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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 4 AGOSTO 2012 ANNO 15 N. 31 DAL ICONE POP, GLI INSOLITI INCONTRI LAGWAGON, INTERVISTA A SPASSO CON JIMI ROMANO MARTINIS ALDO PROSDOCIMI LUIGI ABIUSI CYRILL BROSS E PHILIPP STENNERT THEATRHYTHM FINAL FANTASY CHIUSE DA OLTRE MEZZO SECOLO, LE MINIERE DI CARBONE DEL BELGIO VALLONE, CHE TANTE VITE UMANE HANNO INGHIOTTITO, SONO DIVENUTE LO SCORSO PRIMO LUGLIO PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÀ

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 4 AGOSTO 2012 ANNO 15 N. 31

DAL

ICONE POP, GLI INSOLITI INCONTRILAGWAGON, INTERVISTA A SPASSO CON JIMI

ROMANO MARTINIS ALDO PROSDOCIMILUIGI ABIUSI CYRILL BROSS E PHILIPP STENNERTTHEATRHYTHM FINAL FANTASY

CHIUSE DA OLTRE MEZZOSECOLO, LE MINIEREDI CARBONE DEL BELGIOVALLONE, CHE TANTE VITEUMANE HANNOINGHIOTTITO,SONO DIVENUTELO SCORSO PRIMO LUGLIOPATRIMONIO MONDIALEDELL’UMANITÀ

(2) ALIAS4 AGOSTO 2012

Le Grand Hornu Marcinelle

BELGIO

BRUXELLES

BOSSU CHARLEROIAnniversariodi Marcinelle:siti a confrontodi LUCIANO DEL SETTE

●●●Gli anniversari della storia, degnidi qualche o di molta importanza,non sono fatti soltanto di cifrerotonde: dieci, cinquanta, cento,duecento. Esistono, per glianniversari, anche cifre imperfette,che segnano con forza uguale unadata da ricordare. Nel 2012, la tragediamineraria di Bois du Cazier, Belgiovallone, meglio conosciuta cometragedia di Marcinelle, ripete duevolte il numero cinquantasei. Tantisono, infatti, gli anni trascorsi dallamattina dell’otto agosto 1956, quandosoltanto tredici dei 275 minatori scesinelle gallerie del carbone tornarono arespirare l’aria e la vita. LaNumerologia cita, tra i moltiabbinamenti al 56, la povertà, le lottesociali, la segregazione, l’addio, ildistacco. Nella Smorfia, 56 significa‘caduta’. Credere o no allaNumerologia e alla Smorfia, non ha,ovviamente, alcuna importanzaguardando a ciò che accadde al Bois.Ma è indubbio che a determinare queifatti furono l’emigrazione (il distacco),la povertà, la segregazione; che addiofu l’ultimo saluto delle famiglie a chiera morto asfissiato dalle esalazionidel fumo a un chilometro diprofondità; che le successive lottesociali furono strumento principe percambiare il lavoro e l’esistenza di chiscendeva e ‘cadeva’ (ecco la Smorfia)in miniera. La Vallonia contava, a queltempo, quattro siti estrattivi oltre alBois du Cazier: Bois du Luc, GrandHornu e Blegny Mine. Chiusi ormaida mezzo secolo, scampati allespeculazioni edilizie che li avrebberorasi al suolo cancellandone il passato,sono divenuti, lo scorso primo luglio,Patrimonio Mondiale dell’Umanità.La scelta di raccontare, qui, Bois duCazier e Grand Hornu non è casuale.Perché, mentre il Bois rappresenta unesempio di sfruttamento umanovergognoso ed estremo, il GrandHornu esprime il tentativo di creareuna città ideale del lavoro. Accomunaentrambi i siti, il primo a pochichilometri da Charleroi, il secondonelle vicinanze di Mons, il fatto dirappresentare oggi luoghi vivi, dove lamemoria e la storia non sonoingessate dentro l’armatura di unmuseo tradizionale, ma interagisconocon il mondo esterno; rapportano illoro passato a ciò che avviene ancoranelle viscere del Terzo Mondo e deinuovi giganti economici; ospitanomostre e installazioni temporanee,esposizioni permanenti dedicate allavoro.

Il sorriso aperto, l’abbigliamento e imodi informali, la passione di JeanLouis Delaet, sono riflesso del suo

modo di intendere la funzione delBois, di cui è direttore «Il passato deveservire al presente per guardare alfuturo. Le decine di migliaia dipersone che ogni anno visitano l’areaimparano a conoscere, insieme aquanto accadde in quei giorni, anchegli uomini che ne furono protagonisti,le ragioni che li spinsero a lasciare iloro Paesi di origine; come vivevano,da soli o con le famiglie, cosasignificava lavorare in fondo a unaminiera, il contesto sociale del Belgiodi allora. Il Bois non è non dovrà maiessere un monumento costruito con

le lacrime e la retorica, ma untestimone che contribuisce, nel suopiccolo, ad acquistare coscienza». Seisono i luoghi del sito dove lacrime eretorica potrebbero avere buon gioco.Il primo è il cancello di ingresso, inferro, sormontato dalla scritta ‘BdC’,Bois du Cazier. Per oltre un secolo,ogni mattina, i minatori entravano daun accesso laterale che portava allaLoggia, dove ritiravano la medagliettacon il numero di matricola.Consegnandola, ricevevano lalampada per farsi luce nelle gallerie. Incaso di incidenti, erano le medagliettea identificare chi era rimastointrappolato. Le mani delle donne, deibambini, degli anziani, la mattinadell’8 agosto e durante le duesettimane successive, strinsero lesbarre del cancello in ferro,aggrappandosi alla speranza e poiquasi volessero spezzarle con la forzadel dolore. Tutto inizia alle 8 e 10minuti. Questo il resoconto, nelvolume/guida pubblicato daRenaissance du Livre. «Per unequivoco con la superficie, un operaioal livello 975 (la quota di profondità,ndr) ingabbia al momento sbagliatoun carrello che doveva espelleredall’altro lato un vagoncino vuoto...Sfortuna vuole che questo non escadel tutto, bloccato da un frenodifettoso. Quando la gabbia riparte,uno dei due vagoncini sporgentiaggancia una putrella, che a sua voltadanneggia gravemente un tubo

La mattina dell’otto agosto 1956 solo tredicidei 275 minatori scesi nella miniera di carbonedi Bois du Cazier, nel Belgio vallone, tornaronoa respirare l’aria e la vita

ITINERARI

BOISDUCAZIEREGRANDHORNU

MINATORI

COSA RESTA56 ANNI DOPO

MEMORIARovine di un edificio nell’area degli uffici e dei magazzinidel Grand Hornu. Sotto: i portici scandiscono il disegno circolaredella stessa area. A destra, Bois du Cazier: la sala ‘degli impiccati’,così chiamata per i ganci aerei cui i minatori appendevano gli abiti;i pozzi di estrazione del carbone, la scultura che rappresentail lavoro in miniera e la tragedia dell’8 agosto. In grande,

attrezzature di scavo. Foto LucianoDel Sette, OPT/Alessandra Petrosino.

●●●La visita al Bois du Caziercomprende altre strutture legate allavoro della miniera: la lampisteria,la sala ‘degli impiccati’ dove ilavoratori appendevano a un gancioaereo i vestiti, i bagni e le docce, lasala macchine, i castelletti, leofficine. Assai interessanti il museodedicato all’Energia, articolato invarie sezioni, e il museo del Vetrocon una sala che custodisce unapreziosa collezione artistica. Perorientarsi lungo il percorso, se non sivuole seguire una visita guidata(proposta in italiano), indispensabileil volume Le Bois du Cazier, in venditapresso il bookshop. E sempre nelbookshop consigliamo l’acquisto deldvd Le passé, present pour le future, contestimonianze di ex minatori italianie il racconto della tragediaattraverso materiali dell’epoca. IlBois è sempre aperto dal martedì alvenerdì dalle 9 alle 17, il sabato e ladomenica dalle 10 alle 18. Metterein conto un paio d’ore per vederetutto con calma. L’area ospita ancheun bar e un ottimo ristorante. Assaiutile e ben fatto il sito,leboisducazier.be, dove vengonofornite tutte le informazioni perarrivare in treno e in auto. Le GrandHornu si trova a Hornu, mezz’orad’auto da Mons, ma è ugualmenteraggiungibile in treno. I percorsi digruppo non prevedono unaccompagnatore di lingua italiana,ma solo in francese e in inglese, cosìcome non esiste una versioneitaliana (di nuovo inglese e francese)della guida Grand Hornu. Terzapossibilità le audioguide, sempre ininglese e francese. La Città Ideale diDe Gorges è aperta dal martedì alladomenica, dalle 10 alle 18. Due ipunti di ristoro. Interessante lalibreria, specializzata inpubblicazioni sull’artecontemporanea, l’architettura el’archeologia industriali, il design.Nella boutique, molto particolari glioggetti legati alle mostre e alleattività espositive. La visita richiedeun’ora abbondante di tempo, cui sipuò aggiungere una sosta perammirare le sculture e leinstallazioni collocate nei giardiniintorno all’area, e una passeggiatatra le case del villaggio operaio.Informazioni ad ampio raggionavigando susitehistorique.grand-hornu.eu.Lungo la strada del ritorno, se siviaggia in auto, merita una visita lacasa (ampiamente segnalata) doveabitò Vincent Van Gogh tra l’agosto1879 e l’ottobre 1880. È a Cuesmes,in mezzo a un fitto e solitario bosco,ed è aperta dal martedì alladomenica, dalle 12 alle 18. (l.d.s.)

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dell’olio, colpisce due cavi elettricidell’alta tensione e provoca la rotturadi un tubo di aria compressa. Gli archielettrici formati dalla rottura dei caviappiccano il fuoco all’oliopolverizzato». Il legno delle travi edelle armature alimenta ulteriormentel’incendio, che si estende a tutta laminiera. Il pozzo di estrazione è anchequello di ingresso dell’aria. Il fumo e ilmonossido di carbonio invadono legallerie seguendo il circuito diaerazione. Sette minatori riescono aduscire dopo pochi minuti, altri seiverranno salvati nel pomeriggio. Pertutti gli altri non ci sarà più nulla dafare. Quando, il 23 di agosto, isoccorritori riescono a scendere a1035 metri, trovano soltanto cadaveri.Il secondo luogo, a pochi metri dalcancello, è lo spazio dove, dal 1989, ècollocata la stele di marmo bianco sucui è scolpito l’elenco dei morti: gentedi Francia, Belgio, Germania, Polonia,Grecia, Ungheria, Russia, Paesi Bassi,Algeria... La gente d’Italia, 136 vittime,l’elenco più lungo, arrivavadall’Abruzzo, dal Molise, dalle Marche,dal Veneto, dalla Sardegna, dalMeridione. Il terzo luogo è ilMemoriale, al piano terra dellastazione. I grandi ritratti bianco e neroappesi a esili strutture sono 262. Sottociascuno, l’identità, il luogo di nascita,la famiglia o gli amici lasciati. Unavoce di donna, voce simbolica dimadri e mogli, scandisce nomi ecognomi. Nel quarto luogo, quello

dove lacrime e retorica potrebberotrionfare, protagonista è unacampana, Maria Mater Orphanorum.Quasi mezza tonnellata di peso, 88centimetri di diametro,77 di altezza,opera della Fonderia PontificiaMarinelli di Agnone, Molise, fa sentirela sua voce ogni 8 agosto, Giornata delRicordo. Rintocca 262 volte, poi 12 perricordare le nazioni di appartenenzadei minatori morti. E 12 sono anche lespecie arboree piantate nel 2005 sulquinto luogo, il Viale della Memoria,sulla cima di uno dei tre terril, lepiccole colline formatesi con gli scartidell’estrazione e della lavorazione delcarbone.

Con il sesto luogo, lo Spazio 8agosto, al pari degli altri immune daeffetti speciali che inumidiscano ilciglio, e invece asciutta testimonianza,si arriva a ciò che il Bois rappresentòper l’economia belga al termine dellaSeconda Guerra Mondiale. Filmati,fotografie, statue in terracotta cherappresentano gli emigrati e le lorofamiglie, oggetti, la ricostruzione(rumori assordanti e calore terribilecompresi) di una galleria mineraria,sono disposti nella sala dellemacchine di estrazione. Il primopiano è dedicato alla storiadell’immigrazione italiana in Vallonia,cui può fare da premessa un altropassaggio del volume/guida «Bisognasoprattutto ricordare che la tragediadel Bois du Cazier fu un triplicerivelatore: dell’erosione dell’immagine

del minatore, innanzitutto, perché ibelgi non vollero più scendere inminiera; della cecità, presunta o reale,dei gruppi finanziari e del governo,poi, di fronte al futuro dell’industriacarbonifera; un rivelatore, infine,dell’assenza di politiche migratorie siada parte dell’Italia che del Belgionell’assunzione di migliaia dilavoratori nelle miniere belghe». Nel1946, il Primo Ministro del governo diUnione Nazionale, Achille Van Ackerdecide di lanciare la cosiddetta‘Battaglia del carbone’ per tornare ailivelli produttivi prebellici, trentamilioni di tonnellate. Lo Statuto delminatore migliora le condizionieconomiche e di lavoro, ma nonottiene riscontri significativi in patria.E allora, Van Acker guarda oltreconfine, all’Italia, soprattutto, messain ginocchio dalla guerra e davent’anni di fascismo. Il protocollod’intesa italo - belga, firmato il 23 giugno 1946,prevede l’impiego di 50.000 lavoratori, in cambiodella fornitura di tre milioni di tonnellate di carbonel’anno a prezzi molto vantaggiosi. “Un uomo per unchilo di carbone” diverrà l’amaro detto chestigmatizza l’accordo. Migliaia di manifesti vengonoaffissi in tutta la penisola. Esaltano gli aspettieconomici: ottimo stipendio, ferie pagate, premi diproduzione, pensione. Ma nascondono l’infernodella miniera, che si spalancherà agli occhi deimigranti una volta scesi dai convogli ferroviarispeciali arrivati a Charleroi dalla stazione di Milano.Gli emigranti conosceranno, fino all’8 agosto, ildisprezzo dei belgi, l’isolamento, l’impossibilità dinuove amicizie fuori dal recinto del Bois. La scarsa o

nulla comprensione della linguafrancese metterà a repentaglio anchela sicurezza personale e collettivadurante il lavoro, e risulterà una dellecause della tragedia. Una minoranzatorna a casa quasi subito, gli altririmangono, stringono i denti,accumulano i soldi necessari perportare qui la famiglia e tentare diricostruire la dimensione dei propriaffetti. Accanto alla stele di marmocommemorativa c’è una costruzionein lamiera, lunga e semicilindrica, untempo adibita ad accogliere cavi eattrezzature. Somiglia molto allebaracche Nyssen Huts di produzioneamericana. Dentro ci abitavano iminatori italiani con i loro cari: duenuclei per baracca, separati da unatenda, gelo d’inverno, caldoimpossibile d’estate. Di questidiseredati, delle loro condizioni, delloro sfruttamento, il Belgio, l’Europa eil mondo si accorgono quando itaccuini dei giornali e i microfoni delleradio arrivano ai piedi della nuvola difumo. Raccolgono testimonianze,ascoltano il pianto della disperazione,vedono i cadaveri sfilare,documentano la rabbia che cresce. Imangia maccheroni, i pezzenti, gliesclusi, inghiottiti e soffocati dallaminiera del Bois, diventano martiriinvolontari, sacrificati sull’altare di unfuturo migliore. Nessuno, d’ora in poi,mancherà di rispetto a coloro cheportano un cognome italiano.Nessuna miniera sarà più come quelladel Bois, riaperta nel 1957 e chiusa undecennio dopo. Al processo, cinquedei sei imputati vengono prosciolti. Inappello, la condanna per AdolpheCalicis, direttore dei lavori, sanciscesei mesi di reclusione con lacondizionale e 2000 franchi diammenda.

Mons, un’ora di treno da Charleroi,è una piccola meraviglia urbana, chevestirà i panni di Capitale Europeadella Cultura nel 2015. Le antichearchitetture religiose e civili, dal goticoall’800, trovano felice convivenzaaccanto alle architetturecontemporanee di molti edificipubblici e privati; la pioggia,avvenimento pressoché consueto inBelgio, non riesce mai a offuscare lasensazione diffusa di tranquillità earmonia. Ed è questa sensazione adaccompagnare il viaggio in auto finoal Grand Hornu: mezzo giro delquadrante di orologio, passando trapaesi minuscoli sporti sulla strada,dove predominano i negozi dalleinsegne italiane. Poi è l’utopia diHenri De Gorges, la Città Ideale delleminiere di carbone. Le piante secolaridel piazzale allungano la loro ombrafino all’ingresso del sito: un triplo arcosormontato da un frontonetriangolare neoclassico, oltre il qualesi intravede il verde di un prato.

Accanto all’ingresso, appena discoste,alcune delle abitazioni operaie checircondano l’area su tre lati. Chi eraHenri de Gorges? Nato nel 1774 inuna borgata agricola del Nord dellaFrancia, trascorre l’adolescenzastudiando in collegio. La rivoluzionedel 1789 lo vede tra i protagonisti delladifesa e dell’approvvigionamento diLille, ed è in quel periodo che fa suoigli ideali di libertà, uguaglianza,fraternità. Con l’avvento dell’Impero,De Gorges diviene membro dellaloggia massonica di Lille. È il 1805,Henri, ormai specializzato nelcommercio di combustibili, hastipulato un anno prima, con CharlesGodonnesche, proprietario del GrandHornu, un contratto esclusivo divendita del carbone prodotto dal sito.Sei anni dopo acquisterà l’impresa,dando così il via alla realizzazione delsuo sogno, e anticipando di un secolola filosofia industriale di AdrianoOlivetti. De Gorges rinnova gliimpianti, scava altri pozzi, trovatranquillità finanziaria. L’ultimoostacolo è rappresentato dallacertezza di mano d’opera stabile, chetale può divenire soltantogarantendole salari e sistemazioneadeguati, cui l’imprenditore intendeaggiungere servizi di carattere socialecome una scuola e un ospedale. A talfine compra i terreni intorno ai pozzie un’area abbastanza vasta da potervicostruire una vera e propria cittàoperaia, progettata da vari architetti,uno su tutti Bruno Renard. Le 450abitazioni vanno da quelle piùmodeste, per i minatori, a quelle piùampie, destinate ai capi e agliingegneri. Tutte dispongono di ampiezone verdi, di sei strade ben tracciatee pavimentate. Una delle due piazze èattrezzata con una pompa idraulicache rifornisce le case di acqua calda efredda, e alimenta un bagno pubblico;l’altra accoglie un chiosco e ha il suoelemento di spicco in un edificio dovetrovano posto la sala da ballo, ilsalone delle feste, la bibliotecapubblica. Nel 1825, l’apertura di unascuola per i figli dei minatori,quattrocento posti, conferisceulteriore realtà al sogno di Henri.Imparare a leggere, scrivere, far diconto, disegnare, cantare, sono basisulle quali le nuove generazionipoggeranno, per riuscire, forse, a nonscendere più nelle miniere. De Gorgesdecide di costruire la propriaresidenza, una sobria villa a tre piani,proprio a ridosso dell’area che ospitagli uffici degli impiegati, i magazzini,le scuderie dei mezzi di trasportotrainati dai cavalli. Una villa accantoalla città dei minatori, espressione diuna vicinanza anche fisica Non lavedrà mai compiuta, perché morirànel 1832, stroncato da un’epidemia dicolera. Grand Hornu passa di mano inmano, serra i battenti nel 1954, vieneabbandonato. La sua salvezza si devea un gruppo di architetti. Tra di loroHenri Guchez, che acquista il sito nel1970 per la cifra simbolica di unfranco, a fronte dell’impegno arestaurarlo. Le due associazioni acapo della rinascita del Grand Hornu,la Grand Hornu Image e il Mac’s(Musée des Arts Contemporaines)promuovono dal 2002 un cartelloneespositivo che ha visto sfilare grandinomi del Novecento artistico: RichardHutten, Andrea Branzi, ElisabethGarouste, Mattia Bonetti, LucianoFabro, Giulio Paolini, Anish Kapoor,Bernd e Hilla Becher... Le mostre e leinstallazioni trovano perfetta simbiosinegli spazi del lavoro, guardano lacittà operaia e i pozzi chiusi chescendevano fino a trovare le vene dicarbone, si uniscono alle scenografiedei giardini voluti da Henri. Ma, senzanulla togliere alla creatività delVentunesimo secolo, lo spettacoloipnotizzante va in scena appena oltrel’ingresso: un prato immenso, con lastatua di De Gorges al centro di unanfiteatro greco disegnato da edificibassi in mattoni che una teoriaininterrotta di archi scandisce.Fermarsi a guardare, lasciando allostupore il sopravvento, è reazionenaturale. Sulla destra, le rovine di unospazio non identificato nelle suefunzioni somigliano ai resti delleMissioni dei Gesuiti nelle Americhe.La torre dell’orologio scandisce iltempo di un luogo che il cinismoedilizio voleva radere al suolo percostruire un’altra città, fatta diipermercati, di fast food, di offertespeciali. Non è andata così, grazie auna tragedia e a un sogno. Le Bois diCazier e le Grand Hornu, nelledifferenze della loro storia, siguardano a distanza. Sorridono, felicidi un destino che ha reso la fatica deiminatori Patrimonio dell’Umanità.

GERENZA

Nel museo filmati,fotografie statue,oggetti,la ricostruzione(rumoriassordantie calore terribilecompresi)di una galleriamineraria...

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Alias a cura diRoberto Silvestri

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In copertina: la saladella Lampisteria nel sitominerario di Bois du Cazier.Qui, dopo aver consegnatola medaglietta con il proprionumero di matricola,i minatori ritiravanola lampada per illuminarele gallerie durante il lavoro.Foto OPT/Jean Paul Remy

FOTOGRAFIA

di SILVANA SILVESTRI

●●●Quando era ancorasconosciuto in Italia, RomanoMartinis era già entrato nell’universodi Tadeusz Kantor, nella Polonia del’69, realizzando qualche anno dopoanche un magnifico libro fotograficodel suo mondo artistico. Romano ècosì, un artista solitario dellafotografia, vissuto tra le montagnedel Friuli e in prima linea, in LatinoAmerica, in Bosnia, in Afghanistancome lo era nel centro di Roma, traun viaggio e l’altro. In tutti i luoghi cisono tante cose da imparare e datramandare. Come le immagini diquel simpatico frequentore di barche poi si scopriva essere GregoryCorso, di Ferlinghetti sulla spiaggiadi Castelporziano, Ginsberg, JulianBeck e Judith Malina, Frank Zappa,Mirò, Ungaretti, la Pasionaria, in unafamosa immagine che supera la selvadei fotografi. Come l’hai scattata? glichiediamo: «sono salito su un alberoe sono saltato su una rete che c’erasotto», dice come fosse un ovvioprocedimento e quasi per sminuirel’impresa, la fa risalire alla suaesperienza di montanaro, inparticolare di soccorso alpino. E inBosnia ha fatto un corso sulle mine.Sembra di rivedere i cartelloni che ascuola mostravano come riconoscerele bombe a mano per non giocarci:«Le mettono dove finisce l’asfalto,dice, la regola è fare un saltonell’erba, poi non tocchi i sassi, staiattento ai fili, metti i piedi dove sonogià passati» e non si tratta certo dipassione militare, lui della Bosnia hafatto una mappa fotografica, ne hapercorso 27 mila chilometri. Cosìcome arriva nei luoghi non battuti daaltri, vede cose che non vedono altrifotografi (l’ultravista), impegnato làdove i diritti umani sono messi inpericolo (la Colombia, El Salvador,Honduras) alternando con unaconsequenzialità che non puòsfuggire, il teatro d’avanguardia, allecondizioni dell’infanzia. Tra le suefoto ci mostra quelle dei forni dimattoni a Bogotà, dove i bambinitrasportano pesi più grandi di lorocaricati a braccio o in testa, su per laforesta, e infine si staglia unacostruzione iniziata come fosse unala torre di Babele. Una sequenza increscendo, il sentiero che va su, cadeil mattone pesante, la bambina con ilpiccolo legato dietro, pronta a partire(«io con gli stivali e loro con lescarpette»). Di poche parole,Romano Martinis non parla mai dei

premi che ha ricevuto, più volentierie con dovizia di particolari, dellesituazioni che ha rifiutato. Ci portaun dischetto di foto e cita al volo,senza altri particolari, il fatto chequelle foto saranno esposte al museodi Berlino. E solo dopo aver insistitoper avere più particolari scopriamoche gliele ha chieste Charles-HenryFavrod in persona, il grandegiornalista e fotografo che fondò ilmuseo di Losanna, incaricato anchedai fratelli Alinari di fondare il museodi Firenze, autore di libri difotografia, produttore di cinema etelevisione (suoi alcuni dei piùimponenti ritratti di personaggistorici, tra cui quello di Idi AminDada di Schroeder. E cosa esporrà?«Tutto Kantor e tutto l’Afghanistan».In poche parole («fanno una mostradi Kantor») ci aveva annunciato lagrande mostra di ben 224 suefotografie dedicata a Tadeusz Kantore al teatro Cricot 2 al Musma e aPalazzo Lanfranchi di Matera nelmese di aprile, da La poule d'eau

(1969), Le bellocce e i cercopitechi (1974), La classemorta (1975), Où sont les neiges dantan (1978),Wielopole-Wielopole (1980), Q'ont crevent lesartistes (1985), Qui non ci torno più (1988), Oggi èil mio compleanno (1990). Il maggior numero difoto che ci ha portato questa volta sono dedicateall’Afghanistan, non come siamo abituati avederlo. «Non mi interessa la foto fine a se stessa,dice, la ’bella fotografia’, mi interessano le storie,le sequenze che raccontano». L’importante, dice, èaspettare e poi qualcosa accade. «Nel reportage tisi forma davanti qualcosa, come la bambina di

profilo. È lei che ha fatto la foto, nonsei tu che l’hai messa in posa comefosse un Antonello da Messina. E haiogni giorno un miracolo. Così giornodopo giorno i carri armati passavanosulla strada sovrastante e un certogiorno il pastorello è arrivato con ilgregge proprio nel punto dovevolevo io. L’immagine che si formadavanti a me la so decifrare. C’è unacosa curiosa, con un fotografo «didestra» abbiamo fatto la stessa fotoalla bambina con gli aquiloni e ilcarro armato. Lui descrive così la suafoto: la bambina gioca e il carro

armato la difende. Mentre per me labambina gioca e non si accorge dellaminaccia che arriva». Entriamo in unCombat out, un posto dicombattimento all’interno del paese(è da meno di un mese che ilcaposaldo Combat out Mono è statopassato dall’unità italiana alpersonale afghano), dove soldatiinanellano proiettili, giocano ascacchi nel tempo libero.

Poi una postazione afghana, comea far cogliere la differenza tra lenostre postazioni e le loro: corolleche si allargano in cielo comemeduse giganti, arrivano i viveri,soprattutto l’acqua, i soldati giocanoa cricket. «Il capitano non volevafotografi, poi alla fine ci hannoofferto il té». Poi ci avviciniamo aisuoi soggetti preferiti, la vitaquotidiana dei bambini: su per lamontagnola di neve addossata allamoschea azzurra, una montagna dicristallo, proprio come è descritta daiviaggiatori in Afghanistan. «Gli scattisono stati fatti dopo una bufera dineve, a 27˚ sotto zero, racconta. Eroda solo, quando ho scattato le fotomi hanno offerto il té: tu, mi hannodetto, sei il primo fotografo chevediamo senza scorta e per noi è ungrande onore, un omaggio». Coglieinsieme solitudine, la grazia e ancheinaspettata allegria, in unorfanotrofio, per una fionda bencalibrata, per l’henné dipinta suipalmi delle mani, sorridenti nelcofano di un’auto dove poi scorgi isegni delle pallottole e ti rendi contoche siamo a Kabul. E le foto nelcarcere di Herat, del carcere minoriledi Kabul (non chiediamo come èentrato) e tutte le velate d’azzurro inun convegno di levatrici o per strada,presenze lievi colte con rispetto. E idisegni graffiati sull’intonaco di unmuro cadente con i carri cheavanzano e i bambini che cadono.

Romano Martinisscatti senza scorta

Un testimone silenzioso e audaceracconta i momenti cruciali

della vita che scorre nel pericoloe nella fatica quotidiana in tutti

i paesi del mondo, ultimol’Afghanistan: ogni foto esprime

la parabola silenziosa delcoraggio dei suoi protagonisti

grandi e, più spesso, piccoli

(4) ALIAS4 AGOSTO 2012

(5)ALIAS4 AGOSTO 2012

GLOTTOLOGIA

INTERVISTA ■ PROF. ALDO PROSDOCIMI

Il dialettoè ideologia,la linguainnovazione

IL CARBONEDI SCAMBIO

di BEATRICE ANDREOSE

●●●«Il vecchio conte Barbaro non hamai parlato una parola in italiano. Luiusava solo il veneziano ed il francese»il prof. Aldo Prosdocimi, ordinario diglottologia all’Università di Padova,non ha dubbi. Contrapporre il dialettoalla lingua nazionale significaimbarbarire il dialetto che invece hastili di esecuzione formaleestremamente complessi e vari. «Adesempio la terminologia di uncontadino o un eschimese perindicare la parola ’neve’ è ricchissima.–spiega- In questo modo si condannail dialetto ad essere una lingua di serieB. Si pensa che parlare dialetto sia piùvolgare rispetto all’italiano. Non èvero». In tempi recenti la Lega Nord,quando non doveva ancoraconfrontarsi con la propriasopravvivenza, faceva del ritorno deldialetto nella scuola, un cavallo dibattaglia. La considerazione che aparlare la lingua nazionale sia ormai il95% della popolazione italiana,anziché inorgoglire, inorridisce ipadani. Per secoli la lingua nazionale èstato appannaggio esclusivo di élite.Con l’avvento della Repubblica primae grazie ai movimenti studenteschi edoperai del ’68 poi, arrivò lascolarizzazione di massa e, con essa,l’apprendimento dell’italiano di buonaparte della popolazione. Che oggil’italiano si impari soprattutto infamiglia, non più solo a scuola, noncostituisce comunque un pericolo peril dialetto. Con l’apprendimento dimassa dell’italiano, infatti, la pluralitàidiomatica non ha subito alcuncontraccolpo ed anzi permanefisiologicamente nella società italiana.Il 60% degli italiani, accanto alla linguanazionale, continua ad esprimersiquotidianamente, tra amici econoscenti, anche in dialetto. Unalingua che Giacomo Devoto riteneva

«riserva naturale di energie espressiveper un parlare e scrivere menoinamidato e paludato dell’usuale». Ilromanesco del Porta, il milanese delBelli o il friulano di Pasolini sonouniversalmente consideratipatrimonio letterario nazionale. «Omia bela Madunina» e «O suldatoinnammurato» anche in piazza SanMarco sono ritenute parte delrepertorio canzonettistico nazionale.

A questo punto però, la domandaconseguente e complessa è che cosa èuna lingua. «Ancora più difficile èsapere cosa è un dialetto-sottolinea ilprofessore Prosdocimi- ma andiamocon ordine. Per quanto riguarda lalingua nazionale ricordo che la prosaletteraria nasce per comunicarepensieri astratti dopo la poesia. InGrecia la prosa scientifica nasce nel Vsec. a.C. La Costituzione di Solone èscritta in esametri omerici. Idem inItalia. Se Dante fosse morto nel 1300 lalingua italiana avrebbe avuto unastoria diversa. Nel sec. XVI i teoricidella lingua italiana furono due veneti,il veneziano Pietro Bembo ed ilvicentino Giangiorgio Di Trissino chenelle loro opere si riferivano ad unavulgata trobadorica. Prevalse il primoche sancì la lingua letteraria toscanaescludendo Dante dagli autori chefacevano testo in materia di lingua inquanto il lessico del poeta non eraritenuto riapplicabile. Il dibattito sullaquestione della lingua prosegue anchedopo l'unificazione politica italiana,quando Manzoni, rendendo pubblicala Relazione richiestagli dal ministrodell'Istruzione Broglio, suggerival’adozione del fiorentino colto perunificare la lingua nel Regno appenanato. Ad esso si contrappose illinguista Graziadio Isaia Ascoli, checonosceva le lingue romanze e quelleindoeuropee, e optava per l'italianoregionale di Roma come lingua d'usonazionale, proponendo anche di

lavorare per innalzare il livelloculturale della popolazione. Insomma.Un dato è certo, nelle lingue esistel’innovazione, non c’è mai una novità.Quando Metternich disse che l’italianoè una espressione geografica, era unreazionario che aveva ragione. Fino al1860 l’Italia era divisa e l’italiano erausato esclusivamente da una élite dipersone colte». Lei sostiene che ildialetto è ideologia. Ci spiega ilconcetto? «Il Risorgimento è stato fattoda 1.000 persone che rispecchiavano ilrapporto con altrettante varietà locali.Il dialetto è la variante colloquialedell’italiano che è stato unificato dallaletteratura cosi come il tedesco dallaRiforma. Un abitante della Turingianon capisce un contadino Svevo. InFrancia la lingua nazionale è stataunificata dalla burocrazia edall’Accademia di Richelieu nel ‘600.Insomma il dialetto è ideologia, unproblema affrontato anche dailinguisti. Lo stesso ebraico è nato perideologia. Sa in quanti parlanol’irlandese o il basco? Però in Spagnac’è sempre stata una contrapposizionetra la catalogna e Madrid. Per ragionidi vario tipo i catalani vogliono la lorolingua. È una forma di auto identità.Gli arabi hanno come riferimento ilcoranico che è un collante. Un arabolegge l’arabo canonico, come se a noichiedessero di leggere il latino. Ed ècosì che preferisce la lingua europea eparla il suo dialetto. Nel mondo araboesiste una lingua ufficiale standard cheviene usato per la comunicazionescritta e in situazioni formali, per lacomunicazione informale vengonousati sempre i dialetti locali. In quantoall’ideologia pensiamo poiall’imperialismo del milanese quandosi indica un parlamentare con«senatur». In quanto alla lingua diCamilleri, invece, è una invenzione.Quando si legge «Montalbano sono», sitratta della forma sintatticadell’importanza di un certo tipo». Lostesso scrittore afferma che il dialettonon esiste. Esistono invece solo leparlate. In Sicilia ce ne sono tantequante sono le città, e il catanese èdiverso dall’agrigentino che è diversodal palermitano. In Veneto il venezianoè diverso dal padovano o dal vicentino.«La dialettalità è collegata sempre adun basso livello sociale, è una forma diauto identità e l’ideologia insorge. Sipensi all’imperialismodell’anglo-americano che non èuno ma si esprime almeno in 4-5livelli o alla penetrazione di quellalingua attraverso il siglare: I Pod, IPad, GM per le auto o Rcs per ilCorriere della Sera».

Insomma la proposta leghista èinappropriata. Quale dialettovorrebbe insegnare tra i banchi discuola? Il veneziano, il vicentino, ilpadovano o il rovigoto? Ed è senzadubbio inutile. Oggi il dialettoaffronta domini un tempo esclusividella lingua nazionaletrasformandosi cosi da stigma avezzo linguistico. Viene usato incontesti pubblici e in ambiti locali esovraregionali. I più visibili, sono idialetti che possono vantare unaletteratura conosciuta al di fuori delcontesto regionale o che godono diuna certa popolarità anche sestereotipata come il toscano, ilpiemontese, il napoletano, ilveneziano o il siciliano. Questi ultimidue, ad esempio, appaiono inpubblico di frequente: numerosi inomi rispettivamente siciliani oveneti dati a ristoranti, trattorie epub, fino al più ampio panoramadella musica rock e reggae. Pensiamoai siciliani Tinturìa o ai veneti PituraFreska nei cui testi è dominante l’usodel dialetto: Pensiamo infine aidomini della pubblicità e dellatelevisione nazionale. Anche nellapubblicità il siciliano ed il venetoappaiono di frequente: da Aldo,Giovanni e Giacomo che per lapubblicità Wind recitano unproverbio in un improbabilesiciliano: pane e panelle e patatevugghiute, tutte le fìmmini sugnuchiattut, e alla recente pubblicitàdella Tim che fa il verso ad unimperfetto dialetto veneziano.

Una forte presenza dellacomponente dialettale è presenteanche nei domini di Internet, in siti egruppi di discussione che spessoesprimono, attraverso il ricorso allalingua etnica, istanze identitarie. Solosu Facebook se ne contano migliaia!Tanto tempo fa per primi gli Epicureiinsegnavano che il seme delladifferenza linguistica e culturale è inciascuno di noi. Fantasticare altredirezioni ricorda tanto prospettiveautoritarie che l’Europa ha giàrovinosamente sperimentato.

Marcinelle. Prima erano i carusisiciliani poi chissà se nell’accordo del1946 preso dal governo italiano chein cambio del carbone dava al Belgiole braccia per estrarlo c’era un limited’età? Perché i carusi erano propriopicciriddi e scendevano bene giù nelleviscere della terra e quantoresistevano non importava, se poiqualcuno schiattava dalla fatica cen’erano altri, orfani o poveracci,pronti a sostituirli, piccoli schiaviaffamati. Chissà se quando fu presol’accordo tra gli stati Belgio e Italiaper lo scambio hanno mandato solouomini o c’era anche qualchebambino stipato tra loro nei treni dacui non potevano scendere mai,anche se il viaggio durava dei giorniperché i nostri non erano immigratinormali, non avevano documenti ditransito o visti, i nostri erano carnedi scambio e dal treno finivano drittidritti nelle baracche accanto alleminiere e da lì non potevano micauscire, neanche dalle baracche,liberamente come o quando gliandava, perché più che uomini eranocarne di scambio, bottino di guerra.Qualche anno fa ho visto unbellissimo spettacolo che si chiamaVia, nella maggioranza dei 100 paesidel Salento c’è una via che ricordaMarcinelle, messo in scena da duebravi attori salentini Cristina Mileti eFabrizio Saccomanno, che firmaanche la regia, che racconta conprecisione tutta la storia di questaimmigrazione quasi forzata, unospettacolo nato dalle memorie realiraccolte tra chi questa storia l’avevavissuta sulla propria pelle annerita.Dopo i primi treni di lavoratoriarrivarono anche le donne e ibambini a raggiungerli 140.000uomini, 18.000 donne, 29.000bambini, questi sono i numeridell’immigrazione italiana in Belgio.Ma intanto in Italia arrivava carbone,lo stesso carbone di cui erano fattianche i 262 corpi di cui 136 di italianimorti nella miniera di Marcinelle l’8agosto 1956, ma il paese si riscaldavae cresceva e adesso quelle miniere lehanno chiuse e il carbone non si usaquasi più da noi che siamo dei poveriricchi. Adesso più o menoinconsapevolmente quotidianamenteconsumiamo un altro minerale, unalega, che costa altrettante vite se nondi più, anzi certamente di più, dicarusi negretti affamati, che al confinetra il Congo e il Ruanda minacciati erapinati, sacrificati, violentati edrogati estraggono e trasportano perchilometri nella foresta africana lanuova ricchezza che si chiama coltan.Il coltan è il metallo più denso delmondo e solo lì, nel Congo profondoe in Australia, si estrae. È il nuovodiamante che tutti possediamo anchesenza promesse di matrimoni ofidanzamenti, è il nostro indissolubilelegame con la modernità, è il nostrocontatto col mondo, il coltan èindispensabile per costruire itelefonini e gli altri aggeggi elettronicicon cui nutriamo la nostra pretesafuturibile velocità. Nella nostra feliceed inconsapevole globalizzazione ilmeccanismo dello sfruttamento èsempre lo stesso arcaico e crudele sinutre e prospera col nostroignorante consenso.

Pagina sinistra: foto di Romano Martinis in Afghanistan.A destra il frontespizio de «Le prose» di Pietro Bembo «nelle quali si ragiona della volgar lingua»

moderati arabi < 187 188 189 >

Dodici cooperanti spagnoli, impegnati in progetti di solidarietà con i pro-fughi sahrawi, sono stati costretti dal governo Rajoy a rientrare a Madrid per«motivi di sicurezza». La Spagna, che ha già ridotto del 65% gli aiuti uma-nitari destinati a Tindouf, con «il rimpatrio degli internazionalisti favoriscela propaganda marocchina e la sua illegale occupazione» (www.arso.org).

(6) ALIAS4 AGOSTO 2012

Nella nuova casac’è il diarioe il ritrattodi una bambina,Cecilia, mortaquarant’anniprima, quandoaveva la suastessa età...

INTERVISTA ■ CYRILL BOSS E PHILIPP STENNERT

Victor e il giallodella casadel coccodrillo

RAGAZZIdi MARIA GROSSO

●●●Un filmino in super8 e unaragazzina dallo sguardo fondo cheguarda in macchina. Anzichéabbagliarlo col flash, come JamesStewart ne La finestra sul cortile,quando l’intruso sta per fare irruzionenella sua stanza, nella sua roccaforteprivata di undicenne, Victor gli «puntacontro» il proiettore: le immagini diCecilia, una parente mortaquarant’anni prima, quando aveva lasua stessa età. Quella bambina, e le suetracce che nessuno scopre eccetto lui –una foto appesa al muro, un diario che«parla» per disegni misteriosi estrabilianti, pagine nascoste e versicome indizi, dove ricorrono straneforme di coccodrillo – sono la suaossessione dentro la grande casa cheuno stravagante zio ha lasciato alla suafamiglia. Quale è la verità sulla mortedi Cecilia, quali erano i suoi desideri eper quali sorprendenti percorsi trastanze e cunicoli segreti, animaliimpagliati specchi scatole e forse tesorilo sta guidando? Mentre i genitori sonovia e le sorelle più grandi sembranonon credere alle «assurde fantasie» diun ragazzino, Victor fronteggia da solouna ricerca avventurosa e esistenziale,resa mozzafiato dalla presenza diinquietanti vicini … Tra salutaresuspence hitchcockiana e finepartitura in giallo, spiazzanti soggettivee roller coaster di angolature, emozionie personaggi, Victor and the secret ofthe crocodile mansion (titolo originale:Das house der Krokodile) di Cyrill Bosse Philipp Stennert, ha coinvolto in unairresistibile onda di tensione affettiva ilpubblico dei ragazzini di + 10 a GiffoniFilm Fest (inevitabilmente vincendo ilconcorso della sezione). Un viaggio alcentro «della casa», raccontato conrara umanità e maestria dai due registitedeschi (insieme dal 2000 e qui al loroterzo lungometraggio), meravigliosestrade tra costellazioni familiariinfantili, dove niente è come sembra edove davvero è possibile sfiorare lamateria di cui son fatte le paure e isogni di ognuno.

●Cosa vi ha portato al film?Il produttore ci ha segnalato due libriche avrebbero potuto ispirarci. Di unodi questi, Das Haus der Krokodile diHelmut Ballot, ci siamo innamorati, acausa delle sua componente visivamolto spiccata. All’inizio non eranostra intenzione fare un film perragazzi, ma poi ci siamo fatti prenderedal progetto di una narrazione tuttadal punto di vista di un ragazzino.Anche perché abbiamo capito chec’era tanto di Victor in ognuno di noi eche attraverso il suo sguardo potevamoricollegarci al nostro sentire di allora,quando osservavamo i vicini e cisembravano persone minacciose equando giocavamo a fare i detective.Nel romanzo però la storia emotiva erameno estesa. È stato in sede discrittura della sceneggiatura cheabbiamo sentito che dovevamoespanderla.

●Attraverso lo speciale legame traVictor e Cecilia, create una vicinanzaaffettiva e mentale tra un bambino euna bambina di undici anni,qualcosa di abbastanza anomalo perl’ età.É così, anche se non ci abbiamopensato di proposito. Ci piaceva l’ideache agli occhi di Victor Ceciliarappresentasse un oggetto difascinazione, qualcosa di simile a unastar del cinema o a una ragazza dellascuola, che non si conosce, qualcunocomunque in apparenzairraggiungibile. C’era dunque unadistanza iniziale, nel suo caso daiconnotati assolutamente anomali:dovevamo confrontarci col fatto che lasua attrazione fosse diretta verso unaragazza morta da 40 anni. Per questoabbiamo inserito le immagini deifilmati in super8 e quelle in cui lui lavede tra i bambini che giocano, per farsentire la sua presenza come viva.

●È un film molto spirituale …C’è una tensione filosofica, come unalinea sottesa al film, che lo attraversa.Victor comincia a farsi domande a

partire dal ritrovamento degli oggetti diCecilia e anche se le sue sorellecercano di dissuaderlo dal continuarele ricerche, lui non abbandona,animato da un’energia formidabile.Inoltre, attraverso Cecilia, lui ha il suoprimo approccio con la morte e altempo stesso comprende che lei non èmorta per sempre e che può viveretramite i suoi pensieri. Anche ildettaglio della foto dà una sfumaturaimportante. Quando all’inizio Victor lascopre tra quelle appese al muro,l’espressione di Cecilia è triste, ma nelfinale, quando dopo essersi immersonella sua storia, la riappende, il volto dilei sorride come sollevato. La tragediadella sua vita si è aperta.

●L’aspetto della consapevolezza omeno di Cecilia rispetto al suodestino ha suscitato domande moltocomplesse a fine proiezione.È proprio negli anni raccontati nelfilm, quelli di Victor e di Cecilia, che siacquisisce la coscienza che è possibilemorire anche da piccoli. Sono gli adultiche spesso sono in imbarazzo atoccare questo argomento con ibambini.

●Nel film la tensione è data anchedalla concentrazione dell’unità diluogo e da una linea temporale chepiù che viaggiare tra presente epassato, determina una compresenza

di tempi di eventi e di vite. Questastruttura faceva già parte delromanzo?Sì, ma nel libro la vicenda di Victor èambientata nei tardi anni 60, mentre lamorte di Cecilia avviene negli anni 50.A noi da un lato è sembrato necessariorendere il passato più lontano, creandouna distanza che poi fa più radiante ilprocesso di avvicinamento tra le duestorie. Dall’altro lato, abbiamo anchecercato di imprimere al film un moodsenza tempo, sottolineandol’interazione spirituale tra i personaggial di là delle loro rispettive epoche. Perricercare questa atmosfera, abbiamoevitato tutti quei dettagli relativi alla

moda anni 70 o alla tecnologia attualeche fossero troppo connotanti.

●Uno dei cuori di questo lavoro è ildiario di Cecilia e il valore che avetedato alle illustrazioni, sia comeelemento catalizzatore di emozioni,sia come indizi nella detective story,sia infine come riflessione sullasoggettività dell’interpretare leimmagini. Tra l’altro sono splendide.Chi è l’autore?I disegni sono come un filo rosso cheattraversa tutto il film. In un primotempo abbiamo chiesto a un gruppo diragazzi di quella età di illustrare ildiario. Successivamente ci siamo rivoltia quattro disegnatori adulti,proponendo loro di creare leillustrazioni di Cecilia a partire da queidisegni. Volevamo che le immaginifossero credibili: né troppo semplici nétroppo adulte, possibili per unaragazzina di quella età ma al tempostesso espressione del suo talento nelsentire la realtà e nel tradurla invisioni, una sorta di oscurità fatta diincubi e paure infantili, ma anche digioco e creatività. Alla fine ci siamodecisi per i lavori di Meike Gestenberg,una eccellente illustratrice.

●Il film ha elettrizzato i bambini,fondandosi esclusivamente su unadimensione di verosimile reale esenza mai ricorrere al fantasy, chetanto spazio ha occupato in questianni nell’editoria e nel cinema perragazzi.Ci sono bambini che si sentonomaggiormente coinvolti da questo filmche non da Harry Potter o Star Wars. Lìhanno sempre la percezione latenteche le creature dei film non siano reali,mentre con Victor and the secret … sispaventano molto di più, perchépercepiscono che è tutto possibile,vero. Ci siamo concentrati sul sentiredi Victor, sulla magia naturale dellacasa: i suoni amplificati, i dettaglispaventosi degli animali impagliati incantina … In un primo tempo,scrivendo la sceneggiatura, avevamopensato di inserire un personaggiofantasy che fosse suo amico, in modoche il ragazzino non fosse troppo solo.Poi abbiano capito che era proprio lacaratteristica della solitudine chevolevamo enfatizzare e quelpersonaggio lo abbiamo tolto. Victornon parla con nessuno e in un primotempo nessuno gli crede. Questadimensione è fondamentale per chiguarda il film, perché crea una forteimmedesimazione.

●Pur molto vicino alle inquietudinidi Victor, il film rivela anche comepossa esserci una pluralità diprospettive e abbraccia tutti i

personaggi, anche quelli inapparenza più oscuri, con un sensodi accettazione.Il finale nel romanzo era aperto, nonsappiamo se Mrs D. sia realmentel’assassina. Per noi invece eraessenziale, considerata l’età del nostropubblico, che il film fosse portatore diuna energia chiaramente propulsiva.In questo film non ci sono personaggiinteramente negativi perché il suocentro emozionale risiede nellacomunicazione, nella possibilitàsempre presente tra i membri di unafamiglia, di rompere il silenzio, disciogliere il rimosso e di sentirsileggeri.

●Con coraggio avete anchevalorizzato la serietà di Victor, unaqualità non molto di moda nellerappresentazioni attualidell’infanzia.Negli ultimi anni in Germania nellaletteratura per l’infanzia o nel cinemaper ragazzi si è rafforzato lo stereotipodel tipo cool, del ragazzo tosto e sicurodi sé. L’insicurezza e la frustrazionenon sono contemplate. Invece grazie aVictor abbiamo voluto guardare infaccia la serietà di un ragazzino.Secondo Hitchcock perché ci sia unbuon film è innanzi tutto necessarioche ci sia «a man in trouble», ossia unuomo innanzi a un problema. Unuomo o un bambino.

Scene dal film «Das house der Krokodile»di Cyrill Bross e Philipp Stennertinterpretato da Kristo Ferkic

GIFFONI FILM FESTIVAL

(7)ALIAS4 AGOSTO 2012

LIBRI ■ CRITICA CINEMATOGRAFICA

Una profonditànascosta in superficie.Cineasti da scoprire

di LUIGI ABIUSI*

●●●Il verso di Ulrike Dreasnerrecita precisamente «der liebes film,in dem ich schwimme, ist ein fieber»(«il film d'amore in cui nuoto è unafebbre», leggibile dentro il magma diRicostruzioni. Nuovi poeti di Berlino,a cura di T. Prammer) e prospetta, inquesto caso, la dimensione iniziaticae dialettica di certo cinema, nonchédel lavoro di scrittura su di esso, diri-semantizzazione militante chesono necessarie proprio alla longevitàdi queste immagini. Il cinema èquello che riguarda un'ampiacostellazione di visionifiammeggianti, febbrili, cioè percorsedalla febbre di luci notturne, inurbateo, al contrario, di luccicanzetraguardate all'improvviso nell'intricodella foresta, quasi sempre, in uncaso e nell'altro, fuoriuscite da zoneperiferiche. Si tratta di un cinemascentrato, che si pone per proprianatura fuori dagli schemi di ordinariaformulazione (non certo per vezzoelistico), quindi fuori dai parametri dinormale fruizione del materialecinematografico e per questo siritrova fuori dagli schermi, cioè delladistribuzione (italiana) che negliultimi venticinque anni, condizionatadal clima massmediale e populisticoberlusconiano, ha trascurato registidi grande talento.

Il che significa riduzione drastica –se non diserbazione – degli spazi diresistenza anticapitalistica, in favoredella massima resa delle immaginicommerciali atte a conculcare e agarantire la sussistenza e laperpetuazione del liberismo. Nonche esso temesse questi spazi(considerati, per lo più, velleitari inconfronto all'incidenza dellemeccaniche utilitarie) ma la suaazione di fagocitazione s'è svoltacomunque con grande ferocia,ispirata dall'esigenza di mettere apieno regime, di sfruttare(ricavandone plusvalore) quanti piùambiti di produzione iconografica.Pertanto se immagini dovesseroessere (ed era scontato che dovesseroessere, perchè mezzo formidabile didissimulata costrizione), che allora

magnificassero in maniera capillare ilMercato, che fossero merarappresentazione – anche, al limite,moderatamente di sinistra: tuttaquell'iconografia che ha contribuito afondare e fomentare quel «liberismodi sinistra», ora afferente, mettiamo,ai «Partiti Democratici» –, sempliceracconto da consumare in fretta, alpari dei popcorn e delle bevande, peressere subito rimpiazzato secondo latempistica dell'offerta seriale. Il chenon implica comunque che tutta ladistribuzione fosse e sia riducibile aqueste dinamiche, anzi ci sono

esempi, negli ultimi anni, di grossisforzi fatti «individualmente», chesono restati e restano però quasiinvisibili, sono implosi, perchèsommersi dall'oscurantismo di stato,che esige una bassa cultura di massa(presupposto del controllo massivo),laddove in Francia, ad esempio, essaè di livello superiore e riesce perciò aprevedere la diffusione in sala diregisti come Lisandro Alonso oCarlos Reygadas, ma prima ancora,Raoul Ruiz, Sarunas Bartas, HouHsiao Hsien, ecc..

A fronte dello strapotereberlusconiano l'Italia è il paeseoccidentale in cui è stato piùevidente il processo di mercificazionedelle contingenze, proprio delleesistenze e quindi delle inferenze(ora totalmente precarizzate), ed ilcinema (prodotto e/o distribuito), dasempre dagherrotipo della società, nemostra eloquentemente le fasi e lostadio ultimo, che è lo stadio dellacommedia (conculcante) una e trina,sboccata e fascistamente pop, seconcepita a destra, boccheggiante eborghesemente, democristianamente«solidale» se d'ispirazione opposta.

Morta la radicalità di sinistra, chepoteva pensare forme di cultura (nonsolo di cinema) radicalmentealternative, il Mercato italiano è statoinvaso da immagini il cui tenore èquello del sistema politico che le

produce, vale a dire un bipolarismofittizio e centrale che epurando ledifferenze, riduce larap-presentazione del mondo a farsa,pantomima, nel migliore dei casianimata da personaggi che sono ilcalco di un Renzi o di un qualsiasipapaboys rampante. La supremaziadella commedia (in ogni caso iniqua,a parte alcune cose di Virzì, che peròsono fuori tempo, risalgono cioè allatradizione della commediaall'italiana), questa sovranità, pernulla avversata da un cinema cheavrebbe dovuto prendere le suemosse da una cultura rigorosamentemarxista, s'è affermata nel momentoin cui l'abbattimento del muro diBerlino ha riaperto il dibattito circa lecoartazioni dei regimi comunisti –anziché presiedere a una congruariformulazione del socialismo, che nepreservasse i principi di fondo,inalienabili –, come se il liberismotelevisivo verso cui da allora s'èindirizzata la sinistra italiana(borghese e intimamente attratta, giàda tempo, dai capitali) ne costituissel'antidoto, tanto da evitare di metterea punto una seria legge antitrust. Di lìall'assunzione del bipolarismo (chedi fatto cassa l'esperienza radicale e igradi dell'ideologia in favore di unampio moderatismo finanziario) ilpasso è breve e corrispondeall'americanizzazione,

ipermercatizzazione del cinema,cioè, in ultima analisi, a una temperiedi immagini (edulcorate, televisive)concepite per il consumatore,immesse nel libero mercato,inneggianti alla commedia del liberomercato e al consumo sempreridente.

Ma negli ultimi anni, convergendo(incidentalmente eppuretenacemente) verso obiettivi comuni,sono sorti spazi alternativi dipromozione e ripensamento di uncinema decentrato, indipendente,espressivamente potente, che mostrasé e il mondo che cattura, come unenorme e sempre mobile, prosperopalinsesto di microcosmi immaginalie per questo vivi e veri. Spazi postiostinatamente fuori dal centro diconnivenza col Mercato – comescentrato, predisposto a infiniti,virtuali gradi di cognizione, è ilcinema di cui si occupa – germinatiin quell'immensa periferiatelematica, entro cui operano già datempo piattaforme comeSentieriselvaggi, Spietati, Hideout, e,da circa due anni Uzak, dalla cuiesperienza di estravagantesegnalazione di questi film«stranieri», giacenti oltre i nostriconfini, in effetti prende le mossequesto libro, ad ogni modo cercandodi ipotizzarne ora una sorta dimappatura, che finisce percoincidere, per la maggiorparte, conuna geografia del cinema d'autorecontemporaneo. Una mappa, com'èovvio, del tutto abbozzata, delineataanche andando a tentoni,rimemorando visioni dai festival, oraggiunte per varie induzioni, osemplicemente confidando nellepredilezioni dei critici che sono statichiamati a contribuirvi. La cui

provenienza ed esperienza disparate,così come l'approccio, il linguaggiodi volta in volta peculiare,imbastiscono una testuradisomogenea, accidentata, apertaalle molteplici inarcature dellascrittura e dell'interpretazione(ovvero, al limite, della merarestituzione del film a se stesso)andando da analisi filosofiche,teoriche a lavori più narrativi einformativi, eppure incisivi eapprofonditi, ad altri metanarrativi,ecc.. Dieci grandi registi che hannocominciato a fare cinema non primadegli anni Novanta dello scorsosecolo (restando per lo più fuori daglischermi italiani) e dieci critici, peruna cartografia (un'imprimitura cheabbia ora la consistenza della carta,che abbia volume) di un cinema diResistenza – nell'effusione (est)etica,quindi antioccidentale, maturata aimargini, in zone depresse, anchedentro lo stesso occidente, eppurecapaci di gemmare, immaginarenuove configurazioni di realtà – e,allo stesso tempo, di una critica in viadi modificazione, che vaglia nuovistrumenti, nuove modalità di visione(lo streaming, la condivisione di dvdscovati all'estero o su impensatiportali italiani come Indieframe eQueerframe, finanche lasottotitolatura diretta, oltre ai festival)e che alla fine non può che trovare lasua legittimazione nella criticacostante di sé, cioè nella disponibilitàa contraddirsi e contaminarsi (masempre dialetticamente, nondimenticando pagine e immagini), acoltivare il sincretismo e centrare,inquadrare il cinema come unità,Natura, eppure contemplando lemolteplici, laterali e meticcepossibilità di contemplazione.

*Italianista e comparatista presso l’Università di Bari dove si occupa di storialetteraria ed Estetica del cinema, direttore della rivista online Uzak, ha curato illibro «Il film in cui nuoto è una febbre» (ed. Caratteri Mobili, dall’innovativaveste grafica di Nino Perrone) presentato a Locarno, di cui pubblichiamol’introduzione firmata da lui insieme al saggio dedicato al regista argentinoLisandro Alonso. Gli autori degli altri saggi sono Simone Emiliani (Assayas)Giampiero Raganelli (Lav Diaz), Giulio Sangiorgio e Alessandro Baratti(Dumont), Grazia Paganelli (Gondry), Michele Sardone (Lanthimos), GemmaAdesso (Manuli), Sara Sagrati (Reichardt), Matteo Marelli (Seidl), MassimoCauso (Weerasethakul), postfazione di Roberto Silvestri.

NUOVE MAPPEEDITORIA

Immagine da «Liverpool» di LisandroAlondo. Sotto, la copertina del libro curatoda Luigi Abiusi

Una generazionedi cinemaindipendente,potente,fuoridagli schemie spessodalla distribuzione(italiana)

(8) ALIAS4 AGOSTO 2012

LIBRI ■ EDUCARE AI VIDEOGIOCHI

Fa bene videogiocarecoi figli. Ecco tuttele istruzioni per l’uso

di FEDERICO ERCOLE

●●●Theatrhythm Final Fantasy èuno strano gioco e non solo per il suobizzarro titolo, dissonante e melodicoassieme. La sua stranezza, che nonesclude una bellezza classica, si deveal fatto che sia un videogame che ci fagiocare proprio con i videogame esoprattutto con i ricordi che di questiabbiamo, con la memoria di quegliattimi di gioco che sono rimasti nelcuore di chi li ha amati. Cosìquest’opera musicale, visiva einterattiva di Square-Enix perNintendo 3DS è anche un giocod’amore, bizzarro Galeotto tral’appassionato di Final Fantasy el’oggetto del suo amore.

Sviluppato in occasione delventicinquesimo anniversario dellasaga inventata da HironobuSakaguchi, Theatrhythm Final Fantasyutilizza il metodo più emotivamenteefficace per stimolare i ricordi di chi lo«suona», ovvero la musica. Il risultatoè così struggente che persino NobuoUematsu, il compositore storico dellefantasie finali, almeno fino al decimoepisodio, ha confessato di essersicommosso giocandolo. Sfruttando ilpennino del 3DS in una via di mezzotra la bacchetta di un direttored’orchestra e quella di un batteristadobbiamo scandire correttamente ilritmo delle musiche, talvolta elegiachealtre volte comiche o roboanti, spessosublimi, per rivivere una sintesi ditutti i Final Fantasy fino altredicesimo. Mai come qui la

numerazione delle fantasie finali,ognuna sempre diversa dall’altra perambientazione e stimmung, acquistauna dimensione sinfonica.

La trasformazione dei personaggi inteneri pupazzetti è deliziosa eaccomuna tra loro, in un’estetica dabambolotti, caratteri lontanissiminello spazio e nel tempo come ilbiondo Cloud e il bruno Squall con lasua cicatrice; l’antico e genericoguerriero della luce del primoepisodio con Cecil, la sua futura,sofisticata e lucente incarnazione; la«pixellosa» Terra con Lightning in altadefinizione. Persino i grandi «villain»della serie, come Sephiroth e Kefka,emanano una buffa dolcezza. Ci sonotre diversi modi, pensati affinchè

siano interpretati in manieranarrativa, per giocare TheatrhythmFinal Fantasy: in uno ripercorriamo leterre in cui si svolgono gli episodi, inun altro combattiamo i nemici enell’ultimo riviviamo le animazioni e ifilmati in computer graphic. È proprioquest’ultimo il più complesso e nonper ragioni di virtuosismo ma perchéla visione tende a distrarre il giocatoree un minimo errore significa unasconfitta morale più che ludica. Adesempio può succedere di doverescandire il ritmo del tema di Aerith diFinal Fantasy VII. Ecco che sulloschermo scorrono le micidialianimazioni della sua morte e lamusica è così alta e nostalgica che èfacilissimo perdere il controllo del

pennino del 3DS o si vorrebberochiudere gli occhi e mutare la storia,salvando la fanciulla dei fiori. Non sipuò e se si vuole ottenere il massimorisultato, una «perfect chain», civogliono nervi d’acciaio.La tramaorchestrata per giustificare questariunione di personaggi e fusione diuniversi è manichea e affascinante;racconta dello spazio armonico

perturbato tra due divinità chiamateChaos e Cosmos. L’unico modo perristabilire l’armonia è produrre le noteche vanno ad alimentare il lucore diun cristallo musicale. Gioco portatileideale, perché bastano pochi minutirubati al proprio tempo percompletare una sequenza musicale,Theatrhythm Final Fantasy è una sfidacostante. L’interpretazione delle

musiche diventa sempre piùcomplessa e una volta ottenuto ilsuccesso massimo nell’esecuzione diuna fantasia si sbloccano modalitàsempre più ostiche in cui ilvirtuosismo assume una dimensioneda Paganini del videogioco.Questastrana opera di Square-Enix premiachi vi si applica con l’unico trofeo acui può ambire un otaku: nuovipersonaggi, musiche da sentire con lecuffie, filmati memorizzati da vedere erivedere.

Con l’applicazione e la devozionedell’innamorato Theatrhythm FinalFantasy diviene un’enciclopediatascabile dei tredici indimenticabilimondi che compongono questagalassia favolosa.

EDUCATIONAL

di FRANCESCO MAZZETTA

●●●Educare ai videogiochi? Habisogno di essere educato aivideogiochi chi trascorre buona partedella sua giornata davanti ad essi? Chisa esporre le differenze tra le varieuscite di Fifa o di Tekken con dovizia diparticolari che farebbero l'estasiprofessionale di qualsiasi insegnante sel'oggetto dell'esposizione fosse dipertinenza scolastica? Forse unasituazione analoga l'ha vissuta lagenerazione che, appassionata difumetti, s'è ritrovata sui libri di testol'analisi di alcuni di quegli stessifumetti. In realtà «educare aivideogiochi» (in inglese, video gameeducation) ha due possibili principalisignificati che derivano dal targetdell'educazione stessa.

Il primo target sono evidentemente ivideogiocatori: bambini, ragazzi,adolescenti. Il semplice fatto di passaretanto tempo coi videogiochi non sitraduce automaticamente nelconoscere il medium, le sue peculiaritàsemiotiche. Il secondo target sono glieducatori stessi - insegnanti o genitori -che devono gestire il rapporto tra igiovani di cui devono occuparsi ed ivideogiochi.

Entrambi questi scenari educatividevono essere percorsi perché ilvideogioco (ancor più dei fumettiall'epoca) sono un medium diffuso ecapace di veicolare contenuti disparati,di proporsi in contesti non semprericonoscibili. Pensiamo a un qualsiasiprodotto dedicato all'infanzia come ungiocattolo o i cereali per colazione.Niente di più facile che sullaconfezione si rimandi ad un sito dovesono disponibili, ovviamentegratuitamente (ma spesso previa«iscrizione»), videogiochi legati a quelbrand. Esattamente come per lapubblicità l'apparente semplicità delmedium nasconde un ingenteinvestimento per creare fidelizzazione(e inoltre l'iscrizione porta nel databasedella ditta preziose e gratuite informazioni sugli utilizzatori) e perveicolare in modo virale la conoscenza del brand (ad es. con ilbottone «condividi su Facebook» che fa sapere ai nostri «amici» chestiamo usando il gioco legato al prodotto). Pensiamo al controllo

possibile sui titoli disponibili ai figliche, anche nel caso diattenzione/sorveglianza/documentazione sui giochi disponibili, possonosfuggire al nostro controllo ad esempioa casa di amici e avere accesso proprioa quei titoli che come genitorivorremmo loro evitare. Ma pensiamoanche a tutti gli aspetti positivi legati aivideogiochi di cui è statasperimentalmente dimostrata lacapacità di trasmettere informazionianche di natura scolastica con

un'efficacia che va ben oltre i metoditradizionali della didattica.

Per informarsi sull'argomento dellaeducazione ai videogiochi possonoessere utili due volumi recentementepubblicati: Video game education. Studie percorsi di formazione a cura diDamiano Felini (Unicopli, euro 15) eFigli e videogiochi. Istruzioni per l'uso diManuela Cantoia, Lorenzo Romeo eStefano Besana (La Scuola, euro 9). Ilprimo riporta le esperienze, e leriflessioni risultanti, fatte sia conragazzi sia con genitori e insegnanti, siaall'interno della scuola sia in contestimeno formali con i videogiochi,proponendo griglie di valutazione deglistessi sia per l'uso didattico sia perquello familiare. Un capitolo è inoltrededicato all'illustrazione – conevidenziazione di luci ed ombre – delPegi, il Pan European GameInformation ovvero il sistema di ratingeuropeo dei videogiochi in base all'etàed ai contenuti. Il secondo, pubblicatoda una casa editrice tradizionalmentededicata all'educazione ed aglistrumenti didattici, grazie ancheall'interazione tra pedagogistivideogiocatori e non, è un vademecumestremamente chiaro per il genitoregiustamente preoccupato della «dietamediale» dei propri figli ma che nonvuole risolvere il problema conaprioristiche (e spesso inutili)proibizioni. In particolare entrambi ivolumi concordano, ai finidell'educazione genitoriale aivideogiochi, sulla conclusione che igenitori debbano, particolarmente inquesto caso, assumersi pienamente leproprie responsabilità educative edinformarsi estesamente suivideogiochi a disposizione (nonfidandosi dei sistemi «automatici» dirating), parlare con i figli dei gustivideoludici e delle sensazioni che netraggono. Addirittura giocare assiemecon loro per verificarne l'effetto.Insomma assumersi pienamente ilproprio ruolo di genitori e nonattendersi che esso in qualche modopossa essere delegato ad altri. E poimagari è anche possibile scoprire chegiocare insieme può piacere!

LA SFIDA ■ THEATRHYTHM FINAL FANTASY

Diventato vintageFinal Fantasyrivive con la magiadella musica

VIDEOGAMESotto, le icone delle classificazioni PEGI che fanno riferimento all’età ( 3, 7, 12, 16 e 18)e ai contenuti del videogioco.In basso i personaggi di «Theathrythm Final Fantasy»

Oltre al controlloe alle piccoletrappoledella pubblicitàc’è l’aspettopositivodella sperimentatacapacitàdidattica

Ripercorriamole terre visitatenei 13 episodi,combattiamoi nemicie riviviamole animazionie i filmati incomputer graphic.

(9)ALIAS4 AGOSTO 2012

IL SITO ARCHEOLOGICO

TEATRO

IL LIBRO

DAMSELS IN DISTRESS -RAGAZZE ALLO SBANDODI WHIT STILLMAN, CON GRETA GERWIG, ADAMBRODY. USA 2011

0Il titolo deriva dal franceseDemoiselle en détresse (damigellain pericolo) fin dal medioevo

bisognosa dell’aiuto di un cavaliere. Poi itempi sono cambiati: tre ragazzedecidono di trasformare l'ambiente delcampus di Seven Oaks e di riscattare iloro compagni dalla depressione con illoro «centro di prevenzione suicidi».Presentato al festival di Londra, Venezia,Toronto è una parodia dei filmadolescenziali con toni un po’ surreali dacommedia inglese (così come feceWoodehouse nel suo romanzo ominimo,da cui il film del ’37 con Fred Astaire)).Nel cast Megalyn Echikunwoke (da CsiMiami), Adam Brody (il protagonista diO.C.)

DIARIO DI UNA SCHIAPPA 3 -VITA DA CANIDI DAVID BOWERS, CON RACHAEL HARRIS, STEVEZAHN. USA 2012

0La scuola è finita e Greg hadeciso di passare le vacanze nelcountry club dove è iscritto il

padre di Rowley, ma ben presto saràespulso perché si lamenta incontinuazione anche dei minimiinconvenienti. Inoltre i due hannoinvitato un’altra ragazzina che appenamette piede nel country club si dimenticadi loro e fa amicizia con il bagnino. Il filmè tratto dall'omonimo romanzo scrittodall'autore americano e fumettista JeffKinney

DREAM HOUSEDI JIM SHERIDAN, CON DANIEL CRAIG, RACHELWEISZ. USA 2011

0Uno scrittore che deve scrivereil suo grande romanzo, decide ditrasferirsi da New York con

moglie e figlie in una bella casa nellecampagne del new England. Poco dopoessersi trasferiti verranno a conoscenzadi un brutale crimine commesso nellastessa abitazione. Naomi Watts è lavicina di casa. Dal regista irlandese di Ilmio piede sinistro e In nome del padre.

LA CONGIURA DELLA PIETRANERADI CHAO-BIN SU - JOHN WOO, CON MICHELLEYEOH, WOO-SUNG JUNG. CINA 2010

0La storia ruota attorno ad unasetta di guerrieri depositaria deipiù arcani segreti, alla ricerca di

una reliquia appartenuta ad un anticomonaco buddista, capace di donare unpotere immenso a chi la possiede. laferoce killer Drizzle ne trova unframmento e si sottopone a unintervento chirurgico per non essereindividuata. Genere d’azione wu xia piancon risvolti romantici firmato da JohnWoo e dal taiwanese Chao-Bin Suautore di Better than Sex.

UN AMORE DI GIOVENTÙDI MIA HANSEN-LØVE, CON LOLA CRÉTON,SEBASTIAN URZENDOWSKY. FRANCIA 2011

7Struttura al tempo stessoclassica e innovativa, tra decisaoriginalità di stile e letteratura (e

pittura) di fine ottocento: la quindicenneCamille pensa di morire di dolorequando Sullican parte per il Sudamerica afare le sue esperienze. Anche per lei ètempo di crescere. Terzo film di unatrilogia dedicata all’adolescenza. (s.s.)

BIANCANEVE E IL CACCIATOREDI RUPERT SANDERS, CON KRISTEN STEWART,CHARLIZE THERON. USA 2012

7LAl contrario del Mirror Mirror diTarsen Singh commedia artyburlesque con Julia Roberts,

prende sul serio l’inarrivabile cartoondisneyano e lo scardina dal testoroiginale in un lungo percorso dievocazioni cinematografiche passando digenere in genere nel tentativo di mutarela principessa della leggenda in una

creatura dotata di un sé. «EssereBiancaneve» significa combattere controil regno dittatoriale e repressivo. Dotatadi una spada Kristen Stewart, la ragazzadella porta accanto di Twilight interpretamagistralmente, mentre CharlizeTheron, la matrigna, resta prigioniera diuna performance scolastica. (m.c.)

C'ERA UNA VOLTA INANATOLIADI NURI BILGE CEYLAN, CON YILMAZ ERDOGAN,TANER BIRSEL. TURCHIA 2011

7Grand Premio Speciale dellagiuria di Cannes, lungo affrescodark e color fango su una

indagine poliziesca piuttosto complicata eabbastanza appassionante. Un giudice, uncommissario di polizia e il dottor Cemal,diventando sempre più complici,compiono sopralluoghi, interrogatori,indagini d'ogni tipo per ritrovare il corpodi un delitto confessato da un sospetto eda suo fratello, mentalmente malato. Tramomenti angoscianti e umorismoinsospettabile. si affrontano uno a uno igrandi problemi della Turchia di oggi chesta scegliendo, il cosiddetto, infido«islamismo di velluto». (r.s.)

CHERNOBYL DIARIES - LAMUTAZIONEDI BRADLEY PARKER, CON DEVIN KELLEY,JONATHAN SADOWSKI. USA 2012

5Adolescenti americani a Kievvanno a trovare il fratello di unodi loro che si è trasferito lì e che

già per questa scelta di vita è connotatocome uno di cui non ci si può fidare.Infatti organizza per tutti una gitaestrema a Chernobyl, zona proibita esarà all’origine di tutti i guai. Nella sosta aPrypiat, dove i casermoni abitati daglioperai della centrale sono statiabbandonati, iniziano a succedere stranecose. Come succede sempre nell’horrorsi dividono e ha inizio la carneficina.Sintesi di documentario e horror, illuogo ha prodotto nel cinema e nellaletteratura russa opere di grandissimolivello, che non possono essereparagonate con l’esiguità di questointreccio. (s.s.)

LA COSAMATTHIS VAN HEIJNINGEN JR, CON MARYELIZABETH WINSTEAD, JOEL EDGERTON, USACANADA 2011

6Matthis van Heijningen Jr. firmaun prequel de La Cosa diCarpenterrispettando le

proporzioni. Sa di essere alla sua operaprima e, certo, non potrà pretenderedalla Universal le nuvole col blu deilapislazzuli. È conscio della grandezza delpredecessore. Tra qualche scaglia dirimpianto e amarezza, il prequel direttoda Matthis van Heijningen Jr. fugge via nelghiaccio dell'Antartide con almeno unpaio di sequenze shock. Questa voltasono gli effetti digitali ad andare appressoalla paura, c'è tutta l'animatronic e larobotica del caso per mettere al mondoqualcosa di old-fashioned. Ma il vecchioartigianato pensato dentro la botola eraun'altra faccenda e ci manca molto.(fi.bru.)

DETACHMENT- IL DISTACCODI TONY KAYE, CON ADRIEN BRODY, MARCIA GAYHARDEN. USA 2011

7Henry Barthes (Adrien Brody) èsupplente di letteratura e fin dalsuo primo giorno di scuola si

dimostrerà capace di affrontare lasituazione di violenza e smarrimentodegli adolescenti e frustrazione tra idocenti. In un universo descritto comeimmerso in un dolore da cui non sisfugge, dal passato che torna adossessionare costantemente, ilprotagonista mostra nel suo distaccoscelto come costume di vita, uno stileche fa breccia anche nella mente degliallievi più primitivi. Tony Kaye, inglese,classe ’52, di famiglia ebrea ortodossa èstato autore di spot pubblicitari e clipmusicali per i quali ha vinto un premio

Grammy, esordio alla regia AmericanHistory X (’98). (s.s.)

L’ESTATE DI GIACOMODI ALESSANDRO COMODIN, CON GIACOMOZULIAN, STEFANIA COMODIN. ITALIA BELGIOFRANCIA 2011

8Estate sul Tagliamento,campagna, boschi, bagni nelfiume, spazio ritagliato su due

soli personaggi, un ragazzo e una ragazza,compagni di giochi da inventare. Eintorno anche il silenzio: i fruscii dellefoglie, le parole, le cicale Giacomo non lisente, ha problemi di udito, vediamo ilsuo apparecchio acustico mentre suonala batteria nella prima scena, ripreso dispalle alla maniera dei Dardenne. Lacamera lo segue anche en plein air conl’amica Stefi, impavida lei, padrona dellanatura. Una pastorella e un fauno, unarilettura dell’arcadia in chiavecontemporanea con quel tanto diturpiloquio con cadenza friulana a daregusto e intimità ai dialoghi. E anche seGiacomo non sa essere felice, imparerà aimmergersi nella sua estate deidiciassette anni fino a provare la felicitàassoluta catturata in un ritorno a casa inbici, al tramonto. Bellissimo filmd’esordio ritmato come un pezzomusicale. (s.s.)

PAURA (3D)DEI MANETTI BROS, CON PEPPE SERVILLO,LORENZO PEDROTTI. ITALIA 2012

1Non è solo il miglior film deiManetti bros, ma anche il migliorhorror italiano di questi ultimi

anni, li riporta alle loro origini rappettaree videoclippare e al piccolo horrorrinchiuso in una casa. Un maniaco, unaragazza indifesa, tre coattelli romani unpo’ strafatti. E la casa del barone dove itre hanno deciso sciaguratamente ditrascorrere un week end da sballo. Lavera paura trionfa nell’uso dello schermonero in 3D con pochi elementi a vista.Divertente nella prima parte e davveropauroso nella seconda. (m.g.)

ROCK OF AGESDI ADAM SHANKMAN, CON TOM CRUISE,JULIANNE HOUGH. USA 2012

1Dal greve e scassato musical diBroadway di Chris D'Arienzo, laregia del ballerino coreografo

Adam Shankman che ha già portatomalamente sullo schermo la versioneteatrale del capolavoro di John WattersHairspray. Sherrie (Julianne Hough)sbarca dalla provincia nella grande città,Los Angeles, tra i fatiscenti locali notturnidel Sunset Boulevard. Siamo nel 1987,data dell’uscita del primo disco dei GunsN’Roses ed è ad Axel Rose a cui si ispiraTom Cruise, star del rock metallaro,sessista, ubriacone e spompato. Quellache dovrebbe essere una caricaturadiventa un’interpretazione convinta,tanto camp da rendere in filmimperdibile. Sprecati invece CatherineZeta-Jones, Alec Baldwyn e RussellBrand. (g.d.v.)

TAKE SHELTERDI JEFF NICHOLS, CON MICHAEL SHANNON,JESSICA CHASTAIN. USA 2011

7Un film che flirta tra ilcatastrofico, il primo Malick e undiario «on the road». Viene dal

concorso del Sundance e dalla Semainede la critique a Cannes dove ha vinto ilGran Premio della giuria e il premioFipresci. Ambientato nelle sterminatepianure dell'Ohio è uno strano squarciodi America rurale con apocalisseimminente. Curtis guarda conpreoccupazione le grosse nuvole scureche si addensano nel cielo intorno allasua casa. Anche le sue notti sonopopolate da incubi. Ossessionato dallanecessità di proteggere la propriafamiglia Curtis inizia a costruire unenorme rifugio anti tornado. Piani distesi,ma claustrofobici allo stesso tempo,tensione tra il cinema indie e l'ambizionedel cinema classico. (g.d.v.)

A CURA DISILVANA SILVESTRICRISTINA PICCINO, MARCO GIUSTI,ROBERTO SILVESTRI,GIULIA D’AGNOLO VALLAN,ARIANNA DI GENOVA,MARIUCCIA CIOTTA

STARS A BALESTRINOBALESTRINO (SAVONA) ANTICHE SCUDERIE DEIMARCHESI DEL CARRETTO, 7-12 AGOSTOLa prima edizione di teatrocontemporaneo con la direzione artisticadi Shel Shapiro si apre il 7 agosto con ildebutto di I venditori di serenate,spettacolo di e con Annapaola Bardeloni,Nicola Calcagno, Stefan Gandolfo, l’8agosto La bambina che raccontava i film lafamosa pièce di Hernan Rivera Letier,regia di Lino Spadaro e Renzo Sicco, conValentina Virando, Sonia Belforte, PietroDel Vecchio, storia di una famiglia neldeserto sudamericano. Il 9 agostoRoberto Petruzzelli, mette in scena un suo testo, Mannaggia!! Omaggio a Peppino DeNittis, pittore, un magico incontro immaginario con il grande interpretedell’impressionismo in Italia. Il 10 agosto Porco mondo, drammaturgia Francesca Macrì eAndrea Trapani, regia di Francesca Macrì, con Aida Talliente e Andrea Trapani. L’11agosto la giovane compagnia Tap Ensemble – Teatro delle Temperie proporrà DonGiovanni in carne e legno di Nicola Cavallari e Luca Ronga, regia di Ted Keijser, conNicola Cavallari, Eleonora Giovanardi, Luca Ronga, Gianluca Soren, narrazione di attorie burattini. La chiudura è affidata a Shel Shapiro ex leader dei Rokes, in scena conBeatnix di Edmondo Berselli e Shel Shapiro, la nascita della beat generation. (s.s.)

I WISH I NEVER MET YOUAustralia, 2012, 4’, musica: Sam Sparro, regia:Mike Rosenthal, fonte: MTV

9Video del singolo trattodall’album Return To Paradise,come il clip di Happiness,

anche qui l’ambientazione è anni ’30con Sparro nei panni di un bossmalavitoso chiamato «The Shark» (Losqualo). Il clip, seminarrativo, ècondito con i classici stereotipi delgangster film, tra gioco d’azzardo econtrabbando di alcolici epocaproibizionista, alternando scene diazione (come se fosse un trailer) asequenze di playback stile musical. Nelcomplesso però Rosenthal è abile e lafusione tra la raffinata musica dance ele atmosfere crepuscolari, funziona.Davvero ottima la fotografia.

TIMEBOMBUk, 2012, 4’, musica: Kylie Minogue, regia:Christian Larson, fonte: MTV

6Timebomb inizia nel momentostesso in cui finisce, con Kylieche – terminate le riprese in

studio – lascia il set ed esce da unaporta di servizio. Sul giubbotto, da unlato ha un enorme cuore, dall’altro ilsimbolo della pace, e se ne va in giroper le strade di Londra seguita dallasteadycam, filmata un po’ in bianco enero e un po’ a colori, con il fish-eye econ gli infrarossi o sorpresa dallevideocamere di sorveglianza; e ancora,attraverso stacchi, accelerazionidell’immagine, sovrapposizioni susfondi, strobo, intermittenze. Buono illavoro di Larson soprattutto per lavarietà di elaborazioni chetrasformano la flanerie della Minoguein un viaggio psichedelico, con qualespunto narrativo.

AURORA B.Italia, 1979, 4’50”, musica: Krisma, regia: autoreignoto, fonte: Youtube

1Sono diversi i promo musicaliche vantano il titolo di primomusic video italiano: da

Rock’n’Rolling di Scialpi a Movie dellaBertè. Alla lista va aggiunto anchequesto Aurora B. del duo composto daChristina Moser e Maurizio Arcieri,sperimentatori nel campo della musicaelettronica (e non solo). Dal punto divista cronologico non ci dovrebberoessere dubbi essendo datato 1979, ecomunque, sospeso tra eros (gli stessimusicisti in veste di focosi amanti) ethanatos (Arcieri che ingurgitabarbiturici), il video è interessanteanche per l’uso del dispositivoelettronico: pur essendo girato inpellicola, le immagini della Moser,quelle di un monoscopio televisivo edi un incidente di formula 1, vengonoreplicate su più monitor creando ununico flusso. Aurora B. – il cui singolo èincluso nell’album Hibernation –anticipa tra l’altro un clip di qualcheanno dopo, Il video sono io dei MatiaBazar (diretto da Piccio Raffanini)anch’esso giocato sul simulacrocatodico.

LOVEAND PEACE

MAGICO

I FILM IL VOLOVOLANDIASOMMA LOMBARDO (MALPENSA) AREA EX OFFICINE AERONAUTICHE CAPRONI 1910, VIA PER TORNAVENTO,15 CASENUOVE, 25-26 AGOSTO, 1 SETTEMBREUno spazio per volare: oltre agli spazi di animazione e giochi per bambini tutte ledomeniche dalle ore 15 alle ore 18, sabato 25 e domenica 26 agosto si sale sulsimulatore di volo in scala 1:1 e si pilota con la configurazione dell’avveniristico AW609,il mezzo di trasporto del futuro che sarà operativo a partire dal 2016. Il velivolo, chedecolla e atterra come un elicottero ma può viaggiare alla velocità e con le modalità diun aereo, sarà pilotabile (in volo simulato) dalle 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 18.30 nellazona simulatori di volo con l’assistenza degli Amici di Volandia che guideranno ivisitatori. Il Convertiplano AW609 sarà anche visitabile nel padiglione dedicato al ‘futurodel volo’. Sabato 1 settembre appuntamento nell’area simulatori con gara di«Inseguimento nel Grand Canyon». Sulla postazione da 4 dei simulatori di volo ivisitatori potranno sfidarsi in un inseguimento nel Grand Canyon con un P51 Mustanged un A10, con cui i competitors dovranno affrontare la gola profonda dell’Arizona. Unagiuria di esperti di volo simulato valuterà le gare e assegnerà un premio ai vincitori. Perpartecipare alla competizione (dalle 10 alle 12.30 selezioni e prove finali nel pomeriggioa partire dalle 15) è necessario accreditarsi via mail ad [email protected] segnalandonome, cognome e livello di abilità (sufficiente/buono/ottimo). Per i principianti invece,prove di atterraggio e decollo simulato con il bimotore Beechcraft 1900D, velivolo datrasporto passeggeri. Le attività di animazione sono comprese nel prezzo del biglietto.

LAGUNAMOVIES, SPLASHVISIONI DAL SOMMERSOPUNTA TAGLIAMENTO (BIBIONE), 5 AGOSTOLagunamovies che si tiene da 3 al 9agosto a Grado e sulla sua laguina, incollaborazione con l’Università Ca’Foscari di Venezia propone una esclusivaescursione subacquea per «vedere» ilrelitto del Mercurio al largo di PuntaTagliamento con il commento in direttadi Carlo Beltrame docente di archeologiamarittima alla Ca’ Foscari, che ha scavatoil relitto, una delle zone archeologichemeglio conservate del mediterraneo. Il22 febbraio 1812, il Mercurio, battentebandiera tricolore, esplose colpito dal brigantino inglese Weasel impegnato con ilvascello Victorius nel combattimento contro la squadra italo francese partita daVenezia di scorta al vascello da 74 cannoni Rivoli. Di quella famosa battaglia di Gradoemersero il 22 febbraio 2001 i resti del Mercurio. Lagunamovies offre a 50 spettatori(prenotazioni a Grado presso Promhotels-Isola del Sole, tel. 0431 82929-82347 –[email protected]) la possibilità di assistere in presa diretta all’immersione deisubacquei che lavorano nella campagna di scavo, speciale visita guidata con innovativetelecamere, guidati anche dalla voce dell’attore Gualtiero Giorgini che leggerà paginedi L’antenato sotto il mare di Pietro Spirito (Guanda 2010). (s.s.)

VICTOR CAVALLODI VICTOR CAVALLO, EDIZIONI RIBOT, PAG. 413,EURO: DIPENDEStorie, racconti, poesie, lettere, pensieri,invettive, elucubrazioni, sogni ...tutto ilmateriale inedito custodito nei taccuini enei quaderni di Victor Cavallo èdisponibile in un libro acquistabile (solovia internet) andando al sitowww.lulu.com e inserendo nel campo diricerca il titolo: Victor Cavallo. L’edizionecartacea, con numerose fotografie diVittorio e alcuni suoi disegni, costa euro18.72 (quanto richiesto da lulu.com perstampare il libro) più qualche euro per lespese di spedizione. In alternativa si può scaricare sul proprio computer - gratis - il filedell’intero libro. Senza introduzioni, nè postfazioni, nè indice, né didascalie, il volumeraccoglie nudi e crudi gli scritti che Vittorio teneva nei cassetti prima di lasciare questomondo (Roma, 8 maggio 1947 – Roma, 22 gennaio 2000), recuperati dagli amici piùstretti, digitalizzati e assemblati seguendo un ordine il più possibile cronologico. Tra imateriali anche le trascrizioni di alcune performance teatrali di Victor (Cartoline romane- 1986 - con Alvin Curran, Anni facili - registrato il 24 gennaio 1990 nell’aula magna diLettere, a Roma, durante l’occupazione della Pantera- con Maria Paola Fadda e VittorioTerracina, Stalker per la regia di Simone Carella). Nella foto la copertina del libro conVittorio nel 1969 a Santa Maria in Trastevere. (m.d.f.)

SINTONIE

(10) ALIAS4 AGOSTO 2012

HAROLD PINTERORSON WELLES

SAMUEL BECKETT

MARGARET D’INGHILTERRAADOLF HITLER

ANDRÉ T HE GIANT

NIKITA KRUSCEV MARILYN MONROE

THOMAS STEARNS ELIOT GROUCHO MARX

di GUIDO MARIANI

Che cosa ci fa un futuro campione di wrestling in macchina con il cupo egeniale maestro del teatro dell’assurdo? L’attrice più amata ha avuto in pugno idestini del mondo quando parlò con il presidente dell’Unione Sovietica? Ilpubblico di un fumoso locale di New York si rese conto che quei due giovanimusicisti sconosciuti che dividevano il palco sarebbero diventati leggenda? Ungrande regista italiano voleva dirigere un film su un supereroe? Nelle pieghedella cultura popolare si celano alcuni incontri insoliti che hanno visto insieme,per un tempo magari molto breve, personaggi tra loro estremamente diversi.Ecco alcuni di questi fotogrammi di storia, curiosi e inaspettati.

Orson Welles & Adolf HitlerNel 1970 il grande attore e regista nelcorso di un’intervista televisivaraccontò di aver pranzato al fianco diAdolf Hitler. Da adolescente Welles sitrovò in Germania per un periodo distudio e andò a fare un paio diescursioni sulle montagne austriacheaccompagnato dai suoi insegnanti.Uno di questi era un militantedell’allora minuscolo e insignificantepartito nazista e nei pressi diInnsbruck, in occasione di un radunodel partito, l’insegnante di Welles loportò a mangiare al tavolo con illeader di questo movimento politico.Ricordò Welles: «L’uomo che misedeva di fronte era Hitler, non fecealcuna impressione su di me. Nonriesco a ricordarmi nulla di lui. Nonaveva alcuna personalità. Sembravainvisibile».

Harold Pinter & Margaretd’InghilterraNon sorprende che un drammaturgopremio Nobel abbia incontrato lasorella della regina d’Inghilterra, mastupisce la natura del loro incontroche li vide comuni spettatori di unfilm pornografico. Il tutto accadde neiprimi anni Sessanta per iniziativa diun rinomato ed eccentrico criticocinematografico inglese, KennethTynan, che organizzò una serata conospiti Harold Pinter e sua moglie,l’attrice Vivien Merchant, l’attorecomico Peter Cook e sua moglie e laprincipessa Margaret accompagnatadal consorte Lord Snowdon. Dopo lacena iniziò la proiezione di una seriedi pellicole scabrose, il marito diMargaret pare fosse il più convintodell’effetto terapeutico dellospettacolo sulla moglie e disse aTynan: «Le farà bene». Al compariredelle prime immagini che ritraevanouomini completamente nudi, ungelido imbarazzo scese sull’autorevolepubblico. Il comico Cook però iniziò asdrammatizzare con una serie dibattute e consentì alla serata proibitadi proseguire tra le risate anche dellasorella della regina Elisabetta. HaroldPinter accompagnò il tutto coneccessive quantità di liquori e finì lanotte brava così ubriaco da cadere

rovinosamente dalle scale.

Samuel Beckett & Andréthe GiantNel 1953 il drammaturgo irlandeseSamuel Beckett vide rappresentataper la prima volta al Theatre deBabylone a Parigi l’opera che lo reseimmortale, En attendant Godot(Aspettando Godot). Ai tempirisiedeva poco distante dalla capitalefrancese dove costruì un cottage conl’aiuto di alcuni lavoratori locali. Traquesti c’era anche un agricoltore diorigine bulgara chiamato BorisRousimoff che divenne suo amico.Beckett e Rousimoff si trovavanotalvolta insieme per giocare a carte.

Boris aveva un figlio di cui tuttiparlavano. Continuava a crescere adismisura. Il bambino era cosìimponente che non riusciva neppurea salire sullo scuolabus e la macchinadi famiglia era troppo piccola perospitarlo. Così Beckett, che aveva unampio furgone, si offrì diaccompagnare il ragazzo a scuolaquando era diretto in città. Nonavevano molto in comune quelbambino troppo cresciuto e ildrammaturgo e parlavano di sport, in

particolare di cricket. Il ragazzo, che asoli 12 anni superava il metro eottanta e pesava più di cento chili, sichiamava Andrè e fece della suastazza la sua fortuna e, in qualchemodo, scelse anch’egli ilpalcoscenico. Qualche anno dopodivenne lottatore con il nome di«Géant Ferré». Nel 1970 era inGiappone dove salì sul ring come«Monster Rousimoff». Nel 1973divenne una star internazionale. Notocome Andrè the Giant, era diventato

un protagonista in quel teatrodell’assurdo che è il wrestlingamericano.

Nikita Kruscev & MarilynMonroeNel settembre 1959 la guerra freddasembrò dissolversi quando l’alloraleader sovietico Nikita Kruscev sbarcònegli Stati Uniti per una visita chedurò 11 giorni e che lo portò in postiquali New York, San Francisco e neigranai di Des Moines in Iowa. La suatappa più glamour fu quella a LosAngeles, dove il capo del bloccocomunista, che in cuor suo sognavadi andare a Disneyland, fece unbagno di divismo visitando gli studiosdella 20th Century Fox. Fu ospite delset del film Can-Can dove ShirleyMacLaine si esibì in acrobatichesforbiciate, e partecipò poi a unbanchetto con centinaia di star (tracui Frank Sinatra e Gary Cooper). Nelcorso dell’evento fu portata al suocospetto Marilyn Monroe che recitòuna frase in russo che le avevainsegnato l’attrice Natalie Wood checonosceva bene la lingua: «Noilavoratori della 20th Century Foxsiamo lieti del fatto che lei sia venutoa visitare il nostro studio e il nostropaese». La Monroe avrebbeipnotizzato chiunque con qualsiasifrase e Kruscev rimase senza parole.«Lei è una deliziosa giovane donna»,balbettò il leader comunista. Davantiai giornalisti l’attrice fu moltodiplomatica e proclamò: «È un grandegiorno nella storia dell’industriacinematografica». In privato, a quantopare, diede un resoconto molto piùschietto e realista di questo brevesummit: «Era grasso e orribile, con unporro in faccia, e grugniva. Mi strinsela mano così forte che pensavo me larompesse. Forse sarebbe stato megliobaciarlo». Nessuno è perfetto.

T.S. Eliot & Groucho MarxLa pubblicazione dell’epistolario diT.S. Eliot da parte della YaleUniversity rivelò che l’autore de Laterra desolata fu un accanito fan dellacomicità dei fratelli Marx tanto daintrattenere negli anni Sessanta unacorrispondenza con Groucho. Nel1961 l’attore ricevette una lettera diEliot che gli esprimeva ammirazione egli chiedeva una foto autografa.Sorpreso, Groucho gli mandò unafoto di scena a cui il poeta risposechiedendo un suo scatto nella posaormai celebre con il sigaro in bocca.Inviata la fotografia, Eliot rispose: «Ilsuo ritratto è arrivato e la informo che

La rockstar e il presidente, il regista e il grande dittatore,l’attrice e il «bacio» al leader comunista, la serata pornodella principessa. Ecco i meeting che non ti aspetteresti mai

STORIE ■ CASUALI O VOLUTI. ISTANTI EPOCALI IN CUI ICONE POP SI SONO RITROVATE FACCIA A FACCIA

Incontri ravvicinatitra certi tipi

(11)ALIAS4 AGOSTO 2012

MADONNA

JAMES BROWN

MART HA GRA HAM

ALFRED HITCHCOCK

BRUCE SPRINGSTEEN BOB MARLE Y

FEDERICO FELLINI STAN LEE

STEVE JOBS ANDY WARHOL

WOODY ALLEN BILLY GRAHAM

RICHARD NIXON ELVIS PRESLEY

verrà incorniciato e appeso sul muroaccanto ad altri amici famosi qualiW.B. Yeats e Paul Valery». Allegata airingraziamenti, una fotografia dellostesso Eliot che Groucho avevaespressamente richiesto. Il comicocommentò così nella missivasuccessiva: «Ignoravo che lei fossecosì bello. Il fatto che a lei non sianomai stati offerte parti in film sexy è ladimostrazione della stupidità deidirettori dei casting». Dopo tre anni dicorrispondenza, i due si incontraronoa Londra nel 1964, Eliot era malato esofferente, ma la strana coppia siintrattenne a parlare dei vecchi filmdei fratelli Marx.

Federico Fellini & Stan LeeFellini era un visionario amantedell’arte in ogni forma, adorava ifumetti e nel 1966 venne folgoratoanche dai supereroi di Stan Lee. Ilregista rimase bloccato a New York acausa di un virus e durante la malattialesse alcuni numeri dell’Uomo Ragnoe dell’Incredibile Hulk. Fu cosìaffascinato da chiedere agli uffici dellaMarvel un incontro con l’ideatore deipersonaggi. «Mi dissero che un talFred Felony voleva vedermi»ricorderà Stan Lee. Dopo qualcheproblema di comprensione linguistica(Fellini non parlava un ingleseperfetto) i due entrarono subito insintonia e il regista si dimostròcuriosissimo su come i fumettivenivano creati. «Passammo due orestupende - ha rievocato Lee - amostrargli come lavoravamo escambiandoci storie». Tra tanti sequel

inutili sarebbe stato bello vedere unUomo Ragno 8 e1/2.

Woody Allen & Billy GrahamDopo il successo del film Prendi isoldi e scappa Woody Allen nel 1969registrò uno speciale televisivo in cuifaceva da mattatore, intitolato TheWoody Allen Special. In mezzo asketch, battute e comparsate di attoricomici, l’agnostico ebreo Allen decisedi intervistare il pastore protestanteBilly Graham, una delle figurereligiose più rispettate e amated’America. Allen era già noto per lasua ironia caustica sulla religione e ildialogo tra i due iniziò con Grahamche prendeva le distanze: «Vorreipremettere che ci sono alcune coseche non mi vedono d’accordo con te».Allen rispose: «Chi di noi due siconvertirà alla fine di questaintervista?». L’attore ebbe l’occasioneper lanciare alcune delle sue battutepiù celebri. Quando Graham disseche i rapporti sessuali prima delmatrimonio erano sbagliati, Allencommentò: «Dareste la patente a chinon ha mai guidato?». Alla finedell’intervista nessuno dei due siconvertì.

James Brown & AlfredHitchcockNel 1969 il padrino del soul e ilmaestro del brivido si trovaronoseduti accanto, entrambi ospiti delpopolare show televisivo americano

di Mike Douglas. Il dialogo tra i due,visibile anche su Youtube, è breve ememorabile. Brown confuse il titolodel capolavoro di Hitchcock, Psycho,con quello di un b-movie horror, echiese a bruciapelo: «Nel tuo filmHomicidal... proprio alla fine, questotizio si toglie la parrucca, come seavesse recitato la parte per tutto iltempo. Ma hai usato una ragazza ohai sempre usato veramente untizio?» Col suo aplomb britannicoHitchcock non si scompose, noncorresse Brown per la svista, né siirrigidì per essere stato associato a unfilm da drive-in e rispose: «Non te lodirei. È un segreto professionale. Valedei soldi. Vuoi forse rovinarmi? I mieifigli e mia moglie morirebbero difame». Poi sempre imperturbabiledisse: «Te lo dico dopo, quandousciamo di qui».

Elvis Presley & Richard Nixon«Caro signor Presidente. Vorrei primadi tutto presentarmi. Mi chiamo ElvisPresley e la ammiro e ho granderispetto per il suo ruolo». Con questafrase iniziava la lettera che Elvis fecerecapitare a Nixon nel dicembre 1970per chiedere un incontro privato.Elvis, che stava ormai imboccando ilviale del tramonto, nella missiva sidichiarava preoccupato per lo stato incui versava il paese e in conclusionechiedeva di avere la possibilità diessere nominato agente federaleonorario per poter combatterel’abuso di droga «tra gli hippie». Unacuriosa richiesta dettata da una dellemanie più strane del re del rock’n’roll,quella di collezionare distintivi ecariche onorarie delle varie polizie eagenzie federali statunitensi. Nixon,che non godeva di una grandepopolarità tra i giovani, susuggerimento del suo staff acconsentìall’incontro. Il 20 dicembre Elvisarrivò alla Casa Bianca alle 12 e 30.Regalò al presidente una Colt 45cromata e alcune sue foto e mostròorgoglioso la sua collezione didistintivi. I due parlarono dei Beatlesed Elvis, che già nella sua lettera liaveva pesantemente attaccati, lidescrisse come degli approfittatoriche avevano preso i soldi al popolostatunitense per riportarseli in patriae fomentare attività anti-americane. Ilverbale ufficiale dell’incontro riferisce:«Il Presidente annuì d’accordo eespresse una qualche sorpresa».«Vesti un po’ strano, non ti pare?»,disse poi Nixon, e Elvis rispose: «Tuhai il tuo show, io ho il mio». I due sistrinsero la mano mentre The Pelvisriceveva il distintivo dell’agenzianazionale per la lotta alla droga, ilFederal Bureau of Narcotics andDangerous Drugs, il pezzo più ambitodella sua collezione. Anni dopo peròla moglie di Elvis, Priscilla, rivelò cheil distintivo servì al re del rock perpoter viaggiare indisturbato coningenti quantità di farmaci e armisenza essere perquisito e arrestato.

Bruce Springsteen & BobMarleyNew York, 18 luglio 1973. Il localeMax's Kansas City al 213 di ParkAvenue South ospitò una serataspeciale, un solo biglietto dueconcerti. Peccato che gli artisti nonfossero molto celebri. Un giovane everboso rocker del New Jersey e unbizzarro ensemble giamaicanosconosciuto che per la prima voltaazzardava un tour negli Usa. Unascarna locandina immortalava i nomi:Bruce Springsteen e The Wailers, ilgruppo guidato da Bob Marley e PeterTosh. Gli annali non riportano diimprovvisate jam tra le futureleggende della musica, ci furono aquanto pare solo brevi incontri nelbackstage dove Tosh e Marleyavevano portato un po’ di «colore»fumando marijuana. Gran parte delpubblico era nel locale per seguire ilfuturo Boss di cui si iniziava a parlare,ma rimasero sorpresi da quella bandesotica il cui cantante tra unacanzone e l’altra parlava di coseincomprensibili in un dialettocaraibico. Springsteen e Marleyrimasero in cartellone per sei giorni.Col tempo molti hanno giurato di

avere assistito a quella serata che oggiappare da sogno, tra essi AliceCooper, Lou Reed e Patti Smith. Disicuro c’era Steve «Little Steven» VanZandt, amico di Bruce e suo futurochitarrista, che dopo aver assistito alconcerto di Marley disse: «Questaroba è davvero diversa dal solito».Viene il dubbio che non si riferissesolo alla musica.

Steve Jobs & Andy WarholNell’ottobre 1984 il giovane genioinformatico Steve Jobs, che alloraaveva 29 anni, venne invitato da YokoOno alla festa di compleanno delfiglio Sean (Lennon). Jobs portò indono al ragazzino il computerMacintosh che aveva lanciato congrande enfasi quell’anno. Al centrodell’attenzione fu soprattutto unnuovo programma chiamatoMcPaint, l’antesignano di Photoshop.

Quando il fondatore della Apple iniziòa spiegare le funzioni del programma,si avvicinò anche un altro invitato,Andy Warhol. L’artista si mostròinteressatissimo e chiese «Possoprovare?». Jobs spiegò le funzioni emise a Warhol in mano il mouse.Indeciso su come usarlo, l’artistainiziò però a muoverlo nell’aria comeun pennello. L’equivoco fu prestorisolto e Warhol iniziò a disegnaresullo schermo e ricordò al giovane diaver già parlato con qualcuno chevoleva dargli un computerMachintosh: «Sì ero io - fu la risposta-. Sono Steve Jobs».

Madonna & Martha GrahamIl sogno della giovane Louise VeronicaCiccone era quello di eccellere nelladanza. Nel 1976, a 18 anni, si iscrissea New York alla scuola fondata dallamusa e madre della danza moderna,Martha Graham. La grandecoreografa e ballerina ai tempi aveva82 anni, era una leggenda vivente nelmondo del balletto, ma compariva dirado alle lezioni, soprattutto dei corsidelle nuove leve. Il sogno dellagiovane e non molto aggraziataballerina era poterla incontrare esedurla con il proprio talento. Nonavvenne. Il loro primo incontro fuanzi un incidente imbarazzante. Haricordato Madonna: «Era in mezzoalla lezione delle 11 e io avevo bevutotroppo caffè e avevo bisognodisperato di andare a fare pipì. Cosìviolai la regola principale della scuolae abbandonai la lezione perché lavescica mi stava per esplodere. Spinsila porta che dava verso i corridoi edeccola lì. Proprio di fronte a me. Chefissava la mia faccia. La miaapparizione la prese di sorpresa:nessuno mai osa lasciare il silenzio ditomba delle lezioni prima della fine!Mi guardò con quello che pensaifosse interesse, ma era solodisapprovazione». La giovanediscepola cerca di rivolgerle la parola,ma la Graham la squadra conseverità e scompare, «aspettai che leparole uscissero dalla mia bocca.Questo era il mio primo incontro conuna dea, una guerriera, unasopravvissuta. Qualcuno con cui nonti puoi permettere di scherzare. Primache riuscissi a schiarirmi la gola se neera già andata». La ragazza nonriuscirà a trasformarsi in una grandeballerina, ma Louise Veronicadiventata Madonna incontrerà dinuovo Martha Graham poco primadella sua morte, non più daimpacciata allieva, ma da reginainternazionale della musica pop.

LA DOPPIA FACCIA DEL POPdi ROBERTO PECIOLAIl fatto che l’inglese non sia la nostra lingua madre e la scuola non ce lo insegni certo a dovere fa sìche dalle nostre parti si ascoltino le canzoni «straniere» senza prestare alcuna attenzione ai testi, eci può stare. Ma la scarsa cura verso le liriche e il loro vero significato, a volte neanche tropponascosto, è un malcostume degli stessi popoli anglosassoni, che spesso si ritrovano a canticchiarestrofe che sembrano innocue ma che sotto sotto nascondono depressione, incubi e circostanzealquanto sgradevoli. Eccone un breve elenco. Si parte dal Boss, e dal suo inno Born in the Usa. Inmolti pensano che Bruce Springsten (nella foto) abbia voluto omaggiare il suo paese, ma in realtàil brano nasconde il grido di allarme di un veterano della guerra del Vietnam (ma riattualizzandolo

potrebbe adattarsi anche ai reduci dall’Iraq...) che al suo ritorno in patria si sente abbandonato dauna società che non si cura affatto dei suoi problemi, e farà «la fine di un cane che è stato bastonatotroppo a lungo». Uno dei gruppi più importanti del soul targato Motown, i Temptations, in PapaWas a Rollin’ Stone raccontano di un alcolista fannullone e donnaiolo che lascia moglie e figli e allafine muore. Ma non devono essere stati molto convincenti, visto che il pubblico ha immaginatoinvece che il brano fosse un coinvolgente r’n’b sulla storia di un padre «alla moda». Una delle hit piùnote degli Aerosmith è Janie’s Got a Gun. Forse, a causa dell’immagine stereotipata che la band diSteven Tyler ha sempre dato di sé attraverso video imbottiti di ragazze molto avvenenti, il pezzo inquestione è stato visto come il racconto di una giovane donna sexy che acquista semplicemente unapistola. Ma la storia è ben più tragica, perché alla protagonista l’arma servirà per uccidere il padreche aveva abusato di lei quando era ancora una bambina... (segue a pag.12)

(12) ALIAS4 AGOSTO 2012

LA DOPPIA FACCIA...(segue da pag 11) Altro gruppo difama internazionale, i Red Hot ChiliPeppers, e quella che è forse la lorocanzone più riuscita, Under the Bridge.Non si tratta, come credono in molti, difare un giro con gli amici sotto il pontedella città che ami, ma piuttosto dicome ci si sente soli quando si entra nelvortice dell’eroina e della cocaina. È di

pochi giorni fa la notizia della stragecompiuta da un ventiquattrenne vicinoDenver, e la cronaca ci dice di moltealtre stragi messe in atto da ragazziall’interno di questa o quella scuolaamericana. E questo è l’argomentotrattato in Pumped up Kicks dei Fosterthe People, un giovane disadattato cheimmagina di aprire il fuoco controcompagni e professori... altro che unpaio di scarpe da ginnastica all’ultimo

grido! Sempre di armi si parla nelvecchio successo della tedesca Nena(nella foto), 99 Luftballons. I palloncinicolorati tanto cari ai bambini e chesembrano rallegrare la storiella sono inrealtà una trasposizione dei missilinucleari utilizzati in una guerra tra est eovest che porterà alla fine dell’umanità.Il sesso si cela invece dietro a un branodel supergruppo Mr. Big, To Be withYou. Il ragazzo che si suppone sia in

di FEDERICO ERCOLEe GIULIANO ERCOLE

Il sole tramonta sempre sul punkhardcore californiano, non perché siauna musica dell’ovest, estrema emelodica insieme, i cui toni diprotesta e ribellione si fondono conl’epopea del surf, dello skate, dellatrasgressione giovanile e delle rivoltemetropolitane, ma per una questionedi atmosfera poetica, per lamalinconica armonia di una finesempre imminente che è quella delsole che sta per cedere alla notte. Ilpunk californiano non è morto ma stamorendo e, sebbene sia ancora vitale,senza la coscienza di questa sfiancataestinzione perpetua e ricercata nonrisuonerebbe con la stessa esaltantepotenza e lirica.

La storia del punk californianomoderno, una storia cominciata daband come Germs, Circle Jerks eBlack Flag, proseguita con SocialDistorsion, Bad Religion e Vandals èesplosa durante la fine degli anniNovanta con le canzoni dei NoFx, NoUse for a Name, Guttermouth,Pennywise e Lagwagon, un gruppoche non incide più album dal 2005ma le cui canzoni sono tuttora tra lepiù appassionanti e appaganti nonsolo del genere ma della musica Usadegli ultimi 40 anni, sebbene siararissimo sentirle alla radio e ancoradi più vederne un video alla tv.D’altronde i Lagwagon sono semprerimasti indipendenti e hanno incisosolo per Fat Wreck Chords, l’etichettafondata da Fat Mike dei NoFx.

Recentemente la band si è riunita,anche se in realtà non si è mai divisa,per un tour che li ha portati anche inItalia, dove li abbiamo ascoltati a

Livorno, al The Cage, luogo sospesotra l’arcadia di una cascina el’impegno sociale e lo splendorenotturno e antagonista di uno squatanni Novanta.

Prima del concerto, dedicato solo aiprimi cinque album, recentementeripubblicati, abbiamo incontrato iLagwagon e gli abbiamo chiesto se,considerata la lunghezza della lorocarriera non stiano «cadendo a pezzi»,come cantano nella canzone FallingApart del 2003, in cui descrivonoironicamente le ipocondrie, lemalattie e i disagi dei musicisti punksulla soglia dei quarant’anni.

«Non stiamo affatto cadendo apezzi - ci dice il gigantesco chitarristaChris Philippin -. E per me suonarecon i Lagwagon significa anchepagare le bollette». Invece, aggiungeJoey Cape, il cantante, classe 1966, «iosono a pezzi. Mi sono appena rottouna costola durante il tour. È laquarta costola che mi rompo inquattro anni. E il mio ginocchiosinistro è un vero problema». Eppure

quando lo vediamo cantare Joey Capesalta come un grillo punk per tutto ilpalco e se qualche volta si sente comeOzzy ci confessa: «Magari è giunto ilmomento di fermarmi, ma ho capitoche me la godo ancora e questo non èproprio un brutto lavoro. Per me iLagwagon sono una famiglia, unafamiglia sotto tutto i punti di vista,siamo abituati ognuno ai problemidell’altro».

Joey Cape è un artista davveroprolifico, oltre ad avere cantato con iBad Astronauts e i Playing Favouritesha inciso due album acustici dasolista, perle nere che ci fanno intuireun futuro simile a quello di un JohnnyCash punk. Dalla sua carriera solistaCape ci confessa di «avere appresonuove tecniche che mi hanno aiutatoa cantare e a esprimermi negli ultimianni. Ma soprattutto a non cantarecome canto nei Lagwagon, se voglioconservare intatta la mia voce».

Ma quale è il messaggio chevogliono indirizzare al loro pubblico?A rispondere ci pensano ChrisPhilippin e Dave Raun, il batterista:«Festeggiare, bere birra, divertirsi, farefollie e porsi mete semplici daraggiungere. Se l’obiettivo sta in bassoci si può sempre arrivare», mentre perJoey Cape la speranza è «che le mieparole ispirino al pubblico empatia etolleranza, ma questi sono obiettivielevati e la maggior parte della gentepreferisce sempre cantare da sola».

E la politica? «Non c’entra nientecon i Lagwagon - interviene DAveRaun -. È un fottuto casino,preferiamo lasciarla fuori dalle nostrecanzoni. Fa schifo». Ma ognuno diloro ha idee molto chiare in merito.Secondo l’altro chitarrista (nonchéfondatore dei leggendari Rich Kids onLsd e membro dei No Use for aName), Chris «Leon» Rest, «nonhanno dato al presidente Obamatempo a sufficienza per risolvere iproblemi. Bush ha rovinato così tantoil paese che il nuovo presidente èriuscito a malapena a intervenire.Così adesso i suoi sono ingiustamenteconsiderati fallimenti e la politica sista indirizzando nuovamente nelladirezione pre-Obama. È come con lacucina, per fare le cose bene ci vuoletempo. Con il microonde le patatesono pronte in pochi minuti ma se lesi cuoce al forno o in padella, conlentezza, diventano molto più buone.Ci vuole pazienza, anche nellapolitica».

Il concerto inizia, un migliaio dipersone all’interno del The Cage,eppure, come avviene sempredurante questo tipo di concerti,sembrano molte di più mentre lamusica, una marea metallica emorbida che sale formando onde dasurfare a velocità supersonica, li fasaltare e ballare.

Passano le canzoni e dispiace dinon sentire quelle tratte da Blaze eResolve, gli ultimi due album deiLagwagon, capolavori assoluti delpunk. È tuttavia raro che la bandsuoni pezzi dal cupo e struggenteResolve, scritto e composto in tregiorni dopo il suicidio del batteristaDerrick Plourde. Tuttavia non c’ècanzone che non sia cantata dalpubblico e quando inizia Alien 8, daDouble Plaidinum, l’esaltazione è taleda trasformare la canzone in unfenomeno di partecipazione coralecosì diverso ma più intenso da quelloche si potrebbe sentire in uno stadio.

In un mondo della musicadominato dalla pubblicità, dagliarticoli della stampa specializzata piùcommerciale e dalle televisioni, è unmiracolo della galassia dei suoni che iLagwagon e gruppi come loro, chesuonano anche in squat e piccolilocali e le cui canzoni vengono diffusesolo dalla passione di migliaia emigliaia di fan, continuino a suonaree ad alimentare la forza di dissentire edi negare del punk.

O la forza primeva, essenziale delvero rock and roll, da cui il punk ègerminato come uno splendidoparassita.

A dimostrare ciò il 30 agosto JoeyCape, nel ruolo di chitarrista, e DaveRaun, torneranno in Italia, a Milano,dove suoneranno con la super bandMe First & The Gimme Gimmes,insieme alle altre star di questogruppo che esegue solo cover diclassici del rock di tutto il mondo,trasformandoli in punk, ossia FatMike al basso, Spike Lawson degliSwingin’ Utters e Chris Shiflett deiFoo Fighters.

Ma potrebbe non passare moltotempo perché i Lagwagon torninodalle nostre parti, visto che, come cihanno confessato, dopo sette annistanno finalmente registrando delmateriale inedito, che potrebbetrasformarsi in un nuovo album.

UN BACCALÀSUI NAVIGLI

INTERVISTA ■ TRA LE BANDIERE DELL’HARDCORE CALIFORNIANO

Missione Lagwagon,essere punka quarant’anni

RITMI

CASTIGLIONCELLO (LIVORNO)Nonna IsolaVia Aurelia 558, tel. 0586753800Nel ’62 c’erano Caterine Spaak, irresistibilecon la frangetta, e Jean-Louis Trintignant, unpo' spaesato in camiciola bianca. Dai tempidel Sorpasso, il paesino del litorale toscano, èun po’ passato di moda e forse non è unmale. Appena fuori dal paese, al 558 della viaAurelia, dal 1890 tiene il tempo Nonna Isola,quieto casolare dalle pareti biancheshakerato dal brontolio delle auto (sepreferite i lenti in riva al mare prenotate allaBaracchina, dal placido affaccio sugli scogli dipunta Righini). Il titolare e chef EnricoFaccenda propone una cucina curata magenuina. La signora Faccenda, di germanicheorigini, raddrizza la tendenza italica al twistdisordinato. Si ondeggia fra spaghettoniall'elbana, gamberi e polpo su letto diverdure, si swinga poi al tempo di ricciolascottadito e gallinella all'acquapazza. Notastonata la Charlotte ai frutti di bosco, buonaper l'orchestrina di una nave da crociera.Discreta la lista dei vini, specialmente deibianchi. Bonus: sapienza nelle porzioni.Malus: la musica da ascensore e l'arredo,che per esser sobrio risulta freddino. Voti:cucina 7; ambiente 6; servizio 7.MILANOCucina FusettiVia Fusetti 1, tel: 3408612676Una serata rock’n’roll con Elvis a strafogarsidi cheeseburger, come non ci fosse domani,una più fado e malinconica con il Baccalà allaportoghese, una Tenores di Bitti con glispaghetti alla bottarga. Non ci si annoia allacucina Fusetti, trattoria spartana edivertente, con arredi anni ’50, che proponeserate allegre, d’impronta sarda, come iltitolare, Ivan, già proprietario di unristorante ad Alghero, che ora si è affacciatosui Navigli. A connotare l’impostazionemusicale del locale, i menu che vengonoserviti incollati su un vecchio 45 giri. A noi(poteva andare meglio) è capitato CristinaD’Avena dell’Incantevole Creamy. Per rifarci,abbiamo assaggiato un po’ di tapas nostrane:arrosticini abruzzesi, polpette cotte nellabirra, spiedini di pesce. E alla fine, giro inrisciò tra i Navigli, con bottiglia di Proseccoal seguito e tagliere in bilico. Bonus: ottimomirto. Malus: la confusione dei Navigli.Voti: cucina 6,5; ambiente 7; servizio 7.ROMACoromandelVia Monte Giordano 60/61, tel. 0668802461Ci vuole coraggio per proporre solo menudegustazioni e niente carta, seguendol’esempio dei bistrot parigini. Se poi i piattisono giocati su due soli ingredienti, ilcoraggio è ancora superiore. Ma la sfida èriuscita e la brigata al femminile che dominaquesto nuovo ristorante del centro, con lachef Gaia Giordano, conduce in porto unacucina improntata alla qualità e allafreschezza degli ingredienti. Coromandel è ilnome di un profumo, di una penisola dellaNuova Zelanda e di una cittadina brasiliana.E Luar de Coromandel è struggente valzer diAbel Ferreira, maestro del choro, genereche mescola melodie europee e ritmiafro-brasiliani e con le interpretazionimalinconiche della musica degli indios delBrasile. Tra violini e clarinetto Abel viconduce sull’onda di una nostalgia alla qualesi può porre rimedio solo mangiando (peresempio una splendida crostata di mandorlee fichi) e bevendo un buon bicchiere dirosso. Bonus: prezzi a partire da 28 euro,aperto anche a colazione e pranzo. Malus:per gli insofferenti, la mancanza di sceltadalla carta. Voti: cucina 7; ambiente 7;servizio 7.

www.puntarella rossa.it

La band tornain studio dopouna lunga assenzaper registraremateriale inedito.«Con le nostrecanzoni vogliamosollecitare empatiae tolleranza»

Due immagini dei Lagwagon liveal The Cage di Livorno(foto di Sebastiano Bongi Tomà)

(13)ALIAS4 AGOSTO 2012

ANDREA CELESTESOMETHING AMAZING (Top 1 Comunication)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Gavetta gospel e moltecollaborazioni con jazzisti (Gatto,Moroni, Tavolazzi), Andrea Celestealterna parentesi soliste - questo è ilterzo disco - nel segno del pop sofisticatorielaborato in chiave sottilmente jazz. Ledigressioni sono una Born to Be Alive diPatrick Hernandez, depurata da ognidivagazioni dance, e Heavy Cloud, No Raindi Sting. (s.cr.)

RANDY CRAWFORD& JOE SAMPLELIVE (FDM Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Un disco dal vivo registrato inoccasione di un tour europeo tra ottobree dicembre 2008. A immortalare laritmica di S. Gadd (batteria) e N. Sample(basso), il piano di J. Sample e la voce diRandy Crawford. Che troviamo in unaforma smagliante. Giustificata quindil'uscita di questo lavoro, che si muove insonorità estremamente blues (Every Day IHave the Blues, Feeling Good), piuttostoche all'interno di leggeri e cantautoraliambienti di marca jazzy (Almaz) checonfluiscono in struggenti ballad (ThisBitter Earth). Un ottimo dischetto estivoche vi accompagnerà languidamente nelfresco della sera. (g.di.)

FERDINANDO FARAÒ& ARTCHIPEL ORCHESTRAFEAT. PHIL MILLERNEVER ODD OR EVEN (Music Center)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Notevoli note di copertinafirmate dallo scrittore Jonathan Coe cheraccontano il meraviglioso crepuscolodell'art rock inglese arricchiscono questocd, che, lo diciamo subito, è un piccolocapo d'opera. Arricchito dalla chitarracanterburiana di Phil Miller in persona.Ferdinando Faraò arrangia ottomagnifiche tracce da quella stagione,conferendo loro un suono orchestraleagile e sorprendente. Una è unacomposizione originale in memoria di PipPyle. (g.fe.)

JANEL AND ANTHONYWHERE IS HOME (Cuneiform)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Ma dov'è casa, si domandano JanelLeppin e Anthony Pirog, rispettivamentevioloncello e chitarre, tutt'e due benaddentro i difficili misteri dell'elettronicasemplice. Una bella domanda. Perché casaloro, come ha scritto un criticoamericano, ha cento porte: e nellamusica, assolutamente imprevedibile,fluiscono schegge di folk, strappiboppistici, pennellate acustiche quasiambient, la terra di nessuno di John Faheye ricordi del Ry Cooder di Paris Texas,SteveTibbetts e brandelli di raga indiani.Troppa carne al fuoco? No, bastamettersi in ascolto. E stupirsi. (g.fe.)

TRIBUTI

Le emozionidel «Duca»

JAZZ

Ecm, se Ravaincontra Surman

TUTTI CONTROIL LUOGO COMUNE

The SkatalitesSka, rocksteday, reggae, la band daquarant’anni cavalca l’onda giamaicana.Milano MERCOLEDI’ 8 AGOSTO (CASTELLOSFORZESCO)Gallipoli (Le) GIOVEDI' 9 AGOSTO(COTRIERO)Carpino (Fg) VENERDI' 10 AGOSTO (FOLKFESTIVAL)

AfterhoursTorna dal vivo con i brani del nuovolavoro, Padania, la rock band milanese.Messina SABATO 11 AGOSTO (ARENA VILLADANTE)

Le Orme + LeggendaNew TrollsDue nomi che hanno fatto la storia delrock progressivo, e non solo, italiano.Calambrone (Pi) MARTEDI' 7 AGOSTO(ANFITEATRO CALAMBRONE)

Offlaga Disco PaxIl trio reggiano in un Gioco di società.Bosco Albergati (Mo) DOMENICA5 AGOSTO (FESTA DEL PD)Marina di Ravenna (Ra) GIOVEDI' 9AGOSTO (HANA-BI)Marina di Gioiosa Ionica (Rc)SABATO 11 AGOSTO (BLUE DAHLIA BEACH)

YpsigrockTorna il festival siciliano dedicato allamusica indie internazionale. Si parte il 10con Of Montreal, Trust e StephenMalkmus, si prosegue l'11 con We Were

Promised Jetpacks, Shabazz Palaces e FuckButtons.Castelbuono (Pa) VENERDI' 10E SABATO 11 AGOSTO (CASTELLO)

Not.FestSeconda edizione del festival di musichecontemporanee in Sicilia. La primagiornata ha in programma i concerti diJoyce Muniz con n8 of Jungle Brothers e iIdj set di Martyn e Nickodemus.Noto (Sr) SABATO 11 AGOSTO (CENTROPOLISPORTIVO PALATUCCI)

I Suoni delle DolomitiIn cartellone Mario Brunello (oggi, BaitaPremessaria, Paneveggio, Val di Fiemme,ore 11 e ore 15); Coro Trentino di Sosate Nos Brass Quintet (domani, MonteCreino, Vallagarina, Monte Stivo); Rava ePetrella (il 6, Baita alle Cascate, Val diFassa); Ballaké Sissoko, Driss el Maloumi eRajery (il 7, Forte Zaccarana, Val di Sole,Cevedale); Gnu Quartet (l'8, Malga Rosa,Val Rendena, Adamello); Samuele Bersani(il 9, Rifugio Predaia ai Todes-ci, Val diNon); Al Di Meola e Peo Alfonsi (il 10,Viote, Le Marocche, Monte Bondone,Trento).Dolomiti DA SABATO 4 A VENERDI'10 AGOSTO (VARIE SEDI)

ChamoisicGiornate di musica contemporanea edeclettica nella valle del Cervino. Oggi alle17 Massimo Giovara-Giorgio Li Calzi, aseguire Banda Osiris, domani alle 15,

Paolo Spaccamonti, a seguire PaoloAngeli-Takumi Fukushima.Chamois (Ao) SABATO 4 E DOMENICA5 AGOSTO (PIAZZA)

ArenasonicaIn programma: Movie Star Junkies + TheR's (oggi), Depedro + Claudia is on theSofa (domani).Brescia SABATO 4 E DOMENICA 5 AGOSTO(ARENA PARCO CASTELLI)

Summer JamboreeFestival dedicato al rock'n'roll e allacultura dell'America anni Quaranta eCinquanta. Si parte oggi con Narvel Feltse poi, tra i tanti, Johnny Farina con MarcoDi Maggio (il 7), Mashall Lytle (il 9) eFreddy «Boom Boom» Cannon (il 10).Senigallia (An) DA SABATO 4 A SABATO11 AGOSTO (FORO ANNONARIO)

Strade BluIl festival ha in cartellone i concerti diIsobel Campbell e Robyn Hitchcock.Brisighella (Ra) SABATO 11 AGOSTO(PIAZZA CARDUCCI)

Dromos FestivalIl festival ospita Vincente Amigo (stasera aOristano), Enrique «Kike» Quintana +Juan Carlos Caceres (domani a BaratiliSan Pietro), Spasm Band (il 6 a Nurachi),Barrio Sud (il 7 a Nurachi), Salis, Fresu,Ferra e Murgia (l'8 a Oristano).Oristano e provincia DA SABATO 4A MERCOLEDI' 8 AGOSTO (VARIE SEDI)

No Future!Punk con Dead Kennedys e Buzzcocks.Villasor (Ca) DOMENICA 5 AGOSTO(PARCO S'ISCA)

Blues sotto le stelleSul palco Brian Templeton + Texas Slim +Vivian Vance Kelly (il 6); Joe Lynn Turner+ Michael Angelo Batio (il 7); Fallen Angel+ Sarah-Jane Morris + Walter Lupi (l'8).L'Aquila DA LUNEDI' 6 A MERCOLEDI'8 AGOSTO (PARCO COMUNALE ONDINA VALLA)

Locomotive JazzAlle 5 del mattino alba in jazz (con ospitea sorpresa) sulla collina di S. Mauro(Sannicola) apre l’ultima giornata delfestival. In serata Daniele Di Bonaventuracon Marcello Peghin, Felice Del Gaudio eAlfredo Laviano. Festa di chiusura conSalentini Generali & Guests.Sogliano Cavour (Le) SABATO4 AGOSTO (PIAZZA DIAZ)

Orsara Music JazzSi chiude con il concerto finale degliallievi/e dei workshop e il recital delquartetto del chitarrista JonathanKreisberg, con Orlando Le Fleming, WillVinson e Colin Stranahan.Orsara di Puglia (Fg) SABATO4 AGOSTO (PIAZZA S. MICHELE)

Modica Jazz FestSotto la direzione artistica di PaoloDamiani, la rassegna siciliana proponeformazioni di studenti di vari conservatori

e poi la Saint Louis Big Band con RosarioGiuliani, Danilo Rea/P. Damiani/Martux_M, il duo Gino Paoli/D. Rea, iltrio di Roberto Gatto, Maria Pia De Vitocon Huw Warren, il quartettoLala/Mangiaracina, Salvatore Bonafede inpiano solo, il trio Servillo/Girotto/Mangalavite e la vocalist Chiara Civello.Modica (Rg) DA LUNEDI' 6 A SABATO11 AGOSTO (VARIE SEDI)

Lagarina Jazz FestivalI primi due appuntamenti della rassegna(sino al 19/8) vedono la Villa Lagarina Bigband, diretta da Carlo Alberto Carnevali,e il trio con gli ottoni di Joseph Bowie eMauro Ottolini e la batteria di Zeno DeRossi.Villa Lagarina (Tn) VENERDI' 10E SABATO 11 AGOSTO

Time in JazzLa XXV edizione (direttore artisticoPaolo Fresu) ha come tema il «Fuoco». Leprime giornate prevedono la Funky JazzOrkestra diretta da Antonio Meloni (sultraghetto Livorno-Golfo Aranci), AnjaLechner solo (Ozieri), Enrico Zanisi pianosolo, Don Pasta con Raffaele Casarano &Marco Bardoscia (San Pantaleo), MonicaDemuru con Cristiano Calcagnile &Gabrio Baldacci (Saccargia), Paolo Angelisolo (Oschiri), Funky Jazz Orkestra conFresu (Pattada), Ettore Fioravanti, Six inthe City.Berchidda e comuni limitrofi(Ot) DA GIOVEDI' 9 A SABATO 11 AGOSTO

attesa della donna che ama, è sì inattesa, ma del suo turno per una gangbang, pratica sessuale che prevede unasola donna con più uomini. Al contrariodi quello che accade in Semi-CharmedLife, brano degli anni Novanta dei ThirdEye Blind. Qui si immagina si parli diuna rockstar che si «diverte» conragazze in pantaloncini rossi, in verità èuno sconvolgente sguardo sulladipendenza da cristalli di metanfetamina.

INDIE ROCK

Futureheads«a cappella»

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

«In Italia, rispetto al rock, non siscrivono, in generale, libri di musica, malibri attorno alla musica. Così "attorno"che i musicisti bravi rischiano di nonessere neppure notati o di venirdimenticati in fretta, a tutto vantaggio diquelli semplicemente famosi, quasisempre tali per ragioni che nulla hanno ache vedere con la capacità di suonare inmodo brillante e originale uno o piùstrumenti». È una battaglia cocciuta,intelligente e condotta con forzenumericamente esigue nella Penisola,quella dei giovani musicologi come EnzoAlfano. Storie di Rock/Gli anniSessanta e Settanta attraversodischi, festival, libri, luoghi, suoni emolte curiosità (Ed. Aracne) è il suonuovo libro, il quarto che il musicista emusicologo calabrese - in parallelo a unacarriera di studioso di geopolitica -dedica alle note «popular» indeclinazioni più o meno colte. Si trattadi una raccolta di pezzi di medialunghezza, una brevitas che nascondespesso affondi al vetriolo contro i luoghicomuni e le banalità che si dicono,appunto «attorno» al rock. La primaparte raccoglie interventi vari su rock,blues e folk, nella seconda si tratta diPfm e dintorni, nella terza si affronta ungran ventaglio di curiosità rock (adesempio, dati alla mano, quanto i LedZeppelin di Jimmy Page rubacchiaronoper i loro pezzi senza citare le fonti, o ifurti «incrociati» tra It's a Beautiful Day ei Deep Purple). La parte conclusiva,invece, è un rapido ma già ficcanteritratto del «San Francisco Sound» deglianni Sessanta, mille volte citato, maiapprofondito in Italia. Speriamo che siaproprio la penna di Alfano a trattarneesaustivamente, come annunciato,perché almeno avranno il giustoriconoscimento musicisti pressochédimenticati ma di tutto rispetto.

¶¶¶È UN ALTRO musicologo emusicista, Gianfranco Salvatore, aproporre un affondo a tutto campo sullapoetica, la vita, l'opera e le idee di unmagnifico musicista che moltiricorderanno come colonna del Bancodel Mutuo Soccorso, ora in giro perl'Italia a festeggiare il quarantennale. Iltesto è Vittorio Nocenzi/Sguardidall'estremo Occidente (Stampaalternativa), e può contare anche su duesostanziosi interventi musicologici diStefano Pogelli. L'occasione del testo èdata dal cd accluso, dal medesimo titolo,nove sorprendenti nuove composizioniper pianoforte solo nate sulla scortadegli esagrammi sapienziali dell'I Ching. Ilcd è commentato poi da decine dipersone, le più disparate, esperienza di«recensione collettiva» davvero inedita,in Italia. Ma Salvatore ci ha abituato aqueste sfide.

ALAN MENKENMIRROR MIRROR (Sony Classical)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Menken è un genio nel riportarenei suoni tutto un mondo fatto di rimandiinfantili e di speranze adulte. Ci riuscivacon i cartoon Disney, ci riesce benissimocon la trasposizione in chiave post-moderna di Biancaneve salsa agrodolce.Perfetta intesa, score intelligente, lavororiuscito. Per chi non è più grande. (m.ra.)

MILK MAIDMOSTLY NO (Fat Cat/Self)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ I Milk Maid sono la creatura del

cantante e autore Martin Cohen. Senzaandare a scomodare chissà quali fonti ilnostro per il suo secondo album, MostlyNo, sceglie una strada se vogliamosemplice e forse anche canonica,piazzandosi esattamente tra un soundtipicamente mancuniano (Stone Roses) eun rock che richiama la California, con undenominatore comune, scontato masempre intrigante: la psichedelia. (r.pe.)

JACO PASTORIUSBACK IN TOWN (King International/Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Da trent’anni resta mito e

maestro del basso elettrico, ma la vitagrama, da alcolizzato e cocainomane, loteneva spesso lontano dalle scene; e inpiena era Weather Report, tra un disco eun tour, esattamente il 29 febbraio 1978,torna a casa, a Ford Lauderdale (Florida)per improvvisare con amici al PlayersClub: Alex Darqui (piano) e Rich Franks(batteria) non sono granché rispetto aJaco e il repertorio si ferma a standardconsumati più qualche original , tuttavia iltocco, il virtuosismo e la musicalitàconfermano Jaco genio dello strumentoanche in un live «minore». (g.mic.)

Duke Ellington da tempo fa partedell’immaginario collettivo nella storiamusicale novecentesca e anche oggi èspesso omaggiato da artisti di variaestrazione: non stupisce infatti che in TheDuke (E-a-r Music) l’ex énfant prodige delpunk inglese Joe Jackson che già trent’annifa si dilettava a fare dischi swing, torni inscena proprio con un tributo al Duca,circondandosi di nomi famosi (Iggy Pop,Steve Vai, Regina Carter, gli Zuco 103) peroffrire una rivisitazione eterogenea, spessopop, con i rischi del kitsch. Chi invecepreferisce l’ortodossia jazz in Two for Duke(Millesuoni) è il duo inedito Max Ionata(sax tenore) e Dado Moroni (piano) cheriduce il sound ricco, corposo, orchestraledi un musicista che «suonava» la big band inintimità cameristica, dando sfogo a notevoliinterventi solisti, lasciando intatte le brillantilinee melodiche originali. Per un raffrontostorico si può infine riascoltare la recentepubblicazione di Nina Simone Sings Ellington!+ At Newport (Essenzial Jazz Classics) dovenel 1961 la straordinaria vocalist nera, con ilgruppone e gli arrangiamenti di RalphBurns, si impegna a valorizzare anche lasottesa blackness nella canzoneellingtoniana. (Guido Michelone)

Gli Zen Circus sono da qualche anno unadelle realtà più consolidate e consideratedella scena rock nostrana. Dopo un paio dialbum «italiani» tornano con un ep, MetalArcade Vol. 1 (Black Candy/Audioglobe), cherivisita la loro vera indole, l’hardcore punk,con sei brani (quattro originali e due cover,dai Misfits e dai finlandesi Eppu Normaali).Insomma si autocoverizzano e lo fanno amille, come al solito. Dalla medesima scenaarrivano anche gli Human Tanga cheritornano con un lavoro che già dal titololascia presagire una attitudine alquantodiretta, cruda e certamente provocatoria,Pornografia apocalittica (Black Fading-Front ofHouse/Audioglobe). La lezione Teatro degliOrrori aleggia, ma raggiungere certi livellinon è semplice e in questo pagano forse unparagone inappropriato. Strade piùcomplesse sono quelle invece battute dallaDaniele Faraotti Band che giunge alsecondo lavoro con Canzoni in salita(Bombanella/Audioglobe). Ed è unapiacevole sorpresa ascoltare un disco chemette insieme l’indie rock di ultimagenerazione, il prog italico di qualchegenerazione fa, pulsioni zappiane epsichedelica brit. Tutto fatto con gran gustoe ottimamente suonato. (Roberto Peciola)

Il gioco di parole è scontato, ma nonriusciamo a non farlo: tanto di cappello perun disco «a cappella». Sì, un albuminaspettato, il quinto degli inglesissimiFutureheads, che lasciano a casa glistrumenti e delegano tutto alle voci,amalgamate ottimamente, per una dozzinadi brani che vanno da rivisitazioni del lororepertorio, a traditional della loro terra finoa cover di artisti lontani dal loro stile, daiBlack Eyed Peas a Kelis agli Sparks. Rant(Nul/ Audioglobe) è un lavoro, oltre cheben fatto, divertente e spensierato. Altroalbum estremamente intrigante, We Keepthe Beat, Found the Sound, See the Need, Startthe Heart (Modular/Audioglobe). È laseconda prova solista dell’australianoJonathan Boulet. La base di partenza èindubbiamente pop rock, ma le costruzioniritmiche e stilistiche lo mettono un gradinooltre il genere, con una punta di tribale benpiù che credibile. Da un continente all’altroarriviamo in Canada, patria del duo Ps ILove You che torna a un anno di distanzadal debutto con Death Dreams (Paper Bag/Audioglobe). Power-noise-garage di buonafattura, anche se il tutto sa di già sentito.Alcuni episodi lasciano però un buon«sapore» nelle orecchie... (Roberto Peciola)

ON THE ROAD

INDIE ITALIA

Provocazioniapocalittiche

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESEGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLAMARCO RANALDI

I pregiudizi, diceva Einstein, sono piùdifficili da frantumare del cuoredell'atomo. Ad esempio quello che infestal'etichetta tedesca Ecm: sinonimo di suonoe poetiche individuali, fredde, comunquealgide, a volte glaciali, lontane dal cuore«vero» e caldo del jazz. Un pregiudizio,naturalmente: sennò di lì non sarebbepassato l'Art Ensemble of Chicago, adesempio. Altri esempi si possono coglierein un bel lotto di uscite recenti Ecm, aconferma di quanto detto. Come ilpalpitante Rava on the Dancefloor, in cui iltrombettista Enrico Rava, alla testa di unpiccola orchestra e con gli arrangiamentistrepitosi di Mauro Ottolini ripercorreesclusivamente pagine di Michael Jackson.Riportandone a casa la polpa sonoraafroamericana. Ironia al quadrato, e ferreocontrollo del materiale (Offenbach!),anche infiltrato di richiami gershwiniani inFrère Jacques di Gianluigi Trovesi eGianni Coscia, splendida «stranacoppia» del nostro jazz, qui omaggiataanche da uno scritto di Eco. Infine SaltashBell, nuovo lavoro in solitudine di JohnSurman. Sax, clarinetti, sintetizzatori perun entusiasmante e misterico viaggio etnojazz. (Guido Festinese)

DI GUIDO FESTINESE

(14) ALIAS4 AGOSTO 2012

È stato uno dei maggiorichitarristi di sempre e trai più influenti musicisti ditutti i tempi. Scomparso inun albergo di Londra nelsettembre del 1970, la suacarriera è stata sotto iriflettori per appena treanni. Ciononostante hacambiato il modo direlazionarsi allostrumentotrasformandolo,ri-creandolo,riattualizzandolo. L'artista- che ha contribuito adedificare generi musicalicome l'hard rock e l'heavymetal - è, però, passatoalla storia non solo per le

QUELLA VOLTA CON KEITH RICHARDS, PETE TOWNSHEND, JANIS E TUTTI I BRAVI RAGAZZI DI IERI

In queste pagine Jimi Hendrix con: 1)Buddy Miles; 2) Janis Joplin; 3) KeithRichards (Rolling Stones); 4) Charlie Watts(Rolling Stones; 5) Arthur Lee (Love); 6) EricClapton; 7) Mick Jagger (Rolling Stones); 8)Eric Burdon (Animals) e Noel Redding (JimiHendrix Experience); 9) Isley Brothers; 10)in gruppo (tra i tanti si ricoscono membridei Pink Floyd); 11) The Monkees

(15)ALIAS4 AGOSTO 2012

sue geniali caratteristichemusicali ma anche per imodi affabili e amichevolicon cui intratteneva lepersone che lo cercavanoe gli stavano intorno. Eccouna galleria di rareimmagini che lo ritraggonoaccanto a quelli cheallora, alla fine degli anniSessanta, erano sullacresta dell’onda. Si va daiRolling Stones agli Who,da Joplin a Clapton, fino aicone del soul e del r’n’bcome Buddy Miles, WilsonPickett, Percy Sledge, gliIsley Brothers - con i qualicondivise il palco agliesordi - e moltissimi altriancora. In ultimo ma nondi minore importanza,queste foto ci raccontanoanche di come le rivalitàtra musicisti fosserospesso solo un'invenzionedella stampa specializzata

12) da sinistra a destra Eric Burdon, JohnMayall, Steve Winwood e Carl Wayne(Move); 13) Wilson Pickett; 14) la cantanteLulu; 15) Joan Baez; 16) Johnny Winter;17) Brian Jones (Rolling Stones)

18) The Moving Sidewalks;19) Percy Sledge; 20)Stephen Stills; 21) The Who;22) Mama Cass e MichellePhillips (Mamas and Papas);23) Mick Taylor (RollingStones)