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UNIVERSITÀ DELL'INSUBRIA FACOLTÀ DI ECONOMIA http://eco.uninsubria.it Alberto Onetti, Alessia Pisoni Le relazioni tra industria e finanza in Germania all’inizio del terzo millennio: una mappa interpretativa 2005/7

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UNIVERSITÀ DELL'INSUBRIA FACOLTÀ DI ECONOMIA

http://eco.uninsubria.it

Alberto Onetti, Alessia Pisoni

Le relazioni tra industria e finanza in

Germania all’inizio del terzo millennio: una mappa interpretativa

2005/7

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© Copyright Alberto Onetti, Alessia Pisoni Printed in Italy in Settembre 2005 Università degli Studi dell'Insubria

Via Monte Generoso, 71, 21100 Varese, Italy

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In questi quaderni vengono pubblicati i lavori dei docenti della Facoltà di Economia dell’Università dell’Insubria. La pubblicazione di contributi di altri studiosi, che abbiano un rapporto didattico o scientifico stabile con la Facoltà, può essere proposta da un professore della Facoltà, dopo che il contributo sia stato discusso pubblicamente. Il nome del proponente è riportato in nota all'articolo. I punti di vista espressi nei quaderni della Facoltà di Economia riflettono unicamente le opinioni degli autori, e non rispecchiano necessariamente quelli della Facoltà di Economia dell'Università dell'Insubria. These Working papers collect the work of the Faculty of Economics of the University of Insubria. The publication of work by other Authors can be proposed by a member of the Faculty, provided that the paper has been presented in public. The name of the proposer is reported in a footnote. The views expressed in the Working papers reflect the opinions of the Authors only, and not necessarily the ones of the Economics Faculty of the University of Insubria.

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Le relazioni tra industria e finanza in Germania all’inizio del

terzo millennio: una mappa interpretativa

Alberto Onetti(*)

Alessia Pisoni(°)

Settembre 2005

Abstract Il presente paper si propone di fornire un contributo interpretativo circa la natura delle relazioni tra sistema finanziario e sistema industriale, anche alla luce delle profonde evoluzioni in atto. Il lavoro, dopo una parte introduttiva dedicata all’individuazione degli elementi tradizionalmente qualificanti il modello tedesco di capitalismo finanziario e delle dinamiche evolutive in atto, si sofferma sull’analisi delle relazioni esistenti tra il sistema finanziario e il sistema industriale tedesco. In particolare, è stato affiancato, allo studio delle partecipazioni, quello della composizione dei consigli di sorveglianza, al fine di poter valutare, in modo più ampio, l’effettiva esistenza ed entità di una situazione di controllo da parte delle principali banche ed assicurazioni sulle imprese. Tale scelta metodologica si basa sulla convinzione che i rapporti banca e impresa si fondino su legami radicati che non hanno solo una dimensione economica, ma che poggiano, anche e soprattutto, su relazioni di carattere personale e istituzionale, che l’analisi della composizione degli organi di governo può permettere di tracciare.

1. Il sistema tedesco di “capitalismo finanziario”: elementi qualificanti il modello e dinamiche evolutive Il sistema dei rapporti tra banche e imprese in Germania è stato tradizionalmente indicato come uno dei principali fattori alla base del successo del processo di industrializzazione tedesco (Gerschenkron 1968) e degli aspetti qualificanti il suo modello di governance. L’espressione “capitalismo finanziario”, coniata da Hilferding nel 1910, è tuttora utilizzata per descrivere in modo sintetico un modello in cui le banche svolgono un ruolo centrale, in termini di capacità di indirizzo e di controllo, nei confronti del sistema industriale. La specificità del modello tedesco deriva dalla combinazione di una molteplicità di fattori che possiamo sintetizzare nei seguenti:

1) Banca universale. La normativa tedesca, a differenza di quanto avviene in altri sistemi improntati ad un modello di banca pura, consente alle banche di detenere partecipazioni, anche di dimensioni rilevanti, in imprese industriali (Großl 1989). La partecipazione al capitale attribuisce alle banche un potere di influenza sulle decisioni aziendali, tanto più forte quanto più è rilevante la quota

(*) Professore Associato di Economia e Gestione delle Imprese - Facoltà di Economia - Università degli Studi

dell’Insubria - via Monte Generoso 71 - 21100 Varese. e-mail: [email protected] (°) Dottoranda in Economia della Produzione e dello Sviluppo - Facoltà di Economia - Università degli Studi

dell’Insubria - via Monte Generoso 71 - 21100 Varese. e-mail: [email protected] Il presente contributo è il risultato del lavoro comune dei due autori che ne condividono la responsabilità per il

risultato complessivo. Per quanto riguarda la stesura Alberto Onetti ha scritto i paragrafi 1 e 5; Alessia Pisoni i paragrafi 2, 3 e 4.

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posseduta (Porter 1992, parla al riguardo di “shareholder direction”). Per quanto la legislazione tedesca preveda l’esistenza di istituti di credito speciale1, il modello della banca universale risulta essere prevalente sotto il profilo quantitativo-numerico: a fine 2002, le banche universali erano l’80% del totale degli istituti e generavano il 79% del volume d’affari complessivo del sistema (Cfr. Tab. 1).

Tab. 1 - Istituti di credito tedeschi censiti dalla Deutsche Bundesbank (2001-2002)

Categoria Numero banche

Volume d'affari (milioni di €) 4)

Numero di filiali in

Germania

Numero banche

Volume d'affari (milioni di €)

Numero di filiali in

GermaniaBanche commerciali: 279 2458223 5576 354 2306208 5122 Grandi banche 4 1649019 2369 4 1497060 2256 Banche regionali e altre banche commerciali 195 679511 3194 245 700590 2849 Filiali di banche estere 80 129693 13 105 108558 17Istituti di risparmio centrali 1) 13 603 13 553Casse di risparmio 537 16491 519 15628Istituti centrali delle Banche cooperative 2) 2 18 2Banche cooperative 3) 1619 14584 1490 13889Banche ipotecarie 28 925377 136 25 880899 117Banche con funzioni speciali 14 492657 19 15 510366 19Casse di risparmio edilizio: 29 158994 3694 28 164503 2843 Private 18 2873 17 2027 Pubbliche 11 821 11 816Banche non coprese nelle statistiche mensili 149 18 145 18Totale banche 2670 7394581 2963 7276506Deutsche Postbank AG 1 1Totale generale 2671 2964

2001 2002

784013

2575317 2642446

772084 12

Legenda: 1) comprese DGZ Deka Bank Deutsche Kommunalbank; 2) comprese DZ Bank AG Deutsche Zentral-Genossenschaftsbank; 3) comprese altre non inserite nella forma giuridica cooperativa degli istituti di credito, che però sono inserite nell’Unione Federale delle Banche Popolari e delle Casse Rurali; 4) Il volume d’affari è uguale al totale di bilancio più le voci sotto la linea derivanti dai titoli riscontati, propri effetti in circolazione, scontati ed accreditati ai sottoscrittori e titoli all'incasso.

Fonte: elaborazioni da Deutsche Bundesbank (Februar 2003), pp. 104-107; Deutsche Bundesbank (August 2003), pp. 104-107.

2) Alto grado di concentrazione del comparto bancario. Il settore bancario tedesco presenta un elevato grado di concentrazione intorno alle quattro grandi banche commerciali (le c.d. Großbanken, censite, nelle statistiche della Bundesbank, come entità autonome): si tratta delle tradizionali “Tre Grandi” (Deutsche Bank, Dresdner Bank e Commerzbank), sorte all’inizio dell’Ottocento, nel periodo della prima industrializzazione, cui, dal gennaio 1999, è stata aggiunta Bayerische Hypo- und Vereinsbank2. Queste banche realizzano da sole il 20% del volume d’affari complessivo del sistema (Cfr. Tab. 1). Il resto del mercato è costituito, oltre che dalle altre banche commerciali che hanno dimensioni significativamente inferiori, dalle casse di risparmio e dalle banche cooperative, le quali sono articolate secondo un sistema piramidale a tre livelli (filiali locali, istituti regionali e istituti centrali3).

1 Tra gli istituti specializzati vi sono le banche ipotecarie (Hypothekenbank), che raccolgono fondi attraverso l’emissione di titoli obbligazionari (Pfandbriefe) a fronte dell’erogazione di crediti garantiti da ipoteca, e le casse di risparmio edilizio (Bausparkassen) (Banfi, Locatelli e Schena 1991). 2 Bayerische Hypo- und Vereinsbank deriva dalla fusione avvenuta nel 1998 tra Bayerische Hypobank e Bayerische Vereinsbank. 3 Rispettivamente, la Deutsche Girozentrale per le casse di risparmio e la Deutsche Genossenschaftsbank per le banche cooperative.

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3) Hausbank. Il rapporto banca-impresa in Germania viene concepito e realizzato come una relazione di lunga durata e fortemente concentrata (Charkham 1989). Ciò non significa che le imprese tedesche abbiano rapporti commerciali con un’unica banca, ma che, tra i diversi istituti finanziatori, solo uno in genere assuma un ruolo di riferimento per l’impresa: in altri termini, una singola banca fornisce, in una prospettiva di medio-lungo termine, la maggior parte del credito e gestisce le operazioni finanziarie principali. La rilevanza e la stabilità del ruolo di finanziatore, che la banca di riferimento assume anche spesso grazie alla partecipazione al capitale di rischio, determina l’instaurarsi, tra questa e l’impresa, di una relazione fortemente fiduciaria e viscosa che porta ad estendere la propria area di intervento anche alla valutazione e validazione delle scelte strategiche aziendali (Gerschenkron 1968). Generalmente le grandi banche commerciali, avendo a disposizione l’intera gamma di prodotti finanziari e potendo supportare l’operatività delle imprese clienti anche sui mercati (azionario e obbligazionario), si trovano ad essere nelle condizioni migliori per interpretare il ruolo di Hausbank nei confronti delle imprese finanziate, indipendentemente dalla dimensione di queste ultime (Limentani 2003).

4) Deleghe di voto. Ai voti connessi al possesso diretto di quote di capitale delle imprese, le banche tedesche affiancano i voti relativi alle azioni detenute per proxy (i c.d. Depotstimmrechte): le banche difatti hanno la possibilità di disporre del mandato a esercitare i diritti di voto per conto degli azionisti che hanno azioni depositate presso di loro. Ciò aumenta significativamente la propria capacità di controllo sulle aziende partecipate, in modo più accentuato su quelle ad azionariato disperso. Analisi empiriche (Baums e Fraune 1995 e Gottschalk 19884) stimano che dai proxy votes derivi per il sistema bancario mediamente circa un 60% dei diritti di voto, che si aggiungono al circa 25% derivante da partecipazioni detenute direttamente o tramite fondi sussidiari. Emerge pertanto una situazione di controllo forte, da parte del sistema bancario complessivamente considerato, sulle imprese, che in alcuni casi (quali, ad esempio, Basf e Bayer) raggiunge il 90% e talvolta (Siemens, Hoechst e Mannesmann) supera anche il 95% dei diritti di voto. Alcuni autori (Jensen e Meckling 1979 e 2000, Merkt 2002) hanno sottolineato il rischio di conflitti di interessi che possono sorgere da questa posizione di dominio che il sistema bancario esercita nei confronti delle imprese. Le banche, come sottolineato, esercitano nei confronti di queste ultime una molteplicità di ruoli: esse sono, al tempo stesso, creditrici dell’impresa, azioniste, proxy-agent e, in alcuni casi, offrono anche servizi di consulenza. In tale situazione, esse potrebbero essere portate a privilegiare il perseguimento di uno o alcuni degli interessi di cui sono espressione. Ad esempio, l’esposizione creditizia della banca potrebbe portarla, nel tentativo di proteggere i propri impieghi, a spingere l’impresa ad attuare strategie di investimento con un basso profilo di rischio, a discapito, magari, degli interessi dei portatori di capitale e, in particolare, degli azionisti di

4 Le uniche ricerche empiriche disponibili in materia di diritti di voto esercitabili su mandato sono quelle di Baums e Fraune (1995) e Gottschalk (1988) e sono state realizzate sulla base dei dati forniti dalla Monopolkommision in seguito ad indagini governative condotte per esaminare il peso che le banche sono in grado di esercitare nel sistema industriale. Il problema della quantificazione del peso dei proxy votes è legato al fatto che questi non vengono dichiarati dalle banche. Per maggiori dettagli si veda infra Par. 4.

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minoranza che essa stessa dovrebbe rappresentare tramite i mandati (Baums e Schmitz 1998).

5) Il ridotto ruolo dei mercati finanziari nel finanziamento e governo delle imprese. Il sistema finanziario tedesco è di tipo “bank-oriented” (de Jong 1997). Diversamente da quanto avviene nei sistemi di origine anglosassone, in Germania il ruolo dei mercati finanziari nell’apporto di capitale, sia di debito che di rischio, alle imprese resta limitato.

Tab. 2 - Capitalizzazione di mercato sul prodotto interno lordo (media 1990-2002)

P a e s e In d ic i d i b o rs aA m e r ic a sU n ite d S ta te s 1 0 7 ,3 %

N Y S E 8 5 ,5 %N a s d a q 2 0 ,5 %A m e x 1 ,3 %

B e rm u d a B e rm u d a N .A .A rg e n tin a B u e n o s A ire s 1 4 ,2 %P e rù L im a 1 6 ,5 %M e x ic o M e x ic o 2 9 ,4 %C h ile S a n tia g o 8 2 ,1 %B ra z il S a o P a u lo 2 5 ,0 %C a n a d a T S X G ro u p 7 3 ,2 %

E u ro p e - A fr ic a - M id d le E a s tG re e c e A th e n s 4 3 ,8 %Ita ly B o rs a I ta lia n a 3 1 ,4 %H u n g a ry B u d a p e s t 2 1 ,9 %D e n m a rk C o p e n h a g e n 4 2 ,8 %G e rm a n y D e u ts c h e B ö rs e 3 6 ,8 %F ra n c e , N e th e r la n d s , B e lg iu m , P o rtu g a l E u ro n e x t 7 3 ,0 %F in la n d H e ls in k i 8 7 ,9 %Ire la n d Ir is h 6 3 ,1 %T u rk e y Is ta n b u l 2 1 ,8 %S o u th A fr ic a J S E S o u th A fr ic a 1 3 4 ,5 %S lo v e n ia L ju b lja n a 1 1 ,9 %U n ite d K in g d o m L o n d o n 1 3 2 ,1 %L u x e m b o u rg L u x e m b o u rg 1 5 1 ,5 %M a lta M a lta 2 9 ,5 %N o rw a y O s lo 3 1 ,1 %S p a in S p a n is h E x c h a n g e s (B M E ) 4 6 ,6 %S w e d e n S to c k h o lm s b ö rs e n 8 2 ,2 %S w itz e r la n d S w is s E x c h a n g e 1 7 3 ,8 %Ira n , I .R . o f T e h ra n 8 ,1 %Is ra e l T e l-A v iv 4 2 ,8 %P o la n d W a rs a w 8 ,6 %A u s tr ia W ie n e r B ö rs e 1 5 ,2 %

A s ia - P a c if icA u s tra lia A u s tra l ia n 7 4 ,8 %S ri L a n k a C o lo m b o 1 4 ,2 %C h in a , P .R . : H o n g K o n g H o n g K o n g 2 4 9 ,5 %C h in a , P .R . : M a in la n d 3 7 ,5 %

S h a n g h a i 2 4 ,8 %S h e n z h e n 1 2 ,7 %

In d o n e s ia J a k a rta 2 1 ,1 %J a p a n T o k yo 6 9 ,4 %K o re a K o re a 3 9 ,1 %M a la ys ia B u rs a M a la ys ia 1 7 6 ,8 %In d ia 4 8 ,4 %

M u m b a i 2 6 ,0 %N a tio n a l S to c k E x c h a n g e In d ia 2 2 ,4 %

N e w Z e a la n d N e w Z e a la n d 4 2 ,9 %P h ilip p in e s P h il ip p in e 4 9 ,1 %S in g a p o re S in g a p o re 1 5 0 ,2 %T a iw a n P ro v . o f C h in a T a iw a n 8 7 ,5 %T h a ila n d T h a ila n d 4 8 ,0 %

m e d ia % 1 9 9 0 -2 0 0 2 (c a p ita liz z a z io n e d i m e rc a to

s u l P IL )

Legenda: N.A.: Not Available.

Fonte: Nostre elaborazioni su dati IMF World Economic Outlook (2003) e World Federation of Exchange (2004).

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Per cercare di dare una evidenza quantitativa a questa affermazione, si può fare riferimento (Cfr. Tab. 2) al dato della capitalizzazione della borsa tedesca sul prodotto interno lordo: il dato medio, nel periodo 1990-2002, si attesta intorno al 37%, rispetto al 107% delle borse statunitensi e al 132% di quella inglese, segnalando un contenuto ricorso delle imprese tedesche al mercato dei capitali. Il finanziamento alle imprese avviene di conseguenza prevalentemente in via intermediata, tramite il canale bancario: al riguardo, i dati, riportati in Tabella 3, evidenziano come mediamente i debiti bancari assumano un ruolo ampiamente prevalente (36% nel periodo 1993-2000) tra le fonti di finanziamento esterno delle imprese tedesche.

Tab. 3 - Finanziamento delle società non finanziarie tedesche dal 1993 al 2000

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 In mediaTotale milioni di DM 463,3 483,8 491,5 528,9 498,2 690,8 780,5 935,4 609,05Autofinanziamento 59,1% 60,2% 72,4% 68,6% 71,6% 54,7% 44,2% 36,2% 58,4%Finanziamento esterno 48,2% 42,6% 32,7% 32,8% 31,0% 46,4% 49,4% 64,6% 43,5% del finanziamento esterno:Banche 32,1% 16,3% 55,6% 57,6% 55,3% 40,7% 32,1% 13,5% 37,9%

Banche tedesche 32,5% 17,9% 52,8% 56,5% 51,3% 39,2% 22,8% 15,1% 36,0%Banche straniere -0,4% -1,7% 2,8% 1,1% 4,0% 1,5% 9,3% -1,6% 1,9%Altri investitori 10,6% 16,3% 19,6% 14,8% 22,7% 21,9% 44,3% 45,1% 24,4%

Altri investitori tedeschi 6,8% 6,4% 5,9% -3,5% 1,9% 5,5% 11,6% 1,0% 4,5%Altri investitori stranieri 3,8% 9,9% 13,8% 18,2% 20,7% 16,4% 32,8% 44,1% 20,0%Investimenti azionari 12,4% 18,3% 20,1% 28,6% 21,2% 36,9% 20,6% 37,2% 24,4%

Tedeschi 13,8% 16,2% 17,1% 29,5% 16,1% 35,2% 10,2% 5,2% 17,9%Stranieri -1,5% 2,2% 3,1% -0,9% 5,1% 1,7% 10,4% 32,0% 6,5%Altro 44,8% 49,1% 4,7% -0,9% 0,8% 0,5% 3,0% 4,3% 13,3% Fonte: Jürgens e Rupp (2002), p. 8.

6) Partecipazioni incrociate. Le aziende tedesche, sia industriali che finanziarie, detengono, in modo stabile nel tempo, partecipazioni in altre imprese. I legami di tipo equity sono spesso reciproci, realizzando un sistema di partecipazioni incrociate (“Ringverflechtungen”) tra imprese diverse e tra queste e le banche. Un esempio emblematico di questa situazione può essere rinvenuto in Buderus AG (Cfr. la successiva Fig. 2), la holding di controllo delle acciaierie e fonderie del gruppo Buderus: nel capitale di questa società sono presenti, solo per limitarsi a citare le partecipazioni dimensionalmente più significative, Deutsche Bank (11%), Bayerische Hypo- und Vereinsbank (13%), Commerzbank (11%), Robert Bosch GmbH (13%) e Bilfinger & Berger (30%), che è a sua volta partecipata da Dresdner Bank (25%) e da Allianz (25%). Questi intrecci di capitale, che trovano espressione giuridica nel concetto di Konzern5, danno un carattere di stabilità (Gerschenkron 1968) alle relazioni tra le imprese, ponendo le basi per lo sviluppo di forme di co-operazione e co-determinazione strategica.

7) Interlocking Directorate. Elemento caratterizzante il diritto societario tedesco è il cosiddetto “two-tier system”, ossia la presenza, accanto al tradizionale organo esecutivo (il Vorstand, o consiglio di direzione), di un secondo organo

5 Il § 18 dell’AktG fornisce una definizione di Konzern (gruppo): più imprese formano un Konzern se sono sotto una guida comune.

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(l’Aufsichtsrat, o consiglio di sorveglianza), che svolge funzioni di nomina del primo e di supervisione ed approvazione delle scelte strategiche da questo attuate. La scelta dei membri dell’Aufsichtsrat viene effettuata, oltre che dai lavoratori6, per metà dall’assemblea degli azionisti e quindi in funzione delle quote di capitale possedute. Ciò, all’interno di un sistema di partecipazioni incrociate, determina frequenti intersezioni (fenomeno definito come “Interlocking Directorate”) tra gli organi amministrativi di diverse banche e imprese, tra loro legate, direttamente o indirettamente, da partecipazioni. Il fatto che un gruppo ampio di imprese e banche condivida, spesso anche con le stesse persone, i propri consigli di sorveglianza tende a favorire lo sviluppo di percorsi strategici comuni e di relazioni interaziendali stabili (Tilly 1969, Hopt e Prigge 1998). La presenza nel consiglio di sorveglianza di membri nominati da società (in particolare banche) non partecipanti direttamente al capitale rappresenta peraltro un fenomeno diffuso in Germania. Emblematico è, ad esempio, il caso di Bayer, nel cui consiglio di sorveglianza non vi sono esponenti nominati da Allianz (nonostante questa detenga una quota intorno al 6%), ma vi sono quattro membri, tra cui il presidente, provenienti da società finanziarie che non partecipano al suo capitale (Commerzbank, Deutsche Bank, Münchener Rück) ma che risultano tuttavia collegate alla società di assicurazione tramite partecipazioni dirette (Deutsche Bank e Münchener Rück) o indirette (Commerzbank è partecipata da Münchener Rück che è, a sua volta legata, ad Allianz da una consistente partecipazione incrociata). La forte presenza di diversi istituti bancari, anche non partecipanti al capitale, nel consiglio di sorveglianza delle imprese costituisce un altro segnale dell’esistenza di una capacità di influenza che il sistema finanziario nel suo complesso manifesta nei confronti delle imprese.

8) Stabilità degli assetti proprietari. Il sistema descritto di relazioni incrociate tra banche, società di assicurazione e imprese e l’orientamento al lungo termine che tradizionalmente connota la detenzione di partecipazioni (Porter 1992 definisce il modello tedesco con i termini “permanent owner” e “dedicated capital” per distinguerlo da quello anglosassone connotato come “fluid” e “transient”) tende a determinare una situazione di stabilità e di continuità sul versante proprietario che, innalzando barriere nei confronti di takeover ostili, ne riduce la contendibilità. Ciò è evidenziato dal fatto che in Germania, dalla fine della seconda guerra mondiale fino all’eclatante caso Mannesmann-Vodafone del 1999/2000 (Höpner e Jackson 2001), si siano riscontrati soltanto tre operazioni pubbliche di acquisto di una certa rilevanza, di cui soltanto una è andata a buon fine: nel 1989 c’è stata l’offerta lanciata da Veba AG su Feldmühle Nobel AG

6 La possibilità di nomina da parte dei lavoratori di parte dei membri del consiglio di sorveglianza costituisce uno dei pilastri su cui si fonda l’istituto della partecipazione dei lavoratori (Mitbestimmung), un altro aspetto caratterizzante il sistema tedesco (Figge 1992, Hohmann-Dennhardt 1980, Müller 1986). Le imprese di medio-grandi dimensioni, con un numero di dipendenti approssimativamente (i limiti dimensionali variano infatti da settore a settore) superiore a cinquecento, hanno l’obbligo di prevedere una rappresentanza dei lavoratori nell’Aufsichtrat, in genere per un numero pari alla metà dei membri del consiglio (Cfr. infra nota 26). Nelle imprese minori la partecipazione dei lavoratori si estrinseca nei consigli di azienda (Betriebsrat), che devono essere obbligatoriamente consultati in determinate situazioni (in tale caso la partecipazione dei lavoratori alle decisioni d’impresa agisce soltanto in via mediata). I lavoratori, pertanto, oltre a meccanismi di rappresentanza di tipo sindacale e quindi esterni alle imprese, vengono a disporre anche di meccanismi di influenza e di controllo interni.

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(Franks e Meyer 1990, Nolte e Leber 1998); nel 1990/91 Continental AG ha subito il tentativo di scalata da parte di Pirelli (Baums 1993, Droste 1995); il terzo caso risale al 1991/92 e riguarda l’OPA su Hoesch AG portata a termine con successo da Krupp AG (Baestlein 1997, Schmidt et al. 1997, Franks e Meyer 1998). La continuità della struttura proprietaria fornisce un quadro di stabilità al management, favorendo l’assunzione di orientamenti di gestione maggiormente orientati al lungo termine.

I diversi aspetti sopra richiamati congiuntamente definiscono e contribuiscono a spiegare quella che può essere considerata la caratteristica principale del modello tedesco di rapporti tra industria e finanza: ossia la presenza di legami intensi e stabili nel tempo tra imprese (sia industriali che finanziarie) che portano alla definizione e attuazione di percorsi strategici ampiamente condivisi.

Questo aspetto è stato da più parti richiamato e variamente definito. Solo per limitarsi a citare alcuni contributi, Porter (1992) parla di sistema “relation oriented” segnalando come le scelte di partecipazione al capitale di altre imprese rispondano a finalità di medio-lungo periodo e non siano esclusivamente orientate alla rivalutazione economica dell’investimento; Shonfield (1965) utilizza il termine “gestione economica collettiva” per sottolineare l’aspetto del coordinamento nelle decisioni tra gli attori economici privati in Germania, tanto significativo da sfociare spesso nella costituzione di cartelli; Albert (1991) definisce con l’espressione “dialogue social” il modus operandi, molto diffuso nella società tedesca, di ricerca del consenso attraverso il coinvolgimento nelle scelte di tutte le parti interessate.

E’ nostra opinione che le specificità evidenziate delle relazioni banca-impresa in Germania discendano dalle caratteristiche istituzionali del modello di governance tedesco7. Il carattere di collegialità e di condivisione dei processi decisionali e gestionali è una modalità operativa che non è prerogativa dei rapporti banca-impresa, ma costituisce un tratto qualificante il sistema “Germania”, a tutti i livelli e presso tutte le categorie di operatori (pubblici o privati, organizzazioni centrali e locali). Sulla scorta di queste considerazioni è nostra convinzione che la diffusione e il radicamento di questo modo di operare possa essere spiegata soltanto se supportata da variabili istituzionali di contesto: modalità operative diventano competenze diffuse a livello di sistema solo se vengono incorporate nel modello e da questo sono veicolate (de Jong 1997, Guatri e Vicari 1994; Kirat e Lung 1999, Porter e Sölvell 1999, Warglien 1997). In tale modo entrano a far parte della cultura del sistema, diventano un dato di contesto. Gli aspetti

7 Con l’espressione governance si fa riferimento a concetti spesso diversi. Ai fini del presente scritto noi la utilizzeremo nella sua accezione più ampia, volendo segnalare l’influenza del contesto ambientale ed istituzionale nella definizione dei comportamenti degli operatori. Quindi, con Warglien (1997), per modello di governance intenderemo (p. 1): “institutional arrangements within and between firms, as well as (…) the institutional environment within which such arrangements emerge”. In questa prospettiva rilevano sia gli aspetti regolamentari ed istituzionali (“formal regulation”, de Jong 1997, p. 5) sia quelli sociali e culturali, più a carattere informale (“social factors and processes”, Warglien 1997, p. 1; “informal customs”, de Jong 1997, p. 5). Generalmente si fa coincidere il concetto di governance con la dimensione nazionale (“a system of corporate governance is defined as a more or less country specific framework”, Weimer e Pape 1999, p. 152), sebbene i processi in atto di ridefinizione della geografia economica (Zucchella e Maccarini 1999) in prospettiva attenuino il significato dei confini nazionali in corrispondenza con l’emergere delle cosiddette regioni economiche (micro-regioni, regioni transfrontaliere e macro-regioni).

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istituzionali e costituzionali, e tra questi la sussidiarietà, giocano in questo processo di “contestualizzazione”8 un ruolo fondamentale (Onetti 2001).

Allo stato attuale si avvertono molti segnali di evoluzione del sistema tedesco. I fattori che guidano il cambiamento sono diversi e molteplici. Di seguito, senza pretesa di esaustività, ci limitiamo a segnalarne alcuni che, a nostro avviso, presentano maggiore rilevanza esplicativa delle dinamiche in atto.

1) La crescente internazionalizzazione finanziaria e reale delle imprese tedesche. Le imprese tedesche nel corso degli anni novanta hanno avviato un intenso processo di intensificazione della propria presenza internazionale. Ciò si è manifestato sia sul versante finanziario, con la quotazione di molte importanti imprese tedesche su listini di paesi esteri (ad esempio, possiamo citare, tra gli altri, il listing di Daimler e SAP al NYSE), sia su quello reale, attraverso l’assunzione del controllo di importanti società estere9: al riguardo i casi più eclatanti sono stati le acquisizioni di Morgan Grenfell e Bankers Trust da parte di Deutsche Bank e di Kleinwort Benson da Dresdner Bank.

2) L’aumento degli investimenti diretti esteri (finanziari e strategici) in società tedesche. Al riguardo il takeover di Mannesmann da parte di Vodafone Air Touch ha costituito, per le dimensioni della transazione e la significatività delle controparti coinvolte, il caso più emblematico10, tanto da essere da numerosi autori (Jürgens et al. 2000) indicato come un segnale di cambiamento e svolta nel modello tedesco di corporate governance.

3) La crescente attenzione alle performance economiche da parte delle banche. L’apertura internazionale dei mercati finanziari pone le banche in concorrenza tra loro sul fronte della raccolta di capitali. Di qui la necessità per le banche tedesche di dare maggiore risposta alle attese degli investitori in termini di creazione di valore (sul crescente orientamento delle banche tedesche allo shareholder value si rimanda a Jürgens e Rupp 2002) e le minori possibilità di gestire le partecipazioni esclusivamente secondo prospettive di lungo termine 11.

4) L’aumento dei fallimenti di imprese tedesche. Come evidenziato in Fig. 1, il numero è quasi raddoppiato nel decennio 1995-2004. Nel 2002, questo fenomeno si è manifestato in tutta la sua interezza con i fallimenti di alcune importanti imprese tedesche, tra cui, possiamo ricordare Herlitz (forniture per ufficio), Fairchild Dornier (aerospaziale), Kirch Media (comunicazione) e Philipp Holzmann (edilizia). Quest’ultimo caso, in particolare, è stato il più

8 Boschma (2005) parla (p. 63) di “institutional proximity” segnalando come “interactions between players are influenced, shaped and costrained by the institutional environment”. 9 Il fenomeno di crescita internazionale si è manifestato con particolare evidenza nei confronti degli Stati Uniti tanto da indurre alcuni commentatori (Meyer-Larsen 1999) a definirlo come “Germany Inc.”. 10 Dopo un lungo braccio di ferro durato mesi, iniziato come un tentativo di scalata ostile e avversato dal consiglio di gestione, le due parti arrivarono ad un compromesso che portò all’acquisizione da parte di Vodafone del secondo operatore tedesco di telefonia mobile. La scalata di Vodafone su Mannesmann ha spinto il legislatore tedesco ad emanare nel dicembre 2001 la “Legge sulle offerte pubbliche di acquisto” (Wertpapierwerbs- und Übernahmegesetz - WpÜG) che regolamenta tutte le offerte pubbliche di acquisto e di scambio di azioni, trattate su un mercato regolamentato tedesco o di un altro paese dell’Unione Europea ed emesse da società di capitali con sede legale in Germania. 11 Porter (1992) nel descrivere il tradizionale approccio tedesco evidenzia (p. 70) come “owners are virtually permanent, they seek long term appreciation of their shares, which they hold in perpetuity”.

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eclatante fra quelli sopra citati in quanto ha riguardato una tra le società di più antica tradizione nel panorama industriale tedesco12 e ha visto un cambiamento di atteggiamento da parte delle banche finanziatrici. Holzmann è entrata in una profonda crisi finanziaria nel 1990, a causa della recessione che aveva colpito l’industria edilizia. Le grandi banche tedesche sono intervenute con un piano di salvataggio da 2,2 miliardi di euro cui si sono aggiunti 120 milioni di euro di aiuti pubblici. Nel 2001, di fronte a perdite per 463 milioni di euro e ad un’esposizione debitoria pari a 1,5 miliardi di euro, Dresdner Bank, Commerzbank e Bayerische Hypo- und Vereinsbank hanno rifiutato di aderire al piano di salvataggio predisposto da Deutsche Bank, la banca maggiormente esposta finanziariamente. Tale fatto può essere interpretato, da un lato, come un segnale di alterazione del meccanismo che ha, da sempre, caratterizzato il legame esistente tra sistema finanziario e industriale (quote di partecipazione in cambio di nuovi finanziamenti nell’obiettivo di garantire la continuità aziendale), dall’altro, come un sintomo delle difficoltà che stanno affrontando gli istituti di credito tedeschi, i quali, di fronte alla crescita esponenziale dei fallimenti societari, si sono visti costretti ad aumentare gli accantonamenti per perdite su crediti, con una conseguente erosione dei margini.

Figura 1 - Fallimenti societari in Germania dal 1993 al 2002

Fonte: Creditreform (2004).

5) La tendenza alla riduzione della proprietà bancaria nelle imprese (unbundling). Le banche e le compagnie di assicurazione stanno progressivamente attenuando e restringendo la rete di partecipazioni incrociate che le legano tra loro e al sistema industriale. Tale trend è, da un lato, associato alle scelte strategiche delle grandi banche commerciali orientate ad una crescente focalizzazione sull’investment banking e sulla gestione del risparmio; dall’altro, è stato accelerato dalla recente riforma fiscale, approvata dal Governo Schröder nel 2000 ed entrata in vigore a partire dall’anno fiscale 2002, che, detassando la

12 Holzmann, fondata nel 1848 come società di costruzioni del settore ferroviario, si è nel tempo diversificata nell’ingegneria civile e nelle grandi opere.

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cessione delle partecipazioni13, ha di fatto rimosso l’ostacolo fiscale che, in passato, aveva fortemente limitato la dismissione di pacchetti azionari. Inoltre, tale riforma dovrebbe anche contribuire ad aumentare il grado di contendibilità delle imprese, contribuendo a rendere il mercato finanziario tedesco più appetibile agli investitori domestici e stranieri.

6) L’aumento del peso dei mercati finanziari. La bolla gonfiatasi alla fine degli anni novanta e scoppiata all’inizio del 2000 - emblematicamente sintetizzata dalla parabola di sviluppo del Neuer Markt - ha portato, dapprima, a rimarcare eccessivamente e, successivamente, a sottovalutare il trend di crescita dei comparti azionari ed obbligazionari, peraltro comune alla maggior parte dei paesi dell’Europa continentale (Jürgens e Rupp 2002). Lo sviluppo dei mercati, sia interni che internazionali, consente in misura maggiore alle imprese tedesche, in particolare quelle medio-grandi, di aumentare la propria mobilità finanziaria, indebolendo così il potere contrattuale delle banche universali ed attenuando la tradizionale dipendenza delle imprese dal canale bancario14.

7) Le recenti evoluzioni normative in Germania. Tra queste va sicuramente segnalata la legge sul controllo e sulla trasparenza nelle imprese (Gesetz zur Kontrolle und Transparenz im Unternehmensbereich – KonTraG), che, emanata nel maggio 1998, si è proposta di migliorare la trasparenza sul mercato finanziario e i meccanismi di tutela degli investitori, in particolare di quelli di minoranza. In particolare tra gli obiettivi della legge, vi è quello di limitare il fenomeno dei Depotstimmrechte, imponendo alle banche, che detengono più del 5% dei diritti di voto di società quotate o che si sono occupate del collocamento delle azioni di nuova emissione di tali società, di informare i propri clienti depositanti15. Nella stessa direzione si colloca l’importante modifica alla legge azionaria introdotta nel luglio 2002 con il nuovo § 135, Abs. 1, Satz 3. Secondo tale norma, le banche non possono esercitare per delega il diritto di voto nelle assemblee di società nelle quali detengano più del 5% del capitale, a meno che non abbiano ricevuto specifiche istruzioni di voto da parte dei clienti depositanti o che rinuncino ad esercitare il proprio diritto di voto16. Di fatto, a seguito dei provvedimenti richiamati, il potere discrezionale della banca in merito all’esercizio dei proxy-votes viene fortemente limitato (Martin 2004). A ciò si aggiunge l’entrata in vigore nel febbraio 2002 del codice tedesco di corporate

13 Gli elementi chiave della riforma approvata sono due:

- l’imposta sul reddito gravante sulle persone giuridiche prevedeva un’aliquota del 40% sugli utili trattenuti e del 30% sugli utili distribuiti; con la nuova riforma entrambe le aliquote convergono al 25%;

- il capital gain derivante dalla vendita dei pacchetti azionari di società tedesca o straniera, qualora detenuti da un’impresa tedesca, non è soggetto a tassazione, a condizione che siano detenuti dalla società alienante da almeno un anno.

14 Le modalità operative delle banche tedesche si stanno trasformando soprattutto nei confronti delle imprese di grandi dimensioni, verso cui tendono ad accrescere il ruolo di fornitrici di servizi finanziari (Jürgens e Rupp 2002). Rispetto invece alle imprese di piccole e medie dimensioni (il cosiddetto Mittelstand) la tradizionale funzione di banca universale non si attenua, ma tende anzi ad intensificarsi. 15 Lo stesso dovere di informazione grava anche sulla banca i cui funzionari siano membri del consiglio di direzione o del consiglio di sorveglianza della rispettiva società. 16 Inoltre, le banche sono tenute a rendere note, nelle proprie relazioni al bilancio di esercizio, tutti i provvedimenti di nomina di propri funzionari in organi esecutivi o di controllo di grandi società di capitali.

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governance (Deutscher Corporate Governance Codex – DCGC) (Hopt 2003) che introduce limitazioni alla prassi, in precedenza segnalata, di nominare propri membri nei consigli di sorveglianza delle imprese partecipate dalle banche. Il nuovo codice prevede il divieto, per ciascun componente del consiglio di sorveglianza, di cumulare oltre cinque incarichi in organi di controllo di altre società quotate non appartenenti al gruppo17.

8) Il processo di armonizzazione giuridica in atto nell’Unione Europea e la diffusione di forme di autoregolamentazione a livello internazionale. In ambito comunitario si sta intensificando il processo di armonizzazione degli istituti giuridici che dovrebbe attenuare molte delle specificità normative che connotano il sistema tedesco. Limitandoci a segnalare i casi più significativi possiamo richiamare le direttive volte a disciplinare e uniformare le modalità operative sui mercati finanziari (ad esempio, la legge sulla negoziazione dei valori mobiliari emanata nel 1995 come recepimento della Direttiva UE 88/627/EEC18) e gli interventi volti ad uniformare le forme societarie (il Regolamento sullo statuto della Società Europea del 2000 e la Direttiva sulla partecipazione dei lavoratori del 2002). Parallelamente la crescente diffusione ed applicazione di accordi internazionali, quali, ad esempio, quello di Basilea sui requisiti patrimoniali delle banche, avranno un impatto sulle modalità operative degli operatori finanziari, con effetti presumibili nella direzione di una maggiore omogeneizzazione.

I fattori di evoluzione del modello tedesco sopra descritti, sia pure toccando aspetti anche molto diversi, presentano un comune denominatore ravvisabile nella crescente apertura del sistema. Da questa può certamente derivare una contaminazione con altri modelli, in particolare quello anglosassone, che può portare ad una progressiva attenuazione degli elementi che hanno tradizionalmente costituito le specificità della governance tedesca.

Tuttavia, coerentemente alla prospettiva interpretativa sopra descritta, riteniamo che le evoluzioni in atto nel sistema tedesco e nella configurazione del sistema finanziario, per quanto significative ed importanti, non siano destinate, perlomeno nel breve termine, a modificare la natura dei rapporti tra banche e imprese19. Ciò in quanto tali rapporti sono espressione di una cultura della co-decisione e della corresponsabilità profondamente radicata nel sistema. In quest’ottica si spiega un modello di governance incentrato su una forte stabilità delle relazioni, stabilità che presuppone una ampia condivisione delle decisioni e, di conseguenza, una estesa partecipazione alle stesse. Stabilità che deriva non tanto dalla presenza di legami patrimoniali, tra l’altro solo raramente così forti da determinare effettive situazioni di controllo; quanto piuttosto dalla co-determinazione strategica, ossia dalla comune partecipazione dei diversi soggetti coinvolti ai processi 17 Tale limite prima dell’entrata in vigore del DCGC era fissato a 10 incarichi. 18 La legge sulla negoziazione dei valori mobiliari (Wertpapierhandelsgesetz – WpHG) obbliga tutte le società a dichiarare i voti di blocco detenuti superiori al 5% del capitale. Prima dell’entrata in vigore di tale normativa, le banche e le altre società in generale, non erano sottoposte all’obbligo formale di dichiarare le quote di partecipazione detenute inferiori al 25%. 19 Circa la permanenza delle specificità del sistema finanziario tedesco si sono espressi anche Baliga e Polak (2004) che, tramite un modello econometrico, hanno verificato come a tutt’oggi sia riscontrabile la differenziazione tra l’impostazione del modello tedesco e quello anglosassone. Ed ancora Mayer e Whittington (2004), svolgendo un’analisi molto simile alla precedente, sono giunti alle medesime conclusioni.

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decisionali. I comportamenti degli operatori e le loro risposte, a livello strategico ed organizzativo, incorporano questo dato di contesto e sono permeati da questa cultura: sotto questa prospettiva saranno affrontati i cambiamenti e le dinamiche evolutive in atto.

Questa chiave di lettura trova parziale conferma nei risultati della ricerca empirica che abbiamo condotto sull’evoluzione dei legami esistenti tra le banche tedesche e le imprese tedesche. Se, da un lato, emerge come gli intrecci patrimoniali si stiano semplificando ed attenuando, dall’altro, la composizione dei consigli di sorveglianza e, quindi, il sistema di governo delle imprese sono rimasti sostanzialmente immutati. Ciò sembra validare la tesi della permanenza di logiche di condivisione delle decisioni: tali logiche, essendo connaturate nella cultura del sistema, difficilmente saranno modificate dagli sviluppi in corso ma, di converso, potranno contribuire a orientare il processo evolutivo, arricchendolo con le specificità di cui il modello di governance tedesco è tradizionalmente portatore.

2. Struttura e metodologia della ricerca Il presente lavoro si propone di approfondire le specificità delle relazioni banca-impresa in Germania, anche alla luce delle profonde trasformazioni in atto a livello sistemico.

In particolare il lavoro si focalizza, in prospettiva evolutiva, sullo studio dei legami esistenti tra le principali istituzioni bancarie ed assicurative, da un lato, e le grandi imprese, dall’altro. L’analisi condotta, coerentemente alle specificità sopra descritte del modello tedesco di relazioni interaziendali, non si è limitata allo studio dei legami equity (partecipazioni), ma ha cercato di fornire una valutazione anche di quelle forme di interazione che non si fondano sulla partecipazione al capitale. In particolare abbiamo analizzato la composizione dei consigli di sorveglianza, che, sotto particolari ipotesi, può essere a nostro avviso considerata un efficace indicatore (Cfr. Pfannschmidt 1993, Windolf e Beyer 1995, Leimküler 1996, Hopt e Prigge 1998) dello spessore delle relazioni esistenti tra imprese diverse. Nello specifico la nostra ricerca ha preso in analisi tutte le società non finanziarie con sede in Germania nei cui consigli di sorveglianza fossero presenti rappresentanti di istituzioni finanziarie. Relativamente a queste ultime, ai fini di circoscrivere il campo di indagine, ci siamo limitati a considerare le quattro Großbanken (Deutsche Bank, Dresdner Bank, Commerzbank e Bayerische Hypo- und Vereinsbank) e le due più importanti compagnie di assicurazione tedesche (Allianz e Münchener Rück). In questo modo è stata ricostruita, attraverso un controllo incrociato tra i Geschäftsberichte delle imprese prese in esame e delle istituzioni finanziarie considerate, la mappa delle partecipazioni al capitale e la composizione dei consigli di sorveglianza con riferimento agli anni 2001 e 2002.

L’obiettivo è stato quello di verificare la sussistenza di una situazione di controllo da parte delle principali banche ed assicurazioni sul sistema industriale. Gli unici studi disponibili sul tema sono difatti quelli di Gessler (1979), Gottschalk (1988) e Baums e Fraune (1995) e risultano quindi relativamente datati. Di qui l’importanza di effettuare una verifica empirica su dati più recenti.

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3. Le relazioni tra banche ed imprese: natura ed evoluzione Uno degli aspetti qualificanti il modello tedesco è rappresentato dalla presenza di legami forti tra le banche e le imprese industriali e commerciali (Gerschenkron 1968, Charkham 1989, Baums 1993). Il tema della partecipazione al capitale delle imprese industriali da parte degli enti creditizi è stato oggetto di diverse analisi condotte in Germania a partire dalla prima metà degli anni settanta (Gessler 1979, Gottschalk 1988, Baums e Fraune 1995) volte ad illustrare e valutare il grado di controllo da questi esercitato sul sistema industriale tedesco.

Al riguardo, le ricerche empiriche più recenti sono quelle pubblicate da Gottschalk nel 1988 e da Baums e Fraune nel 1995. L’analisi condotta da Gottschalk ha riguardato 33 tra le 100 maggiori imprese tedesche quotate nel 1986 (colonna a, Tab. 4), quella di Baums e Fraune le principali 24 imprese tedesche quotate nel 1992 (colonna b, Tab. 4).

Nella Tabella 420 abbiamo accostato i dati relativi alle 16 società prese in considerazione in entrambe le analisi. Come si può osservare, i dati relativi al 1986 non si discostano di molto da quelli raccolti da Baums e Fraune nel 1992: ciò può essere interpretato come un segnale di relativa stabilità e strutturalità del fenomeno sotto osservazione. Dalla analisi dei dati emerge come il sistema bancario nel suo complesso21 detenga la maggioranza dei voti nella quasi totalità delle imprese (15 imprese nel 1986 e 13 nel 1992); inoltre spesso (6 imprese nel 1986 e 3 nel 1992), la maggioranza dei voti è concentrata nelle mani delle tre grandi Großbanken che comunque superano il 20% in 17 casi nel 1986 e in 16 casi nel 1992.

Di conseguenza, dai dati riportati emerge come le banche, nel loro insieme, siano in grado di eleggere, in quasi tutte le imprese prese in esame dai tre studiosi, la maggioranza dei membri che rappresentano gli azionisti all’interno del consiglio di sorveglianza. Inoltre, i diritti di voto risultano, in media, per lo più concentrati nelle tre Großbanken, a conferma del ruolo di guida che queste tradizionalmente assumono all’interno del sistema.

La situazione descritta conferma pertanto la considerevole influenza e capacità di controllo che le banche nel loro complesso sono in grado di esercitare sugli organi di governo delle imprese. Va segnalato l’aspetto della collegialità del controllo: rileva l’insieme delle relazioni piuttosto che posizioni autonome di singoli istituti. La relazione banca-impresa in Germania poggia difatti su un gruppo strettamente interconnesso di istituti (con le Großbanken in posizione di preminenza) che congiuntamente esercitano una influenza notevole e talvolta dominante sulle imprese. Con il termine Hausbank pertanto si fa riferimento all’istituto finanziario che, all’interno di questo gruppo coeso, ha, per una serie di motivi, mandato, più o meno esplicito, a gestire nel concreto la relazione e non, come spesso viene, in modo impreciso, indicato, l’esistenza di una relazione monistica ed esclusiva tra una singola banca ed una impresa.

20 In entrambe le ricerche il ruolo delle banche è stato quantificato in termini di percentuale dei voti espressi dagli istituti di credito sul totale dei voti espressi nella assemblea degli azionisti (Hauptversammlung). Entrambi gli studi considerano oltre alle azioni detenute direttamente dalle banche, anche le azioni detenute per proxy e le azioni detenute da società di investimento sussidiarie delle banche. 21 Corrisponde alla somma dei diritti di voto delle 3 grandi banche commerciali (Großbanken), delle banche regionali (Regionalbanken), delle casse di risparmio (Sparkassen), delle banche cooperative (Genossenschaftsbanken) e di altre banche.

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Tab. 4 - Ruolo delle banche nell’assemblea degli azionisti di alcune imprese tedesche (due analisi empiriche a confronto)

S o c ietà

a b a b a bB A S F 5 5 ,4 0 5 0 ,3 9 5 1 ,6 8 4 0 ,3 5 9 6 ,6 4 9 4 ,7 1B ayer 5 3 ,1 8 5 0 ,2 1 5 4 ,5 0 4 1 ,6 6 9 5 ,7 8 9 1 ,3 2D egussa 7 0 ,9 4 7 3 ,2 6 4 1 ,7 9 3 3 ,8 6 6 7 ,0 9 6 0 ,6 5D eutsche B ab co ck 6 7 ,1 3 3 7 ,3 0 2 2 ,5 4 3 1 ,3 8 9 7 ,0 1 9 0 ,5 8H o echst 5 7 ,7 3 7 1 ,3 9 6 3 ,4 8 6 9 ,4 9 9 8 ,3 4 9 8 ,4 6K H D 7 2 ,4 0 6 9 ,6 0 4 9 ,5 4 7 3 ,9 7 8 5 ,2 9 9 7 ,9 6L ind e 5 2 ,9 9 6 0 ,0 3 5 9 ,8 7 5 7 ,9 3 9 0 ,3 7 9 9 ,0 7M A N 6 4 ,1 0 7 2 ,0 9 3 0 ,1 7 1 8 ,8 9 5 2 ,8 5 4 8 ,2 0M annesm ann 5 0 ,6 3 3 7 ,2 0 5 0 ,5 3 3 8 ,7 6 9 5 ,4 0 9 8 ,1 1P reussag 6 9 ,5 8 6 9 ,0 0 1 9 ,3 4 1 8 ,1 0 9 9 ,6 8 9 9 ,4 6S chering 4 6 ,6 0 3 7 ,4 2 5 1 ,5 0 4 0 ,6 9 9 9 ,0 8 9 4 ,5 0S iem ens 6 0 ,6 4 5 2 ,6 6 3 2 ,5 2 3 4 ,5 7 7 9 ,8 3 9 5 ,4 8S trab ag 8 3 ,0 2 6 7 ,1 0 2 7 ,3 2 9 ,8 0 9 5 ,2 4 9 9 ,2 8T hyssen 6 8 ,4 8 6 7 ,6 6 3 2 ,6 2 1 9 ,1 3 5 8 ,1 1 4 5 ,3 7V E B A 5 0 ,2 4 5 3 ,4 0 4 7 ,9 2 4 1 ,9 8 9 8 ,1 8 9 0 ,8 5V o lksw agen 5 0 ,1 3 3 8 ,2 7 7 ,9 8 1 5 ,0 7 1 9 ,5 3 4 4 ,0 5M ed ia 6 0 ,8 2 5 6 ,6 9 4 0 ,2 1 3 6 ,6 0 8 3 ,0 3 8 4 ,2 5

V o ti p resen ti in a ssem b lea

V o ti d ep o sita ti

3 G ro ß b anken 1 T utte le b anche

% v o ti in a ssem b lea

Legenda: a: elaborazione dati da Gottschalk 1988 b: elaborazione dati da Baums e Fraune 1995 1: Großbanken: Deutsche Bank, Dresdner Bank e Commerzbank.

Fonte: Elaborazione su dati raccolti da Gottschalk nel 1988 (Baums 1993, Tab. 3, p. 17) e su dati raccolti da Baums e Fraune (Baums e Fraune 1994, Tab. 5-7-9, pp. 3,18 e Baums 1995, Tab. 2-7, pp. 15,19,21).

Al fine di valutare se la situazione descritta permanga allo stato attuale22 anche a fronte delle tendenze evolutive in precedenza delineate, abbiamo cercato di ricostruire, con 22 La diversità delle fonti dei dati (Gottschalk 1988, Baums e Fraune 1995 e quelli da noi raccolti che si riferiscono al 2001/02) determina alcuni problemi di comparabilità degli stessi su cui è opportuno fornire delle puntualizzazioni. Come già specificato nella nota 20, le ricerche empiriche condotte da Gottschalk e da Baums e Fraune considerano, accanto alle partecipazioni detenute direttamente, anche le azioni detenute da società di investimento sussidiarie e le azioni detenute per proxy (i c.d. Depotstimmrechte). Ciò in quanto tali autori hanno potuto disporre dei dati raccolti dalla Monopolkommission nell’ambito di indagini governative condotte per analizzare le partecipazioni degli istituti di credito nel settore industriale (Nardozzi 1983). L’analisi da noi condotta si differenzia sostanzialmente per tre aspetti:

- in primo luogo, la ricerca considera solo le quote di partecipazione direttamente detenute dalle società finanziarie in esame e non considera i proxy-votes. La normativa tedesca non obbliga infatti le banche a rendere pubblici i proxy-votes (Boehmer e Becht 2003) dal momento che, secondo il § 135 V e § 128 II dell’Aktiengesetz, la banca deve esercitare il diritto di voto delegatole dall’azionista secondo le istruzioni da quest’ultimo fornitole. Non è stato pertanto possibile verificarli ai fini della presente analisi;

- in secondo luogo, il nostro studio ha allargato il campione utilizzato al di fuori del settore bancario, andando a ricomprendere le due principali compagnie di assicurazione (Allianz e Münchener Rück). Tale scelta si motiva, da un lato, per la non trascurabile entità delle partecipazioni possedute da queste società sia nei confronti del settore bancario che di quello industriale; dall’altro, in considerazione delle recenti evoluzioni che hanno portato ad una sempre più stretta integrazione tra comparto bancario ed assicurativo (Schüler 2004 e Börner 2000);

- Un ultimo elemento da sottolineare è la comparsa, all’interno del sistema finanziario tedesco, di un nuovo attore, Bayerische Hypo- und Vereinsbank che ha preso il posto di Bayerische Hypobank e di Bayerische Vereinsbank a seguito della fusione avvenuta tra i due istituti nel 1998.

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riferimento al biennio 2001 e 2002, la mappa delle relazioni tra il sistema finanziario e il sistema industriale tedesco. Riguardo al primo, ci siamo focalizzati sulle sei istituzioni finanziarie precedentemente specificate: ciò, se da un lato, restringe il raggio della nostra analisi rispetto a quelle di Gottschalk e di Baums e Fraune, che coprivano invece l’intero settore bancario, dall’altro, lo estende a ricomprendere anche le due principali compagnie assicurative, la cui considerazione (anche alla luce di quanto sostenuto nella nota 22), riteniamo sia imprescindibile. Per quanto concerne le imprese, abbiamo preso in esame non soltanto le imprese industriali con cui le istituzioni finanziarie considerate presentano dei legami di capitale, ma anche quelle che, pur in assenza di partecipazioni, vedono la presenza nei propri consigli di sorveglianza di rappresentanti delle sei società finanziarie considerate23. Ne è derivato un campione di 35 imprese, in linea, se non addirittura più ampio, con quello considerato dalle precedenti ricerche empiriche citate.

La mappa riportata in Fig. 2 fornisce, relativamente al 2001, una rappresentazione degli incroci azionari tra le quattro Großbanken, le due società di assicurazione e le 35 imprese considerate.

Dalla analisi dei dati riportati in Figura, emerge con evidenza l’ampia articolazione di legami esistenti tra società finanziarie e imprese. In particolare banche diverse presentano legami equity con la stessa impresa che, a sua volta, spesso partecipa e/o è partecipata da altre imprese. L’effetto finale è un’estesa rete di rapporti che, direttamente o indirettamente, collegano un elevato numero di istituzioni finanziarie ed imprese. Un esempio degli incroci azionari sopra descritti può essere individuato in Buderus AG, holding di controllo delle acciaierie e fonderie del gruppo Buderus, nel cui capitale erano presenti, nel 2001, Deutsche Bank (10,8%), Bayerische Hypo- und Vereinsbank (13,1%), Commerzbank (10,5%), Robert Bosch GmbH (13,4%) e Bilfinger & Berger (30%), la quale è, a sua volta, partecipata da Dresdner Bank (25%) e da Allianz (25%).

Riteniamo che questa fitta rete di collegamenti non possa essere neutrale rispetto alla definizione delle strategie delle imprese coinvolte: la presenza di legami di capitale può favorire l’individuazione di percorsi strategici che, se non possono essere definiti comuni, risultano almeno improntati ad una elevata condivisione. Al riguardo, un’indagine limitata agli aspetti equity può rischiare di non dare un quadro completo delle relazioni operative e strategiche presenti tra imprese differenti che invece si fondano anche su aspetti non sempre formalizzabili, quali l’esistenza di relazioni personali rafforzate dalla comune partecipazione agli organi di governo di imprese differenti (Windolf e Beyer 1995).

23 La scelta di integrare il criterio della partecipazione al capitale con quello della presenza nei consigli di sorveglianza risponde al fine di sopperire a due limiti strutturali con cui la nostra ricerca si scontra. Da un lato, le imprese tedesche sono obbligate a dichiarare esclusivamente le partecipazioni superiori al 5%: di conseguenza, ai fini della nostra ricerca, non abbiamo potuto considerare le partecipazioni inferiori a tale soglia, salvo che non fossero volontariamente comunicate (come ad esempio è il caso di Allianz). Dall’altro, non abbiamo potuto prendere in considerazione i dati relativi ai proxy-votes a disposizione delle banche, in quanto questi non vengono resi pubblici (Cfr. nota 22). L’analisi delle liste dei mandati detenuti dai membri degli organi di governo delle istituzioni finanziarie nelle diverse imprese e il confronto tra il numero di rappresentati posseduto e quello teoricamente spettante sulla base delle partecipazioni dichiarate può pertanto consentire di sopperire al deficit informativo che strutturalmente un’analisi basata sui Geschäftsberichte incontra.

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Un esempio può essere rinvenuto dall’analisi dei legami esistenti tra tre società rientranti nell’indice DAX: RWE (multi-utility attiva nella fornitura di elettricità, gas, acqua e smaltimento di rifiuti), E.ON. (multi-utility del settore energetico) e Thyssenkrupp (produttore di acciaio). Il legame esistente tra queste tre aziende, vista la sua natura indiretta (le tre società controllano RAG, una società del comparto energetico, con quote del 20-30% ciascuna), rischierebbe di non essere compiutamente valutato considerando esclusivamente i dati sulle partecipazioni. Di qui l’opportunità di affiancare allo studio delle partecipazioni una prospettiva di indagine integrativa che prenda in esame la composizione dei consigli di sorveglianza delle singole società. Adottando questa chiave di lettura riteniamo che le connessioni tra le tre imprese considerate risultino con maggiore evidenza: difatti nei consigli di sorveglianza di ciascuna società siedono membri dei consigli delle altre due, ad evidenza dell’esistenza di una interazione forte tra gli organi di governo delle imprese.

4. Una chiave di lettura alternativa delle evoluzioni in corso: i mandati nei consigli di sorveglianza Come anticipato, le relazioni tra sistema finanziario e sistema industriale in Germania evidenziano una elevata complessità ed articolazione. L’analisi dei legami di capitale contribuisce a delinearle ma è nostra opinione che non ne fornisca un quadro esaustivo e completo. Attorno ai legami di capitale si densificano e sviluppano difatti relazioni più ampie, spesso anche di natura personale (sul punto si rimanda a Windolf e Beyer 199524), che rivestono importanza cruciale per la comprensione dei comportamenti e delle scelte strategiche delle imprese coinvolte.

Nel tentativo di darne una valutazione, abbiamo studiato la composizione dei consigli di sorveglianza delle 35 imprese considerate. Più specificatamente abbiamo rilevato dai Geschäftsberichte, relativi agli anni 2001-2002, di ciascuna delle sei istituzioni finanziarie in esame, i mandati conferiti a propri esponenti nei consigli di sorveglianza di imprese industriali, effettuando, al contempo, un controllo incrociato con quanto dichiarato da queste ultime nei propri Geschäftsberichte. I risultati di questo lavoro sono riepilogati in Tabella 6, dove abbiamo indicato, per ognuna delle 35 imprese, le quote di partecipazione possedute complessivamente dai sei operatori finanziari in esame e il numero di membri nel consiglio di sorveglianza con mandato da parte di queste. In particolare abbiamo quantificato25 in modo distinto i membri espressione di società partecipanti al capitale e quelli espressione di società non partecipanti.

L’ipotesi alla base dell’analisi svolta è che la presenza di propri rappresentanti negli organi di governo di altre imprese sia un segnale di esercizio di influenza. Dal momento che il consiglio di sorveglianza, ad esclusione della parte (indicativamente la metà) in

24 Windolf e Beyer (1995), basandosi su un campione 623 imprese tedesche, sostengono che, per avere un quadro significativo degli intrecci societari in Germania, occorre considerare non solo i legami equity ma anche i personal links. 25 In Tab. 6 abbiamo cercato di quantificare il “peso” che, nel complesso, le sei istituzioni finanziarie sono in grado di esercitare nei consigli di sorveglianza delle imprese considerate, distinguendo tra società partecipanti e non partecipanti al capitale. Tali percentuali sono state calcolate contando il mandato del presidente due volte in virtù del doppio voto che è in grado di esercitare nelle votazioni del consiglio di sorveglianza in cui vi sia parità dei voti (§ 29 della Mitbestimmungsgesetz). Va segnalato come, nella prassi, il presidente dell’Aufsichtsrat venga nominato dai rappresentanti del capitale, mentre il vice-presidente dai rappresentanti dei dipendenti.

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rappresentanza dei lavoratori26, viene nominato dall’assemblea, sarebbe da attendersi una certa corrispondenza tra numero di esponenti in consiglio delle società partecipanti al capitale e quote da queste possedute (Gorton e Schmid 1996, Böhm 1992, Edwards e Fischer 1994, Seger 1997): in altri termini, a fronte di una partecipazione del 10% in un consiglio di sorveglianza composto da venti membri, la società partecipante dovrebbe essere nelle condizioni di nominare, all’interno di questo, un proprio esponente27. Quello che invece emerge dalla nostra analisi è che le partecipazioni spiegano, in misura solo limitata e parziale, la composizione di questo organo di governo. In particolare, abbiamo difatti riscontrato all’interno del campione considerato:

- società che, sebbene marginalmente partecipate da istituzioni finanziarie, vedono una presenza importante, all’interno del proprio consiglio di sorveglianza, di esponenti di nomina bancaria;

- imprese nei cui Aufsichtsrat sono presenti esponenti di società finanziarie non partecipanti al capitale;

- imprese in cui i membri del consiglio espressione di istituti finanziari non partecipanti al capitale sono nel complesso numericamente superiori a quelli nominati dagli operatori finanziari detenenti partecipazioni;

- imprese in cui il presidente del consiglio di sorveglianza è un esponente di una società non partecipante al capitale.

Alcuni esempi possono chiarire le risultanze sopra delineate.

Nel 2001, nel consiglio di sorveglianza di BASF, vi sono due membri espressione di Allianz, che possiede una quota pari al 10,9%, del capitale, e due membri, di cui uno detiene la carica di presidente, provenienti da Deutsche Bank, che invece non detiene partecipazioni. Nel 2002, sebbene la quota di Allianz si sia ridotta al 6,1%, nel consiglio di sorveglianza i due membri di Allianz risultano confermati; Deutsche Bank vede ridursi la propria presenza in consiglio ad un rappresentante e perde al contempo la presidenza dell’Aufsichtsrat che viene assunta da un neo entrante espressione di Commerzbank, nonostante questo istituto non presenti partecipazioni dirette al capitale. A questi si aggiunge un membro nominato da Bayerische Hypo- und Vereinsbank, anch’essa priva di legami patrimoniali con BASF. Pertanto, con riferimento al 2002, emerge che società non partecipanti al capitale controllano il 19,5% del consiglio di BASF, cui si aggiunge il 9,5% in mano ad Allianz: di conseguenza i principali istituti finanziari, a fronte di una partecipazione complessiva al capitale del 6,5%, la quale teoricamente non darebbe diritto di nomina di alcun membro, esprimono cinque (tra cui il presidente) dei dieci membri la cui nomina compete agli azionisti e quindi oltre il 29% dell’intero consiglio (ben oltre il 50% se si considerasse solo la parte di spettanza degli azionisti).

Bayer è partecipata da Allianz, la quale detiene una quota del 5,8%. Nel proprio Aufsichtsrat, relativamente al 2001, non vi sono tuttavia membri di nomina di Allianz, mentre ve ne sono quattro, di cui uno con ruolo di presidente, provenienti da società

26 L’Aufsichtsrat è composto da un minimo di tre membri fino ad un massimo di ventuno, in funzione dell’entità del capitale sociale. Per quanto riguarda la presenza dei lavoratori in questo organo la disciplina tedesca prevede differenti criteri in funzione della forma giuridica dell’impresa, delle sue dimensioni e del settore di attività (Lai 1997). 27 I partecipanti al capitale possono nominare la metà del consiglio, essendo l’altra metà riservata ai rappresentanti dei lavoratori. Quindi, ad esempio, in un consiglio di venti ne esprimono dieci.

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finanziarie non partecipanti al capitale (Commerzbank, Deutsche Bank, Münchener Rück), che sono tuttavia legate alla società di assicurazione da legami equity di tipo diretto28 (Deutsche Bank e Münchener Rück) ed indiretto (Commerzbank è partecipata da Münchener Rück che è, a sua volta, legata ad Allianz da una consistente partecipazione incrociata).

BMW, nel 2001, risulta partecipata da Allianz (6,5%) e da Dresdner Bank (5%): il “peso” nel consiglio di sorveglianza dei membri nominati da queste società (10%) è in linea con le quote di capitale possedute. Risulta tuttavia ampiamente inferiore (meno della metà) di quello assunto (19,5%) dagli istituti finanziari non partecipanti. Nel 2002 la partecipazione detenuta da Dresdner Bank è stata dismessa ed è rimasta quella di Allianz, peraltro ridotta al 5,2%. Dal momento che nel 2002 Allianz ha totalmente rilevato Dresdner Bank, abbiamo considerato i membri espressione di Dresdner Bank in consiglio di sorveglianza come se fossero di nomina di Allianz, dato il controllo che quest’ultima è in grado si esercitare sulla prima. Il quadro complessivo, che emerge per il 2002, è che Allianz, sia pure in presenza di un ridimensionamento delle partecipazioni detenute, ha mantenuto inalterata la propria presenza all’interno del consiglio di sorveglianza. Parallelamente il ruolo delle società che non partecipano al capitale si è ulteriormente rafforzato, portandosi al 23,5%. La posizione complessiva degli istituti finanziari, che, se osservata sotto il profilo dei legami equity, non risulta particolarmente rilevante (11,5% nel 2001, 5,2% nel 2002), appare invece oltremodo significativa se valutata in termini di capacità di controllo dell’organo di governo (28,5% nel 2001, 35% nel 2002).

E’ opportuno segnalare come, in tutti i tre casi descritti, il presidente dell’Aufsichtsrat sia nominato da società finanziarie che non partecipano al capitale delle imprese. Gli esempi sopra riportati sono emblematici di una situazione diffusa a livello di sistema che vede i principali istituti finanziari complessivamente in grado di influenzare e controllare le più importanti imprese tedesche. Conferma di ciò si ottiene dall’analisi dei dati aggregati per l’intero campione considerato29: relativamente al 2001, gli istituti finanziari, a fronte di una partecipazione media al capitale dell’11,09%, esprimono il 10,93% del consiglio di sorveglianza (il 19,78% se si considerasse solo la parte del consiglio espressione dei rappresentanti degli azionisti). A ciò si aggiunge il fatto che un ulteriore 9,29% del consiglio è espressione di istituti finanziari che non partecipano al capitale (ovvero il 16,79% dei voti della parte del consiglio espressione del capitale). Sintetizzando, risulta che i principali istituti finanziari, a fronte di una partecipazione nel sistema industriale mediamente dell’ordine dell’11%, detengono oltre il 20% dei posti all’interno del consiglio di sorveglianza (il 36% se si considerano solo i posti riservati ai

28 Dall’analisi dei dati raccolti nei Geschäftsberichte 2001 degli istituti finanziari analizzati emerge che: Allianz detiene direttamente il 4,5% di Deutsche Bank, il 78,5% di Dresdner Bank ed il 25% di Münchener Rück. Di converso Allianz risulta essere partecipata da Deutsche Bank (7,4%), da Dresdner Bank (9,2%) e da Münchener Rück (25%); è inoltre essere indirettamente legata a Commerzbank, tramite la partecipazione detenuta da Münchener Rück (10,4%) in quest’ultima. 29 Ai fini del calcolo dei risultati aggregati, il dato della partecipazione al capitale è stato ottenuto effettuando la media ponderata delle quote di capitale sociale possedute dalle sei istituzioni finanziarie, in cui i pesi sono rappresentati dall’entità del capitale sociale delle aziende in esame; il dato della proporzione di voti espressi nel consiglio di sorveglianza è stato calcolato come media del numero degli esponenti (considerando il doppio voto a disposizione del presidente dell’Aufsichtsrat come se nel consiglio vi fosse un membro in più) espressione delle istituzioni finanziarie in esame, rapportata al numero totale dei membri componenti i diversi consigli.

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rappresentanti degli azionisti) e quindi sono nelle condizioni di esercitare una influenza notevole sull’organo di governo.

Ripetendo gli stessi calcoli per il 2002, otteniamo che, in presenza di una quota di capitale del 10%, la proporzione di voti espressi in consiglio di sorveglianza da parte delle principali istituzioni finanziarie è del 21,36% (il 38,04% se si considera la sola parte del consiglio espressione del capitale), di cui 10,79% relativi a società partecipanti al capitale (ovvero il 19,22% dei posti riservati ai rappresentanti degli azionisti) e 10,57% a istituti non partecipanti (il 18,82% dei voti espressione del capitale)30.

Se ne deduce che, per entrambi gli anni considerati, la proporzione dei voti, espressi da membri delle istituzioni finanziarie del cuore finanziario tedesco, è nettamente superiore (con un moltiplicatore31 che si attesta tra 1,5 e 2) alla frazione del capitale da queste direttamente posseduto. Non sembra quindi essere la partecipazione al capitale a determinare in modo preponderante il numero di voti controllati nei consigli di sorveglianza da parte di rappresentanti delle istituzioni finanziarie.

L’evidenza di una correlazione debole tra partecipazione al capitale e composizione del consiglio di sorveglianza impone la ricerca di una spiegazione. In particolare, abbiamo cercato di verificare se il fenomeno sia imputabile a fattori, quali i proxy votes, che non abbiamo potuto prendere in considerazione ai fini dell’analisi condotta, ovvero sia determinato da ragioni diverse, che, riprendendo le ipotesi delineate in sede introduttiva, sono riconducibili alle caratteristiche istituzionali del modello di governance.

Il fatto che gli istituti finanziari controllino, all’interno del consiglio di sorveglianza, una quota ampiamente superiore a quella che spetterebbe loro sulla base delle quote di capitale possedute potrebbe essere motivato dall’esercizio di proxy votes. La nostra analisi, come è stato già segnalato, non ha potuto quantificare questo aspetto dal momento che le banche non sono obbligate a segnalare l’entità dei voti che esercitano su azioni depositate presso di loro ma di proprietà dei propri clienti32.

Non riteniamo tuttavia che questo aspetto sia, da solo, in grado di spiegare i disallineamenti che abbiamo riscontrato. Ciò sulla base di due ordini di valutazione.

- Da un lato, uno studio condotto da Edwards e Nibler (2000) dell’University of Cambridge, riguardante il sistema tedesco di corporate governance e focalizzato sull’aspetto della concentrazione proprietaria, fornisce delle evidenze empiriche a supporto della scarsa rilevanza dimensionale del fenomeno dei proxy votes. Lo studio richiamato ha preso in esame le 156 maggiori imprese tedesche per fatturato nel 1992 con lo scopo di rilevare l’esistenza di una qualche relazione

30 I dati da noi ottenuti sono in linea con quanto sostenuto da Charkham (1995) e Andreani (2003), i quali affermano che analisi compiute su campioni differenti e nell’arco di diversi anni, danno come risultato una partecipazione delle banche ai consigli di sorveglianza nell’ordine del 20% sul totale dell’Aufsichtsrat. 31 Tale moltiplicatore è ottenuto rapportando la proporzione di capitale controllata dagli istituti finanziari alla proporzione di voti espressi dai membri di derivazione bancaria all’interno del consiglio di sorveglianza nel suo complesso, considerando quindi anche i rappresentanti dei lavoratori. Se, invece, si facesse riferimento alla sola parte del consiglio di nomina assembleare, tale moltiplicatore si attesterebbe tra 3 e 4. 32 Il legislatore tedesco ha deciso di non obbligare le banche a dichiarare i proxy-votes dal momento che, secondo il §135 V e §128 II dell’AktG, la banca deve esercitare il diritto di voto delegatole dall’azionista, secondo le istruzioni da quest’ultimo fornitele e quindi, in teoria, non potrebbe disporne su base discrezionale.

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tra i proxy-votes e il fenomeno della rappresentanza bancaria nei consigli di sorveglianza. L’analisi di regressione condotta spiega solo parzialmente questa relazione: secondo tale studio, la notevole presenza di rappresentanti bancari negli Aufsichtsrat delle imprese in esame non può essere interpretata esclusivamente come un riflesso del controllo esercitato dagli istituti di credito sui diritti di voto esercitati nelle assemblee degli azionisti. Inoltre, come segnalato anche da altri autori (Westermann 1996), il fenomeno del conferimento alle banche di proxies in bianco, ossia senza indicazioni fornite dall’azionista, dovrebbe essere destinato a ridursi (Martin 2004), anche a fronte delle più recenti evoluzioni normative richiamate in sede introduttiva (KonTraG e Riforma alla legge azionaria - AktG): di conseguenza, con riferimento al periodo temporale analizzato (2001 e 2002), l’incidenza dei Depotstimmrechte dovrebbe essere ancora più contenuta rispetto a quanto rilevato su uno studio condotto all’inizio degli anni novanta.

- Dall’altro, la correlazione debole riscontrata tra il numero di esponenti in consiglio di sorveglianza e il possesso di partecipazioni dirette al capitale è un fenomeno che non riguarda solo le banche ma anche le compagnie assicurative. Ad esempio, se si considerano i consigli di Herlitz, Lufthansa e Audi, si nota, al loro interno, la presenza di esponenti di Allianz e di Münchener Rück, che non detengono una partecipazione diretta al capitale delle imprese in questione. Essendo Allianz e Münchener compagnie di assicurazione, la loro partecipazione al consiglio di sorveglianza non può essere motivata con i Depotstimmrechte, in quanto solo le banche possono amministrare azioni per conto dei correntisti.

Dalle considerazioni sopra esposte emerge come la forte presenza degli istituti finanziari nei consigli di sorveglianza debba basarsi su ragioni diverse dai Depotstimmrechte.

E’ nostra opinione che i radicati legami, di natura sia economica che personale, che hanno storicamente caratterizzato ed avvinto le istituzioni finanziarie, assumano un ruolo determinante nello spiegare la composizione degli organi di governo delle imprese. Questo reticolo di relazioni tra istituti finanziari si trasferisce sul sistema industriale, manifestando una capacità di influenza notevole. Queste affermazioni richiedono tuttavia di essere precisate.

Da un lato, riteniamo sia opportuno segnalare che, quando parliamo di legami, non facciamo esclusivo riferimento a quelli di tipo equity e, in particolare, alle partecipazioni incrociate che da sempre hanno connotato e che tuttora continuano a caratterizzare, anche se in misura inferiore, il sistema finanziario tedesco.

Gli intrecci di capitale sicuramente contribuiscono a spiegare il fenomeno descritto: sotto questa prospettiva, la presenza in consiglio di membri espressione di società finanziarie non partecipanti al capitale dell’impresa può essere motivata da incroci azionari tra queste ed altre imprese che invece detengono partecipazioni. Un esempio al riguardo, oltre a quello già richiamato di Bayer, si ha con Buderus, che, all’interno del proprio Aufsichtsrat, ha un membro di Allianz, la quale, sia pure non detenendo alcuna quota di partecipazione nella società, partecipa Bilfinger & Berger che controlla, a sua volta, il 30% di Buderus.

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Un ruolo parimenti rilevante assumono tuttavia le relazioni personali esistenti tra i componenti degli organi di governo di queste istituzioni. La consuetudine di condividere i consigli di sorveglianza con esponenti di altre società finanziarie e di mantenere, ai vertici degli organi di governo della società, persone che partecipano al governo dell’impresa da diverso tempo (Hopt e Prigge 1998) e che quindi la conoscono approfonditamente33, ha, col tempo, portato all’instaurarsi di legami significativi, di carattere anche personale, tra individui appartenenti ad un circolo ristretto e abbastanza chiuso (Pfannschmidt 1993, Leimkühler 1996): questi legami tendono a mantenersi nel tempo indipendentemente dalla presenza di partecipazioni e dalla loro entità. Ad esempio, imprese, quali Volkswagen, Daimler Chrysler e Thyssenkrupp, hanno mantenuto inalterata la composizione del consiglio di sorveglianza, conservando al proprio interno esponenti di società finanziarie, anche dopo la dismissione da parte di queste ultime delle quote di partecipazione al capitale.

Dall’altro riteniamo opportuno ribadire come, nei rapporti tra istituzioni finanziarie ed imprese, quello che rileva è il sistema delle relazioni piuttosto che singole posizioni assunte da determinati istituti. Raramente una sola società finanziaria è nelle condizioni di esercitare una situazione di controllo o di dominio su un’impresa o su un gruppo di imprese34: con riferimento alle 35 imprese analizzate, sono solo quattro i casi in cui un singolo istituto detiene una partecipazione superiore al 20% e non si registrano quote superiori al 30% (Cfr. Tab. 5). Quello che invece emerge con frequenza è che una pluralità di istituti, singolarmente in possesso di partecipazioni mediamente ricomprese tra il 5% e il 15%, assumano, congiuntamente, un ruolo di rilievo all’interno dell’impresa.

33 Ciò è confermato anche da uno studio condotto da Korn-Ferry International (1996), il quale afferma che, in circa il 43% delle imprese, almeno un membro del Vorstand (solitamente l’amministratore delegato), dopo essersi ritirato dal ruolo ricoperto nel Vorstand, diventa membro, spesso con la carica di presidente, dell’Aufsichtsrat. 34 E’ opportuno segnalare come nel sistema tedesco manchi uno schema uniforme di classificazione delle partecipazioni (il riferimento normativo sono gli art. 285 e 313 dell’Handelsgesetzbuch – HGB) e quindi sia difficile individuare, nel concreto e in modo omogeneo, l’esistenza di eventuali situazioni di controllo o di collegamento. Dall’analisi dei Geschäftsberichte delle principali società finanziarie è possibile individuare, come minimo comune denominatore, le seguenti fattispecie:

- imprese sussidiarie (Tochterunternehmen): società in cui la quota di partecipazione è compresa tra il 50% e il 100% del capitale sociale dell’impresa partecipata e che sono quindi sottoposte al controllo della partecipante;

- società associate (assozierte Unternehmen): imprese di cui l’impresa partecipante non è l’azionista principale, ma ha la possibilità di esercitare un’influenza dominante nelle scelte politiche ed economiche dell’impresa. La quota partecipata è di norma compresa tra il 20% e il 50%;

- società quotate (große Kapitalgesellschaften): imprese in cui la partecipazione detenuta supera il 5% del capitale sociale o dei diritti di voto esercitabili in assemblea. Trattandosi di società di grandi dimensioni e generalmente ad azionariato disperso, tale quota potrebbe consentire alla società partecipante di esercitare un’influenza notevole.

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Tab. 5 - Analisi delle quote di partecipazione detenute dai sei principali istituti finanziari nel campione di imprese considerate relativamente al 2001

0 - 5 5 2 - - - - 75 - 10 7 2 1 2 2 1

10 - 15 7 1 7 1 2 1 115 - 20 1 2 1 - - - 420 - 25 2 1 - - - - 3

>25 1 - - - - - 1

Numero società partecipate da istituti finanziari:

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possedutaAllianz Dresdner

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BankMünchener

RückCommerz-

bank

Bayerische Hypo- und

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49

Fonte: Nostre elaborazioni (2001).

Che poi questa potenzialità di influenza si traduca in un effettivo esercizio di influenza dipende dall’eventualità che questi istituti esprimano una posizione comune: la presenza, nel consiglio di molte imprese, di esponenti di istituti che non partecipano al capitale ma che sono indirettamente legati a quelli partecipanti è, a nostro avviso, un segnale che questa concertazione, in qualche misura, trova applicazione.

Il fatto che le principali istituzioni bancarie e finanziarie costituiscano un fronte comune di notevole rilevanza non significa che queste necessariamente esercitino forme di controllo sulle imprese. Possiamo affermare che il sistema bancario, coerentemente all’impostazione culturale tedesca improntata alla concertazione e alla ricerca di consenso (Albert 1991, Onetti 2001), costituisca, nel suo complesso, un interlocutore molto importante per le imprese: queste ultime tuttavia, pur prendendo in considerazione e cercando di accogliere le istanze avanzate e le posizioni espresse anche da questi stakeholder, effettuano comunque le proprie scelte strategiche e gestionali in modo sostanzialmente autonomo.

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5. Conclusioni Una delle specificità individuate dalla letteratura nella qualificazione del modello di capitalismo tedesco è la fitta rete di partecipazioni incrociate tra gli intermediari finanziari e fra questi ultimi e le grandi imprese industriali.

Questo sistema ha sostenuto e guidato lo sviluppo tedesco contribuendo alla creazione e al mantenimento di una forte base industriale (Velo 1996). Il meccanismo delle partecipazioni incrociate ha difatti garantito alle imprese grande stabilità nel controllo e quindi continuità di governo al management. Al contempo, tuttavia, ha consentito agli operatori finanziari di accumulare un notevole potere di influenza sulle imprese e ha favorito l’insorgere di intrecci non sempre chiari tra i vari attori del sistema economico, portatori di interessi spesso non convergenti. Da ultimo ha limitato la contendibilità delle imprese, limitando di fatto le possibilità di uno sviluppo del ruolo dei mercati finanziari.

Allo stato attuale, si scorgono molti segnali nella direzione di un’apertura del sistema tedesco ai modelli di mercato.

In particolare, alcune importanti funzioni delle banche nel governo delle imprese si stanno trasformando. Il tipico strumento di controllo, rappresentato dalla detenzione di quote di partecipazione nelle società, sta perdendo d’importanza. Le banche tedesche, al fine di affrontare la competizione globale in un mercato finanziario sempre più vasto, integrato e concorrenziale, stanno in misura crescente attuando strategie che le portano a dismettere le partecipazioni nel sistema industriale.

Tuttavia, al processo di riduzione del proprio portafoglio di partecipazioni, non sembra corrispondere un parallelo ridimensionamento del controllo esercitato dagli istituti finanziari nel governo delle imprese. Infatti, nonostante la dismissione delle partecipazioni, è nostra opinione che la capacità di influenza del sistema finanziario sulle imprese rimanga elevata.

L’analisi che abbiamo condotto supporta le considerazioni sopra enunciate: i risultati della nostra ricerca evidenziano come, nonostante la diminuzione delle partecipazioni nelle imprese detenute dai principali istituti finanziari riscontrata nel 2002 rispetto al 2001 (rispettivamente 10% contro 11,04%), la quota di mandati di derivazione bancaria nei consigli di sorveglianza risulta in aumento (il 38% nel 2002 contro il 36% nel 2001 dei membri espressione del capitale).

I limiti della verifica empirica condotta sono molteplici. Limitandoci a segnalare i principali, va evidenziato come:

- da un lato, l’orizzonte temporale considerato sia troppo ristretto e quindi i risultati ottenuti potrebbero essere influenzati da dinamiche congiunturali quali, ad esempio, la riforma fiscale Schröder del 2000 che ha incentivato il processo di dismissione delle partecipazioni;

- dall’altro, la nostra ricerca non ha preso in considerazione i dati relativi ai proxy votes che, come già più volte sottolineato, potrebbero contribuire a spiegare il disallineamento fra l’importo complessivo delle partecipazioni detenute dagli enti finanziari considerati e il numero di mandati nei consigli di sorveglianza nelle aziende prese in esame.

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Tuttavia riteniamo che le evoluzioni in atto nel sistema tedesco e nella configurazione del sistema finanziario non siano destinate a stravolgere la natura dei rapporti tra banche e imprese. In quanto questi si fondano su legami radicati che non hanno solo natura economica, ma si poggiano, anche e soprattutto, su relazioni di carattere personale e istituzionale. Queste relazioni hanno storicamente caratterizzato le particolarità del modello finanziario renano e sono a nostro parere destinate a permanere.

Tali relazioni, basandosi su aspetti personali e culturali, mal si prestano ad essere evidenziate da una analisi empirica, se non di tipo negativo (ossia finalizzata a evidenziare l’assenza di correlazioni). La nostra ricerca, evidenziando l’impossibilità di spiegare in modo compiuto la composizione degli organi di governo delle imprese in funzione delle partecipazioni detenute, fornisce una indiretta conferma di questa chiave interpretativa.

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