso i cambiamenti
climatici che, purtroppo, trova riscontro nella realtà. Infatti, come è ormai risaputo, 17 degli ultimi 18 anni sono risultati essere i più caldi
da quando esistono i registri delle temperature [2] . In particolar modo, quello appena trascorso, secondo i dati dell’ISPRA (istituto per la
Protezione e Ricerca Ambientale) [3] è stato l’anno più caldo di sempre per l’Italia “con la temperatura media sempre nettamente superiore
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al valore normale ad eccezione dei mesi di febbraio e marzo; i mesi relativamente più caldi sono stati gennaio e aprile, con anomalie di oltre
2,5 °C”.
I cambiamenti climatici, oltre ad una grande sfida, rappresentano un’enorme opportunità economica… Il quadro a tinte fosche che si delinea
nella prima parte del report è parzialmente ridimensionato nella seconda. Qui emerge che gli Italiani credono che l’attuazione del piano
d’azione nazionale ai cambiamenti climatici (Pnacc) possa rappresentare, oltre che un toccasana per l’ambiente e le nostre vite, anche
un’enorme opportunità economica. Insomma, gli abitanti del Bel Paese risultano essere i più ottimisti per quanto riguarda le possibilità di una
transizione energetica (26%), una percentuale bassa, ma comunque la più alta rispetto alla media europea (21%). Oltre a questo, il rapporto
presenta molti dati economici a favore dei provvedimenti volti a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici; vengono prospettati 28
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milioni di nuovi posti di lavoro nel settore delle rinnovabili, entro il 2050. Per il momento sono 1,4 milioni i lavoratori nel settore delle
rinnovabili, in Italia il 7% del totale.
E’ tutto pronto, adesso ci vuole la dimostrazione di una volontà politica…
Nonostante l’opinione degli Italiani, però, per l’ASviS [4] report 2018 rimane ancora molto da fare per cercare di centrare tutti gli
obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, firmata dall’Italia all’indomani della Cop 21 di Parigi e firmata nel 2015. In modo
particolare nel report viene segnalato che bisognerebbe “scindere la crescita dalle emissioni”. Nello specifico quello che l’associazione ha
notato è che nel nostro paese a maggior crescita economica (in termini di Pil) corrisponde un aumento delle emissioni. In altre parole, la
crescita nel nostro paese è ancora strettamente legata all’energia prodotta da fonti fossili. Quindi, bisognerebbe investire più risorse
nella transizione energetica per rendere l’economia italiana il più sostenibile possibile. Per l’ASvis, che nota un forte sensibilità delle
imprese e dell’opinione pubblica nostrana per il tema ambientale, quello che manca è però una forte volontà politica.
Il rapporto IPCC sulla lotta ai cambiamenti climatici spiegato in 10 punti
di Greenpeace - 8 Ottobre 2018 Un piano ben definito per riuscire a limitare con urgenza il riscaldamento globale. È quanto propone l’atteso “Special Report on 1.5 degrees Celsius”, presentato
in Corea nelle scorse ore dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC).
Il report mostra come le emissioni globali debbano essere dimezzate entro il 2030, per poi essere totalmente azzerate al massimo entro il 2050. Se infatti si
dovesse continuare ad emettere CO2 ai ritmi odierni, ci si attende che la temperatura del Pianeta superi il grado e mezzo di aumento entro pochi anni.
Ma cosa suggerisce la scienza per evitare gli effetti peggiori dei cambiamenti climatici?
Lo riassumiamo in 10 punti.
1. Un aumento di 2 gradi Celsius della temperatura media globale è assai più pericoloso di quello che si pensava nel 2015, quando fu firmato l’Accordo di
Parigi. Il nuovo rapporto dell’IPCC sottolinea rischi significativamente più elevati per il genere umano, la biosfera e le economie.
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2. Limitare l’aumento della temperatura globale media a 1,5 gradi, invece che a 2 gradi, farebbe una grande differenza per la vita negli oceani e sulla terra.
Proteggerebbe centinaia di milioni di persone dalle ondate di calore estreme, dimezzerebbe l’aumento della popolazione che soffrirà la scarsità d’acqua e
aiuterebbe a raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e di sradicare la povertà.
3. Limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi o meno, è un obiettivo sfidante ma ancora raggiungibile, se saremo veloci, determinati e fortunati, e se
acceleriamo le azioni su tutti i fronti.
4. Esistono già le soluzioni che possono farci dimezzare le emissioni globali di gas a effetto serra entro il 2030, in maniera da sostenere gli obiettivi di
sviluppo e darci società più sane e prospere.
5. I prossimi anni sono quelli cruciali per portare il mondo in una traiettoria di trasformazione e ridurre le emissioni di carbonio, aumentare le aree forestate
per giungere a emissioni nette nulle entro e non oltre la metà del secolo. Con gli attuali obiettivi di riduzione di emissioni al 2030 non abbiamo speranza
di farcela. I Paesi devono fissare obiettivi più ambiziosi.
6. Dobbiamo pensare in grande ad ogni livello, coinvolgendo tutti. La sfida non ha precedenti e non sarà vinta solo con la tecnologia o l’economia.
Abbiamo bisogno di una migliore governance, e una più profonda comprensione delle trasformazioni di sistema e di come motivare per il cambiamento.
E abbiamo bisogno di prepararci per gli impatti e le perdite che non potranno più essere evitate, soddisfacendo le necessità delle persone più a rischio.
7. Siamo già a 1 grado Celsius sopra i livelli preindustriali. Se le temperature continueranno a crescere alla velocità attuale, il livello di 1,5 gradi verrebbe
raggiunto tra il 2030 e il 2052.
8. Un ulteriore aumento di 0,5 gradi aumenterebbe di molto i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. Già con 1,5 gradi si potrebbero destabilizzare le
calotte glaciali, uccidere fino al 90 per cento dei coralli e causare gravi problemi agli ecosistemi marini, all’Artico e alle persone.
9. Il degrado ambientale in generale, e i cambiamenti climatici in particolare, sono già oggi tra le cause scatenanti di notevoli spostamenti di popolazioni
sfollate costrette ad abbandonare i loro territori per sfuggire a siccità, inondazioni, carestie. Questa tendenza sta purtroppo aggravandosi e con un
aumento di 2 gradi i flussi migratori sarebbero certamente ingestibili e incontrollabili.
10. Limitare l’aumento a 1,5 gradi comunque ridurrebbe gli ulteriori rischi e impatti in modo significativo come rappresentato nella tabella successiva.
Impatti e rischi: scenari a 1,5°C e 2°C
Calotte di
ghiaccio:
punto di
non
ritorno
L’instabiltà di Groenlandia e Antartide, che potrebbe portare allo scioglimento
di ghiacci e al relativo aumento del livello dei mari di diversi metri,
avverrebbero tra i 1,5°C – 2°C di aumento della temperatura globale
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Eventi
estremi
Previsto sostanziale incremento degli eventi estremi con aumento tra 1,5°C e i
2°C
Ondate di
calore
Un aumento di 1,5°C, rispetto ai 2°C, ridurrebbe di circa 420 milioni di unità il
numero di persone esposte con frequenza a ondate di calore
Livello dei
mari
Un aumento di 1,5°C, rispetto ai 2°C, ridurrebbe di circa 10 milioni di unità il
numero di persone esposte ai rischi di innalzamento dei mari
Scarsità di
acqua
La proporzione di popolazione mondiale esposta a scarsità di acqua si
ridurrebbe del 50% in uno scenario a 1,5°C rispetto ai 2°C
Povertà e
rischi
multi-
settoriali
Un numero quattro volte maggiore di persone sarebbe esposto a povertà e rischi
multisettoriali nello scenario a 2°C rispetto a 1.5°C (86- 1.229 milioni vs 24-357
milioni)
Sistema
alimentare
Un aumento di 2°C, rispetto a 1,5°C, vorrebbe dire decuplicare il numero di
persone esposte a carestie
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Servizi
degli
ecosistemi
Con uno scenario a 1,5°C rispetto ai 2°C, ci sarebbero importanti benefici per
l’acqua dolce, per gli ecosistemi terrestri e costieri e per la conservazione dei
loro servizi all’umanità
Perdita di
specie e
estinzioni
Il numero di specie che perderebbero la metà dei loro individui sarebbe ridotta
del 50% per piante e vertebrati e del 66% per gli insetti con uno scenario a
1,5°C, anziché a 2°C
Ecosistemi L’area della Terra soggetta a cambiamenti degli ecosistemi sarebbe ridotta della
metà a 1,5°C rispetto a 2°C
Artico Il rischio di avere un Artico senza ghiacci sarebbe ridotto a una possibilità al
secolo a 1,5°C, rispetto a una possibilità ogni 10 anni a 2°C
Permafrost Stabilizzare la temperatura media globale a 1,5 °C invece che 2 °C salverebbe
circa 2 milioni di chilometri di permafrost
Impatti
sugli
oceani
Gli ecosistemi marini, che stanno già sperimentando cambiamenti su larga scala,
presentano una soglia critica stimata da 1,5°C in su
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Coralli I coralli in acque calde perderebbero il 70-90% di copertura a 1,5°C e il 99% a
2°C di riscaldamento globale
Pesca Con 1,5°C la diminuzione del pescato globale annuale si ridurrebbe della metà
rispetto allo scenario a 2°C
#FridaysForFuture, la riscossa delle giovani generazioni (14 marzo 2019)
Il movimento ispirato dalla giovane svedese Greta Thunberg porta in piazza i giovani di tutto il mondo per ribadire l’urgenza di interventi che
abbiano un reale impatto sul cambiamento climatico e che garantiscano la sostenibilità ambientale
Saranno oltre 1.300 nel mondo le località (e quasi 100 i Paesi) in cui gli studenti scenderanno in piazza, domani 15 Marzo 2019, per richiamare gli
adulti alle loro responsabilità in materia di cambiamento climatico. Una mobilitazione senza precedenti, soprattutto per l’età media dei partecipanti:
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andranno in manifestazione bambini dall’età del nido fino all’università. Gli studenti di tutto il mondo hanno risposto in modo inaspettato alla
chiamata di chi sa che non c’è più un minuto da perdere.
Greta, figura ispiratrice
Il movimento #FridaysForFuture (https://www.fridaysforfuture.org/) è nato solo pochi mesi fa, nell’agosto del 2018, su ispirazione della 16enne
svedese Greta Thunberg che da settembre sosta, ogni venerdì, davanti al Parlamento del suo Paese, per protestare contro la mancanza di iniziative
concrete che possano fermare il cambiamento climatico.
La giovane - che ha una storia personale commovente e che ha trovato nella causa del clima la forza per superare una forma di mutismo selettivo
che l’aveva colpita nell’infanzia – è diventata la testimonial di una campagna che sembra acquisire forza giorno dopo giorno e che si propone di
andare avanti finché non saranno messe in atto le misure per il contenimento del riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C di aumento previsti dagli
accordi di Parigi.
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E l’esempio è ancora più efficace dal momento che Greta Thunberg ha applicato innanzitutto a se stessa i principi di sobrietà che sono necessari a
ridurre l’impatto antropico sul clima: è vegana, non viaggia più in aereo ma solo in treno e cerca di ridurre al massimo i consumi non strettamente
necessari.
“È in gioco il futuro del Pianeta, il nostro futuro” ha dichiarato. “E non possiamo aspettare che sia la mia generazione a prendere il potere: sarà
troppo tardi per la Terra. Dovete agire voi adulti, adesso. Stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti”.
Un’opportunità per il mondo dell’educazione In molti Paesi, soprattutto nel Nord Europa, i dirigenti scolastici hanno aderito ufficialmente alla protesta: i ragazzi potranno andare in piazza senza
che la loro assenza da scuola venga conteggiata. In altri, tra cui l’Italia, la mobilitazione è lasciata alla libera scelta dei singoli.
Per le scuole, e in generale per il mondo dell’educazione, si tratta comunque di una grande opportunità per far entrare il tema del cambiamento
climatico e della sostenibilità ambientale nelle aule scolastiche, fornendo ai giovani, sempre pronti a mettersi in gioco in prima persona, anche le
conoscenze teoriche e pratiche per rendere la loro azione più incisiva.
Per l’Italia sono a disposizione di tutti gli insegnanti i materiali educativi prodotti da BCFN nel contesto del progetto Noi, il cibo e il nostro
pianeta rivolti a tutte le età, dalla scuola primaria a quella superiore. Tramite tool multimediali e interattivi, il progetto mette il cibo in relazione con
ambiente, salute, società e migrazioni e spiega come la costruzione di un rapporto equilibrato tra ambiente, cibo, risorse e i bisogni dell’essere
umano è fondamentale per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) sanciti dalle Nazione Unite.
Le nuove generazioni, dice il movimento #FridaysForFuture, sono sanno che è necessario agire, e in fretta: gli adulti saranno capaci di ascoltare la
saggezza che viene dai più giovani?
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"How dare you?" Il discorso di Greta Thunberg all'Onu
"Come osate?". Al vertice delle Nazioni Unite sul clima la giovane attivista pronuncia un discorso destinato a diventare icon ico.
"Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. E tutto ciò di cui parlate sono i soldi? Come osate?"
“La speranza viene da noi giovani, come osate? Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote, eppure sono tra i più
fortunati. Le persone stanno soffrendo, le persone stanno morendo, interi ecosistemi stanno crollando”.
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Così la sedicenne Greta Thunberg in apertura del vertice Onu sul clima rivolgendosi ai leader mondiali. “Il mio messaggio è che vi terremo
d’occhio. Tutto questo è così sbagliato. Non dovrei essere qui, dovrei essere a scuola, dall’altro lato dell’Oceano. Venite a chiedere la
speranza a noi giovani? Come vi permettete?”. E ancora: “Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote, e io sono
tra i più fortunati. Le persone stanno soffrendo, stanno morendo. Interi ecosistemi stanno collassando. Siamo all’inizio di un’estinzione di
massa. E tutto ciò di cui parlate sono soldi e favole di eterna crescita economica? Come vi permettete?”
“Ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se
sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai”, ha aggiunto, sottolineando che “il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando,
che vi piaccia o no”. “Il mio messaggio è che vi teniamo gli occhi addosso”.
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