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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 16 GIUGNO 2012 ANNO 15 N. 24 di LUCA CELADA LOS ANGELES ●●●Ridley Scott, assieme al fratello-socio Tony, sono stati pionieri nel crossover dal mondo della pubblicità al cinema, traiettoria sulla quale hanno preceduto generazioni di esordienti registi. Sir Ridley è stato anche fautore di un cinema iper-maschile, carburato da dosi industriali di testosterone, che spiega forse anche perché i suoi ultimi quattro film siano stati interpretati da Russell Crowe, fra cui Body of Lies uno spy thriller sulla sporca guerra anti araba della Cia che in parte tentava di farsi perdonare il tifo patriottico di Black Hawk Down e l’ultimo in ordine di tempo, un Robin Hood arrivato sfiatato alla meta. Con Prometheus uno dei maestri della moderna science fiction torna fortunatamente invece alla origini con una origin story appunto di uno dei suoi massimi successi sci-fi. E se il ritorno a Alien non bastasse la sua società di produzione, la Scott Free, ha appena confermato che verrà prodotto un nuovo Blade Runner. Ci sarebbero insomma gli estremi per ipotizzare la crisi creativa di mezza età e invece nel momento in cui Hollywood si affida come non mai a sequel, reboot e spinoff, un mare di seguiti e reinterpretazioni di storie collaudate per ottimizzare gli incassi e minimizzare i rischi nei multisala, Scott rivisita il genere che lo ha lanciato con un prequel quasi perfetto. «Mi dispiaceva per il mio caro piccolo alieno e tutto quello che gli avevano fatto fare» ha dichiarato a Londra il regista che sconfessa le versioni di Alien seguite al suo film salvando soltanto quella firmata James Cameron e riserva lo sdegno maggiore per gli spinoff che vedevano il temibile rettile extraterrestre impegnato in combattimenti alla morte con Predator, manco fosse Primo Carnera nel baraccone del wrestling. «Non ricordo poi come è andata a finire e chi l’ha spuntata - prosegue Scott (punta di sarcasmo) - ma mi sembrava il momento propizio per resuscitarlo più dignitosamente» tornando cioè alle origini dell’alieno ad oggi rimaste ignote malgrado i sei film in cui è apparso». In realtà Prometheus è parte precursore e parte remake di Alien. Per cercare di scoprire come ha fatto la creatura che 30 anni fa terrorizzò la ciurma del Nostromo a trovarsi su quel pianeta dimenticato, Scott ci imbarca su un altro vascello interstellare (il Prometeo appunto – sempre sponsorizzato dalla Weyland corp.) che fa rotta sullo stesso sinistro pianetoide. Siamo tecnicamente molti anni prima ma questo equipaggio è un’evidente citazione di quello del Nostromo, completo di gioviale pilota afroamericano (Idris Elba), androide di bordo (Michael Fassbender) e soprattutto di una ricercatrice che è praticamente una doppelganger di Ripley e come fu per Sigourney Weaver è lei la protagonista del film quando gli eventi prendono ben IL GIRO DEL ’46 RIVIVE SU TWITTER FINALI NBA JAZZ IN ITALIA, GLI ANTAGONISTI DE ANDRÉ L’ANTENATO DI ALIEN SEGUE A PAGINA 2 RIDLEY SCOTT PARLA DI «PROMETHEUS», PRECURSORE E REMAKE DI «ALIEN», RIVISITAZIONE DELLA FANTASCIENZA, IL GENERE CHE LO HA LANCIATO BRADBURY MAURI PASOLINI ARCIPELAGO MAX PAYNE GRAVITY RUSH D. SEGRE ROCK OF AGES

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 16 GIUGNO 2012 ANNO 15 N. 24

di LUCA CELADALOS ANGELES

●●●Ridley Scott, assieme alfratello-socio Tony, sono stati pionierinel crossover dal mondo dellapubblicità al cinema, traiettoria sullaquale hanno preceduto generazioni diesordienti registi. Sir Ridley è statoanche fautore di un cinemaiper-maschile, carburato da dosiindustriali di testosterone, che spiegaforse anche perché i suoi ultimiquattro film siano stati interpretati daRussell Crowe, fra cui Body of Lies unospy thriller sulla sporca guerra antiaraba della Cia che in parte tentava difarsi perdonare il tifo patriottico diBlack Hawk Down e l’ultimo in ordinedi tempo, un Robin Hood arrivatosfiatato alla meta. Con Prometheusuno dei maestri della moderna sciencefiction torna fortunatamente invecealla origini con una origin storyappunto di uno dei suoi massimisuccessi sci-fi. E se il ritorno a Aliennon bastasse la sua società diproduzione, la Scott Free, ha appenaconfermato che verrà prodotto unnuovo Blade Runner. Ci sarebberoinsomma gli estremi per ipotizzare lacrisi creativa di mezza età e invece nelmomento in cui Hollywood si affidacome non mai a sequel, reboot espinoff, un mare di seguiti ereinterpretazioni di storie collaudateper ottimizzare gli incassi eminimizzare i rischi nei multisala,Scott rivisita il genere che lo halanciato con un prequel quasi perfetto.«Mi dispiaceva per il mio caro piccolo

alieno e tutto quello che gli avevanofatto fare» ha dichiarato a Londra ilregista che sconfessa le versioni diAlien seguite al suo film salvandosoltanto quella firmata JamesCameron e riserva lo sdegno maggioreper gli spinoff che vedevano il temibilerettile extraterrestre impegnato incombattimenti alla morte conPredator, manco fosse Primo Carneranel baraccone del wrestling. «Nonricordo poi come è andata a finire echi l’ha spuntata - prosegue Scott(punta di sarcasmo) - ma mi sembravail momento propizio per resuscitarlopiù dignitosamente» tornando cioèalle origini dell’alieno ad oggi rimasteignote malgrado i sei film in cui èapparso». In realtà Prometheus è parteprecursore e parte remake di Alien. Percercare di scoprire come ha fatto lacreatura che 30 anni fa terrorizzò laciurma del Nostromo a trovarsi su quelpianeta dimenticato, Scott ci imbarcasu un altro vascello interstellare (ilPrometeo appunto – sempresponsorizzato dalla Weyland corp.)che fa rotta sullo stesso sinistropianetoide. Siamo tecnicamente moltianni prima ma questo equipaggio èun’evidente citazione di quello delNostromo, completo di gioviale pilotaafroamericano (Idris Elba), androide dibordo (Michael Fassbender) esoprattutto di una ricercatrice che èpraticamente una doppelganger diRipley e come fu per SigourneyWeaver è lei la protagonista del filmquando gli eventi prendono ben

IL GIRO DEL ’46 RIVIVE SU TWITTER FINALI NBA

JAZZ IN ITALIA, GLI ANTAGONISTI DE ANDRÉ

L’ANTENATO DI ALIEN

SEGUE A PAGINA 2

RIDLEY SCOTT PARLA DI «PROMETHEUS»,PRECURSORE E REMAKE DI «ALIEN»,

RIVISITAZIONE DELLA FANTASCIENZA,IL GENERE CHE LO HA LANCIATO

BRADBURY MAURI PASOLINI ARCIPELAGO MAXPAYNE GRAVITY RUSH D. SEGRE ROCK OF AGES

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(2) ALIAS16 GIUGNO 2012

FANTASCIENZA

Il talentodi Mr. Ridley

presto una brutta (e assai viscida)piega. La parte inziale però è latraversata intergalattica durante laquale l’equipaggio è in ibernazionecriogenica. Tutti tranne Dave, unMichael Fassbender daicomportamenti ancora più robotici diquelli che esibiva in Shame. Stavoltaperò la freddezza è giustificata datoche trattasi di un androide di ultimagenerazione che per passare il tempostudia lingue estinte, si esercita apallacanestro solitaria e guardaLawrence d’Arabia per l’ennesimavolta sul maxischermo di bordo, il chegli provoca grande malinconia. Èl’ultimo della serie di cyborg infelicidella fantascienza, un filone cui Scottha contribuito con i replicanti di BladeRunner oltre che lo stesso Ash delprimo Alien; Fassbender ne èovviamente una citazione diretta maDave si è ulteriormente intristitoassumendo una rassegnazionecosmica che rammenta quella deipersonaggi di A.I. di Kubrick eSpielberg, oltre a quella del mitico Hal3000 di 2001 Odissea nello Spazio. Nési tratta dell’unico omaggio a Kubricksu questa astronave che scivola versol’ignoto interiore, senza contare lemonolitiche ed enigmatiche scultureche verranno rinvenute sul pianeta. Ilfilm ha quindi alcune velleità assentinel suo predecessore, quasicormaniano. Sì, la metaforaprometeica dell’uomo che troppo simisura coi cieli e le insistenzeescatologiche sulle umane origini ecome queste abbiano a che vedere colfamelico alieno, appesantiscono latrama, ma a salvare Prometheus allafine è ancora una dose di «genere»: unsci fi - horror con abbondante sangue,che regala alcune scene da antologiagrazie soprattutto alla Naomi Rapacede L’uomo che odiava le donne.L’attrice svedese dimostra qui lamagnetica forza che aveva comeLisbeth Salander, tenendo in pugno ilfilm con straordinaria ferociainteriore. Prometheus non risparmialo splatter e una scena in particolareche ha a che vedere con la Rapace, unmodulo di «chirurgia computerizzata»e l’interruzione di una gravidanza,diciamo, molto «particolare», èdestinata a rimanere negli annali dellafantascienza. Questo e un

personaggio, quello di Fassbender,davvero memorabile pur nellanotevole filmografia dell’attore. Labuona notizia per gli appassionati èche il film finisce con un inizio, e unaltro seguito, o due sono,virtualmente assicurati. Ne abbiamoparlato col regista.

●Nel film introduce dei nuovialieni, una razza quasi mitologica,forse dei titani. Che ruolo hanno?

Per tornare alla saga Alien la domandanaturale era: da dove è arrivato? E daquesta l’idea di questi esseri concapacità avanzatissime di progettarearmi biologiche e o biomeccanoidi.Immaginiamo che questi esseriabbiano visitato la terra, non 10.000 o70.000 anni fa ma due miliardi di annifa quando il pianeta aveva a ppena unmiliardo di anni. Che abbianoscoperto il nostro pianeta e abbianopensato di dargli un aiuto, una spinta

in avanti. Con tutto il nostroprogresso noi saremmo ancora a unostadio di sviluppo infinitesimo alconfronto. Né sarebbe rimasta alcunatraccia del loro passaggio molto primache la prima salamandra uscisse dalleacque primordiali e mettesse lezampe sulla terraferma. Sono iragionamenti che mi hanno portatoverso il film. Questi e un’altraconsiderazione: non ne sappiamoassolutamente nulla di loro. Ora laprossima domanda sarebbe: da dovesono venuti questi esseri? E lei,Elisabeth (Noomi Rapace ndr)cercherà di scoprirlo perchéPrometheus ha aperto una porta cheora dovremo attraversare.

●Perché questo titolo?Prometeo era un semidio che sfidò glidei abusando del primo donotecnologico cioé il fuoco. Il fuoco ètecnologia; quando ti bruci le dita epoi trovi che un albero incendiato ècaduto su un antilope e capisci chequella carne bruciata ha un buonsapore – ecco stai evolvendoti. Equando impari ad accendere un fuococon una scintilla e che se usi delgrasso fuso la fiamma dura di più eillumina la tua caverna e che scalda latua famiglia e che inoltre il legno

annerito lascia dei segni sulla roccia,ecco che hai scoperto anche l’arte equesta è una scoperta enorme, più diEdison, più di qualunque cosaimmaginabile perché apre la portaalle emozioni. Un’idea immensa e daallora siamo arrivati fin qui, al puntoin cui la scienza si spinge sempre piùoltre nella ricerca dei limiti el’esplorazione del cosmo. Come hadetto Steven Hawking «è logico chesiano là fuori – speriamo che non civengano a visitare».

●Insomma lei è un «credente»?Credo semplicemente che laquestione degli extraterrestri sia piùuna questione di logica che di scienza.Credo che solo nella galassia, nonl’universo ma solo la galassia, pensareche siamo unici, l’unica forma di vitain questa immensità sia ridicolo. Èchiaro che ci devono essere milioni diforme di vita la fuori. Mi ricordoquando facemmo una proiezione diAlien all’osservatorio di Pasadena ec’era Carl Sagan, l’astrofisico edivulgatore, e mi disse «beh certo èpiuttosto inverosimile….». E gli dissi«non prendertela così Carl, è solo unfilm!». Ma qualche anno dopo scrisseun bellissimo libro, Contactimmaginando un nostro contatto conl’intelligenza di un altro mondo. El’idea brillante fu di terminare la storia12 anni prima dell’incontro effettivoconcentrandola piuttosto sull’effettodella certezza del prossimo arrivo sudi noi, sulla protagonista (unascienziata, interpretata poi da JodieFoster nel film omonimo di Zemeckisndr). Lui evidentemente lo ritenevapossibie.

●Dagli extraterrestri agli androidi.Qui è Fassbender ma non è certo ilsuo primo cyborg.Forse è un po’ una mia ossessionequesta degli umani replicanti, maintanto oggi siamo molto più vicini apoterli fare su serio. E seimmaginiamo una società come laWeyland, una multinazionalespaziale, è logico che li utilizzerebbeper i viaggi interstellari. Quello inservizio sul Prometheus in particolareè appassionato di Lawrence d’Arabiache ha cominciato a guardare perpassare il tempo durante la traversatadi due anni e mezzo. È un domesticoal servizio dell’equipaggio ma aqualcuno di loro dà ai nervi, non sifidano della sua perfezione, è unatensione che poi ha un ruolo crucialenella storia.

●Quali film l’hanno ispirato?Sono cresciuto nel nord Inghilterra inun paese dove Hollywood significavail film che passava quella seraall’Odeon, il cinema di quartiere. Espesso era l’ultimo horror arrivatodall’America, It, Them o il Mostro dellaLaguna Nera. E già all’epoca, ricordo,stavo seduto in quel cinema epensavo, «beh non sono propriogranchè», avevo 7 anni ma misembravano già un po’ kitsch. Un filmche mi ha fatto capire il valore dellapaura invece l’ho visto molto piùtardi, avrò avuto 38 anni e stavo pergirare i Duellanti e ricordo di avervisto per caso il manifesto di Nonaprite quella porta e già l’immaginesul manifesto mi colpì comeinquitante. Non prendo paurafacilmente ma mi ricordodistintamente che era spiacevole. Lovidi in una saletta di proiezione Fox,era un pomeriggio d’estate e entraWalter Hill con un hambuger in mano

e mi fa «perché guardi questaporcheria?» ma si siede dietro di me –lo sentivo che masticava. Poi quandoil film è finito mi giro e Walter è lì conla bocca aperta e l’hamburger nonl’ha toccato. Quel film ha una solaidea ma è geniale e la stessa cosa èvera per l’Esorcista di William Blatty eWilliam Friedkin, infatti è statacopiata migliaia di volte. Sono duefilm che mi hanno colpito molto. Esecondo me fare paura, paura davveronon come nei vari Saw 1, 2, 3 ecc. chesono semplicemente disgustosi, unapaura che nasce organicamente dallastruttura drammatica della storia…icomici non saranno d’accordo matrovo che è più facile far ridere che fardavvero paura.

●Ha deciso di rivisitare anche«Blade Runner», perché?Blade Runner rifiuta di morire. Epensare che all’epoca venneconsiderato un fallimento albotteghino. La gente mi chiede se fuun dispiacere ma veramente no. Iocredo, e lo dico senza davvero voleresssere pretenzioso, che a volte i mieifilm sono forse eccessivamente«artistici», si insomma, nonabbastanza commericali. Forse inanticipo sui tempi, o forse indietro,non so, credo in anticipo. Ad esempioLegend. Gira ancora ma all’epoca nonfece una lira mentre invece oggi IlLabirinto del Fauno vince l’oscar ecredo che abbiano diverse cose incomune.

●Prometehus finisce con un inzio. Èuna promessa?Volevo aprire un’altra porta e seavremo successo proseguiremosenz’altro la storia per scoprire cosasuccede dopo. Ci sono quattro ocinque domande a cui dare risposta,domande che ci porterannoprogressivamente più lontanodall’originale. Questo film contieneancora il dna di Alien. Il prossimo saràcompletamente diverso.

●Sulla ricerca di Dio?Se siete religiosi, Dio. Per tutti gli altri:che la forza sia comunque con voi.

I MOSTRIDI HOLLYWOOD

Una gravidanza splatter che resterà negliannali della sf. E un replicante molto particolare.Ridley Scott, il regista inglese di Hollywood,racconta «Prometeus», il prequel del ciclo «Alien»

SEGUE DALLA COPERTINA

CRONACHE MARZIANE

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A

di SILVIA VEROLI

●●●Che il primo tweet di saluto aBradbury sia stato di Salman Rushdie ladice lunga o quantomeno dice alcune cosesignificative sul suo autore: Rushdie èveloce, è sulla notizia, ama i cinguettiiinformatici (al contrario del compiantocollega) e ha ottime gusti letterari. Rushdieè peraltro tra i pochi ad aver più volte resoomaggio anche ad una altra grande, eanomala, autrice di fantasy (che di fantasyRay scrivesse, più che di science fiction, èstato ribadito ampliamente anche da lui):Angela Carter, come Bradbury acutafrequentatrice di inconscio dotata dipoderosa immaginazione e gusto goticonutriti di agghiaccianti scenari infantili,dalle fiabe della tradizione alle botteghe digiocattoli. A legare Rusdhie a Bradbury,oltre alla mezzanotte nei titoli dellerispettive opere, anche la passione per unmito fondativo della cultura americana, ilmondo di Oz che Bradbury conobbepiccolissimo nei racconti della sua ziapreferita, Neva, e folgorò Rushdie nellaversione cinematografica di Fleming (’39).

Il cinema ha segnato anche la vita el’immaginario di Bradbury, spettatore giàa 3 anni al seguito di una lungimirantemadre che crebbe il ragazzino adavventura e fantasia. Nella ormai celebredichiarazione rilasciata nel 2010 alNational Endowment for the Arts (eritrasmessa in Italia all’indomani della suascomparsa dalla Fahrenheit di RadiotreRai che a Bradbury deve il nome) loscrittore racconta del suo debutto a 7 anniin una biblioteca raggiunta correndo traturbinii di foglie secche con in animol’intento di trovarvi, ad esempio, la saga diBaum. Casa, tornare a casa, no place is likehome, con buona pace di Et, è leitmotivanche di Bradbury che, adolescentetrafitto dal dolore del ritorno, vedeva suMarte la sua destinazione finale( «Take mehome Mars»), l’agognata casa. Non ilKansas o l’Illinois, ma Emerald City el’Universo (del resto anche Dorothycambia idea dopo appena un libro dellaserie, su quale sia il davvero il buen retiroideale: non certo casa di zia Emma). Ecase perdute e lontane sognano, quasisempre senza speranza, i malinconicicolonizzatori di Marte nelle Cronache.

Circola su facebook una notainteressante del canadese Robert J.Sawyer, oggi uno dei più importati autoridi fantascienza (pura, tecnologica,documentata) oltre che di trame gialle(suo un apocrifo di Sherlock Holmes). Loscrittore vi segnala il raccontobradburyano All summer in a day: è lastoria di una studentessa di originiterrestri residente su un’uggiosa Venereche ricorda con struggimento il Sole mane perde, per crudeltà e invidia dellecompagne che la chiudono in bagno,l’irripetibile passaggio sul pianeta che laospita. Impossibile non notare lacoincidenza della scomparsa, l’eufemismoin questo caso forse non è tale, di RayBradbury proprio col raro transitovenusiano sul sole (molti fan hanno

sognato che il ragazzo dell’Illinois abbiapreso un passaggio su Venere, lui intantoaveva già immaginato per celia diversiepitaffi, tra i possibili «Qui riposa RayBradbury, che ha amato la vitacompletamente»). E dire che a sentir lui, eleggere le numerose note autobiograficheelargite con generosità in molti testi (LoZen nell’arte della scrittura, Troppo lontanidalle stelle) e conversazioni, Bradbury haabitato la sua casa e la sua infanzia conslancio, serenità, inevitabili tormenti, masempre con appassionata riconoscenza,protraendola, coi suoi sogni di razzi emaghi, per tutta la vita; la sua letteratura èpiena di bimbi e ragazzi maschi (quandola legge del contrappasso gli ha dato insorte 4 figlie femmine), sempre alle presecon l’elaborazione di una paura -«ciascuno dei miei racconti fu scritto peresprimere una data speranza o per placarei fantasmi di un incubo personale» -ombre che si allungano nei racconti e neicopioni, e diventano mostri in cima allescale, da stanare, smascherare o soloaccettare. È elemento comune, mutatismutandis, alla penna bambina di moltiautori americani, in un catalogo checomprende oltre alle scimmie volanti e lestreghe di Baum in Oz (Bradbury ha anchecommentato, nel centenario, unasplendida versione del Mago, edita dallaKansas University e illustrata da MichaelMcCurdy) anche i mostrini buffi del Dr.Seuss, innocui ma in agguato negli angolidi casa, e quelli di Bill Wattersonn chesbavano sotto al letto di Calvin e Hobbes.

Non è casuale il collegamento con icomics: Bradbury amava i fumetti. IlPopolo d’Autunno, Domani a mezzanotte,per citare i più famosi, divennero insiemeun formidabile albo da collezione, con unamemorabile traduzione italiana negliOscar Mondatori 1972, nella cuiintroduzione Bradbury fa l’appello deisuoi miti a strisce: dal leggendario BuckRogers a Flash Gordon (alla sua fidanzataDale, soprattutto), e ancora Mandrake,Little Orphan Annie (Tomorrow,tomorrow, the sun’ll come tomorrow, il

musical è degli anni 70 ma il testosperanzoso e nostalgico è appropriato)Tarzan, Krazy Kat. “Per non parlare deiPeanuts!” Aggiunge. Parliamone invece,perché Bradbury amava molto CharlesSchultz e le sue creature. Del resto iPeanuts in mezzo a foglie secche, fiocchidi neve, scrosci di pioggia e tormentoniesistenziali non sono lontani daipersonaggi di Bradbury e da Ray stesso. Simuovono sugli stessi scenari domestici estranianti, vittime di agenti atmosfericipoderosi con cui negli States hanno unacerta familiarità: cicloni, brividi cosmici emolte scosse elettriche, le stesse cheportano creature magiche da questoall’altro mondo, folgorano aquiloni,scarrozzano Marty McFly dagli anni 80 ai50, e ritorno (al futuro). In particolareBradbury aveva simpatia per Snoopy nellaversione aspirante romanziere chino sullamacchina da scrivere, perso nell’eternoincipit della notte buia e tempestosa esommerso dai rifiuti degli editori; in unalettera aperta al bracchetto, sollecitato daMonte Schultz, figlio di Charles, Bradburygli ricorda di come anche per lui i «no»delle case editrici e delle riviste siano statiuna tempesta, ma una tempesta violenta,perfetta, ghiacciata, un blizzard.Innumerevoli come le foglie e gli snowflakes, tanti da poterci tappezzare le paretidel suo studio. Tutte le opere rifiutatehanno però infine trovato il loro posto nelmondo delle pubblicazioni, sono venutealla luce, perché «il blizzard sembra cheduri per sempre, ma non è così». OttimistaBradbury? Di nuovo l’introduzione diDomani a mezzanotte+ Popolo d’Autunnoa fumetti parla chiaro: «Non credo davveroche il futuro sia nero come lo dipingo.Questo Popolo D’autunno e Domani amezzanotte vuole essere un augurioperché possiate lavorare e sopravviverefino a tempi felici di dopodomani amezzogiorno». Però ottimista no,sosteneva lui, e neanche pessimista,«sarebbe una menzogna, piuttosto...ottimizzatore, come Disney» ha dichiaratocommentando il suo rapporto con Waltche accettò il suo invito a pranzo, un suolibro autografato e la sua amicizia (efacebook era al di là da venire).

Da Disney venne coinvolto nellaprogettazione di Spaceship Hearth, lastruttura simbolo di Epcot (ExperimentalPrototype Community of Tomorrow) partedel Walt Disney World Resort in Florida(in seguito è stato consulente anche perl’Orbitron space ride a Paris Disneyland);evidentemente i parchi a tema non loterrorizzavano (più) come invece circhi,fiere, carnevali, che sono gli ingredientiprincipali di Something wicked this waycomes, in italiano Il popolo dell’autunno,generando confusione con Autumnpeople. Si tratta di un folgorantebildungroman con parte della poeticabradburyana nell’attacco: «In primo luogoera ottobre, un mese eccezionale per iragazzi», da cui venne tratto nell’83 ilprimo horror Disney (soggetto esceneggiatura di Bradbury), da noiQualcosa di sinistro sta per accadere. Ciòche invece lo terrorizzò e attrasse semprefurono gli scheletri (Skeleton Dance la suaSilly Symphony disneyana preferita),compresa l’idea di averne uno sotto lapelle, cosa che ovviamente gli ispirò unracconto. E poi, non sorprende troppo, ilbuio. Quello degli abissi siderali ma anchedei sottoscala, cui ha dedicato il suo unicolibro per bambini piccoli Accendi la nottedove puntuale, come per ogni altroincubo, arriva l’antidoto incarnato in unaragazzina misteriosa che accende letenebre col canto dei grilli e delle rane, escorge nel cielo le luci delle stelle piùlontane. Nell’edizione Gallucci la quota diterrore è smorzata dalla traduzione diCarlo Fruttero e dalle illustrazioniamichevoli di AntonGionata Ferrari, ma siavverte sottopelle che qualcosa di sinistropotrebbe accadere, ma che comunque,fortunatamente, non durerà per sempre.

Fiabe, film, Oz,fumetti, giocattoli,giostre, incubi...L’immaginariodel grandescrittore,un frequentatoredell’inconscionutritodi agghiacciantiscenari infantili

GERENZA

FANTASY ■ RAY BRADBURY (1920-2012)

Come trasformarela notte in lucee bruciare i nostrimostri interiori

I MIEI FURTIIN CASA BRADBURY

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in copertina:alcuni fotogrammida «Prometheus»di Ridley Scott,il prequel di «Alien»prossimamentesugli schermi

A sinistra Ridley Scott e il «replicante»Michael Fassbender (in basso) sul set di«Prometheus».A destra i fumetti preferiti di Ray Bradbury

●●●Ray Bradbury un surrealistaamericano, così si era definito, non unoscrittore di fantascienza, solo Fahrenheit451 aveva concesso come appartenenteal genere perché la fantascienza è quellache si avvererà aveva detto, bensìautore di fantasy, quella che non siavvera mai. Ho un debito tutto teatralecon il grande scrittore, il primo furto loeffettuammo nel 1977 quando cichiamavamo ancora La Gaia Scienza edandammo in scena al Beat 72 conCronache Marziane, in realtà avevamopreso in prestito solo il titolo del grandeRay per uno spettacolo che mescolava itesti più disparati da Benjamin a Poe edera un percorso underground, nel verosenso della parola: la cantina del Beatera stata resa irriconoscibile dalleinstallazioni degli artisti Gianni Dessì,Domenico Bianchi e Bruno Ceccobelli edalla stanza fotografica di AndreaFiorentino che avevano creato tantidiversi spazi, una falsa prospettivaborrominiana, la stanza di un haremtutta tufo e illusioni ottiche, una palmanel deserto, un arco finto di spessagommapiuma bianca che simulavaun’uscita illusoria su cui ci spiaccicavamoin folli rincorse armati e bendati al ritmomartellante di Horses di Patti Smith, unospettacolo rock, duro, sulla clandestinità,sull’insurrezione, sull’utopia in totaleadesione e condivisione dell’aria che sirespirava in quell’anno.

Memorabile fu la giornata in cuic’erano stati gli scontri all’universitàdurante il comizio di Lama, la sera ateatro arrivavano i compagni che, comenoi del resto, erano stati lì, noi cipreparavamo e il pubblico si radunavanell’atrio, il Beat era piccolo e si sentivatutto nei camerini, d’improvviso le vocisi alterarono e sentimmo il criticoteatrale dell’Unità che era venuto a farela recensione urlare e andarseneindignato promettendo che mai più ciavrebbe recensito, anni dopo ci fu unatregua.

Nel 1989 ho ripreso Bradbury, cheper altro era un conservatore, dopoaver visto le immagini di piazza Tien AnMen, lo studente davanti ai carri armati,e ho riscritto una versione teatrale diFahrenheit 451, in cui Marco Solari eraun nevrotico Montag e GuidarelloPontani un cattivissimo esilarantecapitano dei pompieri, Geoffrey Careyera il mistico Faber, Daniela Coelli laseduttiva Clarisse ed io la malinconica etossica moglie. Fu una coproduzionecon la città di Tuscania che ci ospitò peril periodo delle prove e facemmo laprima nella grande e gelida chiesa diS.Silvestro, le musiche originali di DavidVan Tieghem, le scene, rigorosamentesenza uso di video, di Mario Romano.Nel 1989 si respirava un’aria già moltodiversa dal 1977, mentre scrivevocadeva il muro di Berlino e durante leprove come attori ci siamo spessoispirati alle vicende della famigliaCeausescu. Era comunque un anno digrandi cambiamenti e Bradbury ciforniva di nuovo ispirazione come delresto ha fatto con Micheal Moore perFahrenheit 9/01, anche se non erad’accordo. Come aveva in qualchemodo predetto i suoi libri e i suoi titolicontinueranno a vivere di vita propriaed indipendente.

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INCONTRI CRUCIALI

Sopra, un ritratto di Fabio Mauri; accanto, «Haarschneidemaschine», 1971 (tecnica mista).Sotto, «The end», 1959 (collage e olio su carta)

di Fabio Mauri

●●●In morte di un amico, o di unfamiliare, un pensiero sbigottitoattraversa il dolore, e indaga su di unenigma. La persona con cui si aveva ache fare, eliminata ogni variazione, siritira in una riserva assoluta, fissacome una nota, lasciandoti nellemani un corpo muto, nudo, cheaccondiscende ad ogni trattamento.

In una occasione del genere, io vidientrare, nella casa dei miei, a Milano,numerosi sconosciuti, incerti di frontea mio padre, abitualmente cosìriservato, ora così esposto nell’ultimafigura della morte. Un individuo soloera a conoscenza di quell’enigma:della novità della personalità chiusama disponibile del nuovo defunto. Unsignore che l’accudiva premuroso: luisapeva cos’era successo. Tra unapausa e l’altra del dolore mi chiesi piùvolte chi fosse. Come tutti, finii peraccettare la sua autorevolecompetenza, l’intimità con miopadre. In qualche modo glieloabbandonai, e per sempre. Seppi poiche si trattava di un esperto di unservizio di pompe funebri moltoaccurato.

Così mi è parso, per la morte diPier Paolo Pasolini. Salvo che gliesperti erano più di uno. Tuttisapevano, tranne chi lo avevaconosciuto da vicino, da ragazzo, e daamico. In realtà, in caso di lutto, permolto tempo la memoria imbastisceun anacronismo della vitalità: si fa piùpresente e, più intimamente, sisconnette. Io non ho ancoraorganizzato Pasolini. Da un punto divista saggistico, voglio dire, sonoimpreparato. E vorrei restarlo. Se nonfosse tardi. Ogni sorta di memoriasospesa, se successiva a quella chefino all’altro ieri, giorno della sua fine,mi veniva da scene dettagliatissime,dai contorni rotondi e soffusi comescoppi. Queste schegge di memoriasono principalmente di Bologna edella Val Badia. Quindi di Firenze, diRoma, ancora di Bologna e ancora diRoma. Pier Paolo l’ho conosciuto unsabato sera alla Casa della G.I.L. dovegiovani interessati all’arte erano statiinvitati. Frequentavo il Galvani diBologna, la seconda ginnasio di quelLiceo. Tra i ragazzi presenti: Ardigò,Luigi Vecchi, forse Leonetti…Francesco Leonetti è uomo cosìimprevedibile che può non esservistato e io ricordarlo lo stesso… forse,ma ne sono anche più incerto, c’eraRoversi, ma anche Roberto Roversi èuomo così sostanzioso e appartato,che può essere una miamanipolazione di conferire il suovolto a qualcuna di quelle ombre digiovani seduti o in discesa per certiscalini.

C’erano delle scale, le ricordo. Dellaprima serata ricordo anche l’angosciacólta, che imponeva rispetto, diArdigò. Tra gli altri, dei meno giovani:Cinti, Ciangottini, il Dottor Falzone,incaricato dalla G.I.L. di un progettodi rivista. Decidemmo di tentare.Proposi un titolo, preso dallagiovinezza scolastica di mio padre: «IlSetaccio». All’uscita della Casa delFascio Pier Paolo ed io ciaccostammo, (mi era molto piaciutoquello che avevo sentito da lui sullaPoesia e incuriosito quanto accennòsu Pascoli, e a lui ciò che avevo dettosu de Chirico e Savinio, sull’Arte). Ciripromettemmo di rivederci subito, ilgiorno dopo. La domenica Pasoliniarrivò a casa. Lo presentai in famiglia.Pier Paolo usò la sua dolcezzafriulana, che in lui era il sostitutosapiente di ogni buona maniera, e perla prima volta scoppiò nella sua risataanimalesca, fatta di denti, maconvinta, irriflessiva, in modocomplesso umana, di fronte a qualchelazzo di uno o l’altro dei fratelli. Di lìiniziò, con frequenza quotidiana, lanostra amicizia. E la memoria, in uncontinuum piuttosto felice,avventuroso, appassionato per l’arte ela letteratura, scoppia appunto inscene chissà perché più memorabilidi altre: sotto il lato destro del porticoche conduce alle Sette Chiese; nellapalestra di S. Lucia; a casa di FabioLuca Cavazza; in via Zamboni; o in

bicicletta a Riva di Reno. Luoghi diBologna che due ragazzi stranieri aquella città scoprivano intimamente efacevano propri. Momenti a voltesacri, in nome della Poesia, a volteindelebilmente ridanciani, in nome ditutto il resto. Insieme, una serafebbrile, andammo a conoscere,(fastidiosamente consci della comuneprecocità), la nostra George Sand:Giovanna Bemporad. Viveva in unacasa dai soffitti alti, una stanza dailibri a terra. Pile di testi greci, latini, e,mescolati, degli Holderlin, dei Rilke,dei Novalis. L’amica Giovanna vestivada uomo. Con i calzoni daavanguardista tirati alle ginocchiasotto un impermeabile privo di ognicolore. Ci leggeva la sua Odissea,traduceva Virgilio. Noi, accovacciatinel nostro stupore, reggevamo lascena come potevamo. Giovanna,incandescente, oscurava il mondo.Sfiorava con sottile disprezzo, albraccio di Leopardi, (forse solo di lui,se ricordo bene), ogni modernità,soffermandosi con un attimo diattenzione appena su Saba. Nontrovammo il coraggio di citarenemmeno Sandro Penna, nostromito. Ci fu una transazione bonariaper Ungaretti e Montale. Poi, nellanotte, fummo accomiatati.

Dopo l’ultimo saluto, mimando ilterrore, la fuga ebbra di risate, sotto

l’aria fresca di una Bologna notturna.Se così era il genio, eravamo fritti. Lanostra cultura era più vicina, interna apassioni d’epoca. Nessuno di noi sipermetteva di parlare a tu per tu conVirgilio. Nessuno, nemmeno PierPaolo, che aveva superato la pubertàintellettuale, era così determinatoall’austerità della poesia. La nostraBemporad si poneva fuori del tempo.Noi vivevamo con non poco gusto lagiovinezza. Amavamo il foot-ball, leragazze (sapevo che le amava anchelui), l’ironia, perfino un certocomposto familiar-borghese. Cipiaceva andare a ballare. Pier Paolopossedeva un talento per il mimo e ladanza. Più volte risimulò quella fugaper le scale, con grande spasso laripeteva come una scenetta di effettosicuro. E a Firenze lo vedo ballare,solo, in divisa da avanguardista, conun globo di vetro in mano, una danzaegizia, per gli amici, al suono deglialtoparlanti dispersi tra gli alberi delleCascine. Vi eravamo accampati, con igiovani intellettuali dellaHitlerjugend, per i Ludi Juveniles. Eraspiritosissimo. Un commento comicoa quanto ci accadeva. Un saggioprimordiale di antifascismo che,come una pianta dal nome ignoto,spuntava direttamente dal gusto diuna cultura diversa, che escludevaquell’amministrazione retorica, aquelle date soprattutto sciocca, dellarealtà in cui eravamo nati.

La nostra amicizia era intrecciata diuna tenerezza delle intenzioni, dai finidolci e roventi, che oltrepassava e

teneva inchiodato, magari persempre, ogni dissidio personale, dicarattere intellettuale, la valutazionenegativa reciproca del giudizio.Bologna, lustra di bellezza, era uninvolucro invitante. Malgrado lefuneree garze e bande fasciste, noiintuivamo i corpi e gli spiriti comeun’irrinunciabile avventura. Nessunacittà se non questa, in cui tantiragazzi presuntuosi, o di grandetalento, o semplicemente illusi, si

erano incontrati, condotti per manoda quelle ragionevoli combinazionidel caso che fanno la storia seriacome la più inutile del mondo colmedesimo puntiglio; nessun luogo, senon Bologna, si prestava meglio acontenere e nascondere la giovinezzadi ragazzi così determinati al richiamotagliente della poesia. E di unasusseguente vita. Di molte viteinterpretate o fraintese in quest’unicosenso. Una minuscola comunità

Nel 1985, a 10 anni dalla morte di Pasolini, FabioMauri scrisse questo testo (inedito) in omaggioa un amico che «assisteva con pietrificata sapienzaalla rappresentazione della rovina delle cose»LA MOSTRA A MILANO

Dal 19 giugno al 23 settembre2012 a Milano, presso PalazzoReale, si terrà la mostra «FabioMauri. The end», a cura diFrancesca Alfano Miglietti eprodotta dal comune di Milano,Cultura Moda Design. Unaretrospettiva completa cheriunisce installazioni, oggetti,performance, opere. Un primopercorso, più intimo, proporrà unaraccolta inedita di disegni, unsecondo percorso sarà costituitodalle importanti installazioni diMauri (da «Ebrea» del 1971 a «Ilmuro del pianto» del 1993) e unultimo riallestirà i suoi «Schermi»,opere monocrome realizzate allafine degli anni 50. Artista edrammaturgo, fondatore di dueriviste critiche e protagonistadell'avanguardia italiana, Mauri hasempre affrontato tematichescottanti: la guerra, la conversione,la follia, il dramma degli amiciebrei mai più tornati, la scopertadel fascismo reale. Una riflessionesull’arte la sua che allude allacondizione drammatica dell’uomonella dialettica tra struttura emateria, tra forma, immagine eStoria.

Quella vitalità condivisada un artista e un poeta

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moderati arabi < 180 181 182 >

Ventitrè prigionieri politici sahrawi continuano a digiunare nella prigione diSalè, vicino Rabat. Sono incarcerati dall’8 novembre 2010, giorno della distru-zione del campo di Gdeim Izik: «lottiamo per la libertà di tutti i militanti».

umanistica che la guerra ridistribuìcome carte da gioco per l’Italia delleorigini di ciascuno: per campagne,luoghi di mare, dove li aveva colti.

Per Francesco Leonetti Pier Paolonutriva un’attenzione struggente, quelsenso profondo e ineluttabile, di cuiparlo. Era sempre condiscendenteverso il tono di Francesco Leonetti,atono di rimprovero in ogni frase, lapiù usuale. Leonetti, a mia memoria,rimproverava incessantementePasolini. Pier Paolo certo amava, forsestimava, di sicuro semprerimproverava me, per la miadissipazione sensuale, sentimentale.«Un poeta non corre tanto dietro alleragazze, né si innamora sempre!».Frase che, più tardi, a Roma, al tempodell’esplosione sterminata, quasimeccanica, della sessualità diPasolini, fu motivo di rimproverointeriore, da parte mia, che avevomolto risentito, e per fortuna solo sulpiano dei sensi di colpa artistici, diquella grave sentenza del grande eadorato amico. Anzi a tale proposito,del tema della sessualità, certo nontrascurabile nella biografia di Pasolini,lamentandomi con lui un giorno,degli amici, tutti più grandi, Gigivecchi, Sergio Telmon, o RenatoZangheri, per come sospettavo che mifrequentassero soprattutto percorteggiare le mie sorelle, Pier Paolo,con aria da monaco buddista, midisse: «Perché mi escludi? Io sonascondere benissimo i mieisentimenti». Compresi che micomunicava una verità. Difficile dadecifrare, anche a tanti anni didistanza. Intendeva dire che amavauna mia sorella? O nascondeva unqualche altro sentimento? Un diversosentimento d’amore? Mi confessava,per la prima volta, la capacità dellasua anima di essere tutt’altro? Ladelicatezza giovanile di Pier Paolonon creò tra noi mai un istante diturbamento. Fu l’amicizia più limpidae più virile che ho mai avutooccasione di vivere.

Mi fu più difficile convincerne laSquadra Omicidi quando, a Roma, miconvocò. Non ritengo per accuratezzastorica, ma per un foglietto col mionumero di telefono nuovo, assieme aquello di un cameraman, di unagiovane atterrita comparsa, di unvecchio spellato, e di una prostituta,ad uno snervante e buiointerrogatorio. La mia trepidazione diadolescente, una certa qual purezzain questo senso, forse Pier Paolol’aveva intuita al primo incontro el’aveva armata di un sentimentoaltrettanto puro. Per anni mi invitòimmancabilmente, attraverso la voce

invadente dei segretari di produzione,a partecipare a tutti i suoi films,nessuno escluso. Non accettai mai dipartecipare. Fino al Vangelo. Quidovetti opporre la maggioreresistenza. Pier Paolo mi proponevalui stesso a voce o per telefono partiche andavano da Cristo al’Evangelista Giovani, facendomisorridere per la sorpresa. Non avevopiù l’età, ammesso che ne avessi maiavuto l’aspetto. Pasolini quando mipensava, dunque, soprattutto miricordava. O ricordava una miapotenzialità figurativa spirituale, deimiei anni di religione, dal ’45 al ’55, incui, è vero, lui era stato saltuarioinvitato speciale dei familiari ansiosi,ogni volta da me respinto qualerappresentante di una ambizionelaica. Dopo il Vangelo, che mi piacquecompletamente, accettai e feci il Re inMedea. Pasolini sul set assisteva allasua regia, quasi non la comandava. Lesette figlie del Re, esclusa Viva diAndy Warhol, erano «figuranti dinudo speciale», come le descrive ilcorporativismo cinematografico. PierPaolo fece ripetere la scena più volte,«per farmi divertire», come poi midisse, visto che le figlie, per essereriprese in «primo piano», imbastivanouna lotta discinta manifestando al Reloro padre un grande amore, un po’incestuoso in verità, in quella zuffadrammaturgica. Maria Callas tra un«si gira» e l’altro, portava dei gelati daleccare. A teste decapitate, visto cheero avvitato con una noce di cocco intesta, corona barbara, dentro unimbuto di feltro spesso come cuoio.Sto dicendo, e lo dico a caso come stofacendo, che tutto il seguito, Roma,Cinecittà, lo vedo come seguito delromanzo di Bologna. In questoromanzo è centrale anche RobertoRoversi. Verso cui Pasolini nutriva unrispetto come per il contromodellodella parte migliore di sé. Figura dipoeta che stringe un patto consonocon quel «meglio» che sono i libri,una certa loro scolastica pace, e vivive in mezzo. Io vidi poco Roversi edi più Leonetti, ma tramite Pier Paoloseppi sempre di loro e ne avvertii lapostazione, quasi cardinale, per la suavita. Così per Serra, che non ricordo,Pier Paolo nutriva una sorta di miticaammirazione. «Arriva Serra, devorispondere a Serra, Serra dice…».Citazioni talmente autorevoli che homandato a mente Serra come uncognome assoluto, quasi da antenato,mentre era di poco più grande di noio di lui. Nel romanzo di Bologna c’è,ed è strettamente doverosoantevederla, Laura Betti, decenne.Laura in bicicletta, Laura rossa in viso,

portatrice di bigliettinid’appuntamento per conto dellasorella Maria Carla, mia compagna diclasse. Pier Paolo non la conosceva.Né Laura conosceva Pier Paolo. Pochigiorni prima di morire, a Sabaudia,nella casa che divideva con AlbertoMoravia, avevo trascorso una giornatadocile e interiore con Pasolini. PierPaolo mi aveva confessato di avervisto «il girato» di Salò o le 120giornate di Sodoma, di essersispaventato, quasi scandalizzato.Denunciando uno sdoppiamento che

resuscitò una volta di più il miostupore. L’impegno, prima di essere lascelta di una condotta, un «doveressere» interno ad un’idea dell’uomoe della società, è una disposizionefibrosa, anzi ossea, di alcuni caratterifondamentali. Come la nevrosi, esisteun «impegno caratteriale». Moltosimile alla profondità, che è spessocondizione di partenza, mentresembra di arrivo. Ho conosciutouomini che non potevano non essereprofondi. Pasolini era di questi. Tantoche per affrancarsi dal peso di tale

cavità biologica, progettava conbuona volontà l’estroversione e lasuperficialità. Il gioco del calcio, unacerta rustica buffoneria e l’eccessivainfantilità dello stupore rientravano inquesto genere di atti compensatori.Altrimenti tutto, anche l’idea menosaggia, operava in lui con una chigliatalmente inabissata da turbarlo eturbare chiunque.

Dicevo che man mano che lanotizia della sua morte si propagavain una Roma silenziosa, poco a pocoricevetti molte telefonate di gentecosternata. Sembravano chiedereaiuto. Persone che non sentivo daanni o non avevo mai sentito, solosalutato per strada. Per ognuno diloro Pier Paolo aveva rappresentatoun incontro definitivo. La suacapacità di promuovere biografiamorale, come il suo personaggio diTeorema, si dimostrava in concreto,tragicamente. Pasolini assisteva allevicende drammatiche degli amicicome alle riprese dei suoi films. Quasiin silenzio. Senza modificare losvolgimento legale dell’azione. Forsela profondità, riflettevo, quando si faabitualmente abissale, esclude ogniintervento. Pier Paolo era incapace direcare mezzo conforto agli amicicolpiti da dolore «intero». Assistevacon pietrificata sapienza allarappresentazione della rovina dellecose. Un po’ come Dio, naturalmente.Ma è stato detto. Non ne era superbo.Spesso la superbia è una guarnizionedella genialità, se essa c’è, tutte lealtre volte tende ad esserne ilcontenuto. Non così per Pasolini, sitrattava d’altro. Confesso,nell’attonito dolore della sua morte,me lo chiesi. E non capii, né oracapisco bene, perché mi telefonaronotante persone. Ci vedevamo ormaipoco. Ci incrociavamo sempre.Operavamo da gruppi diversi, inquell’epoca di schieramenti romani.Parlo dei pittori neodada, o pop dellaScuola di Piazza del Popolo. Alludo aQuindici, o all’area del Gruppo ’63,zone allora molto distanti da «NuoviArgomenti» e in qualche misura, piùdifficile da delimitare, anche daOfficina, di cui fui formale e infelicesegretario per la nuova edizioneromana. Per quelle avanguardie illinguaggio che pretendesse acomunicazione diretta, era inusabile.Pier Paolo Pasolini ostentava qualcosadi troppo svelato. Era impossibile nonintenderlo. Ma a parte la scelta dellacondotta letteraria, è vero, Pasolini,che è autore interamente scritto, fuoridagli scritti, era ragionevolmenteincredibile. Ritengo, tra le moltecomplesse ragioni, a causa del

pareggiarsi, nella profondità, dei suoiopposti. Giudizi e pregiudizi mi parevivessero in una sfera così fonda,spuntavano alla luce da un cono cosìcompatto che la loro compresenzarisultava, per qualche aspetto,vergognosa. Pier Paolo, ripeto (e sentoche non è indifferente), non eraamato dalle avanguardie. Né leriamava. Lo infastidivano ildandismo; il disprezzo ostentato daquei primi anni’60 fino al ’64 delleavanguardie, per il politico e il civile;l’intreccio con culture indigene, dicui, riteneva, non si sapesseabbastanza per usufruirne.

Pasolini si chiudeva in un silenzioinfastidito ad ogni citazione di autoridi letterature di cui non conosceva lalingua. Non gli sentii mai pronunciareuna parola di ammirazione su Joyce,Bibbia dell’Avanguardia, almeno inquegli anni. Sebbene comprendessiche la sua reticenza fondava su unasfiducia di quelle letteraturelinguisticamente chiuse, quasiinaccessibili, ad opera di fruitori«intuitivi». A Bologna, sulla portad’ingresso del Museo d’Arte Moderna,come già avevo fatto con MiklòsJancsò, proiettai su Pasolini il suoVangelo. Le immagini della«performance» sono riprodotte inquesto catalogo. Performance cuiPasolini si sottopose docilmente. PierPaolo si sottopose docilmente alla’performance’. Durante l’azione siirrigidì in uno spasmo duro, disofferenza. Gli chiesi se si sentivamale. Fece cenno di no con la testa.Poi mi ringraziò a lungo, salutandomiper l’occasione che gli avevo dato diripensarsi «dentro» una sua opera. Eral’intenzione di quel mio atto dal titolo«Intellettuale». Cito questo episodio, omi riaffiora, tra i molti che ormaiaffollano un proscenio disturbato,perché nell’allontanarsi in fretta, lapiccola folla di amici, per lo più discuola, che si radunò chiamandociper nome, Pier Paolo non lariconobbe. Dovetti spiegargli uno peruno chi erano, o chi erano stati, perlui e per me, quei coetanei e quellecoetanee, quei vecchi per lo più, checi abbracciavano, Pier Paolo fuggì viae mi tirò dietro con lui, come ai tempidella giovinezza, come se noi due,chissà perché, per la virtùsbadatamente taumaturgica di Roma,il cui tempo scroscia a picco dal cielo,ma non passa, non si evolve, fossimorimasti mostruosamente e fedelmenteintatti. Era poco prima che Pier Paolodovesse morire. Anzi, a tavola, nellacenetta che precedette l’azione, ad unristorante della Fiera di Bologna,ritrovammo intero quello stareinsieme divertito, solidale e frizzantedell’antica adolescenza.

Osservando le gustose coppiebolognesi, udendo quegli accenti cosìfamiliari al nostro sedimento dimemoria, ammirando la perfezioneben condita dell’organizzazione deltutto, Pasolini mi disse: «I bolognesinon sono italiani, sono svizzeri. Iostesso ho proposto di annettere ilresto d’Italia all’Emilia. Anzi aBologna, e farla governare da lei».

Ho ricordato Pasolini come amico.Senza citare niente di lui. Pier Paoloha detto tutto di sé, fino al dettaglio,né si può citare troppo Pasolini inuno scritto su di lui senza restarne, asuo danno, schiacciati.

La Bologna di Pasolini, senzaPasolini mi sembra cambiata meno diRoma senza Pasolini. I portici, levocazioni, gli amici, qualcosa si ripetee conserva una scia udibile, che ioriconosco. Non così Roma, dove dopouna doppia alluvione, divina esatanica, cancella ogni giorno sestessa. Questo spiega, per me, iltentativo strenuo, a volte forse tropposublime, energico, e sempre eroico, diLaura Betti, bolognese, di non farnaufragare niente, nemmeno unastilla di memoria, di un giorno,perché di Pier Paolo se ne conserviqualcosa, cioè tutto. In altri termini eluoghi, Pier Paolo possedeva naturaper essere uno come Paolo di Tarso.Ma dovette rassegnarsi ad essere quelPasolini che abbiamo conosciuto.Tale rassegnazione non è bastata. Neè stato ugualmente punito.

«Inverosimile» da «Not Afraid of the Dark»,2007, Piccolo Cinema - con proiezione«Gertrud» di Dreyer Hangar Bicocca.Foto: courtesy Hangar Bicocca, Milano.Sotto, «Intellettuale», 1975, «Il Vangelosecondo Matteo» di/su Pier Paolo PasoliniGalleria comunale d'arte moderna,Bologna. Foto: Antonio Masotti

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Un sismasquisitamentedi classe

TERREMOTO

Una morte operaiacome si classifica?Moderna,premodernao già post?Il sisma«terremotato»,dall’Irpinaalla Bassa

LA BOTTA MODENESE

di GIOVANNI IOZZOLI *

●●●Chi l'avrebbe detto che unterremoto di pianura, si sarebbetrascinato dietro così tanti disastri – ecosì tante suggestioni? Dappertutto,qui a Nord – la Bassa è il posto dovenon succede mai niente. I capannonisono bunker, fortilizi incrollabili,eroicamente in lotta contro la cadutatendenziale del saggio di profitto. Lecampagne sono piatte e squadrate,come disegnate da un gigantescoortolano maniaco della precisione.Niente mosche, niente cani, nientegente a ciondolare per strada. Anchele zanzare sono operose e ordinate.

Vai tu a pensare che un terremoto,il simbolo per eccellenza dell'anarchiadella natura, mi arrivava proprio qua.

Ho 45 anni e ne ho già vistoqualcuno, di sismi. È che nel mioimmaginario il terremoto era semprestato una roba euroasiatica –appenninica o caucasica… Ilterremoto lo associavo ai tufipolverizzati trafitti da travi di legnonero, e ai vecchi secchi e scuri, con lecoperte in testa, e ai maiali e aisomari liberi tra le macerie, e aipaesini nascosti tra le sottane dimontagne ispide. Già il terremoto diHaiti mi aveva disorientato. Le casettecolor pastello, sfarinate sotto il cielotropicale, mi rimandavano un segnaleinedito: si muore di terremoto anchein quelle latitudini, al ritmo dellamacumba più che dell’Ave Maria?

Poi questa botta modenese mi haaperto definitivamente gli occhi. Lenostre carte sismiche sono pateticiesorcismi. Non sappiamo niente dellamala bestia che scava km sotto terra eogni tanto scrolla il corpaccione. Laterra non chiede permesso a nessuno:la crosta, le viscere infuocate, quelloche c'è sotto, sopra, dentro, è tuttoroba sua e fa come gli pare. Se leingenue illusioni illuministe hannoresiduato ancora qualche aspettativa,niente come un terremoto ci ricollocanella realtà. Possiamo (e dobbiamo)scrivere nelle Costituzioni il dirittoalla Felicità, ma la terra – rocciosa,argillosa, sabbiosa - la dura terra, èl'unico materialismo possibile.

Suggestioni, dicevo. Una montagnadi suggestioni, tipo: la strage operaia.Il terremoto – didattico, paziente – sipreoccupa di riflettere la realtà cosìcom’è. È un terremoto ordinatamentedi classe, che fa crepare i proletarimentre sono attaccati ai loro torni e ailoro banchi di lavoro. Certo, unamorte operaia come la classifichiamo?Moderna, premoderna o è già post?Vai a spiegarlo ai Khaled o aiSalvatore, che sulla loro condizionenon avevano mai filosofato: per lorol'ordine naturale, il loro giusto posto,era il capannone; e quindi ilterremoto segue le gerarchie della vitae della Storia – non produceingiustizia. Muoiono gli operai maparlano e si rappresentanomagnificamente gli imprenditori: unesercito di imprenditori, che sfiladavanti a tutte le tv, invade onnivorola scena; sembra un regno magico disoli imprenditori; la didascalia ti diceche è un imprenditore anche ilcoltivatore diretto con 40 maiali e lamasseria sfregiata dal sisma.«Imprenditore» diventa una chiave dilettura esistenziale, più che unaqualifica professionale. Gli operaispariscono, al riparo delle tendemultietniche, nel silenzio, nellairrapresentabilità, quasi nellavergogna della loro condizione.

Straordinario l'esercito del Bene,che mette in mostra i suoi repartimigliori. Centinaia di volontariaddestrati, attrezzati, fosforescenti,che arrivano in poche ore. Ci dicemolto sulla dedizione dell'animoumano. Ma anche sul molto tempolibero di cui gode una fetta dipopolazione delle società mature; e losquilibrio storico delle proporzioni tralavoro e non lavoro nel centro delcapitalismo, ci rimandaall’irredimibile crisi fiscale dello Stato(perché un terremoto, letto incontroluce, è quasi sempre un trattatodi economia politica – altro che lasismologia e la geo-fisica...).

Ora, io mi ricordo che 30 anni fa, giù

da noi, in Irpinia, la Protezione Civilenon ce l'avevamo. C'era l'esercito dileva, i soldatini adolescenti, con ledivise grigio verdi strette strette, ifazzoletti sulla bocca e le palescheggiate. Fu sulla pelle dei nostritremila morti, che nacque il progettodella Protezione Civile. Certo,nessuno ci recintò, nessuno siassunse la gestione «bio-politica»della nostra condizione; e anchel'esercito dei volontari arrivò fluente edisorganizzato – fiumane di giovaniche venivano da Polisportive e sezionidi partito, parrocchie e comitati dilotta; c'era anche l'ultima schiumapreziosa del 77 – quella che non era ingalera e non era (ancora) rifluita. Chisono, invece, questi volontaritecnologici, che in 48 ore sbarcano eattrezzano mega campi? Li guardoammirato, ma anche un po’preoccupato, come assistendoall’emersione periodica di un esercitoclandestino.

Nei primi giorni dopo la scossa, iquotidiani locali erano pieni discandalo e indignazione: pakistani,marocchini, tunisini, africani di ognidove, secondo i pennivendoli, stavanoprovocando problemi nei campi; e lacarne di maiale, le continue richieste,la mancanza di collaborazione: comese mettere insieme migliaia diattendati, quasi tutti poveri, di 10etnie diverse, potesse essere unapasseggiatina senza intoppi.

Poi all'improvviso i problemi sonoscomparsi dalle pagine. Era solo unmodo per attizzare un po' d'odioanche dentro l'emergenza – unaspecie di riflesso condizionato deigazzettini locali. Gli immigrati, dalcanto loro, sono incazzati epreoccupati; non tollerano l'idea dimorire in un paese che sentonoestraneo. Hanno più paura e menorassegnazione degli autoctoni –continuano a riempire le tendopoliimprovvisate sorte nei parchi, persinonel capoluogo intatto. Lavorano permangiare e pagare affitti: non glisembra razionale rischiare anche lapelle.

Del resto me la ricordo bene, lafinta indignazione civile e pelosa deicronisti dell’Italia civile. In Irpinia 30

anni fa i pakistani non ce li avevamo;ma certe cose le scrivevano anche sudi noi: eravamo selvatici, pococollaborativi, piagnoni e arraffoni. E locredo bene, l'unica lezione dieducazione civica che avevamoricevuto era: prepara la valigia e vai inSvizzera o in Germania o dove cazzoti pare. Oppure mettiti in fila, nellecode multiple e varibili delle grandiclientele organizzate, ad arraffare leultime fiammate del keinesismoall'italiana – gli scampoli malati dellaPrima Repubblica. Che tempi, ragazzi.C'erano abbastanza soldi percomprarci tutti (e l'operazione riuscìsu larga scala). Quando si chiede: -ma di chi fu la colpa dellemalversazioni in Irpinia? - non èfacilissimo rispondere. Quando sicementa un blocco sociale in cui imiserabili stanno stretti strettiinsieme ai costruttori autoctoni e allegrandi famiglie del Nord, tuttiabbracciati al grande tronco dellarendita immobiliare – di chi èprecisamente la colpa storica di quelgrande fallimento, che è stata laricostruzione in Irpinia? Una voltaavremmo detto: delle classi dirigenti.Ma sotto le pietre irpine morì anchel'ultimo residuo del Meridionalismo,di cui non si sentirà più parlare. Eallora tutti assolti e tutti colpevoli.Non c'era tempo per GiustinoFortunato e Gramsci, mentre la tavolaera apparecchiata, e siedevanoinsieme Gavianei, Dorotei, Morotei,Cutoliani, anticutoliani e Senzaniani.Si sparava di brutto, ma si trattavaanche, intorno a una torta chesembrava infinita. Il Sangue e laTrattativa sono i due ingredienti chesantificano ogni grande vicendaitaliana: più sangue scorre, più si statrattando. In quei mesi convulsi acavallo tra l’80 e l’81 c’era dapuntellare mezzo sud Italia. Si fapresto oggi a maledire il DebitoPubblico: ma senza quel fiume didenaro il Mezzogiorno sarebbesprofondato nella guerra civile;avremmo solo anticipato il Kossovo diuna ventina d’anni (ma con una piùprecisa direzione criminale deiprocessi, perché Napoli non èPristina…)

Com'è diverso lo scenario, oggi.Non ci sono più soldi, nisba, finish.Già all'Aquila fu chiaro. Non si correpiù il rischio di essere comprati daqualcuno. Nessuna Grande Trattativasi profila all'orizzonte – anche larimozione delle macerie sarà a caricodel destinatario. Cavezzo è a 20-25minuti da casa mia. Prendi la stradadel Canaletto, fai un po’ di curve,passi S.Prospero e arrivi subito inmezzo all'epicentro. Non c'ero maiandato a Cavezzo, lo riconosco. Delresto cosa ci va a fare uno, a Cavezzo?Nella Bassa o ci vivi, o ci lavori – nonsono posti da farci gite. I campanili e ipalazzi dei vecchi signorotti, i cippipartigiani, nessun folclore locale cheti rimandi a Peppone e don Camillo:bruttezza dei luoghi e operositàvanno sempre a braccetto. AncheS.Felice, anche Mirandola sonolocalità bruttine. Oggi Napolitano èandato in quei posti e l'hanno purefischiato, un oltraggio al rinomatocivismo della zona. E anche a sentire

’sta notizia, si riattizzano i ricordi e ilgioco impietoso delle differenze.Anche il vecchio Pertini si presemaleparole e insulti quando arrivò trale macerie irpine...Pianse e passò allastoria per la sua sfuriata a retiunificate, trasmessa anche dallacompassata Bbc. A quell'epocaNapolitano era il cinquantenne capodei nascenti miglioristi e lavoravanell'ombra per segare la sedia aBerlinguer. Per che cosa passerà allastoria, Napolitano? Per il pareggio dibilancio inserito in Costituzione?

Ecco, se vuoi capire la differenzatra terremoti, non devi guardare l'agodel sismografo (è più forte questo oquello?). Devi guardare il contorno, gliinterpreti secondari, il coro. Ilterremoto in Irpinia fu raccontato daMoravia, Sciascia e Geno Pampaloni; igrandi scrittori si mettevano inmacchina e raccontavano la tragediadell’arretratezza meridionale, a unItalia colta, attenta e popolare. Ilterremoto dell'Aquila, invece, è statoraccontato da Vespa. E quellomodenese passa prevalentemente neitg – mediato da inviati minori. Unanarrazione povera, piatta, la stessaretorica sulla sobrietà emiliana e lavoglia di ripartire, cucinata eriscaldata ogni giorno. La lentaparabola verso il basso di un paese èben rappresentata dalla caratura deinarratori ufficiali che dovrebberoimmortalarne i momenti cruciali.

Nell'epoca dell'intellettuale massa,non ci sono più gli intellettuali. Soloun democraticissimo cicaleccioorizzontale di gente che twitta a tuttospiano. Ma la trasformazioneantropologica di un territorio, non tela raccontano i social network oYoureport. Cosa cambia, da questeparti, in definitiva (perché un sisma èsempre uno spartiacque solenne)? Seeri attento alla forza delle cose, poteviaccorgerti che il terremoto era giàcominciato almeno 4/5 anni fa. Ilterremoto era la crisi, serpeggiante,insistente, che rosicchia i bordi deltessuto urbano e produttivo, e puntadritto al centro, alla sua coesione, allasua ragione sociale. Già ampiamenteterremotato era il meccanismod’integrazione sociale che non integrapiù niente; era già scardinata latenuta produttiva dei Distretti e dellapiccola-media manifattura, che primaaveva flirtato con la globalizzazione e

«Tribute to Haiti Earthquake»,illustrazione realizzata

dal digital-artist Gejsi

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ARCIPELAGO FESTIVAL DELLE NUOVE IMMAGINI ■ IL FOCUS

La Polonia entrain area: i saggi di Lodzdi ieri e di oggi

di SILVANA SILVESTRI

●●●Come un forziere del tesoroArcipelago, festival internazionale dicortometraggi e nuove immagini(Roma, 15-22 giugno) apre un focussulla Polonia e, tra le nuovissimetendenze, le sperimentazioni digitalie le scoperte del futuro (qui furonolanciati Winspeare, i Manetti Bros,Simone Massi, David di Donatello2012 e a cui è dedicata unapersonale e Corso Salani era sempreaccolto con calore), si propone larassegna dei saggi degli studenticontemporanei e dei celebri registiche studiarono alla scuola dicinema di Lodz. I giovanissimiPolanski, Kieslowski, Zanussi,Rybczynski e perfino di Wajda. Nonsono solo saggi di fine corso, mabellissimi film che svelanopersonalità già ben definite.Organizzata in collaborazione con laKrakow Film Foundation, la LodzFilm and tv School e l’Istitutopolacco di Roma, si tratta in alcunicasi di lavori diventati già famosi neifestival dell’epoca, in altri casi sonostati visti in qualche rara occasione,ma è un prezioso regalo per lospettatore che vedrà proprio sulnascere una delle cinematografiepiù ricche e stupefacenti, per unaserie di circostanze storiche eculturali. Le punte acuminate diKieslowski, la tenerezza di genio diPolanski, le sorprendenti assurditàdi Skolimowski che metteva inscena qualunque idea appenabalenata nella mente. E Rybczynskiritmico come una partitura, laspiritualità esibita di Zanussi eAndrzej Wajda che a 26 anni era giàun classico. Aveva già fatto laguerra, la resistenza nella ArmijaKrajowa, e si era laureatoall’Accademia di belle arti prima difrequentare la scuola di cinema. Eragià famoso quando quei ragazzierano ancora studenti. Vediamo,come avrebbe potuto fare undiligente pioniere il suo Quandodormi (’52) come scrivere iltema:«Mentre tu dormi c’èqualcuno che lavora per te» e viacon il fervido lavoro di ferrovieri,panettieri, tramvieri, operai tessilinelle filande che non si fermanomai. Diligente come doveva essere ilfiglio di un ufficiale assassinato aKatyn, ma questo lo scopriremosolo cinquant’anni dopo.

Il grande jazzista KrzysztofKomeda lo troviamo spesso acambiare i connotati dei film deigiovani studenti, e continuerà afarlo con i film di Polanski eSkolimowski che seguiva come fan isuoi concerti fin da quando eraragazzino. Un bel gruppo dioutsider che, dopo l’epoca dei filmdi guerra per cui il cinema polaccosi era già fatto notare, rinnovano glischermi con il nuovo stile(girovagare, giovani, jazz,trasgressioni). Polanski chel’occupazione l’ha vissutapesantemente, ma tanto daspingerla in fondo alla coscienzasembra giocare con personaggi egeneri e ci vorranno almenoquarant’anni per farla riemergere.Emergono nei film della rassegna lafiaba morale e surreale come nelfamosissimo Due uomini e unarmadio (’58) in pura nuova ondacon quel mobilone da trasportareper le vie della città, non più Stanlioe Ollio con pianoforte ma desideriodi rinnovamento (qui conconnotazioni spiazzanti) percorsoaccidentato che non solo fa scoprirenefandezze della società, maintroduce la logica dell’impossibilitàdi essere anormale (o geniale) einfatti Polanski se ne andrà via dalpaese. Qui lo vediamoventicinquenne con l’aspettoadolescenziale feroce capo di unabanda di hoolingans (interpreteràspesso questo ruolo anche in altrifilm dei colleghi). Giocherella un po’

troppo con gatti neri e specchi rotti,forse vuole sfidare la sorte. Manovrauna banda di veri hoolingans inun’autentica festa da ballo dellascuola in Roviniamo la festa (’57)invitandoli a irrompere non invitatinel giardino addobbato da festoni dicarta dove posizionò delle camereda presa, rischiando l’espulsione.

Costruisce lo struggimento - masi capisce che lo fa apposta - in Lacaduta dell’angelo (’59) protagonistauna vecchina madame pipi in unbagno pubblico decoratoflorealmente, sguardo fisso su un

destino infelice che le passa davantiagli occhi in contemporanea con unviavai di personaggi non semprelimpidi, quasi che mentre si fannoscorrere le lacrime in realtà si facciadel sarcasmo sociale. E BarbaraLass, la prima moglie di Polanskiinterpreta la vecchina da giovane.

Basterebbe Erotik (’60) a svelarel’abilità di Jerzy Skolimowski, unsemplice carrello tra pareti fatte difogli di giornale. È possibile solo daquesto far venire i brividi? Lui puòfarlo. E con la stessa velocità cheesprimono i suoi primi film (in una

notte scrive Ingenui perversi perWajda) raggiungerà l’occidente.

Il più giovane ZbigniewRybczynski (è del ’49) conquadratini di carta in Kwadrat (’72)mancandogli ancora le sueattrezzature digitali, compie giàprodigi di ritmo e composizione.Krzysztof Kieslowski sembra tra tuttiil più agguerrito nel mostrare i latioscuri della società. Anche nei suoiprimi film compare la malavita (sivedranno tre corti: Il concerto deidesideri, Ufficio, Tram) genereufficialmente inesistente nelsocialismo reale e proseguiràesercitando il suo acuminatosguardo nei suoi documentari. ConZanussi appartiene alla successivagenerazione, quella chiamata poi«dell’inquietudine morale». Saràanche l’occasione per una raraproiezione di Smierc prowincjala diZanussi: qui non ci sono hooligans,ubriaconi, drogati o assassini, maun tema altrettanto mal visto, ilcattolicesimo in tutta la suaausterità e autorevolezza nel chiusodi un convento antico: infatti iltitolo è astutamente «Morte di unprovinciale» e non «Morte di unPadre provinciale». C’è sì unfotografo esponente della categoria«giovani d’oggi», piuttostodistaccato dal contesto, ma un po’alla volta è toccato anche lui dallaspiritualità del luogo e dalla figura diquel priore che si va spegnendo. Piùche un film di scuola, saggio didilploma del ’68, è già un filmmagistrale.

1987, TOM CRUISEMETALLARO

oggi ne viene travolta; giàpesantemente lesionata era l’etica dellavoro, l’unica cinquantennalereligione che aveva permeato questelaicissime terre. Il Modello Emilianose ne stava già andando, languido,lento, come un meccanismo sbeccatoche non gira più. Le botte continue diquesti giorni accelerano i processi esottraggono residue sicurezze a gentegià perplessa e disorientata. Le scosseci mettono davanti alla realtà nuova.

Non era zona sismica, questa. Nonera terra di disoccupazione. Eppure laliquefazione della Padania - quegliinquietanti soffioni di mota sabbiosa,che irrompono nelle tavernette e nellecantine, e sommergono dispensestracolme e pavimenti in cotto –proiettano un presagio oscuro sulfuturo di tutti. Si stava bene, nellaBassa. Non succedeva mai niente.

* autore di «I Terremotati»(Manifestolibri, 2009)

CINEMA DIFFERENTE

Alla vigilia dell’uscita, è già uno dei filmpeggio recensiti dell’anno. Il New YorkObserver lo paragona a disastri miliari,come Howard The Duck (unaproduzione George Lucas, diretta daWillard Huyck nel 1986) e BattlefieldEarth (il temibile sci-fi scientologo, del2000). Sul Village Voice, Nick Pinkertonlo accusa di demolire due delle granditradizioni artistiche Usa, il rock and rolle il musical. Personalmente, più che ilpapero lucasiano o John Travolta conuna testa piena di tentacoli, Rock of Agesmi ricorda Masked and Anonymous,l’inspiegabile collaborazione tra LarryCharles (Borat) e Bob Dylan, il cui cast,oltre allo stesso Dylan, includeva JeffBridges, Jessica Lange, Ed Harris,Penelope Cruz, Val Kilmer, MickeyRourke e Cheech Marin. Deve esserestata un’analoga proiezione romantica –nel caso di Masked si trattava, oltre allamusica, di un’idea molto Sixties dellacontrocultura, qui siamo tra 42nd Streetdi Lloyd Bacon (1933), e il rockmetallaro anni ottanta - ad averdirottato Paul Giamatti, Russell Brand,Alec Baldwin, Mary J. Blige, CatherineZeta-Jones, Justin Theroux e TomCruise nelle braccia di Rock of Ages.

I problemi con il nuovo film delballerino/coreografo Adam Shankman(già responsabile di aver malamenteportato al cinema la versione teatraledel capolavoro di John WatersHairspray) iniziano dal materiale dipartenza, uno scassato, greve, «jukeboxmusical» di Chris D’Arienzo, ancor oggiin cartellone di Broadway, il cui sound –addomesticato per i turisti che sbarcanoa Manhatthan in pullman color lavanda -fa tutto meno che rendere giustizia allamusica che vorrebbe omaggiare. Come ituristi di cui sopra (e Ruby Keeler in42nd Street) anche Sherrie (JulianneHough) sbarca dalla dalla provincial nellegrande città. Solo che, invece di NewYork siamo e Los Angeles e invece dellamitica «strip» su Broadway la meta deisogni della giovane cantante, è quella piùfatiscente dei locali notturni su SunsetBoulevard.

L’anno è il 1987, data dell’uscita diAppetite for Destruction, il primo disco deiGuns N’Roses e di Raising Pg Kids in anX-Rated Society, di Tipper Gore il libroparte della crociata antirap iniziata dopoche la ex moglie del vicepresidenteaveva sorpreso sua figlia che ascoltavaDarling Nikki di Prince. Non è Prince maAxel Rose a cui si ispira Tom Cruise,trasfigurato nella parte di una star delrock metallaro, sessista, perennementeubriaco e musicalmente spompato. Sullacarta, la parte è pura caricatura. Ma, inun altro dei suoi detour stranissimi(come quelli intrepresi in Magnolia eTropic Thunder) Tom Cruise dàun’interpretazione talmente convinta, e«senza rete», dai lunghi numeri musicaliall’intervista con quasi stupro di unagiornalista di Rolling Stone, da essereipnoticamente interessante.

Se è lui il piacere proibito di Rock ofAges, ciò che rende il film sopportabile,camp abbastanza da non perderlo, èmeno riuscita l’apparizione di CatherineZeta-Jones (nel ruolo alla Tipper Goredella moglie del sindaco che sogna dimettere fine alla carriera di Stace Jaax(Cruise) che l’ha sedotta anni prima inuna classica notte di sesso droga e rock‘n roll.

Altrettanto sprecati Alec Baldwin eRussell Brand nel ruolo dei proprietaridi un vecchio rock club e Mary J. Blige inquella della malinconica proprietaria diuno strip club. Insulsa, come prevedibile,la love story dei due giovaniprotagonisti.

In alto: «Erotik» di Skolimowski.Sotto ritratti di Kieslowski, Polanski,

Skolimowski

ARCIPELAGO

Geniali registiai loro primi lavoridi scuoladallo stile giàinconfondibile:da Polanskia Kieslowski,viaggio attraversola trasgressione

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GIOCHI DIGITALI

PS VITA ■ GRAVITY RUSH

Kat, la vertiginosasuper-eroinache sfida le leggidi gravità

LA SAGA

Il nuovoMax Payneanneganellabottigliadi whisky

L’opera nuovadi KeiichiroToyama («SilentHill», «ForbiddenSiren») videogamehorror estremo peril suo interventoteorico sull’«Artedella Visione»

I venti anni più difficili per la condizioneoperaia in Italia sono stati registrati daDaniele Segre e i film che ha dedicato aquesto viaggio lungo venti anni escono orain cofanetto da Feltrinelli: Vivere e morire dilavoro, contenente 2 Dvd con i quattrodocumentari Dinamite (’94), Asuba de suserbatoiu (2001), Morire di lavoro (2008), SicFiat Italia (2011) e il libro Un cinema sullavoro, un cinema del lavoro di PeppinoOrtoleva (euro 19.90). Non si tratta disemplici riprese, si può dire che sonoimmagini che distillano sangue. Tutto ilprocedimento fatto per azzerare dirittiacquisiti, per cancellare i posti di lavoro eper dividere la classe operaia sono lecronache di guerra vissute in primapersona alla Fiat, tra i minatori del Sulcis,gli operai dell’edilizia, i lavoratori senzadiritti e spesso senza neanche il permessodi soggiorno. La spinta a realizzare questifilm è stata senza dubbio la mancanza direazioni che oggi si avverte nell’assistere almassacro, ma anche di «cercare di creareanticorpi positivi per un cambiamento»come diceva Segre, per fare in modo dicontinuare a vivere in un paese libero.

Il passaggio dal documentario al film dilungometraggio è un percorso classicoper un regista e il fatto che Daniele Segreabbia firmato bellissimi lungometraggicome Testadura, Manila Paloma Blanca,Vecchie, Mitraglia e il verme, non lo porta adividere il suo stile e le sue opere, anziafferma che per lui non deve essercidifferenza tra film di documentario e filmdi finzione, dal punto di vista del linguaggioe i suoi lavori lo dimostrano: quandodiscende in Dinamite a quattrocento metrisotto terra con i minatori che difendono ilposto di lavoro ti fa entrare in unadimensione ben più allargata dellasemplice cronaca, si può precipitare nelleviscere di quel lavoro che ha originiantiche, il respiro che mancherà persempre proprio a causa di ciò che si vuolemantenere ad ogni costo.

In Asuba de su serbatoiu segue, nelsilenzio della stampa, la vertenza deglioperai della Nuova Scaini di Villacidro cheminaccia la chiusura in pericolose forme diprotesta, come occupare i serbatoi di gaspropano, manifestazioni certo non piùdrammatiche del taglio di cinquemilaoperai licenziati.

Gli operai edili ti parlano guardandotibene in faccia in Morire di lavoro, lavoratorie familiari di lavoratori morti sul lavoro. Airacconti dei protagonisti si aggiungono levoci di tre attori, due italiani e unsenegalese, che interpretano quelli chenon ci sono più. «Dopo Morire di lavoro,diceva, non volevo più fare film, sonoferite che si accumulano, ho fatto fatica ariprendere questo viaggio, perché nonsempre è facile soffrire».

Tra i volti e le voci dei lavoratori chesono la carne e il sangue del cinema diDaniele Segre, tra Dinamite e Sic Fiat Italia,passa un ventennio di controrivoluzionedei diritti. È impossibile non essere aicancelli della Fiat al momento delreferendum imposto da Marchionne perfar scegliere se continuare a lavoraresecondo le nuove direttive o chiudere,criterio che si dice, varrebbe solo per laFiat e che invece poi si allarga a macchiad’olio. Segre compie un nuovo viaggionella storia del lavoro e nella memoriastessa della sua opera di regista,incontrando operai e sindacalisti fuori daicancelli, ripercorrendo perché sia benchiaro a tutti quello che è successo,vent’anni di sequenze dei suoi film dedicatial lavoro. silvana silvestri

VIDEOGAME

di FEDERICO ERCOLE

●●●La visione, ci insegnanocinema e videogiochi, è cosaapollinea, anche quando èperturbata dal movimento minimoe appena percepibile di un pianofisso oppure da quello lento esinuoso di un piano sequenza.Perché l’oggetto visibile deve esserevisto e deve lasciarsi guardare.

Eppure ci sono delle eccezioni,opere che rendono il gesto diguardare un’esperienza faticosa maappagante come l’atto di un atleta,

un canoista che discende le rapidedi un fiume in piena.

Allora la visione divienedionisiaca, atto ebbro e vizioso diun occhio la cui iride non trovapace e si perde nel maelstrom dimille prospettive che turbinano inun caleidoscopio di panorami eorizzonti dove verticali e orizzontalinon sono che ingannevoli opinioni.

Lo sguardo infranto in segmentidifferenti e varianti, lo sguardo chefunziona da rapsode della realtà, siaessa fittizia o no, detta l’estetica sucui si fonda l’esperienza ludica di

Gravity Rush, videogioco che dasolo potrebbe giustificare l’esistenzadi Ps Vita, la nuova console portatileSony. È l’opera nuova di KeiichiroToyama, una delle mentiresponsabili dell’invenzione diSilent Hill e autore di ForbiddenSiren, un altro videogame horrorestremo proprio per il suointervento teorico su quella cheStan Brackage chiamò l’Arte dellaVisione.

Se in Forbidden Siren si puòosservare la «nostra» morte dagliocchi dell’assassino che ci uccide, inGravity Rush ci è permesso dicapovolgere, a seconda della nostravolontà e il nostro istinto disopravvivenza virtuale, ogniprospettiva possibile, fino ad unlucido delirio.

Interpretiamo Kat, un ragazzasenza memoria, che si risveglia inuna città sospesa nel cielo, che latinge di un perenne tramontorosa-arancione. Il nostro primogesto da giocatori è quello distaccare, toccando lo schermo, unamela rossa che pende da un ramo ela vediamo cadere e rotolare per lametropoli aerea, fino a fermarsivicino alla fanciulla, svegliandola.

Da quel momento iniziaun’azione vertiginosa che non siferma mai e che all’inizio ciconfonde tanto da spaventarci;

eppure è proprio la confusioneiniziale a orientarci e a fornirci iparametri ottici che ci guiderannonel seguente stravolgimento deipunti vista.

Una bufera micidiale e senziente,dalle cui nubi si protendono arti difumi neri, flagella la città ma Kat sirivela una super-eroina in grado disfidare l’orripilante tempestamagnetica, invertendo a suo piacerela forza di gravità. Le super-facoltàdella ragazza derivano dallapresenza miagolante di un gattonero che la accompagna durantel’avventura e ciò che più affascinadelle loro qualità di poteri

sovrannaturali è che ci illudono divolare mentre, in realtà, cadiamo.

Dai nembi tenebrosi ed elettricidella tempesta escono strani mostrineri e rossi - che ricordano quelli diNier, grande videogioco dimenticato- con cui dobbiamo combatteresfruttando i talenti gravitazionali inscontri corpo a corpo che, con laperlustrazione delle superfici e deibaratri della città, sono la principaleattività che svolgiamo in GravityRush.

Narrato attraverso segmenti difumetto traballanti e mobili, perchébasta muovere la console per farlivacillare e ruotare, il videogame diToyama è un racconto dipinto conmaestria narrativa, cromatica earchitettonica, dove le architetturenon sono solo quelle favolose di unacittà utopica che sembra unachimera urbanistica tra Bespin deL’Impero Colpisce Ancora e unametropoli steampunk, ma quelleinedite e sempre stupefacenti che cibersagliano l’occhio e che noi stessicreiamo, mutando senza posa laprospettiva.

Gravity Rush ci fa precipitareconsapevolmente nel caos, ciinsegna a dominare la paura dellavertigine, tramutandola in ebbrezzae ci fa trovare il filo luminoso chetraduce un nebuloso ordine astrattoin un concreto, luminoso disordine.

di FRANCESCO MAZZETTA

●●●Il terzo capitolo della saga diMax Payne si presenta all'insegnadelle novità. Intanto cambia losviluppatore: al posto dei finlandesiRemedy, ideatori della saga noir conmeccaniche alla Matrix, lasussidiaria del produttore, RockstarVancouver. Il nuovo capitolo èdecisamente più arcade a livello digameplay: il salvataggio automaticofa sì che il gioco sia fin troppocadenzato da furibondi assalti dinemici e pause per riprendere fiato efare scorta di antidolorifici nonproprio casualmente in quei pressiabbandonati. Il «bullet time», ovverola possibilità di mettere il mondo al

rallentatore per prendere«comodamente» la mira mentre sista correndo o ci si stacoreograficamente tuffando inmezzo a nemici, che hacontraddistinto la saga videoludicafin dal suo esordio ed è stato poiripreso in svariati titoli (compresinaturalmente quelli dedicati aMatrix dal cui originalecinematografico l'effetto aveva presoispirazione), è qui importante ed inalcuni casi essenziale, ma sembraaver perso un po' del suo smalto

nell'economia del gameplay.Anche perché in Max Payne 3 è

presente un altro elemento che cistordisce e che ci accompagnadall'inizio alla fine del gioco. Inquesto nuovo episodio facciamoconoscenza di un Max Payneinvecchiato male, che dopo essereuscito dalla polizia annega le suegiornate nella bottiglia. Ed è proprioquesto l'effetto che RockstarVancouver vuole dare al giocatore:quello della perenne mancanza disobrietà e di lucidità, con immagini

che si sdoppiano e traballano, coloriche ci accecano, in particolarequando assumiamo gli antidolorificiche ci tolgono danni ma il cui effettosulla nostra (già scarsa) luciditàviene amplificato dalla (notevole)presenza di alcool. Ed è questo chevediamo Max Payne fare nellecutscenes, parzialmente sostituite daimmagini fisse a riprendere il moodfumettistico dei due precedentiepisodi: Max continua a bere, unbicchiere dopo l'altro, una bottigliadopo l'altra.

È proprio al bancone di un barche lo trova un suo ex collegapoliziotto (di cui Max non ricordanulla, ma pensa sia a causa dellasbronza) che lo salva da una rissa aisuoi danni causata da giovaniteppisti per proporgli diricominciare una nuova vita comeguardia del corpo di uomini d'affaribrasiliani.

Il lavoro in effetti sembra unapacchia: allungare occhiate allegonne di giovani e affascinanti moglie fidanzate di attempati uominid'affari mentre questi sono a feste incui non mancano mai bevandealcoliche. Ma subito le cose simettono al peggio quando ungruppo di «terroristi» rapisce uno deisuoi protetti: Rodrigo Branco. Maxriesce a salvarlo in extremis, mentreil commando lo sta per far usciredall'edificio a bordo di unfurgoncino. Questa impresaovviamente lo mette in buona luceagli occhi dei principali, ma nella

missione successiva, che parrebbe dipura routine - accompagnare ilgiovane e sfaticato rampollo indiscoteca assieme a cognata,fidanzata e amica - è la moglie diRodrigo ad essere rapita ed a nullavalgono gli sforzi di Max, non certoaiutato dal tasso alcolico nel suosangue. Da lì inizia una catena ditentativi falliti di salvare la bellaFabiana compreso quello cheavrebbe previsto il pagamento di unriscatto se non ci fosse statol'inserimento a contendersi ilmalloppo di una agguerrita e beneequipaggiata terza fazione. A Max ilcompito di capirci qualcosanell'attacco paramilitare allafamiglia Branco, mediante raccoltadi indizi sparsi in giro per i luoghiche visita (se non è troppoimpegnato a non farsi ammazzare),anche se come al solito si ritrovaburattino sballottato qua e là daforze più grandi di lui.

Come accennato all'inizio, almood grandiosamente maudit delgioco corrisponde però un gameplayeccessivamente ripetitivo:ricordiamo che, come per iprecedenti due episodi, quello cheabbiamo di fronte è uno sparatuttoin terza persona di impostazionearcade (c'è anche una modalitàapposita chiamata così che prevedeil superamento degli stessi livellidella modalità «storia» ma contempi e punteggi), solo parzialmentereso più intrigante dalla presenza diuna modalità multiplayer.

DVD

CofanettoFeltrinellidedicatoa DanieleSegrecineasta

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IL RESTAURO

IL FESTIVAL

IL LIBRO

A CURA DISILVANA SILVESTRICRISTINA PICCINO, MARCO GIUSTI,ROBERTO SILVESTRI,GIULIA D’AGNOLO VALLAN,ARIANNA DI GENOVA,MARIUCCIA CIOTTA

ENNIO PERESÈ L'ENIGMISTICA, BELLEZZA!LETTERE E CIFRE PER ALLENARE LA MENTE(PONTE ALLE GRAZIE)Dal 14 giugno è in libreria È l’enigmisticabellezza! di Ennio Peres, un libro cheraccoglie una selezione dei suoi articoliognuno dei quali termina con laproposizione di un quesito enigmistico,di tipo logico, matematico, semantico,ortografico, creativo, mnemonico e cosìvia), giochi di diverso genere, per poterstimolare le molte attitudini di cui ilnostro cervello è potenzialmentedotato. Ennio Peres è stato professoredi matematica e informatica, prima di iniziare a diffondere il piacere di giocare con lamente (ha ideato per sé la definizione di giocologo). Collabora con varie testate. SuLinus cura dal 1995 la rubrica «Scherzi da Peres». Come enigmista, si dedicaparticolarmente agli anagrammi ed è autore di parole incrociate e di rebus. Proponeannualmente una gara per solutori «più che più che abili», denominata «Il cruciverbapiù difficile del mondo». Per Ponte alle Grazie, ha già pubblicato Matematica - Corsodi Sopravvivenza (con Riccardo Bersani), Fisica - Corso di sopravvivenza, (con StefanoMasci e Luigi Pulone) e Un mondo di coincidenze. Per Salani, ha pubblicato L’elmo dellamente - Manuale di magia matematica (con Susanna Serafini) e Matematicaterapia.

CARAVAGGIO RITROVATOLA RESURREZIONE DI LAZZAROUno dei più importanti dipinti eseguiti inSicilia da Caravaggio, proveniente dallaChiesa dei Padri Crociferi di Messina,viene presentato dopo un lavoro direstauro durato sette mesi: da oggi e finoal 15 luglio sarà al Museo di Roma diPalazzo Braschi, poi tornerà a Messina(dal 25 luglio). Il dipinto - che sopravvisseal terremoto del 1908 - soffriva per la suastessa natura fisica. «Il colore scurodell'impianto dell'opera - ha spiegato AnnaMarcone dell'Iscr, che ha eseguito ilrestauro - è stato la sua prima disgrazia.Nei secoli lo hanno schiarito e la ’Resurrezione’ ne ha risentito». L'intervento, chearriva a oltre 60 anni da quello compiuto da Brandi, ha permesso di approfondire laconoscenza sulle tecniche usate dal Merisi in quell'ultimo tragico periodo della sua vita,in fuga tra Malta e la Sicilia. Aveva poco tempo per dipingere le grandi pale della suaproduzione terminale. Realizzata tra il 1608 e il 1609, su commissione del mercantegenovese Giovan Battista dè Lazzari, la pala monumentale (380 per 275 cm) fu eseguitadall’artista in poco tempo, grazie alla stesura sulla superficie di una preparazione bruna.Su questa, l'artista tracciò con pennellate chiare e veloci le figure che affollano la scena. IlMerisi, in più, doveva accontentarsi di quello che trovava sul posto e di materiali«poveri». Il supporto della tela è costituito da 6 parti in canapa cucite insieme. (a. di ge.)

UN GIORNO DI ORDINARIAFOLLIAItalia, 2012, 4’03”, musica: Negrita, regia: MikkelGarro Martinsen, fonte: MTV

6Per il clip di questo ennesimosingolo incluso nell’albumDannato vivere, i Negrita

hanno scelto un videocollage moltopop, nel quale sono intarsiati su layerscostituiti da una mescolanza dielementi reali (fotografici e inmovimento) ma soprattutto su disegnie composizioni grafiche (l’autore èFranz Scirè). Immancabile il playback ele riprese dal vero, realizzate inCalifornia. Il risultato è molto vivace,anche se piuttosto dejà-vu.

BETTER ENERGYUk, 2012, 4’22”, musica: Moones, regia: PeterSluszka, fonte: Vimeo

8Naufraghi al Polo Nord, iMoones suonano su un iceberg,lanciando S.O.S. in tutti i modi

possibili. Ma Better Energy non è unsemplice video di playback, bensì unsurreale e pirotecnico assemblaggio dipixillation, animazione di oggetti epupazzi, nonché inserti a disegnianimati ed effetti speciali di vario tipo.Sluszka è uno straordinario artefice cheaffastella gag e trovate visive senzainterruzione, affascinando e divertendolo spettatore.

ANKLE INJURIESUk, 2006, 3‘30”, musica: Fujiya e Miyagi, regia:Wade Shotter, fonte: Vimeo

8Se Gondry ha utilizzato imattoncini Lego per realizzareil clip di Fell in Love with a Girl

dei White Stripes, Wade Shotter –autore anche di strabilianti spotpubblicitari (vedere per credere TheHistory of New per la Vodaphone) chedel regista francese è un po’ l’epigono– utilizza dadi da gioco colorati che,pazientemente animati, formano lesagome dei vari musicisti e altrecomposizioni astratte. Ankle Injuries èun lavoro di grande eleganza grafica:l’effetto è, appunto, quello del mosaicoo del retino tipografico che da vicinorisulta astratto, mentre a una certadistanza viene percepito comefigurativo. Shotter è abile a coniugarebene la ritmica di forme e colori conquella musicale del duo di Brighton.

BATONGAFrancia/Benin, 1991, 3‘50”, musica: AngeliqueKidjo, regia: autore ignoto. fonte: Youtube.com

7Di grande effetto visivo il videodi Batonga, che fa partedell’album Logoro inciso nel

1990 dalla cantante originaria delBenin. Performer africani dal corpodipinto di colori fluorescenti eabbigliato con costumi bizzarri e ludicisi produce in una coreografia tribale subackground neri oppure ocra.Cromatismo e luminescenza sifondono perfettamente insiemelasciando che il figurativo slitti fin quasiverso l’astrazione. La Kidjo è intarsiatamentre canta su alcune di questeimmagini che diventano sfondopsichedelico. Oggi la fluorescenza vamolto di moda, all’epoca era piuttostooriginale.

ANGELIQUE KIDJODAL BENIN

MAGICO

IL FILMLA BELLA E LA BESTIA 3DDI GARY TROUSDALE, KIRK WISE. ANIMAZIONEUSA 1991

0È nelle sale da mercoledì 13 lariedizione in 3D dell'originaledel 1991, versione Disney della

celebre favola riletta «in stile commediadi Broadway». Realizzato con moltiinterventi di computer graphic. Primofilm di animazione ad essere candidatoall’Oscar come miglio film, ottenne dueOscar per colonna sonora e canzone (diHoward Ashman e Alan Menken)«Beauty and the Beast», eseguito per laprima volta da Angela Lansbury duranteil film ed eseguito poi nei titoli da CelineDion e Peabo Bryson. Nella versioneitaliana Nando Gazzolo è la vocenarrante, Elio Pandolfi Le Tont.

BENVENUTO A BORDO0DI ERIC LAVAINE, CON FRANCK DUBOSC,VALÉRIE LEMERCIER. FRANCIA 2011

0Isabelle, direttrice delle risorseumane di un'importantecompagnia marittima, è stata

l'amante del capo che la molla primadella crociera inaugurale. Per vendicarsiIsabelle assume come animatore Rémy,un disoccupato candido, che diventa ilpeggior incubo per il direttore dicrociera. La situazione si complicaquando scoppia l’amore tra Isabelle eRémy. Pare che il comandante Schettinosia stato il consulente della produzione.

C'ERA UNA VOLTA INANATOLIADI NURI BILGE CEYLAN, CON YILMAZ ERDOGAN,TANER BIRSEL. TURCHIA 2011

0Nel cuore delle steppedell'Anatolia, un assassino cercadi guidare una squadra della

polizia verso il luogo dove ha sepolto lasua vittima. Nel corso di questo«viaggio» emergono gli indizi di cosa èdavvero accaduto.

LE PALUDI DELLA MORTEDI AMI CANAAN MANN, CON SAMWORTHINGTON, JEFFREY DEAN MORGAN. USA2011

0Texas, due poliziotti e un casofuori giurisdizione. Il poliziottolocale Jack Souder

(Worthington) è affiancato da un agenteproveniente da New York (Morgan) perinvestigare su una serie di delitti irrisolti.I cadaveri sono stati gettati nella zonapaludosa chiamata Killing Fields, ma a uncerto punto l’assassino si fa piùpressante e comincia a intervenire nellavita dei due agenti. Quando scompareAnne, una ragazzina del posto, restapoco tempo per incastrare l’assassino.

PAURA (3D)DEI MANETTI BROS, CON PEPPE SERVILLO,LORENZO PEDROTTI. ITALIA 2012

0I Manetti Bros e l’horror.Marco, Simone e Ale sono amicisempre, vivono tutti in un

quartiere nella periferia di Roma dovenon succede mai niente. I ragazzi siritrovano in mano le chiavi di unabellissima villa fuori città, la villa delmarchese Lanzi, che sarà via per tutto ilfine settimana. Il marchese è unricchissimo collezionista d’auto d’epoca,cliente dell’officina dove lavora Ale. I treragazzi non resistono e si tuffano nellusso della villa. Ma c’è un’unica cosa chenon dovrebbero fare: andare in cantina.

21 JUMP STREETDI CHRIS MILLER, PHIL LORD, CON CHANNINGTATUM, JONAH HILL. USA 2012

021 Jump Street oppure I quattrodella scuola di polizia è stata unaserie tv poliziesca andata in

onda per cinque stagioni a cavallo tra glianni 80 e 90. Tra i protagonisti dellaserie c’era anche Johnny Depp agli inizidi carriera, prima di diventare una starhollywoodiana, che è presente anchenel cast del film, con Ice Cube, ilcapitano Dickson. Protagonisti dellastoria due giovani poliziotti sotto

copertura infiltrati nei licei percontrollare e reprimere la delinquenzagiovanile.

ADORABILI AMICHEDI BENOÎT PÉTRÉ, CON CAROLINE CELLIER, JANEBIRKIN. FRANCIA 2010

6Come Thelma e Louise, piùChantal, alla francese, quindi,con le armi della civetteria, un

road-movie alla scoperta della rivincitasui fatti della vita. Protagoniste tredonne mature, Nelly, Gabrielle eChantal, in viaggio per assistere almatrimonio di un ex a La Rochelle:Caroline Cellier, Catherine Jacob e JaneBirkin. Diretto un famoso registatelevisivo, con Thierry Lhermitte comeil mitico Philippe che si sta sposando,l’uomo a cui tutte e tre sono in qualchemodo legate. Una commedia un po’slabbrata, con qualche elementodivertente come le scene con le canzonid’antan. (s.s.)

ATTACK THE BLOCKDI JOE CORNISH; CON JOHN BOYEGA, JODIEWITTHAKER. GB FRANCIA 2011

1Gli alieni atterrano nel sud diLondra e non conoscendo leasperità del cockney se la

passano malissimo quando incrocianosulla loro strada un gruppo di ragazzettiagguerriti delle periferie, armati di tutto.Così in due ore di inseguimenti escontri degni di un videogame dark ilregista inglese quarantenne, ex comicoin tv e alla radio, alla sua opera primacerca di realizzare un’opera di horrorspaziale per adolescenti platealmenteumoristica, mentre la polizia non siaccorge di nulla, se non che sono legang le uniche vere responsabili dellaviolenza. (r.s.)

COSMOPOLISDI DAVID CRONENBERG, CON ROBERTPATTINSON, JULIETTE BINOCHE. USA 2012

7Teorema sul cybercapitale, ilmanifesto di Occupy-WallStreet nell’interpretazione del

più morale dei registi. La limousinebianca al ralenti nel traffico di Manhattanè una metafora vivente lunga dieci metriche conduce da Park Avenue all’infernodi Hell’s Kitchen il miliardario EricPacker con la faccia pietrificatadell’ex-vampiro di Twilight, tanto perrinviare ai succhia-sangue dell’altafinanza. (m.c.)

IL DITTATOREDI LARRY CHARLES, CON SACHA BARON COHEN,BEN KINGSLEY. USA 2012

7Liberamente tratto dal romanzoZabibah and The King di SaddamHussein, racconta la storia di un

dittatore che ha rischiato la vita perassicurarsi che la democrazia nonprenda piede nel Paese che staamorevolmente opprimendo. SashaBaron Cohen, l’attore inglesepoliticamente scorretto, dà vita all’antieroe e scavalca la banale crudeltà diogni despota orientale medio. Rispettoallo stereotipo fissato da Hollywood inoltre 100 anni per associareall’immagine dell’arabo paura erepulsione Cohen ha costruito questairresistibile farsa. (r.s.)

EDWARD E WALLIS: IL MIOREGNO PER UNA DONNADI MADONNA; CON ABBIE CORNISH, JAMESD'ARCY. USA 2012

7Madonna, riesce ad annodarecoscienza classica, l'Europa, ecoscienza moderna, il Vermont,

con le storie parallele di due donne,Wally Winthrop e Wallis Simpson, inquesta sua opera seconda di produzionebritannica, dalle strane dissonanzeritmiche. Inossidabile quello dell'amoreassoluto tra la duchessa e il duca diWinsdor che passò per lei la corona alfratello balbuziente e pusillanime, e soloper Amore. Il film non è una commediaromantica, e non è un film storico.

Linguaggio non sperimentale, manell'arrangiamento sa come farprocedere il «mero intreccio» traadagio e allegro, tra crescendo e ariette.(r.s.)

MARILYNDI SIMON CURTIS, CON MICHELLE WILLIAMS,KENNETH BRANAGH. GB 2011

7Colin Clark,figlio dello storicod’arte Kenneth Clark fuassistente sul set del film «Il

principe e la ballerina», del ’56 conMarilyn Monroe da poco sposata conArthur Miller in trasferta in Inghilterra.A quel backstage leggendario perl’antipatia che Olivier sviluppò neiconfronti della sua co-star americana siispira il film con una Marilyn moltoriuscita. A cavallo tra love story, sognoe gossip hollywoodiano. (g.d.v.)

IL MUNDIAL DIMENTICATODI FILIPPO MACELLONI, LORENZO GARZELLA.DOCUMENTARIO. ITALIA ARGENTINA 2012

8Mockumentary che racconta,come se fosse vero, l’incredibilestoria dei moniali di Patagonia

del 1942. A contribuire a darecredibilità al gioco si sono prestati inmolti, tra cui Baggio, Havelange,Lineker, Valdano. E il risultato èspassoso con italiani e tedeschi chemettono in campo trucchi e abilità,fotografie, giornali e cinegiornali, amoriimpossibili, invenzioni straordinarie. Datre racconti di Osvaldo Soriano. (a.ca.)

NON VOGLIO MORIRE DASOLODI TSAI MING-LIANG, CON SHIANG-CHYI CHEN,LEE KANG-SHENG. TAIWAN FRANCIA 2006

7Siamo nella Kuala Lumpur delnuovo millennio popolata daimmigrati, non parlano il malese

e spesso si guardano anche tra loro condiffidenza, se non aggressività, perdifendere quel poco che hanno. C'è unsenso di malattia profonda nel film,forse più acuto che negli altri suoi lavoria cominciare dallo straniamentoesasperato di un'immagine quasidocumentaria. Un ragazzo (LeeKang-Sheng, icona di Tsai Ming-Liang)picchiato quasi a morte, è accolto da unaltro emigrato dal Bangladesh che dividecon lui il materasso. Una ragazza cinesecura un giovane ricco in coma. (c.pi.)

SILENT SOULSDI ALEKSEI FEDORCHENKO; CON IGORSERGEYEV, YURIY TSURILO. RUSSIA 2010

8Affascinante viaggio nelleprofondità del tempo a partireda una ambientazione moderna,

un viaggio per celebrare un rito funebresecondo un antico rito. Il film, comealtri celebri, scorre lungo il fiume ed èun fiume della storia, delle tradizioni, deiricordi di famiglia, degli usi e costumiche si perdono per sempre. Resta ilfuoco dove bruciare il cadavere e leceneri da spargere nell’acqua e, legamesottile tra vivi e morti, il racconto dellaintima vita coniugale.La scheggiaimpazzita sono i due passeri (gli «zigoli»del titolo originale) che svolazzano nellagabbia collocati in macchina a ricordarciqualcosa che ci sfugge. (s.s.)

LA VITA NEGLI OCEANIdi JACQUES CLUZAUD - JACQUES PERRIN.DOCUMENTARIO. FRANCIA 2011

1Non è un semplicedocumentario, ma un viaggio inuna dimensione sottoposta a

regole diverse e sconosciute, popolatoda esseri che contengono in sé lamemoria dei secoli passati, glossariovivente per il poco che ne conosciamo,di una storia sommersa. Le meravigliedegli oceani, senza il richiamodell’antropomorfismo, non fosse per imammiferi. Il resto sono luci, coloriguizzanti, bocche e ventri, spilli e rocce,con una musica simile al canto dellesirene, al rombo delle profondità. Unfilm incantato. (s.s.)

SINTONIEVENTI ANNIDI GIOVANNA GAGLIARDO, CON ENRICO IANNELLO, LEA GRAMSDORFF. ITALIA 2011Giovanna Gagliardo conosce bene come erano i paesi d’oltre cortina, come sidiceva. è stata la sceneggiatrice e l’aiuto regista di un maestro del cinema ungherese,Miklos Jancso in suoi cinque film: la storia che racconta in questo documentario confiction forse parte proprio da quella profonda conoscenza. Mette insomma aconfronto i drammi degli intellettuali all’epoca del comunismo e il disastro deigiovani rampanti finanzieri nell’epoca del neocapitalismo sotto forma di due destini:Marta e Giulio. Si incontrano per la prima volta proprio la notte della caduta delmuro di Berlino, il 9 novembre dell’89, poi ognuno seguirà la sua strada, lui, italianodi buona famiglia, frequenta la facoltà di economia a Londra, lei, universitaria dellaGermania dell’Est inizia a fare i conti con il cambiamento epocale. Poi lui si sposa epassa dalla Barclays alla Lehman Brothers, lei è già a New York assunta da una casaeditrice. Si sono sempre scritti, inevitabile il loro incontro. Insieme e con un certoottimismo affronteranno un altro crollo, quello dell’economia creativa e della«ristrutturazione» che lascia entrambi senza lavoro. Gli attori che interpretanoMarta e Giulio, la «recitazione», rende più facile l'incontro tra i due mondi diversi ecrea una certa distanza che permette di elaborare meglio le vicende, aggiungendoclamore e più valore ai brani di repertorio. Nel finale, a commentare il difficilepassaggio della fine di questi venti anni, artisti, filosofi, economisti intervengono perdare almeno un sostegno teorico al futuro incerto. (s.s.)

LO SCHERMO è DONNAFIANO ROMANO, CASTELLO DUCALE18-23 GIUGNO, INGRESSO GRATUITODal 18 al 23 giugno a Fiano Romano sitiene la XV edizione della rassegna dicinema al femminile «Lo schermo èdonna». Questa sera è il programmaL’industriale di Giuliano Montaldo,presente a Fiano con la moglie VeraMontaldo Pescarolo, collaboratrice esceneggiatrice di quasi tutti suoi film, aiutoalla regia e produttrice e con laprotagonista Carolina Crescentini. A veraMontaldo Pescarolo verrà attribuito ilPremio «Giuseppe De Santis - allacarriera». Sono quindi in programma: Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani,presentato da Laura Andreini Salerno, curatrice dell'attività teatrale del carcere diRebibbia. Saranno con lei l’attore Salvatore Striano e Fabio Cavalli. Mercoledì Là-bas, allapresenza dI Guido Lombardi e della protagonista Esther Elisha a cui sarà consegnato ilpremio «Giuseppe De Santis - la promessa». Laura Morante giovedì presenta il suoesordio Ciliegine, venerdì i volti femminili sono quelli di Anna Proclemer e PaolaMinaccioni che, insieme al regista Ferzan Ozpetek presenteranno Magnifica presenza. Inchiusura Valentina Lodovini riceverà il Premio «Giuseppe De Santis», riservato ai nuovivolti del cinema italiano e presenterà La giusta distanza di Carlo Mazzacurati. (s.s.)

I FILM

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PASQUALE INNARELLA

Il linguaggiosocialedi un «uomodi terra»

di L. O.

Pasquale Innarella? L’ho sentito pertelefono, mentre preparavo questopezzo. Era diretto con i cinquantaragazzi/e della RusticaXBand (natanel 2000 nella periferia sudestromana, voluta dal X municipio dicui è presidente Sandro Medici,realizzata dalla coop. sociale NuoveRisposte) alla Garbatella per unconcerto nel pomeriggio. In serataavrebbe suonato al centro socialeex-Snia, per portare «il jazz alpopolo» come ha detto scherzandoma non troppo.

Tra un paio di settimane uscirà ilsuo nuovo lavoro discografico:Uomini di terra (Terre Sommerse,collana Jel; foto di AlessandroCarpentieri) ed è esplicitamentededicato al sindacalista Giuseppe DiVittorio, «un bracciante che avevastudiato riscattando i figli dellaterra». Verrà presentato il 4 luglio aRoma, alla Villetta Rossa (sede diSel), con un recital patrocinato dallaCgil con proiezioni di foto e video(curati da Mario Perrotta, FedericoIadarola e Franco Arminio). Nelfrattempo Innarella sarà il 21 giugnoalla Basilica di Massenzio (Festivalinternazionale delle letterature) con

una «banda di musicanti jazz»(RusticaXBand), Ascanio Celestini eMassimo Gramellini.

La musica di Uomini di terra èstata registrata in tre «recordingconcerts» live alla Riunione diCondominio Club nel marzo scorso,in mezzo al pubblico e non nelchiuso asettico di uno studio: con isassofoni materici di Innarella ilvibrafono ispirato e visionario diFrancesco Lo Cascio, ilcontrabbasso instancabile epropulsivo di Pino Sallusti, labatteria incalzante e politimbrica diRoberto Altamura, tutti musicistiultracinquantenni di altissimovalore. Un brano di Capossela,Malayka, reso famoso da MiriamMakeba (per ricordare il primoingaggio romano pagato delsassofonista, ottenuto da immigratiafricani senza permesso disoggiorno), e poi tutti pezzioriginali. Qui Innarella torna allememorie sonore, ai ritmi e allemelodie contadine che rielabora,rievoca le Donne delle tembe (zolle)depositarie di quella memoria eprotagoniste con gli uomini di lotte,lavoro e feste. Ecco i Flowers perRocco Scotellaro che ricordano ilsindaco-poeta come Albert Ayler, cisono in apertura l’omaggio a DiVittorio e in chiusura Blued,l’universalità del blues che èsofferenza ma anche riscatto. Perandare avanti bisogna saperguardare indietro e con il loroumanesimo jazzistico e libertarioInnarella e compagni mostrano unavia alla musica che non sia revivalconsolatorio ma vitale - dura egioiosa - indicazione ditrasformazione.

Cornista, sassofonista (soprano,alto, tenore), compositore,arrangiatore, direttore di banda,organizzatore: da tempo il musicistaha scelto una strada che porta il jazz

verso il sociale, la periferia,l’autorganizzazione. Classe 1959,originario di Lacedonia, valorizzatoa suo tempo da Mario Schiano, iljazzista coniuga amore per il freecon musica popolare, radicalità dellinguaggio con funzionesocio-politica della musica nonchéapertura alle altre muse. Frequentala poesia contemporanea (F.Arminio), le arti visive (RenatoMambor), il teatro (Marco Solari).Pasquale Innarella è tra le menti delcollettivo Franco Ferguson(Amazing Recordings, 2009) che aRoma ha mobilitato energie eprogetti, scosso una città in parterassegnata al «bobojazz» («jazz pourbourgeois bohemienne»). Nei suoialbum spiccano Pirotecnie sonore(1998; concerto grosso per bandepopolari e improvvisatori come E.Parker, M. Godard, R. Geremia, G.Mazzon), collaborazioni conGiancarlo Schiaffini, William Parkere Hamid Drake (il collettivo Echoesdel 2006, live al Ceglie Jazz OpenFestival del compianto PierpaoloFaggiano), Music of the Angels in trioe L’uomo del 300 Gilera in quartetto(entrambi del 2006). Instancabile,umanissimo e caparbio, come DiVittorio.

Anatomie jazz.Gli antagonistidel ritmo

STORIE ■ ARTISTI, ETICHETTE E RADIO CHE RACCONTANO UN’ALTRA ITALIA

RUDI RECORDSdi LUIGI ONORI E FLAVIO MASSARUTTO

Esiste in Italia un jazz «antagonista»? Se per questo si intende la presenza dimusicisti, etichette, radio, luoghi dove il jazz non è stilizzazione del passato,consolazione intellettuale e pretesto turistico, sì. Se ci aggiungiamo anche unriferimento a valori libertari, a personaggi che vanno dal sindacalista GiuseppeDi Vittorio al partigiano Gelindo Citossi, all’uso di vecchie e nuove tecnologieper creare comunità, alla presenza nel sociale si ha un’ulteriore conferma.Allora per una limitata e parziale ricognizione ecco i progetti di tre jazzisti comePasquale Innarella, Claudio Cojaniz e Marco Colonna, la produzione di dueetichette (Rudi e Fitzcarraldo) e le trasmissioni di Radio Città Fujiko.

Nata nel 2010 su impulso diMassimo Iudicone, attivo da temponel campo del jazz come promoter,ha già nel suo catalogo dieci dischi.Dichiaratamente vocata alladocumentazione del jazz di ricerca -con una particolare predilezioneper il live - RR ha il merito di averprodotto musicisti poco conosciutie formazioni inedite. Accanto anomi storici come Schiaffini,Tramontana, Colombo, Cavallanti,Tononi (tutti gravitanti nellagalassia Italian Instabile Orchestra),arricchiscono il catalogo giovanitalenti come Giuliano Tull e SilviaBolognesi, musicisti importanti esottovalutati come Sandro Satta eMassimo De Mattia, protagonistidell’avanguardia afroamericanacome Sabir Mateen, Mazz Swift eTomeka Reid. Le produzioni RRsono curate con l’amore el’attenzione che solo un profondoconoscitore del jazz può dedicare aesse. Iudicone seleziona uno a uno iprogetti e spesso ne è anche ilpromotore, come faceva adesempio Alan Douglas. Tra lediverse uscite segnaliamo ilbellissimo «Re-Union» del trioSatta (sax alto), Roberto Bellatalla(contrabbasso) e Fabrizio Spera(batteria). Free jazz di gran classesuonato con vigore e competenzacome non si sente spesso: un trio dacinque stelle. Un altro trio firma ilnotevole «Hear in Now» ed è unaformazione tutta al femminile conS. Bolognesi al contrabbasso, M.Swift al violino e T. Reid alvioloncello. Archi dagli orizzontiaperti tra blues, folk e camerismo,tre musiciste moderne ma dalsuono ben ancorato alla tradizione.«Black Novel» è a nome delflautista De Mattia accompagnatoin questo lavoro da Bruno Cessellial piano, Luigi Vitale a vibrafono emarimba, Alessandro Turchet alcontrabbasso e Denis Biason allachitarra. Musica collettiva e densache evoca atmosfere di dolentelirismo e limpido furore espressivo.Suoni scuri e caldi e una conduzioneche esalta l’interplay tra i musicisti.Info: www.rudirecords.com (Fl. Ma.)

In questa pagina, in grande,Pasquale Innarella. Nel riquadroancora Innarella con il suo trio

Un percorso tra le ultime influenze del soundafroamericano affiorate di recente tra i nostrimusicisti. Come costruire guizzi sonori lontanida logiche di mercato e stilizzazioni del passato

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(11)ALIAS16 GIUGNO 2012

Se avete voglia, necessità,desiderio di ascoltare jazz emusica in senso ampio e«antagonista» dovetesintonizzarvi sulla bologneseRadio Citta Fujiko (in FM sui103.100 di Bologna, Modena eprovince, oppure in streaming dalsito http:// radiocittafujiko.it).Ogni lunedì va in onda ilprogramma «Intersezioni.Esperienze musicali più o menocontemporanee» (ore 20-21)mentre il secondo e ultimo lunedìdel mese c’è (dall’una di notte)«Inediti Live»; propone concertimai pubblicati » come scrive ilcuratore di entrambe letrasmissioni, PierantonioPezzinga che conduce«Intersezioni». Oltre allapanoramica sulle nuove uscite eristampe, temi e argomentispecifici vengono approfonditiattraverso interviste in direttacon i musicisti, nonché recensionidi riviste e saggi musicali. Per averun’idea di ciò che si ascolta nelletrasmissioni di Pezzinga ecco unbreve elenco di artisti propostinegli ultimi mesi: gli inglesi JohnStevens, Evan Parker, Lol Coxhill;i sudafricani Louis Moholo e DuduPukwana; gli italiani RenatoGeremia, Umberto Petrin, ItalianInstabile Orchestra, Paolo Angeli,Tenores di Bitti, Piero Milesi,Junkfood, Acoustic Orchestra diPisani-Cosottini, il trio RobertoBellatalla/Fabrizio Spera/SandroSatta, Gianni Lenoci (il catalogoRudi Records di cui si parla inqueste pagine); gli olandesi QueenMab Trio; gli americani SteveLacy, Wadada Leo Smith, HerbRobertson... e via dicendo, in unlunghissimo, significativo elenco.A chi fosse interessato vieneinviata una email settimanale dipresentazione che già raggiungeoltre 2400 tra ascoltatori,musicisti, organizzatori,giornalisti, etichette indipendenti,realtà politiche. Per contatti,segnalazioni e richieste di dischi,concerti e interviste:[email protected]. (L. O.)

CLAUDIO COJANIZ

Il diavoloè rosso.Dal nord-estcon passione

FITZCARRALDO RECORDS

L’etichetta indipendente nata a Palermoquattro anni fa è in stasi dopo aver dato forma». Non agiscono, ed è ovvio, in esclusiva vistoche sempre a Palermo l’associazione CurvaMinore porta avanti un discorso di altissimoprofilo sulla musica d’avanguardia. FitzcarraldoRecords ha prodotto sei cd, nascedall’associazione culturale Dis/Accordo e vedecome musicisti più attivi il bassista Luca LoBianco, il chitarrista Francesco Guiana el’accordeonista Domenico Argento. Gli albumpiù interessanti sono quelli della OrchestraIn-Stabile Dis/Accordo: «Live at Mikalsa vol. 1»(documenta l’aggregazione spontanea delcollettivo al MiKalsa bar) e «Live in Hamburg»(recital al 5.Hamburger Jazztage 2008 conospiti come il trombonista Heinz-ErichGöedecke). L’ensemble si avvale delle

conduction di Guaiana, Lo Bianco e Marko Bonarius su semplici schemi di interazionetra singoli e collettivo. Tra le altre produzioni da segnalare l’iterativo e politimbrico«Ear Catcher» di Lo Bianco e l’etnocontemporaneo «Manziluna» del gruppoomonimo. Nome della label ispirato al protagonista del film di W. Herzog; cdrealizzati con personalità grafica e cura ecologica. Sito http://fitzcarraldorecords.bandcamp.com (L. O.)

PIÙ CHIACCHIERE, MENO ROCKdi FRANCESCO ADINOLFI

Ci sono momenti prima, tra un brano e l'altro e alla fine di un concerto che valgono più dell'interoconcerto. Sono istanti in cui il cantante o un altro componente del gruppo si dilungano in rantoli verbalidi ogni tipo: violenti, osceni, comici. Del resto l’evento rock è una messa e il rocker il suo officiante. Inambito metal spiccano gli inglesi Venom e in particolare il cantante Cronos (foto). Joe Cole, storicoroadie dei Black Flag, assassinato durante una rapina nel '91, registrò gli interventi di Cronos dal vivoripulendoli dalla musica; Thurston Moore (Sonic Youth) addirittura ne fece un singolo pubblicatosull'etichetta Ecstatic Peace Leabel. Immortale l'urlo: «you're wild man, wiiiiild!». Anche Dave Lee

Roth, cantante dei Van Valen, chiacchiera molto. Indimenticato l’intervento allo Us Festival (1983) incui se la prese con i Clash (sul palco la sera prima) dicendo: «Le uniche persone che mettono il tè nellabottiglia del Jack Daniel's sono i Clash». Seguiva monologo. Di Paul Stanley dei Kiss circolava nel2005 un cd con 70 tra le sue migliori incitazioni live. Titolo: People, Let Me Get this off My Chest: The VeryBest of Paul Stanley's on Stage Banter. All'interno tutti i cliché motivazionali del rock'n'roll: da «youpeople are dynamite» al classico «we're gonna get this place hotter than hell». Robert Pollard deiGuided By Voices si è addirittura pubblicato da solo due raccolte in vinile (Relaxation of the asshole eAsshole 2: Meet the King) di sue farneticazioni on stage. E ancora Bruce Springsteen, re del monologo«di formazione/crescita morale»; Lou Reed (sul live Take no Prisoners si supera), Courtney Love(sbraita per interi minuti in Olanda contro una fan) ecc. Alcuni rantoli vocali sono stati immortalati qui:http://www.avclub.com/articles/more-talk-less-rock-15-masters-of-onstage-banter,2016/

MARCO COLONNA

Un mondopossibile,sulle rottedei migranti

di FL. MA.

La sera del 7 febbraio del 1945 uncommando di partigiani gappisti entranel carcere di Udine. Sono travestiti datedeschi e fingono di aver arrestatol’imprendibile Gelindo Citossi, nome dibattaglia Romano il Mancino. Penetratinel luogo di detenzione sgominano itedeschi e liberano settantatre trapartigiani e prigionieri politici e tresoldati inglesi. Sembra un film diTarantino invece è una delle tanteazioni spericolate ed eroiche dellaResistenza italiana. L’episodio è ripresonel fumetto di Guido Carrara che saràallegato al nuovo cd di Claudio CojanizCarmen (Land of Dances) prodotto daEuritmica e Kappa Vu e che saràpresentato in concerto il 26 giugno alFestival Jazz di Udine.

Guido Carrara è un personaggiosingolare della cultura friulana:musicista, fumettista, operatoreculturale. Oggi vive in Argentina ma haprestato i suoi pennelli per raccontareuna favola dove il Friuli diventa terraoccupata da un sinistro dittatore cheodia la musica tra riferimenti alla storiacome l’episodio citato e alla cronacarecente come il bunga-bunga e unaridicola e penosa ordinanza antijazzdel Comune di Venezia governato dalfilosofo (!) Cacciari. Cojaniz è unjazzista irruento e passionale, nonnuovo a omaggi e produzioni cheguardano alla politica. La figura delcomandante partigiano, suoconcittadino, era già stata celebratacon uno spettacolo che fondeva Kurt

Weill, blues elettrico e banda di paese,con la narrazione affidata a OmeroAntonutti. Oggi il pianista intitola il suonuovo ensemble Red Devils Orchestra,mutuando il nome da quello delgruppo partigiano: I Diavoli Rossi.

Il jazzista friulano parte dallaconstatazione della necessità diricostruire momenti comunitari,occasioni e luoghi di incontro chemettano in relazione musicisti didiverse generazioni e provenienzestilistiche. Ecco, allora, che l’orchestraingloba artisti attivi nel jazz di ricerca,nel blues, nel combat-folk, nel rap.Formazione ampia con tre percussionie due contrabbassi, una selva di fiati,anche fagotto e armonica, e due voci.La musica è decisamente orientataverso un orizzonte etnico che usamelodie e ritmi latini, balcanici eafricaneggianti e li incrocia con il blues- inteso nel senso di alfabeto corporeoe pensiero-guida - a fare da baseideologica. Brani medio lunghi,dunque, con pedali ossessivi e collettividanzanti. Raffiche di rime in friulano,armoniche ululanti, marce comuniste,spanish tinge.

Nel suo disco Howlcon i Not in Our Name(N.I.O.N) ci si può farun’idea del suono e delleidee di Cojaniz maquesta nuovaformazione haintenzioni diverse,perché è una TerritoryBand e perché l’urgenzache oggi il musicistasente è più orientataverso l’apertura e ilrecupero di differentiesperienze e tradizioni.Ecumenismo epopulismo sonoro?Forse la consapevolezzache «l’uomo è ciò che fa:angelo o demone che siae lo scopo della musicanon può essere che lavita, una vitaintensamente umana». Ilrisultato è una musicacoinvolgente,appassionata egioiosamente liberatoria.

RADIO CITTÀ FUJIKO

di L. O.

Marco Colonna (1978) ha appenaorganizzato un concerto al 28DiVinoa Roma per i terremotati in Emilia.Sassofonista, clarinettista,compositore, improvvisatore è unodei migliori creatori di musica delleultime generazioni cometestimoniano le collaborazioni conFrank Gratkowski, il magnificoalbum in solo (The Moon Catcher),l’intenso duo con il batterista-percussionista Ivano Nardi (TheBetter Way) e le produzioni 2012: ilpolicromo Saragolla con il TestQuintet (S. Tesei, T. Cattano, S.Bolognesi, M. Schiavone) el’inventivo Domino’s Tales (con F. LoCascio e L. Quarantino). Colonnaabbina al talento sonoro una lucidacoscienza politica (il video

antifascista con i Noise of Trouble, To Ezra PoundAka Death to Nazi parla chiaro) e intellettuale,soprattutto riguardo alle modalità dicomunicazione e condivisione della rete. Con iNot (Claudio Martini, ance; Luca Corrado, bassoelettrico; Cristian Lombardi, batteria: «P.Brotzmann che urla, armonizzato dalla tastieradebussyana di H. Hancock che ci porta sul caosmaterico e coltraniano di S. Sharrock per certiversi potrebbe essere la summa del ’99...») havarato in rete (www.noiseoftrouble.joomlafree.it)il progetto Bloody Route/From the country wherewomen are older than God.

L’opera musicale dura oltre 90 minuti, èarticolata in dodici brani, è «espressione di noicome gruppo, di me come pensatore». Segue aritroso il viaggio dei migranti verso l’Europa «e lofa mescolando linguaggi e fondando un sistemain cui poter farli confluire (...) Vedere le nostreradici arrivare dal mare in cui nel tempo abbiamocombattuto, perso eserciti e confini, arroccato lenostre speranze e fatto svanire la nostranegritudine arcaica, scuote e cambia il nostromodo di esistere». Con una musica ora vivida eviolenta, ora onirica ed evocativa si tesse unanarrazione che parte dalle città fitte di migrantiper tornare ai loro luoghi d’origine. Colonna ecompagni usano un sistema organico diimprovvisazione strutturata e graphic score;almeno sei pezzi hanno sul sito un video che nedilata la capacità comunicativa (Without Families;Future in the Past). Bloody Route non è però invendita: si può scaricare in tre formati (mp3; cd 16bit; high 24 bit quality) ma è prevista solo ladonazione, di qualsiasi cifra: l’opera è distribuitacon licenza Creative Commons, in modalità noncommerciale e di condivisione. «Lo abbiamo fattoperché convinti che un nuovo mondo è possibile,che altre vie sono praticabili (...) Fuori daglischemi di mercato, e fuori soprattutto dal sistemadi informazione malato che ci circonda».

In alto a sinistra Claudio Cojaniz, a destrae in basso Marco Colonna.

Sotto una tavola dei fumetti disegnatida Guido Carrara per il disco di Cojaniz

Un disco dedicato al sindacalista della CgilDi Vittorio, un progetto sul partigiano GelindoCitossi e un viaggio al cuore delle radici ritrovatedei tanti popoli marginalizzati di Africa e EuropaAlle soglie di questi anni Dieci tutto quello che riguarda la produzione e ladiffusione della musica registrata (l’espressione «produzione discografica» èlimitata e limitante) è costretto a interrogarsi e reinventarsi. Eppure,nonostante i cambiamenti e la pesante crisi economica, numerose etichettenascono e si consolidano documentando una scena musicale ricca estimolante. Nel campo dell’autoproduzione attraverso un network di artistisono da tempo un punto di riferimento ineliminabile El Gallo Rojo eImprovvisatore Involontario, di cui parleremo in altra occasione. Quelle cheseguono sono, invece, due differenti esempi di piccole realtà produttive e lasegnalazione di una radio che dà spazio alla musica fuori da logiche dimercato. (Fl. Ma.)

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(12) ALIAS16 GIUGNO 2012

SCATTI «UMANI»di R. PE.

Si chiama Craig Alan e vive a NewOrleans. La sua specializzazione piùrecente sono enormi ritratti di iconepop Usa (da Elvis a Audrey Hepburn)utilizzando figure umane come pixel.Craig decontestualizza i corpi da unaltrove che lui solo conosce e li

ricontestualizza aggregandoli inbocche, orecchie, occhi. Alcuni sonocolorati per rendere le labbra rosse diMarilyn. Il risultato è sorprendente.Craig si inserisce in una lungatradizione visiva che parte da lontanoe che tiene dentro nomi di riferimentocome Spencer Tunick noto per le sueinstallazioni umane (oltre 75):preferibilmente soggetti nudi come nelcaso dei festeggiamenti per il Sydney

Gay and Lesbian festival del 2010 aSydney. In quell'occasione 5milapersone posarono per lui. Leinstallazioni umane sono anche esoprattutto un classico del rock. RyanMcGinley, fotografo Usa, tra i piùgiovani ad aver esposto al WhitneyMuseum di New York, è noto peraver immortalato il pubblico estasiatodi Morrissey nella serie «IrregularRegulars». In ambito indie rock spicca

Van Dyke ParksIl musicista (cantautore, arrangiatore eproduttore) ha collaborato con alcunidei più grandi nomi del rock, e nonsolo, internazionale.Milano MARTEDI' 19 GIUGNO (TEATROMARTINITT)Roma MERCOLEDI 20 GIUGNO (CHIESADI SAN PAOLO ENTRO LE MURA)

The Brian JonestownMassacreLa band di San Francisco rivisita il rockpsichedelico degli anni Sessanta. Unicadata.Bologna MARTEDI' 19 GIUGNO(BOLOGNETTI ON THE ROCKS)

The Mars VoltaUna data per la band metal prog.Presentano il nuovo album,Noctourniquet.Milano MERCOLEDI' 20 GIUGNO(MAGAZZINI GENERALI)

TribesRock'n'roll per la giovane bandlondinese.Roma MARTEDI' 19 GIUGNO (PARCODI SAN SEBASTIANO-ROMA VINTAGE)Ancona GIOVEDI' 21 GIUGNO (MOLEVANVITELLIANA-SPILLA FESTIVAL)

Patrick WolfIl sofisticato cantautore è nel nostropaese per un acoustic set.Sesto San Giovanni (Mi) GIOVEDI'

21 GIUGNO (CARROPONTE)Sestri Levante (Ge) VENERDI'22 GIUGNO (ANFITEATRO CONCHIGLIA)Ancona SABATO 23 GIUGNO (MOLEVANVITELLIANA-SPILLA FESTIVAL)

IliketrainsL’indie post rock catartico e scurodella band inglese.Monza VENERDI' 22 GIUGNO (STADIORUGBY-TROUBLEFESTIVAL)Roma SABATO 23 GIUGNO (PARCO SANSEBASTIANO-ROMA VINTAGE)

SepulturaLa metal band brasiliana, orfana delfondatore Max Cavalera, torna in Italiaper una data.Piacenza DOMENICA 17 GIUGNO (STADIODEL RUGBY)

We Have BandL'elettro-pop-rock del trio londinese.Roma VENERDI' 22 GIUGNO (ATLANTICOLIVE)Molfetta (Ba) SABATO 23 GIUGNO (LATERRAZZA BEACH BAR)

Eric ChenauxL'artista canadese presenta i brani delnuovo album solista, dall'animaintimista.Rimini MERCOLEDI' 20 GIUGNO (NEON)Valpolicella (Vr) VENERDI'22 GIUGNO (OSTERIA PANE & VINO)Napoli SABATO 23 GIUGNO (RIOTSTUDIO-A CASA)

Mikal CroninGarage rock per il cantante e autorestatunitense.Vittorio Veneto (Tv) LUNEDI'18 GIUGNO (BIANCONIGLIO)Milano MARTEDI' 19 GIUGNO (TEATROFRANCO PARENTI)

Teresa SalgueiroUna data per la voce del fadoSan Domenico d’Asti (At)SABATO 16 GIUGNO (PIAZZA LIBERTA’)

ArringtonDe Dyoniso QuartetIl leader degli Old Time Relijun sipresenta con la nuova formazione.Torino VENERDI' 22 GIUGNO (SPAZIO 211)

MadonnaAncora una data per l'icona del pop alfemminile.Firenze SABATO 16 GIUGNO (STADIOFRANCHI)

Saba AnglanaLa vocalist presenta l’album LifeChanganyisha.Trani (Ba) SABATO 16 GIUGNO(DA DEFINIRE)Rimini MERCOLEDI’ 20 GIUGNO (DADEFINIRE)

Mo’ HorizonsIl combo di sj e producer tedeschiimpegnato in un dj set.Monte Argentario (Gr) SABATO

16 GIUGNO (SAILING WEEK)Sabaudia (Lt) DOMENICA 17 GIUGNO(LILANDA’)

Virginiana MillerLa band livornese torna dal vivo perproporre la nuova versione del loroesordio, Gelaterie sconsacrate.Bologna MARTEDI' 19 GIUGNO (GIARDINIVIA FILIPPO RE)

CaparezzaIl nuovo tour del rapper di Molfetta.Collegno (To) VENERDI' 22 GIUGNO(COLONIA SONORA)

Il Teatro degli OrroriIl tour di presentazione dell'ultimolavoro della band veneta, Il mondonuovo.Padova SABATO 16 GIUGNO(PARCHEGGIO NORD STADIO EUGANEO-SHERWOOD FESTIVAL)Segrate (Mi) GIOVEDI' 21 GIUGNO(MAGNOLIA)Cuneo VENERDI' 22 GIUGNO (PARCODELLA GIOVENTU’-NUVOLARI LIBERA TRIBU')

SubsonicaLa band torinese impegnata nel tourestivo.Perugia SABATO 16 GIUGNO (PG CITYFESTIVAL)Padova VENERDI' 22 GIUGNO(PARCHEGGIO NORD STADIO EUGANEO-SHERWOOD FESTIVAL)Fidenza (Pr) SABATO 23 GIUGNO

(PIAZZA GARIBALDI)

Paolo BenvegnùIl cantautore, ex Scisma e leader dellaband che prende il suo nome.Bologna SABATO 16 GIUGNO (PIAZZAVERDI)

Giardini di MiròLa post rock band reggiana con unlavoro dal titolo benaugurante, GoodLuck.Campogalliano (Mo) SABATO16 GIUGNO (ARTI VIVE FESTIVAL)

Offlaga Disco PaxIl trio reggiano torna con un Gioco disocietà.Milano DOMENICA 17 GIUGNO(IDROSCALO)Trento MERCOLEDI' 20 GIUGNO(STUDENTATO SAN BARTOLOMEO)Pozzuoli (Na) VENERDI' 22 GIUGNO(DEJA' VU)

Supersanto'sFestival indie a San Lorenzo. Incartellone: Terra Naomi + Thoni (il17), Mokadelic (il 20), Mark Tortoricimeets The Jacknives (il 21), I Monacidel Surf (il 22), «La Tempesta gemella»con Tre Allegri Ragazzi Morti, The ZenCircus, Il Pan del Diavolo, Uochi Toki,Mellow Mood, Iori's Eyes (dalle ore18).Roma DA SABATO 16 A SABATO23 GIUGNO (PIAZZALE DEL VERANO)

ON THE ROAD

TARTAREDI ROCK’N’ROLL

LIBRI ■ RISTAMPATO «BELÌN, SEI SICURO?»

De André, elogiodel notturnoche nessuno potràmai ascoltaredi GIOVANNI VACCA

Nella sterminata letteratura dedicataa Fabrizio De André, Belìn, sei sicuro?Storia e canzoni di Fabrizio De André,a cura di Riccardo Bertoncelli (GiuntiEditore, pagg. 224, euro 12,50) è unodei libri più fortunati. Uscitooriginariamente nel 2003, viene oggiriproposto con aggiornamenti checercano di fare luce sull’ultimo,incompiuto progetto dell’artista,scomparso nel 1999. Dallaconversazione con OlivieroMalaspina, il cantautore vogheresecoinvolto nel nuovo lavoro, vengonofuori alcuni dettagli: si sarebbetrattato di un’opera in quattro parti,con una scrittura senza rime, cheMalaspina definisce «quattronotturni, quattro diversi sguardi almondo delle tenebre». In un suocontributo, poi, Bertoncelli raccontache nel disco sarebbero statocoinvolti i musicisti che abitualmentelavoravano con De André con lasorprendente aggiunta di LucianoBerio, che però smentì. Il nuovoalbum sarebbe stato quindi alquantocupo, un «requiem di questo secolo»,con la consueta ricchezza diriferimenti letterari che andavanodalla Bibbia a Lucrezio, da Céline aCamus fino ad Antonio ‘Lobo’Antunes e a Giorgio Manganelli.Colpisce l’ambizione del progetto: DeAndré è stato sempre unosperimentatore ma qui sembravolersi lasciare alle spalle ognipossibile concessione commerciale. Eproprio il tono mesto e solenne diquest’album mai apparso, il suomood esistenziale, induce a riflettereancora una volta sull’ormaiconsolidato culto di massa per ilmusicista-poeta genovese, un culto

che, per i termini in cui oggi si pone,rischia di svuotare e normalizzarel’opera forse più originale esovversiva (benché, per certi aspetti,non poco controversa) che la storiadella canzone italiana abbia maiprodotto. L’eccezionale popolarità diDe Andrè, infatti, a primaimpressione un fatto esclusivamentepositivo, pone in realtà dei problemi.Per esempio quello di non essereancora riusciti ad arrivare aun’autentica interpretazione criticadel suo lavoro, fatalmente inibitadall’unanime coro di elogi, meritatima che inevitabilmente sfociano ingrossolane esagerazioni («il piùgrande poeta italiano delNovecento», per esempio). Sarebbeinsomma auspicabile una lettura chefinalmente decostruisca l’opera di DeAndré, ne evidenzi le faglie, che pureci sono, e che, soprattutto, lo svincolidefinitivamente dall’alone mitico chedalla sua morte lo circonfonde. Poic’è il rischio che l’utilizzazione che sene sta facendo ne distrugga ilsignificato complessivo: la retoricadel «De André che appartiene a tutti»e poi De André a Sanremo, De Andrénegli stacchi pubblicitari e nelle sigletelevisive, De André a scuola, non glifanno bene perché ne tradiscono ingran parte quella radicalità dovutasostanzialmente alla sua capacità dicostringere l’ascoltatore a pensarecontro i luoghi comuni, talvoltapersino contro se stesso (cioè controle proprie paure e le proprieinsicurezze), per la determinazionecon cui si parteggia per coloro che, invario modo, turbano l’ordinepubblico. Nelle canzoni di De Andrési giustificano ladri e nullafacenti, siproteggono gli assassini, si difendonogli zingari, si giustifica o quanto

meno si comprende la violenzadell’antagonismo politico, per citaresolo alcuni dei loro contenuti«indigesti». Il canzoniere delcantautore è, insomma, soprattuttoun continuo tentativo di metterel’ascoltatore in uno stato di tensione,provocandolo per stimolare unareazione positiva a delle parole che,dette in un altro modo,genererebbero probabilmente unarisposta diversa. Per realizzare talestrategia, De André sfrutta la poeticitàdei versi e la forza suadente della suaparticolarissima voce e, come unmoderno Orfeo, ammansiscel’ascoltatore, inducendo atrasformare la reazione in riflessione,per «tirarlo» dalla sua parte. Èdunque in questo sottile gioco diseduzione la profonda umanità chevive nelle sue canzoni: esse siinsinuano nella mentedell’ascoltatore non con la violenzadell’argomentazione ma con la forza

della persuasione, espressa con ladelicatezza del canto. Una similestrategia può ovviamente funzionaresolo se l’ascolto avviene nellemodalità adatte a questo scopo,lontano, cioè, dal frastuono dellabanalità quotidiana, come perdecenni è giustamente avvenutoprima della sciagurataappropriazione che di queste canzoniè stata fatta da parte di un’industria

dello spettacolo che, utilizzandole neicontesti più inadeguati etrivializzanti, ne ha neutralizzato icontenuti: un tale uso dissennato hariassorbito la forza graffiante dellapoetica di questo grande artistadiluendola in un ascoltoframmentario e distratto, che hafavorito perfino la manipolazione deitesti, citati e rivendicati anche dapersonaggi che sembrerebbero avolte incarnare proprio i bersaglidelle sue canzoni. Dalle pocheinformazioni che abbiamo diquest’ultimo lavoro rimastoincompiuto, si può ragionevolmentepensare che anche i Notturninecessitassero di attenzione e delrispetto che tutta l’opera di De Andrésenz’altro merita. E c’è davvero dadomandarsi se non sia più utile unamaggiore «sobrietà», come si diceoggi, nell’uso di questo preziosopatrimonio. Esiste, però, anche unuso «dal basso» di De André che,siamo sicuri, avrebbe apprezzato.Avviene quando mani anonimeusano le sue frasi per denunciarel’ingiustizia, il sopruso, la disonestà:«Non mi uccise la morte ma dueguardie bigotte, mi cercarono l’animaa forza di botte», qualcuno scrissetempo fa su un manifesto funebreche ricordava Stefano Cucchi. Ed è diquesti giorni sui muri di Roma unaltro manifesto, «The show must gooff», firmato da un collettivo autorganizzato di operai dello spettacoloe che intende denunciare i morti suipalchi in costruzione per i concerti.Su di esso vi sono le foto di Bono e diElton John, ma anche quella di VascoRossi, di Jovanotti e di altri noti nomi,e sotto di loro c’è scritto: «per quantovoi vi crediate assolti, siete persempre coinvolti».

RITMI

SAN CASCIANO DEI BAGNI (SI)Il Castello di FighineLoc. Fighine, San Casciano Dei Bagni, Si (tel.057 856158). Si erge sulla val di Chiana, ilborgo alto medievale di Fighine. Per operadi un ricco magnate sudafricano che ne haacquistato la proprietà qualche anno fa,questo gioiello dell’ XI secolo rivive unaseconda giovinezza. In un cammino tra vicolie scorci da cartolina, si arriva nel tempiettofuori porta del geniale Heinz Beck. È infattisua la supervisione (e la scelta per questastagione) del talentuoso AntonioStrammiello (dallo stellato Les Paillottes diPescara). Il giovane - che vanta tra i maestriMonsieur Ducasse - reinterpreta alcunicaposaldi della cucina toscana. Tartare diChianina con verdure e uova di quagliapoche (14 euro). Ravioli di stracotto dimanzo con salsa al Parmigiano Reggiano,fave e cipolla fondente di Certaldo (16euro). Maialino di cinta senese alla liquiriziacon purea di mele e cicoria di campo (22euro). Sablé al cioccolato con sorbetto allefragole (9 euro). Il ristorante è aperto solol’estate: del resto, «summertime and thelivin’ is easy». Bonus: l’idea dei menudegustazione di 3 o 5 portate a 35 o 45euro. Malus: un eccesso di perfezionismonel restauro del borgo. Voti: cucina 8;ambiente 7; servizio 7.ROMAEnoteca Provincia RomanaForo Traiano, 82-84 (Tel. 06 69940273). Avolte ci si sente come Filostene Ericinio,tanto goloso «che desiderava d’havere ilcollo simile alle grue, per più lungamentegodere del cibo, mentre scendeva nelventre». A volte, invece, viene in menteFilippo Tommaso Marinetti, che volevaabolire i chiari di luna e la pastasciutta, e ilsuo italiano repellente «cubico massiccioimpiombato da una compattezza opacacieca». Divisi da due istinti e due culture,optiamo per il giusto suggerimento di AlYankovich, nella parodia della canzone diMichael Jackson Beat It: «Just eat it».Scegliamo l’Enoteca della Provincia romana,proprio di fronte alla Colonna Traiana, inpiazza Venezia, e approfittiamo delle migliorimaterie prime del territorio, cucinate congusto e servite con grazia: maialinoporchettato con mele annurche, panzanellacon gelatina al pomodoro; millefoglie dispada affumicato e pomodoro verde, consalmoriglio di prezzemolo e olive di Leccino.Tortino di cioccolato in salsa di frutti rossi egelato con fragoline di Nemi e Cannellino.Bonus: mangiare bene in piazza Venezia eraun miraggio. Malus: prezzi un po’ eccessivi.Voti: cucina 7+; ambiente 7; servizio 7.ROMAMaxelaVia delle Coppelle, 10-13 (Tel. 06 68210313.Tra i vegetariani più noti ci sono Platone,Einstein, Celentano, Pamela Anderson enaturalmente Jonathan Safran Foer.Massimo rispetto per tutti, in particolareper Pamela, ma noi si resta carnivori, contutto il portato di sensi di colpa e malattieche incombono sulle nostre esistenze inbilico. Dunque ci buttiamo sulla nuova sededi Maxela, catena di macellerie-ristorantigenovesi appena sbarcata in piazza delleCoppelle. Tartare, polpette, cotolette,orecchie d’elefante. E poi ancora, tagliate difassona, fiorentine, braciole, spiedini espiedoni. E naturalmente gli hamburger, ilpiatto più cool del momento. Bonus: ottimitagli di carne, grande varietà, bel dehor.Malus: Occhio all’orecchia d’elefante, è apeso e ve ne portano un quintale,decisamente non economico. Voti: cucina6.5; ambiente 7; servizio 5.

www.puntarellarossa.it

Il testo curatoda Bertoncelli,e uscito nel 2003,fa luce sul discomai pubblicatodell’artista,una specie«di requiemdi questo secolo»

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(13)ALIAS16 GIUGNO 2012

Nick Zinner, il chitarrista degli YeahYeah Yeahs, patito di foto dedicate alpubblico del gruppo. Sul palco è solitopiazzare tre macchine fotografiche perottenere spaccati di folla daangolazioni diverse. Il suo grandeispiratore è William Klein, tra imaggiori fotografi di sempre, dotatodi immensa ironia e grande patito difolle, con centinaia di teste in un unicoscatto.

TroublefestivalLa line up della tre giorni di musicaindie: H20, Strenght Approach, If I DieToday e altri (il 21), Iliketrains, ThePaul Collin's Beat, Maria Antonietta,The Softone e altri (il 22), Pornoriviste,Statuto, Minnies, Mega, PensioneLibano, Black Banana e altri (il 23).Monza DA GIOVEDI' 21 A SABATO23 (STADIO DEL RUGBY)

Sherwood FestivalLa ormai storica rassegna indiepadovana ha in programma: Il Teatrodegli Orrori (stasera), Subsonica (il 22),Amor Fou + Maria Antonietta (il 23).Padova SABATO 16, VENERDI' 22 E SABATO23 GIUGNO (PARCHEGGIO NORD STADIOEUGANEO)

Roma incontrail mondoRiparte la stagione sulle sponde dellaghetto di Villa Ada. Si inizia il 18 conMini K Bros, About Waine e Piotta,per proseguire nell'ordine, con:Muchachito Bombo Infierno; PeppeBarra; La Zurda; Davide Van de Sfroos;Kay McKarthy.Roma DA LUNEDI' 18 A SABATO23 GIUGNO (LAGHETTO DI VILLA ADA)

Jazz:re:foundQuinta edizione del festival. Incartellone, tra gli altri, Jazzsteppa, AliceRussell, Machinedrum (il 21), Four Tet,Move D (il 22), De La Soul (il 23).

Vercelli DA GIOVEDI' 21 A SABATO23 (CASCINA BORGHETTO)

Gods of MetalA tutto rock con Manowar, Childrenof Bodom, Amon e altri (il 21), GunsN' Roses, Within Temptation,Sebastian Bach e altri (il 22), MotleyCrue, Slash feat. Myles Kennedy e altri(il 23).Rho (Mi) DA GIOVEDI' 21 A SABATO23 GIUGNO (FIERA)

MencraftIl Makers Festival ha in programmaBenjamin Damage & Doc Daneeka livee Lovejet dj set.Roma SABATO 16 GIUGNO (ARANCIERADI SAN SISTO)

Indie Summer PartyTerzo appuntamento con la rassegnameneghina. Sul palco Chaos Surfari,Shiva Racket, Tso, The Gluts, Adele e ilMare, Pirate Youth (dj set).Segrate (Mi) MERCOLEDI' 20 GIUGNO(MAGNOLIA)

Spilla FestivalPrimi due attesissimi appuntamenti conTribes e l'acoustic set di Patrick Wolf.Ancona GIOVEDI' 21 E SABATO23 GIUGNO (MOLE VANVITELLIANA)

Roma VintageIl calendario dei concerti: PhenomenalHandclap Band (oggi), Tribes + Soviet

Soviet, Der Noir, Confield e SpiritualFront (il 19), l'unica data italiana degliSpiritualized (il 21), Oh Land eAzari&III (il 22), Iliketrains (il 23).Roma DA SABATO 16 A SABATO23 GIUGNO (PARCO SAN SEBASTIANO)

FestateVentiduesima edizione della rassegnaticinese il cui sottotitolo quest'annorecita «The High Side of Freedom».Ospiti: Mariem Hassan, Staff BendaBilili, Magnifico (il 16).Chiasso (CH) SABATO 16 GIUGNO(PIAZZA MUNICIPIO)

Bloomlive FestivalDue appuntamenti per la rassegnaestiva. Stasera tocca ai Club DOgomentre il 21 sarà la volta dell’«acousticset» di Patrick Wolf.Sesto San Giovanni (Mi) SABATO16 E GIOVEDI’ 21 GIUGNO (CARROPONTE)

Mojo Station BluesFestivalDue serate a tutto blues con: DeadShrimp, Angelo «Leadbelly» Rossi &Ruggero Solli, HollowBelly e dj set (il22); Spooky Man, The Blues AgainstYouth, Luke Winslow King & RobertoLuti e dj set (dalle ore 19).Roma VENERDI' 22 E SABATO 23 GIUGNO(CIRCOLO DEGLI ARTISTI)

DinamofestIn cartellone 99 Posse (stasera), A

Toys Orchestra (il 19), Shazalakazoo (il20), Banda Bassotti (il 21).Roma DA SABATO 16 A GIOVEDI'21 GIUGNO (CITTA' DELL'ALTRA ECONOMIA)

Torrita Blues FestivalLa rassegna blues ha in organico, tra glialtri, Joe Louis Walker, Dave Peaboy eColin Earl nelle prime due serate (il22), e Mac Arnold e The Cyborgs perla serata conclusiva.Torrita di Siena (Si) DA GIOVEDI'21 A SABATO 23 GIUGNO (PIAZZA MATTEOTTI)

PercfestLe ultime date vedono il concerto delSergio Cammariere Group e la Nottedei Tamburi dedicata interamente allepercussioni.Laigueglia (Ge) SABATO 16E DOMENICA 17 GIUGNO (PIAZZA MARCONI)

Massarosa Jazz FestDopo il sestetto di Franco D’Andrea,in cartellone Fulvio Sigurtà e ClaudioFilippini, Andrea Fascetti QuintetMauro Grossi Sextet e (il 30 giugno) ilduo Paolo Fresu/Daniele DiBonaventura.Massarosa (Lu) DA SABATOA VENERDI’ (FATTORIA DI CAMPOROMANO)

Artusi JazzMolti gli appuntamenti di rilievo: PowerMarching Band, Kye Eastwood Band,Javier Girotto e Luciano Biondini, LisaManara 4tet, Gegè Munari 5tet,

Giacomo Toni, John De Leo, TheMight Q Trio, Paolo Fresu/GianlucaPetrella, Dino Rubino trio con Fresu,Flavio Boltro 5tet.Forlimpopoli (Fc) DA SABATO 16A SABATO 23 GIUGNO (VARIE SEDI)

UncoolIl festival che ama il free e l’avanguardiapropone Oedipus and The Sun RaArkestra, Akhenanten and The Sun RaArkestra (diretta da Marshall Allen),Peter Giger e Michael Ray.Valposchiavo, CantonGrigioni (CH) DA MERCOLEDI’ 20A SABATO 23 (VARIE SEDI)

Valamar Jazz FestivalLa manifestazione nella cittadinadalmata ha in cartellone Ralph Towner,Enrico Rava Tribe, Joey CalderazzoTrio, Caecilie Nirby Quartet, HughMasekela e Fred Wesley and The NewJB Horn.Parenzo (HR) DA GIOVEDI’ 21A SABATO 23 GIUGNO (ATRIO DELLA BASILICAEUFRASIANA)

FestivalInternazionaledel Jazz di La SpeziaLa veterana rassegna (44 le edizioni)inizia con una Mess Legacy che ospitaAldo Bassi e con la LSJOrchestra cheaccoglie Maurizio Giammarco.La Spezia VENERDI’ 22 E SABATO23 GIUGNO (PIAZZA MENTANA)

JAZZ ITALIA

Un giramondosul binario swing

ELETTRONICA

Lo strano beatdella racchetta

IL NORDRITROVATO

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAGIANLUCA DIANAFLAVIANO DE LUCALUCA GRICINELLAGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

MAURIZIO BRUNOD/GIOVANNI PALOMBOTANDEM DESÀRPA (Fingerpicking.net)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ La produzione del coleader echitarrista del quartetto Enten Eller direcente si diversifica tra collaborazioniprestigiose (John Surman) e dischiinnovativi con ensemble sperimentalicome Kandinskij, in trio con MarcellaCarboni (arpa) e Massimo Barbiero(percussioni), oppure in questo duo conun altro chitarrista, ma in fingerstyle:l'accostamento tra un jazzman quasi free eun virtuoso country-folk crea ineditesoluzioni da camera, memori forse diEddie Lang e Lonnie Johnson, in undialogo anche strumentistico tra classicaed elettrica, scritto e improvvisato,moderno e popolare. (g.mic.)

GOSSIPA JOYFUL NOISE (SonyMusic)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ E così la mutazione della diva punkBeth Ditto a regina «oversize» della danceè compiuto. Aiutata da Brian Higgins -l'uomo dietro a Cher e al planetariosuccesso di Believe - lascia da parte il rocke si tuffa nei 4/4 in tutte le declinazioni.Voce di livello ma un markettoneirresistibile come il disco di Cher lo siazzecca una volta nella vita... (s.cr.)

JOAN AND THE SAILORSMERMAID (Little Jig Records/5ive Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Debutto per questa band che giàdal nome e dal titolo denota una vera epropria passione per il mare. Capinata(termine più che appropriato...) dallavocalist (e chitarrista) Joan Seiler, la bandsembra puntare molto su sonoritànotturne e psichedeliche, con innesti eprogressioni che sanno di post rock,atmosfere gotiche à la Siouxsie e qualcherimando al trip hop dei Portishead. Una«sirena» che lancia il suo richiamo puòessere sempre un pericolo per chi loascolta... (r.pe.)

MELLOW MOODWELL WELL WELL (La Tempesta International)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il reggae continua a trovare casa aPordenone, la stessa zona dove è natal’associazione culturale Rototom che hadato vita all’omonimo festival ora esiliatoin Spagna. Well Well Well è il secondoalbum dei Mellow Mood, prodotto daPaolo Baldini (Africa Unite, Dub Sync,TARM). La loro versione (new) roots delreggae è già stata «premiata» proprio dalRototom (miglior band reggae d’Italia nel2009). Ora i pordenonesi rilanciano conquesto secondo album. Testi consapevoli,«love song» e qualche tocco dispensieratezza da dancehall per un albumcantato in patwa e anche per questo dalrespiro internazionale. Una menzionespeciale va a Immigrant Star, ispirato esuggestivo brano rocksteady. (l.gr.)

Il Cerchio magico s'è rotto, speriamo persempre. Speriamo anche che losgangherato corteggio di ampolle, acquedel Po e corna celtiche resti nel magazzinodelle bizzarrie: perché i danni che fanno ipropugnatori delle «piccole patrie», l'unacontro l'altra armate non sono solosimbolici: si finisce per aver quasi pudore aparlare di culture e musiche «tradizionali».Che sono tutt'altro che i cartelli stradali inbergamasco. Un paio di case editrici, adesempio, insistono con ostinataintelligenza a farci ragionare sui patrimonifolk del nostro Nord, pubblicando testiche si accompagnano sempre a cdmusicali e, in qualche caso, a dvd: veri epropri manuali di sopravvivenza disaggezze resistenti, da leggere, ascoltare evedere, che non devono scomparire.Nota Edizioni propone ad esempio unosplendido volume curato da CristinaGhirardini e Susanna Venturi dal titoloSiam tutte un sentimento/Il corodelle mondine di Medicina trapassato e presente. Strepitosa storiasociale di un ensemble della bassabolognese che testimonia la fatica,l'allegria, la capacità di solidarietà di donnedi tempra passate attraverso millecarambole della storia. Gruppo nato nel1976 per celebrare il XXX anniversariodella Repubblica con esibizione in pubblicoa Villa Spada, Bologna, dove c'è ilmonumento alle 128 partigiane dellaprovincia morte durante la Liberazione. Altesto è accluso il film in dvd Il Maggio dellemondine, di Francesco Marano, e un cd diregistrazioni.

¶¶¶SEMPRE NOTA edita, con unapuntuale e commossa prefazione diFausto Amodei Il Canzoniere delPiemonte, di Alberto Cesa. Illeggendario e infaticabile promotore (pertrentacinque anni!) di Cantovivo,conoscitore e interpete dei patrimonimusicali popolari piemontesi non c'è più:un testo così (con due cd acclusi) cirammenta che l'opera di intellettuali con lachitarra in man come Cesa è l'esattocontrario e rovescio, come dice Amodei,del campanilismo e dello sciovinismolocalistico, in nome di una «tradizione»che continua a essere mobile, variata,porosa come una spugna. Per Squilibri èuscito invece Musiche tradizionali inBrianza/Le registrazioni di AntoninoUccello (1959, 1961), curatela diRoberto Valota: prima raccoltasistematica, dopo i precedenti e parzialisondaggi di Lomax e Leydi, su unterritorio ancora essenzialmentecontadino tanto ricco musicalmente,quanto ignorato. È una documentazioneimponente, che giustifica le 500 pagine dellibro, e i tre cd acclusi al volume.Meditino, i seminatori di «piccole patrie»velenose, sul fatto che Antonino Uccello,il documentatore di tradizione brianzola inBrianza, faceva il maestro elementare: eraarrivato dalla Sicilia.

Come siano cambiati i rapporti tra jazzitaliano e statunitense lo dimostrano, ad altolivello, due album: uno del veterano pianistae compositore Riccardo Fassi, Sitting in aSong (Alice Records), e l’altro del batterista«giramondo» Matteo Fraboni, This Is MyMusic (ViaVenetoJazz). Fassi collabora daanni con jazzisti Usa quali Gary Smulyan,Alex Sipiagin e Dave Binney; da quasi tredecadi dirige la Tankio Band e ha maturatoun «pensiero orchestrale modulare», capacedi adattarsi a organici di diversa entità. Conin mente il sound di determinati jazzisti,Fassi ha composto e arrangiato 10 brani cheha poi registrato a New York dopo prove econcerti al 55 Bar. Album di alto profilo,Sitting in a Song rispecchia la personalità delsuo autore e dei musicisti coinvolti in unrapporto sinergico lungo gli originali binaritracciati dal leader, da Random Sequencer aDyonisia. Il 29enne Fraboni è passatoattraverso la Berkelee, Siena Jazz, Cuba,New York e il Senegal. Nella Big Apple haportato sei sue composizioni e diretto unquintetto con lo «stilista» George Garzoneal tenore. Jazz non convenzionale,percussionistico (Something New) e timbrico,onnivoro e personale (Umuntu Ngumuntu,rispetto). Un buon esordio. (Luigi Onori)

Varie declinazioni del pop dello stivale.Moderno, finemente arrangiato,superbamente orchestrato e interpretatocon tanti rimandi alla scuola cantautorale deiSessanta e una (evidente) infatuazione per iFab Four. A proporlo è CesareCremonini che con La teoria dei colori(Universal) arriva al disco della maturità.Undici pezzi, non uno scarto che sia uno, ealmeno due punte d'eccellenza: L'uomo cheviaggia fra le stelle e Il sole. C'è il pop rétro,quello che recupera il passato. E chepassato, quello dei Cetra, intesi comeQuartetto che il coro de Il pentagramma(ben 14 voci!) celebra in un cd intitolato Ilquattordicetto Cetra (Four/Beyond Jazz).Divertente, ottimo amalgama delle voci male parti soliste sono debolucce e fannorimpiangere gli originali. Infine ecco il popdel futuro. O almeno, l'ambizione è tale peril duo Serpenti che con il secondo eomonimo album (Universal) frullano rockelettronica e pop. Tante buone idee epropositi ma la mescolanza non è chiara,così che la cosa migliore è la cover di Tenaxdi Enrico Ruggeri che già avevano proposto- con l'aiuto dell'autore - nel suo discouscito lo scorso gennaio. E abbiamo dettotutto... (Stefano Crippa)

Il primo suono dell'album d'esordio delmisterioso producer italiano IndianWells è quello di una pallina da tennis chebatte sulle corde di una racchetta: il branos'intitola Wimbledon 1980. In Night Drops(Bad Panda) i beat sono incisivi ma il loroimpatto attutito ad arte anche perchéimmersi in suoni eterei. Otto branistrumentali con una visione romantica deltennis e atmosfere dilatate. Il sardoGroovekingsley in Painting Circles ep(Cardema Records) costruisce i brani apartire dal suo bagaglio hip hop per poilavorare sulle recenti evoluzioni dei suonibassi ma senza spingere sull’acceleratore,anzi con tatto. Per l’occasione gode delsupporto di alcuni colleghi remixer comeAgent.oh. Arriva da Brooklyn, viaMichigan, Laurel Halo, che muoveimprevedibilmente la sua voce su beatonirici colorati di psichedelia. Il suoesordio, Quarantine (Hyperdub), una delleproduzioni più originali di ambitoelettronico di questo scorcio di 2012, èavant pop storto, spesso tenebroso,quanto mai contemporaneo. Laproduzione musicale e le parti vocaliraccontano di una musicista completa enon allineata. (Luca Gricinella)

POP ITALIA

Ripensandoal vecchio stivale

INDIE USA

Una «limonata»per Zammuto

PEPPE NAPOLITANOLA CANZONE DI NAPOLI (Intra Moenia)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Allievo prediletto di Sergio Bruni eambasciatore della canzone napoletana intutto il mondo, il «maestro» Napolitano sicimenta con 16 evergreen, dall’Ottocentoa oggi, la più antica è Graziella, la piùrecente Amaro è ‘o bene, un modopiacevole per riproporre indimenticabilicapolavori e altri brani meno fortunati mad’ottima fattura. Libro consistente e discorigorosamente unplugged, coi cordofoniche fanno spazio alla voce asciutta, con unvibrato leggero quanto brillante. (f.d.l.)

JOHN OATES BANDTHE BLUESVILLE SESSIONS (WBA Rec.)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Navigato mestierante Oates. Tirafuori un disco di qualità, in equilibrio trablues e americana sound. L'occasione èquella di essere a casa di Bill Wax, bossincontrastato di Sirius/XM Radio. Da lìarriva il nome di questo disco, registratonegli studi dell'emittente, con tutto ilfeeling possibile. Da suonare mentre sietein automobile. Leggero, friabile e pocoimpegnativo. L'indice a tenere il tempobattendo sul volante. E Mississippi Mile eDeep River tra le favorite. (g.di.)

SOULSAVERSTHE LIGHT THE DEAD SEE (V2/Coop Music)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ L’inizio ci immerge in atmosferemorriconiane. Ma è solo una delle tantesuggestioni che evoca questo nuovo discodegli inglesi Soulsavers. A dare lustro eclasse alle loro idee musicali questa volta,dopo Mark Lanegan, ecco Dave Gahan deiDepeche Mode. Le sue melodie e il suotimbro affascinano le note, le sue liriche sifanno domande su dio e sulla fede,mentre la musica ci circonda tra un moodacustico e orchestrale e rimandi al gospele al blues ancestrale. Toccante. (r.pe.)

L’uso del vocoder un po’ troppo reiterato,per i nostri gusti, è una delle poche pecchedell’esordio omonimo di Zammuto(Temporary Residence/Goodfellas), bandche prende il nome (d’arte anche quello)dal leader Nick Zammuto, già metà deinewyorkesi The Books. Elettronica,sperimentazione e pop, follie e glitch,psichedelia e afrobeat, tutto questo in unsolo disco non è male. Sempre da NewYork arrivano i Lemonade e la loroelettronica dalla fortissima estetica r’n’b epop. Un disco, Diver (4Ad/Self),piacevolissimo, che guarda al 2-step dimatrice britannica ma anche all’electrowave degli anni Ottanta, di cui è manifestoil primo irresistibile singolo, Neptune, postacome seconda traccia, un’indigestione dizucchero e miele. Ma poi basta mettersi adieta e la cosa è risolta. Ancora elettronicae ancora la Grande Mela protagonisti conil debutto dei Light Asylum (MexicanSummer/Coop Music). La voce poliedricadi Shannon Funchess appare subito iltratto distintivo del duo. Passa disinvoltadal gutturale al melodico, dal tenorile aigraffi à la Nina Hagen, su basi che vannodal synth punk alla wave oscura finoall’industrial. (Roberto Peciola)

DI GUIDO FESTINESE

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Se Coppi e Bartalitwittano dal passatodi MATTEO LUNARDINI

●●●Ci sono sport per i quali lanarrazione è tutto. E ciò rende la loroepica senza pari. Come il ciclismo.Cent’anni di salite e discese, di fughee ricongiungimenti, di trionfi ecapitolazioni, l’hanno fatto entrare didiritto nel patrimonio storiconazionale. Senza una qualche formadi racconto, però, esso praticamentenon esisterebbe. Nonapprezzeremmo le gesta delcampione, l’altruismo del gregario,l’attacco sulla montagna delloscalatore. Nessuno può vedere tutto.Il tutto si può solo immaginare.

Vale anche per l’appassionatoabbarbicato sullo Stelvio, che insiemead altri (quest’anno 200.000) aspettal’arrivo del campione solitario: cosasaprebbe di ciò che è successo fino aquel momento, se non lo avesserotenuto informato? E cosa saprebbedel mito dello Stelvio, se da qualcheparte non avesse appresodell’impresa di Coppi, che nel 1953 loimboccò dal lato del Trafoiconquistando la maglia rosa?

La storia del ciclismo non è infattisolo Coppi e Bartali, Moser e Saronni.Ma anche Carosio, Brera, Zavoli e DeZan. E non è solo muscoli e telaio.Ma anche tutto l’armamentario alservizio del mito: libri, guide, giornali,radiocorsa, elicotteri, moto, satelliti,televisioni. E Internet. E twitter,l’ultima rivoluzione. Grazie alla qualesi può stare collegati con la corsa inogni momento e in ogni dove:comodi sul divano di casa oppureabbarbicati sullo Stelvio. Basta untelefonino.

Tuttavia internet non rompe solole barriere dello spazio. Anche quelledel tempo. Ed ecco che a un gruppodi internauti appassionati di ciclismoviene un’idea. Viaggiare nella storia.E tramite twitter (@giro1946), nonchéun sito (giro1946.wordpress.com),dare la possibilità a tutti gliappassionati di «immaginare» unGiro d’Italia del passato. Un Girod’Italia narrato come se fosse indiretta. Lo storico Giro del 1946.«L’idea di far rivivere un importanteevento sportivo del passato su twitter— ci dice Luca Faenzi, che insieme

ad altri facinorosi appassionati diciclismo cura la diretta del Girod’Italia 1946 — ci è venuta vedendoche esperimenti simili, come quellodi ricreare la Seconda guerramondiale, stavano avendo moltoseguito. Abbiamo pensato che nellosport, e nel ciclismo in particolare, lanarrazione fosse ancora più eroica,meno appiattita sulla storiografia,quindi tributaria di un’epica del tuttoparticolare. E molto suggestiva dariprodurre».

●E il Giro d’Italia del 1946 siprestava particolarmente?Il Giro d’Italia del 1946 è il piùaffascinante della storia per varimotivi. Innanzitutto è il primo delsecondo dopoguerra e si svolge pochigiorni dopo la vittoria nelreferendum. È il Giro della rinascita,il racconto di un’Italia ferita efinalmente libera che vuolericominciare. Non a caso le tappe sicorrono in un paese martoriato, traponti di barche e città ancora a terraa causa della guerra. Gli arrivi sonotra cumuli di macerie, ciò nonostante

nel rinnovato entusiasmo dei tifosi.Agli italiani, infatti, quel Giro porteràun grande sollievo. E lascerà ineredità un nuovo mito. La rivalità traCoppi e Bartali, che diventerà il farodella narrazione storico-sportiva perparecchi anni.

●Lo seguite tappa per tappa?Dal 15 di giugno, giorno dopo giorno,ricalcando il calendario originale del1946. Il tutto attraverso più indirizzitwitter. Si potrà seguire la direttadella tappa (@giro1946), con le fughe

nelle strade dissestate, le volate deicampioni e l’eccitazione della folla. Enel frattempo leggere i tweet deisingoli protagonisti, dove sarannoriportate le impressioni a caldo diBartali (@bartali1946), Coppi(@coppi1946), Cottur (@cottur1946),Malabrocca (@malabrocca1946),Ortelli (@ortelli1946), Camellini(@camellini1946), Bevilacqua(@bevilacqua1946).

●Come avete fatto a reperire ilmateriale necessario per ricostruirela corsa?Libri, soprattutto, ma anchemateriale del tempo. Alcuniappassionati ci hanno infatti messo adisposizione giornali dell’epocascannerizzati. Poi ci siamo divisi icompiti. I due che seguono la regiadella corsa studiando ogni cosariguardasse il percorso e la gara.Mentre gli altri che interpretano ilsingolo corridore studiando biografiee giornali. Nel caso di Cottur, inoltre,abbiamo contattato il figlio persapere aneddoti inediti. E siamo sulletracce di Ortelli, uno dei protagonistidi quel Giro. È il più vecchiocorridore ancora in vita ad averindossato la maglia rosa …

●Quali tappe consigli di seguireassolutamente in diretta?La tappa più importante è senzadubbio quella del 30 giugno. L’arrivoè previsto a Trieste, città che in quelperiodo è ancora contesa tra Italia eJugoslavia. E infatti succede di tutto. Ifilotitini organizzano un agguato,lanciano pietre e sparano. Malgradotutto 17 ciclisti, guidati dal triestinoCottur, entrano in città accolti comeeroi. Ma da non perdere c’è anche laprima tappa alpina, quando Coppi va

in crisi... E non vi dico altro.

●No, non riveliamo chi vince,anche se gli storici del ciclismodovrebbero già saperlo. Puoi invecedirci quali profili twitterpersonalizzati consigli di seguire?Coppi e Bartali, ovviamente. Il mitodella loro rivalità, come abbiamodetto, nasce proprio in quellaedizione del Giro. Ma interessante èanche Ortelli, che ha fatto laresistenza e combattuto ilnazifascismo prima di risalire inbicicletta. Corre per la Benotto. Il suoprofilo sarà curato molto bene. E poidi imperdibile c’è Cottur quandoentra nella sua Trieste.

●Una particolarità però non puòsfuggire: i ciclisti twittano mentrecorrono?Sì, questa è ovviamente una grandepossibilità che twitter dà alla fantasia.Permettendoci di raccontare le fughe,descrivere quel che succede dentro lacorsa, trasmettere la fatica el’impegno dei corridori. E poi la cosanon deve stupire più di tanto. Anche

CICLISMO&WEB

Un gruppodi internauti hadeciso di viaggiarenella storiae narrare in presadiretta il Girod’Italia del 1946,il primo del dopoguerra. Oggi 190 kmTorino-Genova,in maglia rosac’è Giordano Cottur

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Durant-Lebron,sfida tra oppostiper l’anello Nba

durante l’ultimo Giro d’Italia unciclista twittava mentre era in corsa.Era Ivan Basso.

●Oggi i media al servizio dellosport si sono moltiplicati. Aglialbori c’era solo la carta stampata,poi nell’edizione del Giro del 1931vinto da Learco Guerra arrivò laradio. Quindi negli anni Cinquantala televisione. Oggi c’è internet.Cosa cambia per l’appassionato?In un certo senso twitter fornisce uncontatto diretto con il tifoso. È menorinchiuso dentro schemi, perché èimmediato. Restituisce umanitàanche agli interpreti, che spesso sivedono per come sono e per comepensano. Un tempo invece lanarrazione era immaginifica e icorridori, insieme alle loro gesta,venivano idealizzati di più. Ciò neaumentava indubbiamente il mito.

●E il prossimo Giro storicovirtuale?Sicuramente qualcosa di nuovo sifarà. Il gruppo di facinorosi oramai èin ballo. Stiamo pensando anche adaltri sport. Il Grande Torino, peresempio, sarebbe suggestivo,ancorché molto lungo e difficile. Male idee certo non ci mancano e lapassione pure. E poi adesso c’è daconcentrarsi sul Giro del 1946.

Infatti oggi, sabato 16 giugno1946, si corre la seconda tappa della29esima edizione del Giro d’Italia: laTorino - Genova di 190 chilometri.Partenza alle ore 11.00(collegamento twitter dalle ore12.00). Previsto bel tempo. Dopo laprima tappa, la Milano – Genova, inmaglia rosa c’è Giordano Cottur. Gliesperti in questa tappa prevedonoche ci sarà bagarre.

PALLACANESTRO USA

●●●Questi i principali protagonisti delGiro d’Italia del 1946 nei profili preparatisul sito giro1946.wordpress.com dagliinternauti appassionati di ciclismo che daieri raccontano la corsa rosa dellaRinascita su twitter.

Gino Bartali, per tuttiGinettaccio. Toscano di nascita e diindole. Non si piegò mai al Fascismo cheintorno a lui cercò di costruire il mitodell’uomo invincibile, soprattutto dopo laVittoria al Tour de France del ’38. Giàvincitore di due Giri d’Italia non aspettaaltro che la corsa ricominci per suonarlea Fausto Coppi che ventenne e sfrontatovinse la Rosa del 1940 in barba alleregole di squadra.

Angelo Fausto Coppi da Castellania.Vincitore del Giro d’Italia 1940 a solivent’anni. Grande passista e scalatore,buon velocista, ama la strada ma nondisdegna la pista (record dell’ora alVigorelli nel 1942). Fresco vincitore dellaMilano-Sanremo con 14' sugli inseguitori.

Giordano Cottur. Sembra che iconflitti ne abbiano disegnato il profilo.Nasce alla vigilia della Grande Guerra e,anche adesso che la seconda GuerraMondiale è appena finita, vive glistrascichi politici del conflitto nella suaTrieste. Non vince grandi trofei ma èprotagonista sia al Giro d’Italia che alTour de France. Si può dire che sia dirado il migliore, ma sempre con imigliori.

Vito Ortelli, classe 1921, romagnolodi Faenza. Due volte campione italianosu pista (inseguimento ’45 e ’46). Ciclistacompleto e grande promessa. Lo stessoAlfredo, ct della nazionale, l’ha definito«il Binda dei dilettanti». E’ al suo primoGiro e corre per la Benotto.

Antonio Bevilacqua corre per laWilier Triestina. Secondo nellaMilano-Sanremo del ’42 a soli 24 anni èun forte passista dal fisico possente. Neigrandi giri va a caccia di tappe di pianurae arrivi in volata. Molto forte anche supista (campione d’Inseguimento nel ’43).

Fermo Camellini, classe 1914, è ilcapitano designato della Olmo. Nato inItalia ma cresciuto a Beaulieu, in Francia,ha scoperto la bicicletta lavorando comegaloppino per un idraulico. Compatto epotente, è un imprevedibile grimpeur,dote che gli ha permesso di trionfare allaParis-Nice del 1946, immediatamenteprima del Giro.

Luigi Malabrocca è nato a Tortona nel1920. Soprannominato «il Cinese» acausa dei suoi occhi a mandorla, è ultimodi sette fratelli e grande amico di FaustoCoppi. Corre il Giro d’Italia del 1946 perla Milan Gazzetta e il suo numero dipettorale è il 55. Non vi preoccupate senon lo vedete arrivare con i primi.

I PROTAGONISTI

di NICOLA SELLITTI

●●●L’arcobaleno nell’Oklahomacomincia a spuntare nel 2007. SamPresti, giovane dirigente formatosi aiSan Antonio Spurs del burberotecnico ex Cia Gregg Popovich e TimDuncan, dice al proprietario degliOklahoma City Thunder, l’editoremilionario ex azionista dei SanAntonio Spurs Clay Bennett, che ilciclo vincente degli speroni – quattrotitoli Nba in otto anni – si potrebberipetere anche per la sua franchigia,che l’anno precedente avevatraslocato da Seattle. Bennett accettala sfida, Presti saluta l’Alamo, ilRiverwalk, gli assaggi di vino rossocon coach Pop e mette mano alfenomeno Thunder. Una strategiasilenziosa. Una cultura monoliticadel lavoro che privilegia l’attività discouting su atleti, allenatori,dirigenti alla ricerca di stellemilionarie dalla personalitàesasperata. Low profile, nessunapresenza fissa su «SportCenter» oconcessione allo show-time di altriteam con spogliatoi da film, comeLos Angeles Lakers o Miami Heat.Un modello di successo sostenibile -per la felicità del commissioner dellaLega, David Stern - con prospettiscelti dal college e in Europa. E che 5anni dopo ha portato Oklahoma allefinali Nba contro i Miami Heat diLebron James e Dwyane Wade.

Situazione in parità con gara 3 chesi gioca domani notte in Florida.Thunder al galoppo nella primapartita casalinga, Miami che centra ilcolpo nel secondo atto. Una finalestorica, che segna il passaggio diconsegne ai due nuovi dominatoridella Lega. Durant che in finale dellaWestern Conference ha chiuso l’era

Duncan a San Antonio, James chesigilla la fine dei Big Three deiBoston Celtics, Pierce, Allen eGarnett, nella finale della EasternConference. Due personalità aconfronto, i volti migliori che la Nbapuò spendere nell’anno dellastagione della serrata per il tardivoaccordo sul contratto collettivo degliatleti. Durant è arrivato ai SeattleSupersonics da Texas University,seconda scelta al draft 2007 dietro ilgigante Greg Oden, che a Portlandha messo assieme più interventichirurgici che punti e rimbalzi.Come Tim Duncan, KD trascina icompagni più con lunghi silenzi el’esempio sul parquet. Nientepolemiche con arbitri o avversari e lacapacità di diventare protagonistanell’ultimo quarto di gioco, quandohanno esaurito le cartucce RussellWestbrook, candelotto di dinamiteda 188 cm da Ucla, e James Hardenda Arizona State, eletto sesto uomodella stagione 2011/2012, la barbapiù famosa degli Stati Uniti, sparringpartner estivo di Kobe Bryant suiplayground di L.A. Un trio che rendeturbolento il sonno notturno diLebron James. Un uomo inmissione, LBJ. Obiettivo: l’anelloNba, l’argenteria che ha portato«The Chosen One» a lasciareCleveland due stagioni fa per«portare i suoi talenti a SouthBeach» come diceva lo stesso Jamesnell’ormai celebre diretta televisivacafonal su Espn.

La pressione su di lui di media eaddetti ai lavori è oltre i livelli diguardia. Su Twitter si moltiplicano iprofili dei «Lebron Haters».L’etichetta profuma di stampa: il piùgrande perdente della storia dellosport americano, il più forte della

Lega sino alle Finals che scomparenei momenti decisivi. Che negliultimi secondi di gara passa quandodeve tirare e tira quando servel’assist. Contano solo i tituli, la Nba èuna lega darwiniana etestosteronica. Se non vinci, seinessuno. Il pensiero del titolo è nellamente di Lebron dalla scorsa estate,dopo la sconfitta in finale contro iDallas. Si avvicinava un lungoperiodo di stop per la serrata. Jamesospita l’amico Durant a casa sua,Akron, Ohio. Il legame tra i due eranato ai Mondiali 2010 in Turchiavinti da Team Usa con KD Mvp dellacompetizione. Una settimana diallenamenti intensi – con brevi videopiazzati su YouTube - tra pesi,piscina, ripetute su un campo difootball, partitelle contro senzaesclusione di colpi. Un minicorsocon ritmi da marines, definito «WeekHell» dai due fuoriclasse. Nessunocedeva il passo all’altro. «Lì hocapito che stoffa avesse», ha dettoalla stampa James. Taciturno comesempre Kevin, che saluta con unbacio alla fine di ogni gara lamamma. E che il 7 luglio 2010annunciava con un semplice tweet il

rinnovo contrattuale con i Thunder,ringraziando Dio, invocando unabenedizione. Umiltà e moderazione.

L’opposto King James, Mvp dellastagione regolare – terzo in carriera -volto da star con gli occhialoni nerinelle conferenze stampa, ancoraodiato nella Nba per la sceneggiataideata due anni fa ai tempi delpassaggio agli Heat. Arroganza,egocentrismo, il giorno successivo alpost su Twitter di Durant. Entrambisono perfette proiezioni in scaladella differenza tra Oklahoma City eMiami. Petrolio, autostrade, bovari ela partita alla Chesapeake Arena deiThunder sono le attrazioni dellaprima, che per la finale si è concessain pieno centro una riproduzionedella Venere di Botticelli con il visodi Durant. In particolare, ilpalazzetto dello sport dei Thunder èrovente, come quelli che ospitano lepartite Ncaa. A South Beach invecec’è il mood di un porto di mare colclima sempre mite, dove l'efficienzanordamericana incontra il caloredella gente del sud. Italiani, cubani,messicani, inglesi. Si parlano cinquelingue, si fa la bella vita. Di recente èstato inaugurato pure il museo piùsexy del mondo, con corpi eccentriciin bella mostra dentro club ealberghi eleganti, eventi vistosi e unascena fiorente di baccanali benassortita. Il pubblico degli Heat sipresenta all’American Airlines Arenasempre in ritardo. Prima c’èl’aperitivo. Altro che «Heat», il tifo èfreddo, disinteressato, si esalta soloper i guizzi in contropiede di Jamese Wade. Una franchigia glamour,che due anni fa con l’acquisizione diJames e Bosh formava i Big Three,facendo la voce grossa nella Lega,mettendo assieme campioni a suondi milioni di dollari. Due finali,nessun anello alle dita dei fenomenie del presidente degli Heat, PatRiley. «Non so molto di KevinDurant, so quello che sapete voi,non credo che Oklahoma offraoccasioni per far parlare di sé», haammesso Dywane Wade. Perulteriori informazioni su KD,chiedere ai sogni di Lebron.

Gara 1 della finale Nba Oklahoma-Miami,foto Reuters. A sinistra, Gino Bartali portatoin trionfo al l Giro del ’46. La locandinadella corsa e la «Domenica del Corriere»

Il campione silenzioso di Oklahomacontro la superstar di Miami, simbolidi due città e due modelli di basketagli antipodi. La finale è sull’1-1,domani notte gara tre. E l’Americatifa ancora una volta contro il Prescelto

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