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di Roberto Silvestri ●●●Il 25 gennaio prossimo al Cairo, nel primo anniversario della rivoluzione, un corteo guidato dai parenti delle vittime di Mubarak minaccia di penetrare nella cella dell’ex presidente per completare ciò la giustizia ordinaria non avrebbe il coraggio di fare. Un linciaggio annunciato. Secondo capitolo di quella «rappresentazione dell’arcaicità araba» che - regista la Francia, producer l’Occidente intero - segue alla barbara esecuzione di Gheddafi, messa in scena spettacolare che giova all’immagine di un occidente invece moderno, cioé specializzato sempre nel togliersi di mezzo come mandante? Intanto in Egitto il 25% della popolazione muore di epatite C e di degrado igienico. Ce lo racconta un film impressionante ma non impressionistico sulla rivoluzione araba, perché mette in densa prospettiva, e con saggia leggerezza, gli avvenimenti di questi ultimi 12 mesi in Egitto, nel maghreb e nel mashreq. Lo ha girato e autoprodotto un giovane cineasta egiziano da anni in Italia, Maged el-Mahedi, artista «italieno», trattato finora con stolida indifferenza dalla ufficialità intellettuale e politica del nostro paese. Non parlo bene, danzo meglio è un pamphlet complesso e sorprendente sull’Egitto di oggi, attanagliato tra strapotenza militare (che da Nasser in poi ha in pugno il paese) e subalternità religiosa, coppia famigerata ed eterodiretta che vorrebbe schiacciare qualunque possibilità d’emancipazione collettiva, ma.... Abbiamo incontrato il regista a Roma. Partiamo dalla complessa forma ibrida di questo ««falso» documentario: reportage giornalistico (sulla rivoluzione); dramma privato (la morte di tuo fratello per epatite c); film di denuncia (tragedia sanitaria del paese) e thriller politico (pericolo islamista)... C'è però anche un quinto elemento strutturale, che fa da collante a tutti gli altri, la danza. Ne parla il maestro Mahmoud Reda, è una forma di arte che presenta un'energia collettiva legata in modo dialettico alla storia egiziana degli ultimi 60 anni. Non a caso vengono mostrate immagini di un musical del 1965, era Nasser, fino alle riprese di uno spettacolo di Reda del 2010. L'idea è che questa forma di espressione artistica (la danza come energia positiva) sia presente in gran parte del film, dalla piazza (pensiamo ai movimenti del corpo durante la preghiera collettiva) fino ai momenti intimi dove la musica è sempre in sottofondo (sia nel palazzo di Roma, che nella casa di famiglia di Tanta). La stessa epatite C è una minaccia alla rivoluzione e all'energia espressa da quel milione di persone presenti in piazza Tahrir. La dialettica è quella dell'energia vitale/malattia, rivoluzione/conservazione, vita/morte. La rivoluzione è una forma di energia collettiva e spontanea. La riuscita della rivoluzione stessa è minacciata sia dall'epidemia sanitaria, sia dal potere. Sono stato profondamente impressionato dall'immagine sconvolgente del milione di persone che si muovevano in piazza come fossero una sola entità, una sola persona. Tale immagine è diventata ossessiva e ha condizionato l'intero processo di montaggio, rompendo la divisione tradizionale tra documentario e fiction, e condizionando la struttura stessa del montato finale. Com'era possibile documentare un'immagine del genere con il linguaggio del documentario? Com'era possibile costruire una narrazione attorno ad essa? Alla fine si è scelto di costruire una struttura assimilabile a quella di una lunga onda sonora sinusoidale che conosce ritmi e velocità diverse. La prima immagine (e l'ultima) mostrano qualcuno (o qualcosa) che è in volo, e quindi è libero. E poi scende sulla terra ferma e poi di nuovo risale nel volo. E così via. Sondos Asem Shalaby (24) con la madre Manal Abou Hassan (candidata alle elezioni politiche che, divise in varie fasi, si concluderanno l’11 marzo 2012) sul balcone della loro casa a Heliopolis. Foto di Carlo Gianferro MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 14 GENNAIO 2012 ANNO 15 N 2 . SEGUE A PAGINA 2

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di Roberto Silvestri

●●●Il 25 gennaio prossimo al Cairo, nel primoanniversario della rivoluzione, un corteo guidatodai parenti delle vittime di Mubarak minaccia dipenetrare nella cella dell’ex presidente percompletare ciò la giustizia ordinaria non avrebbeil coraggio di fare. Un linciaggio annunciato.Secondo capitolo di quella «rappresentazionedell’arcaicità araba» che - regista la Francia,producer l’Occidente intero - segue alla barbaraesecuzione di Gheddafi, messa in scenaspettacolare che giova all’immagine di unoccidente invece moderno, cioé specializzatosempre nel togliersi di mezzo come mandante?Intanto in Egitto il 25% della popolazione muoredi epatite C e di degrado igienico. Ce lo raccontaun film impressionante ma non impressionisticosulla rivoluzione araba, perché mette in densaprospettiva, e con saggia leggerezza, gliavvenimenti di questi ultimi 12 mesi in Egitto, nel

maghreb e nel mashreq. Lo ha girato eautoprodotto un giovane cineasta egiziano daanni in Italia, Maged el-Mahedi, artista «italieno»,trattato finora con stolida indifferenza dallaufficialità intellettuale e politica del nostro paese.Non parlo bene, danzo meglio è un pamphletcomplesso e sorprendente sull’Egitto di oggi,attanagliato tra strapotenza militare (che daNasser in poi ha in pugno il paese) e subalternitàreligiosa, coppia famigerata ed eterodiretta chevorrebbe schiacciare qualunque possibilitàd’emancipazione collettiva, ma.... Abbiamoincontrato il regista a Roma.

●Partiamo dalla complessa forma ibrida diquesto ««falso» documentario: reportagegiornalistico (sulla rivoluzione); drammaprivato (la morte di tuo fratello per epatite c);film di denuncia (tragedia sanitaria del paese)e thriller politico (pericolo islamista)...C'è però anche un quinto elemento strutturale,

che fa da collante a tutti gli altri, la danza. Neparla il maestro Mahmoud Reda, è una forma diarte che presenta un'energia collettiva legata inmodo dialettico alla storia egiziana degli ultimi 60anni. Non a caso vengono mostrate immagini diun musical del 1965, era Nasser, fino alle ripresedi uno spettacolo di Reda del 2010. L'idea è chequesta forma di espressione artistica (la danzacome energia positiva) sia presente in gran partedel film, dalla piazza (pensiamo ai movimenti delcorpo durante la preghiera collettiva) fino aimomenti intimi dove la musica è sempre insottofondo (sia nel palazzo di Roma, che nellacasa di famiglia di Tanta). La stessa epatite C èuna minaccia alla rivoluzione e all'energiaespressa da quel milione di persone presenti inpiazza Tahrir. La dialettica è quella dell'energiavitale/malattia, rivoluzione/conservazione,vita/morte. La rivoluzione è una forma di energiacollettiva e spontanea. La riuscita dellarivoluzione stessa è minacciata sia dall'epidemia

sanitaria, sia dal potere. Sono statoprofondamente impressionato dall'immaginesconvolgente del milione di persone che simuovevano in piazza come fossero una solaentità, una sola persona. Tale immagine èdiventata ossessiva e ha condizionato l'interoprocesso di montaggio, rompendo la divisionetradizionale tra documentario e fiction, econdizionando la struttura stessa del montatofinale. Com'era possibile documentareun'immagine del genere con il linguaggio deldocumentario? Com'era possibile costruire unanarrazione attorno ad essa? Alla fine si è scelto dicostruire una struttura assimilabile a quella diuna lunga onda sonora sinusoidale che conosceritmi e velocità diverse. La prima immagine (el'ultima) mostrano qualcuno (o qualcosa) che èin volo, e quindi è libero. E poi scende sulla terraferma e poi di nuovo risale nel volo. E così via.

Sondos Asem Shalaby (24)con la madre Manal AbouHassan (candidataalle elezioni politiche che,divise in varie fasi, siconcluderanno l’11 marzo2012) sul balconedella loro casa a Heliopolis.Foto di Carlo Gianferro

MUSICA » ARTI » OZIO

SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 14 GENNAIO 2012 ANNO 15 N 2 .

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(2) ALIAS14 GENNAIO 2012

●Parlami di questa tragediasanitaria, il 25-30% di egizianimalati quasi incurabili di epatite C.Gli organi di stampa tacciono eanche l’organismo mondiale dellasanità...Facendo riferimento a quanto affermail medico chirurgo Kamel (figlio di uno

storico primario egiziano che fu tra iprimi a fare trapianti di fegato) negliultimi 30 anni la presenza diun'epidemia sanitaria è stata negata daun potere corrotto che ha teso apresentare l'Egitto solo sotto una vestepositiva, dove i problemi nonesistevano. Inoltre le scarse condizioniigieniche hanno contribuito adiffondere le patologie correlate. Il film

non tende però a una ricostruzioneprecisa e ad un'indagine storica suquesto fenomeno, ma vuolesottolineare, oltre al gravissimoproblema in sé, il suo enorme portatosimbolico. Sono partito dal miodramma individuale (mio fratellomorto, mia sorella malata e il tutto insoli 8 mesi) per arrivare all'intervistacon il medico e a una visita al primo

ospedale pubblico egiziano (èimportante sottolinearlo) che si èoccupato in modo specifico deltrapianto di fegato (Al Sahel Al TalimiHospital) inaugurato sotto lapresidenza di Sadat.

●Parlami della situazione oggi nelpaese, a un anno dalla rivoluzione.Quali prospettive si aprono?In Egitto in questo anno, non ècambiata la situazione, anzi per certiversi si può dire che sia peggiorata. Peresempio, a livello economico e sociale, icontinui scioperi nelle fabbriche enell'amministrazione statale rivelanouna condizione salariale non piùsufficiente a coprire bisogni dellapopolazione che un tempo eranoinvece soddisfatti. Da citare anche lacrisi della borsa e il completo crollodell'afflusso turistico. Del resto, ilcambiamento non può essereprofondo, visto che questa giuntamilitare (che dovrebbe governare fino agiugno, quando sarà eletto il nuovopresidente) è stata scelta dallo stessoMubarak molto tempo prima.

●Qui a fianco pubblichiamo unreportage sui fratelli musulmani.Parlaci del loro ruolo durante leelezioni (comprese le intimidazioni aiseggi, e i regali agli elettori più poveri,stile Dc) ma anche del successo dellaloro proposta...La vittoria di questo partito è statainfluenzata dall'ignoranza radicatanella massa del sottoproletariato

egiziano. Il messaggio lanciato èriassumibile nel «se non voti per noi, seiun infedele, un nemico dell'Islam e nonandrai in paradiso!». Se a questo siaggiungono i finanziamenti che iFratelli Mussulmani avrebbero ricevutodai paesi dell'area del Golfo (la stampaegiziana ha parlato di 100 milioni didollari arrivati dal Qatar e da altri paesilimitrofi), bene si possono capire leragioni di questa affermazioneelettorale. Ho voluto mostrare la realtà,composita e complessa, della societàegiziana, auspicando un'eterogeneitàpullulante e danzante anziché unappiattimento su una singola identitàpolitico-religiosa.

●Perchè hai voluto utilizzare unmontatore italiano?Sono egiziano ma la mia formazioneartistica è italiana. L'interazione con unmontatore che parlava un linguaggiofilmico comune è stata perciò unascelta naturale. Le visioni mie e delmontatore (Lorenzo Pazzi) hannocome tratto comune il Mediterraneo,anche se proveniamo da due spondediverse (africana e europea). Ilmontaggio è stato fatto su materialenon sottotitolato parlato in arabo,lingua completamente sconosciuta almontatore. Da questo punto di vista itagli sono stati spesso fatti, oltre che suicontenuti, anche sulla musicalità delleparole. Come detto prima, l'idea forte èstata quella di costruire una storia perimmagini che non parlasse né illinguaggio della mera documentazione,né quello narrativo classico. Ci sonodiversi salti temporali (flashback,visioni quasi oniriche): più che ladiacronicità si è cercato di rispettare unritmo musicale fatto di suoni emovimenti secondo un'altalena ritmicache si concatenasse alle diverse vicendemostrate (mostrate, più che narrate). Ilderviscio ruota su se stesso fino a unostato di trance, come lo stesso film simuove all'interno di una circolarità chesfugge a una visone filmica classicaoccidentale, disorientando lospettatore, facendolo perdere e poiritrovare continuamente all'interno diun'armonia che ha un inizio e una fineche coincidono (il volo). Il montaggio

del suono (affidato a Andrea Basti) è incorso. Sarà presente anche laregistrazione di una viola suonata dauna musicista classica che haimprovvisato delle variazioni attorno aun motivo tradizionale egizianopresente a più riprese nel film. Il suonodella viola, usato di solito peraccompagnare, in questo caso esprime,nella sua solitudine, una nostalgia e unrichiamo la tradizione sufi.

●Chi è il padrone di casa dal cuiterrazzo i giornalisti esterifotografano gli scontri in piazza?È Pierre Sioufi , artista anarchico (eattore teatrale e cinematografico) difamiglia aristocratica. Ha una casa (eun terrazzo) che domina Piazza Tahrir.In quei giorni diverse troupe televisive,e giornalisti provenienti da tutto ilmondo (al jazeera, corriere della sera,rai, bbc, e altri) hanno usato i suoi spazie la sua ospitalità per documentare glieventi. Il film mostra una sorta dibackstage di tale processo, facendointendere un brusio informativo checaratterizza quello che avvieneall'interno della casa, mentreall'esterno è in corso una rivoluzione.Viene mostrata una dialettica tradentro e fuori. All'interno della casa sinaviga su Internet e ci si aggiorna suglieventi tramite Facebook. Al di fuori glieventi, invece accadono realmente.Viene così denunciata una sorta diincapacità dei media di vivererealmente quello sta succedendo. A uncerto punto il regista si reca con Pierresul tetto e dopo che egli gli ha mostratogli effetti distruttivi sui suoi ricordi difamiglia di una perquisizione deimilitari, si scopre che il dentro e il fuorisono collegati (fino a quel momentonon era stato ancora detto). C'è ancheun richiamo al rapporto tra tradizionee modernità: le sculture di Pierre che sicollocano tra passato econtemporaneità, gli oggetti che sonoappartenuti alla sua famiglia, un'anticalastra fotografica in cui si riflettel’immagine mia e della telecameradigitale, come il trait d'union tra le duedimensioni, quella delle dinamichedella casa di Pierre, e quella dellapiazza e dei suoi fermenti.

«La rivoluzione è una forma di energiacollettiva e spontanea». Il cineasta egizianoMaged el Mahedy parla di «I don't speak well,I dance better», illuminante film su piazza Tahrir

Epatite e tumulti,danzando a Tahrir

IL CAIROCINEMA / ISLAMISTI

ANNO UNO

SEGUE DALLA COPERTINA

Sotto, a sinistra:immagini dal film«Non parlo bene,

danzo meglio»di Maged el Mahedy

IL RINASCIMENTO ARABO

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(3)ALIAS14 GENNAIO 2012

GERENZA

di VINCENZO MATTEIIL CAIRO

●●●Un terzo, questa era la quotache, a parere degli stessi FratelliMusulmani (Fm) avrebbe preso il loropartito Libertà e Giustizia (L&G) inparlamento alle elezioni politiche. Ilprecedente di Al Nahda in Tunisiafaceva supporre che la Fratellanzapotesse andare oltre le più roseeprevisioni e sfondare la soglia del 40%anche in Egitto. Alla prima tornataelettorale (durata circa un mese emezzo), hanno ottenuto quasi il 45%dei suffraggi. I Fm si stannopreparando per prendere il potere,ma non lo vogliono fare da soli,vogliono dividere la responsabilità diricostruire l'Egitto con altre forzepolitiche, si augurano con i liberali,forse per un mero calcolo politico.Infatti le condizioni in cui verte ilPaese sono a dir poco disastrose: altadisoccupazione, corruzione dilagante,investimenti stranieri fermi al palo,turismo diminuito del 90%... Ilproblema non è vincere le elezioni,ma governare. I Fm sono coscientiche 5 anni non saranno sufficienti perrimettere a posto il Paese, ciò significaun alto prezzo da pagare in termini divoti alle elezioni che si terranno allatornata successiva del 2016.

È indubbio che la Primavera Arabaha risvegliato molti movimenti politicioppressi dai regimi dittatoriali. InEgitto, i Fm spesso venivanosbandierati da Mubarak agli occhidell'Occidente come spauracchio diestremisti islamici barbuti pronti amettere a fuoco e fiamme il MedioOriente e la stabilità mondiale. Allostesso tempo i Fm eranointernamente tollerati dall'ex regimepolitico e anche se non potevanoagire pienamente alla luce del sole,avevano creato con il tempo una retesotterranea di attività politiche,sociali, economiche e culturali cheagivano dentro la società. Qualcunoafferma che la Primavera Araba stiadiventando un inverno, einsanguinata con la morte di queigiovani che l'avevano iniziata nelnovembre 2011. «Credo ci sia unsabotaggio contro il Paese... da partedel Ministero degli Interni (Mi), delCsfa (Consiglio Superiore delle ForzeArmate) e di una terza parte che gettabenzina sul fuoco alimentando larabbia e gli attacchi reciproci tra la

polizia e i giovani, perché ognitentativo di calmare la situazionefallisce». Sono le parole di Sondos AlShalaby, 24 anni, laureata in MediaCommunication all'UniversitàAmericana de Il Cairo, sua madre,Manal Abdel Al Hassan, è candidataall'elezione parlamentari per i Fm.

Ma chi sono i Fm? Sono dottori,farmacisti, primari, sindacalisti,insegnanti, informatici, editori,scrittori, registi, liberi imprenditori,politici, blogger... Una particolaritàche sembra distinguerli è la loroappartenenza alla classe media, unacondizione che ricorda nel secoloscorso chi possedeva una tessera dipartito e quindi otteneva un buonposto di lavoro. L'inquadramentodottrinale dell'organizzazione rasentala rigida disciplina dei partiticomunisti del secondo dopoguerra,dove i vari membri erano inquadratiin una struttura rigida che annullavaqualsiasi dissenso interno, penal'espulsione, come è accaduto a moltiex membri della Fratellanza. «Siamocome quei conservatori in Americache votano per il partitoRepubblicano», dice ancora Sondos.Mentre Mohamed El Morsy, 59 anni,segretario generale del partito L&Gprecisa: «...non siamo esattamentecome la Chiesa, abbiamo obiettivi emetodi differenti, siamo più comeuna Ong, un'organizzazione islamica,non uno stato o un governo». I Fmsono ramificati in tutti i continenti,per l'esattezza in 95 paesi del mondo.Ad oggi la Fratellanza possiedecapitali in moltissime nazioni, habanche nel Liechtenstein, a Bruxelles,New York... È strutturatafinanziariamente come una holdingcon conti bancari in tutto il globo.

I Fm svolgono attività di aiutosociale per i più bisognosi secondo iprincipi della carità islamica.Possiedono una struttura di Caritasche non ha niente da invidiare aquelle presenti in Europa e inAmerica. Vengono forniti aiutieconomici a chi non può permettersidi andare avanti negli studi, vengonodistribuiti vestiti e cibo nelle case deipiù poveri, viene data assistenzasanitaria a chi non può permetterselonelle strutture ospedaliere di cui sonosoci. «Anche se la Fratellanzaformalmente non appoggiava lapiazza, c'erano molti dottori dei Fmdurante gli scontri di novembre; lanostra è una missione umanitaria,non potevamo abbandonare i feritiche erano a Tahrir senza aiuto. Moltisi rifiutavano di ricevere assistenzamedica fuori dalla piazza, perchéavevano paura di essere arrestatiqualora venissero portati negliospedali. Ci sono dei poliziottiappartenenti al vecchio regime chevogliono ritornare al potere, ovendicarsi delle persone che erano inpiazza a gennaio, usando violenzagratuita e armi proibite come questipericolosissimi lacrimogeni. Ciòrende chiara la determinazione chehanno questi ufficiali di polizia. Sonoin atto cospirazioni per negare lalibertà all'Egitto, con l'evidenteintenzione di ritardare o cancellare leelezioni e protrarre l'autoritàdell'esercito» dice Wahdi Iddin Zaid,direttore dell'ospedale El Markesi aNasr City e membro dei Fm dal 1952.

Quale è il ruolo della donna? «Ledonne sono attive dentro la

Fratellanza, costituiscono il 50% deimembri. Hanno una buonarappresentanza e prendono parte atutte le attività sociali e politiche deiFm. Svolgono un ruolo fondamentaledurante le campagne elettorali,monitorizzano e controllanol'andamento delle votazioni, lavoranonegli scrutini elettorali, e molte di lorosono anche candidate politiche, comemia madre Manal Aboul Al Hassan. Ilruolo della donna è molto presentenei media, nei blog e nei website, madipende dal tipo di specializzazioneche ognuna possiede. Sì, si può direche facciamo più o meno le stesseattività degli uomini» spiega SondosAl Shalaby. Il problema è che ledonne sono piazzate in fondo alleliste elettorali, con poca possibilità diessere elette. Inoltre, secondo ilgiornale egiziano Masr Al Yom, ledonne sono nominate dall'alto, e nonelette democraticamente.

A parte una maggioreemancipazione della donna in Egitto,un altro problema che dovrà essereaffrontato in futuro sarà il ruolo delleForze armate, per evitare chesituazioni come quelle di finenovembre 2011 si ripetano: «Perrisolvere l'attuale crisi ci sono difficiliopzioni che i Fm propongono: laprima porta a maggiori scontri con imilitari, muro contro muro; laseconda è nominare un direttorioristretto, composto da quattropersonalità di spicco nel panoramapolitico, che venga incaricato digovernare il paese fino alla fine delleelezioni parlamentari. Le intenzionidello Scaf a volte sono chiare e a volteno. Quindi chiediamo loro piùtrasparenza, perché dicono sempreche ci sono complotti politici contro ilpaese, ma la gente non li vede.Chiediamo di mostrarceli questicomplotti, per avere una nostraopinione al riguardo» affermaHussein Abdel Qadir El Bassiouni, 44anni, coordinatore e responsabiledelle relazioni esterne del partitoL&G. «L'intervento delle Forze armatenella rivoluzione è stato massiccio eimportante, ma l'esercito non èabituato a svolgere ruoli civili. Ciauguriamo che faccia un passoindietro una volta che avranno luogolibere elezioni» si augura Mohamed ElMorsy.

E Israele? Cosa pensano i Fm diIsraele? Lo chiarisce El Mosry: «Lasoluzione ottimale è quella di avereun solo paese, sotto l'autoritàpalestinese, in cui musulmani,cristiani ed ebrei possano vivereinsieme in pace. Perché ora c'è unostato religioso ebraico, uno statorazzista, che espelle tutti coloro chenon sono ebrei... ciò accresce iproblemi. Siamo contro i sionisti, erifiutiamo una teocrazia ebraica,come una cristiana o musulmana.Rifiutiamo l'occupazione del suolopalestinese, lo spargimento delsangue palestinese e tutte le decisioniinternazionali prese fino ad oggi.Crediamo nel ritorno dei palestinesialle loro terre».

Riguardo agli ultimi scontri aTahrir, Manal Abou Hassan aggiungeil suo punto di vista: «Le richiestedella nostra dimostrazione del 18novembre s'incentravano sul futuro

Nella foto grande, al coffeshop, Mahmud Shabab (27) e Abdelrahman Aqila (22), giovaniFratelli Musulmani e giornalisti presso il partito Libertà e Giustizia del distretto di El Manial.Nelle 3 foto sotto: il vice-segretario generale Rashaad Al Bayumi (73); Abdel Moneim AbouEl Fotouh (60), ex membro dei Fm, candidato indipendente alle presidenziali; Moaaz AbdelKarim (29), leader dei Giovani Fratelli Musulmani, candidato alle elezioni parlamentari,mentre viene intervistato dal canale TV Masr 25 di proprietà dei Fm. Queste fotografiefanno parte del reportage «Muslim Brothers» di Carlo Gianferro (2011)

EGITTO ■ I FRATELLI MUSULMANI

Al centro del paese.Noi, conservatorie compassionevoli

SEGUE A PAGINA 5

MAGED EL-MAHEDY●●●Regista e scrittore egiziano, da molti anni residente in Italia, a Roma, Maged el-Mahedy (nella foto) ha realizzato duecortometraggi, «Salam Viterbo» (38’ ) e «Ritratto di un giovane immigrato» (10’, 2009), montato da Alessandro Piva e premio«Gino Votano», prima di scrivere e filmare, nelle settimane cruciali della rivoluzione egiziana e della cacciata di Mubarak, il suoesordio nel lungometraggio, l’ancora inedito, forse al Forum di Berlino 2012, «I don't speak well, I dance better» (Non parlobene, danzo meglio), montato da Lorenzo Pazzi, Andrea Basti al sound editing, viola solista Koram Jablonko, interpreti principaliMahmoud Reda, Faridah Fahmi, Prof. Refat Kamel, Pierre Sioufi, Maged El Mahedy, Nivin Ramez e Saad Ismail. Il film, che dura77’, è costato 12 mila euro ed è interamente autofinanziato. Le riprese sono durate 6/7 mesi, di cui 5 in Egitto. Il girato è di 35ore. Il formato utilizzato è stato un full hd (1920x1080), a cui si sono affiancate riprese fatte con un iphone, e con unafotocamera compatta (usata nei momenti di minima visibilità del mezzo di ripresa, all'interno della metropolitana per esempio).

Un reportagesu «Libertàe Giustizia»,oggi la principaleforza politicadi un paeseancora nelle manidei militari. Duegenerazioni dileader a confronto

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Alias a cura diRoberto Silvestri

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(4) ALIAS14 GENNAIO 2012

Quella sporcacanaglia amatada Truffaut

STORIEdi MASSIMO RAFFAELI

●●●In una delle scene capitali delsuo film più claustrofobico,L’ultimo metrò (1980), FrancoisTruffaut inserisce, letto a voce altada un regista ebreo in clandestinitàa Montmartre nell’autunno del ’42,un passo che proviene dalpamphlet antisemita e filonazistache fu anche il massimo successoletterario dell’Occupazione: «Noncontenti di monopolizzare glischermi e i palcoscenici, gli ebrei siprendono le nostre donne piùbelle». Destinataria della citazione èun’algida e sentimentalmenteambigua ma comunque stupendaCatherine Deneuve, qui attrice emoglie del regista, forse ignara delfatto che il libro si intitoli Lesdécombres (alla lettera «Lemacerie») e che rechi la firma diLucien Rebatet, notista politico ecritico cinematografico del piùfamigerato foglio collaborazionista,Je suis partout, il cui redattore capo,passato per le armi dopo laLiberazione, nientemeno è RobertBrasillach, anche lui cinefilo antelitteram e già autore di unapionieristica Histoire du cinéma(1935) con suo cognato MauriceBardèche che invece scamperà alplotone di esecuzione prestodivenendo un capofila delrevanscismo neofascista nonché unteorico, se così si può dire, delnegazionismo con l’infameNuremberg ou la Terre promise(1948).

Per crudele paradosso, Rebatetha ritirato le copie del corposolibello il 16 luglio dello stesso ’42 e,mentre lo sta autografando adozzine di esemplari in una libreriadei Campi Elisi, ad appena unchilometro di distanza le WaffenSS, coadiuvate da un manipolo dizelanti suoi connazionali,deportano migliaia di ebrei parigininell’operazione che passerà allastoria come la Grande Rafle delVelodromo d’Inverno. Senza essereancora una celebrità, Rebatet è unesteta figlio del suo secolo, undandy che la foto di quel giornoritrae azzimato con tanto dipapillon: nato il 15 novembre del1903 a Moras-en-Valloire (nelDelfinato, un villaggio sulle Alpinon lontano da Grenoble, la cittàdell’amatissimo Stendhal), figlio diun notaio framassone ma cresciutoin un collegio dei padri gesuiti dacui trarrà un odio mortale per ilcattolicesimo e per ognicristianesimo, egli si è formato aParigi nella redazione della ActionFrancaise di Charles Maurras, lacouche destrorsa eantirepubblicana per eccellenza,per riconoscersi in via definitivamilitante fascista dopo i tumultigolpisti in place de la Concorde del6 febbraio ’34.

Les décombres, libello politico informa di autobiografia, testimoniadel fatto che non è un reazionarioma, semmai, un nemico giuratodella democrazia, sia nella versioneborghese della Terza Repubblicasia in quella più avanzata esocialisteggiante del FrontePopolare. Dirà di non avere maiavuto nel suo sangue neanche unglobulo rosso democratico: lettoredi Nietzsche e Spengler, accettacome una fatalità la diseguaglianzafra gli esseri umani, ammira BenitoMussolini e coglie nella fisionomiadi Léon Blum tutti gli ibridi delcomplotto giudaico-massonico cheai suoi occhi porta ineluttabilmentealla decomposizione della societàborghese e perciò all’avvento delcomunismo. Il suo virulentoantisemitismo, di segno diverso daquello desultorio e follementerapsodico dell’amicoLouis-Ferdinand Céline, assurgenel ’40 a teorema della Disfatta elegittima da un lato l’appoggiofanatico alle politiche filonaziste diDéat e dell’ex comunista Doriot,dall’altro spiega l’aperto disprezzoper il tradizionalismo reazionario,rurale e cattolico, della cricca di

Pétain: nello splendido filmdocumentario di un sodale diTruffaut, cioè L’oeil de Vichy (1994)di Claude Chabrol, mai distribuitoin Italia, lo si vede per un attimonella sequenza di un cinegiornale,pallido e minuto nel rigoremortuario di una cerimonia fra lecamicie brune. Fuggiasco dopol’insurrezione di Parigi, si aggreganel castello di Sigmaringen aglispettri di Vichy prima diconsegnarsi agli alleati il giornodella fine della guerra, l’8 maggiodel ’45, da tempo braccato dallaResistenza e colpito da mandato dicattura sulla base dell’art.75,«collaborazione e intelligenza colnemico».

Incarcerato a Fresnes, processatoe condannato a morte, poi graziatodal governo Auriol, infinescarcerato nel luglio del ’52, riavviain piena guerra fredda e sui foglidella destra (Rivarol, DimancheMatin) una cospicua attività dicritico cinematografico e musicale(wagneriano della prima ora,pubblica a tempo perso unadivulgativa Histoire de la musique,

’69, che gli addetti ai lavoriapprezzano molto), poi anche dinotista politico e di memorialista:muore di infarto nel villaggio nataleil 24 agosto del ’72, senza averenulla abiurato dei propri trascorsipolitici come attesta il seguito di Ledécombres, un libro incompiutoche esce postumo in Francia nel’76 e in Italia, nel ghetto editorialedell’estrema destra, nel ’94 coltitolo Memorie di un fascista1941-1947 (a cura di MorenoMarchi, Settimo Sigillo). Ora, cheun individuo così immondo, unuomo tanto discutibile o,insomma, che una simile canagliasia contemporaneamente stato ungrande scrittore è un paradossodifficile da accettare ma tuttaviafondato su almeno due riscontri. Inprimo luogo (e questo da sempre losi dice a bassa voce) Rebatet è statoun eccellente criticocinematografico (per nullaaccecato dai pregiudizi e dai deliridel Rebatet ideologo) che infatti sifirmava Francois Vinneuil conevidente omaggio a Vinteuil, ilmusicista proustiano. Al riguardo,

in Francia da qualche mese è inlibreria Quatre ans decinéma1940-1944 (Pardès, pp. 410,• 30.40), volume che riunisce lerecensioni apparse su Je suispartout di questo amicodell’anarchico Jean Vigo e futuroaccanito lettore dei Cahiers duCinéma, già estimatore del noiramericano e sperticato laudatore didue film che furono l’emblema delFonte Popolare, La GrandeIllusione e La Marsigliese di JeanRenoir, come puntualmenteRebatet ricorda nelle sue Memorie:«A mio piacimento avevo cosìpotuto lodare nel giornaledell’estrema destra i filmbolscevichi ancora animati dallospirito rivoluzionario, quellidell’espressionismo ebreo-tedesco,le pagliacciate di ghetto dei MarxBrothers, le gesta dei gangstersamericani, immagini del tuttoestranee all’estetica mistraliana oneoclassica della Casa, ai costumidelle giovani ragazze monarchichee alle loro quadrigenarie verginità».

In secondo luogo (ma questoinvece lo si tace da sessant’anni

Esce in Franciaun volumeche raccogliele recensionicinematografichedi Lucien Rebatet,dandy fascista,notista politico,critico musicalee grande scrittore

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esatti) Rebatet è l’autore di uno deipiù grandi romanzi del secolo, Lesdeux étendards, che nelle letterefrancesi ha un posto d’onore fra ilVoyage di Céline e la Recherche diProust, milleduecento pagineuscite in semiclandestinità all’iniziodel ’52 da Gallimard, tuttora incatalogo anche se mai tradotte innessun’altra lingua, da sempreappannaggio dei cosiddetti happyfew. I due stendardi evocatinell’insegna del romanzo che sisarebbe dovuto intitolare prima Lateologia lionese e poi Né Dio néDiavolo, rinviano alle estremitàinconciliabili, ideologiche nonchéesistenziali, del Secolo Breve.Scritto in un’unica e possente presadi fiato, coi ferri ai piedi delcondannato a morte, redatto inuna lingua di scintillante polifoniae nello stile à la diable del veneratoStendhal, Les deux étendardsaspetta ancora i suoi lettori inFrancia e all’estero. E’ un romanzodell’apprendistato e insieme lavicissitudine amorosa di un triplicepercorso teologico-politico (duegiovani di indole opposta i qualisono innamorati di una stessadonna, la fatale Anne-Marie) cheGeorge Steiner, il grande criticoebreo di origini francesi, cosìpresenta ai lettori del New Yorker il24 agosto del ‘92 (poi in Letture, acura di Robert Boyers, Garzanti2010): «Rebatet era un veroassassino, un cacciatore di ebrei, dicombattenti della resistenza egollisti. Mentre aspettava che fosseeseguita la condanna a morte (inseguito fu amnistiato), Rebatetportò a termine Les deux étendards.Questo lungo romanzo si collocatra i capolavori nascosti del nostrotempo. Inoltre è un libro diinesauribile umanità, traboccantedi musica (Rebatet fu per unperiodo il più importante criticomusicale di Francia), d’amore, dicomprensione profonda del dolore.La giovane donna che sta al centrodel racconto non è meno plasmatadalle pressioni irradiate dalprogressivo maturare della vita diquanto non lo sia la Natascia diGuerra e pace».

Si tratta di un’opera scritta instato di assoluta necessità interiore,dunque lontana anni luce, perestremo paradosso, dall’universoideologico di Les décombres comedall’estetica dei Brasillach, deiBardèche e della più o menosvergognata paccottigliacollaborazionista. Venticinque anniprima di girare L’ultimo metrò,memore delle stupende recensionia firma Francois Vinneuil, pare cheil giovane redattore dei Chaiers duCinéma (la notizia è in Antoine deBaeque- Serge Toubiana, FrancoisTruffaut. La biografia, Lindau 2003)abbia voluto incontrare un LucienRebatet sorpreso e lusingatoinvitandolo a pranzo sulla Senna, abordo di un bateau-mouche. Pareanche che Truffaut amassesuggellare ogni nuova amiciziadonando una copia di Les deuxétendards.

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VILLAGE VOICECACCIATO HOBERMAN

SEGUE DA PAGINA 3

Da ragazzo Truffaut amava sugellare ogninuova amicizia regalando una copia di «Les deuxétendards», un capolavoro nascosto del ’900,scritto da Rebatet in carcere dopo la guerra

I FILM DEGLI ULTIMI VENTI ANNI●●●A 20 anni dalla nascita del quadrimestrale «Trafic», paradossalmente aniconico,ovvero «come vivere con le immagini», una rivista aperta «a tutti quelli che hannol’immagine come prima passione, il cinema nel loro bagaglio culturale e la scrittura comeseconda passione», esce in Francia il numero 80. E per festeggiare l’intuizionecontroccorente del fondatore Serge Daney (e dell’editore Paul Otchakovsky-Laurens),ovvero disinteressarsi dell’attualità e ritrovare il piacere della scrittura aperta anche achi critico non è ma studioso d’arte o filofoso o romanziere, si fa la lista dei 20 film delventennio. Non i più belli bensì «quelli sui quali si ama di più scrivere», da «A.I.» diRosenbaum, a «Zefino torna» di Mekas, passando per l’«Inland» di Teguia di Ranciere,«Crash» di Cronenberg, «Il bacino di J.W.» di Monteiro, «Film socialisme» di Godard...

●●●«Mi sono sentito veramentecome Tom Sawyer che partecipa al suofunerale». Così con l’eleganza e lohumor appuntiti e colti checaratterizzano la sua scrittura, il grandecritico del Village Voice J. Hoberman (la J.sta per Jim) ha ringraziato sul suo blog lamoltitudine di colleghi, amici, cinefili, exstudenti…che ha reagito con supremoorrore alla notizia del suo licenziamentodal prestigioso periodico newyorkese,mercoledi’ scorso.

«Ho visto molti colleghi licenziati quidentro negli ultimi cinque anni. Mentireise dicessi di non aver mai considerato lapossibilità che, un giorno, capitasseanche a me. Sono rimasto scioccato manon sorpreso. Questo non è lo stessogiornale per cui ho cominciato alavorare», aveva dichiarato Hobermanad Anne Thompson di Indiewire pocodopo che si era diffusa la notizia.Nemmeno sul suo blog, medium idealeper gli sfoghi personali, Hoberman havoluto ombra di risentmento oamarezza. «Non ho rimpianti. E ognitristezza è mitigata da un senso digratitudine. Poter fare ciò che uno ama,aiutare la causa delle cose in cui credeper trentatre anni è raro. Ancor piùessere pagati per farlo». Il suo post siconclude così: «Basically, I am OK».

Hoberman lavorava per il settimanalenewyorkese dalla fine degli anni settanta.La sua prima recensione «ufficiale» per ilVoice è stata quella di Eraserhead diDavid Lynch, ma nel 1972, comefreelance, era già uscito su quelle paginecon un pezzo su Flaming Creatures,diretto da Jack Smith, su cui avrebbe poiscritto un libro. La sua ultima pagina,sull’edizione del 4 gennaio 2012, eradedicata a Bir Zamanlar Anadolu'da(C’era una volta in Anatolia) e almagnifico nuovo film di Ken Jacobs,Seeking the Monkey King, insieme alla

segnalazione di un’imperdibile serata«Occupy Cinema» curata da Jacobsall’Anthology Film Archives. Turchia, unkolossal underground che dà filo datorcere a Transformers e Occupy WallStreet: un trio jazz che ben riflette lacuriosità, l’agilità e la passioneintellettuali ma anche il senso di giococon cui Hoberman continua a guardareil cinema e muoversi liberamente nellafittissima griglia dell’universo filmico,cittadino e planetario. E, nell’overdose diconformismi che appesta l’awardsseason di quest’anno, è stato uno degliunici a difendere a spada tratta J. Edgar(«c’e’ vita dopo Heareafter», iniziava lasua recensione con un gioco di parole–non è un eastwoodiano di ferro), aricordarsi che su Hoover ha fatto unfilm anche Larry Cohen, a «vedere» ilbluff di The Defendants, (non un bruttofilm ma sicuramente uno dei piùsopravvalutati degli ultimo tempi) e apreferire l’ «orribile» Charleeze Theronin Young Adult al mostro sacro MerylStreep che fa Margaret Tatcher.

La trasversalità, la cultura profonda, lacapacità di leggere attraverso ladistinzione tra high and low diHoberman e quel suo modo di pensareil cinema in una continua dialettica diriflessi con il mondo che ci circonda nondevono essere sembrati un patrimonioai padroni del Voice, il primo e il piu nototra I settimanali alternativi americani(Henry Miller, Ezra Pound, JamesBaldwyn, con Jonas Mekas e AndrewSarris per il cinema), acquistato nel 2005dal gruppo dell’Arizona New TimesMedia (che possiede diciassettesettimanali analoghi) e dissanguato daallora delle sue voci più storiche edistintive.

In realtà è quel mix unico che fa nonsolo delle sue recensioni ma anche deilibri (ne ha scritti undici. purtroppo nontradotti in Italia) di Hoberman deidocumenti importanti per capire lastoria della cultura e della politicaamericane. Il suo ultimo volume, AnArmy of Phantoms/(Un esercito difantasmi) è un ritratto della Guerrafredda raccontata attraverso il cinemadei Fifties. Quello precedente, TheDream Life (uscito nel 2003), rintracciagli Usa esplosivi degli anni sessanta nellaHollywood di quegli anni. Sono librivitali, emozionanti, pieni di idee, densi distoria e di amore per il cinema («nelprofondo, rimaniamo tutti deisedicenni», scriveva Hoberman nel postdell’altro giorno parlando del suo lavorodi trenta e più anni). Prima di licenziarlo,il Voice si era già liberato di altri critici,come Nathan Lee, Michael Atkinson,Amy Taubin e (nel 2006 appena dopoaveva completato di curare un’antologiastorica degli scritti di cinema piùimportanti delle rivista) di Dennis Lim.

La scusa è sempre la stessa – lanecessità di abbattere le spese. Lamedesima che è stata usata, in questianni di recessione e calo di vendita deigiornali, per «terminare» I contratti diAndrew Sarris al New York Observer,Stuart Klawans a The Nation e MichaelSragow al Baltimore Sun – per citarequelli che uno ci teneva a leggere. Avevafatto un piccolo scandalo il licenzamentodel critico storico di Variety, ToddMcCarthy. Le cose si sono messe cosìmale che, nel 2009, il bostoniano GeraldPeary (critico anche lui) ha dedicato undocumentario all’estinzione della criticacinematografica a stelle e strisce, For theLove of the Movies, che a sua volta hascatenato un dibattito tra la «vecchia»(su carta stampata) e la «nuova» guardia(online) dei recensori.

Ma non raccontiamo quanto cidispiace che la firma J.Hoberman nonapparirà più su quello scheletro che oggirimane del glorioso Village Voice, percomporre un’elegia della categoria emagari prendersi qualche soddisfazionenei confronti dell’eccesso di ego e dellascarsità di interesse di gran parte diquello si legge online sul cinemacontemporaneo. Ma perché la sua voceè veramente unica e preziosa. E lacomplessità del suo modo di guardare eraccontare il cinema da difendere. Nonè uno scandalo che Jim sia statolicenziato dal Voice, ma che il New YorkTimes non lo abbia ri-assuntoimmediatamente.

del processo democratico in Egitto,e si opponevano al documentoSalmi che poneva i militari al disopra della volontà del prossimoparlamento e della Costituzione.Ma ora la piazza domanda lacreazione di un Consiglio di UnitàNazionale ristretto, composto dapersonalità di rilievo del panoramapolitico egiziano, ciò comporta unlungo periodo di tempo cheimpatta negativamente sulprocesso democratico. I Fmseguono il corso dettato dalreferendum del marzo 2011,approvato dal 70% dellapopolazione: prima elezioniparlamentari, poi scrittura dellanuova Costituzione e infineelezioni presidenziali. Chi ora è inpiazza nega il risultatoreferendario. Perciò nonaccettiamo nessun suggerimento,neanche da un Consiglio formatoda personalità di tutto rispettoquali El Baradei, Al Fotouh, AmrMousa...».

Comunque è indubbio che dopole dimissioni di Mubarak pochisono stati i cambiamentidemocratici nel paese; i militariavrebbero potuto ripulire gli organidi polizia e il Ministero degli Internidalla gente ancora leale al vecchioregime. Inoltre, la decisione dei Fmdi non appoggiare la piazza Tahrirdurante gli scontri di novembre,può aver creato una fratturaprofonda nella società civile chepotrebbe avere conseguenzedannose nel futuro.

Esiste una sfida implicita che laFratellanza dovrà affrontare neglianni a venire per continuare adavere quella presa che oggi ha sularga parte della società egiziana:quella della modernità e dellademocrazia. «L'idea del fondatoreEl Banna affonda la sua radicedirettamente nei valori dell'Islam equelli del profeta Maometto, quindinon c'è nulla di nuovo, a parte ilmetodo con cui affrontiamo lequestioni legate alla vita moderna»dice Rashaad El Bayumi, 73 anni,vice-leader generale dei Fm eprofessore presso l'Università de IlCairo. I giovani della Fratellanzahanno un'eredità pensante edevono avere la forza e la spintanecessaria per la realizzazione ditutti i buoni propositi democratici acui l'organizzazione si richiama.Prima o poi questa dovrà accettareun compromesso con il sistemadella democrazia e i suoimeccanismi di funzionamento,dove la dialettica e il confrontosono alla base della vita politica.Sotto la dittatura di Mubarak, i Fmcostituivano l'unica opposizione alregime; ora, oltre il loro partitoufficiale L&G, sono nati moltipartiti liberali e altri di stampoislamico, che hanno portato anumerose defezioni dellaFratellanza ma che probabilmentele ruberanno solo pochi voti, comeè stato il caso del partito salafita deEl Nur.

Dopo la rivoluzione del 25gennaio 2011 e i fatti di novembrea Tahrir, molti giovanidell'organizzazione, capeggiati daMoaaz Abdel Karim, hannocominciato a criticare la strutturatroppo rigida dell'organizzazione,ancorata a valori troppotradizionalistici e in contrasto conquello che vedono attraversointernet e i social network. Hannouna forte presa sulla società, econtrariamente dalle imposizionidella Fratellanza, appoggeranno lacandidatura alle presidenziali diAbou Al Fotouh, ex membro deiFm. I Giovani Musulmani voglionomaggiore rappresentanza dentrol'organizzazione, vogliono esserepartecipi delle decisioni daprendere. Gli stessi giovaniguardano al futuro attraversoFacebook, i blog, i website e igiornali online, attraversodiscussioni democratiche in cui inuovi cittadini egiziani possonointerfacciarsi con i valori delproprio domani.

Truffaut e la passione per i libri, foto trattada «Francois Truffaut correspondance»di Gilles Jacob e Claude de Givray(Foma 5 continents). A sinistra, CatherineDeneuve nel film «L’ultimo metrò» (1980).Sotto, Lucien Rebatet mentre firma le copiedi «Les décombres» alla libreria Rive Gauche

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di NICCOLÒ NISIVOCCIA

●●●Incontro Monika Bulaj aMestre, nelle stanze al secondopiano del Centro CulturaleCandiani poco prima che inauguriAure. Il sacro in figura, una dellesue due mostre fotograficheattualmente in corso in Italia e nelmondo intero. L’altra è Nur. Aure,dopo essere stata a Mestre, arriveràa Roma in febbraio, nella Sala Corodell’Auditorium Conciliazione. Nursarà nelle gallerie Leica di tutto ilmondo nell’arco del 2012 e – inItalia – a Trieste in primavera.

Monika sta finendo di attaccarele didascalie accanto alle foto (chepoi vere didascalie non sono, mapiuttosto suggestioni ed evocazioni)e quasi corre. Il nostro è dunque unincontro che potrebbe dirsiperipatetico, osserva. In sottofondo,le musiche che lei stessa ha scelto eraccolto o addirittura registrato dalvivo, come in occasione di ogni suamostra o di ogni suo intervento inpubblico: musica zingara, klezmer,afghana, canti di monasteriortodossi, «tutto ciò che siaun’ispirazione profonda. Questa adesempio è una preghiera deglihassidim che ho registrato io. È unapreghiera straordinaria perché c’èuna polifonia, in realtà unacacofonia che diventa armonia,senti?».

Monika ha quarantacinque anni,è molto bella, il suo corpo è agile eteso e il suo viso pare levigato dalvento, il vento di cui parlano anchealcune delle didascalie che staattaccando, come questa: «Il ventodice le preghiere sulle dimore deglidei. Tibet». Nel complesso emanaqualcosa di profondo e quasi diascetico, come sono profonde ecome in parte hanno a che fare conl’ascetismo le foto che fa; ed èinsieme estremamente empatica.Del resto, «nur» in persiano vuoldire «luce» e luce è il significatoebraico anche di «aura»: luce nelsenso di brezza, di aura appunto,«spirante dalle persone o dailuoghi, che a volte cresce, diventaturbine, nembo, nube abbagliante,riverbero dorato, ingolfa estordisce» come spiega – citandoElémire Zolla – lo scrittointroduttivo di Aure.

Ma Monika Bulaj non è solo unafotografa, è anche scrittrice eautrice di un documentario (anzi,nei suoi progetti futuri è compresal’idea di «sperimentare molto, esperimentare anche l’unione fral’immagine fotografica e quella del

video»). E soprattutto è una grandeviaggiatrice, e ciò che affascina deisuoi racconti – fotografici enarrativi – è proprio questo,innanzitutto: i percorsi compiuti.«Viaggio tra Gibilterra el’Afghanistan» si legge sempre nelsuo scritto introduttivo di Aure,secondo «un’agenda cheperfeziono anno dopo anno».

Parla una decina di lingue, fracui l’arabo, il persiano e alcunelingue slave, oltre al polacco che èla sua madrelingua e l’italiano cheè la lingua del Paese in cui vive damolti anni, a Trieste. I suoi temi diricerca sono, per usare ancora lesue parole (pubblicate nel suo sitointernet personale,monikabulaj.com), «i confini delle

fedi (mistica, archetipi, divinazione,possessione, pellegrinaggi, corpo,culto dei morti), minoranze, popolinomadi, migranti, intoccabili,diseredati, in Asia, Europa e Africa».

Dei suoi lavori hanno parlato fragli altri Enzo Bianchi, Moni Ovadia,Guillaume Prébois, Paolo Rumiz,peraltro autore con Monika di unlibro di recente ristampato,Gerusalemme perduta. Sempre intoni giustamente entusiastici.Prébois ha detto che le sue fotosanno d’incenso, ed è vero, se sivuole alludere al senso del sacroche non solo le sue foto ma anche isuoi testi, e si potrebbe aggiungereil suo sguardo sulle cose,esprimono, e a patto di intendersibene: «la geografia del sacro -chiarisce un frate in Gerusalemmeperduta - non c’entra con lareligione. La religione è regola,apparato. Il sacro è altro...misterium tremendum... nostalgiadi un’assenza... Ti sorprende dovenon te l’aspetti. In una chiesa o inuna sinagoga diroccata, in unmendicante che ti guarda, sullacima di un monte».

Le chiedo da dove viene tuttoquesto, e com’è cominciato:«All’università, a Varsavia, hostudiato filologia polacca, perchéera la facoltà più universale, a baseumanistica, come Lettere qui inItalia. Io ero un po’ matta efrequentavo anche altre facoltà, persapere – antropologia, storia,teologia. Ma tutto questo è natoprima, prima dell’università. Tuttoviene dal desiderio che ho sempreavuto di capire cosa fosse rimastonel mio Paese della sua tradizionebizantina ed ebraica. Quale eredità.Mi sono interessata alle minoranzeortodosse, distrutte dal regimecomunista perché troppo diverse, equesto è stato il mio laboratorio, hoimparato a stare con le persone, adascoltare. Ecco, tutto viene da qui,dal mio essere polacca, dal vuotoche abbiamo subìto, dalle voci chemancano. Anche l’elaborazione dellutto è mancata. Volevo studiare,sapere e capire. Da ragazzinastudiavo in modo maniacale, e daallora è stato un continuocrescendo di storie ed esplorazioni.Ognuno ha il proprio viaggioiniziatico, il mio è stato attraversarea piedi il confine orientale dellaPolonia. Oggi non faccio checontinuare a camminare, e sempreverso est – verso l’Asia centrale, cheè la culla della nostra civiltà».

Si capisce, o meglio si ha laconferma che in Monika studiare eviaggiare non sono elementidell’essere distinti, macompenetrati: ogni ricerca è unviaggio e ogni viaggio è una ricerca.Ma talvolta sapere troppo, scriveRumiz sempre in Gerusalemmeperduta, può anche confondere leidee, può far perdere l’andatura.Domando dunque: come prepari ecome organizzi i tuoi viaggi, eprima ancora come scegli le tuemete?

«Mi piace partire vuota, affidarmiai luoghi, alle persone. Certo studiotantissimo, ma poi il viaggioinsegna già tutto, perché una voltanel viaggio è il viaggio che creatutto, anche la narrazione. Quandosono in un luogo, in unasituazione, voglio essere solo inquel luogo, in quella situazione. Inquesto senso il viaggio è un grandemaestro, ma non è vero chesapendo troppo non si vede.Bisogna essere preparati, perriconoscere i simboli, la Storia, e altempo stesso bisogna ascoltare lepersone, e ascoltarle – anche senon se ne capisce la lingua –attraverso tutte le emozioni chedalla lingua non passano: lamimica, gli occhi, il cuore. Quandoparto, non ho niente di prenotato.Non ho regole. Spesso ho ilbiglietto del ritorno aperto e spessodormo a casa delle persone checonosco lungo la strada, maneppure questa è una regola, è solouna cosa che mi capita spesso».

Guardo le foto, enormi, appesealle pareti, e leggo le didascalie chele accompagnano; sotto, la musicacontinua a scorrere. Mi sembra diriuscire a immaginarla, Monika,mentre scatta le immagini che oraho davanti, alcune in bianco e neroaltre a colori: una donna che lavaun bambino nella penombra diquella che potrebbe essere un’izbarussa; un’altra donna di spalle,scalza, che attraversa l’immensocortile, abbacinato dal sole, di unamoschea; un monaco, vestito diuna tunica rossa e pure lui dispalle, solo in mezzo al deserto;una famiglia, caravaggesca nelgioco dei chiaroscuri, intorno a unatavola molto semplice; personeraccolte in preghiera individuale ocollettiva, riti sacrificali.

A Monika interessanosoprattutto, anche se non solo, imonoteismi, e in particolare le trecosiddette religioni del Libro(cristianesimo, ebraismo,islamismo). Ma cosa intendequando parla, riferendosi a questeo ad altre religioni, di «confini dellefedi»?

La risposta è in una sua paginain cui ogni parola è necessaria, aifini della spiegazione: «Il calendariodei miei spostamenti... svela unatrama di sorprendenti parallelismi.Elia diventa tra i musulmani Khidril verde; San Giorgio a cavallo èfesteggiato nei Balcani da cristiani eislamici; attorno alle Madonne siradunano donne musulmane egreco-ortodosse, napoletane estambuliote; e poi le ricorrenzedella salita del figlio di Dio in cielo,la salita degli armeni scalzi sulleginocchia fino alla cima dellamontagna annerita di candele, lefeste della fecondità e della morte,quelle della fine dell’anno e del suoinizio, zingaro, persiano o ebraiconon importa. Il calendario delsacro, nelle tre religioni del Libro,segue – a ben guardare – gli stessiritmi dell’eterno ritorno: il sole, laluna, le stagioni, i sette anni, iquaranta giorni, con la notte dellavigilia che spesso è più importantedella festa in sé.

Le donne armene e turche cheleggono il futuro attraverso i sognidormendo sulla tomba di unprofeta sul Bosforo, per esempio,sono assolutamente simili allepellegrine russe accovacciate nelbuio con le candeline accanto allereliquie di un santo sulle montagnedei Carpazi, o alle donne tuareghvestite a festa in una notte dipreghiera sui tumuli sacri deldeserto. Se seleziono nel calendarioi momenti più forti e misteriosi cheho vissuto, m’accorgo non solo cheessi scavalcano gli steccati eretti daichierici o dai teologi, ma che la lorosuccessione svela un assiemesolido e coerente, una continuitàche abbiamo disimparato aosservare, condizionati comesiamo dalla superficialeimpressione di cataclisma – oggi sidirebbe conflitto di civiltà – che cidivide. Lo stesso avviene per iluoghi. Se sono sacri, sono sacri pertutti. Allo stesso modo, il buonsanto è buono per tutti. Per nonparlare dei gesti della preghiera,dell’uso del corpo come tramite percomunicare con l’Altrove».

Di nuovo si capisce, o meglio dinuovo se ne ha la conferma, cheMonika Bulaj è ancheun’antropologa, come lo sonospesso, si sa, gli artisti.

Ogni sua foto, ogni sua paginatestimonia una comprensione delmondo rispetto alla quale sapere esensibilità hanno trovato il giustoequilibrio. Verrebbe voglia diseguirla nel cammino, e di mettersiin viaggio con lei – che adessoprogetta di tornare presto, ancorauna volta, in Tibet, in Afghanistan,in Pakistan, in altri Paesi dell’Asiacentrale. Intanto l’oradell’inaugurazione è arrivata e inmoltissimi stanno già entrando,sono già entrati. Rimane però uninsolito silenzio, nell’aria, aldilà o aldi qua della musica.

INTERVISTA ■ MICROCOSMI DIMENTICATI TRA GIBILTERRA E LA PERSIA

L’immaginedello spirito

Le foto di Monika Bulaj presenti in questa pagina appartengono alla mostra«Aure. Il sacro in figura» che dopo esser stata a Mestre sarà a Roma in febbraio

Incontro conl’artista polaccache a febbraiosarà a Romacon la mostra«Aure». «Viaggioalla ricerca deiconfini delle fedi.Sempre verso est,verso l’Asiacentrale, culladella civiltà»

MONIKA BULAJFOTOGRAFIA

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di CRISTINA PICCINO

●●●Una cosa è certa: nessuno èmai ciò che dice al 100%. Almenoalla prova della scala di Kinsey, ilmedico che ha cercato di«classificare» la nostra sessualitàtenendo conto più delle sfumatureche del gender in senso stretto.

Ci vuole poco a minare lesicurezze più spavalde: prendiamoquel ragazzotto biondo e belloccio, iltipico metrosexual da college. Alladomanda dove ti posizioni tra 0 e 6lui replica con un 0 senza esitazione.Ovvero: totalmente etero.Pochissimo dopo però eccolo a lettocon la ragazzetta che lo harimorchiato - spiegandoglipazientemente che fare sesso non èun esercizio ginnico e soprattuttoche leccarla un po’ non è comemangiare un piatto di spaghetti - ecol suo migliore amico. Per non diredel muscoloso bagnino che fa sessocon lo studente timido mentre lamoglie fa impazzire isterica ilcellulare ... Kaboom è l’ultimo film diGregg Araki, presentato due anni faal festival di Cannes, dove è divenutosubito un assoluto «cult», è uscito il13 in Italia grazie alla distribuzioneon demand Own Air(www.ownair.it).

Tra il college-movie e lafantascienza lisergica, omaggiodichiarato al cinema di John Watersche il regista californiano, icona delcinema indie americano piùirriverente, adora sin da ragazzo,Kaboom ritrova le passioni deiprimissimi film di Araki (ancheautore della sceneggiatura e delmontaggio), dentro però un visionenuova, scatenatissima, e di totalelibertà espressiva. Immagini e storiamischiano allegramente umorismo,commedia, complotti mistici, beachmovie, stravolgimenti in rete,premonizioni da social network. Unfilm da non perdere, che conleggerezza da colpo di fulminescombina generi, identità, sessuali ecinematografici, in un crazy partydell’immaginario. Complici imagnifici attori, Thomas Dekker,Roxane Mesquida, Juno Temple(figlia di Julien)

Smith vive il college, divide isegreti con l’amica del cuore Stella, sifa sedurre da London, sognando unincontro sessuale con il compagno distanza, Thor, e poi con il più timidoOliver. Ma un incubo lo perseguita ela sua vita cambia nel momento incui, complice un biscotto di «spezie»,ritrova ad una festa i protagonisti delsuo stesso sogno, fino ad allora mai

visti o conosciuti. Eventiparanormali, coincidenze inquietantie rivelazioni incredibili sul suopassato coinvolgono sempre più afondo il ragazzo in un progetto follee pericoloso, che minaccia l’umanitàintera...

Avevo incontrato Gregg Araki aCannes, due giorni dopo laproiezione, ancora incredulo per ilsuccesso del film. «Kaboom è forse ilmio film più autobiografico, che miriporta a quando ero studente,ancora giovane, con laspensieratezza e l’insolenza che sipossono avere solo negli anni del

college, quando non sappiamoancora chi siamo, cosa diventeremo,quale è la nostra sessualità».

●Un po’ come i personaggi del tuofilm.Sì, diciamo che con questa storiaabbastanza folle mi piaceva l’idea diesplorare a distanza quel momentodella vita in cui tutto è ancora nellasfera delle possibilità. Ricordo che avent’anni ero molto confuso, ognicosa mi sembrava difficilissima etraumatica. Se ci ripensi da adulto,capisci che è un po’ come dice Stellanel film, che quelli sono i migliorianni della tua vita, in cui si possonovivere avventure meravigliose emolto importanti. Perché è lì che sidetermina il tuo futuro, cosadiventerai... E tutto questo nonriguarda gli studi ma le esperienzeche si sono vissute, cosa si èimparato come persona. Le relazioniumane, la sessualità, le rotture, ognipiccola cosa, anche ciò che in quelmomento sembra terribile e senzasenso.

●C’è un personaggio al quale tisenti più vicino? Smith che è anchel’io narrante?Da studente ero molto simile a luima un po’ tutto quello che accadenel film appartiene alla mia vita ...C’è un momento nel film, quandoSmirh guarda al club il gruppo chesuona: ecco trovo che quella scenami rispecchi davvero moltissimo.

Ancora adesso, ogni volt che vado aun concerto mi sento come se lamusica mi trasportasse diventandol’unica cosa che davvero conta nellavita in quel momento.

●La sessualità è vissuta daipersonaggi in modo molto libero econ immenso piacere, anche nellaconfusione, nelle tragedie deitradimenti o degli abbandoni esenza pensare al genere. Si sta conchi ci piace, uomini o donne.Ho l’impressione che i ragazzini oggi,almeno negli Stati uniti, siano menopreoccupati ad autodefinirsi e che glipiaccia sperimentare il più altonumero di cose possibili. In questosenso ho l’impressione che un filmcome Nowhere (97) ha anticipato itempi, già lì i protagonisti vivevanocon molto libertà la propriasessualità senza classificarsi etero ogay o bisessuali. E adesso credo chesia così, che quest’ansia di mettersidentro una categoria sessuale siasuperata. Fino a quindici anni fa unragazzo si tormentava chiedendosi seera gay o no. Ora le diverseesperienze sessuali vengono vistecome parte della condizione umanasenza sentire subito la necessità dimetterci sopra un’etichetta. Inoltreuna libertà sessuale che non èsoffocata da sensi di colpa, giudizi,punizioni, che non si porta dietro unfardello di negatività, è davvero unicanel cinema americano. Che invecetende a essere puritano e ipocrita, e

preferisce gli ammiccamentitravestiti da qualcos’altro allaleggerezza esplicita e al piacere didivertirsi.

●Anche «Kaboom» è un filminclassificabile.Ci ho lavorato per molti anni, e ilsoggetto originale è passatoattraverso vari sviluppi, a un certopunto si era parlato persino di farneuna serie tv. Così ho seguito più filinarrativi, e pensato diversipersonaggi. Molte scene le hotagliate al montaggio ed è statoterribile farlo ... Di fondo però avevoin mente sin dall’inizio di fare unfilm che si potesse rivedere più voltesenza stancarsi, senza mai dire che ètroppo lungo o cose simili ... Perquesto ho cercato di dargli un ritmoveloce, è come se fosse un vorticeche risucchia lo spettatore in unmondo folle prima che se neaccorga. E a quel punto ci sta e nonriesce a uscirne.

●Scrivi i tuoi film e li monti.Ovviamente non è solo unaquestione di budget.Si tratta sempre di pensare cosafunziona in ogni film. Sì faccio ancheil montaggio, Kaboom è il miodecimo film, e ogni volta è diverso. Siimpara molto montando, si capisce ilsenso del ritmo, come funziona unfilm. E questo è importante, aiuta acrescere anche come regista. Ci sonomolti giovani all’opera prima chequando montano non riescono asepararsi da una scena, ne sonoinnamorati il film però non è queldettaglio che magari in sé èmeraviglioso ma l’insieme. Per fareun buon film si deve rinunciare aqualcosa.

●La colonna sonora è molto bella.Sono stato fortunato a mettereinsieme gruppi come Interpol,Placebo e XX, e pezzi di UlrichSchnauss e Robin Guthrie daiCocteau Twins. La musica èintimamente legata all’universo delfilm, ne esprime il sentimento.

INTERVISTA ■ «KABOOM», TRA COLLEGE E FANTASCIENZA

«Il cinema è comela sessualità, non habisogno di etichette» SCANDALOSI

COLLANT

CULT

●●●Gambe – in un bel film diFrancoise Truffaut che si chiamaFinalmente domenica il protagonistaguarda le gambe delle donne dallafinestra rasoterra di un seminterrato incui è nascosto, ciò gli procura un grandegodimento e lo distrae dal resto. FannyArdant, segretaria di lui innamorata, sene accorge e passa e ripassavolutamente davanti alla finestrella; in unaltro film, sempre di Truffaut, L’uomo cheamava le donne nella prima scena alfunerale del protagonista l’inquadratura,che ha il punto di vista della cassa damorto, ci mostra una lunga processionedi gambe selezionate con cura: belle,scattanti, longilinee, più o menopolpacciute con caviglie sia solide chesottili che si fermano sul terricciorimosso del cimitero a rendere omaggioal defunto. Tutte immancabilmenteinguainate in invisibili calze di nylon. «Legambe delle donne sono compassi chemisurano il globo terrestre in tutti isensi donandogli il suo equilibrio e la suaarmonia».

Sono davvero belle a vedersi tuttequelle gambe vestite di calze trasparentie seducenti. Peccato che la fabbrica diFaenza che le produce, la Omsa e laGolden Lady, fabbrica italiana in attivo,abbia deciso di chiudere e licenziare intronco, con un semplice fax inviato alposto degli auguri durante le festenatalizie, le sue 239 lavoratrici che sonogià in cassa integrazione da diversi mesi.

La Omsa, attiva dagli anni Sessantaquando pubblicizzava i suoi prodottiattraverso le gemelle Kessler conquell’«Omsa che gambe!», cheattualmente sarebbe meglio trasformarein un «Omsa che schifo!», copre tuttorail 55 per cento del mercato del collant,grazie anche alla Golden Lady, e hadeciso di sbaraccare in Italia per aprirel’attività in Serbia dove il costo dellavoro è pari ad un terzo di quelloitaliano.

Le lavoratrici continuano a protestarecon tutti i mezzi, teatro di stradacompreso e un passaparola su facebookche invita a non comprare questemarche pare che cominci ad averesuccesso. Spero che ne abbia sempre dipiù, spero che la dissennata scelta dimandare per strada e per stracci tantedonne porti sfortuna all’imprenditoreche la sta attuando e spero che non sifaccia confusione in questi tempi«d’amor patrio» in cui sento spessoparlare di «comprar italiano» tra lemarche italiane prodotte all’estero equelle che, anche a costo di qualchesacrificio, resistono sul nostro territorio.

Non basta ragionare sui nomi propriserve tener d’occhio anche i luoghi diproduzione se si vuole veramentepartecipare. Così come, insieme allaparola d’ordine cultura bene comune sicominci a pensare a industria benecomune, parlo di quelle abbandonate,alcune delle quali (in Sicilia di ceramicheper bagni) rilevate da cooperative deglistessi lavoratori licenziati. Utopia: che leforti donne di Faenza si approprino dellafabbrica di calze dove hanno perso lapropria giovinezza che la faccianofunzionare e che usino un bel montaggiodi spezzoni di film di Truffaut per farsipubblicità.

In alto Gregg Araki. Al centro una scena da«Kaboom»

Ragazziniscatenati, biscottilisergici, fantasmisul web, complottiper distruggerela terra. Trai protagonistila fantasticaJuno Temple

GREGG ARAKI

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(8) ALIAS14 GENNAIO 2012

di BEATRICE ANDREOSE

●●●Citata, vezzeggiata, invocata erimpianta. La Lega Nord indica nellaRepubblica Serenissima il più altogrado di civiltà raggiunto dalla storiaveneta. Ma ne siamo certi? Unalettura meno superficiale e viziata daideologia dimostra che essa fondavala sua ricchezza e la sua forza sullosfruttamento del lavoro contadinoperpetrato attraverso un sistemafiscale che impoveriva fino alla famegli abitanti dei contadi e dellaterraferma in generale. Lemagnifiche sorti del buon governoerano monopolio dei raffinati ericchi cittadini veneziani,categoricamente esclusi invece iresidenti dell’entroterra venetocostretti a condurre esistenze infami.Venezia città capitale. Tutte le altre,suddite. E sudditi erano soprattutto icontadini e i miserabili delle plebiurbane. Lo sottolinea un testimoneeccellente di quel tempo.Rivolgendosi al potentissimoCardinale Francesco Cornaro,Angelo Beolco, detto il Ruzante,nella Seconda oratione scrive: «...E vidirò di più, che quanti stanno nelPavano sarebbero venuti anche loro,se non fosse che essi sono cosìsecchi e così consunti dalla fame chesi potrebbero soffiar via e, come sidice, sono più leggeri di unmoscerino» e ancora «Inconclusione, questo mondo èdiventato come una terra incolta.Guardate se vedete più uninnamorato. Vi so dire che la famegli ha cacciato l’amore via dal culo.Nessuno osa più innamorarsi, pernon prendersi spesa in casa; e queisinghiozzi e quei sospiri che sisolevano trarre per amore, adesso sitraggono per la fame».

Siamo nel 1529. Pochi anni primaera stata combattuta la devastanteguerra di Cambrai che contrapposele principali potenze europee allaricchissima Serenissima, già inpossesso di un vasto impero sulMediterraneo e impegnata in unaguerra di conquista della terrafermaromagnola e lombarda. Il Ruzante,l’esempio più alto e genuino delteatro veneto nel Rinascimento,

svela il rovescio delle immaginiidealizzate, trasmesse sino ad oggidalla grande pittura veneta del’400-’500 e da gran parte dellaletteratura ufficiale dello stessoperiodo. Descrive come il senso disuperiore armonia della Repubblicasi fondasse sui sacrifici del cetocontadino, il gruppo iniziale delsuccessivo proletariato protagonista,alcuni secoli dopo, della lotta diclasse. Fame e miseria, carestie edepidemie accompagnavano gli anni’20 del 1500, epoca in cui laDominante dovette far fronte a tuttele sue risorse per affrontare le ordelanzichenecche che devastavano lecampagne del veronese e delbresciano arrivando fino albergamasco. Per sostenere gli

ingentissimi oneri bellici lo statoveneto ridusse le speserazionalizzando e centralizzandol’amministrazione statale, presedenaro a prestito da privati, sfruttòin tutti i modi il debito pubblico.Non solo. Allora come oggi, quelpotere alienò i beni demaniali e gliuffici. Soprattutto torchiò il piùpossibile i sudditi, aumentando levecchie imposte e introducendonedi nuove, costringendoli a prestaregrosse somme di denaro allo Stato ea mantenere gli eserciti in armi.Spesso tutto questo non bastava cosila bancarotta fu inevitabile.

Nulla di nuovo insomma sotto ilcielo. Gli aristocratici venezianifondavano il loro privilegio e netraevano alimento per esercitare illoro indiscusso potere. Una veloceanalisi dell’imposizione fiscalerimessa in piedi dopo la guerra diCambrai lo dimostra . Dure leimposte applicate allo Stato «datera», ovvero ai territoridell’entroterra padano-veneto che,assieme al Dogado e allo Stato daMàr, costituivano le tre ripartizioniin cui era suddiviso lo Statoveneziano. Vi erano le «gravezze» o«angherie» e i dazi, come quello sulsale, riscossi in funzione dellaricchezza dei sudditi o del loronumero e imposti con una quotafissa alle comunità, ai corpi delcontado o alle arti. Per le sue guerreVenezia chiedeva ai sudditi dellaterraferma una imposta direttacome la «dadia delle lance»,calcolata in base al valore dei beniposseduti e pagata da ognunoinsieme al «corpo» a cui appartenevache poteva essere il corpo della cittào quello del territorio. Ad essa lecomunità si opponevano in tutti imodi tanto che all’inizio del ‘500 ilgettito annuo dell’imposta era moltoridotto e, comunque, non piùadeguato alle necessità dellaSerenissima. Sino al 1446 i venezianila evadevano sistematicamente,obbligando gli abitanti dello «statoda tera» a contribuire al loro posto. Icontadini e i piccoli proprietari, cosimagistralmente rappresentati dalRuzzante, erano stati rovinati daglieserciti in lotta che avevanodevastato le campagne tanto che ipiù poveri si trovavono costretti avendere a prezzi bassissimi moltaterra ai cittadini facoltosi. Ed aldanno si aggiungeva la beffa perchéla campagna, causa i vecchi estimi,continuava a contribuire anche perle proprietà passate alle cittàtantochè nel 1516 si registraronotumulti e sommosse per ilriaggiornamento degli estimi stessi.

In quell’anno a Treviso il Podestàe Capitano Nicolò Vendraminavvertiva, ad esempio, l’urgenza diuna riforma degli estimi poiché «lipoveri contadini lo quali hannoalienato il suo, hanno etiam perso glianimali, et bona parte de lor famiglieson mancate e ruinate. Et butandosesopra l’estimo vechio, seguiriaquesto grandissimo inconvenienteche bisogneria astrenzer dicticontadini a pagar de cose che nonhanno, che seria un meter tuto elpaese sotosopra».

Il territorio chiedeva che iproprietari dei beni venduti dopo il1509 pagassero regolarmente leimposte col comune nel qualeabitavano eliminando così iltradizionale predominio della cittàsulla campagna che aveva nelprivilegio fiscale uno dei suoicardini. La città di Vicenza fornisceun esempio. Su un totale di 14000ducati, nel 1518, il riparto attribuiva1539 ducati della dadia al clero, 4166alla città e ben 8322 al territorio.Una palese ingiustizia tanto che laSerenissima intervenne aumentandod’autorità la quota della città di piùdel 30% e riducendo quella deldistretto del 25%.

Oltre alla dadia delle lancevenivano imposti anche oneripersonali come i lavori pubblici o gliobblighi militari. I contadini eranoreclutati come rematori, soldati oguastatori. Scavare canali, realizzaregli argini o portare legna giù dai

boschi, erano lavori impostiesclusivamente ai contadini che lidovevano svolgere gratuitamente. Seun Contarini, patrizio veneziano, oun Zabarella, nobile padovano,possedevano a Pernumia campiirrigati dall’acqua dei fossi che idistrettuali tenevano puliti e cheavevano eretto, ebbene quei signorinon pagavano alcuna moneta perquei lavori! Non bastassero legravezze, i Consigli cittadini,incaricati di rilevare la capacitàcontributiva di ciascun residente delcentro urbano e del distretto,aggiungevano anche la tassazionelocale.

Questa la panoramica dunque,per quanto concisa, delle condizioniin cui versavano i residenti deicontadi (leggermente diversa quelladei residenti nelle città, soprattuttose nobili), nel corso della lungadominazione veneziana.

Nel 1997 i Serenissimi occuparonoil campanile di San Marco. Alcuni diloro provenivano dalla pancia delpiù profondo nord-est, il bassopadovano. Una cosa è certa. I loroantenati, contadini padani, faccearse dal sole,cappello di paglia intesta, abiti grezzi, bifolchi insomma,spesso davanti al giudice per farvalere i loro diritti contro gliaristocratici veneziani, nonavrebbero gradito la ribalderia deiloro insipienti pronipoti!

STORIA ■ VENEZIA NEL QUATTROCENTO-CINQUECENTO

Il feroce sistemadi tasse e balzellidella Serenissima

Dai «Dialoghi» del Ruzante con Roberto Citran, sotto la compagnia Pupi e Fresedde,in alto da «Comédia Mosqueta» regia di Mario Barradas (Portogallo)

KAFKAE LA CRISI

Venezia fondavala sua ricchezzae la sua potenzasullo sfruttamentointensivodei contadini,tassatie impoveritifino alla fame

●●●Questo è il sesto anno della miacollaborazione ad Alias con la rubrica delprimo sabato di ogni mese. Lo dedicheròai dodici autori che secondo me hannomeglio sentito-compreso-capito la crisiche stiamo vivendo. Cominciamo conKafka.

Nato nell’anno in cui è morto Marx,era il 1883, se n’è andato a 41 anni, dopoaver scritto poco e pubblicato meno. Inquel meno, il racconto In loggione.

Tutti i personaggi di tutte le opere diKafka sono fatti della stessa materia dicui sono fatti i nostri vicini di casa, inostri lontani di casa, tu e io, qui e ora.

Vabbene, starai pensando, ma suquesta ‘materia’ si sono rotti la testagenerazioni di critici, ognuno la pensa amodo suo e ancora oggi se ne discute.

Già: per alcuni Kafka è «eroe diun’etica laica», per altri «il precursorespirituale della controrivoluzione», altrilo vogliono «testimone della morte diDio», e senti questa: «la carica profeticadell’angoscia kafkiana nasce dallariduzione alla sua nuda struttura di unaesperienza storica determinata:l’esperienza della disumanità delcapitalismo, della condizione operaianella fabbrica capitalistica» (LucioLombardo Radice, Gli accusati, DeDonato 1972).

Ha ragione Lucio. Lo mostra l’iniziodel Loggione: «Se un’acrobata a cavallo,fragile, tisica venisse spinta per mesiinteri senza interruzione in giro nelmaneggio sopra un cavallo vacillantedinanzi a un pubblico instancabile da undirettore di circo spietato sempre collafrusta in mano...»

Ha torto Lucio. Lo mostra,seguitando, il racconto: «…Ma non ècosì: una bella dama bianca e rossa entralieve dal velario che due orgogliosiservitori in livrea sollevano per lei; ildirettore, cercando ossequioso i suoiocchi, le sospira incontro con devozionebestiale, la solleva cauto sul cavallopomellato, come se fosse la sua nipotepreferita che parte per un viaggiopericoloso...»

Cosa vuol dire? Vuol dire che Kafka è,nello-stesso-tempo, il poeta di un«mondo finito» (la civiltàliberale-borghese) e il poeta di un«mondo disgregatore» (le societàburocratiche di massa), dell’enigma e deldisincanto, dell’uomo-massa«condannato non solo senza colpa maanche senza cognizione» edell’intellettuale-creativo «che ha pocosuolo sotto i piedi».

Insomma Kafka è il poeta dellacomplessità. Ecco perché l’opera suanon solo sopporta, ma fomenta tantesingole interpretazioni. Spingendocidelicatamente a costruire interpretazionisempre più comprensive, quindi semprepiù creative, di questa vita, di questa crisi.Invece noi la semplifichiamo, questa crisi,incastellandoci a ogni passo nelleideologie della vecchia civiltà moderna (illiberismo, il marxismo, lasocial-democrazia, il cristianesimosociale), come fragili spettatori di galleria.

Come termina difatti In loggione?Mentre lei, acrobata e dama, una e bina,«correndo alta sulle punte dei piedientro un nembo di polvere, a bracciaaperte e arrovesciando la piccola testa,vorrebbe far partecipe tutto il circo dellasua felicità, lo spettatore di galleriaappoggia il viso al parapetto e,sprofondando nella marcia di chiusuracome in un triste sogno, piange di unpianto inconsapevole».

www.pasqualemisuraca.com

LEGA NORD«...questo mondo èdiventato comeuna terra incolta.Guardate sevedete più uninnamorato...la fame gli hacacciato l’amorevia dal culo...»

DEBITO PUBBLICO

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(9)ALIAS14 GENNAIO 2012

IL REGISTA

IL FESTIVAL

LA MOSTRA

NUOVE TECNOLOGIEPER L’HORROR

A CURA DI FILIPPO BRUNAMONTI,ANTONELLO CATACCHIO,MARIUCCIA CIOTTA,GIULIA D’AGNOLO VALLAN,MARCO GIUSTI, CRISTINA PICCINO,ROBERTO SILVESTRI,SILVANA SILVESTRI

TRIESTE FILM FESTIVALTRIESTE, TEATRO MIELA, CINEMA ARISTON19-25 GENNAIOIl festival di Trieste Alpe Adriaspecializzato nel cinema dei paesidell’est, diretto da Annamaria Percavassisi apre il 19 con Milcho Manchevski, ilregista macedone di Before the Rain.Anche il suo Majki (Madri) è un tritticocome il suo esordio che lo rese famoso.Il regista terrà una masterclass il 21gennaio. Il film di chiusura il 25 saràOdcházení (Partire) di Václav Havelrecentemente scomparso, tratto da unapièce teatrale che aveva iniziato ascrivere poco prima dell’89, tragicomica storia di un Cancelliere esautorato che nonriesce ad accettare la nuova situazione. Anche quest’anno si terrà il premio CorsoSalani dedicato a un film italiano indipendente in progettazione. Da segnalare, oltre a«Zone di cinema» con lungometraggi e documentari, gli incontri con i registi,l’omaggio alla scuola di Wajda, la retrospettiva curata da Federico Rossin del registapolacco Grzegorz Krolikiewicz, uno spazio musicale dedicato a Bijelo Dugme(Bottone bianco) la band rock più famosa dell’ex Jugoslavia, sei milioni di dischivenduti, fondata da Goran Bregovic che ne fu il leader fino allo scioglimento nell’89con la proiezione del film Bijelo Dugme di Igor Stoimenov. (s.s.)

●●●Mario Salvucci, che ha curato lecolonne sonore di diverse film horroramericani indipendenti, appartiene a quellanuova generazione di compositori dimusica per il cinema, che hanno unaformazione che va al di là dello studioclassico dello strumento (Salvucci hastudiato prima il pianoforte, poi la chitarraclassica e poi jazz) e della composizione.Spesso cercano di completare la loroformazione con altre culture musicali e conuna profonda conoscenza delle nuovetecnologie, per potere affrontare qualsiasiproblema inerente alla musica e al suononel film. Salvucci ha quindi conseguito unalaurea in ingegneria informatica ed unmaster in ingegneria del suono. È statopremiato all'ultima edizione diSulmonacinema con il premio«Soundtrack» per la colonna sonora di Thedark side of the sun di Carlo Hintermann.Con quest'ultimo aveva già collaborato perle musiche di Chatzer: Inside Jewish Venicenel 2004 e quelle del film collettivoRosy-Fingered Dawn: a Film on TerrenceMalick nel 2002.

Come hai lavorato alla colonnasonora di «The Dark Side of thesun»?

Si trattava di connotare due mondi,quello reale della parte documentaria equello più onirico dell’animazione, di farliconvivere, distinguerli, ma anche di fonderliprogressivamente l’uno nell’altro.Dapprima avevo pensato a dei leitmotivassociati ai personaggi che si proponesseroin maniera diversa nei due contesti, poiperò, lavorando sulle immagini, ho capitoche la strada migliore da seguire era quelladelle sensazioni evocate dalla fotografia diGiancarlo Leggeri. Nella partedocumentaristica ho seguito una strada piùconcreta, in senso musicale e timbrico,manipolando i suoni di alcuni strumentiattraverso software sviluppati perl’occasione. Ho seguito un approccio, percosì dire, più ‘sperimentale’. Nella parteanimata invece, mi sono rivolto di più almondo classico e orchestrale, seppurcoadiuvato da molti suoni di sintesi, inquesto senso è un approccio piùtradizionale. Su tutto però l'intentoessenziale era di avvolgere la musicaintorno al mondo del film, sottolineando osostenendo le immagini, a volteemergendo, in funzione dell’evoluzionenarrativa. .

Quanto tempo hai avuto adisposizione?

La fase più continua del lavoro è stata dicirca otto mesi. Solitamente per un film dinovanta minuti impiego dalle tre allequattro settimane senza interruzioni, inquesto caso però il ritmo è stato dettatodalle scadenze di tutta la lavorazione. Manmano che erano prodotti i materialiinterveniva il mio contributo e nelle battutefinali si è trattato di regolare velocementele tempistiche e di dare coerenza a tuttoquello che era stato prodotto.

Dove hai registrato?La maggior parte della musica è

prodotta in studio utilizzando sintetizzatorie campionatori e registrando edelaborando le performance di alcunistrumentisti. Poi se si vuole dare piùorganicità e umanità a un’orchestrasintetica, e soprattutto a un coro, ènecessario registrare alcune parti con deiveri musicisti.

MAGICO

IL FILMLA CHIAVE DI SARADI GILLES PAQUET-BRENNER, CON KRISTINSCOTT-THOMAS, NIELS ARESTRUP FRANCIA 2010

0A Parigi, nella notte del 16 luglio1942, i nazisti compiono unrastrellamento e ammassano gli

ebrei nel Velodromo d’Inverno primadella deportazione. La piccola SaraStarzynski (Mélusine Mayance), che hasolo dieci anni è riuscita a nascondere ilfratellino Michel in un armadio primacon la promessa di tornare. Doposessant’anni la giornalista americana JuliaJarmond (Scott-Thomas) che vive inFrancia da vent’anni è incaricata direalizzare un reportage sulrastrellamento.

L'INCREDIBILE STORIA DIWINTER IL DELFINO 3DDI CHARLES MARTIN SMITH, CON MORGANFREEMAN, ASHLEY JUDD. USA 2011

0Ispirato alla storia vera deldelfino Winter e della comunitàche si unisce per salvargli la vita:

mentre nuota libero, un giovane delfinorimane impigliato in una trappola pergranchi e riporta gravi ferite alla coda,viene soccorso e trasportato alClearwater Marine Hospital, dove gliviene dato il nome Winter. Un biologomarino, un medico e un ragazzo con lasua amicizia riescono a salvarlo.

L'INDUSTRIALEDI GIULIANO MONTALDO, CON PIERFRANCESCOFAVINO, CAROLINA CRESCENTINI. ITALIA 2011

0Il proprietario quarantenne diuna fabbrica nella Torino colpitadalla crisi economica cerca di

risolvere la situazione, pressato daglioperai e dal suo orgoglio diimprenditore. Parallelamente avanza intermini ossessivi la crisi familiare poichéinvece di cercare di risolvere i suoiproblemi matrimoniali, inizia asospettare e a seguire la moglie.

KABOUMDI GREGG ARAKI; CON THOMAS DEKKER, HALEYBENNETT. USA 2010

0Fantascienza innestata congenere college: Smith vive cometanti altri studenti al college tra

amiche. amici e relazioni diverse, finchéqualcosa ingerita ad una festa non gli facredere di avere assistito a un omicidiocompiuto da individui che indossanomaschere di animali. Questo causeràuna reazione a catena di vasteproporzioni (vedi anche intervista aGregg Araki a pag. 7)

SUCCHIAMIDI CRAIG MOSS, CON DANNY TREJO, NICNOVICKI. USA 2011

0Parodia di Twilight dal regista di40 anni vergine. Stella (AlissaKramer) è costretta a scegliere

fra l’egocentrico vampiro Edward e illicantropo Jacob.

LITFIBA: CERVELLI IN FUGA -EUROPA LIVE 2011DI PIERO PELÙ, MARIO PIREDDA. ITALIA 2012

0Il diario di viaggio del tour deiLitfiba che ha visto, nel 2011, larock band calcare i palchi di

Londra, Berlino, Bruxelles, Amsterdam,Ginevra, Zurigo, Parigi e Barcellona:backstage, live e racconti di un viaggiorock’n’roll. (dal 16 gennaio)

AGUASALTAS.COMDI LUÍS GALVÃO TELES, CON JOÃO TEMPERA EMARÍA ADÁNEZ. PORTOGALLO 2011.

7Pedro, un ingegnere inviato daLisbona al villaggio Aguas Altasper costruire una strada, decide

di creare un sito web dedicato al paese.Però a Madrid una multinazionale haregistrato lo stesso dominio percommercializzare un’acqua minerale erichiede il pagamento di 500 mila eurocome risarcimento. Inizia una battaglia:gli abitanti del borgo difendono il sitononostante non sappiano neanche cosasia internet e cominciano a cambiare

modo di pensare, con un meccanismoda commedia che coinvolge sentimenti,stampa, televisione e governo. Come inaltre commedie rurali (da «SvegliatiNed» di Kirk Jones a «Holy Water» diTom Reeve) anche le zone più isolatecambiano grazie alla tecnologia o aeventi imprevisti. (s.s.)

ALMANYA - LA MIA FAMIGLIAVA IN GERMANIADI YASEMIN SAMDERELI, CON VEDAT ERINCIN,FAHRI OGÜN YARDIM. GERMANIA 2011

7Lontano dal «drammadell'emigrazione» e dallatemibile commedia etnica è una

sophisticated comedy di una registatrentenne, Yasemin Samdareli, tedescadi origine turca, fan di Lubitsch e diGuney, dai quali distilla humourdissacrante e memoria storica per il suofilm d'esordio. Successo all'ultimaBerlinale, Almanya ha registrato inGermania un record d'incassi (11 milionidi dollari). (m.c.)

LE IDI DI MARZODI GEORGE CLOONEY, CON RYAN GOSLING,PAUL GIAMATTI. USA 2011

7Incursione di profonditànell'immaginario americano diun cineasta che ha stile, George

Clooney (qui scrive, dirige e interpreta):è Mike Morris, governatoredemocratico candidato alle presidenziali,l’«uomo nuovo», pacifista, fautore dellostato sociale, spudoratamente ateo. Manello staff covano corruzione e brama dipotere. Thriller bipartisan dedicato alpiù appassionante dei giochi, la politica,Ma finisce per ridurre tutta la storia Usa(Kennedy, Nixon, Clinton/Levinsky...) aisuoi moventi più «bassi», oscuri,patologici e casuali, rompendo con lasensibilità «liberal» se non proprioradical, che rese indimenticabile il filone«elettorale» new Hollywood anni '60 e'70 (r.s.)

IMMATURI. IL VIAGGIODI PAOLO GENOVESE, CON RAOUL BOVA,AMBRA ANGIOLINI. ITALIA 2011

6Se il primo Immaturi poggiava suuna ideuzza debole, ma efficace,quella dei quarantenni obbligati

a ripetere la maturità, arrivati al(troppo) rapido sequel, la trovata sidimostra fragile e non trova nellasceneggiatura, che prevede un viaggiotutti insieme in Grecia, il modo persviluppare ulteriormente caratteri esituazioni. La partenza èparticolarmente buona, ritmo serrato,battute giuste, gli attori funzionanti.Appena si parte per Paros gli immaturisi scontrano con la tragica realtà dellacommedia italiana e delle sue macchinedi scrittura non così perfette. Quandoscivola nel film di viaggio e si affaccial'effetto cinepanettone o l'effetto deiviaggi in Grecia dell'epoca Muccino, lasceneggiatura fa acqua da tutte le parti ela regia, pur attenta e veloce, non riescea rimettere le cose a posto. Tutto affoganella noia. (m.g.)

MIRACOLO A LE HAVREDI AKI KAURISMÄKI con ANDRÉ WILMS, KATIOUTINEN, FRANCIA - 2001

8Marx, scrittore bohémien inesilio volontario al suobanchetto di lustrascarpe, in una

Francia perfetta per il poemettodedicato a Idrissa (Blondin Miguel) unragazzino africano sbarcato da uncontainer. Kaurismaki disegna lecoordinate dell'avventura«extracomunitaria», Idrissa nascostonell'armadio, dentro un carretto, dietrouna porta mentre il lustrascarpe,malvisto fino a quel momento dalvicinato, diventa la primula rossa di LeHavre e come in un musical orchestral'opera di soccorso corale. Il film lievitanel suo esilarante tocco. Con i trattileggeri di matita, Kaurismaki disegna ilsuo presepe laico - il miracolo è tuttoumano - e dà il via a un thriller

emozionante, gioco di equivoci etranelli, «realismo poetico» conhumour. (m.c.)

NON AVERE PAURA DEL BUIODI TROY NIXEY, CON KATIE HOLMES, BAILEEMADISON. USA 2011

6Alcuni anni orsono, 1973, lateleplay con protagonista KimDarby (Don’t Be Afraid of the

Dark) incantava (o traumatizzava) unbambino di appena dieci anni, GuillermoDel Toro che ha continuato a sognare ilprogetto di un remake espanso finoall’incontro con Troy Nixey dalbackround fumettistico. Con la sua regiae la sceneggiatura di Del Toro eMatthew Robbins fanno diquest’oggetto filmico una piccolaimbarcazione sperimentale. In unmaniero vittoriano il padrone nutrediaboliche creature. Un secolo dopoarriva una coppia con la piccola Sally. Ilsuo essere «molto piccola» strega lecreature che infestano ancora laresidenza. Ma Nixey non è Del Toro: gliocchi sono per intero fanciulleschi ma lafantasia di Sally è sostanzialmenteimpotente. (fi.bru.)

SHAMEDI STEVE MCQUEEN; CON MICHAELFASSBENDER, CAREY MULLIGAN. USA 2011

6Secondo approfondito studiodark dell’artista nero britannicoMcQueen (dopo Hunger) sulle

prigioni, questa volta un carcereautoimposto, duetto tra imprigionaticonsanguinei, fratello e sorella suldisagio di vivere che non si incontranomai. Brandon è prigioniero dellasessuomania, Sissy ha passato la vita atagliuzzarsi le braccia. Alle loro spalle siimmagina un terrificante passato dimolestie in famiglia. Fino a un tuffo gayanni ’70 nei vicoli della metropoli,rendendo comsumistica la visioneomosessuale del mondo. Fassbender èall’altezza di questo personaggio eaggiunge tonalità inedite allo yuppy incrisi. Il film in fondo ci rassicura: il malesi vince sempre. (r.s.)

SHERLOCK HOLMES: GIOCO DIOMBREDI GUY RITCHIE, CON ROBERT DOWNEY JR.,JUDE LAW. USA 2011.

7Ispirato al fumetto di LionelWigra, ecco il sequel semi-gaydelle neoavventure di Holmes e

Watson, questa volta control'arcinemico, il prof. Moriarty. Siamo nel1891. La misoginia di Doyle,incolpevole, ma sempre ispiratore, hatravolto la nuova coppia di sceneggiatori(Kieran Mulroney e sua moglie Michele)che si sbarazzano di donne, zingare omeno, con nonchalance. Ritmo esviluppo visuale sono da videogame.L'aspetto più divertente è neitravestimenti di Sherlock Holmesmagnifici quando si mimetizzanell'ambiente circostante. Bisognaabbandonarsi al flusso Guy Ritchie e alduetto giocoso Downey jr-Law, piùStephen Fry l' imperturbabile fratello diHolmes. (a.ca.)

LA TALPADI TOMAS ALFREDSON; CON GARY OLDMAN,COLIN FIRTH. USA 2011

6John Le Carré, borghese ingleseche ha passato la vita aproteggersi dai germi del

comunismo dittatoriale (e non piùproletario) diventa tra le mani di TomasAlfredson il più estenuante, ripetitivo ecomplicato, opaco nei colori e indigestofilm di spionaggio. Ambientato nel ’73, lacupola dei servizi segreti di sua maestàha una pericolosa talpa al suo interno. ASmiley (Oldman) il compito di trovarloe sarà molto difficile perché tra doppi etripli giochi la Cia sta organizzando lamossa Allende per non parlare delVietnam. I cultori di spy storyapprezzeranno lo stile recitativo, tutto atogliere di Hurt, Oldman e Firth. (r.s.)

SINTONIEL'ERA LEGALEDI ENRICO CARIA; CON PATRIZIO RISPO, CRISTINA DONADIO. ITALIA 2011Da parcheggiatore abusivo Nicolino Amore (Patrizio Rispo) diventa il sindaco diNapoli e rende la città ricca e famosa nel mondo. È un mockumentary (fintodocumentario) che però rende in modo assai veritiero la realtà italiana che ciossessionava appena poco tempo fa per lanciarsi in un’utopia interessante: se sirende legale la droga la camorra perde il suo potere. Pur senza sostegni pubblici ilfilm si avvale di una grande partecipazione di collaboratori e personalità che hannovoluto dare il loro contributo: Giancarlo De Cataldo, Pietro Grasso e VincenzoMacrì magistrati dell’antimafia, Tano Grasso dell’antiracket, i giornalisti Bill Emmottdell’Economist e Marcelle Padovani, Carlo Lucarelli, Francesco Ferrante diLegambiente, Fabio Granata. Collegati anche Renzo Arbore e Isabella Rossellini,poiché quasi tutto il film corre lungo le vie delle televisioni pubbliche e private, conservizi che commentano e riportano la scalata vittoriosa del sindaco. E non ci sonoriferimenti a De Magistris (che ha poi accompagnato il film al festival di Torino),perché il film è stato portato a termine proprio al momento della sua elezione: unanuova coscienza civile si è risvegliata nella città. Satirico, entra e esce da situazionireali (come nel caso della fabbrica effettivamente bruciata dell’imprenditoreSalvatore Mignano che interpreta se stesso) costruite con una grande quantità dipersonaggi e situazioni riprese dalle televisioni locali vere o immaginarie a indicare lesoluzioni possibili di una terra che potrebbe creare ricchezza per tutti. (s.s.)

VITTORIO DE SETA, DIARIDI UN MAESTRO DI CINEMAROMA, 14 GENNAIO - 1 FEBBRAIOUn omaggio su 18 schermi al maestrodel documentario scomparso anovembre si tiene a Roma dal 14gennaio al 1 febbraio. A realizzarlo inmodo autogestito sono stati i tantiamici, registi e appassionati di cinema,che hanno raccolto i film e organizzatogli eventi. Ogni proiezione saràaccompagnata dall’intervento dicollaboratori critici, registi e storici tracui Goffredo Fofi, Enrico Ghezzi, MarioSesti, Raffaele La Capria, Cecilia Mangini,Adriano Aprà, Marco Lodoli, Gianfranco Pannone, Marzia Mete e molti altri. I filmdella rassegna e gli incontri si terranno in sale d’essai, cineclub, università,bibioteche, sia al centro che in periferia: si inizia oggi alla Casa del cinema (ore 16)con documentari e Diario di un maestro e l’incontro con Gianni Amelio e Luigi Tovoli(ore 19.15). Lunedì 16 l’appuntamento è all’Università Roma 3 (ore 11) con Letteredal Sahara e alla Casa della memoria (ore 17, intervengono Fofi e Cecilia Mangini).Al programma in stampa si è aggiunto un altro film appena giunto dalla Francia: LeCinéaste est un Athlète - Conversations avec Vittorio De Seta di Vincent Sorrel, BarbaraVey (2010) che sarà proiettato il 24 gennaio all’Apollo 11 (ore 19). (s.s.)

DISCRETO CONTINUOPITTURE DI ALBERTO BARDIGALLERIA NINAPÌ, RAVENNA«Ho fatto la Resistenza in montagna,sull’Appenino tosco-romagnolo dallafine del ’43 alla primavera del ’44. Inseguito, sono stato comandante del Gapin provincia di Ravenna. Avevo 25 anni».Raccontava così i suoi inizi in battagliaFalco - questo il suo nome da partigiano- in un’intervista rilasciata a Noidonne nel1967. Ma Bardi, nato nel 1918 a Firenzee poi trasferitosi nell’Appenninotosco-romagnolo, oltre alla passionepolitica nutriva anche quella artistica:parte da quadri figurativi, con paesaggi industriali e si avventura poi verso i segnidell’astrattismo, affidando al colore tutte le mutazioni possibili della superficie. Gestiessenziali i suoi che producono opere in empatia con quelle di Turcato, Perilli,Accardi, soprattutto nel suo periodo romano. A volte, la figura torna ad affiorare(siamo negli anni Sessanta), altre subisce una sparizione a favore della forma pura.Quando descrive il suo procedere creativo Bardi racconta sempre che si fa per via«di eliminazione e decantazione», in un itinerario che costeggia il «disincanto dellaragione» affidandosi sia a un vivace cromatismo che a una composizione gestualeautomatica. La sua personale è alla galleria Ninapì di Ravenna, fino a questadomenica. a. di ge.

I FILM

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Inevitabile affiancare questi due artisti, morti insieme il 3 febbraio1959 in un incidente aereo sui cieli dell’Iowa mentre stavanoandando a un concerto in Minnesota. Sembrano appartenere aun’epoca quasi preistorica, ma se fossero ancora vivi oggi Hollyavrebbe 75 anni, e Valens 70. L’occhialuto Buddy Holly in tre annidi carriera ha saputo rivoluzionare il rock per sempre ed èaccreditato per essere uno degli inventori della moderna rockband, innovatore delle dinamiche e della struttura della canzonerock. La sua intera vita musicale è racchiusa in un cofanettouscito nel 2009 intitolato Not Fade away che raccogliendo tutte lesession, dai primi vagiti in studio quando aveva 12 anni allecomparsate di quando ne aveva 15, fino alle sue indimenticabilihit in varie versioni e ogni altra registrazione reperibile, arriva asei cd. Tanto è bastato per cambiare il volto della musica giovane.Valens (la foto nel tondo) nel tondonella sua esistenza brevissimaincise poche canzoni, ma la sua La Bamba, rivissuta in migliaia di

versioni, rappresentò un momento disvolta nell’infanzia del rock’n’roll. Peril critico Lester Bangs quel singolo cheriproduceva con una chitarra elettricaun giro armonico della tradizionemusicale dei mariachi fu la scintillache darà poi vita al garage rock deglianni ’60 e allo spirito del punk rock. Il3 febbraio del ’59 verrà ricordatonell’epica del pop come «il giorno incui la musica morì».

La vita appesaa un disco. Diecigeni per caso

MINOR THREAT

Se dovessimo giudicare il rapporto trainfluenza ed esiguità dell’operaprobabilmente Johnny Rotten (nella foto) esodali vincerebbero il primo premio.Saranno anche stati la «grande truffa» di cuiparlava il loro manager Malcolm McLaren -ovviamente non era così - ma dopo l’uscitadel loro primo e unico album Never Mindthe Bollocks, Here's the Sex Pistols, la musicae la cultura pop non sono state più le stesse.Il disco venne pubblicato il 28 ottobre 1977,ma a quella data i Pistols avevano già fatto apezzi la scena musicale dell’epoca con laferocia iconoclasta dei loro primi singoli. Il

punk che sembrava un fenomeno dicostume destinato a bruciarsi in fretta sidimostrò una vera e propria deflagrazione ele 12 canzoni di quel disco ancora oggirimangono diamanti grezzi di puraribellione. Non poteva durare, non durò. IPistols cessarono di esistere di fatto il 17febbraio 1978, quando Rotten dopo uncaotico tour Usa decise di andarsene, l’annodopo Sid Vicious morirà di overdose. Sonotornati ad esibirsi dal vivo nel 1996 (con ilbassista originario Glen Matlock). Per farefinalmente quei soldi che non erano riuscitia mettersi in tasca vent’anni prima.

Ian Curtis decise di porre fine alla sua vita il 18 maggio 1980 a 23anni. Ragazzo padre con un matrimonio sfortunato alle spalle,malato di epilessia e di depressione, non riusciva forse neppure acomprendere il valore di quello che aveva creato come musicista.Artisticamente non potrebbe essere più vivo. È difficile trovare unnuovo gruppo rock, soprattutto inglese, che non citi lui e la suaband come influenza fondamentale. Alcuni gruppi negli ultimianni (Editors, Interpol ecc.) hanno costruito carriere del tuttodignitose riprendendo il suo stile vocale e il suo gusto per leatmosfere cupe e un po’ decadenti. La sua vita è stata brevissimae il lavoro dei Joy Division chiuse la stagione del punk perinaugurare la new wave. La loro eredità è un Ep con quattrocanzoni e due soli album Unknownk Pleasures (1979) e Closer,uscito nel luglio 1980 dopo la scomparsa di Curtis. Ci resta ancheuna serie di brani sparsi tra cui la canzone che meglio identifica ildisagio interiore di Ian: Love Will Tear Us apart uscita su singolopochi giorni prima del suicidio. Quel titolo è oggi l’epitaffio scrittosulla sua tomba, inciso per sempre anche nella storia del rock.

Un quartetto di adolescenti di Washington Dc,attivo dal 1980 al 1983, guidato da Ian MacKaye econ poche cose incise all’attivo. Ciononostanteha contribuito all’edificazione della piùimportante rivoluzione musicale Usa degli anni’80: la nascita del movimento hardcore punk Usada cui la scena alternativa degli anni ’80 e ’90, ilgrunge e il più recente stile emo. Furonosufficienti un solo album (Out of Step del 1983),alcuni singoli e una filosofia di vita nuova per lascena musicale Usa: il «do it yourself», fattelo dasolo. Ovvero dischi autoprodotti, un canale diinformazione autogestito in cui eranoprotagoniste le celebri fanzine ciclostilate inproprio e più entusiasmo e rabbia che tecnicamusicale. Era il 2.0 quando non esisteva ancorainternet. Ma soprattutto i Minor Threatproponevano un punk al fulmicotone persovvertire gli stereotipi del rock: ad esempiopredicavano astinenza da alcol, fumo e droghe.Tutte storie raccontate nel pezzo Straight Edge,da cui l’omonimo movimento. Era la nuovagenerazione suburbana bianca di estrazione

protestante che cercava un propriolinguaggio e una propria culturasenza scendere a compromessi. IMinor Threat sono stati anche unadelle band più fraintese. Proprio lostraight edge (dall’omonimacanzone della band) ha spessoavuto derive di ultra destra; unadelle loro canzoni più celebri Guiltyof Being White («Colpevole di esserebianco») fu scritta da MacKaye aitempi del liceo in risposta ai tantisuoi compagni neri. Era un innoantirazzista in cui si dichiaravaestraneo alla storia del pregiudiziorazziale: «Sono dispiaciuto/diqualcosa che non ho commesso».La canzone è poi comparsa nelrepertorio di band naziskin. «Ascuola ero io la minoranza - haspiegato Ian MacKaye - chiedevosolo di non essere giudicato per ilcolore della pelle. È un branopalesemente antirazzista. Comepotevo pensare che quindici annidopo saltasse fuori qualche nazistaeuropeo a dire che avevo parlato indifesa della razza bianca?».MacKaye, da sempre a sinistra,storicamente legato ai csoa anchenostrani, è diventato poi leader deiFugazi e padrone dell’etichettamusicale Dischord.

di GUIDO MARIANI

Nel vernacolo del pop vengonodefinite meteore gli interpreti chedominano una breve stagione concon un loro successo e poi più nulla.Ci sono invece artisti che hannoinciso solo un pugno di brani, uno odue album al massimo, e hannosaputo ispirare generazioni di nuovimusicisti o semplicemente azzeccareun lavoro che vale un’interadiscografia. Spesso sono protagonistiche per varie vicissitudini hannoavuto vite artistiche non prolifiche obrevi, talvolta brevissime, ecomunque indimenticabili. Alcuni diessi hanno creato vere e propriesubculture all’interno delle subcultureda cui provenivano. Magarispaccandole, musicalmente e talvoltaanche ideologicamente.

Alcuni di essi sono scomparsiprematuramente, altri hannocambiato strada o hanno rinunciatoper ragioni spesso puramente casualialla loro carriera, ma quel poco chehanno fatto ha saputo lasciare ilsegno e, in alcuni casi, costruire unaleggenda.

Artisti che hanno forzato, spesso senzarendersene conto, barriere e linguaggidel pop. Hanno creato o spaccatosubculture, sovvertendo musiche e ideologie

BUDDY HOLLY & RITCHIE VALENS

ROBERT JOHNSON

«Esiste solo nelle sue registrazioni. Èpura leggenda». È così che MartinScorsese ha ricordato la storia diquesto bluesman del Mississippivissuto solo 27 anni e mortonell’agosto 1938, di cui esistono soloaneddoti diventati pura mitologia.Musicista girovago di mezzataccatrasfiguratosi in virtuoso dopo aver«venduto l’anima al diavolo»,donnaiolo impenitente ucciso con ilveleno da un marito geloso, su di luisi è scritto di tutto. Ma quello che èinconfutabile è il valore di quelle 29canzoni che ha consegnato allastoria, incise con la chitarra in duesoli giorni in 41 takes in presa direttain due studi musicali di San Antonionel 1936 e di Dallas nel 1937. Dopo lasua morte fu praticamentedimenticato per vent’anni fino a cheil produttore John H. Hammondconvinse l’etichetta Columbia aristampare la sua opera nel 1961 conil titolo King of the Delta BluesSingers.

Sweet Home Chicago, Cross RoadBlues, Hellhound on My Trail, Love inVain fanno oggi parte dell’alfabeto diogni musicista blues e rock. Per EricClapton è stato il più importantebluesman mai esistito. Oltre a quelleincisioni di Johnson esistono solodue fotografie e poche testimonianzespesso indirette, ma il mito checirconda la sua vita è destinato adiventare solo più grande dopo lascomparsa avvenuta lo scorso 29agosto di “Honeyboy” Edwards,l’ultimo musicista vivente che avevasuonato con lui che lo riaccompagnòa casa dopo il suo ultimo concerto eche di Johnson diceva: «Non era unapersona magica. Era come tutti noi,uno che suonava dove capitava perguadagnare qualche spicciolo».

SEX PISTOLS

JOY DIVISION

STORIE ■ DA «NEVER MIND THE BOLLOCKS» A «STRAIGHT OUTTA COMPTON» E OLTRE

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L’opinione pubblica Usa si fececogliere del tutto impreparata quandocinque ragazzi provenienti daCompton, uno dei quartieri piùproblematici di Los Angeles, sipresentarono nella seconda metàdegli anni ’80 sulle scene con il nomedi Niggaz With Attitude (traducibilecon approssimazione in Negraccistilosi) e una miscela esplosiva dihip-hop. Non solo sventolavanol’epiteto razzista in faccia a tutti, male loro canzoni rap raccontavano unarealtà che nessuno avrebbe maipensato potesse finire su un disco.Non è esagerato dire che il loro discodi esordio Straigh outta Compton del1988 abbia avuto sulla scena musicalenera un impatto paragonabile aquello che i Sex Pistols ebbero sullascena rock britannica. Il loro stilevenne subito etichettato comegangsta rap, l’hip-hop dei criminali, eraccontava storie di armi, droga,prostituzione, violenze della polizia.La band era guidata da Eric LynnWright, alias Eazy-E, ex spacciatoreche aveva usato i proventi del suocommercio per lanciarsi nella carriera

musicale e che morirà di Aids nel1995. Nella band oltre al rapper McRen e al Dj Antoine Carraby (Yella)militavano alcuni nomi divenuti poipesi massimi nell’industriadell’entertainment Usa come IceCube e Dr. Dre. Il brano che feceaccapponare la pelle era Fuck ThaPolice in cui si denunciava il razzismodella polizia e si inneggiava a spararesui poliziotti («Quando avrò finitosarà un bagno di sangue»). Per laprima volta nella sua storia l’Fbi cercòdi censurare un’opera musicale, magli N.W.A erano già diventati gli eroidei giovani dei ghetti d’America, nonsolo neri. Era nato un nuovolinguaggio, un nuovo modo diesprimersi che non conoscevacensure o mediazioni. Ma venivaanche disvelato un connubio tracrimine e rap music che lasceràdiversi cadaveri sull’asfalto. Il grupponon sopravvisse alle faide interne eterminò la sua breve corsa nel 1991dopo aver conquistato il primo postodelle classifiche con il secondo album.Il regista John Singleton sta girandoun film sulla loro breve epopea.

Figlio di Tim Buckley, cantantescomparso prematuramente neglianni ‘70, Jeff all’esordio fu corteggiatodalle case discografiche, ma accoltocon una certa diffidenza, con ilconsueto atteggiamento di curiosità escetticismo che colpisce chi si deveportare dietro un cognomeingombrante. La diffidenzascomparve presto tra i solchi del suoeccezionale esordio, Grace,pubblicato nel 1994, un disco chestregò il pubblico e impose sullescene un artista che riusciva ad essererocker e cantautore, intenso eromantico allo stesso tempo. Lastraordinaria voce di Jeff ha cantatoper una stagione troppo breve. Nelmaggio del 1997 si trovava a Memphisper registrare il suo secondo lavoro,nei confronti del quale stavacrescendo una febbrile attesa. In unapausa delle registrazioni andò sulle

sponde del Mississippi e decise diimmergersi nel fiume completamentevestito. Venne inghiottito dalle acque.Da quel momento il suo mito ècresciuto sempre di più. Sarà ilfascino e il carisma che le sue canzonie le sue interpretazioni non hannocessato di emanare, sarà per il talentopuro che non è mai riuscito adesprimere completamente, ma oggi ilnome di Jeff compare comeriferimento di tutta la nuova leva dicantautori. Di lui rimane pochissimo,oltre a Grace, alcune incisioni live el’intelaiatura di un lavoro incompiutoche doveva intitolarsi My Sweetheartthe Drunk. Sono quasi più numerosele canzoni a lui dedicate. Hannoscritto brani alla sua memoria artisticome Chris Cornell, PJ Harvey, RufusWainwright, Juliana Hatfield, DuncanSheik, Mark Eitzel, Willie Nile e RonSexsmith.

FUGEES

Nell’estate del 1995 il trio dei Fugees, formato daglihaitiani Wyclef Jean, Pras Michel e dall’americanaLauryn Hill, era sull’orlo della disoccupazione.Dopo un debutto sfortunato, Blunted on Reality, itre riuscirono a convincere in extremis il boss dellaloro etichetta, la Ruffhouse, a scommettere su diloro un’ultima volta. Ricevettero un finanziamentodi 135mila dollari e si misero al lavoro per sei mesiin uno studio allestito nella cantina dello zio diWyclef. All’inizio del 1996 uscì The Score, destinatoa diventare un album fondamentale nella storiadell’hip-hop e uno dei più grandi successidiscografici del decennio. L’alchimia che rese ildisco un classico era quella di far ritrovare al rap lesue origini soul e caraibiche e creare un’opera che

non solo rappresentava un momento dimaturazione di un intero genere musicale maanche una raccolta di canzoni che conquistarono ilpubblico fino ad allora ostile al rap e suoi derivati.Dopo quasi venti milioni di copie vendute, i Fugeesnon conobbero mai un futuro. Lauryn Hillintraprese una breve carriera solista che portò a unalbum di altrettanto successo, The Miseducation ofLauryn Hill del 1998, e poi scelse di ritirarsi. Excompagna di uno dei figli di Bob Marley e madre di6 figli, continua ad esibirsi regolarmente in concerto(ora è accompagnata da Doug Wimsbish, bassistadei Living Colour); Wyclef Jean ha diviso la sua vitatra carriera musicale e attivismo politico a favoredella sua patria Haiti. Ci fu un tentativo di reunion,ma finì male. Disse Pras Michel: «Ci sono piùprobabilità di vedere George Bush e Bin Ladenprendersi un caffè insieme prima che io lavoriancora con Lauryn Hill».

Sulla carta questa band irlandese haavuto una carriera più che decennaleconclusasi negli anni ‘90. In realtà hapubblicato solo due album. È curiosopensare come una formazione nonprolifica e che non ha maiconosciuto neppure un grandesuccesso commerciale possa averlasciato il segno. Ma l’eredità dei MyBloody Valentine è racchiusa nei 50minuti scarsi di Loveless, album del’91 diventato disco di culto eispirazione per la scena pop rockanglosassone degli anni successivi.L’opera è frutto del lavoro maniacaledel chitarrista e cantante KevinShields che per tre anni elaborò ecesellò i suoni in 19 studi discograficidiversi con una dedizione ossessivache non si vedeva dai tempi dellestravaganze del Beach Boy BrianWilson. La genesi dell’album èmateriale da aneddotica rock:dall’etichetta Creation che si rifiutòdi affrontare le spese fuori controllo,alle follie di Shields che incideva leparti vocali dietro una tenda per nonfarsi vedere dai tecnici, dai ritardidovuti a problemi di udito dellostesso Shields (che era solito suonarea volumi atroci) a inattesi problemitecnici. Il disco, un monumentaleaffresco di noise-pop, vennerecensito benissimo dalla stampa,ma arrivò appena al 24esimo postodella classifica inglese. Alan McGee,capo della Creation, licenziò la band.Disse, riferendosi alle stravaganze diShields: «Non avevo scelta. O lui oio». All’epoca il loro stile vennedefinito «shoegaze», alludendoall’atteggiamento schivo e ombrosodi chi suona a occhi bassi fissandosile scarpe. Ma anno dopo annoLoveless è stato accolto comeun’opera coraggiosa che ha saputoaprire nuovi scenari e compare intutte le graduatorie degli album diguitar-rock più influenti di sempre.

THE STONE ROSES

Quando il quartetto di Manchesterpubblicò il proprio esordioomonimo nel 1989, la musicainglese voltò pagina. Iniziava lastagione d’oro del brit pop, il rockbritannico riscopriva il ritmo e lavoglia di ballare, Manchesterdiventava Madchester e sitrasformava in una capitalemusicale. La scena indie tornavaalla ribalta dettando mode etendenze. Guidati dal cantante IanBrown e dal chitarrista John Squire,i Roses non si distinsero mai persimpatia né per modestia (e anchein questo fecero purtroppo scuola),ma sconvolsero tutti con un soundfresco, contagioso e innovativo. Conbrani come I Wanna Be Adored eMade of Stone, oggi ritenuti deiclassici, sembravano destinati aconquistare il mondo, ma siimpantanarono in beghe legali conle case discografiche e dopo un tourtrionfale si ritirarono dalla scene perpiù di quattro anni. Quandotornarono nel 1994 con il loropretenzioso album The SecondComing, loro erano già storia, eOasis e Blur avevano già occupato iltrono. Per loro fu la fine.Quest’anno hanno annunciato unareunion per alcuni concerti dal vivo.

N.W.A MY BLOODY VALENTINE

JEFF BUCKLEY

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IDEE ■ INNI ANCORA IN VOGA TRA CONGREGAZIONI E MILITANTI NERI

Indignati, dove nasceil furore delle paroleche scatenano i sogni

RITMILA MAPPA DELLE CANZONI

Un’idea geniale. Camminare lungo i vialireali e figurati del rock, tornare con lamente a splendide passeggiarenell’«Itchycoo Park» degli Small Faces,soggiornare nell’«Heartbreak Hotel» diElvis, ridiscendere negli abissi dell’esistenza

percorrendo la «Highway to Hell» degliAc/Dc. Tutti spazi metaforici senza tempo,luoghi dell’anima (intesa stavolta anche esoprattutto come soul, il genere musicale).Seguire con gli occhi come la «Highway 61Revisited» di Bob Dylan si intreccia con la«Long and Winding Road» dei Beatles dàun brivido e diverte. Questa l’idea diDorothy, studio grafico di Manchester, cheha concepito una mappa stradale fitta di

vie, ponti, viali, parchi, hotel che negli annisono finiti nella titolistica pop/rock e chehanno consegnato alla storia centinaia dicanzoni. La stampa - 60x80 - costa 25euro più spese di spedizione e si acquistadirettamente sul sito dello studio. Esistonoanche 100 litografie firmate e timbrateacquistabili a 120 euro più spese postali.Dorothy è noto per il modo in cui lavorasugli oggetti del pop. Tra le sue tante

LA fOCACCIADEL BOMBER

GENOVAOmbre RosseVico Indoratori 20-22-24 (tel. 0102757608/3474280698) Apre la porta, fa unmezzo passo nel locale e invece di salutarefa: «Gardel!». Ha i baffi bianchi e, chissà,qualche ricordo legato a vecchi tanghi emilonghe. La voce di Gardel l’hariconosciuta al primo colpo. Sarà che unodei ragazzi che portano le pietanze ai tavoliè latinoamericano, fatto sta che da OmbreRosse, nei carrugi appena sotto piazza DeFerrari, può capitare di mangiare gnocchi dicastagne al pesto con colonna sonora inspagnolo. Ottimi i primi, piacevole laseconda. E anche i secondi: brasato allafrutta con torta di verza viola e riso basmatilievemente abbrustolito. Oppure pescimediterranei sottratti all’oblio al quale liaveva condannati il gusto dominante (ma ilgusto di chi, poi?) e riportati sulla teglia.Certo, i pesci avrebbero preferito l’oblio...Ma tant’è: sono piuttosto saporiti, eaccompagnati dai carciofi perdono ogniscontrosità. Nella bella stagione c'è il dehoralberato. Quando fa freddo si sta dentro, fraposter di John Ford, scaffali di libri, bottiglie.E ce n’è una, di vino rosso ligure, che ilproduttore fa invecchiare per due annisott’acqua, in fondo al mare. Temperaturacostante, dice. Bonus: la saletta sotterraneaè uno splendore. Malus: la salettasotterranea è un budello con passaggi cosìstretti che se si è sovrappeso non si passa.Voti: cucina 7; ambiente 7; servizio 8.BARICiccillo u’ GnoreCorso Alcide De Gasperi 296 (tel. 0805014229) Il pesce è una religione e Bari è lasua città santa. Ma questo lo sanno tutti.Quello che forse non tutti sanno è cheanche nella città santa del pesce non tutti iposti sono uguali. La differenza la fa il«crudo», perché a buttare in forno un paiodi spigole appena pescate sono buoni tutti. Ilcrudo migliore, a Bari, non lo trovi in nessunristorante, lo trovi da chi ce l’ha. E spesso cel’ha Ciccillo u Gnore. Famiglia di pescatoriforniti di pescheria, quelli di Ciccillo hannodeciso di fare il grande salto e hannoaggiunto ai due loro negozi, la cucina,creando così dal nulla il primo fish market insalsa pugliese. Il risultato? Quando arrivanoal tavolo i piatti dei vari mostri marini inminiatura (allievi e cozze pelose e tartufi dimare) insieme agli odori, senti da lontanogiungere echi mitologici, canti di sirena eversi di bue marino, come nemmeno in unincubo di Capossela. Da provare. Bonus: lalocation. Essendo una pescheria si mangiacircondati dalla materia prima, viva. Malus:la location: essendo una pescheria... Voti:ambiente 6; cucina 7,5; servizio 6.MILANOIl gusto di Virdisvia Piero della Francesca 38 (tel 0233607093). Si, è proprio il Pietro Paolo, contanto di baffoni e simpatia. Ha lo stessosorriso ironico che sfoggiava sull'erba deicampi di calcio e la stessa grinta che qui usaper servirvi un risotto al Barolo sul banconedella sua enoteca. Entri e ti sembri di sentirela sigla di Novantesimo minuto. Un banconecircolare dove si dispongono quei sette ootto clienti che ci stanno (ma c'è ancheun'altra micro saletta), proprio di fronte aVirdis e alla moglie chef Claudia. Piatti comelumache alla birra, bottarga di Cabras,salame al mirto, cinghiale con polenta e,naturalmente, la focaccia del bomber. Percominciare le «minchiatelle» cheaccompagnano i vini d'aperitivo. Esci e nelleorecchie ti rimbomba la sigla della DomenicaSportiva. Bonus: il pranzo a 10 euro. Malus:i prezzi serali, decisamente alti. Voti:ambiente 7,5; cucina 7; servizio 8.

www.puntarellarossa.it

di FRANCO BERGOGLIO

«Noi siamo il 99 percento dellapopolazione che subisce il sistema,voi l’1 percento che ne gode glisproporzionati vantaggi». Lo slogandegli indignati si presenta quantomai efficace e carico di unpopulismo che rompe con alcuneparole d’ordine classiche dellasinistra. Prendiamo la pietraangolare marxista della lotta diclasse: divideva la società inproporzioni diverse e nessunopensava che la vituperata borghesiafosse tanto esigua. Invece gli«indignados» americani pretendonodi parlare a nome di tutto il paese,eccezion fatta per il manipolo dipotenti che lo rovina. Unamaggioranza tanto schiacciante(sulla carta) da far apparire unabanda di delinquenti la minoranzache detiene le leve economiche. Maqual è la provenienza di questaparola d’ordine messianica chedivide il bene dal male in manieratanto schiacciante? In un recentefilmato comparso su youtube AngelaDavis conciona il pubblico al gridodi «Occupy Philly», occupiamoPhiladelphia. Angela, militante dilungo corso della sinistra, utilizza laretorica americana «da predicatore»che ha influenzato l’oratoria deipolitici di colore di estrazionereligiosa (ma non solo), da MartinLuther King a Jesse Jackson, dairivoluzionari come Malcolm X finoal sogno infranto di Obama. AngelaDavis affronta il pubblico con lapratica del salmo responsoriale:all’affermazione dell’officiante fa daimmediato contraltare la risposta incoro dei fedeli: è la tecnica del «calland response», tipica del gospel, delblues, del jazz. Il drappello deicredenti si scalda al rauco arringaredel predicatore mentre tuona diinferno e dannazione o zufola diparadiso e salvezza: un’esperienzadistante da quella della sinistratradizionale legata al comiziopolitico o sindacale di piazza. Eccoperché una parola d’ordine così puòderivare da un gospel: 99 and a Half

Won’t Do (99 e mezzo non bastano,dobbiamo essere 100). Come per il99 percento degli indignati contro l’1percento: la lotta del bene (grande)contro il male (piccolo, infimo) èsimile in questo celebre inno, ancoraoggi cantato nelle congregazioninere. Il testo si rifà alla parabola delbuon pastore citata dai vangeli di

Matteo e Luca. Gesù narra che ilpastore, accortosi che le suepecorelle sono novantanove e noncento, si mette in cerca diquell’unica smarrita. Egli torneràfelice dal resto del gregge soloquando l’avrà trovata. Il regno deicieli appartiene a tutti e il pastoredeve cercare di salvare l’anima delsingolo peccatore più che gioiredelle coscienze già redente. Unacanzone dalla lunga storia. L’ultimaversione l’hanno cantata il diaconoJoseph Carter Jr. e il ministro LeslieSims Jr. nel disco Sing Me BackHome (2006) inciso dai New OrleansSocial Club per raccogliere fondidopo l’uragano Katrina, ma il branoaveva assunto già negli anniCinquanta un valore secolare afianco di quello religioso: non tutti icittadini godevano della pienalibertà e i neri volevano conquistarsi

un posto nella società americana,non solo ambire al regno dei cieli.Per gli afroamericani la speranzamessianica consisteva nell’arrivare aun’America che non fosse più uninferno ma il paradiso in cui entrarecome comunità. Le classicheversioni rese dal gruppo gospelHarmonettes o dalla cantanteRosetta Tharpe giocano sul doppioregistro: significato religioso visibilee accezione politica in filigrana. Lacarica potenzialmente eversivarimase al brano anche quando neglianni Sessanta Wilson Pickett ne feceuna versione r’n’b tostissima,reclamando furioso di volerpossedere tutto il cuore della suabella e di non accontentarsi delnovantanove e mezzo. Dalla chiesaalle classifiche, dall’amore sacro aquello profano; ma il messaggioresta: vogliamo tutta la libertà, nonquasi tutta. Il fatto che dietro ilruggente Pickett graffiasse anche unriff del giovane Hendrix ne amplifical’ascendente sul rock. Coversuccessive di questo brano arrivanodai Credence Crearwater Revival(versione bianca e dura), da BuddyGuy (blues rock), Mavis Staples(soul). Fa anche capolino durante untour mondiale di Springsteen.Insomma novantanove continuanoa non bastare, bisogna fare cento ecancellare (o convertire) quell’uno.Impresa faticosa. Non eral’inventore Edison ad affermare -riecheggiando anch’egli la paraboladel buon pastore - che: il geniorichiede un 1 percento di inspiratione un 99 di perspiration (sudore)? Unpizzico di genio e tanta buonavolontà: vale per il gospel, per il rocke forse anche per gli indignados.

In grande Angela Davise due copertine di dischi

di FRANCESCO ADINOLFI

Un vecchio gospele un’incitazionedi Angela Davisdanno il viaagli slogandel movimentoOccupy. Gridandocon Wilson Pickette Buddy Guy

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(13)ALIAS14 GENNAIO 2012

Anthony Joseph& Spasm BandAfrodisia presenta il poeta, romanziere,musicista e docente. Fra afrobeat, freefunk e jazz africano.Milano VENERDI' 20 GENNAIO (BIKO)Roma SABATO 21 GENNAIO (ANGELO MAI)

We Were PromisedJetpacksArriva in Italia la band scozzese,«promessa» dell'indie rock britannico.Torino MERCOLEDI' 18 GENNAIO (SPAZIO211)Firenze GIOVEDI' 19 GENNAIO (FLOG)Roma VENERDI' 20 GENNAIO (TRAFFIC)Madonna dell'Albero (Ra)SABATO 21 GENNAIO (BRONSON)

NotwistArrivano dalla Germania. Dagli esordihardcore punk alle sonoritàelettroniche.Milano MERCOLEDI' 18 GENNAIO(MAGAZZINI GENERALI)

Matt ElliottDai trascorsi elettronici con i Third EyeFoundation, l'inglese Matt Elliott èpassato al folk contemporaneo.Carpi (Mo) VENERDI' 20 GENNAIO(MATTATOIO)Valeggio sul Mincio (Vr) SABATO21 GENNAIO (VILLA ZAMBONI)

Black Sun EmpireTorna a Roma il trio di dj e producerolandesi specialisti del darkstep eneurofunk.Roma VENERDI' 20 GENNAIO(CS BRANCALEONE)

Band of SkullsIl trio indie rock di Southampton,Inghilterra, di nuovo nel nostro paeseper due concerti.Bologna VENERDI' 20 GENNAIO(LOCOMOTIV)Segrate (Mi) SABATO 21 GENNAIO(MAGNOLIA)

Matt BiancoRitorna la divertente band acid jazz-popanni Ottanta. Tra i loro hit si ricordaWhose SIde Are You On?Milano SABATO 14 GENNAIO (BLUE NOTE,ORE 21 E 23.30)Roma LUNEDI' 16 GENNAIO (CROSSROADS)Bari MARTEDI' 17 GENNAIO (TEATRO FORMA)

The AnswerLa giovane hard rock band inglese, sullascia dei Led Zeppelin, è moltoapprezzata proprio da Jimmy Page.Torino MERCOLEDI' 18 GENNAIO(HIROSHIMA MON AMOUR)Roma GIOVEDI' 19 GENNAIO (LANIFICIO159)Milano VENERDI' 20 GENNAIO (TUNNEL)

GalapaghostIn Italia la giovane promessa delcantautorato statunitense.Pinerolo (To) MARTEDI' 17 GENNAIO(ESPRESSO ITALIA)Torino MERCOLEDI' 18 GENNAIO (BLAHBLAH)Asti GIOVEDI' 19 GENNAIO (DIAVOLOROSSO)Novafeltria (Rn) VENERDI'20 GENNAIO (SIP)Lecce SABATO 21 GENNAIO (I SOTTERRANEI)

The Real McKenziesSono canadesi e suonano punk venatodi musica celtica.Massa Carrara SABATO 14 GENNAIO(SWAMP)Roma DOMENICA 15 GENNAIO (TRAFFIC)Torino LUNEDI' 16 GENNAIO (UNITEDCLUB)

Mr. Alan McGeeIl guru del britpop in un dj set.Perugia VENERDI' 20 GENNAIO (URBAN)Bologna SABATO 21 GENNAIO (COVO)

David RodiganNato in Germania da padre scozzese emadre irlandese, ha vissuto i primi anniin Nord Africa per trasferirsi ancorabambino in Inghilterra. Probabilmente ilsound system per eccellenza.Torino SABATO 14 GENNAIO (LAPSUS)

NadaLa cantante toscana di nuovo in tour atutto rock.Barberino del Mugello (Fi)VENERDI' 20 GENNAIO (TEATRO CORSINI)Milano SABATO 21 GENNAIO(CS LEONCAVALLO)

Giorgio Canalie RossofuocoIl chitarrista ex Csi e Pgr torna con unnuovo lavoro.Brescia SABATO 14 GENNAIO (VINILE 45)

Le Luci della CentraleElettricaIl giovane cantautore Vasco Brondi intour.Segrate (Mi) MERCOLEDI' 18 E GIOVEDI'19 GENNAIO (MAGNOLIA)Lugano (CH) VENERDI' 20 GENNAIO(TEATRO IL FOCE)Perugia SABATO 21 GENNAIO (URBAN)

Zen CircusLa indie rock band italiana sul palco perpresentare il nuovo album.Cortemaggiore (Pc) SABATO14 GENNAIO (FILLMORE)

Novara Jazz WinterLa parte invernale del propositivofestival piemontese vede esibirsi il

Nexus Workshop di Tiziano Tononi eDaniele Cavallanti.Novara SABATO 14 GENNAIO (AUDITORIUMDEL CIVICO ISTITUTO MUSICALE BRERA)

Musica afroamericanaa Milano«Atelier Musicale» propone (oggi, ore17) il pianista Michele Di Toro con unitinerario tra Novecento europeo ejazz. «Aperitivo in Concerto» (domani,ore 11) ha in programma il gruppo SãoPaulo & Chicago Underground, guidatodal sassofonista Pharoah Sanders (perl’occasione con Rob Mazurek e ChadTaylor).Milano SABATO 14 E DOMENICA15 GENNAIO (AUDITORIUM G. DI VITTORIO;TEATRO MANZONI)

Casa del JazzUn critico letterario (Filippo La Porta) eun trombonista (Marcello Rosa) hannoconcepito Jazztales. Quattro viaggi trascrittori e poeti del ‘900 alla scoperta dellavera \scrittura jazz. Il terzo e quartoitinerario vedono in azione (trafuturismo, Savinio, Kurt Weil, Vian,Cèline, Davis e Juliette Greco) ilSestetto Jazztales con Rosa, La Porta,Gianluca Figliola, Paolo Tombolesi,Francesco Galatro ed EmilianoCaroselli.Roma SABATO 14 E SABATO 21 GENNAIO(CASA DEL JAZZ)

produzioni (premiate in Europa e negliUsa) spicca una serie dedicata ai marchi eloghi più famosi depurati dei nomi dellerispettive aziende. E ancora stampe, giochida tavolo, una serie bizzarrissima disoldatini feriti in guerra, uno splendidoposter-parodia della copertina di «PrettyVacant» dei Sex Pistols con carrelliportaspesa al posto dei pullman originali.Info: http://www.wearedorothy.com/

L’ESAMEDEL CANTAUTORE

IN USCITA A GENNAIO

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESELUCA GRICINELLAGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

LEGENDA❚❚❚❚❚ NAUSEANTE❚❚❚❚❚ INSIPIDO❚❚❚ ❚❚ SAPORITO❚❚❚ ❚❚ INTENSO❚❚❚❚❚ UNICO

In un mare di parole, spesso senza senso, c’èancora un baluardo storico della canzoneitaliana che è quello del cantautorato che èfenomeno di storicizzazione da parte di variautori. Sarà un caso ma non sfuggono leanalisi di cantautori storici come FrancescoGuccini al quale vengono dedicati ben duevolumi; il primo è FrancescoGuccini-Fiero del mio sognare( Arcana,pg. 320, 18 euro) scritto dall’espertoGianluca Veltri che riesce a spulciare puntoper punto, ciò che ha scritto e fatto ilcantautore bolognese, e lo fa con manoesperta e felice. Diversa cosa è il volumescritto a quattro mani da Claudio Sassi eOdoardo Semellini Francesco Guccini inconcerto (Giunti, pg. 256, 16,50 euro) cheprendendo come punto d’incontro il vissutoconcertistico del nostro, fanno un viaggiofatto di ricordi, curiosità e analisi di unmondo unico come quello del live; il bello diquesto volume (oltre l’accurato apparatofotografico) è tutta una sequela di intervisteche rendono unico l’intero lavoro. C’è chiinvece ha voluto scrivere da sé la propriastoria come Eugenio Finardi che conAntonio G. D’Errico scrive Spostarel’orizzonte. Come sopravvivere a 40anni di rock (Rizzoli, pg. 238, 18 euro) che,come è noto, il rock di Finardi è stupendoproprio per quella sua profonda analisi dellavita e della storia. Nel suo libro c’è unaparte di storia della canzone italiana che valela pena leggere e sfogliare quasi come se sifosse i veri protagonisti di quanto narratodal cantautore milanese. Diversa la storiaraccontata da Mario Bonanno e da StefaniaRosso di un protagonista storico delcantautorato off off, quello Stefano Rossoche viene giustamente ricordato in Che midici di Stefano Rosso? Fenomenologiadi un cantautore rimosso (Stampaalternativa, pg. 112, 18 euro, con cd). DiStefano Rosso si sa poco, quel poco cheperò serve a non essere perso nei meandridel dimenticatoio tanto caro alla culturaitaliana, quindi Bonanno e la figlia di Rossoprovano a tirare dalla naftalina uno che èstato sempre in direzione ostinata econtraria, più di De André, ma che non haavuto la stessa fortuna del cantautoregenovese. Giunto al suo terzo libro, SimoneCristicchi (uno dei pochi bravi neocantautori) in Santa Fiora Social Club(Rizzoli, pg. 120, 21,90 euro, con dvd)ripercorre la storia del suo personalemovimento creato con i minatori di SantaFiora, corale particolarissima che fra canzonisociali e politiche, tiene il passo in un temposenza memoria. L’ennesimo capitolo dellaDonzelli è dedicato a Caruso di LucioDalla, scritto con dovizia di particolari daMelisenda Massei Autunnali (154 pg., 17euro) mette assieme le ispirazioninapoletane alla lirica di Dalla, quasi unescursus storico e critico. Infine FedericoVacalebre dedica al suo mito RenatoCarosone, un nuovo tassello d’affetto e dicritica, Carosonissimo (Arcana, 256 pg.,24 euro)che si legge con piacere, quasi unromanzo della vita del maestro, ricco ditestimonianze e di rimandi della memoria.

La folk band al femminile britannica TheUnthanks torna con un live registrato allaUnion Chapel di Londra. Il disco, DiversionsVol. 1 (Rough Trade/Self), è un omaggio chel’ensemble fa a due artisti, lontanitemporalmente ma uniti dal genio musicale,Antony Hegarty e Robert Wyatt, dei qualiriprendono alcuni dei brani più belli esignificativi, rileggendoli con gusto e granderispetto. Repertorio fantastico e lavoro digran classe. Un tributo al Natale è invecequello che Smith and Burrows (TomSmith degli Editors e Andy Burrows deiRazorlight) hanno messo insieme in FunnyLooking Angels (Pias/Self). Dieci canzoni, traoriginali e cover, dedicate alla festa pereccellenza da due amici, alla vecchiamaniera. Tra le cover anche brani inaspettaticome Only You degli Yazoo e Wonderful Lifedi Black, e poi una Christmas Song cantata daSmith con Agnes Obel. Un autotributo èquello che un’altra band inglese, i Tunng, siè concessa. Formazione di punta della scenafolktronica d’Oltremanica, in This Is Tunng...Live from the Bbc (Full Time Hobby/Self),ripercorrono il meglio della loro carriera inun’esibizione alla radio nazionale britannica,punto d’arrivo per ogni gruppo che sirispetti da quelle parti. (Roberto Peciola)

Aborted Global Flatline (Century Media/Emi)Big Deal Lights Out (Mute/Self)Big Harp White Hat (Saddle-Creek/Goodfellas)The Big Pink Future This (4AD-Beggars/Self)Boy & Bear Moonfire (V2/Coop. Music)Ani DiFranco Which Side Are You On?(Righteous Babe/Audioglobe)Electric Six Heartbeats and Brainwaves!(Too Many Robots/Goodfellas)Francois and The Atlas MountainE Volo Love (Domino/Self)Galapaghost Runnin' (Lady Lovely/Audioglobe)Liz Green O, Devotion! (Pias/Self)Lisa Hannigan Passenger (Pias/Self)Hauschka & Hildur Guonadottir PanTone (Sonic Pieces/Goodfellas)Howler America Give Up (Rough Trade/Self)Glenn Hughes Live in Wolverhampton,2 cd (earMusic/Edel)RM Hubbert Thirteen Lost & Found(Chemikal Underground/Audioglobe)Islet Illuminated People (Pias/Self)The Maccabees Given to the Wild(Fiction/Cooperative Music)Margareth Fractals (Macaco/Audioglobe)Medeski, Scofield, Martin & WoodIn Case the World Changes Its Mind(Indirecto/Goodfellas)Operaja Criminale Roma, guanti eargento (Psicolabel/Audioglobe)Papercranes Let's Make Babies in theWood (Manimal Vinyl/Goodfellas)Porcelain Raft Strange Weekend(Secretly Canadian/Goodfellas)Pulled Apart by Horses Tough Love(Transgressive/Cooperative Music)Punkreas Noblesse oblige (Edel)Radiohead Live from the Basement,dvd (Xl/Audioglobe)Trent Reznor and Atticus RossThe Girl with the Dragon Tattoo (Mute/ Self)Ronin Fenice (Santeria/Audioglobe)Dan Sartain Too Though to Live (OneLittle Indian/Self)Enter Shikari Flash Flood of Colour(Pias/Self)The Spits The Spits, 5th album (In theRed/Goodfellas)Mark Sultan Whatever I Want/ WheneverI Want (In the Red/ Goodfellas)Syncoop Syncoop (Autoproduzione/Wondermark)Trailer Trash Tracys Ester (DoubleSix-Domino/Self)Tribes Baby (Island/Cooperative Music)The Walrus Hanno ucciso un robot(Garrincha Dischi)We Have Band Ternion (Naive/Self)

ITALIA

La solitudinedei versi persi

TRIBUTI

Antony e Robert,conciati per le feste

RISTAMPE

Il «fantasticoviaggio» del r’n’r

AA. VV.RARE AND UNISSUED JAZZ CONCERTS (RivieraJazz Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Prosegue, da parte della piccolalabel romana, la meritoria scoperta deljazz italiano primigenio, di fatto ancorastilisticamente acerbo negli anni 1952-’63,che vede antologizzato, in sedici brani dalvivo, il bebop nostrano per trii, sestetti,orchestre di Rotondo, Barigozzi, Piccioni,Salviati, Boneschi, Basso-Valdambrini. Lafedeltà ai modelli Usa è quasi ascetica, manon mancano verve, professionalità,virtuosismo, intraprendenza in queste jamsession a Milano, Sanremo, Perugia, Romae nella Salle Pleyel di Parigi. (g.mic.)

THE BLUES AGAINST YOUTHPURE AT HEART BLUES (Deer It YourselfRecords)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ One-man band. Voce, chitarra ebatteria. Dieci brani per aprire la carriera.Al termine di più d’uno di questi,frammenti degni di un cinefilo. Il nostroarriva da Roma. Dietro le spalle storieraccontate da Hank Williams e RichardJohnston, ascoltate dentro qualchescantinato dove punk e hardcore lafacevano da padrone. Un disco sporco eslabbrato. Caratteristiche evidenziate daPure at Heart Blues e Until it Sounds Better.Un volo notturno (Tevere Delta Blues) euna hit: I Want to Be Your Daddy. (g.di.)

CHEF RAGOOLA COMPRESENZA DEI MORTI E DEI VIVENTI(Aròma)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Se sul finire dei Novanta Dj Gruffraccontava la sua «lucida follia», il romanoChef Ragoo dopo quasi dieci anni diastinenza torna al rap mettendo in rima lasua lucida disperazione. Rap nichilista, maanche rap vissuto, con testi e suoni noncerto tipici della «scena hip hop». Lafusione del background punk hardcoredell'autore con il linguaggio diretto delrap, genera un album che non può chespiazzare sia gli habitué sia i formalisti delnostro rap e nel contempo intrigare gliscettici verso il genere. Tutto espressocon un flow da vecchia scuola e suproduzioni musicali trasversali anchegrazie a Little Tony Negri. (l.gr.)

DEEP PURPLENEW LIVE & RARE 1969-71 (Sonic Zoom)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Ottimi archivisti di se stessi, iDeep Purple. Ammesso e non concessoche quelli che oggi continuano a farsichiamare così siano davvero i Purple.Questa raccolta è un po’ da fondo delbarile: nastri recuperati da performancevarie, dal biennio lontano che marca lasvolta verso il più furente ed elegantehard rock della storia. Tra impennatechitarristiche, arpeggi sull’Hammond dipura scuola barocca e ugole d’acciaio. Euna Child in Time da pelle d’oca. (g.fe.)

DIAGRAMSBLACK LIGHT (Full Time Hobby/Self)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Mentre la sua band originale, iTunng, edita un album live (vedi box), SamGenders pubblica il suo esordio solista. Inquesto disco la vena folktronica dei Tunnglascia spazio a una serie di canzoni dalmood decisamente pop, con contorni variche vanno dall’elettronica a ritmiche funky(Tell Buildings, Appetite) fino a ricordiwestcoastiani (Night All Night, Peninsula) eall’indie rock (Antelope), tutti di grandeeffetto e fruibilità. La bella voce diGenders poi fa il resto. (r.pe.)

MASTODONTHE HUNTER (Roadrunner/Warner)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Chi si attendeva un disco sulla sciadel celebrato Crack in the Skye forseresterà deluso, ma non per molto. TheHunter non ricalca lo stile del concept,con quei brani dilatati che molto devonoal progressive, e riprende piuttosto clichécari al metal puro. Ma la band Usa nondimentica le sonorità che ne hanno fattouna delle più apprezzate formazioni delleultime generazioni heavy, regalandomomenti di gran musica e un muro disuono come se ne sentono pochi. (r.pe.)

AMY WINEHOUSELIONESS: HIDDEN TREASURES (Island/Universal)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ L'intento è platealmentecommerciale, checché ne dicanoproduttori e familiari della sfortunatacantante inglese. Però che piacereriascoltare l'incredibile voce di Amy alleprese con cover e qualche (vero) inedito.Sugli scudi A Song for You interpretata neiSettanta dal suo mito, Donny Hathaway eda lei ripresa con commovente trasporto.Viene il magone e si rimpiange unacarriera spezzata troppo presto. (s.cr.)

Uno dei film più significativi del panoramasci-fi americano Fantastic Voyage dà il nomeall’etichetta che da qualche tempo si occupadi ristampare rarità dal mondo delrock’n’roll, rockabilly, soul, jazz e blues.Nell’imbarazzo della scelta peschiamo tra leultime uscite. Three Months to Kill - WestCoast Rock 'n' Roll, 2 cd per un totale di 60tracce, antologizza la produzione della costacaliforniana e continua un percorso regioneper regione inaugurato da tempo allaricerca di «pepite» tirando giù dagli scaffalidella memoria le incisioni di etichetteassolutamente di nicchia come Challenge,Crest e Del-Fi. Il diario di viaggio sonorotracciato naviga dal country & western instile honky tonk al r’n’r strumentale piùpsicotico, allo swing più serrato con ilcontributo di eccellenze quali EddieCochran, Dick Dale e Sam Butera. Inritardo rispetto alle indicazioni stagionalisegnaliamo ancora per la Fantastic Voyagel’ottima compilation Rockin’n’Rollin’ withSanta Claus. Dalla Spagna riemerge daisolchi del tempo Antonio González «ElPescaílla» con Tiritando (Vampi Soul),splendida antologia delle magistraliesecuzioni del re del flamenco rumba al topdelle sue prestazioni. (Simona Frasca)

Avrebbe dovuto essere un disco tuttodedicato al lavoro, il nuovo diGianmaria Testa. Invece è successoche alcune canzoni dedicate allaprecarietà feroce sono rimaste lì, ma inVitamia (Fuorivia/Egea) si sono aggiuntenarrazioni sulla memoria personale ecollettiva, un tagliente apologo sulle«20mila Leghe», accenni di malinconia,maturi esercizi d’amore e, al solito, paroleche sembrano cavate col bulino, piuttostoche scritte. Il ben argomentato sdegno diTesta è anche quello di Ennio Rega edel suo Arrivederci Italia (Scaramuccia/Edel). Registrazione in diretta per unlavoro teso che funziona come unconcept album sull’arroganza, lasolitudine, il veleno quotidiano di unasocietà berlusconizzata. FilippoAndreani, classe 1977, cesellatore diparole, in «direzione ostinata e contraria»torna con Scritti con Pablo (Lucente/Venus). Un artigiano della parola inmusica che scrive versi così: «La gente hapretese in discesa e altruismo in salita/nelbrevissimo tutto da fare che scambia pervita/così quando muore un poeta/è alcielo che tocca vegliare». Il Poeta, qui, èBruno Lauzi. (Guido Festinese)

ON THE ROAD

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(14) ALIAS14 GENNAIO 2012

CALCIO & WEB

INTERVISTA ■ UN DIARIO ANONIMO SU FACEBOOK TRA ROMANESCO MODERNO, EPICA GIALLOROSSA E ROCK’N’ROLLdi ALBERTO PICCININI

●●●Apro facebook e trovo KansasCity 1927. L’essere tifoso della Romaaiuta. Apparso lo scorso agosto,Kansas è un diario delle partitegiallorosse scritto in lunghi e articolatipost in romanesco moderno, un mixtra Nick Hornby, Alberto Sordi e uncapannello di tifosi all’Università. Èinsieme epica e carnevale, tragedia ecommedia, diario intimo e sketchfragoroso. È rock’n’roll, mai unalagna. Fa ridere. Ha 12.500 fans, increscita costante, che a loro volta siscambiano ininterrottamente pareri ebattute. Nessuno ha ancora capito chisia veramente Kansas City. Si parlainsistentemente di ValerioMastrandrea e Zoro Bianchi, maquesto è del tutto secondario.Domande e risposte via mail, con lanecessaria vaghezza. Il resto sta tuttoin Rete.

●Quando e perché è venuta fuoril’idea di fare Kansas City 1927?Dopo Slovan Bratislava-Roma. Erastato l’inizio della nuova era, la primaufficiale, ed era andata come nessunoavrebbe potuto prevedere. Abbiamocapito subito che sarebbe stato unanno particolare, da raccontare e daesorcizzare, sperando d’aver più daraccontare che da esorcizzare.

●Ma Kansas City esiste perchénessuno, sui giornali, nelle radio, intv, parla di calcio così? Ècontroinformazione o cazzeggio?È autoterapia de gruppo.

●Ancora a proposito di radio, digiornali, di giornalisti. Cos’è chenon sopportate nel racconto delcalcio a Roma (che è un genere aparte)? Cosa vi fa ridere? Cosa vimanca? Cosa vi piace? In generale,volete farvi dei nemici in questoambiente o no?C’era un periodo in cui ascoltavamospesso le radio romane, emediamente, salvo eccezioni, alla finedell’ascolto si diventava bruttepersone con un nemico che nonsapevi d’avere prima dell’ascolto,fosse giocatore, dirigente, laziale,vario, eventuale. Per il resto, noi denemici non ce ne volevamo fa’, maeravamo sicuri ne sarebbero arrivati afrotte, appena avessimo infrantoalcuni tabù. Invece, con sorpresa,vediamo che sti tabù stavano surcazzo a un sacco de gente. Poi sì, aqualcuno stiamo sul cazzo noi, c’è chidice che siamo laziali perchèchiamiamo i romanisti colsoprannome e pure chi dice che ilnostro non è vero romanesco, comese fossimo na coverband de Trilussa enon due che semplicemente scrivonocome parlano.

●Ma insomma se vi chiama unaradio, o Skysport, o Il Messaggero vichiede una rubrica, ci andate o no?Finora abbiamo detto qualche no, manon per spocchia, semplicementeperchè ce piace fa le cose con calma.A Kansas sta a succede na cosa fica,ovvero che i tifosi parlano tra di loroinvece di gridarsi addosso, conrisultati talvolta sorprendenti. Ecco, seuna radio, Sky, o Il Messaggeropossono essere funzionali ad allargarequesto fenomeno, allora forse sì, larubrica la facciamo, ma a certecondizioni. Estremamentecapricciose. Roba tipo i camerini deLady Gaga.

●Kansas city è Alberto Sordi. Com’èche ogni volta che arrivano gliamericani a Roma scatta questasindrome? Non cambiano mai loro(gli americani), o non cambiamomai noi?Il riferimento è ovvio e resta almomento il migliore perrappresentare con efficace sintesil’egemonia culturale che gli americaniesercitano da sempre da ste parti. Cene siamo sempre un po’ vergognati,poi con Obama ce ne siamovergognati un po’ di meno. «Hope»,«Change» e «Yes we can», tuttavia,sono parole che ormai associamo a DiBenedetto e Pallotta.

●Anonimi perché? E’ un caso, unascelta, non se poteva fare a meno?Perché avete scelto di stare sufacebook e non per esempio diaprire un blog?Anonimi è una scelta. All’iniziovolevamo esse sicuri der fatto chenessuno ce venisse a prende sottocasa, chè quando parli de Roma nsesa mai. Poi appurato che nessuno cevoleva menà, è stato divertente econtinua ad esselo vedè le ipotesi chese rincorrono tra siti e giornali circachi siamo. E te diciamo con piacereche ancora si brancola nel buio. E poipensiamo sia più importante cosa siscrive che non chi scrive. Comunqueanche sta cosa dell’anonimato nondeve diventà un’ossessione, ungiorno, presto o tardi, finirà. E ceverranno a prende sotto casa.

●Le partite le vedete allo stadio o intv?Na rappresentanza all’Olimpico c’èsempre. E pure una davanti alla tv.

●Serve davvero uno stadio nuovo aRoma? E col centro commercialedentro? Non sarebbe meglio uncentravanti di riserva?Fino a du mesi fa forse terispondevamo che era mejo ercentravanti, ma mo amo rosicato avede lo stadio de la Juve, e lo volemopure noi. Però senza rischio di crollocolposo, né falso ideologico, né frodein commercio.

●A Roma si sente sempre menoparlare di gladiatori e Colosseoapplicati al calcio. Nel frattempofaranno «Ben Hur» con la musicadi Stewart Copeland (la città èpiena di cartelloni). Eravateaffezionati a quella roba lì? O èmeglio lasciarla al sindaco fascio?Roma è Roma, dei romani, deiromanisti e paradossalmente puredei laziali, che a causa degli errori dimarketing fatti nel 1900 passanobuona parte delle loro giornate aspiegare che anche loro sono Roma(Lotito quest’estate aveva il problemadi romanizzare l’aquila, come se nonfosse legionaria abbastanza,mettendola sul Colosseo). Insomma,a quelle cose lì ci si tiene un po’ tutti.Solo che un tifoso che si tatua ungladiatore, a meno di non lavorarenei pressi del Colosseo, non si metteautomaticamente scudo, elmetto egonnellino. Di per sé non ci paregrave. Certo, se oltre ad essere tifosoromanista o laziale sei pure fascista,

qualche suggestione pericolosa in piùpotresti averla. I fascisti pensavanodavvero di rifare l’Impero Romano. Ecome è andata a finire lo sappiamotutti.

●Siete anche voi della scuola che ilcalcio va sempre peggiorando, e cheil calcio di una volta era moltomeglio di quello di oggi? Anche neidisastri dico. Avete mai pensato cheBojan valesse Fabio Junior, o nonc’è paragone?Fabio Junior un gol come quello diBojan con l’Atalanta non l’ha maifatto. Però oggi per giocare allavelocità con cui si gioca, devisoprattutto saper correre,caratteristica che un tempo era un dipiù. Il rischio, pertanto, è che ora ci sispecializzi di più nella corsa che nellatecnica, per non parlare del look, cheè diventato il vero spartiacque perambire almeno ad una vita da

mediano se non meglio. Quindi sì, ilcalcio di una volta era se non altro piùcomprensibile, si apprezzava tutto dipiù, e pure i fenomeni erano innumero superiore ad oggi. A uniremondi separati, idealmente c’è Totti.Puoi cambiare regole e velocità, macerti piedi sono rari, averli aiuta. Se cel’hai ce l’hai, sennò te impari a core.

●Non è che avete fatto una cazzata?Ci sono più di 12.000 persone làfuori che stanno a rota di pezzivostri. Avete chiesto più volte scusaperché non potevate fare ilpagellone, la presentazione dellapartita della sera, la vostra cronaca.Qualcuno ha capito, altri ci sonorimasti male.Quella di aver fatto una cazzata è unpensiero che a intermittenza siripresenta. Ogni tanto si avvertequalche migliaio di fiati sul collo. Peròanche loro hanno capito quello chediciamo dall’inizio, cioè che siamodue tifosi, no due giornalisti, e non èquesto il lavoro nostro. Con tutto ciòche ne consegue, nel bene e nel male.

PIPPE & CAMPIONI

Capitan Boh, Erfucipolla e la Bambola Assassina●●●Nella cosmogonia di Kansas City 1927, ogni eroe romanista ha il suosoprannome (anche più di uno). Totti è Ercapitano, semplice semplice. DeRossi è Capitan Boh, Boh, uno che ad ogni minuto che passa e ogni palloneche tocca jaumentano quotazioni, rughe e pensieri. Luis Enrique è LuigiEnrico, omo iPad ante litteram, plagiatore de menti e ideologie. Il portiereStekelemburg è Escci Francoooo, na figurina da stampare in onore diTancredi e l’amarcord. Taddei è il nostro Willem Dafoe ma soprattuttoRodrigo Carlos. A sinistra ce sta José Angel da Twitter, uno che comes'accorge de avé perso tre follower su Twitter se fa pià dar panico. In mezzoalla difesa svetta Heinze, Er Cannicane, l'uomo che ogni volta che vede unaltro uomo con la palla al piede, vede passarsi davanti tutta la propria vitafatta di carestie, malattie, guerre incivili e ferite lacerocontuse. Il daneseKjaer è Tohr ma anche il gerarca nazista, Pjanic Er fio der cantante deiGreen Day, Simplicio prima è Supplicio poi riabilitato la Bambola Assassina.Gago, Lady Gago. In attacco Osvardo comincia come Er Cipolla, poi sciogliei capelli e diventa Erfucipolla. Bojan è il Macaulay culkin de Trigoria, aliasl’Arcangelo Krkic, alias er putto. Infine Lamela, er coco nostro.

Kansas City 1927, la Romacome non l’avete mai letta«Dicono che semolaziali oppurena coverbandde Trilussa.In realtà semosolo due tifosiche scrivonocome parlano.Famo autoterapiade gruppo»

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(15)ALIAS14 GENNAIO 2012

di A. PI.

●●●«Mi innamorai del calcio comemi innamorai delle donne:improvvisamente, inesplicabilmente,acriticamente, senza pensare aldolore e allo sconvolgimento cheavrebbe portato con sè». I fell in lovewith football... Difficile dimenticarel'incipit della prima partita registratada Nick Hornby nel diarioautobiografico che vent'anni fa esatticambiò per sempre lo scrivere dicalcio: Arsenal-Stoke 1-0, maggio1968 (!), gol su un rigore respinto dalportiere avversario. Quel diario, FeverPitch, vendette 1 milione di copie conuna facilità sorprendente e finì alprimo posto di ogni classifica deimigliori libri sul calcio di tutti i tempi.Fu tradotto un po’ ovunque: da noiarrivò come Febbre a 90’, un po'colpevolmente solo nel 1997, e dopoil buon interesse suscitato da Altafedeltà, l'altro diario delle ossessionimusicali di Hornby. Ma la doppiettafu micidiale: in piena era di Brit-pop,oltretutto, Londra tornava a essere lanostra città del cuore.

L'importanza di Fever Pitch per ilcalcio e la cultura inglese derivò inparte dal fatto che dopo le tragediedell'Heysel e di Hillsborough, dopol'esclusione delle squadre dallecoppe europee, l'orgogliosa insularitàe il marchio di classe che da sempreanimavano la passione per il gioco, sistavano trasformando nella suatomba. Lo ha ricordato lo stessoHornby: «All'epoca il Times potevatranquillamente scrivere che il calcioera un gioco di merda per gente dimerda». E da trentenne,sceneggiatore senza lavoro, raccontòletteralmente la storia della sua vitaattraverso il ricordo delle partitedell’Arsenal (noioso Arsenal...) visteallo stadio. A cominciare dal purocaso che lo portò la prima volta,dopo la separazione dei suoi genitori,a passare i sabati nello stadio deiGunners con suo padre perchè i duenon sapevano dove andare a passaredel tempo assieme.

Il calcio per Nick Hornby è comese la tribuna nord di Highbury fossel’ermo colle di Leopardi, con tutta lanostalgia del caso, con tutta la serietàche si deve alle cose importanti: «Ciòche mi colpì fu proprio quanto lamaggior parte degli uomini attorno ame odiasse, letteralmente odiasse

l'essere là (...) L'intrattenimentocome dolore era un'idea che migiungeva nuova».«Questo libro è pernoialtri», scrisse quindi nella suaintroduzione. E regalò a tutti leparole per dire qual che tutticominciavano a intuire. Le buonepoche regole per sopravvivere alcalcio moderno: tifare per il bambinoche ti è rimasto dentro, tifare per latua squadra (non necessariamentesarà quella che vince), nutrire lapropria ossessione.

Nel 1992, anno cruciale per ilmercato dei diritti televisivi, stavamoentrando nell'era delle partite 24 oreal giorno, la nostra era. Solo pochianni prima del diario di Hornby erauscita in Inghilterra la prima fanzine«intelligente» di calcio, WhenSaturday Comes – e il sottotitolo erasplendido: «la rivista di calcio quasidecente». Occuparsi «dal basso»della sopravvivenza del propriooggetto d'amore si rivelò un gestocontagioso. Si è ripetuto spesso cheun libro come Fever Pitch aprì lastrada alla fine dell'egemonia dellaworking class sul calcio, rendendolouno spettacolo piccolo borghese,uno spettacolo e basta. E' vero, mafino a un certo punto. Basta da soloil pezzetto nel quale Hornby rievocala sua prima volta da solo allo stadio,inseguito, picchiato e derubato dellasua sciarpa da due ragazzi che nonabitavano nel suo stesso quartiere,per capire che la sociologia nonspiega tutto.

Fever Pitch è stato il libro delcuore per tanti giovani aspiranti

giornalisti sportivi. Le sue tracceportano fino a noi, stannocertamente dentro un curiosofenomeno di epoca facebook comeKansas City 1927, di cui cioccupiamo accanto. E’ un libro perragazzi. Le ragazze, per forza di cose,stanno a guardare. A meno che nondecidano di entrare allo stadio. «"Acosa stai pensando?", chiese lei. Aquesto punto mento. Non stavoaffatto pensando a Martin Amis,Gerard Depardieu o al PartitoLaburista. D'altronde gli ossessionatinon hanno scelta; in occasioni comequesta devono sempre mentire. Sedicessimo sempre la verità (...)verremmo lasciati a marcire coinostri programmi dell'Arsenal».

Il calcio sarà raccontato ora esempre dai titoloni sempre ugualidei quotidiani sportivi, nel bla bladella tv e della radio. Ce ne faremouna ragione. Ma un'ossessione èun'ossessione. Il calcio di noialtrinon è metafora della vita, tutto ilcontrario. Hornby mostrò come ilprimo disco dei Buzzcocks, gli esamiall'università, la fine di una storiad'amore, avessero sempre unamisteriosa risonanza negli eventiaccaduti allo stadio: una finaleperduta, una doppietta inaspettatadella propria squadra, cose così.Invitò tutti quelli che amavano ilcalcio e non avevano paura disoffrire, a vedere le cose dalla stessaangolazione. Se abbiamo ancoravoglia di accendere la tv, guardare lapartita e scherzarci su, moltodobbiamo a lui. E grazie.

LUIGI ENRICO E LA REVOLUCIÒN CULTURALKansas City 1927 nasce su Facebook una mattina di 5 mesi fa, il 19 agosto. E’l’alba della rivoluzioneispano-americana. Il primo post, intitolato «Verso la revoluciòn», comincia così. «Dice: ma come fai unblog sulla squadra tua e lo chiami così? Non ce metti in mezzo manco un onore, una tradizione, unantichi sapori? Ma ancora prima dice: ma come, fai un blog sulla squadra tua, un blog depallone? Nel2011? Eh, quando er gioco se fa perplesso, i perplessi cominciano a giocà. E poi, come te lo spiego,parlà de Roma non è parla depallone, non solo quantomeno. Parlà de Roma è parlà de gente bellissimae terrificante, de maniche de pippe e de campioni assoluti, de un popolo in cammino verso unasoddisfazione che ormai, a forza de mannà giù merda, è diventata qualcosa de più e de troppo, naspecie de riscatto sociale in pay per view. Na soddisfazione che manco se ricordamo ndo sta de casa,

ma che chi c’ha la memoria bona ogni tanto je ricorda all’altri che ne vale la pena. E allora camminiamo,popolo in cammino, portamo sta croce e sta delizia». Il post è delle 12.41. La Roma è appena uscitasconfitta da Bratislava in Europa League. L’esordio di Kansas si conclude così. «E a nulla è valso ilrasposo e volenteroso e aggressivo e feroce rush finale, a nulla è valso il tourbillon di cambi orchestratodal tecnico asturiano (che pure ste Asturie ndo cazzo stanno è tutta da capì) con l'improvvisoinserimento dell'emergente Totti Francesco e dell'emerso e sommerso Borriello Marco, a nulla è valsotornare negli spogliatoi, mettersi improvvisamente a ridere e dare il five a Tom Di Benedetto comeniente fosse accaduto. Amo perso, e pure Tom alla fine l'ha capito, anche perché gli americani so veloci,rapidi, gente de business, e 80 minuti pe capì le regole del gioco jerano bastati. "Henry Louis, what afuck are you laughing?" pare abbia detto al suo Mister il novello Closer. "Hasta siempre comandante",avrebbe replicato l'asturiano. "No sarà la Slovachia a stopar la revolucion cultural"».

POST

Socrates. «Basta Luis, famose na bira...»

FEBBRE A 90’ ■ VENTI ANNI FA USCIVA IL LIBRO CULTO CHE CAMBIÒ TUTTO

Il calcio di noialtri,magnifica ossessioneinventata da Hornby CONFLITTO

DI PARENTELA

●●●Tra i post più divertenti di Kansas c’è quello che il 5 dicembre, amente fredda, saluta così il punto più basso della gestione di Luis Enrique,la sconfitta per 3-0 contro la Fiorentina che coincide con la morte deldottor Socrates. «Socrates, come quasi tutti nel mondo, è stato ad unpasso dalla Roma, passo che lo avrebbe incastonato, tra Falcao e Cerezo,nel centrocampo con più cervello della storia del calcio, facendolo sentirepiù a casa di quanto non si sia mai sentito, non solo a Firenze, ma forsepure in Brasile. Socrates, come quasi tutti nel mondo, dei pochi gol fatti inItalia, uno lo ha fatto alla Roma. Socrates, come quasi tutti nel mondo, afine partita avrebbe preso Luis Enrique da parte e gli avrebbe detto ’Luis,basta co sta bicicletta su per i monti, ste diete salutiste, sto fisicoinutilmente asciutto, sta tecnologia arida, basta Luis. Famose na bira,magari tembriachi e te se mettono a posto le idee. Sennò pois'embriacano i tifosi e a furia dembriacasse finisce che fanno la fine miasenza manco esse mai stati intellettuali’». Indimenticabile anche il post sulsorteggio degli Europei 2012. «Sorteggiato il girone con Spagna, Italia eIrlanda. Commento della Bce. Ma che davero? E chi lo paga er campo?”.

●●●Per la serie «uomo morde cane»ecco il riassunto degli ultimi minuti diLongobarda-Cadorago, con gli ospiti invantaggio per 2-0 e i padroni di casafalcidiati dalle espulsioni, ben tre. All’uscitadagli spogliatoi, ecco avvicinarsi ilpresidente della società ospitante che urlaall’indirizzo dell’arbitro: «Complimenti, seiriuscito a rovinare la partita». Errore.L’arbitro, il signor Giuseppe Veltri daSaronno, gli ammolla due pugni al voltoche lo stendono a terra. Lesione altimpano, 30 giorni di prognosi e unadenuncia per ingiurie. L’arbitro è statosospeso per sette mesi.

Si dovrà ripetere Piccarello-Nuova CosLatina (terza categoria), perché l’arbitro,Michael Siragusa, è risultato il figlio deldirigente della Nuova Cos, AntonioSiragusa. Il designatore si è difeso dicendo:era il miglior arbitro a disposizione. Il padresi è difeso dicendo: non mi occupavo dellaprima squadra ma solo delle giovanili.L’arbitro si è difeso dicendo: la parentelal’avevo segnalata ad inizio stagione. Tutticondannati e sospesi.

Vena-Fortitudo Lamezia (secondacategoria calabrese) è stata sospesa piùvolte «per incendio di vari sterpi e lancio incampo di pezzi di legno». Terminata 0-0, ilrisultato non andava a genio al guardalineedi parte della squadra di casa, FrancescoFiumara, che con la bandierina colpiva piùvolte il capitano avversario, dando il via auna rissa gigantesca. A Rutigliano (Puglia) itifosi hanno lanciato ripetutamente incampo un fresbee. Mille e duecento eurodi multa all’Angizia Luco (Abruzzo) perlancio di petardi verso un assistentearbitrale «che causavano un fischioall’orecchio continuo e prolungato».

A pochi minuti dal termine diCollepasso-Taurisano, Puglia, in unoscontro di gioco rimane a terra privo disensi il portiere di riserva del Collepasso,Luigi Romano. Svenuto, la faccia unamaschera di sangue, viene chiamato subitoil 118 che per fortuna è tempestivo,addirittura due ambulanze, trasferimentoall’ospedale di Gallipoli. A sirena ancoraudibile, l’arbitro convoca i due capitani einvita a riprendere il gioco. Il capitano deipadroni di casa – a sorpresa - gli dice ok,mentre quello del Taurisano (insvantaggio) dice che no, nessuno di lorose la sente, sono in ansia per lo sfortunatoavversario, meglio chiuderla qui. Partitapersa al Taurisano. L’arbitro in casa delCenterba Toro Tocco (Abruzzo), a finegara, ha ritrovato la gomma destradell’automobile sgonfiata e senza i quattrotappini alle gomme.

Due anni di squalifica al presidente delCittà di Castello (Umbria), Ivano Massetti,che è anche conduttore di programmi dicalcio sulle televisioni locali. Ha assalito unarbitro con insulti di ogni genere e poi gliha schiacciato la mano contro la portadello spogliatoio, «provocando fortedolore, arrossamento e gonfiore». Ha poiaggredito un guardalinee. La squalifica èuna carezza, che si va ad accumulare su uncurriculum giudiziario senza fine. Massettinon doveva nemmeno stare nel recintodello stadio, avendo in corso già duesqualifiche per analoghi motivi, due anni diinibizione per «istigazione alla violenzacontro gli arbitri» pronunciata daglischermi di Rete Sole.

Chiudiamo con i due anni di squalificaper Marco Peluso, reo di aver insultato,aggredito e inseguito l’arbitro fino alrientro negli spogliatoi cercando dicolpirlo con un cazzotto. L’aggravante è ilnome della squadra, dalla missionindubitabile: Paolo VI. Ma forse era unlefevriano.

La locandina di «Unamericano a Roma»(1954), il film più celebredi Alberto Sordi. Nella fotogrande (Reuters),un murales di FrancescoTotti alla Garbatella,quartiere popolaredella capitale. Sotto,la figurina del portiereolandese MaartenStekelenburg,ribattezzato Franco

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