Alfabeto della Shoah - Sito Ufficiale dell'I.I.S. La ...

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Alfabeto della Shoah L orrore dell Olocausto in 22 lettere La classe III D A= Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria." (Primo Levi) (Simona Licandro) B = Birkenau era Vernichtungslager (campo di sterminio) del complesso di Auschwitz nel quale persero la vita circa un milione di persone, per lo più ebrei e zingari condotti alle camere a gas subito dopo il loro arrivo. (Fabrizio Duca) C= Campo di sterminio è un campo di concentramento o di prigionia il cui scopo unico o principale è quello di uccidere i prigionieri che vi giungono. Soprattutto nella cultura occidentale, il campo di sterminio per antonomasia è Auschwitz e, in genere, l'espressione "campo di sterminio" evoca l'immagine dei campi nazisti e dell'Olocausto. (Simona Carbone) D= Donne nella shoah "Qualunque delinquente comune aveva diritto di vita e di morte su noi donne ebree, generatrici di un popolo odioso. E tuttavia noi di questo, allora, non eravamo consapevoli. Sapevamo la sopraffazione, la vergogna, la brutale umiliazione che ci spogliava della nostra umanità, e con essa anche della nostra femminilità." (Testimonianza di Liliana Segre, deportata nel Lager femminile di Auschwitz-Birkenau all età di tredici anni). (Miriam Merlino) E= Esperimenti compiuti con lo scopo dichiarato di migliorare la "Razza Ariana", unica a meritare una degna sopravvivenza. Esperimenti disumani per i quali nessuno tra i carnefici mostrò il minimo rimorso, che condussero alla morte e segnarono per sempre le esistenze di ogni sopravvissuto.(Anita Lo Vecchio) F= Funzionalismo, teoria opposta all intenzionalismo, nata nell ambito del dibattito sorto sulle origini dell olocausto. Secondo gli intenzionalisti l olocausto fu pianificato da Hitler sin dall inizio, secondo i funzionalisti iniziò nel 1942 come risultato del fallimento della politica di deportazione nazista e delle perdite militari in Russia. (Giulia Petitto) G= Genocidio. Non dovrebbe esistere, perché non è concepibile lo sterminio intenzionale di un intero gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Se penso che un uomo ha progettato e attuato una simile impresa non posso fare a meno di rabbrividire. (Tony Scarfì) H= Hitler, responsabile della morte di milioni di persone, fautore di una politica di discriminazione e di sterminio che colpi vari gruppi etnici, politici e sociali, fu colui che fece ciò che nessuno mai si sarebbe aspettato: lo sterminio degli ebrei! (Fabrizio De Salvo) I=Iniezioni di fenolo: questo sistema nelle fasi iniziali a partire dal 1941 era praticato soprattutto ad Auschwitz dove venivano uccise dalle 30 alle 60 persone al giorno. (Noemi Ruggeri) L=Leggi razziali: basate su un principio di discriminazioni, sono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi contro la razza ebrea. (Federica Piccione) M=Marce della morte e cioè i movimenti forzati di migliaia di prigionieri, principalmente ebrei, dai campi di concentramento nazisti, che nell'inverno del 1944-45 minacciavano di essere invasi dalle forze alleate, verso altri campi all'interno della Germania. (Simona Di Maula) N=Neuengamme: campo di concentramento a sud-est di Amburgo sul fiume Elba dove il medico Kurt Heissmeyer utilizzò 20 bambini per le sue ricerche sulla tubercolosi. Luogo di tortura e morte in nome della scienza dove la regola era sfinimento per lavoro dei deportati e dove, inoltre, furono i primi tentativi d'uccisione dei deportati con il gas Zyklon B poi proseguiti ad Auschwitz- Birkenau consacrati allo sterminio di massa. (Grazia Amato) O=Oberheuser Herta: è stata un medico tedesco impiegato nel campo di concentramento di Ravensbruck. Accusata di esperimenti su esseri umani, fu processata e condannata al Tribunale di Norimberga per crimini contro l umanità. (Serena Fusco) P= La pochezza delle idee al servizio della purezza della razza (Violetta Venuti) Q= Quisling Vidkun, capo del partito filonazista norvegese, cercò di ingraziarsi i Tedeschi emanando una serie di provvedimenti che confiscassero beni agli ebrei per compensare l ingente

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Alfabeto della Shoah

L orrore dell Olocausto in 22 lettere

La classe III D

A= Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria." (Primo Levi) (Simona Licandro) B = Birkenau era Vernichtungslager (campo di sterminio) del complesso di Auschwitz nel quale persero la vita circa un milione di persone, per lo più ebrei e zingari condotti alle camere a gas subito dopo il loro arrivo. (Fabrizio Duca) C= Campo di sterminio è un campo di concentramento o di prigionia il cui scopo unico o principale è quello di uccidere i prigionieri che vi giungono. Soprattutto nella cultura occidentale, il campo di sterminio per antonomasia è Auschwitz e, in genere, l'espressione "campo di sterminio" evoca l'immagine dei campi nazisti e dell'Olocausto. (Simona Carbone) D= Donne nella shoah "Qualunque delinquente comune aveva diritto di vita e di morte su noi donne ebree, generatrici di un popolo odioso. E tuttavia noi di questo, allora, non eravamo consapevoli. Sapevamo la sopraffazione, la vergogna, la brutale umiliazione che ci spogliava della nostra umanità, e con essa anche della nostra femminilità." (Testimonianza di Liliana Segre, deportata nel Lager femminile di Auschwitz-Birkenau all età di tredici anni). (Miriam Merlino) E= Esperimenti compiuti con lo scopo dichiarato di migliorare la "Razza Ariana", unica a meritare una degna sopravvivenza. Esperimenti disumani per i quali nessuno tra i carnefici mostrò il minimo rimorso, che condussero alla morte e segnarono per sempre le esistenze di ogni sopravvissuto.(Anita Lo Vecchio) F= Funzionalismo, teoria opposta all intenzionalismo, nata nell ambito del dibattito sorto sulle origini dell olocausto. Secondo gli intenzionalisti l olocausto fu pianificato da Hitler sin dall inizio, secondo i funzionalisti iniziò nel 1942 come risultato del fallimento della politica di deportazione nazista e delle perdite militari in Russia. (Giulia Petitto) G= Genocidio. Non dovrebbe esistere, perché non è concepibile lo sterminio intenzionale di un intero gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Se penso che un uomo ha progettato e attuato una simile impresa non posso fare a meno di rabbrividire. (Tony Scarfì) H= Hitler, responsabile della morte di milioni di persone, fautore di una politica di discriminazione e di sterminio che colpi vari gruppi etnici, politici e sociali, fu colui che fece ciò che nessuno mai si sarebbe aspettato: lo sterminio degli ebrei! (Fabrizio De Salvo) I=Iniezioni di fenolo: questo sistema nelle fasi iniziali a partire dal 1941 era praticato soprattutto ad Auschwitz dove venivano uccise dalle 30 alle 60 persone al giorno. (Noemi Ruggeri) L=Leggi razziali: basate su un principio di discriminazioni, sono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi contro la razza

ebrea. (Federica Piccione) M=Marce della morte e cioè i movimenti forzati di migliaia di prigionieri, principalmente ebrei, dai campi di concentramento nazisti, che nell'inverno del 1944-45 minacciavano di essere invasi dalle forze alleate, verso altri campi all'interno della Germania. (Simona Di Maula) N=Neuengamme: campo di concentramento a sud-est di Amburgo sul fiume Elba dove il medico Kurt Heissmeyer utilizzò 20 bambini per le sue ricerche sulla tubercolosi. Luogo di tortura e morte in nome della scienza dove la regola era sfinimento per lavoro dei deportati e dove, inoltre,

furono i primi tentativi d'uccisione dei deportati con il gas Zyklon B poi proseguiti ad Auschwitz-Birkenau consacrati allo sterminio di massa. (Grazia Amato) O=Oberheuser Herta: è stata un medico tedesco impiegato nel campo di concentramento di Ravensbruck. Accusata di esperimenti su esseri umani, fu processata e condannata al Tribunale di Norimberga per crimini contro l umanità. (Serena Fusco) P= La pochezza delle idee al servizio della purezza della razza (Violetta Venuti) Q= Quisling Vidkun, capo del partito filonazista norvegese, cercò di ingraziarsi i Tedeschi emanando una serie di provvedimenti che confiscassero beni agli ebrei per compensare l ingente

sforzo bellico. presidente della Norvegia dal febbraio 1942 alla fine della seconda guerra mondiale, fatto prigioniero dal Fronte patriottico norvegese, venne condannato a morte e giustiziato il 24 ottobre 1945. (Paola Musicò) R= Il razzismo è un modo di delegare agli altri il disgusto che abbiamo di noi stessi. Il razzismo è

un modo di delegare ad altri il disgusto che abbiamo di noi stessi (Robert Sabatier, Le Livre de la déraison souriante, 1991) (Stefano Spinella) S= Stein Edith, religiosa e filosofa tedesca dell'Ordine delle Carmelitane Scalze, convertitasi al cattolicesimo dall'ebraismo, arrestata dai nazisti e morta ad Auschwitz. Proclamata santa da papa Giovanni Paolo II nel 1998 e l'anno successivo compatrona d'Europa. (Giuliana Intelisano) T= Terezin, campo di concentramento nella Repubblica Ceca. Vi passarono circa 144.000 ebrei, 33.000 dei quali morirono, la maggior parte a causa delle inumane condizioni di vita. (Martina Panarello) U= Ulven nella Norvegia centro-occidentale, posto sotto la giurisdizione della polizia di sicurezza tedesca, inizialmente utilizzato per detenere Israeliti o Comunisti. Le condizioni del posto peggiorarono ulteriormente nel 1942, quando Otmar Holenia (soprannominato la Tempesta) venne eletto sottotenente. (Barbara Bonaccorso) V= lenti scivolarono via i crepuscoli, di coloro per cui Kamp Vught fu la fornace della propria anima...". Kamp Vught

è il diario nel quale Helga Deen (Stettino, 6 aprile 1925

Campo di sterminio di Sobibór, 16 luglio 1943) descrive la sua prigionìa in un campo di concentramento nazista durante la seconda guerra mondiale, prima di essere trasferita - assieme alla sua famiglia - nel campo di sterminio di Sobibór (Polonia). (Alessandro Giardina) Y= Yom HaShoah: giornata del ricordo dell'olocausto, ricorre il 27° giorno di Nissan (7° mese del calendario ebraico, da aprile a maggio secondo il calendario gregoriano). Giorno di "vacanza nazionale" in Israele. (Verdiana Freni) Z= Zyklon, un gas letale che con il suo impeto ha spazzato via migliaia di innocenti vite umane, nella stessa esatta maniera in cui un ciclone spazza via un microscopico granellino di sabbia. (Dario Barnà)

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Altre voci

Scuola Media Statale E. Vittorini

Claudia Aprile I B

La canzone della nostra vita

La musica mi ha sempre affascinato, forse perché il mondo è fatto di essa. La nostra vita è musica; le nostre parole, i nostri pensieri possono essere trasformati in melodia. Questo è quello che ho capito dal professore di musica, oggi. Che non bisogna essere timidi, dire in partenza io non lo so fare , bisogna almeno provarci; se si sbaglia, si ritenta, magari lo faremo meglio, perché nulla è immutabile. C è chi vorrebbe diventare una stella, c è chi (come me) si accontenta del coro della chiesa. Sono rimasta un po

sorpresa dal compito che mi ha affidato, perché molte persone sapevano che mi piaceva scrivere, ma non mi hanno mai chiesto di fare nulla che riguardasse ciò. Mi ha nominato giornalista della classe , ma non so se sarò all altezza di questo compito. A scuola, ogni anno alcuni alunni partecipano al progetto Teatro e Musica . La danza, in effetti, non mi ha mai affascinato particolarmente, il canto e la recitazione invece sì, molto. Ma ho un po di timore dei provini. Ho paura di fare una pessima figura. Questo è un problema di molti ragazzi della mia età, ma chissà, magari ci proverò e forse riuscirò anche bene. Prima però devo impegnarmi a scuola. Lo ha detto anche il professore: Dovete avere la media del sette! . Per questo, molti allievi, capaci di ballare, cantare, recitare, sono tagliati fuori, perché hanno qualche difficoltà a scuola. Questo compito , quello di scrivere per questo giornale, l ho voluto fare subito, perché l ho trovato molto interessante. Anzi, a dir la verità, è l unico compito che mi sia mai piaciuto in vita mia. Quel che voglio dirvi oggi, è che ho scritto un altra strofa della mia canzone. Voglio dirvi che ho vinto. E che ho trovato un posto in cui contare, il mio posto, in cui brillare. E vi invito a farlo. Brillate anche voi, perché noi non siamo fatti per nasconderci nell ombra. E questo l ho capito solo oggi. Grazie, prof!

Scuola Media Statale Leonardo da Vinci

Villafranca Tirrena Chiara Tringali III D

Il rispetto dell altro è rispetto di se stessi

Novembre 2010: strage di cristiani a Baghdad. Le minacce rivolte da al Qaeda sono state messe in atto, 6 persone sono state uccise e 33 ferite da 10 granate e 2 colpi di mortaio presso le rispettive abitazioni a Baghdad. I terroristi hanno dichiarato pubblicamente che chiunque abbia a che fare con il Cristianesimo è un bersaglio prestabilito. Persino il tanto temuto e odiato Saddam Hussein, artefice di atroci crimini contro l umanità, pare sia stato più tollerante nei confronti della religione cristiana, tanto che si stima che i cristiani prima del nuovo regime fossero, solo a Baghdad, 450.000, mentre oggi si sono ridotti a 150.000. Capodanno 2011: strage di cristiani ad Alessandria Egitto. Sterminati da un autobomba esplosa davanti ad una chiesa alla fine della messa di mezzanotte, undici persone rimaste uccise in un esplosione avvenuta in un mercato situato all interno di una caserma nella capitale nigeriana Abuja. E l elenco potrebbe ancora continuare. Il Vaticano ha già ribadito più volte la necessità di prendere misure di sicurezza più adeguate per la tutela dei cristiani e il Papa cerca un dialogo con il mondo islamico, sottolineando il rispetto della libertà religiosa e l urgenza di una cooperazione più stretta, fortemente voluta, tra musulmani e cristiani, per la giustizia e la pace nel mondo. Ovvio affermare che la pace e la libertà di culto e di pensiero sono valori fondamentali, ma visto che questo è un discorso sul quale è facile soffermarsi e fare tanta chiacchiera, ho deciso di parlare del valore che Dio ha per l uomo, per l uomo che crede in Lui e di quello che rappresenta per ogni credente. Indipendentemente dal nome che gli si dà, Dio è Padre, colui che ha creato l uomo, che

c è sempre, pronto a mettersi in ascolto ed a confortarci, che siano le 4 di notte o le 6 del pomeriggio; è qualcuno a cui affidarci, a cui rivolgere le nostre preghiere. Per ognuno, Dio rappresenta questo e molto altro ancora, qualcosa di diverso, oltre ai valori sopra elencati e a quelli che non ho scritto, perché troppi. E se Dio è tutto questo, sarebbe lo stesso se si chiamasse Allah? O Buddha? O avesse qualche impronunciabile nome africano? Io penso di sì. E allora se Dio rimane colui che amiamo e che ci ricambia, indipendentemente dal nome, vuol dire che chi ha commesso questi atti terroristici con l intento di ferire i credenti in un altro Dio, ha , in realtà, ferito se stesso e il suo Dio. Quelle 10 granate le ha lanciate sulla propria abitazione e ha ucciso la sua famiglia. Ferendo il prossimo ha, irreversibilmente, ferito e ucciso anche se stesso. Credo sinceramente che il modo migliore di ciascun credente, cristiano, musulmano, ebreo o buddista che sia, di testimoniare e affermare la propria fede sia uscire da se stesso, dalle proprie incrollabili posizioni, dall assurda e infondata convinzione di essere l unico depositario della Verità e del Bene e per questo autorizzato a distruggere ciò che per lui non lo è. Sono assolutamente convinta che, ieri come oggi, dinanzi alle persone morte, fatte a pezzi dalle bombe, Dio o Allah o qualunque altro nome vogliate dargli, abbia pianto e si sia vergognato dell uomo che azionando gli ordigni ha gridato il Suo nome, compiaciuto di aver fatto la Sua volontà.

Scuola Media Statale Leonardo da Vinci

Villafranca Tirrena Martina Munafò III A

Compie 150 anni la nostra Italia, un anniversario importante che ci riporta un po indietro nella storia e ci fa conoscere meglio le nostre origini. Un secolo e mezzo durante il quale il nostro paese ha avuto tanti cambiamenti, ha superato momenti difficili ed è riuscito a diventare importante nel panorama internazionale. Ha fatto tanta strada l Italia da quel lontano 17 marzo 1861 e ciò che resta oggi è il ricordo di tante sofferenze, tante guerre, ma anche tanto orgoglio. Un unione che non sempre è stata facile, ma che ci permette, oggi, di capire quanto è stata importante. E così, per questo 150esimo anniversario, si prevedono delle manifestazioni che ricorderanno ogni tappa dell Unità d Italia: un viaggio alla scoperta del ricordo e della rievocazione delle imprese che Garibaldi compì con il suo esercito. Un simbolo importante della nostra Italia è senza dubbio il Tricolore che rappresenta la speranza, la fede e il sangue sparso per l Unità; un simbolo importante che spesso noi italiani dimentichiamo o tralasciamo, non curandoci del ricordo e dell orgoglio che esso ci dona. Anche il nostro inno dovrebbe essere più ricordato: non dovrebbero essere le partite di calcio a ricordarci che l Italia possiede un suo inno nazionale, ma quotidianamente ogni evento che ci circonda dovrebbe farci pensare che siamo dei cittadini italiani e che dobbiamo andare fieri del nostro passato. Ricordare è una grande cosa, ci permette di capire chi siamo e anche cosa dobbiamo essere; ricordare ci aiuta a non dimenticare quanta forza e amore di patria provò Garibaldi quando finalmente ebbe unito la nostra patria. I nostri soldati hanno combattuto molte guerre per la libertà, l unità, l uguaglianza; speriamo che il loro sacrificio sia d esempio a chi guida la nostra nazione in modo che il passato sia un esempio valido e ci porti a migliorare, senza più disuguaglianze.

Scuola Media Statale G. Martino

Giovanni Altadonna, Giuseppe Bonfiglio, Matteo Calabrò III C Ai Grandi della Terra

Cari signori, insieme ai miei colleghi abbiamo riflettuto attentamente sulla questione ambientale e sul problema ecologico. Secondo le nostre opinioni questo è un elemento di fondamentale importanza, ma voi Grandi della Terra

non lo considerate tale. Per invitarvi a

riflettere vorremmo esporvi alcuni dati allarmanti, che riguardano nelle varie forme l inquinamento, effetto serra, buco nell ozono e piogge acide. Questi fenomeni sono dannosi sia per l umanità che per l intero geosistema: per esempio, il disboscamento della foresta Amazzonica, il polmone principale del nostro pianeta, provoca la scomparsa di moltissime specie viventi, alcune ancora sconosciute (ciò significa che l uomo porta all estinzione animali e piante che non ha mai conosciuto), e fa aumentare il tasso di CO2 nell atmosfera a scapito della quantità d ossigeno, ingrediente fondamentale della vita e quindi anche per noi; senza contare che la deforestazione fa aumentare la temperatura terrestre tramite la desertificazione di vaste aree. Per quanto riguarda il vostro intervento, dovreste creare centrali eoliche, geotermiche e idroelettriche in posti strategici, invece di centrali nucleari che danneggiano l ambiente. Ogni comune dovrebbe fornire più fondi per la raccolta differenziata nelle città più importanti, in modo da tenerle pulite, inquinare di meno e indurre i cittadini a rispettare l ambiente tramite leggi più severe e la diffusione di una coscienza civica, dando una maggiore importanza, nelle scuole, all educazione ambientale.

Scuola Media Statale G. Martino

Francesco Ruggeri III C

Ai Grandi della Terra

Egregi Signori, è ormai risaputo che sin da quando l uomo è apparso sulla Terra, ha sempre cercato di modificare l ambiente che lo circonda per adattarlo alle proprie esigenze. Ma con le sue attività non ha mai smesso di immettere un infinità di rifiuti nell ambiente alterandone gravemente gli equilibri. Maggiormente sottoposti all aggressione dell inquinamento sono: l atmosfera, le acque ed il suolo. Elementi, questi, fondamentali per la sopravvivenza su questo pianeta e, pertanto, essendo anch io un abitante preoccupato, faccio pressione a voi affinché troviate degli accordi mirati alla salvezza del nostro ecosistema. Questo, infatti, è destinato ad esaurire tutte le proprie risorse, fino a quando l uomo non avrà alcuna fonte cui attingere per soddisfare i propri bisogni ed allora sarà la fine! Negli ultimi anni, il tasso di inquinamento ambientale è aumentato in modo esponenziale e nessuno ha mai adottato adeguate misure antinquinamento, punendo in modo esemplare i trasgressori. Le acque marine son ormai colme di sporcizia di ogni genere e i danni provocati al suolo sono ormai irreparabili. Ma perché non dare più spazio alle fonti di energia rinnovabili? Perché non provvedere allo smaltimento ed al riciclaggio dei rifiuti? Perché non promuovere campagne di sensibilizzazione ed educare sin da bambini al rispetto dell ambiente in cui viviamo? Temo che l uomo possa diventare una specie in via di estinzione. Sono consapevole che le mie parole non sono sufficienti a migliorare questa situazione, ma sono ancora un ragazzo ed ho tutto il diritto di sperare e di credere fortemente che i Grandi della Terra siano in grado di accordarsi e salvaguardare l umanità intera.

Scuola Media Statale G. Martino

Grazia Culletta, Adriana Pandolfino, Martina Puglisi III C

Ai Grandi della Terra

Cari, noi ragazzi vorremmo parlarvi della salvezza del nostro pianeta. Una delle tante soluzioni è quella di ridurre o addirittura eliminare il gas serra, noi a dire il vero non abbiamo ancora trovato un rimedio, ma inquinare meno sarebbe un buon inizio, magari dando spazio alle fonti d energia rinnovabili, la più sfruttata è l energia solare che si ricava utilizzando il calore dei raggi del sole sulla terra. Poi c è l energia eolica, anch essa molto importante perché data dalla conversione dell energia del vento in altre forme di energia. Inoltre c è l energia geotermica, limitata perché sfrutta i vapori che arrivano in superficie dalle sorgenti d acqua del sottosuolo. Infine c è l energia idroelettrica che è generata, appunto, dal movimento di masse d acqua. Queste quattro energie producono tutte per lo più energia elettrica. Un altra causa di alterazione del suolo è il processo di deforestazione, ovvero, la distruzione di foreste allo scopo di acquisire nuovi territori per l agricoltura, di ricavare legnami pregiati, ecc

Potrebbe essere un buon passo avviare seriamente la raccolta differenziata cioè dividere i rifiuti in appositi cassonetti. Un altra possibile soluzione potrebbe essere quella di usare meno i veicoli per evitare che i gas di scarico inquinino l aria. Inoltre è importante inserire almeno un ora dedicata all educazione ambientale nelle scuole, per far si che fin da piccoli i ragazzi capiscano l importanza di avere una terra pulita e respirare un aria sana.

Scuola Media Statale"C. D. Gallo" Luca De Domenico, Roberta Crisafulli, Adriana Mento, Maria Monaco, Alba Barbera, Antonina Napoli, Ylenia Tita, Sharon Pisano, Sarah Marchese III B

Quali perché

nasconde l'uso delle droghe

Un argomento che abbiamo voluto approfondire e che riguarda soprattutto i giovani d'oggi, è la droga, l'alcool e il fumo, in quanto siamo consapevoli che provocano effetti dannosi sulla salute. Ci siamo posti alcune domande su quali fossero le cause dell'uso delle droghe e i motivi per cui se ne faccia uso, specie fra i giovani. Quasi sempre si comincia per gioco, perché lo fanno tutti e perché si è convinti di smettere quando si vuole, ma il punto è questo: non si è, invece, consapevoli della dipendenza e degli effetti dannosi,che provocano nell'organismo. Ma perché ci si droga? Carenza affettiva, depressione, solitudine, disadattamento, mancata realizzazione dei propri progetti. Spesso si ricorre anche all'alcool, che provoca altrettanti effetti dannosi e devastanti sul fisico e sulla mente. Quasi la metà degli alcolizzati infatti ha iniziato proprio bevendo in compagnia e un quarto di essi ha cominciato in casa di amici o di famigliari per poi non smettere più. Anche per il fumo si può dire che è diffuso soprattutto tra i giovani, che iniziano per spavalderia e poi non pensano che il tabacco è causa della maggior parte dei tumori. Non si riesce ad impedirne l uso perché molti paesi basano la loro forza economica sullo spaccio di sostanze stupefacenti e non importa che la loro assunzione provochi nel cervello un eccesso di produzione di dopamina, che modifica le cellule nervose e che, con il passare del tempo le conseguenze siano devastanti non solo sul cervello, ma sul sistema nervoso, sul cuore, sul fegato, che è l'organo più esposto ai danni irreparabili e perfino sui vasi sanguigni con conseguente irrigidimento degli arti. Allora è facile concludere che le droghe uccidono e a chi ne fa uso, infatti tolgono, il diritto alla vita. Abbiamo riflettuto a lungo e tutti insieme abbiamo pensato che la soluzione ai tanti perché che spingono all'uso di droghe sta nell'amore, perché se ci si sente amati non si ha bisogno di paradisi artificiali.

Scuola Media Statale F. Giacobbe Scaletta Zanclea Maria Grazia Villari II A

Alfabeto Battagliero A fu annientata e B bombardata. C fu cattiva, D disarmata. E è emigrata mentre F fu fucilata. G beccò una gomitata, H fu arrestata. I insieme ad altri fu isolata, J fu gettata. K fu uccisa da un killer, L prese una legnata. M con una frusta fu maltrattata, N colpì una nemica con una pallonata. O fu obbligata, P perseguitata. Q fu querelata, R rimpatriata. S da un amico fu sacrificata, T torturata. U fu umiliata, V vaccinata. W gridò evviva, X ritornò. Y oltrepassò e Z zoppicando se ne andò.

Scuola Media Statale F. Giacobbe Scaletta Zanclea Ludovica Bellomo I B

Se avessi la forza di Ercole

Ercole compì dodici imprese in maniera coraggiosa, affrontò molti ostacoli, ma riusciva sempre ad emergere vittoriosamente; ecco, io non avrò la forza di Ercole, ma mi piacerebbe sconfiggere molti mali dell umanità, guerra-fame nel mondo, violenza, mafia. Ma una cosa mi piacerebbe fare in questo periodo se avessi delle forze, non solo fisiche ma anche economiche: risistemare il mio paese che, dopo l alluvione del 1° Ottobre 2009, ne ha perso le sembianze, perché una parte del mio paese assomiglia a un campo di guerra. Mi piacerebbe che ci fosse una bella piazza dove giocare e che nella nostra spiaggia scomparissero quelle montagne di terra e ritornasse quella di un tempo.

Scuola Media Statale A. Paino

Elena Borgia, Francesca Cardillo, Ylenia Cangemi III B

Train de vie

Il lavoro rende liberi , questa è la scritta ipocrita con la quale i tedeschi accoglievano gli ebrei nei campi di concentramento, discriminati e uccisi solo per la loro religione: lì si perpetravano orrori di ogni genere e si torturavano queste povere vittime che alla fine sarebbero morte nella camera a gas. Noi ricordiamo l olocausto con la visione del film Train de vie , dove la libertà viene rappresentata da un treno che li condurrà in Palestina passando per l Unione Sovietica e salvandoli così dal genocidio. Durante il viaggio numerose saranno le difficoltà da superare ma dopo varie peripezie e rocamboleschi espedienti riusciranno a coronare il loro sogno. Tutta la storia si sviluppa come un flashback, ambientata in un villaggio ebraico dell Europa dell Est (1941). Alla fine del film, si vedrà Shlomo protagonista della storia dietro il filo spinato di un campo di concentramento; egli sorride e ci fa capire che quella surreale e divertente storia altro non era che un modo per raccontare l atrocità dell olocausto. Purtroppo, l uomo si rende conto dei suoi sbagli solo dopo averli commessi, per questo noi dobbiamo ricordare e prendere coscienza che ancora oggi accadono episodi simili che coinvolgono non solo gli ebrei, ma anche tutti i diversi (zingari, extracomunitari, omosessuali, disabili). Le pagine vergognose della nostra storia ci dovrebbero insegnare a non commettere più gli stessi errori e a creare un mondo migliore senza distinzione di razza, di sesso, di religione.

Scuola Media Statale A. Paino

La classe III D

Il valore della memoria

Abbiamo riflettuto a fondo sul senso della memoria. Ci siamo chiesti quale possa essere il significato di ricordare ogni anno la Shoah attraverso gesti, parole, eventi che si ripetono ormai da settant anni. Non dimenticare la storia, prima di tutto, è il senso. Ma non dimenticare vuol dire anche avere la forza e il coraggio di staccare per un attimo lo sguardo da quello che è stato, rivolgendolo al mondo in cui viviamo, a ciò che è e che sarà. Non serve parlare di memoria, celebrare il giorno della memoria se continuano a permanere nelle società atteggiamenti di razzismo ed emarginazione. Qualsiasi sforzo per celebrare la memoria ha senso, allora, solo se abbiamo il coraggio di ammettere che, nonostante si continui a parlare di Shoah, a riflettere su di essa e a condannarla, i fatti passati e presenti raccontano di numerose altre Shoah, accadute nel mondo con la stessa violenza e nel silenzio-assenso dell opinione pubblica. Il nostro modo di ricordare parte dalla conoscenza di fatti e testimonianze relativi all Olocausto, passa dalla riflessione e dalla prese di coscienza che oggi siamo di fronte a fatti simili per natura e atrocità che hanno per protagonisti non più gli ebrei ma gli zingari, i popoli indigeni che vivono ai margini delle società, le tante etnie discriminate in tutto il mondo, i migranti che muoiono ogni giorno nel loro viaggio verso un futuro migliore. Celebrare la memoria ha senso, infine, se ricominciamo ad indignarci di fronte a tutto questo, di fronte alla violazione dei diritti umani, alla violenza e alla presunzione del potere delle élites.

Scuola Media Statale A. Paino Riccardo Pavone II B

La shoah

Penso ancora ai magazzini pieni di ragazzi e di bambini. Loro non mangiavano non bevevano ma solo lavorare dovevano Vivevano di speranza e di preghiera e cercavano di sopravvivere fino a sera. Nei poveri spazi giocavano in allegria non sapendo della prossima agonia. Martirio inutile e razzia Di un popolo tedesco, pieno di follia. il ricordo di questa tirannia mi porta tanta malinconia e il mio cuore batte forte forte per questa terribile sorte. Prego Dio che non succeda mai più per l umanità il rivivere il dramma della shoah.

Scuola Media Statale A. Paino Laura Minissale, Marica Calogero I B

L importanza della memoria Un muro e su di esso un filo spinato, un campo sterminato. Il fumo delle ciminiere un uomo pronto a sperare un ebreo con la consapevolezza di non poter scappare. Le lacrime, la fame, il terrore negli occhi di quei bambini senza genitori vicini. La risata degli aguzzini i pigiami a righe la stella di Davide cucita sui vestiti. L atrocità è purtroppo una cruda realtà ogni essere umano ha diritto alla propria libertà. I diritti umani vanno rispettati e non tralasciati Vorrei dimenticare ma è giusto ricordare Purtroppo la storia non si può cambiare ma dagli errori bisogna imparare.

Scuola Media Statale A. Paino Deborah Bernava, Silvia Burrascano I A

Il 27 gennaio è il giorno della memoria e ve ne racconteremo la storia

I tedeschi tutti armati marciavano compatti e gli Ebrei allarmati correvan come matti.

Le persone nei campi di concentramento subivano ogni tipo di tormento.

I bambini non sapevano dove andare e i loro genitori dicevano: Non vi dovete preoccupare

Per tale motivo ricordiamo queste persone e le terremo per sempre nel nostro cuore.

Scuola Media Statale A. Paino Giorgia Kirkham Tranchida I A

Erba grigia di cenere Fumi neri mortali Fame Mani scheletriche Bambini buttati in lager putrefatti Lo sterminio che Hitler creò per gli ebrei Urla di persone Uno strazio che il 27 gennaio 1945 finì I sopravvissuti lo raccontano come un incubo orribile, cattivo Per fortuna ormai finito!

Scuola Media Statale A. Paino Vincenzo Fiorentino, Luca Panebianco, Santa Vitale I A

Shoah Nel 1940 gli Ebrei furono catturati vennero rinchiusi, torturati, ammazzati da Hitler, il crudele dittatore che annientava le persone in poche ore Hitler era il capo ed era duro e spietato. Faceva il sapone sciogliendo le persone. nei campi di concentramento le faceva lavorare e poi nelle camere a gas le faceva andare. Lì morivano in pochi secondi e poi con le loro ossa ci facevano bottoni tondi.

Ma nel 1945 gli alleati li liberarono e nelle case gli Ebrei tornarono. Ora vivono tutti felici ma rimane il ricordo di quegli anni infelici.

Scuola Media Statale A. Paino Elisabetta Costa II B

Il dolore della memoria Sono passati anni da quella terribile tragedia Pianti e grida Disperazione e dolore Sguardi impressi nella mente. Vite perse E vite distrutte Famiglie separate E famiglie abbandonate Ebrei tormentati Sfruttati e maltrattati Tedeschi senza cuore Privi di amore Campi di concentramento Urla strazianti e di un bambino il lamento Come si fa a uccidere innocenti? E l idea di crudeli menti Bisogna ricordare E non dimenticare Uccisero le persone Per la loro religione Ed ecco perché voglio urlare E voglio denunciare Il dolore che non svanirà mai nella storia Il dolore della memoria.

Scuola Media Statale A. Paino Samuele Scarcella I B

Riflessione sul giorno della memoria Il rispetto verso gli altri è fondamentale nella vita di ognuno di noi. Penso che nel mondo siamo tutti uguali: bianchi, neri, gialli, cristiani, ebrei, musulmani, buddisti, maschi, femmine, omosessuali, disabili, interisti, juventini ecc. ed è sbagliato perseguitare gli altri solo perché non la pensano come noi o solo perché sono di una razza diversa dalla nostra. Hitler riteneva che la razza tedesca fosse superiore e che tutti gli altri (Ebrei, Rom, Disabili, Slavi ecc.) fossero inferiori; di conseguenza, come tali, avrebbero messo a repentaglio la purezza della razza ariana. Per questo, durante la seconda guerra mondiale, i nazisti perseguitarono gli Ebrei, catturandoli, deportandoli nei campi di concentramento e uccidendone circa sei milioni nelle camere a gas. Io penso che questo sia il capitolo più vergognoso della storia dell uomo ed è molto brutto che ancora oggi qualcuno abbia lo stesso modo di pensare dei nazisti, non solo contro gli ebrei, ma anche nei confronti, di tutti i diversi .

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La poesia

Lavinia Consolato I C

Voglio

Voglio la vacuità Voglio l ubriachezza Voglio essere in trance Voglio la fine del mondo e la rinascita di esso

La purificazione

Voglio sentire il piacere sulla pelle Voglio una sensazione di calore Voglio un mare caldo che mi abbracci e fecondi.

La rinascita

Voglio il sole sul viso e le margherite nei capelli. Voglio sentire il silenzio solo il silenzio e poi i nostri respiri

La lirica si è classificata al Premio Amici della Sapienza

2010

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De Rerum Natura

La natura e l uomo: tra Lucrezio, I secolo a.C. e il XXI secolo d.C.

Federica Prestifilippo II B

Consumo e Spensieratezza: negli ultimi decenni, sono queste le parole-chiave caratterizzanti gli abitanti del pianeta terra. L esigenza di beni e servizi dell uomo del XXI secolo non ha precedenti nella storia; il progresso scientifico e tecnologico infatti, ha messo a portata di tutti ogni genere di macchina, a partire dai comuni elettrodomestici. Strumenti che, però, richiedono un dispendio di energia elevatissimo; così, dato il suo frequente uso, la produzione di elettricità è un meccanismo sempre più costoso e inquinante. Infatti, ogni azione umana, a partire dalle enormi produzioni industriali di elettricità, fino alle più banali attività quotidiane, rilascia sostanze chimiche che sempre più velocemente confluiscono nella biosfera, che sta assumendo, ormai, le caratteristiche di un immensa discarica fluttuante. Tempo fa un sofisticato satellite lanciato dall ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha inviato una mappa globale dell inquinamento: in una sola immagine, è possibile vedere tutti i gas che avvelenano l atmosfera. Una fotografia che non sono in molti a voler vedere; alcuni, addirittura, serrano gli occhi e tappano le orecchie, pronti a sfuggire dalle grida impazzite di chi, invece, ha osservato l immagine che si presenta tutti i giorni in televisione, sui giornali, o nella propria città. Che la terra sia malata, sono tutti d accordo. E sulla causa delle malattie e sul modo di curarle che iniziano le liti; da una parte c è chi annuncia la catastrofe, dall altra chi la minimizza. Manca l acqua? La tecnologia provvederà. Arretrano i ghiacciai e avanzano i deserti? E

sempre accaduto. L intensità delle piogge e dei cicloni negli ultimi anni è triplicata? Fenomeni naturali, come la siccità, i terremoti, i tifoni e le invasioni delle cavallette! ; intanto i disastri aumentano, le popolazioni muoiono di fame, di sete, di malattie, e interi continenti sprofondano nella miseria più atroce. Alcuni dicono che le cause principali del degrado ambientale siano strettamente collegate all eccessivo numero degli abitanti nel mondo: in un secolo, questi si sono triplicati, da due a oltre sei miliardi di persone; altri, distaccandosi da questa teoria, credono che il problema riguardi non tanto il numero di abitanti, quanto l enorme consumo di risorse naturali che avviene tutti i giorni e l altrettanto grande spreco di energia. Fortunatamente, la consapevolezza di dover fare qualcosa di decisivo per la salvezza di tutti non è più soltanto di piccole minoranze di difensori della natura, ma sta diventando finalmente parte della coscienza collettiva. Recenti studi hanno dimostrato che i metodi per rimpiazzare i composti inquinanti con materiali naturali hanno moltissimi vantaggi: innanzitutto, non danneggiano l ambiente perché non utilizzano le sorgenti di energia non rinnovabili della Terra. Un errore frequentissimo, infatti, è quello di sfruttare fino alla fine un determinato materiale, fino a rendere le sue radici secche, invisibili, e quindi non riutilizzabili. Inoltre, una volta realizzati gli impianti per combattere i vari tipi di inquinamento, il loro funzionamento è davvero economico, considerando che il prezzo più basso di una qualsiasi industria di energia è di 500.000 dollari. E ancora, per il 2012, vi sarà la definitiva adozione delle normative anti-inquinamento: i famigerati 120 grammi di anidride carbonica emessi al chilometro saranno un ricordo ormai lontano. Queste sono le speranze che sembra prospettarci il futuro: difficile crederci, dicono alcuni, stando ai recenti danni ambientali causati dalla nostra tecnologia; ma così come questa ha saputo spingerci fino alla strozzatura, adesso, in un modo o nell altro, dovrà aiutarci ad uscirne.

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Federalismo fiscale

Un tema dibattuto con tesi contrarie

Federica Valenti II D

In questo periodo di grande incertezza politica per l Italia, un forte concetto politico in via di attuazione si fa sempre più strada nel nostro futuro: il cosiddetto federalismo fiscale. Ma prima di trattare più approfonditamente l argomento in relazione alla sua attuazione sul territorio nazionale diamo una definizione del concetto, di cui tanto spesso sentiamo parlare sui media, ma che altrettanto frequentemente è fonte di confusione di idee. Si tratta di un sistema economico e politico che prevede un rapporto direttamente proporzionale tra le imposte riscosse in un territorio (Comune, Provincia, Regione, Stato) e quelle effettivamente impiegate, nel tentativo di promuovere le autonomie locali e creare un coordinamento tra i vari livelli amministrativi e di governo, tagliando gli sprechi e responsabilizzando gli enti. E quindi un sistema di regolazione delle imposte che cambierebbe totalmente la gestione dei finanziamenti nel nostro Paese, e che, a dir la verità, è già utilizzato in Paesi come gli Stati Uniti (modello forse principale per poter comprendere a pieno gli effetti che si ricavano) e la Germania, fatto questo, che porterebbe a pensare che possa portare vantaggi notevoli alla nostra nazione nella quale, purtroppo, lo spreco dei finanziamenti pubblici è un argomento noto a tutti. Allora dove nasce la discussione? Nasce nel momento in cui ci chiediamo quali effetti avrà questo cambiamento sulle varie Regioni italiane, e soprattutto, se verrà a crearsi una divisione ancor più forte tra l Italia del nord, nella quale è idea comune che i finanziamenti a regioni e capoluoghi non siano sufficienti a causa del Sud, e il Sud stesso, in cui una riforma del genere, specialmente nel primo periodo, andrebbe a creare forti disagi dal punto di vista dei bilanci. Ma facciamo più chiarezza, magari con qualche esempio. Secondo uno studio effettuato da un senatore di un partito politico italiano sugli effetti che il Federalismo potrà avere sulle varie Regioni e, in particolare, sui diversi municipi dei capoluoghi di provincia, molti capoluoghi del Sud usciranno molto svantaggiati dalla situazione. Certo, bisogna sottolineare che questo dipende da una loro attuale errata gestione delle imposte, che se in futuro migliorasse li porterebbe ovviamente ad avere dei vantaggi notevoli dal punto di vista dei finanziamenti, ma che in un primo momento di attuazione della riforma condurrebbe a un vistoso divario tra il denaro sotto forma di finanziamento che ricevono adesso e quello che riceverebbero dopo l approvazione di un regime di federalismo. Comuni come Napoli o L Aquila, per citare quelli che ci perderebbero di più, si vedrebbero tolte risorse monetarie pari al 61% per la prima e del 66% per la seconda, l equivalente di circa 360 euro in meno per ogni abitante di queste due città, e non sono esempi isolati dato che anche Palermo (55% in meno), Messina (59%) e Taranto (51%) ci rimetterebbero parecchio. Ma allo stesso tempo comuni che magari adesso non ricevono finanziamenti equilibrati rispetto a quanto meriterebbero ne gioverebbero non poco, dal federalismo; per esempio Olbia guadagnerebbe il 180% di risorse in più, e Imperia il 120%. Da questi dati non può che risultare una riflessione su come tale riforma potrebbe portare diversi vantaggi alla Nazione, ma allo stesso tempo debba essere gestita con estrema prudenza e calcolando ogni fattore, in modo da non allargare un divario già esistente che diverrebbe così incolmabile tra Sud E Nord Italia, motivo per il quale è stato oltretutto istituito un fondo iniziale per aiutare nel primo periodo dopo l attuazione i Comuni più svantaggiati, che avrebbero così il tempo di mettersi in riga con chi in riga lo è da tempo, a costo di pagare in futuro gravi danni in termini di finanziamenti se ciò non avvenisse. Solo il tempo dirà se il federalismo fiscale in Italia, da progetto politico in via di attuazione, diverrà una realtà con cui tutti, bene o male, dovremo convivere, nel frattempo l unico appello che si può fare è quello diretto alle forze politiche, perché questa può essere una grande occasione di svolta per il Paese, ma deve essere gestita nella giusta maniera.

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La poesia

Giulia Fiume III D 2009/2010 Intorno a me

Questi volti gridano Ridono

Amari i sospiri Grigie le parole Rossi gli occhi

Appena dischiuse le palpebre

Si annida lì Tra le pieghe dei pugni chiusi Agli angoli stretti delle labbra

In equilibrio sulla superficie degli occhi Tra le pareti dei desideri spenti

Dipinte solo d ombra D insoddisfazione

Di paura

Rabbia

E incastrata lì Sotto un velo d indifferenza Nei discorsi rapidi e confusi In una speranza volata via

Dispersa nel disincanto Lontana dal cuore

Invisibile

Mancanza

Perdersi Come pulviscolo

Al buio

Superficialmente essere

La lirica si è classificata al primo posto della sezione Studenti del premio S. Quasimodo

2010

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DIFFUSIONE GRATUITA NELLA SCUOLA

GLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

COORDINAMENTO: PATRIZIA DANZE’ - RESP. COLLABORAZIONE: ALESSIO GUGLIOTTA GENNAIO-FEBBRAIO 2011

IL DOVERE DELLATESTIMONIANZA

pagina 3

WWW.LAFARINA.IT WWW.LAFARINA.ITT O Á

LO SCAFFALEDELLA SHOAH

pagina 5

ALTRE VOCI

pagina 8-9

TUTTO È MUSICA

pagina 11

INTERVISTAFALZEApagina 12

continua a pag. 10

Nelly Settetrombe

La stagione che viviamo ha una dose

crescente di turbamento della

coscienza collettiva, con motivi derivati

ora da vicende private, ora pubbliche.

Si insinua nel cuore di innumerevoli

italiani e, ahimè, fra giovani e

giovanissimi, la dolorosa tristezza di

un confronto di simboli. Da una parte

la bandiera italiana, con la sua lunga

storia di doveri compiuti fino al

sacrificio della vita, dall’altra un segno

folkloristico di ostentato disprezzo dell’

Unità nazionale e minacce di

secessione. Ovviamente per me, e mi

auguro anche per i miei lettori, esiste

una incomparabilità fra i due simboli:

la forza della grande storia per la

bandiera, la velleità anacronistica e

medievale per l’altro. Purtroppo

sfugge a molti, classe politica,

stampa,  opinione pubblica che, a

Costituzione vigente, le leggi hanno

valore erga omnes. Ed è da somari,

prima ancora che da provocatori, non

riconoscere che la scuola pubblica in

territorio italiano è un luogo in cui la

Repubblica italiana adempie per

costituzione la funzione di educazione

e di istruzione dei giovani, futura classe

dirigente del nostro paese.

Vedo di già arricciarsi il naso e

corrugare molte sopracciglia, segno di

inquietudine, forse di sdegno in molti

lettori (adulti ): cosa c’entra tutto

questo con la ricorrenza del 150°

anniversario dell’Unità d’Italia?

Calma, calma che c’entra. L’annosa

questione meridionale -come affermava

lo storico Gaetano Salvemini- sta tutta

nella sua classe dirigente. Sono passati

cento anni e nulla è cambiato rispetto

all’affermazione di Salvemini. A

dimostrazione dell’insipienza delle

nostre classi dirigenti va sottolineato

come di recente, con il voto dei

parlamentari meridionali di

maggioranza, sono stati “distratti” i

fondi F.A.S., destinati ai nostri territori,

per ripianare i debiti degli allevatori

del nord (quote latte ).

La metafora dell’Italia di oggi è

costituita dall’immondizia napoletana

e palermitana , dai terremotati

dell’Aquila che dopo quasi due anni

aspettano la ricostruzione della loro

storica e bella città, dai morti di

Giampilieri e dallo sfaldamento

progressivo della nostra provincia. E’

necessario fermarsi per fare un

inventario di ciò che rimane da salvare

e di quello che c’è da (ri)costruire.

E’ il mio un discorso primariamente rivolto

agli adulti, in particolare a quelli di noi

GIOVANNI PALATUCCI, ‘GIUSTO TRA LE NAZIONI’COSTANZA PATANÈ, DANIELA ALIBERTO I D

E’ il 10 febbraio del 1945, mancanopochi mesi alla fine della guerra: nelcampo di concentramento di Dachaumuore a 36 anni Giovanni Palatucci,dopo aver salvato circa 5.000 ebrei,rischiando di continuo, per sei anni, lavita e tragicamente concludendola allavigilia della liberazione. Gli ebrei diconoche “andò oltre il comandamento amail prossimo tuo come te stesso, perchéegli lo ha amato più di se stesso” e, increscendo, gli hanno dedicato: nel 1953,a Ramat Gan, quartiere di Tel Aviv, unastrada fiancheggiata da 36 alberi (uno perogni anno della sua vita); nel 1955 unaforesta di 5.000 alberi nei pressi diGerusalemme e la Medaglia d’Orodell’Unione delle Comunità EbraicheItaliane; nel 1990 il massimoriconoscimento: quello di “Giusto tra le

Nazioni”, col suo nome impresso sullegigantesche lapidi nel mausoleo YadVashem, a Gerusalemme. In Italia nel1995 il Presidente della Repubblica,O.L.Scalfaro, gli ha conferito la Medagliad’Oro alla memoria; nel 1997 il Capodella Polizia, prefetto F.Masone, haistituito un Gruppo di Lavoro finalizzatoalla stesura di una nuova e più completabiografia. Gli sono state dedicatetrasmissioni televisive, associazioni,concorsi, senza dire che sempre più vie,piazze, parchi e scuole, in diverse cittàitaliane - Avellino, Campobasso, Genova,Milano, Montella, Milano - portano il suonome. Oggi c’è un’Associazione onlus

a lui dedicata, con sede a Roma, che sioccupa di diffondere la conoscenza diPalatucci.Nella formazione di Giovanni influironola nonna Carmela, terziaria francescana,e gli zii paterni Antonio, Alfredo eGiuseppe Maria, tutti francescaniconventuali: il terzo fu vescovo diCampagna (SA) e grande collaboratoredel nipote nel salvare gli ebrei. Giovanninacque e crebbe a Montella (Avellino),studiò al liceo classico e si laureò inGiurisprudenza; suo padre lo volevaavvocato e in Irpinia, ma Giovanni sisentiva chiamato ad altro e altrove; per ilsuo modo di sentire gli era impossibile“domandare soldi a chi ha bisogno delmio patrocinio per avere giustizia”. Perdifendere gli indifesi riteneva che la viamigliore fosse quella della Polizia di

Stato, anche se il padre guardava con uncerto rammarico a questa scelta.Giovanni Palatucci, dopo un periodo aGenova, fu inviato a Fiume, comeresponsabile dell’Ufficio stranieri, e lìsi avvicinò alla comunità ebraica di cuicomprese fin da subito la difficilesituazione. Iniziò così a organizzare unarete di collaboratori mirata ad aiutare gliebrei in maggiore pericolo. Così propriolui, che istituzionalmente avrebbe dovutocontrastare la fuga degli ebrei, iniziò adaiutarli fornendo documenti falsi ingrado di consentire la fuga verso laSvizzera e Israele oppure via mare, versole coste del Meridione a quel tempo già

liberato. Molti riusciva a “smistarli” nelcampo profughi di Campagna, nelterritorio della diocesi retta dallo ziovescovo. Una scelta che significò lasalvezza di migliaia di ebrei: oltre 5.000,secondo quanto riferito dal delegatoitaliano Rafael Danton alla primaConferenza ebraica mondiale tenutasi aLondra nel 1945.La situazione precipitò con l’8settembre 1943, quando Fiume venneoccupata dalle truppe germaniche;nonostante questa situazione disperata,Palatucci rimase a Fiume nellacondizione di “alleato occupato”: inquest’ultimo drammatico periododistrusse il materiale relativo agli ebreicustodito negli archivi della Questura eintimò al Comune di non rilasciarealcun documento riguardante quei

cittadini senza previainformazione del suoufficio. In questo modoGiovanni mandò a vuoto leretate naziste, ma ormaiera nel mirino deinazifascisti; amici epartigiani tentarono diconvincerlo a fuggire. Traessi il console svizzero aTrieste che offrì aPalatucci la sua villa nelCanton Ticino. Di talegenerosità Giovanniapprofittò soltanto permettere in salvo l’amicaMika Eisler e la mamma,che accompagnò inSvizzera, ma ritornandosubito a Fiume. La nottedel 13 settembre 1944, suordine del Ten.Col. delleSS Kappler, fu perquisitala sua abitazione; accusatodi cospirazione colnemico fu tradotto nelcarcere Coroneo di

Trieste e, nell’ottobre 1944, a Dachau,dove morì. Fu l’ultimo suo viaggio, maalla partenza da Trieste, cometestimoniato da Libera Capuozzo,vedova di Pietro Capuozzo, all’epocabrigadiere di PS a Trieste - ma prima erastato a Fiume, con Palatucci -, quando ilmarito seppe che stava partendo il trenoche avrebbe portato a Dachau il suo exsuperiore, aiutato da un collega dellaPolfer raggiunse i carri piombati e,camminando su e giù per i vagoni,discuteva animatamente con l’uomo dellaPolfer nella speranza che Giovanni losentisse e potessero così salutarsi perl’ultima volta. A un tratto gli cadde un

Commemorato al Liceo La Farina in una giornata di riflessione organizzata dalla Questura di Messina

bigliettino tra i piedi e sentì la voce diPalatucci: “Capuozzo, accontentaquesto ragazzo. Avverti sua madre chesta partendo per la Germania. Addio”.Quel bigliettino - con indicate famiglia evia di Trieste - resta l’ultimo segno ecome il testamento spirituale.Essere stato “uomo per gli altri” gli èvalso il titolo “Giusto tra le Nazioni”conferitogli da Israele e quello di“Servo di Dio” conferitogli dallaChiesa; ora si attende la suabeatificazione e poi la santità, una santitàlaica che già c’è. Così ha detto delgiovane martire il procuratore generaledella Corte d’appello di Messina, FrancoCassata, ospite del nostro liceo lo scorso27 gennaio in una giornata di riflessionededicata al tema “Il coraggio discegliere”. All’evento, organizzato nellaGiornata della Memoria dallaQuestura di Messina in collaborazionecon il liceo La Farina , hannopartecipato, insieme al dottor Cassata, ilprefetto Francesco Alecci, il questoreCarmelo Gugliotta, il nostro presidePio Lo Re, l’assistente capo dellaPolizia di Stato Paolo Messina che hacoordinato l’organizzazione, ilcaporedattore della Gazzetta del SudLino Morgante, il cappellano dellaPolizia di Stato, padre Rosario Scibilia,il dottor Gustavo Ricevuto, gli studentidelle classi II B, III B, I C, II C, I D, idocenti e tanti ospiti del mondo dellascuola e della Questura.

1 1

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

2 2

2 MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011 Shoah

Facciamo la guerra per poter vivere in pace.(Aristotele)

La Guerra Totale è la Società moderna stessa,al suo più alto grado di efficienza.

(Georges Bernanos)

Alfabeto della ShoahL’orrore dell’Olocausto in 22 lettere

LA CLASSE III D

A= “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria.” (Primo Levi)(Simona Licandro)B = Birkenau era Vernichtungslager (campo di sterminio) del complesso diAuschwitz nel quale persero la vita circa un milione di persone, per lo più ebrei ezingari condotti alle camere a gas subito dopo il loro arrivo. (Fabrizio Duca)C= Campo di sterminio è un campo di concentramento o di prigionia il cui scopounico o principale è quello di uccidere i prigionieri che vi giungono. Soprattuttonella cultura occidentale, il campo di sterminio per antonomasia è Auschwitz e, ingenere, l’espressione “campo di sterminio” evoca l’immagine dei campi nazisti edell’Olocausto. (Simona Carbone)D= Donne nella shoah ”Qualunque delinquente comune aveva diritto di vita e dimorte su noi donne ebree, generatrici di un popolo odioso. E tuttavia noi di questo,allora, non eravamo consapevoli. Sapevamo la sopraffazione, la vergogna, la brutaleumiliazione che ci spogliava della nostra umanità, e con essa anche della nostrafemminilità.” (Testimonianza di Liliana Segre, deportata nel Lager femminile diAuschwitz-Birkenau all’età di tredici anni). (Miriam Merlino)E= Esperimenti disumani compiuti con lo scopo dichiarato di migliorare la “RazzaAriana”, unica a meritare una degna sopravvivenza. (Anita Lo Vecchio)F= Funzionalismo, teoria opposta all’intenzionalismo, nata nell’ambito del dibattitosorto sulle origini dell’olocausto. Secondo gli intenzionalisti l’olocausto fupianificato da Hitler sin dall’inizio, secondo i funzionalisti iniziò nel 1942 comerisultato del fallimento della politica di deportazione nazista e delle perdite militariin Russia. (Giulia Petitto)G= Genocidio. Non dovrebbe esistere, perché non è concepibile lo sterminiointenzionale di un intero gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. (Tony Scarfì)H= Hitler, responsabile della morte di milioni di persone, fautore di una politica didiscriminazione e di sterminio che colpi vari gruppi etnici, politici e sociali, fucolui che fece ciò che nessuno mai si sarebbe aspettato: lo sterminio degli ebrei!(Fabrizio De Salvo)I=Iniezioni di fenolo: questo sistema nelle fasi iniziali a partire dal 1941 era praticatosoprattutto ad Auschwitz dove venivano uccise dalle 30 alle 60 persone al giorno.(Noemi Ruggeri)L=Leggi razziali: basate su un principio di discriminazioni, sono un insieme diprovvedimenti legislativi e amministrativi contro la “razza” ebrea. (Federica Piccione)M=Marce della morte e cioè i movimenti forzati di migliaia di prigionieri,principalmente ebrei, dai campi di concentramento nazisti, che nell’inverno del1944-45 minacciavano di essere invasi dalle forze alleate, verso altri campi all’internodella Germania. (Simona Di Maula)N=Neuengamme: campo di concentramento a sud-est di Amburgo sul fiume Elbadove il medico Kurt Heissmeyer utilizzò 20 bambini per le sue ricerche sullatubercolosi. Luogo di tortura e morte “in nome della scienza” dove la regola era“sfinimento per lavoro” dei deportati e dove, inoltre, furono i primi tentativid’uccisione dei deportati con il gas Zyklon B poi proseguiti ad Auschwitz-Birkenauconsacrati allo sterminio di massa. (Grazia Amato)O=Oberheuser Herta: è stata un medico tedesco impiegato nel campo diconcentramento di Ravensbruck. Accusata di esperimenti su esseri umani, fuprocessata e condannata al Tribunale di Norimberga per crimini contro l’umanità.(Serena Fusco)P= La pochezza delle idee al servizio della purezza della razza (Violetta Venuti)Q= Quisling Vidkun, capo del partito filonazista norvegese, cercò di ingraziarsi iTedeschi emanando una serie di provvedimenti che confiscassero beni agli ebreiper compensare l’ ingente sforzo bellico. presidente della Norvegia dal febbraio1942 alla fine della seconda guerra mondiale, fatto prigioniero dal Fronte patriotticonorvegese, venne condannato a morte e giustiziato il 24 ottobre 1945. (Paola Musicò)R= Il razzismo è un modo di delegare agli altri il disgusto che abbiamo di noistessi. (Robert Sabatier, Le Livre de la déraison souriante, 1991) (Stefano Spinella)S= Stein Edith, religiosa e filosofa tedesca dell’Ordine delle Carmelitane Scalze,convertitasi al cattolicesimo dall’ebraismo, arrestata dai nazisti e morta ad Auschwitz.Proclamata santa da papa Giovanni Paolo II nel 1998 e l’anno successivo compatronad’Europa. (Giuliana Intelisano)T= Terezin, campo di concentramento nella Repubblica Ceca. Vi passarono circa144.000 ebrei, 33.000 dei quali morirono, la maggior parte a causa delle inumanecondizioni di vita. (Martina Panarello)U= Ulven nella Norvegia centro-occidentale, posto sotto la giurisdizione della poliziadi sicurezza tedesca, inizialmente utilizzato per detenere Israeliti o Comunisti. Lecondizioni del posto peggiorarono ulteriormente nel 1942, quando Otmar Holenia(soprannominato la Tempesta) venne eletto sottotenente. (Barbara Bonaccorso)V= “lenti scivolarono via i crepuscoli, di coloro per cui Kamp Vught fu la fornacedella propria anima...”. “Kamp Vught” è il diario nel quale Helga Deen (Stettino, 6aprile 1925 – Campo di sterminio di Sobibór, 16 luglio 1943) descrive la sua prigionìain un campo di concentramento nazista durante la seconda guerra mondiale, primadi essere trasferita - assieme alla sua famiglia - nel campo di sterminio di Sobibór(Polonia). (Alessandro Giardina)Y= Yom HaShoah: giornata del ricordo dell’olocausto, ricorre il 27° giorno di Nissan(7° mese del calendario ebraico, da aprile a maggio secondo il calendario gregoriano).Giorno di “vacanza nazionale” in Israele. (Verdiana Freni)Z= Zyklon, un gas letale che con il suo impeto ha spazzato via migliaia di innocentivite umane, nella stessa esatta maniera in cui un ciclone spazza via un microscopicogranellino di sabbia. (Dario Barnà)

Moni Ovadia: L’ebreo che ride PERCHÉ C’È CHI RIDE SEMPRE

ALESSIO GUGLIOTTA II D

Per chi non ha mai sentito parlaredell’umorismo ebreo, Moni Ovadia èun autore da leggere e conoscere, e se nesi ha l’occasione anche da vedere (è statorecentemente al Teatro V. Emanuele diMessina dove ha portato in scena un suoesilarante “Mercante di Venezia).“L’ebreo che ride” (Einaudi) è unconcentrato di umorismo yiddish ,cultura ebraica e riferimentiall’olocausto e alle persecuzioni che gliebrei hanno subìto da sempre nel corsodella storia. L’umorismo degli ebreiaffonda le sue radici nell’antica culturayiddish, la lingua parlata dagli ebreidell’est e del centro Europa e (dopo legrandi ondate migratorie dell’ ‘800 el’inizio del ‘900) anche nel Sud-America,Stati Uniti e Canada. Un idioma chemescola le sue radici germaniche tardo-medievali con lingue quali : l’ebraico,l’aramaico, il russo, l’ucraino, ilpolacco, il rumeno, l’ungherese, ilgeorgiano, l’olandese, l’inglese e

reminescenze latine e romanze. Siscrive con caratteri ebraici ma il rapportografema-fonema è diverso. Lo humourebraico è molto particolare , èprevalentemente ironico, verso gli ebreistessi, verso ciò che è accaduto loro everso la loro religione, nascedall’esigenza di rallegrarsi in qualchemodo nonostante tutte le cose orrende chesono capitate a questa etnia. Ovadia mettein luce l’irresistibile carica anarchica eliberatrice dell’umorismo yiddish con unaserie di storielle:“ Quando un ebreo povero mangia un

pollo, uno dei due è gravemente

malato.” Un umorismo pungente estuzzicante, soprattutto nei confronti dellareligione: “Ah già... noi siamo il popolo

eletto... beh, Signore... ogni tanto,

eleggiti qualcun altro! 

E ancora un anedoto: “Shloimele e

Duvidl, due studenti di yeshivà, sono

accaniti fumatori, sanno che questo loro

vizio è guardato con sospetto, ma la

voglia di fumare non li lascia mai.

Decidono allora di chiedere al rabbino

come comportarsi al riguardo. Va, a

nome di tutti e due, Shloimele:

“Rabbino, rabbino”. “Dimmi Shloimele

caro, cosa c’e’?”. “Rabbino io ti volevo

domandare... quando si studia il Toyre,

si può fumare?”. “Cosa ti viene in

mente, razza di vizioso che sei? Quando

si studia, si studia e basta!”. Con la coda

fra le gambe, Shloimele torna da Duvidl

e gli racconta della lavata di capo che

gli ha fatto il rabbino. “Sai quale è il

problema con te? - gli dice Duvidl - Tu

non sai fare le domande. Lascia, vado

io. “Rabbino, rabbino, io ti vorrei

fare una domanda”. “Dimmi, Duvidl

caro, sono qui per questo”. “Rabbino...

quando si fuma, si può studiare il

Toyre?”. “Certo, Duvidl caro! Sempre è

un buon momento per studiare il

Toyre!” esclama il rabbino entusiasta.”

Il libro è un affondare nelle radici diquesta comicità arrivando finoall’origine del nome di Isacco: sì, perchéquando l’Arcangelo si presentò adAbramo e sua moglie e dice loro cheavranno un figlio in vecchiaia loro risero;e infatti il figlio venne chiamato Isacco,da Itzkhak, in ebraico “colui che ride”.Il witz (la barzelletta) è, dunque, il filoconduttore dell’intero libro che non sispegne mai, neppure di fronte al dolore,neppure di fronte allo sforzo che gli ebreioccidentali fanno per essere come glialtri, col risultato di non venircomunque mai accettati fino in fondo,vittime di un sospetto e un odio nonsradicabile dalle menti delle persone nonebree. Kafka,  Einstein ,  Freud ,Gershwin, Bernstein, Marx, Chaplin:geni immortali, capaci di quel riso acutoe semplice proprio del loro popolo. Mail libro è anche un richiamo al ricordodelle persecuzioni che gli ebrei hannosubìto, e un excursus sullo shtelt, lacittadina per eccellenza dell’est-Europadella cultura yiddish. Viene sempreribadita la voglia degli ebrei di ritenersipiù ebrei che abitanti del paese dove sitrovano, richiamando sempre le lororadici: il premio Nobel per la letteratura1978 Isaac Singer disse: “Scrivo inyiddish perché è l’unica lingua delmondo in cui non si impartisconoordini ai militari”. Perché, -scriveOvadia- : “Dio ride. Ed essendosi

sconsideratamente eletti come suo

popolo, gli ebrei non possono che ridere

di se stessi”.

Samuel Klayman ha 17 anni, un viso che sembra un triangolo rovesciato e tantisogni nel cassetto. Come tutti i ragazzi di Brooklyn è affascinato dal tema della“fuga” in tutte le sue forme, che si parli di metamorfosi o di controllo della mente.Josef Kavalier si dedica da sempre alla vita dell’ Escapista, cioè di chi sadeterminare i modi e i tempi delle proprie fughe. È ebreo e vive in una Pragain mano ai nazisti. Quando Josef con una rocambolesca fuga assieme al Golemebraico viaggia attraverso la Lituania e il Giappone per arrivare in fine nellapiccola camera del cugino Samuel a Brooklyn per i due comincia un’esperienzamagnifica. I due cugini infatti mettono insieme i loro sogni per inseguire ilsuccesso nel mondo dei fumetti dando vita al personaggio dell’ Escapista, ungenio della fuga in lotta contro il malvagio Attila Haxoff (iniziali A.H. guardacaso…) . Il fumetto riscuote un grande successo, tale da mettere in secondopiano colossi del mondo dei comic come Superman; Sammy lo descrive come“un Houdini combinato con Robin Hood e un po’ di Albert Schweitzer”. C’è ditutto in “Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay” (Rizzoli) scritto daMichael Chabon: gli orrori della guerra e la cultura pop degli Anni Quaranta, lamagia di Houdini e la genialità di Orson Welles: sin dalle prime pagine ci siaccorge di penetrare un universo complesso e favoloso che, se si ha la pazienza diesplorare, lascerà tracce importanti nella memoria. Il viaggio dei due cugini ebreiattraverso il sogno americano è una grande sfida per lo scrittore Michael Chabonche grazie a questa opera nel 2001 ha ottenuto la sua vittoria vincendo ilPremio Pulitzer.

L A R E C E N S I O N E

LE FANTASTICHE AVVENTUREDI KAVALIER E CLAY

Un romanzo che ricostruisce un’età in cui le favole erano un antidoto per

sconfiggere il male

FEDERICA VALENTI II D

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

3 3

MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 3Shoah

Il racconto

IL MIO NOME ERA ANNA

Guerra. Un sottoprodotto della pace.(Ambrose Bierce)

Quanto più siamo forti, tanto menoprobabile è la guerra.(Otto von Bismarck)

Il mio nome era Anna. Avevo nove anniquando la guerra iniziò e in quello stessoanno nacque mia sorella, Irene. Nei primitempi le atrocità non ci colpirono; miopadre, però, scriveva continuamente ed erastrano, la mamma non ne era felice, cosìper riflesso, mi ero convinta che in lui vifosse un’enorme colpa. Ricordo che ungiorno a cena disse: “Abbiamo l’obbligomorale di fare qualcosa!”“Non capisco a cosa ti riferisci, non fannonulla di male aquesti ebrei” risposemia madre.“Gli ebrei? Sonodei parassiti,m a l v a g i ! ”Intervenni. Nonsapevo ciò chedicevo; l’avevosentito a scuola eimparato come unalezione a memoria. “Vedi” Esplose miopadre:”Non glifanno nulla di male,eh? Siamo noi imostri! Guarda cheinsegnano aibambini!”“Smettetela!” urlòmia madre:”Ilmondo è bendiverso da quello dei tuoi libri, sei unilluso! Smetti di scrivere! Ci porteraialla rovina!”“Questa è già la rovina.” sussurrò lui.

Quella notte stessa, mia madre mi svegliòbisbigliando: “Anna prendi Irene e corrial rifugio; esci dal retro. Prenditi cura ditua sorella, me lo prometti? Vi amiamotanto..”. Le parole le soffocarono in gola.Non capivo ma l’abbracciai. Nel frattempoqualcuno bussava alla porta. “Ora va,corri!” mi esortò: ed io ubbidii. Sentii unosparo, poi un altro. Guardai dallospioncino del rifugio: degli uoministavano trascinando in casa i corpi dei miei

genitori. Vidi la mia casa in fiamme, leimposte dei vicini serrarsi, sentii legrasse risate di quegli uomini mentrecantavano allegri. L’odore acre di carne

CHIARA PICCOLO I D

bruciata m’invase le narici, posai Irene sulletto e svenni. Fui svegliata, il mattinoseguente, da una domanda:”Dove sono lamamma e il papà?”“Loro non possono venire: dobbiamoessere forti.”Lei si divincolò: “ Andiamo a casa nostra!”“Siamo due bambine ma adesso è tempodi diventare adulti, non abbiamo altrascelta. Mamma e papà sono in cielo.Dobbiamo nasconderci. Ho promesso che

mi sarei presa cura dite, e lo farò.”Lei mi fissò per unistante, poi riprese apiangere. Mi alzai ecominciai a frugarein giro. Trovai viveri,vestiti e una cassapiena di quaderni.Iniziai a leggere ecosì capii che lacolpa di mio padrenon era altro che ilsuo grande cuore, lasua giustizia.“Anna, tu ti prendicura di me, ma di techi si prenderàcura?” mi chieseIrene. Silenzio.”Lofarò io. Chissà quantihanno bisogno che

qualcuno si prenda cura di loro; potremmoprenderci tutti cura di tutti” proseguìassorta.

La celebrazione della Giornata dellaMemoria è un momento di catalizzazionedell’attenzione sui drammatici eventi checondussero allo sterminio milioni di ebreinel corso della II guerra mondiale, maperché l’istituzione di questaricorrenza si carichi di significato ènecessario che di essi si colga, oltre allarilevanza storica, anche il carattereuniversale. Interrogarsi su come siastato possibile anche solo pensare allarealizzazione di un programma disterminio scientificamente organizzatorappresenta il primo passo verso unacomprensione che è insieme assunzionedi responsabilità nei confronti delpassato, non in quanto causa di ciò che èavvenuto, ma perché potremmocontribuire, consapevolmente o meno, alricostituirsi delle condizioni chepermisero la Shoah: indifferenza,sottovalutazione, paura, pregiudizi,interessi di parte, ideologia razzista.

Il cuore della civilissima Europasperimenta e si misura con un progetto dimorte che, per ampiezza e radicalità, nontrova termini di confronto. Auschwitz èun’immane tragedia che vedeconcretizzarsi il male, un male “banale”e al tempo stesso assoluto, che vive lamorte di Dio, ma che vive questa mortecome il segno della morte dell’uomo enon come espressione della sua liberazionedalla superstizione religiosa, che mette allaprova l’uomo e lo sottopone al rischiodell’incontro con l’Altro.Auschwitz è l’inimmaginabile , èl’incomprensibile, è l’indicibile, ma,nonostante tutto, il riconoscimento di ciòche è stato e di ciò che rappresentacostituisce la base per ricostruire lafiducia nell’uomo. Negazionismo,revisionismo, giustificazionismo,tuttavia, si frappongono allo sforzo che dadecenni viene compiuto perché si accolgal’idea che la Shoah è segnata da una taleradicalità che non può risolversi, nécompitamente chiarirsi, e da una evidenzache non lascia spazio alla discussione. Lasola parola che deve trovareaccoglienza è quella dei testimoni, ilsolo dialogo possibile è quello che nonammicca al passato con sguardonostalgico, la sola speranza è che suAuschwitz non cada il silenzio.Tutto questo passa attraverso ildoloroso racconto di coloro che furonotestimoni di quanto avvenne. Unimpegno continuo e crescente, che nel

tempo ha dato forza e voce anche a coloroche a lungo sono rimasti al margine dellastoria, incapaci di trovare parole per unorrore quotidianamente presente allamente e agli occhi dei superstiti, richiamatidal rischio dell’oblio a renderetestimonianza di disumane sofferenze e diradicata speranza nel futuro.Scrive Primo Levi (I sommersi e i

salvati, Enaudi) “L’esperienza di cuisiamo portatori noi superstiti dei Lagernazisti è estranea alle nuove generazionidell’Occidente, e sempre più estranea siva facendo a mano a mano che passanogli anni (…). Per noi parlare con igiovani è sempre più difficile. Lopercepiamo come un dovere, e insiemecome un rischio: il rischio di apparireanacronistici, di non essere ascoltati.”Oggi, davanti allo spegnersi silenziosodelle voci che negli anni ci hanno dettodello smarrimento, della paura, del doloreprovati di fronte alla negazione

sistematica dell’alterità, il testimonepassa alle nuove generazioni. A noidocenti il dovere di unire due sponde, digarantire il dialogo tra coloro che hannoportato il segno del mancato incontro ecoloro che per giovanile intemperanzapensano alla Shoah come ad un capitolodi storia ormai concluso.Soffermarsi, come quest’anno, a rifletteresull’esempio di Giovanni Palatucci,Giusto fra le nazioni, che con il suoimpegno “(…) in tempi tanto difficili, èandato oltre il comandamento ‘Ama ilprossimo tuo come te stesso’ “ fino alsacrificio della vita (Rozsi Neumann,testimonianza pubblicata in “Israel” il18 giugno 1953), approfondire insiemead esperti quale il Prof. FrancescoMigliorino le complesse declinazionidell’antisemitismo (F. Migliorino, Scarti

di umanità. Riflessioni su razzismo e

antisemitismo, Il Nuovo Melangolo,2010), leggere e ricostruire la difficilescelta di Emil L. Fackenheim diconsegnare alla scrittura momenti dellasua vita così profondamente segnati dalprogramma di sterminio hitleriano (E.L.Fackenheim, a cura di P. Ricci Sindoni,Un epitaffio per l’ebraismo tedesco,Giuntina, 2010) è il modo di esprimereil nostro riconoscimento del valoredella testimonianza e dell’importanzadella memoria, nella speranza diriuscire a trasmettere, anno dopo anno,alle generazioni presenti e future ilsenso di questo impegno.

IL DOVERE DELLATESTIMONIANZA

Per non pensare alla Shoah come ad un capitolo di storia ormai concluso

GIOVANNA CARATOZZOLO

Nella campagna del sud dell’Inghilterrra, un uomo quasi novantenne è dedito alla cura delle sue amate api, e dopo unavita passata tra un mistero e l’altro sembra aver perso attenzione per ciò che lo circonda. La monotonia dell’attesa dellamorte viene interrotta dall’arrivo di un bambino con un pappagallo sulla spalla, svagato, assorto. Il bambino incuriosisce a talpunto il vecchio (il cui nome non è mai detto esplicitamente nel libro, ma nel quale molti, grazie a continue allusioni delloscrittore stesso, vedono il mitico personaggio di Sherlock Holmes) da risvegliarlo dal suo torpore e indurlo ad avvicinare ilbambino e il volatile che, dopo aver deluso ogni tentativo di comunicazione col vecchio, se ne vanno scomparendo nelle Downsinglesi. Le vite dei due sono destinate ad intrecciarsi di nuovo, quando la già misera vita del bambino viene sconvolta dalrapimento del suo unico amico, Bruno, il pappagallo grigio africano; e molti intravedono la ragione del rapimento nellasequenza, apparentemente senza senso, dei numeri in tedesco che il pappagallo sciorina di continuo. L’evento, accompagnatodall’inspiegabile morte di un uomo nella stessa notte, porta gli ispettori a rivolgersi al vecchio detective, che decide diaiutare a sciogliere l’intreccio riscoprendo l’amore per il mistero solo per aiutare il bambino che tanto lo aveva sconvolto eaffascinato.Questa la trama di “Soluzione finale” (Rizzoli) di Michael Chabon, un libro il cui titolo sembra rivelare subito il terribiletema; in realtà i temi dell’olocausto e della guerra in corso (la vicenda narrata si svolge nel 1944) non vengono mai trattatidirettamente, e non prendono mai una parte “attiva” nella vicenda. Nonostante questo, la mano nera della guerra fa vederei suoi effetti, soprattutto sul bambino protagonista del libro. Linus Steinman è un bambino ebreo tedesco, salvatosi permiracolo alla deportazione e strappato via dai suoi genitori. L’orrore delle sue vicende lo ha ammutolito, impedendogli dicomunicare con gli altri se non per mezzo di bigliettini scritti in un inglese titubante e quasi incomprensibile, e riducendolo adavere nel pappagallo il suo unico amico. La shoah non viene presentata nella sua scioccante e nera maestosità, ma nell’animodistrutto di un bambino, privato di un’infanzia, di una madre e di un padre, e infine del suo unico amico. Anche la figura diSherlock Holmes è vista in modo rivoluzionario: uno dei più famosi personaggi letterari della storia, spogliato dei suoicaratteri mitici di detective infallibile e diventato, al tramonto della sua vita, un apicoltore burbero e orco, come si autodefiniscepiù volte. Il vecchio sembra immensamente stanco della cattiveria che permea il mondo e di cui lui è stato testimone tante voltenel corso della sua vita: così si dedica alle api,il cui ronzio:”E’ il canto di una città .. dove tutti facevano quello che dovevanofare, nel modo stabilito da remoti e rispettabili antenati. Una città dove nessuno rubava gemme, lingotti d’oro, lettere o pianinavali segreti.”Nonostante tutto decide di dedicarsi con anima e corpo alla ricerca del bambino, senza sapere il vero motivo della suaattrazione verso di lui ma sapendo che è la cosa giusta da fare. Nel corso del romanzo esce fuori la vera essenza di Holmes,l’essenza del detective rimasta immutata nonostante la polvere del tempo,così forte e presente in lui da farlo arrivare a desideraredi rimanere, dopo la morte, come solitaria “essenza che analizza il mondo”.Il libro, nonostante le premesse curiose, descrive una storia piccola, paradigma di qualcosa di ben più grande come lashoah, mostrando l’atrocità di privare un essere umano, in questo caso un bambino come uno dei molti che furono prigionieridei Lager, di tutto ciò di cui non dovrebbe mai essere privato, racchiudendo lo straziante orrore che è l’olocausto in unbambino, piccolo e muto, che non riesce più a sorridere.

LA RECENSIONE

S O L U Z I O N E F I N A L EL’orrore dell’Olocausto tra visionarietà e lirismo

GIOVANNI ZAGARELLA II D

continua a pag. 10

Primo Levi

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

4 4

Shoah4 MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011

La guerra è il primo passo verso la pace.(Libero Bovio)

La guerra va incontro a tutte le esigenze,anche a quelle pacifiche.

(Bertolt Brecht)

“Ma cosa credete, che non veda il filo

spinato, non veda i forni crematori, non

veda il dominio della morte? Sì, ma vedo

anche uno spicchio di cielo, e in questo

spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo

libertà e bellezza. Non ci credete? Invece

è così!” (dal Diario di Etty Hillesum,

morta in una camera a gas di Auschwitz

il 30 settembre 1943). Forse Carmelo

Santalco, nello Stalag 307 situato a

Deblin, in Polonia, dove fu deportato, tra

le baracche precarie e la lotta disumana

per un boccone di cibo, vide quello stesso

spicchio di cielo e si affidò alla bellezza

della Speranza, abbandonandosi al

conforto divino.

Con il sostantivo Shoah,traslitterazione occidentale di untermine biblico il cui più strettosignificato è, etimologicamente,“catastrofe”, coniato nel 1938 nelterritorio palestinese durante losvolgimento del Comitato Centrale delPartito Socialista, si suole indicarel’Olocausto, ovvero lo sterminiocinicamente programmato attraverso uncomplesso sistema di azioni, finalizzatoalla distruzione del popolo ebraico, la cuiesclusiva colpa era quella d’esistere e checausò l’uccisione di 6 milioni di persone.E’ palese constatarecome l’attuazione ditale folle annienta-mento, svoltasi acavallo tra Settecentoe Novecento , si siaoperata attraverso unacomplessa gradualità.L’estrema idiosin-crasia che si celavadietro la condotta deifolli che hanno volutol’annientamento degliebrei non era “ispirata”dalle belliche eselvagge tribù deileggendari mongoli ounni delle lontanesteppe asiatiche deitempi remoti, né da altri esseri umani“selvaggi”: era un gruppo civile esociale inserito in organismi statali, unacomunità scelta e selezionata che avevagià vissuto integrandosi con lapopolazione europea e la sua cultura e siera distinta per la propria capacità, iltalento, l’inventiva, la cultura.E invece, un giorno, un brutto giorno,con le leggi di “degiudeizzazione” agliebrei venne negato il consenso di potersposare un ariano, di poter intraprendereprestigiose cariche, di poter dipenderedalla pubblica amministrazione, diaccedere in luoghi pubblici e nei localiscolastici in seguito alla revoca dellacittadinanza ebraica; in breve, venneroespulsi dai territori germanici e soggettiad un processo di “ghettizzazione”. Ilghetto (la voce deriverebbe dal veneziano“geto”, originariamente una fonderia diferro intesa come getto, cioè la gettata dimetallo fuso, e pronunziata “gheto”dagli ebrei aschenaziti di originegermanica) è sempre stato una realtàtopografica di varie città dell’Europasin dal Medioevo, una parte della cittànella quale gli ebrei si autoconfinavano ovenivano confinati (fu il Papa Paolo IVche nel 1555 creò il Ghetto di Roma edemise la bolla “Cum nimis absurdum”che forzava gli ebrei a vivere in un’areaspecifica e prevedeva una serie di terribilie assurde restrizioni, che sarebbero poi

state in vigore per secoli!), ma quella cheera una piccola città nella cittàautonoma e dinamica venneripristinata dal nazismo comeistituzione provvisoria per isolare gliebrei, controllarli e segregarli dallapopolazione locale: l’obiettivo finale era,appunto, realizzare la “soluzione finale”del proprio “programma di puliziaetnica”. Così agli Ebrei residenti neighetti fu ordinato di indossaretarghette di identificazione o bracciali,e molti furono obbligati al lavoro forzatoper il Terzo Reich. I ghetti, durante losvolgimento dell’Olocausto, rappresenta-rono una fase fondamentale nel processodi controllo, disumanizzazione esistematica uccisione del popolo ebraico.A testimonianza di ciò, in seguito allosvolgimento di un piano di“rastrellamento”, in particolar mododurante i massacri delleEinsatzgruppen, milioni di ebreifurono deportati in quelli cherappresentano la macabra “conclusione”della propria esistenza: i campi diconcentramento. Nell’arco di undecennio ne vennero edificati unnumero superiore a 20.000, adibiti,tuttavia, a differenti funzioni:  parte diessi furono impiegati come stazioni di

transito; altri, la maggioranza,esclusivamente funzionali per l’uccisionedi massa dei prigionieri ebrei.Straordinariamente, per agevolarel’attuazione della “soluzione finale”,innumerevoli campi di sterminiofurono realizzati in Polonia (il ghetto diVarsavia, istituito dal regime nazista nel1940 nella città vecchia di Varsavia, fu ilpiù grande ghetto europeo), il paese conla più elevata concentrazione dipopolazione ebraica; in essi venivanouccisi solitamente mediante gas di scaricoin appositi furgoni o in camere a gas, alfine di rendere impersonali tali uccisioni.E’ tuttora alquanto complesso poteridentificare le veritiere cause cheportarono allo svolgimento diquest’immane massacro. I nazisti, puressendosi scagliati contro gli ebrei, inseguito all’ascesa al potere di Hitler,con leggi e campagne propagandistichepredicarono la superiorità della “razza”ariana (cui lo stesso Hitler nonapparteneva), incarnata dai popoligermanici e superiore alle altre; appariva,pertanto, conseguentemente necessariol’annientamento dei popoli inferiori checontaminavano la purezza ariana, allaricerca di un territorio in cui gli “eletti”si sarebbero dovuti insediare per essereeccelsi. Quale fu, però, il risultato diquesta azione dettata dalla follia?Un numero poco più che superiore a sei

milioni è stato incondizionatamentecostretto a patire sfruttamenti,maltrattamenti, lavori forzati e, infine, laprivazione del bene cui si dovrebbe esseremaggiormente devoti: la vita, profanataper la sola ragione di essere nati ebrei.Il ripetersi di un ulteriore Olocaustoappare oggi un avvenimentoirripetibile, perché la societàcontemporanea, quotidianamente“bombardata” dagli organi dicomunicazione e “vaccinata” contro talipericoli non può tollerare che certecatastrofi possano nuovamente verificarsi.Tuttavia, è sufficiente sfogliare i giornalid’oggi per apprendere il verificarsi divicende di cronaca nera terribilmenteinquietanti: rigurgiti antisemiti, formedi razzismo con episodi disopraffazione, aggressioni di violenzafisica nei confronti di immigratiextracomunitari, l’emarginazione diomosessuali, sieropositivi, handicappati:sono questi gli indizi di un atteggiamentodi totale intolleranza presente ancora nellanostra “evolutissima” società odierna.La pericolosità di questi gruppi,numericamente esigui, viene peròmoltiplicata dalla tendenza largamentediffusa a dimenticare o sottovalutare gliorrori provocati dalla barbarie nazista.

Alcuni pseudo-storicidi estrema destra sonoaddirittura giunti amettere in dubbiol’esistenza dei campi dic o n c e n t r a m e n t o ,considerandoli unamessinscena di russi eamericani e negandocosì, con una sorta dia b e r r a n t enegazionismo , unadelle più palesievidenze della storia.Per combattere ilrisorgere di violenteideologie sarebbenecessario nondissolvere l’importanza

della storia perché, come dice il polaccoAlberto Nirenstajn, storico e studiosodella Shoah, una società che perde il filodella memoria perde anche la coscienzadi se stessa e si espone a ripetere tragicierrori.Un quesito sorge però spontaneamente:un giorno, più o meno vicino, ilmedesimo raptus sterminatore che ucciseun’intera generazione mezzo secolo fa,non potrebbe insinuarsi nell’animo di unaltro popolo per sfogarsi contro unaltro  “simulacro sacrificale” cherichiami l’eccitante impresa condottada Hitler?

Con questo saggio Santi Messina ha

vinto il concorso letterario “Stalag 307”

riservato agli alunni della Scuola

secondaria di I grado e del biennio della

Scuola secondaria di II grado: Stalag

307, è stato istituito dal Sada-

Casartigiani in collaborazione con

l’Ufficio Scolastico Provinciale di

Messina in memoria del senatore

Carmelo Santalco, deportato a Deblin in

Polonia nel compartimento Stalag 307

nel quale rimase per 19 mesi. Ecco di

seguito la motivazione di merito: “La

riflessione dello studente delinea un

panorama completo del periodo storico

in questione e accentra l’attenzione

sull’esperienza di Carmelo Santalco e di

altri deportati”

IL RACCONTO

La testimonianzaSTEFANIA PELLERITI III C

Ricordare nell’ambito dell’etica ebraica è un dovere, uno dei precetti. Il cammino

che hai compiuto è il timone che ti orienta per il cammino che devi compiere. La

memoria è un progetto per il futuro.

(Moni Ovadia)

Tu non hai visto come ho salvato questo mucchio d’ossa e carne risistemati acaso, tu non hai visto il resto di me morire con la stessa lentezza di una cancrena.Tu non mi hai visto cercare un dio in ogni buco rigurgitante di tormento, nellospegnersi di ogni pupilla, nell’ultimo gemito di ogni gola. Tu non hai visto dovei miei pensieri sono caduti sulla terra e hanno cominciato a marcire, dove l’ariaha graffiato le anime che tentavano di fuggire, dove il cielo non si vede nemmenonel riflesso delle pozzanghere.Quando sono tornato ti ho vista, allora non eri affatto superficiale come tuttele ragazzine della tua età, ma si avvertiva che nel tuo mondo non aveva mai messopiede la sofferenza, eri fresca come un filo d’erba che non aspetta altro che la lamache lo decapiterà, standoti vicino avevo paura di rubarti l’aria o di profanarla colmio respiro infetto, avevo paura che guardandoti negli occhi avrei potutotrasmetterti qualcosa di sudicio e incompatibile con il tuo candore, cheavvertissi l’odore della decomposizione avanzata dei miei pensieri, avevo decisodi starti a distanza di sicurezza soprattutto quando hai cominciato a non farti piùsolo gli affari tuoi, ma boccheggiavo.Adesso sei quello che tutti si aspettavano che diventassi e fai tutto quello chele donne come te dovrebbero fare, i tuoi figli hanno i tuoi capelli, il tuo sorriso ele tue vene nelle mani, non ti racconterò che io non ho più una faccia da lasciarené idee né sogni né storie né tutto quello che uomini tentano di lasciare ai lorofigli perché penso sempre a quello stupore ignaro che veste i tuoi occhi quandoprendi il caffè, ci metti tantissimo zucchero per non sentirne il sapore amaro, mati bruci la lingua tutte le volte perché hai sempre fretta e sei completamenteimpreparata nella tua sicurezza di esserti ormai preservata da ogni male. Ogni voltache mi cerchi gli occhi io devo allontanarti come un genitore che toglie leforbici dalle mani di un bambino, e come un bambino non smetti comunque difarlo. Mentre prendi il the con le tue amiche ce n’è una che dice di esseretroppo sensibile per vivere in un mondo come questo, un’altra invece cheavrebbe preferito spezzarsi la gamba piuttosto che il cuore e non capisci perchéio mi rifiuti sempre di unirmi a voi, a un certo punto ascoltate alla radio melodieallegre che dentro le mie orecchie si distorcerebbero, non potrei spiegarti che hovisto uomini carezzare visi con le mani appena lavate dal sangue. Adesso la miapelle è bianca, quasi trasparente, scruti le vene scure sperando che scrivanole cose che non ti dico, ma io non voglio che ascolti la mia bocca senza fiato,che consumi il tuo fazzoletto sui miei occhi asciutti, che mi carezzi scavalcandole ferite, mi guardi negli occhi e già la tua pelle trema, non potrei appoggiarci lemie mani di ghiaccio che non si scioglie più. Come potrei dirti mentre leggi lacronaca nera e piangi perchè non provo più dolore neanche per la peggioresorte del bambino più innocente? Come potrei dirti che se cercassi con tutte letue forze di gridare ti accorgeresti solo di avere la bocca spalancata? Comereagiresti tu che ascolti ogni giorno la messa, se ti dicessi che se gli uominihanno l’anima quando noi due siamo in questa stanza ce n’è una sola?Ogni tanto di notte spero di potermi addormentare pensando che non esistapiù niente ormai che mi possa ferire, ma poi la pioggia ricopre i vetri delle finestree mi ricordo di quando hanno coperto tutti i soli, straziato tutte le poesie,accartocciato tutti i cieli, stuprato tutti i crocifissi e ammutolito tutte le verità,sono sorte fiamme d’inferno che la pioggia perpetua non cancellerebbe. Quelloche senti di notte non è il latrato di un cane.

IL SAGGIOSANTI MESSINA VB

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Santi Messina alla Cerimonia di Premiazione “Premio Stalag 307”

Stefania Pelleriti

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

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MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 5Shoah

La guerra è il sistema più spiccioper trasmettere una cultura.

(Anthony Burgess)

Di tutte le religioni dell’uomo, la guerraè la più tenace; ma anch’essa può dissolversi.

(Elias Canetti)

La Shoah e la Chiesa rilette da Bruno SegrePAOLA ALESSANDRA CURRÒ III C

Le anime finite nel ventoFRANCESCO TOMASELLO IV B

Strappato alla mia casa e alla mia terra come un bimbostrappato dalla madre mentre ancora ne è nutritomi sono ritrovato in questo luogo grigio e tetro,dove non c’è colore se non il nero della cenere.C’è freddo, c’è l’inverno eppure sono mezzo nudo,e in lontananza vedo alcuni luoghi da cui esce fumo,che rende il cielo grigio e lo riempie di sozzura.Mio padre aveva detto che in quel fumo rattristantevolavano persone ch’erano state in questo campo,le loro voci tutte che dicevano di scappare,mia madre e la famiglia, tutta intera, di un mio amico.Ma non ci credo, no, mia madre è dentro un altro campo,un altro campo grigio, tetro e pur da me lontano,non so per quanto noi dovremo star senza di lei,non so per quanto noi dovremo star in questo posto,non sogno che soldati con i mitra sollevatiche urlano parolacce e sparano contro mio fratello,e mentre non mi muovo, paralizzato dalla paura,loro vengono verso di me che non li guardo neanche in volto,un colpo sulla schiena ed io ritorno a lavorare.Ma so che questo incubo avrà fine come tutto.

Che torneremo fuori e non udrò più queste urla,che sognerò la casa, con la stanza, con il letto,con tutti quei regali che io ancora non ho aperto.Magari mi sarò perso per quest’anno qualche festa,e sempre questo peso assai opprimente avrò nel cuore,ma almeno sarò libero ed è la cosa più preziosa,nessuno guardando il cielo mi dirà “C’è gente morta!”;nessuno più urlerà al fratello mio “Va a lavorare!”;

ma a scuola tornerò coi miei compagni ad imparare.Magari un giorno, uomo, potrò chiedere a qualcunoche cosa sia successo ed accusare chi l’ha fatto,chi abbia strappato così tante migliaia di personeai luoghi dove ognuna trascorreva la sua vita.Il cielo sarà azzurro e quando in esso volerònel cielo ci saranno solamente venti freschi.

E mentre in questo foglio sto scrivendo queste cose,ci chiamano i soldati, dobbiamo andare a far le docce.

I racconti di chi ha vissuto l’orrore diquei giorni e ancora oggi ne porta ilmarchio, sulla pelle e nella memoria, ciricordano un male comune che ha colpitoil diverso, l’ebreo, segnandone per sempreil destino, un male da non dimenticare,chenon può e non deve cadere nell’oblio:l’olocausto.E quanto sia difficile dimenticare losottolinea Lidia Beccaria Rolfi nel suoromanzo autobiografico “L’esile filo

della memoria” (Einaudi, pp.187, •11,36). Deportata nel 1944 dai tedeschiin un lager di Ravensbruck e liberatal’anno successivo, racconta la lungamarcia per ritornare in Italia. Rientratanella sua città, si illude di aver dimenticatoil passato, ma non è così: “il lager è unacolpa che non si può cancellare”.Lo stesso tema della memoria è ripropostoin chiave nuova ne “I sommersi e isalvati” (pp.202, 2007, Einaudi, • 10,50)di Primo Levi; lo scrittore che vissel’orrore di Auschwitz prova quanto se nesiano serviti, vittime e carnefici, perdimenticare una parte vergognosa dellaloro vita, gli uni per sfuggire al terribilericordo, gli altri per non incorrere nei sensidi colpa.La vergogna e le violenze subite hannosegnato maggiormente vite di diversedonne. Un’eco ne è la raccolta di tretestimonianze nel libro “Come una rana

d’inverno” (Bompiani, pp. 240, • 8) diDaniela Padoan. Il crudo racconto dellaloro esperienza è il filo conduttore dellevicende di Liliana Segre, Goti Bauer eGiuliana Tedeschi, sopravvissute ad

Auschwitz-Birkenau. La dolorosaesperienza di queste tre donne inizia conl’emanazione delle leggi razziali. Liliana,tredicenne, fu arrestata con il padre l’ 8dicembre 1943 mentre cercava diattraversare il confine con la Svizzera,Goti, diciannovenne, ebbe la stessa sorteil 1 maggio 1944 e infine Giuliana,trentenne e con due figlie, fu arrestata l’8marzo 1944 a Torino. Con l’entrata nelcampo, le donne hanno subito l’annullamento totale della femminilitàattraverso il pudore tradito, la nuditàforzata davanti a sbeffeggianti ufficiali indivisa, la rasatura dei capelli.Altre testimonianze femminili sononarrate in “Il fumo di Birkenau” (LaGiuntina, pp. 165, • 11,90) di LianaMillu in cui si intrecciano le vite di seidonne, Lily Marleen, Maria, Bruna,Zinuchka, Charlotte, Lise, deportate nelcampo di concentramento dov’era lastessa autrice, e tutte a lottarestrenuamente per la sopravvivenza.Una storia di solidarietà è scritta tra lepagine di “Il violino di Auschwitz” diMaria Angels Anglada (Rizzoli, pp.154, • 15) in cui l’apprendista liutaioebreo Daniel, deportato ad Auschwitz elì scelto per lavorare in fabbrica, prendele difese dell’amico violinista Bronislaw,rimproverato per delle stonature;attribuendo la colpa al violino ch’egli èobbligato a riparare, pena una finepeggiore della morte. E ancora l’amicizia,messa a dura prova dalle leggi razziali, ène “L’amico ritrovato”di Fred Uhlman(Feltrinelli, p. 96 • 5,50), l’unico filo che

lega, a distanza di tempo, due giovaniliceali di Stoccarda, Hans e Konradin,l’uno ebreo e l’altro aristocratico,accomunati dalla passione per le monete.Questo grande sentimento che riesce asuperare le barriere delle leggi razziali loritroviamo anche nel film “Arrivederciragazzi”(1987) del regista Louis Malleispirato a un ricordo di scuola dello stessoregista: Julien, dodicenne aristocraticofrancese, frequenta il collegio del BambinGesù vicino Parigi. Un giorno arriva JeanBonnet, ragazzo riservato e portato per lostudio, che in realtà è un ebreo di nomeKippelstein. Tra i due s’instauraun’amicizia sempre più profonda, finché itedeschi, avvisati dal garzone del collegio,vi irrompono ed arrestano Jean, due suoiamici ebrei e il priore che ha cercato dinasconderli. Non sempre, però,l’amicizia è più forte dell’imperanteantisemitismo, come avviene in “Stelledi Cannella” di Helga Schneider (Salani,pp. 117, • 9). La vita di due ragazzini, FritzRauch e David Korsakov, un tempo amiciper la pelle, e delle loro famiglie cambianell’arco di un anno, quando, messe invigore le leggi antisemite, l’odio, la pauradella morte inducono l’uomo verso unacattiveria insensata e disumana. In questoclima di tensioni, di spietate crudeltà c’èchi si rifugia nella speranza di un mondomigliore, o chi, nonostante l’immensodolore, ha il coraggio di lottare fino allostremo; ciò avviene, rispettivamente, in“Andremo in città” di Bruch Edith(L’ancora del mediterraneo, pp. 139, •14) e in “Ho sognato la cioccolata per

anni” di Trudi Birger (Piemme, pp.181,• 9). Nel primo libro la protagonistadescrive al fratellino cieco, Bumi, unmondo felice, con il cielo sereno e azzurro,e gli promette che potrà curarsi un giorno,celandogli, invece, quanta guerra edisprezzo vi siano fuori. Nel secondo, laperseveranza, la fede mai persa di unapiccola donna che, strappata ai thedanzanti di Francoforte, si ritrovaimprovvisamente insieme alla madre nellager di Stutthof, riescono a salvarladall’ineluttabile destino che incombe sugliebrei. La decisione di difendere glioppressi dal regime nazista e dalle leggirazziali, è il filo conduttore della storia deifratelli Bielski, protagonisti del film“Defiance” del regista Edward Zwick.Figli di una famiglia ebrea bielorussa i cuigenitori vengono uccisi durante ilrastrellamento del loro villaggio da partedelle SS naziste e della polizia localecollaborazionista, si rifugiano nella forestadove troveranno altri scampati almassacro. I disperati formano così unnucleo partigiano ebreo, che tiene inscacco i potenti mezzi del Reich: alla finedella guerra, da quella foresta uscirannooltre 1200 persone, sopravvissute allafame, al gelo e alle incursioni tedesche.Una volta terminato il loro compito, Tuvia,Zus e Asael Bielski tornano alle loro vite,emigrano in America, formano dellefamiglie e non parlano con nessuno diquello che hanno fatto. Ma gli orrori dellapersecuzione non si dimenticano. Provane è il film “La tregua” , trattodall’omonimo romanzo di Primo Levi.

All’inizio del gennaio 1945 la Germanianazista è costretta ad abbandonare i campidi concentramento situati in est Europa,per sfuggire all’arrivo dei russi. Vengonocosì cancellate le tracce degli orroricommessi nei lager distruggendo tutti iregistri ufficiali e i deportati ancora in vitavengono chiusi nei campi e lasciati al lorodestino. Liberati dai russi i deportati diAuschwitz, tra i quali lo stesso Levi,cercano un modo di tornare alle propriecase: un viaggio fortunoso, a piedi o sutreni di fortuna attraverso l’Europacentrale, durato otto mesi. Levi ne usciràsegnato per sempre. 

LO SCAFFALE DELLA SHOAHMemorie diverse, un unico destino

KATIA HIGGINS, ALESSIA ATTIVISSIMO, PAOLA GEMELLI II C

Bruno Segre, che per oltredieci anni ha fatto parte delconsiglio del Centro didocumentazione ebraicacontemporanea, nel librointitolato “Shoah” (IlSaggiatore) oltre aripercorrere le tappe dellosterminio ebraico sotto ildominio di Hitler, siaddentrano nel terreno dellariflessione, per cogliere ogniaspetto della complessasituazione che ha portato allaShoah, “per sempre ilparadigma della millenaria

follia del mondo”.L’autore dedica infatti ampio spazio alla ricostruzione delle causeche hanno determinato l’insorgere della shoah, cause che, a suoavviso, sono riconducibili al giudizio antigiudaico espresso dallachiesa cattolica nel corso dei secoli, in particolare in seguito all’edittodi Tessalonica che sanciva la proclamazione del Cristianesimo comereligione di stato. Di vero bando giudaico si parla intorno ai secoliXII e XIII, durante i quali si verificarono estesi episodi diantisemitismo e furono varate leggi che pianificavano la cacciata degliebrei dagli stati cristiani d’Europa, come il IV Concilio lateranense(indetto da papa Innocenzo III nel 1215) a seguito del quale sidecisero restrizioni di ogni genere contro gli ebrei, come la lorosegregazione nei ghetti. Essi erano anzitutto accusati di essere degliusurai e attaccati al denaro.Alla luce di queste premesse Segre intende analizzare la condottatenuta dalla chiesa proprio mentre si stava consumando uno tra ipiù atroci crimini della storia. E’ ravvisabile certamente uncomportamento ambiguo, secondo quanto afferma Segre; gli ebreiitaliani trovarono infatti aiuto presso conventi e monasteri, graziealla disponibilità e soprattutto al coraggio di tanti sacerdoti, proprio

mentre Papa Pio XI siapprestava a renderepubblico, attraversol’enciclica “Humani generisunitas”, il pensiero fermo edi chiara denuncia su quantostava avvenendo in Italia e nelresto d’Europa. Ma con lamorte del Papa si provvidea non lasciare alcuna tracciadi tale documento, rinvenutosolo nel 1972 negli archivivaticani. In seguitoall’elezione al pontificato diMons. Eugenio Pacelli (PioXII), da parte della chiesanon si registrò più alcuna forma di protesta e denuncia contro lasistematica violazione dei più elementari diritti umani, nonostante lostesso Pio XII avesse più volte agito a favore degli ebrei, ma maipubblicamente; il giudizio più corretto in merito alla questione, èquello espresso da Dietrich Bonhoeffer, l’eroico pastore protestanteassassinato successivamente dalla Gestapo: “Pio XII nei riguardidegli ebrei è stato un buon cristiano salvandone, accogliendone,nascondendoli. Ma a un Papa si chiedeva molto di più. Si chiedevache, dopo secoli di grida contro gli ebrei, gridasse per gli ebrei.Ed egli non ha gridato”. Spesso dunque ragioni particolari ciinducono ad adottare comportamenti o a fare scelte poco coraggiose,anche quando si comprende che queste permetteranno il compimentodi crimini, come è avvenuto nei campi di concentramento tedeschicosì come nei gulag russi, fino ai laogai cinesi. E’ quindiindispensabile dare vita ad una memoria dinamica, preoccupata ditenere viva la consapevolezza del male al fine di favorire laprogettazione di un futuro diverso e migliore; soprattutto nonbisogna sottovalutare la portata di certi fenomeni, le cui conseguenze,ritenute impossibili in quanto estreme, potrebbero non tardare averificarsi.

Papa Innocenzo III Papa Pio XII

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

6 6

Attualità e Cultura6 MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011

La guerra e la malattia, questi due infinitidell’incubo.

(Louis-Ferdinand Céline)

In guerra, qualunque parte possa vantarsidi aver vinto, non ci sono vincitori,

tutti sono perdenti.(Neville Chamberlain)

S T O ÀÈ DIVENTATOUN PREMIO

Il nostro giornale d’istituto, Stoà, èdiventato un Premio. Un premiogiornalistico, s’intende, perpromuovere la scrittura e con essa,naturalmente, la lettura. Certo che ilgusto per lo scrivere si è accresciuto inquesti anni nei quali Stoà è, a suavolta, cresciuto, sempre più maturo econsapevole, sempre più aperto edemocratico . Stoà ha messo,insomma, radici salde in una scuoladove cresce una comunità di studentiche vuole misurarsi con sé, vuolechiedersi, vuole conoscere. LaDirezione di Stoà “corregge” sempremeno; i ragazzi sono esortati aprodurre, spinti a scrivere, costretti(dolcemente) a tirare fuori il propriotalento; se la Direzione non facessecosì, non li aiuterebbe a pretendere dasé quel che possono dare. E perciò -come dice il nostro preside- ogninumero di Stoà è sempre unmiracolo . Riempirne le pagineinizialmente sembra un’impresa, mapoi “miracolosamente”, come ruscellial fiume, ecco affluire sulla mail dellaDirezione tanti “pezzi” interessanti,tante idee. E queste idee hannogenerato a loro volta l’idea del Premio“Marcello Danzè” , intitolato algiornalista e preside che della famigliadel La Farina ha fatto parte comedocente un bel po’ di anni fa, e hasempre avuto, nei ricordi di chi haredatto queste righe, un libro e unapenna in mano. Per leggere e perscrivere. E a chi legge e a chi scrive,infatti, è andato e continuerà ad andarequesto premio. La giuria, presiedutadal preside Pio Lo Re, e costituitadalla giornalista Italia Cicciò e daidocenti Emiliano Arena, AntonellaDragotto, Maria Gemelli e GraziaMiceli, ha scelto dopo attenta letturatra i tanti articoli apprezzabili deiquattro numeri di Stoà dell’anno 2009/2010. Nella cerimonia svoltasi nellanostra aula magna lo scorso 17dicembre alla presenza del dottor LinoMorgante , caporedattore dellaGazzetta del Sud, sono stati premiati:Antonino Stramandino (III C 2009/2010) per l’impegno assiduonell’impaginazione del giornale ;Eleonora Corrao (III D 2009/2010)per il I miglior articolo; Marco Arena(III A 2009/2010) e Stefania Pelleriti(III C 2010/2011) ex-aequo per il IImiglior articolo. Hanno ricevutomenzioni: Guglielmo Sidoti (III F2009/10), Jasmine Policastro (II B2009/10), Federica Di Mattia (III D2009/10), Simona Licandro (III D2009/10), Ornella De Luca (III D2009/10) Antonino Venuti (III D2009/10).

De Rerum NaturaLa natura e l’uomo: tra Lucrezio, I secolo a.C.

e il XXI secolo d.C.

FEDERICA PRESTIFILIPPO II B

Consumo e Spensieratezza: negli ultimi decenni, sono queste le parole-chiavecaratterizzanti gli abitanti del pianeta Terra. L’esigenza di beni e servizi dell’uomodel XXI secolo non ha precedenti nella storia; il progresso scientifico etecnologico, infatti, ha messo a portata di tutti ogni genere di macchine, a partiredai comuni elettrodomestici. Strumenti che, però, richiedono un dispendio dienergia elevatissimo; così, dato il suo frequente uso, la produzione di elettricitàè un meccanismo sempre più costoso e inquinante. Infatti, ogni azione umana,a partire dalle enormi produzioni industriali di elettricità, fino alle più banali attivitàquotidiane, rilascia sostanze chimiche che sempre più velocemente confluiscononella biosfera, che sta assumendo, ormai, le caratteristiche di un’immensa discaricafluttuante. Tempo fa un sofisticato satellite lanciato dall’ ESA (Agenzia SpazialeEuropea) ha inviato una mappa globale dell’inquinamento: in una solaimmagine, è possibile vedere tutti i gas che avvelenano l’atmosfera.Una fotografia che non sono in molti a voler vedere; alcuni, addirittura, serranogli occhi e tappano le orecchie, pronti a sfuggire dalle grida impazzite di chi, invece,ha osservato l’immagine che si presenta tutti i giorni in televisione, sui giornali, onella propria città.Che la terra sia malata, sono tutti d’accordo. E’ sulla causa delle malattie esul modo di curarle che iniziano le liti; da una parte c’è chi annuncia lacatastrofe, dall’altra chi la minimizza.“Manca l’acqua? La tecnologia provvederà. Arretrano i ghiacciai e avanzano ideserti? E’ sempre accaduto. L’intensità delle piogge e dei cicloni negli ultimi anniè triplicata? Fenomeni naturali, come la siccità, i terremoti, i tifoni e le invasionidelle cavallette!”; intanto i disastri aumentano, le popolazioni muoiono di fame,di sete, di malattie, e interi continenti sprofondano nella miseria più atroce. Alcunidicono che le cause principali del degrado ambientale siano strettamentecollegate all’eccessivo numero degli abitanti nel mondo: in un secolo, questi sisono triplicati, da due a oltre sei miliardi di persone; altri, distaccandosi da questateoria, credono che il problema riguardi non tanto il numero di abitanti, quantol’enorme consumo di risorse naturali che avviene tutti i giorni e l’altrettanto grandespreco di energia.Fortunatamente, la consapevolezza di dover fare qualcosa di decisivo per lasalvezza di tutti non è più soltanto di piccole minoranze di difensori della natura,ma sta diventando finalmente parte della coscienza collettiva. Recenti studi hannodimostrato che i metodi per rimpiazzare i composti inquinanti con materialinaturali hanno moltissimi vantaggi: innanzitutto, non danneggiano l’ambienteperché non utilizzano le sorgenti di energia non rinnovabili della Terra. Un errorefrequentissimo, infatti, è quello di sfruttare fino alla fine un determinatomateriale, fino a rendere le sue radici secche, invisibili, e quindi non riutilizzabili.Inoltre, una volta realizzati gli impianti per combattere i vari tipi diinquinamento, il loro funzionamento è davvero economico, considerando che ilprezzo più basso di una qualsiasi industria di energia è di 500.000 dollari. Eancora, per il 2012, vi sarà la definitiva adozione delle normative anti-inquinamento: i famigerati 120 grammi di anidride carbonica emessi al chilometrosaranno un ricordo ormai lontano. Queste sono le speranze che sembraprospettarci il futuro: difficile crederci, dicono alcuni, stando ai recenti danniambientali causati dalla nostra tecnologia; ma così come questa ha saputo spingercifino alla strozzatura, adesso, in un modo o nell’altro, dovrà aiutarci ad uscirne.

“L’Italia è una repubblica democraticafondata sul lavoro”, recita l’art. 1 dellaCostituzione. Ma pure “L’Italia è un paesefondato sulla ricerca del lavoro” recitaRosario Fiorello. La disoccupazione èdiventata l’incubo del nostro tempo, lacalamità che affligge i popoli dei tempimoderni. Per disoccupazione si intende lacondizione di mancanza di un lavoro peruna persona che lo cerchi attivamente(condizione opposta all’occupazione), siaperché ha perso il lavoro che svolgeva, siaperché in cerca della prima occupazione.Si tratta di una situazione di disagio nonsolo dal punto di vista economico, maanche frustrante dal punto di vistapsicologico, in quanto può innescare unsorta di complesso di inferiorità che,spesso, porta a considerare se stessi nonmeritevoli, colpevoli di qualcosa in cuiè reo solo il sistema socio-economicoin cui viviamo. Il momento storicoattuale è particolarmente difficile ela crisi congiunturale che investe ilPaese, e il mondo intero, ha portatoalla chiusura di numerose aziende,anche tra le più grandi, quindi alicenziamenti e cassa integrazione.Quelle che non hanno chiuso hannodovuto tuttavia ridurre il personale. Lacrisi occupazionale che in questi ultimianni ha messo in ginocchio l’Italia delNord, che si credeva essere una sorta difelice “terra promessa” e che haletteralmente annichilito il Mezzogiorno,ha fatto sì che tante persone, dopo anni diduro lavoro, si sono viste togliere anchequel poco che avevano. C’è dunque chiaveva un lavoro e ora non lo ha più e chi,invece, non lo ha mai avuto; ma ilproblema è sempre lo stesso. La crisi equindi la disoccupazione non harisparmiato i lavoratori del settorepubblico ed in particolare con i taglieffettuati con la nuova riforma dellascuola. Tutto ciò si ripercuote sullaqualità della vita di ampi strati dipopolazione, che si vedono diminuire iredditi e comunque si sentono minacciatinell’agio e nella sicurezza, spessoraggiunti da poco e con fatica. Questisentimenti di precarietà, insicurezza,

competizione, sono percepiti da molti. Illavoro resta per tutti un elementoessenziale di identità, di appartenenza,di definizione di sé. In sostanza, sicontinua ad “essere” anche in rapporto aciò che si fa. Il lavoro resta quindi unfattore decisivo di identità personale,familiare, sociale. Tant’è che resta in cimaalle preoccupazioni della maggioranzadegli uomini e delle donne. Sia di chi cel’ha, ma teme di perderlo. Sia di chi nonlo ha e non riesce a trovarlo. Peraltro lapreoccupazione si acuisce conl’aumento di lavori a tempodeterminato, intermittenti, saltuari,atipici. In una parola con l’aumentodella precarietà. Anche perché le

condizioni di instabilità che queste formedi occupazione comportano riduconogravemente le possibilità e persino lapredisposizione a fare progetti per ilfuturo, per ciò che riguarda tanto la vitapersonale (il matrimonio, i figli) che la vitaprofessionale (disporre delle opportunitàper crescere professionalmente). Laquestione del lavoro rimane dunquecruciale soprattutto perché da essascaturisce una diminuita sicurezza versoil futuro. Occorre fare qualcosa a livellopolitico-generale per favorire la ripresaeconomica. Serve che la politica inizi aparlare ai giovani di progetti seri econvincenti. Abbiamo un debito pubblicoda capogiro, una disoccupazionepotenziale da rivoluzione sociale. Si trattadel nostro futuro. Non ne esiste un altro.Altrimenti che futuro lavorativo eprofessionale avremo domani? All’esteroprobabilmente… esattamente dov’è ilfuturo di tutti gli intellettuali precari.

Cari ragazzi del La Farina,

Scuola - università, università - scuola.In molti vi avranno già parlato delledifferenze tra due mondi radicalmentediversi nel panorama del sistemadell’Istruzione italiana e, in questi anni,varie volte avrete letto delle esperienzedegli ex alunni del “La Farina” chehanno completato il loro ciclo di studi ediniziato, come me in questo momento, laloro carriera accademica.E’ sicuramente vero che il rapportoprofessori – alunni è diverso così comeil fatto che il tempo a propriadisposizione (ma dipende dal corso distudi scelto) è maggiore e tutto si basasulla propria capacità di organizzare lostudio. Allo studente che inizial’università è richiesto un grado diresponsabilità e di maturazionemaggiore, che si ritiene già acquisita,rispetto a chi è ancora alle superiori edeve essere educato per formarsi comeuomo e come cittadino del domani. Datagià per acquisita questa maturazione, èsicuramente concessa allo studenteuniversitario maggiore autonomia, ma

ecco che qui entra in gioco la propriamaturazione reale: chi manca ancora didiligenza tenderà a vedere l’universitàcome il regno della libertà assoluta, dovetutto è concesso; mentre lo studente conun sufficiente grado di responsabilità lavedrà come un’opportunità importanteper formarsi professionalmente e peraumentare le proprie conoscenze inmaniera autonoma, secondo la formula distudio che più preferisce.Cinque anni fa, quando, dopo averpresentato la mia pre-iscrizione ad unistituto tecnico-industriale, facendoun’inversione ad U che in pochi forseavrebbero tentato di fare, ritirai ladomanda e scelsi il liceo classico“Giuseppe La Farina”, non sapevo seera davvero la scelta giusta per me, se eroportato per tale tipo di studi e se miavrebbe dato realmente quanto miaspettavo, ovvero una formazioneculturale il più possibile completa perpoter poi affrontare l’università. Ma a untredicenne che aveva le passionidell’informatica (che poi abbandonainel corso del quinquennio), della

scrittura giornalistica e a cui piaceval’inglese, la scelta del classico misembrava la più adeguata.Ora, dopo aver concluso in manieradavvero soddisfacente i cinque anni diliceo, posso dire che il tipo di studi cheavevo scelto mi ha non solo consentito diapprendere nozioni e quanto un buoncittadino deve conoscere, ma soprattuttomi ha insegnato a ragionare con la miatesta, a preferire il dialogo e ladiscussione rispetto ad una chiusurapregiudiziale nei confronti degli altri, acapire che, in un mondo che va a rotoli,la realtà, l’onestà e la legalità contanopiù dell’apparenza, della disonestà edelle futilità.I frutti di cinque anni di studio, lecapacità ed abilità acquisite, iniziano atoccarsi con mano ed è proprio veroche chi “esce” da un liceo classico (oggiguardato spesso con timore o diffidenza)ha una preparazione davvero completache lo rende capace di affrontare qualsiasiargomento e, in futuro, qualsiasi corso distudi.L’unica cosa che mi ha lasciato un po’

insoddisfatto in questi anni (ma forse siè trattato di una mia incapacità) è che laserietà del classico è tale da permettere dicoltivare i propri interessi solo fino ad uncerto punto. Benché, anche in questo casobisogna organizzare il proprio lavoro esicuramente molti ragazzi, me compreso(e mi riferisco alla mia passionegiornalistica), hanno potuto coltivare leproprie passioni. All’università,certamente, è diverso, in quanto si puòpiù facilmente affiancare lo studio aquelle che a scuola si chiamano “attivitàextracurriculari” e attività lavorative.Finora, grazie a questo sistema più“aperto”, mi sto trovando bene e speroche quanto mi aspetta risponda veramenteagli obiettivi ed alle mie ambizioni. Al“La Farina” ho fatto belle esperienze,come scrivere sin da quando ero inquarto ginnasio su “Stoà” e poi, negliultimi due anni, impaginarlo. Spero difarne altrettante nel corso della miacarriera universitaria, ricordando semprequanto mi hanno dato la scuola e i mieiinsegnanti, a cui va un mio affettuosoringraziamento.

INCUBO DISOCCUPAZIONETra pessimismo, ottimismo a basso costo e

illusorie facili scorciatoie

ELENA ANDÒ, CHIARA SANTAMAURA III B

Lettera aperta di un ex-alunnoANTONINO STRAMANDINO, III C 2009/2010

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

7 7

In vetrina MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011 7

In mezzo alle armi, le leggi tacciono.(Marco Tullio Cicerone)

La guerra non è che un duello su vasta scala.(Karl von Clausewitz)

La poesia

LAVINIA CONSOLATO I C

Voglio

Voglio la vacuitàVoglio l’ubriachezzaVoglio essere in tranceVoglio la fine del mondoe la rinascita di esso

La purificazione…

Voglio sentire il piacere sulla pelleVoglio una sensazione di caloreVoglio un mare caldo che miabbracci e fecondi.

La rinascita…

Voglio il sole sul viso ele margherite nei capelli.Voglio sentire il silenziosolo il silenzio e poii nostri respiri

La lirica si è classificata 1a al Premio

“Amici della Sapienza” 2010

GIULIA FIUME III D 2009/2010

Intorno a me

Questi volti gridanoRidonoAmari i sospiriGrigie le paroleRossi gli occhiAppena dischiuse le palpebre

Si annida lìTra le pieghe dei pugni chiusiAgli angoli stretti delle labbraIn equilibrio sulla superficie degli occhiTra le pareti dei desideri spentiDipinte solo d’ombra

D’insoddisfazioneDi paura

Rabbia

E’ incastrata lìSotto un velo d’indifferenzaNei discorsi rapidi e confusiIn una speranza volata viaDispersa nel disincantoLontana dal cuoreInvisibile

Mancanza

PerdersiCome pulviscoloAl buio

Superficialmente essere

La lirica si è classificata al primo posto

della sezione “Studenti” del premio “S.

Quasimodo” 2010

MARISA PELLE

(Inedito) Messina, 26 aprile 2010

Ti colse amara l’onda del ricordo1’onda primigeniai remi a poppale luci a tergo segnavano l’approdostelle malcerte punteggiavano il tramonto

mentre Armonia di Cadmo la sposaportava ancora la veste tessutadalle Cariti e la collanasecondo la leggenda tebanaavvelenata da guerra e distruzioneossimoro del nome

la stella polare segnava sempre il Nordcosì gira la ruota della vita.

La recensione

NINO CARABELLÒ

Autrice di diverse pubblicazioniapprezzate dai critici e gradite ai lettori(Fiori di cactus, Messina 1987, Scagliosi

silenzi, Messina 1991, Fatamorgana,Messina 1996, Sulla cifra del tempo,Messina 2004, Sul crinale del giorno,Nardò 2008), Marisa Pelle, nell’agostoscorso, a Reggio Calabria, è statapremiata quale terza classificata alRhegium Julii – Inedito 2010, per lasua sesta silloge poetica, Dai gradini del

Persephoneion (vedi foto in alto) .Ennesimo e meritato riconoscimentodella validità della sua opera. Non è un

caso, infatti, che suoi componimenti,anche inediti, siano oggi inseriti indiverse antologie di poeti e scrittorisiciliani, italiani e di varie nazionalità. Sitratta, piuttosto, di un doveroso attestatodella rilevanza della sua produzione inversi. I suoi testi parlano del tempo, dellavita e del dolore, inestricabilmente legati,della natura nelle cui forme si esprimonocome per riflesso le emozioni e leesperienze degli uomini, della poesia chemanifesta i segreti delle cose portandolialla parola, ed è bellezza costitutiva delmondo, verità come elementopropriamente ed autenticamente umano.Ne parlano - con un’ispirazione, uno stileed una sensibilità problematica peculiaried ormai inconfondibili – da un luogosempre antico e sempre nuovo e vitale,dalla classicità, che chiaramente si rivelanel lessico, nei toni e nelle immagini. Neparlano come si addice alla poesia. Condiscrezione, un canto che echeggia insordina “da una strada sterrata” dirimando al “peana di vittoria” chesolitamente intona la Ragione, “una vocesenza voce” che “grida dalle doline deltempo” a “decifrare l’umana condizione”e a tener vive “le ragioni della Speranza”,capace di produrre un nuovo ordine e difare nuove tutte le cose. E con parole chescorrono “nella forra del dolore ieri comeoggi” e graffiano “la nostra indifferenza”,che sorprendono come se fossero usateper la prima volta e che corrono paralleleai sentimenti a segnare “l’asse della vita”ed il suo “ritmo binario”, scanditocircolarmente dalla luce e dal buio, dallagioia e dalla sofferenza, dal bene e dalmale. Marisa Pelle, nata ad Ardore(RC), è residente da tempo a Messina,dove al liceo La Farina, al qualeinsieme al liceo classico “Ivo Oliveti” diLocri il suo ultimo libro è dedicato, ha,con il suo magistrale insegnamento dimaterie letterarie, contribuito a formarecome uomini, come studiosi e comecittadini, tante generazioni di studenti.

Il libro

Primo Levi, Se questo è unuomo (Einaudi)

Diario dell’inferno

Considerate se questo è un uomo, Che

lavora nel fango, Che non conosce pace,

Che lotta per mezzo pane, Che muore

per un sì o per un no…

ALESSIA GRIFÒ II D

In “Se questo è un uomo” PrimoLevi racconta la sua storia uguale a

quella di migliaia di prigionieristrappati come lui alle proprie case, aipropri affetti e deportati in un campo diconcentramento vicino ad Auschwitzchiamato Buna-Werke. Entrato nellager, non ebbe più un nome divennesolo un numero 174517 che gli vennetatuato sul braccio destro. Nel campo itedeschi l i umiliarono e l i fecerolavorare duramente, allo scopo ditrasformarli da uomini in bestie, cosìcome loro li consideravano. L’unicomodo per sopravvivere era di farsifurbi, rubare e barattare ciò che si erarubato con camicie, coltelli, altri oggettinecessari o eventualmente comprare ciòdi cui si aveva bisogno con la “moneta”più diffusa che era il proprio rancio.Così, già la quantità di cibo era poca,per lo più si barattava, ecco che semprepiù spesso i prigionieri deperivano e siammalavano. Altro nemico era i lfreddo; ogni tanto le SS passavano perle baracche e dopo aver osservatorapidamente il fisico dei prigionieridecidevano chi doveva vivere e chimorire e alle volte sbagliavano, facendocosì morire persone sanissime. Levidurante la sua prigionia conobbe moltepersone che lo aiutarono; era, inoltre,un uomo molto astuto, deciso ecoraggioso, caratteristiche determinantiper sopravvivere alla prigionia.Dopo circa un anno arrivò l’esercitorusso e nel 1944 cominciarono ibombardamenti sul campo e così inazisti fuggirono portando con sé iprigionieri sani. Levi ed altr i ,   inquanto ammalati, furono lasciati alcampo. Primo Levi, per circa diecigiorni, per poter salvare se stesso e isuoi compagni dovette combattere conl’aiuto di due francesi contro nemicipiù terribili dei nazisti, ossia il freddoe le malattie contagiose fino a quandonon arrivò l’esercito russo. I Tedeschipersero la guerra ma uccisero l’uomoebreo.“Se questo è un uomo” è un libro chemi ha portata a riflettere, a capiremolti tasselli della storia degli ebrei,anche se io continuo a chiedermi perchéi nazisti spesero tante energie persterminare milioni di ebrei. “Chi tacedavanti a un omicidio diventa complicedell’omicidio. Chi non condannaapprova.”. E perché gli ebrei nonhanno opposto resistenza e “si sonofatt i condurre al macello come lepecore?” Nonostante ciò, la crudeltàumana si è nutrita e si nutre ancora distermini di massa, di torture.Leggendo e rileggendo queste paginericordo e posso immaginare l’orroredi quanto è accaduto, mi sforzo dicomprendere come sia stato possibileche alcuni uomini, colpevoli solo diessere ebrei, siano stati costretti, da altriuomini che potremmo paragonare a deimostri, a vivere in condizioni disumane,a essere svuotati di tutto ma nello stessotempo a essere capaci di adattarsi equalcuno di sopravvivere.

LUPI MANNARIAMERICANI

SALVO MESSINA II D

“Lupi mannari americani” (Rizzoli)è una raccolta di nove racconti neiquali lo scrittore e sceneggiatoreamericano Michael Chabon raccontastorie paradossali di persone comuni chesi trovano a dover fronteggiare ledifficoltà della vita. L’intera raccolta,ad eccezione dell’ultimo racconto, hacome tema le conseguenze del divorzio,i personaggi vivono s i tuazioniangoscianti e paradossali: un bambinoche crede di essere un lupo mannaroe che non ha che un unico amico, ilquale cerca inutilmente di riportarloalla ragione, una coppia in crisi chegrazie ad uno s t rano agenteimmobiliare ritrova una parvenza diserenità, una donna vittima di unostupro che, scopertasi incinta, decide ditenere il bambino, segnando così unasvolta nel proprio matrimonio e nelrapporto con suo marito, il quale, dopomolte difficoltà, riesce ad accettare ilpiccolo come figlio, un optometristafallito che, spinto dalla disperazione,decide di rapinare la nonna della suaex moglie, la vicenda di un archeologoche scopre i terribili segreti legati adun antico e sanguinario dio veneratodagl i indiani d’America, di unacittadina e dei suoi abitanti, tutti eventiavvolti dalla sconfitta e dall’amarezzae che costringono i protagonisti ad unacontinua lotta interiore.Lo sti le di Chabon è fluido escorrevole, privo di grandi digressionie più attento al la descrizione diparticolari sgradevoli ed inquietanti chedelle personalità dei vari personaggi, deiquali lascia solo intravedere, attraversorapidi accenni, i conflitti interiori senzamai però intraprendere descrizioniintrospettive. Emerge un certo legamecon i l pulp, genere letterario/cinematografico che propone vicendedai contenuti forti, abbondanti di criminiviolenti , efferatezze e si tuazionimacabre e il trash, intesa non nel suo unconnotato più negativo quanto piuttostocome uso di espressioni checontribuiscono ad aumentare il senso diangoscia e a rendere i protagonisti,attraverso appunto un l inguaggiopopolare e scevro di artifici retorici,molto più vicini alla realtà.In tutti i racconti comunque l’autorelascia che sia il lettore, in base alla suasensibilità, ad interpretare a sua modole varie vicende, egli accenna ma nondice, evoca un’immagine per poi lasciareche sia il lettore ad intuirne il verosignificato.

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

8 8

Altre voci8 MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011

La guerra è un gioco, che i re, se i loro sudditifossero saggi, non giocherebbero mai.

(William Cowper)

Anche una guerra santa è una guerra.Per questo forse non dovrebbero

esserci guerre sante.(Umberto Eco)

Scuola Media Statale “E. Vittorini”

La canzone dellanostra vita

CLAUDIA APRILE I B

La musica mi ha sempre affascinato,forse perché il mondo è fatto di essa.La nostra vita è musica; le nostreparole, i nostri pensieri possono esseretrasformati in melodia. Questo è quelloche ho capito dal professore di musica,oggi. Che non bisogna essere timidi,dire in partenza “io non lo so fare”,bisogna almeno provarci; se si sbaglia, siritenta, magari lo faremo meglio, perchénulla è immutabile. C’è chi vorrebbediventare una stella, c’è chi (come me)si accontenta del coro della chiesa.Sono rimasta un po’ sorpresa dal compitoche mi ha affidato, perché molte personesapevano che mi piaceva scrivere, ma nonmi hanno mai chiesto di fare nulla cheriguardasse ciò. Mi ha nominato“giornalista della classe”, ma non so sesarò all’altezza di questo compito. Ascuola, ogni anno alcuni alunnipartecipano al progetto “Teatro eMusica”. La danza, in effetti, non mi hamai affascinato particolarmente, il cantoe la recitazione invece sì, molto. Ma houn po’ di timore dei provini. Ho pauradi fare una pessima figura. Questo è unproblema di molti ragazzi della mia età,ma chissà, magari ci proverò e forseriuscirò anche bene. Prima però devoimpegnarmi a scuola. Lo ha detto ancheil professore: “Dovete avere la media delsette!”. Per questo, molti allievi, capacidi ballare, cantare, recitare, sono tagliatifuori, perché hanno qualche difficoltà ascuola. Questo “compito”, quello discrivere per questo giornale, l’hovoluto fare subito, perché l’ho trovatomolto interessante. Anzi, a dir la verità,è l’unico compito che mi sia maipiaciuto in vita mia. Quel che vogliodirvi oggi, è che ho scritto un’altra strofadella mia canzone. Voglio dirvi che hovinto. E che ho trovato un posto in cuicontare, il mio posto, in cui brillare. Evi invito a farlo. Brillate anche voi,perché noi non siamo fatti pernasconderci nell’ombra. E questo l’hocapito solo oggi. Grazie, prof!

Scuola Media Statale“Leonardo da Vinci”Villafranca Tirrena

Il rispetto dell’altro èrispetto di se stessi

CHIARA TRINGALI III D

Novembre 2010: strage di cristiani aBaghdad. Le minacce rivolte da alQaeda sono state messe in atto, 6 personesono state uccise e 33 ferite da 10 granatee 2 colpi di mortaio presso le rispettiveabitazioni a Baghdad. I terroristi hannodichiarato pubblicamente chechiunque abbia a che fare con ilCristianesimo è un bersaglio

prestabilito. Persino il tanto temuto eodiato Saddam Hussein, artefice di atrocicrimini contro l’umanità, pare sia statopiù tollerante nei confronti della religionecristiana, tanto che si stima che i cristianiprima del nuovo regime fossero, solo aBaghdad, 450.000, mentre oggi si sonoridotti a 150.000. Capodanno 2011:strage di cristiani ad AlessandriaEgitto. Sterminati da un’autobombaesplosa davanti ad una chiesa alla finedella messa di mezzanotte, undicipersone rimaste uccise in un’esplosioneavvenuta in un mercato situato all’internodi una caserma nella capitale nigerianaAbuja. E l’elenco potrebbe ancoracontinuare. Il Papa cerca un dialogocon il mondo islamico, sottolineandoil rispetto della libertà religiosa el’urgenza di una cooperazione piùstretta, fortemente voluta, tra musulmanie cristiani, per la giustizia e la pace nelmondo.Ovvio affermare che la pace e la libertàdi culto e di pensiero sono valorifondamentali, ma visto che questo è undiscorso sul quale è facile fare tantachiacchiera. Indipendentemente dalnome che gli si dà, Dio è Padre, coluiche ha creato l’uomo, che c’è sempre,pronto a mettersi in ascolto ed aconfortarci, che siano le 4 di notte o le 6del pomeriggio. Per ognuno, Diorappresenta questo e molto altro ancora,oltre ai valori sopra elencati e a quelli chenon ho scritto, perché troppi. E se Dio ètutto questo, sarebbe lo stesso se sichiamasse Allah? O Buddha? O avessequalche impronunciabile nome africano?Io penso di sì. E allora se Dio rimanecolui che amiamo e che ci ricambia,indipendentemente dal nome, vuol direche chi ha commesso questi attiterroristici con l’intento di ferire icredenti in un altro Dio, ha , in realtà,ferito se stesso e il suo Dio. Quelle 10granate le ha lanciate sulla propriaabitazione e ha ucciso la sua famiglia.Ferendo il prossimo ha, irreversibilmente,ferito e ucciso anche se stesso. Credosinceramente che il modo migliore diciascun credente, cristiano,musulmano, ebreo o buddista che sia,di testimoniare e affermare la propriafede sia uscire da se stesso, dalle proprieincrollabili posizioni, dall’assurda einfondata convinzione di essere l’unicodepositario della Verità e del Bene e perquesto autorizzato a distruggere ciò cheper lui non lo è. Sono assolutamenteconvinta che, ieri come oggi, dinanzi allepersone morte, fatte a pezzi dalle bombe,Dio o Allah o qualunque altro nomevogliate dargli, abbia pianto e si siavergognato dell’uomo che azionando gliordigni ha gridato il Suo nome,compiaciuto di aver fatto la “Sua”volontà.

Scuola Media Statale “Leonardo daVinci” Villafranca Tirrena

Aniversario d’Italia

MARTINA MUNAFÒ III A

Compie 150 anni la nostra Italia, unanniversario importante che ci riporta unpo’ indietro nella storia e ci fa conosceremeglio le nostre origini. Un secolo emezzo durante il quale il nostro paeseha avuto tanti cambiamenti, hasuperato momenti difficili ed è riuscito adiventare importante nel panoramainternazionale. Ha fatto tanta stradal’Italia da quel lontano 17 marzo 1861e ciò che resta oggi è il ricordo di tante

sofferenze, tante guerre, ma anche tantoorgoglio. Un’unione che non sempre èstata facile, ma che ci permette, oggi, dicapire quanto è stata importante. E così,per questo 150esimo anniversario, siprevedono delle manifestazioni chericorderanno ogni tappa dell’Unitàd’Italia: un viaggio alla scoperta delricordo e della rievocazione delle impreseche Garibaldi compì con il suo esercito.Un simbolo importante della nostraItalia è senza dubbio il Tricolore cherappresenta la speranza, la fede e ilsangue sparso per l’Unità; un simboloimportante che spesso noi italianidimentichiamo o tralasciamo, noncurandoci del ricordo e dell’orgoglio cheesso ci dona. Anche il nostro innodovrebbe essere più ricordato: nondovrebbero essere le partite di calcio aricordarci che l’Italia possiede un suoinno nazionale, ma quotidianamente ognievento che ci circonda dovrebbe farcipensare che siamo dei cittadini italiani eche dobbiamo andare fieri del nostropassato. Ricordare è una grande cosa,ci permette di capire chi siamo e anchecosa dobbiamo essere; ricordare ci aiutaa non dimenticare quanta forza e amoredi patria provò Garibaldi quandofinalmente ebbe unito la nostra patria. Inostri soldati hanno combattuto molteguerre per la libertà, l’unità,l’uguaglianza; speriamo che il lorosacrificio sia d’esempio a chi guida lanostra nazione in modo che il passato siaun esempio valido e ci porti a migliorare,senza più disuguaglianze.

Scuola Media Statale “G. Martino”

Ai Grandi della Terra

GIOVANNI ALTADONNA,GIUSEPPE BONFIGLIO,MATTEO CALABRÒ III C

Cari signori, insieme ai miei colleghiabbiamo riflettuto attentamente sullaquestione ambientale e sul problemaecologico. Secondo le nostre opinioniquesto è un elemento di fondamentaleimportanza, ma voi “Grandi dellaTerra” non lo considerate tale. Perinvitarvi a riflettere vorremmo esporvialcuni dati allarmanti, che riguardanonelle varie forme l’inquinamento, effettoserra, buco nell’ozono e piogge acide.Questi fenomeni sono dannosi sia perl’umanità che per l’intero geosistema: peresempio, il disboscamento della forestaAmazzonica, il polmone principale delnostro pianeta, provoca la scomparsadi moltissime specie viventi, alcuneancora sconosciute (ciò significa chel’uomo porta all’estinzione animali epiante che non ha mai conosciuto), e faaumentare il tasso di CO2 nell’atmosferaa scapito della quantità d’ossigeno,ingrediente fondamentale della vita equindi anche per noi; senza contare che

la deforestazione fa aumentare latemperatura terrestre tramite ladesertificazione di vaste aree. Perquanto riguarda il vostro intervento,dovreste creare centrali eoliche,geotermiche e idroelettriche in postistrategici, invece di centrali nucleariche danneggiano l’ambiente. Ognicomune dovrebbe fornire più fondi perla raccolta differenziata nelle città piùimportanti, in modo da tenerle pulite,inquinare di meno e indurre i cittadini arispettare l’ambiente tramite leggi piùsevere e la diffusione di una coscienzacivica, dando una maggiore importanza,nelle scuole, all’educazione ambientale.

Scuola Media Statale “G. Martino”

Ai Grandi della Terra

FRANCESCO RUGGERI III C

Egregi Signori, è ormai risaputo che sinda quando l’uomo è apparso sullaTerra, ha sempre cercato di modificarel’ambiente che lo circonda per adattarloalle proprie esigenze. Ma con le sueattività non ha mai smesso di immettereun’infinità di rifiuti nell’ambientealterandone gravemente gli equilibri.Maggiormente sottoposti all’aggressionedell’inquinamento sono: l’atmosfera, leacque ed il suolo. Elementi, questi,fondamentali per la sopravvivenza suquesto pianeta e, pertanto, essendoanch’io un abitante preoccupato, facciopressione a voi affinché troviate degliaccordi mirati alla salvezza del nostroecosistema. Questo, infatti, è destinato adesaurire tutte le proprie risorse, fino aquando l’uomo non avrà alcuna fonte cuiattingere per soddisfare i propri bisogni…ed allora sarà la fine! Negli ultimi anni,il tasso di inquinamento ambientale èaumentato in modo esponenziale enessuno ha mai adottato adeguatemisure antinquinamento, punendo inmodo esemplare i trasgressori. Leacque marine son ormai colme disporcizia di ogni genere e i danniprovocati al suolo sono ormai irreparabili.Ma perché non dare più spazio allefonti di energia rinnovabili? Perché nonprovvedere allo smaltimento ed alriciclaggio dei rifiuti? Perché nonpromuovere campagne disensibilizzazione ed educare sin dabambini al rispetto dell’ambiente in cuiviviamo? Temo che l’uomo possadiventare una specie in via diestinzione. Sono consapevole che le mieparole non sono sufficienti a migliorarequesta situazione, ma sono ancora unragazzo ed ho tutto il diritto di speraree di credere fortemente che i Grandidella Terra siano in grado diaccordarsi e salvaguardare l’umanitàintera.

Scuola Media Statale “G. Martino”

Ai Grandi della Terra

GRAZIA CULLETTA,ADRIANA PANDOLFINO,MARTINA PUGLISI III C

Cari, noi ragazzi vorremmo parlarvidella salvezza del nostro pianeta. Unadelle tante soluzioni è quella di ridurre oaddirittura eliminare il gas serra, noi adire il vero non abbiamo ancora trovatoun rimedio, ma inquinare meno sarebbeun buon inizio, magari dando spazio alle

fonti d’energia rinnovabili, la piùsfruttata è l’energia solare che si ricavautilizzando il calore dei raggi del solesulla terra. Poi c’è l’energia eolica,anch’essa molto importante perché datadalla conversione dell’energia del ventoin altre forme di energia. Inoltre c’ è l’energia geotermica, limitata perchésfrutta i vapori che arrivano in superficiedalle sorgenti d’acqua del sottosuolo.Infine c’è l’ energia idroelettrica che ègenerata, appunto, dal movimento dimasse d’ acqua. Queste quattro energieproducono tutte per lo più energiaelettrica.Un’altra causa di alterazione del suolo èil processo di deforestazione, ovvero, ladistruzione di foreste allo scopo diacquisire nuovi territori per l’ agricoltura,di ricavare legnami pregiati, ecc…Potrebbe essere un buon passo avviareseriamente la raccolta differenziatacioè dividere i rifiuti in appositicassonetti. Un’altra possibile soluzionepotrebbe essere quella di usare meno iveicoli per evitare che i gas di scaricoinquinino l’aria.Inoltre è importante inserire almenoun’ora dedicata all’educazioneambientale nelle scuole, per far si che finda piccoli i ragazzi capiscanol’importanza di avere una terra pulita erespirare un’aria sana.

Scuola Media Statale”C. D. Gallo”

Quali “perché”nasconde l’uso delledroghe

LUCA DE DOMENICO,ROBERTA CRISAFULLI,ADRIANA MENTO,MARIA MONACO,ALBA BARBERA,ANTONINA NAPOLI,YLENIA TITA,SHARON PISANO,SARAH MARCHESE III B

Un argomento che abbiamo volutoapprofondire e che riguardasoprattutto i giovani d’oggi, è la droga,l’alcool e il fumo, in quanto siamoconsapevoli che provocano effetti dannosisulla salute. Ci siamo posti alcunedomande su quali fossero le causedell’uso delle droghe e i motivi per cuise ne faccia uso, specie fra i giovani.Quasi sempre si comincia per gioco,perché lo fanno tutti e perché si è convintidi smettere quando si vuole, ma il puntoè questo: non si è, invece, consapevolidella dipendenza e degli effettidannosi,che provocano nell’organismo.Ma perché ci si droga? Carenzaaffettiva, depressione, solitudine,disadattamento, mancata realizzazione deipropri progetti. Spesso si ricorre ancheall’alcool, che provoca altrettanti effettidannosi e devastanti sul fisico e sullamente. Quasi la metà degli alcolizzati

Continua la nostra collaborazione

con le Scuole Medie Statali: in

questo numero ospitiamo

“Vittorini”, “Gallo”, “Paino”,

“Martino”, “Leonardo da Vinci”

di Villafranca Tirrena,

“Giacobbe” di Scaletta Zanclea.

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

9 9

Altre voci MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011 9

Non ci sono mai state una buona guerrao una cattiva pace.

(Benjamin Franklin)

La guerra è madre di tutte le cose e di tutteregina; e gli uni rende dèi, gli altri uomini,

gli uni fa schiavi, gli altri liberi.(Eraclito)

infatti ha iniziato proprio bevendo incompagnia e un quarto di essi hacominciato in casa di amici o difamigliari per poi non smettere più.Anche per il fumo si può dire che èdiffuso soprattutto tra i giovani, cheiniziano per spavalderia e poi nonpensano che il tabacco è causa dellamaggior parte dei tumori.Non si riesce ad impedirne l’uso perchémolti paesi basano la loro forzaeconomica sullo spaccio di sostanzestupefacenti e non importa che la loroassunzione provochi nel cervello uneccesso di produzione di dopamina, chemodifica le cellule nervose e che, con ilpassare del tempo le conseguenze sianodevastanti non solo sul cervello, ma sulsistema nervoso, sul cuore, sul fegato,che è l’organo più esposto ai danniirreparabili e perfino sui vasi sanguignicon conseguente irrigidimento degli arti.Allora è facile concludere che le drogheuccidono e a chi ne fa uso, infattitolgono, il diritto alla vita. Abbiamoriflettuto a lungo e tutti insieme abbiamopensato che la soluzione ai tanti perchéche spingono all’uso di droghe stanell’amore, perché se ci si sente amatinon si ha bisogno di paradisi artificiali.

Scuola Media Statale “A. Paino”

Riflessione sul giornodella memoria

SAMUELE SCARCELLA I B

Il rispetto verso gli altri è fondamentalenella vita di ognuno di noi. Penso chenel mondo siamo tutti uguali: bianchi,neri, gialli, cristiani, ebrei, musulmani,buddisti, maschi, femmine, omosessuali,disabili, interisti, juventini ecc. ed èsbagliato perseguitare gli altri solo perchénon la pensano come noi o solo perchésono di una “razza” diversa dalla nostra.Hitler riteneva che la razza tedesca fossesuperiore e che tutti gli altri (Ebrei, Rom,Disabili, Slavi ecc.) fossero inferiori; diconseguenza, come tali, avrebbero messoa repentaglio la “purezza” della razzaariana. Per questo, durante la secondaguerra mondiale, i nazisti perseguita-rono gli Ebrei, catturandoli, deportandolinei campi di concentramento euccidendone circa sei milioni nelle camerea gas. Io penso che questo sia il capitolopiù vergognoso della storia dell’uomo edè molto brutto che ancora oggi qualcunoabbia lo stesso modo di pensare dei nazisti,non solo contro gli ebrei, ma anche neiconfronti, di tutti i “diversi”.

Scuola Media Statale “F. Giacobbe”Scaletta Zanclea

Se avessi la forza diErcole…

LUDOVICA BELLOMO I B

Ercole compì dodici imprese in manieracoraggiosa, affrontò molti ostacoli, mariusciva sempre ad emergerevittoriosamente; ecco, io non avrò laforza di Ercole, ma mi piacerebbesconfiggere molti mali dell’umanità,guerra-fame nel mondo, violenza, mafia.Ma una cosa mi piacerebbe fare in questoperiodo se avessi delle forze, non solofisiche ma anche economiche: sarebbequella di risistemare il mio paese che,

dopo l’alluvione del 1° Ottobre 2009, neha perso le sembianze, perché una partedel mio paese assomiglia a un campo diguerra. Mi piacerebbe che ci fosse unabella piazza dove giocare e che nellanostra spiaggia scomparissero quellemontagne di terra e ritornasse quella diun tempo.

Scuola Media Statale “A. Paino”

Train de vie

ELENA BORGIA,FRANCESCA CARDILLO,YLENIA CANGEMI III B

“Il lavoro rende liberi”, questa è lascritta ipocrita con la quale i tedeschi“accoglievano” gli ebrei nei campi diconcentramento, discriminati e uccisi soloper la loro religione: lì si perpetravanoorrori di ogni genere e si torturavanoqueste povere vittime che alla finesarebbero morte nella camera a gas. Noiricordiamo l’olocausto con la visione delfilm “Train de vie”, dove la libertà vienerappresentata da un treno che li condurràin Palestina passando per l’UnioneSovietica e salvandoli così dal genocidio.Durante il viaggio numerose saranno ledifficoltà da superare ma dopo varieperipezie e rocamboleschi espedientiriusciranno a coronare il loro sogno. Tuttala storia si sviluppa come un flashback,ambientata in un villaggio ebraicodell’Europa dell’Est (1941). Alla fine delfilm, si vedrà Shlomo protagonista dellastoria dietro il filo spinato di un campodi concentramento; egli sorride e ci facapire che quella surreale e divertentestoria altro non era che un modo perraccontare l’atrocità dell’olocausto.Purtroppo, l’uomo si rende conto dei suoisbagli solo dopo averli commessi, perquesto noi dobbiamo ricordare e prenderecoscienza che ancora oggi accadonoepisodi simili che coinvolgono non sologli ebrei, ma anche tutti i “diversi”(zingari, extracomunitari, omosessuali,disabili). Le pagine vergognose dellanostra storia ci dovrebbero insegnare anon commettere più gli stessi errori e acreare un mondo migliore senzadistinzione di razza, di sesso, di religione.

Scuola Media Statale “A. Paino”

Il valore della memoria

LA CLASSE III D

Abbiamo riflettuto a fondo sul sensodella memoria. Ci siamo chiesti qualepossa essere il significato di ricordare ognianno la Shoah attraverso gesti, parole,eventi che si ripetono ormai dasettant’anni. Non dimenticare la storia,prima di tutto, è il senso. Ma nondimenticare vuol dire anche avere la forzae il coraggio di staccare per un attimo losguardo da quello che è stato, rivolgendoloal mondo in cui viviamo, a ciò che è e chesarà. Non serve parlare di memoria,celebrare il giorno della memoria secontinuano a permanere nelle societàatteggiamenti di razzismo edemarginazione. Qualsiasi sforzo percelebrare la memoria ha senso, allora,solo se abbiamo il coraggio diammettere che, nonostante si continui aparlare di Shoah, a riflettere su di essa e acondannarla, i fatti passati e presentiraccontano di numerose altre Shoah,accadute nel mondo con la stessa violenza

e nel silenzio-assenso dell’opinionepubblica. Il nostro modo di ricordareparte dalla conoscenza di fatti etestimonianze relativi all’Olocausto,passa dalla riflessione e dalla prese dicoscienza che oggi siamo di fronte a fattisimili per natura e atrocità che hanno perprotagonisti non più gli ebrei ma glizingari, i popoli indigeni che vivono aimargini delle società, le tante etniediscriminate in tutto il mondo, imigranti che muoiono ogni giorno nelloro viaggio verso un futuro migliore.Celebrare la memoria ha senso, infine,se ricominciamo ad indignarci di fronte atutto questo, di fronte alla violazione deidiritti umani, alla violenza e allapresunzione del potere delle élites.

Scuola Media Statale “A. Paino”

La shoah

RICCARDO PAVONE II B

Penso ancora ai magazzinipieni di ragazzi e di bambini.Loro non mangiavano non bevevanoma solo lavorare dovevanoVivevano di speranza e di preghierae cercavano di sopravvivere fino a sera.Nei poveri spazi giocavano in allegrianon sapendo della prossima agonia.Martirio inutile e razziaDi un popolo tedesco, pieno di follia.il ricordo di questa tiranniami porta tanta malinconiae il mio cuore batte forte forteper questa terribile sorte.Prego Dio che non succeda mai piùper l’umanitàil rivivere il dramma della shoah.

Scuola Media Statale “A. Paino”

L’importanza dellamemoria

LAURA MINISSALE,MARICA CALOGERO I B

Un muro e su di esso un filo spinato,un campo sterminato.Il fumo delle ciminiereun uomo pronto a sperareun ebreo con la consapevolezza di nonpoter scappare.Le lacrime, la fame, il terrore negli occhidi quei bambinisenza genitori vicini.La risata degli aguzzinii pigiami a righela stella di Davide cucita sui vestiti.L’atrocitàè purtroppo una cruda realtàogni essere umano ha dirittoalla propria libertà.I diritti umanivanno rispettatie non tralasciatiVorrei dimenticare maè giusto ricordarePurtroppo la storia non si può cambiarema dagli errori bisogna imparare.

Scuola Media Statale “A. Paino”

Il giorno dellamemoria

DEBORAH BERNAVA,SILVIA BURRASCANO I A

Il 27 gennaio è il giorno della memoriae ve ne racconteremo la storia

I tedeschi tutti armati marciavano compattie gli Ebrei allarmati correvan come matti.

Le persone nei campi di concentramentosubivano ogni tipo di tormento.

I bambini non sapevano dove andaree i loro genitori dicevano: “Non vi dovetepreoccupare”

Per tale motivo ricordiamo queste personee le terremo per sempre nel nostro cuore.

Scuola Media Statale “A. Paino”

Ricordo dell’olocausto

GIORGIA KIRKHAMTRANCHIDA I A

Erba grigia di cenereFumi neri mortaliFameMani scheletricheBambini buttati in lager putrefattiLo sterminio che Hitler creò per gli ebreiUrla di personeUno strazio che il 27 gennaio 1945 finìI sopravvissuti lo raccontano come unincubo orribile, cattivoPer fortuna ormai finito!

Scuola Media Statale “A. Paino”

Shoah

VINCENZO FIORENTINO,LUCA PANEBIANCO,SANTA VITALE I A

Nel 1940 gli Ebrei furono catturativennero rinchiusi, torturati, ammazzatida Hitler, il crudele dittatoreche annientava le persone in poche oreHitler era il capoed era duro e spietato.Faceva il saponesciogliendo le persone.nei campi di concentramento le facevalavorare

e poi nelle camere a gas le faceva andare.Lì morivano in pochi secondie poi con le loro ossa ci facevano bottonitondi.Ma nel 1945 gli alleati li liberaronoe nelle case gli Ebrei tornarono.Ora vivono tutti felicima rimane il ricordo di quegli anni infelici.

Scuola Media Statale “A. Paino”

Il dolore della memoria

ELISABETTA COSTA II B

Sono passati anni da quella terribiletragediaPianti e gridaDisperazione e doloreSguardi impressi nella mente.Vite perseE vite distrutteFamiglie separateE famiglie abbandonateEbrei tormentatiSfruttati e maltrattatiTedeschi senza cuorePrivi di amoreCampi di concentramentoUrla strazianti e di un bambino il lamentoCome si fa a uccidere innocenti?E’ l’idea di crudeli mentiBisogna ricordareE non dimenticareUccisero le personePer la loro religioneEd ecco perché voglio urlareE voglio denunciareIl dolore che non svanirà mai nella storiaIl dolore della memoria.

Scuola Media Statale “F. Giacobbe”Scaletta Zanclea

Alfabeto Battagliero

MARIA GRAZIA VILLARI II A

A fu annientata e B bombardata.C fu cattiva, D disarmata.E è emigrata mentre F fu fucilata.G beccò una gomitata, H fu arrestata.I insieme ad altri fu isolata, J fu gettata.K fu uccisa da un killer, L prese unalegnata.M con una frusta fu maltrattata, N colpìuna nemica con una pallonata.O fu obbligata, P perseguitata.Q fu querelata, R rimpatriata.S da un amico fu sacrificata, T torturata.U fu umiliata, V vaccinata.W gridò evviva, X ritornò.Y oltrepassò eZ zoppicando se ne andò.

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

10 10

Attualità e Cultura10 MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011

In pace i figli seppelliscono i padri,in guerra sono invece i padri a seppellire i figli.

(Erodoto)

Dio è sempre con i battaglioni più forti.(Federico il Grande)

che hanno il compito di istruire i giovani.

In questa triste metafora si inserisce l’anti-

italianità di una parte ben individuata del

Paese, fomentata da ministri di questo

governo che ha incontrato, e continua a

incontrare, indulgenze e sottovalutazioni

non solo nella classe politica in generale,

ma colpevolmente e vergognosamente

nella classe politica meridionale, non solo

nella stampa in generale ma,

colpevolmente e vergognosamente, in

parte della stampa meridionale. Tutti a

difendere consorterie private anziché gli

interessi dei cittadini italiani. Del Nord e

del Sud.

Diciamola tutta e fino in fondo. C’è in

giro, in parti ben individuate delle

istituzioni, della cosiddetta classe

dirigente e di certa stampa un ostentato

disinteresse, talvolta un aperto

Nelly Settetrombe

continua da pag. 1

IL MIO NOMEERA ANNACHIARA PICCOLO I D

Il racconto

continua da pag. 3

Delle voci portarono entrambe alsilenzio. I vicini parlavano con la polizia:un incendio confermavano, una fuga digas. Nessuno di loro accennò alle tracce

di sangue rimaste impresse sulla neve,nessuno parlò degli spari.“Sono stati rinvenuti solo due corpi, dovesono le figlie?”- chiese qualcuno.Un brivido di puro terrore mi corselungo la schiena. Tentai di ragionare;ricordai d’aver letto un indirizzo sulquaderno di mio padre; un uomo con lesue stesse idee: era lì che bisognavaandare; per me non era possibile ma c’erauna piccola finestra nel minuscolo bagnoche dava dalla parte opposta della casa,Irene ci sarebbe passata e non l’avrebberovista.“Irene  prendi questo quaderno e vaiall’indirizzo che c’è in fondo alla terzapagina  digli chi sei e cosa è successo:andrà tutto bene” le  dissi mentre lemettevo addosso un cappotto più pesante,il quaderno e un po’ di cibo.Non le diedi tempo di replicare. La spinsisu per la finestra, le passai il quaderno.“Mi prometti che tornerai da me, e ciprenderemo cura tutti di tutti?” mi chiese“Te lo prometto, ma fa’ come ti ho detto.”risposi e chiusi la finestra, spostai ilpiccolo armadio nascondendola.Presi un altro quaderno dalla cassa, einiziai a leggerlo urlando in modod’attirare l’attenzione:”L’indifferenza è ilcancro del mondo. Gli indifferenti sonomostri quanto i carnefici degli innocentiadditati come tali; perché ne sonocomplici. Perché siamo soli in questanostra difesa della giustizia? Se tutti ciribellassimo, i colpevoli sarebberoimputati e non giudici. La paura nel direciò che si pensa non deve esistere.” La porta si aprì; uno di loro mi ordinòdi uscire. Resistetti: “Non si hanno piùpossibilità solo nel momento in cui sidecide che sia così: il destino non è altroche una scusa che ci siamo inventati, sottocui ci giustifichiamo. Non sono le azioniscellerate degli altri a costringere la gentenella sopportazione tacita e sorda; è ilnostro modo di reagire a farlo” Fui presacon forza ma continuai:”Guardatemi,ascoltatemi, aiutatemi!” Poi, il fucileespresse sentenza.Adesso, sto qui, ascolto le vostre e vedole vostre azioni. Vi rivedo ciechi, sordi,muti; indifferenti! Sento ilmotivetto:”Ricordare per far sì che nonaccada mai più”, ma quanti di voi nonripetono, come io facevo con le lezioni discuola sugli ebrei, le cose senza chiedersiil perché, senza soffermarsi realmente?Quanti sbuffano e sbottano annoiati,convinti di conoscere “l’argomento” amemoria.Ho visto che parlate di negazionismo,ancora una volta i colpevoli mettono inatto il loro bieco gioco d’inganni,sprigionano gas soporifero per le vostrementi distratte. Nonostante le milledocumentazioni. Questa storia nondovrebbe essere conosciuta mainteriorizzata. Sento chi inneggia alfascismo e al nazismo, non sanno chedemone stiano osannando. Vedo chi hal’animo identico a quello dei mieicarnefici, e astutamente, li critica e lo cela;portandolo avanti sotto altro nome; equesto gli è concesso perché “conoscete amemoria l’argomento” tanto da nonsaperlo riconoscere. Vi vedo esporregiusti concetti; ma guardare condiffidenza l’extracomunitario,sfruttarlo, colpevolizzarlo pergiustificarvi, odiarlo. Vi vedo guardarvicon indifferenza tra di voi, convinti di nonpoter far nulla. Vi siete abituati all’ingiustosino ad aver dimenticato che esistonoalternative? E’ ora che vi svegliate, è il momento ditornare a pensare seriamente per poi potervedere, sentire, parlare; che vi prendiatetutti cura di tutti.

sabotaggio delle celebrazioni del 150°

anniversario dell’Unità d’Italia. Questo

atteggiamento non giova a nessuno. E

non giova soprattutto- come ha detto

qualcuno- “a rendere più persuasivo,

potendole solo indebolire, legittime

istanze di riforma federale solidale e di

generico rinnovamento dello Stato

democratico.”

La storia ci insegna che ciò che ho

descritto è già capitato. Nel 1911 a

contestare erano i socialisti che avrebbero

voluto una repubblica, non la

monarchia; nel 1961 i comunisti, allora

comunisti veri, si lamentavano della

questione meridionale irrisolta. Con la

differenza, di non poco conto rispetto ad

oggi, che nel 1911 la memoria del

Risorgimento era il fondamento della vita

civile, come lo era nel 1961 il richiamo

alla Resistenza e alla Costituzione. Come

dire che, in entrambe le ricorrenze, il

brodo di coltura era diversa come era

diversa la partita.

Nella nostra epoca, ormai da tempo, si

mette in discussione il senso stesso dello

Stato. E non solo da Nord. Al Sud non ci

facciamo mancare nulla.

Nella nostra regione, ai massimi livelli

istituzionali si afferma. “Per quello che

mi riguarda, la Sicilia non dovrebbe

festeggiare.” Per ricordare e discutere

sono in libreria romanzi, saggi e

memorie. Una sana lettura può giovare

a ciascuno di noi. Il 150° anniversario

dell’Unità d’Italia è diventato una

occasione per dispute e discussioni

accese, come ormai d’abitudine. Quasi

tutte fatte per difendere interessi di bottega

più che per cultura storica. Tutti “gli

imprenditori” della politica di oggi

sembrano più interessati a rimuovere il

loro passato, alcuni perché hanno

smarrito il loro albero genealogico; altri

perché hanno una (sub)cultura di fondo

e una organizzazione aziendalistica della

cosa pubblica; altri ancora preferiscono

rimuovere il loro passato non

parlandone. E, alla fine, vincono i

discorsi mercantili.

Conviene o non conviene essere italiani?

Io penso di sì. E mi auguro, soprattutto

per le generazioni future dei nostri figli

e dei nostri nipoti, che gli italiani vedano

il baratro sul quale stiamo e si attrezzino

per dare al Paese una degna classe

politica, capace di interpretare il bisogno

di unità che vive nel cuore della

maggioranza degli italiani. Una classe

politica capace, con una rinnovata

Repubblica, di far rivivere l’antica Patria

italiana, per la quale i migliori fra noi

continuano ancora a dare la vita. Molto,

se non tutto, dipende da noi.

In questo periodo di grande incertezzapolitica per l’Italia, un forte concettopolitico in via di attuazione si fa semprepiù strada nel nostro futuro: il cosiddettofederalismo fiscale.Intanto diamo una definizione delconcetto, di cui tanto spesso sentiamoparlare, ma che altrettanto frequentementeè fonte di confusione di idee. È un sistemaeconomico e politico che prevede unrapporto direttamente proporzionale trale imposte riscosse in un territorio(Comune, Provincia, Regione, Stato) equelle effettivamente impiegate, neltentativo di promuovere le autonomielocali e creare un coordinamento tra ivari livelli amministrativi e di governo,tagliando gli sprechi e responsa-bilizzando gli enti. La regolazione delleimposte che cambierebbe totalmente lagestione dei finanziamenti nel nostroPaese, è già utilizzata negli Stati Uniti(modello forse principale per potercomprendere a pieno gli effetti che siricavano) e in Germania, cosa chefarebbe pensare a possibili vantaggi allanostra nazione nella quale, purtroppo,lo spreco dei finanziamenti pubblici è

un argomento noto a tutti.Allora dove nasce la discussione? Nascenel momento in cui ci chiediamo qualieffetti avrà questo cambiamento sulle varieRegioni italiane, e soprattutto, se verràa crearsi una divisione ancor più forte tral’Italia del nord, nella quale è ideacomune che i finanziamenti a regioni ecapoluoghi non siano sufficienti a causadel Sud, e il Sud stesso, in cui unariforma del genere, specialmente nelprimo periodo, andrebbe a creare fortidisagi dal punto di vista dei bilanci.Ma facciamo più chiarezza, magari conqualche esempio. Secondo uno studiosugli effetti che il Federalismo potràavere sulle varie Regioni e, inparticolare, sui diversi municipi deicapoluoghi di provincia, molticapoluoghi del Sud usciranno moltosvantaggiati dalla situazione. Certo,bisogna sottolineare che questo dipendeda una loro attuale errata gestione delleimposte, che se in futuro migliorasseporterebbe dei vantaggi notevoli dal puntodi vista dei finanziamenti, anche se neimomenti iniziali della riformaprodurrebbe un divario tra il denaro

finanziato attualmente e quello chericeverebbero dopo l’approvazione di unregime di federalismo. Comuni comeNapoli o L’Aquila si vedrebbero tolterisorse monetarie pari al 61% per laprima e del 66% per la seconda,l’equivalente di circa 360 euro in menoper ogni abitante di queste due città;anche Palermo (55% in meno), Messina(59%) e Taranto (51%) ci rimetterebberoparecchio. Ma allo stesso tempo comuniche adesso non ricevono finanziamentiequilibrati gioverebbero non poco, dalfederalismo: Olbia guadagnerebbeil 180% di risorse in più, e Imperia il120%.Da questi dati risulta che la riformafiscale potrebbe portare diversivantaggi alla Nazione a patto che siagestita con prudenza, in modo da nonrendere incolmabile il divario già esistentetra Nord e Sud; motivo per il quale è statoistituito un fondo iniziale per aiutaresubito dopo l’attuazione i Comuni piùsvantaggiati, che avrebbero così il tempodi mettersi in riga con chi lo è da tempo,a costo di pagare in futuro in termini difinanziamenti se ciò non avvenisse.Solo il tempo dirà se il federalismofiscale in Italia diverrà una realtà concui tutti dovremo convivere; intantol’unico appello è quello alle forzepolitiche, perché questa possa essereuna grande occasione di svolta per ilPaese.

FEDERALISMO FISCALEUn tema dibattuto con tesi contrarie

FEDERICA VALENTI II D

“Mi scusi Presidente / ma forse noiitaliani / per gli altri siamo solo /spaghetti e mandolini / Allora quim’incazzo / son fiero e me ne vanto / glisbatto sulla faccia / cos’è il Risorgimento”.Sono parole di “Io non mi sento

italiano”, canzone composta e cantata daGiorgio Gaber.Dalle inchieste che di questi tempi sifanno, non sembra che la realtà differiscamolto dalla fantasia poetica del cantautoremilanese, che dichiara “non è per colpamia / ma questa nostra Patria / non so checosa sia”. I giovani riconosconol’italianità in Dante, nella pizza e inBenigni. E basta? Pare di sì, e certo sipuò aggiungere nella nazionale di calciocon l’intonazione dell’inno divenuta unamoda, almeno in occasione dei mondiali.Sicuramente un’esagerazione, ma è moltodifficile oggi sentire qualcuno, inparticolare tra i più giovani, attestarela propria fierezza ed il proprio vanto peril risorgimento italiano, l’evento storicopiù significativo, insieme alla formazionedell’impero tedesco, dell’Ottocento. Ed unautentico miracolo, se è vero che appenaqualche anno prima Cavour, quasiecheggiando Metternich che avevadefinito l’Italia una semplice nozionegeografica, riteneva l’unità d’Italia una“corbelleria”. Un miracolo dovuto allaprassi che sempre eccede la teoria,determinato comunque dalla sapientelungimiranza dei progetti dei moderati edal coraggio intraprendente deidemocratici, dalla copertura dei primi edall’azione decisa dei secondi.Sono passati centocinquant’anni daquando, il 17 marzo 1861, con lapromulgazione della legge che haattribuito a Vittorio Emanuele II, per sée per i suoi successori, il titolo di Red’Italia, nasceva l’Italia una edindipendente, anche se non ancorarepubblicana secondo il progetto integrale

M i s c u s i P r e s i d e n t eDivagazioni in prossimità di un anniversario importante

NINO CARABELLÒ

di Giuseppe Mazzini. Eppure sembra ieri.Il detto di Massimo D’Azeglio, secondocui fatta l’Italia bisogna fare gli italiani,conserva anche oggi la sua validità, acondizione di integrarlo conl’affermazione contraria che fatti gliitaliani occorre fare l’Italia.Gli anniversari della fondazione o nascitadella nazione devono essere celebrati.Come ha dimostrato il sociologo eteologo francese Jacques Ellul, servonoa cementare l’unità della comunità ed arinvigorire il suo slancio iniziale. Non c’èbisogno di scadere nell’ideologia né nellamistificazione. Non è più tempo né direcriminazioni, né di approccidistruttivi . Necessitano, invece,un’adeguata presa di coscienza delpassato, con tutti i suoi limiti – bastipensare al fascismo o al continuosfruttamento, maldestramente mascherato,delle parti più arretrate del Paese -, ed undeciso impegno nel presente, da parte ditutti, ad ogni livello di partecipazione e diresponsabilità.Molte tragiche vicende sono statevissute in questo secolo e mezzo, e,secondo il giudizio fondato di alcunistorici, con il crollo della dittatura fascistae la nascita della repubblica, è morta erinata l’Italia sorta nel 1861. Di questavecchia-nuova Italia, il fondamento è laCarta costituzionale del 1947, che,all’articolo 5, ne ribadisce solennementel’unità e l’indivisibilità che non escludeper nulla un’articolazione in chiave difederalismo avanzato. Ripensareall’unità nazionale è dunquenecessariamente, ad un tempo, ripensareal dettato costituzionale ed alla suainsuperabile centralità nella vitaindividuale, sociale e politica dei cittadiniche sono, loro malgrado, o voglionosentirsi e dirsi italiani. Nei processi in atto,inevitabili ed irresistibili, d’integrazioneeuropea e di mondializzazione, con

conseguente perdita della centralità e dellasovranità statale, l’identità italiana, al paridelle altre identità nazionali, è in crisi edin corso d’opera. La sua definizione e lasua affermazione passa, non più soltantoattraverso l’unità “d’arme, di lingua,d’altare, di memorie, di sangue e dicor”, che dal tempo di Manzoni si èsicuramente accresciuta grazie alla scuolaed alla maggiore condivisione diesperienze e di cultura, ma anche, esoprattutto, mediante il superamento deiparticolarismi locali, adeguate risposte allenuove aspirazioni individuali e sociali, lafine del divario Nord-Sud, larealizzazione dell’unificazioneeconomica, la disponibilità a mediare gliinteressi divergenti ed a contribuire allosviluppo ed al benessere dell’interacollettività. L’Italia è l’Italia che verràparafrasando Dante, non più bordello,ma donna di provincia, in grado di essere,alla pari con altri paesi, esemplare nelmondo. E gli italiani appartengonorealmente a un futuro davvero comunee significativo perché costruitoliberamente e democraticamente con ilconcorso di ciascuno. A partire dalle aulescolastiche, naturalmente.

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

11 11

Attualità e Cultura MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011 11

Una guerra non termina con la pace,ma con la guerra successiva.

(Joan Fuster)

Le madri e i padri detestano la guerra.(Giovanni XXIII)

Se la questione dello statutoepistemologico dell’attività storica èstata già risolta da tempo con ilriconoscimento della dignità scientificaalla storiografia, le numerose recentipubblicazioni sul nostro Risorgimento, ilVentennio fascista e l’immediato dopoguerra troppo scopertamente a sostegnodi tesi legate all’attualità politicasollecitano riflessioni sull’obiettività dellaconoscenza storica.E se l’assenza di sapere storico rendecieco il presente, come esplicitato dallostudioso francese Marc Bloch nella frasecontenuta nell’opera “Apologia dellastoria” che recita così: “L’ignoranza delpassato non solo nuoce alla conoscenzadel presente ma compromette nel presentel’azione medesima”, è altrettanto veroche narrazioni storiche adulterate da

interessi estranei al genuino spiritognoseologico espongono al rischio diinvoluzioni politiche e imbarbarimentosociale. Sarebbe quindi utile poterdefinire un criterio attraverso il quale sipossa distinguere le opere di storia checontribuiscono ad accrescere laconsapevolezza del presente da quellericostruzioni del passato mosse dainteressi distorti che mirano aconfondere le menti e a mistificare larealtà.Nella frase dello scrittore francese PaulValéry contenuta nel libro “Sguardi sulmondo attuale” solo per l’uomo chescopre in sé una passione per il futurol’idea del passato assume un senso ecostituisce un valore nel quale è contenutoil movente dell’agire conoscitivo rispettoal passato. La ricerca storica, tuttavia,

NUOVE SONORITÀ DI ZUCCHEROAdelmo Fornaciari, in arte Zucchero,

ritorna con “Chocabeck”FRANCESCO GRECO IV B

Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, dopo un periodo di pausa dal grandesuccesso del precedente cdFly, che lo ha portato in un instancabile world tour,ritorna sul mercato con un nuovo album di inediti intitolato “Chocabeck”,un espressione dialettale reggiana: Choca significa “far schioccare”; beck“becco”, quindi “far schioccare il becco”. Il bluesman, che imposta il nuovocapolavoro con delle sonorità totalmente diverse dai suoi precedenti album,molto autobiografico, soprattutto della sua infanzia, testimoniato dalla presenzadel brano “Spicinfrin Boy”, anche questo derivante dal dialetto reggiano, rivela:“Lo diceva mio padre per non dirmi che non c’era nulla da mangiare, cosìda piccolo immaginavo questi chocabeck come pasti buonissimi, che ancorasto aspettando”. E aggiunge: “Mi ricorda soprattutto mia nonna Diamante chemi chiamava spicinfrìn!, bambino carino e selvatico! Chocabeck quindi è lanostalgia della mia famiglia e dei miei luoghi natii, ma anche il ricordo del miopassato pericoloso, oggi sono fiero di dire “La vita è bella””.La nuova raccolta di Sugar registrata fra Pontremoli (RE), Hollywood e LosAngeles dai produttori Don Was e BrendanO’Brien, si avvale della collaborazionedi nuovi e vecchi amici come: Bono, leader degli U2; Brian Wilson, leggendariofondatore dei Beach Boys; Iggy Pop, icona Punk-Rock; Jovanotti; FrancescoGuccini; Pasquale Panella; Mimmo Cavallo e molti altri…L’album presentato a Brescello, paese di Don Camillo e Peppone, lo scorso 3Novembre e disponibile in varie versioni (italiana, internazionale e vinile) perdiverse settimane ha dominato la classifica nazionale: piazzandosi subito alprimo posto sopra Shakira e Valerio Scanu, grazie alle oltre 150.000 copie diprevendita; ma anche estera, come quella della Svizzera, Austria e Paesi Bassi.Top anche su internet: i singoli radiofonici “E’ un peccato morir” e“SpiritToghever” sono fra i più scaricati da iTunes.“Adesso che sto trascorrendo un momento felice e sereno, “Prima di fare 101”sono contento di aprirmi alle persone e raccontarmi…”- afferma il grandeZucchero- “E’ tutta una vecchia storia”, come il titolo del singolo “E’ un peccatomorir”, che narra “i tempi d’oro” degli agricoltori emiliani che a San Martino perla buona riuscita del vino esclamavano: quest’anno c’è un vino che è un peccatomorir!”.Sono già disponibili sul sito TicketOne e nei distributori autorizzati i bigliettidel Chocabeck Tour del quale segnaliamo le prime date: 09/05/2011 Francia,Paris-Zènith; 16/05/2011 Belgio, Brussels-VorstNationaal; 18/05/2011 Olanda,Rotterdam-Ahoy; 24/05/2011 Germania, Berlin-02World; 28/05/2011 Inghilterra,London-Royal Albert Hall; 30/05/2011 Austria, Vienna-Stadthalle.

si configura come ardua e complessaraccolta e organizzazione di documentie testimonianze mediante ambiti quali ladiplomatica e la critica.Secondo Bloch il tempo è un “immensocontinuo” e l’ambiente storico “ilplasma stesso in cui si determinano ifenomeni”; per tali motivi è corretto aifini di una positiva analisi di un periodostorico prendere in considerazione non lasemplice correlazione di fatti sviluppatisiin esso, bensì il contesto e i fattoriscatenanti di un particolare evento, dellacreazione di una particolare struttura oideologia o dell’affermarsi di undeterminato assetto sociale o economicoadottando lo strumento dell’interpretazionecritica al fine di cogliere “l’intelligenza”di uno o più fenomeni. L’interpretazionedeve perciò rappresentare un efficace

strumento nelle mani dello storico ingrado di fargli cogliere tutti quegli aspettifacenti parte in maniera più o menopregnante di un’età storica i cui caratteriappaiano incomprensibili o dai contornipoco definiti. Il filosofo e psicologotedesco Wilhelm Dilthey avevariconosciuto le potenzialità dell’interpre-tazione, che “è parte integrante delmetodo conoscitivo, quella parte che hala potenzialità di secernere la memoriadalla conoscenza storica”. Se infatti lamemoria gode di un punto di un vistaparziale, la consapevolezza, così comela conoscenza storica, riesce acomprendere in sé l’aspetto fondamentaledella prospettiva attraverso cui analizzarecon animo immobile gli eventi e lacorrelazione tra essi stante. Un grandefilosofo della scuola ermeneutica, Hans

Georg Gadamer, scomparso pochi annifa, ha accostato a quello storico unsapere di tipo ciclico che leghistrettamente sapere e comprensione.Riconosciuta l’importanza dellacoscienza storica collettiva nasce fortel’esigenza di preservare una scienzadotata di proprie regole e assiomirispetto a quelle forme pseudo-scientifiche, prive di metodo e pervase damotivazioni estranee a quelle legate allaconoscenza della verità, quali ilnegazionismo e il revisionismo, le qualipuntano al massiccio stravolgimento diverità, che, per quanto mai assolute, sonosostenute da ricerche di grande valore edi comprovata serietà, medianteinterpretazioni poco attendibili accompa-gnate da argomentazioni totalmenteinfondate e facilmente attaccabili.

S c i e n z a o g e n e re l e t t e r a r i o ?STORIA E STORIOGRAFIA: VERUM IPSUM FACTUM O FINZIONE LETTERARIA?

Se c’è qualcosa che, indiscutibilmente, hasempre rappresentato partefondamentale nella vita di ogni uomo,e, ancora più, di ogni ragazzo, è la musica.Ascoltandola, la mente si abbandonainteramente a ritmi coinvolgenti eallontana problemi e pensieri della vita ditutti i giorni con l’unico ausilio di note eaccordi. Si comincia con l’ascoltarla dabambini, e via via, con la crescita, ilpanorama musicale di un ragazzo si fa piùampio, fino a raggiungere la massimapunta con l’ingresso agli studi superiori,entrando in contatto con i generi musicalipiù disparati, oltrepassando la barrieradel commerciale trasmessoininterrottamente dai media eavventurandosi in mondi musicali diversi,dall’hip hop al rock, dal rap al metal.Sta alle ragazzine innamorate del classicobelloccio dei talent show e al ragazzo cheappende poster di cantanti famose eoltremodo attraenti a ogni parete dellapropria camera, decidere se mettere daparte l’infatuazione giovanile eavvicinarsi al compagno a cui piaceascoltare musica classificata come metal,o al modo di vestire di un particolaregruppo di ragazzi etichettati dalla massain base alle preferenze in fatto musicale,o, ancora, perseverare nei propri gusti. Aprescindere da questo, l’animodell’adolescente è sempre stato scossodal fascino della musica, dal senso diindipendenza e libertà che essa riesce atrasmettere, dai messaggi che questa vuoleinviare e dalle suggestioni che infonde.Ovviamente c’è anche chi,superficialmente, bada poco asensazioni e musicalità della canzone,provando un’ostentata passionesemplicemente per l’aspetto fisico delcantante e per i suoi comportamenti più omeno stravaganti ed appariscenti.Oggi possiamo godere di una enormevarietà di stili musicali, nati e cresciutiper la maggior parte nella seconda metàdel XX secolo, che hanno influenzatoinnumerevoli generazioni di giovani chehanno fatto del genere da loro ascoltatoquasi una bandiera per il proprio modo diaffrontare la vita. Entrano, così, a far partedi una cultura giovanile il cui modo diessere e di pensare può essere individuato

LUCA CANNAVÒ II E

proprio grazie ai cantanti e alle band daloro favorite, che li rappresentano a voltemeglio di altre cose.Il genere che dalla fine degli anni ‘70 aoggi ha sempre accompagnato masse digiovani è sicuramente il pop: ciò èdovuto al fatto che era, ed è ancora, unamusica di facile ascolto, caratterizzata daritmi e melodie semplici e orecchiabili,brani di breve durata e musica pocoelaborata. Ma con l’avvento del popnacquero molti altri generi chefavorirono il formarsi di mode e stili tra igiovani. Possiamo, ad esempio, ricordarela disco-music, un genere musicaleinizialmente disprezzato da chi preferivabrani a contenuto politico e sociale, ed,invece, amato da coloro che si mostravanospensierati e gioiosi, amavano ballare,divertirsi e frequentare le discoteche.Coloro che prediligevano ritmi piùincisivi, ascoltavano il rock, che haprodotto, a sua volta, moltissimisottogeneri diversi tra di loro: il punkrock, la musica di chi portava capelli acresta, giubbotti e jeans strappati esosteneva spesso idee anarchiche, emersoa metà anni ’70; il gothic rock, diderivazione post-punk e sviluppatosi nel1980 principalmente in Gran Bretagna,ascoltato da ragazzi malinconici e vestitisempre di nero; o, ancora, l’heavy metal,già molto popolare negli anni ’70 e ’80,caratterizzato da ritmi fortementeaggressivi e da un suono potente, con cuimolti giovani riuscivano a consumare iloro problemi e la loro rabbia.Tutti questi generi sono entrati a farparte della storia della musica,raggiungendo una popolarità senzaprecedenti, da una parte grazie al perenneinteresse esercitato dai media in questocampo, e dall’altra, in parte sicuramentemaggiore, grazie al talento o allepersonalità di giovani artisti e band. Quasimitizzati dalla gioventù sia odierna chepassata, questi veri e propri fenomenimusicali hanno trasmesso fortementevalori, emozioni e messaggi di volta involta richiesti dai ragazzi, e non solo, finoa diventare gli idoli di una società chesempre più spesso andava cercandoqualcosa che poteva essere espresso etrasmesso solo tramite la musica, appunto;

fino a godere della popolarità che li ha resisimbolo di un secolo.Proprio questi idoli giovanili erano esono la causa che ha avvicinato almondo della musica moltissimi ragazzi,tanto da spingerli a non limitarsi alsemplice ascolto, ma a imparare a suonareuno strumento o a cantare; il sogno diriuscire a imitare grandi chitarristicome Jimi Hendrix (vedi foto in alto),Kurt Kobain o Angus Young, araggiungere il calibro di cantanti emusicisti tanto famosi da non esseresconosciuti a nessuno come è avvenutoper i Beatles, è il risultato di tutti queivalori, quei messaggi e quelle emozioniche questi artisti sono riusciti atrasmettere.La musica moderna in generale, però,talvolta subisce un vero e propriodeclino e sempre più spesso diventasuperficiale e intesa non come formad’arte, ma come mero strumento diguadagno, lasciando che i messaggi, cheuna volta riuscivano a essere ugualmenteintensi a prescindere dal tema trattato,perdano di valore e significato, econcentrandosi unicamente sul modo piùveloce ed efficace di colpire il pubblico.Dovrebbe esservi, quindi, una spintadiretta delle nuove generazioni amigliorare e valorizzare questo mondocosì ricco di generi e significati cosìdiversi tra loro e in continua evoluzione.Perché la magia della musica puòcondurci a stare bene con noi stessi e congli altri.

TUTTO È MUSICARiflessioni sulla musica e i giovani

GIUSEPPE CURRÒ, GIOVANNI MARCHETTA I D

T O ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

12 12

Cultura12 MESSINA GENNAIO-FEBBRAIO 2011

Una spada costringe l’altraa rimanere nel fodero.

(George Herbert)

La vita, è guerra.(Hermann Hesse)

Σ Τ Ο Σ Τ Ο Σ Τ Ο Σ Τ Ο Σ Τ Ο ÁGLI STUDENTI DEL LICEO GINNASIO “LA FARINA”

Coordinamento

Patrizia Danzè

Responsabile delle collaborazioni

Alessio Gugliotta

Comitato di Redazione

Jasmine PolicastroSerena BerenatoGiuseppe DonatoGiuseppe Currò

Hanno collaborato

Daniela Aliberto, Alessia Attivissimo,

Serena Berenato, Luca Cannavò, Nino

Carabellò, Giovanna Caratozzolo, Lavinia

Consolato, Giuseppe Currò, Paola Currò,

Giuseppe Donato, Paola Gemelli, Francesco

Greco, Alessia Grifò, Alessio Gugliotta,

Katia Higgins, Simona Licandro, Salvo

Messina, Santi Messina, Giovanni

Marchetta, Costanza Patanè, Marisa

Pelle, Stefania Pelleriti, Chiara Piccolo,

Jasmine Pol icastro , Federica

Prest i f i l ippo, Nel ly Set tetrombe ,

Francesco Tomasello, Federica Valenti,

Giovanni Zagarella

e inoltre

Le Scuole Medie Statali “Gallo”,

“Martino”, “Paino”, “Vittorini”,

“Giacobbe” di Scaletta Zanclea,

“Leonardo da Vinci” di Villafranca

Si ringrazia per le foto

Violetta Venuti

Vignettisti

Giuliana Intelisano

Maria Monaco

Maria Viviana Lucifora

Redazione

Liceo Classico “G. La Farina”

Via Oratorio della Pace - Tel. 090.44910

www.lafarina.it

Impaginazione e Stampa

Società Cooperativa a r.l. SpignoloMessina

Abbiamo incontrato il professore Angelo

Falzea, docente emerito di Diritto Civile

all’università di Messina e accademico

dei Lincei, nella sua abitazione di via dei

Verdi di Messina, una casa ricca di

oggetti d’arte che testimoniano il gusto

del bello dell’illustre giurista che ha

formato generazioni di studenti, molti dei

quali ormai affermati professionisti (tra

le sue pubblicazioni ricordiamo

“Introduzione alle Scienze Giuridiche”,

ormai “un classico” più volte rieditato).

Il professore è stato poi ospite del nostro

liceo il 24 gennaio scorso per una lectiomagistralis sul tema “Cittadinanza e

Costituzione, importanza della legalità e

del diritto”: se il diritto non è etico non

è diritto, ha ribadito più volte il

professore.

Professore, lei ha conosciuto l’illustreSalvatore Pugliatti. Ci lasci un ricordo.Mio padre, che era un cultoredell’economia (insegnava all’Istituto“Jaci” di Messina, che in quel momentoera un forte polo culturale della città)ebbe, tra gli altri allievi di alto livello,Pugliatti . Io invece lo incontraicasualmente per strada, mentre ero conmio padre, nei pressi del Gabinetto diLettura; così è nato il rapporto conPugliatti che poi è rimasto per tutta lavita, un rapporto straordinario, fuori dalcomune. Ci siamo conosciuti e non cisiamo più lasciati. Ricordo che quandoPugliatti si è laureato, il preside era unprofessore palermitano il quale in sedutadi laurea ha detto: “Qui c’è un’inversionedi posti, al mio posto dovrebbe starePugliatti e al suo posto ci posso stareanch’io”; così era la vita di allora, moltoresponsabile”La Costituzione oggi è al centro dinumerosi dibattiti; a suo parere ènecessario revisionarla, lasciando gli

articoli fondamentali, o resta ancoraattuale?La Costituzione è un tema attualissimo,perché è l’estrema garanzia dei valorifondamentali della nostra vita pubblica,perciò è da curare con molta attenzione.Purtroppo, proprio perché ha un ruolocosì importante, è oggetto di appetiti e dilotte interne abbastanza accesi. Tuttoinvecchia e invecchia pure laCostituzione, però già quello che si èfatto e abbiamo ottenuto con laCostituzione è un grande passo digaranzia della comunità, quindi se loconserviamo è già un grande risultato; einfatti la Corte Costituzionale ha una vitadifficile. Dobbiamo prepararci a lottepiuttosto aspre per difendere ildifendibile. Non la vedo bene: è troppoimportante perché la lascino viverenormalmente e naturalmente si sonoinfiltrate persone non proprio eccelse, chegodono di tutta una serie di privilegi cheli lega a ancora di più all’istituzione.Come si rapportano la nuovaistituzione europea e il diritto?Prossimamente vi sarà un grandeconvegno da me proposto, da meproposto, che tratterà del diritto europeoe del diritto comunitario, che sono duecose un tantino diverse, perché il dirittoeuropeo è quello che è realizzato tra gliStati dell’Europa, il diritto comunitario èlegato certo al diritto europeo, perché labase è sempre quella, però riguarda irapporti tra gli Stati, perciò è piùcomplesso. Il diritto comunitario è piùcomplesso perché ogni Stato dell’Europaha il suo diritto e, avendo il suo diritto,ha anche le sue regole e queste regole sidevono conciliare con le regole di tutti glialtri paesi europei e con le regoledell’istituzione europea, cioè dell’Europa,di cui è stato promotore, a Messina, ilprofessore Gaetano Martino, quando era

ministro degli Esteri. Qui, da noi, sonostate gettate le basi del diritto europeo,che prima non esisteva poiché c’erano idiritti dei singoli stati. Ora ci sonougualmente i diritti dei singoli stati, peròsono collegati al diritto europeo e devonoconciliarsi con il diritto europeo, per cuii diritti dei singoli stati sono diritticomunitari.Cos’è l’Enciclopedia del Diritto?L’Enciclopedia del Diritto è unarealizzazione di grande interesse, perchéè nata, in fondo, con un coloritomessinese: allora c’era Pugliatti che eramolto amico dell’editore Giuffrè, un altromessinese laureato a Messina, e insiemehanno immaginato questa realtàdell’Enciclopedia che noi non avevamo el’abbiamo condotta fino alla fine,l’abbiamo conclusa tutta. E’ qua (e indicauna libreria, una delle varie che occupanole pareti di casa sua) alle mie spalle ed èveramente straordinario, ha una vitalitàforte e oggi stiamo continuandol’Enciclopedia con un’edizione postumache riguarda le varie problematiche natecon la seconda repubblica. Alloral’Enciclopedia è stata un’avventurastraordinaria, di un’importanza ciclopica.Cosa pensa del processo breve edell’immunità parlamentare?C’è una lotta ferocissima del peggiorepresidente che abbia mai avuto l’italiacon la magistratura e non possiamogiudicare il rapporto tra la politica e lagiurisprudenza da quello che stasuccedendo adesso, io mi confortodicendo che questo è un periodotransitorio e che finirà, tutte le cosefiniscono,però noi abbiamo accumulatoproblemi molto gravi con questoberlusconismo. La situazione è tutt’altroche tranquilla. La magistratura ha i suoipeccati, perché, in effetti, un giudizioordinario dura anni ed anni, quando si

La Costituzione, la Cittadinanza, il Diritto, la LegalitàINTERVISTA AL PROFESSORE ANGELO FALZEA

JASMINE POLICASTRO (III B), SERENA BERENATO (III C), GIUSEPPE DONATO (III C), SIMONA LICANDRO (III D)

conclude i problemi che c’eranoall’origine o non ci sono più o sonocambiati, quindi, in effetti, la lotta per unprocesso non breve, ma normale, lanormalità si sposa più con la brevità checon la longevità, è sacrosanta, solo che ègestita male. Mi auguro cheeffettivamente qualcosa si riesca a fareperché la nostra magistratura nonattraversa un momento bello e oradovrebbe essere la garanzia principaledella vita del nostro paese e non lo è.questa è la lotta per il processo breve, nonè che si tende alla brevità, ma allanormalità, il processo ha bisogno dei suoitempi, che non possono essere i tempiitalici. non dico che il processo deveessere breve perché il processo brevecome tutte le brevità arriva allasuperficialità, ma così abbiamo il peggioveramente. Dal modo con cui funziona lagiustizia si dimostra la civiltà di un paesee da noi funziona malissimo. Non sonopessimista, ma realista.Cosa pensa della crisi del mondouniversitario? Oggi consiglierebbe anoi ragazzi di iscriverci aGiurisprudenza, e a Giurisprudenza aMessina?Mi fate una domanda indelicata; devodire che questa facoltà, quando eropreside io, era molto dura, a cominciaredai rapporti con gli allievi; capisco cheforse qualche eccesso di impegno lorichiedevo, però ne uscivano persone diprimissimo ordine che poi sono andateavanti, hanno fatto belle carriere (isuccessi richiedono sacrifici); sonovenute fuori persone molto importanti, lostesso Pugliatti che poi è stato preside. Lascuola giuridica funziona, lo dimostranogli ultimi concorsi per magistrati e notai,ma in Italia le cose non vanno moltomeglio che da noi a Messina; certo, quida noi c’è una certa rilassatezza. Ci vuolemolto coraggio a mantenere il livello diuna facoltà, è il coraggio di saper dire dino, è molto più facile dire di sì e non dino, mi sono fatto una quantità di nemic,infatti. Ho il pessimo vizio di dire le coseche penso.Come studenti dell’ultimo anno delliceo studiamo Hegel e le chiediamocome giudica lo stato di dirittoteorizzato dal filosofo; è giustoanteporre gli interessi dello Stato aquelli del singolo?E’ un circolo vizioso, perché è primariol’interesse dell’individuo e il modo diarrivarci è vario; uno dei modi è costituitoproprio dalla formazione delle personeche a loro volta devono formare gliindividui che poi si trovano di fronte aiproblemi della vita e devono risolverli. E’un circolo che si completa perché non sipuò realizzare una classe di persone dirilievo tale da poter reggere e condurre unpaese come il nostro e lo vediamo da chetipo di gente c’è al governo del nostropaese. Questi, state sicuri che non hannoletto una parola di Hegel.Come giudica il federalismo?Il federalismo non si può giudicare inastratto, si deve giudicare in concreto,cioè vedendo come funziona nei paesi incui è praticato, perché il rischio delfederalismo è che faccia perdere il sensodell’unità del paese e che porti le regioniche sono più avanzate a dominare le

regioni che invece hanno difficoltà aportarsi avanti. Il federalismo èpericoloso, può essere utile nel senso chedetermina una sorta di vivacità nella vitapolitica di un paese. Ci sono, anche orache non abbiamo il federalismo, leregioni che sono avanzate e le regionirimaste indietro, che purtroppo sono nelmeridione, che stenta a slanciarsi,nonostante il meridione abbia fondatomolto dell’Unità dell’Italia, non fossealtro la lingua italiana.Un professore del suo calibro e con lesue esperienze quale messaggio puòdire ai giovani tutti e ai giovani diMessina in particolare, che intendonostudiare e vivere nella nostra città?Io sono l’esempio di una persona che èvissuta, ha studiato e ha condotto tutta lasua esistenza nella sua città, con tutti gliaspetti positivi e gli aspetti negativi chequesta scelta ha comportato. Io sono statofortunato perché quando ho fatto il corsouniversitario, il preside era Pugliatti.

Giovanni Palatucci, Giusto fra le Nazioni

Commemorato al Liceo La Farina in una giornata di riflessione organizzata dalla Questura di Messina

E

il 10 febbraio del 1945, mancano pochi mesi alla fine della guerra: nel campo di

concentramento di Dachau muore a 36 anni Giovanni Palatucci, dopo aver salvato circa 5.000 ebrei, rischiando di continuo, per sei anni, la vita e tragicamente concludendola alla vigilia della liberazione. Gli ebrei dicono che andò oltre il comandamento ama il prossimo tuo come te stesso, perché egli lo ha amato più di se stesso

e, in crescendo, gli hanno dedicato: nel 1953, a Ramat Gan, quartiere di Tel Aviv, una strada fiancheggiata da 36 alberi (uno per ogni anno della sua vita); nel 1955 una foresta di 5.000 alberi nei pressi di Gerusalemme e la Medaglia d Oro dell Unione delle Comunità Ebraiche Italiane; nel 1990 il massimo riconoscimento: quello di Giusto tra le Nazioni , col suo nome impresso sulle gigantesche lapidi nel mausoleo Yad

Vashem, a Gerusalemme. In Italia nel 1995 il Presidente della Repubblica, O.L.Scalfaro, gli ha conferito la Medaglia d Oro alla memoria; nel 1997 il Capo della Polizia, prefetto F.Masone, ha istituito un Gruppo di Lavoro finalizzato alla stesura di una nuova e più completa biografia. Gli sono state dedicate trasmissioni televisive, associazioni, concorsi, senza dire che sempre più vie, piazze, parchi e scuole, in diverse città italiane - Avellino, Campobasso, Genova, Milano, Montella, Milano - portano il suo nome. Oggi c è un Associazione onlus a lui dedicata, con sede a Roma, che si occupa di diffondere la conoscenza di Palatucci. Nella formazione di Giovanni influirono la nonna Carmela, terziaria francescana, e gli zii paterni Antonio, Alfredo e Giuseppe Maria, tutti francescani conventuali: il terzo fu vescovo di Campagna (SA) e grande collaboratore del nipote nel salvare gli ebrei. Giovanni nacque e crebbe a Montella (Avellino), studiò al liceo classico e si laureò in Giurisprudenza; suo padre lo voleva avvocato e in Irpinia, ma Giovanni si sentiva chiamato ad altro e altrove; per il suo modo di sentire gli era impossibile domandare soldi a chi ha bisogno del mio patrocinio per avere giustizia . Per difendere gli indifesi riteneva che la via migliore fosse quella della Polizia di Stato, anche se il padre guardava con un certo rammarico a questa scelta. Giovanni Palatucci, dopo un periodo a Genova, fu inviato a Fiume, come responsabile dell Ufficio stranieri, e lì si avvicinò alla comunità ebraica di cui comprese fin da subito la difficile situazione. Iniziò così a organizzare una rete di collaboratori mirata ad aiutare gli ebrei in maggiore pericolo. Così proprio lui, che istituzionalmente avrebbe dovuto contrastare la fuga degli ebrei, iniziò ad aiutarli fornendo documenti falsi in grado di consentire la fuga verso la Svizzera e Israele oppure via mare, verso le coste del Meridione a quel tempo già liberato. Molti riusciva a smistarli nel campo profughi di Campagna, nel territorio della diocesi retta dallo zio vescovo. Una scelta che significò la salvezza di migliaia di ebrei: oltre 5.000, secondo quanto riferito dal delegato italiano Rafael Danton alla prima Conferenza ebraica mondiale tenutasi a Londra nel 1945. La situazione precipitò con l 8 settembre 1943, quando Fiume venne occupata dalle truppe germaniche; nonostante questa situazione disperata, Palatucci rimase a Fiume nella condizione di alleato occupato : in quest ultimo drammatico periodo distrusse il materiale relativo agli ebrei

custodito negli archivi della Questura e intimò al Comune di non rilasciare alcun documento riguardante quei cittadini senza previa informazione del suo ufficio. In questo modo Giovanni mandò a vuoto le retate naziste, ma ormai era nel mirino dei nazifascisti; amici e partigiani tentarono di convincerlo a fuggire. Tra essi il console svizzero a Trieste che offrì a Palatucci la sua villa nel Canton Ticino. Di tale generosità Giovanni approfittò soltanto per mettere in salvo l amica Mika Eisler e la mamma, che accompagnò in Svizzera, ma ritornando subito a Fiume. La notte del 13 settembre 1944, su ordine del Ten.Col. delle SS Kappler, fu perquisita la sua abitazione; accusato di cospirazione col nemico fu tradotto nel carcere Coroneo di Trieste e, nell ottobre 1944, a Dachau, dove morì. Fu l ultimo suo viaggio, ma alla partenza da Trieste, come testimoniato da Libera Capuozzo, vedova di Pietro Capuozzo, all epoca brigadiere di PS a

Trieste - ma prima era stato a Fiume, con Palatucci -, quando il marito seppe che stava partendo il treno che avrebbe portato a Dachau il suo ex superiore, aiutato da un collega della Polfer raggiunse i carri piombati e, camminando su e giù per i vagoni, discuteva animatamente con l uomo della Polfer nella speranza che Giovanni lo sentisse e potessero così salutarsi per l ultima volta. A un tratto gli cadde un bigliettino tra i piedi e sentì la voce di Palatucci: Capuozzo, accontenta questo ragazzo. Avverti sua madre che sta partendo per la Germania. Addio . Quel bigliettino - con indicate famiglia e via di Trieste - resta l ultimo segno e come il testamento spirituale. Essere stato uomo per gli altri gli è valso il titolo Giusto tra le Nazioni conferitogli da Israele e quello di Servo di Dio

conferitogli dalla Chiesa; ora si attende la sua beatificazione e poi la santità, una santità laica che già c è. Così ha detto del giovane martire il procuratore generale della Corte d appello di Messina, Franco Cassata, ospite del nostro liceo lo scorso 27 gennaio in una giornata di riflessione dedicata al tema Il coraggio di scegliere . All evento, organizzato nella Giornata della Memoria dalla Questura di Messina in collaborazione con il liceo La Farina, hanno partecipato, insieme al dottor Cassata, il prefetto Francesco Alecci, il questore Carmelo Gugliotta, il nostro preside Pio Lo Re, l assistente capo della Polizia di Stato Paolo Messina che ha coordinato l organizzazione, il caporedattore della Gazzetta del Sud Lino Morgante, il cappellano della Polizia di Stato, padre Rosario Scibilia, il dottor Gustavo Ricevuto, gli studenti delle classi I B, II B, I C, II C, I D, i docenti e tanti ospiti del mondo della scuola e della Questura.

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Il libro

Primo Levi, Se questo è un uomo (Einaudi)

Diario dell inferno

Considerate se questo è un uomo, Che lavora nel fango, Che non conosce pace, Che lotta per mezzo pane, Che muore per un sì o per un no

Alessia Grifò II D

In "Se questo è un uomo" Primo Levi racconta la sua storia uguale a quella di migliaia di prigionieri strappati come lui alle proprie case, ai propri affetti e deportati in un campo di concentramento vicino ad Auschwitz chiamato Buna-Werke. Entrato nel lager, non ebbe più un nome divenne solo un numero 174517 che gli venne tatuato sul braccio destro. Nel campo i tedeschi li umiliarono e li fecero lavorare duramente, allo scopo di trasformarli da uomini in bestie, così come loro li consideravano. L'unico modo per sopravvivere era di farsi furbi, rubare e barattare ciò che si era rubato con camicie, coltelli, altri oggetti necessari o eventualmente comprare ciò di cui si aveva bisogno con la "moneta" più diffusa che era il proprio rancio. Così, già la quantità di cibo era poca, per lo più si barattava, ecco che sempre più spesso i prigionieri deperivano e si ammalavano. Altro nemico era il freddo; ogni tanto le SS passavano per le baracche e dopo aver osservato rapidamente il fisico dei prigionieri decidevano chi doveva vivere e chi morire e alle volte sbagliavano, facendo così morire persone sanissime. Levi durante la sua prigionia conobbe molte persone che lo aiutarono; era, inoltre, un uomo molto astuto, deciso e coraggioso, caratteristiche determinanti per sopravvivere alla prigionia. Dopo circa un anno arrivò l'esercito russo e nel 1944 cominciarono i bombardamenti sul campo e così i nazisti fuggirono portando con sé i prigionieri sani. Levi ed altri, in quanto ammalati, furono lasciati al campo. Primo Levi, per circa dieci giorni, per poter salvare se stesso e i suoi compagni dovette combattere con l'aiuto di due francesi contro nemici più terribili dei nazisti, ossia il freddo e le malattie contagiose fino a quando non arrivò l'esercito russo. I Tedeschi persero la guerra ma uccisero l'uomo ebreo. Se questo è un uomo è un libro che mi ha portata a riflettere, a capire molti tasselli della storia

degli ebrei, anche se io continuo a chiedermi perché i nazisti spesero tante energie per sterminare milioni di ebrei. "Chi tace davanti a un omicidio diventa complice dell'omicidio. Chi non condanna approva.". E perché gli ebrei non hanno opposto resistenza e "si sono fatti condurre al macello come le pecore?" Nonostante ciò, la crudeltà umana si è nutrita e si nutre ancora di stermini di massa, di torture. Leggendo e rileggendo queste pagine ricordo e posso immaginare l'orrore di quanto è accaduto, mi sforzo di comprendere come sia stato possibile che alcuni uomini, colpevoli solo di essere ebrei, siano stati costretti, da altri uomini che potremmo paragonare a dei mostri, a vivere in condizioni disumane, a essere svuotati di tutto ma nello stesso tempo a essere capaci di adattarsi e qualcuno di sopravvivere.

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Il dovere della testimonianza: il perché di un impegno

Per non pensare alla Shoah come ad un capitolo di storia ormai concluso

Giovanna Caratozzolo

La celebrazione della Giornata della Memoria costituisce un momento di catalizzazione dell attenzione sui drammatici eventi che condussero allo sterminio milioni di ebrei nel corso della seconda guerra mondiale, ma perché l istituzione di questa ricorrenza si carichi di significato è necessario che di essi si colga, oltre all innegabile rilevanza storica, anche il carattere universale. Interrogarsi su come sia stato possibile anche solo pensare alla realizzazione di un programma di sterminio scientificamente e capillarmente organizzato rappresenta il primo passo verso una comprensione che è insieme assunzione di responsabilità nei confronti del passato, non in quanto causa di ciò che è avvenuto, ma perché potremmo contribuire, consapevolmente o meno, al ricostituirsi delle condizioni che permisero la Shoah: indifferenza, sottovalutazione, paura, pregiudizi radicati, interessi di parte, ideologia razzista. Il cuore della civilissima Europa sperimenta e si misura con un progetto di morte che, per ampiezza e radicalità, non trova termini di confronto. Auschwitz è un immane tragedia che vede concretizzarsi il male, un male banale e al tempo stesso assoluto, che vive la morte di Dio, ma che vive questa morte come il segno della morte dell uomo e non come espressione della sua liberazione dalla superstizione religiosa, che mette alla prova l uomo e lo sottopone al rischio dell incontro con l Altro. Auschwitz è l inimmaginabile, è l incomprensibile, è l indicibile, ma, nonostante tutto, il riconoscimento di ciò che è stato e di ciò che rappresenta costituisce la base per ricostruire la fiducia nell uomo. Negazionismo, revisionismo, giustificazionismo, tuttavia, si frappongono allo sforzo che da decenni viene compiuto perché si accolga l idea che la Shoah è segnata da una tale radicalità che non può risolversi, né compitamente chiarirsi, e da una evidenza che non lascia spazio alla discussione. La sola parola che deve trovare accoglienza è quella dei testimoni, il solo dialogo possibile è quello che non ammicca al passato con sguardo nostalgico, la sola speranza è che su Auschwitz non cada il silenzio. Tutto questo passa attraverso il doloroso racconto di coloro che furono testimoni di quanto avvenne. Un impegno continuo e crescente, che nel tempo ha dato forza e voce anche a coloro che a lungo sono rimasti al margine della storia, incapaci di trovare parole per un orrore quotidianamente presente alla mente e agli occhi dei superstiti, richiamati dal rischio dell oblio a rendere testimonianza di disumane sofferenze e di radicata speranza nel futuro. Scrive Primo Levi (I sommersi e i salvati) L esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti è estranea alle nuove generazioni dell Occidente, e sempre più estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni ( ). Per noi parlare con i giovani è sempre più difficile. Lo percepiamo come un dovere, e insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati.

Oggi, davanti allo spegnersi silenzioso delle voci che negli anni ci hanno detto dello smarrimento, della paura, del dolore provati di fronte alla negazione sistematica dell alterità, il testimone passa alle nuove generazioni. A noi docenti il dovere di unire due sponde, di garantire il dialogo tra coloro che non solo sulla pelle hanno portato il segno del mancato incontro e coloro che per giovanile intemperanza possono pensare alla Shoah come ad un capitolo di storia ormai concluso. Soffermarsi, come quest anno, a riflettere sull esempio di Giovanni Palatucci, Giusto fra le nazioni, che con il suo impegno ( ) in tempi tanto difficili, è andato oltre il comandamento Ama il prossimo tuo come te stesso fino al sacrificio della vita (Rozsi Neumann,

testimonianza pubblicata in "Israel" il 18 giugno 1953), approfondire insieme ad esperti

quale il Prof. Francesco Migliorino le complesse declinazioni dell antisemitismo (F. Migliorino, Scarti di umanità. Riflessioni su razzismo e antisemitismo, Il Nuovo Melangolo, 2010), leggere e ricostruire la difficile scelta di Emil L. Fackenheim di consegnare alla scrittura momenti della sua vita così profondamente segnati dal programma di sterminio hitleriano (E.L. Fackenheim, a cura di P. Ricci Sindoni, Un epitaffio per l ebraismo tedesco, Giuntina, 2010) è il modo di esprimere il nostro riconoscimento del valore della testimonianza e dell importanza della memoria, nella speranza di riuscire a trasmettere, anno dopo anno, alle generazioni presenti e future il senso di questo impegno.

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Il racconto

Chiara Piccolo I D

Il mio nome era Anna. Avevo nove anni quando la guerra iniziò e in quello stesso anno nacque mia sorella, Irene. Nei primi tempi le atrocità non ci colpirono; mio padre, però, scriveva continuamente ed era strano, la mamma non ne era felice, così per riflesso, mi ero convinta che in lui vi fosse un enorme colpa. Ricordo che un giorno a cena disse: "Abbiamo l'obbligo morale di fare qualcosa!" "Non capisco a cosa ti riferisci, non fanno nulla di male a questi ebrei" rispose mia madre. Gli ebrei? Sono dei parassiti, malvagi! Intervenni. Non sapevo ciò che dicevo; l'avevo sentito

a scuola e imparato come una lezione a memoria. "Vedi" Esplose mio padre:"Non gli fanno nulla di male, eh? Siamo noi i mostri! Guarda che insegnano ai bambini!

"Smettetela!" urlò mia madre:"Il mondo è ben diverso da quello dei tuoi libri, sei un illuso! Smetti di scrivere! Ci porterai alla rovina!" "Questa è già la rovina." sussurrò lui. Quella notte stessa, mia madre mi svegliò bisbigliando: "Anna prendi Irene e corri al rifugio; esci dal retro. Prenditi cura di tua sorella, me lo prometti? Vi amiamo tanto..". Le parole le soffocarono in gola. Non capivo ma l abbracciai. Nel frattempo qualcuno bussava alla porta. "Ora va, corri!" mi esortò: ed io ubbidii. Sentii uno sparo, poi un altro. Guardai dallo spioncino del rifugio: degli uomini stavano trascinando in casa i corpi dei miei genitori. Vidi la mia casa in fiamme, le imposte dei vicini serrarsi, sentii le grasse risate di quegli uomini mentre cantavano allegri. L'odore acre di carne bruciata m'invase le narici, posai Irene sul letto e svenni. Fui svegliata, il mattino seguente, da una domanda:"Dove sono la mamma e il papà?" "Loro non possono venire: dobbiamo essere forti." Lei si divincolò: " Andiamo a casa nostra!" "Siamo due bambine ma adesso è tempo di diventare adulti, non abbiamo altra scelta. Mamma e papà sono in cielo. Dobbiamo nasconderci. Ho promesso che mi sarei presa cura di te, e lo farò.

Lei mi fissò per un istante, poi riprese a piangere. Mi alzai e cominciai a frugare in giro. Trovai viveri, vestiti e una cassa piena di quaderni. Iniziai a leggere e così capii che la colpa di mio padre non era altro che il suo grande cuore, la sua giustizia. "Anna, tu ti prendi cura di me, ma di te chi si prenderà cura?" mi chiese Irene. Silenzio."Lo farò io. Chissà quanti hanno bisogno che qualcuno si prenda cura di loro; potremmo prenderci tutti cura di tutti" proseguì assorta. Delle voci portarono entrambe al silenzio. I vicini parlavano con la polizia: un incendio confermavano, una fuga di gas. Nessuno di loro accennò alle tracce di sangue rimaste impresse sulla neve, nessuno parlò degli spari. "Sono stati rinvenuti solo due corpi, dove sono le figlie?"- chiese qualcuno. Un brivido di puro terrore mi corse lungo la schiena. Tentai di ragionare; ricordai d'aver letto un indirizzo sul quaderno di mio padre; un uomo con le sue stesse idee: era lì che bisognava andare; per me non era possibile ma c'era una piccola finestra nel minuscolo bagno che dava dalla parte opposta della casa, Irene ci sarebbe passata e non l'avrebbero vista. "Irene prendi questo quaderno e vai all'indirizzo che c'è in fondo alla terza pagina digli chi sei e cosa è successo: andrà tutto bene" le dissi mentre le mettevo addosso un cappotto più pesante, il quaderno e un po' di cibo. Non le diedi tempo di replicare. La spinsi su per la finestra, le passai il quaderno. "Mi prometti che tornerai da me, e ci prenderemo cura tutti di tutti?" mi chiese "Te lo prometto, ma fa come ti ho detto." risposi e chiusi la finestra, spostai il piccolo armadio nascondendola.

Presi un altro quaderno dalla cassa, e iniziai a leggerlo urlando in modo d attirare l attenzione:"L'indifferenza è il cancro del mondo. Gli indifferenti sono mostri quanto i carnefici degli innocenti additati come tali; perché ne sono complici. Perché siamo soli in questa nostra difesa della giustizia? Se tutti ci ribellassimo, i colpevoli sarebbero imputati e non giudici. La paura nel dire ciò che si pensa non deve esistere." La porta si aprì; uno di loro mi ordinò di uscire. Resistetti: "Non si hanno più possibilità solo nel momento in cui si decide che sia così: il destino non è altro che una scusa che ci siamo inventati, sotto cui ci giustifichiamo. Non sono le azioni scellerate degli altri a costringere la gente nella sopportazione tacita e sorda; è il nostro modo di reagire a farlo" Fui presa con forza ma continuai:"Guardatemi, ascoltatemi, aiutatemi!" Poi, il fucile espresse sentenza. Adesso, sto qui, ascolto le vostre e vedo le vostre azioni. Vi rivedo ciechi, sordi, muti; indifferenti! Sento il motivetto:"Ricordare per far sì che non accada mai più , ma quanti di voi non ripetono, come io facevo con le lezioni di scuola sugli ebrei, le cose senza chiedersi il perché, senza soffermarsi realmente? Quanti sbuffano e sbottano annoiati, convinti di conoscere "l'argomento" a memoria. Ho visto che parlate di negazionismo, ancora una volta i colpevoli mettono in atto il loro bieco gioco d'inganni, sprigionano gas soporifero per le vostre menti distratte. Nonostante le mille documentazioni. Questa storia non dovrebbe essere conosciuta ma interiorizzata. Sento chi inneggia al fascismo e al nazismo, non sanno che demone stiano osannando. Vedo chi ha l'animo identico a quello dei miei carnefici, e astutamente, li critica e lo cela; portandolo avanti sotto altro nome; e questo gli è concesso perché "conoscete a memoria l'argomento" tanto da non saperlo riconoscere. Vi vedo esporre giusti concetti; ma guardare con diffidenza l'extracomunitario, sfruttarlo, colpevolizzarlo per giustificarvi, odiarlo. Vi vedo guardarvi con indifferenza tra di voi, convinti di non poter far nulla. Vi siete abituati all'ingiusto sino ad aver dimenticato che esistono alternative? E' ora che vi svegliate, è il momento di tornare a pensare seriamente per poi poter vedere, sentire, parlare; che vi prendiate tutti cura di tutti.

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Incubo Disoccupazione

Tra pessimismo, ottimismo a basso costo e illusorie facili scorciatoie

Elena Andò e Chiara Santamaura III B

L Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro , recita l art. 1 della Costituzione. Ma pure L Italia è un paese fondato sulla ricerca del lavoro recita Rosario Fiorello. La disoccupazione è diventata l'incubo del nostro tempo, la calamità che affligge i popoli dei tempi moderni. Per disoccupazione si intende la condizione di mancanza di un lavoro per una persona che lo cerchi attivamente (condizione opposta all occupazione), sia perché ha perso il lavoro che svolgeva, sia perché in cerca della prima occupazione. Si tratta di una situazione di disagio non solo dal punto di vista economico, ma anche frustrante dal punto di vista psicologico, in quanto può innescare un sorta di complesso di inferiorità che, spesso, porta a considerare se stessi non meritevoli, colpevoli di qualcosa in cui è reo solo il sistema socio-economico in cui viviamo. Il momento storico attuale è particolarmente difficile e la crisi congiunturale che investe il Paese, e il mondo intero, ha portato alla chiusura di numerose aziende, anche tra le più grandi, quindi a licenziamenti e cassa integrazione. Quelle che non hanno chiuso hanno dovuto tuttavia ridurre il personale. La crisi occupazionale che in questi ultimi anni ha messo in ginocchio l Italia del Nord, che si credeva essere una sorta di felice terra promessa e che ha letteralmente annichilito il Mezzogiorno, ha fatto sì che tante persone, dopo anni di duro lavoro, si sono viste togliere anche quel poco che avevano. C'è dunque chi aveva un lavoro e ora non lo ha più e chi, invece, non lo ha mai avuto; ma il problema è sempre lo stesso. La crisi e quindi la disoccupazione non ha risparmiato i lavoratori del settore pubblico ed in particolare con i tagli effettuati con la nuova riforma della scuola. Tutto ciò si ripercuote sulla qualità della vita di ampi strati di popolazione, che si vedono diminuire i redditi e comunque si sentono minacciati nell'agio e nella sicurezza, spesso raggiunti da poco e con fatica. Questi sentimenti di precarietà, insicurezza, competizione, sono percepiti da molti. Il lavoro resta per tutti un elemento essenziale di identità, di appartenenza, di definizione di sé. In sostanza, si continua ad essere anche in rapporto a ciò che si fa. Il lavoro resta quindi un fattore decisivo di identità personale, familiare, sociale. Tant è che resta in cima alle preoccupazioni della maggioranza degli uomini e delle donne. Sia di chi ce l ha, ma teme di perderlo. Sia di chi non lo ha e non riesce a trovarlo. Peraltro la preoccupazione si acuisce con l aumento di lavori a tempo determinato, intermittenti, saltuari, atipici. In una parola con l aumento della precarietà. Anche perché le condizioni di instabilità che queste forme di occupazione comportano riducono gravemente le possibilità e persino la predisposizione a fare progetti per il futuro, per ciò che riguarda tanto la vita personale (il matrimonio, i figli) che la vita professionale (disporre delle opportunità per crescere professionalmente). La questione del lavoro rimane dunque cruciale soprattutto perché da essa scaturisce una diminuita sicurezza verso il futuro. Occorre fare qualcosa a livello politico-generale per favorire la ripresa economica. Serve che la politica inizi a parlare ai giovani di progetti seri e convincenti. Abbiamo un debito pubblico da capogiro, una disoccupazione potenziale da rivoluzione sociale. Si tratta del nostro futuro. Non ne esiste un altro. Altrimenti che futuro lavorativo e professionale avremo domani? All estero probabilmente esattamente dov è il futuro di tutti gli intellettuali precari.

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La Costituzione, la Cittadinanza, il Diritto, la Legalità

Intervista al Professore Angelo Falzea

Jasmine Policastro (III B), Serena Berenato (III C), Giuseppe Donato (III C), Simona Licandro (III D)

Abbiamo incontrato il professore Angelo Falzea, docente emerito di Diritto Civile all università di Messina e accademico dei Lincei, nella sua abitazione di via dei Verdi di Messina, una casa ricca di oggetti d arte che testimoniano il gusto del bello dell illustre giurista che ha formato generazioni di studenti, molti dei quali ormai affermati professionisti (tra le sue pubblicazioni ricordiamo

Introduzione alle Scienze Giuridiche , ormai un classico

più volte rieditato). Il professore è stato poi ospite del nostro liceo il 24 gennaio scorso per una lectio magistralis sul tema

Cittadinanza e Costituzione, importanza della legalità e del diritto : se il diritto non è etico non è diritto, ha ribadito più volte il professore.

Professore, lei ha conosciuto l illustre Salvatore Pugliatti. Ci lasci un ricordo.

Mio padre, che era un cultore dell economia (insegnava all Istituto Jaci di Messina, che in quel momento era un forte polo culturale della città) ebbe, tra gli altri allievi di alto livello, Pugliatti . Io invece lo incontrai casualmente per strada, mentre ero con mio padre, nei pressi del Gabinetto di Lettura; così è nato il rapporto con Pugliatti che poi è rimasto per tutta la vita, un rapporto straordinario, fuori dal comune. Ci siamo conosciuti e non ci siamo più lasciati. Ricordo che quando Pugliatti si è laureato, il preside era un professore palermitano il quale in seduta di laurea ha detto: Qui c è un inversione di posti, al mio posto dovrebbe stare Pugliatti e al suo posto ci posso stare

anch io ; così era la vita di allora, molto responsabile

La Costituzione oggi è al centro di numerosi dibattiti; a suo parere è necessario revisionarla, lasciando gli articoli fondamentali, o resta ancora attuale? La Costituzione è un tema attualissimo, perché è l estrema garanzia dei valori fondamentali della nostra vita pubblica, perciò è da curare con molta attenzione. Purtroppo, proprio perché ha un ruolo così importante, è oggetto di appetiti e di lotte interne abbastanza accesi. Tutto invecchia e invecchia pure la Costituzione, però già quello che si è fatto e abbiamo ottenuto con la Costituzione è un grande passo di garanzia della comunità, quindi se lo conserviamo è già un grande risultato; e infatti la Corte Costituzionale ha una vita difficile. Dobbiamo prepararci a lotte piuttosto aspre per difendere il difendibile. Non la vedo bene: è troppo importante perché la lascino vivere normalmente e naturalmente si sono infiltrate persone non proprio eccelse, che godono di tutta una serie di privilegi che li lega a ancora di più all istituzione. Come si rapportano la nuova istituzione europea e il diritto? Prossimamente vi sarà un grande convegno da me proposto, da me proposto, che tratterà del diritto europeo e del diritto comunitario, che sono due cose un tantino diverse, perché il diritto europeo è quello che è realizzato tra gli Stati dell Europa, il diritto comunitario è legato certo al diritto europeo, perché la base è sempre quella, però riguarda i rapporti tra gli Stati, perciò è più complesso. Il diritto comunitario è più complesso perché ogni Stato dell Europa ha il suo diritto e, avendo il suo diritto, ha anche le sue regole e queste regole si devono conciliare con le regole di tutti gli altri paesi europei e con le regole dell istituzione europea, cioè dell Europa, di cui è stato promotore, a Messina, il professore Gaetano Martino, quando era ministro degli Esteri. Qui, da noi, sono state gettate le basi del diritto europeo, che prima non esisteva poiché c erano i diritti dei singoli stati. Ora ci sono ugualmente i diritti dei singoli stati, però sono collegati al diritto europeo e devono conciliarsi con il diritto europeo, per cui i diritti dei singoli stati sono diritti comunitari.

Cos è l Enciclopedia del Diritto? L Enciclopedia del Diritto è una realizzazione di grande interesse, perché è nata, in fondo, con un colorito messinese: allora c era Pugliatti che era molto amico dell editore Giuffrè, un altro messinese laureato a Messina, e insieme hanno immaginato questa realtà dell Enciclopedia che noi non avevamo e l abbiamo condotta fino alla fine, l abbiamo conclusa tutta. E

qua (e indica una

libreria, una delle varie che occupano le pareti di casa sua) alle mie spalle ed è veramente straordinario, ha una vitalità forte e oggi stiamo continuando l Enciclopedia con un edizione postuma che riguarda le varie problematiche nate con la seconda repubblica. Allora l Enciclopedia è stata un avventura straordinaria, di un importanza ciclopica. Cosa pensa del processo breve e dell immunità parlamentare? C è una lotta ferocissima del peggiore presidente che abbia mai avuto l italia con la magistratura e non possiamo giudicare il rapporto tra la politica e la giurisprudenza da quello che sta succedendo adesso, io mi conforto dicendo che questo è un periodo transitorio e che finirà, tutte le cose finiscono,però noi abbiamo accumulato problemi molto gravi con questo berlusconismo. La situazione è tutt altro che tranquilla. La magistratura ha i suoi peccati, perché, in effetti, un giudizio ordinario dura anni ed anni, quando si conclude i problemi che c erano all origine o non ci sono più o sono cambiati, quindi, in effetti, la lotta per un processo non breve, ma normale, la normalità si sposa più con la brevità che con la longevità, è sacrosanta, solo che è gestita male. Mi auguro che effettivamente qualcosa si riesca a fare perché la nostra magistratura non attraversa un momento bello e ora dovrebbe essere la garanzia principale della vita del nostro paese e non lo è. questa è la lotta per il processo breve, non è che si tende alla brevità, ma alla normalità, il processo ha bisogno dei suoi tempi, che non possono essere i tempi italici. non dico che il processo deve essere breve perché il processo breve come tutte le brevità arriva alla superficialità, ma così abbiamo il peggio veramente. Dal modo con cui funziona la giustizia si dimostra la civiltà di un paese e da noi funziona malissimo. Non sono pessimista, ma realista. Cosa pensa della crisi del mondo universitario? Oggi consiglierebbe a noi ragazzi di iscriverci a Giurisprudenza, e a Giurisprudenza a Messina? Mi fate una domanda indelicata; devo dire che questa facoltà, quando ero preside io, era molto dura, a cominciare dai rapporti con gli allievi; capisco che forse qualche eccesso di impegno lo richiedevo, però ne uscivano persone di primissimo ordine che poi sono andate avanti, hanno fatto belle carriere (i successi richiedono sacrifici); sono venute fuori persone molto importanti, lo stesso Pugliatti che poi è stato preside. La scuola giuridica funziona, lo dimostrano gli ultimi concorsi per magistrati e notai, ma in Italia le cose non vanno molto meglio che da noi a Messina; certo, qui da noi c è una certa rilassatezza. Ci vuole molto coraggio a mantenere il livello di una facoltà, è il coraggio di saper dire di no, è molto più facile dire di sì e non di no, mi sono fatto una quantità di nemic, infatti. Ho il pessimo vizio di dire le cose che penso. Come studenti dell ultimo anno studiamo Hegel e le chiediamo come giudica lo stato di diritto teorizzato dal filosofo; è giusto anteporre gli interessi dello Stato a quelli del singolo? E

un circolo vizioso, perché è primario l interesse dell individuo e il modo di arrivarci è vario; uno dei modi è costituito proprio dalla formazione delle persone che a loro volta devono formare gli individui che poi si trovano di fronte ai problemi della vita e devono risolverli. E

un circolo che si completa perché non si può realizzare una classe di persone di rilievo tale da poter reggere e condurre un paese come il nostro e lo vediamo da che tipo di gente c è al governo del nostro paese. Questi, state sicuri che non hanno letto una parola di Hegel. Come giudica il federalismo? Il federalismo non si può giudicare in astratto, si deve giudicare in concreto, cioè vedendo come funziona nei paesi in cui è praticato, perché il rischio del federalismo è che faccia perdere il senso dell unità del paese e che porti le regioni che sono più avanzate a dominare le regioni che invece hanno difficoltà a portarsi avanti. Il federalismo è pericoloso, può essere utile nel senso che determina una sorta di vivacità nella vita politica di un paese. Ci sono, anche ora che non abbiamo il

federalismo, le regioni che sono avanzate e le regioni rimaste indietro, che purtroppo sono nel meridione, che stenta a slanciarsi, nonostante il meridione abbia fondato molto dell unità dell Italia, non fosse altro il linguaggio. Un professore del suo calibro e con le sue esperienze quale messaggio può dire ai giovani tutti e ai giovani di Messina in particolare, che intendono studiare e vivere nella nostra città? Io sono l esempio di una persona che è vissuta, ha studiato e ha condotto tutta la sua esistenza nella sua città, con tutti gli aspetti positivi e gli aspetti negativi che questa scelta ha comportato. Io sono stato fortunato perché quando ho fatto il corso universitario, il preside era Pugliatti.

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Shoah: paradigma della millenaria follia del mondo

Interessante lettura dell olocausto di Bruno Segre

Paola Alessandra Currò III C

Bruno Segre, che per oltre dieci anni ha fatto parte del consiglio del Centro di documentazione ebraica contemporanea, nel libro Shoah

(Il Saggiatore) oltre a ripercorrere le tappe dello sterminio ebraico sotto il dominio di Hitler, analizza la complessa situazione che ha portato alla Shoah, paradigma della millenaria follia del mondo . Lo scrittore parte dalla proclamazione del Cristianesimo come religione di stato (editto di Tessalonica, 380 d. C.), in seguito al quale l approccio che i Romani avevano prima tenuto con gli Ebrei mutò radicalmente. Da allora infatti si diffuse quell avversione prima politica, poi razziale che sta alla base dell intera questione ebraica. Di vero bando giudaico si parla intorno ai secoli XII e XIII, durante i quali si verificarono estesi episodi di antisemitismo e furono varate leggi che pianificavano la cacciata degli ebrei dagli stati cristiani d Europa, come il IV Concilio lateranense (indetto da papa Innocenzo III nel 1215) a seguito del quale si decisero restrizioni di ogni genere contro gli ebrei, come la loro segregazione nei ghetti. Essi erano anzitutto accusati di essere degli usurai e attaccati al denaro. In tempi più recenti, fra le tante azioni attribuite agli ebrei- afferma Segre - c'è anche quella di aver preparato teoricamente la Rivoluzione russa. Di origine ebraica era infatti Karl Marx. E vero che il partito comunista tedesco venne costituito grazie all apporto di ebrei; ma con l avvento a Mosca dello stalinismo essi furono rimossi dai vertici dell organizzazione. Segre dedica parecchie pagine relative alla Germania degli anni Venti e alla figura del futuro Führer, in un periodo in cui il proprio ideale era rappresentato dal pangermanesimo di Georg von Schonerer, l'ideologo austriaco che basò la sua dottrina sul nazionalismo, antisemitismo e antisocialismo. Hitler maturò quelle ideologie (supremazia della razza tedesca, pangermanesimo, avversione per gli ebrei) che lo avrebbero condotto a mettere in atto uno dei più atroci crimini della storia. E così, ottenuta la cancelleria, diede inizio alle persecuzioni contro gli Ebrei, considerati "l antistato ideale", i nemici universali e indesiderabili come zingari, omosessuali e malati di mente. All'emanazione della Legge per la tutela del sangue, seguirono le Leggi di Norimberga, un insieme di leggi che privavano gli ebrei dei diritti essenziali. Nell aprile 1938 vennero censiti i loro beni patrimoniali e le loro imprese, fino a giungere alla cosiddetta Kristallnacht (notte dei cristalli), in cui vennero saccheggiati e devastati magazzini e botteghe,

case e sinagoghe appartenenti ad ebrei e numerose persone furono inviate nei campi di concentramento. In soli tre giorni il campo di Buchenwald ricevette 10454 ebrei, trattati con estrema brutalità, mentre un altoparlante ripeteva: Ogni ebreo che intenda impiccarsi è cortesemente pregato di introdursi in bocca un pezzo di carta recante il proprio nome al fine di consentire l identificazione . Nel frattempo si imponevano ulteriori limitazioni e l'obbligo di portare sul braccio il contrassegno della stella gialla a sei punte. Gli ebrei e gli avversari politici di questi paesi furono tutti spediti nei numerosi campi di concentramento presenti in Europa. Ma i Danesi- ricorda Segre- con un grande gesto di solidarietà, mobilitata un intera flotta di pescherecci, in meno di un mese riuscirono a traghettare verso le coste della neutrale Svezia circa 7000 ebrei. Nel sud della Francia, invece, a Vichy, venne instaurato un governo di destra, guidato da Pètain che collaborò con i Tedeschi ed ebbe pesanti responsabilità nella sorte di numerosi ebrei. Con la cosiddetta Operazione Barbarossa, cioè l invasione dell'Unione Sovietica, si aprì il capitolo più brutale del dominio nazista. A carico degli ebrei sovietici ebbero inizio quelle che Lèon Poliakov definì le eliminazioni caotiche . Si giunse così al gennaio 1942, giorno in cui Reinhard Heydrich con una quindicina di professionisti dello sterminio discussero della soluzione finale . Si pensò all istituzione di una serie di fabbriche di cadaveri perfettamente organizzate: i campi di sterminio. Il primo grande centro di

eliminazione mediante camere a gas permanenti venne allestito a Belzec anche se i campi della morte videro la luce soprattutto in Polonia, il paese con la massima concentrazione demografica di ebrei. Dopo qualche anno venne costruito il più grande campo di sterminio, Auschwitz, destinato a diventare il più grande ''cimitero degli Ebrei'', che sarà liberato il 27 gennaio 1945 dai soldati sovietici, i quali trovarono al loro arrivo 2819 persone ancora in vita, mentre alla luce di stime recenti i morti nel Lager sarebbero circa 700mila. In Italia, le leggi per la difesa della razza fecero la loro comparsa nel 1938; ma la soluzione finale

ebbe luogo pochi giorni dopo l armistizio dell 8 settembre 1943, cui seguì la grande retata del 16 ottobre a Roma, l'episodio forse più significativo compiuto nei confronti degli ebrei. A pochi chilometri da Carpi venne creato il campo di concentramento di Fossoli, dove affluirono i primi gruppi di ebrei arrestati nel corso delle retate. Nei mesi in cui la tragedia si consumava, gli ebrei italiani trovarono aiuto presso la gente del popolo, i sacerdoti, i conventi, i funzionari civili. La parte conclusiva del libro di Segre è infine riservata alla condotta tenuta dalla Chiesa; nel 1938, Papa Pio XI affidava a tre gesuiti l incarico di predisporre un enciclica dal titolo "Humani generis unitas"; forse un documento di chiara denuncia dei pericoli insiti nell ideologia nazista e nel fascismo italiano. Ma già gravemente malato, il Papa si spegneva. Il documento misteriosamente scomparve e fu rinvenuto soltanto nel 1972 negli archivi vaticani. A Pio XI successe Papa Eugenio Pacelli con il nome di Pio XII. Si è dibattuto a lungo sul presunto silenzio di Papa Pacelli; il giudizio forse più corretto sull'intera questione è quello espresso da

Dietrich Bonhoeffer, l eroico pastore protestante che verrà poi assassinato dalla Gestapo: Pio XII nei riguardi degli ebrei è stato un buon cristiano salvandone, accogliendone, nascondendoli. Ma a un Papa si chiedeva molto di più. Si chiedeva che, dopo secoli e secoli di grida contro gli ebrei, gridasse per gli ebrei. Ed egli non ha gridato . Il rischio più grande che si corre oggi, secondo Segre, è il diffondersi del negazionismo, che cerca di insabbiare le morti atroci di circa sette milioni di persone. Il ricordo del male non può ridursi a retoriche manifestazioni in chiave celebrativa . Occorre dare vita ad una memoria dinamica, preoccupata di tenere viva la consapevolezza del male per favorire, semmai, la progettazione di un futuro diverso e migliore.

Paradigma della millenaria follia del mondo

La Shoah e la Chiesa rilette da Bruno Segre

Paola Alessandra Currò III C

Bruno Segre, che per oltre dieci anni ha fatto parte del consiglio del Centro di documentazione ebraica contemporanea, nel libro intitolato "Shoah" (Il Saggiatore) oltre a ripercorrere le tappe dello sterminio ebraico sotto il dominio di Hitler, si addentrano nel terreno della riflessione, per cogliere ogni aspetto della complessa situazione che ha portato alla Shoah, "per sempre il paradigma della millenaria follia del mondo". L'autore dedica infatti ampio spazio alla ricostruzione delle cause che hanno determinato l'insorgere della shoah, cause che, a suo avviso, sono riconducibili al giudizio antigiudaico espresso dalla chiesa cattolica nel corso dei secoli, in particolare in seguito all'editto di Tessalonica che sanciva la proclamazione del Cristianesimo come religione di stato. Di vero bando giudaico si parla intorno ai secoli XII e XIII, durante i quali si verificarono estesi episodi di antisemitismo e furono varate leggi che pianificavano la cacciata degli ebrei dagli stati cristiani d Europa, come il IV Concilio lateranense (indetto da papa Innocenzo III nel 1215) a seguito del quale si decisero restrizioni di ogni genere contro gli ebrei, come la loro segregazione nei ghetti. Essi erano anzitutto accusati di essere degli usurai e attaccati al denaro. Alla luce di queste premesse Segre intende analizzare la condotta tenuta dalla chiesa proprio mentre si stava consumando uno tra i più atroci crimini della storia. E' ravvisabile certamente un

comportamento ambiguo, secondo quanto afferma Segre; gli ebrei italiani trovarono infatti aiuto presso conventi e monasteri, grazie alla disponibilità e soprattutto al coraggio di tanti sacerdoti, proprio mentre Papa Pio XI si apprestava a rendere pubblico, attraverso l'enciclica "Humani generis unitas", il pensiero fermo e di chiara denuncia su quanto stava avvenendo in Italia e nel resto d'Europa. Ma con la morte del Papa si provvide a non lasciare alcuna traccia di tale documento, rinvenuto solo nel 1972 negli archivi vaticani. In seguito all'elezione al pontificato di Mons. Eugenio Pacelli (Pio XII), da parte della chiesa non si registrò più alcuna forma di protesta e denuncia contro la sistematica violazione dei più elementari diritti umani, nonostante lo stesso Pio XII avesse più volte agito a favore degli ebrei, ma mai pubblicamente; il giudizio più corretto in merito alla questione, è quello espresso da Dietrich Bonhoeffer, l eroico pastore protestante assassinato successivamente dalla Gestapo: Pio XII nei riguardi degli ebrei è stato un buon cristiano salvandone, accogliendone, nascondendoli. Ma a un Papa si chiedeva molto di più. Si chiedeva che, dopo secoli di grida contro gli ebrei, gridasse per gli ebrei. Ed egli non ha gridato . Spesso dunque ragioni particolari ci inducono ad adottare comportamenti o a fare scelte poco coraggiose, anche quando si comprende che queste permetteranno il compimento di crimini, come è avvenuto nei campi di concentramento tedeschi così come nei gulag russi, fino ai laogai cinesi. E' quindi indispensabile dare vita ad una memoria dinamica, preoccupata di tenere viva la consapevolezza del male al fine di favorire la progettazione di un futuro diverso e migliore; soprattutto non bisogna sottovalutare la portata di certi fenomeni, le cui conseguenze, ritenute impossibili in quanto estreme, potrebbero non tardare a verificarsi.

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Nelly Settetrombe Galluppi

La stagione che viviamo ha una dose crescente di turbamento della coscienza collettiva, con motivi derivati ora da vicende private, ora pubbliche. Si insinua nel cuore di innumerevoli italiani e, ahimè, fra giovani e giovanissimi, la dolorosa tristezza di un confronto di simboli. Da una parte la bandiera italiana, con la sua lunga storia di doveri compiuti fino al sacrificio della vita, dall'altra un segno folkloristico di ostentato disprezzo dell' Unità nazionale e minacce di secessione. Ovviamente per me, e mi auguro anche per i miei lettori, esiste una incomparabilità fra i due simboli: la forza della grande storia per la bandiera, la velleità anacronistica e medievale per l'altro. Purtroppo sfugge a molti, classe politica, stampa, opinione pubblica che, a Costituzione vigente, le leggi hanno valore erga omnes. Ed è da somari, prima ancora che da provocatori, non riconoscere che la scuola pubblica in territorio italiano è un luogo in cui la Repubblica italiana adempie per costituzione la funzione di educazione e di istruzione dei giovani, futura classe dirigente del nostro paese. Vedo di già arricciarsi il naso e corrugare molte sopracciglia, segno di inquietudine, forse di sdegno in molti lettori (adulti ): cosa c'entra tutto questo con la ricorrenza del 150° anniversario dell'Unità d'Italia? Calma, calma che c'entra. L'annosa questione meridionale -come affermava lo storico Gaetano Salvemini- sta tutta nella sua classe dirigente. Sono passati cento anni e nulla è cambiato rispetto all'affermazione di Salvemini. A dimostrazione dell'insipienza delle nostre classi dirigenti va sottolineato come di recente, con il voto dei parlamentari meridionali di maggioranza, sono stati "distratti" i fondi F.A.S., destinati ai nostri territori, per ripianare i debiti degli allevatori del nord (quote latte ). La metafora dell'Italia di oggi è costituita dall'immondizia napoletana e palermitana, dai terremotati dell'Aquila che dopo quasi due anni aspettano la ricostruzione della loro storica e bella città, dai morti di Giampilieri e dallo sfaldamento progressivo della nostra provincia. E' necessario fermarsi per fare un inventario di ciò che rimane da salvare e di quello che c'è da (ri)costruire. E' il mio un discorso primariamente rivolto agli adulti, in particolare a quelli di noi che hanno il compito di istruire i giovani. In questa triste metafora si inserisce l'anti-italianità di una parte ben individuata del Paese, fomentata da ministri di questo governo che ha incontrato, e continua a incontrare, indulgenze e sottovalutazioni non solo nella classe politica in generale, ma colpevolmente e vergognosamente nella classe politica meridionale, non solo nella stampa in generale ma, colpevolmente e vergognosamente, in parte della stampa meridionale. Tutti a difendere consorterie private anziché gli interessi dei cittadini italiani. Del Nord e del Sud. Diciamola tutta e fino in fondo. C'è in giro, in parti ben individuate delle istituzioni, della cosiddetta classe dirigente e di certa stampa un ostentato disinteresse, talvolta un aperto sabotaggio delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Questo atteggiamento non giova a nessuno. E non giova soprattutto- come ha detto qualcuno- "a rendere più persuasivo, potendole solo indebolire, legittime istanze di riforma federale solidale e di generico rinnovamento dello Stato democratico." La storia ci insegna che ciò che ho descritto è già capitato. Nel 1911 a contestare erano i socialisti che avrebbero voluto una repubblica, non la monarchia; nel 1961 i comunisti, allora comunisti veri, si lamentavano della questione meridionale irrisolta. Con la differenza, di non poco conto rispetto ad oggi, che nel 1911 la memoria del Risorgimento era il fondamento della vita civile, come lo era nel 1961 il richiamo alla Resistenza e alla Costituzione. Come dire che, in entrambe le ricorrenze, il brodo di coltura era diversa come era diversa la partita. Nella nostra epoca, ormai da tempo, si mette in discussione il senso stesso dello Stato. E non solo da Nord. Al Sud non ci facciamo mancare nulla. Nella nostra regione, ai massimi livelli istituzionali si afferma. "Per quello che mi riguarda, la Sicilia non dovrebbe festeggiare." Per ricordare e discutere sono in libreria romanzi, saggi e memorie. Una sana lettura può giovani a ciascuno di noi. Il 150° anniversario dell'Unità d'Italia è

diventato una occasione per dispute e discussioni accese, come ormai d'abitudine. Quasi tutte fatte per difendere interessi di bottega più che per cultura storica. Tutti "gli imprenditori" della politica di oggi sembrano più interessati a rimuovere il loro passato, alcuni perché hanno smarrito il loro albero genealogico; altri perché hanno una (sub)cultura di fondo e una organizzazione aziendalistica della cosa pubblica; altri ancora preferiscono rimuovere il loro passato non parlandone. E, alla fine, vincono i discorsi mercantili. Conviene o non conviene essere italiani? Io penso di sì. E mi auguro, soprattutto per le generazioni future dei nostri figli e dei nostri nipoti, che gli italiani vedano il baratro sul quale stiamo e si attrezzino per dare al Paese una degna classe politica, capace di interpretare il bisogno di unità che vive nel cuore della maggioranza degli italiani. Una classe politica capace, con una rinnovata Repubblica, di far rivivere l'antica Patria italiana, per la quale i migliori fra noi continuano ancora a dare la vita. Molto, se non tutto, dipende da noi.

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Il racconto

La testimonianza

Stefania Pelleriti III C

Ricordare nell'ambito dell'etica ebraica è un dovere, uno dei precetti. Il cammino che hai compiuto è il timone che ti orienta per il cammino che devi compiere. La memoria è un progetto per il futuro. (Moni Ovadia)

Tu non hai visto come ho salvato questo mucchio d ossa e carne risistemati a caso, tu non hai visto il resto di me morire con la stessa lentezza di una cancrena. Tu non mi hai visto cercare un dio in ogni buco rigurgitante di tormento, nello spegnersi di ogni pupilla, nell ultimo gemito di ogni gola. Tu non hai visto dove i miei pensieri sono caduti sulla terra e hanno cominciato a marcire, dove l aria ha graffiato le anime che tentavano di fuggire, dove il cielo non si vede nemmeno nel riflesso delle pozzanghere. Quando sono tornato ti ho vista, allora non eri affatto superficiale come tutte le ragazzine della tua età, ma si avvertiva che nel tuo mondo non aveva mai messo piede la sofferenza, eri fresca come un filo d erba che non aspetta altro che la lama che lo decapiterà, standoti vicino avevo paura di rubarti l aria o di profanarla col mio respiro infetto, avevo paura che guardandoti negli occhi avrei potuto trasmetterti qualcosa di sudicio e incompatibile con il tuo candore, che avvertissi l odore della decomposizione avanzata dei miei pensieri, avevo deciso di starti a distanza di sicurezza soprattutto quando hai cominciato a non farti più solo gli affari tuoi, ma boccheggiavo. Adesso sei quello che tutti si aspettavano che diventassi e fai tutto quello che le donne come te dovrebbero fare, i tuoi figli hanno i tuoi capelli, il tuo sorriso e le tue vene nelle mani, non ti racconterò che io non ho più una faccia da lasciare né idee né sogni né storie né tutto quello che uomini tentano di lasciare ai loro figli perché penso sempre a quello stupore ignaro che veste i tuoi occhi quando prendi il caffè, ci metti tantissimo zucchero per non sentirne il sapore amaro, ma ti bruci la lingua tutte le volte perché hai sempre fretta e sei completamente impreparata nella tua sicurezza di esserti ormai preservata da ogni male. Ogni volta che mi cerchi gli occhi io devo allontanarti come un genitore che toglie le forbici dalle mani di un bambino, e come un bambino non smetti comunque di farlo. Mentre prendi il the con le tue amiche ce n è una che dice di essere troppo sensibile per vivere in un mondo come questo, un altra invece che avrebbe preferito spezzarsi la gamba piuttosto che il cuore e non capisci perché io mi rifiuti sempre di unirmi a voi, a un certo punto ascoltate alla radio melodie allegre che dentro le mie orecchie si distorcerebbero, non potrei spiegarti che ho visto uomini carezzare visi con le mani appena lavate dal sangue. Adesso la mia pelle è bianca, quasi trasparente, scruti le vene scure sperando che scrivano le cose che non ti dico, ma io non voglio che ascolti la mia bocca senza fiato, che consumi il tuo fazzoletto sui miei occhi asciutti, che mi carezzi scavalcando le ferite, mi guardi negli occhi e già la tua pelle trema, non potrei appoggiarci le mie mani di ghiaccio che non si scioglie più. Come potrei dirti mentre leggi la cronaca nera e piangi perchè non provo più dolore neanche per la peggiore sorte del bambino più innocente? Come potrei dirti che se cercassi con tutte le tue forze di gridare ti accorgeresti solo di avere la bocca spalancata? Come reagiresti tu che ascolti ogni giorno la messa, se ti dicessi che se gli uomini hanno l anima quando noi due siamo in questa stanza ce n è una sola? Ogni tanto di notte spero di potermi addormentare pensando che non esista più niente ormai che mi possa ferire, ma poi la pioggia ricopre i vetri delle finestre e mi ricordo di quando hanno coperto tutti i soli, straziato tutte le poesie, accartocciato tutti i cieli, stuprato tutti i crocifissi e ammutolito tutte le verità, sono sorte fiamme d inferno che la pioggia perpetua non cancellerebbe. Quello che senti di notte non è il latrato di un cane.

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Le anime finite nel vento

Francesco Tomasello IV B

Strappato alla mia casa e alla mia terra come un bimbo strappato dalla madre mentre ancora ne è nutrito mi sono ritrovato in questo luogo grigio e tetro, dove non c è colore se non il nero della cenere. C è freddo, c è l inverno eppure sono mezzo nudo, e in lontananza vedo alcuni luoghi da cui esce fumo, che rende il cielo grigio e lo riempie di sozzura. Mio padre aveva detto che in quel fumo rattristante volavano persone ch erano state in questo campo, le loro voci tutte che dicevano di scappare, mia madre e la famiglia, tutta intera, di un mio amico. Ma non ci credo, no, mia madre è dentro un altro campo, un altro campo grigio, tetro e pur da me lontano, non so per quanto noi dovremo star senza di lei, non so per quanto noi dovremo star in questo posto, non sogno che soldati con i mitra sollevati che urlano parolacce e sparano contro mio fratello, e mentre non mi muovo, paralizzato dalla paura, loro vengono verso di me che non li guardo neanche in volto, un colpo sulla schiena ed io ritorno a lavorare. Ma so che questo incubo avrà fine come tutto.

Che torneremo fuori e non udrò più queste urla, che sognerò la casa, con la stanza, con il letto, con tutti quei regali che io ancora non ho aperto. Magari mi sarò perso per quest anno qualche festa, e sempre questo peso assai opprimente avrò nel cuore, ma almeno sarò libero ed è la cosa più preziosa, nessuno guardando il cielo mi dirà C è gente morta! ; nessuno più urlerà al fratello mio Va a lavorare! ; ma a scuola tornerò coi miei compagni ad imparare. Magari un giorno, uomo, potrò chiedere a qualcuno che cosa sia successo ed accusare chi l ha fatto, chi abbia strappato così tante migliaia di persone ai luoghi dove ognuna trascorreva la sua vita. Il cielo sarà azzurro e quando in esso volerò nel cielo ci saranno solamente venti freschi.

E mentre in questo foglio sto scrivendo queste cose, ci chiamano i soldati, dobbiamo andare a far le docce.

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La recensione

Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay

Un romanzo che ricostruisce un'età in cui le favole erano un antidoto per sconfiggere il male.

Federica Valenti II D

Samuel Klayman ha 17 anni, un viso che sembra un triangolo rovesciato e tanti sogni nel cassetto. Come tutti i ragazzi di Brooklyn è affascinato dal tema della fuga in tutte le sue forme, che si parli di metamorfosi o di controllo della mente. Josef Kavalier si dedica da sempre alla vita dell Escapista, cioè di chi sa determinare i modi e i tempi delle proprie fughe. È ebreo e vive in una Praga in mano ai nazisti. Quando Josef con una rocambolesca fuga assieme al Golem ebraico viaggia attraverso la Lituania e il Giappone per arrivare in fine nella piccola camera del cugino Samuel a Brooklyn per i due comincia un esperienza magnifica. I due cugini infatti mettono insieme i loro sogni per inseguire il successo nel mondo dei fumetti dando vita al personaggio dell

Escapista, un genio della fuga in lotta contro il malvagio Attila Haxoff (iniziali A.H. guarda caso ) . Il fumetto riscuote un grande successo, tale da mettere in secondo piano colossi del mondo dei comic come Superman; Sammy lo descrive come "un Houdini combinato con Robin Hood e un po' di Albert Schweitzer". C'è di tutto in "Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay" (Rizzoli) scritto da Michael Chabon: gli orrori della guerra e la cultura pop degli Anni Quaranta, la magia di Houdini e la genialità di Orson Welles: sin dalle prime pagine ci si accorge di penetrare un universo complesso e favoloso che, se si ha la pazienza di esplorare, lascerà tracce importanti nella memoria. Il viaggio dei due cugini ebrei attraverso il sogno americano è una grande sfida per lo scrittore Michael Chabon che grazie a questa opera nel 2001 ha ottenuto la sua vittoria vincendo il Premio Pulitzer.

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Antonino Stramandino, III C 2009/2010

Lettera aperta di un ex-alunno

Cari ragazzi del La Farina,

Scuola - università, università - scuola. In molti vi avranno già parlato delle differenze tra due mondi radicalmente diversi nel panorama del sistema dell Istruzione italiana e, in questi anni, varie volte avrete letto delle esperienze degli ex alunni del La Farina che hanno completato il loro ciclo di studi ed iniziato, come me in questo momento, la loro carriera accademica. E sicuramente vero che il rapporto professori

alunni è diverso così come il fatto che il tempo a propria disposizione (ma dipende dal corso di studi scelto) è maggiore e tutto si basa sulla propria capacità di organizzare lo studio. Allo studente che inizia l università è richiesto un grado di responsabilità e di maturazione maggiore, che si ritiene già acquisita, rispetto a chi è ancora alle superiori e deve essere educato per formarsi come uomo e come cittadino del domani. Data già per acquisita questa maturazione, è sicuramente concessa allo studente universitario maggiore autonomia, ma ecco che qui entra in gioco la propria maturazione reale: chi manca ancora di diligenza tenderà a vedere l università come il regno della libertà assoluta, dove tutto è concesso; mentre lo studente con un sufficiente grado di responsabilità la vedrà come un opportunità importante per formarsi professionalmente e per aumentare le proprie conoscenze in maniera autonoma, secondo la formula di studio che più preferisce. Cinque anni fa, quando, dopo aver presentato la mia pre-iscrizione ad un istituto tecnico-industriale, facendo un inversione ad U che in pochi forse avrebbero tentato di fare, ritirai la domanda e scelsi il liceo classico Giuseppe La Farina , non sapevo se era davvero la scelta giusta per me, se ero portato per tale tipo di studi e se mi avrebbe dato realmente quanto mi aspettavo, ovvero una formazione culturale il più possibile completa per poter poi affrontare l università. Ma a un tredicenne che aveva le passioni dell informatica (che poi abbandonai nel corso del quinquennio), della scrittura giornalistica e a cui piaceva l inglese, la scelta del classico mi sembrava la più adeguata. Ora, dopo aver concluso in maniera davvero soddisfacente i cinque anni di liceo, posso dire che il tipo di studi che avevo scelto mi ha non solo consentito di apprendere nozioni e quanto un buon cittadino deve conoscere, ma soprattutto mi ha insegnato a ragionare con la mia testa, a preferire il dialogo e la discussione rispetto ad una chiusura pregiudiziale nei confronti degli altri, a capire che, in un mondo che va a rotoli, la realtà, l onestà e la legalità contano più dell apparenza, della disonestà e delle futilità. I frutti di cinque anni di studio, le capacità ed abilità acquisite, iniziano a toccarsi con mano ed è proprio vero che chi esce

da un liceo classico (oggi guardato spesso con timore o diffidenza) ha una preparazione davvero completa che lo rende capace di affrontare qualsiasi argomento e, in futuro, qualsiasi corso di studi. L unica cosa che mi ha lasciato un po insoddisfatto in questi anni (ma forse si è trattato di una mia incapacità) è che la serietà del classico è tale da permettere di coltivare i propri interessi solo fino ad un certo punto. Benché, anche in questo caso bisogna organizzare il proprio lavoro e sicuramente molti ragazzi, me compreso (e mi riferisco alla mia passione giornalistica), hanno potuto coltivare le proprie passioni. All università, certamente, è diverso, in quanto si può più facilmente affiancare lo studio a quelle che a scuola si chiamano attività extracurriculari

e attività lavorative. Finora, grazie a questo sistema più aperto , mi sto trovando bene e spero che quanto mi aspetta risponda veramente agli obiettivi ed alle mie ambizioni. Al La Farina ho fatto belle esperienze, come scrivere sin da quando ero in quarto ginnasio su Stoà e poi, negli ultimi due anni, impaginarlo. Spero di farne altrettante nel corso della mia carriera universitaria, ricordando sempre quanto mi hanno dato la scuola e i miei insegnanti, a cui va un mio affettuoso ringraziamento.

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Lo scaffale della Shoah

Memorie diverse, un unico destino

Katia Higgins, Alessia Attivissimo, Paola Gemelli II C

I racconti di chi ha vissuto l'orrore di quei giorni e ancora oggi ne porta il marchio, sulla pelle e nella memoria, ci ricordano un male comune che ha colpito il diverso, l'ebreo, segnandone per sempre il destino, un male da non dimenticare,che non può e non deve cadere nell'oblio: l'olocausto. E quanto sia difficile dimenticare lo sottolinea Lidia Beccaria Rolfi nel suo romanzo autobiografico "L'esile filo della memoria" (Einaudi, pp.187, 11,36). Deportata nel 1944 dai tedeschi in un lager di Ravensbruck e liberata l'anno successivo racconta la lunga marcia per ritornare in Italia. Rientrata nella sua città, si illude di aver dimenticato il passato, ma non è così:"il lager è una colpa che non si può cancellare". Lo stesso tema della memoria è riproposto in chiave nuova ne "I sommersi e i salvati" (pp.202, 2007, Einaudi, 10,50) di Primo Levi; lo scrittore che visse l orrore di Auschwitz prova quanto se ne siano serviti, vittime e carnefici, per dimenticare una parte vergognosa della loro vita, gli uni per sfuggire al terribile ricordo, gli altri per non incorrere nei sensi di colpa. La vergogna e le violenze subite hanno segnato maggiormente vite di diverse donne. Un'eco ne è la raccolta di tre testimonianze nel libro "Come una rana d'inverno" (Bompiani, pp. 240, 8) di Daniela Padoan. Il crudo racconto della loro esperienza è il filo conduttore delle vicende di Liliana Segre, Goti Bauer e Giuliana Tedeschi, sopravvissute ad Auschwitz-Birkenau. La dolorosa esperienza di queste tre donne inizia con l'emanazione delle leggi razziali. Liliana, tredicenne, fu arrestata con il padre l' 8 dicembre 1943 mentre cercava di attraversare il confine con la Svizzera, Goti, diciannovenne, ebbe la stessa sorte il 1 maggio 1944 e infine Giuliana, trentenne e con due figlie, fu arrestata l'8 marzo 1944 a Torino. Con l'entrata nel campo, le donne hanno subito l' annullamento totale della femminilità attraverso il pudore tradito, la nudità forzata davanti a sbeffeggianti ufficiali in divisa, la rasatura dei capelli. Altre testimonianze femminili sono narrate in Il fumo di Birkenau

(La Giuntina, pp. 165, 11,90) di Liana Millu in cui si intrecciano le vite di sei donne, Lily Marleen, Maria, Bruna, Zinuchka, Charlotte, Lise, deportate nel campo di concentramento dov'era la stessa autrice, e tutte a lottare strenuamente per la sopravvivenza. Una storia di solidarietà è scritta tra le pagine de Il violino di Auschwitz di Maria Angels Anglada (Rizzoli, pp. 154, 15) in cui l apprendista liutaio ebreo Daniel, deportato ad Auschwitz e lì scelto per lavorare in fabbrica, prende le difese dell amico violinista Bronislaw, rimproverato per delle stonature; attribuendo la colpa al violino ch egli è obbligato a riparare, pena una fine peggiore della morte. E ancora l'amicizia, messa a dura prova dalle leggi razziali, è ne "L'amico ritrovato"di Fred Uhlman (Feltrinelli, p. 96 5,50), l'unico filo che lega, a distanza di tempo, due giovani liceali di Stoccarda, Hans e Konradin, l'uno ebreo e l'altro aristocratico, accomunati dalla passione per le monete. Questo grande sentimento che riesce a superare le barriere delle leggi razziali lo ritroviamo anche nel film "Arrivederci ragazzi"(1987) del regista Louis Malle ispirato a un ricordo di scuola dello stesso regista: Julien, dodicenne aristocratico francese, frequenta il collegio del Bambin Gesù vicino Parigi. Un giorno arriva Jean Bonnet, ragazzo riservato e portato per lo studio, che in realtà è un ebreo di nome Kippelstein. Tra i due s'instaura un'amicizia sempre più profonda, finché i tedeschi, avvisati dal garzone del collegio, vi irrompono ed arrestano Jean, due suoi amici ebrei e il priore che ha cercato di nasconderli. Non sempre, però, l'amicizia è più forte dell'imperante antisemitismo, come avviene in "Stelle di Cannella" di Helga Schneider (Salani, pp. 117, 9). La vita di due ragazzini, Fritz Rauch e David Korsakov, un tempo amici per la pelle, e delle loro famiglie cambia nell'arco di un anno, quando, messe in vigore le leggi antisemite, l'odio, la paura della morte inducono l'uomo verso una cattiveria insensata e disumana. In questo clima di tensioni, di spietate crudeltà c'è chi si rifugia nella speranza di un mondo

migliore, o chi, nonostante l'immenso dolore, ha il coraggio di lottare fino allo stremo; ciò avviene, rispettivamente, in "Andremo in città" di Bruch Edith (L'ancora del mediterraneo, pp. 139, 14) e in "Ho sognato la cioccolata per anni" di Trudi Birger (Piemme, pp.181, 9). Nel primo libro la protagonista descrive al fratellino cieco, Bumi, un mondo felice, con il cielo sereno e azzurro, e gli promette che potrà curarsi un giorno, celandogli, invece, quanta guerra e disprezzo vi siano fuori. Nel secondo, la perseveranza, la fede mai persa di una piccola donna che, strappata ai the danzanti di Francoforte, si ritrova improvvisamente insieme alla madre nel lager di Stutthof, riescono a salvarla dall'ineluttabile destino che incombe sugli ebrei. La decisione di difendere gli oppressi dal regime nazista e dalle leggi razziali, è il filo conduttore della storia dei fratelli Bielski, protagonisti del film Defiance

del regista Edward Zwick. Figli di una famiglia ebrea bielorussa i cui genitori vengono uccisi durante il rastrellamento del loro villaggio da parte delle SS naziste e della polizia locale collaborazionista, si rifugiano nella foresta dove troveranno altri scampati al massacro. I disperati formano così un nucleo partigiano ebreo, che tiene in scacco i potenti mezzi del Reich: alla fine della guerra, da quella foresta usciranno oltre 1200 persone, sopravvissute alla fame, al gelo e alle incursioni tedesche. Una volta terminato il loro compito, Tuvia, Zus e Asael Bielski tornano alle loro vite, emigrano in America, formano delle famiglie e non parlano con nessuno di quello che hanno fatto. Ma gli orrori della persecuzione non si dimenticano. Prova ne è il film La tregua , tratto dall omonimo romanzo di Primo Levi. All'inizio del gennaio 1945 la Germania nazista è costretta ad abbandonare i campi di concentramento situati in est Europa, per sfuggire all'arrivo dei russi. Vengono così cancellate le tracce degli orrori commessi nei lager distruggendo tutti i registri ufficiali e i deportati ancora in vita vengono chiusi nei campi e lasciati al loro destino. Liberati dai russi i deportati di Auschwitz, tra i quali lo stesso Levi, cercano un modo di tornare alle proprie case: un viaggio fortunoso, a piedi o su treni di fortuna attraverso l'Europa centrale, durato otto mesi. Levi ne uscirà segnato per sempre.

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Salvo Messina II D

Lupi mannari americani

Lupi mannari americani (Rizzoli) è una raccolta di nove racconti nei quali lo scrittore e sceneggiatore americano Michael Chabon racconta storie paradossali di persone comuni che si trovano a dover fronteggiare le difficoltà della vita. L intera raccolta, ad eccezione dell ultimo racconto, ha come tema le conseguenze del divorzio, i personaggi vivono situazioni angoscianti e paradossali: un bambino che crede di essere un lupo mannaro e che non ha che un unico amico, il quale cerca inutilmente di riportarlo alla ragione, una coppia in crisi che grazie ad uno strano agente immobiliare ritrova una parvenza di serenità, una donna vittima di uno stupro che, scopertasi incinta, decide di tenere il bambino, segnando così una svolta nel proprio matrimonio e nel rapporto con suo marito, il quale, dopo molte difficoltà, riesce ad accettare il piccolo come figlio, un optometrista fallito che, spinto dalla disperazione, decide di rapinare la nonna della sua ex moglie, la vicenda di un archeologo che scopre i terribili segreti legati ad un antico e sanguinario dio venerato dagli indiani d America, di una cittadina e dei suoi abitanti, tutti eventi avvolti dalla sconfitta e dall amarezza e che costringono i protagonisti ad una continua lotta interiore.

Lo stile di Chabon è fluido e scorrevole, privo di grandi digressioni e più attento alla descrizione di particolari sgradevoli ed inquietanti che delle personalità dei vari personaggi, dei quali lascia solo intravedere, attraverso rapidi accenni, i conflitti interiori senza mai però intraprendere descrizioni introspettive. Emerge un certo legame con il pulp, genere letterario/cinematografico che propone vicende dai contenuti forti, abbondanti di crimini violenti, efferatezze e situazioni macabre e il trash, intesa non nel suo un connotato più negativo quanto piuttosto come uso di espressioni che contribuiscono ad aumentare il senso di angoscia e a rendere i protagonisti, attraverso appunto un linguaggio popolare e scevro di artifici retorici, molto più vicini alla realtà.

In tutti i racconti comunque l autore lascia che sia il lettore, in base alla sua sensibilità, ad interpretare a sua modo le varie vicende, egli accenna ma non dice, evoca un immagine per poi lasciare che sia il lettore ad intuirne il vero significato.

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Mi scusi Presidente

Divagazioni in prossimità di un anniversario importante

Antonino Carabellò

Mi scusi Presidente / ma forse noi italiani / per gli altri siamo solo / spaghetti e mandolini / Allora qui m incazzo / son fiero e me ne vanto / gli sbatto sulla faccia / cos è il Risorgimento . Sono parole di Io non mi sento italiano , canzone composta e cantata da Giorgio Gaber. Dalle inchieste che di questi tempi si fanno, non sembra che la realtà differisca molto dalla fantasia poetica del cantautore milanese, che dichiara non è per colpa mia / ma questa nostra Patria / non so che cosa sia . I giovani riconoscono l italianità in Dante, nella pizza e in Benigni. E basta? Pare di sì, e certo si può aggiungere nella nazionale di calcio con l intonazione dell inno divenuta una moda, almeno in occasione dei mondiali. Sicuramente un esagerazione, ma è molto difficile oggi sentire qualcuno, in particolare tra i più giovani, attestare la propria fierezza ed il proprio vanto per il risorgimento italiano, l evento storico più significativo, insieme alla formazione dell impero tedesco, dell Ottocento. Ed un autentico miracolo, se è vero che appena qualche anno prima Cavour, quasi echeggiando Metternich che aveva definito l Italia una semplice nozione geografica, riteneva l unità d Italia una corbelleria . Un miracolo dovuto alla prassi che sempre eccede la teoria, determinato comunque dalla sapiente lungimiranza dei progetti dei moderati e dal coraggio intraprendente dei democratici, dalla copertura dei primi e dall azione decisa dei secondi. Sono passati centocinquant anni da quando, il 17 marzo 1861, con la promulgazione della legge che ha attribuito a Vittorio Emanuele II, per sé e per i suoi successori, il titolo di Re d Italia, nasceva l Italia una ed indipendente, anche se non ancora repubblicana secondo il progetto integrale di Giuseppe Mazzini. Eppure sembra ieri. Il detto di Massimo D Azeglio, secondo cui fatta l Italia bisogna fare gli italiani, conserva anche oggi la sua validità, a condizione di integrarlo con l affermazione contraria che fatti gli italiani occorre fare l Italia. Gli anniversari della fondazione o nascita della nazione devono essere celebrati. Come ha dimostrato il sociologo e teologo francese Jacques Ellul, servono a cementare l unità della comunità ed a rinvigorire il suo slancio iniziale. Non c è bisogno di scadere nell ideologia né nella mistificazione. Non è più tempo né di recriminazioni, né di approcci distruttivi. Necessitano, invece, un adeguata presa di coscienza del passato, con tutti i suoi limiti

basti pensare al fascismo o al continuo sfruttamento, maldestramente mascherato, delle parti più arretrate del Paese -, ed un deciso impegno nel presente, da parte di tutti, ad ogni livello di partecipazione e di responsabilità. Molte tragiche vicende sono state vissute in questo secolo e mezzo, e, secondo il giudizio fondato di alcuni storici, con il crollo della dittatura fascista e la nascita della repubblica, è morta e rinata l Italia sorta nel 1861. Di questa vecchia-nuova Italia, il fondamento è la Carta costituzionale del 1947, che, all articolo 5, ne ribadisce solennemente l unità e l indivisibilità che non esclude per nulla un articolazione in chiave di federalismo avanzato. Ripensare all unità nazionale è dunque necessariamente, ad un tempo, ripensare al dettato costituzionale ed alla sua insuperabile centralità nella vita individuale, sociale e politica dei cittadini che sono, loro malgrado, o vogliono sentirsi e dirsi italiani. Nei processi in atto, inevitabili ed irresistibili, d integrazione europea e di mondializzazione, con conseguente perdita della centralità e della sovranità statale, l identità italiana, al pari delle altre identità nazionali, è in crisi ed in corso d opera. La sua definizione e la sua affermazione passa, non più soltanto attraverso l unità d arme, di lingua, d altare, di memorie, di sangue e di cor , che dal tempo di Manzoni si è sicuramente accresciuta grazie alla scuola ed alla maggiore condivisione di esperienze e di cultura, ma anche, e soprattutto, mediante il superamento dei particolarismi locali, adeguate risposte alle nuove aspirazioni individuali e sociali, la fine del divario Nord-Sud, la realizzazione dell unificazione economica, la disponibilità a mediare gli interessi divergenti ed a contribuire secondo le proprie capacità allo

sviluppo ed al benessere dell intera collettività. L Italia è l Italia che verrà parafrasando Dante, non più bordello, ma donna di provincia, in grado di essere, alla pari con altri paesi, esemplare nel mondo. E gli italiani appartengono realmente a un futuro davvero comune e significativo perché costruito liberamente e democraticamente con il concorso di ciascuno. A partire dalle aule scolastiche, naturalmente.

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Moni Ovadia: L ebreo che ride

Perché c è chi ride sempre

Alessio Gugliotta II D

Per chi non ha mai sentito parlare dell umorismo ebreo, Moni Ovadia è un autore da leggere e conoscere, e se ne si ha l occasione anche da vedere (è stato recentemente al Teatro V. Emanuele di Messina dove ha portato in scena un suo esilarante Mercante di Venezia). L ebreo che ride

(Einaudi) è un concentrato di umorismo yiddish, cultura ebraica e riferimenti all olocausto e alle persecuzioni che gli ebrei hanno subìto da sempre nel corso della storia. L umorismo degli ebrei affonda le sue radici nell antica cultura yiddish, la lingua parlata dagli ebrei dell est e del centro Europa e (dopo le grandi ondate migratorie dell 800 e l inizio del 900) anche nel Sud-America, Stati Uniti e Canada. Un idioma che mescola le sue radici germaniche tardo-medievali con lingue quali : l ebraico, l aramaico, il russo, l ucraino, il polacco, il rumeno, l ungherese, il georgiano, l olandese, l inglese e reminescenze latine e romanze. Si scrive con caratteri ebraici ma il rapporto grafema-fonema è diverso. Lo humour ebraico è molto particolare, è prevalentemente ironico, verso gli ebrei stessi, verso ciò che è accaduto loro e verso la loro religione, nasce dall esigenza di rallegrarsi in qualche modo nonostante tutte le cose orrende che sono capitate a questa etnia. Ovadia mette in luce l'irresistibile carica anarchica e liberatrice dell'umorismo yiddish con una serie di storielle:

Quando un ebreo povero mangia un pollo, uno dei due è gravemente malato.

Un umorismo pungente e stuzzicante, soprattutto nei confronti della religione: Ah già... noi siamo il popolo eletto... beh, Signore... ogni tanto, eleggiti qualcun altro! E ancora un anedoto: Shloimele e Duvidl, due studenti di yeshivà, sono accaniti fumatori, sanno che questo loro vizio è guardato con sospetto, ma la voglia di fumare non li lascia mai. Decidono allora di chiedere al rabbino come comportarsi al riguardo. Va, a nome di tutti e due, Shloimele: "Rabbino, rabbino". "Dimmi Shloimele caro, cosa c'e'?". "Rabbino io ti volevo domandare... quando si studia il Toyre, si può fumare?". "Cosa ti viene in mente, razza di vizioso che sei? Quando si studia, si studia e basta!". Con la coda fra le gambe, Shloimele torna da Duvidl e gli racconta della lavata di capo che gli ha fatto il rabbino. "Sai quale è il problema con te? - gli dice Duvidl - Tu non sai fare le domande. Lascia, vado io. "Rabbino, rabbino, io ti vorrei fare una domanda". "Dimmi, Duvidl caro, sono qui per questo". "Rabbino... quando si fuma, si può studiare il Toyre?". "Certo, Duvidl caro! Sempre è un buon momento per studiare il Toyre!" esclama il rabbino entusiasta. Il libro è un affondare nelle radici di questa comicità arrivando fino all origine del nome di Isacco: sì, perché quando l Arcangelo si presentò ad Abramo e sua moglie e dice loro che avranno un figlio in vecchiaia loro risero; e infatti il figlio venne chiamato Isacco, da Itzkhak, in ebraico colui che ride . Il witz (la barzelletta) è, dunque, il filo conduttore dell intero libro che non si

spegne mai, neppure di fronte al dolore, neppure di fronte allo sforzo che gli ebrei occidentali fanno per essere come gli altri, col risultato di non venir comunque mai accettati fino in fondo, vittime di un sospetto e un odio non sradicabile dalle menti delle persone non ebree. Kafka, Einstein, Freud, Gershwin, Bernstein, Marx, Chaplin: geni immortali, capaci di quel riso acuto e semplice proprio del loro popolo. Ma il libro è anche un richiamo al ricordo delle persecuzioni che gli ebrei hanno subìto, e un excursus sullo shtelt, la cittadina per eccellenza dell est-Europa della cultura yiddish. Viene sempre ribadita la voglia degli ebrei di ritenersi più ebrei che abitanti del paese dove si trovano, richiamando sempre le loro radici: il premio Nobel per la letteratura 1978 Isaac Singer disse: Scrivo in yiddish perché è l unica lingua del mondo in cui non si impartiscono ordini ai militari . Perché, -scrive Ovadia- : Dio ride. Ed essendosi sconsideratamente eletti come suo popolo, gli ebrei non possono che ridere di se stessi .

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Nuove sonorità di Zucchero

Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, ritorna con Chocabeck

Francesco Greco IV B

Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, dopo un periodo di pausa dal grande successo del precedente cdFly, che lo ha portato in un instancabile world tour, ritorna sul mercato con un nuovo album di inediti intitolato Chocabeck , un espressione dialettale reggiana: Choca significa far schioccare ; beck becco , quindi far schioccare il becco . Il bluesman, che imposta il nuovo capolavoro con delle sonorità totalmente diverse dai suoi precedenti album, molto autobiografico, soprattutto della sua infanzia, testimoniato dalla presenza del brano Spicinfrin Boy , anche questo derivante dal dialetto reggiano, rivela: Lo diceva mio padre per

non dirmi che non c era nulla da mangiare, così da piccolo immaginavo questi chocabeck come pasti buonissimi, che ancora sto aspettando . E aggiunge: Mi ricorda soprattutto mia nonna Diamante che mi chiamava spicinfrìn!, bambino carino e selvatico! Chocabeck quindi è la nostalgia della mia famiglia e dei miei luoghi natii, ma anche il ricordo del mio passato pericoloso, oggi sono fiero di dire La vita è bella . La nuova raccolta di Sugar registrata fra Pontremoli (RE), Hollywood e Los Angeles dai produttori Don Was e BrendanO Brien, si avvale della collaborazione di nuovi e vecchi amici come: Bono, leader degli U2; Brian Wilson, leggendario fondatore dei Beach Boys; Iggy Pop, icona Punk-Rock; Jovanotti; Francesco Guccini; Pasquale Panella; Mimmo Cavallo e molti altri

L album presentato a Brescello, paese di Don Camillo e Peppone, lo scorso 3 Novembre e disponibile in varie versioni (italiana, internazionale e vinile) per diverse settimane ha dominato la classifica nazionale: piazzandosi subito al primo posto sopra Shakira e Valerio Scanu, grazie alle oltre 150.000 copie di prevendita; ma anche estera, come quella della Svizzera, Austria e Paesi Bassi. Top anche su internet: i singoli radiofonici E un peccato morir e SpiritToghever sono fra i più scaricati da iTunes. Adesso che sto trascorrendo un momento felice e sereno, Prima di fare 101 sono contento di

aprirmi alle persone e raccontarmi - afferma il grande Zucchero- E tutta una vecchia storia , come il titolo del singolo E un peccato morir , che narra i tempi d oro degli agricoltori emiliani che a San Martino per la buona riuscita del vino esclamavano: quest anno c è un vino che è un peccato morir! . Sono già disponibili sul sito TicketOne e nei distributori autorizzati i biglietti del Chocabeck Tour del quale segnaliamo le prime date: 09/05/2011 Francia, Paris-Zènith; 16/05/2011 Belgio, Brussels-VorstNationaal; 18/05/2011 Olanda, Rotterdam-Ahoy; 24/05/2011 Germania, Berlin-02World; 28/05/2011 Inghilterra, London-Royal Albert Hall; 30/05/2011 Austria, Vienna-Stadthalle.

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La poesia

Marisa Pelle

Ti colse amara l onda del ricordo

1 onda primigenia

i remi a poppa

le luci a tergo segnavano l approdo

stelle malcerte punteggiavano il tramonto

mentre Armonia di Cadmo la sposa

portava ancora la veste tessuta

dalle Cariti e la collana

secondo la leggenda tebana

avvelenata da guerra e distruzione

ossimoro del nome

la stella polare segnava sempre il Nord

così gira la ruota della vita.

(Inedito) Messina, 26 aprile 2010

Nino Carabellò

Autrice di diverse pubblicazioni apprezzate dai critici e gradite ai lettori (Fiori di cactus, Messina 1987, Scagliosi silenzi, Messina 1991, Fatamorgana, Messina 1996, Sulla cifra del tempo, Messina 2004, Sul crinale del giorno, Nardò 2008), Marisa Pelle, nell agosto scorso, a Reggio Calabria, è stata premiata quale terza classificata al Rhegium Julii

Inedito 2010, per la sua sesta silloge poetica, Dai gradini del Persephoneion. Ennesimo e meritato riconoscimento della validità della sua opera. Non è un caso, infatti, che suoi componimenti, anche inediti, siano oggi inseriti in diverse antologie di poeti e scrittori siciliani, italiani e di varie nazionalità. Si tratta, piuttosto, di un doveroso attestato della rilevanza della sua produzione in versi. I suoi testi parlano del tempo, della vita e del dolore, inestricabilmente legati, della natura nelle cui forme si esprimono come per riflesso le emozioni e le esperienze degli uomini, della poesia che manifesta i segreti delle cose portandoli alla parola, ed è bellezza costitutiva del mondo, verità come elemento propriamente ed autenticamente umano. Ne parlano - con un ispirazione, uno stile ed una sensibilità problematica

peculiari ed ormai inconfondibili

da un luogo sempre antico e sempre nuovo e vitale, dalla

classicità, che chiaramente si rivela nel lessico, nei toni e nelle immagini. Ne parlano come si addice alla poesia. Con discrezione, un canto che echeggia in sordina da una strada sterrata di rimando al peana di vittoria che solitamente intona la Ragione, una voce senza voce che grida dalle doline del tempo a decifrare l umana condizione e a tener vive le ragioni della Speranza , capace di produrre un nuovo ordine e di fare nuove tutte le cose. E con parole che scorrono nella forra del dolore ieri come oggi e graffiano la nostra indifferenza , che sorprendono come se fossero usate per la prima volta e che corrono parallele ai sentimenti a segnare l asse della vita ed il suo ritmo binario , scandito circolarmente dalla luce e dal buio, dalla gioia e dalla sofferenza, dal bene e dal male. Marisa Pelle, nata ad Ardore (RC), è residente da tempo a Messina, dove al liceo La Farina, al quale insieme al liceo classico Ivo Oliveti di Locri il suo ultimo libro è dedicato, ha, con il suo magistrale insegnamento di materie letterarie, contribuito a formare come uomini, come studiosi e come cittadini, tante generazioni di studenti.

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La recensione

Soluzione finale

L orrore dell Olocausto tra visionarietà e lirismo

Giovanni Zagarella II D

Nella campagna del sud dell Inghilterrra, un uomo quasi novantenne è dedito alla cura delle sue amate api, e dopo una vita passata tra un mistero e l altro sembra aver perso attenzione per ciò che lo circonda. La monotonia dell attesa della morte viene interrotta dall arrivo di un bambino con un pappagallo sulla spalla, svagato, assorto. Il bambino incuriosisce a tal punto il vecchio (il cui nome non è mai detto esplicitamente nel libro, ma nel quale molti, grazie a continue allusioni dello scrittore stesso, vedono il mitico personaggio di Sherlock Holmes) da risvegliarlo dal suo torpore e indurlo ad avvicinare il bambino e il volatile che, dopo aver deluso ogni tentativo di comunicazione col vecchio, se ne vanno scomparendo nelle Downs inglesi. Le vite dei due sono destinate ad intrecciarsi di nuovo, quando la già misera vita del bambino viene sconvolta dal rapimento del suo unico amico, Bruno, il pappagallo grigio africano; e molti intravedono la ragione del rapimento nella sequenza, apparentemente senza senso, dei numeri in tedesco che il pappagallo sciorina di continuo. L evento, accompagnato dall inspiegabile morte di un uomo nella stessa notte, porta gli ispettori a rivolgersi al vecchio detective, che decide di aiutare a sciogliere l intreccio riscoprendo l amore per il mistero solo per aiutare il bambino che tanto lo aveva sconvolto e affascinato. Questa la trama di Soluzione finale (Rizzoli) di Michael Chabon, un libro il cui titolo sembra rivelare subito il terribile tema; in realtà i temi dell olocausto e della guerra in corso (la vicenda narrata si svolge nel 1944) non vengono mai trattati direttamente, e non prendono mai una parte attiva nella vicenda. Nonostante questo, la mano nera della guerra fa vedere i suoi effetti,

soprattutto sul bambino protagonista del libro. Linus Steinman è un bambino ebreo tedesco, salvatosi per miracolo alla deportazione e strappato via dai suoi genitori. L orrore delle sue vicende lo ha ammutolito, impedendogli di comunicare con gli altri se non per mezzo di bigliettini scritti in un inglese titubante e quasi incomprensibile, e riducendolo ad avere nel pappagallo il suo unico amico. La shoah non viene presentata nella sua scioccante e nera maestosità, ma nell animo distrutto di un bambino, privato di un infanzia, di una madre e di un padre, e infine del suo unico amico. Anche la figura di Sherlock Holmes è vista in modo rivoluzionario: uno dei più famosi personaggi letterari della storia, spogliato dei suoi caratteri mitici di detective infallibile e diventato, al tramonto della sua vita, un apicoltore burbero e orco, come si autodefinisce più volte. Il vecchio sembra immensamente stanco della cattiveria che permea il mondo e di cui lui è stato testimone tante volte nel corso della sua vita: così si dedica alle api,il cui ronzio:"E il canto di una città .. dove tutti facevano quello che dovevano fare, nel modo stabilito da remoti e rispettabili antenati. Una città dove nessuno rubava gemme, lingotti d'oro, lettere o piani navali segreti." Nonostante tutto decide di dedicarsi con anima e corpo alla ricerca del bambino, senza sapere il vero motivo della sua attrazione verso di lui ma sapendo che è la cosa giusta da fare. Nel corso del romanzo esce fuori la vera essenza di Holmes, l essenza del detective rimasta immutata nonostante la polvere del tempo,così forte e presente in lui da farlo arrivare a desiderare di rimanere, dopo la morte, come solitaria essenza che analizza il mondo . Il libro, nonostante le premesse curiose, descrive una storia piccola, paradigma di qualcosa di ben più grande come la shoah, mostrando l atrocità di privare un essere umano, in questo caso un bambino come uno dei molti che furono prigionieri dei Lager, di tutto ciò di cui non dovrebbe mai essere privato, racchiudendo lo straziante orrore che è l olocausto in un bambino, piccolo e muto, che non riesce più a sorridere.

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Scienza o genere letterario?

Storia e storiografia: verum ipsum factum o finzione letteraria?

Luca Cannavò II E

Se la questione dello statuto epistemologico dell attività storica è stata già risolta da tempo con il riconoscimento della dignità scientifica alla storiografia, le numerose recenti pubblicazioni sul nostro Risorgimento, il Ventennio fascista e l immediato dopo guerra troppo scopertamente a sostegno di tesi legate all attualità politica sollecitano riflessioni sull obiettività della conoscenza storica. E se l assenza di sapere storico rende cieco il presente, come esplicitato dallo studioso francese Marc Bloch nella frase contenuta nell opera Apologia della storia

che recita così: L ignoranza del passato non solo nuoce alla conoscenza del presente ma compromette nel presente l azione medesima , è altrettanto vero che narrazioni storiche adulterate da interessi estranei al genuino spirito gnoseologico espongono al rischio di involuzioni politiche e imbarbarimento sociale. Sarebbe quindi utile poter definire un criterio attraverso il quale si possa distinguere le opere di storia che contribuiscono ad accrescere la consapevolezza del presente da quelle ricostruzioni del passato mosse da interessi distorti che mirano a confondere le menti e a mistificare la realtà. Nella frase dello scrittore francese Paul Valéry contenuta nel libro Sguardi sul mondo attuale

solo per l uomo che scopre in sé una passione per il futuro l idea del passato assume un senso e costituisce un valore nel quale è contenuto il movente dell agire conoscitivo rispetto al passato. La ricerca storica, tuttavia, si configura come ardua e complessa raccolta e organizzazione di documenti e testimonianze mediante ambiti quali la diplomatica e la critica. Secondo Bloch il tempo è un immenso continuo

e l ambiente storico il plasma stesso in cui si determinano i fenomeni ; per tali motivi è corretto ai fini di una positiva analisi di un periodo storico prendere in considerazione non la semplice correlazione di fatti sviluppatisi in esso, bensì il contesto e i fattori scatenanti di un particolare evento, della creazione di una particolare struttura o ideologia o dell affermarsi di un determinato assetto sociale o economico adottando lo strumento dell interpretazione critica al fine di cogliere l intelligenza di uno o più fenomeni. L interpretazione deve perciò rappresentare un efficace strumento nelle mani dello storico in grado di fargli cogliere tutti quegli aspetti facenti parte in maniera più o meno pregnante di un età storica i cui caratteri appaiano incomprensibili o dai contorni poco definiti. Il filosofo e psicologo tedesco Wilhelm Dilthey aveva riconosciuto le potenzialità dell interpretazione, che è parte integrante del metodo conoscitivo, quella parte che ha la potenzialità di secernere la memoria dalla conoscenza storica . Se infatti la memoria gode di un punto di un vista parziale, la consapevolezza, così come la conoscenza storica, riesce a comprendere in sé l aspetto fondamentale della prospettiva attraverso cui analizzare con animo immobile gli eventi e la correlazione tra essi stante. Un grande filosofo della scuola ermeneutica, Hans Georg Gadamer, scomparso pochi anni fa, ha accostato a quello storico un sapere di tipo ciclico che leghi strettamente sapere e comprensione. Riconosciuta l importanza della coscienza storica collettiva nasce forte l esigenza di preservare una scienza dotata di proprie regole e assiomi rispetto a quelle forme pseudo-scientifiche, prive di metodo e pervase da motivazioni estranee a quelle legate alla conoscenza della verità, quali il negazionismo e il revisionismo, le quali puntano al massiccio stravolgimento di verità, che, per quanto mai assolute, sono sostenute da ricerche di grande valore e di comprovata serietà, mediante interpretazioni poco attendibili accompagnate da argomentazioni totalmente infondate e facilmente attaccabili.

Dunque le potenzialità di un ambito conoscitivo come quello storico si configurano come immensa fonte di verità e propulsione rispetto al presente e al futuro, i quali rappresentano le dimensioni più significative di una scienza complessa e che richiede l aiuto di molte discipline sussidiarie secondo un ottica che preveda la sostanziale possibilità da parte del passato di interpretare il ruolo di tramite con

il tempo ancora da

scoprire. Essa ovviamente non rappresenta un ritorno ad una desueta dietrologia che ostacoli il progresso, bensì la speranza e l auspicio che una maggiore conoscenza di tipo storico promuova un effettivo rinnovamento,soprattutto nelle classi dirigenti,di quegli ideali e di quegli assetti che fino a questo momento hanno di fatto impedito lo sviluppo sociale ed economico di un Italia funestata da mali che sembra la spingano sempre più verso il baratro. In ultimo è auspicabile anche una maggiore fiducia nel sapere e nella facoltà contingente rispetto ad esso di valorizzare animi intorpiditi e menti poco elastiche avvicinando il futuro tenendo presente il passato, nella veritiera consapevolezza secondo la quale solo una grande comprensione delle ombre che ci stanno dietro aiuterà l illuminazione di un cammino ancora insidioso.

Luca Cannavò II

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Il saggio

Santi Messina VB

Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni crematori, non veda il dominio della morte? Sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza. Non ci credete? Invece è così! (dal Diario di Etty Hillesum, morta in una camera a gas di Auschwitz il 30 settembre 1943). Forse Carmelo Santalco, nello Stalag 307 situato a Deblin, in Polonia, dove fu deportato, tra le baracche precarie e la lotta disumana per un boccone di cibo, vide quello stesso spicchio di cielo e si affidò alla bellezza della Speranza, abbandonandosi al conforto divino.

Con il sostantivo Shoah, traslitterazione occidentale di un termine biblico il cui più stretto significato è, etimologicamente, catastrofe , coniato nel 1938 nel territorio palestinese durante lo svolgimento del Comitato Centrale del Partito Socialista, si suole indicare l Olocausto, ovvero lo sterminio cinicamente programmato attraverso un complesso sistema di azioni, finalizzato alla distruzione del popolo ebraico, la cui esclusiva colpa era quella d esistere e che causò l uccisione di 6 milioni di persone. E palese constatare come l attuazione di tale folle annientamento, svoltasi a cavallo tra Settecento e Novecento, si sia operata attraverso una complessa gradualità. L estrema idiosincrasia che si celava dietro la condotta dei folli che hanno voluto l annientamento degli ebrei non era ispirata dalle belliche e selvagge tribù dei leggendari mongoli o unni delle lontane steppe asiatiche dei tempi remoti, né da altri esseri umani selvaggi : era un gruppo civile e sociale inserito in organismi statali, una comunità scelta e selezionata che aveva già vissuto integrandosi con la popolazione europea e la sua cultura e si era distinta per la propria capacità, il talento, l inventiva, la cultura. E invece, un giorno, un brutto giorno, con le leggi di degiudeizzazione

agli ebrei venne negato il consenso di poter sposare un ariano, di poter intraprendere prestigiose cariche, di poter dipendere dalla pubblica amministrazione, di accedere in luoghi pubblici e nei locali scolastici in seguito alla revoca della cittadinanza ebraica; in breve, vennero espulsi dai territori germanici e soggetti ad un processo di ghettizzazione . Il ghetto (la voce deriverebbe dal veneziano geto , originariamente una fonderia di ferro intesa come getto, cioè la gettata di metallo fuso, e pronunziata gheto dagli ebrei aschenaziti di origine germanica) è sempre stato una realtà topografica di varie città dell Europa sin dal Medioevo, una parte della città nella quale gli ebrei si autoconfinavano o venivano confinati (fu il Papa Paolo IV che nel 1555 creò il Ghetto di Roma ed emise la bolla "Cum nimis absurdum" che forzava gli ebrei a vivere in un'area specifica e prevedeva una serie di terribili e assurde restrizioni, che sarebbero poi state in vigore per secoli!), ma quella che era una piccola città nella città autonoma e dinamica venne ripristinata dal nazismo come istituzione provvisoria per isolare gli ebrei, controllarli e segregarli dalla popolazione locale: l obiettivo finale era, appunto, realizzare la soluzione finale del proprio programma di pulizia etnica . Così agli Ebrei residenti nei ghetti fu ordinato di indossare

targhette di identificazione o bracciali, e molti furono obbligati al lavoro forzato per il Terzo Reich. I ghetti, durante lo svolgimento dell Olocausto, rappresentarono una fase fondamentale nel processo di controllo, disumanizzazione e sistematica uccisione del popolo ebraico. A testimonianza di ciò, in seguito allo svolgimento di un piano di rastrellamento , in particolar modo durante i massacri delle Einsatzgruppen, milioni di ebrei furono deportati in quelli che rappresentano la macabra conclusione della propria esistenza: i campi di concentramento. Nell arco di un decennio ne vennero edificati un numero superiore a 20.000, adibiti, tuttavia, a differenti funzioni: parte di essi furono impiegati come stazioni di transito; altri, la maggioranza, esclusivamente funzionali per l uccisione di massa dei prigionieri ebrei. Straordinariamente, per agevolare l attuazione della soluzione finale , innumerevoli campi di sterminio furono realizzati in Polonia (il ghetto di Varsavia, istituito dal regime nazista nel 1940 nella città vecchia

di Varsavia, fu il più grande ghetto europeo), il paese con la più elevata concentrazione di popolazione ebraica; in essi venivano uccisi solitamente mediante gas di scarico in appositi furgoni o in camere a gas, al fine di rendere impersonali tali uccisioni. E tuttora alquanto complesso poter identificare le veritiere cause che portarono allo svolgimento di quest immane massacro. I nazisti, pur essendosi scagliati contro gli ebrei, in seguito all ascesa al potere di Hitler, con leggi e campagne propagandistiche predicarono la superiorità della razza ariana (cui lo stesso Hitler non apparteneva), incarnata dai popoli germanici e superiore alle altre; appariva, pertanto, conseguentemente necessario l annientamento dei popoli inferiori che contaminavano la purezza ariana, alla ricerca di un territorio in cui gli eletti si sarebbero dovuti insediare per essere eccelsi. Quale fu, però, il risultato di questa azione dettata dalla follia? Un numero poco più che superiore a sei milioni è stato incondizionatamente costretto a patire sfruttamenti, maltrattamenti, lavori forzati e, infine, la privazione del bene cui si dovrebbe essere maggiormente devoti: la vita, profanata per la sola ragione di essere nati ebrei. Il ripetersi di un ulteriore Olocausto appare oggi un avvenimento irripetibile, perché la società contemporanea, quotidianamente bombardata dagli organi di comunicazione e vaccinata contro tali pericoli non può tollerare che certe catastrofi possano nuovamente verificarsi. Tuttavia, è sufficiente sfogliare i giornali d oggi per apprendere il verificarsi di vicende di cronaca nera terribilmente inquietanti: rigurgiti antisemiti, forme di razzismo con episodi di sopraffazione, aggressioni di violenza fisica nei confronti di immigrati extracomunitari, l emarginazione di omosessuali, sieropositivi, handicappati: sono questi gli indizi di un atteggiamento di totale intolleranza presente ancora nella nostra evolutissima società odierna. La pericolosità di questi gruppi, numericamente esigui, viene però moltiplicata dalla tendenza largamente diffusa a dimenticare o sottovalutare gli orrori provocati dalla barbarie nazista. Alcuni pseudo-storici di estrema destra sono addirittura giunti a mettere in dubbio l esistenza dei campi di concentramento, considerandoli una messinscena di russi e americani e negando così, con una sorta di aberrante negazionismo, una delle più palesi evidenze della storia. Per combattere il risorgere di violente ideologie sarebbe necessario non dissolvere l importanza della storia perché, come dice il polacco Alberto Nirenstajn, storico e studioso della Shoah, una società che perde il filo della memoria perde anche la coscienza di se stessa e si espone a ripetere tragici errori. Un quesito sorge però spontaneamente: un giorno, più o meno vicino, il medesimo raptus sterminatore che uccise un intera generazione mezzo secolo fa, non potrebbe insinuarsi nell animo di un altro popolo per sfogarsi contro un altro simulacro sacrificale che richiami l eccitante impresa condotta da Hitler?

Con questo saggio Santi Messina ha vinto il concorso letterario Stalag 307 riservato agli alunni della Scuola secondaria di I grado e del biennio della Scuola secondaria di II grado: Stalag 307, è stato istituito dal Sada-Casartigiani in collaborazione con l Ufficio Scolastico Provinciale di Messina in memoria del senatore Carmelo Santalco, deportato a Deblin in Polonia nel compartimento Stalag 307 nel quale rimase per 19 mesi. Ecco di seguito la motivazione di merito:

La riflessione dello studente delinea un panorama completo del periodo storico in questione e accentra l attenzione sull esperienza di Carmelo Santalco e di altri deportati

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Stoà è diventato un premio

Il nostro giornale d istituto, Stoà, è diventato un Premio. Un premio giornalistico, s intende, per promuovere la scrittura e con essa, naturalmente, la lettura. Certo che il gusto per lo scrivere si è accresciuto in questi anni nei quali Stoà è, a sua volta, cresciuto, sempre più maturo e consapevole, sempre più aperto e democratico. Stoà ha messo, insomma, radici salde in una scuola dove cresce una comunità di studenti che vuole misurarsi con sé, vuole chiedersi, vuole conoscere. La Direzione di Stoà corregge sempre meno; i ragazzi sono esortati a produrre, spinti a scrivere, costretti (dolcemente) a tirare fuori il proprio talento; se la Direzione non facesse così, non li aiuterebbe a pretendere da sé quel che possono dare. E perciò -come dice il nostro preside- ogni numero di Stoà è sempre un miracolo. Riempirne le pagine inizialmente sembra un impresa, ma poi miracolosamente , come ruscelli al fiume, ecco affluire sulla mail della Direzione tanti pezzi interessanti, tante idee. E queste idee hanno

generato a loro volta l idea del Premio Marcello Danzè , intitolato al giornalista e preside che della famiglia del La Farina ha fatto parte come docente un bel po di anni fa, e ha sempre avuto, nei ricordi di chi ha redatto queste righe, un libro e una penna in mano. Per leggere e per scrivere. E a chi legge e a chi scrive, infatti, è andato e continuerà ad andare questo premio. La giuria, presieduta dal preside Pio Lo Re, e costituita dalla giornalista Italia Cicciò e dai docenti Emiliano Arena, Antonella Dragotto, Maria Gemelli e Grazia Miceli, ha scelto dopo attenta lettura tra i tanti articoli apprezzabili dei quattro numeri di Stoà dell anno 2009/2010. Nella cerimonia svoltasi nella nostra aula magna lo scorso 17 dicembre alla presenza del dottor Lino Morgante, caporedattore della Gazzetta del Sud, sono stati premiati: Antonino Stramandino (III C 2009/2010) per l impegno assiduo nell impaginazione del giornale ; Eleonora Corrao (III D 2009/2010) per il I miglior articolo; Marco Arena (III A 2009/2010) e Stefania Pelleriti (III C 2010/2011) ex-aequo per il II miglior articolo. Hanno ricevuto menzioni: Guglielmo Sidoti (III F 2009/10), Jasmine Policastro (II B 2009/10), Federica Di Mattia (III D 2009/10), Simona Licandro (III D 2009/10), Ornella De Luca (III D 2009/10) Antonino Venuti (III D 2009/10).

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Tutto è musica

Riflessioni sulla musica e i giovani

Giuseppe Currò e Giovanni Marchetta I D

Se c'è qualcosa che, indiscutibilmente, ha sempre rappresentato parte fondamentale nella vita di ogni uomo, e, ancora più, di ogni ragazzo, è la musica. Ascoltandola, la mente si abbandona interamente a ritmi coinvolgenti e allontana problemi e pensieri della vita di tutti i giorni con l'unico ausilio di note e accordi. Si comincia con l'ascoltarla da bambini, e via via, con la crescita, il panorama musicale di un ragazzo si fa più ampio, fino a raggiungere la massima punta con l'ingresso agli studi superiori, entrando in contatto con i generi musicali più disparati, oltrepassando la barriera del commerciale trasmesso ininterrottamente dai media e avventurandosi in mondi musicali diversi, dall'hip hop al rock, dal rap al metal. Sta alle ragazzine innamorate del classico belloccio dei talent show e al ragazzo che appende poster di cantanti famose e oltremodo attraenti a ogni parete della propria camera, decidere se mettere da parte l'infatuazione giovanile e avvicinarsi al compagno a cui piace ascoltare musica classificata come metal, o al modo di vestire di un particolare gruppo di ragazzi etichettati dalla massa in base alle preferenze in fatto musicale, o, ancora, perseverare nei propri gusti. A prescindere da questo, l'animo dell'adolescente è sempre stato scosso dal fascino della musica, dal senso di indipendenza e libertà che essa riesce a trasmettere, dai messaggi che questa vuole inviare e dalle suggestioni che infonde. Ovviamente c'è anche chi, superficialmente, bada poco a sensazioni e musicalità della canzone, provando un'ostentata passione semplicemente per l'aspetto fisico del cantante e per i suoi comportamenti più o meno stravaganti ed appariscenti. Oggi possiamo godere di una enorme varietà di stili musicali, nati e cresciuti per la maggior parte nella seconda metà del XX secolo, che hanno influenzato innumerevoli generazioni di giovani che hanno fatto del genere da loro ascoltato quasi una bandiera per il proprio modo di affrontare la vita. Entrano, così, a far parte di una cultura giovanile il cui modo di essere e di pensare può essere individuato proprio grazie ai cantanti e alle band da loro favorite, che li rappresentano a volte meglio di altre cose. Il genere che dalla fine degli anni '70 a oggi ha sempre accompagnato masse di giovani è sicuramente il pop: ciò è dovuto al fatto che era, ed è ancora, una musica di facile ascolto, caratterizzata da ritmi e melodie semplici e orecchiabili, brani di breve durata e musica poco elaborata. Ma con l'avvento del pop nacquero molti altri generi che favorirono il formarsi di mode e stili tra i giovani. Possiamo, ad esempio, ricordare la disco-music, un genere musicale inizialmente disprezzato da chi preferiva brani a contenuto politico e sociale, ed, invece, amato da coloro che si mostravano spensierati e gioiosi, amavano ballare, divertirsi e frequentare le discoteche. Coloro che prediligevano ritmi più incisivi, ascoltavano il rock, che ha prodotto, a sua volta, moltissimi sottogeneri diversi tra di loro: il punk rock, la musica di chi portava capelli a cresta, giubbotti e jeans strappati e sosteneva spesso idee anarchiche, emerso a metà anni '70; il gothic rock, di derivazione post-punk e sviluppatosi nel 1980 principalmente in Gran Bretagna, ascoltato da ragazzi malinconici e vestiti sempre di nero; o, ancora, l'heavy metal, già molto popolare negli anni '70 e '80, caratterizzato da ritmi fortemente aggressivi e da un suono potente, con cui molti giovani riuscivano a consumare i loro problemi e la loro rabbia. Si potrebbe, comunque, continuare all'infinito in questa lista ricca di generi ed evoluzioni di un fenomeno musicale così ampio e in perenne mutamento. Tutti questi generi sono entrati a far parte della storia della musica, raggiungendo una popolarità senza precedenti, da una parte grazie al perenne interesse esercitato dai media in questo campo, e dall'altra, in parte sicuramente maggiore, grazie al talento o alle personalità di giovani artisti e band.

Quasi mitizzati dalla gioventù sia odierna che passata, questi veri e propri fenomeni musicali hanno trasmesso fortemente valori, emozioni e messaggi di volta in volta richiesti dai ragazzi, e non solo, fino a diventare gli idoli di una società che sempre più spesso andava cercando qualcosa che poteva essere espresso e trasmesso solo tramite la musica, appunto; fino a godere della popolarità che li ha resi simbolo di un secolo. Proprio questi idoli giovanili erano e sono la causa che ha avvicinato al mondo della musica moltissimi ragazzi, tanto da spingerli a non limitarsi al semplice ascolto, ma a imparare a suonare uno strumento o a cantare; il sogno di riuscire a imitare grandi chitarristi come Jimi Hendrix, Kurt Kobain o Angus Young, a raggiungere il calibro di cantanti e musicisti tanto famosi da non essere sconosciuti a nessuno come è avvenuto per i Beatles, tanto per citare qualcuno, è il risultato di tutti quei valori, quei messaggi e quelle emozioni che questi artisti sono riusciti a trasmettere. La musica moderna in generale, però, talvolta subisce un vero e proprio declino e sempre più spesso diventa superficiale e intesa non come forma d'arte, ma come mero strumento di guadagno, lasciando che i messaggi, che una volta riuscivano a essere ugualmente intensi a prescindere dal tema trattato, perdano di valore e significato, e concentrandosi unicamente sul modo più veloce ed efficace di colpire il pubblico. Dovrebbe esservi, quindi, una spinta diretta delle nuove generazioni a migliorare e valorizzare questo mondo così ricco di generi e significati così diversi tra loro e in continua evoluzione. Perché la magia della musica può condurci a stare bene con noi stessi e con gli altri.

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